Risoluzione n. 557569 del 18/10/2004 Legge 25 agosto
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Risoluzione n. 557569 del 18/10/2004 Legge 25 agosto
Roma, 7/10/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina del commercio Prot. N.557247 Allegati All’Ascom Viale Duomo, 5 33100 UDINE Oggetto: Iscrizione nel Registro Esercenti il Commercio di un socio di Società a responsabilità limitata – Quesito. E,p.c. alle Camere di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura Loro Sedi Codesta Associazione ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione Generale in merito all’iter procedurale relativo all’iscrizione di un socio di una S.r.l. al Registro Esercenti il Commercio per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In particolare fa riferimento alla legge 25 agosto 1991, n. 287 recante “Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi” che dispone, all’articolo 2, comma 3, che “sono ammessi all’esame previsto al comma 2, lettera c), (…) coloro che hanno prestato servizio, per almeno due anni negli ultimi cinque anni, presso imprese esercenti attività di somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendenti qualificati addetti alla somministrazione, alla produzione o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore”. Detta disposizione consente ai soggetti nella medesima elencati, di essere ammessi direttamente all’esame per ottenere l’iscrizione al R.E.C. per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, ( il cui possesso è il presupposto per la richiesta di rilascio della relativa autorizzazione). Al riguardo codesta Associazione ha richiamato la legge 23 dicembre 1996, n. 662, che ha esteso l’obbligo di iscrizione alla gestione Inps commercianti anche ai soci di S.r.l. che prestino la propria opera in ambito aziendale con carattere di abitualità e prevalenza (cfr. articolo 1, commi 202 e 203). ________ 1 Ha chiesto quindi se, a fronte della predetta normativa, successiva in termini temporali all’entrata in vigore della citata legge n. 287, possa essere riconosciuta, ai fini dell’iscrizione al R.E.C., la possibilità di sostenere direttamente l’esame anche ai soci di S.r.l. che svolgano la propria opera in ambito aziendale. Al riguardo la scrivente Direzione Generale, ritenendo condivisibili le motivazioni addotte da codesta Associazione in merito alla sostenibilità di una interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 287, ha comunque ritenuto di chiedere conferma all’INPS sulla possibilità per i soci delle società in questione, che risultino in possesso di iscrizione alla gestione Inps per il periodo previsto dalla normativa, di accedere direttamente all’esame di idoneità all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In risposta al suddetto quesito, l’INPS – Area lavoratori autonomi e parasubordinati, ha concordato sostenendo che, “fermo restando il rispetto dei requisiti attinenti all’iscrizione nella gestione esercenti attività commerciali, sussista anche per i soci di S.r.l. il diritto di accedere all’esame in argomento, al fine di ottenere l’iscrizione al R.E.C. (..)”. IL DIRETTORE GENERALE (Mario Spigarelli) ________ 2 Roma,12/10/04 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N. 557387 Allegati Al Risposta al Foglio N. 6062 OGGETTO: COMUNE DI VASTO Via XXIV Maggio, 2 VASTO (CHIETI) Legge n. 287 del 25 agosto 1991 L. 25/96. FINALITÀ DELLA COMMISSIONE COMUNALE PUBBLICI DEI CUI ALL’ART. 6 DELLA LEGGE 287/91 - QUESITO ESERCIZI Si fa riferimento alla richiesta di parere formulata da codesto Comune, inerente il ruolo assegnato dalla vigente normativa alla Commissione Comunale dei pubblici esercizi con particolare riguardo all’art. 6 della Legge 287/91. Tale quesito si articola con varie distinte domande, alle quali la scrivente risponde, ribadendo quanto già sostenuto nelle note allegate, nn. 515432 e 550523, rispettivamente dell’11 dicembre 2002 e dell’1 aprile 2003. Per quel che riguarda gli elementi informativi inerenti l’eventuale abrogazione da parte del Comune della predetta Commissione, si esprimono forti perplessità sull’evenienza che con atto assunto da un Ente locale si possa sopprimere un organismo previsto da una legge nazionale. IL DIRETTORE GENERALE (Mario SPIGARELLI) ________ 3 Roma, 18/10/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N. 557662 Allegati Al Comune di Roma Corpo della polizia Municipale U.O. VI° Municipio Ufficio Polizia Amministrativa Via Torre Annunziata, 1 00177 – Roma OGGETTO: Quesito relativo all’attività di vendita di schede telefoniche. Codesto Comune a seguito di una comunicazione ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “ per esercizio di vicinato per la vendita di generi non alimentari all’interno di attività di call center consistente di fatto nella vendita di schede telefoniche”, chiede di conoscere “ se detta attività debba essere considerata come vendita di un bene di consumo o se debba intendersi una prestazione di servizio offerta dall’operatore telefonico (..)”. Con riferimento a quanto sopra, si fa presente quanto segue. Si precisa, preliminarmente, che le norme vigenti in materia di esercizio dell’attività commerciale non impediscono la coesistenza nel medesimo ambito spaziale di attività di vendita di prodotti non alimentari e attività di call center. Fermo quanto sopra, si osserva altresì che non risulta alla scrivente l’esistenza di un quadro normativo autonomo in materia di distribuzione e commercializzazione di schede telefoniche, dal che discende la necessità di fare riferimento alla specificità dei rapporti tra il soggetto che le emette e quello che le distribuisce ai fini dell’applicabilità o meno delle disposizioni che concernono l’attività commerciale. A tal fine va innanzitutto evidenziato che le tessere, da un punto di vista giuridico, consentono di identificare nel possessore l’avente diritto alla prestazione contenuta e precisata nella scheda medesima, alla stessa stregua di una incorporazione del diritto alla prestazione, avendo la funzione di agevolare la fruizione del servizio e quindi con natura intrinseca certamente diversa da quella del prodotto-merce. ________ 4 Su quanto sopra evidenziato non ha conseguenze, ad avviso della scrivente, la sola disposizione vigente che fa riferimento alla vendita di “ tessere prepagate per servizi vari”, ossia l’art. 56, comma 9, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, e relativo allegato 9, come modificato dal decreto ministeriale 17 settembre 1996, n. 561. Detta disposizione, infatti, che consente ai titolari della tabella riservata ai rivenditori di generi di monopolio di vendere, unitamente ai prodotti elencati nel predetto allegato, le menzionate tessere, non cambia la natura giuridica delle medesime né la connotazione giuridica dei rapporti sottostanti la loro commercializzazione . Di conseguenza, la scrivente non ritiene che le tessere prepagate possano considerarsi un prodotto merce in senso proprio e quindi assoggettato alla disciplina commerciale. Quanto sopra, considerato che ai sensi dell’art. 4 del predetto decreto n. 114, l’attività di vendita al dettaglio consiste nell’ “(..) attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”. Ciò significa che solo se il dettagliante acquistasse in nome e per conto proprio le schede per poi rivenderle, potrebbe detta attività ricomprendersi fra quelle commerciali, in conformità all’art. 4, comma 1, lett. b). Diversamente, ove il distributore/dettagliante percepisca una percentuale, un aggio od un qualunque tipo di corrispettivo in proporzione al valore o alla quantità di schede dallo stesso distribuite alla propria clientela, detta attività non può essere ricondotta a quella di commercio. Con riferimento a quanto sopra va rilevato altresì che l’attività in questione, ad avviso della scrivente non potrebbe essere assimilata neanche a quello soggetta ai sensi dell’art. 115 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Tulps), all’apposita licenza il cui rilascio è affidato a far data dal 1° gennaio 2001 al Comune competente per territorio per effetto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Si rammenta che ai sensi dell’art. 205 del regolamento di esecuzione del R.D. n. 773, emanato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono da ricomprendersi tra le agenzie di affari “le imprese, comunque organizzate, che si offrono come intermediarie nell’assunzione o la trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta”. ________ 5 Inoltre, come evidenziato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 2 aprile 1996, n. 440), ai fini della definizione di un’attività come agenzia di affari ai sensi del citato art. 205, non assumono rilevanza né la circostanza che l’agente non disponga del potere di impegnare direttamente il soggetto nel cui interesse opera, né le dimensioni dell’apparato organizzativo, richiedendosi solo che la struttura sia funzionale all’attività di intermediazione che l’impresa intende svolgere. Detta situazione, comunque, non si può determinare nel caso in cui un’impresa eserciti, in maniera prevalente, un’attività di vendita di prodotti o un’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In tal caso, infatti, l’impresa inevitabilmente manterrebbe la connotazione giuridica che deriva dallo svolgimento dell’attività principale alla quale la sua struttura è finalizzata, ossia nei casi citati, quella di vendita o di somministrazione. Va rilevato, altresì, che l’erogazione del servizio tipico di agenzia implica la corresponsione di una provvigione che rappresenta il corrispettivo di un’attività che è di intermediazione e che quindi si limita a porre in contatto e ad agevolare la conclusione di un affare tra due parti. Nel caso di vendita di una scheda telefonica, invece, l’acquirente non corrisponde direttamente alcuna provvigione ma paga semplicemente un importo prestabilito che non è il costo di una intermediazione ma di un servizio, direttamente accessibile con l’acquisto di un prodotto, di cui l’acquirente potrà beneficiare, nel caso di specie la telefonata. In conseguenza di quanto sopra la vendita di schede telefoniche non può che connotarsi come un servizio rivolto alla clientela da parte di un’impresa che è funzionalmente e strutturalmente commerciale o dedita alla somministrazione, e che quindi non necessita della licenza di cui all’art. 115 del TULPS. Tale analisi è, peraltro, confortata dalla previsione di cui alla tabella speciale dell’allegato 9 del D.M. n. 375 del 1988, citata in premessa, ove si consideri che i titolari di vendite di generi di monopolio rimangono comunque assoggettati alla normativa che li riguarda anche se provvedono alla vendita di tessere prepagate alla loro clientela. Il Direttore Generale (Mario Spigarelli) ________ 6 Roma, 18 ottobre 2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N.557569 Allegati Al Comune di Arezzo Ufficio Commercio 52100 Arezzo OGGETTO: Legge 25 agosto 1991, n 287 – D.P.R. 4 aprile 2001, n. 235 – Attività di somministrazione nei circoli privati - destinazione d'uso dell'immobile. Richiesta chiarimenti. E, p.c. Al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti Gabinetto del Ministro Piazzale Porta Pia, 1 00187 ROMA Al Ministero dell’Economia e delle Finanze Gabinetto del Ministro Via XX settembre 00187 Roma Al Ministero dell’Interno Gabinetto del Ministro Palazzo del Viminale 00184 ROMA Alla Regione Toscana Dip. Att. Economiche e produttive Via di Novoli, 26 50127 FIRENZE Codesto Comune ha richiesto “chiarimenti in merito alla destinazione urbanistica che deve possedere un immobile in cui venga svolta attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte di un circolo privato affiliato ad ente assistenziale riconosciuto dal Ministero”. A tal fine codesto Comune richiama la risoluzione della scrivente“6 maggio 1999, n. 530208, che assimila i locali di somministrazione dei circoli privati a quelli dei pubblici esercizi e ritiene necessaria la certificazione sulla destinazione commerciale dei locali di somministrazione dei circoli privati considerato che l'art.3 comma 7 della legge 287/1991 lo prescrive per tutte le attività di somministrazione indicate al comma 6”. Codesto Comune evidenzia, altresì, che l'Anci si è espressa in senso contrario alla risoluzione ministeriale, in risposta ad un quesito analogo, fondandosi sulla circostanza che ________ 7 “il circolo privato può avere sede in qualsiasi immobile dichiarato agibile” per cui, “se il circolo unitamente alle proprie finalità assistenziali esercita anche la somministrazione ai soci può farlo senza necessità che debba essere richiesto il cambio d'uso del locale che pertanto può non essere a destinazione commerciale”. Codesto comune, infine, nel precisare che la maggioranza dei circoli privati situati nel territorio di competenza, svolge ad oggi anche attività di somministrazione ai soci e dato che entrambe le note richiamate sono ormai datate ed anteriori all’emanazione del D.P.R. 4 aprile 2001, n. 235 (“Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati”) e alla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (“Disciplina delle associazioni di promozione sociale”), chiede il parere di questa Direzione generale sulla questione. Al riguardo, si precisa preliminarmente che il parere della scrivente espresso nella presente nota concerne il caso segnalato da codesto comune ossia quello in cui l’attività di somministrazione sia svolta da associazioni o circoli aderenti ad enti ed organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, riconosciuti dal Ministero dell’Interno e che rispettino le condizioni di cui all’articolo 111, commi 3, 4 –bis e 4-qiunquies, del testo unico delle imposte sui redditi (cfr. art.2, comma 1, lett. d) del citato D.P.R. n. 235). Al riguardo si osserva quanto segue. L’art. 32, comma 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383 dispone che “La sede delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”. Il citato D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 all’art. 2 contempla come zone territoriali omogenee: A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi; B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq; C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B); D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati; E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C); F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale. ________ 8 Ad avviso della scrivente, pertanto, non pare discutibile che l’art. 32 comma 4 della legge n. 383 vada interpretato nel senso di consentire l’insediamento di un’associazione di promo zione sociale e l’esercizio della relativa attività in una qualunque delle zone o destinazioni d’uso in questione, senza che, in altri termini, si possano opporre limitazioni derivanti dall’assetto urbanistico del territorio interessato. Non sembra poter costituire ostacolo a questa interpretazione, il disposto dell’art. 2, comma 2, del citato DPR n. 235, ai sensi del quale, nella denuncia di inizio attività che deve essere presentata da associazioni o circoli aderenti ad enti o organizzazioni aventi finalità assistenziali che intendano intraprendere attività di somministrazione di alimenti e bevande, il legale rappresentante deve dichiarare tra l’altro che “il locale, ove è esercitata la somministrazione, è conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienicosanitaria e ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge e, in particolare, di essere in possesso delle prescritte autorizzazioni in materia” (cfr. lett. e). Detta disposizione ad avviso della scrivente, infatti, non può essere finalizzata ad imporre il rispetto di una particolare destinazione d’uso. - peraltro di difficile interpretazione per i circoli aderenti ad associazioni di promozione sociale che intendano svolgere anche attività di somministrazione- considerato che, in base al principio di specialità, mentre il citato decreto n. 235 ha riguardo a tutti i circoli e le associazioni aderenti ad enti o organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, la legge n. 383 dispone solo per quella limitata categoria di associazioni che soddisfa i rigorosi parametri statutari in essa previsti e sia pertanto iscritta negli appositi registri. Va rilevato altresì che l’attestazione di conformità alla quale fa riferimento l’art. 2 del citato decreto n. 235 concerne esclusivamente la materia “edilizia, igienico-sanitaria e…di sicurezza” in quanto la non necessità della conformità urbanistica dei locali delle associazioni di promozione sociale è acclarata dall’articolo 32 comma 4 della citata legge n. 383 che ne sancisce la compatibilità con tutte le destinazioni d’uso. E’ nota e consolidata, al riguardo, la distinzione tra la materia edilizia, che disciplina l’attività di costruzione al fine di garantire la sicurezza, l'igiene, la struttura dei fabbricati, e la materia urbanistica, avente ad oggetto l’uso del territorio, ossia la regolamentazione e la pianificazione dell’assetto territoriale. Risulterebbe, pertanto, poco sostenibile limitare la libertà di stabilimento delle associazioni di promozione sociale a seconda che svolgano solo attività culturale e ricreativa, ovvero anche quella di somministrazione di alimenti e bevande: quest’ultima, infatti, non rappresenta altro rispetto all’attività istituzionale delle associazioni in parola, ma costituisce momento strumentale ed ausiliario rispetto al perseguimento dei fini istituzionali. Il riconoscimento dell’esistenza di tale vincolo di strumentalità e della complementarietà stretta tra somministrazione e scopo sociale, nei confronti delle associazioni oggetto del presente parere, ha trovato una efficace legittimazione normativa con il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 che, riordinando la disciplina tributaria degli enti non commerciali, ha sancito per le associazioni in oggetto la sostanziale assimilazione dei proventi dell’attività di somministrazione a quelli relativi alle altre attività istituzionali; ossia, nello specifico, la loro irrilevanza sul piano commerciale e, conseguentemente, sul piano fiscale ________ 9 Sulla base delle argomentazioni esposte, la scrivente ritiene pertanto di poter sostenere che non vi siano decisivi argomenti di carattere letterale, logico o sistematico per ritenere che le associazioni in discorso debbano sottostare a limitazioni in ordine alla destinazione d’uso dei locali ove svolgano attività di somministrazione di alimenti e bevande. La presente è inviata per conoscenza al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero dell’Interno nonché alla Regione Toscana, i quali sono pregati di far conoscere anche alla scrivente ogni eventuale determinazione ulteriore o contraria. IL DIRETTORE GENERALE Mario Spigarelli ________ 10 Roma, 4/11/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N.558246 Risposta al Foglio N. Allegati del Al Comune di Ciampino 00100 Roma p.c. Alla Direzione Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie Sede Oggetto: Legge 25 agosto 1991, n.287, art. 5 – Rilascio autorizzazione per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in un impianto di distribuzione di carburanti. Si fa riferimento alla nota n. 0031576 del 21 settembre 2004 con la quale codesto Comune chiede di conoscere se nell’area di un impianto di distribuzione di carburanti” si possa dare inizio ad una attività di somministrazione di alimenti e bevande di tipo B ai sensi dell’art. 5, della Legge 287/91”, considerato che “l’area richiesta rientra in una zona in cui i parametri numerici sono esauriti”. A tale riguardo si fa presente quanto segue. In via preliminare si richiamano, nel prosieguo, le disposizioni vigenti in materia di esercizio di attività commerciali situate negli impianti di distribuzione di carburanti Ci si riferisce, innanzitutto, alla legge 28 dicembre 1999, n. 496, che all’art. 2 bis dispone quanto segue: “1. I soggetti titolari della licenza di esercizio dell’impianto di distribuzione di carburanti, rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza, in possesso della tabella riservata di cui all’art. 1 del Ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato 17.9.1996, n. 561, hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico alimentare e non alimentare, fermo restando il possesso dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto n. 114, in locali separati, attrezzati e nel rispetto delle condizioni igienico sanitarie vigenti”. “2. La vendita dei prodotti relativi al settore merceologico alimentare è svolta,fermo il possesso dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in locali attrezzati e nel rispetto delle disposizioni igienico-sanitarie vigenti”. “3. Fermi restando i requisiti igienico-sanitari, nei locali di cui al comma 2 del presente articolo con superficie non superiore al limite di cui all’art. 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è consentito il consumo immediato dei prodotti di cui all’art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate” . ________ 11 Dalle disposizioni di cui al citato art. 2 bis della legge n. 496 consegue: • I titolari della licenza di esercizio rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza hanno la possibilità di porre in vendita non solo tutti i prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare, corrispondente ai prodotti contenuti nella tabella riservata, ma anche i prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare. • Per effettuare la vendita dei prodotti alimentari i soggetti in discorso devono risultare in possesso di uno dei requisiti di professionalità previsti per detta attività dall’art. 5, comma 5, del decreto n. 114 (come tutti gli altri esercenti la vendita di prodotti alimentari). • L’esercizio dell’attività di vendita, sia che si riferisca a prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare che non alimentare o ad entrambi i settori, può essere esercitata in locali di superficie rientrante entro i limiti previsti dall’art. 4, comma 1, lett. d), del decreto n. 114. Trattasi degli esercizi aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, salvo diversa determinazione regionale sui limiti massimi di superficie adottata ai sensi dell’art. 10 comma 4, del decreto n. 114. • Nel caso di vendita di prodotti alimentari i locali nei quali la medesima viene esercitata deve risultare a norma delle prescrizioni igienico sanitarie vigenti. • Nel caso di attivazione dell’attività di vendita dei prodotti alimentari il comma 3 dell’art. 2 bis dispone che “è consentito il consumo immediato dei prodotti di cui all’art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati”. Al riguardo, si osserva che la disposizione è analoga a quella contenuta nell’art. 7, comma 3, del decreto n. 114 e consente il consumo sul posto dei prodotti alimentari elencati nella citata legge n. 77. La disposizione sancisce, altresì, i limiti entro i quali la somministrazione dei suddetti prodotti è consentita, i quali vanno intesi esclusivamente nel senso di escludere l’utilizzazione di attrezzature quali tavoli e sedie ed il servizio conseguente, specificamente correlati alla attività di somministrazione di alimenti e bevande. Le disposizioni su citate, come risulta evidente, si riferiscono alla possibilità di attivare, nell’area di un impianto di distribuzione di carburanti, un esercizio di vendita. Per quanto concerne, invece, l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande va richiamata la legge 5 marzo 2001, n. 57, che all’art. 19, comma 1, ai fini dell’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, dispone che le Regioni, nell’ambito dei poteri programmatori loro attribuiti, provvedano a redigere i piani regionali sulla base di alcuni indirizzi tra i quali (cfr. lettera i) è citato il seguente: “determinazione nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287, degli indirizzi, dei criteri e delle priorità in base ai quali i comuni individuano il numero delle autorizzazioni rilasciabili ai soggetti titolari della licenza di esercizio rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 della medesima legge n. 287 del 1991, per l’attivazione nei locali dell’impianto di un esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 5, comma 1, lettera b,) della legge stessa. L’attività di somministrazione è effettuata nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo. 3, comma 7, della medesima legge n. 287 del 1991, e non è trasferibile in altra sede. ________ 12 Resta fermo che l’attivazione di un esercizio della suddetta tipologia presso gli impianti di distribuzione dei carburanti da parte di soggetti diversi dai titolari delle licenze di esercizio rilasciate dall’ufficio tecnico di finanza è soggetta alle disposizioni della citata legge n. 287 del 1991”. In conseguenza della predetta disposizione, ove la Regione competente per territorio non abbia emanato le specifiche direttive e codesto Comune non abbia conseguentemente individuato il numero delle autorizzazioni rilasciabili ai soggetti elencati nel citato art. 19, comma 1, lettera i) della legge n. 57, la scrivente Direzione è dell’avviso che presso gli impianti di distribuzione di carburanti si possa dare inizio ad una attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 5, comma 1, lettera b), della legge n. 287/91, solo nel rispetto dei parametri numerici stabiliti. Per completezza, si fa presente che il D.lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, all’art. 9, richiamato da codesto Comune, non reca un comma 6. La presente è inviata, per conoscenza, alla Direzione Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie, la quale è pregata di far conoscere anche alla scrivente eventuali osservazioni. IL DIRETTORE GENERALE (Mario Spigarelli) ________ 13 Roma,8/11/04 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Al COMUNE DI ARCADE SEGRETERIA Piazza Vittorio Emanuele III, N.1 Prot. n.558387 Allegati Risposta al Foglio N. 2004 OGGETTO: 1 31030 ARCADE (TV) 6835 PUBBLICO ESERCIZIO E RIVENDITA DI GENERI DI MONOPOLIO COESISTENZA DI PIÙ AUTORIZZAZIONI NEGLI STESSI LOCALI INTESTATE A DITTE DIVERSE - QUESITO. Codesto Comune ha chiesto di conoscere il parere dello scrivente Ufficio in merito al quesito in oggetto. Al riguardo, si precisa, preliminarmente, che le disposizioni nazionali in materia di somministrazione di alimenti e bevande sono previste dalla Legge 25 agosto 1991, n. 287, nella quale, tra l’altro, non vi è alcun richiamo a norme che vietino la coesistenza di più autorizzazioni nella stessa unità immobiliare, intestate a soggetti diversi. Inoltre, per completezza di informazione, si invia la risoluzione ministeriale n. 504797 del 7/5/2002, con cui la scrivente si è espressa in merito alla possibile attivazione di più esercizi di vendita nel medesimo ambito spaziale. IL DIRETTORE GENERALE (Mario SPIGARELLI) ________ 14 Roma, 18-11-2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e d i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N.558748 Risposta al Foglio N. Allegati del Alla Camera di Commercio di Roma Area IV Sportello Multifunzionale Fax 0652082311 p.c. Al Comune di Roma VIII Dipartimento Via dei Cerchi, 6 00186 Roma Al Comune di Roma Municipio Roma 6 UCIAP Commercio Via di Torre Annunziata, 1 00177 Roma Fax 0669606476 Oggetto: Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Requisito Iscrizione al REC. Quesito Codesta Camera di Commercio ha trasmesso la nota inviata dalla Regione Lazio ai Sindaci dei Comuni, nella quale si sostiene che il possesso del requisito, nell’ultimo quinquennio, dell’iscrizione al REC, ai fini dell’esercizio delle attività di vendita al dettaglio dei prodotti appartenenti al settore alimentare, mantiene la sua validità anche nel periodo successivo al 25.04.2004. Sul contenuto della nota regionale chiede il parere della scrivente. A tale riguardo, si fa presente quanto segue. L’art. 5, comma 5, del d.lgs. del 31 marzo 1998, n. 114, dispone che “l’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, anche se effettuata nei confronti di una cerchia denominata di persone, è consentito a chi è in possesso di uno dei requisiti professionali elencati nelle lettere a), b) e c)” del medesimo. Nello specifico la lettera c), fa riferimento al “possesso dell’iscrizione nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei ________ 15 gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375”. La locuzione“ultimo quinquennio”, contenuta nella disposizione citata, non può che fare riferimento al periodo di cinque anni che precede la presentazione della comunicazione per attivare un esercizio di vicinato (art. 7 d.lgs. n. 114) o della domanda per attivare una media o grande struttura di vendita (artt. 8 e 9 d.lgs. n. 114), al comune territorialmente competente. Il requisito dell’iscrizione al Rec, però, proprio in considerazione dell’esplicito richiamo nella disposizione all’”ultimo quinquennio”, poteva essere riconosciuto solo per quello successivo al 24 aprile 1999 (data di efficacia della disposizione che lo prevede, visto il disposto di cui all’art. 26, comma 1, del decreto n. 114), ossia fino al 24 aprile 2004. Il citato decreto n. 114, infatti, con l’articolo 26, comma 6, ha abrogato la legge n. 426 del 1971 ed il d.m. n. 375 del 1998, ad eccezione di alcune disposizioni e con il comma 1 del medesimo articolo ha sancito l’abrogazione del Rec, per l’attività di vendita, a partire dal 24.4.1999. Pertanto la locuzione “ultimo quinquennio”, contenuta nella citata lettera c), non può che riferirsi al periodo che va dal 24.4.1999, data di abrogazione del Rec, al 24.4.2004. Dopo detta ultima data, infatti, nessuno ha potuto avvalersi del possesso dell’iscrizione al Rec quale requisito professionale, in quanto impossibilitato a documentare, nel quinquennio precedente l’invio della istanza o della comunicazione al comune, l’iscrizione ad un registro che, nel quinquennio stesso, non era esistente. Per completezza di informazione si precisa che la predetta interpretazione è stata esplicitata dalla scrivente Direzione Generale nella nota n. 509810 del 16 ottobre 2000 che si allega in fotocopia (cfr. anche punto 2.7 della circolare del 28 maggio 1999, n. 3467). IL DIRETTORE GENERALE (Mario Spigarelli) ________ 16 Roma,18/11/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Al Prot. N. 558762 Allegati COMUNE DI CASTRI’ Settore Commercio e Attività Produttive 73012 CASTRI DI LECCE(LE) Risposta al Fax del 28/7/04 OGGETTO: Legge 25 agosto 1991, n. 287, “somministrazione di alimenti e bevande”. POSSIBILITÀ DI ORGANIZZARE RICEVIMENTI IN ESERCIZI DI TIPOLOGIA A) – QUESITO. Codesto Comune, con la nota a margine indicata, ha chiesto chiarimenti sull’eventualità di poter organizzare all’interno di pubblici esercizi di tipologia a) ricevimenti “…riservati ai clienti del locale, senza che vi sia biglietto di ingresso o maggiorazione e senza allestimento di spazi dedicati a spettacoli e/o ballo…, nonché sulla medesima possibilità per i titolari di autorizzazione di tipo c)”. Al riguardo, si precisa quanto segue. La legge 25 agosto 1991, n. 287, recante la disciplina per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, all’art. 1, comma 1 dispone quanto segue:“La presente legge si applica alle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati…”. L’autorizzazione, pertanto, all’avvio della predetta attività è rilasciata in conformità a parametri numerici stabiliti per l’intero territorio comunale o per zone del medesimo e con riferimento a quattro tipologie di esercizi, elencati alle lettere a), b), c) e d) dell’art. 5, comma 1, della legge n. 287/91. Trattasi nello specifico dei seguenti esercizi: a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari); b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di ________ 17 pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari); c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari; d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione. Stante quanto sopra ed in risposta al primo punto del quesito, si osserva principalmente che l’attività di somministrazione è strettamente correlata a quella di servizio al pubblico, ossia per chiunque ne faccia richiesta durante l’orario di apertura, adottato dall’esercente e reso noto con l’esposizione di apposito cartello, come stabilito, in regime di orari, dall’art. 8 della medesima legge. Pertanto, a giudizio della scrivente, non è possibile avallare quanto manifestato nelle premesse da codesto Comune per gli esercizi di tipologia a). In siffatta ipotesi, ossia di somministrazione riservata ad una cerchia determinata di persone, dovrebbero infatti determinarsi le condizioni di cui all’art. 3, comma 6. Successivamente, per completare la richiesta di chiarimenti avanzata, si sottolinea che l’autorizzazione, di cui alla lettera c), dell’art. 5, comma 1 della legge n. 287/91, è soggetta a parametri ed include già la a) o la b), ovvero entrambe. Ciò significa che nel caso in cui un soggetto intenda svolgere l’attività di ristorante e/o bar congiuntamente all’attività di intrattenimento, la disciplina prevede il rilascio di una specifica autorizzazione denominata di tipologia c). Agli esercenti titolari di autorizzazione di tipologia a) o b), infatti, è preclusa ogni possibilità di utilizzo, per l’attività di intrattenimento e svago, della superficie autorizzata, in quanto la medesima deve essere destinata esclusivamente all’attività di somministrazione. IL DIRETTORE GENERALE (Mario SPIGARELLI) ________ 18 Roma, 6/12/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N. 559301 Al Comune di Piove di Sacco Ufficio Commercio 35028 PIOVE DI SACCO (PD) Oggetto: D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218. Rispetto dei termini di durata della vendita sottocosto. Quesito Con riferimento alla richiesta di parere formulata da codesto comune con nota 2 dicembre 2004, n. 33965, si fa presente quanto segue. Con circolare 24 ottobre 2001, n. 3528, la scrivente ha precisato che ai fini del computo del numero dei giorni indicati nei commi 4 e 5 dell'art. 1 del D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218, sono da escludersi i giorni di chiusura dell'esercizio commerciale, ossia le domeniche, le festività e, ove previste dal comune, le giornate di chiusura infrasettimanale (cfr. punto 3.3). Inevitabilmente, pertanto, un esercizio commerciale non può che inviare una comunicazione preventiva facendo riferimento ai giorni di apertura escludendo quelli di chiusura ed in tal senso effettuare la pubblicizzazione della vendita sottocosto, se intende non avvalersi della deroga alla chiusura festiva e domenicale sancita dall’art. 11 comma 5 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114. Stante quanto sopra, ove, in un momento successivo alla comunicazione di effettuazione della vendita sottocosto, l’esercizio commerciale intenda avvalersi della deroga all'obbligo di chiusura per la mattina di un giorno festivo rientrante all'interno del periodo indicato per detta vendita, ad avviso della scrivente, dovrebbe poter essere consentito al medesimo di terminare le offerte sottocosto alla fine dell'orario di apertura mattutina del decimo giorno. Quanto sopra in considerazione delle oggettive difficoltà di sospendere le offerte sottocosto nella predetta mattinata del giorno festivo e delle maggiori opportunità di acquisto per il consumatore finale in un giorno non lavorativo. Resta fermo che l’esercizio commerciale deve garantire la tempestiva pubblicizzazione agli utenti sia della opportunità di poter effettuare gli acquisti in offerta sottocosto anche nella mattinata del giorno festivo sia dell’assenza di detta opportunità nell’orario pomeridiano di apertura del decimo giorno feriale, visto che detta circostanza non poteva risultare nel messaggio pubblicitario precedentemente divulgato. IL DIRETTORE GENERALE (Mario Spigarelli) ________ 19 Roma, 9/12/2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Prot. N. 559434 Allegati Alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura Via luigi Mercantini, 23/25 63100 Ascoli Piceno OGGETTO:decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Articoli 27, 28 e 29 -Somministrazione al pubblico di alimenti e bevande - regime sanzionatorio applicabile – Quesito. Si fa riferimento al fax del 8 novembre u.s. con il quale codesta Camera chiede di conoscere il parere di questo Ministero in merito al regime sanzionatorio applicabile, nel caso di attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta presso un posteggio su area pubblica. In particolare, trattasi di un soggetto titolare di autorizzazione per il commercio di prodotti alimentari su area pubblica, assegnatario di posteggio, che svolge attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, senza la prescritta annotazione prevista dall’articolo 28, comma 7, del decreto legislativo 31 marzo 1008, n. 114. Al riguardo si ritiene che l’attività in questione rientra nel campo di applicazione del citato decreto n. 114/98. Infatti, la fattispecie descritta da codesta Camera evidenzia il luogo di svolgimento, nonché il tipo di attività svolta, rispettivamente disciplinati dall’articolo 28, commi 1, 2, 3 e 7 del suddetto decreto. Pertanto, nel caso in cui un soggetto, già titolare di autorizzazione all’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche, voglia svolgere anche l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, lo stesso deve essere in possesso di apposita abilitazione risultante sul titolo autorizzatorio, così come previsto dal comma 7 dell’articolo 28. Stante quanto sopra, il regime sanzionatorio applicabile al caso di specie non può che essere quello previsto dall’articolo 29, comma 1, del citato decreto legislativo n. 114. Resta fermo che l’eventuale confisca dovrà riguardare, esclusivamente, le attrezzature, ossia “i tavoli e le panche” che codesta Camera cita nel quesito. IL DIRETTORE GENERALE Mario Spigarelli ________ 20 Roma, 9.12.2004 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina del commercio Prot. N.559449 Allegati Al Ministero dell’Interno DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA UFFICIO PER L’AMMINISTRAZIONE GENERALE Uff. per gli affari della Polizia Amministrativa e Sociale Piazza del Viminale 00100 ROMA e, p. c. Alla Questura di Perugia Divisione Polizia amministrativa e Sociale Settore II – Uff. Licenze Commerciali 06127 PERUGIA Oggetto: D.lgs 31 marzo 1998, n. 114 -Attività di vendita di oggetti preziosi – Quesito. Si fa riferimento alla nota n. 557/PAS.7698.12020 con la quale codesto Ufficio chiede il parere della scrivente in merito alla possibilità, da parte di un soggetto, di esercitare l’attività di commercio di preziosi. Detta attività si concretizzerebbe con l’esposizione nell’abitazione privata del campionario dei preziosi “da far vedere solo a soggetti preventivamente invitati” e quindi “svolgendo un’attività non aperta al pubblico ma solo a clienti (..) conosciuti”. Nel caso specifico, inoltre, il soggetto intenderebbe esercitare (come risulta dalla dichiarazione di inizio attività trasmessa in allegato alla successiva nota del 30 novembre della Questura competente per territorio) “l’attività di commercio al dettaglio in sede fissa di oggetti preziosi e gioielli, su invito diretto al cliente in locale non aperto al pubblico e/o nelle altre forme speciali di cui agli arti. 18 e 26, c. 5, del D.lgs 31.3.1998, n. 114” A tale riguardo si fa presente quanto segue L’esercizio di una attività commerciale, ove non sia svolta in modo saltuario e occasionale, è soggetto alle disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Il predetto decreto definisce l’attività di vendita svolta in modo professionale da un soggetto che acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale, quale “commercio al dettaglio” e prevede che detta attività possa essere esercitata su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione commerciale (articolo 4, comma 1, lettera b). ________ 21 Alle attività su aree private in sede fissa si applicano gli articoli 7, 8 e 9 del citato decreto, mentre alle altre forme di distribuzione, ossia alle “forme speciali di vendita” (negli spacci interni, mediante apparecchi automatici, per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione e presso il domicilio dei consumatori) si applicano gli articoli 16, 17, 18 e 19. La disciplina del d.lgs n. 114, quindi, si applica sia all’attività esercitata nei confronti del pubblico ossia di chiunque ne faccia richiesta, sia nei confronti di cerchie determinate di soggetti (cfr. art. 16) In ogni caso presuppone requisiti personali per coloro che la svolgono e specifici requisiti dei locali nei quali deve essere esercitata. In conseguenza di quanto sopra, qualora il soggetto in questione intenda svolgere un’attività di vendita in modo professionale presso la propria abitazione, anche nel caso in cui questa non sia rivolta alla generalità dei soggetti ma esclusivamente a clienti preavvertiti, ad avviso della scrivente, detta attività non potrebbe considerarsi svolta conformemente a quanto previsto dalle disposizioni vigenti. Ove così non fosse, infatti, ogni dimora privata e, peraltro, di qualsiasi dimensione, potrebbe trasformarsi in un locale di vendita con imprevedibili conseguenze sull’equilibrio del mercato ed oggettive difficoltà di controllo al fine di garantire un corretto svolgimento dell’attività. Fermo restando quanto sopra, con riferimento alla denuncia di inizio di attività in discorso, si evidenzia che l’articolo 18 del citato decreto n. 114 disciplina l’attività di vendita al dettaglio per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione e che l’articolo 26, comma 5, sancisce l’applicabilità dell’istituto della comunicazione nel caso di subingresso o di cessazione dell’attività commerciale. Nel caso in cui, quindi, visto il richiamo nella predetta denuncia all’articolo 18, il soggetto in questione intenda vendere gli oggetti preziosi esclusivamente per via telematica, ad avviso della scrivente, detta attività potrebbe ritenersi legittimamente esercitata. Per tale modalità di vendita, infatti, viste le peculiari caratteristiche che la contraddistinguono, è possibile prescindere dall’utilizzo di un locale a specifica destinazione commerciale (confronta circolare n. 3487 del 1.06.2000, reperibile sul sito internet del Ministero). Si conclude precisando che l’attività di vendita disciplinata dal citato articolo 18 è soggetta alla previa comunicazione al Comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale, se persona giuridica. La comunicazione è effettuata mediante l’utilizzo del modello COM 6 bis, reperibile sul sito della scrivente, e nella medesima deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 del decreto medesimo e il settore merceologico. IL DIRETTORE GENERALE Mario Spigarelli ________ 22 Roma, 11/01/05 Ministero delle Attività Produttive 00187 – Via Sallustiana, 53 Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi Ufficio D2 – Disciplina Commercio Al Prot. N. 546109 Allegati Risposta al Foglio N. 44500 dell’8/9/2004 OGGETTO: COMUNE DI LIGNANO SABBIADORO Settore Affari Legali, Acquisti e Patrimonio Viale Europa, 26 33054 LIGNANO SABBIADORO (UD) Legge 25 agosto 1991, n.287, “somministrazione di alimenti e bevande”. POSSIBILITÀ DI RILASCIO DI AUTORIZZAZIONE AI SENSI DELL’ART. 5, COMMA 1, LETTERA C) AD UN SOGGETTO GIÀ AUTORIZZATO ALLO SVOLGIMENTO DI ATTIV ITÀ DI PUBBLICO SPETTACOLO (TAPPETI ELASTICI) SU AREA DEMANIALE IN CONCESSIONE (SPIAGGIA ) – QUESITO. Con la nota suindicata, codesto Comune ha chiesto alla scrivente elementi informativi in merito al possibile rilascio di un’autorizzazione, di cui all’art. 5, comma 1, lett. c) della legge n. 287/91, ad un soggetto che, svolgendo già attività di pubblico spettacolo, come riferito in oggetto, intenderebbe anche somministrare alimenti e bevande ai propri clienti mediante un furgone all’uopo attrezzato e parcheggiato sulla medesima area utilizzata per l’intrattenimento e svago. Al riguardo, si precisa che le autorizzazioni rilasciabili sono quelle elencate all’art. 5, comma 1, lettere a), b), c) e d) della l. 287/91. In aggiunta, poi, per definizione la somministrazione si considera come (…) la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati. Nella suddetta normativa, infatti, sussiste un connubio inscindibile tra autorizzazione e locale, verificabile agli articoli 1, comma 1 e 3, comma 2. Stante quanto sopra, nel caso di specie, può dirsi che l’autorizzazione richiesta, di cui in premessa, non è concedibile poichè manca il locale (trattasi infatti di furgone attrezzato) nel quale l’attività di somministrazione di alimenti e bevande di tipologia c) possa essere attivata. ________ 23 Considerato tra l’altro che il soggetto in questione, come precisato da codesto Comune, è “già autorizzato allo svolgimento di attività di pubblico spettacolo (tappeti elastici) su area demaniale in concessione (spiaggia)”, l’eventuale svolgimento dell’attività di somministrazione secondo le modalità rappresentate da codesto Comune si configura, ad avviso della scrivente, come esercizio dell’attività di vendita su area pubblica di cui al TITOLO X del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114. Ciò significa che, ove sussistano le condizioni ed i requisiti richiesti dal predetto Titolo X, nonché dalle relative norme regionali e comunali emanate, il soggetto può essere autorizzato all’esercizio dell’attività su area pubblica per il settore alimentare. Ai sensi dell’art. 28, comma 7, infatti, il soggetto che vende può anche somministrare in quanto “…l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari abilita anche alla somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti per l’una e l’altra attività. L’abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita annotazione sul titolo autorizzatorio.” IL DIRETTORE GENERALE (Mario SPIGARELLI) ________ 24