Terapia antiaggregante piastrinica nei pazienti sottoposti ad

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Terapia antiaggregante piastrinica nei pazienti sottoposti ad
Terapia antiaggregante piastrinica nei pazienti sottoposti ad impianto
di stent coronarico: documento di consenso della Società Italiana di
Cardiologia Invasiva
Giuseppe Sangiorgib ,Giulio Guagliumia, Giuseppe Musumecia, Roberta
Rossinia, Leonardo Bologneseb, Arturo Giordanob, Antonio Marzocchia,
Angelo Ramondob, Corrado Tamburinob, Fabrizio Tomaib e Stefano De
Servib
Aggiornamento del documento pubblicato su Journal Cardiovascular Medicine
2007;
La Società Italiana di Cardiologia Invasiva è conscia dell’esistenza di significative
differenze locali e individuali, nonché di prescrizioni discordanti, nell’ambito della
terapia antiaggregante piastrinica somministrata dopo impianto di stent coronarici,
un problema molto complesso per via dell’ampio uso degli stent a rilascio di
farmaco (DES, drug-eluting stent), della complessità sempre maggiore degli
interventi coronarici percutanei e della necessità sempre più impellente di evitare
trombosi degli stent. Con gli interventi coronarici percutanei si sta attualmente
tentando di trattare lesioni complesse e pazienti difficili, con un’ alta percentualedi
successo procedurale. La terapia antiaggregante doppia con aspirina (ASA) e
tienopiridina è, al momento, il miglior tipo di trattamento per ridurre il rischio di
trombosi dello stent coronarico. Per via della minore incidenza degli effetti
collaterali rispetto alla ticlopidina, il clopidogrel è attualmente la tienopiridina da
adottare in associazione alla ASA nel trattamento antiaggregante doppio. Tuttavia, il
lungo periodo di tempo necessario per la completa endotelizzazione dello stent
medicato dopo il suo impianto e la complessità sempre maggiore degli interventi di
rivascolarizzazione percutanea pongono pressanti problemi circa la sicurezza del
dosaggio e la durata della terapia antiaggregante doppia.
Parole chiave: agenti antiaggreganti piastrinici, trombosi coronarica, stent
a
b
Reparto Cardiovascolare, Ospedali Riuniti di Bergamo, Italia, e
Consiglio Direttivo della Società Italiana di Cardiologia Invasiva, Italia
Introduzione
I documenti di consenso degli esperti hanno lo scopo di presentare tutte le prove rilevanti
in merito a una determinata questione, al fine di aiutare i medici a soppesare i benefici e
i rischi di una determinata procedura diagnostica o terapeutica.
La Società Italiana di Cardiologia Invasiva è conscia dell’esistenza di significative disparità
locali e individuali, nonché di prescrizioni discordanti, nell’ambito della terapia
antiaggregante piastrinica somministrata con gli stent coronarici, una questione critica per
via dell’ampio uso degli stent a rilascio di farmaco (DES, drug-eluting stent), della
complessità sempre maggiore degli interventi coronarici percutanei (PCI, percutaneous
coronary interventions) e della necessità sempre più impellente di evitare la trombosi dello
stent.
Lo scopo che il presente documento si prefigge è la ricerca di un approccio più scientifico,
uniforme e ragionevole nel processo decisionale clinico quotidiano.
Nella cardiologia invasiva contemporanea, l’ impianto degli stent coronarici si è sviluppato
come il metodo predominante nell’ambito della rivascolarizzazione coronarica percutanea.
Rispetto all’angioplastica convenzionale con palloncino, lo stent coronarico si è dimostrato
in grado di diminuire le percentuali di nuova rivascolarizzazione su vasi target
precedentemente trattati per un’ampia varietà di tipi di lesione [1,2]. Tuttavia, vi è un
rischio provocato dall’introduzione di un corpo estraneo nelle coronarie, e cioè la trombosi
dello stent. Dopo l'impianto dello stent, l'attivazione piastrinica e la successiva
aggregazione, all'interno dello stent stesso e nell'area della lesione trattata possono
provocare la formazione di trombi. La frequenza delle trombosi acute e subacute degli
stent coronarici è stata ridotta in maniera significativa dai progressi delle tecniche di
impiego degli stent e dalla ottimizzazione della terapia anticoagulante dopo la procedura. Il
riconoscimento dell’importante contributo che i meccanismi mediati dalle piastrine
forniscono alla patogenesi della trombosi dello stent ha portato alla valutazione della
combinazione, in termini di maggior capacità antiaggregante di aspirina (ASA) più
ticlopidina o clopidogrel, con conseguenti minori frequenze di trombosi dello stent
accompagnati da ridotte percentuali di complicazioni emorragiche. Infatti, in cinque
sperimentazioni randomizzate appositamente disegnate, la somministrazione della
tienopiridina ticlopidina combinata con ASA si è rivelata migliore della sola ASA, o della
ASA con warfarina, ai fini della riduzione della trombosi dello stent e di altri eventi avversi
in seguito all’impianto di stent coronarico [3-7].
Molte dati sottolineano la potenziale tossicità ematologica associata a cicli di ticlopidina
anche di breve durata. E’ stato dimostrato che il clopidogrel, un nuovo derivato della
tienopiridina, con un meccanismo di azione simile a quello della ticlopidina, costituisce un
efficace agente antiaggregante piastrinico nei pazienti con stent coronarico, con una
migliore tollerabilità e un migliore profilo di sicurezza; esso ha infatti ormai ampiamente
sostituito la ticlopidina nella pratica clinica.
Incidenza della trombosi dello stent in studi randomizzati e di osservazione
I DES riducono notevolmente la restenosi rispetto agli stent metallici (BMS, bare metal
stent), e rappresentano un progresso significativo nell’ambito della PCI [8-13]. Di
conseguenza, i DES sono stati rapidamente adottati nell’attività clinica quotidiana dei
laboratori di emodinamica e sono attualmente utilizzati nella stragrande maggioranza delle
procedure di PCI complesse. Tuttavia, il livello di complessità delle attuali PCI, associato
al sostanziale ampliamento delle indicazioni per l’uso dei DES, sta facendo emergere
l’esigenza di una terapia antiaggregante doppia più accurata, che riduca al minimo il
possibile rischio di trombosi dello stent (Tabella 1) [14]. Inoltre, mentre il rischio di trombosi
dello stent dopo l’impianto di un BMS diminuisce rapidamente dopo 2-4 settimane [15], nel
caso dell’impianto di DES si ritiene che la ritardata riendotelizzazione prolunghi il periodo
di maggior rischio di trombosi dello stent (Fig. 1) [16], con la conseguente necessità di una
prolungata terapia antiaggregante piastrinica doppia nei pazienti che ricevono un DES
[17].
Si noti che, nell’ambito di alcune sperimentazioni cliniche randomizzate con follow-up ad 1
anno, nelle quali venivano arruolati lesioni e pazienti di media complessità, e nelle quali
veniva somministrato il clopidogrel in combinazione con ASA per 2-3 mesi [stent Cypher
(Johnson & Johnson, USA) e Endeavor (Medtronic Inc, USA)] o 6 mesi [stent TAXUS
(Boston Scientific)], la trombosi dello stent non risultava un problema rilevante [18, 19]. In
realtà, i dati recenti con follow-up fino a 4 anni, nell’ambito di metaanalisi di
sperimentazioni randomizzate associate all’uso di stent Cypher o Taxus, hanno mostrato
percentuali simili di trombosi dello stent sia nei gruppi DES sia nei gruppi BMS [20-22].
Un’altra recente metaanalisi di quattro sperimentazioni randomizzate con impianto di stent
Cypher e di cinque sperimentazioni randomizzate con stent impianto di Taxus hanno
dimostrato una maggiore percentuale di trombosi per entrambi i DES con follow-up
compreso fra 1 e 4 anni, sebbene l’incidenza complessiva di morte e infarto del miocardio
fosse simile fra DES e BMS [23]. Lo e-Cypher, il registro di DES più ampio fra quelli
attualmente disponibili, completa le informazioni raccolte nelle sperimentazioni
randomizzate analizzando i risultati del trattamento di lesioni coronariche non selezionate
con uno o più stent a rilascio di sirolimus in > 15.000 pazienti. Le informazioni di sicurezza
del follow-up erano disponibili per > 13.000 pazienti (88% del campione originale) [24]. Le
percentuali di trombosi acute, subacute e tardive erano rispettivamente dello 0,13%,
0,56% e 0,19%, e l’incidenza a 1 anno dei casi di trombosi dello stent era dello 0,87%, in
linea con i risultati attesi dai prossimi studi randomizzati di riferimento [18,19].
E’ tuttavia bene sottolineare che la sperimentazione BASKET-LATE ha riportato un
numero significativamente maggiore di eventi cardiaci (morte e infarto del miocardio non
fatale) in una popolazione non selezionata di pazienti trattati con DES rispetto a quelli
trattati con BMS, a 6 mesi dall’interruzione di clopidogrel [25]. I registri recentemente
pubblicati hanno anche mostrato un aumento degli eventi tardivi nel gruppo DES [26-29].
In particolare, Camenzind [26] ha dimostrato un maggiore rischio di morte e di infarto
miocardico nei pazienti che avevano ricevuto un DES rispetto a quelli trattati con BMS.
Lagerqvist et al. [28] hanno riscontrato che i pazienti trattati con DES hanno un aumento
del 18% del rischio di morte relativo a lungo termine, rispetto a quelli trattati con BMS. Tutti
questi dati differiscono da quelle delle sperimentazioni randomizzate, che invece hanno
dimostrato percentuali simili di trombosi dello stent e morte [18-22].
Le discrepanze fra studi differenti possono essere spiegate da diverse ragioni. Per prima
cosa, dato che la morte, l’infarto del miocardio e la trombosi dello stent si verificano in
maniera relativamente poco frequente, alcune delle sperimentazioni erano basate su
campioni insufficienti per rilevare piccole differenze fra le percentuali degli eventi.
Secondo, nella metaanalisi di Camenzind sono stati esaminati i dati comuni relativi ai
risultati complessivi dei lavori pubblicati anziché i dati dei singoli pazienti, con una
conseguente imprecisione delle stime dell’effetto generale del trattamento e con una
eterogeneità fra gli studi. Terzo, fra le varie sperimentazioni eseguite non vi era una
definizione uniforme del concetto di trombosi tardiva. A tal proposito è stata elaborata una
nuova definizione standard della trombositardiva (Academic Research Consortium) [29],
attualmente utilizzata in altre analisi. Quarto, le sperimentazioni Cypher e Taxus di
riferimento non tenevano conto degli eventi trombotici secondari che si verificavano in
seguito a una rivascolarizzazione della lesione target. Quinto, in taluni studi, i bracci del
DES e del BMS venivano confrontati secondo il principio della ‘intenzione di trattamento’
(che può massimizzare i tassi degli eventi nel braccio del BMS), mentre in altri i confronti
venivano eseguiti fra i pazienti 'effettivamente trattati' con DES o BMS. Infine, dati
dettagliati circa l'uso del farmaco antiaggregante piastrinico durante il periodo di follow-up
spesso non erano disponibili, rendendo impossibili raccomandazioni certe sulla durata
ottimale della somministrazione della tienopiridina.
Riassumendo, l’analisi retrospettiva della trombosi dello stent, applicando le nuove
definizioni dell’Academic Research Consortium alle sperimentazioni randomizzate
controllate, non rivela un tasso differente di trombosi tardiva per il BMS e il DES fino a 4
anni. Tuttavia, la trombosi tardiva si verifica più tardi nel tempo con il DES che con il BMS.
Inoltre, essa pare presentarsi come trombosi primaria, mentre con il BMS un certo numero
di trombosi tardive sono riferite a interventi ripetuti della lesione target. Pertanto,
sperimentazioni future appositamente disegnate daranno sicuramente ulteriori
delucidazioni circa l'equilibrio complessivo di sicurezza-efficacia del DES e circa il ruolo
della terapia antiaggregante piastrinica prolungata. Una recente analisi comparativa tra
due centri ad alto volume in Europa ha esaminato la trombosi precoce e tardiva in
pazienti sottoposti ad impianto di Cypher o Taxus evidenziando come nonostante in un
centro la terapia fosse stata continuata per 12 mesi rispetto all’altro centro dove era stata
continuata per soli sei mesi, non siano state osservate differenze significative tra
l’incidenza di trombosi precoce e tardiva nei due centri. In aggiunta nel gruppo dei pazienti
trattati per 12 mesi si è osservata un aumento del rischio di complicanze emorragiche
suggerendo come il rischio/beneficio di questa terapia prolungata debba essere
attentamente valutato nei pazienti sottoposti ad impianto di DES [30]
In aggiunta, il
recente registro multicentrico spagnolo ESTROFA ha arruolato dal 2002 al 2006 circa
23000 pazienti sottoposti a PCI con impianto di DES; di essi 301 hanno avuto una
trombosi definita (valutata all’angiografia coronarica) di stent ed in particolare 24 acute,
125 sub-acute e 152 tardive. Proprio relativamente a questi 152 casi si deve sottolineare
come l’80% dei pazienti avesse sospeso la terapia antiaggregante doppia e fosse in
trattamento prevalentemente con ASA soltanto, mostrando dunque l’attuale incertezza
circa l’effettiva necessaria durata della doppia antiaggregazione.[31]
Una questione controversa: l’uso dello stent a rilascio di farmaco nei pazienti affetti
da infarto del miocardio con elevazione del tratto ST
Gli studi precedenti escludevano i pazienti con infarto del miocardio con elevazione del
tratto ST (STEMI, ST elevation myocardial infarction), una situazione nella quale l’uso del
DES rimane controverso per via delle levata presenza di trombo determinante un rischio
ancora maggiore di trombosi tardiva. Sono stati presentati di recente (Sperimentazione
Typhoon) i risultati del follow-up di 1 anno sull’ impianto dello stent Cypher in presenza di
STEMI [32]. Sebbene nell’ambito di questo studio multicentrico randomizzato prospettico,
condotto in più di 700 pazienti con STEMI, l’uso del DES era associato a un risultato
migliore e non vi erano prove di differenze nella trombosi dello stent ad 1 anno (3,6% in
Cypher contro 3,4% in BMS), rimangono ancora alcune perplessità circa l'alto percentuale
dei casi di trombosi in entrambi i gruppi e circa i criteri di esclusione.
Utilizzando i dati di un registro multicentrico prospettico di pazienti con infarto del
miocardio (MI, myocardial infarction), Spertus et al. [31][33] hanno stimato il tasso di
interruzione della tienopiridina 30 giorni dopo l’impianto del DES per MI acuto, periodo nel
quale, come riconosciuto in maniera universale, la somministrazione delle tienopiridine è
indispensabile. Un mese dopo la dimissione, gli autori riscontrarono che quasi uno su
sette dei pazienti trattati con il DES non stava più assumendo la tienopiridina; per la
precisione 432 pazienti (86,4%) riferivano di assumere ancora la tienopirdina, mentre 68
(13,6%) avevano smesso. Dopo l’adeguamento per la propensione all’interruzione della
terapia con tienopiridina, l'odds ratio (OR) di mortalità era di 9,02 [intervallo di confidenza
(CI) 95% = 1,3-60,6, P = 0,02]. Il livello di educazione dei pazienti era l’unico fattore
associato in maniera indipendente all’interruzione della tienopiridina. Inoltre,
all’interruzione della terapia tendevano ad essere associate la volontà di evitare i costi
sanitari e l’anemia, mentre la ricezione di istruzioni all’atto della dimissione ed una
riabilitazione cardiaca tendevano a ridurre la probabilità di un’interruzione prematura della
terapia con la tienopiridina. Questo studio dimostra pertanto che, nell’attuale pratica clinica
statunitense, l’interruzione della terapia a base di tienopiridina dopo il trattamento con DES
in caso di MI è relativamente comune ed è associata a un notevole rischio di eventi
cardiovascolari gravi nei successivi 11 mesi. Ciò suggerisce che una maggiore
educazione del paziente circa il significato e l’importanza della prosecuzione della
tienopiridina deve essere implementata nella pratica quotidiana, e che con le prossime
ampie sperimentazioni randomizzate sarà necessario dimostrare in maniera definitiva la
sicurezza e l’efficacia dei DES in caso di STEMI. La sperimentazione HORIZONS-AMI, i
cui risultati preliminari sono stati esposti a Chicago al congresso dell’American College of
Cardiology, svoltosi a Chicago nel marzo scorso, ha mostrato che in più di 3400 pazienti
con STEMI sottoposti ad angioplastica primaria, randomizzati a trattamento
anticoagulante, durante la procedura, con eparina non frazionata + inibitori della
glicoproteina IIb/IIIa o bivalirudina indipendentemente dall’impianto di stent Taxus o BMS,
la coorte cui veniva somministrata una dose carico di clopidogrel di 600 mg aveva a trenta
giorni una significativa più bassa percentuale di morte, di reinfarto e di trombosi dello stent
rispetto alla coorte pretrattata con 300 mg di clopidogrel, senza maggiori rischi di
sanguinamento.
Tienopiridine: ticlopidina versus clopidogrel : efficacia
Come è già stato dimostrato, la combinazione di ASA e ticlopidina è un trattamento
efficace per ridurre la trombosi dello stent in seguito a impianto di BMS [34]. Nei pazienti
che ricevono stent coronarico, l’interruzione della terapia a base di ticlopidina 14-28 giorni
dopo l’impianto dello stent è associata a una frequenza molto bassa di trombosi dello stent
e di altri eventi avversi.
Pochissimi dati sono tuttavia stati pubblicati circa l’efficacia della ticlopidina nella
prevenzione della trombosi dello stent in seguito all’impianto di un DES. La realta’
giapponese rappresenta un’opportunità unica per verificare il rischio di trombosi dello stent
e degli altri principali eventi cardiovascolari avversi (MACE, major adverse cardiovascular
events) con la combinazione di ASA e ticlopidina. Infatti, clopidogrel e gli antagonisti del
recettore IIb/IIIa non sono disponibili in Giappone. Recentemente, i Dr. K. Mitsudo e T.
Kimura hanno riferito di un aggiornamento del registro J-Cypher (dati non pubblicati), un
registro giapponese costantemente aggiornato contenente i dati di un elevato numero di
pazienti ad alto rischio, nonché i dati circa l’uso di Cypher con trattamento antiaggregante
a base di ticlopidina e ASA. La somministrazione della ticlopidina (compresse da 200 mg)
era stata iniziata alcuni giorni prima della procedura, senza una dose di carico (5576
pazienti pre-trattati con ticlopidina). La trombosi dello stent cumulativa a 1 anno era dello
0,58%. La trombosi dello stent si era verificata nello 0,41% dei pazienti pre-trattati contro
lo 0,78% dei pazienti non pre-trattati (P = 0,06). Nonostante il tasso di trombosi dello stent
nei pazienti sottoposti a terapia antiaggregante piastrinica doppia per 90 giorni fosse dello
0,46%, l'interruzione sia della ASA sia della ticlopidina aumentava il tasso di trombosi dello
stent anche del 6,45%. All'analisi multivariata, i gruppi ad alto rischio di trombosi dello
stent a 30 giorni erano quelli con doppio stent per biforcazioni (OR = 1,97; CI 95% = 1,173,38), quelli sottoposti a procedura d’emergenza (OR = 1,87; CI 95% = 1,16-2,88) e quelli
con diabete (OR = 1,45; CI 95% = 1,04-2,08).
Nonostante la ticlopidina sia efficace, essa non è comunque più efficace della ASA e del
coumadin nelle prime 24-48 h successive all’impianto dello stent (quando non viene
eseguito il pre-trattamento), e questo per via della lentezza in termini di insorgenza
dell'effetto. Sebbene una dose di carico di ticlopidina da 500 mg sia ben tollerata, essa
riduce leggermente il picco temporale della sua attività antiaggregante piastrinica, mentre
dosi più ampie provocano inevitabilmente nausea e vomito e non possono essere
utilizzate. Di conseguenza, nei laboratori di emodinamica è stata utilizzata con molta
frequenza una dose di carico di ticlopidina da 500 mg, seguita da un regime da 250 mg
due volte al giorno. Con questi dosaggi sono necessari 5 giorni, prima che la ticlopidina
ottenga il proprio pieno effetto antiaggregante [36-42]. Poiché la maggior parte dei
pazienti viene sottoposta a impianto di stent subito dopo lo studio coronarografico, essi
non hanno la possibilità di ricevere un pre-trattamento con la ticlopidina. Per contro, ampie
dosi di carico di clopidogrel, fino a 900 mg, sono molto ben tollerate e riducono a 6 h il
tempo necessario per arrivare all’effetto massimo di inibizione dell’aggregazione
piastrinica. Nonostante queste differenze farmacodinamiche tra ticlopidina e clopidogrel
possano avere effetti importanti soprattutto per gli eventi acuti dopo l’impianto di stent , e’
da notare che fra i 15.157 pazienti sottoposti ad impianto di 20.503 stent Cypher in 279
centri internazionali, monitorati per 1 anno attraverso il registro e-Cypher, 1121 pazienti
erano stati trattati con ticlopidina e 13.651 pazienti con clopidogrel [24]. I due gruppi erano
simili per fattori di rischio, numero di vasi malati, lesioni e lunghezza dello stent. Nessuna
differenza significativa è stata osservata in termini di complicazioni con la ticlopidina
rispetto al clopidogrel dentro o fuori dall’ospedale (Tabella 2).
Tienopiridine: ticlopidina versus clopidogrel : sicurezza
Ma allora perché i cardiologi interventisti abbandonavano la ticlopidina per passare al
clopidogrel? Il passaggio era in parte collegato allo sviluppo di neutropenia grave in più
dell’ 1% dei pazienti nei primissimi mesi di assunzione della ticlopidina (il 95% di essi si è
verificato dopo 2-12 settimane di trattamento). Esso era altresì collegato all'incidenza dello
0,02% della porpora trombotica trombocitopenica (TTP, thrombotic thrombocytopenic
purpura) fra i pazienti che assumevano la ticlopidina in seguito ad impianto di stent
coronarico ][43-44]. La TTP è una malattia multisistemica potenzialmente mortale
caratterizzata da aggregazione intravascolare, trombocitopenia, anemia emolitica, febbre,
alterazioni neurologiche e anomalie renali, ed è fatale nel 10-50% dei pazienti, a seconda
della rapidità di inizio della plasmaferesi. La TTP pare essere correlata agli autoanticorpi
contro la proteasi del fattore di von Willebrand nei pazienti suscettibili ][45-46].
Sulla base di serie altri dati precedentemente pubblicati relativi alla ticlopidina in seguito
ad impianto di stent coronarico, dei quasi 104.000 pazienti sottoposti a impianto di stent
nel 2005 nei centri di emodinamica italiani, si stima che, se tutti venissero trattati con la
ticlopidina, circa 11-36 pazienti svilupperebbero questa complicanza potenzialmente
mortale. Limitando la terapia con ticlopidina a 2 settimane dopo l’impianto di stent non si
evita lo sviluppo della TTP.
A causa di queste due complicanze ematologiche, i pazienti che ricevono la ticlopidina
devono sottoporsi ad esami del sangue completi ogni 2 settimane, la qual cosa provoca
costi e disagi per i pazienti. Inoltre, vi sono poche probabilità che l’attuale monitoraggio di
routine degli esami del sangue possa diagnosticare una TTP prima della presentazione
clinica.
A differenza di quanto avviene con la ticlopidina, non sono state riportate patologie
ematologiche associate al clopidogrel, né neutropenia rispetto ai pazienti trattati con ASA;
di conseguenza, esami emocoromocitometrici ripetuti non sono necessari quando si
utilizza clopidogrel. Nessun caso di TTP associato a clopidogrel è stato osservato fra i
20.000 pazienti strettamente monitorati trattati in alcune sperimentazioni cliniche di fase 3.
Fra i più di 3 milioni di pazienti che hanno ricevuto clopidogrel, sono stati identificati,
tramite sorveglianza attiva, 11 casi (0,00036%) nei quali la TTP si era sviluppata durante il
trattamento. Tutti i casi tranne uno fra i pazienti trattati con clopidogrel si erano verificati
entro 2 settimane dall’inizio del trattamento (45-47]. Inoltre, i cardiologi interventisti erano
anch’essi intenzionati a sostituire la ticlopidina con il clopidogrel per via dei frequenti effetti
collaterali minori associati alla ticlopidina, quali nausea, vomito e diarrea, che avevano
reso necessaria un’interruzione della ticlopidina nel 20% dei pazienti di studi attentamente
monitorati [36-42].
Pertanto, clopidogrel è più sicuro della ticlopidina, è meglio tollerato, e il suo regime di
dosaggio una volta al giorno è più comodo. Per via degli effetti collaterali ematologici che
la ticlopidina può provocare, questo farmaco non è più presente nel Prontuario Nazionale
di molti paesi europei. Il Regno Unito ha eliminato la ticlopidina dal febbraio 2003, così
come la Svizzera. I centri USA non utilizzano più la ticlopidina per via delle cause legali in
cui potrebbero incorrere in caso di significative sangue patologie ematologiche. Per tutte
queste ragioni, clopidogrel più ASA dovrebbe sostituire ticlopidina più ASA come regime
antiaggregante standard in caso di impiego dello stent coronarico.
Tempistica ottimale per l’avvio della terapia con clopidogrel prima dell’intervento
coronarico percutaneo
Il pre-trattamento con tienopiridina svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione di
trombosi acute e subacute dello stent. Negli studi nei quali prima di una PCI non era stato
programmato il pre-trattamento, la percentuale di MACE a 30 giorni tendeva ad essere più
elevata. Inoltre, un recente studio condotto su 1762 pazienti con patologie coronariche
sottoposti a PCI ha esaminato il timing del pre-trattamento con clopidogrel come variabile
continua per identificare la scelta ottimale del pre-trattamento ][48]. Nei casi in cui era
stata utilizzata una dose di carico da 300 mg di clopidogrel, era stato ottenuto un piccolo
beneficio rispetto ai casi in cui erano stati somministrati solo 75 mg al momento della PCI
con durata del trattamento < 12 h prima della procedura. Durate maggiori del pretrattamento con clopidogrel erano associate a esiti migliori. La percentuale di eventi
raggiungeva la massima divaricazione a 24 h (durata ottimale). Il fatto che un paziente
ricevesse o meno un inibitore della GP IIb/IIIa non influenzava in maniera significativa i
benefici del pre-trattamento con clopidogrel per > 15 h.
In 255 pazienti stabili sottoposti a PCI , un pre-trattamento con una dose di carico di 600
mg di clopidogrel 4-8 h prima della procedura si è dimostrato sicuro e ha ridotto in maniera
significativa l’infarto del miocardio periprocedurale rispetto alla tradizionale dose orale da
300 mg ][49]. Questi risultati possono influenzare i modelli clinici in relazione alla terapia
antiaggregante piastrinica prima di rivascolarizzazioni percutanee d’urgenza.
Sulla base di questi risultati, se viene utilizzata una dose di carico da 300 mg, clopidogrel
dovrebbe essere iniziato almeno 24 h prima della PCI [50]. In casi urgenti o d’emergenza,
quando il pre-trattamento non è possibile, una dose di carico da 600 mg dovrà essere
somministrata non appena possibile durante la procedura. Comunque, è stato dimostrato
dallo studio ISAR-CHOICE come il dosaggio di 900 mg di clopidogrel rispetto ai 600 mg
non è associato ad una significativa diminuizione dell’aggregazione piastrinica
probabilmente per un limite nell’assorbimento del farmaco a questi dosaggi [51].
Complicazioni emorragiche
Purtroppo, i tentativi di evitare la trombosi dello stent utilizzando regimi anticoagulanti
aggressivi hanno contribuito a complicazioni notevoli complicanze emorragiche e vascolari
locali, nonché a ricoveri prolungati in ospedale [38-40,50,52]. Nell’ambito della
sperimentazione Cure, nei casi in cui fosse necessario un intervento chirurgico di by-pass
coronarico, i soggetti trattati con clopidogrel avevano necessità di trasfusioni di piastrine e
globuli rossi concentrati in percentuale decisamente maggiori rispetto ai soggetti controllo
[51][53]. Le disfunzioni piastriniche pre-operatorie prima della somministrazione
dell’eparina per il bypass cardiopolmonare, misurate sulla base dell’aggregometria con
adenosina difosfato (risposta < 40%), erano presenti in tutti i casi tranne uno di
coagulopatia grave con necessità di trasfusioni multiple (globuli rossi concentrati) [52][54].
Interruzione di clopidogrel
Nei pazienti che ricevono un BMS, l’interruzione della terapia con ticlopidina o clopidogrel
14 giorni dopo l’impianto dello stent è associata a una frequenza molto bassa di trombosi
dello stent e di altri eventi avversi. Il ripristino della attività piastrinica in seguito
all’interruzione della dose di mantenimento varia in maniera significativa da individuo a
individuo, con un intervallo di inibizione che va dal 9-94% nel giorno 1 allo 0-47% nel
giorno 5. La percentuale dei soggetti ritornati a un livello compreso entro il 20% di quello a
inizio studio nei giorni dall’1 al 5 in seguito all’interruzione di clopidogrel era,
rispettivamente, del 10%, 16%, 27%, 18% e 20%. I rimanenti (9%) non erano ancora
ritornati al giorno 5 a un valore compreso entro il 20% di quello di inizio studio. Bisogna
tuttavia considerare che vi è un effetto-rimbalzo associato alla cessazione della terapia
antiaggregante [55]. Questi effetti pro-trombotici e pro-infiammatori possono rappresentare
un rischio specialmente per la trombosi tardiva dello stent . La cessazione della terapia
antiaggregante nei pazienti con DES deve essere gestita con cautela, specialmente nei
diabetici. Maggiori dati scientifici sono necessari per una migliore comprensione di quei
pazienti esposti a un maggiore rischio di eventi al momento dell’interruzione dalla terapia
antiaggregante piastrinica.
Terapia antiaggregante piastrinica e intervento chirurgico
Il dilemma che si crea nel caso di intervento chirurgico riguarda da un lato il rischio
emorragico associato al proseguimento della terapia antiaggregante per tutta la durata
dell’intervento chirurgico, o, viceversa, al rischio trombotico associato alla sua interruzione.
Vi è incertezza in merito alla quantità di tempo che deve intercorrere fra l’impianto di stent
ed eventuali interventi chirurgici successivi. Le linee guida ACC/AHA attualmente
disponibili per la valutazione cardiovascolare perioperatoria degli interventi chirurgici non
cardiaci sono quelle pubblicate nel 2002. Esse raccomandano di ritardare l’intervento di
almeno 1 settimana in seguito ad angioplastica con palloncino, e di almeno 2 settimane
(nella situazione ideale 4-6 settimane) in seguito a impianto di BMS, prima di un intervento
chirurgico non cardiaco, per consentire 4 settimane piene di terapia antiaggregante
piastrinica doppia e per garantire la completa ri-endotelializzazione dello stent (56]. I dati
relativi alla gestione di pazienti che hanno ricevuto un DES e sono trattati con doppia
terapia antiaggregante che si sottopongono a intervento chirurgico sono scarsi.
Allo stato attuale, le nostre raccomandazioni (accordo generale raggiunto fra l’insieme
degli autori con livello di evidenza C) relativamente alla terapia antiaggregante piastrinica
sono le seguenti:
(i)
(ii)
(iii)
Se è stato pianificato un importante intervento chirurgico (neurochirurgia,
intervento in caso di cancro con estesa infiltrazione, chirurgia aortica, ecc.), si
raccomanda una semplice angioplastica con palloncino. Se necessario, nei casi
in cui un DES sia sconsigliato, dovrà essere impiantato un BMS.
Se un paziente cui nei precedenti 6 mesi sia stato impiantato un DES necessita
di un intervento chirurgico con alto rischio di sanguinamento, 1 settimana prima
dovrà essere avviata la terapia con dose piena di eparina a basso peso
molecolare
(57,58]. Il clopidogrel e l’ASA devono essere interrotti
rispettivamente 5 giorni e 2 giorni prima dell’intervento. L’aspirina dovrà essere
ripristinata il giorno dopo, mentre il clopidogrel dovrà essere somministrato dopo
3 giorni.
Se un paziente cui nei precedenti 6 mesi sia stato impiantato un DES necessita
di un intervento chirurgico con basso rischio di sanguinamento, la terapia con
dose piena di eparina a basso peso molecolare dovrà essere iniziata una
settimana prima. L’aspirina potrà essere somministrata, mentre il clopidogrel
dovrà essere interrotto 3 giorni prima dell’intervento e ripristinato il giorno
seguente. Questo protocollo non e’ da tutti condiviso per il diverso meccanismo
antitrombotico del clopidogrel e aspirina rispetto alle eparine a basso peso
molecolare . Vi sono casi aneddotici di pazienti nei quali e’ stato usato un
farmaco antiIIb/IIIa (tirofiban) come “bridge” alla ripresa del doppio
antiaggregante in pazienti in cui la sospensione di tale terapia poteva esitare in
trombosi di DES con conseguenze potenzialmente catastrofiche.(59)
Pazienti trattati contemporaneamente con terapia anticoagulante
A numerosi pazienti, per ragioni legate alla presenza di fibrillazione atriale, protesi valvolari
cardiache, trombi murali del ventricolo sinistro, tromboembolia venosa, o altre patologie,
vengono prescritte sia la terapia antiaggregante piastrinica (ASA e clopidogrel) sia quella
anticoagulante sistemica (warfarin).
Nei pazienti trattati con ASA, tienopiridina e warfarin, il rischio di sanguinamento può
aumentare poco tempo dopo la PCI con impianto di stent (9,2%; CI 95% = 3,5-19,0) ][58].
Ciò che raccomandiamo per i pazienti che necessitano di terapia anticoagulante
permanente è l’uso del BMS. Poiché il rischio di trombosi dello stent è massimo nelle
prime 2 settimane successive all’impianto del BMS, sembrerebbe ragionevole consigliare,
per questi pazienti, l’interruzione o di ASA o di clopidogrel 2-4 settimane dopo l’impianto
dello stent, proseguendo il trattamento con un unico agente antiaggregante piastrinico in
combinazione con warfarin.
Nei casi in cui sia consigliata la somministrazione combinata sia della ASA, sia del
clopidogrel, sia di warfarin (cioè nei pazienti con protesi valvolare cardiaca), i valori INR
dovranno essere mantenuti nell'intervallo 2-2,5.
In questo contesto, un lavoro recente di Rogacka et al. ha dimostrato come in un gruppo di
pazienti (n=127) in trattamento con doppia antiaggregazione già in terapia con
anticoaugulanti orali, vi era una pù elevata incidenza nel primo mese dopo l’inizio della
triplice terapia di sanguinamenti maggiori (4.7%) che nella metà dei casi hanno portato
all’exitus del paziente [60]
Tienopiridine di terza generazione
Nonostante l’uso molto diffuso di clopidogrel nei pazienti che si sottopongono a PCI con le
tienopiridine attualmente disponibili, diverse importanti questioni rimangono irrisolte 61]. I
dati della sperimentazione CREDO suggeriscono che l’effetto acuto riscontrato in termini
di riduzione degli eventi periprocedurali con clopidogrel era per lo più limitato ai pazienti
che avevano ricevuto il farmaco almeno 6 h, e forse addirittura 15 h, prima della procedura
62]. Inoltre, è stata osservata una rilevante incostanza nella risposta a clopidogrel da parte
dei soggetti sani e dei pazienti sottoposti a PCI, con bassa inibizione dell’aggregazione
piastrinica ADP-indotta in taluni individui 63-64]. Questa resistenza al clopidogrel ha fatto
pensare che taluni pazienti non fossero adeguatamente protetti per contrastare l’intensa
attivazione ed aggregazione piastrinica che si verifica durante PCI, e che essi fossero
pertanto ad alto rischio di eventi trombotici [65]. Per tali ragioni è auspicabile un regime
antiaggregante piastrinico più incisivo a supporto della PCI, con una rapida insorgenza
d’azione, bassa resistenza ed elevata reversibilità.
Prasugrel (CS-747, LY640315) è un nuovo agente antiaggregante tienopiridinico che,
secondo quanto dimostrato da studi pre-clinici, è più potente e ha un’insorgenza d’azione
più rapida rispetto a clopidogrel [66]. Alcuni studi di fase 1 su soggetti umani sani non
trattati con ASA hanno dimostrato che l’inibizione dell’aggregazione antipiastrinica era
maggiore con un’unica dose da 60 mg di prasugrel che con un’unica dose da 300 mg di
clopidogrel, e che il dosaggio ripetuto con 10 mg di prasugrel presentava una maggiore
inibizione dell’aggregazione piastrinica rispetto a clopidogrel 75 mg. Inoltre, nei volontari
sani vi sono prove che la resistenza alla tienopiridina può essere meno frequente con una
dose di carico di 60 mg di prasugrel che con 300 mg di clopidogrel [67]. Questi dati hanno
risvegliato l’interesse nel valutare prasugrel per la prevenzione di eventi trombotici in
seguito a PCI.
La maggiore efficacia di Prasugrel rispetto a Clopidogrel è stata osservata anche in un
altro studio [68] in cui sono stati presi in considerazione non più e solo pazienti sani, ma
pazienti con coronaropatia stabile (angina cronica, pregressa angina instabile, pregresso
infarto acuto del miocardio non necessariamente sottoposti ad intervento di
rivascolarizzazione). In particolare va sottolineato che questi pazienti, a differenza di quelli
presi in considerazione dagli studi precedenti, erano già in terapia con cardioaspirina. In
senso specifico questo lavoro era teso a valutare la maggior efficacia di prasugrel rispetto
a clopidogrel nell’inibire l’aggregazione piastrinica misurata come attività piatrinica
massima (MPA) ed indice di reattività piastrinica, inibendo il recettore P2Y12. I risultati
sono stati molto incoraggianti perché hanno mostrato che sia la dose di carico di 60 mg
che quella di mantenimento di 10 mg, valutata nei 28 giorni successivi alla prima
somministrazione, determinavano una maggiore e più rapida inibizione piastrinica rispetto
al clopidogrel (dose carico di 300 mg e dose di mantenimento di 75 mg) in una categoria di
pazienti con coronaropatia stabile già in trattamento con cardioaspirina. In particolare
questa maggiore capacità di antiaggregazione era determinata da una maggiore
concentrazione di metabolita attivo di prasugrel rispetto al metabolita attivo di clopidogrel
nei campioni di sangue prelevati sia dopo la somministrazione della dose di carico che di
quella di mantenimento.
La sperimentazione JUMBO TIMI 26,studio randomizzato di fase 2, è stata disegnata per
valutare la posologia più adeguata e sicura sia del dosaggio di carico sia di quello di
mantenimento di prasugrel rispetto alla terapia standard con clopidogrel. Nel complesso,
questi dati hanno dimostrato che il trattamento con prasugrel comportava, in pazienti
sottoposti ad intervento di rivascolarizzazione percutanea elettiva o d’urgenza e pretrattati
con cardioaspirina e, a discrezione dell’operatore, con inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa,
basse percentuali di sanguinamento; in particolare vi erano basse percentuali di
sanguinamenti maggiori, di sanguinamenti significativi (maggiori e/o minori) e di necessità
di trasfusione successivamente a PCI. In ultimo si osservava, rispetto al trattamento con
clopidogrel, una più alta, ma non significativa frequenza di sanguinamenti minori. Sebbene
la percentuale di sanguinamento, molto più bassa rispetto a quella attesa, in particolare
per il gruppo clopidogrel, renda necessaria molta cautela nella valutazione della sicurezza
del prasugrel, nello stesso tempo questi risultati hanno spinto alla realizzazione di un
importante studio di fase 3 per la valutazione della sicurezza e dell’efficacia clinica di
questa tienopiridina di nuova generazione [69]. In ultimo si deve fare riferimento ad un
altro studio di fase 2, randomizzato ed in doppio cieco, il PRINCIPLE-TIMI 44 in cui
pazienti con coronaropatia nota sottoposti a rivascolarizzazione percutanea sono stati
pretrattati, dopo la randomizzazione, con una dose di carico di 60 mg di Prasugrel o 600
mg (dose doppia rispetto a quella approvata) di Clopidogrel e successivamente con una
dose di mantenimento di 10 mg di prasugrel e 150 mg di Clopidogrel (anch’essa doppia
rispetto a quella approvata). I risultati hanno mostrato che il prasugrel aveva un
significativo maggior potere di inibizione sull’aggregazione piastrinica sia nella misurazione
effettuata dopo 6 ore dalla dose di carico che dopo 14 giorni dall’inizio della dose di
mantenimento.Da ultimo, sebbene nello studio non vi fosse un end-point clinico, va detto
che entrambi i trattamenti sono stati ben tollerati e non vi sono stati sanguinamenti
maggiori né dopo la dose di carico né dopo quella di mantenimento.[70]
Lo studio TRITON-TIMI 38, infine, è una sperimentazione clinica di fase 3, internazionale,
multicentrica, randomizzata ed in doppio cieco in cui sono stati randomizzati 13608
pazienti con sindrome coronarica acuta (angina-NSTEMI e STEMI); i due gruppi sono stati
trattati con prasugrel (dose di carico 60 mg, dose di mantenimento 10 mg al giorno) vs.
clopidogrel (dose di carico 300 mg, dose di mantenimento 75 mg al giorno) Tutti i soggetti
arruolati in questo studio sono stati trattati anche con ASA. La durata del trattamento è
stata di un minimo di sei mesi fino ad un massimo di 15 (obiettivo di trattamento medio: 12
mesi). [71]
Gli end-point primari considerati sono stati morte per cause cardiovascolari, infarti
miocardici e stroke non fatali per la valutazione dell’efficacia del farmaco e la presenza di
sanguinamenti maggiori per la valutazione della sicurezza. I risultati hanno mostrato una
maggiore efficacia di prasugrel rispetto a clopidogrel in termini di significativa riduzione
dell’end point di efficacia combinato, necessita’ di target vessel revascularization urgente
e trombosi dello stent. Questa riduzione di trombosi e’ stata molto marcata e ha riguardato
, per quanto riguarda i DES , ia la fase acuta e subacuta ( primi 30 giorni dall’impianto ) ,
ma anche la fase tardiva [72]. D’altro però il gruppo prasugrel ha mostrato una significativa
più alta percentuale di sanguinamenti maggiori ed in particolare, sia di sanguinamenti non
fatali che di sanguinamenti fatali. La conclusione del TRITON-TIMI 38 indica dunque una
maggior capacità antiaggregante del prasugrel rispetto al clopidogel confermata dalla
minor incidenza di eventi ischemici, compresa la trombosi, indipendentemente dallo stent
impiantato (BMS o DES), ma anche un significativo aumento dei sanguinamenti maggiori
inclusi quelli fatali, sebbene la mortalità totale non sia statisticamente differente nei due
gruppi. La riflessione da fare di fronte a questi dati è che risulta quanto mai importante
effettuare un’attenta valutazione del paziente con sindrome coronarica acuta considerando
contestualmente il rischio ischemico e di trombosi dopo rivascolarizzazione percutanea
con impianto di stent ed il rischio emorragico, prima di scegliere la più adatta terapia
antiaggregante. In pazienti anziani, con storia di sanguinamenti potrebbe essere più
sicura una doppia antiaggregazione con ASA e clopidogrel; viceversa nei pazienti con
diabete mellito, insufficienza renale e molteplici fattori di rischio l’associazione ASA +
prasugrel parrebbe migliore. Sono necessari, tuttavia,in questa direzione nuovi e più
approfonditi studi tesi alla valutazione della scelta più sicura ed efficace nel trattamento
antiaggregante doppio di setting specifici di pazienti.[73]. E’ questo un campo in grande
divenire : sono in corso di studio altri inibitori del recettore piastrinico P2Y12 ( AZD6140 ,
cangrelor ) . E’ verosimile quindi che a breve termine altre importanti informazioni saranno
disponibili su farmaci che andranno ad aumentare il nostro armamentario terapeutico per
ridurre i rischi procedurali e migliorare l’outcome dei pazienti sottoposti a PCI.
Linee guida esistenti
Nelle Linee Guida del 2005 per gli Interventi Coronarici Percutanei della Task Force della
Società Europea di Cardiologia (ESC) [74], vi sono prove evidenti del fatto che, per una
riduzione delle trombosi acute e subacute dello stent, la terapia di combinazione con una
tienopiridina più ASA è migliore della sola ASA, e che clopidogrel, rispetto alla ticlopidina,
presenta meno effetti collaterali ed è meglio tollerato (Raccomandate 3-4 settimane di
ticlopidina o clopidogrel in aggiunta ad ASA dopo impianto di stent metallico in presenza
di coronaropatia
stabile: (raccomandazione e livello di evidenza 1A). Per ciascun
paziente stabile in attesa di PCI già programmato dovrà essere considerato il pretrattamento con clopidogrel, indipendentemente dal fatto che si intenda eseguire un
impianto di stent o meno. Un pre-trattamento con 300 mg entro 2,5 h, tuttavia, potrebbe
non essere sufficiente. Per assicurare una piena attività antiaggregante piastrinica, la
somministrazione di clopidogrel dovrà essere iniziata almeno 6 h prima della procedura,
con una dose di carico di 300 mg, preferibilmente il giorno precedente alla PCI. Se ciò
non fosse possibile, dovrà essere somministrata una dose di carico di 600 mg almeno 2 h
prima della PCI (come da aggiornamento delle linee guida AHA/ACC/SCAI 2007 [75]). I
pazienti che non possono essere pre-trattati con clopidogrel dovranno ricevere la dose di
carico (possibilmente quella più alta) immediatamente dopo la procedura (Raccomandato
il pre-trattamento con 300 mg di clopidogrel almeno 6 h prima della PCI: 1C).
Dopo lo stent, non è necessario raccomandare un trattamento prolungato (>4 settimane)
nei pazienti con angina stabile, a meno che al paziente non sia stato impiantato un DES (è
raccomandata la somministrazione di clopidogrel per 6-12 mesi dopo impianto di stent a
rilascio di farmaco per evitare eventi trombotici 1C) ed eventualmente per periodi superiori
a 12 mesi (livello C) . L’aspirina deve continuare a essere assunta a tempo indeterminato.
Sulla base dell’effetto positivo molto precoce del clopidogrel, nei pazienti con sindrome
coronarica acuta senza elevazione del tratto ST , le linee guida della ESC raccomandano
di iniziare la somministrazione di clopidogrel quanto prima, se clinicamente giustificabile
(Raccomandata la somministrazione immediata e prolungata di clopidogrel per 9-12
mesi:1B). In caso di PCI primaria con impianto di stent in presenza di STEMI, in questi
pazienti dovrà essere somministrato il clopidogrel, preferibilmente con una dose di carico
di 600 mg. Per quanto attiene alla durata della prescrizione di clopidogrel, i dati per lo
STEMI potrebbero essere estrapolati dai risultati della sindrome coronarica acuta senza
elevazione del tratto ST , ma questo non è ancora stato provato scientificamente.
Infine, le linee guida sui PCI dell’ ESC raccomandano che i DES non vengano impiantati
nei pazienti per i quali una somministrazione prolungata di clopidogrel (almeno 6 mesi) è
ritenuta non possibile (ovvero nei casi in cui un importante intervento chirurgico
extracardiaco è programmato a breve), nel qual caso il BMS sarà probabilmente la scelta
più adatta.
L’Aggiornamento delle Linee Guida ACC/AHA/SCAI 2005 per la PCI ][76] e l’ulteriore
aggiornamento del 2007 affermano che i pazienti trattati con impianto di DES che non
siano ad alto rischio di sanguinamento necessitano di un regime antiaggregante piastrinico
doppio (Classe I) prolungato (12 mesi). Inoltre, nei pazienti nei quali una trombosi dello
stent può avere effetti gravissimi se non addirittura letali (sinistra tronco comune non
protetto, ultimo vaso residuo), potranno essere considerati studi sull’aggregazione
piastrinica. In tali pazienti, la dose di clopidogrel dovrà essere aumentata anche fino a 150
mg al giorno se viene dimostrata un’inibizione dell’aggregazione piastrinica inferiore al
50% (Classe IIb).
Raccomandazioni del comitato di consenso
E’ stato dimostrato che la terapia antiaggregante doppia con ASA e una tienopiridina è,
allo stato attuale, il miglior trattamento per ridurre il rischio di trombosi dello stent
coronarico.
La ticlopidina è associata a un tasso di neutropenia (conta dei globuli bianchi <
1200/mm3), una complicazione che può rivelarsi fatale, fino al 2,4%. Inoltre, si stima che la
TTP possa verificarsi in 1 su 4800 pazienti trattati. Ilclopidogrel è molto più sicuro della
ticlopidina; non vi sono infatti maggiori probabilità che la neutropenia si verifichi nei
pazienti che assumono clopidogrel rispetto a quelli che assumono la ASA, con un tasso di
neutropenia (neutrofili < 1200/mm3) dello 0,10% [77]. Pertanto, il clopidogrel dovrà essere
la tienopiridina da scegliere per la somministrazione in associazione con la ASA nel
regime antiaggregante doppio. In Italia, il rimborso di clopidogrel (precedentemente
limitato ai pazienti con sindrome coronarica acuta senza elevazione del tratto ST] per 12
mesi) è stato recentemente esteso per 6 mesi a tutti i pazienti che abbiano subito un
impianto di DES.
L’uso del DES sta aumentando ed è ampiamente diffuso nei pazienti complessi ad alto
rischio di restenosi. Tuttavia, il DES provoca un ritardo del processo di riendotelizzazione
rispetto al BMS. Per la sicurezza del paziente, il DES necessita di un regime
antiaggregante piastrinico doppio prolungato (da 6 a 12 mesi).
Recentemente (7-8 dicembre 2006), un comitato della Food and Drug Administration si è
concentrato sulla sicurezza del DES e sulla durata della terapia antiaggregante doppia nei
pazienti trattati con impianto di DES. Il comitato è giunto alla conclusione che, quando
viene utilizzato per indicazioni on-label, il DES pare fornire risultati, in termini di sicurezza,
comparabili a quelli ottenuti con il BMS. Al contrario, per l’uso off-label del DES, il comitato
ha dimostrato preoccupazioni decisamente maggiori, con un apparente invito, per i
cardiologi, a limitare di una qualche misura l’uso del DES almeno in presenza di alcuni tipi
di coronaropatie complesse.
Per quanto riguarda l’uso della terapia antiaggregante piastrinica doppia, il comitato ha
sottolineato la mancanza delle informazioni necessarie per giungere a una conclusione
definitiva. E’ stata raggiunta una approssimativa posizione di compromesso, con la
raccomandazione che la terapia antiaggregante piastrinica doppia venga proseguita per
12 mesi in seguito a impianto di DES, ove fattibile [78]. Uno statement pubblicato di
recente con contributi della American Heart Association, dell’American College of
Cardiology, della Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, dell’American
College of Surgeons, e della American Dental Association, inclusa una rappresentanza
dell’American College of Physicians, ha messo a fuoco l’importanza di 12 mesi di terapia
antiaggregante piastrinica doppia in seguito all’impianto di DES, sottolineando i rischi di
un’interruzione prematura. Esso raccomandava inoltre il rinvio di interventi chirurgici
elettivi per 1 anno. Qualora l’intervento chirurgico non possa essere rimandato, nei
pazienti ad alto rischio con stent a rilascio di farmaco dovrà essere considerata la
prosecuzione della terapia con ASA durante il periodo perioperatorio . Una recente
relazione della Society for Cardiovascular Angiography and Interventions raccomanda
anch’essa con forza che la terapia antiaggregante piastrinica doppia venga proseguita per
12 mesi nei pazienti trattati con impianto di DES, a patto che essi non siano ad alto rischio
di sanguinamento [79].
In conclusione, la Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE) raccomanda una terapia
antiaggregante piastrinica doppia della durata di 12 mesi in seguito all’impianto di DES nei
pazienti che non sono ad alto rischio di sanguinamento, nonostante il fatto che la durata
ottimale per la terapia antiaggregante rimanga sconosciuta. Il comitato di consenso GISE
fornisce inoltre le seguenti raccomandazioni:
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
Nei pazienti che, per via della loro anatomia coronarica, sono a rischio molto
elevato di trombosi dello stent fatale ( tronco comune, ultimo vaso residuo), la
terapia antiaggregante piastrinica con ASA e clopidogrel, in seguito a impianto
di DES, dovrà essere permanente, fino a che prove scientifiche di diverso tipo
non siano disponibili.
Nei pazienti ad alto rischio di trombosi dello stent (bassa frazione di eiezione,
precedente brachiterapia, insufficienza renale e lesioni in biforcazione) dai quali
non ci si aspetti l’aderenza ad una terapia a base di tienopiridina della durata di
12 mesi, o per i quali sia programmato un importante intervento chirurgico,
bisognerà considerare attentamente le possibilità di evitare il DES.
Nei pazienti che ricevono un DES e non possono rispettare e/o si presume non
rispetteranno una terapia di 12 mesi con clopidogrel (ad es. per ragioni
economiche), un’alternativa ragionevole potrà essere il passaggio alla
ticlopidina dopo 6 mesi di terapia con clopidogrel. Si dovrà tuttavia prestare
attenzione ai possibili effetti collaterali della terapia con ticlopidina.
Nei pazienti simultaneamente sottoposti a terapia anticoagulante sarà
preferibile l'impianto di un BMS.
Molta attenzione dovrà essere prestata alla tecnica utilizzata per l’impianto del
DES, al fine di evitare una malapposizione dello stesso L’uso dell’ecografia
intravascolare, lo screening per il monitoraggio di eventuali calcificazioni e
un’attenta preparazione della lesione con post-dilatazione finale sono
incoraggiati, specialmente in caso di lesioni complesse (tronco comune, lesioni
lunghe, biforcazioni, presenza di più stent sovrapposti).
.
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Traduzione dei Grafici e delle Tabelle
Tabella 1 Impatto degli stent a rilascio di farmaco sulla pratica clinica
Caratteristica del PCI
Biforcazioni(%)
Impianto di stent multivasale (%)
Numero di stent impiantati, media ±
SD
Lunghezza totale , media ± SD
(mm)
Pre-l SES
SES
P
7
24
18
28
0,0001
0,03
1,5 ± 0,5
1,9 ± 0,6
0,03
29 ± 21
39 ± 22
0,01
PCI: Intervento Coronarico Percutaneo; SES: stent a rilascio di sirolimus. Modificato su
autorizzazione [14].
Fig. 1
DES
BMS
Percentuale di endotelializzazione
Durata (mesi)
Percentuale di endotelializzazione negli stent a eluizione di farmaco (DES) rispetto agli
stent metallici (BMS) in funzione del tempo: il DES (linea continua) dimostra una
endotelializzazione costantemente minore rispetto al BMS (linea tratteggiata),
indipendentemente dal punto temporale osservato. Persino oltre i 40 mesi, il DES non è
completamente endotelializzato, mentre il BMS risulta completamente coperto entro 6-7
mesi.
Riprodotto su autorizzazione [17].
Tabella 2 Ticlopidina versus clopidogrel nel registro e-Cypher
Ticlopidina (n = 1.064)
Plavix (n = 12.066)
MACE
6,7%
5,6%
Morte cardiaca
1,3%
1,5%
Re-infarto
1%
1,2%
Trombosi dello stent
0,4%
0,9%
Acuta
0,1%
0,1%
Subacuta
0,2%
0,6%
Tardiva
0,1%
0,2%
MACE: principali eventi cardiaci avversi.