1 - Urbanisti, Urbanistica, Pianificazione Territoriale, Sviluppo

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1 - Urbanisti, Urbanistica, Pianificazione Territoriale, Sviluppo
Studio di fattibilità
Introduzione
S.I.BI.L.LA Sistema Biodiversità Lisone Lambro – Studio di Fattibilità
Progetto cofinanziato da Fondazione Cariplo
Partners del Progetto:
Comune di Casaletto Lodigiano (capofila)
Comune di Caselle Lurani
Comune di Salerano sul Lambro
Comune di Cerro al Lambro
Testo a cura del Gruppo Interdisciplinare:
Pian. Fabrizio Calloni
Pian. Chiara Panigatta
Pian. Davide Bassi
Arch. Marco Daniele Engel
Dott. Giovanni Molina
Dott. Michele Sorrenti
Dott. Matthias Reuter
Dott.ssa Giusi Laurenzano
www.studiopacaba.net
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
PARTE II
QUADRO PROGRAMMATICO
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Indice
PREMESSA........................................................................................................................... 1
1.
PIANO TERRITORIALE REGIONALE .......................................................................... 2
2.
PIANO PAESISTICO REGIONALE............................................................................. 7
3.
RETE ECOLOGICA REGIONALE ............................................................................ 14
4.
PROGRAMMA DI TUTELA ED USO DELLE ACQUE................................................. 19
5.
PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE 2007 – 2013 ............................................... 23
6.
PROVINCIA DI LODI: PIANI E PROGRAMMI ........................................................ 28
6.1
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE ........................... 28
6.2
PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE....................................................................... 41
6.3
CARTA ITTICA PROVINCIALE ............................................................................ 44
6.4
PIANO AGRICOLO TRIENNALE 2007-2009....................................................... 49
6.5
PIANO FAUNISTICO VENATORIO ..................................................................... 52
7.
PROVINCIA DI MILANO: PIANI E PROGRAMMI .................................................. 67
7.1
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE VIGENTE............ 67
7.2
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE APPROVATO..... 77
7.3
PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE....................................................................... 81
7.4
PIANO ITTICO PROVINCIALE ............................................................................ 84
7.5
PIANO AGRICOLO TRIENNALE 2007-2009....................................................... 89
7.6
PIANO FAUNISTICO VENATORIO ..................................................................... 92
8.
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DEL PARCO AGRICOLO SUD
MILANO .............................................................................................................. 106
9.
PIANI DI GOVERNO DEL TERRITORIO VIGENTI DEI COMUNI COINVOLTI NEL
PROGETTO .......................................................................................................... 113
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 120
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Parte II – Quadro programmatico
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
PREMESSA
La presente sezione è relativa all’analisi del quadro programmatorio all’interno del
quale ricadono i territori dei comuni oggetto dello studio di fattibilità.
La disamina degli strumenti di governo del territorio di scala sovralocale e locale
prenderà in considerazione nel dettaglio gli aspetti inerenti strettamente le
tematiche di pertinenza dello studio di fattibilità (vincoli e tutele ambientali,
interventi di valorizzazione delle emergenze naturali, rafforzamento delle reti
ecologiche) al fine di verificare la cornice di senso istituzionale nella quale ci si
trova a progettare e comprendere se vi siano elementi cui si possano (o
debbano) legare in modo sinergico le azioni che verranno definite nel dettaglio
dalla fase propositiva dello studio.
1
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
1.
PIANO TERRITORIALE REGIONALE
Il primo strumento di governo del territorio che occorre prendere in
considerazione è il Piano Territoriale Regionale approvato dalla Giunta regionale
con DGR n. 6447 del 16 gennaio 2008, adottato dal Consiglio Regionale con DCR
n.874 del 30 luglio 2009 e approvato definitivamente dal Consiglio Regionale il 19
gennaio 2010. Negli anni successivi ha subito aggiornamenti ed integrazioni.
Il PTR è lo strumento di indirizzo e orientamento per il territorio regionale che
definisce in maniera integrata gli obiettivi generali di sviluppo attraverso indirizzi,
orientamenti e prescrizioni, che hanno efficacia diretta su altri strumenti di
pianificazione, ed è anche lo strumento che porta a sistema le politiche settoriali
riconducendole ad obiettivi di sviluppo territoriale equilibrato.
Tra i 24 obiettivi che sono alla base della strategia regionale, quelli maggiormente
attinenti con il presente studio di fattibilità sono:
14 – Riequilibrare ambientalmente e valorizzare paesaggisticamente i territori
della Lombardia, anche attraverso un attento utilizzo dei sistemi agricolo e
forestale come elementi di ricomposizione paesaggistica, di rinaturalizzazione del
territorio, tenendo conto delle potenzialità degli habitat
17 - Garantire la qualità delle risorse naturali e ambientali, attraverso la
progettazione delle reti ecologiche, la riduzione delle emissioni climalteranti ed
inquinanti, il contenimento dell’inquinamento delle acque, acustico, dei suoli,
elettromagnetico e luminoso, la gestione idrica integrata
18 - Favorire la graduale trasformazione dei comportamenti, anche individuali, e
degli approcci culturali verso un utilizzo razionale e sostenibile di ogni risorsa,
l’attenzione ai temi ambientali e della biodiversità, paesaggistici e culturali, la
fruizione turistica sostenibile, attraverso azioni di educazione nelle scuole, di
formazione degli operatori e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica
19 - Valorizzare in forma integrata il territorio e le sue risorse, anche attraverso la
messa a sistema dei patrimoni paesaggistico, culturale, ambientale, naturalistico,
forestale e agroalimentare e il riconoscimento del loro valore intrinseco come
capitale fondamentale per l’identità della Lombardia
Il Documento di Piano del PTR si sofferma in particolare sul “Sistema rurale –
paesistico – ambientale” che interessa il territorio prevalentemente libero da
insediamenti o non urbanizzato, naturale, naturalistico, residuale o dedicato ad
usi produttivi primari. […]
Il sistema rurale-paesistico-ambientale si riferisce al patrimonio territoriale e
paesistico nell’ambito del quale possono essere svolte funzioni produttive primarie,
di tipo fruitivo pubblico e che riveste un ruolo essenziale per il bilancio ambientale
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complessivo; tale sistema, gestito in modo sostenibile, svolge funzioni decisive per
l’equilibrio ambientale, la compensazione ecologica e la difesa idrogeologica,
per il tamponamento degli agenti inquinanti e la fitodepurazione, per il
mantenimento della biodiversità, per la qualificazione paesistica e per
contrastare il cambiamento climatico.
Il sistema rurale – paesistico – ambientale viene articolato nei seguenti ambiti:
A – ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico
B – ambiti a prevalente valenza ambientale e naturalistica
C – ambiti di valenza paesistica
D – sistemi a rete (rete del verde e rete ecologica regionale)
E – altri ambiti del sistema
Per quanto riguarda il sistema rurale – paesistico – ambientale nel suo complesso,
è opportuno, tra i tanti, segnalare un elemento di attenzione, che ha ricadute
economiche, connesse alla salute e alle connotazioni paesistiche identitarie,
rappresentato dalla diffusione delle specie alloctone (o aliene), introdotte
involontariamente, per fenomeni naturali (ad esempio il cambiamento climatico)
ovvero dall’uomo (come per l’ambrosia), oppure volontariamente dall’uomo
(come nel caso della nutria, dello scoiattolo grigio,…). Il rafforzamento della rete
ecologica, con il mantenimento o ricostruzione degli habitat naturali, è uno degli
strumenti per contrastare la diffusione delle specie alloctone. Il fenomeno può
tuttavia essere arginato anche attraverso la pianificazione e mediante
comportamenti attenti (ad esempio la diffusione dell’ambrosia è connessa alla
penetrazione dei cantieri stradali e delle opere edilizie in genere, dove tale
essenza trova un contesto favorevole). Gli strumenti di pianificazione e gli
strumenti attuativi devono tenere conto di tale aspetto, introducendo le
necessarie attenzioni e promuovendo il rafforzamento degli habitat naturali.
Il Documento di Piano del PTR individua, tra gli elementi ordinatori dello sviluppo le
zone di preservazione e salvaguardia ambientale e le infrastrutture prioritarie.
Zone di preservazione e salvaguardia ambientale
Molta parte del territorio regionale presenta caratteri di rilevante interesse
ambientale e naturalistico che sono già riconosciuti da specifiche norme e
disposizioni di settore che ne tutelano ovvero disciplinano le trasformazioni o le
modalità di intervento.
In particolare vengono identificate come zone di preservazione e salvaguardia
ambientale:
• Fasce fluviali del Piano per l’Assetto Idrogeologico
• Aree a rischio idrogeologico molto elevato
• Aree in classe di fattibilità geologica 3 e 4 (studi geologici a supporto della
pianificazione comunale)
3
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•
•
•
•
•
Rete Natura 2000 (Siti di Importanza Comunitaria, Zone di Protezione Speciale)
Sistema delle Aree Protette nazionali e regionali
Zone Umide della Convenzione di Ramsar
Siti UNESCO
I corpi idrici individuati nei Piani di Gestione Distrettuali del Po e delle Alpi
Orientali
Infrastrutture prioritarie
Le infrastrutture prioritarie con cui è necessario un confronto per il presente studio
sono le seguenti:
1. Rete Verde Regionale
Valore strategico prioritario viene riconosciuto alla Rete Verde Regionale, intesa
quale sistema integrato di boschi, alberate e spazi verdi, ai fini della qualificazione
e ricomposizione paesaggistica dei contesti urbani e rurali, della tutela dei valori
ecologici e naturali del territorio, del contenimento del consumo di suolo e della
promozione di una migliore fruizione dei paesaggi di Lombardia.
Contribuiscono alla costruzione e salvaguardia della Rete Verde Regionale e
assumono in tal senso specifico valore paesaggistico i Piani di indirizzo forestale, i
Parchi locali di interesse sovracomunale, i progetti di Sistemi verdi rurali, i progetti
provinciali e regionali di greenway, i progetti di rete ecologica, i progetti di
ricomposizione paesistica ed equipaggiamento verde delle fasce contermini ai
principali corridoi della mobilità e tecnologici.
2. Rete Ecologica Regionale
La Rete Ecologica Regionale (RER) è la modalità per raggiungere le finalità
previste in materia di biodiversità e servizi ecosistemici, a partire dalla Strategia di
Sviluppo Sostenibile Europea (2006) e dalla Convenzione internazionale di Rio de
Janeiro (5 giugno 1992) sulla diversità biologica.
Si veda in proposito più oltre il paragrafo apposito dedicato alla RER.
Il Documento di Piano presenta successivamente gli Obiettivi Tematici che sono
una declinazione dei 24 obiettivi del PTR su temi di interesse.
In particolare, di seguito, si presentano gli obiettivi tematici inerenti l’Ambiente,
selezionando gli indirizzi che possano trovare una qualche rispondenza nello
studio di fattibilità in oggetto:
TM 1.3 Mitigare il rischio di esondazione (ob. PTR 8, 14, 17):
• rinaturalizzare le aree di pertinenza dei corsi d’acqua
• attuare il Piano di Assetto Idrogeologico del bacino del Po
TM 1.4 Perseguire la riqualificazione ambientale dei corsi d’acqua (ob. PTR 8, 14,
16, 17)
• recuperare e salvaguardare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche delle fasce
di pertinenza fluviale e degli ambienti acquatici
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• tutelare gli ambiti di particolare pregio, quali le fasce fluviali principali, l’asta del Po e i
laghi, con specifica attenzione alla tutela e/o ricomposizione dei caratteri paesaggistici
• gestire le aree ad elevato rischio idrogeologico che comportano limitazioni e
particolari attenzioni nella definizione dello sviluppo insediativo e infrastrutturale
TM 1.5 Promuovere la fruizione sostenibile ai fini turistico-ricreativi dei corsi d’acqua
(ob. PTR 7, 10, 15, 16, 17, 19, 21)
• realizzare interventi integrati sui corsi d’acqua, che prevedano azioni su più fronti e in
settori differenti, ad esempio ricreativo e ambientale, in grado di concorrere in maniera
sinergica alla loro
• riqualificazione e valorizzazione
• tutelare gli ambiti di particolare pregio, quali le fasce fluviali principali, l’asta del Po e i
laghi
• perseguire la ciclopedonabilità delle rive e la navigabilità turistica dei corsi d’acqua
TM 1.9 Tutelare e aumentare la biodiversità, con particolare attenzione per la flora
e la fauna minacciate (ob. PTR 14, 17, 19)
• conservare gli habitat non ancora frammentati
• sviluppare una pianificazione finalizzata ad azioni di recupero e di riqualificazione della
naturalità ed alla protezione delle specie floristiche e faunistiche autoctone
• consolidare e gestire il sistema delle aree naturali protette, allo scopo di promuovere in
maniera integrata la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale, anche
favorendo iniziative strategiche per la fruizione sostenibile di tali aree e la
delocalizzazione delle attività incompatibili
• proteggere, estendere e gestire correttamente il patrimonio forestale lombardo
• conservare, ripristinare e promuovere una fruizione sostenibile delle aree umide
TM 1.10 Conservare e valorizzare gli ecosistemi e la rete ecologica regionale (ob.
PTR 9, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 23, 24)
• valorizzare e potenziare la rete ecologica regionale, i parchi interregionali, i
collegamenti ecologici funzionali fra le aree di Rete Natura 2000
• creare nuove aree boscate negli ambiti di pianura e nell’area metropolitana
• concentrare in aree di ridotta rilevanza dal punto di vista ambientale gli interventi
compensativi, non strettamente finalizzati alla qualità ambientale dei luoghi
TM 1.11 Coordinare le politiche ambientali e di sviluppo rurale (ob. PTR 11, 14, 19,
21, 22)
• promuovere l’integrazione tra iniziative di conservazione delle risorse naturali e
paesaggistiche e le pratiche agricole
• promuovere attività agricole in grado di valorizzare l’ambiente e di tutelare la salute
umana, contenendo l’inquinamento atmosferico, idrico e dei suoli
• incentivare e assistere le imprese agricole multifunzionali
• promuovere i corridoi rurali anche in funzione del completamento della rete ecologica
regionale
Il Documento di Piano presenta inoltre 6 Sistemi Territoriali che costituiscono la
chiave territoriale di lettura comune quando si discute delle potenzialità e
debolezze del territorio, quando si propongono misure per cogliere le opportunità
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Parte II – Quadro programmatico
o allontanare le minacce che emergono per il suo sviluppo; sono la geografia
condivisa con cui la Regione si propone nel contesto sovraregionale e europeo.
L’ambito oggetto dello Studio di fattibilità risulta far parte di 2 dei 6 Sistemi di cui
verranno di seguito declinati gli indirizzi specifici, sempre selezionando solo quelli
che hanno una stretta attinenza con il progetto:
Sistema Territoriale della Pianura Irrigua
ST5.1 Garantire un equilibrio tra le attività agricole e zootecniche e la
salvaguardia delle risorse ambientali e paesaggistiche, promuovendo la
produzione agricola e le tecniche di allevamento a maggior compatibilità
ambientale e territoriale (ob. PTR 8, 14, 16)
• Conservare e valorizzare le aree naturalistiche, le aree prioritarie per la biodiversità
(prevalentemente zone umide, ambienti fluviali e perifluviali, ambienti agricoli e prati,
boschi) e le aree naturali protette importanti per la costituzione della rete ecologica
regionale, anche con pratiche agricole compatibili
• Non incrementare i livelli di pressione ambientale derivanti dal settore primario
• Incentivare e supportare le imprese agricole e gli agricoltori all’adeguamento alla
legislazione ambientale, ponendo l’accento sui cambiamenti derivanti dalla nuova
Politica Agricola Comunitaria
• Favorire l’adozione comportamenti (e investimenti) per la riduzione dell’impatto
ambientale da parte delle imprese agricole (sensibilizzazione sull’impatto che i prodotti
fitosanitari generano sull’ambiente, per limitare il loro utilizzo nelle zone vulnerabili
definite dal PTUA)
• Promuovere l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili derivate da biomasse vegetali e
animali
• Incentivare l’agricoltura biologica e la qualità delle produzioni;
ST5.3 Tutelare le aree agricole come elemento caratteristico della pianura e
come presidio del paesaggio lombardo (ob. PTR 14, 21)
• Tutelare le aree agricole anche individuando meccanismi e strumenti per limitare il
consumo di suolo e per arginare le pressioni insediative
• Promuovere azioni per il disegno del territorio e per la progettazione degli spazi aperti,
da non considerare semplice riserva di suolo libero
• Promuovere azioni locali tese alla valorizzazione, al recupero o alla riproposizione degli
elementi propri del paesaggio rurale tradizionale della pianura lombarda (macchie
boschive, filari e alberate, rogge e relativa vegetazione ripariale, fontanili e delle
colture tipiche di pianura (es. risaie), fondamentali per il mantenimento della diversità
biologica degli agroecosistemi
Sistema Territoriale del Po e dei Grandi Fiumi
ST6.1 Tutelare il territorio degli ambiti fluviali, oggetto nel tempo di continui
interventi da parte dell’uomo (ob. PTR 8, 16)
• Garantire la manutenzione del territorio (versanti, ambienti fluviali, opere)
• Limitare l’impatto di attività e insediamenti nelle aree vulnerabili
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• Porre attenzione all'uso del suolo, tutelando gli usi a maggior contenuto di naturalità ed
evitando la banalizzazione dell’ambiente naturale (perdita di superfici boscate, zone
umide, corpi idrici)
ST6.3 Tutelare l’ambiente degli ambiti fluviali (ob. PTR 14, 16, 17, 18)
• Favorire la rinaturalizzazione, in particolare di ambienti fluviali
• Promuovere l’attenzione ai temi della salvaguardia e dell’integrità degli ambiti fluviali,
partendo dall’educazione ambientale nelle scuole primarie e secondarie
(organizzazione di sopralluoghi ecc.)
• Incrementare le superfici forestali e i sistemi verdi così da potenziare il ruolo strategico
delle foreste in accordo con il Protocollo di Kyoto e i nuovi indirizzi sulla multifunzionalità
dell’agricoltura
ST6.5 Garantire uno sviluppo del territorio compatibile con la tutela e la
salvaguardia ambientale (ob. PTR 1, 16, 17, 19, 22)
• Avviare attività con il territorio per far comprendere che la protezione e la
valorizzazione delle risorse
• territoriali debbano essere considerate non come ostacolo alle attività umane e agli
insediamenti produttivi ma come un'importante funzione di tutela e di promozione
• Valorizzare il paesaggio agrario e la produzione agroalimentare attraverso
l’introduzione di tecniche colturali ecocompatibili e l’incentivazione alla coltivazione di
prodotti tipici della tradizione locale e all’equipaggiamento della campagna
(formazioni di siepi e filari)
2.
PIANO PAESISTICO REGIONALE
Il Piano Paesistico Regionale, costituisce parte integrante del PTR, e si compone di
vari documenti ed allegati grafici che declinano la disciplina del paesaggio ed i
gli indirizzi di tutela e valorizzazione a livello regionale.
Per orientarsi nella lettura del PPR appare dunque maggiormente interessante
partire dall’analisi della sua cartografia e verificare se vi siano elementi di interesse
che possano orientare la costruzione dello studio di fattibilità.
Si deve considerare che le uniche tavole che identificano elementi riferibili
all’area oggetto dello studio sono A, F, G e H, ossia quella relativa
all’individuazione delle unità tipologiche del paesaggio e quelle relative ai
fenomeni di degrado.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
TAVOLA A – Ambiti geografici e unità tipologiche di paesaggio
L’area in oggetto si trova al confine tra tre differenti ambiti geografici (il Milanese, il Lodigiano ed
il Pavese) collocandosi nell’unità tipologica di paesaggio della “Fascia della bassa pianura” per
la quale vengono di seguito riportati gli indirizzi di tutela suggeriti:
Paesaggi della pianura irrigua a orientamento cerealicolo e foraggero
I paesaggi della bassa pianura irrigua vanno tutelati rispettandone la straordinaria tessitura
storica e la condizione agricola altamente produttiva. Questa condizione presuppone una
libertà di adattamento colturale ai cicli evolutivi propri dell’economia agricola. Ciò va tenuto
presente, ma nel contempo va assicurato il rispetto per l’originalità del paesaggio nel quale si
identifica tanta parte dell’immagine regionale, della tradizionale prosperità padana.
La campagna
La modernizzazione dell’agricoltura ha fortemente penalizzato il paesaggio agrario tradizionale.
L’impressione più netta e desolante è la scomparsa delle differenze, delle diversità nel paesaggio
padano, tutto si amalgama, si uniforma essendo venute a cadere le fitte alberature che un
tempo ripartivano i campi e, essendo ormai votate alla monocoltura ampie superfici agricole,
essendo scomparsa o fortemente ridotta la trama delle acque e dei canali.
A questa situazione non concorre però soltanto una diversa gestione dell’attività agricola ma
anche l’impropria diffusione di modelli insediativi tipicamente urbani nelle campagne, la
necessità di infrastrutture ed equipaggiamenti tecnologici, i processi di allontanamento dei
presidi umani dalle campagne verso le città. Gli indirizzi normativi possibili, al fine di invertire
queste tendenze, sono di diversa natura. Attraverso una più accurata gestione della
pianificazione urbanistica, bisogna evitare i processi di deruralizzazione o sottoutilizzazione
provocati da attese in merito a previsioni insediative ma anche prevedere localizzazioni e
dimensionamenti delle espansioni urbane che evitino lo spreco di territori che per loro natura
sono preziosi per l’agricoltura.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Si sottolinea poi l’assoluta urgenza di una tutela integrale e di un recupero del sistema irriguo
della bassa pianura, soprattutto nella fascia delle risorgive, e nelle manifestazioni colturali
collegate a questo sistema (marcite, prati marcitori, prati irrigui). Promuovere la formazione di
parchi agricoli adeguatamente finanziati dove la tutela delle forme produttive tradizionali sia
predominante svolgendo un ruolo di testimonianza colturale e di difesa dall’urbanizzazione (si
pensi, ad esempio, al vasto comprensorio agricolo della Bassa Milanese). Incentivare la
forestazione dei terreni agricoli dismessi (set-aside) o comunque la restituzione ad uno stato di
naturalità delle zone marginali anche tramite programmi di salvaguardia idrogeologica
(consolidamento delle fasce fluviali).
Incentivare il recupero della dimora rurale nelle sue forme e nelle sue varianti locali; nel
contempo sperimentare nuove tipologie costruttive per gli impianti al servizio dell’agricoltura
(serre, silos, stalle, allevamenti, ecc.) di modo che rispondano a criteri di buon inserimento
nell’ambiente e nel paesaggio. Ricostituire stazioni di sosta e percorsi ecologici per la fauna di
pianura e l’avifauna stanziale e di passo.
La cultura contadina
Il ricchissimo patrimonio delle testimonianze e delle esperienze del mondo contadino va
salvaguardato e valorizzato con misure che non contemplino solo la “museificazione”, ma anche
la loro attiva riproposizione nel tempo. Si collegano a ciò le tecniche di coltivazione biologica, la
ricomposizione di ampi brani del paesaggio agrario tradizionale, la riconversione ecologica di
terreni eccessivamente sfruttati e impoveriti.
Paesaggi delle fasce fluviali
Gli elementi geomorfologici
La tutela degli elementi geomorfologici, solo debolmente avvertibili da un occhio profano, sono
importanti per diversificare una dominante paesaggistica di vasta, altrimenti uniforme pianura.
Tale tutela deve essere riferita all’intero spazio dove il corso d’acqua ha agito, con terrazzi e
meandri, con ramificazioni attive o fossili; oppure fin dove l’uomo è intervenuto costruendo argini
a difesa della pensilità. Delle fasce fluviali vanno protetti innanzitutto i caratteri di naturalità dei
corsi d’acqua, i meandri dei piani golenali, gli argini e i terrazzi di scorrimento. Particolare
attenzione va assegnata al tema del rafforzamento e della costruzione di nuovi sistemi di
arginatura o convogliamento delle acque, constatando la generale indifferenza degli interventi
più recenti al dialogo con i caratteri naturalistici e ambientali. Va potenziata la diffusione della
vegetazione riparia, dei boschi e della flora dei greti. Si tratta di opere che tendono
all’incremento della continuità “verde lungo le fasce fluviali, indispensabili per il mantenimento
di “corridoi ecologici attraverso l’intera pianura padana. Le attività agricole devono rispettare
le morfologie evitando la proliferazione di bonifiche agrarie tendenti all’alienazione delle
discontinuità altimetriche.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
TAVOLA F – Riqualificazione paesaggistica
Elemento di degrado rilevato dalla tavola
Indirizzi di riqualificazione
Area industriale / logistica lungo il corso del
Lambro in Comune di Casaletto Lodigiano
• interventi di mitigazione e mascheramento
anche tramite equipaggiamenti verdi in
grado di relazionarsi con il territorio
• interventi per la formazione di aree industriali
ecologicamente attrezzate
• migliore qualificazione architettonica degli
interventi di sostituzione
• adeguamento e potenziamento delle aree
attrezzate per la sosta con creazione di spazi
comuni e di opere di arredo qualificate e
coerenti con i caratteri paesaggistici del
contesto, curando in modo particolare
l'equipaggiamento verde
• riassetto funzionale e distributivo degli spazi
pubblici (viabilità, percorsi ciclo-pedonali,
aree verdi)
Area della Cascina Gazzera in Comune di
Cerro al Lambro riconosciuta quale sito
contaminato di interesse nazionale
• integrazione degli aspetti paesaggistici negli
interventi di bonifica e ripristino
• promozione di iniziative volte a coniugare
recupero dell'area e ricomposizione degli
elementi di relazione della stessa con il
contesto paesaggistico di riferimento
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Fiume Lambro individuato
d’acqua fortemente inquinato.
come
corso
• integrazione degli aspetti paesaggistici e
ecosistemici
negli
interventi
volti
al
miglioramento della qualità delle acque
TAVOLA G – Contenimento dei processi di degrado e qualificazione paesistica
Elemento di degrado rilevato dalla tavola
(aggiuntivo rispetto a quanto già rilevato nella
tavola F)
Indirizzi di riqualificazione
Tracciato della TEEM in comune di Cerro al
Lambro
• interventi di mitigazione anche tramite
equipaggiamenti verdi in grado di
relazionarsi con il territorio
• interventi correlati alle infrastrutture esistenti
attenti alle zone marginali e volti a ridurre la
loro estraneità al contesto e l’effetto
frattura che generano
• attenta considerazione degli interventi di
servizio alle infrastrutture cercando di
evitare
la
possibile
accentuazione
dell’effetto di frattura indotto, operando
riconnessioni funzionali tra i territori separati
e recuperando gli ambiti marginali con la
massima riduzione dell’impatto intrusivo
Presenza di aree agricole sottoposte a fenomeni
di abbandono
• promozione di progetti integrati di uso
multiplo degli spazi agricoli
• interventi di riqualificazione finalizzati al
potenziamento
del
sistema
verde
comunale e delle reti verdi provinciali
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• valorizzazione del patrimonio edilizio rurale
di valore storico-testimoniale anche in
funzione di usi turistici e fruitivi sostenibili
TAVOLA H3 – Aree ed ambiti di degrado paesistico provocato da trasformazioni della
produzione agricola e zootecnica
Elemento di degrado rilevato dalla tavola
Indirizzi di riqualificazione
Aree a monocoltura
riqualificazione attraverso interventi finalizzati
all’arricchimento
del
mosaico
paesistico
(recupero di assetti tradizionali del paesaggio
agrario, colture promiscue, formazione di filari,
siepi, specialmente quando utili a ripristinare
strutture più complesse, ad es. la “piantata
padana”, restauro e manutenzione dei sistemi
tradizionali di irrigazione, etc.) con finalità
ecosistemiche (aumento della biodiversità) e di
usi multipli dello spazio rurale, prioritariamente
correlati alla formazione della rete verde
provinciale
Risaie
• riqualificazione del paesaggio agrario con
interventi di arricchimento del mosaico
paesistico (recupero di assetti colturali
tradizionali, formazione di filari, siepi specie
quando utili a ripristinare o dare continuità a
strutture più complesse), prioritariamente in
correlazione alla formazione della Rete verde
provinciale e locale
• recupero degli elementi consolidati di forte
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
connotazione
morfologico-paesistica
dei
paesaggi locali (muri di contenimento,
percorsi, opere d’arte)
• promozione nei contesti rurali contraddistinti
da elevata integrità dell’utilizzo di materiali e
manufatti coerenti con quelli tradizionali o
meglio inseribili
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
3.
RETE ECOLOGICA REGIONALE
Con la deliberazione n. 8/10962 del 30 dicembre 2009, la Giunta della Regione
Lombardia ha approvato il disegno definitivo di Rete Ecologica Regionale (RER)
che “mira a definire una strategia per la conservazione della natura o, meglio, di
ciò che di essa rimane, in grado di sottrarre a un destino che sembra segnato la
ricchezza biologica della nostra regione, sorprendentemente ancora elevata
considerando l’aggressione antropica subita dalla natura nella pianura
lombarda”.
La RER si compone di elementi raggruppabili in due livelli: Elementi primari ed
Elementi di secondo livello.
Gli elementi primari rientrano in buona parte in aree sottoposte a tutela quali
Parchi Regionali, Riserve Naturali Regionali e Statali, Monumenti Naturali Regionali,
Parchi Locali di Interesse Sovracomunale, Zone di Protezione Speciale e Siti di
Importanza Comunitaria.
Si compongono di:
• Elementi di primo livello:
• Gangli primari
• Corridoi primari
• Varchi
Gli Elementi di secondo livello svolgono una funzione di completamento del
disegno di rete e di raccordo e connessione ecologica tra gli Elementi primari.
Come si può desumere dalla figura che segue i 4 comuni analizzati sono
interessati dai seguenti elementi della RER:
un corridoio primario ad alta antropizzazione individuato lungo il corso del
Lambro nel tratto compreso tra Cerro al Lambro e il nucleo di Mairano;
un corridoio primario a bassa o moderata antropizzazione lungo il corso del
Lambro nel tratto a sud di Mairano e lungo una fascia est – ovest che transita
a sud di Salerano e al centro del territorio di Caselle Lurani e si riconnette al
corridoio di egual livello individuato in corrispondenza del Lambro
Meridionale;
elementi di secondo livello che ricalcano il tracciato del corridoio est – ovest
interessando, in particolare, l’area del Lisone tra i comuni di Casaletto
Lodigiano e Caselle Lurani. Gli elementi di secondo livello individuati
costituiscono vettori privilegiati di attenzione per lo studio di fattibilità;
un varco in territorio di Cerro al Lambro, lungo gli elementi di secondo livello
che circondano l’abitato di Melegnano a sud e sono interferiti dalla presenza
dell’infrastruttura autostradale e dai tracciati ferroviari.
14
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 3.1 – Elementi della RER nel territorio del progetto (fonte: elaborazione dati SIT Regione
Lombardia)
Dal punto di vista delle caratteristiche della biodiversità locale, ci si può riferire in
prima analisi a quanto descritto all’interno dello studio del 2007 “Aree prioritarie
per la biodiversità nella Pianura Padana Lombarda” a cura di Regione Lombardia
e Fondazione Lombardia per l’Ambiente che è stato anche il punto di partenza
per la successiva definizione della Rete Ecologica Regionale.
Come mostrato dalla figura che segue lungo il corso del Lambro sono individuate
aree importanti per i processi ecologici, mentre l’estremità occidentale
dell’ambito dei comuni interessati è lambita da aree a valore ecologico diffuso.
Ciò significa che, sebbene i comuni oggetto di interesse non ricadano in “aree
importanti per la biodiversità”, viene comunque assegnata una qualche
15
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
importanza a processi ecologici che avvengono in determinate aree
corrispondenti a luoghi ove si registra la presenza di: fontanili, risaie, aree ad alta
densità di siepi e filari.
Lo studio definisce queste aree come “aree particolarmente estese, definite
macro – aree a valore ecologico diffuso, necessitanti di una gestione dinamica,
diffusa e attiva e dove valorizzare la matrice”.
Figura 3.2 – Aree importanti per i processi ecologici e aree a valore ecologico diffuso nel contesto di
riferimento (fonte: elaborazione dati SIT Regione Lombardia)
16
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
La scheda specifica del progetto di RER riferita all’area di analisi è la n.74 (LODI)
dalla quale vengono estrapolate le seguenti indicazioni:
CODICE SETTORE: 74 – NOME SETTORE: LODI
DESCRIZIONE GENERALE
Settore di pianura situato a cavallo tra le province di Milano, Pavia, Lodi e Cremona. È
attraversato nella sua parte centrale da nord a sud dal fiume Lambro, mentre la parte
nordorientale è percorsa, sempre da nord a sud, dal fiume Adda (area prioritaria).
La parte sud-occidentale è solcata invece dal fiume Lambro meridionale, corridoio
ecologico di primo livello.
La principale area sorgente è costituita dal fiume Adda e dai limitrofi ambienti agricoli, per
la presenza di ambienti diversificati di grande pregio naturalistico, in particolare ghiareti,
boschi ripariali, prati stabili, seminativi, siepi e filari. L’Adda è particolarmente importante
per l’avifauna e per numerose specie ittiche: il tratto medio del fiume, in particolare, è
quello meglio conservato dal punto di vista idromorfologico e rispetto alla qualità delle
acque, e ospita ricche popolazioni di Trota marmorata.
Gran parte del restante territorio è a vocazione agricola, con campi intervallati da siepi e
filari e da lembi boscati e arbusteti nelle zone prossime ai fiumi e alla rete irrigua.
La matrice urbana è relativamente modesta, con le eccezioni delle città di Lodi e
Melegnano.
Per quanto concerne le infrastrutture lineari, si segnala soprattutto la presenza
dell’autostrada A1, che taglia in due il settore da Nord-Ovest a Sud-Est.
INDICAZIONI PER L’ATTUAZIONE DELLA RETE ECOLOGICA REGIONALE
1) Elementi primari [selezionati per il presente caso]
Fiume Lambro; 29 Fiume Lambro meridionale: ricostruzione boschi ripariali; conservazione
zone umide relitte; ripristino delle lanche; mantenimento del letto del fiume in condizioni
naturali, evitando la costruzione di difese spondali a meno che non si presentino problemi
legati alla pubblica sicurezza (ponti, abitazioni); collettare gli scarichi fognari; mantenere
le fasce tampone; favorire la connettività trasversale della rete minore; controllo di
microfrane; mantenimento dei prati stabili polifiti; creazione di siti idonei per la
riproduzione dell'avifauna legata ad ambienti agricoli; mantenimento del mosaico
agricolo.
Corridoio Sud Milano e aree agricole in genere: interventi di connettività trasversale della
rete minore; mantenimento dei prati stabili polifiti; mantenimento delle fasce ecotonali;
creazione di siti idonei per la riproduzione dell'avifauna legata ad ambienti agricoli;
mantenimento del mosaico agricolo. Interventi di deframmentazione ad est della città di
Lodi, lungo la strada statale che collega Lodi a Tavazzano e lungo la linea ferroviaria
Milano-Lodi.
2) Elementi di secondo livello [selezionati per il presente caso]
MA28 Lambro di Melegnano: lembo di area agricola con presenza di residui ambienti
boschivi nella parte nord-occidentale del settore in oggetto, a nord della città di
Melegnano. Ricostruzione della vegetazione lungo i canali e le rogge; il mantenimento
delle siepi; il mantenimento del mosaico agricolo; la creazione di siti idonei per la
17
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
riproduzione dell'avifauna legata ad ambienti agricoli; la gestione delle specie alloctone,
sia terrestri che acquatiche. Intervenire mediante deframmentazione della zona
compresa nel comune di San Giuliano Milanese nei tratti che incrociano la strada statale
che collega Melegnano con San Donato Milanese, la rete ferroviaria Milano-Lodi e
l’autostrada A1.
Aree agricole: mantenimento dei prati stabili polifiti; mantenimento delle siepi ad alta
copertura e delle siepi di rovo; mantenimento delle fasce ecotonali; mantenimento delle
piante vetuste e della disetaneità del bosco; mantenimento del mosaico agricolo;
creazione di siti idonei per la riproduzione dell'avifauna legata ad ambienti agricoli;
gestione delle specie alloctone, sia terrestri che acquatiche
Varchi: Necessario intervenire attraverso opere sia di deframmentazione ecologica che di
mantenimento dei varchi presenti al fine di incrementare la connettività ecologica.
3) Aree soggette a forte pressione antropica inserite nella rete ecologica
Superfici urbanizzate: favorire interventi di deframmentazione; mantenere i varchi di
connessione attivi; migliorare i varchi in condizioni critiche; evitare la dispersione urbana;
Infrastrutture lineari: prevedere, per i progetti di opere che possono incrementare la
frammentazione ecologica, opere di mitigazione e di inserimento ambientale. Prevedere
opere di deframmentazione in particolare a favorire la connettività con aree sorgente
(Aree prioritarie) e tra aree sorgente.
CRITICITÀ
a) Infrastrutture lineari: presenza di una fitta rete di infrastrutture lineari che creano forti
difficoltà al mantenimento della continuità ecologica (autostrada A1; rete ferroviaria MILO; strade statali e provinciali che scorrono da Nord verso Sud e da Est verso Ovest). Si
segnala la presenza di varie interruzioni della continuità ecologica che necessitano di
interventi sia di deframmentazione che di mantenimento dei varchi esistenti;
b) Urbanizzato: espansione urbana in corso, a discapito di ambienti aperti e della
possibilità di connettere le diverse Aree prioritarie
c) Cave, discariche e altre aree degradate: Necessario il ripristino della vegetazione
naturale al termine del periodo di escavazione. Le ex cave possono svolgere un
significativo ruolo di stepping stone qualora fossero oggetto di oculati interventi di
rinaturalizzazione, in particolare attraverso la realizzazione di aree umide con ambienti
prativi e fasce boscate ripariali
18
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
4.
PROGRAMMA DI TUTELA ED USO DELLE ACQUE
La Proposta di PTUA è stata approvata dalla Giunta con Deliberazione n.
VII/19359 del 12 novembre 2004 e sottoposta ad osservazioni. Sulla base
dell'istruttoria delle osservazioni pervenute è stato quindi adottato il Programma di
Tutela e Uso delle Acque con Deliberazione n. 1083 del 16 novembre 2005. Alla
deliberazione sono allegati: la Relazione di Istruttoria delle Osservazioni e la Sintesi
e controdeduzioni alle Osservazioni. A seguito dell'adozione, il PTUA è stato inviato
al parere di conformità delle due Autorità di Bacino insistenti sul territorio
lombardo: l'Autorità di Bacino nazionale del Fiume Po e l'Autorità interregionale
del Fissero –Tartaro – Canal Bianco. L'Autorità di bacino del Fiume Po ha espresso il
parere di conformità rispetto agli indirizzi espressi con le Deliberazioni 6/02 , 7/02 e
7/03 del Comitato Istituzionale, nel Comitato Tecnico del 21 dicembre 2005.
Il PTUA è stato definitivamente approvato con Deliberazione n. 2244 del 29 marzo
2006.
Il PTUA classifica il Fiume Lambro come KO in conseguenza della salute
seriamente compromessa di tutto l’ambiente fluviale ed assume come obiettivo
“il recupero delle condizioni qualitative delle acque, parametro fortemente
incidente sulla caratterizzazione integrata del corso d’acqua e il conseguente
miglioramento dei tratti classificati come KO, al fine di raggiungere una situazione
adeguata alla potenziale riqualificazione ambientale”.
Il raggiungimento dell’obiettivo dovrebbe portare il Lambro da uno stato
“pessimo” del SACA (Stato Ambientale del Corso d’Acqua) rilevato nel 2006 ad
uno “sufficiente” entro il 2016.
Sul bacino del Lambro non insistono significative pressioni d’uso sulle acque
superficiali, non esiste quindi la possibilità di incidere sulla qualità delle acque in
alveo incrementando i rilasci al fine di aumentare le portate in alveo.
Come conseguenza di tale situazione, i corsi d’acqua significativi del bacino
rientrano nella classe 4 o 5 dello Stato Ecologico e presentano uno stato
ambientale “scadente” o “pessimo”.
Adottando un criterio previsto dalla Direttiva Europea 2000/60/CE il Fiume Lambro,
così come i suoi affluenti Olona e Seveso vengono considerati corpi idrici
“fortemente modificati”.
In relazione alla situazione territoriale il PTUA rileva che l’obiettivo di qualità
ambientale “buono” entro il 2016 può essere raggiunto per il solo tratto del Fiume
Lambro a monte della sezione di Monza, mentre sembra realisticamente non
raggiungibile per gli altri corsi d’acqua dell’area.
Per i rimanenti tratti, ad esclusione quindi del Lambro a monte di Monza, si assume
l’obiettivo di qualità “sufficiente”, per il cui raggiungimento si prevede l’adozione,
nell’intero bacino, delle miglior tecnologie depurative disponibili con
l’introduzione del trattamento di filtrazione, il riuso delle acque reflue depurate per
19
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
oltre il 50% delle portate complessivamente scaricate dai depuratori nel bacino e
gli interventi di riqualificazione e rinaturazione degli alvei e delle sponde al fine di
migliorare la qualità complessiva dei corpi idrici interessati dagli scarichi.
Nel bacino del Lambro la Regione Lombardia ha attivato il “Contratto di Fiume”
previsto dalla L.R.26/2003 quale strumento di pianificazione e gestione integrata e
partecipata delle risorse idriche nel bacino in argomento. Uno strumento quale il
contratto permette lo sviluppo di proposte di intervento inserite nel contesto
territoriale di bacino e concertate con gli enti locali interessati, le forze produttive
e tutti gli utilizzatori del “sistema acqua” al fine di raggiungere gli obbiettivi di
qualità delle acque previsti.
Nell’ottica di quanto previsto dalla Direttiva Quadro 60/2000/CE in materia di
risorse idriche al Capitolo 5 il PTUA persegue obiettivi non solo finalizzati alla tutela
quali-quantitativa delle acque, ma più complessivamente indirizzati alla
riqualificazione e alla tutela degli ambienti ad esse connessi.
Pertanto, al fianco di consistenti investimenti per il collettamento, la depurazione
e il recupero, laddove possibile, delle acque reflue, finalizzati al risanamento delle
acque, sono previste misure che garantiscano una riqualificazione complessiva
del corpo idrico, migliorandone quindi anche le funzioni geomorfologiche,
idrauliche, ecologiche, ricreative ed estetico-paesaggistiche.
Di seguito si riportano le informazioni contenute nella scheda tecnica riferita al
Lambro e contenuta nell’allegato 13 del PTUA “Caratterizzazione integrata dei
corsi d'acqua e riqualificazione fluviale”.
TIPOLOGIA
Il Lambro è un fiume collinare nel tratto di monte (fino a Biassono), poi di alta pianura fino
a Melegnano, infine di bassa pianura fino alla confluenza con il Po.
CARATTERIZZAZIONE
Tratti: a scala di corridoio fluviale sono stati individuati ben 17 tratti, di cui 5 appartenenti
alla tipologia collinare, 6 a quella di alta pianura e 6 a quella di bassa pianura.
Naturalità fisica-morfologica: il Lambro, che in alcuni tratti presenta una naturalità fisicomorfologica piuttosto compromessa (con una riduzione della pendenza naturale legata
alla realizzazione di briglie), nei tratti di alta e bassa pianura a sud di Milano e fino alla
confluenza con il Po, conserva invece una buona naturalità ed in particolare nel tratto fra
Sant’Angelo Lodigiano e San Colombano al Lambro.
Salute: la salute complessiva è abbastanza buona fino alle porte di Monza. Da lì fino al Po,
la qualità dell’acqua scade e a valle di San Maurizio al Lambro scende sotto il valore
soglia e l’indice salute assume automaticamente il valore minimo.
Rilevanza naturalistica: il Lambro presenta alcune aree di rilevanza naturalistica. Infatti, i
tratti da 1 a 7 rientrano nel Parco Regionale Valle Lambro, e in particolare nel tratto 1 è
presente il Sito di Importanza Comunitaria SIC it 2020006 (Lago di Pusiano) e nel tratto 5 il
SIC it2050003 (Valle del rio Pegorino). Più a valle, tratti 9-13 è presente il Parco Regionale
Sud Milano.
20
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Natura: il valore dell’indice Natura si mantiene su livelli discreti fino a Monza, poi cala
bruscamente a causa della perdita di salute dovuta principalmente al degrado della
qualità dell’acqua. Infatti, l’indice natura, che è il risultato dell’aggregazione degli indici
salute, rilevanza naturalistica e naturalità fisico-morfologica presenta dei valori
particolarmente bassi nei tratti a valle di San Maurizio al Lambro, dove a fronte di una
naturalità morfologica buona, si rileva uno stato di salute totalmente compromesso.
FRUIZIONE
Il Lambro, per diversi motivi, scorre in un contesto contraddistinto dalla presenza di
elementi di interesse del Paesaggio. Nel tratto a Valle di Melegnano e fino alla confluenza
con il Po l’indice fruizione attuale segnala degli elementi di interesse legati in particolare
alla presenza di piste ciclabili.
ANALISI SWOT
Zonizzazione: la Zonizzazione del Lambro evidenzia in modo inequivocabile, la presenza di
ben 9 tratti KO, vale a dire tratti dove la salute ha raggiunto livelli inaccettabili a causa
della qualità dell’acqua. Nei tratti di monte, fra Merone e Monza, il Lambro risulta essere Rpot, vale a dire potenzialmente riqualificabile. Non si rileva la presenza di tratti OK, vale a
dire tratti in ottimo stato.
Priorizzazione: emergono delle opportunità di intervento, sia con criteri prudenti sia con
criteri arditi, unicamente nei tratti collinari, ed in particolare nei tratti 1 e 2 tra Merone e
Fornacetta e nel tratto 6 da Biassono a Monza.
Rischi di involuzione: dall’analisi degli interventi previsti per il Lambro dal Piano Stralcio per
l'Assetto Idrogeologico (2001, AdBPo) emerge un incremento dell’artificializzazione del
corso d’acqua comportando, in termini di riqualificazione fluviale, un rischio di involuzione
che riguarda tutti i tratti.
VISION E LINEE DI AZIONE:
Data la grave condizione in cui versano le acque del Lambro, riteniamo opportuno
premettere che qualsiasi strategia indirizzata alla riqualificazione di questo corso d'acqua
non può prescindere da un risanamento del corpo idrico sotto il profilo qualitativo, anche
se ciò dovesse richiedere interventi radicali e a grande scala, con grossi investimenti
finanziari (infrastrutture per sistemi di depurazione convenzionale).
Ne consegue che, fino a quando non verranno intrapresi provvedimenti finalizzati a
disinquinare le acque del fiume (e i relativi sedimenti) è da escludere qualsiasi altra azione
orientata al miglioramento di altre componenti dell'ecosistema fluviale (vegetazione,
rapporto con la piana, ecc.) che potrebbe addirittura rivelarsi dannosa (es. con l'obiettivo
di migliorare il rapporto con la piana e di aumentare la capacità di laminazione delle
piene, si rischierebbe di sottoporre a contaminazione da metalli pesanti e quant'altro gli
spazi interessati dall’esondazione delle acque del fiume).
In funzione di queste premesse, sembra suggestivo fornire due tipi di vision per questo
fiume:
• una prima, insolita e provocatoria, con la quale è necessario convivere fino a quando
non verranno attivate iniziative consistenti per migliorare la qualità delle acque: essa
illustra un fiume "escluso" dal contesto territoriale, elemento sgradevole del paesaggio
per la sua fisionomia e per le sue acque luride e maleodoranti.
• una seconda vision in cui viene raggiunto un miglioramento delle qualità delle acque e
diventa quindi sensato intervenire anche su altri elementi, ad es. recuperando aree
inondabili del fiume per diminuire l'effetto delle piene a valle (in ottica di convivere con
21
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
il rischio, attraverso un sistema di risarcimenti per i proprietari terrieri che subiscono
l'esondazione) o potenziando la vegetazione riparia nella parte di bassa pianura: è la
vision di un fiume in cui si è avuto un recupero ecologico, seppur parziale, e che torna
ad avere un ruolo all'interno del paesaggio, quale ad es. quello fruitivo (es. parco
urbano o parco agricolo).
Caratterizzazione
Il Lambro è stato suddiviso in ben 17 tratti che presentano già ad una prima analisi delle
caratteristiche distintive piuttosto evidenti e legate sia ad aspetti morfologici del corso
d’acqua sia alle caratteristiche delle aree adiacenti.
[Al presente studio di fattibilità sono riferibili i tratti da 11 a 14:]
Linee di azione [riferite ai singoli tratti]
Tratti 12-17: la qualità dell'acqua, in funzione degli apporti inquinanti derivanti dall'area
metropolitana e dalla bassa pianura agricola, subisce un ulteriore peggioramento e
rimane, fino alla confluenza nel Po, il problema dominante del Lambro.
Il problema va contrastato attraverso strumenti efficaci e risolutivi, che prevedano non
solo la costruzione di infrastrutture all'avanguardia per il trattamento delle acque, ma
anche interventi di ampio respiro, che si spingano fino alla promozione di azioni a scala di
bacino volte a modificare la gestione degli affluenti del Lambro, che, altrettanto inquinati,
sversano le proprie acque nel fiume.
Solo dopo aver affrontato in maniera esaustiva questo problema si può procedere a
prendere in considerazione altri aspetti deficitari della salute del corso d'acqua, tra i quali,
specialmente nella zona di bassa pianura, spicca la mancanza di vegetazione riparia. Per
far fronte a quest'ultima, dato anche il contesto agricolo della parte terminale del
Lambro, vengono suggeriti il potenziamento e la gestione della vegetazione (Creazione di
habitat, reti ecologiche) e il ripristino di condizioni idrologiche adatte (inondazione
periodica, alimentazione da falda locale ecc.
22
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
5.
PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE 2007 – 2013
Il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia è lo
strumento che mette a disposizione delle imprese agricole e di trasformazione una
serie di misure a sostegno degli investimenti e di azioni agroambientali finalizzate
ad orientare lo sviluppo rurale della regione secondo le finalità politiche
comunitarie.
Approvato per la prima volta dalla Commissione europea il 16 ottobre 2007 con
Decisione n. 4663 è stato successivamente adeguato in coerenza alle mutate
esigenze del settore agricolo e secondo le priorità dettate dalla riforma della
Politica Agricola Comune 2009 (Health Check) e dalla strategia europea anticrisi
(European Economic Recovery Plan) con Decisione n. 10347 del 17 dicembre
2009.
Il 24 maggio 2011 è stata approvata con Decisione (CE) n.3621 la nuova proposta
di modifica al Programma di Sviluppo Rurale della Lombardia.
Il 27 febbraio 2012 è stata approvata con Nota della Commissione Europea
un'ulteriore proposta di modifica al Programma di Sviluppo Rurale della
Lombardia.
Le linee di azione del PSR 2007-2013 di Regione Lombardia sono declinate nei 4
assi e in 22 misure più l'approccio Leader. Ogni misura riguarda una determinata
categoria di interventi destinati prevalentemente alle aziende agricole della
Lombardia.
Di seguito verranno estratti per ogni asse gli obiettivi specifici che possono fornire
utili indirizzi al presente studio di fattibilità:
Asse 1 – Migliorare la competitività del settore agricolo e forestale
Strategia dell’asse: favorire negli imprenditori agricoli la piena consapevolezza
delle dinamiche di mercato ed una maggiore propensione all’innovazione ed
integrazione di filiera.
Obiettivi specifici selezionati:
1. adeguamento delle infrastrutture irrigue, di salvaguardia del territorio e del
risparmio idrico che si realizza tramite la razionalizzazione del sistema irriguo, la
salvaguardia e sistemazione idraulica del territorio sia a livello aziendale, sia a
livello di consorzi di bonifica.
Obiettivi operativi selezionati:
-
125A Garantire una migliore sicurezza idraulica del territorio migliorando l'efficienza
delle reti idriche, delle strutture di bonifica e di drenaggio
Sottomisure di riferimento e tipologie di intervento ammesse al finanziamento
125A Gestione idrica e salvaguardia idraulica del territorio:
a. Nuove realizzazioni e manutenzioni straordinarie di opere e infrastrutture a servizio
del sistema irriguo e idraulico-territoriale.
23
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
b. Interventi di manutenzione straordinaria e adeguamento degli impianti di
bonifica.
c. Realizzazione di sistemi e applicazione di tecnologie innovative per la gestione
della rete dei canali (impianti di telerilevamento e telecontrollo per la gestione in
tempo reale della rete irrigua ed idraulica, briglie per la bacinizzazione dei canali,
ecc.).
d. Realizzazione di impianti per il recupero di salti d’acqua a fini energetici e per
l’utilizzo di altre fonti energetiche rinnovabili per soddisfare totalmente o
parzialmente il fabbisogno energetico derivante dal funzionamento degli
impianti idraulici.
e. Esecuzione di opere di captazione di acque sotterranee ad utilizzo consortile.
f. Interventi per l’aumento dell’efficienza della rete e dei metodi di distribuzione
(razionalizzazione, impermeabilizzazione, intubazione della rete di distribuzione ed
altri interventi funzionali alla conversione dei sistemi di irrigazione a scorrimento
verso sistemi per aspersione).
g. Utilizzo di acque reflue depurate come fonte integrativa mediante la
realizzazione di connessioni tra la rete irrigua ed i depuratori.
Asse 2 - Migliorare l'ambiente e lo spazio rurale
Strategia dell’asse: promuovere uno sviluppo agricolo e forestale sostenibile in
armonia con la tutela della biodiversità, la valorizzazione del paesaggio e lo
sviluppo di fonti energetiche rinnovabili.
Obiettivi specifici selezionati:
1. realizzazione di sistemi verdi territoriali per la fitodepurazione e la creazione di
corridoi ecologici a sostegno della lotta al cambiamento climatico che si
realizza tramite gli aiuti agroambientali
2. realizzazione di sistemi verdi territoriali per conservare e migliorare l’ambiente
e il paesaggio nonché limitare il cambiamento climatico e il potenziamento
della produzione di biomasse legnose in pianura che si realizzano tramite gli
aiuti agroambientali, l’imboschimento dei terreni agricoli e non
Obiettivi operativi selezionati:
-
-
3.
216-221-223 protezione dell'ambiente e prevenzione delle avversità; miglioramento
del paesaggio e funzionalità degli ecosistemi per la conservazione della
biodiversità.
214 mantenere le strutture vegetali per fitodepurazione e corridoi ecologici
214 aumentare la biodiversità attraverso l'utilizzo dei principi della produzione
integrata e la naturalizzazione di terreni agricoli
216 salvaguardare e incrementare la biodiversità
216-214 tutelare le risorse idriche superficiali e profonde
223 tutela e conservazione dell'ambiente tramite la diversificazione delle
produzioni legnose ecologicamente sostenibili.
massima diffusione di pratiche agricole a basso impatto ed a sostegno della
biodiversità, che si realizza tramite gli aiuti agroambientali e la
compensazione dei maggiori oneri obbligatori
Obiettivi operativi selezionati:
24
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
-
214 riduzione degli input chimici attraverso la fertilizzazione bilanciata e la lotta
integrata
214 mantenere le strutture vegetali per fitodepurazione e corridoi ecologici
Sottomisure di riferimento e tipologie di intervento ammesse al finanziamento
214 Pagamenti Agroambientali
a. Fertilizzazione bilanciata ed avvicendamento
b. Produzioni agricole integrate
c. Produzioni vegetali estensive
d. Produzioni agricole biologiche
e. Mantenimento di strutture vegetali lineari e fasce tampone boscate
f. Miglioramento ambientale del territorio rurale
g. Salvaguardia delle risorse genetiche
h. Conservazione della biodiversità nelle risaie
i. Conservazione della biodiversità delle praterie ad alto valore naturalistico
j. Introduzione di tecniche di agricoltura conservativa
216 Investimenti non produttivi
a. Costituzione di siepi, filari e fasce tampone boscate;
b. Recupero dei fontanili. Questi interventi dovranno essere attuati secondo le
prescrizioni dell’apposito documento tecnico;
c. Rinaturalizzazione di altri tipi di zone umide. Questo intervento può comprendere la
creazione o il miglioramento di siti atti alla nidificazione degli uccelli;
d. Miglioramento di ambienti agricoli ad alto valore naturale a rischio di scomparsa,
presenti nelle aree protette e nelle aree Natura 2000. Gli interventi da attuare, che
oltrepasseranno le prescrizioni dei singoli Piani di Gestione, saranno descritti in
singoli progetti predisposti dagli enti gestori delle aree Natura 2000 e delle aree
protette, approvati dalla DG Agricoltura.
221 Imboschimento di terreni agricoli
a. boschi permanenti, a scopo ambientale, paesaggistico o protettivo, con durata
dell’impegno uguale o superiore ad anni 15, ma con vincolo forestale
permanente;
b. arboricoltura da legno a ciclo medio-lungo, con latifoglie con durata
dell’impegno uguale o superiore ad anni 15;
c. arboricoltura da legno con ceduazione a turno breve (minimo 5 anni), per la
produzione di paleria a fini di opera (es. bancali) e di biomassa a fini energetici,
con durata dell’impegno di almeno 8 anni e rotazione inferiore ad anni 15;
d. arboricoltura da legno a rapido accrescimento, con durata dell’impegno di
almeno 8 anni e rotazione inferiore ad anni 15.
223 Imboschimento di superfici non agricole
a. Boschi permanenti, a scopo ambientale, paesaggistico o protettivo, con durata
dell’impegno di anni 15, ma con vincolo forestale permanente;
b. Contributo alle spese d’impianto e, in caso di imboschimento su terreni agricoli
incolti, indennità annuale per la manutenzione iniziale dei nuovi impianti.
25
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Sviluppo ambientale e paesaggistico del territorio agroforestale
Lo sviluppo ambientale e paesaggistico del territorio agroforestale è visto come un
bisogno di evoluzione di molte aree rurali dove l’agricoltura rappresenta ancora lo
strumento più sostenibile di gestione del suolo e del territorio in senso lato. In queste aree il
rapporto agricoltura natura è in grado di caratterizzarsi per un forte equilibrio e capacità
di riprodurre le risorse che vengono impiegate nelle diverse attività produttive. I processi di
coproduzione uomo-natura propri dell’agricoltura hanno generato numerosi sistemi
agroambientali e paesaggistici di grande valore sia socio-economico sia naturalistico,
come ad esempio quelli legati alla distribuzione dell’acqua tramite i canali di bonifica e
irrigazione ed alle coltivazioni permanenti. Il contributo di questi sistemi alle economie
locali va molto oltre quello diretto rappresentato dalle produzioni, va piuttosto ricercato
nel miglioramento complessivo dell’attrattività di queste aree a fini turistici e residenziali
alla quale contribuiscono sia la presenza di produzioni tipiche sia di paesaggi e tradizioni
socio – culturali che oggi vengono riconosciute come elementi rilevanti per la qualità
della vita.
Tutela della biodiversità
Il fabbisogno di tutela della biodiversità intende intervenire sul sistema territoriale
attraverso il miglioramento ambientale del territorio rurale, anche attraverso il
mantenimento o la costituzione di prati stabili o polifiti da pianura o da collina, il ripristino di
boschi danneggiati e di prevenzione dei rischi naturali oltre che la realizzazione e il
mantenimento di strutture vegetali lineari e fasce tampone boscate. Sul fronte aziendale
invece si intende sostenere la conduzione delle superfici aziendali in conformità ai metodi
di produzione agricola biologica e il mantenimento delle aree ad elevata valenza
naturalistica al loro interno, con specifico riferimento alla gestione del ciclo idrico nelle
risaie. Inoltre si incentiva l’allevamento di razze animali locali a rischio di estinzione;
l’impianto di: boschi permanenti, arboricoltura da legno a ciclo medio lungo, con
ceduazione a ciclo breve e a rapido accrescimento.
Asse 3 - Qualità della vita e diversificazione dell'economia nelle zone rurali
Strategia dell’asse: garantire la permanenza delle popolazioni rurali nelle aree
svantaggiate attraverso il potenziamento del contributo dell’agricoltura al
miglioramento della qualità della vita e la diversificazione dell’economia rurale
per creare nuova occupazione.
Non si rilevano obiettivi specifici riferibili al presente studio di fattibilità
Asse 4 - Attuazione dell'approccio Leader
Strategia dell’asse: integrare gli aspetti agricoli nelle attività di sviluppo locale per
accrescere l’efficacia e l’efficienza della governance locale e costruire la
capacità locale di occupazione e diversificazione.
Obiettivi specifici selezionati:
1. l’integrazione degli aspetti agricoli nelle attività di sviluppo locale, che si
realizza tramite la promozione di percorsi di sviluppo endogeno volti
all’accrescimento della competitività del settore agricolo e forestale locale,
alla valorizzazione dell’ambiente e dello spazio naturale, al miglioramento della
26
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
qualità della vita e alla promozione della diversificazione delle attività
economiche
Obiettivi operativi selezionati:
-
410 Costruire la capacità locale di occupazione e diversificazione attraverso la
promozione di percorsi di sviluppo endogeno con integrazione degli aspetti agricoli
27
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
6.
PROVINCIA DI LODI: PIANI E PROGRAMMI
6.1
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE
E’ stato approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale n° 30 del 18 luglio
2005.
Gli obiettivi di Piano possono essere ricondotti a due tematiche generali:
a.
b.
l'ecosistema, l'assetto idrico e idrogeologico quali elementi imprescindibili e
determinanti per ogni tipo di proposta in grado di avviare uno sviluppo territoriale
compatibile e rispettoso delle caratteristiche proprie di un contesto ove ambiente,
risorse agricole e patrimonio storico e culturale costituiscono gli elementi più sensibili
per lo sviluppo endogeno;
l'assetto territoriale, sociale ed economico, e il riconoscimento della rete delle polarità
urbane, che costituiscono gli elementi su cui avviare un processo di sviluppo specifico
e integrato tra tradizioni locali e nuovi modelli economici e sociali, produttivi e turistici.
I temi di cui sopra sono a loro volta specificati in un sistema più articolato che
riguarda:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
la tutela, la valorizzazione ed il recupero delle risorse fisico-naturali e storico-culturali
come fattori per uno sviluppo "sostenibile" e quindi integrato ai fattori sociali ed
economici locali;
la promozione di iniziative orientate alle produzioni di qualità e alla distribuzione di
servizi capaci di valorizzare le risorse di maggior pregio ambientale del contesto della
pianura lombarda;
l'ammodernamento delle reti e la razionalizzazione della gestione dei sistemi
tecnologici urbani;
la difesa idrogeologica del territorio della Provincia sulla base di quanto già
pianificato, progettato ed attuato a completamento del sistema di interventi prioritari
e a monitoraggio delle possibili emergenze;
la costruzione di una Rete ecologica a livello provinciale, promuovendo i
collegamenti tra le aree di pregio naturalistico e parchi, istituzionalmente riconosciuti
o per i quali il piano dovrà indirizzare a vagliarne la costituzione (Parchi Regionali e
Parchi Locali di Interesse Sovracomunale, le interconnessioni con i parchi e gli
elementi rilevanti del territorio delle Province limitrofe), contribuendo con ulteriori
criteri al difficile dibattito dei rapporti tra presidio del territorio, sviluppo dell'agricoltura
ed espansione delle aree a forte urbanizzazione;
la valorizzazione paesistica, ove il termine paesaggio viene legato a tutte le
trasformazioni: sia quelle relative al sistema ambientale ed alle componenti edilizie sia
quelle relative alle politiche di assetto insediativo e della mobilità. In particolare si
intende integrare il recupero delle componenti paesistiche e dell'accessibilità, con
particolare riferimento ai nuclei abitativi minori spesso dotati di rilevanti testimonianze
storico-architettoniche;
lo sviluppo di una gerarchia della struttura urbana per indirizzare i processi di
polarizzazione attraverso la collaborazione degli operatori istituzionali ed
imprenditoriali per i seguenti fini: distribuire e fornire la dotazione di servizi adeguati, in
28
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
8.
termini di complementarità e/o di specializzazione, contenere la dispersione delle
nuove edificazioni nel territorio, favorire una migliore transizione tra aree edificate e
spazi rurali, rivedere in modo coerente alla recente normativa regionale gli indirizzi per
gli insediamenti produttivi e commerciali;
la riorganizzazione del sistema infrastrutturale in stretta connessione con il tema delle
polarità, a partire dal tema della viabilità primaria e delle sue relazioni con il contesto
agricolo per mantenere qualità e funzionalità alla produzione agricola, e garantire
una efficace connessione alle diverse polarità urbane, stabilendo livelli differenziati di
accessibilità in funzione delle caratteristiche dei vari ambiti e delle relazioni esistenti o
potenziali che essi manifestano.
La strategia e gli obiettivi di piano trovano declinazione compiuta all’interno degli
Indirizzi Normativi organizzati secondo il seguente schema:
-
-
-
livello 1 - Indirizzi e direttive che gli strumenti di piano comunale e di settore debbono
articolare e sottoporre a verifica, anche coinvolgendo gli Ambiti di Pianificazione
Concertata laddove l’oggetto di attenzione non si esaurisca nel territorio di un
comune;
livello 2 - Indirizzi e direttive che gli strumenti di piano comunale e di settore debbono
verificare in fase di redazione; eventuali scostamenti debbono essere concertati con la
Provincia che verificherà la compatibilità degli stessi con gli obiettivi definiti dal PTCP;
livello 3 - Prescrizioni che gli strumenti di piano comunale e di settore, nonché gli
operatori pubblici e privati, debbono rispettare;
livello 4 - Prescrizioni di fonte diversa da quella provinciale che gli strumenti di piano
comunale e di settore, nonché gli operatori pubblici e privati, debbono rispettare.
Di seguito si riportano gli stralci delle Tavole di Piano riferite al territorio oggetto
dello studio di fattibilità al fine di desumerne gli indirizzi specifici per gli elementi
fisici e progettuali che interessano l’ambito e l’articolato normativo di riferimento.
29
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola del sistema fisico naturale
Aree ad alta vulnerabilità degli acquiferi (III art. 23.1.1 lett.c)
Aree a ridosso del corso del Fiume Lambro
Individuano ambiti di maggiore sensibilità relativamente ai temi della vulnerabilità e che
pertanto segnalano una minore compatibilità alla localizzazione di attività antropiche
Corridoi ambientali sovrasistemici di importanza provinciale - Elementi del
secondo livello della Rete dei valori ambientali (III art. 26.2)
Corridoio lungo il Fiume Lambro
Per questi ambiti le attenzioni prioritarie da assumere come riferimento per il recepimento
del progetto della Rete dei valori ambientali nel PGT sono:
- la limitazione delle espansioni per i nuclei urbani che rischiano di ridurre la continuità
ecologica e/o di aumentare il rischio alluvionale presente in queste fasce;
- l’adozione di strategie, in accordo con gli strumenti di politica agricola provinciale, tese
ad indirizzare i finanziamenti disponibili verso il mantenimento e la realizzazione di
cortine verdi che aumentino le connessioni floristiche e favoriscano la mobilità
faunistica tra le aree protette;
- l’incentivazione all’utilizzo di specie arboree e arbustive tipiche di questo ambiente al
fine di migliorare anche l’efficacia depurativa, la capacità di ritenzione dell’acqua e di
contenimento dei fenomeni erosivi in modo coerente con gli indirizzi selvicolturali
definiti per le differenti tipologie forestali ed identificati nel Piano di Indirizzo Forestale;
- il favorire la formazione di ambienti interconnessi con un carattere di rilevante
naturalità, seppur di limitata estensione, anche attraverso la tutela dei canali con forte
valenza ambientale e, dove possibile, l’inserimento di elementi di maggiore naturalità
in quelli rettilinei, recuperando e valorizzando le frange boscate e le zone umide,
integrandole con i nuovi ecosistemi con riferimento alle indicazioni contenute nel Piano
di Indirizzo Forestale relativamente alle specifiche attitudini funzionali ed in modo
coerente con gli indirizzi selvicolturali definiti per le differenti tipologie forestali;
- la limitazione dell’azione antropica alle sole attività agricole, favorendo le pratiche più
idonee con l’elevata valenza paesistico-ambientale degli elementi idraulici. Questo
attraverso la valorizzazione delle infrastrutture idriche ottenibile mediante il recupero in
senso naturalistico delle aree di risulta limitrofe ai canali e, laddove compatibile con le
esigenze di deflusso idraulico, il mantenimento dell’andamento meandriforme dei corsi
d’acqua;
- la predisposizione di normative di dettaglio per la realizzazione di nuovi insediamenti
agricoli con particolare attenzione alle interferenze generate dalle attività
zootecniche;
- la previsione di interventi di recupero di carattere naturalistico per i poli estrattivi;
- la definizione di norme di attuazione che favoriscano il corretto recupero funzionale del
patrimonio edilizio non più funzionale all’attività agricola;
- la valorizzazione dal punto di vista ricreativo, turistico e didattico dei principali tracciati
locali esistenti, in particolare quelli connessi alle opere di arginatura, attraverso la
realizzazione dei sentieri naturalistici proposti dal PTPR, di percorsi ciclo-pedonali od
equestri e di luoghi di sosta in presenza di coni visuali di rilevante interesse.
30
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Aree di protezione dei valori ambientali – Terzo livello della rete dei valori
ambientali (II art. 26.3)
Corridoio lungo il Torrente Lisone
Gli indirizzi del PTCP da assumere come riferimento per il recepimento del progetto della
Rete dei valori ambientali nel PRG sono:
- la tutela degli elementi paesaggistici caratteristici con particolare attenzione alla
presenza di coni visuali di rilevante interesse;
- l’attenta gestione delle risorse naturali presenti;
- la corretta gestione delle risorse ambientali, tra cui la limitazione del carico inquinante,
anche attraverso la protezione della risorsa idrica nelle aree depresse e la forte
limitazione degli usi del suolo incompatibili con la tutela del suolo;
- il contenimento della crescita insediativa e la razionalizzazione del disegno dei centri
abitati, evitando fenomeni di crescita incoerente con la loro matrice storica;
- il favorire la formazione di ambienti interconnessi con un carattere di rilevante
naturalità, seppur di limitata estensione, anche attraverso la tutela dei canali con forte
valenza ambientale e, dove possibile, l’inserimento di elementi di maggiore naturalità
in quelli rettilinei, recuperando e valorizzando le frange boscate e le zone umide,
integrandole con i nuovi ecosistemi;
- il tutelare gli elementi tradizionali della struttura agraria quali le maglie poderali, gli
elementi della rete irrigua e, dove presenti, i fontanili e le zone umide, recuperandoli e
valorizzandoli attraverso il mantenimento delle cortine verdi e la ricostruzione degli
ambienti degradati con riferimento alle indicazioni contenute nel Piano di Indirizzo
Forestale relativamente alle specifiche attitudini funzionali ed in modo coerente con le
tipologie forestali identificate;
- il contenimento dell’azione antropica favorendo ed incentivando le pratiche più
idonee e capaci di meglio caratterizzare l’elevata valenza paesistico-ambientale di
questi ambiti. Questa valorizzazione potrà prevedere il recupero in senso naturalistico
delle aree di risulta limitrofe alle infrastrutture ed ai canali e il mantenimento, laddove
compatibile con le esigenze di deflusso idraulico, dell’andamento meandriforme dei
corsi d’acqua;
- il contenimento dell’azione antropica incentivando il recupero degli ambiti insediativi
al fine di salvaguardare la compromissione del suolo agricolo e prioritariamente quello
di migliore capacità produttiva;
- la valorizzazione di elementi di interesse idraulico di particolare pregio ingegneristico e
paesaggistico. Questa azione costituisce un’occasione per realizzare, attraverso
adeguate politiche di tutela e di valorizzazione dei siti, ambiti di elevato interesse
progettuale e di convergenza tra la rete dei corridoi ecologici, che si appoggia anche
a canali artificiali, e la valorizzazione degli elementi storico-architettonici di matrice
idraulica, presenti nell’area;
- il regolare la crescita insediativa considerando l’orditura storica degli insediamenti e
tutelando la morfologia e l’organizzazione del territorio, la sensibilità dei suoli e la
presenza di elementi di pregio paesaggistico e naturalistico.
31
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Aree di conservazione o ripristino dei valori di naturalità dei territori agricoli –
Quarto livello della rete dei valori ambientali (I art. 26.4)
Porzioni nord-est e nord-ovest del territorio del Comune di Caselle Lurani che
svolgono ruolo di connessione tra le tipologie di aree precedenti
Nelle aree di conservazione o ripristino dei valori di naturalità dei territori agricoli,
coerentemente con le differenti sensibilità del territorio, occorre prevedere che gli
interventi risultino finalizzati a:
- favorire la valorizzazione del paesaggio agrario attivando, in modo coerente con il
Piano Agricolo Triennale Provinciale, politiche locali di finanziamenti, di erogazione di
servizi o di facilitazioni. Queste iniziative saranno orientate al ripristino, al mantenimento
ed al consolidamento dei filari arborei ed arbustivi, alla tutela di prati stabili e delle
marcite, dove la vocazione agronomica o la fragilità del territorio consentono tali
colture, e ad un’edificazione attenta anche alle esigenze di carattere paesaggistico;
- limitare alle sole necessità dell’attività agricola, e compatibilmente con la morfologia
del territorio e la presenza di elementi di pregio naturale, la realizzazione delle attività di
scavo finalizzate al miglioramento della gestione dei fondi agricoli e la movimentazione
di inerti necessari allo svolgimento delle ordinarie pratiche agricole;
- conservare e valorizzare il patrimonio edilizio di interesse storico, culturale,
architettonico e paesaggistico costituito dalle cascine, soprattutto di quelle a corte
segnalate anche dal PTPR, in un’ottica di massimo e prioritario utilizzo per le esigenze
connesse alle attività agricole e a quelle di funzioni legate al turismo rurale;
- tutelare i filari arborei ed arbustivi esistenti e favorire la ricostituzione di quelli che
evidenziano i limiti della parcellizzazione poderale o che sottolineano la trama degli
elementi storici (strade, ferrovie, corsi d’acqua);
- tutelare i segni morfologici del territorio, quali gli orli di terrazzo di erosione, le rilevanze
geomorfologiche secondarie e i piccoli dossi, anche attraverso la valorizzazione
paesaggistica e naturale da attuare tramite la formazione di cortine arbustive e la
realizzazione di opere funzionali anche al mantenimento di tali segni;
- favorire il recupero e la valorizzazione dei tracciati storici e la maglia strutturale del
paesaggio, come indicato dal PTPR, anche attraverso l’uso di elementi verticali quali le
piantumazioni;
- recuperare e valorizzare gli spazi di risulta e le strade alzaie al fine di facilitare la
fruizione dei luoghi attraverso la realizzazione di piste ciclabili e di luoghi di sosta;
- tutelare i corsi d’acqua artificiali di valenza storica, che spesso rappresentano elementi
di elevato interesse paesistico e a cui spesso si associa una significativa valenza
ecologica
32
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 6.1 – Estratto della Tavola del Sistema fisico naturale
33
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola del sistema rurale
Ambito agricolo di pianura irrigua (III art. 27.7)
La quasi totalità del territorio di analisi ad eccezione di piccoli ambiti lungo le
sponde del Lambro e del Lisone
Sono prioritariamente da prevedere azioni rivolte al perseguimento dei seguenti obiettivi:
- Consolidamento e sviluppo della qualità e dell’efficienza del sistema produttivo
agricolo
- Rafforzare gli aspetti multifunzionali dell’agricoltura lodigiana per preservare le realtà
produttive minori e tutelare l’ambiente e il territorio
- Favorire lo sviluppo di un sistema ambientale e per l’impresa sostenibile
Ambiti agricoli di filtro (III art. 27.3)
Ambiti lungo le sponde del Lambro e del Lisone
Sono prioritariamente da prevedere azioni rivolte al perseguimento dei seguenti obiettivi:
- Creazione di fasce tampone;
- Formazione di impianti arborei per la produzione di biomassa;
- Costituzione di ambienti di fitodepurazione.
Ambiti rurali in diretta relazione con il tessuto urbano e con le aree urbanizzate (III
art. 27.10)
Casaletto Lodigiano: nord-ovest ed est della frazione di Mairano e area compresa
tra la SP17 e il nucleo di Casaletto
Salerano: porzione di territorio a nord-est del nucleo urbano
Sono prioritariamente da prevedere:
- Interventi di forestazione urbana;
- Realizzazione di formazioni lineari, siepi e filari;
- Infrastrutture per la fruizione: piste ciclabili ecc;
- Promozione di forme di agricoltura biologica ed integrata;
- Interventi rivolti all’introduzione dell’agriturismo e di servizi connessi di turismo rurale, ivi
comprese forme di vendita diretta di prodotti agricoli, anche attraverso
l’incentivazione di interventi edilizi per l’adeguamento e la conversione di edificato
rurale preesistente;
- Interventi per la riduzione di disturbi ed effetti nocivi arrecati alla popolazione residente
dalla presenza di allevamenti intensivi e/o altra attività agricole a più elevato impatto
ambientale;
- Interventi rivolti al recupero ed alla valorizzazione dell’edificato agricolo tradizionale
dismesso.
Margini di interazione con i valori del territorio rurale (III art. 27.11)
Casaletto Lodigiano: est ed ovest della frazione di Mairano ed attorno all’area
commerciale che si affaccia sulla SP17 con estensione verso ovest lungo la SP166
e la sua variante in previsione
Salerano: lungo il tratto di fiume Lambro che costeggia l’urbanizzato
Caselle Lurani: lungo il tratto di Lisone che costeggia l’urbanizzato e fronti est ed
ovest della frazione di Calvenzano
Rappresentano un elemento esplicito di separazione tra gli ambiti prioritariamente e/o
esclusivamente dedicati all’attività agricola individuati nella cartografia con riferimento
34
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
alle specifiche attitudini funzionali e gli ambiti in diretta relazione con il tessuto urbano, con
le aree urbanizzate e con ambiti, sistemi ed elementi di rilevante valore paesisticoambientale.
Figura 6.2 – Estratto della Tavola del Sistema rurale
35
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola del sistema paesistico e storico-culturale
Ambiti caratterizzati dalla presenza di elementi geomorfologici rilevanti (I art. 28.1)
Aree lungo il corso del Fiume Lambro inclusi gli abitati di Mairano e Salerano ed
aree a sud dell’abitato di Caselle Lurani lungo il Lisone
Per questi ambiti le normative specificano le seguenti indicazioni:
- promuovere la conservazione dello stato di naturalità dei luoghi evitando alterazioni
dirette o indotte dall’edificazione;
- salvaguardarne la presenza in quanto i loro andamenti sinuosi arricchiscono il
paesaggio;
- attivare politiche volte alla rinaturalizzazione delle situazioni di degrado paesistico –
ambientale mediante l’utilizzo di criteri dell’ingegneria naturalistica;
- salvaguardarne la presenza in quanto i loro rilievi sono elementi di “rottura” e di
arricchimento paesistico nella distesa del piano campagna;
Ambiti caratterizzati da rilevante presenza di elementi vegetazionali (I 28.2)
Aree lungo il corso del Fiume Lambro, aree attorno ad un ambito vegetazionale
rilevante posto tra Casaletto Lodigiano e Caselle Lurani, aree lungo il corso del
Lisone a sud del nucleo di Caselle Lurani
Sono da promuovere azioni e programmi di tutela finalizzati:
- all’utilizzo di pratiche selvicolturali improntate a criteri naturalistici, al fine di evitare di
ridurre la superficie delle aree o la sostituzione con altre colture;
- all’incentivazione all’utilizzo di specie arboree, arbustive e erbacee autoctone, al fine
di evitare processi di trasformazioni estranee al profilo vegetazionale;
Aste della rete dei canali e dei corsi d’acqua di valore storico (III art. 28.5)
Per i corpi idrici compresi nella Rete dei valori ambientali di primo e di secondo livello, la
normativa del PGT dovrà prevedere una fascia di salvaguardia a tutela dell’identità
dell’elemento idrico e del contesto ambientale circostante
Aree a forte caratterizzazione morfologica (II art. 28.4)
Gli indirizzi normativi prevedono:
prevedere che la progettazione delle infrastrutture e delle aree di espansione insediativa
risulti attenta ed orientata al mantenimento del disegno della tessitura, evitando le
interruzioni, l’abbandono o la manomissione dei tracciati delle colture arboree e
arbustive, al contrario da considerare come elementi ordinatori delle nuove eventuali
configurazioni morfologiche
Aste della rete dei canali di supporto all’attività agricola (I art. 28.6)
Rappresentano gli elementi cui l’azione comunale deve prioritariamente riferirsi per la
definizione di una rete ecologico-ambientale di livello comunale.
Percorsi di fruizione paesistica ed ambientale (III art. 28.8)
SP 205 da Caselle Lurani a Marudo e via Donizetti a Caselle Lurani
Per questi percorsi il PTCP prevede:
- la valorizzazione e la conservazione dei tracciati e dei caratteri fisici, morfologici,
vegetazionali o insediativi che costituiscono gli elementi di riconoscibilità e di
specificità, anche funzionale, del percorso;
- la verifica delle interferenze paesistiche, all'esterno del perimetro del territorio
urbanizzato, di interventi di trasformazione che limitano le visuali panoramiche
36
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
-
-
attraverso la redazione di uno studio di compatibilità paesistico-ambientale;
il divieto, all'esterno del perimetro del territorio urbanizzato, per l'installazione di
cartellonistica pubblicitaria lungo il percorso, ad eccezione delle targhe, dei cartelli e
di tutta la segnaletica direzionale ed informativa prevista dal codice della strada;
la promozione di azioni e programmi di tutela per garantire la percorribilità ciclabile,
pedonale e, in alcuni ambiti di particolare significato, anche ippica.
Rete stradale storica (II art. 28.9)
SP 17 e SP 166
Sono da evitare interventi che eliminino o cancellino la permanenza, la continuità e
quindi la successiva leggibilità del tracciato antico.
Elementi vegetazionali rilevanti (I art. 28.12)
Aree lungo il corso del Fiume Lambro, aree attorno ad un ambito vegetazionale
rilevante posto tra Casaletto Lodigiano e Caselle Lurani, aree lungo il corso del
Lisone a sud del nucleo di Caselle Lurani
Sono da promuovere azioni e programmi di tutela finalizzati:
- all’utilizzo di pratiche silvocolturali improntate a criteri naturalistici, al fine di evitare di
ridurre la superficie delle aree o la sostituzione con altre colture;
- all’incentivazione all’utilizzo di specie arboree, arbustive e erbacee autoctone, al fine
di evitare processi di trasformazioni estranee al profilo vegetazionale
Orli di terrazzo (art. 20.1 e 22.1)
Presenza di elementi lungo il corso del Fiume Lambro
Non è consentito alcun intervento infrastrutturale o di nuova edificazione a partire dall'orlo
della scarpata dei terrazzi per una fascia di larghezza non inferiore all'altezza della stessa.
In presenza di terreni incoerenti tale fascia dovrà essere raddoppiata.
Non sono inoltre consentite nuove edificazioni sulla culminazione dei crinali; sui loro fianchi
l'altezza degli edifici di nuova costruzione non dovrà superare la quota delle culminazioni
suddette.
In particolare il PTCP prevede che deve essere tutelata la struttura morfologica dei luoghi
con particolare attenzione al mantenimento dell'andamento altimetrico dei terreni,
individuando gli elementi di maggior rilievo quali solchi vallivi, paleoalvei, scarpate
morfologiche.
In corrispondenza di tali elementi l'uso del suolo è disciplinato al fine di prevenire situazioni
di potenziale rischio idrogeologico.
37
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 6.3 – Estratto della Tavola del Sistema paesistico e storico-culturale
38
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola del sistema insediativo ed infrastrutturale
Margini a bassa permeabilità (III art. 29.2)
Casaletto Lodigiano: tratto della SP 17 ad ovest di Mairano, tratto della SP 17 ad
est dell’area commerciale; tratti iniziali della SP 166 e della sua variante a nord;
Caselle Lurani: tratto della SP 17 ad est della frazione di Calvenzano
Questi margini devono essere sostanzialmente mantenuti nella loro configurazione,
evitando interventi di espansione insediativa che ne alterino il valore storico o ne occultino
la riconoscibilità.
Margini di interazione con i valori ambientali (III art. 29.5)
Casaletto Lodigiano: est della frazione di Mairano
Salerano: lungo il tratto di fiume Lambro che costeggia l’urbanizzato
Caselle Lurani: lungo il tratto di Lisone che costeggia l’urbanizzato e fronte ovest
della frazione di Calvenzano
Questi margini devono essere considerati come limiti rispetto cui attestare i tessuti edificati,
anche attraverso eventuali completamenti e ricuciture dei tessuti esistenti. In questo caso
le indicazioni normative fanno riferimento alle attenzioni da prevedere per la
progettazione degli ambiti dei margini urbani a media densità. La natura dell’interferenza
(di compatibilità con i caratteri fisico-naturali del territorio) evidenzia la necessità di
prevedere verifiche puntuali relativamente alla compatibilità delle differenti funzioni
insediate.
39
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 6.4 – Estratto della Tavola del Sistema insediativo ed infrastrutturale
40
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
6.2
PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE
La revisione del Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Lodi del 2003 è stata
approvata con Delibera del Consiglio Provinciale n.13 del 28.12.2011.
Di seguito si riportano stralci delle tavole maggiormente operative che rimandano
ad indirizzi specifici il cui rispetto verrà riscontrato in sede di valutazione della
Variante di Piano.
Gli obiettivi generali del PIF sono:
potenziamento boscosità;
incremento biodiversità e rete ecologica;
tutela boschi esistenti;
sviluppo filiera bosco-legno;
protezione risorse idriche;
valorizzazione turistico-ricreativa delle aree verdi;
promozione cinture verdi periurbane;
valorizzazione funzione faunistica;
rilancio del settore agricolo come multifunzionale;
promozione dei piani comunali del Verde.
Di seguito si riportano stralci delle tavole di analisi e di indirizzo del PIF riferite
all’area oggetto dello studio di fattibilità:
Tavola 2 – Tipologie forestali e sistemi verdi
41
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Dal punto di vista delle tipologie si riconoscono:
- Formazioni lineari lungo i corpi idrici a scopo irriguo che innervano il territorio agricolo
- Aree a pioppeto di ridotta estensione in tutti e tre i comuni
- Biomasse legnose a scopo energetico tra Salerano e Casaletto attorno alla Cascina Vistarina
- Robinieto puro a nord di Mairano, e lungo il corso del Lambro in territorio di Salerano
- Robinieto misto a Caselle Lurani lungo il Lisone e lungo il confine sud di Salerano
- Bosco non classificato a sud di Mairano e nel tratto del Lisone a sud di Caselle Lurani
Tavola 3 – Carta delle attitudini forestali
Alle formazioni forestali rilevate è assegnata una funzione esclusivamente produttiva.
42
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 5 – Unità di piano
Le unità di Piano individuate dal PIF per l’area in oggetto sono:
- 3 - UNITÀ DI PIANO “DI FILTRO” (corsi del Lambro e del Lisone)
L’azzonamento include delle strette fasce di territorio localizzate lungo i principali corsi d’acqua sia
naturali che artificiali che presentano una prevalente funzione di colo. I colatori raccolgono le acque già
utilizzate per l’irrigazione agricola che, per tale ragione, sono ricche di carichi inquinanti, in particolare
azoto e fosforo.
- 8 – UNITÀ DI PIANO “DI PIANURA”
Riguarda tutte le aree provinciali non diversamente classificate nelle altre unità. Nella regione centro
settentrionale della provincia si identifica con quella porzione di territorio agricolo maggiormente
interessato da un reticolo canalizio a prevalente funzione irrigua (ossia deputato alla distribuzione di
acque con ridotto carico inquinante).
43
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
6.3
CARTA ITTICA PROVINCIALE
La Carta Ittica provinciale, predisposta sulla base dei dettami della L.R. n. 31/08 e
del Documento Tecnico Regionale per la Gestione Ittica (D.G.R. n. 7/20557 del
11.02.05), e pubblicata nel 2009, è il principale strumento conoscitivo dello stato
delle comunità ittiche e degli ambienti acquatici; costituisce pertanto il supporto
tecnico-scientifico per l’elaborazione di corrette pratiche gestionali, in quanto
fornisce una “fotografia” aggiornata della situazione della fauna ittica all’interno
del territorio provinciale, ed evidenzia le relative criticità.
Per quanto riguarda lo stato del territorio lodigiano dal punto di vista delle aree
naturali o naturaliformi lungo i corsi d’acqua, il testo specifica che “Le pressioni
antropiche esercitate sul territorio lodigiano comportano una presenza solo
residuale, in termini di superfici occupate, delle aree naturali o naturaliformi (corpi
idrici superficiali e relative aree di pertinenza, greti, spiagge, zone palustri, boschi,
zone arbustive e cespuglieti, eccetera).
Solo lungo il fiume Adda a monte di Lodi si osserva una condizione che, pur
compromessa, può considerarsi sufficiente; le restanti zone fluviali (residuo corso
dell’Adda, fiumi Lambro e Po) sono maggiormente alterate, mentre le altre
porzioni territoriali sono caratterizzate da segmenti più o meno frammentati e
sparsi di vegetazione arborea o arbustiva. La situazione territoriale complessiva
mette pertanto in luce uno stato di grande vulnerabilità degli ecosistemi
acquatici, spesso non adeguatamente protetti nei confronti delle attività
antropiche impattanti”.
La Carta Ittica fornisce indicazioni gestionali per la tutela della fauna ittica che si
traducono in azioni da porre in essere per la riqualificazione dei corsi d’acqua ai
fini ittiologici:
• ridurre le sottrazioni d’acqua;
• ridurre le artificializzazioni del regime idrologico dei corsi naturali;
• migliorare gli aspetti idroqualitativi, mediante interventi mirati alla riduzione delle fonti
inquinanti (sia puntuali che diffuse) e all’aumento dell’efficienza dei sistemi depurativi,
• ripristinare la percorribilità longitudinale dei corsi d’acqua interrotti da opere idrauliche
trasversali;
• ricostruire o potenziare le fasce ripariali di vegetazione igrofila e meso-igrofila al fine di
migliorarne la funzione-filtro al dilavamento e percolamento delle acque agricole, e di
ricreare habitat di rifugio per la fauna acquatica,
• ripristinare la diversificazione idromorfologica ed impedire la canalizzazione e la
rettificazione dei corpi idrici naturali;
• promuovere, in accordo con gli Enti regolatori e i gestori delle acque a vario titolo, lo
svolgimento di attività di manutenzione (spurgo degli alvei, sfalcio della vegetazione
sommersa, eccetera) il più possibile compatibili con le esigenze della fauna ittica;
44
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• inibire la navigazione a motore nei tratti in cui la stessa e le attività ad essa connesse
possono arrecare grave danno alle comunità ittiche ed agli ecosistemi acquatici;
• mantenere, recuperare e/o ripristinare lanche ed ambienti laterali dei fiumi del piano;
• mantenere la continuità degli ambienti laterali minori con i corpi idrici di afferenza;
• eseguire interventi di protezione spondale mediante tecniche di ingegneria
naturalistica;
• eseguire interventi di difesa e sistemazione idraulica in alveo in periodi il più possibile
compatibili con le esigenze della fauna ittica;
• eseguire la manutenzione periodica dei fontanili al fine di mantenerne/ripristinarne la
funzionalità.
Fiume Lambro
La fisionomia attuale della valle del Lambro risente di sostanziali modifiche
apportate alla morfologia dei luoghi a causa dell’azione antropica, indirizzata
soprattutto allo sfruttamento dei suoli mediante la pratica agricola. Tali
rimaneggiamenti risultano particolarmente evidenti laddove si riscontrano bruschi
annullamenti di terrazzo con dislivelli di ordine metrico, dove i terrazzi presentano
andamenti troppo rettilinei o laddove si riscontra una superficie omogeneamente
inclinata dalla sponda del fiume fino al cosiddetto “livello fondamentale della
pianura”. La vegetazione perifluviale è di conseguenza profondamente alterata e
in molti casi risulta addirittura assente o contraddistinta in via prevalente da
specie esotiche infestanti.
Dal punto di vista della funzionalità il fiume Lambro (rilevato tra Salerano ed Orio
Litta) presenta una larghezza dell’alveo è attorno a 30-50 m, temperatura
dell’acqua relativamente elevata e può raggiungere, durante il periodo estivo, i
25 °C. La profondità è variabile da meno di un metro a oltre 5 metri, il flusso è in
genere laminare, con qualche tratto turbolento. La torbidità subisce fluttuazioni
anche giornaliere, con momenti di leggera velatura cui seguono fasi con acqua
torbida.
Il carico inquinante risulta pesante, sebbene il corso svolga un parziale processo
autodepurativo che determina un leggero miglioramento procedendo verso
valle.
Le piante acquatiche sono presenti, mentre la vegetazione riparia è in genere in
cattivo stato.
A dispetto dello stato scadente delle acque, la morfologia fluviale e la struttura
del fondo risultano relativamente diversificate e in grado di fornire potenzialmente
adeguato supporto alle comunità acquatiche; la presenza della briglia di Orio
Litta ostacola la risalita della fauna ittica proveniente dal Po.
Dal punto di vista delle comunità ittiche presenti lo scarso stato qualitativo delle
acque favorisce la presenza di specie tolleranti, tipicamente limnofile, tra le quali
un ruolo di primo piano è svolto dagli esotici carassio, pseudorasbora e carpa, e
dagli autoctoni scardola, triotto, gobione e cobite comune. Molto interessante è il
rinvenimento con buona frequenza dello spinarello, mentre spicca l’assenza di un
45
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
pesce bentonico quale il ghiozzo padano, presumibilmente a seguito delle
alterazioni qualitative che interessano in misura rilevante il substrato.
Tra le specie alloctone, appaiono in espansione (secondo gradiente da valle
verso monte) il rodeo amaro, l’aspio, il barbo d’oltralpe e il misgurno.
L’analisi delle abbondanze relative mostra la dominanza del carassio e della
pseudorasbora e la presenza, oltre che della carpa, di specie autoctone quali
l’alborella, lo spinarello, il triotto e la scardola, mentre il cavedano mostra
numerosità esigue.
Nel complesso le comunità ittiche risultano costituite da specie fitofile che ben
sfruttano le piante acquatiche presenti nel Lambro, mentre è trascurabile la
frazione di taxa litofili che presumibilmente non trovano condizioni riproduttive
idonee a causa dello scadimento qualitativo delle acque.
Il Lambro viene classificato dalla Carta Ittica quale corso d’acqua di pregio ittico
potenziale e viene stabilito come obiettivo di tutela il miglioramento dello stato
delle residue specie ittiche autoctone e la conservazione ed il miglioramento
dello stato dei grandi migratori anadromi (storioni autoctoni e cheppia)
eventualmente risalenti dal Po.
Vengono riconosciute 4 vulnerabilità:
1. Inquinamento delle acque
Lo stato idroqualitativo del Lambro denota un importante degrado, anche se appaiono
alcuni evidenti segnali di ripresa che riguardano soprattutto la porzione terminale, la cui
qualità biologica (metodo IBE) è sempre più spesso collocabile in classe III, rispetto alla IV
o V di alcuni anni fa.
2. Diffusione di specie esotiche
La diffusione dei taxa esotici, analogamente a quanto accade nel Po, rappresenta una
problematica di grande rilevanza che rischia di compromettere le popolazioni delle
residue specie autoctone. La zona maggiormente compromessa sembrerebbe quella più
meridionale, a valle della traversa di Lambrinia-Orio Litta.
3. Opere idrauliche trasversali
La principale opera idraulica trasversale che coinvolge il Lambro lodigiano è sita tra i
comuni di Orio Litta e Chignolo Po - località Lambrinia (PV). Tale opera rende difficoltosa o
impossibile la risalita dei pesci, salvo condizioni di elevato deflusso durante le quali la
struttura è superabile. È inoltre presente, sul Lambro Meridionale, una seconda
discontinuità nei pressi di una centrale idroelettrica sita in comune di Sant’Angelo
Lodigiano.
4. Alterazione della funzione filtro della vegetazione riparia
Lo stato delle sponde e della vegetazione perifluviale è contraddistinto da un generale
degrado, con numerosi tratti artificializzati spesso colonizzati da specie arboree e arbustive
esotiche.
46
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Corsi d’acqua minori
La dinamica agricola intensiva che caratterizza il territorio lodigiano influenza
fortemente lo stato della vegetazione riparia, che in almeno la metà dei casi
risulta completamente assente. Frequenza simile (circa un quinto delle
osservazioni) hanno le formazioni arboree prevalentemente autoctone e quelle a
predominanza di specie esotiche, mentre la presenza delle sole formazioni
arbustive è più rara.
Nella quasi totalità dei casi, le formazioni arboree o arbustive sono strette
(ampiezza inferiore a 5 metri) e buona parte delle fasce di vegetazione presenta
interruzioni della continuità longitudinale.
Il rinvenimento di zone riparie di discreta ampiezza e con buona soluzione di
continuità è purtroppo da considerarsi un evento eccezionale all’interno della
matrice agricola lodigiana.
Dal punto di vista della funzionalità i canali di bonifica hanno larghezza dell’alveo
da pochi metri fino ai 10-20 m. La temperatura dell’acqua è relativamente
elevata e in genere, nel periodo estivo, superiore ai 25 °C; la profondità è
variabile e risulta maggiore nel periodo irriguo. Il flusso è laminare, il substrato è
costituito in prevalenza da sabbia e fango.
L’elevata torbidità dell’acqua sembrerebbe ostacolare lo sviluppo delle piante
acquatiche, la vegetazione riparia è generalmente in cattivo stato e spesso risulta
completamente assente. Le principali criticità sono legate allo scadimento
qualitativo delle acque ed alla variazione artificiale dei livelli idrici, che in alcuni
casi coincide con l’asciutta totale.
Le comunità ittiche presenti risultano in uno stato di generale degrado. Le specie
che si rinvengono con maggiore frequenza sono limnofile e comprendono
principalmente i taxa esotici pseudorasbora, rodeo amaro, carpa e carassio, e gli
autoctoni alborella, gobione e cavedano. Triotto e scardola, un tempo diffusi in
queste acque, appaiono in contrazione, così come ghiozzo padano e cobite
comune. Sono viceversa in espansione il siluro, il misgurno e il barbo d’oltralpe.
Dall’analisi delle abbondanze relative risulta dominante la pseudorasbora, che nei
corsi oggetto d’indagine costituisce la principale specie gregaria di piccole
dimensioni; ad essa si associano l’alborella e il rodeo amaro, mentre viene
confermato il declino di specie quali il triotto e la scardola.
Gobione e carpa sono in genere presenti e talora abbondanti, mentre il misgurno
è in grado di formare, soprattutto nei corsi di minori dimensioni, popolazioni molto
numerose soprattutto a danno di specie affini quali il cobite comune. Tra i
predatori, il luccio è ormai sostituito dal siluro.
Tra i corpi idrici della rete irrigua e colatizia minore il Colatore Lisone viene
classificato dalla Carta Ittica quale corso d’acqua di interesse piscatorio e viene
stabilito come obiettivo di tutela il mantenimento di condizioni di idoneità ad un
soddisfacente esercizio della pesca dilettantistica.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Vengono riconosciute 5 vulnerabilità:
1. Asciutte
La necessità di mantenere in perfetta efficienza le principali arterie della rete irrigua e
colatizia comporta talvolta, da parte dei soggetti regolatori delle acque, la messa in
asciutta dei principali corsi, con conseguente moria di fauna ittica (pur in parte raccolta e
traslocata) e azzeramento delle comunità acquatiche. Tale situazione, oltre che un
danno ambientale, costituisce un handicap per la fruizione piscatoria, incidendo
pesantemente sulla capacità biogenica dei corsi d’acqua.
2. Inquinamento delle acque
La maggior parte dei tratti in oggetto ha funzione prevalentemente colatizia o promiscua
e ciò determina il drenaggio dai campi, insieme alle acque, degli inquinanti diffusi di
origine agricola facenti capo a porzioni di territorio relativamente vaste, con conseguente
forte incremento dei valori di torbidità, scadimento qualitativo e alterazione dei substrati.
3. Diffusione di specie esotiche
Una delle principali problematiche che colpiscono i corsi d’acqua è la diffusione delle
specie esotiche, che sta compromettendo seriamente lo stato di salute delle comunità
autoctone. Un ruolo particolarmente invasivo sembrerebbe svolto dal siluro.
4. Alterazione della funzione filtro della vegetazione riparia
Lo sfruttamento ai fini agricoli dei terreni adiacenti i corsi d’acqua determina una relativa
banalizzazione delle sponde, solitamente nude o coperte saltuariamente da strette fasce
di essenze arboree o arbustive a prevalenza di unità esotiche che, dove presenti,
forniscono un modesto ombreggiamento, ma non sono in grado di svolgere con efficacia
la funzione di filtro contro l’inquinamento diffuso di origine agricola.
5. Presenza di opere idrauliche trasversali
Data la particolare funzione dei corsi d’acqua in argomento, possono essere variamente
dislocate lungo il percorso differenti tipologie di opere idrauliche trasversali, che
potrebbero in alcuni casi comportare discontinuità nella percorribilità longitudinale da
parte della fauna ittica.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
6.4
PIANO AGRICOLO TRIENNALE 2007-2009
Dall’indagine conoscitiva che apre i primi capitoli del Piano, si desume che
“complessivamente in ben 43 dei 61 comuni che compongono la provincia di
Lodi, il mais investe più del 50% della SAU comunale.
Questa massiccia presenza determina un impatto ambientale di non facile
soluzione e percepibile chiaramente anche da un viaggiatore che distrattamente
attraversa le campagne lodigiane.
Nel lungo spazio temporale che intercorre dal mese di ottobre al mese d’aprile,
circa il 70% delle superfici d’interesse agricolo rimangono brulle (praticamente
tutte quelle che abitualmente ospitano i cereali a ciclo estivo ed in particolare
mais, riso e soia), oltre a quelle destinate al set-aside”.
Per quanto riguarda la produzione risicola si rileva invece che “il settore ha
rischiato l’estinzione in provincia di Lodi intorno ai primi anni ’80, per poi invertire la
rotta ed avviare un seppur lento ma costante recupero, non tanto nei termini
degli operatori coinvolti (che negli ultimi sei anni sono diminuiti) quanto piuttosto in
relazione alle superfici complessivamente investite dalla coltivazione in oggetto”.
Infine, relativamente al tema della “multifuzionalità” “si dà atto che un’agricoltura
dei servizi non trova terreno particolarmente favorevole in provincia di Lodi anche
in funzione delle caratteristiche strutturali del tessuto imprenditoriale. Le condizioni
strutturali del tessuto d’impresa lodigiano sono state per lungo tempo il naturale
substrato tecnico-produttivo ed al contempo culturale per un’adesione convinta
alla “filosofia produttivistica”, che si è basata sul comandamento riassumibile nel
motto: “produrre tanto, a basso costo e di buona qualità”.
Tuttavia, in una cornice di globalizzazione della produzione rurale soprattutto in
ordine al mercato
delle commodity le pur “un-po’-più-grandi” (rispetto alla media regionale o,
ancor più, nazionale) aziende agricole lodigiane non possono sottrarsi alla
generale crisi che attanaglia il settore.
Questa evidenza, unita ad altre contingenze locali, ha spinto numerosi agricoltori
ad esplorare gli orizzonti della multifunzionalità individuando nell’offerta di servizi
(soprattutto di natura turistica, ma non solo) una possibile via per l’integrazione
dei redditi d’impresa.
L’offerta di servizi provenienti dal mondo agricolo ha mostrato complessivamente
una certa vivacità. Detta offerta si è mossa principalmente lungo quattro direttrici,
tre delle quali connesse con una prospettiva di turismo rurale, mentre la quarta
volta ad esplorare gli orizzonti della produzione energetica da fonti rinnovabili.
In ordine ai servizi riconducibili al turismo rurale, essi sono da ascrivere
distintamente all’offerta di:
1. derrate alimentari proposte al consumo tramite l’apertura di spacci aziendali;
49
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
2.
3.
didattica rurale posta in essere tramite la rete delle fattorie didattiche [in
territorio di Caselle Lurani è presente la Casina San Michele “Mulinas” che
svolge anche attività di agriturismo]
servizi di agriturismo erogati secondo diverse modalità operative e talvolta
inseriti nel circuito turistico organizzato intorno alla Strada dei Vini di San
Colombano e dei Sapori Lodigiani.
Dall’analisi della passata programmazione europea (2001 – 2007) si desume che
all’azione del Piano di Sviluppo Rurale “azione 4: miglioramento ambientale del
territorio rurale” (che racchiudeva al proprio interno una serie di interventi tra i
quali la creazione ed il mantenimento delle siepi e dei filari, la manutenzione dei
fontanili e la realizzazione di fasce boscate), è stato destinato circa l’8% delle
risorse totali, a fronte di un 58% destinato all’“azione 3: produzioni vegetali
estensive e riconversione dei seminativi al regime sodivo”.
Riguardo alla misura 4 suddetta, analizzando i dati di sintesi a disposizione, l’analisi
del Piano Agricolo riporta quanto segue.
I dati del 2004 [anno di riferimento per l’analisi] danno conto della presenza di
163.108 metri lineari di popolazione arborea/arbustiva messi a dimora negli anni
precedenti a quello di riferimento e per i quali sono dovuti dei contributi di
mantenimento. A tale sviluppo lineare si sommano, poi, ulteriori
36.715 metri di nuovi impianti, realizzati proprio nell’anno di riferimento. Ne
consegue, quindi, che lo sviluppo complessivo delle conformazioni
arboree/arbustive lineari messe a dimora con il contributo dell’azione 4 si estende
per poco meno di 200 chilometri.
Per avere un’idea del grado di incidenza che una simile presenza legnosa esita
sull’assetto ambientale del territorio lodigiano basta sottolineare che lo sviluppo
del reticolo canalizio d’irrigazione che solca la provincia supera i 4.000 chilometri.
Pertanto, se tutti i filari posti a dimora sino al 2004 ai sensi dell’azione 4 della misura
fossero messi a bordura dei fossi e canali che delineano i campi lodigiani, essi non
arrecherebbero ombra che ad un modesto 5% del reticolo idraulico.
Una simile evidenza può trovare un empirico riscontro in tutti coloro che
attraversano il territorio lodigiano e non incontrano alcuna difficoltà nello spaziare
con lo sguardo da un centro urbano all’altro, senza che si frappongano
significative barriere vegetali.
La messa a dimora di siepi e filari, seppure incentivata dai contributi del PSR, si è
posta in controtendenza rispetto alla pratica in atto da decenni presso gli
agricoltori locali che hanno intensamente operato per ridurre le tare di
coltivazione, accorpare gli appezzamenti, rimuovere ogni ostacolo che fosse
d’impedimento alle lavorazioni meccaniche.
La scarsa adesione alle opportunità offerte dal PSR per il titolo in oggetto lascia
intendere che i valori finanziari messi in campo dalla misura siano risultati poco
attraenti in considerazione del fatto che la presenza di popolamenti arborei e/o
50
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
arbustivi crea inevitabilmente alcune difficoltà sul fronte della completa
meccanizzazione delle pratiche colturali.
Il Piano Agricolo, offre anche qualche considerazione in merito al finanziamento
della misura 4 del PSR “Imboschimento delle superfici agricole”.
Si deve prendere atto che la misura 4 ha rappresentato uno dei più importanti
strumenti tra quelli previsti dal PSR con cui far giungere risorse finanziarie sul
territorio lodigiano, grazie soprattutto al protrarsi nel tempo degli impegni per i
quali si instaurava un diritto al sostegno contributivo.
Si ricorda a tal proposito che il contributo per il mancato reddito delle superfici
imboschite è riconosciuto per 20 annualità ove gli impianti arborei riguardassero le
tipologie a (Imboschimenti a scopo ambientale e/o protettivo) e b (Impianti di
arboricoltura a turno medio lungo), mentre è riconosciuto per 15 anni in presenza
di impianti di tipologia c (Impianti con specie arboree per la produzione di
biomasse (con ceduazione a turno ravvicinato)). Diversamente, non vi è alcun
riconoscimento contributivo per il mancato reddito riguardanti le superfici
interessate dagli impianti con specie arboree a rapido accrescimento, ossia di
tipologia d (Impianti con specie arboree a rapido accrescimento, con turno
minore a 15 anni).
OBIETTIVI DEL PAT
• Obiettivo 1: Consolidamento e sviluppo della qualità e dell’efficienza del
sistema produttivo
• Obiettivo 2: Rafforzare gli aspetti multifunzionali dell’agricoltura lodigiana per
preservare le realtà produttive minori e tutelare l’ambiente e il territorio
• Obiettivo 3: Favorire lo sviluppo di un sistema ambientale e per l’impresa
sostenibile
51
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
6.5
PIANO FAUNISTICO VENATORIO
Con D.G.P. n. 245 del 29.11.2012 la Giunta Provinciale ha preso atto della
proposta di Piano Faunistico Venatorio Provinciale, di conseguenza le informazioni
che si presentano di seguito sono tratte da un documento che non ha ancora
raggiunto la vigenza e vengono considerate alla stregua di indirizzi per
l’orientamento dei contenuti dello studio di fattibilità.
Il Piano si propone, quale obiettivo generale:
• la conservazione della fauna selvatica nel territorio della Provincia di Lodi
attraverso azioni di tutela e di gestione;
• la realizzazione di un prelievo venatorio impostato in modo biologicamente ed
economicamente corretto e, conseguentemente, inteso come prelievo
commisurato rispetto a un patrimonio faunistico di entità stimata, per quanto
concerne le specie sedentarie, e di status valutato criticamente per quanto
riguarda le specie migratrici.
L’analisi rileva che il territorio del comune di Salerano sul Lambro è parzialmente
interessato dalla presenza della zona di ripopolamento e cattura “Castiraga” che
si estende anche nei comuni di Lodi Vecchio, Borgo San Giovanni, Sant'Angelo
Lodigiano, Castiraga Vidardo.
Figura 6.5 – Zona di ripopolamento e cattura “Castiraga”
52
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Le caratteristiche agro-ambientali della ZRC sono idonee per le principali specie
di interesse venatorio e specialmente per la lepre, con l’81% di territorio a
seminativo utile alla specie. La percentuale di territorio urbanizzato è il 7,7% e
diffusa è la presenza di attività estrattive.
In comune di Caselle Lurani è invece presente una zona di rifugio e
ambientamento di circa 83 ha.
Il Piano individua 130 specie di Uccelli e 49 di Mammiferi ritenute di interesse
prioritario per la gestione faunistica e venatoria della provincia di Lodi.
Nella tabella seguente estrapolata dalla relazione di Piano viene riportato
l’elenco delle specie di Uccelli e Mammiferi la cui presenza sul territorio
provinciale risulta documentata da fonti bibliografiche. In grassetto sono
evidenziate le specie, sia di Uccelli, sia di Mammiferi, presenti sul territorio
provinciale di origine alloctona e paleoalloctona.
Le categorie di interesse e le tipologie di monitoraggio sono indicate in Tabella
come di seguito specificato:
• Interesse Venatorio: V
• Interesse Gestionale: G
• Interesse Conservazionistico: C
• Monitoraggio di base: MB
• Monitoraggio Specialistico: MS
• Studi Particolareggiati: SP
Nella tabella viene indicato, inoltre, il valore di priorità complessiva attribuito a
ciascuna specie, secondo quanto specificato nel Piano Faunistico Venatorio
Regionale e nella DGR N. 7/4345 del 20/04/2001. I valori di priorità complessiva (P)
attribuiti alle specie sono compresi tra 1 e 14. Una specie è ritenuta di interesse
conservazionistico prioritario, se il valore di priorità complessiva è uguale o
superiore a 8.
Vengono indicati, infine, l’inserimento delle diverse specie negli allegati I della
Direttiva “Uccelli” (2009/147/CE) e l’appartenenza a una delle categorie SPEC
(Species of Conservation Concern, secondo la codifica fornita da BirdLife
International, 2004) nel caso dell’avifauna e nell’allegato II della Direttiva Habitat
(92/43/CE) per la teriofauna. L’ultima colonna indica se la specie è cacciabile o
meno ai sensi della normativa regionale. In grassetto sono evidenziate le specie,
sia di Uccelli, sia di Mammiferi, presenti sul territorio provinciale di origine alloctona
e paleoalloctona.
Il significato delle categorie SPEC è di seguito indicato:
• SPEC 1: specie presenti in tutta Europa per le quali devono essere adottate
misure di protezione a livello mondiale, perché il loro status è classificato su
base mondiale nelle categorie “minacciato a livello globale”, “subordinato alla
protezione della natura” o “dati insufficienti”;
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• SPEC 2: specie le cui popolazioni globali sono presenti in modo concentrato in
Europa dove però il loro status di conservazione è inadeguato;
• SPEC 3: specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa, nella
quale il loro status di conservazione è inadeguato;
• -E : specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa, dove il loro
status di conservazione è adeguato;
• - : specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa, dove il loro
status di conservazione è adeguato;
• W: indica che la categoria si riferisce solo alle popolazioni invernali;
• ne: not evaluated (non valutata).
Elenco delle specie di Uccelli di interesse prioritario per la gestione faunistica e
venatoria della provincia di Lodi:
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
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Parte II – Quadro programmatico
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Elenco delle specie di Mammiferi di interesse prioritario per la gestione faunistica e
venatoria della provincia di Lodi:
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Per quanto concerne gli interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici, il
Piano distingue due categorie principali:
• interventi di miglioramento dell’habitat;
• limitazione di certe pratiche agricole dannose alla fauna selvatica.
Il primo tipo d’interventi ha lo scopo di migliorare le disponibilità alimentari,
incrementare le aree di rifugio e di protezione ed i siti di riproduzione delle specie
selvatiche di maggior interesse.
Il secondo tipo d’interventi intende invece limitare o eliminare le cause di
mortalità della fauna selvatica indotte dalla realizzazione di alcune pratiche
agricole pericolose.
La realizzazione di questi interventi si differenzia a seconda:
• dell’area geografica e del tipo di habitat;
• delle specie selvatiche che si intende tutelare o favorire.
Ogni situazione ambientale rappresenta un caso a sé stante e necessita quindi di
scelte specifiche. Ciononostante, considerando le caratteristiche del territorio, è
possibile prevedere, a questo fine, l’applicazione di interventi specifici di
miglioramento ambientale relativamente a due tipologie principali:
• zone umide;
• zone di pianura;
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Attraverso tale suddivisione del territorio si distinguono in modo implicito anche le
specie selvatiche prevalenti nei diversi ambienti e, quindi, l’indirizzo faunistico dei
provvedimenti.
Nella prima tipologia gli interventi saranno rivolti prevalentemente all’avifauna
acquatica. Nella successiva tipologia, i miglioramenti ambientali, saranno
indirizzati soprattutto alla piccola selvaggina stanziale (fagiani, lepri e, almeno
parzialmente, al capriolo).
ZONE DI PIANURA
Queste sono le aree in cui si concentra la maggioranza delle attività antropiche e
dove l’agricoltura assume caratteri maggiormente intensivi, determinando un
maggiore impatto sull’ambiente e sulla fauna selvatica.
È quindi importante, specialmente in aree non diversificate in termini di habitat,
creare, ampliare e mantenere elementi e aree di discontinuità, caratterizzati da
habitat quanto più possibile vicini alla naturalità.
Mantenimento e/o ripristino degli elementi fissi del paesaggi
Il mantenimento e/o il ripristino di siepi, filari frangivento, boschetti e vecchie
sistemazioni agricole (a piantata, a cavalletto, ecc.) possono svolgere un ruolo
determinante per il rifugio, la nidificazione e l’alimentazione di molte specie di
fauna.
La loro presenza e diffusione favorisce la diversità ambientale di un determinato
territorio, lo sviluppo del cosiddetto effetto margine, e favorisce la connettività fra
i diversi elementi del paesaggio. A ciò va aggiunto il fondamentale apporto
alimentare garantito da questi elementi per molte specie selvatiche,
specialmente in periodo autunnale e invernale.
La presenza di questi elementi consente l’instaurarsi di una fauna più ricca
qualitativamente (numero delle specie presenti) e quantitativamente (numero di
individui per specie e biomassa complessiva).
Importante risulta l’impiego di specie vegetali autoctone e possibilmente dotate
di frutti carnosi.
“Coltivazioni” e superfici per la fauna selvatica
Colture “a perdere”
Su appezzamenti di piccole estensioni si può prevedere la semina e la rinuncia
alla raccolta di certe coltivazioni, portate alla maturazione tramite tecniche
agronomiche a basso impatto ambientale, per fini alimentari, di rifugio e di
nidificazione della fauna selvatica.
Le colture a perdere svolgono la funzione di integrare le carenze alimentari
derivate dalla rotazione della lavorazione dei terreni (sfalci, fertilizzazioni,
trattamenti, ecc…) e che interessano in particolare i mesi autunnali ed invernali,
quando si combinano la carenze trofiche degli ecosistemi naturali e artificiali.
Inoltre, la presenza costante di appezzamenti che non subiscono la variazione
colturale, offre rifugio per la sosta e la nidificazione di diverse specie selvatiche,
61
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
che risentono negativamente delle continue e repentine modifiche dell’habitat
coltivato.
La tecnica da adottare prevede la scelta di semine in consociazione con utilizzo
minimo di due specie diverse a ciclo primaverile-estivo da scegliersi tra le
seguenti: mais, sorgo, frumento e orzo. Si tratta di rilasciare in maniera diffusa
strisce di coltura non diserbata, aventi una larghezza di circa 10 metri. In caso di
coltura a perdere a mais o sorgo, la raccolta non dovrà essere eseguita prima del
15 marzo dell'anno successivo.
Il mais a perdere costituisce riparo invernale per la fauna e garantisce un certo
sostentamento alimentare grazie alla vegetazione spontanea presente per il
mancato diserbo. Il sorgo oltre alla funzione protettiva e di rifugio offrirebbe più
alimento rispetto al mais. Una semplice variante al mais a perdere è la semina di
loietto nelle interfile del mais. Si tratta di un intervento che si esegue solitamente
quando la coltura è alta circa 50 cm. Questa variante garantisce alla fauna
stanziale, non solo un sito di riparo ma anche di alimentazione grazie alla
presenza del Lolium perenne specie molto appetita da diversi animali.
Il frumento e l’orzo, in quanto cereali vernini, garantiscono una certa copertura
del suolo in inverno anche attraverso le tradizionali pratiche di coltivazione e
hanno una buona valenza faunistica.
Altre specie che possono essere impiegate, sempre tra quelle a ciclo primaverileestivo, sono: girasole, miglio, soia, veccia.
Le zone interessate da colture a perdere dovrebbero preferibilmente essere
predisposte all’interno di aree coltivate (“strisciate”), possibilmente di natura
differente, per favorire la nidificazione degli animali. La maggior parte delle
colture a perdere ha una durata annuale (anche se l’intervento può essere
ripetuto nel corso degli anni) e pertanto non è in grado di influire in modo
significativo e prolungato sulle caratteristiche degli agro-ecosistemi.
Oltre alle colture a “perdere” propriamente dette possono essere previsti i
seguenti interventi:
• Colture erbacee a perdere. Realizzazione di coltivazioni erbacee permanenti
destinate a fornire alimentazione e rifugio alla selvaggina stanziale, in
particolare alla lepre.
• Colture a perdere propriamente dette su terreni destinati a riposo. Semina di un
miscuglio costituito da almeno 2 tra semi di girasole, sorgo e mais.
• Coperture vegetali autunno-vernine. Realizzazione di erbai autunno-invernali
destinati a fornire rifugio ed alimentazione, in particolare alla lepre.
• Residui colturali. Mantenimento in campo di stocchi di mais, girasole, o di
culmo intero di orzo, frumento e riso.
Maggese faunistico (set-aside)
Il maggese faunistico consiste nella gestione agronomico-ambientale dei terreni
provvisoriamente non coltivati o ritirati dalla produzione (set-aside), in seguito a
misure di politica agraria. Le superfici interessate dal set-aside possono essere più
idonee alla fauna selvatica qualora la vegetazione presente venga gestita
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
favorendone l'eterogeneità, l'alternanza tra aree a vegetazione pluriennale e
vegetazione annuale. Queste colture forniscono protezione, rifugio e
alimentazione alla fauna selvatica, soprattutto durante la nidificazione e
l’allevamento della prole.
Le specie vegetali utilizzabili a fini faunistici devono essere eliminate entro il 31
agosto, per evitare la produzione di semi e le colture devono avere una densità
tale da ostacolare lo sviluppo delle erbe infestanti. A tal fine si ricorre a sfalci o
trinciature, o possono essere utilizzati erbicidi a dosi ridotte rispetto a quelle
normali, per non eliminare completamente la vegetazione, ma rallentarne lo
sviluppo e impedire la maturazione degli organi riproduttivi.
Nel caso di maggese pluriennale, per mantenere una buona diversificazione delle
specie erbacee presenti, sono comunque necessari sfalci o trinciature: dopo il
primo anno, a causa del fenomeno della competizione, la copertura vegetale
tende a essere formata da poche specie con scarso valore pabulare. Con gli
sfalci e le trinciature, eseguiti con tempi e modalità indicate, si interrompe
l’evoluzione naturale della copertura erbacea, limitando la diffusione delle specie
più competitive, mantenendo così una buona diversificazione specifica.
È preferibile che il set-aside venga applicato su appezzamenti di limitata
estensione (0,5-1 ha), distribuiti a macchia di leopardo.
Ottengono migliori risultati a fini faunistici le seguenti tipologie di messa a riposo:
• set-aside volontario: si applica su superfici più ampie della messa a riposo
obbligatoria e per periodi più prolungati, con elevata valenza ambientale ai
fini dell’incremento della fauna selvatica nelle zone agricole;
• set-aside non rotazionale: è praticato su di un terreno che non è messo a
coltura per un periodo di almeno 5 anni, con risvolti ambientali più evidenti
rispetto al set-aside rotazionale (praticato su di un appezzamento per la durata
di un anno). I vantaggi sono una maggiore conservazione della biodiversità
degli agro-ecosistemi, il controllo dell’erosione e il mantenimento di una
migliore condizione per la nidificazione degli uccelli.
Mantenimento dei residui colturali e delle stoppie
I campi con stoppie di cereali rappresentano un ambiente di interesse per le
specie selvatiche, in quanto ricchi di semi di graminacee caduti al momento
della raccolta, di insetti preda di diverse specie di uccelli e superfici di sviluppo
delle piante avventizie. L’immediata aratura ed interramento delle stoppie, in
previsione della preparazione del terreno per le semine autunnali o primaverili,
risulta negativa anche se avviene in un periodo, quello estivo, in cui
generalmente l’ambiente offre sufficienti fonti alimentari alternative. La
condizione ideale è rappresentata dal permanere delle stoppie fino al periodo
autunnale, momento critico dal punto di vista alimentare per diverse specie
selvatiche. È da incentivare il posticipo, per quanto possibile, dell’aratura o
dell’interramento delle stoppie, anche attraverso semine di colture a perdere
senza aratura.
63
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Pratiche agricole
Nell’ambito dei processi di lavorazione agricola possono essere presi alcuni
provvedimenti utili alla fauna, oltre all’avvio di pratiche per l’agricoltura estensiva
ed ecologicamente sostenibile:
• lasciare in situ i rami derivanti dallo scalvo dei pioppeti e dei frutteti,
possibilmente in piccoli cumuli, che fungano da rifugio per la piccola fauna;
• usare accorgimenti idonei durante il taglio dei raccolti ("barra d'involo", inizio
del taglio partendo dal centro dell'appezzamento o l’avvio delle operazioni di
taglio alla sera, momento della giornata in cui le specie di mammiferi presenti è
maggiormente attiva e può muoversi con minore pericolo) per ridurre la
mortalità delle specie presenti;
• potare gli alberi alla fine del periodo riproduttivo degli uccelli nidificanti;
• sfalciare le scoline e le bordure solo alla fine dell’estate, quando è terminato il
periodo riproduttivo degli uccelli che nidificano al suolo;
• lasciare aree con resti colturali e piante spontanee anche in inverno;
• utilizzare lo sfalcio per il controllo delle erbe indesiderate, eliminando o
limitando al massimo l’uso dei diserbanti;
• alzare la barra falciante o le rotofalci di almeno 15 cm dal suolo;
• aumentare le rotazioni delle colture (ad esempio avvicendare erba medica,
mais e frumento) e ridurre le lavorazioni del suolo;
• limitare l’estensione degli appezzamenti con la medesima coltura,
modificando i sistemi di coltivazione attraverso una maggiore frammentazione
degli appezzamenti e delle colture, l'adozione o il ripristino delle rotazioni
colturali, il ricorso alle lavorazioni minime del terreno e alle tecniche di
agricoltura biologica;
• incrementare l’uso della lotta integrata e biologica nei confronti dei fitofagi;
• attuare l’erpicatura di pioppeti e frutteti solo nei mesi di marzo e agosto;
• utilizzare fitofarmaci selettivi nelle dosi corrette e nei periodi più opportuni,
lasciando una striscia non trattata di almeno 3 – 10 metri di larghezza attorno
agli appezzamenti coltivati. La perdita di raccolto per un appezzamento di
forma quadrata di 1 ha coltivato a frumento in pianura è stimabile in 4 – 8
quintali, equivalenti al 10 – 20% della produzione normale (si può in tal modo
calcolare un eventuale indennizzo);
• ritirare ogni 5 - 20 anni i terreni dalla produzione agricola per impiantare prati
polifiti (erba medica, trifogli, veccia, favino, pisello da foraggio) soggetti ad un
solo sfalcio annuale, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre;
• inerbire anche all’interno delle colture, negli interfilari dei frutteti e sfalciare
alternativamente queste fasce in modo da conservare sempre parti con
rigogliosa vegetazione;
• incentivare le colture nettarifere ai margini delle capezzagne o dei filari;
• conservare i lembi di vegetazione naturale, nelle aree meno accessibili da
lavorare o meno produttive, e promuovere la riqualificazione ambientale di
queste aree. Per un uso razionale della campagna, è sufficiente destinare il 4 -
64
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
5% del territorio agli ambienti seminaturali, per fini conservazionistici, ma anche
produttivi e ricreativi.
Coltivazione di erbai intercalari invernali
Si tratta di erbai intercalari posti in semina in periodo tardo estivo o autunnale su
appezzamenti sui quali sono state effettuati raccolti di mais o soia. La semina a file
o a spaglio, su terreno anche non lavorato o con lavorazione minima, deve essere
effettuato entro il 15 di settembre, al fine di favorire un rapido sviluppo e una
buona copertura dei terreni prima del riposo vegetativo invernale.
Tali erbai vengono impiantati su aree limitate, singoli appezzamenti o fasce di
terreno che, se ben distribuiti, possono favorire il rifugio e il foraggiamento di
specie selvatiche, in particolare di lepre, e ridurne gli spostamenti alla ricerca di
cibo, diminuendo pericoli quali gli incidenti stradali (roadkill) e l’uccisione illegale.
L’erbaio potrà essere costituito tramite la semina di graminacee, leguminose o
loro miscugli, di norma costituiti da un cereale e una foraggera. Le graminacee
possono essere panico, frumento, orzo, avena e segale, mentre le foraggere
loietto, erba medica, trifoglio incarnato, veccia e pisello da foraggio. Anche il
cavolo da foraggio e la colza possono rientrare nei miscugli.
Tali coperture potranno essere mantenute sino al periodo delle semine primaverili
allo scopo di ottenere una riserva di fonti trofiche per il periodo invernale e
possibilità di rifugio. Gli erbai non possono essere concimati né trattati con
prodotti fitosanitari.
Miglioramento ambientale di impianti arborei artificiali
Si propongono di seguito due tipologie di intervento:
• Miglioramento ambientale dei pioppeti.
• Conversione di pioppeti artificiali in boschi seminaturali o naturali.
• Con il miglioramento ambientale dei pioppeti si intende una gestione della
coltura dell’impianto finalizzata all’incremento della diversità strutturale del
pioppeto mediante le seguenti operazioni:
- mantenimento ogni 5-6 filari di pioppo di una striscia di 5-6 metri di larghezza
(dipendentemente dal sesto d’impianto) non arata, non erpicata e non
trattata con pesticidi e/o erbicidi, alternata con turno di almeno 3 anni. La
lunghezza della striscia è la stessa di quella dell’appezzamento o una
porzione non inferiore al 50%;
- impianto di nuclei di vegetazione arboreo-arbustiva lungo i margini
dell’impianto;
- mantenimento sul posto di necromassa derivante dalle operazioni colturali.
• Con la conversione di pioppeti artificiali in boschi seminaturali o naturali si
intende la sostituzione progressiva dell’impianto artificiale attraverso una serie
di interventi selvicolturali di “taglio a buca” con interventi di nuova piantagione
di specie tipiche delle tipologie forestali della stessa ecologia stazionale e con
materiale vegetale di provenienza locale. Le dimensioni della “buca” di taglio
e di successiva piantagione deve essere massimo di 25 m di diametro.
65
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
L’eventuale sostituzione del pioppeto con il nuovo soprassuolo deve essere
graduale per non turbare l’ecosistema boschivo e la fauna e a “macchia di
leopardo”.
66
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.
PROVINCIA DI MILANO: PIANI E PROGRAMMI
7.1
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE VIGENTE
Il PTCP della Provincia di Milano è stato approvato con Deliberazione del
Consiglio Provinciale n.27 del 25 settembre 2002.
Per quanto concerne la sostenibilità, il PTCP esprime "obiettivi generali" che
delineano, per le diverse componenti territoriali, lo scenario complessivo di lungo
periodo per il territorio milanese.
Gli obiettivi generali assunti alla base della formazione e attuazione del PTCP
vengono di seguito riportati in un quadro sintetico che li accorpa rispetto ai tre
sistemi territoriali:
- paesistico-ambientale e di difesa del suolo;
- infrastrutturale della mobilità;
- insediativo.
1. Obiettivi strategici per la valorizzazione e la salvaguardia paesistico-ambientale
Finalità prioritarie sono l'individuazione di ambiti, sistemi ed elementi di valore
paesistico, storico e naturalistico; la definizione di politiche e indirizzi di tutela e
valorizzazione che ne assicurino, anche in relazione alle problematiche relative
all'assetto idrico ed idrogeologico, una corretta gestione; la ricostruzione di un
equilibrio ecologico e la tutela della risorsa suolo attraverso:
• la valorizzazione dei luoghi, degli elementi con significato storico-culturale e del
patrimonio paesistico con potenzialità di attrazione turistica e dei parchi regionali
attraverso azioni di tutela, di sensibilizzazione e diffusione della loro conoscenza e
attività finalizzate allo sviluppo della fruibilità;
• la conservazione dell'identità del territorio rurale e la conservazione del suo ruolo di
presidio ambientale attraverso il miglioramento della qualità paesaggistica, il sostegno
alla vitalità economica e la diversificazione delle attività agricole e delle produzioni;
• la valorizzazione e la riqualificazione del paesaggio urbano recuperando le aree di
frangia e orientando le amministrazioni locali a riconoscere la propria identità culturale
e storica ai fini di una migliore progettazione del nuovo;
• la costruzione di una rete ecologica polivalente che ostacoli il processo di
depauperamento del patrimonio naturalistico e che costituisca un elemento
caratterizzante del territorio anche ai fini della programmazione e progettazione dei
nuovi insediamenti;
• la tutela e la valorizzazione del reticolo idrografico superficiale attraverso il
coordinamento delle azioni di disinquinamento e di difesa del suolo nell'ambito di un
più vasto programma di riqualificazione paesistica e ambientale dei corsi d'acqua;
• la salvaguardia e la gestione razionale del patrimonio delle acque sotterranee in
funzione della loro qualità anche attraverso la programmazione di un uso del suolo
compatibile con la vulnerabilità degli acquiferi;
67
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• la riduzione delle fonti inquinanti mediante il sostegno e la promozione dell'innovazione
tecnologica nei settore della mobilità, del riscaldamento e dell'industria, e l'utilizzo di
tecnologie innovative, di fonti energetiche alternative e l'attivazione di progetti pilota.
2. Obiettivi strategici per il miglioramento dell'accessibilità nel territorio provinciale
Finalità prioritaria è lo sviluppo del sistema della mobilità secondo criteri che
rispettino il territorio e producano minori impatti, integrino le differenti reti di
trasporto e risolvano i problemi strutturali ed infrastrutturali delle reti esistenti.
Tra gli obiettivi di carattere generale:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
razionalizzazione ed incremento dell'offerta di trasporto pubblico in funzione della
domanda;
l'integrazione tra modalità differenti mediante il potenziamento e lo sviluppo degli
interscambi;
potenziamento della rete di trasporto pubblico privilegiando linee di forza su ferro, o,
comunque, in sede riservata e ridefinendo la rete su gomma con finalità di integrazione
modale;
il potenziamento del sistema ferroviario in termini di infrastrutture e di servizi;
la ristrutturazione del sistema di attestamento delle merci;
la riorganizzazione e lo sviluppo del sistema viabilistico gerarchizzando e
razionalizzando la rete al fine di fluidificare la circolazione veicolare e limitare gli impatti
dovuti alla concentrazione dei flussi;
il potenziamento e la razionalizzazione del sistema della viabilità primaria per i flussi di
traffico a media percorrenza;
la realizzazione di infrastrutture di accesso alle grandi funzioni strategiche di interesse
regionale e sovraregionale;
la riduzione degli impatti delle infrastrutture sull'ambiente e il territorio mediante
interventi di mitigazione/compensazione e specifiche azioni di riqualificazione delle
aree in cui le opere si inseriscono;
sviluppo e miglioramento della mobilità ciclabile mediante la realizzazione di una rete
di percorsi lungo le strade provinciali, integrata a quella comunale, per gli spostamenti
casa-lavoro e casa-tempo libero.
3. Obiettivi strategici di assetto territoriale per la valorizzazione della maglia
urbana policentrica
Finalità prioritaria è il mantenimento e il rafforzamento del sistema multipolare
esistente, riconosciuto come valore primario del territorio milanese, allo scopo di
contrastare i fenomeni conurbativi e di contribuire alla migliore integrazione tra
evoluzione dell'urbanizzato e sistema della mobilità. Tale obiettivo è perseguito
attraverso:
• la valorizzazione delle potenzialità locali dei diversi ambiti della provincia attraverso
una strategia di promozione delle specificità che ne rafforzi l'immagine e la
caratterizzazione culturale ed economica (marketing territoriale);
• la promozione della diversificazione, riconversione, qualità e innovazione delle imprese
con particolare riferimento ai sistemi locali e alle loro vocazioni;
• il contenimento della dispersione degli insediamenti concentrando i grandi interventi
negli ambiti urbani adeguatamente dotati di infrastrutture e servizi e ponendo
particolare attenzione ai varchi a rischio della rete ecologica provinciale;
68
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• la definizione di criteri localizzativi e di indicatori su cui misurare la sostenibilità dello
sviluppo;
• la promozione e il graduale recupero delle situazioni di sfrangiamento del tessuto
urbano orientando lo sviluppo delle nuove urbanizzazioni in adiacenza e continuità con
l'edificato esistente;
• il governo del fenomeno della logistica attraverso la definizione di criteri di
localizzazione dei centri che privilegino i siti dotati di ottima accessibilità ed evitino gli
impatti sulla viabilità locale e sugli insediamenti residenziali;
• l'introduzione di meccanismi di equa ripartizione territoriale delle ricadute positive e
negative degli interventi a carattere sovracomunale anche attraverso lo sviluppo di
sistemi perequativi.
Di seguito si riportano gli stralci delle Tavole di Piano riferite al territorio oggetto
dello studio di fattibilità al fine di desumerne gli indirizzi specifici per gli elementi
fisici e progettuali che interessano l’ambito e l’articolato normativo di riferimento.
69
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 1 – Sistema insediativo - infrastrutturale
Non sono previste particolari indicazioni, anche considerando il fatto che
attualmente il Comune di Cerro al Lambro è coinvolto direttamente dai lavori di
realizzazione della TEEM il cui tracciato non è recepito dal PTCP vigente.
Figura 7.1 – Estratto della Tavola del Sistema insediativo – infrastrutturale
70
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 2 – Difesa del suolo
In generale per quanto concerne il ciclo delle acque, valgono gli indirizzi e le
direttive di cui all’art. 47 delle NdA:
Indirizzi
a) tutela delle risorse idriche al fine di impedire ogni forma impropria di utilizzo e
trasformazione;
b) prevenzione e riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici;
c) valorizzazione e salvaguardia nel tempo della qualità e quantità del patrimonio idrico
per usi sostenibili;
d) ripristino e mantenimento della capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici.
Direttive
a) gli scarichi idrici dovranno possedere requisiti di qualità compatibili con l'effettivo stato
del recettore;
b) deve essere favorita l'immissione delle acque pluviali sul suolo e nei primi strati del
sottosuolo, evitando comunque condizioni di inquinamento. Nella realizzazione dei
nuovi interventi di urbanizzazione e di infrastrutturazione vanno definite opportune aree
atte a favorire l'infiltrazione e l'invaso temporaneo diffuso delle precipitazioni
meteoriche, come indicato all'art. 12 del PAI;
c) le immissioni dirette delle acque meteoriche negli alvei fluviali devono essere ridotte,
favorendo opportune soluzioni progettuali e individuando aree in grado di fermare
temporaneamente le acque nei periodi di crisi e di regolarne il deflusso al termine degli
stessi;
d) per gli impianti di depurazione di futura realizzazione o per l'ampliamento degli esistenti
deve essere prevista, ove possibile, l'adozione del trattamento terziario e di processi di
fitodepurazione o di lagunaggio. Deve inoltre essere incentivato il riuso delle acque
depurate;
e) nei nuovi insediamenti sono da promuovere la distinzione delle reti di distribuzione in
acque di alto e basso livello qualitativo e interventi di riciclo e riutilizzo delle acque
meteoriche..
Sono presenti orli di terrazzo nei pressi del Fiume Lambro per i quali valgono le
disposizioni di cui all’art. 51:
a) non è consentito alcun intervento infrastrutturale o di nuova edificazione a partire
dall'orlo della scarpata dei terrazzi per una fascia di larghezza non inferiore all'altezza
della stessa. In presenza di terreni incoerenti o di roccia intensamente fratturata tale
fascia dovrà essere raddoppiata;
b) non sono consentite nuove edificazioni sulla culminazione dei cordoni morenici e
crinali. Sui loro fianchi l'altezza degli edifici di nuova costruzione non dovrà superare la
quota delle culminazioni suddette;
c) deve essere tutelata la struttura morfologica dei luoghi con particolare attenzione al
mantenimento dell'andamento altimetrico dei terreni, individuando gli elementi di
maggior rilievo quali solchi vallivi, paleoalvei, scarpate morfologiche.
71
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 7.2 – Estratto della Tavola Difesa del suolo
72
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 3 – Sistema Paesistico Ambientale
Un’ampia fascia lungo il fiume Lambro ed un corridoio nord-sud posto nella
porzione ovest del territorio comunale di Cerro al Lambro sono individuati quali
ambiti di rilevanza paesistica, di cui agli indirizzi dell’art. 31 delle NdA:
Gli indirizzi del PTCP per la valorizzazione di tali ambiti, mirano alla tutela e al
potenziamento degli elementi e delle unità ecosistemiche che li caratterizzano oltre che
allo sviluppo di attività ricreative e culturali purché compatibili con l'assetto paesistico e, in
riferimento alle aree fluviali, purché non in contrasto con le esigenze di tutela naturalistica
e nel pieno rispetto della funzionalità ecologica di tali ambiti. E' da perseguire la
conservazione, la riqualificazione ed il recupero del paesaggio e dei suoi elementi
costitutivi.
Negli ambiti di rilevanza paesistica, si applicano le seguenti disposizioni:
a) vanno salvaguardati gli elementi orografici e geomorfologici del terreno;
b) nelle fasce di rilevanza paesistico - fluviale non sono consentite di norma le attività
estrattive né la localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti;
c) le nuove espansioni edilizie andranno previste a completamento del margine urbano
dei nuclei esistenti, evitando la formazione di nuovi sistemi insediativi sconnessi dai
nuclei stessi;
d) dovrà essere evitata la realizzazione di manufatti nei punti di confluenza fra corsi
d'acqua;
e) non è consentita l’installazione di cartellonistica pubblicitaria;
f) ai fini della valutazione di assoggettabilità alla procedura di VIA degli interventi,
ricadenti in tali ambiti, sono da considerare
g) gli specifici elementi di valenza paesistico-ambientale caratterizzanti il contesto in cui
è ricompreso l'intervento;
h) negli ambiti di rilevanza paesistica lungo i Navigli storici non devono essere alterati gli
elementi di riconoscibilità e specificità tipologica esistente
Viene rilevata la presenza rada di filari arboreo-arbustivi lungo i confini dei coltivi
(dei quali dovranno essere verificati la permanenza in essere e la consistenza
attuale) di cui all’art. 64 delle NdA:
Gli indirizzi del PTCP mirano a renderne la presenza sul territorio più diffusa ed omogenea.
73
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 7.3 – Estratto della Tavola Sistema paesistico ambientale
74
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 4 – Rete Ecologica
Sono individuati: un corridoio ecologico secondario proveniente dal Comune di
Vizzolo Predabissi e transitante tra i nuclei di Cerro al Lambro e Riozzo per poi
piegare verso nord in territorio del Comune di Melegnano; un corridoio ecologico
lungo il Fiume Lambro; un corso d’acqua minore con caratteristiche attuali di
importanza ecologica in corrispondenza del Cavo Marocco proveniente da San
Zenone e corsi d’acqua minore da riqualificare a scopi polivalenti in
corrispondenza del Cavo Marocco proveniente da Melegnano e della Roggia
Carpana, di cui all’art. 58 delle NdA:
Gli indirizzi del PTCP mirano a favorire l’equipaggiamento vegetazionale del territorio per
permettere gli spostamenti della fauna da un’area naturale ad un’altra, rendendo
accessibili zone di foraggiamento altrimenti precluse.
In tali ambiti la realizzazione di nuovi insediamenti ed opere che possano interferire con la
continuità dei corridoi e delle direttrici di permeabilità deve essere preceduta dalla
realizzazione di fasce di naturalità orientate nel senso del corridoio stesso per una
larghezza idonea a garantirne la continuità (in via indicativa almeno 50 m).
Viene individuato un varco in corrispondenza del punto in cui il corridoio
secondario incontra l’autostrada A1:
A tali aree, ai sensi dell'art. 4, si applicano le seguenti disposizioni:
a) in corrispondenza di ciascun varco deve essere evitata la saldatura dell'urbanizzato,
mantenendo lo spazio minimo inedificato tra due fronti, tale da garantire la continuità
del corridoio ecologico;
b) negli stralci delle fotografie aeree di cui alla Relazione generale, che illustrano le
situazioni puntuali di maggior criticità strategiche ai fini della continuità dei corridoi
ecologici nelle aree più intensamente urbanizzate, oltre alla disposizioni di cui alla
precedente lettera a) devono essere previsti progetti di rinaturazione per il
rafforzamento del corridoio ecologico;
c) nell’ambito dei programmi di rimboschimento dev’essere data priorità agli interventi in
tali zone.
Viene rilevata la presenza dell’Autostrada A1 quale infrastruttura che costituisce
una barriera per il corridoio secondario:
Indirizzo del PTCP è di rendere permeabile la cesura determinata dalle suddette
infrastrutture.
75
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Figura 7.4 – Estratto della Tavola Rete Ecologica
76
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.2
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE APPROVATO
L’iter di adeguamento del PTCP di Milano ai contenuti della LR 12/2005 è giunto
all’approvazione del Piano avvenuta nella seduta del 17 dicembre 2013, con
Deliberazione n.93 del Consiglio Provinciale.
Il PTCP adeguato alla LR 12/2005 acquisterà efficacia con la pubblicazione
dell'avviso di
definitiva approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione
Lombardia, secondo quanto prescritto all'art.17, comma 10 della LR 12/2005.
La Provincia di Milano ha specificato che “nel periodo di tempo intercorrente tra
la pubblicazione sul BURL del provvedimento di adozione consiliare e l'entrata in
vigore del PTCP approvato si applicheranno, a titolo di salvaguardia, le previsioni
con efficacia prescrittiva e prevalente ai sensi dell'art.18 della LR 12/2005”.
Tuttavia verranno di seguito riportati ugualmente stralci dell’apparato
cartografico del Piano approvato al fine di verificare quali siano le strategie che
la Provincia intende mettere in pratica sul territorio in esame.
Tavola 1 – Sistema infrastrutturale
Appare evidente la differenza con la tavola della versione vigente per la
presenza del tracciato della TEEM in corso di realizzazione che ha ripercussioni
rilevanti sul territorio comunale di Cerro al Lambro in particolare in relazione al
77
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
corridoio inedificato tra i nuclei di Cerro e Riozzo indicato come risorsa nella
versione vigente della Rete Ecologica.
Tavola 2 – Ambiti, sistemi ed elementi di rilevanza paesaggistica
78
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Valgono le medesime indicazioni già presenti nella Tavola 3 del PTCP vigente, cui
si deve aggiungere l’individuazione degli ambiti agricoli di rilevanza
paesaggistica.
Tavola 3 – Ambiti, sistemi ed elementi di degrado e compromissione
paesaggistica
Sono individuati:
- l’elettrodotto che attraversa da nord-ovest a sud-est il territorio comunale
- il sito contaminato di interesse nazionale posto lungo il corso del Lambro
- la presenza di un ambito soggetto ad usi impropri nella porzione sud-est del
territorio comunale lungo il corso del Lambro
- la presenza dei tracciati infrastrutturali attuali e di futura realizzazione
- la presenza di uno stabilimento RIR
79
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 4 – Rete Ecologica
Vengono sostanzialmente ribaditi gli indirizzi già presenti nella tavola del PTCP
vigente.
Le seguenti tavole 5, 6 e 7 non riportano elementi rilevanti ai fini della definizione
di strategie connesse allo studio di fattibilità.
80
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.3
PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE
Il Piano di Indirizzo Forestale attualmente vigente copre il decennio 2004 – 2014 e si
configura come uno strumento di pianificazione settoriale concernente l’analisi e
la pianificazione del territorio forestale, necessario all’estrinsecarsi delle scelte di
politica forestale, quindi attuativo della più generale pianificazione territoriale
urbanistica con valenza paesistico – ambientale di raccordo tra la pianificazione
forestale e la pianificazione territoriale, e di supporto per le scelte di politica
forestale.
L’utilità del PIF per l’attività di pianificazione e valutazione è legata al fatto che lo
strumento contiene allegati ricognitivi che consentono di comprendere quali
siano le aree di un determinato territorio nelle quali sono presenti formazioni
vegetazionali rilevanti (di origine naturale o destinate alla coltivazione) che
possano essere oggetto di attenzione e tutela nella definizione delle azioni della
variante di Piano.
Le norme del PIF definiscono le modalità di trasformazione e tutela delle aree
boscate all’art. 26 e seguenti:
Art. 26 - Trasformazione dei boschi
Ogni intervento finalizzato al mutamento d’uso della superficie forestale è consentito solo
in presenza di autorizzazioni rilasciate dalla Provincia in conformità della normativa
vigente.
Il mutamento d’uso di una superficie forestale è comunque vietato nei seguenti casi:
• Nei boschi così identificati:
- Querco-carpineto dell’alta pianura
- Querco-carpineto collinare di rovere e farnia
- Querceto di farnia delle cerchie moreniche occidentali
- Querceto di rovere/farnia del pianalto
- Querceto di farnia con olmo
- Castagneto delle cerchie moreniche occidentali
- Alneto di ontano nero
- Saliceto di ripa
- Pineta di pino silvestre planiziale
• Negli ambiti a vincolo idrogeologico, qualora questi ultimi si sovrappongano con le
aree ricomprese fino al limite esterno della fascia C e con le zone B-PR e I del Piano di
Assetto Idrogeologico (PAI) vigente;
Art. 27 - Compensazione.
Per ogni mutamento d’uso della superficie boscata è prevista una compensazione con
interventi di rimboschimento di pari o superiore valore biologico con specie autoctone di
provenienza ecologicamente idonea al territorio oggetto di trasformazione.
La Provincia disciplina, nel quadro degli indirizzi regionali, criteri e modalità operative di
attuazione delle misure di compensazione di cui all’allegato 3.
Art. 28 - Reti ecologiche.
Il sistema verde territoriale, articolato nelle sue forme di sistema verde forestale, rurale ed
urbano, costituisce un unico sistema nell’ambito della rete ecologica provinciale. A tal
81
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
fine il PIF nel periodo di vigenza, individua come obiettivo ideale da conseguire
l’incremento di almeno il 25% rispetto alla situazione esistente dei boschi e de- gli elementi
boscati minori.
Art. 29 - Aree di particolare tutela.
Tutte le aree indicate nel cap. 10.1.a della relazione di piano sono sottoposte a specifica
tutela per la loro particolare rilevanza: Ambiti territoriali della memoria storica, Particolari
tipi forestali individuati, Siepi ed equipaggiamenti vegetali lungo i tracciati storici, Ambiti di
tutela genetica, Formazioni vegetali lungo le vie d’acqua, Aree sensibili in riferimento
all’assetto idrogeologico o alla vicinanza con aree protette.
Per quanto riguarda nello specifico il territorio del Comune di Cerro al Lambro si
riportano di seguito gli stralci delle tavole del PIF:
TAVOLA 1 – Boschi ed elementi boscati minori
Si rilevano sporadiche formazioni boschive nella porzione sud del territorio comunale, mentre per
la maggior parte del contesto si sviluppano formazioni vegetazionali longitudinali a carattere
arboreo-arbustivo.
82
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Tavola 2 – Tipologie
Le scarse superfici boscate rilevate sono composte da Robinieti e formazioni aspecifiche.
83
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.4
PIANO ITTICO PROVINCIALE
Il Piano Ittico provinciale è stato approvato in data 21 ottobre 2010 dal Consiglio
provinciale, con delibera RG n° 50/2010 - atti n° 134693/12.8/2010/27.
Obiettivi generali del Piano
Il Piano Ittico è lo strumento guida per l’intervento della Provincia nel settore della
gestione del patrimonio ittico e della pesca. Esso, tramite l'analisi delle
caratteristiche attuali e potenziali degli ecosistemi fluviali e delle popolazioni
ittiche compiuta dalla Carta Ittica Provinciale, deve mirare in primo luogo ai
seguenti obiettivi:
• il mantenimento e l’incremento delle popolazioni ittiche di pregio soggette a
pressione di pesca;
• la tutela delle specie ittiche di interesse conservazionistico;
• lo sviluppo di attività di pesca dilettantistica;
• la valorizzazione e razionalizzazione della pesca professionale (dove presente);
• la pianificazione della gestione delle acque tutelando la sopravvivenza e la
riproduzione della fauna ittica.
Per quanto concerne la vocazione ittica le condizioni di gran parte dei corsi
d’acqua di potenziale interesse ittico appartenenti alla rete idrografica del
sistema Olona-Seveso-Lambro risultano gravemente compromesse, con alcuni
corsi d’acqua che hanno addirittura perso la loro vocazione ad ospitare fauna
ittica a seguito dell’alterazione ambientale che essi hanno subito.
Effettivamente, la rete idrografica del sistema Olona – Seveso – Lambro attraversa
l’area provinciale caratterizzata in assoluto dalla maggiore urbanizzazione e dalla
più grande pressione delle attività produttive, in particolare quelle industriali. Il
contesto territoriale ed economico hanno determinato lo scadimento
complessivo della qualità della gran parte dei corsi d’acqua sia in termini
strutturali, profondamente banalizzati con canalizzazioni, rettificazioni e
cementificazione di alveo e sponde, sia in termini qualitativi, per l’apporto di
scarichi non adeguatamente depurati.
In particolare per il Fiume Lambro il Piano prevede azioni volte a ripristinare
condizioni idonee alla colonizzazione da parte di una comunità ittica ben
strutturata e stabile, con popolazioni in grado di automantenersi.
Azioni e indirizzi di salvaguardia e di riqualificazione ambientale
Le azioni di salvaguardia dell’habitat e di riqualificazione fluviale individuate nel
Piano sono ispirate prioritariamente al concetto di “continuum” fluviale. Secondo
tale concetto, un corso d’acqua costituisce un sistema continuo e complesso di
elementi ecosistemici interconnessi, con una propria dinamica sia in senso
longitudinale (tratti successivi) sia trasversale (boschi ripariali, lanche,
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
agroecosistemi, ecc…), su cui insistono - attualmente o idealmente - zone terrestri
e acquatiche di transizione, con elevate capacità tampone e omeostatiche.
Pur mirando in linea generale al “ripristino” (full restoration) dei corsi d’acqua e
cioè al completo ritorno strutturale e funzionale dello stato naturale precedente
l’alterazione umana – che rappresenta evidentemente l’obiettivo ideale
raramente raggiungibile nella pratica – le azioni del Piano potranno, più
concretamente, essere finalizzate ad una “riqualificazione” (rehabilitation)
dell’ecosistema fluviale, cioè ad un suo parziale ritorno strutturale e funzionale allo
stato naturale precedente l’alterazione. Localmente gli interventi previsti
potranno riguardare un meno ambizioso ma comunque efficace miglioramento
(enhancement) della qualità ambientale. In altri casi, laddove non sia pensabile il
ritorno ad una condizione naturale ante operam, ma dove sia necessario tenere
espressamente conto dell’attività antropica gravante sull’ambiente e
concretamente ineliminabile, si punterà ad una rinaturalizzazione (creation,
naturalization) del corso d’acqua, cioè allo sviluppo di un nuovo ecosistema che
non esisteva precedentemente in quel sito ma che ne incrementa la naturalità
secondo un concetto di naturalità potenziale.
L’impatto antropico è per lo più evidente sul reticolo idrico minore, in cui si
riscontrano svariati tipi di criticità. Esse si possono distinguere principalmente in
impatti diretti sul corso d’acqua, e sono:
• opere di sicurezza idraulica, progettate e realizzate senza i moderni criteri
dell’ingegneria naturalistica, come arginature, rettificazioni, ricalibratura delle
sezioni, pennelli, opere trasversali di consolidamento e di trattenuta del
materiale solido (briglie e soglie di fondo), casse di espansione, diversioni,
rimozione della vegetazione spondale e detrito vegetale;
• prelievi idrici per l’irrigazione o a scopo industriale, come traverse fluviali,
derivazioni varie, paratoie, costruzione di canali;
• opere trasversali di sfruttamento energetico, come sbarramenti idroelettrici
(dighe e traverse);
• versamento di reflui urbani ed industriali (scarichi fognari, scolmatori di piena);
• infrastrutture stradali e ferroviarie (pile di ponti, muri spondali, tombinamenti).
Tra le altre criticità riscontrate nella rete idrica milanese, sono invece definibili
come impatti indiretti:
• l’attività agricola, che a fronte di numerosi benefici portati dal mantenimento
dell’agroecosistema, può produrre anche alcuni effetti negativi a carico delle
acque superficiali: il rilascio nell’ambiente di sostanze chimiche (concimi e
antiparassitari) percolanti nella falda freatica drenata dai corsi d’acqua;
l’abbassamento della falda freatica per il prelievo idrico dai pozzi; il
disboscamento, con conseguente incremento dei deflussi superficiali e quindi
delle portate di piena; la pratica degli sfalci totali della vegetazione in alveo,
compiuta secondo metodi tradizionali al solo scopo di consentire il libero
deflusso delle acque;
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• l’attività industriale, con il possibile assorbimento da parte della rete idrica
superficiale di sostanze inquinanti rilasciate da impianti produttivi, o con
l’abbassamento della falda freatica per prelievo dai pozzi;
• l’urbanizzazione, da cui deriva l’apporto di sostanze chimiche derivanti da
mezzi di trasporto tramite ruscellamento durante eventi meteorici; oppure
l’impermeabilizzazione dei terreni con conseguente incremento dei deflussi
superficiali e quindi delle portate di piena; oppure la perdita della capacità
autodepurativa del corso d’acqua che deriverebbe ad esso, in condizioni di
naturalità, dallo scambio di energia e materia con l’ambiente perifluviale.
Tutti questi impatti, variamente presenti e diffusi sul territorio, insistono sui corsi
d’acqua provinciali
determinando una serie di effetti più o meno evidenti, quali:
• inquinamento da sostanze organiche, metalli ed organismi patogeni;
• scomparsa di molti habitat fluviali e ripari per specie vegetali e animali, in
particolare per i pesci, dovuta alla maggiore uniformità geometrica e
idrodinamica dei tratti artificializzati rispetto alla diversità morfologica naturale;
• frammentazione e riduzione delle popolazioni ittiche;
• alterazione del regime idrologico (riduzione delle portate di magra e di
morbida) e connessa alterazione del trasporto solido;
• in bacini di piccole dimensioni, incremento dei picchi di piena per eventi intensi
di breve durata, dovuti alla maggior quantità di deflusso superficiale.
Indirizzi e azioni di deframmentazione trasversale
Nella sezione trasversale di un fiume, la fascia ecotonale di vegetazione
perifluviale rappresenta una zona di straordinario interesse naturalistico e di vitale
importanza anche per la fauna ittica. Essa fornisce ombreggiamento, che
significa rifugio visuale e mantenimento di temperature più costanti, cibo
rappresentato dagli insetti aerei che gravitano nel fogliame sospeso sull'acqua,
materiale organico da decomporre che è alla base della catena alimentare
acquatica. Le radici e le ceppaie sulle sponde danno inoltre un'ottima stabilità
alla sponda stessa e la buca che spesso il corso d'acqua scava in corrispondenza
delle ceppaie ripariali è un rifugio eccellente per tutti i pesci. Questi motivi
sostengono quindi il fatto di proporre interventi anche per quanto riguarda la
riqualificazione della fascia perifluviale nell'ambito del Piano Ittico, essendo molto
spesso preferibile intervenire su di essa piuttosto che attivare altri tipi di pratiche
gestionali.
La fascia di vegetazione ripariale può anche costituire in un territorio agricolo un
ottimo strumento di mitigazione dell’inquinamento derivante dalle pratiche
agricole, in grado di intercettare e ridurre l’apporto di sostanze inquinanti di
origine antropica in ingresso nelle acque superficiali. Per fascia tampone ed
ecosistema filtro si intende qualsiasi sistema vegetato (siepi, filari, boschetti, zone
umide naturali e artificiali), interposto tra l’ambiente terrestre e acquatico. Negli
ambienti di pianura caratterizzati da una intensa attività agricola risulta
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
importante destinare fasce di terreno collocate tra i coltivi ed i corsi d’acqua che
svolgano una funzione di tampone, attraverso la filtrazione, l’adsorbimento e
l’immobilizzazione nei tessuti di Fosforo e Azoto, nei confronti degli inquinanti
trasportati dai deflussi di origine agricola.
Tali formazioni inoltre svolgono altre ed importanti funzioni: producono biomassa
per la produzione di energia, costituiscono delle barriere frangivento,
immobilizzano la CO2, creano un ambiente idoneo a supportare un’elevata
biodiversità e riqualificano il paesaggio.
La realizzazione di ecosistemi-filtro lungo i corsi d’acqua ha anche la funzione di
limitare l’eccessivo trasporto solido, proveniente dagli abitati posti a monte e
dalle estese superfici a coltivo presenti sul territorio, grazie alla realizzazione di
ampie zone di divagazione che riducono la velocità di deflusso dell’acqua.
Le fasce tampone boscate possono essere ricondotte a tre tipologie: formazioni
monofilare (in prevalenza siepi arbustive e filari), formazioni plurifilari (siepi
composte sia da arbusti che da alberi e disposte su più file) e bande boscate. La
larghezza delle fasce tampone disposte lateralmente ai canali può essere
variabile da pochi metri (3-5 m) sino a 10-15 m, in rapporto agli obiettivi da
ottenersi e alla disponibilità di superficie utile.
Il reticolo idrico della Provincia di Milano è purtroppo interessato da un diffuso
fenomeno di depauperamento della fascia perifluviale vegetata, a favore
dell’antropizzazione del territorio nelle sue diverse forme, dai centri abitati alle
aree agricole, alla rete viaria. Per la gran parte dei corsi d’acqua d’origine
artificiale, deputati allo sfruttamento irriguo ma rivelatisi anche di pregio ittico,
spesso non esiste una fascia ripariale adeguata o essa non esiste nella maniera
più assoluta, essendo sostituita dalle colture intensive che si estendono fino quasi
alle sponde, peraltro estremamente ridotte in estensione e quasi verticali, spesso
“nude”, soprattutto in relazione alla necessità di agevolare gli interventi di
manutenzione periodica, come gli sfalci.
Si ritiene che potrebbero essere realizzati alcuni tratti di rivegetazione spondale. La
ricostruzione della fascia perifluviale interrotta con impianti arborei ed arbustivi
consolida il terreno superficiale delle sponde, le protegge dall’erosione e
diversifica l’habitat ripario fornendo un’eccellente copertura e utili rifugi per la
fauna ittica.
La forestazione con specie autoctone potrebbe, inoltre, essere utilizzata per la
produzione di biomassa.
Le essenze scelte per la realizzazione di tale azione, oltre a rispettare il criterio
dell’autoctonia, dovranno preferibilmente essere piante sempreverdi o avere
foglie piccole, per limitare al massimo
l’eventuale intasamento di opere idrauliche a valle. La rivegetazione deve essere
preceduta da studi sulle caratteristiche idrologiche, climatiche, pedologiche e
morfologiche dei siti su cui agire, in modo da scegliere opportunamente le specie
da utilizzare.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Le fasce spondali devono essere caratterizzate da un gradiente moderato, con
profilo degradante e non verticale. Possono quindi essere richieste operazioni di
riduzione della pendenza delle sponde, di messa in posa di massi ciclopici alla
rinfusa, rigorosamente non cementati, in grado di fornire rifugio alla fauna ittica
verso l’alveo, e di costituire substrato di crescita per vegetazione riparia.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.5
PIANO AGRICOLO TRIENNALE 2007-2009
In Provincia di Milano il suolo è destinato in maggior parte ai seminativi (frumento,
orticole e foraggere avvicendate), ai prati e ai pascoli e, in minima parte, alle
coltivazioni legnose.
Il sistema primario milanese vede la presenza di una agricoltura particolarmente
attiva nella parte meridionale del suo territorio e, in particolare, all’interno del
Parco Agricolo Sud di Milano (PASM) di cui anche il Comune di Cerro al Lambro
fa parte.
All’interno del Parco si contano 910 cascine attive; le coltura più diffusa e
caratteristiche dell'area sono quelle dei cereali (43% del territorio agricolo) oltre al
riso (22%) e al prato (16%). Sono presenti con percentuali minori il girasole, la soia,
le orticole, le marcite, le floricole, i vivai, i pioppeti e le aree boscate.
L'allevamento di bovini e suini è l'attività zootecnica principale (in termini di
reddito prodotto) con 305 allevamenti ed un'area utilizzata pari al 30% dei territori
agricoli del Parco.
In generale in provincia di Milano esiste un’agricoltura caratterizzata
contemporaneamente da tradizione, qualità e innovazione la quale – nonostante
il numero limitato di addetti – rappresenta il 2% dell'economia provinciale.
Tale agricoltura, costituita da aziende che si distinguono per l’elevata
specializzazione e qualità dei prodotti, condotte prevalentemente con
manodopera familiare, deve lottare per condividere con gli altri settori economici
un territorio che oggi è per il 36% urbanizzato e per il 50% destinato a Parchi,
popolato da 4 milioni di abitanti e definito “area economica più importante di
Italia”.
Il presente Piano agricolo triennale si pone come macro-obiettivo quello di
rafforzare e valorizzare l’agricoltura milanese sfruttando il collegamento con
l’industria alimentare e il settore forestale, come è di fatto accaduto
recentemente a livello nazionale.
Uno dei temi che sono anche obiettivo del PAT è la “Valorizzazione dell’ambiente
e dello spazio rurale”.
La convivenza di settori economici così diversi in uno spazio relativamente limitato
spinge alla ricerca di azioni capaci di migliorare l’ambiente stesso in cui essi
operano: un uso appropriato dei terreni agricoli e forestali in chiave più “rispettosa
dell’ambiente” sarebbe un vantaggio per l’intera collettività. I notevoli
cambiamenti climatici e il continuo aumento del prezzo del petrolio (fonte
energetica non rinnovabile), sono alcuni dei motivi principali che induco a
rivedere la “distribuzione” degli spazi all’interno di un territorio.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
In questo senso gli obiettivi provinciali per la prossima programmazione
verteranno, come schematizzato, sulla promozione dell’aspetto multifunzionale
dell’agricoltura attraverso:
1. il monitoraggio delle possibilità offerte dalle agro-energie;
2. il coinvolgimento degli agricoltori nella gestione del territorio;
3. la forestazione;
4. diffondere l’importanza del ruolo svolto dalla agricoltura praticata nelle
zone periurbane.
L’importanza che la tematica del risparmio energetico sta assumendo in questi
ultimi mesi, alla luce dell’impennata dei prezzi dei combustibili fossili, ha portato
ad un crescente interesse per l’utilizzo di fonti alternative di energia da parte del
mondo agricolo e rurale. Le colture energetiche rappresentano infatti una valida
opportunità, soprattutto se inserite in una gestione ottimizzata delle risorse a livello
territoriale: esse rispondono sia a istanze di natura ambientale, in quanto fonti
rinnovabili, sia di natura socio-economica, in quanto possono contribuire a un
equilibrato sviluppo dei territori rurali, rappresentando una fonte di reddito
aggiuntiva; contengono i processi di abbandono delle aree agricole più
svantaggiate; rendono disponibile una fonte energetica alternativa a beneficio
dell’intera società; si inseriscono in una più razionale gestione dello spazio rurale
con potenziali effetti positivi sul piano paesaggistico e sulla salvaguardia della
flora e della fauna selvatica quindi sulla biodiversità.
Anche in questo caso la collaborazione tra istituzioni, agricoltori ed industria
potrebbe generare iniziative strategiche per il territorio della provincia di Milano.
Come è stato evidenziato per le filiere delle produzioni alimentari di qualità,
anche per le produzioni no-food (chimica verde ed energie rinnovabili), la leva
dell’innovazione può unire agricoltura ed industria per un enorme potenziale di
sviluppo.
La Provincia di Milano vuole puntare sulla diffusione delle biomasse (a prescindere
dagli attuali aiuti comunitari) e sottolineare il ruolo di protagonista della filiera
agricola. La richiesta di risparmio energetico e di energia pulita che arriva
dall’opinione pubblica deve far risaltare il ruolo dell’agricoltore che si inserisce in
questo sistema non solo con gli scarti riciclabili della produzione (potature e reflui),
ma soprattutto con le produzioni dedicate, legate al territorio e remunerative.
Per quanto concerne il tema della forestazione uno dei progetti è quello
denominato Progetto 10 grandi foreste di pianura.
Il D.lgs. 18 maggio 2001, n. 227 ha introdotto il concetto di “rimboschimento
compensativo” legato alla trasformazione del bosco. Chi elimina il bosco in
pianura, deve compensare con rimboschimenti su terreni non boscati. In luogo
del rimboschimento compensativo è prevista la possibilità di versare una somma
corrispondente all’importo presunto dell'intervento compensativo. Per favorire
questa pratica la Regione Lombardia ha istituito L’albo delle opportunità di
compensazione che mira a far incontrare chi deve eseguire lavori di
compensazione e chi ha a disposizione terreni su cui intervenire e ha, invece,
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
difficoltà ad accedere ai contributi pubblici. La realizzazione degli interventi può
coinvolgere aziende agricole e imprese boschive. Gli interventi compensativi
hanno in questo modo maggiori possibilità di trasformarsi in vere e proprie
opportunità di miglioramento del territorio.
La Provincia utilizza i fondi ottenuti dalle trasformazioni dei boschi (uniti ai
contributi non utilizzati delle forestazioni urbane precedenti), per incrementare del
25% nel prossimo decennio i boschi esistenti.
L’articolo 16, comma 3 della l.r. 27/2004 Tutela e valorizzazione delle superfici, del
paesaggio e dell’economia forestale prevede che la Regione con le Province e
le Comunità Montane, nonché con il coinvolgimento degli imprenditori agricoli,
promuova la realizzazione, entro cinque anni dall’approvazione della legge
stessa, di 10.000 ettari di nuovi boschi e sistemi forestali multifunzionali. Con questo
termine si intende una forestazione che possa svolgere contemporaneamente
funzioni ambientali, paesistiche, produttive, ecosistemiche, di fruibilità collettiva,
energetiche, culturali e occupazionali.
Gli interventi forestali che si vogliono realizzare sono molteplici: si passa ad
esempio dai boschi planiziali alle zone umide, dalle grandi foreste alle fasce
tampone, siepi e filari, nonché alle aree di fitodepurazione; e ancora dalle
“vasche” di laminazione alle fasce boscate ripariali, alla forestazione urbana, alla
coltivazione arboree a turno lungo, ecc.
Tali interventi dovranno coinvolgere gli imprenditori agricoli, ai quali è richiesto di
impegnarsi a mantenere le aree impiantate per un periodo di almeno 30 anni.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
7.6
PIANO FAUNISTICO VENATORIO
L’analisi rileva che il territorio del comune di Cerro al Lambro è parzialmente
interessato dalla presenza di un’ “oasi di protezione della fauna” che si estende
anche in comune di Melegnano e che ha una superficie totale pari a 227 Ha.
L’Oasi ricade entro i confini del Parco Agricolo Sud Milano e comprende una
varietà di ambienti di interesse conservazionistico quali aree a coltivi con filari e
fasce boscate, l’alveo e la fascia di bosco ripariale sulle sponde del fiume
Lambro, che in quell’area disegna anse ampie e sinuose, diversificando
notevolmente la matrice agricola dell’ambiente planiziale.
Il confine settentrionale parte dalla rotonda di Melegnano (nelle vicinanze di
Cascina Bernardina) e scende verso sud sulla via Emilia, poi taglia su via
Melegnano fino a incrociare la ferrovia, che segue per un breve tratto per poi
tagliare per coltivi verso ovest in corrispondenza di un’ampia ansa del fiume.
Incrocia e supera l’autostrada A1 all’altezza di Ponte Lambro, costeggiando le
rive del fiume per poi attraversarlo in corrispondenza della chiusa di Cerro al
Lambro. Qui il confine, ricomprendendo una vasta area a coltivi, risale verso nord
escludendo le aree urbanizzate e tenendosi a poca distanza dalla sponda
occidentale del Lambro. All’altezza di Ponte al Lambro segue per un tratto la A1,
fino a incrociare e risalire la SP17 fino alla rotonda di Cerro al Lambro; qui volge
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
verso est attraversando la ferrovia ed escludendo la pista di atletica e
costeggiando il fiume fino alla rotonda di via Emilia.
Per garantire una reale efficacia delle Oasi di Protezione in termini di
conservazione della fauna selvatica il Piano propone la realizzazione di uno
specifico Piano di gestione che preveda, tra le altre cose, un programma di
interventi di miglioramento ambientale che contempli sia interventi mirati al
ripristino di ambienti idonei sia a una conduzione agricola più attenta alle
esigenze della fauna selvatica. Pertanto, al di là del semplice accordo con i
proprietari o i conduttori dei fondi, comunque necessario ai sensi di legge, andrà
ricercata attentamente la disponibilità degli agricoltori a sviluppare forme di
collaborazione, naturalmente adeguatamente incentivate.
Il Piano individua 239 specie di Uccelli e 48 di Mammiferi ritenute di interesse
prioritario per la gestione faunistica e venatoria della provincia di Milano.
Nella tabella seguente estrapolata dalla relazione di Piano viene riportato
l’elenco delle specie di Uccelli e Mammiferi la cui presenza sul territorio
provinciale risulta documentata da fonti bibliografiche. In grassetto sono
evidenziate le specie, sia di Uccelli, sia di Mammiferi, presenti sul territorio
provinciale di origine alloctona e paleoalloctona.
Le categorie di interesse e le tipologie di monitoraggio sono indicate in Tabella
come di seguito specificato:
• Interesse Venatorio: V
• Interesse Gestionale: G
• Interesse Conservazionistico: C
• Monitoraggio di base: MB
• Monitoraggio Specialistico: MS
• Studi Particolareggiati: SP
Nella tabella viene indicato, inoltre, il valore di priorità complessiva attribuito a
ciascuna specie, secondo quanto specificato nel Piano Faunistico Venatorio
Regionale e nella DGR N. 7/4345 del 20/04/2001. I valori di priorità complessiva (P)
attribuiti alle specie sono compresi tra 1 e 14. Una specie è ritenuta di interesse
conservazionistico prioritario, se il valore di priorità complessiva è uguale o
superiore a 8.
Vengono indicati, infine, l’inserimento delle diverse specie negli allegati I della
Direttiva “Uccelli” (2009/147/CE) e l’appartenenza a una delle categorie SPEC
(Species of Conservation Concern, secondo la codifica fornita da BirdLife
International, 2004) nel caso dell’avifauna e nell’allegato II della Direttiva Habitat
(92/43/CE) per la teriofauna. L’ultima colonna indica se la specie è cacciabile o
meno ai sensi della normativa regionale. In grassetto sono evidenziate le specie,
sia di Uccelli, sia di Mammiferi, presenti sul territorio provinciale di origine alloctona
e paleoalloctona.
Il significato delle categorie SPEC è di seguito indicato:
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
• SPEC 1: specie presenti in tutta Europa per le quali devono essere adottate
misure di protezione a livello mondiale, perché il loro status è classificato su
base mondiale nelle categorie “minacciato a livello globale”, “subordinato alla
protezione della natura” o “dati insufficienti”;
• SPEC 2: specie le cui popolazioni globali sono presenti in modo concentrato in
Europa dove però il loro status di conservazione è inadeguato;
• SPEC 3: specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa, nella
quale il loro status di conservazione è inadeguato;
• -E : specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa, dove il loro
status di conservazione è adeguato;
• - : specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa, dove il loro
status di conservazione è adeguato;
• W: indica che la categoria si riferisce solo alle popolazioni invernali;
• ne: not evaluated (non valutata).
Elenco delle specie di Uccelli di interesse prioritario per la gestione faunistica e
venatoria della provincia di Milano:
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Elenco delle specie di Mammiferi di interesse prioritario per la gestione faunistica e
venatoria della provincia di Milano:
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Per quanto concerne gli interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici, si
rimanda al precedente capitolo 6.5 cui si aggiungono le seguenti indicazioni.
La ricostituzione delle siepi degradate
Le siepi, come elemento per secoli caratterizzante il paesaggio di pianura nonché
fonti di reddito per le aziende agricole e vere e proprie “sorgenti” di biodiversità,
meritano una trattazione specifica che suggerisca almeno in linea generale i
criteri tecnici per un loro recupero.
La situazione attuale
La meccanizzazione sempre più accentuata dell'agricoltura ha portato negli
ultimi decenni all'eliminazione di buona parte delle siepi campestri esistenti in
queste zone; il progressivo abbandono dell'attività agricola da parte di molti
piccoli proprietari ha poi favorito l'incuria e quindi l'ulteriore degrado delle poche
siepi superstiti. Se infatti, per le piccole aziende, la siepe costituisce un'integrazione
del reddito (prodotti secondari) e strumento di maggiore produttività delle colture
(funzione frangivento e di difesa dai parassiti), in aziende di grandi dimensioni,
dove comunque domina l'aspetto strettamente produttivo a discapito di una
visione integrata del bilancio aziendale, la manutenzione di un adeguato sistema
di siepi e alberature campestri presenta probabilmente dei costi sproporzionati ai
benefici ottenuti, o meglio alla sottostima che di essi generalmente si fa.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Si è così assistito ad una progressiva degradazione del paesaggio e
dell'ecosistema agricolo sotto diversi aspetti:
• La distruzione di molti filari e siepi campestri ha comportato non solo la
diminuzione puramente numerica di queste entità, ma soprattutto la
disarticolazione, se non l'eliminazione totale dei sistemi di siepi esistenti.
La siepe infatti non esplica le sue funzioni esclusivamente in se stessa, ma
anche in quanto parte integrante di un sistema organizzato sul territorio come
una "maglia" o un "reticolato", dove le siepi interagiscono, massimizzando le
funzioni di protezione delle colture e del bestiame (frangivento, difesa dai
parassiti, ecc.). Il paesaggio che invece ci appare oggi, un po' dappertutto
nella Pianura Padana, è caratterizzato da un insieme di frammenti disarticolati
di quello che, non più di 20 o 30 anni fa, era un territorio agricolo ben
compartimentato da siepi ed alberature lungo le particelle, le capezzagne, le
strade, i fossi, i canali e i perimetri delle aziende.
• Anche la struttura delle siepi rimaste è stata fortemente alterata: rarissimi sono i
frangiventi alti con alberi ad alto fusto; le piante a capitozza sono
praticamente scomparse dal territorio della provincia di Milano, non
costituendo una risorsa sfruttabile economicamente ormai da molto tempo. Le
siepi rimaste hanno per lo più un'altezza bassa o medio bassa, risultando così
ancor meno incisive nella loro fondamentale funzione di protezione delle
colture dai venti.
• La composizione si presenta ormai estremamente semplificata, con dominanza
di poche specie arboree e arbustive (robinia, platano, rovi, clematide,
edera,...); spesso un fitto strato di infestanti impedisce l'insediamento di nuove
specie spontanee.
• Anche lo stato vegetativo delle piante esistenti è spesso precario: incuria,
sviluppo di infestanti, tagli effettuati non a regola d'arte, lesioni meccaniche
provocate in vario modo, deriva di antiparassitari, sono fattori che non
contribuiscono certamente al vigore dei pochi alberi ed arbusti presenti.
Si impone pertanto la necessità di ricostituire le siepi degradate, confermata del
resto dalla crisi del sistema di produzione agricolo intensivo e dalle varie
emergenze che questo crea e ha creato sul territorio (ecologica, ambientale,
paesaggistica).
Obiettivi della ricostituzione e interventi di miglioramento
La valutazione dell'entità del degrado di una siepe e quindi la definizione degli
interventi di miglioramento dipendono dalla funzione che la siepe dovrebbe
svolgere sul territorio, in primo luogo a livello aziendale.
In tal senso si può fare riferimento alle tipologie di siepe campestre proposte più
avanti: siepe per la produzione dei legna da ardere e da opera, per la
delimitazione dei confini, di supporto all'apicoltura, per la produzione di piccoli
frutti, per la difesa biologica delle colture, per il rinsaldamento delle sponde e la
purificazione delle acque, per scopi ornamentali e paesaggistici.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Quindi il miglioramento della struttura e della composizione delle siepi campestri
potrà essere ottenuto per mezzo dei seguenti fondamentali interventi:
• Eliminazione della vegetazione infestante e delle specie indesiderate tramite
tagli, decespugliamenti, estirpazioni, ecc.: queste infatti potrebbero
pregiudicare l'attecchimento e lo sviluppo delle specie che si vorranno
reintrodurre.
• Riempimento dei vuoti e introduzione delle specie mancanti, secondo il sesto
d'impianto più adatto alla struttura prescelta (vedi più avanti). È consigliabile
l'utilizzo di materiale vivaistico giovane (1- 2 anni), in contenitore, di ottime
caratteristiche genetiche e morfologiche e soprattutto di provenienza locale.
Utilissima è, in questa fase, la pacciamatura con film plastico o con materiale
vegetale (come i collarini pacciamanti in cartone biodegradabile riciclato),
che assicura una migliore trattenuta del calore e dell'umidità al suolo,
impedendo contemporaneamente lo sviluppo e la competizione delle
infestanti. Nei primi anni dopo l'impianto, particolarmente là dove ci siano
condizioni di siccità del suolo (terreni sciolti, situati lontano dai fossati,
normalmente non irrigati e/o con falda freatica profonda), è importante
irrigare nei periodi secchi. Sarebbe opportuno inoltre proteggere le giovani
piantine da eventuali danni meccanici.
• Rinvigorimento delle piante esistenti: ceduando alla base gli alberi a ceppaia e
gli arbusti, avendo però cura di non intaccare le gemme del colletto. In questo
modo, inoltre, gli arbusti assumono una configurazione a cespuglio, che,
guarnendo in modo ottimale la base delle siepi, le rende meglio funzionali
come frangivento. Sempre a tal scopo è opportuno potare i rami bassi, secchi
o malati degli alberi ad altofusto, a vantaggio anche delle caratteristiche
tecnologiche del fusto da lavoro.
• Corretta gestione ed utilizzazione della siepe: è necessario praticare quelle
forme di trattamento che meno danneggiano la vitalità delle piante e la
funzionalità della siepe (struttura). In particolare, per le piante a ceppaia, si
consiglia il trattamento "a sterzo", con il quale si utilizzano periodicamente solo i
polloni che hanno raggiunto le dimensioni desiderate, evitando così di lasciare
del tutto sguarnita la siepe e la ceppaia, cosa che solitamente la rende anche
più longeva.
È opportuno ricordare come la progettazione di questi interventi debba sempre
riguardare, da un lato, la singola siepe come entità autonoma, dotata di una
propria funzionalità, e dall'altro, il sistema articolato di siepi ed alberature
campestri, che rende sensibilmente funzionale ogni singolo tratto di terreno
rinaturalizzato, salvaguardando così l'intero territorio agricolo.
Si comprende così la necessità di intervenire su due livelli fondamentali: il singolo
imprenditore agricolo e l'Ente interessato (Amministrazione provinciale, ATC, Ente
Parco).
104
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Cura e manutenzione del bosco
Oggigiorno alle associazioni arboree in generale e al bosco in particolare
vengono riconosciute molte importanti funzioni: ecologiche, faunistiche,
paesaggistiche, ricreative, protettive e produttive, rese ancor più necessarie
dall'abnorme sviluppo economico e demografico della nostra provincia.
L'influenza antropica sul bosco ha, però, origini antichissime, tant'è che si può
parlare del bosco come di una formazione naturale "addomesticata" o, più
propriamente, para-naturale. Infatti l'equilibrio ecologico dev'essere ottenuto e
mantenuto anche grazie all'ausilio dell'uomo, tramite le cure colturali, le
infrastrutture e, strano ma vero, i tagli di utilizzazione.
I boschi mal gestiti, come quelli abbandonati a se stessi, sono condannati a
deperire: perciò il legislatore ha posto sotto vincolo la totalità delle superfici
boscate, mentre d'altro canto incentiva economicamente le migliorie boschive.
Il bosco viene definito dall'art. 3, comma 1, lett. a) della L.R. n. 27 del 28/10/2004
“Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e dell’economia forestale”,
come “le formazioni vegetali, a qualsiasi stadio di sviluppo, di origine naturale o
artificiale, nonché i terreni su cui essi sorgono, caratterizzate simultaneamente
dalla presenza di vegetazione arborea o arbustiva, dalla copertura del suolo,
esercitata dalla chioma della componente arborea o arbustiva, pari o superiore
al venti per cento, nonché da superficie pari o superiori a 2.000 metri quadrati e
lato minore non inferiore a 25 metri, nonché come i rimboschimenti e gli
imboschimenti” (lett. b) e infine “le aree già boscate, prive di copertura arborea o
arbustiva a causa di trasformazioni del bosco non autorizzate” (lett. c).
Nell’ottica della gestione e manutenzione pratica delle aree boschive, sono da
promuovere e incentivare tutti quegli interventi volti ad assicurare l'affermazione e
lo sviluppo del bosco (cure colturali), quali:
1) ripuliture: allontanamento della vegetazione infestante (rovi, edera,
clematide, ecc.) che ostacola il regolare sviluppo del bosco;
2) risarcimenti: sostituzione di piante morte,
3) sfolli: asportazione di giovani piantine quando presenti in quantità eccessiva.
Sono altresì da promuovere e incentivare tutte quelle opere che apportino un
miglioramento di fatto allo stato vegetativo delle associazioni vegetali e
particolarmente dei boschi, quali:
1) diradamenti: asportazione di alberi adulti quando presenti in quantità
eccessiva, scegliendoli tra i soggetti più deboli, malati o mal conformati;
2) rinfoltimenti: messa a dimora di nuove piante nelle zone di chiaria, ove non vi
sia rinnovazione naturale o questa non possa svilupparsi,
3) controllo o eradicazione delle specie esotiche infestanti, in particolare del
Prunus serotina, dell'Ailanthus altissima e della Robinia pseudoacacia.
105
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
8.
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DEL PARCO AGRICOLO SUD
MILANO
Il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Agricolo Sud Milano è stato
approvato con DGR n.7/818 del 3 agosto 2000.
Il territorio del Comune di Cerro al Lambro, ad eccezione delle porzioni
urbanizzate e di un’ampia fascia nord – sud compresa tra l’autostrada A1 e la
Sp17 è soggetto alle disposizioni del PTC del Parco, che presenta il seguente
azzonamento:
- zona di tutela e valorizzazione paesistica, in corrispondenza di una fascia nordsud che ripercorre il corso della Roggia Carpana e per la quale valgono le
disposizioni di cui all’art. 34 delle NTA:
2. L’ente gestore del parco, attraverso i suoi strumenti di pianificazione e gestione,
tende a privilegiare gli interventi di tutela, qualificazione e ricostruzione degli elementi
compositivi della trama del paesaggio agrario, quali la rete irrigua, le alberature di
ripa, gli edifici rurali e il relativo reticolo storico di connessione.
3. Negli ambiti di tutela e valorizzazione del paesaggio sono consentiti gli interventi
relativi alle attività ricreative e culturali e socio-assistenziali che non comportino
alterazioni degli elementi compositivi del paesaggio, anche attraverso la promozione
di attività agrituristiche.
4. Possono essere messe in atto specifiche disposizioni sugli incentivi per il
mantenimento e per l’impianto di colture tradizionali, nonché sull’orientamento delle
pratiche agrarie conseguenti alset-aside, verso usi che non determinino impoverimento
della qualità paesistica dei luoghi.
- zona di interesse naturalistico, in un’ampia fascia lungo il corso del Lambro per
la quale valgono le disposizioni di cui all’art. 31 delle NTA:
2. Nelle zone di interesse naturalistico l’obiettivo di favorire la massima espressione delle
potenzialità naturali, sia sotto il profilo vegetazionale, sia sotto il profilo faunistico, è
prevalente rispetto all’esercizio economico dell’agricoltura; l’esercizio dell’agricoltura è
consentito in quanto compatibile e funzionale agli obiettivi indicati dal presente
articolo e non può comunque comportare livellamenti, sbancamenti dei terreni o la
modifica delle componenti morfologiche e vegetazionali.
3. Nelle zone di interesse naturalistico, gli interventi, ammessi dalle norme dei territori in
cui le zone ricadono, devono conseguentemente tendere alla conservazione della
vegetazione ed a favorire l’evoluzione verso condizioni di elevata naturalità ,
favorendo la diffusione delle specie tipiche locali.
4. Nelle zone di interesse naturalistico sono esclusi:
a) l’insediamento ex novo di complessi agricolo-zootecnici ad eccezione di quelli
sostitutivi di complessi espulsi da centri abitati o da altri ambiti di tutela.
b) l’insediamento di nuove industrie per la trasformazione di prodotti agricoli.
106
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
9. E` consentita la fruizione da parte del pubblico a scopo di ricreazione in rapporto
con la natura e nel rispetto di essa; a tal fine sono esclusivamente consentiti gli
interventi legati alla formazione di percorsi ciclopedonali ed equestri che non
comportino alterazioni dello stato dei luoghi.
10. Non sono ammesse attività antropiche comportanti danneggiamento della
vegetazione naturale e delle zone umide, quali opere edilizie, sbancamenti,
livellamenti, coltivazione di cava, impianti tecnologici per il trattamento dei rifiuti o
delle acque reflue, attivazione di discariche.
- Territori agricoli di cintura metropolitana, che riguardano le restanti porzioni di
territorio comunale, per i quali valgono le disposizioni di cui all’art. 25 delle NTA:
1. Le aree appartenenti ai territori agricoli di cintura metropolitana, per la loro
collocazione, compattezza e continuità e per l’alto livello di produttività, sono
destinate all’esercizio ed alla conservazione delle funzioni agricolo-produttive, assunte
quale settore strategico primario per la caratterizzazione e la qualificazione del parco.
107
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Il Piano di Settore Agricolo è stato approvato dal Consiglio Direttivo del Parco
Agricolo Sud Milano con delibera n. 33 del 17 luglio 2007, ai sensi dell’art. 7 delle
NTA del PTC.
Uno dei compiti precipui del Piano di Settore Agricolo è la “tutela e conservazione
degli ecosistemi presenti nel Parco”.
Nel Parco si assiste ad una limitata significatività delle componenti naturalistiche
del territorio che sono poco rappresentate, ma sicuramente importanti dal punto
di vista paesistico-naturalistico.
Il PTC rimanda al PSA il compito di individuare le azioni volte a salvaguardare e
potenziare le aree nelle quali, seppur presente una normale attività agricola, una
più oculata gestione di questa potrebbe rendere possibile la conservazione di
ecosistemi significativi.
Al fine di incrementare la redditività delle colture e di permettere un facile utilizzo
di macchine operatrici di grosse dimensioni, negli ultimi anni si è assistito ad un
accorpamento dei campi e ad una maggiore razionalizzazione del sistema
irriguo, che ha comportato una riduzione delle rive ed argini, spesso caratterizzati
108
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
da siepi o alberature, nonché la scomparsa di zone boscate marginali ai campi.
Anche le alberature delle strade interpoderali e dei confini stanno scomparendo
in quanto non più mantenute o ripristinate ed anche le attuali tendenza
produttive svantaggiano il mantenimento del prato stabile e del prato marcitoio.
Si assiste così ad un lento ma continuo impoverimento dell'interesse naturalistico di
porzioni di territorio. D’altra parte è da sottolineare che esistono aree in cui
permangono i tratti caratteristici dell'ambiente agricolo tradizionale con una
presenza di prati stabili, marcite, fasce alberate o arbustate lungo le rogge, le
strade interpoderali, i confini degli appezzamenti agricoli.
Questi contesti possiedono un rilevante carattere di interesse propriamente
naturalistico e la normale attività agricola sottolinea un compromesso che
consente la presenza e lo sviluppo di numerose specie sia animali che vegetali.
La permanenza del prato o della marcita, ma anche del campo coltivato
tradizionalmente, in consociazione con siepi e filari che circondano il campo
stesso, permette l’individuazione di un ambiente di transizione caratterizzato da
una potenziale ricettività nei confronti di varie specie che abbisognano di diversi
ambienti per sopravvivere. Infatti la zona di transizione tra due differenti ambienti
è dimostrato che consente lo sviluppo di una intensa variabilità e quindi di una
maggiore ricchezza floro-faunistica.
Nelle zone sopra descritte, come proposto dal PTC, il PSA propone, promuove ed
incentiva interventi di tutela, conservazione e potenziamento degli ecosistemi
naturali del Parco, rivolti a:
• garantire il consolidamento e il potenziamento, attraverso modalità naturali od
orientate, delle forme vegetazionali e boschive, facendo ampio ricorso alla
diffusione ed all'uso di specie autoctone;
• favorire la ricompattazione degli habitat vegetali ed animali e degli ecosistemi,
opponendosi alla loro ulteriore frammentazione, anche con l'individuazione di
appositi corridoi ecologici, ove necessari;
• recuperare, ricostruire e potenziare la trama storica del rapporto vegetazioneacqua che caratterizza il paesaggio ed i territori agrari evitando l'alterazione
dei tracciati delle acque e delle strade rurali ed incentivando la dotazione di
alberature di ripa;
• indirizzare gli interventi di rinaturalizzazione e di riqualificazione, da attuarsi da
parte dell'ente gestore, dei comuni, degli altri enti territoriali o funzionali
interessati, come pure da parte dei privati, anche mediante specifiche
convenzioni e misure incentivanti.
Il Piano di Settore, ricalcando la zonizzazione del PTC, specifica le disposizioni e
suddivide il territorio del Comune di Cerro al Lambro in:
- zona di tutela a valenza paesistica, in corrispondenza di una fascia nord-sud
che ripercorre il corso della Roggia Carpana e per la quale valgono le
disposizioni di cui all’art. 6 delle norme:
109
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
2. L’attività agricola andrà orientata secondo i seguenti criteri:
a) l’utilizzo di tecniche agronomiche che comportino un minor impatto sul territorio
ovvero agricoltura integrata e/o biologica;
b) la costruzione di nuovi fabbricati rurali e la modificazione di quelle già esistenti deve
sottostare alle disposizioni contenute nell’art. 9 delle presenti Norme Regolamentari
del PSA;
c) tutela e sviluppo della vegetazione, fauna, ambiente e paesaggio mediante
l’incentivazione al riequipaggiamento arboreo ed arbustivo autoctono lungo il
sistema ripariale dei corsi d’acqua e lungo i bordi di campo e la viabilità poderale e
interpoderale, in coerenza con la tutela e lo sviluppo degli ecosistemi contenuti nel
progetto di Rete Ecologica del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia
della Provincia di Milano (PTCP);
d) l’eventuale accorpamento degli appezzamenti agricoli dovrà tenere conto
dell’assetto paesaggistico esistente e, nel caso di intervento, dovrà essere realizzato
un idoneo sistema di cortine arboree/arbustive;
e) favorire lo sviluppo di colture atte alla produzione della biomassa vegetale;
f) favorire lo sviluppo dell’agriturismo.
- zona agricola a prevalente valenza ecologica, in un’ampia fascia lungo il
corso del Lambro per la quale valgono le disposizioni di cui all’art. 7 delle
norme:
2. L’attività agricola in queste zone andrà orientata secondo i seguenti criteri:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
110
utilizzo di tecniche agronomiche che comportino un minor impatto sul territorio
ovvero agricoltura integrata e/o biologica;
sostenere le attività agricole con prevalente orientamento alla produzione
forestale nonché alla coltivazione di colture poliennali;
per i fontanili e le zone umide si assumono i criteri contenuti nella Misura f (misure
agroambientali), Azione 4.d (manutenzione dei fontanili) del PSR e nelle disposizioni
attuative (D.D.G. n. 23171 del 22 dicembre 2004);
nelle aree di pregio ecologico, per favorire la conversione dei seminativi con prati
polifiti si richiamano i criteri contenuti nella Misura f, Azione 3.b (mantenimento
prato permanente e marcita) del PSR;
i progetti e i piani riguardanti modificazioni dell'assetto fondiario dei fondi compresi
in tutto o in parte negli ambiti di interesse naturalistico e negli ambiti di protezione
delle pertinenze fluviali devono prevedere interventi di salvaguardia e/o
potenziamento delle presenze naturalistiche attraverso la messa a dimora di
specie arboree ed arbustive;
si potranno attivare rapporti convenzionali con gli agricoltori e/o con le
associazioni locali interessate al fine di garantire la corretta gestione dell’area. A
questo fine, in caso di opportunità, attestata dal Parco, potranno essere attuati
programmi di sfalcio controllato o accorgimenti atti a produrre un ringiovanimento
dei processi di interramento delle zone umide e dei fontanili, eventualmente
anche a scapito delle specie arboree o arbustive esistenti. Questi interventi
devono prevedere prescrizioni atte ad identificare tempi e modalità esecutive; gli
stessi non potranno che avere finalità naturalistiche ed essere indirizzati a
conservare e incrementare la diversità specifica, le presenze floristiche di maggior
rilievo e la ricettività per la fauna;
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
g)
h)
favorire lo sviluppo dell’agriturismo in modo compatibile con le esigenze di
salvaguardia;
gli interventi di governo della vegetazione arborea ed arbustiva e gli interventi di
forestazione andranno realizzati utilizzando specie autoctone del Parco, nonché
tenendo conto delle disposizioni presenti nel PIF della Provincia di Milano
- Zone agricole con forte attitudine produttiva, che riguardano le restanti
porzioni di territorio comunale, per i quali valgono le disposizioni di cui all’art. 5
delle norme:
2. Gli obiettivi da perseguire in questi territori sono essenzialmente di tipo tecnicoagrario: garantire il mantenimento e promuovere lo sviluppo dell'attività agricola
produttiva volta all'ottenimento di prodotti di buona e ottima qualità e alla produzione
di servizi ambientali.
3. A tal fine il Parco promuove le seguenti azioni:
a) incentivare ed organizzare iniziative tendenti a un minore impatto ambientale dei
sistemi agricoli (colturali e di allevamento) nell’uso dei mezzi tecnici impiegati
(acqua, macchine, fertilizzanti di sintesi, fitotrattamenti, reflui zootecnici);
b) favorire i rapporti di integrazione fra attività agricola e sviluppo economico e sociale
del territorio rurale; anche attraverso la promozione di eventi tra i vari attori
economici e sociali quali fiere, mercati, manifestazioni di degustazione, ecc.;
c) creare le condizioni per una crescente integrazione fra l'esercizio dell'attività
agricola e la fruizione di uno spazio rurale da parte della popolazione dell'area
metropolitana, anche attraverso incentivazione dell’attività agrituristica e
convenzioni con le imprese agricole;
d) favorire il mantenimento, in specifiche situazioni, di forme di agricoltura di elevato
significato storico e valore paesistico;
e) tutelare la vegetazione e la fauna e l’ambiente e il paesaggio mediante
l’incentivazione al riequipaggiamento arboreo ed arbustivo autoctono lungo il
sistema ripariale dei corsi d’acqua e lungo i bordi di campo e la viabilità poderale e
interpoderale;
f) incentivare l’impiego nelle aree residuali di essenze arboree produttive;
g) preservare il territorio agricolo dalla frammentazione dei fondi a seguito di interventi
infrastrutturali, orientando l’eventuale recupero mediante l’accorpamento delle
aree di risulta e favorendo forme progettuali che riducano l’impatto sugli
appezzamenti agricoli e sulle economie di scala dell’azienda;
h) favorire lo sviluppo di colture atte alla produzione della biomassa vegetale;
i) favorire lo sviluppo dell’agriturismo;
j) favorire la realizzazione di impianti, manufatti e tecnologie per ottenere oltre lo
sviluppo della produzione uno sviluppo sostenibile con l’ambiente;
k) promuovere la certificazione ambientale.
111
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
112
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
9.
PIANI DI GOVERNO DEL TERRITORIO VIGENTI DEI COMUNI COINVOLTI
NEL PROGETTO
Alla disamina delle indicazioni provenienti dai livelli di governo del territorio
sovralocali, segue ora una esposizione ragionata e comparata dei contenuti dei
PGT vigenti dei comuni di Casaletto Lodigiano, Caselle Lurani, Salerano sul
Lambro e Cerro al Lambro, al fine di verificare quali indicazioni contengano gli
strumenti urbanistici in merito alla tutela paesistico-ambientale ed all’incremento
delle reti del verde locali.
Elementi di tutela del territorio extraurbano:
Comune di Casaletto Lodigiano / Comune di Caselle Lurani
Ambiti agricoli di interesse paesistico ambientale (DdP / PdR)
1. Comprendono le aree agricole, situate nelle immediate vicinanze del Colatore Lisone,
che presentano caratteri e componenti di interesse paesistico, ambientale, naturalistico e
testimoniale e nelle quali sono riconoscibili elementi qualificanti e strutturanti il rapporto tra
le risorse naturali ed le attività antropiche di trasformazione.
2. L’individuazione di tali ambiti costituisce approfondimento a scala di maggior dettaglio
della classificazione del sistema rurale contenuta nell’art. 27 degli Indirizzi normativi del
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
3. Questo ambito risulta fortemente caratterizzato dalla presenza del Colatore Lisone, del
Cavo Marocco e dalle rogge ad esso parallele, da un sistema di percorsi rurali di valenza
storico-testimoniale.
4. L’insieme di tali caratteri territoriali qualifica l’Ambito come:
- elemento essenziale del sistema sovracomunale ecologico e fruitivo connesso al
Colatore Lisone;
- fascia di protezione degli elementi di naturalità e di interesse paesistico già
parzialmente individuati dal PTCP come corridoio ecologico.
5. Obiettivo primario di tutti gli interventi ammissibili è la salvaguardia e la valorizzazione
degli elementi paesistici sopra descritti, per questo motivo e per la peculiarità del tipico
paesaggio “roggia-campo-roggia”, all’Ambito e stata attribuita una classe di sensibilità
paesistica pari a 4.
6. Il PdR si attua per mezzo di interventi diretti.
7. Sono vietate nuove edificazioni e la realizzazione di nuove infrastrutture e reti se non
quelle poste nel sottosuolo.
8. Considerate le caratteristiche intrinseche esistenti e gli obiettivi di salvaguardia e
valorizzazione
paesistico ambientale descritti ai commi precedenti, si definisce il presente Ambito come
non idoneo ad accogliere insediamenti di tipo produttivo anche qualora dovessero porsi,
ai sensi del DPR 447/1998, come interventi singoli, successivi e modificativi rispetto al
presente PGT.
9. Gli edifici esistenti alla data di adozione del presente PGT sono assoggettati agli
interventi definititi dall’Articolo 30. In questi ambiti, anche attraverso le misure di sostegno
comunitario e la promozione delle politiche di attuazione degli obiettivi e delle “linee di
113
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
sviluppo condivise” esplicitate dal Documento di Piano derivate dall’acquisizione di quote
di standard qualitativo, devono essere privilegiati gli interventi finalizzati al
riequipaggiamento arboreo del territorio agricolo mediante:
- l’impianto di colture legnose di tipo permanente, ceduo o industriale (pioppeto);
- la creazione di fasce arboree e siepi al margine dei fondi e lungo la rete interpoderale;
- la formazione o il potenziamento dei filari in particolare lungo il Colatore Lisone.
10. Nelle aree appartenenti al presente Ambito l’impiego di sostanze reflue di origine
zootecnica sui terreni, e assoggettato e regolato da quanto disposto dalla LR 37/1993
eventualmente integrato da normative successive.
Ambiti di valorizzazione ambientale (DdP / PdR)
1. Sono cosi individuate le aree più strettamente interessate dal Progetto di Valorizzazione
del Fiume Lambro e del Colatore Lisone, secondo la descrizione grafica individuata sulla
Tavola delle Previsioni di Piano.
2. sono ammessi i servizi di interesse pubblico; è ammesso il recupero dei nuclei cascinali
dismessi ad uso abitativo o agri-turistico, nel rispetto delle forme e delle caratteristiche
naturalistiche e agricole del contesto territoriale di inserimento solo se preventivamente
individuato dal DdP e dal PdR come Ambito soggetto a Pianificazione attuativa.
3. In questi ambiti, anche attraverso le misure di sostegno comunitario e nel rispetto di
quanto indicato nel Piano di Indirizzo Forestale (PIF), devono essere privilegiati gli interventi
finalizzati al riequipaggiamento arboreo mediante:
- l’impianto di colture legnose di tipo permanente, ceduo o industriale (pioppeto);
- la creazione di fasce arboree e siepi al margine dei fondi, lungo la rete interpoderale e
i corsi d’acqua;
- la formazione o il potenziamento dei filari.
3-bis. Con riferimento agli indirizzi di coordinamento con le norme del PTCP vigente, per
quanto attiene le aree ricadenti all’interno dell’Ambito Agricolo di filtro descritto all’art.
27.3 degli Indirizzi Normativi del PTCP vigente, ferme restando le specifiche indicazioni
definiti alle presenti norme ed ilrispetto delle attenzioni afferenti il sistema fisico-naturale e
la rete dei valori ambientali, sono prioritariamente da prevedere:
- creazione di fasce tampone
- formazione di impianti arborei per la produzione di biomassa;
- costituzione di ambienti di fitodepurazione.
Le azioni da privilegiare in queste zone perseguono l’obiettivo dell’abbattimento degli
inquinanti di natura agricola trasportati dalle acque superficiali.
4. Il PdR si attua per mezzo di interventi diretti nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
- è vietata ogni nuova edificazione, Sopralzo e Ampliamento come definiti dal
Regolamento Edilizio e tuttavia le aree ad uso agricolo concorrono comunque alla
formazione della capacita edificatoria cosi come definita dall’art. 59 della LR 12/2005;
- gli edifici esistenti alla data di adozione del presente PGT aventi destinazioni d'uso non
ammessa possono subire solo interventi di Manutenzione ordinaria e straordinaria come
definiti dal Regolamento Edilizio.
- Per gli edifici esistenti alla data di adozione del presente PGT, aventi destinazione
conforme e in tutti i casi di adeguamento alle destinazioni ammesse si applicano le
disposizioni contenute dell’Articolo 30.
- In tutti i casi di mutamento di destinazione d’uso, gli interventi edilizi sono assentiti
mediante Permesso di costruire convenzionato con progetto esteso all’intero complesso
114
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
edificato. Tale convenzione definisce: il contributo al sistema dei servizi, le opere di
urbanizzazione primaria necessarie all’insediamento, la dotazione e la localizzazione degli
spazi a parcheggio. Tali interventi sono autorizzati a titolo oneroso.
- In materia di recinzioni si applicano le disposizioni contenute nell’Articolo 30.
5. All’interno dell’Ambito il taglio dei boschi è vietato, fatte salve le coltivazioni industriali se
non per comprovate ragioni di carattere ecologico e di sicurezza: in questo caso, oltre
alla concessione comunale, dovranno essere ottenute le altre autorizzazioni previste dalle
leggi vigenti.
Sono ammessi interventi di taglio per diradamento, intesi come interventi di tipo agroforestale tesi al rafforzamento del patrimonio boschivo, che devono essere condotti
secondo le modalità definite dalla normativa vigente, con specifico riferimento a quanto
definito dal Regolamento del Verde comunale ovvero al Piano di Indirizzo Forestale
Provinciale.
Si ricorda in ciò che la competenza autorizzativa relativamente alla gestione del bosco e
in capo alla Provincia di Lodi.
9. Per la gestione del patrimonio arboreo, si rimanda al Regolamento del Verde
comunale.
In relazione alla difesa e allo sviluppo del patrimonio arboreo, il Sindaco potrà richiedere
alla proprietà particolari cautele nella manutenzione dei boschi, per l'eliminazione delle
piante malate e la relativa ripiantumazione.
10. Con riferimento ad eventuali azioni ed interventi che richiedano lo svolgimento di
opere di scavo o bonifica agricola, si ricorda che in prossimità del Colatore Lisone, sia
presso le aree specificamente segnalate ed evidenziate sulla Cartografia dei Vincoli e
delle Tutele individuata dal PGT, dovranno essere preordinatamente verificate le
prescrizioni di cui all’articolo 40, comma 19 “Aree di Tutela segnalate dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia” riportate dalle presenti norme.
Disegno del sistema del verde del paesaggio e della fruizione (PdS)
1. La progressiva realizzazione del disegno del Sistema del Verde extra-urbano
rappresenta un obiettivo specifico esplicitato dal DdP attorno al quale sono stati strutturati
meccanismi e strumenti di attuazione diversificati, nonché differenti canali di
finanziamento:
- sia legati agli Oneri della Trasformazione – con particolare riferimento alla maggiorazione
del 5% sull’ammontare degli Oneri per le aree rappresentate sull’elaborato PdS_01all.1
“Carta della Fiscalità comunale” ai sensi della l.r. 12/2005 e s.m.i. e degli adempimenti
collegati all’istituzione del Fondo Aree Verdi da parte di Regione Lombardia;
- sia legati al perseguimento di un obiettivo di qualità quantificato nell’individuazione di
una Quota_Verde correlata al Do.Min.O. (che si assomma alle indicazioni di intervento
espresse in rapporto alla componente “verde” che costituisce la quota minima di aree
per attrezzature e servizi richiamata dalla l.r. 12/2005 e s.m.i.);
- sia infine alla definizione di alcuni interventi di Compensazione (ACCP) ed Incentivazione
specificamente mirati al conseguimento di azioni legate alla realizzazione del Sistema.
2. Le aree comprese all’interno dei percorsi individuati in forma programmativo-descrittiva
dalla cartografia del DdP definiscono aree potenzialmente destinate:
- a “Verde Attrezzato” (con diverse caratterizzazioni di carattere educativo e ricreativo);
- a “corridoi infrastrutturali per la mobilita lenta”;
- a “corridoi di valorizzazione agro-ambientale”;
115
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
- a “fasce di mitigazione definite rispetto ad elementi di criticità ambientale o a elementi
detrattori del paesaggio”, che vengono indicati come realizzazioni obbligatorie in
corrispondenza di interventi di ricadenti, in particolare, all’interno di coni panoramici e – in
generale – se inseriti in Ambiti di Valorizzazione Ambientale o Corridoi Ecologici.
La realizzazione del disegno passa attraverso i dispositivi previsti dall’Articolo 23, cosi come
può prevedere forme di convenzionamento tra soggetti privati (agricoltori o proprietari
terrieri) e l’Amministrazione Comunale al fine di attuare e mantenere per un certo numero
di anni il potenziamento delle colture arboree, dei filari, la valorizzazione dei percorsi
d’acqua, la cessione o l’utilizzo di aree e parti di territorio strategiche per l’intreccio del
sistema paesaggio, al fine di creare veri e propri punti di sosta e di fruizione dello spazio
agro-ambientale.
3. Tali convenzioni possono prevedere l’impianto di alberi in via temporanea o
permanente comunque finalizzati alla creazione di aree boscate rinnovate nel tempo
attraverso opportune tecniche di governo selvicolturale. Le stesse convenzioni possono
essere sottoscritte anche da soggetti diversi rispetto a quelli indicati all’art. 60 della L.R.
12/2005.
Nel caso, dovrà essere posta particolare attenzione a non creare forme di “duplicazione”
di finanziamento, in rapporto alle politiche economiche descritte dalla Politica Agricola
Comunitaria e dal Piano di Sviluppo Rurale.
Comune di Salerano sul Lambro
Ambito agricolo a prevalente funzione ecologica e di verde di connessione con
gli insediamenti urbani
Sono le parti di territorio agricolo posto ad Ovest dell’abitato di recente edificazione, le
quali, per la loro localizzazione rispetto alle zone urbanizzate e per l’interferenza che
l’urbanizzazione esistente e in progetto esercita sull’attività agricola, costituiscono parti del
territorio comunale idonee a future localizzazioni insediative.
Tali aree, fino alla eventuale trasformazione, sono destinate all’attività agricola; in queste
zone non sono ammessi nuovi insediamenti produttivi agricoli. Queste aree possono essere
definite “ambiti agricoli a prevalente funzione ecologica-ambientale” in quanto aree
adiacenti alle periferie urbane, in cui prevalgono processi di trasformazione che hanno
destrutturato il paesaggio agrario. Il Piano pone particolare attenzione e promuove la
riqualificazione delle zone di frangia urbana, assegna la funzione di appoggio alla
struttura portante del progetto di rete ecologica provinciale. In tali ambiti sono previsti
varchi della rete ecologica particolarmente strategici, la cui chiusura a causa
dell’espansione insediativa comporterebbe pregiudizio per la funzionalità della rete stessa.
Ambito agricolo di tutela ambientale
Queste zone pur avendo una vocazione agricola, presentano peculiari caratteristiche
geologiche e morfologiche determinate dalla presenza di avvallamenti o di rilevati, di
corsi d’acqua naturali o artificiali, di zone umide ovvero di vegetazione di particolare
valore ambientale: esse svolgono una funzione di filtro rispetto a particolari emergenze
ambientali e necessitano particolare salvaguardia.
In tali zone non sono ammessi interventi idonei a modificare la morfologia del terreno,
nemmeno se connessi all’uso agricolo, né l’apertura o l’ampliamento di cave o
discariche; per quelle eventualmente esistenti è prescritto che, a ciclo produttivo chiuso,
le relative aree siano recuperate per la destinazione agricola. Questi ambiti dal punto di
vista ambientale possono essere denominati “ ambiti agricoli di qualificazione paesistica”.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Essi sono costituiti da aree rurali produttive in cui gli elementi storici e paesistico-ambientali
caratterizzano il sistema territoriale pur non strutturandosi in maniera funzionale fra loro. Le
modalità di intervento sono esplicitate nell’Art.47 comma 1 delle Norme del Piano delle
Regole. Al fine di promuovere la valorizzazione risulta prioritario il recupero e la
salvaguardia dei rapporti che caratterizzano il contesto dei diversi elementi.
Indirizzi strategici
Il Piano sostiene e ruolo di presidio ambientale del territorio rurale, sostiene la vitalità
economica e la diversificazione delle attività agricole, attiva politiche di salvaguardia dei
fattori produttivi e minimizza i consumi del suolo agricolo suggerendo specifici indirizzi
strategici:
- La diversificazione delle produzioni agricole, il mantenimento degli elementi del
paesaggio al fine di favorire la biodiversità e la complessità ambientale;
- l’incentivazione dell’agricoltura biologica e ove possibile la coltivazione di prodotti
tipici della tradizione;
- l’utilizzo di idonee pratiche agricole che siano rispettose del paesaggio agrario e non
alterino la funzionalità dei suoi elementi costitutivi;
- interventi per la riqualificazione e il riquipaggiamento arboreo-arbustivo di campagna;
- la salvaguardia e il mantenimento della viabilità poderale e della rete irrigua quali
elementi tipici dell’organizzazione agraria;
- il potenziamento della fruibilità degli spazi rurali per usi sociali e culturali compatibili;
Disposizioni
Coerentemente con gli indirizzi comunitari e dei piani di settore, della L.R. 93/1980 e s.m.e.i.
negli ambiti agricoli si applicano le seguenti direttive:
- salvaguardia della compattezza delle aree agricole evitando la frammentazione a
causa di interventi di nuove infrastrutture ;
- salvaguardia assoluta delle rete irrigua valorizzandola anche attraverso opere di
ingegneria naturalistica;
- ridisegno delle frange urbane a stretto contatto delle aree agricole mediante la
ricomposizione dei volumi del verde con e con il loro riequipaggiamento arboreo;
Comune di Cerro al Lambro
La maggior parte del territorio comunale è direttamente soggetto alla normativa
del PTC del Parco Agricolo sud Milano.
Aree di compensazione la cui attivazione è legata alla realizzazione delle
trasformazioni:
Comune di Casaletto Lodigiano / Comune di Caselle Lurani
ACCP Ambiti di compensazione per la città pubblica (DdP / PdR / PdS)
La Proposta di Documento di Piano indica, a livello cartografico, un Ambito di
Compensazione per la Citta Pubblica, in corrispondenza del tratto lungofiume Lambro
che corre in posizione retrostante il Comparto Produttivo 2 di Mairano sino alla
connessione con l’ansa del Fiume, individuando quello come “primo nodo progettuale”
per la realizzazione del “Sistema del verde, del Paesaggio e della Fruizione” descritto dal
progetto “di valorizzazione del Fiume Lambro e del Colatore Lisone” e rappresentato in
cartografia.
Sebbene la definizione parametrica dei termini di compensazione (comprensiva dei criteri
117
Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
utilizzati per l’indicizzazione) sia demandata, per competenza e completezza di stesura, al
Piano dei Servizi, agli effetti della presente trattazione pare opportuno sottolineare come
la scelta di non correlare direttamente l’acquisizione dell’area ad un singolo comparto
attuativo, vincolandola di fatto alla fattibilità di un’unica previsione insediativa, sottenda
in qualche modo la valenza strategica attribuita alla previsione all’interno del disegno
pianificatorio elaborato.
Con riferimento alle altre modalità di Compensazione/Incentivazione previste dal Piano, si
segnala che sono in fase di definizione – e costituiranno parte integrante del Piano dei
Servizi – le indicazioni metodologiche per la quantificazione dei valori di Compensazione
attuabili in sede negoziale e correlate alla realizzazione di interventi legati alla
“connettività” sia in termini di “mobilità dolce”, che in termini di “creazione di quinte verdi”
(o “stanze verdi”) e di sistemi di permeabilità urbana.
Aree assoggettate a perequazione urbanistica (DdP)
Laddove, in sede di definizione delle Scelte e delle Azioni di PGT – a fronte di un
fabbisogno, di una domanda o un’opportunità insoddisfatta riscontrata in sede di
implementazione del Piano dei Servizi – , sia stato individuato l’interesse pubblico
all’acquisizione di un dato immobile (terreno o fabbricato); il PGT ha provveduto a
strutturare specifiche formule e meccanismi di “indennizzo volumetrico” delle Proprietà, (in
applicazione dei principi perequativi o compensativi espressi all’Articolo 11 della L.R.
12/2005 e s.m.i.), al fine di poter evitare, per quanto possibile, il ricorso a procedure di
carattere espropriativo e nel contempo favorire un’equa distribuzione “degli oneri e degli
onori” correlati ai processi di trasformazione del suolo.
Verde di mitigazione stradale (PdS)
Qualora in concomitanza della definizione di un Ambito o di un intervento di
trasformazione venga a trovarsi l’indicazione di realizzazione di una connettività, sia
pedonale che ciclabile, ovvero anche una mitigazione ambientale, la parte di questa
inserita all’interno dell’ambito stesso e intesa di funzione primaria per l’attuazione
dell’ambito e ne condizione l’attuabilità.
Comune di Cerro al Lambro
Aree di interesse pubblico e di compensazione
Il Piano dei Servizi attribuisce un premio volumetrico per la cessione gratuita al comune
delle aree di interesse pubblico prevista in connessione con l’attuazione dei due principali
Ambiti di trasformazione contemplati dal Documento di Piano.
Più precisamente, per gli Ambiti di trasformazione n° 3 e 5 destinati a residenza, a fronte
della cessione delle aree per servizi e spazi pubblici viene riconosciuto agli attuatori un
premio consistente nell’incremento dell’Ut dal valore 0,22 al valore 0,30 mq/mq.
Un ulteriore incentivo del 10% può essere riconosciuto nel caso di ricorso a
Programmazione Integrata di Intervento, a fronte dell’impegno a realizzare o partecipare
alla realizzazione delle opere elencate al capitolo precedente o comprese nei Programmi
Triennali delle Opere Pubbliche approvati in connessione con i bilanci comunali.
In alternativa alla cessione delle aree il Comune può chiedere che la somma
corrispondente al costo della loro acquisizione venga utilizzata per la realizzazione delle
opere elencate nel Piano dei Servizi.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
Costruzione della Rete Ecologica Comunale:
Comune di Casaletto Lodigiano
Progetto di valorizzazione del fiume Lambro e del colatore Lisone (DdP)
(vedi ACCP 1)
Comune di Caselle Lurani
Progetto di valorizzazione del colatore Lisone (DdP)
(vedi ACCP 1)
Comune di Salerano sul Lambro
Elementi vegetazionali rilevanti
Sono le aree poste in fregio alle aree golenali del fiume Lambro e l’area ubicata a sud in
fregio al confine amministrativo con il Comune di Castiraga Vidardo.
Per la tutela dell'ambito caratterizzato da rilevante presenza di elementi vegetazionali
vanno promosse azioni e programmi di tutela finalizzati all'utilizzo di pratiche silvocolturali
improntate a criteri naturalistici, all'incentivazione all'utilizzo di specie arboree, arbustive e
erbacee alloctone, ogni nuovo intervento di tipo infrastrutturale dovrà essere
accompagnato da uno Studio di compatibilità paesistico-ambientale.
Comune di Cerro al Lambro
Corridoio ecologico e connessioni da realizzare o preservare fra le aree verdi
Tra gli obiettivi e i temi generali si trovano i seguenti:
- Valorizzare la valle del Lambro, realizzando il progetto di parco fluviale contemplato
dal PTC del Parco Agricolo Sud Milano (PASM) e migliorandone la fruibilità.
- Mantenimento e arricchimento del corridoio ecologico a Sud dell’abitato di Cerro, tra
la valle del Lambro e gli ambiti agricoli del PASM della parte occidentale del Comune.
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Studio di fattibilità
Parte II – Quadro programmatico
BIBLIOGRAFIA
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Regione Lombardia – Progetto di Rete Ecologica Regionale – 2010
Regione Lombardia – Programma di Tutela ed Uso delle Acque – 2006
Regione Lomabrdia – Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013
Provincia di Lodi – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale – 2005
Provincia di Lodi – Piano di Indirizzo Forestale – 2011
Provincia di Lodi – Carta Ittica Provinciale – 2009
Provincia di Lodi – Piano Agricolo Triennale 2007-2009
Provincia di Lodi – Piano Faunistico Venatorio – 2012
Provincia di Milano – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale vigente – 2002
Provincia di Milano – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale approvato– 2013
Provincia di Milano – Piano di Indirizzo Forestale – 2004
Provincia di Milano – Piano Ittico Provinciale – 2010
Provincia di Milano – Piano Agricolo Triennale 2007-2009
Provincia di Milano – Piano Faunistico Venatorio – 2012
Provincia di Milano – Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Agricolo Sud Milano
– 2000
Provincia di Milano – Piano di Settore Agricolo del Parco Agricolo Sud Milano – 2007
Comune di Casaletto Lodigiano – Piano di Governo del Territorio – 2012
Comune di Caselle Lurani – Piano di Governo del Territorio – 2013
Comune di Salerano sul Lambro – Piano di Governo del Territorio – 2010
Comune di Cerro al Lambro – Piano di Governo del Territorio – 2011
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