La vita in CdA - CeVI, Centro di Volontariato Internazionale

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La vita in CdA - CeVI, Centro di Volontariato Internazionale
APPROFONDIMENTO 5
LA VITA IN COSTA D'AVORIO
La vita in casa
La struttura della famiglia non è sicuramente quella nucleare che troviamo in Italia.
Ad esclusione della capitale, Abidjan, dove la globalizzazione è già arrivata e dove la persona inizia
ad essere sempre più individuo, girando per le vie di Daloa non sarà così difficile ritrovarsi in mezzo
a delle grandi corti familiari.
Parlando di grande corte familiare la nostra immaginazione ci porta alle corti contadine di alcuni
anni fa ed in parte è così che si presentano. Al centro c'è un cortile che può essere in terra battuta
o in cemento, dove si trova il pozzo, quasi sempre unica risorsa d'acqua della famiglia.
Il cortile centrale è il luogo dove tutto accade: le donne cucinano, i bambini giocano fra animali,
pentoloni e panni stesi al sole, mentre gli uomini, dopo il lavoro (quando ce l'hanno), si ritrovano a
parlare della giornata trascorsa, dei problemi e a prendere grandi decisioni (matrimoni, ecc.).
Le corti delle famiglie mussulmane hanno spesso al centro o a lato un rigagnolo d'acqua che è il
luogo dove gli uomini fanno le abluzioni prima della preghiera.
I neonati nonché i bambini molto piccoli sono spesso legati al dorso della madre ma a volte li si può
vedere distesi a terra sopra un panno colorato a sgambettare agitando nell’aria le manine e i
piedini, come giocando con “palestrine” immaginarie.
Tutto intorno ci sono poi gli ingressi di ciascun nucleo familiare al cui interno si può trovare o
entrée coucher (entri e dormi... una camera) o chambre et salon (camera e salone) il cui numero
varia in funzione delle possibilità economiche.
Preferibilmente gli adulti non dormono con i figli perché “se dividi con un bambino la camera da
letto perderai il suo rispetto”.
All'interno delle camere si trova di solito un angolo con televisione (nel caso in cui non ci sia un
salone) il letto ed un armadio che a volte è costituito da un filo a cui sono appesi gli abiti.
Ma chi occupa queste corti? Per capirlo bisogna fare un passo indietro.
In Costa d'Avorio la famiglia ruota intorno al patriarca, indipendentemente dall'etnia e dalla
religione.
La donna subito dopo il matrimonio si trasferisce all'interno della corte familiare del marito, dove
vivono i suoceri, i cognati e le cognate non ancora sposate.
Una famiglia sempre numerosa, dunque, e ancor di più nel caso dei musulmani, che praticano la
poligamia.
La presenza di molte donne nella stessa corte richiede inevitabilmente un chiarimento di ruoli,
ruoli che non sono però uguali fra etnie. In generale nelle famiglie poligame le mogli dei diversi figli
del patriarca, giovani o anziane che siano (in ogni caso sino alla menopausa) svolgono a turno tutti
i lavori domestici (lavare gli abiti, cucinare e tenere pulita la corte); ma per quanto riguarda le
decisioni familiari le donne più anziane hanno l'ultima parola sulle donne più giovani, ancor più se
sono le mogli del figlio maggiore del patriarca se non addirittura le mogli dello stesso.
Nelle famiglie monogame le nuore più giovani svolgono tutti i lavori domestici mentre le più
anziane possono aiutare ma non sono obbligate a farlo.
Al vertice di questa gerarchia al femminile c'è sempre e comunque l'uomo.
La realtà familiare descritta a Daloa è la riproduzione della vita del villaggio lasciato spesso alle
spalle da interi nuclei familiari.
Quando invece è solo un componente della famiglia a trasferirsi in città il suo stile di vita diventa
molto simile a quello occidentale, senza però perdere le abitudini legate alla tradizione.
Nonostante non viva più nella grande corte e la moglie si occupi solo del marito, non appena la
coppia renderà visita ai parenti del villaggio entrambi si troveranno investiti dei ruoli tradizionali
previsti all'interno della gerarchia familiare.
Il lavoro
Nei villaggi le principali attività sono legate alla produzione agricola. La zona del Paese più fertile, e
conseguentemente la più popolata, è la fascia costiera a sud-est. Qui prevale la coltivazione di
palme da olio, noci di cocco, ananas e banane. L’entroterra e la fascia sud-occidentale sono ricche
di foreste, di colture destinate al consumo interno, tra cui principalmente riso, mais, manioca e
igname, ma soprattutto di piantagioni di cacao e caffè, destinati all’esportazione tramite le
multinazionali.
I campi sono spesso di proprietà o presi in affitto e tutta la famiglia viene coinvolta nella
lavorazione. Normalmente gli uomini si occupano di dissodare il terreno, mentre la semina è
riservata alle donne. Dopo la raccolta i prodotti vengono portati nei mercati del proprio villaggio o
in quelli vicini, ma soprattutto nei grandi mercati delle città in cui ci può essere un maggiore
guadagno
La città offre numerose opportunità per chi vuole intraprendere un lavoro.
Chi è in possesso di un’istruzione può trovare facilmente un impiego nei vari uffici. Chi ha un po’ di
esperienza, non ha difficoltà a trovare lavoro come elettricista, idraulico o vetraio. Così come sono
numerose le richieste di personale negli atelier di couture e di coiffeur. Chi invece riesce a
racimolare un minimo capitale iniziale può cercare di intraprendere una piccola attività di vendita
al mercato. Frutta, verdura, borse o scarpe, bijoux o pagnes, ogni cosa viene venduta in una piccola
bancarella affittata, stesa a terra sopra un velo o dentro una soupière portata in testa.
Ma a fianco dei lavori più usuali, nascono ogni giorni nuovi modi di guadagnarsi le giornate. In una
realtà dove le persone più ricche sono i commercianti, tutto può essere comprato e venduto, tutto
può essere trasformato in servizio.
Così un gran numero di giovani si lanciano sull’asfalto rovente, attendono ai semafori o ai barrages,
sfilano fra le auto ferme in coda oppure al margine della carreggiata per offrire i propri prodotti.
Abbassando il finestrino si può acquistare di tutto: fazzoletti, caramelle, giornali, acqua o sucrerie,
ma anche libri, cinture, portafogli, asciugamani o giochi di società.
Per le strade è facile incrociare i “pousse-pousse” impegnati in qualche consegna o commissione.
Sono così chiamati gli uomini asciutti e minuti che, utilizzando solo la forza del proprio corpo,
trascinano carretti di legno carichi di merce che a volte possono arrivare ad oltre il quintale. Un
peso così alto che, soprattutto nelle partenze o nelle frenate improvvise, può spezzare la schiena.
Se si utilizza l’automobile, immancabilmente si incontra qualcuno che si improvvisa parcheggiatore,
cioè qualcuno che indica un posto libero in cui entrare con l’auto, oppure che ferma il traffico per
lasciar effettuare la manovra d’uscita. Tutto alla modica cifra di 100 CfA.
Se ci si ritrova a dover effettuare una chiamata urgente, ma ci si accorge di essere rimasti senza
credito sul proprio telefono, basterà prestare attenzione e si potrà ascoltare delle voci che
chiamano “Appel appel appelez”: sono ragazzi che offrono il proprio cellulare per effettuare una
chiamata di 30 secondi per 100 CfA.
Tutto, ma veramente tutto, può diventare un lavoro, un modo veloce per guadagnarsi quei 100 CfA
che a fine giornata, sommati, raggiungeranno l’equivalente di un pasto a base di attiéké e poisson.
Niente risparmio, niente grandi ambizioni. Per un paese che ha un tasso di analfabetismo del 70%,
dove la vita media è di 48 anni, la corruzione è alta, all’interno delle famiglie ci sono numerose
bocche da sfamare e la cultura tradizionale vuole che nei matrimoni e nei funerali si ostenti
ricchezza sempre e comunque, le difficoltà diventano molte, soprattutto in città dove la vita è
molto più costosa ed esigente che al villaggio.
I pasti
Tre sono gli ingredienti principali della cucina ivoriana, sia che si viva in città che in un villaggio:
riso, foutou e attiéké. Il foutou è un impasto appiccicoso di igname, manioca o platano (cioè
banane) bolliti, simile al purè di patate e talmente glutinoso che si attacca al palato. L'attieké è
manioca grattugiata, dal gusto delicato e un po' acido, di consistenza simile al couscous.
Questi tre cibi vengono serviti immancabilmente con una salsa, come la sauce arachide (fatta con
le arachidi), la sauce graine (preparata con i semi da cui si ricava l'olio di palma), la sauce aubergine
(con melanzane), la sauce gombo (a base di gombo) e la sauce claire (con verza, pomodori e
cipolla). Tutte queste salse vengono preparate con l'aggiunta di carne o pesce e molto
peperoncino.
Accanto a questi piatti troviamo ancora l'aloco e il kedjenou: il primo può essere acquistato nelle
bancarelle lungo la strada ed è a base di banane mature fritte nell'olio di palma e condite con il
peperoncino, il secondo è a base di pollo o tacchino stufati e verdure in salsa piccante.
Tutti i piatti vengono spesso accompagnati con il vino di palma locale, il bandji, una bevanda
alcoolica molto forte e dolciastra.
Non vi è un vero e proprio orario per mangiare perché il pranzo e la cena non sono considerati
momenti d'incontro della famiglia e difficilmente si parla durante i pasti perché sarebbe
considerata una mancanza di rispetto verso il cibo offerto.
Gli ivoriani mangiano quando hanno fame e in rapporto alla possibilità economica. Per questo è
raro incontrare ivoriani benestanti e magri; non tutti possono permettersi i tre pasti canonici:
molte famiglie sono costrette a mangiare solo due volte al giorno (colazione e cena) per mancanza
di mezzi di sussistenza. Per la colazione vengono riscaldati i cibi avanzati dal giorno precedente.
Abitudine di uomini e coppie ivoriane (impossibile incontrare donne sole) è recarsi al maqui,
“ristorante” all'aperto con prezzi ragionevoli: si viene fatti accomodare su sedie molto basse, il cibo
viene servito su tavolini altrettanto bassi, altezza ginocchio, e mangiato preferibilmente con le
mani. Di solito questi locali propongono a pranzo una o due salse tradizionali accompagnate da
riso, pane o attiéké, a cena pollo o pesce alla griglia serviti abitualmente con insalata di cipolle e
pomodori in salsa piccante.