street food

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Enrico Moreno
IPSSAR Nino Bergese, Genova a.s. 2013/2014 classe V RAS street food …..Io viaggio per mangiare, preferibilmente in strada. Perché è lì che si trova la vera anima gastronomica di un paese, in mezzo ai carretti di tacos e ai chioschi di noodles alle ceste piene di erbe aromatiche….. (Tom Parker Bowles)
Indice Definizione Breve excursus storico Il cibo di strada ed il mondo globale La fortuna del cibo di strada oggi I classici dello street food in Italia ….e i classici dello street food dal mondo Eventi e curiosità Riferimenti bibliografici e siti internet pag 3 pag 4 pag 6 pag 8 pag 10 pag 12 pag 14 pag 15 2
Definizione Il cibo di strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da alimenti e bevande pronti per il consumo, preparati e venduti in strada o in altri luoghi pubblici come mercatini o fiere, spesso commercializzati su banchi provvisori o per mezzo di furgoni e carretti ambulanti. Lo si può consumare addirittura camminando, poiché non necessita né di posate né di piatti. Il cibo di strada si caratterizza fondamentalmente per tre elementi: è economico, è comodo ed è reperibile in ogni angolo della città tramite chioschi e furgoncini, localizzati presso mercati, sagre e in luoghi ad alta frequentazione turistica. Perché si decide di mangiare per strada? Per necessità, per fare in fretta o per risparmiare. Ma anche per il piacere di sentirsi parte di tradizioni, luoghi e paesaggi culturali a dispetto delle differenze sociali, culturali ed economiche. In questo senso la cucina di strada è arte della comunicazione ed il cibo di strada da fatto privato diventa momento di socializzazione. Rispetto alle forme classiche della ristorazione il cibo di strada consente di mangiare in maniera informale, rapida ed economica e perciò questa forma di alimentazione è sempre più diffusa, tanto da occupare un posto fondamentale nell'alimentazione umana. Stime della FAO indicano che ben 2,5 miliardi di persone giornalmente si alimentano in questo modo. L'ampiezza di questo fenomeno alimentare si collega ad importanti aspetti culturali, territoriali ed etnici. Lo street food è un fenomeno che esiste da sempre e che si ritrova in tutto il mondo. Ma è legato al territorio e ha carattere regionale spesso addirittura locale. Infatti i prodotti da consumare per strada sono spesso specialità tipiche del luogo, come nel caso del pani ca meusa palermitano, la piadina romagnola, la focaccia genovese o il 'o pere e 'o musso della cucina campana. In alcuni casi, purtroppo, i prodotti commercializzati con la formula del cibo di strada si sono affermati cosi saldamente e su scala cosi ampia al punto di aver perso l’originario legame culturale con il territorio d’origine. E’ il caso della pizza napoletana, dell’hot dog americano o del kebab turco. Un tempo cibi di strada legati ad ambiti culturali specifici, oggi esempi di cibo globalizzato. In questi casi la definizione di cibo di strada è vera se riferita alla modalità di fruizione, ma è un azzardo se si pensa agli aspetti di identità culturale e territoriale, di cui ho detto prima. A proposito dell’importanza culturale del cibo di strada voglio infine ricordare che farinotti e piazzaioli, piadaiole e meusari, friggitori e trippai sono i depositari di tradizioni artigianali secolari, spesso tramandate all’interno della stessa famiglia attraverso ricette custodite gelosamente, che fanno della scelta degli ingredienti e dell’abilità manuale nella preparazione e nella presentazione del prodotto la chiave del successo e della sopravvivenza della tradizione stessa. 3
Breve excursus storico Nel mondo occidentale il cibo di strada si è sviluppato e diffuso al tempo dell’Impero romano. Gran parte della popolazione infatti consumava i pasti in piedi, velocemente, sostando in locali semi-­‐aperti affacciati sulla strada: le tabernae, di cui rimangono importanti vestigia a Pompei. Questi locali avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori incastrati, rivolto verso la strada; altri contenitori erano messi in mostra per la gente che passava. Accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena di acqua calda. Nel retro c'erano la cucina e, in alcuni casi, le sale per la consumazione. Oltre che meta dei viaggiatori di passaggio, erano anche il luogo dove i poveri si facevano riscaldare le vivande, in quanto non sempre disponevano a casa di strumenti o spazio sufficiente per la cottura. Le classi popolari urbane conoscevano il piacere di consumare a tavola solo il pasto serale. I ricchi si potevano invece permettere antipasti e dolcetti, che acquistavano o si facevano preparare a casa. Nonostante ciò, le tabernae erano molto numerose e, pur avendo una cattiva reputazione, venivano frequentate anche da persone importanti. Ciò era però considerato di cattivo gusto dai patrizi, i quali rischiavano di veder sporcata la propria reputazione se erano visti far colazione alla taverna. Oltre alle cauponae ed alle tabernae dove i passanti compravano o consumavano bevande fresche o vino caldo, numerosi erano i venditori ambulanti che offrivano pane, frittelle, salsicce, ecc. I venditori ambulanti, detti lixae, esibivano le loro cibarie su bancarelle smontabili in tavole, protette dalla pioggia per mezzo di tende. La loro attività era controllata, perché essi vendevano i loro prodotti vicino a luoghi sacri e, per rispetto nei confronti degli dei, si volevano evitare scene di ebbrezza e disordini. Come già avveniva nell’antica Roma, anche nel Medioevo e nell’Età Moderna le classi popolari urbane vivevano gran parte della giornata per strada, dove consumavano i loro pasti comprando prodotti in botteghe o da venditori ambulanti. Lo sviluppo degli scambi in età comunale e la rinascita del commercio nel tardo Medioevo diedero forte impulso ai mercati e facilitarono l’aggregazione nelle piazze e nelle strade. Il cibo si mangiava con le mani, almeno fino al divieto tassativo di usare le dita, stabilito da Monsignor Giovanni Della Casa nel Galateo (1558). Cuocere, friggere, bere all’aperto erano un tempo attività ordinarie, che hanno reso possibile lo sviluppo di una cucina “di popolo” e per “il popolo”, basata su ingredienti di stagione e prodotti provenienti dal territorio. Erano le stesse classi nobiliari ad alimentare la tradizione del cibo di strada, come testimoniano i banchetti organizzati da Lorenzo il Magnifico a Firenze. Si racconta che in occasione del suo matrimonio con Clarice Orsini (1469), egli fece distribuire in strada ai fiorentini 1500 taglieri di gelatina e polli, pesci e dolci. Il tutto rigorosamente mangiato con le mani! Risalgono ai primi anni del ‘500 i banchetti romani di Papa Leone X, allestiti per strada o sul Campidoglio. Il popolo poteva assistere al banchetto da gradinate appositamente allestite e poteva intervenire alla fine della festa, ma solo per raccogliere gli avanzi, anche questa volta consumati con le mani. 4
Nella seconda metà del ‘500 in Europa si diffondono nuovi prodotti, come la patata, il mais e il pomodoro. Durante la dominazione spagnola a Napoli ha luogo un’importante rivoluzione alimentare: maccheroni e pizza venduti per strada! In meno di un secolo la popolazione di Napoli passò da 250.000 a 350.000 persone. La dieta tradizionale a base di carne, accompagnata da verdure in foglia (cavoli e insalata) non fu più sufficiente per sfamare la popolazione. E così nei vicoli dei Quartieri Spagnoli iniziarono a diffondersi i primi maccaronari che vendevano pasta secca, bollita in grandi pentoloni d’acqua, condita con il formaggio e mangiata con le mani. Nello stesso periodo e con la stessa finalità nasce la pizza, spianata di pasta lievitata, discendente della pita araba. Risalgono alla fine del ‘600 le più antiche testimonianze di “laboratori” dove si impasta, si cuoce e si mangia la pizza. Era la pizza “a libretto” o “a portafoglio”, che si mangia per strada. A Spaccanapoli la pizzeria Port’Alba vanta ancora questa tradizione, oltre a frequentatori illustri come Re Ferdinando di Borbone, Francesco Crispi, Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio e Salvatore di Giacomo. Con lo sviluppo dell’industrializzazione e l’entrata delle donne nel mondo del lavoro extrafamiliare, il ceto popolare urbano diventa più numeroso e il fenomeno del cibarsi per strada aumenta ulteriormente. Si delinea in questo periodo una nuova geografia gastronomica del cibo di strada: i fritolini a Venezia, che servono pesce fritto e polenta, i polentat a Milano, i farinotti in Liguria e in Toscana, i trippai a Firenze, che si specializzano nel panino con il lampredotto, e i meusari a Palermo, che dal quinto quarto ricavano il celeberrimo pani ‘ca meusa. La mappa dei “mangiari di strada” sopravvive ricchissima fino ai nostri giorni, nonostante la sfida della globalizzazione e dei fast food. La forza della tradizione e l’irresistibile attrazione di antichi sapori e profumi hanno sollecitato il contributo di professionisti e studiosi di alimentazione e di antropologia, grazie ai quali il cibo di strada sta assumendo nuove forme e una rinnovata fortuna. Oggi il cibo di strada non è più una necessità, ma una possibilità che fa tendenza. 5
Il cibo di strada e la globalizzazione E’ naturale chiedersi se nell’era della globalizzazione e delle grandi catene di fast-­‐food ci sia spazio per la sopravvivenza del cibo di strada. Fast food e street food sono realtà opposte, accomunate solo dal fatto che in entrambe le forme di ristorazione la fase del consumo è rapida e i prezzi contenuti. Qualcuno parla oggi del cibo di strada come di un’alternativa fast good al fast food. Carlo Petrini sostiene che il cibo di strada “è la dimostrazione che la lentezza e i valori slow di un cibo non stanno nella modalità di fruizione del cibo stesso ma piuttosto negli ingredienti, nel legame con la tradizione, in storie legate alla sua diffusione e creazione, nelle persone che lo preparano e nella convivialità che si sviluppa dove si vende e si consuma.”1 Stessa velocità di fruizione quindi, ma logiche commerciali ed ontologiche diametralmente opposte. Nel caso dei moderni fast-­‐food di catena i prodotti sono standardizzati al fine di fornire ai propri clienti un cibo apparentemente rassicurante, sempre identico a se stesso e rispondente a rigidi protocolli di fornitura e filiera. Nel caso dello street food tradizionale, invece, l’artigianalità delle preparazioni rimane un fondamentale tratto distintivo a dispetto della quotidiana reiterazione dei gesti necessari a cucinare le tante specialità di strada. Alle diverse modalità operative relative ai due modi di intendere la ristorazione veloce corrispondono diversi tipi di organizzazione imprenditoriale. I fast-­‐food impiegano prevalentemente lavoratori a tempo determinato, organizzati secondo una logica taylorista del lavoro e secondo criteri di flessibilità che permette al datore di lavoro di impiegarli in tutti i ruoli operativi (cucina, cassa, pulizie, ecc.). Per quanto riguarda invece il cibo di strada è più verosimile pensare ad artigiani del mangiare che portano avanti con convinzione saperi ed abilità tradizionali, spesso tramandati di padre in figlio. Importante elemento di distinzione tra i moderni fast food e il cibo di strada è rappresentato inoltre dal tipo di clientela e dal conseguente tipo di esperienza fruitiva ricercata. Le grandi catene della ristorazione si rivolgono ad adolescenti, attratti dall’atmosfera dei punti vendita, fatta di luci, colori e musica e dalla proposta di cibi che si distanziano dalla monotonia della tradizione e che possono essere consumati senza dover sottostare alle norme del pasto domestico. Accanto a questo altri target assicurano il successo delle catene di fast-­‐food: i bambini, i soggetti più influenzabili dai richiami pubblicitari e la fitta schiera di colletti bianchi, costretti dalle rispettive attività nel centro delle città, ovvero nelle zone dove i fast-­‐food hanno deciso di insediarsi strategicamente. Al contrario i consumatori contraddistinti da una cultura gastronomica superiore o da un attaccamento naturale alle proprie tradizioni si rivolgono ad alternative tipiche, non viziate dall’industrialità di hamburger e affini e preparate a partire da ingredienti più facilmente rintracciabili e familiari. 1
Lonely Planet, Street Food, Il cibo di strada migliore del mondo, EDT 2012
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Anche per quanto concerne l’esperienza del mangiare, fast-­‐food e cucine di strada si situano su posizioni tendenzialmente opposte. Le corporation della ristorazione veloce costringono Il cliente a codici comportamentali che tendono ad indirizzare il modo di consumare il cibo (scelta fra le opzioni disponibili generalmente strutturate in un menu, ordinazione e pagamento alla cassa, ritiro del vassoio, ricerca di un posto a sedere, fruizione, deposito rifiuti, infine uscita). Ogni particolare è minuziosamente studiato, al fine di favorire l’efficienza massima nel servizio. È tuttavia evidente che un’esperienza del genere presenta un notevole grado di prevedibilità, tratto che sembra invece mancare nell’ambito delle cucine di strada; questi esercizi sono infatti collocati nel mezzo del flusso di persone che anima quotidianamente le città, in un mondo che può sempre offrire al cliente situazioni, incontri e scambi potenzialmente inediti, in sostanza un “colore” reale, ben diverso dall’atmosfera artefatta dei ristoranti di catena. Due mondi diversi quindi, in cui solo una corretta cultura gastronomica può essere la chiave di scelta consapevole per il consumatore finale. 7
La fortuna del cibo di strada oggi Se per un verso il cibo di strada rientra ancora a pieno titolo nei nostri modelli alimentari, dall’altro occorre prendere atto del fatto che esso vive in un contesto profondamente diverso da quello nel quale ha avuto origine. In Italia la ristorazione mobile rappresenta oggi un’attività in forte crescita. I dati di Unioncamere, raccolti dalle Camere di Commercio italiane, indicano che in tre anni le imprese iscritte al registro nella categoria “ristorazione ambulante” sono triplicate, passando da 563 nel 2009 a 1665 nel 2012. Segno che anche nelle città italiane la riscossa del cibo di strada è iniziata, seguendo la scia di quanto è successo a New York, Londra, Parigi. La liberalizzazione delle licenze ha sicuramente favorito questo sviluppo, visto che per avviare un’attività di ristorazione ambulante è sufficiente aprire presso il Comune di attività una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e dimostrare o di essere iscritti al REC (Registro Esercenti il Commercio), o di aver sostenuto un corso per il commercio del settore alimentare, o di aver svolto l’esercizio in proprio della stessa attività o di possedere il diploma di scuola alberghiera. E poi è un business a basso rischio: se non va bene in un posto basta spostarsi, non si paga l’affitto e si può decidere quando e per quanto tempo uscire in strada. I social network hanno poi favorito enormemente lo sviluppo della ristorazione mobile: ogni realtà ha il suo gruppo di fedelissimi follower digitali, veri attivisti del passaparola. Twitter, Facebook, Foursquare e i blog sono il veicolo di vere e proprie classifiche dei vender più accreditati. In questo nuovo fenomeno al confine tra moda e tendenza c’è la voglia di qualità, professionalità e tracciabilità dei prodotti. E’ un’occasione per concedersi all’informale senza rinunciare al godimento gustativo e, soprattutto, la diffusione di una varietà infinita di culture gastronomiche a disposizione di tutti. Accanto ad una ristorazione mobile senza pretese (quella che siamo abituati a trovare davanti agli stadi e ai palazzetti dello sport, che offrono porchetta, hot-­‐dog., kebab, ecc) si stanno affermando oggi nuovi esercizi in cui tradizione e qualità sono le parole d’ordine. L’attenzione dei media e il contributo di chef stellati contribuiscono allo sviluppo del cibo di strada di qualità: basta pensare al panino porchetta & porchetta di Mauro Uliassi, al wrap di fusilli di Davide Scabin, o al contributo del designer Andrea Carletti che nel 2007 a Bra (CN) ha presentato un’Ape in versione cucina itinerante alla rassegna Cheese di Slow Food.2 E lo Street Food Mobile è diventato un marchio spezzino depositato dallo stesso Carletti. 2
trenta esemplari venduti principalmente all’estero tra il 2007 e il 2010, visibili oggi lungo la Senna a Parigi con
l’insegna “Mozza & Co”, a Roma con l’insegna “Pizza & Mortazza”, a Londra con l’insegna Gurmetti Italian Street
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All’estero lo street food di qualità è molto diffuso nelle grandi città. A Parigi è famoso Le camion qui fume con i suoi hamburger, la Paris Creperie o il Cantine California, specializzato nella vendita di tacos farciti di carne biologica. New York è la patria dei food trucks, veri e propri camion allestiti a mo’ di cucina viaggiante. Per questi la food writer americana Heather Shouse ha addirittura pubblicato una guida! In Italia vale la pena di ricordare: “BeStreet” presente a Genova durante la rassegna di Slow Fish e specializzata nel panino al lampredotto di mare e sacripantina; a Napoli “Aperitivo”, che propone sfiziosi spuntini prima del pranzo nuziale (compreso il tradizionale “o’ pere o’ muso) e a Roma “Pizza&Mortazza”. 9
I classici del cibo di strada in Italia • Arancini di riso o arancine (Sicilia): palle di riso impanate e fritte, ripiene di ragù di carne, di piselli e formaggio. • Arrosticini (Abruzzo): spiedini di carne d'agnello lunghi e sottili. • Babà (Campania): dolcetti a forma di fungo aromatizzati al rum di varie dimensioni (da 5 a 15 cm). • Baccalà fritto (Roma): filetti di baccalà fritto accompagnati da puntarelle in insalata. • Baldino (Toscana): biscotto fatto di farina di castagne tipico della provincia di Arezzo. • Borlenghi (Emilia-­‐Romagna): una specie di piadina molto sottile e croccante servita con la culza, un impasto di lardo, rosmarino e aglio, e una spolverata di Parmigiano Reggiano. • Cannoli (Sicilia): dolcetti tipici siciliani composti da un involucro di pasta fritta e ripieni di ricotta di pecora, cioccolata e frutta candita. • Castagnaccio (Toscana, Piemonte, Liguria, Emilia): una torta a base di farina di castagne, pinoli, uva sultanina e rosmarino. • Ceci caldi (Romagna): una zuppa di ceci. • Cinque e Cinque (Toscana): una torta di ceci servita dentro due fette di focaccia, è tipica di Livorno. • Crescentine e gnocco fritto (Emilia-­‐Romagna): pasta di pane fritta e abbinata ai salumi e ai formaggi. • Erbazzone o scarpazzone (Emilia): torta salata ripiena di erbe, tra le quali bietole e spinaci, e aromatizzata con prezzemolo, aglio e cipolla; è tipica della zona di Reggio Emilia. • Farinata, ceciata e cecina (Liguria): una torta salata bassa e sottile fatta di farina di ceci, acqua, sale e olio, solitamente viene cotta in forno. • Focaccia di Recco (Liguria): composta da due sfoglie di pasta salata ripiene di formaggio tipo crescenza. • Frittelle Savelli (Siena, Toscana): dolci fritti tipici della città di Siena che si trovano dai venditori ambulanti in Piazza del Campo solo in alcuni periodi dell'anno. • Frappè, frullati e centrifugati (tutta Italia): bevande analcoliche a base di frutta o verdura fresca, a cui può essere aggiunto latte, yogurt o gelato. • Gnummered (Puglia): spiedini realizzati con fegato d'agnello, salsiccia e carne di maiale, poi aromatizzati con peperoncino e prezzemolo. • Gofri (Piemonte): cialda croccante che ricorda i Waffles, può essere abbinata sia ad ingredienti dolci che salati. • Granita e grattachecca (Sicilia, Lazio e resto d'Italia): composto di acqua, frutta e zucchero ghiacciati lentamente. • Grifi (Toscana): sono le parti magre del muso del vitello che vengono cotte in umido e servite dentro un panino, ricetta tipica di Arezzo. • Lampredotto (Toscana): è il quarto incavo dello stomaco del vitellone che viene bollito e servito dentro un panino o in insalata condito con sale, pepe e salsa piccante. • Neccio (Pistoia, Toscana): un dolce composto da farina di castagne e ricotta di pecora arrotolato a mo' di sigaro. • Olive all'ascolana (Marche): olive verdi giganti tipiche dell'ascolano che vengono denocciolate, riempite di carne macinata, impanate e fritte. • Panelle (Sicilia): frittelle di farina di ceci servite dentro un panino con semi di sesamo. 10
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Panino (tutta Italia): con i ripieni più disparati, dai salumi e formaggi, alle verdure, alla carne etc... Panino con la meusa o milza (Sicilia): panino soffice ricoperto di semi di sesamo farcito con la milza bollita e condita con succo di limone e formaggio. Panigacci di Lunigiana (Appennino Tosco-­‐Emiliano): tortini sottili di farina di grano serviti con pesto al basilico. Panzerotti (Puglia): calzoni fritti a forma di mezzaluna ripieni di mozzarella, pomodoro e origano. Pesce fritto nel cono (litorale romagnolo): un mix di pesci, molluschi, crostacei e verdure fritti e serviti nel cono di carta paglia. Piadina (Romagna e resto d'Italia): sfoglia sottile dalla forma circolare composta da farina e acqua e farcita a piacere. Pinzone (Ferrara, Emilia): uno gnocco di pane cotto al forno. Pizza (Campania e resto d'Italia): il simbolo dell'Italia per eccellenza, non ha bisogno di commenti. Porchetta (centro Italia): il maialino da latte arrostito e aromatizzato con aglio, rosmarino, finocchio selvatico ed altre erbe aromatiche, viene tagliato a fette e servito dentro un panino. Polpette (tutta Italia): piccole palle di carne, pesce, verdure o legumi, poi cotte in umido o fritte. Puccia (Puglia-­‐ Salento): panini rotondi e gonfi di circa 20 cm di diametro ripieni solitamente di olive e pomodorini. Sfogliata di Urbino (Marche): detta anche crescia, è molto simile alla piadina romagnola. Spuntature e ciarimboli (Marche): le budella di vitello o capretto che vengono cotte alla griglia e servite dentro un panino. Stigghiole (Sicilia): le budella di pecora cotte alla griglia a mo' di spiedo e aromatizzate con limone, prezzemolo e aglio. Supplì (Lazio e resto d'Italia): simili agli arancini, sono di forma ovale e ripieni di riso e mozzarella, poi vengono impanati e fritti e all'interno la mozzarella si scioglie, così che quando vengono tagliati si forma il classico filo; per questo sono detti anche supplì al telefono. Tigelle (Emilia-­‐Romagna): dei piccoli paninetti rotondi da riempire con salumi, formaggi o pesto montanaro. Torta al testo (Umbria): una sorta di piadina prodotta senza lievito dalle origini antichissime. Tortello alla lastra di Corezzo (Toscana): un raviolo di pasta sfoglia senza uovo ripieno di patate, cipolle e formaggio. U'Sfinciuni (Sicilia): simile alla pizza napoletana, viene condita con pomodoro, capperi e acciughe. 11
... e i classici dello street food dal mondo • Arroz chaufa (Perù): riso fritto e poi saltato in padella con uova, peperoni, cipolle e salsa di soia, diciamo che è la versione peruviana del riso alla cantonese. • Bliny (Russia): sono una specie di piccole crespelle morbide servite con sopra panna acida, aneto e caviale o pesce affumicato. • Biriani (India): un piatto a base di riso fritto accompagnato con carne di pollo o pesce, uova e verdure. • Bretzel o pretzel (Germania, Alsazia, Austria e Alto Adige): un pane molto saporito, ricoperto di sale grosso in superficie e dalla forma di cuore incrociato. • Burek (Turchia e Balcani): pane di pasta fillo fritto e ripieno di carne, cipolla e peperoni. • Burrito (Messico): tipico della cucina tex-­‐mex, è una tortilla arrotolata ripiena di carne di manzo, pollo o maiale; nella versione americana il ripieno comprende anche lattuga o altre verdure. • Carpati (Romania): un dolce a forma di montagna che deve il nome alla catena montuosa dei Carpati. • Choripan (Argentina e Spagna): un panino ripieno di chorizo (un salame piccante). • Churrasco (Argentina e Brasile): spiedoni di carne alla brace, di solito misti con pecora, maiale, manzo e agnello. • Cous cous (Marocco e Nord Africa): un piatto a base di frumento macinato grossolanamente, cotto in acqua e abbinato a verdure, carne o pesce. • Crépe (Francia): crespelle dolci a base di farina, latte e uova e condite con marmellata, cioccolata spalmabile o crema pasticcera. • Crocchette di patate (Spagna e resto del mondo): un impasto a base di patate e uova che viene impanato e fritto, possono contenere anche piselli, peperoni, prosciutto o altri salumi, formaggi etc... • Dulce de leche o doce de leite (Spagna e Portogallo): dolcetti farciti con una crema a base di latte e zucchero che ricorda il sapore del caramello. • Empanadas (Argentina): fagottini di pasta a forma di mezzaluna, possono essere ripiene di carne macinata, pomodori, patate o tonno. • Enchiladas (Messico): tortilla cotte in forno a mo' di cannelloni e ripiene di carne, peperoni, fagioli, formaggio o pesce. • Falafel o felafel (tutto il Medio Oriente): polpette di ceci o altri legumi fritte e servite dentro il pane pita. • Fajita (Messico): tortilla ripiena di striscioline di carne di pollo o manzo fatta prima marinare nella birra o nella tequila poi cotta e abbinata a peperoni e cipolla crudi. • Fish & chips (USA e mondo anglosassone): pesce e patatine fritti serviti in un cartoccio di carta paglia o di cartone. • Gyros pita (Grecia): l'analogo del kebab in versione greca. • Guacamole (Messico): una salsa piccante a base di avocado. • Kebab (tutto il Medio Oriente): carne allo spiedo servita dentro il tipico pane pita con verdure e salse piccanti. • Hamburger (USA): carne macinata cotta alla piastra e servita dentro un panino al latte ricoperto di sesamo con lattuga, pomodoro, cipolle e salse quali maionese, senape e ketchup. • Hot dog (USA): panino al latte sottile e allungato farcito con wurstel, salse e crauti. 12
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Mici (Romania): salsicce di carne macinata, cotte alla griglia e servite su una fetta di pane con senape. Midye Tava (Turchia): spiedini di cozze impanati e fritti. Nachos (Messico): patatine di farina di mais a forma di triangolo ricoperte di formaggio fuso e peperoncino fresco. Nikuman (Giappone): chiamato "baozi" in Cina, è un piccolo raviolo cotto al vapore ripieno di carne di maiale. Noodles (Giappone): spaghetti di soia dal colore translucido e dalla consistenza elastica e gommosa che vengono conditi con verdure, carne o pesce. Pakora (India): sono verdure (generalmente cipolle, melanzane, spinaci, cavolfiore, patate) fritte con la pastella. Papas (Sud America e Canarie): le patate novelle cotte con la buccia e servite con svariate salse, quali mojo verde o mojo picon a base di paprika. Sabikh (Israele): pane pita ripieno di melanzane fritte e uova sode. Samosa (India): pasta di pane fritta o cotta in forno ripiena di formaggio, patate, cipolle, carne e spezie dalla forma triangolare. Shashlik (Russia): spiedini di carne marinata nell'aceto, nel vino o in qualche sciroppo di frutta. Souvlaky (Grecia): gli spiedini greci composti da carne (agnello, maiale o pollo) o da pescespada e intervallati con verdure. Spring roll o involtini primavera (Cina): fagottini di pasta fillo farciti di verdure tagliate a julienne e fritti. Taboulè (Marocco): un insalata fredda di bulgur condita con menta, prezzemolo, aglio, cipolla, pomodoro, olio e succo di limone. Tacos (Messico): tortilla di farina di mais piegata in due e ripiena di carne di manzo o pesce, guacamole, cipolla cruda, formaggio fuso, coriandolo e peperoncino. Tamales (Perù): fagottini racchiusi dentro una foglia di banano o di pannocchia ripieni di carne di maiale cotta in umido in agrodolce con uvetta e zucchero; vengono chiamati anche bollos o pastillos. Tarta de coco (Perù): una torta a base di farina di cocco. Tielle setoise (Provenza, Francia): fagottini di forma circolare ripieni di ragu di carne. Waffle o gaufres (Francia, Belgio e Nord Europa): cialde dolci dalla forma rettangolare o quadrata tipica a nido d'ape dovuta alla cottura tra due piastre roventi, si abbinano a gelato, cioccolata, sciroppo d'acero, panna o frutta fresca. Wurstel e Currywurst (Germania, Austria e Alto Adige): salsicciotti a base di carne di maiale o di vitello sono arrostiti oppure bolliti e accompagnati da senape, curry in polvere, patate e crauti. Zapiekanki (Polonia): crostoni di pane ricoperto da funghi, prosciutto e formaggio, si trova anche con vari tipi di carne e verdure. 13
Eventi e curiosità Rimini Street Food, press tour 14 giugno 2013 Streetfood Village, Arezzo 13-­‐15 settembre 2013 7° Festival Internazionale del cibo di strada Cesena 4-­‐6 ottobre 2013 Street Food on the road, Milano Navigli 12-­‐16 novembre 2013 Real Street Food Festival, Queen’s Walk, Southbank Center, London 1-­‐3 novembre 2013 Grub Street Food Festival, Lower East Side, Manhattan NY 20 ottobre 2013 sapevate che.... • street food è un marchio registrato ed esiste un decalogo del buon artigiano del gusto?3 • negli Stati Uniti la prima volta che il cibo si è mosso su strada è stato con il Chukwagon nel 1860, durante il trasporto di mandrie bovine dal Texas al Wyoming, il New Mexico e il Colorado? • Obama nel 2011 twitta che il suo truckfood preferito a Washington è Empanadas DC? • Andrea Carletti ha lanciato la sua Ape Piaggio del food per la prima volta a Londra in occasione delle Olimpiadi ? • a Londra e New York chef pluristellati usano il canale dello street food come rappresentanza su strada dei propri ristoranti, per attrarre nuovi clienti e farsi conoscere meglio? • anche il gelato, la granita e la grattachecca romana rientrano nella categoria dello street food ? 3
1.Rispetta storia e tradizioni – per una garanzia di tracciabilità e appartenenza storica del cibo di strada e suoi ingredienti e l'esecuzione tradizionale della ricetta del cibo di strada 2.Utilizza ingredienti tipici e tradizionali -­‐ del territorio di appartenenza per la produzione del cibo di strada 3.Adotta un'etica – nello svolgimento della professione e nel rispetto di un sapere e saper fare tramandati, senza corromperli 4.Rispetta il legame con il territorio di appartenenza del cibo di strada 5.Utilizza strumenti artigianali – originali o rivisitati per la preparazione, cottura e somministrazione del prodotto (padelle, testi in terracotta, refrattaria, metallo, teglie etc...) 6.L'igiene al momento giusto * -­‐ Adeguati alle misure minime di rispetto delle normative sull'igiene impartite dalle Leggi Regionali per: a)garantire sicurezza al consumatore; b)non alterare le caratteristiche organolettiche di ingredienti e della ricetta finale c)non contravvenire alla normativa 7.Abbinamenti genuini – bevande realizzate con prodotti come acqua, vino, birra artigianale, succhi di frutta; senza aggiunta di ingredienti che ne modifichino il gusto – accettata (con riserva) l'aggiunta di CO2; 8.Rispetto dell'ambiente – sia durante il processo di produzione, somministrazione e consumo sia nella gestione dei locali (mantenimento della pulizia dentro e fuori il locale, smaltimento di oli, scarti organici e inorganici usufruendo di servizio smaltimento rifiuti differenziato); 9.Promozione del territorio (di appartenenza) – in virtù del fatto che solo i cibi di strada possono e devono essere consumati in loco per non modificare le caratteristiche tradizionali del loro consumo (temperatura, friabilità, croccantezza, morbidezza e sofficità, …) e promuovere in tal modo anche aree subalterne (zone montane o difficilmente frequentabili); 10.Cibo di strada in rete (no individualismo e asocialità) – sinergia con altre attività di produzione enogastronomica, associazioni, enti o altro per la costituzione di una rete di prodotti e servizi che promuovano in maniera integrata il cibo di strada con il territorio e tutti i suoi valori aggiunti
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Riferimenti bibliografici C. e G. Padovani, Street food all’italiana, Giunti, Firenze 2013 A.A., Atlante Slow Food dei prodotti italiani, Slow Food Editore, Bra (CN) 2012 A.A., Il cibo di strada migliore del mondo, street food, Lonely Planet EDT, Pianezza 2012 N. Fattibene, Le cucine e i cibi di strada, Tesi di Laurea a.a. 2011/2012, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Bra Pollenzo (CN) Riviste Gambero Rosso, anno 21 numero 226 novembre 2010 Gambero Rosso, anno 21 numero 249 ottobre 2012 Siti internet: www.streetfood.it www.riministreetfood.com www.streatit.com www.cibodistrada.com
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