Quando l`acqua manca
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Quando l`acqua manca
13-11-2003 12:26 Pagina 21 Foto: Archivio VIS 8Piro03.qxd Foto: R. Siciliani Una donna anziana e curva camminava lentamente sotto il sole cocente di mezzogiorno. Era uscita dalla sua capanna, una ciotola in mano, e dolcemente, con un sorriso largo che scopriva la sua bocca sdentata mi disse: «bevi straniero, è tutto quello che mi resta. Non piove da più di un anno. Tutto muore qui intorno a noi. Quando anche l’ultima goccia d’acqua sarà consumata, noi insieme alle nostre bestie e alle nostre piante aspetteremo la morte. Per questo bevi straniero e vattene lontano da questa terra maledetta. Vai dove c’è l’acqua e racconti di noi». Come dimenticare l’incontro con questa donna senza età incontrata nelle steppe aride dell’Etiopia durante una delle tante siccità che ciclicamente colpiscono l’Africa orientale e quella al di sotto del Sahara. In tanti muoiono per mancanza d’acqua nell’Africa della galoppante desertificazione e delle catastrofiche carestie causate. È in azione la natura ostile ma anche l’incuria dell’uomo incapace di prevenire l’avanzata del deserto e di pianificare un’azione effica- Quando l’acqua manca Jean Léonard Touadi ce di contrasto. E le popola- non dicono niente alla zioni abbandonate al loro maggioranza dei nostri lettori: sono località triste destino Quando torna duramente colpite pregano il dio dalla siccità negli della pioggia a sgorgare anni scorsi e contiche, per ades- l’acqua, bisogna nuano a lottare so, riesce solo farsi di corsa per il diritto all’aca fare piovere una doccia e qua e alla vita. polvere secca riempire i Ma si muore ansu uomini e bidoni perché che per l’avvelebestie. nel giro di tre namento delle acMoyale, Weque nei rubinetti reda e Dire so- ore il silenzio no nomi che avvolge di nuovo del Niger. i nostri rubinetti. 8Piro03.qxd 13-11-2003 12:26 Pagina 22 8-03 Do ssi er 22 Acqua Foto: R. Siciliani Per i bambini del villaggio di Tibiri in Niger, la banale azione di bere si è trasformata in una trappola mortale. Tra il 1985 e il 2000, denuncia la Federazione internazionale dei diritti dell’uomo, 4000 bambini hanno bevuto acqua avvelena- Ma si muore anche per l’avvelenamento delle acque nei rubinetti del Niger. Per i bambini del villaggio di Tibiri la banale azione di bere si è trasformata in una trappola mortale... ta della “Societé Nationale des Eaux”, impresa pubblica ora privatizzata che non ha saputo o potuto evitare l’utilizzo di sostanze tossiche nelle lavorazioni delle acque. Il governo ha riconosciuto “l’errore” e lo stabilimento ha precipitosamente chiuso. Ma intanto i bambini sono morti e molti ancora lottano con patologie legate alle malformazioni ossee. Gli abitanti d’Algeri, la modernissima capitale dell’ex colonia francese del Maghreb, aspettano nel cuore della notte il ritorno dell’acqua. Si lamenta Djamel, un giovane quadro di una banca locale: «l’acqua viene erogata un giorno su tre. Nessuno sa quando i rubinetti torneranno a vivere. Sono costretto a restare sveglio con i rubinetti aperti. Quando torna a sgorgare l’acqua, bisogna farsi di corsa una doccia e riempire i bidoni perché nel giro di tre ore il silenzio avvolge di nuovo i nostri rubinetti». Gli algerini hanno sperimentato tutto nel 2002: prima le inondazioni e poi la siccità. Sotto accusa il governo incapace di gestire l’approvvigionamento dell’acqua nella capitale. L’unica diga che alimenta Algeri di acqua potabile accusa un deficit di circa il 40% e non riesce a soddisfare i bisogni di 600.000 m3 al dì degli abi- 8Piro03.qxd 13-11-2003 12:26 Pagina 23 tanti costretti ad ascoltare il silenzio dei rubinetti nel cuore della notte. E che dire degli abitanti di Makoua, una cittadina a circa 750 km da Brazzaville, la capitale del Congo, a cavallo sull’equatore dove si registra una pluviometria altissima. Eppure a Makoua si muore per la cattiva qualità dell’acqua laddove per un investimento minimo in impianti di purificazione e d’erogazione si potrebbero evitare alle popolazioni le malattie legate all’insalubrità delle acque. Un paradosso insostenibile in una delle zone più ricche d’acqua di tutta l’Africa. E che dire ancora della straordinaria siccità che ha colpito il Nord Italia quest’estate. Il fiume più importante, il Po, che ha raggiunto il suo livello più basso costringendo le autorità a misure d’urgenza. Una siccità settentrionale che si aggiunge all’annosa penuria idrica del meridione dove da decenni l’agricoltura e le popolazioni sono vittime del razionamento dell’acqua. Un’emergenza nazionale che dovrebbe ricordarci, se mai ce ne fosse bisogno, che l’accesso all’acqua è un problema che riguarda tutti, ricchi e poveri. Foto: Severino Marcato/Periodici San Paolo OTRI D’ACQUA NEL DESERTO DEL MALI SOPRA TIMBOUCTOU Il paradosso dell’acqua e del diamante ACQUA QUANTO CI COSTI? Alcune considerazioni economiche Roberto Sias A Roma il costo di un metro cubo di acqua potabile che sgorga dal rubinetto di casa è di circa 0,11 euro per la fascia di consumo agevolata e di 2,30 euro per la massima eccedenza. In pratica viene applicata una tariffa a blocchi, la prima fascia di consumo costa poco e con l’aumentare dell’uso aumenta anche il prezzo. È un sistema equo. In molti villaggi della Somalia un metro cubo di acqua trasportata con carretti e di dubbia provenienza costa circa 8 euro, prezzo fisso! Simile situazione tra i profughi eritrei che ritornano in patria e stazionano nei campi lungo il confine con il Sudan. Qualcuno si potrebbe chiedere come è possibile tanta disparità, specialmente se si considera il reddito annuale di una famiglia italiana con una africana. Oltre ad una inammissibile ingiustizia planetaria, la spiegazione a tale domanda può essere fornita da semplici concetti economici. In teoria, in una economia di libero mercato i prezzi dovrebbero essere definiti dall’equilibrio tra domanda e offerta. L’acqua però, anche in questo caso, non è propriamente regolare e si comporta in modo anomalo rispetto ad altri beni, semplicemente perché non ha sostituti. Ad un uomo assetato nel deserto, il primo litro d’acqua può essere venduto a qualsiasi cifra perché ne rappresenta la vita. Tanto più ne beve tanto meno è l’utilità che ne ottiene e il prezzo che è disposto a pagare per ogni litro aggiuntivo decresce di conseguenza. In termini tecnici si chiama utilità marginale; per l’acqua questa utilità marginale è molto bassa. Al contrario del diamante che pur non essendo un bene vitale ha dei costi elevatissimi sia che se ne acquisti uno o cento, in quanto per ognuno c’è un’alta utilità marginale. È il paradosso dell’acqua e del diamante. L’acqua che è necessaria per la vita ha un costo relativamente basso, mentre i diamanti hanno costi esorbitanti nonostante non siano del tutto utili. È proprio qui che risiede il rischio che si corre con la scarsità di acqua e la privatizzazione dei servizi di approvvigionamento. Anzi il rischio è doppio. Da una parte " 8Piro03.qxd ACQUA QUANTO CI COSTI? (segue da pag 23) 13-11-2003 12:26 Pagina 24 ci può essere la tendenza da parte del settore privato, il quale è ben noto mira a fare i propri interessi finanziari, di mantenere bassa la disponibilità di acqua così da alzare l’utilità marginale e quindi i prezzi. È quello che avviene in molti piccoli paesi africani dove, nonostante la di-sponibilità di acqua nel sottosuolo, la produzione è controllata e mantenuta in quantità limitate. D’altra parte, il rischio può essere opposto. Il produttore privato può essere tentato dall’innalzare quanto più possibile la quantità di acqua da vendere, in quanto il costo unitario di produzione si abbasserebbe e i guadagni aumenterebbero. Verrebbe così incentivato l’uso, l’abuso e lo spreco. Questo però andrebbe a discapito del bilancio idrico, in definitiva non si consumerebbe la stessa quantità di acqua con cui le condizioni climatiche ricaricano le falde, con il conseguente impoverimento ambientale. Questo pericolo si presenta più spesso nei Paesi avanzati e ricchi. Comunque sia, con la privatizzazione dell’acqua ci sono grossi rischi etici e ambientali che rispecchiano le leggi di mercato, il quale lascia spazio allo sfruttamento sconsiderato delle risorse pubbliche, dell’ambiente e all’impoverimento delle fasce sociali o popolazioni più deboli. Lasciare un bene pubblico nelle mani di chi mercifica qualunque bene pur di fare soldi è cosa assai pericolosa. A tal proposito è bene ricordare che a detta di eminenti storici dell’argomento, la mafia siciliana ha cominciato ad acquisire potere e svilupparsi proprio con il controllo dei pozzi e ancor oggi gran parte del mercato d’acqua in Sicilia è nelle loro mani. Se non si vuole parlare di mafia, allora si può ricordare cosa succede a Riardo, un paese della Campania. Da quando la sorgente del posto è stata data in concessione ad una famosa casa produttrice di acqua minerale, la gente ne subisce il razionamento. Due milioni di litri prodotti e 2500 persone a secco, un tipico caso di penuria causata dallo sfruttamento commerciale di una risorsa collettiva, ricorda Marco Manunta nel sul libro “Fuori i Mercati dall’Acqua”. È vero, sono solo esempi forse un po’ estremi, ma ciò non toglie che l’entità dei possibili profitti di cui è fatta oggetto l’acqua siano evidenti e appetibili. Specialmente per le grandi multinazionali americane, inglesi e soprattutto francesi che investono oggi per ottenere guadagni spropositati in futuro, nel momento in cui la risorsa scarseggerà. Il prezzo dell’acqua salirà in modo impensabile e chi ne farà le spese saranno i nostri figli o nipoti. Una alternativa strategica alle grandi compagnie private potrebbe essere la gestione delle risorse idriche e degli acquedotti da parte delle organizzazioni senza fini di lucro supervisionate da organi di controllo rappresentanti i diversi gruppi di interesse e a tutela degli utenti e dell’ambiente. Solo così si può sperare che l’acqua rimanga fuori da vergognose speculazioni. E pensare che una volta un bicchiere d’acqua non lo si negava a nessuno! ggi, tecnici di una società privata installano in fretta dei contatori tra le casupole in lamiera di una delle periferie più povere del mondo. «Soffriamo molto, dice Ivy Nuvuno, vogliono farci pagare l’acqua ma non abbiamo soldi. Dovrò condividere un rubinetto con altre cento famiglie e recarmi ai bagni pubblici per fare la doccia. L’acqua è la nostra vita e con quello che guadagno non posso permettermela. Come farò a sopravvivere?». Una domanda che angoscia milioni di persone e di famiglie alle prese con la tendenza mondiale alla privatizzazione della “filiera idrica”. Il mercato mondiale dell’acqua sta diventando uno degli affari più appetibili del secolo. Le prospettive d’investimento in questo settore sono valutate in forte crescita, si parla di centinaia di miliardi di dollari. Un business che alimenterà sempre più tensioni sociali e lotte interstatali. L’orientamento verso la considerazione dell’acqua come bisogno e non come diritto. Un rapporto di Paul Lewis del 1997. “UN report warns of problems over dwindling water supplies” indicava che «occorre un approccio orientato verso il mercato per gestire l’ap- O