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MOTORI: L’AUTO CAMBIA PELLE. OPPURE L’ABITO, 3D
ARENA
CAPODANNO: A EDIMBURGO, DOVE DURA PER 4 GIORNI
Arena Lifestyle supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly - Anno I I n.. 22 12 /2016 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007
WEB MAGAZINE
ANNO II
DICEMBRE 2016
LIFESTYLE
ARTE/GIO’ DI BUSCA:
I MAGNIFICI GIGANTI
DI BRONZO
La stagione della Scala apre con Maria Josè Siri diretta da Chailly
I segreti di Madama
BUTTERFLY
MILANO DALLA A ALLA Z:
ASTE, SHOPPING, MUSEI,
VISITARLA PER LE FESTE
WWW.KATIAFERRI.com
INTERVISTA:
ALLA SCOPERTA
DEL BANGLADESH
CON IL CONSOLE
ONORARIO
SCARPA BASTERI
FASHION: IN
TOTAL GOLD
O SILVER PER
S.SILVESTRO
ARENA
LIFESTYLE
MAGAZINE
n.22 12/2016
Editoriale
IN COPERTINA: JOSE’ MARIA SIRI E’ LA MADAMA
BUTTERFLY 2016, DIRETTA DA RICCARDO CHAILLY
Katia Ferri
Melzi d’Eril
Direttore
responsabile di
Commodity World
Weekly Magazine e
dei supplementi
Arena Lifestyle e
Heritage & Traditions
ritratta dal maestro
Luigi Ontani. Acrilico
su carta, 1983
ARENA LIFESTYLE, supplemento di Commodity World Weekly Magazine, è il mensile in cui le materie prime diventano prodotto finito: cibi sopraffini, gioielli, oggetti per la casa, automobili, inimitabili pezzi
d’arte. Elementi che si trasformano e si adattano ai nuovi ambienti, ai nuovi stili. Arena è sempre più una guida
al lifestyle più cool, in bilico tra Europa e resto del mondo.
In questo numero di fine anno (e fine governo) una cover iconica dedicata alla Scala di Milano dove Maria
Josè Siri canterà nei panni di Madama Butterfly. La jap mania sta già contagiando la città e non solo perchè in
contemporanea all’opera è alla ribalta la bellissima mostra di Hokusai a Palazzo Reale. La grande moda anni
‘80 con i suoi colori decisi e i suoi tessuti metallizzati è tornata ad animare Milano che, grazie alla stagione
delle grandi aste, è finalmente una vera capitale europea. E’ qui che giungeranno migliaia di persone per godersi le feste, mentre una parte dei milanesi scapperà al freddo (della Scozia per esempio, per il tradizionale
Capodanno a Edimburgo) o al caldo (anche in posti estremi come il Bangladesh, dove arrivano solo turisti
indiani e indocinesi) o nelle città d’arte a caccia di mostre, come il nostro amico Giovanni Malerba di Busca,
architetto prestato alla scultura, che nell’arte antica cerca l’ispirazione per modellare le sue divinità maschili
di bronzo. Fra meno di un mese staremo a tavola non stop, a degustare meraviglie alimentari. E a bere, bene,
mi raccomando. Italiano o no, come vi pare.Auguri.
Katia Ferri Melzi d’Eril ([email protected])
Contributors di questo numero:
Stories
Sonia Avanzi
Amir H. Barouh
Giovanni Nicastro
Guidiccioni
Giorgia Pertosa
Ada Eva Verbena
Rubriche
Timur De Angeli
Galeazzo Melzi d’Eril
Claudia Palmucci
Grafica e web
Luca Timur De
Angeli
Photographers &
Illustrators
Simone Saccani
Foto di copertina:
si ringrazia l’ufficio
stampa del Teatro
alla Scala di Milano
ARENA LIFESTYLE anno II n. 22 dicembre 2016 supplemento mensile di Commodity World Weekly Magazine
settimanale web registrato presso il Tribunale di Pavia n. 673 dell’ 11/5/2007, edito da Katia Ferri Melzi d’Eril
realizzato in collaborazione con l’associazione culturale non profit Arena Media Star
Sede legale: Via S. Giovannino 5, 27100 Pavia
tel. 0039 349 8610239 www.katiaferri.com [email protected]
Le pagine pubblicitarie (mostre o campagne sociali) sono scelte ogni mese dalla redazione e inserite a fronte di nessun compenso
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ARENA
LIFESTYLE
MAGAZINE
n.22 12/2016
Sommario
GIOVANNI MALERBA DI BUSCA: GIGANTI DI
BRONZO PER RACCONTARE L’ESISTENZA pag.54
Dicembre 2016
Rubriche:
Intervista| 48-52
Libri &Co| 12
Cover Story| 16-27
Top Nightlife| 14-15
contati da Riccardo Chailly
cura della nostra crew tv
Gianalberto Scarpa Basteri,
console onorario Bangladesh
Scala: Siri e la Butterfly rac-
Grand Tour| 34-38
Volare a Edimburgo. Perchè
è la capitale del Capodann
Esistenziaisti al caffè
I party e gli eventi con vip a
Food| 39
Le buone strenne pro terremotati firmate Coldiretti
Grand Tour 2| 42-48
Heritage| 53
di spiagge e foreste
sul campo di battaglia
Focus Arte|28-31
Aste| 60-61
In Bangladesh, alla scoperta
A Natale per mostre, prima
Austerlitz, le celebrazioni
di andare alla Scala
Arredi, dipinti e gioielli da
non perdere
Fashion| 56-59
A.Provocateur|68
Allure metallico anni ‘80
da fare. A Schio, stavolta
S.Sylvester? Now shine
Quel matrimonio non s’ha
MOTORI: A CHI PIACE STAR FUORI DAL CORO, UNA CARROZZERIA PERSONALIZZATA: CON DIPINTI,
PAILLETTES, MOSAICO, SMALTI, BORCHIE, PERLE E PERSINO TESSUTO A MAGLIA. BASTA RIVOLGERSI
A GARAGE ITALIA O A ERIKA CALESINI, I GURU DEL CAR CUSTOMIZING.
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n.22 12/2016
Eventi Nord
110 MIRACOLI INCREDIBILI
ARTE PER L’ARTE
EMILIA ROMAGNA/ MODENA/FORO BOARIO
Robert Rive, Photographies Italia
Fino all’8 gennaio 2017
Tel. 059 239888
LOMBARDIA/ MILANO, CASA DEL MANZONI
110 miracoli incredibili: ex voto, dipinti di fede
fino al 28 gennaio 2017
Tel. 02 86460403
EMILIA ROMAGNA/FERRARA, CASTELLO ESTENSE
Arte per l’arte
fino al 4 giugno 2017
www.castelloestense.it
VENETO/BASSANO DEL GRAPPA/ MUSEO CIVICO DI BASSANO
Il magnifico guerriero
Fino al 31 gennaio 2017
tel 0424/519901
LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALE
Escher
fino al 22 gennaio 2017
Il Giappone e l’Oriente attraverso gli occhi di Hokusai
fino al 29/01/17
Piazza del Duomo 2
VENETO/VENEZIA/ MUSEO CORRER
1966-2016 Dall’acqua granda al Mose, un percorso complesso: risultati e prospettive
fino al 31 dicembre 2016
tel. 041 2405211
LOMBARDIA/MONZA/ARENGARIO
Vivian Maier, nelle sue mani/eventi collaterali
fino all’ 8 gennaio 2017
tel. 039329541
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n.22 12/2016
Eventi Nord
LUCCA LONGOBARDA
SANDRO GIORDANO
LOMBARDIA/MILANO/MUDEC
“Milano città mondo” -La vita quotidiana della comunità cinese
Via Tortona 54
Fino al 19/2/17
www.mudec.it
LOMBARDIA/MILANO/MUDEC
Jean Michel Basquiat, graffiti e opere della maturità
fino al 19/2/2017
Via Tortona 54
www.mudec.it
LOMBARDIA/MILANO/PALAZZO REALE
Pietro Paolo Rubens e la nascita del barocco
fino al 27/2/2017
Piazza del Duomo 2
www.palazzoreale.it
PIEMONTE/ALBA/FONDAZIONE FERRERO
Futur Balla
dal 29 ottobre 2016 al 27 febbraio 2017
tel. 0173 295094
LOMBARDIA/MILANO/MUSEO DI STORIA NATURALE
Terremoti: origini, storia e segreti dei movimenti della terra
dal 29 ottobre 2016 al 30 aprile 2017
tel. 02/99901931 info 0288463337
FRIULI/CODROIPO/VILLA MANIN PASSARIANO
Lorenzo Mattotti, Sconfini
fino al al 19 marzo 2017
www.villamanin.it
TOSCANA/LUCCA/MUSEO DI VILLA GUINIGI
Lucca longobarda: alla scoperta dell’alto Medioevo nel museo di Villa Guinigi
dal 2 novembre al 7 dicembre 2016
[email protected]
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n.22 12/2016
Eventi Centro
PORCELLANE CINESI
MINUTE VISIONI
UMBRIA/PERUGIA/PALAZZO LIPPI ALESSANDRI
Tesori della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia
fino al 20 novembre 2016
tel. 075/5724563
CAMPANIA/PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM/MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Ossessione: trafugamenti e falsi di antichità a Paestum
fino al 31 dicembre 2016
tel 0828/811023
LAZIO/ROMA/MUSEO NAZIONALE DI PALAZZO VENEZIA
Capolavori dell’antica porcellana cinese dal Museo di Shangai
fino al 16 febbraio 2017
www.capolavoriporcellanacinese.it
CAMPANIA/POMPEI/SCAVI DI POMPEI
Mito Ray, 30 sculture a Pompei
fino all’8 gennaio 2017
tel. 081/8575347
LAZIO/ROMA/ MUSEO NAPOLEONICO
Minute visioni
fino al 31 dicembre 2016
tel. 06/060608
LAZIO/ROMA/GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA
The lasting, l’intervallo e la durata
fino al 29 gennaio 2017
tel. 0632298221
MARCHE/LORETO/MUSEO - ANTICO TESORO DELLA SANTA CASA
La Maddalena tra peccato e penitenza
fino all’8 gennaio 2017
tel. 071/974798
MARCHE/SENIGALLIA/ROCCA ROVERESCA
Maria Mater Misericordiae
fino al 29 gennaio 2017
www.artifexarte.it
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n.22 12/2016
Eventi Sud
GIOVANNI PAISIELLO
IL MAGNIFICO CORNUTO
CAMPANIA/NAPOLI/ MEMUS MUSEO E ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO SAN CARLO
Giovanni Paisiello al San Carlo
fino al 31 dicembre 2016
081/7972448449
CAMPANIA/NAPOLI/STUDIO TRISORIO- CASTELLO DI POSTIGNANO, SELLANO
Dorothea Lange A visual life/the camera is a great teacher
fino al 9 gennaio 2017
tel 081/414306
SICILIA/PALERMO/ MUSEO REGIONALE ARCHEOLOGICO ANTONIO SALINAS
Il magnifico cornuto
fino al 31 dicembre 2017
[email protected]
SICILIA/MONREALE/GALLERIA CIVICA GIUSEPPE SCIORTINO
L’arte del Novecento nella collezione Posabella
fino al 31 dicembre 2020
te. 091 6417268
SICILIA/PALERMO/RISO-MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA
Studio +++. Il mare non ha paese nemmeno lui ed è di tutti quello che lo stanno ad ascoltare
fino al 31 dicembre 2016
tel. 091/320532
PUGLIA/BARI/PINACOTECA PROVINCIALE CORRADO GIACQUINTO
Polittico di Antonio Vivarini. Storia, arte, restauro
fino al 31 dicembre 2016
tel. 0805412420/2/4/7
BASILICATA/MURO LUCIANO/ MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI MURO LUCIANO
Immagini del mondo fluttuante. Opere dei maestri giapponesi del periodo Edo nella collezione Yasunami
fino al 27 agosto 2017
pm/[email protected]
SARDEGNA/BARBAGIA/ EVENTO DIFFUSO IN 28 PAESI
“Autunno in Barbagia”
eventi, buon cibo e antichi saperi
fino al 18 dicembre 2016 www.cuoredellasardegna.it
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n.22 12/2016
Mostre Top
MIRABILI MINIATURE, MOSTRA A VENEZIA
by Timur de Angeli
Fra i tanti tesori della Fondazione
Cini, una raccolta stupefacente.
Percorso e allestimento splendidi
L
e pagine miniate sono un tesoro inestimabile e non sempre conosciuto dal grande pubblico. La mostra Mindful Hands,
aperta alla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio a Venezia, propone un percorso meraviglioso nella bellezza, con oltre 120
tra pagine e iniziali miniate provenienti da una delle collezioni di miniature più importanti al mondo: quella del conte Vittorio
Cini, donata alla Fondazione nel 1962.Parte integrante del percorso espositivo, con un salone imponente e aree che offrono
esperienze visive e tattili entusiasmanti,allestito dallo Studio Michele De Lucchi, è una sezione con installazioni e riproduzioni
multimediali curate dall’atelier Factum Arte di Adam Lowe. Aperta fino all’8 gennaio prossimo, realizzata grazie al supporto
di The Helen Hamlyn Trust e con il contributo di Pirelli, Mindful Hands espone, per la prima volta dopo oltre 35 anni, più della
metà di una delle collezioni più importanti e preziose custodite dalla Fondazione Cini: la raccolta di 236 miniature acquisita
dal conte Vittorio Cini tra il 1939 e il 1940 dalla Libreria Antiquaria Hoepli di Milano e donata alla Fondazione nel 1962. Si possono ammmirare oltre 120 delle miniature più significative e importanti della collezione e un nucleo scelto di pregevoli codici
miniati. Curatori scientifici del progetto sono Federica Toniolo, docente di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di
Padova, Massimo Medica, direttore del Museo Civico Medievale di Bologna, e Alessandro Martoni che opera presso l’Istituto
di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, che hanno curato anche la catalogazione scientifica dell’intera raccolta.
La collezione di miniature di Vittorio Cini rappresenta una delle più importanti raccolte al mondo di questo genere, formata da
pagine e iniziali miniate ritagliate, per lo più provenienti da libri liturgici (graduali e antifonari), paragonabile sia per tipologia
che per qualità a collezioni come la Wildenstein custodita al Musée Marmottan di Parigi o quella di Robert Owen Lehman
Senior, fino a pochi anni depositata al Metropolitan Museum di New York. La collezione Cini è rappresentativa delle principali
scuole italiane di miniatura e raccoglie le creazioni di alcuni dei più importanti miniatori attivi tra XII e XVI secolo.
“Mindful Hands rientra in quel ciclo di grandi mostre che periodicamente la Fondazione Cini promuove per valorizzare le
proprie collezioni, patrimoni importantissimi dal punto di vista storico, artistico e scientifico ma poco noti al grande pubblico spiega Pasquale Gagliardi, Segretario generale della Fondazione - sono anni che lavoriamo a questo ambizioso progetto legato
alla nostra collezione di miniature, unica in Italia e tra le poche al mondo di questo livello. Gli ottimi risultati in termini di
pubblico e consensi registrati dalla mostra dedicata nel 2010 alle incisioni di Giambattista Pianesi, il cui corpus è interamente
conservato negli archivi di San Giorgio Maggiore, ci hanno incoraggiati a proseguire questa missione di valorizzazione delle
arti decorative, in cui l’eccellenza della realizzazione artigianale non ha nulla da invidiare ad altri settori dell’espressione
creativa”.L’esposizione allestita in un suggestivo percorso creato ad hoc per gli spazi delle Sale del Convitto dallo Studio
Michele De Lucchi, capace di avvicinare anche il visitatore non specialistico. La mostra sarà inoltre l’occasione per raccontare
un particolare fenomeno di collezionismo e di gusto, in cui la tipologia di pezzi è il frutto della pratica - oggi deprecabile - di
smembrare le pagine dei codici e immettere sul mercato le sole parti figurate, spesso ritagliate.Unico pezzo esposto che non
appartiene alla Fondazione Giorgio Cini è il magnifico Antifonario Q della Biblioteca della basilica benedettina di San Giorgio
Maggiore, generosamente prestato: dallo stesso codice fu staccata una delle pagine oggi nella collezione Cini. Pagina e libro,
esposti accanto in apertura della mostra, sono il suggello ideale di questo percorso di ricomposizione, a sottolineare come l’immagine debba sempre essere ricondotta al suo contenuto testuale. Ma Mindful Hands va oltre l’esposizione dei soli capolavori
miniati: parte integrante del progetto è la collaborazione con l’atelier Factum Arte di Adam Lowe, esperto di tecniche digitali
applicate alla conservazione, alla riproduzione e alla lettura delle opere d’arte. Supporti digitali organizzati in una vera e propria installazione artistica che valorizza e “traduce” in chiave moderna questo patrimonio inestimabile.
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ARENA
LIFESTYLE
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n.22 12/2016
Libri & Co
Caffè con Sartre
Un’opera che ci apre gli occhi sull’esistenzialismo, la
nuova corrente di pensiero che scosse la prima metà
del secolo scorso. Schields ci racconta John Williams
A sinistra, la copertina di “Al Caffè degli Esistenzalisti” pubblicato da Fazi
Editore nella collana Campo de’ Fiori. A destra Charles Schield, autore de
“L’uomo che scrisse il romanzo perfetto” sempre uscito da Fazi.
S
iamo a cavallo tra il 1932 e il
1933. Al Bec-de-Graz, un caffè di
Parigi la cui specialità sono i cocktail all’albicocca, si incontrano
tre giovani amici: Jean-Paul Sartre,
Simone de Beauvoir e il loro compagno di scuola Raymond Aron. È
lui a introdurre Sartre e la de Beauvoir alla fenomenologia, una nuova
corrente di pensiero così radicale
che, dice indicando i bicchieri, «Se
sei un fenomenologo puoi parlare
di questo cocktail ed è filosofia!».
Questa stringata argomentazione
dà a Sartre l’ispirazione di cui era in
cerca da anni, e gli offre lo spunto
per creare la propria filosofia basata sull’esperienza della vita reale,
sull’amore e il desiderio, sulla libertà e l’essere, sui caffè e i camerieri,
sull’amicizia e il fervore rivoluzionario. Sono idee che ammalieranno
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Parigi, avranno rapida diffusione
in tutto il mondo e lasceranno un
marchio indelebile sulla cultura
giovanile degli anni Sessanta, dai
movimenti per i diritti civili a quelli
studenteschi fino alle rivendicazioni del femminismo.Sarah Bakewell,
grazie a uno stile che con la stessa
elegante disinvoltura affronta concetti metafisici e aneddotica, dilemmi morali e faide ideologiche, racconta la storia dell’esistenzialismo
moderno come un sorprendente e
felice incontro di idee, menti e persone.
Il libro è un viaggio originale in
una delle filosofie più affascinanti
del XX secolo, abitata da personaggi che hanno impresso una traccia
indelebile nella storia del pensiero
contemporaneo, da Sartre e la de
Beauvoir, “il re e la regina dell’esistenzialismo”, fino ai loro amici e
fieri avversari come Camus, Hei-
degger, Merleau-Ponty e Lévinas.
Attraverso l’intreccio di biografia
e pensiero, Bakewell ci conduce
al cuore di una filosofia talmente
influente da aver cambiato letteralmente il corso di numerose vite
e che è riuscita ad affrontare la più
grande di tutte le questioni: chi siamo e come dovremmo vivere?
Questo libro ha ricevuto recensioni entusiastiche, per esempio deal
Wall Street Journal. «Non si può
avere la piena comprensione di una
filosofia senza conoscere alcunché
della vita che l’ha resa possibile.
«Accalorata e intellettualmente rigorosa, Bakewell è una radura in
una fitta foresta filosofica che anche
i meglio attrezzati faticherebbero ad
attraversare da soli dice il Financial
Time. E gli fa eco il Whashinton
Post.Al caffè degli esistenzialisti
riesce nell’arduo compito di unire
levità e sagacia».
A oltre vent’anni dalla morte di John Williams, i suoi romanzi
sono amati da milioni
di persone nel mondo e considerati fra i
migliori esemplari di
narrativa americana
del ventesimo secolo,
tanto che i lettori iniziano a chiedersi: che
storia si nasconde dietro a Stoner?
Probabilmente
con
Stoner Williams ha
voluto esorcizzare la
sua paura di morire
nell’anonimato, come
accade al protagonista
del suo capolavoro:
un ragazzo di campagna del Missouri che
diventa
professore,
si accontenta di una
vita senza scossoni.
Williams invece è il
contrario: anch’egli di
estrazione contadina,
procede ostinatamente
in salita e non demorde. Il romanziere e il
suo doppio sono entrambi infelici ma, se
Stoner è un tipo accomodante e comprensivo, Williams ha invece
un carattere impossibile ed è ossessionato
da un unico pensiero:
essere preso sul serio
come artista.
ARENA
LIFESTYLE
MAGAZINE
n.22 12/2016
Ritorno ad Austerlitz
by Giovanni Nicastro Guidiccioni
O
Heritage & Traditions
La famosa battaglia (2 dicembre 1805) sarà ricordata
sabato 3 dicembre 2016. I turisti affollano i ristoranti
tutt’intorno, poi si assiepano al freddo, sulle tribune
gni anno, il 2 dicembre nell’Europa continentale si ricorda,Austerlitz, una delle più
brillanti battaglie militari della storia. La vittoria di Napoleone e dei suoi 75.000 soldati con
duecentocinquanta cannoni, contro i 90.000 austro-russi con trecento pezzi di artiglieria,
rimane ancor oggi un evento eclatante. Non tanto perché egli ottenne la vittoria in una
situazione di inferiorità numerica, quanto per la genialità dell’imperatore francese nell’aver
saputo volgere a proprio vantaggio una posizione che pareva alquanto debole. Sotto il dominio di Napoleone la situazione politica europea si presentava estremamente complicata.
Il rivale storico della Francia era l’Inghilterra e gli interessi politici ed economici di questi
due stati si trovavano in aperto contrasto. Dal punto di vista militarei francesi erano nettamente superiori a livello di esercito, gli inglesi erano avvantaggiati nella difesa dal fatto di
vivere su una grande isola, protetta inoltre da una flotta formidabile che avrebbe impedito
qualunque sbarco. La strategia inglese era dunque semplice: indebolire la Francia usurandola in una guerra europea. Una volta distrutta la flotta franco-spagnola aTrafalgar (ottobre
1805) metà dell’opera poteva dirsi compiuta. Al resto avrebbero potuto pensare gli austriaci
e i russi, finanziati dall’orobritannico. E i prussini, una potenza sempre pronta ad attaccare
la Francia. Napoleone, tutto questo, lo aveva compreso benissimo, così come aveva intuito
che l’unica possibilità di successo era quella di prendere l’iniziativa.
Approfittando quindi della lontananza delle truppe russe, Napoleone attraversò il Reno e
inflisse agli austriaci isolati una serie di sconfitte disastrose arrivando fino a Vienna w oltre,
fino in Moravia. Ma a questo punto capì che non avesse ottenuto rapidamente una vittoria
decisiva, tutti i suoi successi precedenti sarebbero risultati vani, perché la Francia non sarebbe stata in grado di sostenere una lunga campagna contro le forze austro.russe. Napoleone studiava meticolosamente la carta topografica dei luoghi migliori per dare battaglia.
Così fece anche ad Austerlitz. Le posizioni strategicamente più importanti erano le alture
ad ovest del paese, che dominavano le postazioni francesi concentrate vicino al poggio di
Žuráň, prossimo al villaggio di Schlapanitz (Slapanice). Napoleone lo sapeva bene ma giocò d’astuzia, lasciando che gli alleati le prendessero e “invitandoli” contemporaneamente
all’offensiva col mettere in mostra (e poco difesa) l’ala destra del suo esercito, comandata
da Davout. Gli alleati abboccarono all’invito, investendo questo schieramento per aggirare
e prendere alle spalle il grosso dell’esercito francese. Così facendo le brigate russe si disposero in ordine di marcia, abbandonando e indebolendo il centro.
Mentre Davout, con i suoi 8.500 uomini resiste eroicamente all’assalto dei 40.000 combattenti dell’ala sinistra alleata, Murat e Lannes respinsero l’ala destra russa, cominciando lo
sfondamento. A questo punto la coalizione austro-russa venne attaccata di fianco e alle spalle. Le formazioni scompaginate e costrette a una ritirata disordinata, caddero sotto il fuoco
incessante dell’artiglieria francese. La disfatta fu totale. Caddero circa 30.000 tra morti e
feriti; venti generali e 11.000 uomini vengono fatti prigionieri e nel “bottino” di guerra si
contarono 180 cannoni. Le perdite francesi sono di 1.300 caduti e 7.000 feriti.
La “Pace di Bratislava”, firmata il 26 dicembre 1805, mise fine alla guerra con l’Austria e
assicurò un po’ di tranquillità a Napoleone e al suo Impero. ,
A fianco, immagini della
rievocazione storica 2015
della battaglia di Austerlitz, che vide il trionfo
delle truppe napoleoniche. Anche quest’anno
sono attesi oltre 1000
figuranti , appassionati
di tutto il mondo tra
ufficiali, cavalleggeri,
fanti e fucilieri. I paesi
ni che circondano l’area
della battaglia hanno
inaugurato le celebrazioni già quest’estate, ma è
in dicembre che si respira
la vera atmosfera della
battaglia.
OGNI ANNO UNA SUGGESTIVA RIEVOCAZIONE
STORICA CON CENTINAIA DI FIGURANTI.
Questo importante avvenimento storico rimane molto
vivo nella memoria della gente del posto che, ogni anno,
organizza una celebrazione, nel corso della quale centinaia di figuranti indossano le divise dell’epoca e ricostruiscono le fasi salienti della battaglia, proprio nei terreni
compresi tra i paesi di Slavkov e Slapanice.
Per la celebrazione dei duecento anni, le cose sono state
fatte in grande. La manifestazione è durata parecchi giorni e i partecipanti si sono contati a migliaia, provenienti
da tutto il mondo, Australia, Canada e USA compresi.
In quei giorni, sono stati più di quattromila i “re-enactors” (così si chiamano coloro che partecipano a tali
manifestazioni) con uniformi, equipaggiamenti e armi,
copie perfette di quelli impiegati dagli eserciti dell’epoca.
Non sono mancati cannoni e cavalli, oltre alla ricostruzione degli accampamenti anche nel sud della Moravia,
allora appartenenti all’Impero Austriaco e oggi situati nella Repubblica Ceca. Dopo il successo dello scorso
anno, l’emozione continua. Sabato 3 dicembre l’evento
prevede anche la visione dall’alto, sulle tribune erette per
il pubblico. Ecco il link per acquistare i biglietti.
http://www.austerlitz.org/en/austerlitz-2016/
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LIFESTYLE
MAGAZINE
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TopNightlife
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i
I particolari ed esclusivi eventi
della primavera 2016
scelti dagli autori del nostro tv reality
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n.2212/2016
TopNightlife
Gli eventi Hublot con i top dello sport. Lady Gaga va in bianco..
E
cco gli eventi d’autunno. Arrivederci nel 2017
HUBLOT’S PARTIES
Il marchio di orologi Hublot fa centro con la sponsorizzazione di prestigiosi eventi. Eccolo impegnato nella
presentazione del documentario I
am Bolt in Leicester Square (foto 1,
i top manager con la famiglia Bolt).
Inoltre ha organizzato una prestigiosa serata presso il Garkhin Building
di Londra, per inaugurare una mostra retrospettiva dedicata alla collazione All Black in collaborazione con
The Watch Gallery. Fra le top celebrities anche l’allenatore del Chelsea
Antonio Conte (nella foto 2)
LADY IN WHITE
Sarah Tanno, make up artist di Lady
Gaga(foto 5) ha realizzato per la pop
star un beauty look davvero impeccabile in occasione degli American
Music Awards, evento che ha visto
l’artista coinvolta in un’esibizione carica di energia ed emozioni.I l
trucco, luminoso e glowy, semplice
ma sofisticato, si sposa con il fascino
eclettico della star e l’outfit da red
carpet. Il make up di Lady Gaga è
stato realizzato interamente con i
prodotti Marc Jacobs Beauty.
DONALD & FRIENDS
Quando anni fa Stefano Masullo nominò il suo amico George Lombardi
suo vicepresidente internazionale in
Isfoa, la libera e privata università
che ha sede in Svizzera a Lugano,
non avrebbe mai immaginato che un
giorno sarebbe approdato alla Casa
Bianca. George Lombardi, infatti,
ospita la rappresentanza di Isfoa nei
suoi uffici nella Fifth Avenue, alla
Trump Tower di New York. Ecco
Masullo e Lombardi in una foto insieme (8) di qualche anno fa. Ecco,
nella foto 3 George Lombardi con
sua moglie Gianna Lombardi Lanieri, allora vicepresidente della Trump
Foundation, col magnate Trump. Il
buon amico di Lombardi è ora divenuto Presidente degli Stati Uniti.
CONTROFAGOTTO IN VILLA
Fernanda Giulini, proprietaria della magnifica Villa Medici Giulini di
Briosco, un gioello rinascimentale
con amplamenti tardobarocchi a a
venticinque minuti da Milano, che
custodisce una preziosissima collezione di pianoforti, organizza prestigiose masterclass dedicate a musicisti professionisti e giovani diplomati
in conservatorio che vogliono approfondire gli studi con grandi maestri.
Ogni sessione di studio si conclude
con concerto su invito esclusivo e
con un brindisi. Le spettacolari sale
della Villa Medici Giulini ospitanmo
continuamente conventions ed eventi di alto livello. Eccoci tra i fortunati
invitati alla masterclass e al brindisi
di controfagotto (6,7,9)
ORA ..DI ADIDAS
Continua la collaborazione fra la
bellissima Rita Ora che ha creato un
outfit sportivo in jersey e pelle con
righe, stelle, scritte e colori molto accesi.. Brava Rita! (10)
NABUCCO A MONACO
Una serata di grande musica verdiana all’Opera Monaco, alla presenza
dei principi di Monaco S.A.S Alberto
II e Charlene (foto 4) Tra gli spettatori della serata, la bellissima Antonia
Gospodinova (foto 11)
IL DRINK DI ROCCO
Rocco Siffredi (12) ha lanciato Macalove, il primo love energy drink che,
grazie alla maca, suo principio attivo, è una potente pozione d’amore
in grado di riscaldare da subito l’atmosfera tra persone che si vogliono
amare.La maca è una pianta tipica delle Ande
- nome botanico Lepidium Meyenii - che sorge
spontanea al di sopra dei 3000 metri nei territori montagnosi del Perù e della Bolivia. Noto
anche come il ginseng peruviano, la Maca è
conosciuta fin dai tempi dell’antico impero
Inca per le sue grandi proprietà energizzanti
ed afrodisiache per entrambi i sessi. La parte
che si utilizza è la radice, composta di acqua,
amminoacidi essenziali, fibre, grassi (pochi),
vitamine e minerali tra cui ferro, fosforo, calcio, potassio, zinco e manganese. Funzionerà?
Beh, fateci sapere...
FINALMENTE SIAMO AL MONTAGGIO...
Le riprese del nostro reality show sono quasi
finite e stiamo già montando. Come sempre,
anche per la quarta puntata abbiamo simpaticamente ‘rapito’ tre persone con il loro consenso, al calar della notte. E le abbiamo portate a vivere una Top Nightlife di esperienze
culturali, gastronomiche e musicali in giro per
la nostra bella Italia. Come sempre, nei luoghi speciali dove abbiamo portato le nostre
vittime, ci attendevano con pazienza, a volte
per ore a tarda sera, amministratori locali, ristoratori, volontari di associazioni, imprenditori e professionisti che rappresentano vere e
proprie eccellenze di un territorio. Per questa
puntata abbiamo scomodato cavalli e ballerini, direttori museali e osti, mugnai, artisti e
designer. Hanno accolto i nostri nuovi amici
(nominiamone un paio, Chiara e Alessio) e ci
hanno aiutato a trasformarli, come sempre ne
corso della nostra trasmissione, da abituali
spettatori a non abituali protagonisti di un set.
Se volete conoscere la data di messa in onda
del reality show Top Nighlife, chiedete l’amicizia alla nostra pagina Facebook. Se vi sfugge
la diretta, niente paura: potrete vederla e rivedere anche le puntate precedenti sul nostro canale Youtube. Per ora grazie alla nostra troupe
e alla nostra redazione (Timur de Angeli, Simone Saccani, Loria Brambillasca, Alessandro
Zanotto, Sonia Avanzi, Giuseppina Caraccio),
ai nostri autori musicali (Arduino Roccioletti,
Galeazzo Melzi d’Eril) e ai nostri artisti (Ada
Eva Verbena e Laura Malattia) per i contributi
visivi creati esclusivamente per Top Nightlife.
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ARENA
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n.22 12/2016
Cover Story
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riscoprire puccini
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In queste pagine: Cappella Sistina, particolare
del Giudizio Universale
di Michelangelo. In alto:
il simbolo del Giubileo
della Misericordia 2015
ARENA
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n.22 12/2016
Cover Story
A sinistra, il Teatro alla Scala visto dal Palcoscenico. Qui sopra, il
Maestro Riccardo Chailly, nuovo direttore musicale da gennaio
prossimo.
A fianco, la bellezza di Maria Josè Siri, interprete della versione integrale di Butterfly, andata in scena al debutto.
Madama Butterfly, la tragedia giapponese in due atti di Giacomo
Puccini è stata scritta da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Ritorna
quest’anno con Coro e Orchestra del Teatro alla Scala.
Per questa nuova produzione del Teatro alla Scala, un cast e un
backstage ricchissimi. Regia di Alvis Hermanis, scene di Alvis Hermanis e Leila Fteita, costumi di Kristine Jurjāne, luci di Gleb Filshtinsky, video di Ineta Sipunova, coreografia di Alla Sigalova.
Con: Maria José Siri, Annalisa Stroppa, Nicole Brandolino, Bryan
Hymel, Carlos Álvarez, Carlo Bosi, Costantino Finucci, Abramo
Rosalen, Leonardo Galeazzi, Gabriele Sagona, Romano Dal Zovo.
con chailly e siri
L’esecuzione della prima versione è un progetto che
porta il pubblico nel cuore dell’opera. Ce lo spiega il
Maestro, incontrato all’associazione Amici del Loggione
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ARENA
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n.22 12/2016
Cover story
Il capolavoro pucciniano torna in versione integrale alla Scala
L
a terza opera più rappresentata al mondo, Madame Butterfly, apre la stagione operistica mercoledì 7 dicembre, giorno
di Sant’Ambrogio, al Teatro alla Scala di Milano. Quest’anno
l’opera scelta torna dopo vent’anni nella sala del Piermarini
a incantarci con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di
Alvis Hermanis. Viene però rappresentata la prima versione
che Giacomo Puccini scrisse nel 1904. E’ una scelta che, non
solo sottolinea il legame tra la Scala e questo capolavoro. Ma
premia soprattutto il lavoro paziente di Chailly che ha studiato
con grande attenzione lo spartito d’esordio dell’opera che fu
rimaneggiata da Puccini dopo un iniziale insuccesso. Chailly
ha lavorato per mesi con l’orchestra, il coro e i cantanti. Riproporre questa prima versione con il massimo rispetto della
scrittura musicale più lunga e più complessa, è un’operazione
molto interessante. Permette a tutto il pubblico di comprendere il processo di costruzione della Butterfly, acquisire una consapevolezza storica e musicale sulle opere di Puccini che con
Verdi è uno dei compositori più amati a livello globale. Alla
fine saranno quindici gli spettacoli in cartellone a partire da
questo mese. L’ha ribadito il sovrintendente Alexander Pereira
durante una recente conferenza stampa in cui ha commentato
il solo voto contrario (tutti gli altri erano a favore) che la Regione aveva espresso durante l’assemblea del cda. «Troppo elevato il numero di opere che avrebbero fatto lievitare i costi degli
allestimenti acquistati da altri teatri», era stata la spiegazione.
«Non capisco l’argomentazione -, ha commentato Pereira in
conferenza stampa. Se si guardano le produzioni della Scala
Riccardo Chailly ospite all’Associazione Amici
del Loggione del Teatro alla Scala, durante l’intervista con la direttrice di Arena Lifestyle
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a partire dal 2008, la media è di 14 produzioni a stagione;
se invece di 14 ora ne facciamo 15 non credo sia un grande
problema». Questa stagione porta l’impronta di Riccardo
Chailly (che dal 1 gennaio 2017 diventerà Direttore Musicale). E’ stato lui a volere proprio questa Madama Butterfly,, nella versione che manca alla Scala dal suo debutto,
la versione del 1904. Ma ci sarà anche una originale collaborazione con il regista Gabriele Salvatores, premio Oscar
per il film Mediterraneo nel ‘91, che debutta nel teatro lirico milanese con “La Gazza Ladra” di Rossini.
L’esecuzione dell’opera giapponese di Puccini si colloca
anche in un periodo di intensi scambi culturali tra Milano
e il Sol Levante: mentre si spengono gli echi della tournée che ha portato il Ballo scaligero a Tokyo dal 22 al 25
settembre in occasione dei 150 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, a Palazzo Reale è in mostra Hokusai Hiroshige Utamaro - Luoghi e volti del Giappone, una
bellissima mostra che raccoglie oltre 200 opere. E il Museo
della Scala dedica una monografica alla storia di Butterfly.
La caccia ai biglietti meno costosi è iniziata, come sempre
il 7 ottobre scorso. Come avviene dal 2011, anche quest’anno il Comune di Milano ha deciso di rendere disponibili i
biglietti riservati all’Amministrazione per la prima del 7
dicembre, serata inaugurale che prevede lo sfoggio di magnifici abiti da sera e l’arrivo di vip da tutto il mondo: il
ricavato della vendita, per il sesto anno consecutivo, sarà
interamente destinato a un progetto di utilità sociale, una
scelta che unisce sobrietà e solidarietà.
Ma passiamo ora a occuparci più da vicino dell’opera,
Il Maestro ascolta le domande tecniche
dei soci, sullo spartito della Butterfly,
versione originale del 1904.astelani
&
La firma dell’autografo per la nostra rivista
con dedica speciale al responsabile delle pa-
gine junior, Galeazzo Melzi d’Erilva Una
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n.22 12/2016
La prima protagonista fu Rosina Storchio
della sua storia e degli interpreti di questa edizione. Madama
Butterfly di Giacomo Puccini ebbe la sua prima assoluta al Teatro alla Scala il 17 febbraio 1904 con la direzione di Cleofonte
Campanini. La prima protagonista fu Rosina Storchio. Le cronace del tempo raccontano di una serata contrastata: i nemici
del compositore alimentarono le proteste: <<fu un vero un linciaggio>> dichiarò lo stesso Puccini, che però credendo nella
validità di quel lavoro, si affrettò a proporre una nuova versione, con il secondo atto diviso in due, che trionfò a Brescia il 28
maggio dello stesso anno, per poi andare alle stampe e restare
come edizione ufficiale.
Alla Scala Butterfly non tornò fino al 1925, dopo la morte del
compositore, con la prestigiosa direzione di Arturo Toscanini.
Da allora, ovunque, è sempre stata un trionfo. Fu un fiasco autentico, quello di Milano, o il frutto di una spedizione punitiva
organizzata da avversari artistici ed editoriali? E le modifiche
che Puccini introdusse furono dettate da considerazioni artistiche o dalla necessità di far accettare l’opera al pubblico smussandone gli aspetti drammaturgici più crudi e le innovazioni
musicali più legate al panorama europeo? Il direttore Riccardo
Chailly ci ha spiegato molto bene quel che accadde in quegli
anni, durante il tradizionale incontro a porte chiuse che si tiene
ogni anno per gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala, un
cenacolo di appassionati d’opera, di esperti, di ex professori
dell’orchestra e concertisti che hanno un orecchio finissimo,
pronto a cogliere ogni inciampo. Tanto fino che nessun direttore si presenta al podio senza aver colloquiato col gruppo dei
terribili loggionisti, che con fischi e proteste - se è il caso - da
sempre decreta il successo o l’insuccesso di un cantante o di
Foto ricordo con il Presidente degli amci
del Loggione, pronti a fischiare spietatamente gli errori di orchestre e cantanti
Cover Story
MARIA JOSE’ SIRI
Se l’esser stata scelta da Riccardo Chailly per interpretare il ruolo
del titolo in Madama Butterfly nella serata inaugurale della stagione
2016-2017 del Teatro alla Scala di Milano rappresenta la punta di
diamante dei suoi prossimi impegni, altri appuntamenti prestigiosi
affollano il calendario 2016/2017 di Maria José Siri nei prossimi mesi,
fra cui la Messa da Requiem di G. Verdi diretta da Chailly per la tournée del Teatro alla Scala al Teatro Bol’šoj di Mosca e successivamente con i Berliner Philharmoniker sempre diretti da Chailly, Manon
Lescaut al Teatro Regio di Torino, al Teatro San Carlo di Napoli e al
Grand Théâtre di Ginevra, Tosca alla Semperoper di Dresda e alla
Deutsche Oper di Berlino, Maddalena di Coigny in Andrea Chénier
alla Deutsche Oper di Berlino e al Teatro dell’Opera di Roma.
Il soprano uruguayano ha iniziato gli studi vocali all’ENAL di Montevideo, perfezionandoli al Conservatorio di Parigi e con Ileana Cotrubas a Nizza e a Vienna. Maria José Siri ha interpretato i primi
ruoli operistici sui palcoscenici della sua nazione e in Argentina, debuttando poi in Europa nel 2008 nel ruolo di Leonora ne Il trovatore
in Genova sotto la direzione musicale di Bruno Bartoletti.
Da allora i suoi impegni l’hanno portata nei teatri e nei festival più
prestigiosi a livello internazionale, fra cui il Teatro alla Scala (Aida),
lo Staatsoper di Vienna (Tosca e Maddalena in Andrea Chénier), il
Liceu di Barcellona (Mimi ne La Bohème), lo Staatsoper di Berlino
(Tatiana in Evgenij Onegin e Tosca), la Deutsche Oper di Berlino
(Tosca), La Monnaie di Bruxelles (Amelia in Un ballo in maschera), il
New National Theatre Tokyo (Tosca e Andrea Chénier), il Palau de les
Arts di Valencia (Manon Lescaut, Aida), la ABAO Bilbao (Elisabeth
de Valois in Don Carlos), il Teatro Comunale di Bologna (Leonora ne
Il trovatore, Amelia in Un ballo in maschera e Odabella in Attila.).
Ritratto di Giacomo Puccini, negli
anni di debutto della Butterfly, terza
opera più rappresentata al mondo
Il manifesto originale dell’opera con le
annotazioni a margine del maestro di
Torre del Lago
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ARENA
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n.2212/2016
Cover story
Ha aperto i battenti anche la mostra dedicata all’opera
una produzione.
Da quando viene eseguita, Madama Butterfly si è guadagnata
il favore del pubblico di tutto il mondo. E la Scala fa ammenda
della tempesta della prima rappresentazione, allestendo negli
anni una sequenza di spettacoli leggendari. Ma sempre, tutti improntati sulle versioni accorciate e rivisitate dal Maestro
Puccini, dopo l’esordio del 1904. La prima edizione fu quella
di Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904 (in due Atti), clamorosamente bocciata dal pubblico. Butterfly venne ripresa
a Brescia, Teatro Grande, 28 maggio 1904 (versione in tre Atti)
e misteriosamente risorse, incontrando il favore popolare. Fu
ancora modificata per Londra nel 1905. La versione di Parigi,
quella che s’ascolta di solito, venne allestita per l’Opera Comique, il 28 dicembre del 1906. Si tratta dunque di quattro
Butterfly differenti. I mutamenti significativi riguardano l’edizione di Brescia, che elimina l’allusione ‘ Il primo sole ‘ mio
‘ al primo Atto della Boheme; aggiuge l’Arioso ‘ Addio fiorito
asil ‘ e abbrevia il finale col suicidio di Cio-Cio-San. Le riprese
di Londra e di Parigi alleggeriscono ancor più’ la partitura.
Puccini fu costretto, in ultimo, a ritoccare anche la parte della
protagonista, per adattarla al registro della cantante Marguerite Giraud, che era la moglie del direttore del Teatro parigino.
In attesa di riascoltare la prima versione in stile ‘Chailly’,
quest’anno il Teatro alla Scala ha organizzato due appuntamenti di approfondimento: un convegno internazionale di
studi su Madama Butterfly curato da Franco Pulcini, che si è
tenuto il 10 e 11 novembre nel Ridotto dei Palchi del Teatro.
E’ stato importante accompagnare la produzione con un momento pubblico di riflessione musicologica e culturale sull’o-
13/11/2016
Cereali
Bellissimi paraventi giapponesi con raffigurazioni di samurai, geishe e alberi di
ciliegio, che hanno ispirato i costumi
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pera. Il successo è stato notevole, con studiosi in arrivo da
tutto il mondo. Inoltre ha aperto i battenti, per un pubblico
davvero allargato, la mostra “Madama Butterfly, l’Oriente
ritrovato”, nelle sale del Museo Teatrale alla Scala. A cura
di Vittoria Crespi Morbio, inaugurata il 12 novembre scorso e aperta fino al 28 febbraio 2017, essa racconta le meraviglie dischiuse sulla scena scaligera da registi, scenografi
e costumisti, da Caramba a Foujita fino a Keita Asari. Sono
esposti abiti, spartiti, manifesti, progetti, gioielli, fotografie, lettere e documenti, ritagli di giornale, bozzetti e cimeli, le foto e le parole di Puccini, la sua musica risuonano fra
queste preziose testimonianze.
Ma passiamo ora agli ultimi segreti scoperti dagli studiosi,
dettagli che hanno reso quest’opera sempre più avvincente per chi vi si accosta.
Partiamo innanzitutto dal titolo: Il nome “Butterfly” è stato tratto da un dialogo: Pinkerton, allude alla fragilità, paragona la sua Cio-Cio-San a una farfalla.
L’idea di un’opera esotica non è un’esclusiva di Puccini
e i personaggi non sono opera di fantasia, ma sono veramente esistiti. La storia di una gheisha amata da un ufficiale americano è stata confermata a Puccini dalla moglie
dell’ambasciatore giapponese in Italia. Di recente è stato
scoperto un archivio con le foto di alcuni ufficiali della Marina statunitense di stanza in Giappone alla fine dell’Ottocento. Uno di questi si chiamava Pinkerton, aveva gli occhi chiari, non era particolarmente alto e portava la barba.
La foto è stata mandata a Chailly dal musicologo inglese
Grosz pochi giorni fa, impressionandolo fortemente. An-
n.12.jpg (2971×4520)
I poetici paesaggi giapponesi, con specchi
d’acqua, montagne e betulle e personaggi
in costume antico.
http://www.studiopierrepi.it/wp-content/uploads/2014/09/n.12.jpg
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Una scena invernale carica di simbologia, con il salice piangente sotto la neve
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n.22 12/2016
Puccini musicò il Giappone arcaico dei Samurai
GIUSEPPE RIVA, UN RICORDO DELLO ‘ZIO BONZO’
Ho avuto il piacere e, più ancora, l’onore di cantare diverse volte
sotto la direzione del Maestro Chailly, cominciando nel 1985 al Teatro Alla Scala con l’Andrea Chenier con Josè Carreras, Eva Marton,
Piero Cappuccilli; quindi a Bologna per Gianni Schicchi, Rigoletto,
poi a Tokyo con Rigoletto ancora. Nel maggio 1995 la direzione del
Teatro Alla Scala mi manda a chiamare per un’audizione nel cast
della Madama Butterfly, in programma per la stagione 95-96.Poi
non ne seppi più nulla. Nè notizie e men che meno il contratto (come
da lettera del Maestro Chailly). Il Teatro Carlo Felice mi propose di
lavorare nella Salomè di Strauss in tedesco (che non conoscevo).
Telefonai a Milano e mi fu risposto che per il ruolo desiderato dal
Maestro Chailly, vi erano già altri tre cantanti scritturati e che stavano già provando. Misi il cuore in pace e non volendomi mettere a
studiare un ruolo di un’opera che si mette in scena molto raramente,
rifiutai la proposta del Teatro Carlo Felice, pensando di impiegare
le festività per viaggi e vacanze. Il pomeriggio del 2 gennaio, appena tornato con le valigie ancora da disfare, squillò il telefono. Mi
chiamavano dalla Direzione Artistica del Teatro Alla Scala perchè
il Maestro Chailly aveva cacciato i tre colleghi e voleva me. Senza
aver mai studiato la parte dello zio Bonzo (lo sapevo, ma ad orecchio), stanco per i bagordi delle feste passate, arrivai in Teatro che
l’opera Madama Butterfly era già alla prova generale; catapultato
così com’ero vestito sul palcoscenico, senza sapere dove e cosa fare,
provai. Andò tutto a meraviglia. Le recite, 12 in totale le sostenni
tutte io; non solo: siccome le ultime sarebbero state in febbraio, laddove io avrei dovuto essere a Genova per iniziare le prove di un’altra
opera, il Teatro Alla Scala riuscì ad ottenere il permesso dal Teatro
Carlo Felice, affinché arrivassi a prove già iniziate.
Il baritono Giuseppe Riva nei panni dello
zio Bonzo, Teatro alla Scala, 1996
Cover Story
che il tenore che canta quest’anno alla Scala nei panni dello sposo di Butterfly la porta. Il personaggio di Pinkerton,
dell’americano che conquista tutto coi dollari, non doveva
risultare molto simpatico al compositore. Puccini gli affida
una parte tutto sommato modesta e una grottesca citazione dell’inno americano. L’Arioso del secondo Atto: “Addio
fiorito asil” ‘ interrotto più’ volte dal console Sharpless. Solo
il Duetto d’amore, alla fine del primo Atto, lo risolleva un
po’ dalla piattezza espressiva e dall’accento sempre un po’
di derisione verso il mondo giapponese che lo caratterizza,
specie durante la scena della festa quando si rivolge allo zio
Bonzo beve il sakè.
Passando alla genesi della storia, i precedenti operistici sono
Slika, eroina dell’Africaine (1865), opera postuma di Meyerbeer, e Lakmè, protagonista dell’altra opera omonima (1883)
di Delibes. Entrambe non sono europee e si innamorano di
un bianco, tradendo i propri costumi, uccidendosi quando
costui le abbandona. Dopo le turcherie del 1700, anche i paesi dell’estremo Oriente aprirono ai commerci occidentali,
ispirando racconti e romanzi su ciliegi e samurai. Pierre Loti
scrisse nel 1887 il celebre romanzo Madame Chrysantheme,
introducendo la moda dei soggetti orientali. Le opere giapponesi che seguirono crearono l’humus ideale per la nascita
dell’opera di Puccini. Lo scrittore John Lutter Long trasse
il racconto Madam Butterfly proprio dalla “Signora dei crisantemi” di Pierre Loti, e lo pubblicò su una rivista nel 1898.
David Belasco la ridusse in versione scenica, che servì a Giacosa e Illica per il libretto pucciniano.
Long utilizza la storia adattandola alla sua sensibilità e
Josè Maria Siri durante le prove della
Madama Butterfly, produzione del Teatro
alla Scala diretta da Riccardo Chailly
Il famoso abbraccio tra la bella geisha e
l’ufficiale della marina americana Pinkerton, che è realmente esistito.
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n.22 12/2016
Cover story
Riccardo Chailly: “Butterfly non era così ingenua, leggete il libretto...”
La ‘prima’ della Scala
del 7 dicembre è da sempre una gara di eleganza: la Rai manda una
cronista nel foyer per
raccontarla. A sinistra,
Daniela Javarone con il
mito della danza Roberto Bolle. Qui sotto: la
capacità interpretativa
di Josè Maria Siri.
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muta la geisha dolce e spiritosa dell’originale. Nella versione di Loti il racconto
chiude con la geisha intenta a contare il
denaro lasciatole dall’ufficiale americano.
Long cambia il finale in senso semitragico: Cio-Cio-San, che Loti aveva battezzato
Ko-Hou-San (il nome somiglia), decide di
fare harakiri, ma il pensiero del figlio la
dissuade. Quando la nuova moglie di PInkerton Kate a prendere il figlio per portarlo in America non la trova più, la donna
ha ripreso l’antica professione di geisha.
David Belasco, che amava i colpi di scena,
opta invece per la soluzione tragicissima
dell’arrivo di Pinkerton e del suicidio di
Butterfly, concentrando in un solo atto, per
sottolineare le unità aristoteliche di tempo
e luogo. Puccini sceglie infine l’aurea via
di mezzo, costringendo i librettisti Giacosa e Illica a due atti e alla duplice suddivisione del secondo quadro, per consentire
una descrizione minuziosa dei caratteri e
dell’animo dei protagonisti, tornati ad essere infine più dolci ed affettuosi. Le versioni successive dell’opera hanno eliminato alcune cose e ne hanno aggiunte altre.
La produzione 2016 taglia la famosa aria
‘Addio fiorito asilo’ perchè nell’esecuzione del 1904 non c’era. Ma l’opera non si
accorcia, torna ad essere presente il materiale originale che era stato tagliato nelle
versioni precedenti: si coglierà un notevole ampliamento della parte musicale, del
racconto di un mondo parallelo a quello
ottocentesco europeo, con un senso di rispetto della tradizione fortemente voluto
in questo progetto di Chailly, che nel suo
mandato scaligero punta alla riscoperta
delle partiture originali di Butterfly, un’opera che vanta 6 grandi rappresentazioni,
fra le tante uscite in tutto il mondo. “E’
un’opera apparentemente economica, per
i teatri”, perchè ci sono pochi personaggi”
spiega il Maestro “ e da cassetta perchè
tutti la conoscono. Dunque non è facile essere innovativi con la Butterfly. Andare in
All’indagine psicologica Puccini unisce la novità del sapore esotico della vicenda. Egli cita letteralmente vari temi
giapponesi.
1) l’inno nazionale del Giappone,
all’arrivo del commissario imperiale
e dell’ufficiale del registro nel primo
Atto.
2) La canzone del fiore di ciliegio quando Butterfly mostra a Pinkerton i suoi
piccoli averi.
3) la canzone “Nihon Bashi” che accompagna con ondeggiamenti melodici gli
inchini degli ospiti che si congratulano
con Butterfly - Atto primo
4) la canzone “Il mio principe” che simboleggia il principe Yamadori - Atto
secondo.
5) la preghiera di Suzuki nell’Atto secondo, parte prima.
6) la canzone di primavera all’arrivo di
Butterfly, nell’Atto primo
7) un canto popolare che s’ispira alla
triste storia della famiglia Butterfly,
nell’Atto primo.
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n.22 12/2016
Cover Story
“Oggi un atto che dura 75 minuti non spaventa nessuno”
scena con la prima partitura, dunque, è un modo per essere innovativi, ricordare a tutti
cosa voleva dirci Puccini fin dalla prima volta. Oggi portare in scena un atto che dura
75 minuti non spaventa nessuno, è un’operazione di conoscenza e di arricchimento”.
Passando alla psicologia di Butterfly, si tratta di un aspetto che è sempre stato profondamente indagato. La storia della fanciulla ingenua che si innamora, diviene donna
e madre e affronta il suo destino senza paura, anche quando cade l’ultima illusione,
sconvolge sempre l’animo del sesso femminile. Il suo ‘ processo di maturazione è accompagnato da un crescendo musicale: la musica è prima più semplice e leggera, poi
sempre più profonda. Il fil di fumo, che “Un bel d’ vedremo” ‘ è affidato alla melodia
ascendente, sopra gli archi che accompagnano in pianissimo e sordina. Brevi frasi a
toni interi conducono all’Arioso. Le pause musicali esprimono efficacemente i dubbi di
Butterfly, prima della ripresa della melodia iniziale, libera ora di svettare, sicura, sopra
l’orchestra. “Il linguaggio musicale di Puccini è molto vicino all’espressionismo” spiega
il maestro Riccardo Chailly durante il consueto incontro in Via Silvio Pellico con l’Associazione Amici del Loggione del Teatro alla Scala e la conversazione con il dottissimo
Presidente Gino Vezzini, un’enciclopedia vivente dell’opera. “Egli ha dato precise indicazioni sull’esecuzione di certi passaggi piuttosto difficili. Abbiamo confrontato con
i manoscritti dell’esecuzione di Londra che certe annotazioni fossero effettivamente di
suo pugno. E poi ci siamo messi tutti a lavorare. Quasi tutti, per la verità: ho ritrovato in
orchestra tre professori che avevano suonato con me vent’anni fa, tutti gli altri sono nuovi. Abbiamo deciso di reintrodurre il cymbalum, uno strumento ungherese che somiglia
a un antico strumento giapponese, perchè nella versione del 1904 c’era. In seguito era
stato eliminato, ma è importante udirlo: offe una sonorità speciale, un’aria di Oriente
straordinaria. Anche Stravinsky lo ha usato. In questa prima versione dell’opera non
c’è alternativa al re bemolle previsto per l’arrivo di Butterfly. Puccini vuol rendere in
musica una certa sensibilità pittorica che in quegli anni era molto sentita. “Lo spettatore
è pervaso da una musica bellissima, fluttuante, si sente già nell’aria una certa tragicità,
si sente l’influenza della scuola di Vienna? “Sì, qualcosa di Richard Strauss” conferma
Chailly. “ In quegli anni Puccini si ferma ad ascoltare la Salomè di Strauss e le ultime
creazioni di Malher. Dunque non è vero, a mio avviso, che il personaggio di Butterfly sia
così ignaro. Lei dà segnali di preoccupazione, ci sono registri molto tristi, un pessimismo che si evince anche dalle sue parole ‘fammi bella’, ‘non son più quella’, la fragilità
della donna che è stata si coglie qui. Un altro segnale arriva dal lungo abbraccio alla fine
del duetto. Il senso di sofferenza si stempera apparentemente nella scena della festa di
matrimonio, ma poi si torna verso la tragicità, verso l’arrivo vigliacco di Pinkerton con
la nuova sposa.
Nel secondo atto ci sono forti ribaltamenti della storia. Pinkerton, ripartito con la nave
dopo questo matrimonio giapponese non riconosciuto civilmente dall’America, torna
dopo anni con la nuova sposa. Butterlfy è spaventata dalla donna bionda che compare
nella sua casa, perchè le porta via il suo sogno, quello di una famiglia. Da qui inizia
una deriva tragica: l’intenzione di portarle via il bambino, l’offerta di denaro e il rifiuto
di lei “Sono avvezza ad ogni peggior cosa’ dice Butterfly, che appare dunque non così
ingenua come pareva. E avvia il suo crescendo di disperazione.
Il secondo Atto infatti, bipartito tra la solitudine di Butterfly, momentaneamente fugata dall’arrivo di Sharpless, presenta tutti gli episodi ineluttabili che precedono la sua
morte.
Dall’alto:
Sono sette i temi autentici, gli altri sono stati altri inventati da Puccini sulla falsariga delle musiche tradizionali, con combinazioni ritmiche e timbriche inusitate: arpa, legni e campane all’arrivo di Butterfly nel
primo Atto. Puccini impiega altrove scale nazionali,
specie quelle pentatoniche, come nel tema di Yamadori
nel secondo Atto, oer dare un significato drammatico
usa la scala a toni interi, il tritono, i pedali e gli ostinati, oltre a passaggi che suonano bitonali. Il primo Atto
è suddiviso in due parti. Nella prima il coro dipinge la
vicenda e presenta basato su la si re mi sol e armonizzato per sei volte in modo diverso. Nella seconda trionfa
l’amore, che si concentra espressivamente nel duetto
di Butterfly e Pinkerton, molto complesso e articolato,
di assoluta efficacia espressiva, l’ Introduzione “Bimba, bimba non piangere”, prima sezione “Bimba dagli
occhi pieni di malia”, seconda “Stolta paura” e terza
parte “Ah dolce notte” che chiude Duetto e Atto.
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n.22 12/2016
Cover story
La storia di Cio-Cio-San e Pinkerton commuove da un secolo
LA TRAMA DI MADAMA BUTTERFLY
di Giacomo Puccini Melodramma in tre atti su Libretto di
Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Prima rappresentazione:
Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904
Personaggi
Madama Butterfly - Cio-Cio-San (soprano) giovane geisha
Pinkerton (tenore) tenente della marina degli Stati Uniti
Suzuky (mezzosoprano) servente di Butterfly
Sharpless (baritono) console statunitense a Nagasaky
Goro (tenore) sensale di matrimoni
Lo zio Bonzo (basso)
Il principe Yamadori (tenore) pretendente di Butterfly
Kate Pinkerton (mezzosoprano) moglie di Pinkerton
Imperial Commissario (basso)
Ufficiale di Registro (basso)
Zio Yakusidé (basso)
Zia di Butterfly (soprano)
Cugina (soprano)
Madre e Parenti di Butterfly (coro)
Dolore (bimbo mimo)
ATTO I
In una casa con giardino, a Nagasaki, il tenente della marina statunitense Benjamin Franklin Pinkerton, accompagnato da Goro, sensale di matrimoni, attende divertito il
corteo nuziale della sua sposa, la geisha Cio-Cio-San, detta
Madama Butterfly. Goro gli presenta l’ancella Suzuky, nel
frattempo giunge Sharpless, console americano, al quale
Pinkerton espone, conversando amabilmente davanti a un
bicchiere di whisky, la sua cinica filosofia di «yankee» che
vuol godersi la vita, sprezzando rischi e i sentimenti altrui:
s’è invaghito di Cio-Cio-San e intende ora sposarla secondo
il rito giapponese, non riconosciuto negli Stati Uniti. Sharpless gli fa un garbato rimprovero, perchè ha compreso che
«ella ci crede» veramente, ma alla fine brinda con Pinkerton
che un giorno sposerà una vera sposa, americana.
Intanto, arriva Butterfly e il console le rivolge qualche domanda, Cio-Cio-San dice di essere nata a Nagasaki da una
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In alto, a San Francisco con il light designer Gary Marden. Qui sopra
all’Atlanta Opera, 2014, progetto l direttore artistico Tomer Zvulun.
ARENA
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n.22 12/2016
Cover Story
Il prepotante americano non piace, in fondo, neanche a Puccini
famiglia un tempo assai prospera, ma poi finita in miseria,
motivo per cui è stata costretta a fare la geisha. Vive con
la madre il padre è morto. Quando le viene chiesta l’età,
Butterfly si diverte fanciullescamente a farla indovinare, poi
ammette maliziosa di avere 15 anni. «L’età dei giochi» commenta Sharpless con tono severo.
Giungono quindi la madre di Butterfly e gli altri parenti per
la cerimonia, e Pinkerton li osserva divertito.
Butterfly trae in disparte Pinkerton per mostrargli alcuni
oggetti che ha portato con sé in dote: dei fazzoletti, una
pipa, una cintura, uno specchio, un ventaglio, un vaso di
tintura per il trucco tradizionale e, infine, un astuccio lungo
e stretto, ma alla richiesta di Pinkerton di vedere cosa contiene, essa lo ripone in tutta fretta, dicendo che c’è troppa
gente intorno. Goro spiega sottovoce che si tratta della lama
con cui il padre si è suicidato su ‘invito’ dell’Imperatore.
In attesa dell’inizio della cerimonia, Cio-Cio-San confessa
a Pinkerton, a dimostrazione della sua devozione, di aver
rinnegato la sua fede e di essere divenuta cristiana. Si celebrano quindi le nozze, il console e i funzionari se ne vanno,
mentre tutto il parentado si trattiene per festeggiare. A quel
punto irrompe lo Zio Bonzo, furibondo: ha scoperto che
che Cio-Cio-San ha rinnegato la fede degli avi e, cacciato
da Pinkerton, la maledice rinnegandola a sua volta, seguito
dai parenti. Il pianto di Butterfly viene placato dalle ardenti
parole di Pinkerton, infiammato dal desiderio, mentre scende la notte. L’ingenua fanciulla risponde teneramente alle
appassionate parole del marito che, stringendola in un abbraccio, la conduce all’interno della casa.
Altre immagini di famosissime Butterfly: in alto la mitica Maria Callas.
Qui sopra, una rara immagine di Geraldine Farrar durante le prove
ATTO II
La fedele Suzuki prega davanti alla statua di Budda affinchè Cio-Cio-San non pianga più, perchè da tre anni, la sposa
aspetta il ritorno del marito Pinkerton, partito per gli Stati
Uniti con la promessa di ritornare a primavera, nella stagione in cui i pettirossi fanno il nido. Butterfly è convinta che
che un bel giorno dall’orizzonte spunterà la nave di Pinkerton e il suo sposo salirà la collina chiamandola con gli
affettuosi vezzeggiativi di un tempo. Sopraggiungono Goro
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n.22 12/2016
Cover story
,
Maria José Siri, giovane soprano uruguaiano di origini italiane, la star della stagione scaligera 2016/17, si è dedicata inizialmente allo studio del
pianoforte, della chitarra, sino a giungere al sassofono tenore. Dal 2003, quando viene proclamata rivelazione artistica dell’anno dall’associazione dei critici musicali argentini. è una presenza ormai costante nei maggiori teatri europei dalla Spagna, alla Germania, all’Austria, all’Italia. Ha
lavorato a San Pietroburgo e nei paesi scandinavi (Savonlinna in Finlandia, Stoccolma e Copenhagen), ha cantato Aida al Cairo, di fronte alle
piramidi di Giza. Anche a Tokyo, Osaka, Tel Aviv e Istanbul è celebrata come una delle cantanti più interessanti degli ultimi anni.
Lavora moltissimo, dunque ha pochissimo tempo libero per sè. Che lo abbia speso per studiare il suono di alcuni strumenti come il sassofono e
il violoncello, è una notizia che ha fatto subito il giro del mondo. “Complessivamente avrò studiato sassofono in totale per sei mesi al massimo,
ma ricordo come è stato difficile raggiungere le note più gravi, imparare velocemente a prendere dei fiati incredibilmente profondi per riuscirci.
Studiare il suono d’uno strumento così impegnativo ha fatto sì che io prendessi coscienza del fiato e dell’appoggio a un livello molto alto. Questo
è stato un grande vantaggio, nello studio del canto” A Maria Josè piacciono molto la varietà e l’innovazione. Ha lavorato in produzioni in cui
il direttore segue una linea chiara che non rispetta il libretto o il regista cerca di cambiare o “migliorare” quello che è già un pilastro nella storia
della lirica. Ha cantato l’opera italiana con proposte innovative all’estero, mentre in Italia ha firmato con la sua voce produzioni più tradizionali.
Si muove con disinvoltura sulla ribalta delle Aide ‘classiche’ di Zeffirelli ma canta anche per quelle modernissime, anche per le produzioni a
rischio di contestazione.
La Butterfly alla Scala è un lavoro molto interessante per il tipo di percorso che lei ha in mente per sè stessa. “Mi piacciono le proposte dove c’è
una vera lettura profonda e curata di quella materia particolarissima chiamata Opera, che è teatro cantato. “ ha dichiarato alla stampa qualche
anno fa. “A volte certi registi non hanno la minima considerazione o, peggio, consapevolezza del fatto che la voce, l’emissione,
condizioni anVintage
che il fisico. Ci capitano situazioni dove noi - e quando dico noi mi riferisco ad artisti che sono aperti a fare o a provare a fare cose anche molto
difficili fisicamente mentre si canta - dobbiamo spiegare che non è possibile far ciò che ci viene chiesto e tuttavia non sempre siamo ascoltati.
Il problema è che c’è sempre qualcuno che accetta! Così lo spettacolo nasce in un modo nella prima produzione, con artisti che consentono
qualunque cosa senza dialogare, e poi i registi hanno perfettamente ragione a esigere che anche gli interpreti delle riprese facciano lo stesso.”
La Butterfly del 1904 ci offre un personaggio femminile tutto da studiare dal punto di vista psicologico. Certo, il pubblico di quest’opera, come
per Aida, è molto influenzato dagli allestimenti e dai costumi. “Per quanto riguarda gli allestimenti tradizionali, in certi casi li preferisco” sostiene Maria Josè Siri. “Perché il linguaggio corporale cambia con i costumi d’epoca e ogni tanto sento di tornare a casa quando indosso un grande
vestito per fare un movimento ampio che accompagna una grande frase, che riempie il palco e la vista del pubblico”.
Ha iniziato gli studi come soprano leggero: Regina della notte (e anche Pamina), Lucia, Amina e Gilda, per citare solo alcuni dei ruoli che ha
interpretato. Poi il destino l’ha portata a cambiare insegnante e repertorio, la voce piano piano è diventata più lirica con lo studio, poi sono arrivati i primi concorsi e le prime audizioni. Col tempo Maria Josè Siri ha capito di essere un soprano lirico a 360 gradi, con accenti drammatici.
E questo le permette di padroneggiare pienamente i ruoli verdiani e pucciniani.
“La ricerca sulla mia vocalità non finisce mai” sottolinea “ scopro sempre nuove possibilità, ma il mio scopo è riuscire a trovare quella che io
definisco “l’onestà” della mia voce. Solo acquisendo questa piena consapevolezza potrò cantare da Mozart a Puccini, interpretar Tatiana o Manon Lescaut con la stessa vocalità di soprano lirico pieno, solo cambiando intenzioni e colori: seguendo il testo, la parola, il fraseggio e lo stile.”
Quando la si sente cantare, appare comoda nella mezzavoce, pronta a “rischiare” con i piani piuttosto che con i forti, capace di sviluppare una
zona grave con gli anni, pur mantenendo freschi e morbidi gli acuti e il fraseggio. Puccini, Verdi, Leoncavallo,Čajkovskij, sono il suo repertorio
di elezione, ma - dichiara - le piacerebbe provare anche altri ruoli: da Rusalka a Thais da Adriana Lecouvreur a Elektra o Fanciulla.
La Siri ha un debole per l’opera francese ma è cosciente che il suo repertorio di elezione sarà sempre quello italiano. Il ruolo di Desdemona, che
ha interpretato qualche tempo fa, l’ha incuriosita molto. “La lettura non è facile, prima di studiarla la vedevo in un modo, ora approfondendo
ho imparato ad amarla ancora di più perché la trovo una donna di un grande coraggio, umanità e amore puro di frotte a tutti e a tutte le situazioni, fino al punto di rischiare la sua stessa vita. Dal punto di vista emotivo mi ha colpito la grande compassione che ella prova per Otello, la
sua insistenza per riuscire a trasformare l’odio in amore e perdono. Ovviamente essendo accanto a un personaggio assai forte e complesso come
Otello ho dovuto trovare il giusto equilibrio, cimentarmi inuna sfida bellissima”.
Anche per il ruolo di Butterfly lo studio è stato lungo e profondo con il Maestro Chailly intenzionato a rispettare con grande attenzione la partitura di Puccini e la sua capacità di cogliere tutte le inquiedutini del suo tempo, i primi anni del Novecento. “Nel momento che in cui iniziamo
ad avvicinarci a un nuovo personaggio dobbiamo anche scavare profondo nelle nostri emozioni e ricordi per fare della nostra interpretazione
una creatura credibile” spiega Maria Josè Siri.
“Affronto tutti i ruoli nello stesso modo, non mi importa in che Paese nè in che teatro canto. Tuttavia l’Italia è il posto giusto dove poter migliorare ogni volta di più i ruoli di repertorio italiano anche dal punto di vista linguistico. Ma il mio impegno non cambia. E’ sempre uguale: tanta
responsabilità e naturalmente tanto divertimento”.
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n.22 12/2016
Cover Story
Madama Butterfly nell’allestimento dell’English National Opera, 2005
e Sharpless, il quale ha ricevuto
una lettera da Pinkerton con un
messaggio per Cio-Cio-San. Ella è
raggiante di gioia e dà il benvenuto al console. Sharpless non ha il
coraggio di comunicarle che Pinkerton si è risposato in America e
che verrà presto a Nagasaki con la
sua nuova sposa.
Cio-Cio-San informa il console di
come il sensale insista per trovarle un nuovo marito. Uno dei pretendenti è il ricco Yamadori, che
giunge poco dopo in gran pompa
accompagnato dai suoi servi, ma
Cio-Cio-San non vuole saperne,
orgogliosa nella sua tenace convinzione di essere ancora sposata con
Pinkerton, anche secondo la legge americana. Sharpless comincia
con imbarazzo a leggere la lettera
di Pinkerton, continuamente interrotto da Butterfly e cerca di farle
capire la verità chiedendo: «Che
fareste s’ei non dovesse ritornar
più mai?» Cio-Cio-San s’arresta,
immobile, e risponde sommessa
che le alternative sono due: tornare a fare la geisha o morire.
Butterfly all’improvviso corre nella stanza accanto e ritorna trionfante con un bambino in braccio:
se Pinkerton l’ha scordata, potrà
scordare anche suo figlio? Il console, profondamente turbato, promette che informerà Pinkerton dell’esistenza del bambino ed esce.
Si avverte un colpo di cannone e
Cio-Cio-San si precipita fuori e, con
un cannocchiale, cerca di individuare la bandiera della nave, quindi,
esultante ne grida il nome: «Abramo Lincoln!», la nave di Pinkerton.
La sua gioia è immensa e ordina a
Suzuki di cogliere tutti i fiori del
giardino per adornare la casa e ricevere degnamente lo sposo. Con indosso l’abito da sposa, Cio-Cio-San
si accoccola con Suzuki e il bambino
davanti allo shosi in attesa dell’arrivo di Pinkerton.
ATTO III
A poco a poco la notte si dilegua,
Butterfly, si allontana dalla stanza
con il bimbo addormentato in braccio. Poco dopo giunge Pinkerton, in
compagnia di Sharpless e di Kate,
la moglie americana, che resta ad
aspettare in giardino. Informato
dal console del figlio che Butterfly
gli ha dato, è infatti salito alla casa
sulla collina per convincerla ad affidargli il piccolo. Quando apprende
da Suzuki come Butterfly lo abbia atteso in
quei tre anni, si allontana col cuore gonfio di
rimorso.
Butterfly si desta, chiama Suzuki, scorge
Kate, sulla terrazza, ed è colta da un brutto presentimento. Interroga Suzuki su Pinketon mentre fissa Kate, quasi affascinata
e finalmente comprende chi è. Kate allora
si avvicina e, chiedendole perdono per il
male che inconsapevolmente le ha fatto, si
mostra amorevolmente disposta ad avere
cura del bambino e a provvedere al suo avvenire. Butterfly risponde che consegnerà il
piccolo soltanto a «lui», se avrà il coraggio
di presentarsi. Poi li congeda. Rimasta sola
crolla a terra. Ordina a Suzuki di chiudere le
imposte e di ritirarsi nell’altra stanza con il
bambino. Suzuki intuisce le intenzioni della
padrona: vorrebbe restare, ma Cio-Cio-San,
risolutamente, la spinge fuori. Poi estrae
dall’astuccio di lacca il coltello di suo padre
e legge con solennità le parole incise sulla
lama: «Con onor muore chi non può serbar
vita con onore». Sta per compiere harakiri,
quando all’improvviso Suzuki spinge nella
stanza il bambino. Butterfly lascia cadere il
coltello, si precipita verso il piccolo, lo abbraccia soffocandolo di baci e, dopo avergli
rivolto uno straziante addio, gli benda gli
occhi e lo fa sedere, mettendogli in mano
una bandierina americana. Quindi raccoglie
il coltello e si uccide. Nello stesso istante,
invocandola da lontano, accorre nella stanza
Pinkerton, che s’inginocchia singhiozzante
sul suo corpo.
Brani celebri
Amore o grillo, Pinkerton e Sharpless
Ancora un passo... Spira sul mare, Butterfly e
coro
Viene la sera.... Bimba dagli occhi pieni di malia,
Pinkerton e Butterfly
Un bel dì vedremo, Butterfly
Che tua madre dovrà prenderti in braccio, Butterfly e Sharpless
Scuoti quella fronda, Bytterfly e Suzuky
Coro a bocca chiusa
Addio fiorito asil, Pinkerton
Tu, tu piccolo Iddio, Butterfly
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n.22 12/2016
Natale & Co
Milano Xmas & mostre
Dalla Scala alla Madonnina, tutte le grandi mostre meneghine da non perdere tra il
Ponte dell’Assunta e i giorni della Befana
by Ada Eva Verbena
I
l soggiorno a Milano per una serata all’opera può essere reso ancora più piacevole se unito, in giornata, alla visita a una delle importanti mostre ospitate
dalla capitale meneghina e alla scoperta delle prelibatezze lombarde.
Qui sopra: due immagini della mostra di Escher
a Palazzo Reale, con una sezione dedicata agli
aspetti matematici della sua pittura. Di seguito,
vista interna della Pasticceria Marchesi (Gruppo Prada) con sala da thè che si affaccia sulla
Galleria Vittorio Emanuele.
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PALAZZO REALE e GALLERIA VITTORIO EMANUELE
Il pittore Maurits Cornelis Escher è in mostra a Palazzo Reale, che si
affaccia sulla Piazza del Duomo e fronteggia la Galleria Vittorio Emanuele. Scomparso nel 1972, egli ha lasciato un vastissimo corpus di
opere che non solo non mostrano i segni del tempo, ma possono essere
considerate di essenziale influenza sulle nuove tecnologie digitali, che
sembrano rincorrere i risultati da lui già raggiunti nel secolo scorso.
Promossa dal Comune di Milano-Cultura, la mostra è prodotta da Palazzo Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo
24 ORE ed è curata da Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea.
Con oltre 200 opere, l’itinerario del progetto espositivo è un viaggio
all’interno dello sviluppo creativo dell’artista, partendo dalla radice
liberty della sua cultura figurativa, soffermandosi sul suo amore per
l’Italia e individuando nel viaggio a L’Alhambra e a Cordova la causa
scatenante di un interesse per le forme geometriche già ampiamente
presente nella sua vena creativa. Snodo centrale della mostra è il momento della maturità artistica di Escher con i temi della tassellatura e
degli oggetti impossibili. Questi due aspetti dell’opera di Escher introducono al suo rapporto con le Avanguardie storiche - come il Futurismo
- e un chiaro riferimento al Surrealismo, punto nodale del suo intreccio
creativo. Sono quelli di Escher degli attraversamenti che intersecano
movimenti italiani ed europei, in parte anticipandoli addirittura. Inevitabile e necessaria una sezione dedicata agli aspetti matematici e di
percezione visiva dell’Universo Escher. Infine, una sezione è dedicata a
documentare quanto la lezione di Escher sia stata centrale nella cultura,
nell’editoria e nella musica del Novecento. Info e prenotazioni Tel. 02
89 29 711
Dopo le illlusioni ottiche di Escher, ci vuole una sosta. In Galleria Vittorio Emanuele c’è un indiscusso tempio della pasticceria, Marchesi. Un
brand storico per Milano che è stato rilevato dalla griffe di Miuccia Prada e trasformato in una catena di prelibatezze di lusso. Il verde salvia
è il colore guida che dobbiamo cercare in Galleria Vittorio Emanuele o
in Via Montenapoleone. Eccellente ogni tipo di pasticceria, delicatissimi i panini e i tramezzini, le meringhe e i gelati. Ma ora è tempo di
panettone.
A Palazzo Reale è assolutamente imperdibile anche la mostra che raggruppa tre grandi maestri dell’ukiyoe, Hokusai, Hiroshige e Utamaro.
Si tratta di una selezione di oltre 200 opere, che mostra uno stile di vita
opposto all’etica del samurai e dedita al godimento di ogni singolo momento, al piacere e al divertimento in ogni sua forma. Tante furono le
scuole e gli artisti che si specializzarono in questi temi, tuttavia tre sono
i maestri che ancora oggi rimangono punti di riferimento indiscussi:
ARENA
A sinistra la Grande Onda di
Katsushita Hokusai, che con i
maestri Hiroshige e Utamaro
porta la grande pittura giapponese in Italia nel 2016.
A destra: gheishe al bagno di
Utamaro, paesaggio con grande onda e paesaggio fluviale
di Hiroshige, il Van Gogh del
Giappone. In basso, altre bellissime fanciulle di Utamaro.
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n.21 12/2016
Natale & Co
Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e
Kitagawa Utamaro (1753-1806).
L’esposizione con circa 200 silografie policrome e libri illustrati provenienti dalla prestigiosa collezione della Honolulu Academy of
Arts, è promossa e prodotta dal Comune di Milano insieme a MondoMostre Skira e curata dalla professoressa Rossella Menegazzo,
docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università degli
Studi di Milano.
La mostra mette in luce da una parte le peculiarità tecniche, l’abilità
e l’eccentricità dei singoli artisti, dall’altra il mercato dell’immagine
dell’epoca che richiedeva di trattare soggetti precisi, luoghi e volti
ben noti al pubblico, temi e personaggi alla moda. Una domanda
intorno alla quale crescevano inevitabilmente rivalità, prima ancora
che tra gli stessi artisti, tra gli editori che producevano le opere e
si contendevano i migliori pittori, incisori e stampatori per dar vita
a serie di stampe sempre diverse, verticali, orizzontali, in forma di
ventaglio, in formato di libro per soddisfare un mercato dell’editoria
sempre più esigente e ampio.
Il percorso propone una selezione di silografie dalle serie più significative dei tre artisti, mettendo in evidenza come fossero ricorrenti gli
stessi soggetti e come per continuare a venderli nel tempo gli editori
fossero obbligati a inventare espedienti come formati diversi e inquadrature diverse. La mostra si inserisce all’interno di un calendario di
eventi che hanno avuto luogo in Italia lungo tutto l’arco del 2016 per
celebrare il 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia
con la stipula del primo Trattato di Amicizia e Commercio, firmato
il 25 agosto 1866 tra Italia e Giappone, che diede inizio ai rapporti
diplomatici tra i due Paesi. Importanti contatti tra i due Paesi erano
già avvenuti nei secoli precedenti, a partire dal XVI secolo, per volere
di singoli feudi e signori dell’aristocrazia di spada particolarmente
sensibili alla cultura occidentale e alla religione cristiana tanto da
inviare missioni conoscitive in America, in Europa e in particolare in
Italia e in Vaticano, tuttavia quello del 1866 è il primo trattato firmato
tra Paesi moderni dopo oltre due secoli di chiusura del Giappone.
Per motivi di conservazione e tutela delle opere esposte, la mostra
resta chiusa il lunedì mentre il sabato anticipa la chiusura alle 19.30
anziché alle 22.30 Dal 12 novembre con il biglietto della mostra si
può accedere a prezzo ridotto alla mostra Madama Butterfly l’Oriente ritrovato- Foujita e Asari per Puccini inclusa nel percorso del Museo Teatrale alla Scala.
In occasione di questa digressione verso Piazza della Scala, che fa
angolo con Via Manzoni, si potrebbe decidere di prenotare uno dei
ristoranti giapponesi più noti di Milano, il Nobu, che si trova ap-
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n.22 12/2016
Natale & Co
Rubens lascia un segno indelebile nella pittura del ‘600
punto in via Manzoni. Linee pure e minimaliste nel più tipico stile
Armani, ma anche caratteristiche di un certo design nipponico caratterizzano questo locale che offre una sushi experience glamour.
Sono alti i prezzi e la fama di questo brand che ha “gemelli” sparsi
per il mondo... La sua cucina? Fusion con influenze sudamericane.
La terza mostra ospitata a Palazzo Reale che sta riscuotendo un
grandissimo successo, è quella dedicata a Rubens.
Si tratta di un artista famoso e di centrale importanza per la storia
dell’arte europea, ma ancora poco conosciuto in Italia e annoverato frettolosamente nella schiera dei “pittori fiamminghi” nonostante il suo importantissimo soggiorno nella penisola tra il 1600
e il 1608. Rubens ha lasciato un segno indelebile e vitale in tutta la
sua vasta produzione artistica e annovera vari seguaci.
L’Italia è fondamentale per Rubens, così come Rubens per l’Italia
A lui si devono i primi segnali della nascita del Barocco che si diffonde in espressioni altissime in ogni regione. Un’ influenza che
tutta la critica gli riconosce ed esalta al punto che Bernard Berenson ama definirlo “un pittore italiano”. I suoi rapporti con Genova,
Mantova, Venezia e la sua vicenda romana permettono di ricostruire il filo che lo lega così profondamente alla cultura italiana, che
resterà il tratto d’identità per tutta la sua produzione successiva.
Milano aveva già ospitato tra dicembre 2015 e gennaio 2016 a Palazzo Marino la sua Adorazione dei Pastori, vista da oltre 120.000
persone e concessa in prestito dal Museo Civico di Fermo, l’ultima
opera dipinta da Rubens prima di lasciare definitivamente l’Italia,
testimonianza eccellente del suo rapporto con l’arte italiana che
oggi torna a Palazzo Reale.
La mostra mette in evidenza i rapporti di Rubens con l’arte antica
e la statuaria classica e la sua attenzione verso i grandi maestri del
Rinascimento come Tintoretto e Correggio e soprattutto a far conoscere la straordinaria influenza esercitata dal grande Maestro sugli
artisti italiani più giovani, protagonisti del Barocco come Pietro da
Cortona, Bernini, Lanfranco, fino a Luca Giordano.
Per rendere chiaro e lineare questo tema complesso Anna Lo Bianco, curatore della mostra, ha selezionato un gruppo di opere esemplificative, che creano con confronti evidenti tra dipinti di Rubens,
sculture antiche, opere di alcuni grandi protagonisti del Cinquecento e di artisti barocchi.
Oltre 70 opere, di cui 40 del grande maestro fiammingo, riunito
grazie a prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo. Le opere provengono dal Museo Nazionale del
Prado, dell’Hermitage di San Pietroburgo, della Gemäldegalerie di
Berlino e del Principe del Liechtenstein, e da numerose collezioni
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In alto: Adorazione dei Pastori e
trionfo a cavallo
di Pietro Paolo
Rubens. A fianco,
interno del ristorante Nobu portato a Milano da
Giorgio Armani,
con cucina fusion
e giapponese.
TOP SUSHI IN CENTRO A MILANO
Oltre a Nobu, sono vicinissimi a piedi altri ristoranti giapponesi top, non solo
di Milano ma d’Italia come Zero a metà del centralissimo corso Magenta.
Qui le specialità sono molte e i le proposte particolari e fuori dalla norma.
Un’esperienza gastronomica di altissimo livello, da accompagnare rigorosamente con buona compagnia e un vino ghiacciato.
E poi segnaliamo Basara in Corso Italia, che parla di se stesso come di una
sushi-pasticceria. Proposte deliziose, pesce freschissimo e ottimo servizio.
Inutile presentarsi senza prenotare con qualche giorno d’anticipo, è sempre
strapieno.
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n.22 12/2016
Natale & Co
Qui sopra, i delicati angioletti di Rubens. A fianco, una dei famosi dischi di Arnaldo Pomodoro. A destra, la Terrazza Aperol in Piazza Duomo a Milano
italiane, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte
Antica di Roma, i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Palatina di Firenze, il Museo di Palazzo
Ducale di Mantova, la Galleria di Palazzo
Spinola di Genova, il Museo Archeologico
Nazionale di Napoli. Il prezioso catalogo di
mostra, edito da Marsilio Editor, è un punto
di riferimento per la conoscenza di un maestro assoluto dell’arte occidentale.
Dopo questo tuffo nel Seicento e nel colore,
non c’è niente di meglio di un aperitivo dai
colori squillanti, firmato Campari. Sulla Piazza del Duomo, con vista sulle guglie, ci sono
il Caffè Zucca, il Bar Campari e la nuovissima
mitica Terrazza Aperol che porta più vicino
alle bellissime guglie della cattedrale, offrendo una vista imperdibile della Madonnina e
del cuore della città.
Infine, sempre a Palazzo Reale, per festeggiare i 90 anni di Arnaldo Pomodoro, la Sala
delle Cariatidi di Palazzo Reale è divenuta il
fulcro della grande antologica che abbraccerà
l’intera città e alcune delle sue sedi espositive
più prestigiose: Palazzo Reale, la Triennale di
Milano, la Fondazione Arnaldo Pomodoro e
il Museo Poldi Pezzoli.
Palazzo Reale accoglie una trentina di sculture realizzate dal 1955 ad oggi e scelte dall’artista stesso, per rappresentare le tappe fon-
damentali della sua ricerca e del suo lavoro
di oltre sessant’anni. Il percorso prende avvio dai bassorilievi degli anni Cinquanta in
piombo, argento e cemento, nei quali emergono già le caratteristiche trame segniche di
Pomodoro.
Nella Sala degli Arazzi, durante il periodo di
apertura della mostra, i visitatori potranno
entrare, in modo virtuale, nel Labirinto, grazie alla potenzialità immersiva dei Gear VR
e di HTC Vive, in un’esperienza multisensoriale che si estende nello spazio e nel tempo.
La mostra, curata da Ada Masoero, offre infine un ricco e articolato progetto didattico.
Il progetto espositivo è accompagnato da una
serie di eventi volti ad approfondire e discutere l’opera e la figura di Arnaldo Pomodoro
nei suoi rapporti con le idee e i movimenti
dell’arte contemporanea ed è completato da
un itinerario artistico che collega più punti della città: da Piazza Meda con il Grande
disco, a Largo Greppi con Torre a spirale,
fino all’Ingresso nel labirinto nei sotterranei
dell’edificio ex Riva Calzoni di via Solari 35,
già sede espositiva della Fondazione.
In Piazzetta Reale, inoltre, è esposto il complesso scultoreo The Pietrarubbia Group, per
la prima volta nella sua totalità. Un’opera ambientale composta di sei elementi realizzati in
un processo aggregativo in progress iniziato
HOKUSAI
RAGAZZI nel 2015 che,
nel
1975 ePER
completato
Fili d’erba,un
grandi
onde,ideale
ciliegiall’antico
in fiore e
rendendo
omaggio
civette.di
Queste
cose, e molte
altre, sapeva
borgo
Pietrarubbia
nel Montefeltro,
disegnare
Hokusai.Ma
c’era ancora
qualha
dato forma
all’emozione
e al legacosadel
cheMaestro
gli sfuggiva,
sapeva.origini
me
conlui
le lo
proprie
Come
fermare
il volofisico
della elibellula
un
che
sono
qui luogo
insiemesuimfoglio di carta?
maginario.
Bambini e adolescenti possno scoprirlo
con i campus dedicati che sono organizzati a Palazzo Reale durante le feste. Dopo
la visita viene letto il libro “Il sogno di
Hokusai” e si affronta, insieme al grande
artista giapponese un lungo viaggio nella
notte del mondo fluttuante, interrogando
i personaggi che lo popolano per trovare
un finale diverso alla storia. E’ un laboratorio creativo all’insegna del collage,
del disegno e dei timbri, i ragazzi possono
scoprire dove si nasconde la misteriosa
libellula.
COSTI
€ 25,00 | Il costo comprende il biglietto
d’ingresso in mostra
Date > 28 dicembre 2016 e 3 gennaio
2017 dalle 14:30 alle 17:30
Date > 29 dicembre 2016 e 4 gennaio
2017 dalle 09:30 alle 12:30
Prenotazione consigliata e (aggiungiamo noi) per tempo.
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n.22 12/2016
Natale & Co
Mercatini che passione
Da Merano a Vipiteno, da Brunico
a Bolzano, gli appuntamenti con la
tradizione, la gastronomia, gli eventi
by Sonia Avanzi
I
Qui sopra: la magia dei mercatini di
Natale sulle Alpi, con i tpici stand di
legno he offrono spettacoli, produzioni
artigianali, degustazioni direttamente
dai produttori, divertimento sulle piste
di pattinaggio.
A Brunico, prima di godersi la magia
di luci e suoni, si può salire al Messner
Mountain Ripa Museum, dedicato ai
popoli della montagna, che offre un
meraviglioso panorama sulla città e
sulle vette circostanti del comprensorio di Plan de Corones.
32
mercatini di Natales sono un appuntamento
che piace sempre di più a chi sceglie la vacanza
sulla neve. Per questo, in tutte le città i tradizionali banchetti per lo shopping gastronomico
e non,sono sempre più affiancati da aree dedicate alle degustazioni di vino, di salumi e formaggi, di dolci, ma anche di primi e secondi
piatti preparati al momento. Tra i più suggestivi, quelli che si inaugurano in Veneto, Trentino
e Alto Adige. Ecco le mete più gettonate.
BRUNICO
Il Mercatino di Natale di Brunico si tiene in
via Bastioni e al Parco Tschurtschenthaler. E’
l’occasione per respirare tutta l’atmosfera di
questa cittadina nel cuore della Val Pusteria,
dove le tradizioni alpine e l’amore per la montagna e la natura si fondono con innovazione
e modernità. Passeggiando tra i tipici stand di
legno è possibile trovare tessuti e prodotti in
lana dell’artigianato locale, tè e tisane, grappe
alle erbe, specialità gastronomiche, prodotti di
qualità e tantissime idee da regalare e regalarsi.
I più piccoli trascorreranno momenti indimenticabili volteggiando sulla pista di pattinaggio
su ghiaccio allestita in piazza Municipio, mentre i genitori potranno passeggiare tra i negozi
del centro storico o nella Oberstadt attorno alla
Colonna Mariana e al Palazzo Sternbach, dove
visitare una delle numerose esposizioni o assistere a una dimostrazione di artigianato tradizionale. Da non perdere poi una passeggiata
al Castello di Brunico, che ospita il Messner
Mountain Museum Ripa, dedicato ai popoli
della montagna, e offre un panorama meraviglioso sulla città, sulle vette circostanti e sul
comprensori sciistico Plan de Corones.
La piazza del Duomo, incorniciata dal Duomo,
dalla chiesa parrocchiale di S. Michele e dal
palazzo del Municipio, è il palcoscenico in cui
svolge il tradizionale Mercatino di Natale di
Bressanone. Sulle bancarelle si possono trovare decorazioni natalizie artigianali, sculture in
legno e tantissime altre idee regalo per la gioia
dei propri cari, senza dimenticare le numerose specialità gastronomiche altoatesine, come i
canederli allo speck con i crauti o i tipici Kaiserschmarren. I più piccoli potranno ammirare la storica giostra natalizia a vapore, e tutti
potranno godere delle bellezze della cittadina
altoatesina con giri in carrozza e itinerari attraverso il centro storico, per poi fermarsi a riposare assaporando un bicchiere di vin brûlé o un
succo di mela caldo, e riprendere la visita con
una passeggiata al Palazzo vescovile, l’antica
residenza dei principi vescovi che oggi ospita
il Museo Diocesano con una ricca collezione di
presepi e altri tesori di grande valore.
BOLZANO
Il più grande Mercatino di Natale dell’Alto
Adige è quello di Bolzano: una luce magica illumina piazza Walther e tutte le vie del centro
storico, addobbate a festa e pronte ad ospitare
i numerosi appuntamenti dell’Avvento: la Rassegna natalizia - mercatino artistico in piazza
Municipio, il Mercatino della Solidarietà in via
Argentierie in piazza del Grano, e i famosi portici con i loro negozi dove continuano a vivere
le tradizioni locali, immersi in un’atmosfera
unica che è perfetto connubio tra tradizioni alpine e caratteristiche mediterranee.
Per i più piccoli c’è il Mercatino di Natale dei
bambini in piazza della Mostra che ha in serbo
un ricco programma per i giovani ospiti, mentre gli adulti possono scaldarsi con un bicchie-
ARENA
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n.22 12/2016
Natale &Co
re di vin brûlé nel cortile del Palais Campofranco. Piazza Walther diventa
teatro per numerosi concerti musicali ed eventi letterari sullo sfondo delle
bancarelle dove acquistare originali regali di Natale o degustare le specialità locali, come i rinomati Zelten, con cannella e spezie.
MERANO
La cittadina termale di Merano ha uno stile unico, fatto di ritmi tranquilli
che si ritrovano anche durante il periodo dell’Avvento, fra le tradizionali
bancarelle delMercatino di Natale. Camminate lungo la Passeggiata Lungo
Passirio lasciandovi cullare dal suono delle acque del Passirio e assaporando il profumo delle caldarrostee l’aroma del vin brûlé, e andate alla scoperta delle bancarelle con i prodotti artigianali tipici della regione, avvolti da
un clima di festa. Qui è davvero possibile dimenticare la frenesia di tutti i
giorni, facendo un giro della città alla luce delle lanterne, passeggiando tra
le viuzze medievali e trascorrendo momenti rilassanti alleTerme Merano.
Tanto divertimento anche per i piccoli ospiti: per loro la pista di pattinaggio
su ghiaccio in piazza Terme e il ricco calendario di eventi in programma
presso la Casetta di Goldy in piazza della Parrocchia. Gli amanti dell’arte
potranno visitare Merano Arte, il Palais Mamming Museum e il Castello
Principesco, mentre chi vuole andare alla scoperta dei dintorni può visitare
uno dei sette mercatini nei pressi della città, piccoli ma davvero speciali.
In queste pagine, luci e colori dei
mercatini dell’Avvento e di Natale
in Alto Adige, un territorio che offre
ottima accoglienza, servizi turistici
eccellenti e alberghi molto confortevoli, spa bellissime e rilassanti,
ristoranti di riconosciuta eccellenza.
VIPITENO
Vipiteno, la cittadina più a nord dell’Alto Adige, invita alla scoperta di uno
dei più suggestivi Mercatini di Natale, avvolto in un clima magico e circondato dalla splendida cornice delle Alpi.
L’imponente Torre delle Dodici, che risale al XV secolo e ospita, durante il
periodo dell’Avvento, una mostra di presepi, svetta sulla Piazza Città e fa
da sfondo alle tipiche casette in legno che espongono prodotti artigianali e
tradizionali da regalare e regalarsi. Le splendide facciate colorate delle case
testimoniano l’importanza storica della cittadina come centro minerario e
commerciale, e invitano a passeggiare per le vie del centro, chiuso alle auto,
perdendosi tra le vetrine. Una visita guidata al Mondo delle Miniere di Ridanna Monteneve permette di rivivere 800 anni di storia delle miniere, di
conoscere l’intero processo produttivo e di vedere in funzione gli impianti
originali. Da Vipiteno, chi ama gli sport invernali può raggiungere in soli
cinque minuti a piedi la stazione a valle che porta a Monte Cavallo, vero paradiso invernale con piste da sci perfettamente tenute e la pista per slittino
illuminata e innevata più lunga d’Italia.
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ARENA
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n.22 12/2016
Capodanno
S.Silvestro a Edimburgo
Per gli amanti del Capodanno, un vero
paradiso. Qui i festeggiamenti durano
quattro giorni. E se giocate a golf,
siete circondati dai green più famosi
del mondo. Anzi: il golf è nato qui.
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ARENA
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n.22 12/2016
Capodanno
Halloween top a Londra, Parigi, Venezia, Vienna, Budapest, New York
H
ogmanay è il nome da imparare a memoria
se si è fanatici del Capodanno. Perchè è così che lo
chiamano a Edimburgo (si pronuncia “Edìmborou”),
la città dove si festeggia il più grande veglione di
san Silvestro del mondo, per ben quattro giorni. Gli
scozzesi danno il nome di Hogmanay alla girandola
di feste di piazza che coinvolgono tutta la città a partire dal 29 dicembre, fino al primo giorno del nuovo
anno.
Hogmanay è un’antica festa pagana che in origine si
svolgeva al solstizio d’inverno e poi è stata spostata
a coincidere con la notte di S. Silvestro, ovvero l’ultimogiorno dell’anno. Il maxi party di Capodanno a
Edimburgo, il più grande d’Europa, attira ogni anno
100.000 persone da tutto il mondo: si svolge per ben
3 giorni e tutta la capitale si anima di eventi, concerti,
mostre, rassegne musicali e cinematografiche, giochi
di strada e attività per grandi e bambini.
Edimburgo in questo periodo quadruplica la sua popolazione e questo festival è così famoso nel mondo,
soprattutto nei paesi di cultura anglosassone come
gli States, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda,
che le sistemazioni alberghiere vengono prenotate un
anno per il successivo. Bisogna prenotare con almeno 9 mesi di anticipo un vostro alloggio per trovare
il migliore rapporto qualità – prezzo ma soprattutto
Per i fanatici del Capodanno, la meta ideale è
Edimburgo: www.edinburghshogmanay.org. Per
partecipare, meglio prenotare 9 mesi prima, se si
vuol dormire in centro. Arrivano non meno di 100
mila persone ogni anno. Foto grande e qui a fianco: Al tramonto, i quartieri più antichi mostrano
tutto il loro fascino.
per assicurarsi una buona vicinanza al
centro storico, che viene chiuso al traffico. Data l’enorme affluenza di gente
in città anche pub e ristoranti vengono
presi letteralmente d’assalto: vi consigliamo di prenotare un tavolo nel locale da voi scelto non solo per la sera del
31 ma anche per quella del 30 e del 1°
dell’anno (pranzo e cena) a meno che
non desideriate mangiare in un fast
food.
Per la gioia dei festaioli, ogni anno viene compilato un ricchissimo calendario di eventi con concerti, fuochi d’artificio, balli di beneficienza e party di
strada.
Tutto ha ha inizio con la tradizionale fiaccolata del 29 dicembre che dal
Royal Mile arriva fino alla panoramica collina di Calton Hill dove sono in
programma gli eventi più importanti e
il falò di una simbolica nave vichinga.
Il giorno successivo è dedicato allo
spettacolo delle luci e al Night Afore Fiesta, un carnevale con musica ed
eventi di strada. La notte di San Silvestro si raggiunge il clou con l’Edinburgh’s Hogmanay Street Party, migliaia
di persone si riuniscono nel centro
della città per lasciarsi andare al divertimento tra musica e fiumi di birra
scozzese. Ogni anno c’è sesmpre un
superconcerto, si tiene di solito in West
Princes Street Gardens e, nonostante
il freddo, dura fino a notte inoltrata.
Il momento clou dell’inizio del nuovo
anno si chiama Loony Dook, è previsto
un bagno nelle gelide acque del Forth
Estuary. E potete crederci che vanno in
centinaia a farlo. Sul sito Edinburgh’s
Hogmanay trovate il programma dettagliato.
Se non proprio non tirate l’alba, potete
partecipare alla O’Clock Run, corsa di
un miglio aperta a tutti, o all’Edinburgh Triathlon in giro per la città. E dopo
tutta questa attività ci si gode la ottima
cucina scozzese, seguita dall’appunta-
mento musicale con Hogmanay Jazz
Fringe e altri eventi per festeggiare in
compagnia il primo gennaio 2017. E riposarvi il giorno dopo: il 2 gennaio infatti in terra scozzese è festa nazionale.
Il cuore della manifestazione è ovviamente il centro storico che va dal
Royal Mile a Princes Street, compresi i
suoi giardini. Quest’area viene chiusa
al traffico sia automobilistico che pedonale con accesso solo tramite biglietti.
Tutti si emozionano alla mezzanotte
del 31, nel momento più magico: quando il cielo notturno sopra il castello
si illumina con centinaia di fuochi di
artificio per che 20 minuti colorano la
città sotto le note di Auld Lang Syne,
un’antica melodia scozzese sui versi di
Robert Burns, il poeta nazionale. Tra le
iniziative più divertenti alle quali paratecipare o anche solo belle da vedere, i
giochi di squadre stradali e il The Loony Dook, il famoso bagno nelle acque
gelide del River Forth davanti al maestoso Forth Bridges.
Oltre al Festival, che chiude i battenti intorno alle 2 di notte, per tutta la
città la festa continua nei pub dove si
può ascoltare musica dal vivo e dove
i festeggiamenti vanno avanti fino al
mattino. Per tornare in albergo o in
appartamento ci sono tantissimi taxi,
costano relativamente poco e possono
essere condivisi con altre persone, anche sconosciute.
Il Capodanno a Edimburgo è indimenticabile per l’atmosfera speciale che si
respira in questo periodo dell’anno.
Il centro di Edimburgo è vestito a festa
e si trasforma in un enorme Luna Park:
un villaggio di Natale viene allestito
lungo Princes Street con giostre ed attrazioni, e litri di vino caldo vengono
venduti insieme a hot dog, salmone,
merluzzo fritto e dolcezze natalizie.
La zona viene transennata sopratutto
per permettere lo svolgimento delle famose feste da ballo scozzesi.
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n.22 12/2016
Grand Tour
Suggestive feste religiose a Roma, Barcellona, Lisbona
L’importante è essere ben coperti per sfidare la lunga notte gelida, perché non basta bere alcolici o bevande calde
per resistere al freddo. Inutile dire che dà per possibile il
pernotto in sacco a pelo, non ha ben chiare le avversità del
tempo che possono arrivare all’improvviso. Meglio pasasare la sera di Capodanno al caldo a un party scozzese in
un albergo o in un buon ristorante e godersi i fuochi d’artificio che vengono sparati dal Castello, per poi riparare in
un albergo o in alloggio. Ce ne sono di bellissimi, anche
fuori città: qualcuno parcheggia in periferia e raggiunge
il centro con un taxi, piuttosto che perdersi o vagare per
ore alla ricerca di un posto intorno alla zona transennata.
Una delle città più belle intorno a Edimburgo è Stirling,
sede di una prestigiosa università che offre magnifici
camp estivi per gli studenti stranieri dai 12 ai 16 anni. E’ lì,
alla Stirling University che io sono andato la scorsa estate
tre settimane e dove tornerò anche nel 2017. Edimburgo è
una città meravigliosa da visitare e i giorni precedenti il
Capodanno sono proprio ideali per fare la sua conoscenza. A Edimburgo si arriva in aereo con scalo a Parigi o a
Francoforte. Una comoda navetta ci ha portato dall’aeroporto al centro della città, ce ne sono di varie compagnie.
Il tragitto dura circa venticinque minuti. Tra i vari quartieri dove alloggiare, uno dei più accoglienti è quello georgiano, con vie tranquille e piccoli alberghi eleganti, con
ottimo servizio e atmosfera cordiale.
Vista della centralissima Victoria Street di Edimburgo. Per visitare i dintorni, www.visitscotland.com
www.edinbur-
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Uno dei posti più eleganti per risedere, che vanta anche
un eccellente ristorante è l ’Hotel Balmoral, nella via dello shopping di Edimburgo. L’imponente edificio offre un
ambiente sofisticato e richiede un abbigliamento elegante
adeguato anche al ristorante. Il menù è all’altezza della
fama di questo ristorante, coniuga la cucina francese ai
prodotti scozzesi, offre una esperienza culinaria che coinvolge tutti i sensi. Per ritirare il programma degli eventi, si
può andare all’ufficio turistico di Princes Street. Ma è bene
non indugiare troppo nello shopping, ma dirigersi subito
al Castello Il castello è un luogo ricco di storia e di fascino.
La parte più antica è rappresentata dalla Cappella di
St.Margaret del XII secolo, dedicata da re David I alla
madre. Due antichi cannoni si trovano sulle terrazze del
castello: si chiamano il Mons Meg - è uno dei più antichi
del mondo, poteva lanciare palle pesanti 150 Kg - e One
O’clock, che dal 1861 all’una dopo mezzogiorno in punto
spara ancora, tranne la domenica, Venerdì Santo e Natale.
Il Royal Palace con la Great Hall fu voluto dal re James IV
nel 1510. Essa possiede ancora il tetto medievale, uno dei
due più vecchi in Scozia, e le decorazioni rinascimentali
sono le più antiche di tutte le isole britanniche.
In questo castello Maria Stuarda diede alla luce il proprio
figlio Giacomo che divenne re di Scozia ad un anno, e poi
re 36 anni dopo. Qui si svolgono anche piccole rappresentazioni in costume, molto spettacolari, che coinvolgono
La città e la cattedrale presbiteriana
vista dal drone, in una limpida giornata invernale
www.edinburghcastle.gov.uk
Tutto il centro storico di Edimburgo viene chiuso al traffico e
diventa un grande Luna Park con
attrazioni mozzafiato
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n.22 12/2016
Imperdibili le visite al Castello e allo Yacht Britannia
grandi e piccini.
Le varie ali del castello racchiudono sale storiche e musei
specializzati. Sono custoditi proprio qui nel castello i cosiddetti “The Honours” i gioielli della Corona di Scozia: lo
scettro del 1494 donato dal Papa Alessandro VI, la spada
del 1508 donata dal Papa Giulio II e la corona del 1540. Furono indossati per la prima volta tutti insieme dalla regina
cattolica Maria Stuarda nel 1543 per la sua incoronazione
all’età di nove mesi.
Non c’è turista che non passi ad ammirare la Pietra del
Destino: è la pietra sulla quale vennero incoronati i re;
Edoardo I nel 1296 la portò in Inghilterra, e la pietra ritornò definitivamente in Scozia solo nel 1996. Tra i musei
contenuti fra queste mura che si possono visitare anche nei
giorni di Capodanno, figurano sono lo Scottish National
War Memorial che celebra coloro che persero la vita nelle
due guerre mondiali, e il National War Museum Scotland
dove sono raccolti moltissimi cimeli scozzesi di guerra.
Infine è possibile scendere nelle prigioni del castello, che
ospitarono per secoli prigionieri di ogni nazionalità, mostrano la vita che in esse si conduceva durante il XVIII
secolo. Dopo tanta storia, il piacere della tavola. Ci sono
vari ristoranti nelle vicinanze di un edificio che ospita la
“Scotch Whisky Exeperience”, che mostra con percorsi
sensoriali la fabbricazione del whisky. Vari locali affiancano alcune specialità scozzesi a una carta di whisky. Si può
La fontana dedicata al cane Bobby che ha
vegliato il suo amato padrone al cimitero per
14 anni.
Grand Tour
TUTTI A BORDO DEL BRITANNIA, LO YACHT REALE
Un’altra esperienza da non perdere se si visita Edimburgo è
la visita al Royal Yacht Britannia (www.royalyachtbritania.
co.uk) un vero e proprio palazzo reale galleggiante varato nel
1953, è in disuso dal 1994, dopo aver condotto in giro per il
mondo la famiglia reale ed aver ospitato grandi personalità
mondiali per 40 anni. Possiede una enorme sala da pranzo per
ricevimenti dalla quale sono passati tutti i potenti della terra.
E’ stato donato alla città di Edimburgo che lo ha trasformato
in un magnifico museo ed una grande attrazione per le famiglia. Si visitano sia gli appartamenti reali che gli alloggi dei
membri dell’equipaggio, la camera da letto della Regina, la
sala macchine, il garage con ancora dentro una Rolls-Royce,
la lavanderia e l’infermeria.
Il Britania è ormeggiato nel porto di Edimburgo, il Leith, e si
trova dietro il centro commerciale Ocean Terminal. Per salire
a bordo si entra nel centro commerciale e si sale al II piano
dove c’è l’ingresso per lo Yacht. Per raggiungerlo si può andare con uno dei tanti tour turistici dal ponte Waverley. Con
il Majestic Tour si può raggiungere il Britannia, passando per
la New Town all’andata e per Holyroodhouse al ritorno. C’è
anche un Royal Edinburgh Ticket che permette di salire e
scendere dai bus turistici (Sighseeing Edinburgh, Edinburgh
Tour e Majestic Tour) per due giorni, e visitare il Castello,
Holyroodhouse e il Britannia.
Vista al tramonto del centro storico di
Edimburgo col Castello.
Ven
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n.22 12/2016
Grand Tour
Sir Thomas Sean Connery, mito del cinema e interprete ineguagliato di James Bond nella serie
007. E’ sempre stato uno dei più importanti testimonial della Scozia e da sempre promotore della
sua indipendenza. Proprietario di un antico castello sulla costa, eccolo elegantissimo in kilt dl
gala con il suo tartan e i suoi suoi colori, durante
una cerimonia a Edimburgo.
Innamorati pronti a un tuffo da brivido nelle gelide acque scozzesi, il giorno di Capodanno nel
2014.
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dunque assaggiare un ottimo Haggis, piatto sostanzioso a base di interiora di pecora
con aggiunta di farina di avena e cipolla, il tutto cotto nello stomaco della pecora stessa, un piatto per stomaci forti, affiancato ad alcolici forti. Molti storceranno il naso, ma
se preparato bene, questo piatto tradizionale è molto gustoso.
Percorrendo la Royal Mile dal Castello, per arrivare alla residenza reale di Holyroodhouse, si trovano moltissimi negozi di souvenir e di prodotti tipici pieni di turisti.
Dunque se si vuol trovare qualcosa di esclusivo, bisogna cambiare quartiere e addentrarsi nelle vie più periferiche. Scendendo dal Castello s’incontrano il Parlamento
Scozzese, la Cattedrale di St.Giles, la casa di John Knox e Canongate Church.
La cattedrale di St. Giles è’ la chiesa scozzese dei Presbiteriani (non riconoscono i vescovi). Ha un’architettura gotica, e particolari guglie, quasi a formare una corona sul
tetto dell’edificio. L’interno è caratterizzato dalla presenza di tombe e statue di personaggi famosi e dalla Cappella dei Thistle (cavalieri dell’ordine del cardo che hanno
come capo la regina), interessante per il suo soffitto intagliato. Holyroodhouse è la residenza ufficiale della Regina Elisabetta II quando si trova ad Edimburgo, e lo è stata per
molti re dal XVI secolo. La costruzione attuale è infatti barocca, ma originariamente era
una foresteria dell’Abbazia di Holyrood fondata da re David I. Di questa abbazia rimangono solo i muri, visto che il tetto che crollò nel XVIII secolo non fu più ricostruito.
Le guide spiegano che nella residenza non mancano episodi oscuri della storia della
dinastia reale, tra i quali l’assassino di Rizzio, segretario della regina Maria, ad opera
del marito geloso, Lord Danley. Quando la regina non soggiorna ad Edimburgo (di
solito una settimana a luglio), si può visitare il palazzo e la Galleria della Regina che
custodisce molti capolavori dell’arte.
Il posto ideale per il classico “Afternoon Tea” è l’Hotel Caledonian. E’ un tradizionale
break pomeridiano, con gustosi snack in attesa della cena, inventato dalla duchessa
Anna di Bedford intorno al 1840 per togliersi il laguore che le veniva tra la colazione
e il pasto serale (si facevano all’epoca solo due pasti al giorno). Per poterlo replicare
a casa e sapere esattamente cosa servire, c’è un sito (www.afternoontea.co.uk). Il ristorante che all’interno del lussuoso Hotel Caledonian offre questa imperdibile pausa
pomeridiana con una gran varietà di sandwiches, scones e pasticcini. Questa pausa
è ideale dopo una visita culturale, per esempio alla National Gallery che si trova nel
centro di Edimburgo. Conserva una delle più rinomate collezioni di opere d’arte dal
Rinascimento al XIX secolo. Custodisce le opere dei più noti artisti come Raffaello,
Tiziano, Botticelli, El Greco, Velazquez, Van Gogh, Degas, Monet, Gauguin, Cezane,
Rubens, Canova e la pittura scozzese. Per il dinner, uno dei posti più rinomati è il The
Wictchery, ambientato in un edificio del 1595, pieno di fascino. Si mangia in una atmosfera barocca, cena seduti su divani di pelle, attorniati da oggetti antichi e l’ambiente è
illuminato da tantissime candele, in una piacevolissima penombra.
Prima di sedersi a tavola è bello perdersi nella New Town ammirando le case borghesi
georgiane, e nella Old Town facendo shopping e scoprendo angoli un po’ nascosti e
pieni di storia, leggende o curiosità. Vicino al cimitero di Greyfriars Kirkyard c’è una
fontana famosissima, raffigurante un cane terrier chiamato Bobby che rimase per ben
14 anni sulla tomba del padrone. Vicino alla Cattedrale di St.Giles vi è un mosaico a
forma di cuore, dove prima si ergevano le prigioni: prima di entrarvi i prigionieri usavano sputare per terra, ed ancor ora gli abitanti usano in modo scaramantico fare questo gesto passandovi accanto. Curiosità a parte, le due vie principali per lo shopping
ad Edimburgo sono Royal Mile nella città vecchia e Princes Street nella città nuova. I
migliori affari si fanno sul cachemire, sui kilt e il tartan, e sul whisky. Le boutique sono
alternate a ristoranti che servono anche piatti tipici come il salmone e l’haggis. In pieno
centro, in questio giorni di festa, si incontrano spesso musicisti di cornamusa in kilt,
che si prestano volentieri a farsi fotografare coi turisti.
ARENA
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n.22 12/2016
Food & Co
Un dono da Amatrice
La strenna gastronomica più gradita
di quest’anno proviene dalle zone
colpite dal sisma. E si compra online
by Galeazzo Melzi d’Eril
Qui sopra, la caciotta della solidarietà, prodotta nelle zone colpite dal terremoto
P
er la prima volta gli agricoltori
e gli allevatori delle zone terremotate portano on line i propri prodotti
salvati dal sisma per consentire ai
cittadini presenti su tutto il territorio nazionale di fare da casa acquisti
sicuri per sostenere concretamente
e direttamente la ripresa economica ed occupazionale dei territori
colpiti dal sisma, senza cadere nel
rischio di truffe e inganni che si
nascondono in rete e non solo. Occhi alle spaghettate solidali, non lo
sono proprio tutte. Trasparente ed
efficace è invece l’iniziativa presentata dalla Coldiretti a 100 giorni
dall’inizio delle scosse, che si tiene
nel centro di Roma, nel mercato di
Campagna Amica al Circo Massimo
con le aziende agricole colpite nel
Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo
in occasione del primo shopping di
Natale. L’opportunità è valida anche per un italiano su tre (38%) che
quest’anno per le festività di fine
2016, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Deloitte, effettuerà online i propri acquisti natalizi e potrà
adesso approfittare del web anche
per fare solidarietà e sostenere così
i produttori che non si rassegnano
all’abbandono e vogliono ricominciare. Una percentuale di internauti
in linea a quella europea del 40%
ma che - precisa la Coldiretti - vede
in Italia una maggior presenza di
consumatori che prevedono di
comprare tramite smartphone i regali da mettere sotto l’Albero (17%
verso contro il 10% in Europa).
Con un semplice click è possibile
ordinare on line dal sito www.campagnamica.it (accessibile anche da
www.coldiretti.it) tre diverse tipologie di cesti natalizi che raccolgono
le specialità delle specifiche realtà
regionali terremotate. L’indirizzo
di tutte le aziende terremotate coinvolte nell’iniziativa è disponibile attraverso uno specifico banner con la
possibilità – spiega la Coldiretti - di
contattarle direttamente per fare acquisti personalizzati ad hoc, secondo le diverse esigenze.
I cesti con i prodotti terremotati continua la Coldiretti - sono per
tutti i gusti e tutte le tasche con il
più piccolo al prezzo di 30 euro
con golosità che vanno tra l’altro
dal pecorino di Leonessa al farro
di Monteleone di Spoleto DOP. E
ancora abbiamo la schiacciata aquilana prodotta insieme ad altri salumi abruzzesi da Rinaldo D’Alessio,
storico produttore che ha subito diversi danni alle stalle, ma continua
a prodigarsi per i suoi amati luoghi
ritirando la maggior parte del latte
ovino degli allevamenti colpiti dal
sisma per continuare la sua pregiata
produzione. Per chi invece volesse
spendere qualcosa in più per portare sulle tavole delle feste prodotti
delle aziende terremotate e specialità legate fortemente a quei territori
- prosegue la Coldiretti - l’opzione è un cesto medio da 42 euro
composto da tipicità
che vanno dalla cicerchia che rappresenta
un legume storico fortemente legato al territorio all’olio extravergine di Arrone fino al
prelibato vino Montefalco Doc del giovane
Brunozzi Giorgio che
in Umbria al magazzinaggio è stato gravemente danneggiato là
dove Giorgio accoglie
le scolaresche per la
sua attività di fattoria
didattica. E per chi invece vuol optare per
la composizione più
grande, ecco le appetitosissime specialità
locali che vanno dalla
storica lenticchia di
Castelluccio di Norcia
IGP allo zafferano e al
miele dei Monti Sibillini, dal vino marchigiano Passerina fino ai
golosi biscotti di Rita
Santi di Accumuli che
ha visto letteralmente
crollare il laboratorio
di trasformazione e il
forno in cui cuoceva le
sue golosità. Prosegue,
per ora, ospitata da un
forno romano.
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n.22 12/2016
Wine&Co
Donare un brindisi
Vini fermi da collezione, bollicine di
tutte le Regioni, champagne. E i top
italiani ora trionfano a Hong Kong
by Sonia Avanzi
I
Per gli affezionati delle eccellenze
francesi, i Pouilly fumè e i Sancerre
Baron de Ladoucette (la tenuta qui sopra) e gli Champagne Louis Roederer.
Il Brut Premier è composto per il 66%
da Pinot Nero e per il 34 % da Chardonnay, è insomma un “multi-millésimé”. Nella sua cuvée vengono aggiunti al vino dell’ultima vendemmia 4
grandi millesimati d’annate precedenti
provenienti dai “Vins de Réserve”, per
conferire maggiore complessità e rotondità. Sotto: Contessa Alessia di San
Colombano; Ottavia Giorgi di Vistarino con il suo rosso Sangue di Giuda.
40
Montalcino), fra l’altro a un prezzo decisamente contenuto, considerato il contesto: 45 euro. Il
Barolo Momprivato in Castiglione Falletto 2011
di Mascarello spunta infatti il secondo posto e
il terzo posto se lo aggiudicano sempre i Paglieri di Roagna con il Barbaresco Pajè Vecchie viti
2011. L’eco della vittoria del vino irpino non si
è ancora spenta: è uno dei migliori Taurasi mai
prodotti, sostengono i critici della guida: “carnoso, sanguigno, sferico e poi sfaccettato, e dal
finale chirurgico. Inforcate gli occhiali 3D, perché sarà pazzesco in futuro”. Insomma non c’è
che provarlo. Tra i vini da conservare colpisce,
al 18esimo posto della graduatoria, la presenza
di uno spumante: il Trento Extra Brut Riserva
del Fondatore Giulio Ferrari 2005, gloria di casa
Lunelli.
Noi di Arena Lifestyle regaliamo anche altre
etichette, senza guardar troppo alle classifiche.
Nell’Oltrepò Pavese, visto che la nostra base è
qui, abbiamo scelto i rossi di Tenuta Mazzolino
(il Noir) e di Giorgi di Vistarino (Sangue di Giuda) e le bollicine Metodo Martinotti di Anteo.
Tra i bianchi fermi i nostri preferiti sono i Soave
Pieropan e Rinaldi di Soave e l’extra brut friulano Principe di Porcia. In Sicilia acquistiamo
il Nero d’Avola coltivato nella zona di Pachino, il Frappato di Ragusa, l’Etna Rosso ‘A Rina
2014 di Russo Girolamo e l’Etna Rosso 2015 di
Pietradolce. Davanti a un bel fuoco serviamo
Cannonau, Carignano del Sulcis, Malvasia di
Bosa, Vermentino di Gallura. Tra gli champagne regaliamo sempre Louis Roederer e qualche eccellenza francese come i Pouilly Fumè e
i Sancerre Baron de Ladoucette. Siamo anche
pronti alle novità assolute, come il Contessa
Alessia, un vino ‘milanese’ creato da Stefano
Bossi a San Colombano al Lambro, in Val del
l vino - anzi un buon vino - è il dono che la
maggior parte degli italiani dichiara di voler
acqustare come regalo per le feste da donare
agli amici o i parenti più cari. Fidarsi del proprio gusto è bene, fidarsi della propria enoteca
di riferimento anche, ma è ovvio che - a meno
che non si voglia regalare un vino da collezione, che non si beve, si idolatra (vedi box pagina a fianco) - se si sceglie una bottiglia entrata
nella classifica dell’Espresso, si fa bella figura.
Quest’anno fra l’altro ci sono novità sbalorditive: sono stati osannati dalla Guida alcuni vini
che sono abbordabilissimi nel prezzo. Ecco i
nomi dei primi tre classificati per ciascuna delle
categorie, che sono ‘vini da comprare’, ‘vini da
bere subito’ e ‘vini da conservare’ .
Nella categoria ‘vini da comprare’ci sono il
Brunello di Montalcino 2011 di Ridolfi, il Verdicchio di Matelica 2015 di Collestefano e il
Trebbiano d’Abruzzo Gianni Masciarelli 2015.
Nella categoria ‘vini da bere subito’ si piazzano
ai primi tre posti il Barbaresco Criscé Pajet 2007
di I Paglieri Roagna. Costa 600 euro: i critici dicono che dentro ci troviamo profumi d’incenso
d’Oriente, ribes, cannella, mandarino, eccetera.
Ma se vi sembra troppo caro, a 15 euro il secondo classificato: Greco di Tufo Terra Rosa 2013
dii Prisco, definito un piccolo capolavoro. Per
Capodanno è perfetto il vino medaglia di bronzo: Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti
Riserva Meraviglioso 2015 di Bellavista. E’ una
cuvee di sei vini d’annate storiche, tra il 1984 e
il 2002. Il Taurasi Poliphemo 2012 di Luigi Tecce, irpino, si aggiudica il primo posto nella graduatoria dei 100 vini da conservare, superando
a sorpresa molti blasonati del Piemonte (Barolo e Barbaresco) e della Toscana (Brunello di Re, perfetto per accompagnare i formaggi.
ARENA
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n.22 12/2016
Wine&Co
A sinistra, i vignaioli top Luca e
Alfredo Paglieri di
Roagna, con due
vini vincitori nella
Guida l’Espresso.
Sotto, l’ultima asta
fiorentina Pandolfini.
Qui sopra Vinitaly
a Hong Kong, un
successo enorme.
VINI IN ASTA IL 16 A FIRENZE
Si terrà il 16 dicembre prossimo l’attesissima asta di vini
da Pandolfini. La Casa d’Aste dal 1999 si dedica alle
aste di vini pregiati e da collezione, rispondendo al crescente interesse generale per questo settore.
Le aste dei vini di Firenze sono diventate ormai appuntamenti irrinunciabili per gli esperti e gli appassionati di
settore a livello nazionale, e in misura crescente anche
internazionale. Molti sono gli ordini che arrivano per
telefono e via web.
Oggi si sta velocemente riducendo il gap che vedeva
l’Italia in posizione subalterna alle piazze più importanti per le aste enologiche come Londra, New Le aste
Pandolfini degli ultimi anni hanno confermato il trend
positivo dei grandi vini, affermando il predominio dei
Supertuscans quali Ornellaia, Sassicaia, Masseto e Solaia per quanto riguarda le bottiglie italiane e dei grandi
Châteaux come Lafite Rothschild, Mouton Rothschild,
Haut-Brion, Latour, Margaux, Romanée Conti per quanto concerne la Francia.
All’ultima asta - che si è tenuta alla Stazione Leopolda
per I Vini d’Italia, la guida dell’Espresso - i prezzi sono
saliti oltre ogni aspettativa. In questi 12 anni di attività i
risultati ottenuti sono sempre stati eccellenti con un incremento delle vendite sui prezzi di stima talvolta anche
superiore al 100%.
VINITALY BUSSA ALLA PORTA DELL’ORIENTE
Di vino da noi se ne beve sempre meno: sarà colpa della crisi o del fatto che
le nuove generazioni pasteggiano poco ad alcool a mezzogiorno. Fatto sta
che il nostro export però va benissimo. L’talia si conferma leader mondiale
nella produzione con 48,5 milioni di ettolitri stimati per la vendemmia 2016,
davanti a Francia (42,9 milioni) e Spagna (42-43 milioni), mentre le vendite
di spumante nel mondo sono balzate nell’ultimo anno del 23 per cento, con
picchi in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e Francia, dove le bollicine
sfidano addirittura lo champagne. «Ci siamo resi conto che il 75 per cento
degli spumanti va consumato subito, ma esistono bottiglie particolarmente
buone adatte a restare in cantina molti anni» confermano i produttori, che
stanno studiando nuovi prodotti.
Intanto l’Italia del vino fa rotta verso est con le tappe di Vinitaly International a Hong Kong (che si è tenuta il 10-12 novembre) e in Russia (Mosca,
il 14 novembre). Si parte dalla porta d’Oriente - Hong Kong - nell’ambito
della International Wine and Spirits Fair, con uno spazio di 1500mq e più di
160 aziende italiane partecipanti e la novità dei seminari ‘Wine2wine Asia’.
A seguire la tappa di Mosca, con circa 87 imprese presenti presso il Convention Center dello Swissôtel Krasnye Holmy, in occasione del principale
appuntamento b2b italo-russo dedicato al vino. In primo piano, sia a Mosca
che ad Hong Kong, gli Executive Wine Seminar della Vinitaly International
Academy (VIA) curati dal suo direttore scientifico, Ian D’Agata, e dedicati
anche ai premiati del 5 StarWines International Wine Award.
«La presenza delle imprese italiane in queste due trasferte è sicuramente
di rilievo – ha detto il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese – a dimostrazione del fatto che c’è una volontà nuova di mantenere la leadership
di mercato in Russia e soprattutto di recuperare terreno in Cina, a partire
dall’ex colonia britannica che rappresenta la vera e propria porta d’accesso
commerciale sul grande Paese».
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «Lo scorso
anno il valore del vino importato da Hong Kong ha superato quota 1,25mld
di euro; di questa, quasi la metà è stata riesportata verso l’Asia e nella stragrande maggioranza dei casi in Cina, dove si è registrata una crescita delle
forniture dal porto commerciale del 171,6. Il mercato con la Russia – da
sempre strategico per il nostro Paese – segna nei primi 7 mesi di quest’anno
un’inversione di tendenza dopo 18 mesi di congiuntura geopolitica negativa, con una crescita in valore del 4,5%».
La novità principale della settima edizione di Vinitaly Hong Kong è la prima esperienza di Wine2wine Asia – The Speaker’s Bureau, con focus quotidiani dedicati alla Cina e alla sua domanda di vino.
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n.22/12/2016
Grand Tour
BANGLADESH,
TERRA PROMESSA
Popolazione giovane e scambi commerciali
vivaci. Ora, la nuova scommessa:
sviluppare il turismo. Su 100 km di spiaggia
incontaminata e nelle foreste di mangrovie
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n.22 12/2016
Grand Tour
Donne bengalesi al lavoro nelle risaie, dove la messa a dimora si fa ancor oggi a mano.
L
a metà di dicembre è il periodo
migliore per visitare il Bangladesh,
paese asiatico che tutti conoscono
più che altro grazie alla dichiarazione di provenienza stampata su molte etichette di prodotti tessili. Ma, a
parte il nome della capitale, Dacca
(Dhaka) pochi sanno descriverlo o
hanno visitato le sue bellissime foreste di mangrovie, la spiaggia lunga 100 km e le città operose. Agiorni ricorre l’anniversario della sua
nascita come Stato indipendente.
Dunque ogni città organizza vari festeggiamenti e si riempie di colori.
Con 142 milioni di abitanti, il Bangladesh è uno de i Paesi più densamente popolati del mondo. Ha un
elevato tasso di povertà che ogni
anno si riduce, perchè arrivano
sempre più capitali e ordini di produzione di beni e servizi dall’estero.
Anche se la crescita economica è
evidente, con 50 milioni di persone
sotto la soglia di povertà, la gestione del Paese non è facile: la causa
di ciò va ricercata nella frequenza
di fenomeni naturali violenti che si
manifestano di tanto in tanto nella
stagione delle piogge, con cicloni e
inondazioni che distruggono ogni
sforzo di individui e famiglie. A ciò
va attribuita la lentezza negli ammodernamenti e la difficile gestione delle infrastrutture come i porti
e uno sfruttamento non ottimale
delle risorse energetiche come il
gas naturale. Ma va detto anche che
moltissimo è stato fatto nell’ultimo
decennio, dopo quasi quarant’anni di percorso in salita, grazie alla
diffusione della globalizzazione via
web.
Oggi il Bangladesh, che si è costruito una fama positiva di Stato produttore, tanto che molti investitori
si stanno spostando qui dalla Cina,
vuole far decollare anche il settore
turismo. Fra i primi a promuoverlo, uno dei personaggi che ha dato
maggior notorietà al Bangladesh
negli ultimi anni: Muhammad Yunus, di origini bengalesi, premio
Nobel per la pace 2006, inventore
del microcredito e fondatore della
Grameen Bank, che in lingua bengalese significa “la banca del villaggio”.
Grande player del mondo bancario
ormai noto in tutto il mondo, egli
ha permesso di accendere i fari sul
giovane stato asiatico, sulle sue risorse e sulle sue difficoltà: la precarietà delle condizioni in cui operano alcune fasce di lavoratori è
emersa in tutta la sua drammaticità due anni
fa con l’incidente alla fabbrica tessile di Rana
Plaza, nell’area sud di Dakha. E anche il terrorismo islamico colpisce: qui come a Parigi,
come a Nizza: in un ristorante della capitale
il 6 luglio scorso, con vittime di tutto il mondo. Ma anche questo non basta a fermarlo.
Il Bangladesh è uno stato che, come l’Italia,
si rialza con tenacia da tutto e ogni volta riparte con grinta e dinamismo. Al visitatore
occidentale può proporre un territorio lussureggiante, fatto di dolci montagne e di mare:
confina a nord, ovest ed est con l’India, a
sud-est con il Myanmar e si affaccia sul Golfo
del Bengala a sud. Da questo nome deriva il
fatto che i suoi cittadini si chiamano bengalesi, mentre la lingua che si parla è il bangladi.
Il monte più alto è il monte Keokradong di
1230 metri di altitudine sul livello del mare. Il
Gange è il fiume di maggiore portata, seguito
dal Brahmaputra. Il lago più importante per
estensione è il Barkal.
Nel passato il Bangladesh era sede delle più
rigogliose foreste di gran parte dell’Asia, che
al giorno d’oggi, a causa dell’azione distruttiva dell’uomo, contano uno spazio molto
ridotto. Ma sono ancora talmente belle e importanti che gli scienziati arrivano da tutto il
mondo per studiare la flora e la fauna. Gli
italiani che volano in Bangladesh per turismo
sono ancora pochi, rispetto a quelli provenienti dall’Europa e altre aree asiatiche. Ma il
passaparola sull’ottima qualità degli alberghi
di lusso, il mare incantevole e la natura da
ammirare funziona sempre di più.
Da Roma a Dhaka vi sono due voli settimanali diretti organizzati dalla compagnia aerea
Biman. Se si viaggia con altre compagnie si
effettuano scali in diverse città europee. Molti turisti si fermano nella capitale e si appoggiano alle agenzie del turismo, si muovono
poco da soli con i trasporti interni pubblici
che sono sempre straripanti di passeggeri.
Ma anche noleggiando un taxi ufficiale, bisogna dotarsi di pazienza: le strade sono in cat-
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n.22 12/2016
Grand Tour
Grande successo per lo stand del Bangladesh all’Expo
Da sinistra: la coltivazione a cura delle donne. La gustosa cucina bengalese. Le fattorie galleggianti durante la stagione delle inondazioni, lo
stand del Bangladesh all’Expo 2015, dove gli italiani hanno potuto comprare prodotti tessili, spezie, thè e alcune varietà di riso esclusive
tive condizioni nelle stagioni piovose, il traffico cittadino è,
anche col bel tempo, allegramente caotico. I voli tra Dahka e
Chittagong, le due città più grandi, partono tre o quattro volte al giorno, così come i treni che, a seconda delle mutevoli
condizioni meteo, possono impiegare fino a sette ore. La strada statale Dhaka-Chittagong è una delle migliori del Paese e
sono molti gli autobus che assicurano questo collegamento.
Bagerath è una città moschea di grande fascino. Offre al visitatore
le rovine del monastero buddista di Vihara a Paharpur. Da qui ci si
può inoltrare verso le foreste di mangrovie o verso il Gange.
Questa regione del Bengala ha un patrimonio di tradizioni popolari molto vario, qui convivono differenti radici, buddhiste, hindu e
musulmane, soo presenti anche comunità cristiane. Le più antiche
forme d’arte sono la tessitura, l’arte della ceramica, la scultura in
terracotta. Anche oggi fioriscono e possono farsi conoscrere grazie
al commercio on line che porta nel mondo queste antiche produzioni bengalesi insieme a quelle più moderne e sviluppate: dalla
produzione di abbigliamento e accessori per tutte le grandi griffes
mondiali, fino alla produzione di yuta, elettronica e prodotti farmaceutici. Fu per primo il regno Moghul che mostrò particolare
sensibilità verso la scienza, le arti e gli scambi. Ed il commercio
con l’occidente arricchì la regione di cultura e di merci provenienti da ogni parte del mondo. Nei villaggi ci si può fermare per lo
shopping, ma è molto suggestiva anche una sosta per assistere a
uno spettacolo di teatro popolare. Le rappresentazioni hanno luogo
durante il periodo del raccolto o in occasione delle ‘melas’ (fiere
dei villaggi), nelle quali si può apprezzare il fatto che i cittadini
musulmani e hindu del Bangladesh vivono in relativa armonia. Ciò
perchè l’hinduismo in Bangladesh non è così sfarzoso e solenne
come in India, si uniforma alla grande sobrietà della comunità islamica. Le maggiori festività riguardano le date religiose più importanti della tradizione musulmana e di quella indù. Particolarmente
sentita dalla popolazione è la festa che sancisce la fine del Ramadan
quando si organizzano incontri, preghiere e party in tutto il Paese.
Per quanto riguarda le festività indù, si festeggia a marzo l’Holi
festival, detto anche festa dei colori e ad ottobre il Durga puja in
cui in tutti i templi hindu vengono messe in mostra statue della dea
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a cavallo di un leone, con dieci diverse armi in ognuna delle sue dieci
mani.
COSA MANGIARE IN BANGLADESH
Se si è sensibili alle infezioni intestinali, cibarsi di gamberi alla griglia
da sgusciare personalmente e senza alcun tipo di condimento e frutta da
sbucciare. Thè e caffè con acqua bollita a lungo, acqua sigillata anche
per lavarsi i denti. Questi cibi si trovano ovunque e si sta benissimo. Se
invece si vogliono provare i piatti locali, chiedere di cuocere tutto molto, moltissimo. Il piatto tipico del Bangladesh proviene dalla tradizione
indiana: è a base di carne (manzo, pecora, pollo) o pesce con curry o
altre spezie. Si mangia molto riso bianco (bhat) che viene servito con
lenticchie gialle (dhals) e salsa piccante, che assume la denominazione
di biryani, il pulao et il khichuri. I kebab (spiedini) e i kofe (polpette
di carne), di chiara influenza araba, si trovano ovunque, così come il
chapati (pane caldo). Si possono trovare alcuni piatti vegetariani (bhaji)
composti di verdure fritte. I dessert sono molto dolci a base di riso o latte
(firni, pais, kheer), speziati allo zafferano o alla cannella. La bevanda
tradizionale è il te con latte (cha).
SHOPPING A DAKHA E DINTORNI
Si acquistano gioielli in oro, pietre preziose oggetti in rame o in cuoio.
Tessuti in seta e accessori in juta, molti oggetti in paglia e sari colorati.
Prodotti elettronici, dalle macchine fotografiche ai pc.
TEMPO LIBERO IN BANGLADESH
Archeologia, pesca, passeggiate e safari fotografici nella foresta. Abbigliamento consigliato ovunque : abiti lunghi, pantaloni. Portarsi dietro
un cappello con zanzariera e litri di repellenti per insetti.
DOCUMENTI
Passaporto e un visto obbligatorio da richiedere all’ambasciata di Roma
o ai consolati di Milano e Venezia.
SANITA’
E’ obbligatorio il vaccino contro il colera. Si raccomandano i vaccini
dell’epatite A e B, e quelli relativi alla febbre tifoide e alla rabbia. Profilassi antimalarica obbligatoria visto che il Paese è in fascia 3. Lavarsi
le mani spesso e disinfettare subito in caso di ferite o piccole vesciche.
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Il 16 dicembre si festeggia ovunque il “Giorno della Vittoria”
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n.22 12/2016
Grand Tour
LE SPECIALITA’ GASTRONOMICHE BENGALESI
Chi non se la sente di volare in Bangladesh, può incontrare questa vivace cultura anche restando in Italia. A Roma i bengalesi sono 15
mila, lavorano nel turismo e nella ristorazione. Sono una comunità pacifica che si raccoglie intorno alla sua ambasciata, alle moschee e alle
scuole dove si insegna anche la madre lingua. A Venezia i bengalesi lavorano soprattutto alla Fincantieri di Mestre (che conta oltre 1800
addetti assunti), ma anche come venditori di fiori, gadget e giocattoli luminosi. Le loro specialità si possono gustare al ristorante Orientale
di Via Piave. Durante il Ramadan a Roma i bengalesi si trovano in Piazza Venezia, soprattutto per la fine del digiuno, dove organizzano
di solito una giornata di fratellanza dove i fedeli islamici distribuiranno gratuitamente a tutti l’Iftar, il pasto di rottura del digiuno.
IL MENU BENGALESE DELLA FESTA DI BOISHAKHI MELA (14, 15 aprile)
Boishakhi Mela, che per le popolazioni del sudest asiatico coincide con il momento della raccolta del riso, è una festa importantissima, salutata dai contadini con grandi celebrazioni all’aperto. In Bangladesh la giornata del Boishaki Mela si trascorre nel verde, vicino ai fiumi.
I lavoratori stranieri si accontentano di ritrovarsi da qualche parte tutti insieme e mettono in piedi colorati mercatini che si possono visitare, magari assaggiando i piatti della tradizione bengalese, come l’ilish (una pietanza a base di riso e pesce tipica di questa ricorrenza), i
samosa (sfoglie ripiene di carne) o i babapita (dolcetti al cocco), cucinati dalle signore dell’associazione Donne del Bangladesh. In queste
occasioni si possono comprare un sari nuovo su una delle bancarelle del mercatino dell’artigianato, gioielli e oggetti in legno e magari
godersi uno dei concerti di musica tradizionale.
IL MENU’ BENGALESE DEL RAMADAN (luglio)
Il digiuno durante il mese di Ramadan è molto suggestivo a Puran Dhaka, la parte vecchia della capitale bengalese. Il Chawk Bazaar, il
più grande mercato della città e uno dei più grandi al mondo – lungo 2 km – durante il Ramadan vende cibo Mughlai, diffuso dai musulmani nel nord dell’India, e ogni cosa che serve per l’Iftar, il pasto dopo il tramonto che interrompe il duro digiuno della giornata.
Tra banchi di spezie e ristoranti tradizionali è possibile comprare pietanze di influenza indiana e pakistana: jhal muri speziato, ceci con
riso soffiato (muri) e salsa di mango; pollo tikka marinato in una mistura di spezie e yogurt che si consuma con burro e salsa chutney di
coriandolo verde e tamarindo; faluda, bevanda fredda e dolce fatta mescolando sciroppo di rose con semi di basilico, gelatina, perle di
tapioca e latte, acqua o gelato; lassi, bevanda a base di yogurt, acqua e spezie.
Ma il menu bengalese di fine digiuno per eccellenza si compone di: datteri e succo di frutta oppure shorbot, zucchero, limone e ghiaccio:
praticamente una limonata per recuperare subito un po’ di energie; piaggio, “come la vostra moto”, ci dicono. E poi lenticchie gialle con
cipolla e farina di ceci; begoni, melanzane a fette ricoperte di farina di ceci e fritte nell’olio: stessa cosa si fa con le polpette di patate e cipolle; ghumni, ceci bolliti con spezie, cipolla, aglio e peperoncino; infine il biriyani, dalla cucina persiana, pietanza a base di riso preparato
assieme a spezie, carne, pesce, uova o verdure. Si chiude con la frutta.
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n.22 12/2016
Grand Tour
Nei posti più belli si dorme in bungalow di legno su palafitte
MONUMENTI
Conosciuto sotto il nome di Somapura Mahvira, ‘il grande
monastero’, questo luogo è stato un centro intellettuale importante fino al XII secolo. Questa città-monastero ha influenzato
l’architettura buddista per la semplicità e l’armonia delle sue
linee ma anche per il suo scenario. Inscritto nel patrimonio
dell’Unesco nel 1985, questo sito è un vero e proprio capolavoro artistico.Il Bangladesh possiede tuttora importanti templi
buddisti, uno più affascinante dell’altro. In alcune regioni del
paese risiedono ancora tribù autoctone buddiste.Un tempo la
regione del Bangladesh era una delle più ricche dell’Asia meridionale con una vita culturale molto intensa. Per un periodo
il paese appartenne ai Britannici (dal XVI secolo alla 2ª guerra
mondiale), poi passò al Pakistan fino alla dichiarazione d’indipendenza nel 1971.La storia del Bangladesh potrebbe essere
paragonata ad una spugna che ha assorbito le diverse religioni
e culture dei popoli che soggiornarono nelle regioni. Oggi le
vestigia di questo splendido passato sono ancora visibili
LA FLORA
a flora del Bangladesh è tipicamente tropicale: si trovano banani, diversi tipi di palme, alberi da cocco, manghi, datteri,
immensi alberi con fogliame, liane e una moltitudine di piante
da fiore.Gli alberi fruttiferi sono particolarmente abbondanti, alcuni sono persino utilizzati a fini commerciali, come il
boschetto di mango sundari, il gewa, il sale e il garyan. Altri
alberi fruttiferi sono famosi per i datteri, i bambù e le palme.
Il litorale è in gran parte ricoperto da foreste di mangrovie. Le
terre coltivabili ricoprono i due terzi del paese, rispetto al 10%
delle distese boscose.
FAUNA
Il Bangladesh possiede un clima tropicale e una fauna simile
a quella presente in India. Si osservano quindi serpenti, coccodrilli, scimmie, gibboni, manguste, leopardi, orsi, cervi e
centinaia di uccelli e pesci. Senza dimenticare gli scarafaggi,
le enormi zanzare e le minuscole formiche molto aggressive.
Il veleno di queste ultime prude e brucia per ore.
L’animale emblematico del Bangladesh è sicuramente la tigre
reale del Bengala.
Un magnifico animale che rende fiero il paese che lo ospita,
ma che è al contempo molto temuto. I Bangladesi infatti dicono che prediliga la carne umana. È oggi una specie minacciata
a causa delle numerose cacce che la vedono come protagonista.Le isole St Martins ospitano l’unica barriera corallina del
Bangladesh.
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In queste pagine: immagini della capitale Dacca, che sta velocemente
ammodernando le sue strutture e si è dotata di vari alberghi 5 stelle
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n.22 12/2016
Le spiaggie più belle con reef sono situate a Nord
PAESAGGI E PARCHI
INANI BEACH
Inani Beach, a 30 km da Cox’s Bazar, possiede la più lunga e larga spiaggia del mondo:
fino a 300 m di larghezza con la bassa marea!
Potete tuffarvici in tutta tranquillità perché
non vi sono squali in questi luoghi.
Parchi Nazionali:Bhawal,Himchari,Lawac
hara,Medha Kassapia, Modhupur,Nijhum
Dweep,Ramsagar,Satchari,Kaptai,
Oasi Faunistiche: Char KukriMukri,Chun
ati,Pablakhali,Rema-Kalenga,Sundarban
East,Sundarban South,Sundarban West.
Riserve Venatorie:Teknaf
Altre Aree Protette:
Baldha Garden,Dulahazara Safari Parks
National Botanical Garden, Madhabkunda
Eco-Park,Sitakunda Botanical Garden
TRASPORTI
Se vi muoverete al volante di un’auto noleggiata, per esempio a Dacca, sappiate che il
traffico è, come in molti altri paesi dell’Asia, assolutamente caotico e la rete stradale
aleatoria. Non esiste un codice stradale. Se
dovete guidare, è necessario che vi muniate
di patente di guida internazionale. Le compagnie di noleggio di veicoli vi propongono
sistematicamente un’auto con autista (non
è richiesta alcuna assicurazione poiché non
siete voi il conducente, ma è utile avere una
polizza infortuni in viaggio). La rete dei pullman presta servizio in tutto il paese. Meglio
quelli moderni, a quelli ordinari benché siano molto economici poiché sono scomodi.
Al sopraggiungere della notte, non prendete i
pullman per grandi spostamenti.Spostarsi in
treno può costare il doppio del tempo rispetto
alla strada, soprattutto per raggiungere le città ad ovest. Durante la stagione secca, potete
spostarvi con i “ferry-boat” su 8.000 km di
vie navigabili, il sistema di navigazione fluviale è piuttosto sviluppato (è più lento del
pullman però è consigliabile per gli spostamenti interni). Esistono dei percorsi regolari,
Grand Tour
vi segnaliamo in particolare “le Rocket”,
barche a ruote, che collegano Dacca a
Khulna, quattro volte alla settimana. A
proposito di voli, la compagnia aerea nazionale Biman Bangladesh Airlines, e la
compagnia privata GMG, non rispettano
tutte le norme tecniche di sicurezza a cui
siamo abituati noi. Gli incidenti, i ritardi
sono frequenti.
PAGAMENTI
La moneta è il taka (BDT). 10 euro sono
circa 841 taka. Una donna che lavora guadagna circa 50 taka al giorno. È consigliato munirsi di travellers cheque in dollari
americani. Le carte di credito (Visa, American Express, Diner’s, ) sono accettate nei
grand hotel e ristoranti di lusso di Dacca e
di Chittagong, la città principale. I bancomat non esistono. Le banche sono aperte
dal mercoledì al sabato, dalle 9h alle 15h,
e il giovedì dalle 9h alle 12h. Il giorno di
chiusura è il venerdì.
PRIMA DI PARTIRE
AMBASCIATA BANGLADESH, ROMA
Via Antonio Bertoloni 14 – 00197 - RomaOrario d’apertura: 9.30-17.00, dal lunedì
al venerdì Tel: 06 8083595, 06 8078541
CONSOLATO ONORARIO A MILANO
Piazza Missori 3 - Tel.: 02 8055353
CONSOLATO ONORARIO A VENEZIA
Corte del Tintor, Ramo de la Bissa, 5519,
30124 Venezia Tel.: 329 442 2535
CONSOLATO ONORARIO A FIRENZE
Via Pellicceria 6 Tel:055/217500,
055/2344491
CONSOLATO ONORARIO A NAPOLI
Via Argine 827/829 - tel. 081 7334211
IN VIAGGIO
Ambasciata d’Italia: Road 74/79 Plot 2/3
Gulshan, P.O.box 6062, Dacca Tel.: (00
880) 2 8822 781 / 2.
Bangladesh Parjatan Corporation (Ufficio
nazionale del Turismo) 223 Aeroporto
Road Tejgaong, Dhaka-1215.
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n.22 12/2016
Intervista
My heart beats for Dhaka
E’italiano, giovane e dinamico il Console Onorario del Bangladesh per il Nord Est. L’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri ci
racconta la storia di questa nazione che conserva un patrimonio
archeologico e naturale ancora tutto da scoprire
by Katia Ferri Melzi d’Eril
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n.22 12/2016
Intervista
S
iamo vicini a un importante
giorno, il giorno della Vittoria. In
Bangladesh, ma anche in tutte le
comunità di emigrati nel mondo:
tutti si fanno gli auguri e preparano
piatti speciali in questa ricorrenza.
In bengali, la lingua parlata nel paese e nelle zone confinanti dell’India,
questa festa nazionale si chiama
Bijôe Dibôsh. E’ veramente molto
sentita da questo giovane popolo
che ha conquistato la sua indipendenza meno di cinquant’anni fa.
Abbiamo ascoltato il racconto diquesto speciale anniversario e del
suo significato con l’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri, Console
Onorario del Bangladesh per il Veneto, che ci ha ricevuti nella sede di
Venezia e ci ha introdotti alla scoperta della storia di questa fiera nazione che conserva un patrimonio
archeologico e naturale tutto da sco-
prire. Per prima cosa, i bengalesi arrivano volentieri in Italia. Sono una
comunità pacifica che ha scelto di
raccogliersi in alcune città. Stando
ai numeri, Roma sarebbe la quarta
capitale del Bangladesh. La città in
cui si concentra il maggior numero
di Bengalesi è Roma (15.230), seguita da Venezia (6.844) e Vicenza
(6.829). Il Console Onorario Scarpa
Basteri rappresenta dunque una comunità grande come l’intera popolazione di Corsico o di Lissone.
“Il 16 dicembre il popolo bengalese
celebra la vittoria militare sull’esercito pakistano dopo nove mesi
di guerra, la Guerra di Liberazione
del Bangladesh). Mezzo secolo fa, il
16 dicembre 1971, il generale pakistano Amir Aabdullah Khan Niazi
firmò la resa a Dacca e si consegnò
insieme a circa 90.000 soldati alle
forze congiunte del Bangladesh e
dell’India. Da allora regna la pace.”
Il sanguinoso conflitto fu la conseguenza ultima della spartizione dell’India
coloniale britannica, nell’agosto 1947, in
due entità statali: da una parte l’India e
dall’altra uno stato islamico, il Pakistan.
Il Pakistan era diviso in due parti distanti tra loro oltre mille chilometri, geograficamente, linguisticamente e culturalmente molto diverse: il Pakistan di oggi,
allora definito Pakistan occidentale, e
l’attuale Bangladesh, che allora si chiamava Pakistan orientale. Nonostante le
due zone fosse quasi uguali per densità
e popolazione, il potere politico era concentrato in Pakistan occidentale. Anche
nell’esercito i bengalesi erano svantaggiati, avevano difficilmente accesso alle
cariche più alte del comando. Il sistema
elettorale era organizzato in modo da
considerare il Pakistan orientale come
una provincia, e a relegarlo in un luogo
secondario nell’Assemblea Nazionale
pachistana, che era composta da 313 seggi. Le tensioni tra i due stati arrivarono
UN CUORE VERDE FINO IN FONDO
L’avvocato civilista Gianalberto Scarpa Basteri è stato invitato a diventare Console Onorario del Bangladesh un anno
e mezzo fa, a neanche quarant’anni, dopo aver vinto alcune cause civili per la tutela di lavoratori bengalesi in Veneto.
Questo incarico era forse scritto nel suo destino, perchè il verde, color che campeggia sulla bandiera bengalese è anche
il suo preferito: Scarpa Basteri è stato consigliere comunale della Lega nel 2010 e soprattutto è un cuore neroverde doc,
essendo il Presidente della Ssc Venezia, la storica squadra di calcio cittadina che gioca col marchio Venezia Ac 1907. Il
30 giugno 2015, nell’ incantevole cornice dell’Hotel Gritti Palace di Venezia si è tenuta dunque l’inaugurazione ufficiale
del Consolato Onorario del Bangladesh per il Veneto, presieduto dall’Avvocato Gianalberto Scarpa Basteri.
Il neo Console era accompagnato dalla moglie Ludovica Leuzzi e dalla suocera Daniela del Secco D’Aragona. Sono
intervenuti numerosi ed illustri ospiti provenienti da più parti d’Italia, ma con una particolare quanto nutrita presenza di
Autorità operanti sul territorio. Dopo aver degustato alcune prelibatezze, sua Eccellenza l’Ambasciatore Shahdat Hossain, ha preso la parola e nel discorso di saluto ai presenti, ha posto l’accento sulle numerose affinità tra Italia e Bangladesh e sul rapporto di collaborazione che lega i due Paesi da molti anni, auspicando che, anche grazie all’intervento del
neo Console Avv. Scarpa Basteri, le relazioni commerciali possano ulteriormente intensificarsi. All’ evento era presente
anche il Console Generale Rezina Ahmed con la consorte. Il conferimento pubblico dell’ ”Ufficio” è stato suggellato da
A pag. 49, il neoconsole onorario una stretta di mano e dal taglio di una torta sulla cui sommità campeggiavano – in segno di evidente amicizia- le bandiere dell’Italia e del Bangladesh. Alla inaugurazione della sede consolare presso lo studio legale Scarpa Basteri hanno
Gianalberto Scarpa Basterli con
l’ambasciatore Md Shahdat Hos- presenziato numerose autorità tra cui Monsignor Luigi Casolini, il Vice Prefetto Vicario di Venezia dott. Cusumano, il
sain alla cerimonia di investitura. Vice Questore di Venezia Vicario dott. Odorisio, l’assessore regionale Avv. Cristiano Corazzari, gli Assessori Simone
Venturini e Renato Boraso e la consigliera comunale Maika Canton per il Comune di Venezia. Oltre a loro, il presidente
Qui sopra con familiari e ospiti,
del Rotary Club di Venezia dott. Vianello, i consoli onorari di Spagna, Corea, Ucraina, Thailandia ed Estonia.
tra cui Mons. Luigi Casolini.
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n.22 12/2016
Intervista
“La festa è celebrata in tutte le
comunità bengalesi del mondo,
compresa quella italiana”
al punto massimo nel 1970, quando il maggior partito del Pakistan
orientale, la Lega Awami, riuscì a
ottenere 167 seggi su 169 nella zona
orientale del Paese. Ma la classe
politica occidentale non vedeva di
buon occhio la formazione di un
governo con queste radici. Propose
dunque, per la prima volta in oltre
vent’anni, la nomina di due primi
ministri separati per le due parti
del Paese. La rabbia e le proteste dei
nazionalisti nel Pakistan orientale
furono represse violentemente con
un’operazione militare.
L’esercito pakistano occidentale avviò il 25 marzo una campagna di occupazione per prendere il controllo
rapidamente di tutte le principali
città bengalesi, per procedere poi
a una serie di arresti e di terribili
brutalità, nell’intento di annientare
tutto il movimento nazionalista locale. Il 26 marzo il leader della Lega
Awami, Sheikh Mujibur Rahman,
ebbe il coraggio di dichiarare l’indipendenza del Pakistan orientale
e di attribuirgli il nome di “Bangladesh”: da allora evitare una guerra
civile non fu più possibile.
Entro la metà di maggio tutte le città del Bangladesh passarono sotto
il controllo dell’esercito pakistano,
ma nel corso dei mesi successivi la
resistenza prevalse, la situazione
militare si rovesciò anche grazie
all’alleanza tra l’Esercito di Liberazione del Bangladesh, che portava
50
avanti tattiche di guerriglia, e l’India, che entrò in guerra ufficialmente con il Pakistan al 3
dicembre 1971. New Delhi da tempo sosteneva i ribelli del Bangladesh con aiuti economici, diplomatici e militari. Milioni di persone,
tra cui olte 200 mila donne persero la vita in
quei terribili nove mesi. Dopo la vittoria, la
ratifica dell’indipendenza e il riconoscimento
internazionale, i due Paesi iniziarono a convivere pacificamente, l’uno di fianco all’altro, e
a dialogare per l’affermazione di un vasto territorio, perchè risultasse sempre più interessante, pronto a rispondere alla domanda crescente di prodotti low cost da spedire da ogni
parte del mondo. Il 16 dicembre è festeggiato
come “Giorno della Vittoria” non solo in Bangladesh ma anche in varire regioni dell’India.
“Uno degli eventi più seguiti in questa solenne è la creazione, a Dakha, della cosiddetta
‘bandiera umana’. Ogni anno sono oltre 27
mila i volontari che innalzano rettangoli colorati per formare uno sterminato puzzle, la
più grande ‘bandiera umana’ del mondo: la
sua realizzazione è uno spettacolo a dir poco
emozionante, che ogni anno in poche ore fa
il giro del mondo e cattura milioni di like sui
social network .
Studenti, bambini e forze dell’ordine tengono
in mano, per sei minuti e sedici secondi, cartelli verdi e rossi per formare la bandiera del
Bangladesh. Robi Axiata Limited, operatore
di telecomunicazioni mobili, in collaborazione con l’esercito, ha di recente sponsorizzato
l’evento al National Parade Ground a Dhaka,
tentando di stabilire un nuovo primato mondiale.
Nello studio del Console ammiriamo oggetti
di ceramica e di juta, prodotti elettronici, far-
L’antico
palazzetto
Amarelli,
Il Console Gianalberto Scarpa Basteri con le
ospiti della cerimonia. In sari bianco con
gli orli rossi sua moglie, avv. Ludovica
Leuzzi del Secco.
maci e tessili in seta ricamata, sacchetti
di riso e spezie. Delegazioni di imprenditori italiani sono spesso accompagnate, grazie ai buoni uffici dell’Ambasciata
del Bangladesh di Roma e l’entusiasmo
del Console Onorario Scarpa Basteri
- a visitare il Paese e a fermarsi per incontrare gli imprenditori locali presso
la Camera di Commercio e il Ministero
dell’Industria Bengalese. Tra i settori più
sviluppati, oltre al tessile, quello metalmeccanico, che sforna ottimi prodotti in
acciaio. E quello farmaceutico: il costo
del lavoro bassissimo ha convinto varie multinazionali a piantare le tende in
Bangladesh, nazione che ospita molte
fabbriche di produzione ma anche importanti centri di ricerca. Sfilano davanti
a noi altri oggetti artigianali in legno e
poi innumerevoli sacchetti di zenzero,
cannella, noce moscata, bacche e naturalmente riso.
Ci sentiamo quasi trasportare nelle sterminate coltivazioni che scorgiamo nelle
foto appese alle pareti, dove le donne
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n.22 12/2016
Intervista
piantano le preziose piantine di riso ancora a mano.
“Il motivo è presto detto. L’agricoltura è un’attività molto
difficile in Bangladesh. ogni anno la stagione dei monsoni
semina distruzione, grandi masse di acqua nera travolgono
senza soluzione di continuità case, raccolti e bestiame. “Le
acque di fiumi come il Gumani si gonfiano a dismisura e
sommergono i campi coltivati rovinando la principale forma
di sostegno. Tre anni fa però è arrivata una svolta in villaggio nel nord-ovest del Bangladesh. Una novità che è già di
esempio per molte realtà simili. Gli abitanti hanno iniziato a
costruire fattorie galleggianti nelle quali coltivare ortaggi e
allevare animali, proprio sulle acque alluvionali. “
L’idea è stata data agli abitanti dall’organizzazione no profit
Shidhulai Swanirvar Sangstha che ha insegnato loro come
convivere con i monsoni, mantenendo in piedi le caratteristiche forme di reddito.
Mohammed Rezwan, fondatore di Shidhulai, ha iniziato
quattro anni fa a costruire fattorie galleggianti per gli abitanti, e in particolare per i poveri senza terra, per aiutarli a
sbarcare il lunario durante i mesi di alluvioni.
Ad oggi sono state realizzate 40 fattorie galleggianti nelle
quali lavorano circa 300 donne. L’obiettivo di Rezwan è di
crearne 400 entro i prossimi anni.
Una fattoria galleggiante può essere dedicata alla coltivazione di ortaggi, all’allevamento di pesci, alla creazione di
sementi e mangimi. Viene condivisa da diverse donne del
villaggio e permettere ai suoi abitanti di convivere con i
monsoni.Fattorie galleggianti? Ma noi pensavamo che il verde che si ammira dall’aereo fossero soprattutto le foreste di
mangrovie, quelle che ospitano le tigri del Bengala domate
da Sandokan nei romanzi scritti da Emilio Salgari.
“Le cosiddette ‘fattorie galleggianti’ sono sicuramente uno
spettacolo bizzarro per chi arriva da fuori, sorride il Console. “Ma risolvono molti problemi di sopravvivenza. E’ tutto
più difficile per la sopravvivenza delle tigri, invece.
Lo scorso anno sono state censite solo cento tigri del Bengala
(Panthera tigris tigris) nel Parco Nazionale Sundarbans, un
numero molto inferiore a quello che ci si aspettava. Il parco
è uno degli ultimi habitat per questi straordinari felini, si stimava infatti che presentasse la più alta densità assoluta di
tigri. E’la più grande foresta di mangrovie del mondo, con
oltre 20mila chilometri quadrati di terra e di acqua nel delta
del Gange, divisa tra India e Bangladesh.
In questa pagina, il Console
Scarpa Basteri con Shubbashish Bose vicepresidente
dell’Export Promotion
Bureau.In basso, il lavoro
in una fabbrica di abbigliamento a Dhaka. Il 24 aprile
2013 a Rana Plaza un edificio commerciale di 8 piani
crollò, causando la morte di
oltre 1100 dipendenti, presenti in una fabbrica tessile
al suo interno. Da allora
le condizioni di lavoro nel
Paese sono notevolmente
migliorate. Per contribuire
al sostegno degli orfani di
quelle vittime, risarcite solo
in parte, si può donare tramite il Donor Trust Fund.
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n.22 12/2016
Intervista
Qual ‘ il periodo migliore dell’anno per visita- re il Bangladesh?
<<Se si vuol assistere alle celebrazoni più
festose, il periodo migliore è aprile. Dunque adesso, dicembre, è il mese ideale per
preparare un itinerario di viaggio e soprattutto per informarsi sulle vaccinazioni obbligatorie e consigliate da fare prima della
partenza. >> spiega il Console.
<<Il Capodanno in bengalese si chiama
Pohela Boishakh, o Poila Boishakh. Si tratta del Nuovo Anno, il Nôbobôrsho, cioè
il primo giorno del calendario bengalese,
celebrato sia in Bangladesh sia nel Bengala
Occidentale e anche nelle comunità bengalesi a Assam e a Tripura. La celebrazione
del Pohela Boishakh unisce tutti i membri
delle differenti comunità bengalesi, indipendentemente dalle differenze religiose e
regionali.Il Pohela Boishakh cade il 14 di
aprile o il 15 di aprile, secondo il calendario gregoriano, sulla base dell’applicazione del nuovo o del vecchio calendario bengalese.In Bangladesh, il Pohela Boishakh è
celebrato il 14 di aprile perché si seguono
le indicazioni dell’Accademia Bangla, che
ha designato come uf ciale il calendario
modi cato e corretto. In Bangladesh, il
Pohela Boishakh è una festività nazionale.
>> Nel Bengala la festa di Capodanno è
stretta- mente connessa con la vita rurale.
Di solito, in occasione del Pohela Boishakh,
le case sono pulite a fondo e profuma degli
squi- siti manicaretti che si preparano. La
gente si alza presto la mattina ed è felice di
indossare i vestiti più eleganti. La giornata
si trascorre incontrando i parenti, gli amici
e anche i vicini di casa. Si preparano delle pietanze speciali proprio per accogliere
nel modo più gentile e ricco i propri ospiti.
Si tratta, quindi, di una festa rurale, di
campagna, che è diventata, nel tempo,
enorme, importantissima nelle grandi città e specialmente nella capitale del Bangladesh, Dhaka.
In moltissimi luoghi del Paese si organizzano delle vere sagre proprio in occasione
del Capodanno. Differenti prodotti agrico-
li e anche artigianali, come giocattoli, cosmetici
e anche disparati tipi di piatti e dolciumi sono
venduti in piazza.
<<Durante le feste cittadine è anche possibile
assistere a spettacoli, concerti, con cantanti e
ballerini che si esibiscono nelle famose danze
bengalesi, che si chiamano jatra (esecuzioni musicali tradizionali), pala gan, kobigan, jarigan,
gambhira gan, gazir gan e alkap gan. I vip dello
star system locale presentano le canzoni popolari
o folk come quelle baul, marfati, murshidi e bhatiali. >>Si rappresentano pieces teatrali, come
Laila-Majnu, Yusuf-Zulekha e Radha-Krishna,
rallegrano la festa gli spettacoli di marionette e
le giostre. La festa del Pohela Boi- shakh, nata
come una festa rurale, è diventata importante
anche per le classi più elevate, che la vivono soprattutto all’aperto. La mattina presto la gente
si siede nel proprio giardino sotto un grande albero o lungo la riva di un lago per vedere l’alba,
insieme ad altre famiglie ed assistere a matineé
musicali.Gli artisti che si esibiscono all’aperto
cantano delle canzoni di augurio per il nuovo
anno. Tutti indossano i tradizionali abiti della
festa: le ragazze indossano il sari dagli orli rossi
e portano bracciali churi, i ori ful e i tipici bindis.
Gli uomini, invece, portano il paejama di colore
bianco o pants oppure il lungi (dhoti/ dhuti),
cioè una lunga gonna o ancora il kurta, cioè una
tunica.La gente in città inizia la giornata con la
tradizionale colazione a base di panta bhat, che
secondo la tipica ricetta prevede riso, peperoncino verde, cipolla e pesce hilsa fritto. Invece il
Panta Ilish è un piatto tradizionale a base di riso
avanzato con il pesce hilsa fritto, con aggiunta di
shutki, cioè pesce essiccato, achar, cioè sottaceti
come i cetrioli, dal, cioè lenticchie, peperoncino
verde e cipolla. Questo piatto freddo a base di
pesce è molto popolare, viene proposto nelle
case anche in occasione della festa del Pohela
Boishakh. A Dhaka si tiene ogni anno la festa
più bella, diver- tente e colorata in occasione del
Capodanno. La gente attende il sorgere dell’alba
sotto gli alberi banyan, cioè i tipici cus benghalensis, gli alberi baniano, cioè chi del Banyan al
Ramna Park, dove gli artisti Chhayanat salutano
il nuovo giorno con le famosissime canzoni di
Rabindranath Tagore:.
IL LAVORO IN BANGLADESH
La maggioranza degli abitanti dipende
dall’agricoltura. In genere producono
riso, frumento, patate, semi di senape,
pomodoro, peperoncino, cipolla, curcuma e alcune varietà di legumi. La maggior parte delle persone (80-95%) non ha
una propria terra. Chi possiede terreno
in genere è maschio e secondo la legge
musulmana una donna riceve solo la
metà di quello che un glio eredita dal
padre stesso. Secondo la legge indù invece la donna non riceve nulla. In ogni caso
è sempre il maschio che controlla la parte
finanziaria. Il metodo di coltivazione dei
campi è tradizionale e non si usano nuove tecnologie. I giovani iniziano presto a
lavorare come agricoltori, pescatori, operai salariati, venditori nel piccolo commercio. I maschi di solito lavorano nei
campi, molti sono coinvolti nella mezzadria (coltivano la terra di altri con il loro
propri mezzi ma ottenendo solo il 50%
della produzione totale). Alcuni sono
impiegati come braccianti per l’aratura,
la pulizia delle erbacce, per l’irrigazione,
per la raccolta. Le donne sono per lo più
casalinghe anche se alcune sono impiegate come operaie e guadagnano 40-50
taka al giorno. Nella maggior parte del
paese le donne sono responsabili del bestiame e dell’allevamento del pollame.
Anche i minori contribuiscono col lavoro
all’economia familiare. Purtroppo non
di tutti, specie nelle zone rurali, viene
registrata la nascita. Dunque attraverso
le visite in ospedale si può rintracciare
successivamente l’anno di nascita ma
non il giorno esatto. Le bambine sono
responsabili dei lavori domestici, come
prendere l’acqua, raccogliere la legna
secca. pascolare il bestiame, prendersi
cura dei fratelli più piccoli, fare il bucato.
I ragazzi hanno il compito di lavorare nei
campi, di pescare, di recuperare l’acqua
in eccesso per evitare gli sprechi, di acquistare il riso, i legumi ecc. dai piccoli
negozi di alimentari locali.
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n.22 12/2016
Personaggi
Torriani, l’altro Leonardo
by Edoardo Barbieri
Ingegnere come il Genio di Vinci. Ma anche matematico, fabbro, orologiaio, inventore di rari meccanismi:
orologi solari, mulini a molla e bellissimi automi
F
u, indubbiamente, un incredibile genio del Rinascimento. Ma finora erano in
pochi a conoscerlo. Il cremonese Janello Torriani è stato un grande personaggio del
suo tempo: matematico, ingegnere, inventore, orologiaio, fabbro e costruttore di sofisticati meccanismi. Nacque intorno al 1500, un anno cruciale perchè è quello del
crollo di Ludovico il Moro alla guida del Ducato di Milano. Non si sa se da ragazzo
abbia mai incrociato il celebratissimo Leonardo da Vinci, prima della sua partenza
per Roma e per Amboise nel 1516. Di sicuro Janello ne avrà sentito parlare e lo avrà
anche molto ammirato, più per le sue capacità di inventore che di pittore, azzardiamo. Infatti il giovane cremonese divenne in poco tempo un inventore tanto abile,
che fu ingaggiato a forza da Filippo II di Spagna, il quale se lo portò alla sua corte
per mettere a punto una serie di invenzioni geniali, legate principalmente, guarda
un po’, proprio al mondo dell’idralica sulla quale aveva, a lungo, lavorato anche
il Da Vinci. I suoi complessi meccanismi furono subito coperti dal segreto di Stato.
Le sue innumerevoli invenzioni ci dicono che egli era sicuramente un personaggio
poliedrico e mai banale. Janello, nato fabbro, non perse mai la sua saggezza nè il suo
approccio pragmatico.
Per il suo re creò orologi sofisticati: uno bellissimo, completamente solare, denominato Microcosm, il più complesso mai costruito, con 1800 ruote dentate. Nulla era
impossibile per l’acuto cremonese. Dalle sue mani uscirono la prima macchina fresatrice, mulini a molla, nuove applicazioni della sospensione cardanica, vari lucchetti
a combinazione, bellissimi automi che compivano movimenti comuni, lasciando stupefatti gli ospiti del re di Spagna. Partecipò alla riforma gregoriana del calendario,
compilando un trattato. Mise inoltre a punto vari strumenti di calcolo.
L’opera del Torriani -al quale è dedicata la mostra attualmente in corso al Museo del
Violino di Cremona, in Piazza Marconi, che sarà aperta fino alla fine di gennaio, con
alto contenuto multimediale e percorsi guidati sulle tracce del genio cremonese nel
suo ambiente cittadino dell’epoca - trova la sua massima espressione nell’ideazione
e nella messa a punto di una impresa veramente titanica: sollevare di 100 metri le
acque del fiume Tago sino alla sommità dell’Alcazar di Toledo. Per soddisfare questa
richiesta, egli mise a punto due macchine, in grado di convogliare quasi 40 mila litri
d’acqua al giorno, su fino alla residenza reale, dopo un percorso di oltre 300 metri. Fu
un’opera ciclopica, ma il geniale cremonese riuscì a portarla a compimento. Solo che,
anche per lui come per Leonardo, farsi pagare era un’impresa ciclopica. Per vari anni
lamentò i ritardi e i mancati pagamenti del suo lavoro, oggi valorizzato al massimo
con questa esposizione che ha il sostegno della Fondazione Bracco, impegnata da
anni a organizzare una serie di eventi e dibattiti sul legame fra ‘arte e scienza’.
In mostra è esposto anche un severo ritratto di Janello, con veste nera e grande collo
bianco di batista, prima che cadesse nel dimenticatoio e si spegnesse a Toledo nel
1585, sempre reclamando i suoi denari. La città del Torrazzo gli rende ora il giusto
merito: Janello era indubbiamente un figlio de saper fare e secondo un merito tutto
italiano.
In alto, Janello Torriani. Sotto, le sue invenzioni
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n.22 12/2016
Focus Mostre
I giganti di Gio’ di Busca
by Katia Ferri Melzi d’Eril
Bronzo e smalto forgiati con maestria. Forme magnifiche,
dettagli dell’epopea classica e dell’era elettronica.
Le straordinarie opere in bronzo di Giovanni Malerba di Busca, l’aristocratico architetto italo-ticinese, divenuto uno scultore di successo
I
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nutile cercarlo, è ‘in fusione’.
Vuol dire che sta forgiando caparbiamente i suoi giganti di bronzo,
con lavorazioni costosissime che
nessuno azzarda più, perchè è quello che la sua testa gli dice di fare.
Inutile telefonare, non risponde. Bisogna andare a stanarlo di persona,
il poliedrico Giò di Busca, nel suo
atelier ticinese dove si chiude per
mesi, per poi emergere sorridente
con quegli occhi azzurri come il cobalto, farsi vedere nei selfie a qualche evento mondano, dove non racconta quasi mai il tormento che gli
procura la lavorazione dello smalto
sul metallo. Ma quando lo fa cambia sguardo: gli occhi diventano lucenti come zaffiri, il respiro si fa più
frequente. Si intuisce che quasi quasi se ne scapperebbe seduta stante,
via dal party e dalle conversazioni
educate, per tornarsene al suo antro
svizzero, a praticare, a torso nudo,
forse,, come i suoi bronzi, con le sue
mani forti, le nobili arti di Vulcano.
La sua mostra diffusa a Portofino,
in contemporanea con l’esposizione
a Villa Durazzo di Santa Margherita
a settembre scorso, è stata un successo. Erano 15 anni che la città più
snob del mar Tirreno non ospitava
un artista nella storica Piazzetta. Ma
i bronzi dell’aristocratico Giò di Busca, per esteso Giovanni Maria Malerba di Busca - che vive nel Canton
Ticino e nel passato ha lavorato
presso prestigiose società in Italia e
all’estero come architetto e designer
distinguendosi per la Sua poliedricità - sono talmente maestose, imponenti e spettacolari che nessuno
oserebbe proporle all’aperto in una
location meno elegante della perla
del Tigullio.
Siamo andati di persona a vedere
i turisti, che invece di farsi ritrarre
con lo sfondo degli yacht più costosi del mondo, stavano a bocca aperta davanti ai giganti bronzei di Giò:
telamoni, guerrieri scintillanti nel
sole del mattino, squillanti per gli
smalti colorati. E li toccavano, con
timore e riverenza.
Le sculture di Giò di Busca sono
infatti tutte da guardare, da lontano ma anche da molto vicino. Anche un occhio non esperto può cogliere la ricchezza e la complessità
delle sue lavorazioni che abbinano
tecniche antiche e moderne. Le sue
creazioni richiamano culture radicalmente opposte, sono legate alla
natura e alla musica.
Giovanni Maria Malerba di Busca nasce a Milano nel 1959, dalla
biologa Angela Brazzola e dall’imprenditore Luigi Malerba, figlio, a
sua volta, di Carlo Malerba, pittore
“chiarista”, al fianco di Oreste Marini (che del gruppo è il personaggiochiave e l’anima critica) e di Angelo Del Bon (dal quale parte questa
“primizia” lombarda nel risveglio
della pittura italiana, secondo il
famoso critico Roberto Longhi). La
passione per l’arte di entrambi i
genitori, grandi collezionisti, con il
concorso di Oreste Marini, connesseur prodigioso, gli consentono a
LE MOSTRE DI GIO’
DI BUSCA
29/7-20/9(2016 Santa
Margherita Ligure e
Portofino
1/5-31/10 2015 Galleria Ferruzzi, Venezia
21/2-7/3 2015 Galleria
Angelica, Roma
7/12 -28/2 2015 Galleria Art Dinasty Forte
dei Marmi
19-24 ottobre 2015
Royal Opera Arcade
Gallery, Londra
13/6 /2014 Hotel du
Dèpartement, Bastia
1-30 agosto 2014, Forte Village, Art Events
Mazzoleni
1-30 agosto 2012, Finter Bank Zurich, Lugano.
ARENA
MEDIASTAR
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n.22 11/2016
Focus Mostre
A destra, il gigantismo di Giò di Busca, in bronzo nero e dorato. Qui sopra, lo scultore italo-ticinese. Sotto: dettagli e ceselli ispirati a Palmira
di crescere in un ambiente favorevole
allo sviluppo delle sue doti innate; lo
stesso Marini è suo mentore fin dall’età di sei anni perchè intravede in lui
la stessa propensione all’arte del nonno Carlo, e, insieme al critico Gustavo Predaval, firma la presentazione
dell’opuscolo della sua prima mostra
di pittura, quanto Giò era ancora un
ragazzo. L’incontro con Emile Giglioli,
scultore italo-francese di fama internazionale, che lo ospita a Parigi onde
completi le sue conoscenze dopo gli
studi al liceo artistico a Milano e alla
facoltà di Architettura a Venezia, dove
si laurea è stato fondamentale per la
sua formazione. Giò si afferma subito
come architetto e designer prestigioso,
ottenendo importanti commesse. Ma
la passione per la scultura, in cui sviluppa il suo spirito di ricerca interiore
accompagnato da una straordinaria
manualità, agitano i suoi sonni. Da qui
la scelta coraggiosa di lasciare la professionie, scegliere il cammino dell’arte
e della bellezza. Che nel suo linguaggio si traduce in continui riferimenti
naturalisti, alla musica elettronica ma
anche al futuro. “Bisogn difendere la
natura e l’arte dallo scempio”afferma
in ogni consesso. La distruzione di Palmira condotta dall’Isis gli ha procurato
una grande commozione. Da qui il
desiderio di ricordare alcuni dettagli
architettonici dell’antica città nelle
sue sculture, che sanno combinare
gigantismo e minimo dettaglio.
La maggior parte delle sculture di Giò
di Busca adotta titoli derivanti dalle
sue ispirazioni, i quattro elementi,
“Tempo” (bellissimo bronzo patinato
nero), “Concerto”, “DNA”, in cui si
intuisce la predestinazione di ognuno di noi. Quando lavora su dipinti
e disegni, l’artista mostra una velocità di esecuzione impressionante.
Joseph Castelli, Presidente del Consiglio Generale dell’Alta Corsica,
in occasione del vernissage della
mostra dedicata a Giò di Busca di
qualche anno fa, rivolgendosi all’artista ha dichiarato: “Lei rappresenta
anche la Terra delle Arti, quella che
ha ispirato i più grandi, dalla notte
dei tempi, dal Rinascimento ai nostri giorni: il Paese sul quale tutte le
muse si sono posate, dove vola lo
spirito dei più grandi maestri scultori, pittori, architetti e altri di cui
Lei fa parte. Anche Lei ci fa vivere la
sua passione, lavora la materia come
nessun altro lo sa fare..Grazie per
farci viaggiare nel Suo mondo, fra
sogno e realtà!”
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n.22 12/2016
Fashion&Co
S.Silvester? Shine!
Niente bagliori d’oro quest’anno.
Sono glam solo il luccichìo freddo
del platino e il riflesso dell’argento.
by Sonia Avanzi
S
Qui sopra: Mara Venier in una camicia
nera a grafismi della collezione capsule da lei stessa disegnata per il brand
Luisa Viola, prodotta dal Gruppo Miroglio. Sotto, gli orecchini lunghi di
ispirazione jap di Lebole Gioielli
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arà un fine anno all’insegna del luccichio
grazie a strass e cristalli, ricami nelle nuances
rubate al platino, al bronzo e all’argento. Il
corpo si copre di lamè e broccati dai bagliori
metallici. Durante le scorse sfilate di moda, soprattutto durante la New York Fashion week,
abbiamo apprezzato e ammirato tantissimi
look metallizzati. I colori sono stati i più disparati, quindi non solo argento e platino, ma
anche rosa, viola, verde, rosso e molti altri ancora. Per finire l’anno con un look metallizzato
è bene sapere che è possibile scegliere tessuti
lamé, glitterati, dal finish brillante o semplicemente ricoperti di paillettes, magari non soltanto rotonde, ma anche triangolari, quadrate
e a bacchetta, da portare con scarpe talmente
luccicanti che più a specchio non si può. Chi
ha avuto la vista lunga si è aggiudicato già alla
fine dell’estate i minidress di Michael Kors, disponibili in versione silver o gli abiti con gonna
a ruota di Chiara Ferragni, da portare con le
decolletè a punta con applicazioni a forma di
occhio.
Alessandro Michele per Gucci punta su tuniche incrostate di piccole paillettes colorate,
Marc Jacobs crea, attraverso ricami di cristalli,
onde sensuali per l’abito neo gotico. Fiumi di
pietre bianche si posano sulle creazioni di Dolce & Gabbana e di Alberta Ferretti. Sui capelli
si posano fermagli carichi di svarowsky e naturalmente tiare da regina, per sentirsi almeno
per una sera come la principessa Elizabeth, celebrata dalla fiction Netflix, che divenne regina.
Lunghe frange, naturalmente color argento
danno movimento ai dress di Valentino e a
quelli di Erdem. Se facesse troppo freddo di
notte, niente paura. Ci pensano Bomboogie e
Blauer, Moncler e Pirelli, con i caldi piumini silver tutti da indossare. Se ci si rifugia nel solito
cappotto nero, bisogna osare almeno un dettaglio. Per esempio la spilla a forma di hastag in
metallo a specchio e pietre bianche di Lanvin.
Oppure una clutch color platino, o ancora uno
dei tanti smalti per unghie argento e anche metallizzati a specchio, prodotti dale big della bellezza, come Chanel, Dior, Collistar e Yves Saint
Laurent. Per non parlare dell’argento spruzzato sulle palpebre, soprattutto nell’angolo interno dell’occhio, per accendere lo sguardo: che la
cosa funziona ce lo ha dimostrato, negli ultimi
mesi, la bellissima Rita Ora.
A meno che non si voglia andar‘controcorrente’, uscendo con addosso il broccato d’oro alla
marinara di Prada, con un abito oro o bronzo
di Lanvin oppure esibendo l’ unicorno dorato e
il suo significato onirico e magico che contraddistingue Alexander McQueen, il bagliore del
platino è un alleato sicuro per essere eleganti
quest’anno, in cui tornano tantissimi temi tipici
dei migliori anni Ottanta.
Brillano nella notte il giacchino in velluto black
con maxi jais argento firmato Emporio Armani o i mini abiti da vera femme fatale di Saint
Laurent.
Il silver glam trend si fa addirittura stellare da
Balenciaga, che propoen un bustier intergalattico, da indossare con stivali altissimi… Quasi
un’ ode alla femminilità più forte che qualche
griffe tenta di smorzare, in nome del bon ton.
L’argento non è solo un colore, dicono stilisti e
trendsetter. E’ un’attitude, e richiede look che
sicuramente sarebbero piaciuti al personaggio
dei cartoon Barbarella. Ma anche al mitico Paco
Rabanne. Una griffe che da sempre ha preferito
la tintarella di luna ai dorati bagni di sole.
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n.22 12/2016
Fashion&Co
Se non si riesce a osare il total
look, uscire in total black con
un dettaglio ‘spaziale’: una piccola borsa, una tiara, le unghie
In questa pagina in alto: mini
abito argento con cristalli e sandali luccicanti, firmati Alberta
Ferretti. Qui sopra, smalto
metallizzato argento e bronzo.
A fianco: mocassini argento
da portare con abiti lunghi e
bomber di montone. In alto a
destra,: il cappotto da uomo, declinato in tante versioni eleganti e più glam dal duo stilistico
Dolce & Gabbana.
CHI SI RIVEDE, IL PALTO’
Uno dei capi più importanti del guardaroba maschile torna in primo piano,
ma in varie versioni. Il soprabito invernale quest’anno scopre nuove dimensioni, che vanno oltre il taglio tradizionale del loden. Ci si spinge fino al
doppiopetto più formale, si sfiorano estensioni mai viste. Partiamo dal car
coat sport chic, un soprabito corto, pratico, adatto alla guida di veicoli a due
e quattro ruote. Se ne vedono anche in versione double, con interni staccabili, che asecondano le sorprese di stagione. Herho propone un’imbottitura tecnologica, assicura la protezione e il confort di un piumino, unita
all’eleganza di un pezzo classico. L’imbottitura in piuma si può rimuovere
quando arriva la primavera. In tre versioni: taglio sartoriale, spgato, tinto
in capo. Il loden resta un pezzo da esibire e conserva dettagli speciali, che
raccontano le sue origini militari.. Si può trovare in versione classica o con
aletta in pelle per chiudere il colletto in verticale. Il classico dei classici è
Schneiders di Salisburgo. Anche il cappotto doppiopetto o trebottoni è un
capo irrinunciabile. Il sei bottoni blu di Tagliatore è perfetto per le occasioni
formali e lavorative. Se si ama il cappotto più lungo, ecco i bellissimi melange in grigio piombo o blu di Ermenegildo Zegna, oppure il classico blu di
Valentino o di Yves Saint Laurent, con un taglio sartoriale tutto da esibire:
dalla costruzione chesterfield ai revers a lancia, le tasche a patta, il taschino profilato e l’indispensabile spacco sul retro. Se si preferisce un capo più
glamour, ecco le proposte di Salvatore Ferragamo in verde scurissimo, con
collletto in pelliccia. Per i più esigenti, naturalmente, c’è sempre l’opzione
‘cappotto su misura’, in materiali pregiati. L’Italia è la patria dell’alto aratigianato maschile: ma è sempre bene fidarsi di un buon indirizzo, vedere
all’opera chi disegna e realizza cappotti utilizzando solo tessuti inglesi ed
italiani pregiati e di qualità, curando nei particolari i dettagli delle linee e
delle forme con minuscoli punti a mano. Presso grandi nomi come Caraceni,
Dal Cuore, Soncini o Bocchese il cliente può scegliere il taglio del colletto, la
lunghezza del cappotto, dove posizionare le tasche e i bottoni, il tipo di allacciatura, la sfiancatura e il colore della fodera interna. Per l’interno è bello
scegliere fodere in pura seta, che si accompagna bene sia col cotone caldo
smerigliato, che col cachemire, la pura lana vergine o l’alpaca, secondo uno
stile classico, casual o elegantissimo per tutte le cerimonie importanti.
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Nocturnal Animals (in gold)
QUELLI CHE BASTIAN CONTRARIO O NIENTE.
L’oro della nuova Lotion di Yves Saint Laurent che illumina la
pelle con una carica di sublimità.
Idrata istantaneamente e avvolge con l’inconfondibile fragranza
di Blackopium lasciando un velo di micro-glitter,.Abito, gioielli
e make up Yves Saint Laurent. Qui a fianco: tuta oro con paillettes, disegno animalier.
A fianco, abito geranio con lunghe frange turchesi e cluctch
abbinata. Elisabetta Franchi
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Fashion&Co
E’ ORA DI USCIRE
Avveniristico orologio in oro, titanio, berillium bronze, peek, arcap e cristallo di zaffiro
Ur 105 Raging Gold di Martin Frey, prodotto
da Urwerk, marchio creato da Felix Baumgartner. A fianco, outfits da sera di Elisabetta
Franchi
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n.22 12/2016
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A caccia di eccellenze
by Ada Eva Verbena
A
ll’insegna dei capolavori assoluti, ma non dello stesso ottimismo
del 2015 si apre la stagione delle
grandi aste italiane, dopo un anno
denso di cambiamenti inimmaginabili, soprattutto a livello europeo.
Dopo due anni di crescita ininterrotta di prezzi e di vendite, calano i
prezzi dell’arte ovunque, soprattutto a Londra, dove alle ultime manifestazioni gli acquirenti russi sono
scomparsi, quelli cinesi sono arrivati ma per acquistare soprattutto
gioielli e i britannici hanno tirato il
freno a mano. Per il mercato italiano
arrivano segnali di ripresa? Chissà.
Per ora si può dire che il MercanteinFiera di Parma non è stato soddisfacente per alcuni operatori e
che l’ultimo Gotha non lo è stato
per molti, tornati a casa addirittura
a mani vuote, nonostante il boom
di visitatori e le proposte di tutto
rispetto. Christie’s annuncia un po’
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Le fiere londinesi hanno un po’ deluso gli operatori del
settore. Molti clienti erano in attesa delle aste d’autunno.
Acquisti preferenziali su opere conosciute e tracciabili
di recupero dopo una prima parte
dell’anno negativa, con un calo del
27,5% su base annua, dovuto principalmente al crollo delle vendite di
fascia alta, per lotti superiori ai 5 milioni di dollari. L’area europea, che
sopravanza gli Stati Uniti sia per acquirenti che per valore, divenendo
la regione leader globale per il suo
business dell’azienda. Si sottolinea
un buon risultato per i lotti inferiori
al milione di dollari, più redditizi
per la società rispetto ai top lot; così
come segnali positivi sarebbero da
cogliere per i nuovi acquirenti, che
rappresentano il 25% di tutti gli acquirenti nella prima metà del 2016.
Le vendite dell’e-commerce sono
cresciute del 96%, passando nei primi sei mesi da 15,3 milioni del 2015
a 28 milioni di dollari quest’anno.
Guardando all’Italia, le grandi case
d’aste perdono terreno di fronte a
quelle nazionali che spesso battono
settori sottovalutati. In un semestre
in chiaroscuro, che ha visto scende-
rei valori dell’arte contemporanea,
le piùpenalizzate sono state le due
big, Sotheby’se Christie’s, che da
tempo hanno ridotto la loro presenza in Italia puntando al settorepiù
redditizio, quello del dopoguerra. r
ma con valori ridotti di circa il 20.
Chriestie’s guida la classifica italiana del primo semestre.Alle sue
spalle si è piazzata Sotheby’s,che
dall’arte contemporanea ha incassato12 milioni di euro, il 39% in meno
rispetto ai 19,7 milioni raggiunti
nel medesimo periodo dello scorso
anno. Un pesante arretramento dovuto a una maggior cautela da parte
del collezionismo e all’arresto della
spinta speculativa. Probabile quindi
il ritorno dei beni rifugio e dell’antiquariato con la vendita di opere,
possibilmente in possesso dell’attestato dilibera circolazione. console
in legno romana del ’600 o ragionevoli, a prezzi calmierati.
La genovese Wannenes ha seguito
questa strada, conquistando un fat-
turato che nel primo
semestre 2016 è stato
di 11,7 milioni di
euro, addirittura il
102% al di sopra del
periodo gennaio-luglio 2015. Se Farsetti
ha chiuso la prima
parte della stagione a 8
milioni di euro con un
incremento del 34%,
Pandolfini ha battuto
13 aste totalizzando
12,1 milioni di euro,
600 mila euro in più
dello scorso anno.
Bene anche Finarte che
ha incassato 1,4 milionidi euro dall’asta di
arte contemporanea,
Il Ponte in giugno a
Milano ha ottenuto,
sempre dal ’900, ben
5,7 milioni di euro. A
Londra, Frieze e Frieze Masters (dedicate
all’arte moderna) hanno chiuso i battenti
senza gli allori attesi,
nonostante i grandi nomi in vetrinaRichter. Passando alle
aste, Christie’s e Sotheby’s hanno riscosso un
buon successo con le
aste londinesi dedicate
al contemporaneo internazionale. In Bond
Street i battenti si sono
chiuso con quasi 50
milioni di sterline, con
molte conferme (un
Jean Dubuffet stimato
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n.22 12/2016
Aste &Co
Nella.rbieri, Alessandro Borghese e la
superchef Lidia Bastianich, mddre di
Jo.
TUTTE LE ASTE DI FINE ANNO
SOTHEBY’S
23-24 Novembre, Arte Moderna e contemporanea, Palazzo Serbelloni h. 19
25 novembre, Duemila Ruote, Milano Rho Fiera
CAMBI
Asta N. 277 - Arte Moderna e Contemporanea
lunedì 28 novembre - Ore 18:00 Milano (MI), Palazzo Serbelloni - Corso Venezia 16
FEDERICO II
Asta N. 3 - Dipinti antichi e del XIX secolo, Arte moderna e contemporanea
Bari (BA), Viale Unità d’Italia, 93 martedì 29 novembre - Ore 15:00 - Dipinti antichi e del XIX secolo, Ore 18:00 Arte moderna e contemporanea.
CAPITOLIUM
ASTA 207 - MODERN & CONTEMPORARY ART
mercoledì 30 novembre - Ore 17:00, H. 20.00 Brescia (BS), Via Carlo Cattaneo, 55
PORRO
Asta N. 81 - Dipinti Antiche e del XIX Secolo e Arte Moderna e Contemporanea
mercoledì 30 novembre - Ore 18:30 Milano (MI), Via Olona, 2
mercoledì 30 novembre - Ore 19:30 Milano (MI), Via Olona, 2
BERTOLAMI FINE ARTS
Asta N. 27 - Arte Moderna e Contemporanea
giovedì 1 dicembre - Ore 16:00 , venerdì 2 dicembre - Ore 16:00
Roma (RM), Piazza Lovatelli, 1 - Palazzo Caetani-Lovatelli
MECENATE ASTE
Asta N. 34 - Arte Moderna e Contemporanea
giovedì 1 dicembre - Ore 18:30 Milano (MI), Via Mecenate, 76/33
STADION
Gioielli e sculture, arredi e dipinti, dipinti di autori Sloveni
venerdì 2 dicembre - Ore 10:00 , ore 15:00, ore 20:30
Trieste (TS), Riva Tommaso Gulli, 10/a
MECENATE ASTE
Asta N. 35 - GRAFICA, DISEGNI E DIPINTI DI ARTE MODERNA E
CONTEMPORANEA (SOLO ONLINE E TELEFONO)
venerdì 2 dicembre - Ore 10:30 -Ore 15:00 ,Milano (MI), Via Mecenate, 76/33
PICENUM
Asta N. 4 - Arte Moderna, Post War, Contemporanea, Fotografia
sabato 3 dicembre - Ore 15:00 - Sessione Unica Cingoli (MC), Piazza Vittorio Emanuele II
CASA D’ASTE VINCENT
Asta N. 108 - Importanti Sculture da Presepe del XVIII e XIX Secolo
sabato 3 dicembre - Ore 17:00, NAPOLI (NA), Via Tito Angelini, 29
CASA D’ASTE IL PONTE
Asta N. 385 - Arte Moderna e Contemporanea. Martedì 6 dicembre - Ore 10:30, Ore 15:30
Milano (MI), Palazzo Crivelli - Via Pontaccio, 12
1,5 milioni è stasto assegnato a 2.629 mila
sterline), qualche dubbio (Rosso plastica di
Alberto Burri, 1962 è stato presentato a 4 milioni di sterline e aggiudicato per 4.050.000)
e qualche sorpresa: il Nickelodeon del giovane pittore rumeno Adrian Ghenie è stato
battuto a 7.109 mila sterline. Niente da fare
invece per le Italian Sales, che hanno annoiato i compratori internazionali presentando selezioni non innovative rispetto agli
anni passati e prezzi troppo alti. Tant’è che
pure i big come Fontana, castellani e Boetti
hanno tenuto ma senza fare faville.
Tutti gli occhi, insomma, sono puntati ora
sulle aste italiane e non di fine anno, da
quelle dei grandi player a Milano e Roma
fino a quelle nelle capitali europee e nelle
città più periferiche, piccole ma non meno
interessanti.
La casa d’aste viennese Dorotheum ha
ospita alcuni lotti in anteprima, dal 2 al 5
novembre, a Milano nella sede di Palazzo
Amman (via Boito 8). L’appuntamento in
asta con i moderni e contemporanei è stato
il 22 e il 23 novembre, mentre quello con i
preziosi e gli orologi è stato il 24 e il 25 novembre. Il 23 e 24 novembre c’è stata l’asta
Sotheby’s a Palazzo Serbelloni. In catalogo,
tra i 180 lotti dell’asta serale due Concetto
spaziale di Lucio Fontana, di un blu molto simile a quello che è passato a ottobre
a Londra (700.000 – 900.000 euro), oltre a
Burri, Tancredi, Morandi, Melotti, Rotella, Festa, Salvatore Scarpitta. Il 24 c’è stata
la prsentazione delle collezioni di orologi,
gioielli, novecento, scultura, arte moderna
e contemporanea di Cambi, con il consueto
grande evento a Palazzo Serbelloni. Sempre
il 24 Wannenes ha tenuto il suo evento da
Frigoriferi Milanesi. Nel catalogo, due Carol Rama, quattro Baruchello e un Agnetti,
uno Schifano e la scultura di Fausto Melotti Poesia del 1962 i Il 25 novembre Farsetti, che a Prato ha organizzato una vendita
con Enrico Castellani, Marina Apollonio
e Aldo Mondino. Sempre il 25 novembre
Sotheby’s ha battuto una selezione di auto
d’epoca (Duemila Ruote), mentre il 28 novembre è stata la volta dei lotti di mobili,
sculture, oggetti a Parigi. Il 5 e il 6 dicembre
gli eventi da Pandolfini e il Ponte chiudono
la stagione.
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n.22 12/2016
Motori & Co
In alto: La Alfa Romeo personalizzata con La Grande Onda di Hokusai da Garage Italia Custom. A fianco, l’artista e designer Erika Calesini al lavoro su una Lancia
Y10. A destra, l’auto completamente ricoperta di perle. Sotto Lapo Elkann e a fianco la sua versione di Bombardier Learjet 31 intitolato “Nel blu dipinto di blu” che
egli ha allestito per una società aerea italiana che offre voli executive sia aziendali che privati. Il jet firmato Lapo ha fatto letteralmente impazzire alcuni passeggeri.
Che ora vogliono anche loro un aereo su misura, anche uguale, con gli interni e gli esterni tutti dipinti di un blu squillante, quello che egli indossa spesso e volentieri.
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e
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n.22 12/2016
Motori &Co
Carrozzate da urlo
Le auto e gli aerei personalizzati dall’eclettico
Elkann conquistano gli Usa. E le citycar di
Erika Calesini fanno girare la testa a tutti.
N
on date le chiavi della vostra auto a un designer. Potrestre vedervela tornare trasformata in stampa giapponese o così,
completamente ricoperta di perle, rivestita con un maglione gigante, luccicante con migliaia di strass, ricoperta di paillettes o di
borchie, rivestita di mosaico di Ravenna. Le carrozzerie da urlo sono l’ultimo trend in fatto di motori. Tra i guru della customizzazione sono due i nomi più gettoneati: Lapo Elkann e l’artista riminese Erika Calesini che ha stupito il pubblico fashionista della fiera milanese White con le sue incredibili customizzazioni, che rendono una anonima citycar stupefacente come la carrozza
della Regina Elisabetta. La Calesini lavora in un grande hangar sulla costa romagnola, dove accorrono da ogni parte del mondo
anche per farsi trasformare la propria vecchia bicicletta in quadro da appendere alla parete, opportunamente segata e decorata.
“Ci vogliomo molte ore di lavoro, perchè tutti i decori sono applicati a mano, uno per uno”. La ragazza con la pistola (a caldo)
ha realizzato una serie di installazioni mozzafiato per le feste di Natale: grovigli di biciclette rosa, alberi di natale a gomitolo,
personalizzazioni di motori e oggetti semplicemente irresistibili.
Vanno bene, nonostante le cronache gossip, anche gli affari di Garage Italia Customs, il centro stile di Lapo Elkann che si occupa
di personalizzare e rendere unico qualsiasi tipo di mezzo a motore, accendono il turbo e conquistano gli Stati Uniti. Molti supermiliardari americani, infatti, si sono rivolti a lui per personalizzare di tutto, dalla moto al jet privato. E non è che gli aerei siano
pochi, da quelle parti. Uno degli ultimi clienti è arrivato dal Texas per personalizzare il suo jet Gulfstream 85.L’estate scorsa,
Garage Italia Customs, società di Lapo Elkann, per presentarsi sul mercato, ha esposto nella galleria Venus di Los Angeles la sua
ormai famosa Alfa Romeo 4c Hokusai, una personalizzazione artistica della famosa auto sportiva italiana, sulla cui carrozzeria
è stata pitturata, completamente a mano, “La grande onda di Kaganawa”, opera del maestro giapponese Katsushika Hokusai,
ancora in mostra a Milano proprio in questi giorni di debutti scaligeri. Niente male, insomma, come prima incursione nel mondo dell’arte. Alla classica esposizione di motori di Pebble Beach, dove arrivano da tutta la California per mostrare le versioni
personalizzate delle auto più belle del momento, Lapo Elkann h lasciato tutti a bocca aperta, in versione driver dandy, guidando
personalmente questa incredibile creazione. Sulla Alfa Romeo 4C Hokusai da 199 mila dollari, che ora si vende a Miami, è stato
anche avvistato sulla mitica Us Route 101, la strada sulla costa che permette di ammirare per chilometri lo spettacolo dell’Oceano Pacifico. Le auto come opere d’arte non sono una novità. Sono più di 40 anni che esiste la BMW Art Collection, una selezione
fortunatissima di modelli personalizzati con stili e colori unici. Ma se finora i casi sono stati pochi e per lo più si è trattato di
artisti noti che hanno messo letteralmente le mani su auto di brand celebri, la Garage Italia Customs di Lapo Elkann ha sviluppato l’idea trasformando in tela alcune carrozzerie. Per i 50 anni di BMW in Italia l’atelier di Lapo ha preso una i8 e l’ha colorata
come il dipinto ad olio “Lampada ad Arco” del futurista Giacomo Balla, trasformandola nell’esemplare unico i8 Futurism Edition. Adesso è toccato ad una Alfa Romeo 4C: celebra l’amore dei giapponesi per il marchio di Arese con i colori de “La Grande
Onda”.Ammirando la carrozzeria della Alfa Romeo 4C ci si accorge che l’opera giapponese non è stata solo aerografata a mano.
E’ stata studiata attentamente per ottenere un posizionamento ad effetto e abbinata a materiali che potessero suscitare un’emozione stupefatta per chi visita l’abitacolo. L’onda domina tutta la parte posteriore della fiancata e l’intera superficie del tetto,
seguendo sinuosamente le forme dell’auto, che monta cerchi azzurri dal forte richiamo alla tela. Dentro invece, per personalizzare gli interni si è optato per il denim giapponese Kubaro, con inserti in pelle Foglizzo per richiama le squame della carpa; un
riferimento al Giappone più poetico. Così come la particolare lavorazione della corona del volante e della leva del freno a mano
si ispirano al Tsukamaki, l’arte di rivestire l’elsa della spada dei samurai, la mitica Katana.Dal 30 luglio al 10 settembre scorso, le
esclusive one-off Alfa Romeo 4C Hokusai e BMW i8 Futurism Edition sono state esposte all’interno della mostra “Piston Head
II: Artists Engage The Automobile” nella galleria Venus di Los Angeles di Adam Lindemann.
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n.22 12/2016
Agent Provocateur
Nozze? Non s’han da fare
by Amir Hussein Barouh
Le nozze per convenienza ci sono sempre state. Ma non
fra due persone dello stesso sesso. Ecco il primo caso di
due uomini, amici fraterni che si sposeranno in Comune.
Non lo fanno per amore, dicono. Ma per risparmiare...
In alto, Gianni Bertoncini e Piero Principe, i primi sposi per convenienza, a Schio, in provincia di Vicenza
Q
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46
uel matrimonio non s’ha da fare,
si è letto qualche giorno fa su alcuni
giornali. Una notizia a dir poco manzoniana. Ma si tratta di nozze ‘a norma di
legge’. Anche se quella di Gianni Bertoncini e Piero Principe è indubbiamente una scelta fuori dal coro, che ha fatto
subito discutere: conviventi da anni ma
“solo amici”, Gianni e Piero hanno deciso di unirsi civilmente sabato prossimo a Schio, nel vicentino. “Non siamo
gay” hanno precisato, spiegando che la
loro è una scelta di pura convenienza.
Gianni, vicentino di 56 anni, è un musicista; Piero è di origini romane e ha
70 anni. Convivono già da parecchi
anni ma il sesso non c’entra: “non siamo una coppia, ci prendiamo cura l’uno
dell’altro, siamo come fratelli” hanno
spiegato in un’intervista al Giornale di
Vicenza. Allora perché unirsi civilmente? I due prossimi “sposi” sono convin-
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ti che l’unione civile consentirà loro
di accedere a diritti che sarebbero loro
negati altrimenti e di risolvere problemi
pratici. “Ci sono situazioni - spiegano i
due amici - in cui non avere un legame
riconosciuto crea difficoltà, come le degenze in ospedale, ma anche per piccole cose, il pagamento delle bollette, del
canone Rai: prima che venisse messo in
bolletta lo addebitavano a entrambi”.
La scelta di pura convenienza, dunque,
che però non scandalizza la “madre”
della legge che ha per la prima volta in
Italia introdotto le unioni tra persone
dello stesso sesso, la senatrice del Pd
Monica Cirinnà. “Anche una donna si
può sposare con un uomo che non ama,
per convenienza. I matrimoni di comodo si sono sempre fatti. Se stavolta a
unirsi sono due uomini che non sono
uniti affettivamente ma lo fanno per
convenienza, penso che comunque la
legge consenta la libertà ai cittadini di
farlo”, commenta.Tuona all’imbroglio
invece Aurelio Mancuso, presidente di
Equality Italia e leader storico della comunità omosessuale italiana: “che due
persone eterosessuali dello stesso sesso
vogliano fare una unione civile e accedere così anche alla reversibilità delle
pensioni, all’eredità e così via, lo trovo
legittimo e legale ma dal punto di vista
morale è una truffa. Non è che si possa
utilizzare la norma come si vuole. Io,
che ho fatto una lunga battaglia per il
riconoscimento delle coppie omosessuali, non dirò mai loro: bravi, bravi”.
Mancuso avverte: “La legge sulle unioni civili prevede diritti ma anche doveri” e conclude “attenzione a non svilire
un istituto come qualcosa che passa
come privilegio, la legge non è un eldorado per chi vuol fare il furbo”. Insomma, carissimi Gianni e Piero: forse vi
converrà dichiarare che il matrimonio è
‘stato consumato’, per starvene in pace.
Il dibattito contro la
legittimità delle unioni civili è viziato da
un errore di fondo:
credere che la nostra
Costituzione
vieti,
più o meno espressamente, il matrimonio
egualitario. «Con la
sentenza 138/2010, la
Corte Costituzionale
sollecita il legislatore al riconoscimento
delle coppie omosessuali» ci ricorda
ancora il giurista
«senza tuttavia indicare in quale forma:
il legislatore ha discrezionalità politica
sui mezzi». Dalla Costituzione, per di più,
«non è possibile desumere un divieto di
introduzione del matrimonio tra persone
dello stesso sesso»
che semmai non può
essere riconosciuto
«in via meramente
interpretativa,
ma
con l’intervento del
legislatore». In altre
parole: la Costituzione non parla di matrimonio tra uomini
o tra donne, ma ciò
«non equivale a dire
che lo vieti». Spetta
al legislatore, quindi,
decidere.