cinebabel ungheria - Circolo del cinema di Bellinzona

Transcript

cinebabel ungheria - Circolo del cinema di Bellinzona
CINEBABEL
UNGHERIA
5-24 settembre 2006
In collaborazione con BABEL – Festival di letteratura e traduzione
Bellinzona 22-24 settembre 2006
PROGRAMMA
Circolo del cinema Bellinzona
CinemaForum 1+2
martedì 5 settembre, 20.30
CSODÁLATOS JÚLIA - BEING JULIA La diva Julia di István Szabó,
Canada/Usa/Gb/Ungheria, 2004
Dal romanzo Theatre di William Somerset Maugham (1937).
martedì 12 settembre, 20.30
SORSTALANSÁG - FATELESS Senza destino di Lajos Koltai, Ungheria/Gb/Germania,
2005
Sceneggiatura di Imre Kertész, premio Nobel 2002, dal suo romanzo Essere senza
destino (Milano, Feltrinelli, 1975). Prima visione svizzera.
sabato 16 settembre, 18.00
KONTINENT K. – Agota Kristof, Schrifstellerin aus Europa di EricBergkraut, Ch 1998
Documentario su Agota Kristof, scrittrice ungherese di lingua francese residente in
Svizzera.
KERESZTUTAK – CROSS-ROADS di Mihály Györik, Ungheria 1998
Lavoro di diploma del regista ungherese residente in Ticino.
martedì 19 settembre, 20.30
KARHOZAT – DAMNATION di Béla Tarr, Ungheria 1989/2004
Sceneggiatura di László Karsznahorkai, dal suo romanzo omonimo. Prima visione
svizzera.
domenica 24 settembre, 18.00
CALDERON di Giorgio Pressburger, Italia 1981
Sceneggiatura del regista, scrittore italiano di origine ungherese, dal testo teatrale di Pier
Paolo Pasolini. Prima visione svizzera.
Circolo del cinema Locarno
Cinema Morettina
venerdì 8 settembre, 20.30
SORSTALANSÁG - FATELESS Senza destino di Lajos Koltai, Ungheria/Gb/Germania,
2005
Sceneggiatura di Imre Kertész, premio Nobel 2002, dal suo romanzo Essere senza
destino (Milano, Feltrinelli, 1975). Prima visione svizzera.
Venerdì 15 settembre, 20.30
KARHOZAT – DAMNATION di Béla Tarr, Ungheria 1989/2004
Sceneggiatura di László Karsznahorkai, dal suo romanzo omonimo. Prima visione
svizzera.
Entrata: fr. 10.- / 8.- / 6.-
PRESENTAZIONE
Cinebabel, breve rassegna attorno all’Ungheria, vuole essere il pendant cinematografico
di Babel, primo Festival di letteratura e traduzione che si svolgerà a Bellinzona dal 22 al
24 settembre. In questa prima edizione la lingua ospite, cui si affiancano le lingue della
“Babele” svizzera ed europea, sarà appunto l’ungherese e saranno presenti scrittori
emigrati che hanno scelto di adottare la lingua del paese d’arrivo, o per i quali è essenziale
il rapporto con una cultura straniera.
La rassegna cinematografica vuole riflettere questa impostazione e prevede sei film, non
solo ungheresi, ma che con l’Ungheria hanno in qualche modo a che fare, sulla linea di
uno scambio linguistico e culturale con altri paesi dell’Europa e del mondo, e che mettano
in primo piano il rapporto tra cinema e letteratura.
Si comincia con Being Julia di István Szabó (2004), una coproduzione tra Ungheria,
Canada, Stati uniti e Gran Bretagna, con la quale il famoso regista ungherese si confronta
con una realtà tutta anglosassone, adattando un romanzo di William Somerset Maugham
e dirigendo uno splendido cast di attori inglesi. Se questo film è già uscito poco tempo fa
nelle sale svizzere e ticinesi, altri titoli della rassegna vengono invece presentati in prima
visione regionale o nazionale, costituendo quindi una ghiotta attrazione per il pubblico dei
cinefili e del festival letterario. È il caso, ad esempio, di Fateless di Lajos Koltai (2005),
un’altra coproduzione europea firmata dall’abituale direttore della fotografia di Szabó: il
film, segnalatosi al Festival di Berlino dello scorso anno, è stato fortemente voluto da Imre
Kertész, scrittore ungherese insignito del premio Nobel nel 2002, che ha sceneggiato il
suo romanzo Essere senza destino, una meditazione autobiografica sull’olocausto,
rivissuto attraverso lo sguardo di un ragazzo ebreo-ungherese di quattordici anni. È il caso
anche di Damnation di Béla Tarr, film questo tutto ungherese, che risale alla fine degli anni
Ottanta ma che è giunto in Occidente (ma solo in Francia!) due anni fa e che costituisce la
prima parte di una trilogia ispirata ai romanzi di László Karsznahorkai, che con il regista
firma sempre la sceneggiatura. Ed è pure il caso del Calderon di Giorgio Pressburger
(scrittore di origine ungherese che ha scelto l’italiano come lingua letteraria e che sarà
presente a Bellinzona), un adattamento fedele e allo stesso tempo molto personale del
lavoro teatrale di Pier Paolo Pasolini, a sua volta ispirato a La vita è sogno di Calderón de
la Barca. Non si potevano infine tralasciare gli interscambi culturali tra Svizzera ed
Ungheria: ecco allora la presenza del bel documentario dello svizzero Eric Bergkraut che
accompagna Agota Kristof (la grande scrittrice ungherese rifugiatasi nel nostro paese e
che scrive in francese, sua lingua di adozione) sui luoghi della sua tragica infanzia; ed
ecco anche il lavoro di diploma, realizzato all’Academy of Drama and Film di Budapest dal
giovane e promettente Mihály Györik, ungherese nato in Svizzera e residente in Ticino.
Cinebabel Ungheria è il frutto della felice collaborazione fra gli organizzatori della Babel
letteraria (in primo luogo il suo direttore artistico, Vanni Bianconi) e il Circolo del cinema di
Bellinzona, da sempre convinto della necessità di aprirsi attraverso il cinema anche verso
altri orizzonti culturali. Due prime visioni svizzere, Fateless e Damnation, saranno proposte
anche dal Circolo del cinema di Locarno.
Michele Dell’Ambrogio
Circolo del cinema Bellinzona
CSODÁLATOS JÚLIA - BEING JULIA La diva Julia
di István Szabó
Canada/Usa/Gb/Ungheria, 2004
Sceneggiatura: Ronald Harwood, dal romanzo Theatre di W. Somerset Maugham; fotografia: Lajos Voltai;
montaggio: Susan Shipton; musica: Mychael Danna; interpreti: Annette Bening, Jeremy Irons, Michael
Gambon, Bruce Greenwood, Miriam Margolyes, Juliet Stevenson, Shaun Evans, Lucy Punch, Maury
Chaykin, Sheila McCarthy…; produzione: Robert Lantos per Serendipity Point Films / Hogarth Production /
First Choice Films / Myriad Pictures.
35mm, colore, v.o. st. f/t, 105’
Londra, 1938. Julia Lambert è un’acclamata diva del teatro inglese. Sposata con Michael, il suo
regista manager, intreccia una relazione con Tom, un giovane americano quasi coetaneo di suo
figlio. Tom a sua volta è amante di Evie, attrice di scarso talento che, grazie alle sue
raccomandazioni, è messa sotto contratto da Michael per una parte importante in una nuova
commedia. Quando Julia viene a sapere che la ragazza è nel frattempo diventata anche l’ amante
del marito, scatta la sua vendetta, che si compirà tutta all’interno del teatro…
Alla base c’è un romanzo del vecchio Somerset Maugham (letteratura quasi alta, dunque),
sceneggiato da Ronald Harwood (Oscar per Il pianista), fotografato – magnificamente – dal solito
Voltai (per inciso, da poco passato alla regia portando sullo schermo Essere senza destino , del
Nobel Imre Kertész), musicato da Mychael Danna (collaboratore, tra gli altri, di Atom Egoyan),
sontuosamente arredato dalla nostra Luciana Arrighi.
(Paolo Vecchi, in “Cineforum”, 446, luglio 2005)
Being Julia è l’ultima opera di István Szabó. Siamo sul versante della commedia raffinata con
ambientazione nella Londra della fine degli anni Trenta… Lo sfondo è il mondo del palcoscenico
(…)
Il film è girato e interpretato magistralmente; vi circola una piacevole atmosfera di vecchia
professionalità e di gusto sublime per il racconto cinematografico classico, solido, divertente sino
alle lacrime.
(Umberto Rossi, in “Cineforum”, 440, dicembre 2004)
SORSTALANSÁG - FATELESS Senza destino
di Lajos Voltai
Ungheria/Gb/Germania, 2005
Sceneggiatura: Imre Kertész, dal suo romanzo Essere senza destino; fotografia: Gyula Pados; montaggio:
Hajnal Sellõ; musica: Ennio Morricone; interpreti: Marcell Nagy, Béla Dóra, Bálint Péntek, Aron Dimény,
Zsolt Dér, András M. Kecskés, Dani Szabó, Tibor Mertz, Péter Vida…; produzione: Péter Barbalics, András
Hamori, Ildiko Kemeny, Jonathan Olsberg per EuroArts Entertainment / H2O Motion Pictures / Hungarian
Motion Picture Ltd. / Magic Media Inc. / Renegade Films.
Dvd, colore, v.o. st. f, 140’
Un ragazzino ebreo ungherese, Gyuri Köves, finisce come altri compagni di sventura rinchiuso nel
campo di concentramento. E, una volta scampato alla morte, tenta di fare i conti con il suo tragico
passato. Rientrato nella città natale, Budapest, lo si vede camminare per le strade con indosso
ancora la terribile uniforme a strisce che indossava nel campo. Ha quattordici anni, ma percepisce
l’indifferenza, se non addirittura l’ostilità, della gente… Per il ragazzino scampato all’orrore della
Storia non rimane che meditare da solo e valutare il significato di quella terribile esperienza.
L’ungherese Lajos Koltai ha conosciuto da vicino il cinema d’autore e, da buon direttore della
fotografia – al fianco di Pál Gabor (Angi Vera), István Szabó (Mephisto, Il colonnello Redl, A torto o
a ragione) e Giuseppe Tornatore (La leggenda del pianista sull’Oceano, Maléna)… - che ha scelto
di approdare alla regia, ha stavolta fatto del suo meglio per illustrare e riorganizzare la materia del
libro di Kertész, che a sua volta ha firmato la sceneggiatura e patrocinato l’intera operazione. A
mo’ di prova generale c’era peraltro già stata una versione televisiva del libro, o per meglio dire
dell’adattamento teatrale dello stesso: Voltai l’aveva filmata su suggerimento dello scrittore (il
quale evidentemente pensava già al film).
(…) Il film acquista un pregio indiscutibile proprio sul versante cinematografico: quello di aver
mostrato lo sterminio degli ebrei occupandosi del versante ungherese, particolarmente segnato
dalle cifre impressionanti (600.000 vittime) e dalla ricaduta sulla società civile e sull’identità
culturale nazionale.
(Anton Giulio Mancino, in “Cineforum”, 452, marzo 2006)
KONTINENT K. – Agota Kristof, Schrifstellerin aus Europa
di EricBergkraut
Ch 1998
Sceneggiatura: Eric Bergkraut; fotografia: Peter Hammann; montaggio: Annette Nyffeler; suono: MartinWitz;
produzione: Eric Bergkraut, Zürich / SF DRS / Arte.
Beta SP, colore, v. F, 55’
Agota Kristof, scrittrice europea, ritorna nel paese della sua infanzia (l’Ungheria), là dove era
sopravvissuta ad una guerra, poi al sistema comunista, prima di fuggire nella Svizzera “libera”.
L’autrice si chiede e ci chiede che cosa sia diventata la felicità perduta dei giorni dell’infanzia.
Oppure questa felicità non è mai esistita?
Eric Bergkraut è nato a Parigi nel 1957 e ha seguito una formazione di attore presso la
Schauspielakademie di Zurigo. Si è occupato di teatro, cinema e televisione e ha firmato alcuni
reportage per il supplemento settimanale della NZZ. Dal 1991 lavora come libero collaboratore
della televisione DRS, per cui ha realizzato numerosi documentari.
(dal Catalogo delle 34. Giornate cinematografiche di Soletta, 1999)
KERESZTUTAK – CROSS-ROADS
di Mihály Györik
Ungheria 1998
Sceneggiatura: Mihály Györik; fotografia: Péter Vajda; montaggio: Agnes Mógor; musica: Félix Lajkó, Dirk
von Lowtzov; interpreti: Zoltán Bán, Richard Coroneo, Szabolcs Hajdu, Csaba Pindroch, Elzbiéta Sulyko;
produzione: Mihály Györik e Pioneer Productions, Budapest.
35mm, colore, v.o. st. f, 42’
A Budapest, durante una giornata qualsiasi, un giovane turista cerca di essere utile a un
automobilista russo e si fa sottrarre gli occhiali da un senzatetto. Una baby-sitter perde di vista il
bambino che ha in custodia, il quale, da parte sua, si diverte un mondo come passeggero
clandestino in una macchina rubata. Nel frattempo degli studenti intrecciano discorsi oziosi sul loro
futuro e una ragazza aspetta inutilmente sul luogo del suo appuntamento d’amore.
Mihály Györik è nato a Basilea nel 1971 e vive in Ticino dall’età di due anni. Dopo il liceo,
frequenta l’Academy of Drama and Film di Budapest, dove realizza i suoi primi cortometraggi (The
Amazing Alexander, 1993 e Murder – They Said!, 1995: quest’ultimo vince i premi per il miglior
cortometraggio svizzero e la miglior fotografia al Festival del film di Locarno del 1995, il premio
della Stanley Johnson Stiftung a Soletta nel 1996, e viene selezionato all’Oscar per il miglior film di
scuola. Cross-Roads è il suo film di diploma a Budapest. Ha in seguito vissuto a Londra, prima di
seguire un corso di sceneggiatura all’University of Southern California di Los Angeles. Dopo il suo
ritorno in Ticino nel 2001 ha realizzato documentari per la televisione e nel quadro di Expo 02.
(dal Catalogo di Castellinaria – Festival internazionale del cinema giovane, Bellinzona 2003)
KARHOZAT – DAMNATION
di Béla Tarr
Ungheria 1989/2004
Sceneggiatura: László Karsznahorkai, Béla Tarr; fotografia: Gabor Medvigy; montaggio: Agnes Hranitzky;
musica: Mihály Vig; interpreti: Mikklos B. Szekely, Vali Kerekes, Hedi Temessi, Giorgy Cserhalmi;
produzione: Hungarian Film Institute (Mokep) / Hungarian Television Budapest.
35mm, bianco e nero, v.o. st. f, 116’
Karrer vive tagliato fuori dal mondo da diversi anni. I clienti e il padrone del bar “Il Titanic” sono i
suoi unici legami sociali. Karrer è attirato dalla cantante che si esibisce al “Titanic”, ma costei ora lo
respinge ora lo lusinga, a seconda del suo umore. Il calvario di Karrer non porterà verso la
redenzione, bensì verso una solitudine assoluta.
Il film è uscito in Ungheria nel 1989, ma è giunto in Occidente (solo in Francia!) nel 2004.
Prima parte di una trilogia ispirata ai romanzi di László Karsznahorkai, sempre anche
cosceneggiatore (gli altri due film sono Sátántangó, 1994, e Werckmeister harmóniák, 2000), è la
storia di un uomo che rinuncia, che ha rinunciato da molto tempo a una certa utopia, forse l’utopia
socialista con i suoi minatori, eroi paradigmatici della classe operaia. Di loro non resta qui che la
fila dei container da carbone sui quali il film si apre in un lunghissimo piano-sequenza, che inculca
a Damnation, inesorabilmente, il tempo pianissimo della narrazione e la sfumatura antracite che
oscura le immagini, che le appesantisce con i toni della notte e del lutto (…) Verso la fine del film
c’è una delle più belle scene di danza di tutta la storia del cinema. Fuori piove, delle persone
ballano in una sala in bilico tra il bar di campagna e il dancing. Si tengono la mano, fanno la ronda,
una specie di ronda. Girano attorno, come fanno i giovani ufficiali e poi la tribù degli immigranti in
Heaven’s Gate di Michael Cimino.
(Stéphane Bouquet, in “Cahiers du cinéma”, 600, aprile 2005)
CALDERON
di Giorgio Pressburger,
Italia 1981
Sceneggiatura: GiorgioPressburger, dal testo teatrale di Pier Paolo Pasolini (Milano, Garzanti, 1973);
fotografia: Renato Tafuri; montaggio: Luciana Bartolini Manozzi; interpreti: Carmen Scarpitta, Francesca
Muzio, Gianni Galavotti, Paolo Bonacelli…; produzione: Eidoscope / RAI Radiotelevisione italiana Rete 3.
Beta SP, colore, v.o. it, 115’
La vicenda di Rosaura si svolge in Spagna nel 1967. È il suo lungo e penoso “viaggio” tra sogno e
realtà, una presa di contatto con il corpo, l’amore, il potere e la follia (sempre o quasi con la
presenza della sorella Stella). Rosaura si innamora di Sigismondo, un ebreo convertito,
perseguitato come antifascista, che rientra in Patria. Ma il padre di Rosaura, al corrente di ciò, la fa
rinchiudere in una casa di cura, tra suore impietose e medici intellettualoidi. Successivamente
liberata, Rosaura apprende con orrore da Sigismondo di essere il frutto della violenza da lui
operata sulla madre. A tratti, Rosaura vive anche la realtà di una aristocratica famiglia seicentesca,
facendo parte del gruppo ispirato al celebre quadro “Las Meninas” di Velasquez e dove il padre
simboleggia il Potere…
Il testo teatrale di Pasolini è a sua volta ispirato a La vita è sogno di Pedro Calderón de la Barca
(1600-1681).
Come il testo di Pasolini, di cui rappresenta una trasposizione fedele ma personalissima, il
Calderon di Pressburger trasporta l’azione del dramma seicentesco nella Spagna franchista del
1967, alla vigilia di un’epoca di profondi mutamenti per la cultura e la società occidentali. Vero e
proprio esperimento di “cinema di poesia”, Calderon ripropone, attraverso una vicenda sospesa tra
sogno e realtà, la riflessione di Pasolini sul periodo sessantottesco: una riflessione ancora oggi
particolarmente attuale.
Il Calderon di Pressburger, l’anno prima di approdare al cinema, è stato portato in scena dallo
stesso regista presso il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Il film nel 1982 è stato insignito del
Globo d’oro e del Premio della Critica internazionale al Festival di San Sebastian. Le riprese sono
state effettuate tra Trieste, Vicenza e la laguna di Grado, negli stessi luoghi in cui Pasolini stesso
aveva girato alcune sequenze di Medea.
(da www.pasolini.net)
Per l’ottenimento delle copie si ringraziano:
- Xenix Filmdistribution, Zürich
- Films sans frontières, Paris
- Magyar Filmunió, Budapest
- Pierre Grise distribution, Paris
- Giorgio Pressburger e RAI Radiotelevisione italiana, Roma
- Eric Bergkraut, Zürich
- Federico Jolli, RTSI, Comano
- Mihály Györik, Tegna