Articolo introduttivo - SHERWOOD
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Articolo introduttivo - SHERWOOD
Vivaistica Definizione di Regioni di Provenienza A che punto siamo? di Paolo Camerano Piero Belletti Diana Ferrazzini Giuseppe Pignatti Con occasione di presentare una serie di monografie sulla delimitazione di Regioni di Provenienza per alcune specie forestali, gli Autori descrivono la realtà italiana sia dal punto di vista giuridico-normativo che da quello metodologico e operativo. L’approvazione del D.Lgs 386/2003, che recepisce la Direttiva CEE n. 1999/105/CE (di seguito abbreviata DIR), impone una riorganizzazione della filiera vivaistica nel settore forestale. I pilastri organizzativi forniti dalla normativa sono la certificazione dell’identità dei materiali di base(1), l’attribuzione ad una delle categorie commerciali (vedi su www.rivistasherwood.it, sezione approfondimenti “Valorizzazione delle risorse genetiche - Glossario dei principali termini”) e il controllo dell’impiego dei materiali iscritti nei Registri Ufficiali attraverso la delimitazione di Regioni di Provenienza (di seguito abbreviata RdP)(2). Tutto il processo deve essere gestito a livello di singolo Stato con l’istituzione di un’autorità denominata Organismo Uffi(1) Si intendono singole piante, gruppi di piante o veri e propri boschi fornitori di semi e/o parti di piante per la propagazione vegetativa. (2) Regione di Provenienza (DIR 105/99/CE, art. 2, lettera g) definita come “… il territorio o l’insieme di territori soggetti a condizioni ecologiche sufficientemente uniformi e sui quali si trovano soprassuoli o fonti di semi sufficientemente omogenei dal punto di vista fenotipico e, ove valutato, dal punto di vista genotipico, tenendo conto dei limiti altimetrici ove appropriato …”. ciale, che a livello italiano ha sede presso gli uffici regionali competenti in materia forestale e/o ambientale. Obiettivo della DIR è assicurare che i materiali prodotti dalla filiera vivaistica vengano usati correttamente, soprattutto per quanto riguarda le esigenze ecologiche di specie e provenienze. Tuttavia, in tutti gli Stati, ma soprattutto nel nostro Paese a causa delle sue caratteristiche ambientali e di ricchezza della diversità genetica, è stata colta l’occasione di questo aggiornamento normativo europeo per dare maggior peso alla tutela e alla conservazione di popolazioni autoctone, spesso soggette a forti rischi di erosione genetica, che devono essere invece conservate e valorizzate per le loro importanti caratteristiche adattative e colturali. Se da un lato, infatti, è necessario disporre di materiali vivaistici competitivi e commercialmente attraenti per le attività produttive intensive (piantagioni da legno e biomasse, ecc.), dall’altro le attività di ricostituzione ambientale (rimboschimenti, rinaturalizzazioni, ecc.), più impattanti sull’ambiente naturale, richiedono maggiore attenzione per gli aspetti relativi alla conservazione e perpetuazione delle risorse genetiche locali. Tuttavia, anche nell’arboricoltura da legno non si può eludere totalmente la tutela della biodiversità autoctona, in quanto è noto che, al fine di garantire il successo delle piantagioni, Bosco da seme di pino cembro di Mascognaz (Ayas - AO) proposto come selezionato. il postime forestale utilizzato deve prove- 23 Sherwood n .179 D icembre 2011 - G ennaio 2012 nire da aree con caratteristiche stazionali il più possibile simili a quelle di impiego ed essere caratterizzato da un’ampia base genetica. Per specie ad ampia diffusione, come il pino silvestre o il larice, conservare e gestire le risorse genetiche significa individuare popolamenti dotati di buoni portaseme adulti, con elevati livelli di eterozigosi, quale garanzia per una migliore adattabilità del postime da loro prodotto a variabili condizioni ambientali. La conservazione può essere attuata in vari modi. Uno di questi è la conservazione in situ, generalmente considerata dinamica, perché applicata su popolazioni di origine (in genere boschi da seme spesso già inclusi in aree protette) e finalizzata a mantenere le dinamiche evolutive delle popolazioni e buoni livelli di eterozigosi. L’altro modo, la conservazione ex situ, ha in genere un aspetto meno dinamico, in quanto si conserva, in particolari arboreti o collezioni, solo una parte della variabilità genetica, tra l’altro generalmente frutto di selezione o di miglioramento genetico. A questo modello fanno capo i materiali commerciali di maggior pregio e utili per l’arboricoltura da legno. La filiera vivaistica può quindi contribuire a tutelare la diversità e la sostenibilità delle piantagioni impiegando con professionalità gli strumenti organizzativi forniti dalle normative ricordati brevemente qui di seguito, unitamente all’applicazione delle corrette pratiche Stato membro web logistiche e agronomiche in vivaio. In seno a queste considerazioni, tenuto conto che da diversi anni alcune Amministrazioni Regionali e Province Autonome hanno finanziato studi e ricerche sul tema delle risorse genetiche forestali, si propone una serie di articoli volti a divulgare i progressi e l’avanzamento dei lavori circa la delimitazione di RdP per diverse specie forestali (pino silvestre, abete bianco, pino cembro, larice, farnia, rovere, roverella, tiglio cordato, ciavardello, ecc.) e le relative proposte gestionali di tutela e valorizzazione delle risorse genetiche; si tratta di contributi scritti da parte dei diversi ricercatori che in questi anni hanno lavorato su tali tematiche. L’obiettivo è fornire ulteriori stimoli di discussione e di enfatizzare la necessità di ulteriori approfondimenti. Questo primo contributo vuole fare un inquadramento sullo stato attuale della materia RdP da un punto di vista normativo e metodologico, offrendo successivamente la chiave di lettura per le monografie sulle singole specie. Inquadramento normativo L’art. 9 della DIR prevede, che “…. gli Stati membri possono, per le specie interessate, demarcare le Regioni di Provenienza…” (comma 1) e che “….la demarcazione deve essere indicata dagli Stati membri tramite la redazione e la pubblicazione di apposite Stato membro web Belgio http://environnement.wallonie.be; www.natuurenbos.be Lituania www.mgit.lt Bulgaria www.dag.bg Lussemburgo www.environnement.public.lu/fo rets/dossiers/amenagement_bois/ aptitude_stationnelle/index.html Cipro www.moa.gov.cy/moa/fd/fd.nsf Lettonia http://85.254.224.236:8888/koki/ faces/sarakstsM.jsp www.zm.gov.lv Repubblica Ceca http://erma.uhul.cz Malta http://agric.gov.mt/seeds-propaga tion-unit?l=1 Germania www.ble.de/forstvermehrungsgut Olanda www.cgn.wur.nl; www.cgn.wur.nl Danimarca http://pdir.fvm.dk Austria http://bfw.ac.at/100/1930.html Estonia www.envir.ee Polonia www.pila.lasy.gov.pl Grecia ----- Portogallo www.afn.min-agricultura.pt/portal/ producao/regioes-de-proveniencia Spagna www.mma.es/portal/secciones/bio diversidad/montes_politica_forestal/ Romania recursos_geneticos_forestal www.icas.ro/; http://www.mediu. gov.md Francia http://agriculture.gouv.fr/graines-etSlovenia plants-forestiers www.gozdis.si Ungheria www.mgszh.gov.hu Finlandia www.evira.fi/portal/en/plant_pro duction_and_feeds/forestry/natio nal_list/ Irlanda www.agriculture.gov.ie/ Svezia www.skogsstyrelsen.se. Lituania www.mgit.lt Slovacchia www.nlcsk.sk/nlc_sk/ustavy/lvu/en glish_version/structure/silviculture/ frm/n_list_of_bas_mat_.aspx Lussemburgo www.environnement.public.lu/ forets/dossiers/amenagement_bois/ Regno Unito aptitude_stationnelle/index.html www.forestry.gov.uk/frm Per quanto riguarda l’Italia occorre fare riferimento ai siti web delle singole amministrazioni regionali, mentre non è al momento in fase di produzione la sintesi nazionale che dovrà essere comunicata all’Unione Europea. Maggiori dettagli circa i riferimenti regionali saranno forniti negli articoli riguardanti le singole specie. Tabella 1 - Riferimenti web per i singoli Stati membri ove è possibile recuperare le informazioni circa i Materiali forestali di moltiplicazione. 24 Sherwood n .179 D icembre 2011 - G ennaio 2012 mappe….” (comma 2); questa possibilità dipende delle caratteristiche ecologiche del territorio del singolo Stato: maggiore è la sua omogeneità, minore è la necessità di definire RdP e viceversa (Tabella 1). Ben si comprende, quindi, come in un paese dall’orografia molto tormentata come l’Italia, ove sono presenti aree di rifugio durante le glaciazioni per molte specie forestali e altrettante porte di ricolonizzazione, sia opportuno individuare più RdP; tale opportunità dipende anche dalle caratteristiche distributive delle singole specie e dalla disponibilità di fondi per realizzare i singoli approfondimenti; è quindi ipotizzabile un sistema di RdP su base ecologica e valido a livello nazionale che possa essere attribuito a tutte le specie oggetto di certificazione e, solo per le entità più significative, i corrispondenti approfondimenti. La delimitazione di RdP, quindi, non è un mero esercizio di studio ecologico-genetico, ma ha valore giuridico, in quanto per l’iscrizione nei registri ufficiali di un dato Materiale di base di una specie (DIR, art. 10), o per la sua movimentazione (DIR, art. 13), è fondamentale riportare la RdP di origine: senza tale indicazione viene meno l’impianto normativo medesimo, ovvero la possibilità di gestire e controllare in modo coerente i Materiali forestali di moltiplicazione o propagazione (Monteleone et al. 2005, Belletti et al. 2010). L’indicazione della RdP è resa obbligatoria per i materiali di minore categoria commerciale (individuati alla fonte e selezionati), per i quali non sono stati effettuati prove o test di sorta. Per materiali di categoria superiore, l’indicazione della Regione di Provenienza ha valore di informazione delle condizioni ambientali di origine di cui tener conto per l’impiego corretto in ambienti con caratteristiche simili. Tali concetti sono stati recepiti totalmente in Italia con il D.Lgs. 386/03, il quale prevede che l’indicazione della RdP sia un dato non eludibile nel certificato d’identità (D.Lgs 386/03, artt. 8 e 10). I Registri dei materiali di base sono redatti da ogni Stato membro, che invia una sua sintesi alla Commissione Europea, rendendolo così disponibile per l’intera Comunità. In Italia sono le Regioni e le Provincie Autonome (D.Lgs 386/03, art. 10) a redigere i registri, comunicandoli successivamente al Ministero che trasmette la suddetta sintesi alla Commissione Europea, come sopra indicato. Con la DIR si sancisce che la commercializzazione/distribuzione dei Materiali forestali di moltiplicazione per fini forestali può avvenire liberamente in tutti i Paesi dell’Unione, ma solo se muniti di certificato d’identità (DIR, art. 13 e D.Lgs 386/03, art. 8); tenuto conto che all’interno del certificato di cui sopra va indicato il riferimento al Registro e che questo contiene anche l’indicazione della RdP, ne consegue che nella movimentazione dei materiali occorrerà tenere conto anche delle RdP. Uno Stato membro, inoltre, può opporsi alla libertà di movimento se “….a causa delle caratteristiche fenotipiche o genetiche e per fondati e documentati motivi, l’uso di determinati materiali può avere effetti negativi sulle risorse genetiche e sulla biodiversità” (Reg CEE 1602/2002) (AA.VV. 2005). Per ottenere ciò, uno Stato deve fare domanda alla Commissione (Reg CEE 1602/2002, art. 1), allegando i motivi della richiesta, nonché mappe e indicazioni circa le RdP. Nell’attività pratica, quindi, vi è l’obbligo di utilizzare materiale certificato, ma non quello di impiegare postime vivaistico in funzione delle RdP; ciò è possibile solo sulla base di singole esigenze, della sensibilità professionale dell’operatore, nonché di eventuali divieti vigenti in base a quanto stabilito dal Reg CEE 1602/2002 o in caso di indicazioni più restrittive contenute in piani di gestione di Siti Natura 2000 o Aree Protette. In tal senso, quindi, risulta fondamentale per la tutela della biodiversità la redazione di strumenti gestionali locali e la sensibilizzazione/formazione degli operatori agro-forestali; quest’ultimo aspetto riveste notevole importanza soprattutto negli impianti di arboricoltura da legno, in particolare se realizzati in prossimità di superfici boscate, e nei lavori di recupero ambientale e/o ingegneria naturalistica. A livello europeo quasi tutti gli Stati hanno emanato provvedimenti attuativi della DIR, definito RdP ed inviato le sintesi dei Registri Nazionali, scaricabili in formato di foglio elettronico al sito web della Commissione europea - Direzione Generale per la Salute e i Consumatori (http://ec.europa. eu/food/plant/propagation/forestry/in dex_it.htm). In Italia, dopo l’approvazione del D.Lgs 386/03 diverse Regioni hanno autonomamente provveduto a concretizzare in provvedimenti legislativi gli studi per l’individuazione di boschi da seme e la delimitazione di RdP, pubblicando registri regionali (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Puglia, Molise, Marche, ecc.), molti dei quali tuttavia privi dell’indicazione delle RdP. Ne consegue che, in Italia, l’attuazione della DIR e del D.Lgs 386/03 è stata realizzata in modo disomogeneo in tutte le fasi. Questa disomogeneità, probabilmente concettuale e metodologica, è resa evidente dal fatto che, ad esempio, in Lazio accessorie e/o secondarie e singole carte per le specie arboree principali, da integrare successivamente con le indagini genetiche per alcune specie arboree. Il metodo, descritto brevemente di seguito, è stato elaborato attraverso diverse esperienze realizzate dagli autori in progetti a livello regionale e sovraregionale, a supporto tecnico-scientifico del BIOFORV (Belletti et al. 2010). Regioni di Provenienza in Italia Bosco da seme di faggio di Daglio (Valle Borbera AL) iscritto come Identificato alla fonte nel Registro regionale MdB della Regione Piemonte (IT/Fsy/IF/ A320/PI/0024). sono previste ben 17 regioni di raccolta, in Sicilia 13 aree di raccolta (con significato di RdP), in Campania e nelle Marche 4 RdP, in Molise 3, in Piemonte 5, ecc. Nel 2010, su iniziativa del MiPAF, è stato prodotto un quadro d’unione nazionale delle RdP; tale documento è stato trasmesso all’Unione Europea, ma privo delle sintesi dei Registri Regionali dei Materiali di Base e quindi non consultabile nella lista comunitaria dei materiali forestali di moltiplicazione. Il quadro d’unione nazionale prevede di suddividere l’Italia in 6 ambiti: alpino, padano, nord-mediterraneo (che va dalle colline del Piemonte alla Campania), sud-mediterraneo (Puglia, Basilicata, Calabria), Sicilia e Sardegna. Le delimitazioni tracciate su tale carta, benché frutto di una soluzione di compromesso, seguono solo in parte criteri di tipo ecologico-vegetazionale, in particolare per il centro-sud, ove i confini adottati sono prevalentemente di tipo amministrativo; ne risulta quindi un prodotto non coerente con la definizione stessa di RdP e disomogenea con le analoghe iniziative a livello europeo. è evidente che qualunque sia il metodo adottato per la definizione del quadro di unione nazionale, appare inderogabile una decisione omogenea su questo aspetto, vista l’imbarazzante inadempienza del nostro Paese nel comunicare i dati di sintesi del Registro Nazionale all’autorità di coordinamento europeo. Ciò contribuisce, inoltre, ad enfatizzare i rischi d’importazione di materiale proveniente dalle aree del nord ed est Europa, come per altro già avvenuto in passato. Recentemente, come già in essere in altri Paesi dell’UE (per esempio Francia e Spagna), è stata predisposta una proposta di carta delle RdP su base ecologica e valida per le specie arboree I diversi metodi messi a punto per la delimitazione di RdP possono essere raggruppati secondo due approcci: quello di tipo associativo (per es. Spagna e Francia), basato soprattutto su parametri genetici, e quello di tipo partizionista (per es. Germania) che riconosce maggiore importanza agli aspetti ecologici del territorio (Belletti et al. 2010). In tutti i casi il denominatore comune è che le unità individuate sono in accordo con il concetto che le delimitazioni devono essere basate su criteri di omogeneità ambientale. Anche in Italia, in particolare a partire dal 2000, sono state avanzate diverse proposte, sia a livello nazionale (Ducci et al. 2005), che per iniziativa di singole Regioni amministrative (Piemonte, Lombardia, Province di Trento e Bolzano, Campania, Molise, Toscana, Marche, ecc.), talvolta rese possibili anche attraverso processi di coordinamento interregionale (ad es. il Gruppo Interregionale sulla Biodiversità e Vivaistica Forestale BIOFORV). Nell’ambito del BIOFORV, a partire dal 2008 si è cercato di individuare un quadro di unione condiviso per le RdP in Italia, i cui risultati sono stati presentati in un convegno nazionale nel 2010 (Figura 1) e in una successiva pubblicazione (Belletti et al. 2010). La suddivisione del territorio nazionale in ambiti ecologicamente omogenei è stata realizzata con dati cartografici di distribuzione dei principali tipi vegetazionali, derivati per le regioni settentrionali dagli studi di tipologia forestale e per quelle centro-meridionali dalla carta della vegetazione naturale d’Europa, con l’obiettivo di individuare le “regioni forestali” del nostro Paese. Queste rappresentano ampie zone a relativa omogeneità ecologica e vegetazionale (macroregioni), dove è possibile riconoscere alcune relazioni fondamentali fra determinati tipi di vegetazione ed andamento del clima generale, ad esempio la continentalità o l’aridità. Nel settentrione si distinguono le regioni planiziale, esalpica, mesalpica ed endalpica, con una tendenza all’aumento della conti- 25 Sherwood n .179 D icembre 2011 - G ennaio 2012 Bosco da seme di pero selvatico il località Piota (Bosio - AL) iscritto come Identificato alla fonte nel Registro regionale MdB della Regione Piemonte (IT/ ppy/IF/C310/PI/0118). nentalità passando dalle Alpi più esterne a quelle interne, parallelamente alla riduzione del carattere “mediterraneo” del clima ed alla variazione della vegetazione dalla dominanza delle latifoglie a quella delle conifere microterme. Nella parte più mediterranea del Paese (appenninica, costiera ed insulare), si distinguono le regioni termomediterranea, mesomediterranea, supramediterranea ed oromediterranea (Ozenda 1994), nelle quali si assiste, per effetto della presenza dei rilievi montuosi, alla riduzione dell’aridità (e della temperatura) a partire dalla costa ed alla transizione dalla vegetazione dominata da sclerofille di tipo mediterraneo alle caducifoglie (querceti e faggete). Dopo aver definito macroregioni valide per l’Italia ed utilizzabili in via preliminare per tutte le specie d’interesse per la vivaistica forestale, per le specie di maggiore interesse sul territorio nazionale e sub-regionale, è necessario approfondire l’analisi per considerare in maniera adeguata gli aspetti mesoclimatici (ad es. settori con climi ad elevate precipitazioni), pedologici (ad es. terrazzi alluvionali antichi), geologici (ad es. settori con rocce calcaree o marnose) e genetici, suddividendo o unendo le macroRdP laddove siano ravvisabili significative differenze, o viceversa. L’approccio “dal generale al particolare” sembra il più adeguato a garantire una coerenza con la gerarchia dei sistemi ecologici, la ricerca di similitudini che esistono fra territori di due o più regioni e l’ottimizzazione delle risorse disponibili per gli studi di maggiore dettaglio (ad es. genetici). Monografie sulle singole specie A partire da questi presupposti, negli ultimi anni sono stati avviati studi specifici su Figura 1 - Cartogramma delle macro-regioni di provenienza. singole specie in funzione sia dell’interesse generale nella vivaistica forestale, sia per la tutela della biodiversità autoctona. Le specie che sono state oggetto di studio possono essere raggruppate come di seguito indicato: • specie ad ampia diffusione, costituenti fasce di vegetazione forestale o frequenti nei popolamenti forestali: la delimitazione di RdP è importante per individuare i popolamenti con le migliori caratteristiche fenotipiche, con elevati livelli di eterozigosi, quale garanzia per una migliore adattabilità alle influenze ambientali: abete bianco, larice, pino silvestre, farnia, rovere, roverella, ciliegio, frassino maggiore, tiglio cordato (Foto 3); • specie sporadiche, rare o marginali nelle cenosi forestali: la delimitazione di RdP è importante, in un’ottica di prudenza, per definire strategie gestionali volte a ridurre le possibili minacce all’integrità genetica delle popolazioni autoctone: ciavardello, tiglio a grandi foglie, pero selvatico, melo selvatico, pino cembro, pino uncinato e montano prostrato. Nei prossimi numeri si proporranno una serie di schede monografiche (Box 1) con l’obiettivo di divulgare lo stato dell’arte degli studi per la delimitazione di RdP per diverse specie forestali e di fornire ulteriori stimoli di discussione e approfondimento. 26 Sherwood n .179 D icembre 2011 - G ennaio 2012 Bibliografia AA.VV., 2005 (a cura di F. Ducci) - Linee guida per il reperimento e l’impiego dei materiali forestali di base per l’applicazione della Direttiva Europea 1999/105/CE. CRA - Istituto Sperimentale per la Selvicoltura, Arezzo (II edizione, ISBN 88901923-1-3): 126 p. Belletti P., Camerano P., Pignatti G., 2010 - Regioni di Provenienza in Italia. Sherwood 166: 21-25. Camerano P., Gottero F., Terzuolo P., Varese P., 2008 - I Tipi forestali del Piemonte. Regione Piemonte. Blu Edizioni, Torino. Del Favero R., 2004 - I boschi delle regioni alpine italiane. CLEUP, Padova. Del Favero R., 2008 - I boschi delle regioni meridionali e insulari d’Italia. CLEUP, Padova. Del Favero R., 2010 - I boschi delle regioni dell’Italia centrale. CLEUP, Padova. Ducci F., Pignatti G., Proietti R., Vannuccini M., 2005 - Contributo alla definizione di regioni di provenienza per i materiali forestali di base e di propagazione. Forest@ 2: 198-206 www.sisef.it. Mansion D., Dumè G., 1993 - Flore forestière française. Tome 1 e 2. IDF Paris. Min. Agr. DRF_ ENGREF de Nancy. Monteleone I., Ferrazzini D., Camerano P., Grieco C., Piotto B., Belletti P., 2005 - Regioni di Provenienza per il frassino maggiore. Sherwood 115: 5-10. Ozenda P., 1994 - Végétation du Continent Européen. Delachaux et Niestlé, Lausanne, Switzerland. Rameau J., Mansion D., Dumè G., 1993 - Flore Forestiére Française. Institut pour le développement forestier, Paris. Rivas-Martínez S., Penas A., Díaz T.E. 2004 - Bioclimatic and biogeographic maps of Europe. www.globalbioclimatics.org/form/maps.htm. box 1 - LEGENDA PER LE MONOGRAFIE Per ogni singola specie verranno proposte delle schede mediamente così strutturate. • Specie: breve descrizione fenotipica della specie, delle sue esigenze ecologiche e della distribuzione a livello europeo. • Distribuzione della specie in Italia: descrizione dell’areale italiano, con riferimenti territoriali sia a località più significative che a quelle di margine o disgiunte rispetto all’ambito di diffusione principale; a corredo della descrizione, si riporta un cartogramma ottenuto attraverso i dati bibliografici e cartografici disponibili. • Risorse genetiche: descrizione dei popolamenti da seme attualmente presenti sul territorio nazionale, con brevi cenni a quelli registrati a livello europeo. Le informazioni sono riassunte tramite una tabella in cui si riportano, per le singole Regioni o Province Autonome, la denominazione ufficiale del popolamento, la categoria commerciale, i riferimenti dei registri ed il provvedimento legislativo di ufficializzazione, ove presenti. • Delimitazione delle RdP: analisi integrata fra dati ecologico-stazionali e genetici con l’obiettivo di delimitare ambiti ecologico-genetici e fenotipici omogenei (RdP). Da un punto di vista ecologico vengono analizzati, nell’ambito dell’areale della specie, dati di piovosità, temperatura, vegetazione e suoli, attraverso l’utilizzo di informazioni bibliografiche (Camerano et al. 2008; Del Favero 2004, 2008, 2010; Ozenda 1994) ed informazioni puntuali in aree campione. Viene riportato un diagramma che pone in relazione la disponibilità di elementi nutritivi con il bilancio idrico (Mansion e Dumé 1993): tale diagramma delimita uno o più spazi che rappresentano l’insieme delle possibili stazioni occupate dalla specie. A conclusione delle analisi ecologiche si elencano le possibili aree omogenee (RdP su base ecologica) (Figura 2 Diagramma edafico). • Le analisi genetiche sulle specie forestali riguardano in particolare lo studio della variabilità genetica o, per usare un termine più comune, della biodiversità. Con tale concetto solitamente si intende la ricchezza di specie presenti in un dato ambiente: in questo caso, invece, si fa riferimento alla diversità esistente tra popolamenti della stessa specie, oppure tra individui appartenenti allo stesso gruppo. Come noto, la variabilità genetica riveste un ruolo di fondamentale importanza, in quanto strettamente associata con la capacità di adattamento delle popolazioni, e quindi con la loro possibilità di sopravvivere anche in presenza di condizioni ambientali non del tutto favorevoli o comunque variabili. Per le specie forestali alcuni tipi di analisi genetica, come quella su caratteri adattativi, sono ostacolati da alcune loro caratteristiche, quali ad esempio il lungo ciclo vitale, che spesso rende problematico studiare le modalità di trasmissione ereditaria dei caratteri. Inoltre, la pregressa gestione forestale ha spesso alterato la manifestazione fenotipica dei caratteri, rendendo difficile distinguere tra effetti genetici ed ambientali. Il sistema più semplice e funzionale per studiare le caratteristiche genetiche di piante forestali sarebbe quello di coltivarle in condizioni ambientali uniformi, in modo tale da rendere possibile la determinazione degli effetti genetici sulla manifestazione fenotipica; tuttavia per la realizzazione di tali prove sono necessari molto spazio e risorse. Spesso, pertanto, si ricorre all’analisi di marcatori genetici, i quali forniscono, con un certo grado di approssimazione, indicazioni sulla costituzione genetica degli individui in studio. I marcatori utilizzati sono riconducibili a tre grandi categorie: a.morfologici (ad esempio il portamento, la forma delle foglie, ecc.): furono molto utilizzati in passato, perché presentano una notevole facilità di rilievo e di analisi. Tuttavia, essi manifestano una variabilità che è fortemente influenzata dalle condizioni ambientali in cui le piante crescono; b.fenologici (periodo di ripresa vegetativa, di fioritura, di maturazione dei frutti, ecc.): rappresentano caratteri adattativi, la cui conoscenza può rivelarsi fondamentale nella corretta gestione dei materiali di propagazione e presentano un elevato livello di polimorfismo. Il loro utilizzo pratico è però nuovamente ostacolato dalle influenze dell’ambiente e dalla difficoltà di valutare correttamente l’interazione esistente tra questo e il genotipo. Ne consegue la necessità di impostare prove comparative multisito per monitorare il comportamento degli individui in condizioni ambientali omogenee. In assenza di sperimentazioni specifiche, potrebbero essere utilizzati per la raccolta di questo tipo di informazioni impianti già esistenti, istituiti per altre finalità, quali ad esempio prove dimostrative o collezioni di risorse genetiche; c. biochimici e molecolari: sono marcatori di più recente sviluppo, che permettono, rispettivamente, di analizzare il prodotto dei processi di trascrizione e traduzione del DNA (ad esempio proteine enzimatiche) oppure di evidenziare differenze a livello delle sequenze nucleotidiche in tratti omologhi di DNA. Molti marcatori molecolari si basano sull’utilizzo della reazione a catena della DNA-polimerasi, in inglese “PCR” (Polymerase Chain Reaction), che consente di ottenere in poco tempo un numero elevatissimo di copie della sequen- i n f o . artic o l o Parole chiave: Vivaistica, Regioni di Provenienza, risorsa genetica, materiale di base. information useful for a better comprehension of forthcoming articles, that will deal with single forest species. Abstract: The definition of “Regions of Provenance” for forest species: the state of the art. The European Council Directive 1999/105/CE deals with the marketing of forest reproductive material. One of the most important feature of the act is the definition of Regions of Provenance: their identification plays a basic role for a rational management of the activities linked with forest trees propagation, including afforestation and in situ genetic preservation. The paper provides an overview on legislative and methodological aspects related to Regions of Provenance and gives general Key words: Regions of Provenance, Genetic Resources, Autori: Paolo Camerano, IPLA SpA - Unità Operativa Biodiversità, Foreste e Paesaggio. E-mail [email protected] Piero Belletti, Università di Torino - DIVAPRA Genetica Agraria. E-mail [email protected] Diana Ferrazzini, Università di Torino - DIVAPRA Genetica Agraria. E-mail [email protected] Giuseppe Pignatti, CRA - Unità di Ricerca per le Produzioni Legnose fuori Foresta, Roma. E-mail [email protected] xerofilo pinete su serpentini pinete collinari meso-xerofilo mesofilo pinete misalpiche pinete essalpiche meso-igroclino igroclino pinete planiziali meso-igrofilo calcareo neutro debolmente acido acido abbastanza acido molto acido igrofilo Diagramma edafico (da Rameau et al. 1993, mod.). za di DNA di interesse, facilitandone l’analisi. Il più grosso limite alla loro utilizzazione, a prescindere dalle difficoltà tecniche, è rappresentato dal fatto che la variabilità da essi presentata spesso non è correlata a fattori adattativi: si rischia cioè di evidenziare differenze genetiche che però non hanno alcun effetto sulla capacità dell’individuo di crescere in determinate condizioni ecologiche. Le analisi genetiche, anche effettuate con marcatori neutri, permettono, in primo luogo, di evidenziare i popolamenti caratterizzati dai maggiori livelli di variabilità genetica, e quindi particolarmente importanti ai fini della conservazione in situ della biodiversità. Si possono inoltre acquisire informazioni sulla struttura genetica delle popolazioni, valutando, ad esempio, se le frequenze di eterozigosi sono quelle attese sulla base delle leggi teoriche, oppure se si ravvisano pericolosi eccessi di omozigosi, a loro volta derivanti da fenomeni di inbreeding, cioè incrocio tra individui imparentati se non addirittura autofecondazione. Le analisi genetiche consentono anche lo studio della differenziazione tra i vari popolamenti: si valuta cioè se essi sono diversi tra di loro in risposta a meccanismi di adattamento a condizioni eco-pedologiche eterogenee. Come è facile intuire, tale valutazione risulta di primaria importanza per la definizione delle RdP. • Conclusioni: si riporta l’analisi integrata fra RdP su base ecologica e RdP su base genetica, delimitando le Regioni di Provenienza per la specie attraverso un cartogramma (mappa delle RdP), fornendo altresì informazioni circa i possibili strumenti gestionali volti alla tutela e conservazione della biodiversità. Basic Material. Una sitografia di riferimento è disponibile su www.rivistasherwood.it, sezione approfondimenti “Valorizzazione delle risorse genetiche” 27 Sherwood n .179 D icembre 2011 - G ennaio 2012