Brookings_Landuse_Housing_Mall

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Rolf Pendall, Robert Puentes,
Jonathan Martin, Dalla
Tradizione alla Riforma:
un’analisi delle regole
urbanistiche nelle principali
50 aree metropolitane del
paese
Rapporto di ricerca Brookings Institution,
Metropolitan Policy Program, agosto 2006; Titolo
originale: From Traditional to Reformed: A
Review of the Land Use Regulations in the
Nation’s 50 largest Metropolitan Areas – estratti
e traduzione per eddyburg_Mall a cura di Fabrizio
Bottini
I. Introduzione
Una delle componenti essenziali nella ricchezza delle aree metropolitane
americane è l’organizzazione insediativa, che definisce ogni cosa, dalla
densità alla composizione socioeconomica degli abitanti. Questa
organizzazione è in parte conseguenza delle decisioni delle
amministrazioni locali – spesso con scarso coordinamento, preveggenza,
o semplicemente orientamenti da parte delle entità regionali o statali – sui
caratteri fisici dello sviluppo. Fra le decisioni più importanti, quelle su
come regolamentare l’uso dello spazio; una prerogativa gelosamente
conservata dalle amministrazioni locali. Le regole urbanistiche
contribuiscono ai molti problemi metropolitani. Gli economisti attribuiscono
in parte gli alti costi dell’abitazione alle norme che limitano l’offerta e
aumentano la qualità delle case e dei quartieri, in particolare nelle aree
costiere. Chi sostiene i diritti delle famiglie a basso reddito incolpa alcune
regole di zoning della mancanza di occasioni residenziali nelle aree
suburbane. Chi è impegnato sui temi ambientali contesta che le
destinazioni a bassa densità esasperano lo sprawl urbano, e di
conseguenza aggravano la riduzione degli habitat naturali e il degrado
qualitativo di aria e acqua. Gli urbanisti hanno rilevato che alcuni tipi di
norme spostano verso altre località l’urbanizzazione, portando a un
eccessivo consumo di suolo e a un aumento dei tempi di spostamento in
auto.
Pure le regolamentazioni urbanistiche per quanto riguarda la casa
promettono vantaggi. In realtà, la loro origine è radicata nella promessa di
questi vantaggi. In teoria, esse possono offrire un meccanismo efficiente
sia per contenere l’esposizione alle “esternalità”, ovvero agli effetti
negativi dell’edificazione sulle proprietà adiacenti, sia per ridurre
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preventivamente queste esternalità. Per quanto riguarda le
amministrazioni che le utilizzano, naturalmente, le regole consentono agli
abitanti di ridurre la concorrenza per i servizi pubblici, equilibrare il
bilancio, tutelare preziosi spazi aperti, e di conseguenza aumentare il
valore delle proprietà e la ricchezza dei proprietari. Le norme urbanistiche
possono anche produrre buone forme di urbanizzazione che altrimenti
non si verificherebbero in loro assenza, orientando il mercato delle aree a
sostenere alte densità, funzioni miste, forme insediative adeguate al
trasporto pubblico che il mercato non riesce ad offrire in quantità
sufficiente. Ma, nonostante la loro importanza fondamentale, si sa troppo
poco sull’attuale situazione della regolamentazione dell’housing negli Stati
Uniti.
La mancanza di una
base conoscitiva
nazionale precisa sulle
norme urbanistiche ha
reso difficile iniziare un
panorama generale sui
loro costi e benefici. I
grandi titoli dei mezzi
di comunicazione e
l’attenzione generale
tendono a concentrarsi
su programmi diversi
dalla normativa – emissione di titoli e land trusts – per l’acquisizione di
spazi aperti. Gli studi accademici si focalizzano su alcuni strumenti, quali il
contenimento dell’espansione urbana, le tariffe di impatto, le limitazioni ai
permessi di edificazione. In generale le ricerche sono state ostacolate
dalla mancanza di dati organizzati che consentano una valutazione
generale delle regole nei contesti locali.
Per una panoramica più comprensiva delle condizioni nelle quali viene ora
realizzata la maggior parte delle abitazioni negli Stati Uniti, abbiamo
indagato le amministrazioni locali nelle 50 principali aree metropolitane
per capire come si regolamenta l’uso dello spazio e si promuovono le
case economiche. In queste aree metropolitane abitano oltre 160 milioni
di persone – il 57% della popolazione degli Stati Uniti – su una superficie
di quasi 800.000 kmq di territorio.
Questo studio riferisce i risultati dell’indagine (condotta nel 2003) durante
la quale 1.800 città, municipi e contee hanno risposto a domande relative
alle norme urbanistiche che influenzano la costruzione di abitazioni. Le
risposte ci consentono di trarre una conclusione sulla natura delle norme
urbanistiche a scala metropolitana, dove le regolamentazioni locali si
combinano a generare risultati a scala regionale spesso inattesi.
In breve, la ricerca rileva che i tipi di regolamentazione fondamentali,
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come lo zoning e la pianificazione generale, continuano ad essere
impiegati nelle circoscrizioni amministrative in area metropolitana di tutto il
paese. Altri strumenti connessi alle riforme nell’uso dello spazio – come la
crescita pianificata o il coordinamento delle infrastrutture – sono ancora
poco diffusi. Comunque, il quadro cambia notevolmente a seconda delle
aree del paese. Le zone metropolitane del Nord-est e Midwest tendono a
usare regole che escludono gran parte delle modalità di crescita, mentre
quelle del West usano norme che consentono e gestiscono la crescita.
Forse dipende da questo il fatto che le zone con regole urbanistiche
tradizionali tendono ad avere densità inferiori, e meno occasioni di case
economiche per i bassi redditi e minoranze, di quelle che hanno adottato
un nuovo paradigma di governo della crescita e dello sviluppo.
II. Le premesse
Se si escludono i fondamentali parametri costituzionali della Takings
Clause, le norme urbanistiche negli Stati Uniti sono decisamente un
problema locale. Dato che la costituzione USA dice poco rispetto
all’organizzazione del territorio – o anche rispetto al governo locale, del
resto – il problema resta responsabilità delle costituzioni statali, dei
parlamenti, dei tribunali. I governi statali, a loro volta, storicamente hanno
delegato le decisioni in questo campo alle amministrazioni locali – città,
villaggi, municipi, contee – e solo di recente e in modo incompleto hanno
cominciato a adottare il coordinamento dei piani locali l’uno con l’altro, o
con obiettivi regionali e statali. E anche se esiste sorprendentemente una
base comune standard per la pianificazione suburbana, esistono di certo
moltissimi approcci locali.
Questo capitolo esamina l’evoluzione delle norme urbanistiche negli USA
e riassume brevemente la ricerca sugli effetti di queste norme.
A. Le regole base: zoning e pianificazione generale
La forma più comune di regolamentazione urbanistica locale del paese è
lo zoning. Detto semplicemente, lo zoning attiene la separazione di
un’area in sezioni, o zone, con regole diverse a governare le attività.
Elettori, costruttori, operatori immobiliari, per lungo tempo hanno
sostenuto lo zoning per la sua capacità di stabilizzare i valori e tutelare le
abitazioni unifamiliari. Ma se esiste la percezione che queste regole
aumentino il valore delle abitazioni, esse possono anche imporre una
serie di costi sociali, come l’esclusione di abitanti a fasce di reddito mediobasse, la congestione da traffico, il decentramento metropolitano. Spesso
questi costi non sono avvertiti.
L’uso originario dei controlli del tipo zoning rispondeva a problemi di
sanità pubblica. Limitazioni negli usi dello spazio vengono applicate sin
dalla fine dell’800, come strumento per confinare funzioni “nocive” a certe
aree della città. Ma già molto presto lo zoning si afferma anche come
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meccanismo di separazione per razze. Nonostante la Corte Suprema
USA abbia giudicato incostituzionale lo zoning razziale nel 1917, le
municipalità continuano ad adottarlo e ad applicarne le ordinanze negli
anni successivi. Lo zoning dura poi molto di più in quanto strumento per
dividere le persone per classi, in particolare controllando le abitazioni
multifamiliari.
Si da 1926 la Corte ha successivamente sostenuto zoning e altri strumenti
di controllo urbanistico non solo per la loro capacità di prevenire le attività
nocive, ma anche perché si rapportano in modo razionale alla salute
pubblica, alla sicurezza e al benessere. Da allora lo zoning è stato lo
strumento preferito di controllo dello spazio in America. In alcuni casi,
esso si è evoluto dalle proprie radici del primo ‘900, di sistema rigido di
separazione funzionale di singole porzioni di terreno, verso una forma più
flessibile che consente discrezionalmente una composizione funzionale
entro porzioni più ampie di territorio.
D’altra parte, la pianificazione
generale storicamente ha avuto
un sostegno molto meno
entusiasta di quello riservato
allo zoning. Un piano generale
è una affermazione di principio
sull’organizzazione del territorio
futura e gli obiettivi di crescita
entro una particolare
circoscrizione amministrativa.
Chiamato via via master plan
oppure general land use plan, questo piano serve principalmente ad
attenuare i conflitti fra i diversi usi del territorio. Ma funge anche da
coordinatore di aspetti quali i trasporti, lo sviluppo economico, l’abitazione,
il verde, gli spazi e strutture per il tempo libero.
Le amministrazioni locali hanno iniziato ad adottare piani generali ad un
ritmo sostenuto dopo l’approvazione da parte del Congresso dello
Housing Act nel 1954. La legge richiedeva ai governi locali di adottare un
piano generale di lungo termine se volevano assicurarsi i finanziamenti
per il rinnovo urbano o le abitazioni. Di fatto, molte città hanno approvato il
proprio primo piano generale come conseguenza dello Housing Act. In
molti stati, le prescrizioni urbanistiche non sono molto diverse da quelle
vigenti all’approvazione della legge nel 1956; di conseguenza molti piani
regolatori ancora oggi somigliano parecchio a quei primi strumenti.
A partire dalla fine degli anni ‘60, comunque, alcuni governi hanno
cominciato ad imporre la pianificazione alle amministrazioni locali. La
California l’ha fatto dal 1971, e immediatamente dopo ha chiesto che
anche le ordinanze di zoning fossero rese coerenti alla pianificazione
generale. Nel 1973, l’Oregon ha adottato una legislazione sulla
pianificazione della crescita a livello statale, che richiede alle
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amministrazioni locali di adottare piani generali conformi ad una serie di
obiettivi statali. La Florida ha adottato un programma generale per la
protezione delle “aree critiche”, richiedendo pure alle amministrazioni
locali per la prima volta di redigere dei piani.
Nella seconda metà degli anni ’80 una seconda ondata di stati –
Washington, New Jersey, Vermont, Rhode Island, Georgia, e Maine – ha
approvato leggi che richiedono o fortemente incentivano una
pianificazione locale orientata ad un migliore governo della crescita,
coerente con obiettivi di scala statale. La Florida ha apportato ulteriori
modifiche al proprio sistema, intensificando il ruolo statale di approvazione
dei piani locali. Tennessee e Delaware hanno aggiunto criterio di governo
della crescita alla propria legislazione urbanistica negli anni ’90, in
risposta alle pressioni create dal rapido sviluppo suburbano.
The best known recent example of legislation embracing these principles
is Maryland’s planning reform of the mid-1990s. Its key provision for land
use planning and regulation (almost all of which is carried out at the
county level) provides that local governments will designate “priority
funding areas” in which new growth is slated to occur and that the state
will invest in major infrastructure only in those areas.
These efforts are referred to broadly as “growth management,” a term
used to describe the deliberate and integrated use of the planning,
regulatory, and fiscal authority of state and local governments to influence
the pattern of growth and development in order to meet projected needs.
This definition includes such tools as comprehensive planning and zoning,
but also development fees, infrastructure investments, and other policy
instruments like containment that significantly influence the development
of land and the construction of housing. Growth management is often
distinguished from “growth control.” Where growth management
accommodates projected development in a manner that achieves broad
public goals, growth controls limit or ration development. Typical growth
control tools are moratoria, permitting caps, development quotas, and the
like, as discussed below. This distinction is an important consideration in
our analysis.
B. Regolare ritmi, dimensioni, direzioni dello sviluppo urbano
In alcuni stati la strumentazione normativa ora va ben oltre lo zoning,
verso una famiglia di strumenti intesi ad influenzare ritmi, direzione, e
infine quantità dello sviluppo urbano. Una delle più significative
innovazioni urbanistiche degli ultimi trent’anni è stata il fatto di prevedere
e inserire gli impatti della crescita sulle infrastrutture locali e sistemi
ambientali, sia a dimensione di unità insediativa minima (lottizzazioni e
piani particolareggiati) che più ampia (dimensione di quartiere e urbanometropolitana). Le amministrazioni locali ora utilizzano a questi scopi vari
strumenti supplementari. Vengono imposte tariffe di impatto sulle
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autorizzazioni edilizie a titolo di condivisione anticipata dei costi capitale di
vari sistemi infrastrutturali; si sono evolute leggi statali di
regolamentazione degli obiettivi e ammissibilità di queste tariffe. Il
principio di “convergenza”, spesso adottato attraverso le ordinanze per le
infrastrutture pubbliche, richiede che le amministrazioni locali verifichino
l’impatto dell’urbanizzazione man mano essa si sviluppa. Se una proposta
di insediamento minaccia di incrementare il volume di quanto servito da
una determinata infrastruttura, in modo tale da mettere in discussione
l’accettabilità dei livelli del servizio erogato, al richiedente può essere
negata l’autorizzazione a costruire.
Come alternativa (talvolta come aggiunta) a misure di adeguamento alla
crescita infrastrutturale, esistono strumenti di contenimento o completo
blocco della crescita. Ciò accade talvolta perché i nuovi insediamenti non
superino la capacità delle infrastrutture, altre semplicemente perché la
crescita non sembri “troppo rapida”. I sistemi di razionalizzazione della
quantità di autorizzazioni annue a costruire, fanno il loro debutto nei primi
anni ’70 a Petaluma, California, e Boca Raton, Florida. Entrambe queste
località erano state interessate da ondate di urbanizzazione originate dai
centri delle proprie aree metropolitane. Nei primi anni, questi controlli
vengono applicati soltanto a contenere le nuove costruzioni residenziali.
Ma più di recente parecchie amministrazioni (come San Francisco o
Seattle) hanno posto tetti massimi annui all’edilizia per uffici.
Vari studi indicano che, se i governi locali hanno messo a punto nuovi
strumenti di controllo della crescita, hanno anche modificato l’uso di quelli
più antichi nel tentativo di influenzare le modalità dello sviluppo. Le
amministrazioni possono ridurre densità e altezze consentite
(“downzoning”) o destinare meno superfici all’uso residenziale di quante
ne richiede il mercato, oppure “placcare oro” i requisiti necessari per le
lottizzazioni residenziali in modo tale da renderle meno attraenti per le
abitazioni a basso costo. Possono anche prolungare il tempo necessario
ad esaminare i progetti.
I controlli sulla crescita sono diventati più correnti in alcuni stati in parte
perché esiste la possibilità di accedere a strumenti di democrazia diretta
come il referendum. In California, questa accessibilità ha aumentato la
consapevolezza dei cittadini rispetto alla possibilità di governare la
crescita. Anche se sono soltanto il 15% delle misure di governo della
crescita quelle adottate in California nel 1988 su iniziativa degli elettori, la
disponibilità di questa opzione e l’esempio delle iniziative riuscite può aver
influenzato le decisioni dei consigli municipali sulle questioni urbanistiche.
Anche i cittadini del Colorado hanno accesso ai medesimi strumenti.
Un’ultima tendenza nella regolamentazione urbanistica locale, il
contenimento dello sviluppo urbano, risponde ai problemi sia degli spazi
aperti che della capacità infrastrutturale. Oregon, Washington, e
Tennessee hanno tutti programmi statali di controllo della crescita che
richiedono varie forme di contenimento dello sviluppo urbano.
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Contenimento che può assumere forme “elastiche”, attuandosi attraverso
sistemi di contingentazione tali da gestire la diffusione urbana senza
imporre una linea di confine esterna; può anche trattarsi di una green belt
permanente o di un limite di sviluppo urbano semi-permanente. Per
attuare queste strategie di conformazione dei margini urbani, le
amministrazioni locali fissano norme per limitare l’estensione delle
infrastrutture, acquisiscono o modificano la destinazione d’uso le superfici
poste oltre i margini di sviluppo, creano incentivi attraverso norme e
investimenti pubblici per stimolare la crescita entro le aree a ciò destinate.
C. Programmi locali per l’abitazione: contrappunto al governo della
crescita
Fino a circa il 1970, le case economiche sono state principalmente
responsabilità o del governo federale (attraverso la realizzazione di
abitazioni pubbliche) o questione del settore privato (attraverso il
cosiddetto “filtering” di vecchie abitazioni verso famiglie a reddito
inferiore). Ma negli anni ‘70, i problemi di accesso alla casa hanno iniziato
a crescere più rapidamente dia quanto sia i programmi federali che i
processi di filtering potessero offrire (anche i nuovi programmi a sussidi
federali ma a realizzazione privata. Inoltre, le rivolte urbane degli anni ’60
avevano convinto responsabili delle decisioni, urbanisti e magistratura,
che le aree regionali non potessero prosperare basandosi sui vecchi
nuclei urbani centrali per sistemare la gran parte degli abitanti a basso
reddito.
Su entrambe le coste, si svilupparono negli anni ’70 nuove strategie locali
per l’abitazione, sia in risposta al mandato federale e statale, sia per un
processo di innovazione da parte degli amministratori e degli abitanti che
desideravano per le proprie comunità un’offerta equilibrata di case. Dopo
il 1980, e il ritiro del governo federale dai finanziamenti di nuove abitazioni
pubbliche, le amministrazioni locali hanno incrementato sia la produzione
di norme che la spesa per le case economiche.
Una prima fondamentale innovazione riguarda l’uso delle norme
urbanistiche locali per incentivare o prescrivere la realizzazione di
abitazioni economiche. Queste strategie sono più frequenti negli stati i cui
governi o magistrature le hanno imposte o rese disponibili ai costruttori
privati, come correttivo alle pratiche locali di esclusione: soprattutto
Massachusetts, Connecticut, e New Jersey. In questi stati, i costruttori che
vogliono realizzare case economiche possono richiedere alle autorità
superiori di scavalcare le ordinanze di zoning esclusionarie, entro le
circoscrizioni dove si è fatto troppo poco per offrire in passato una certa
quantità di queste abitazioni. Le amministrazioni locali propongono una
serie di incentivi in cambio dell’impegno verso questi tipi, i più comuni dei
quali sono premi di densità, riduzione delle tariffe di impatto, procedure di
approvazione agevolate, standard edilizi e urbanistici più flessibili.
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Una seconda innovazione, di nuovo spesso scaturita sia dalle imposizioni
statali che dalle agevolazioni dell’iniziativa locale, è l’incremento della
spesa locale in questa direzione. Le amministrazioni hanno notevolmente
ampliato la propria capacità di sussidiare la costruzione di case
economiche, in parte grazie alla attivazione di programmi federali come il
Community Development Block Grant del 1974 e HOME Investment
Partnerships Program degli anni ‘90. Negli ultimi 25 anni, New York City
ha miliardi dal proprio gettito fiscale generale per sostenere le case
economiche. Altre circoscrizioni hanno attinto a risorse speciali per il
medesimo scopo. La California, ad esempio, chiede agli uffici locali di
riqualificazione urbana di accantonare il 20% dell’incremento fiscale
generato dai programmi all’interno delle proprie aree di intervento, da
destinare alle abitazioni economiche.
Inoltre, le iniziative di regolamentazione locale generano gettito da
destinare ad abitazioni economiche: alcune amministrazioni consentono
agli imprenditori di adeguarsi alle quote di introduzione attraverso
pagamenti “in-lieu”, mentre altre hanno adottato tariffe congiunte che
impongono ci realizza spazi commerciali e a ufficio di contribuire con
fondi destinati ai bisogno connessi di case economiche. Una volta raccolte
queste risorse, le amministrazioni spesso le usano per costituire housing
trust funds (HTF), che possono attingere anche da una ampia gamma di
tasse, versamenti, tariffe, donazioni, fondi federali.
D. Effetti delle forme di regolamentazione urbanistica
Le ricerche sull’impatto della regolamentazione urbanistica si possono
suddividere in due aree. La prima, riguarda il conseguimento degli obiettivi
dichiarati: le ordinanze di zoning fanno una differenza nei modi di uso
dello spazio? Il governo della crescita rallenta la crescita? I margini allo
sviluppo urbano influiscono sull’espansione? La seconda: la
regolamentazione urbanistica ha altri effetti “downstream” – più o meno
intenzionali – su aspetti correlati quali i prezzi delle abitazioni, la qualità
ambientale, la capacità infrastrutturale, la segregazione per razze e livelli
di reddito?
Gran parte dei vantaggi dichiarati e dei costi della regolamentazione
urbanistica partono dall’assunto che regolazione e pianificazione
produrranno effetti diretti diversi nell’organizzazione del territorio di quanto
non accadrebbe in un mercato senza alcuna regolazione. E si pone quella
che deve essere sempre la prima domanda: l’urbanistica ha degli effetti, di
qualunque tipo? É una domanda posta nelle ricerche che si chiedevano,
ad esempio, se lo zoning “segua il mercato” e negli studi su quanto
“funziona” il governo della crescita. Sia che le ricerche paragonino
circoscrizioni appartenenti alla medesima area metropolitana, o le aree
metropolitane l’una con l’altra, la risposta tende ad essere: dipende. Se,
come spesso accade, la politica locale è dominata dagli interessi
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immobiliari e delle costruzioni, le amministrazioni adottano tipi di
regolamentazione urbanistica tali da sostenere o affiancare le tendenze
del mercato anziché governare i mercati delle aree. Studi hanno mostrato
come in alcune circoscrizioni la regolamentazione mostri poca influenza
rilevabile su quantità e localizzazioni dell’edificato, o sui prezzi dei terreni.
Altri studi hanno individuate località o regioni dove la regolamentazione ha
avuto effetti diretti e sostanziali su modi dell’urbanizzazione e prezzi delle
aree. Più precisamente, i tetti massimi alle autorizzazioni edilizie e un
diffuso zoning a basse densità sembrano associarsi ad una crescita più
rallentata, ad una minore offerta di abitazioni, e a scala regionale ad un
sistema urbanizzato a minor densità di quanto accadrebbe in loro
assenza.
Un forte contenimento regionale dell’espansione urbana, e la fissazione di
margini, sembrano aver ridotto lo sprawl in Oregon, ma l’applicazione dei
margini solo locale o isolata può non avere, complessivamente, il
medesimo effetto. A un livello più generale alcune ricerche mostrano che
gli stati che si sono dotati di strumenti di governo della crescita non sono
molto diversi da quelli che non l’hanno fatto. In breve, in tutte le forme di
regolamentazione conta l’attuazione, e i risultati variano drasticamente
secondo sia gli obiettivi iniziali delle regole che la loro applicazione.
L’evidenza fa pensare che le situazioni con regole più rigide si differenzino
da quelle dove esse lo sono di meno. Tale evidenza è più netta (anche
perché studiata con maggior impegno) riguardo ai prezzi delle abitazioni,
che sono più alti nelle situazioni più regolamentate. Ma le regole non si
limitano a restringere l’offerta: elevano anche la qualità delle abitazioni,
dei quartieri, delle città.
Comunque, anche se le regole innalzano il livello qualitative senza
abbassare l’offerta quantitative, esse giocano un ruolo anche nella
frammentazione dello spazio secondo razza e livelli di reddito. Le ricerche
in questa direzione mostrano che nelle circoscrizioni e aree altamente
regolamentate c’è più probabilità di trovare abitanti e nuclei familiari
bianchi, non ispanici a reddito superiore, corrispondentemente al fatto che
– e almeno in parte a causa del fatto che – in queste zone ci sono prezzi
delle abitazioni più elevati.
Solo di recente gli studi su regolamentazione e segregazione razziale o
per redditi hanno seguito il percorso dei prezzi delle case chiedendosi se
le aree metropolitane più regolamentate siano al proprio interno più
integrate o segregate di quelle che lo sono di meno. I risultati fanno
pensare che le aree metropolitane dove esistono programmi di
contenimento dello sviluppo sperimentino un più rapido declino nella
segregazione neri-bianchi di quelle prive di programmi di contenimento,
anche se non appare chiaro perché esista questo rapporto fra declino
della segregazione e contenimento dell’espansione. In quanto innalzatore
di densità, il contenimento dell’espansione si può anche associare
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indirettamente ad una elevata segregazione dal punto di vista del reddito,
visto che nelle aree metropolitane più dense se ne è rilevata in quantità
maggiore che altrove.
Il percorso dalla regolamentazione all’esclusione per reddito o razza è
complesso. Uno zoning totalmente a bassa densità, in particolare, tende
ad escludere abitanti neri e ispanici dalle circoscrizioni che lo usano,
riducendo l’offerta dei tipi di abitazione di solito proposti in affitto. Ciò
sottolinea il fatto che le riforme richiedono una maggior precisione rispetto
a quali tipi di regolamentazione si associno alla segregazione in base a
reddito e razza. É anche necessario saperne di più su come diverse
combinazioni di politiche a scala subregionale e metropolitana possano
produrre diversi risultati per le regioni.
In definitiva, la regolamentazione locale conforma e caratterizza città,
cittadine, contee e intere regioni. Zoning, piani generali, finanziamento
infrastrutturale, contenimento dell’espansione urbana, moratorie edilizie,
tetti massimi alle autorizzazioni, possono favorire uno sviluppo a bassa
densità e il decentramento metropolitano, o promuovere
un’urbanizzazione più compatta. Essi possono anche indirettamente
influenzare la composizione socioeconomica della popolazione locale,
aprendo o chiudendo gli accessi all’abitazione in affitto o per bassi redditi.
Insieme, regolamentazione urbanistica e programmi per l’abitazione locali
possono produrre a scala regionale eguaglianza o iniquità, salvaguardare
o abbassare la qualità ambientale o la salubrità collettiva, costruire un
sistema di servizi pubblici più efficiente, o meno efficiente.
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