Risoluzione n. 557569 del 18/10/2004 Legge 25 agosto

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Risoluzione n. 557569 del 18/10/2004 Legge 25 agosto
Roma, 7/10/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina del commercio
Prot. N.557247
Allegati
All’Ascom
Viale Duomo, 5
33100 UDINE
Oggetto: Iscrizione nel Registro Esercenti il Commercio di un socio di Società a
responsabilità limitata – Quesito.
E,p.c.
alle Camere di Commercio
Industria, Artigianato e
Agricoltura
Loro Sedi
Codesta Associazione ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione
Generale in merito all’iter procedurale relativo all’iscrizione di un socio di una S.r.l.
al Registro Esercenti il Commercio per l’attività di somministrazione di alimenti e
bevande.
In particolare fa riferimento alla legge 25 agosto 1991, n. 287 recante
“Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici
esercizi” che dispone, all’articolo 2, comma 3, che “sono ammessi all’esame previsto
al comma 2, lettera c), (…) coloro che hanno prestato servizio, per almeno due anni
negli ultimi cinque anni, presso imprese esercenti attività di somministrazione di
alimenti e bevande, in qualità di dipendenti qualificati addetti alla somministrazione,
alla produzione o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine entro
il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore”.
Detta disposizione consente ai soggetti nella medesima elencati, di essere
ammessi direttamente all’esame per ottenere l’iscrizione al R.E.C. per l’attività di
somministrazione di alimenti e bevande, ( il cui possesso è il presupposto per la
richiesta di rilascio della relativa autorizzazione).
Al riguardo codesta Associazione ha richiamato la legge 23 dicembre 1996,
n. 662, che ha esteso l’obbligo di iscrizione alla gestione Inps commercianti anche ai
soci di S.r.l. che prestino la propria opera in ambito aziendale con carattere di
abitualità e prevalenza (cfr. articolo 1, commi 202 e 203).
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Ha chiesto quindi se, a fronte della predetta normativa, successiva in
termini temporali all’entrata in vigore della citata legge n. 287, possa essere
riconosciuta, ai fini dell’iscrizione al R.E.C., la possibilità di sostenere direttamente
l’esame anche ai soci di S.r.l. che svolgano la propria opera in ambito aziendale.
Al riguardo la scrivente Direzione Generale, ritenendo condivisibili le
motivazioni addotte da codesta Associazione in merito alla sostenibilità di una
interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione dell’articolo 2, comma 3, della
legge n. 287, ha comunque ritenuto di chiedere conferma all’INPS sulla possibilità
per i soci delle società in questione, che risultino in possesso di iscrizione alla
gestione Inps per il periodo previsto dalla normativa, di accedere direttamente
all’esame di idoneità all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e
bevande.
In risposta al suddetto quesito, l’INPS – Area lavoratori autonomi e
parasubordinati, ha concordato sostenendo che, “fermo restando il rispetto dei
requisiti attinenti all’iscrizione nella gestione esercenti attività commerciali, sussista
anche per i soci di S.r.l. il diritto di accedere all’esame in argomento, al fine di
ottenere l’iscrizione al R.E.C. (..)”.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario Spigarelli)
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Roma,12/10/04
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N. 557387
Allegati
Al
Risposta al Foglio N. 6062
OGGETTO:
COMUNE DI VASTO
Via XXIV Maggio, 2
VASTO (CHIETI)
Legge n. 287 del 25 agosto 1991 L. 25/96.
FINALITÀ DELLA COMMISSIONE COMUNALE PUBBLICI
DEI CUI ALL’ART. 6 DELLA LEGGE 287/91 - QUESITO
ESERCIZI
Si fa riferimento alla richiesta di parere formulata da codesto
Comune, inerente il ruolo assegnato dalla vigente normativa alla Commissione
Comunale dei pubblici esercizi con particolare riguardo all’art. 6 della Legge
287/91.
Tale quesito si articola con varie distinte domande, alle quali la
scrivente risponde, ribadendo quanto già sostenuto nelle note allegate, nn. 515432 e
550523, rispettivamente dell’11 dicembre 2002 e dell’1 aprile 2003.
Per quel che riguarda gli elementi informativi inerenti l’eventuale
abrogazione da parte del Comune della predetta Commissione, si esprimono forti
perplessità sull’evenienza che con atto assunto da un Ente locale si possa sopprimere
un organismo previsto da una legge nazionale.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario SPIGARELLI)
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Roma, 18/10/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N. 557662
Allegati
Al Comune di Roma
Corpo della polizia Municipale
U.O. VI° Municipio
Ufficio Polizia Amministrativa
Via Torre Annunziata, 1
00177 – Roma
OGGETTO: Quesito relativo all’attività di vendita di schede telefoniche.
Codesto Comune a seguito di una comunicazione ai sensi dell’art. 7 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “ per esercizio di vicinato per la vendita di generi
non alimentari all’interno di attività di call center consistente di fatto nella vendita di
schede telefoniche”, chiede di conoscere “ se detta attività debba essere considerata
come vendita di un bene di consumo o se debba intendersi una prestazione di servizio
offerta dall’operatore telefonico (..)”.
Con riferimento a quanto sopra, si fa presente quanto segue.
Si precisa, preliminarmente, che le norme vigenti in materia di esercizio
dell’attività commerciale non impediscono la coesistenza nel medesimo ambito
spaziale di attività di vendita di prodotti non alimentari e attività di call center.
Fermo quanto sopra, si osserva altresì che non risulta alla scrivente l’esistenza
di un quadro normativo autonomo in materia di distribuzione e commercializzazione
di schede telefoniche, dal che discende la necessità di fare riferimento alla specificità
dei rapporti tra il soggetto che le emette e quello che le distribuisce ai fini
dell’applicabilità o meno delle disposizioni che concernono l’attività commerciale.
A tal fine va innanzitutto evidenziato che le tessere, da un punto di vista
giuridico, consentono di identificare nel possessore l’avente diritto alla prestazione
contenuta e precisata nella scheda medesima, alla stessa stregua di una
incorporazione del diritto alla prestazione, avendo la funzione di agevolare la
fruizione del servizio e quindi con natura intrinseca certamente diversa da quella del
prodotto-merce.
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Su quanto sopra evidenziato non ha conseguenze, ad avviso della scrivente, la
sola disposizione vigente che fa riferimento alla vendita di “ tessere prepagate per
servizi vari”, ossia l’art. 56, comma 9, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375,
e relativo allegato 9, come modificato dal decreto ministeriale 17 settembre 1996, n.
561.
Detta disposizione, infatti, che consente ai titolari della tabella riservata ai
rivenditori di generi di monopolio di vendere, unitamente ai prodotti elencati nel
predetto allegato, le menzionate tessere, non cambia la natura giuridica delle
medesime né la connotazione giuridica dei rapporti sottostanti la loro
commercializzazione .
Di conseguenza, la scrivente non ritiene che le tessere prepagate possano
considerarsi un prodotto merce in senso proprio e quindi assoggettato alla disciplina
commerciale.
Quanto sopra, considerato che ai sensi dell’art. 4 del predetto decreto n. 114,
l’attività di vendita al dettaglio consiste nell’ “(..) attività svolta da chiunque
professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree
private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al
consumatore finale”.
Ciò significa che solo se il dettagliante acquistasse in nome e per conto proprio
le schede per poi rivenderle, potrebbe detta attività ricomprendersi fra quelle
commerciali, in conformità all’art. 4, comma 1, lett. b).
Diversamente, ove il distributore/dettagliante percepisca una percentuale, un
aggio od un qualunque tipo di corrispettivo in proporzione al valore o alla quantità di
schede dallo stesso distribuite alla propria clientela, detta attività non può essere
ricondotta a quella di commercio.
Con riferimento a quanto sopra va rilevato altresì che l’attività in questione, ad
avviso della scrivente non potrebbe essere assimilata neanche a quello soggetta ai
sensi dell’art. 115 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Tulps), all’apposita licenza il cui
rilascio è affidato a far data dal 1° gennaio 2001 al Comune competente per territorio
per effetto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Si rammenta che ai sensi dell’art. 205 del regolamento di esecuzione del R.D.
n. 773, emanato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono da ricomprendersi tra le
agenzie di affari “le imprese, comunque organizzate, che si offrono come
intermediarie nell’assunzione o la trattazione di affari altrui, prestando la propria
opera a chiunque ne faccia richiesta”.
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Inoltre, come evidenziato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 2 aprile 1996, n. 440),
ai fini della definizione di un’attività come agenzia di affari ai sensi del citato art. 205,
non assumono rilevanza né la circostanza che l’agente non disponga del potere di
impegnare direttamente il soggetto nel cui interesse opera, né le dimensioni
dell’apparato organizzativo, richiedendosi solo che la struttura sia funzionale
all’attività di intermediazione che l’impresa intende svolgere.
Detta situazione, comunque, non si può determinare nel caso in cui un’impresa
eserciti, in maniera prevalente, un’attività di vendita di prodotti o un’attività di
somministrazione di alimenti e bevande.
In tal caso, infatti, l’impresa inevitabilmente manterrebbe la connotazione
giuridica che deriva dallo svolgimento dell’attività principale alla quale la sua
struttura è finalizzata, ossia nei casi citati, quella di vendita o di somministrazione.
Va rilevato, altresì, che l’erogazione del servizio tipico di agenzia implica la
corresponsione di una provvigione che rappresenta il corrispettivo di un’attività che è
di intermediazione e che quindi si limita a porre in contatto e ad agevolare la
conclusione di un affare tra due parti.
Nel caso di vendita di una scheda telefonica, invece, l’acquirente non
corrisponde direttamente alcuna provvigione ma paga semplicemente un importo
prestabilito che non è il costo di una intermediazione ma di un servizio, direttamente
accessibile con l’acquisto di un prodotto, di cui l’acquirente potrà beneficiare, nel caso
di specie la telefonata.
In conseguenza di quanto sopra la vendita di schede telefoniche non può che
connotarsi come un servizio rivolto alla clientela da parte di un’impresa che è
funzionalmente e strutturalmente commerciale o dedita alla somministrazione, e che
quindi non necessita della licenza di cui all’art. 115 del TULPS.
Tale analisi è, peraltro, confortata dalla previsione di cui alla tabella speciale
dell’allegato 9 del D.M. n. 375 del 1988, citata in premessa, ove si consideri che i
titolari di vendite di generi di monopolio rimangono comunque assoggettati alla
normativa che li riguarda anche se provvedono alla vendita di tessere prepagate alla
loro clientela.
Il Direttore Generale
(Mario Spigarelli)
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Roma, 18 ottobre 2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N.557569
Allegati
Al Comune di Arezzo
Ufficio Commercio
52100
Arezzo
OGGETTO: Legge 25 agosto 1991, n 287 – D.P.R. 4 aprile 2001, n. 235 – Attività di
somministrazione nei circoli privati - destinazione d'uso dell'immobile.
Richiesta chiarimenti.
E, p.c.
Al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti
Gabinetto del Ministro
Piazzale Porta Pia, 1
00187 ROMA
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
Gabinetto del Ministro
Via XX settembre
00187 Roma
Al Ministero dell’Interno
Gabinetto del Ministro
Palazzo del Viminale
00184 ROMA
Alla Regione Toscana
Dip. Att. Economiche e produttive
Via di Novoli, 26
50127 FIRENZE
Codesto Comune ha richiesto “chiarimenti in merito alla destinazione
urbanistica che deve possedere un immobile in cui venga svolta attività di somministrazione
di alimenti e bevande da parte di un circolo privato affiliato ad ente assistenziale
riconosciuto dal Ministero”.
A tal fine codesto Comune richiama la risoluzione della scrivente“6 maggio 1999,
n. 530208, che assimila i locali di somministrazione dei circoli privati a quelli dei pubblici
esercizi e ritiene necessaria la certificazione sulla destinazione commerciale dei locali di
somministrazione dei circoli privati considerato che l'art.3 comma 7 della legge 287/1991 lo
prescrive per tutte le attività di somministrazione indicate al comma 6”.
Codesto Comune evidenzia, altresì, che l'Anci si è espressa in senso contrario alla
risoluzione ministeriale, in risposta ad un quesito analogo, fondandosi sulla circostanza che
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“il circolo privato può avere sede in qualsiasi immobile dichiarato agibile” per cui, “se il
circolo unitamente alle proprie finalità assistenziali esercita anche la somministrazione ai
soci può farlo senza necessità che debba essere richiesto il cambio d'uso del locale che
pertanto può non essere a destinazione commerciale”.
Codesto comune, infine, nel precisare che la maggioranza dei circoli privati situati
nel territorio di competenza, svolge ad oggi anche attività di somministrazione ai soci e dato
che entrambe le note richiamate sono ormai datate ed anteriori all’emanazione del D.P.R. 4
aprile 2001, n. 235 (“Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati”)
e alla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (“Disciplina delle associazioni di promozione
sociale”), chiede il parere di questa Direzione generale sulla questione.
Al riguardo, si precisa preliminarmente che il parere della scrivente espresso nella
presente nota concerne il caso segnalato da codesto comune ossia quello in cui l’attività di
somministrazione sia svolta da associazioni o circoli aderenti ad enti ed organizzazioni
nazionali aventi finalità assistenziali, riconosciuti dal Ministero dell’Interno e che rispettino
le condizioni di cui all’articolo 111, commi 3, 4 –bis e 4-qiunquies, del testo unico delle
imposte sui redditi (cfr. art.2, comma 1, lett. d) del citato D.P.R. n. 235).
Al riguardo si osserva quanto segue.
L’art. 32, comma 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383 dispone che “La sede
delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività
sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile
1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Il citato D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 all’art. 2 contempla come zone territoriali
omogenee:
A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere
storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree
circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli
agglomerati stessi;
B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A):
si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici
esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle
quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino
inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e
densità di cui alla precedente lettera B);
D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o
ad essi assimilati;
E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo
restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda
insediamenti da considerare come zone C);
F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.
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Ad avviso della scrivente, pertanto, non pare discutibile che l’art. 32 comma 4
della legge n. 383 vada interpretato nel senso di consentire l’insediamento di
un’associazione di promo zione sociale e l’esercizio della relativa attività in una qualunque
delle zone o destinazioni d’uso in questione, senza che, in altri termini, si possano opporre
limitazioni derivanti dall’assetto urbanistico del territorio interessato.
Non sembra poter costituire ostacolo a questa interpretazione, il disposto dell’art.
2, comma 2, del citato DPR n. 235, ai sensi del quale, nella denuncia di inizio attività che
deve essere presentata da associazioni o circoli aderenti ad enti o organizzazioni aventi
finalità assistenziali che intendano intraprendere attività di somministrazione di alimenti e
bevande, il legale rappresentante deve dichiarare tra l’altro che “il locale, ove è esercitata la
somministrazione, è conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienicosanitaria e ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 3,
comma 1, della legge e, in particolare, di essere in possesso delle prescritte autorizzazioni
in materia” (cfr. lett. e).
Detta disposizione ad avviso della scrivente, infatti, non può essere finalizzata ad
imporre il rispetto di una particolare destinazione d’uso. - peraltro di difficile interpretazione
per i circoli aderenti ad associazioni di promozione sociale che intendano svolgere anche
attività di somministrazione- considerato che, in base al principio di specialità, mentre il
citato decreto n. 235 ha riguardo a tutti i circoli e le associazioni aderenti ad enti o
organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, la legge n. 383 dispone solo per quella
limitata categoria di associazioni che soddisfa i rigorosi parametri statutari in essa previsti e
sia pertanto iscritta negli appositi registri.
Va rilevato altresì che l’attestazione di conformità alla quale fa riferimento l’art. 2
del citato decreto n. 235 concerne esclusivamente la materia “edilizia, igienico-sanitaria
e…di sicurezza” in quanto la non necessità della conformità urbanistica dei locali delle
associazioni di promozione sociale è acclarata dall’articolo 32 comma 4 della citata legge n.
383 che ne sancisce la compatibilità con tutte le destinazioni d’uso.
E’ nota e consolidata, al riguardo, la distinzione tra la materia edilizia, che
disciplina l’attività di costruzione al fine di garantire la sicurezza, l'igiene, la struttura dei
fabbricati, e la materia urbanistica, avente ad oggetto l’uso del territorio, ossia la
regolamentazione e la pianificazione dell’assetto territoriale.
Risulterebbe, pertanto, poco sostenibile limitare la libertà di stabilimento delle
associazioni di promozione sociale a seconda che svolgano solo attività culturale e
ricreativa, ovvero anche quella di somministrazione di alimenti e bevande: quest’ultima,
infatti, non rappresenta altro rispetto all’attività istituzionale delle associazioni in parola, ma
costituisce momento strumentale ed ausiliario rispetto al perseguimento dei fini istituzionali.
Il riconoscimento dell’esistenza di tale vincolo di strumentalità e della
complementarietà stretta tra somministrazione e scopo sociale, nei confronti delle
associazioni oggetto del presente parere, ha trovato una efficace legittimazione normativa
con il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 che, riordinando la disciplina tributaria
degli enti non commerciali, ha sancito per le associazioni in oggetto la sostanziale
assimilazione dei proventi dell’attività di somministrazione a quelli relativi alle altre attività
istituzionali; ossia, nello specifico, la loro irrilevanza sul piano commerciale e,
conseguentemente, sul piano fiscale
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Sulla base delle argomentazioni esposte, la scrivente ritiene pertanto di poter
sostenere che non vi siano decisivi argomenti di carattere letterale, logico o sistematico per
ritenere che le associazioni in discorso debbano sottostare a limitazioni in ordine alla
destinazione d’uso dei locali ove svolgano attività di somministrazione di alimenti e
bevande.
La presente è inviata per conoscenza al Ministero delle Infrastrutture e
Trasporti, al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero dell’Interno nonché alla
Regione Toscana, i quali sono pregati di far conoscere anche alla scrivente ogni eventuale
determinazione ulteriore o contraria.
IL DIRETTORE GENERALE
Mario Spigarelli
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Roma, 4/11/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N.558246
Risposta al Foglio N.
Allegati
del
Al Comune di Ciampino
00100 Roma
p.c. Alla Direzione Generale per
l’Energia e le Risorse
Minerarie
Sede
Oggetto: Legge 25 agosto 1991, n.287, art. 5 – Rilascio autorizzazione per l’esercizio dell’attività
di somministrazione di alimenti e bevande in un impianto di distribuzione di carburanti.
Si fa riferimento alla nota n. 0031576 del 21 settembre 2004 con la quale codesto
Comune chiede di conoscere se nell’area di un impianto di distribuzione di carburanti” si possa
dare inizio ad una attività di somministrazione di alimenti e bevande di tipo B ai sensi dell’art. 5,
della Legge 287/91”, considerato che “l’area richiesta rientra in una zona in cui i parametri
numerici sono esauriti”.
A tale riguardo si fa presente quanto segue.
In via preliminare si richiamano, nel prosieguo, le disposizioni vigenti in materia di
esercizio di attività commerciali situate negli impianti di distribuzione di carburanti
Ci si riferisce, innanzitutto, alla legge 28 dicembre 1999, n. 496, che all’art. 2 bis
dispone quanto segue:
“1. I soggetti titolari della licenza di esercizio dell’impianto di distribuzione di
carburanti, rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza, in possesso della tabella riservata di cui
all’art. 1 del Ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato 17.9.1996, n. 561, hanno
titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico alimentare e non alimentare,
fermo restando il possesso dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto n. 114, in locali separati,
attrezzati e nel rispetto delle condizioni igienico sanitarie vigenti”.
“2. La vendita dei prodotti relativi al settore merceologico alimentare è svolta,fermo il
possesso dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in locali
attrezzati e nel rispetto delle disposizioni igienico-sanitarie vigenti”.
“3. Fermi restando i requisiti igienico-sanitari, nei locali di cui al comma 2 del
presente articolo con superficie non superiore al limite di cui all’art. 4, comma 1, lettera d) del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è consentito il consumo immediato dei prodotti di cui
all’art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, a condizione che siano esclusi il servizio di
somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate” .
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Dalle disposizioni di cui al citato art. 2 bis della legge n. 496 consegue:
•
I titolari della licenza di esercizio rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza hanno la
possibilità di porre in vendita non solo tutti i prodotti appartenenti al settore
merceologico non alimentare, corrispondente ai prodotti contenuti nella tabella
riservata, ma anche i prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare.
•
Per effettuare la vendita dei prodotti alimentari i soggetti in discorso devono
risultare in possesso di uno dei requisiti di professionalità previsti per detta attività
dall’art. 5, comma 5, del decreto n. 114 (come tutti gli altri esercenti la vendita di
prodotti alimentari).
•
L’esercizio dell’attività di vendita, sia che si riferisca a prodotti appartenenti al
settore merceologico alimentare che non alimentare o ad entrambi i settori, può
essere esercitata in locali di superficie rientrante entro i limiti previsti dall’art. 4,
comma 1, lett. d), del decreto n. 114. Trattasi degli esercizi aventi superficie di
vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a
10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione residente superiore a
10.000 abitanti, salvo diversa determinazione regionale sui limiti massimi di
superficie adottata ai sensi dell’art. 10 comma 4, del decreto n. 114.
•
Nel caso di vendita di prodotti alimentari i locali nei quali la medesima viene
esercitata deve risultare a norma delle prescrizioni igienico sanitarie vigenti.
•
Nel caso di attivazione dell’attività di vendita dei prodotti alimentari il comma 3
dell’art. 2 bis dispone che “è consentito il consumo immediato dei prodotti di cui
all’art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, a condizione che siano esclusi il
servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati”. Al
riguardo, si osserva che la disposizione è analoga a quella contenuta nell’art. 7,
comma 3, del decreto n. 114 e consente il consumo sul posto dei prodotti alimentari
elencati nella citata legge n. 77. La disposizione sancisce, altresì, i limiti entro i
quali la somministrazione dei suddetti prodotti è consentita, i quali vanno intesi
esclusivamente nel senso di escludere l’utilizzazione di attrezzature quali tavoli e
sedie ed il servizio conseguente, specificamente correlati alla attività di
somministrazione di alimenti e bevande.
Le disposizioni su citate, come risulta evidente, si riferiscono alla possibilità di
attivare, nell’area di un impianto di distribuzione di carburanti, un esercizio di vendita.
Per quanto concerne, invece, l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e
bevande va richiamata la legge 5 marzo 2001, n. 57, che all’art. 19, comma 1, ai fini
dell’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, dispone che le Regioni, nell’ambito
dei poteri programmatori loro attribuiti, provvedano a redigere i piani regionali sulla base di alcuni
indirizzi tra i quali (cfr. lettera i) è citato il seguente: “determinazione nel rispetto delle disposizioni
di cui all’art. 3, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287, degli indirizzi, dei criteri e delle
priorità in base ai quali i comuni individuano il numero delle autorizzazioni rilasciabili ai soggetti
titolari della licenza di esercizio rilasciata dall’ufficio tecnico di finanza, in possesso dei requisiti
di cui all’articolo 2 della medesima legge n. 287 del 1991, per l’attivazione nei locali dell’impianto
di un esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 5, comma 1, lettera b,)
della legge stessa. L’attività di somministrazione è effettuata nel rispetto delle disposizioni di cui
all’articolo. 3, comma 7, della medesima legge n. 287 del 1991, e non è trasferibile in altra sede.
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Resta fermo che l’attivazione di un esercizio della suddetta tipologia presso gli impianti di
distribuzione dei carburanti da parte di soggetti diversi dai titolari delle licenze di esercizio
rilasciate dall’ufficio tecnico di finanza è soggetta alle disposizioni della citata legge n. 287 del
1991”.
In conseguenza della predetta disposizione, ove la Regione competente per territorio
non abbia emanato le specifiche direttive e codesto Comune non abbia conseguentemente
individuato il numero delle autorizzazioni rilasciabili ai soggetti elencati nel citato art. 19, comma
1, lettera i) della legge n. 57, la scrivente Direzione è dell’avviso che presso gli impianti di
distribuzione di carburanti si possa dare inizio ad una attività di somministrazione di alimenti e
bevande di cui all’art. 5, comma 1, lettera b), della legge n. 287/91, solo nel rispetto dei parametri
numerici stabiliti.
Per completezza, si fa presente che il D.lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, all’art. 9,
richiamato da codesto Comune, non reca un comma 6.
La presente è inviata, per conoscenza, alla Direzione Generale per l’Energia e le
Risorse Minerarie, la quale è pregata di far conoscere anche alla scrivente eventuali osservazioni.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario Spigarelli)
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Roma,8/11/04
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Al COMUNE DI ARCADE
SEGRETERIA
Piazza Vittorio Emanuele III, N.1
Prot. n.558387
Allegati
Risposta al Foglio N. 2004
OGGETTO:
1
31030
ARCADE (TV)
6835
PUBBLICO ESERCIZIO E RIVENDITA DI GENERI DI MONOPOLIO COESISTENZA DI PIÙ AUTORIZZAZIONI NEGLI STESSI LOCALI INTESTATE A
DITTE DIVERSE - QUESITO.
Codesto Comune ha chiesto di conoscere il parere dello scrivente Ufficio in
merito al quesito in oggetto.
Al riguardo, si precisa, preliminarmente, che le disposizioni nazionali in materia
di somministrazione di alimenti e bevande sono previste dalla Legge 25 agosto 1991, n. 287,
nella quale, tra l’altro, non vi è alcun richiamo a norme che vietino la coesistenza di più
autorizzazioni nella stessa unità immobiliare, intestate a soggetti diversi.
Inoltre, per completezza di informazione, si invia la risoluzione ministeriale n.
504797 del 7/5/2002, con cui la scrivente si è espressa in merito alla possibile attivazione di più
esercizi di vendita nel medesimo ambito spaziale.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario SPIGARELLI)
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Roma, 18-11-2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e d i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N.558748
Risposta al Foglio N.
Allegati
del
Alla Camera di Commercio di Roma Area IV
Sportello Multifunzionale
Fax 0652082311
p.c.
Al Comune di Roma
VIII Dipartimento
Via dei Cerchi, 6
00186 Roma
Al Comune di Roma
Municipio Roma 6
UCIAP Commercio
Via di Torre Annunziata, 1
00177 Roma
Fax 0669606476
Oggetto: Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Requisito Iscrizione al REC. Quesito
Codesta Camera di Commercio ha trasmesso la nota inviata dalla Regione Lazio ai
Sindaci dei Comuni, nella quale si sostiene che il possesso del requisito, nell’ultimo quinquennio,
dell’iscrizione al REC, ai fini dell’esercizio delle attività di vendita al dettaglio dei prodotti
appartenenti al settore alimentare, mantiene la sua validità anche nel periodo successivo al
25.04.2004.
Sul contenuto della nota regionale chiede il parere della scrivente.
A tale riguardo, si fa presente quanto segue.
L’art. 5, comma 5, del d.lgs. del 31 marzo 1998, n. 114, dispone che “l’esercizio, in
qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, anche se
effettuata nei confronti di una cerchia denominata di persone, è consentito a chi è in possesso di
uno dei requisiti professionali elencati nelle lettere a), b) e c)” del medesimo.
Nello specifico la lettera c), fa riferimento al “possesso dell’iscrizione nell’ultimo
quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei
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gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 12, comma 2, del decreto
ministeriale 4 agosto 1988, n. 375”.
La locuzione“ultimo quinquennio”, contenuta nella disposizione citata, non può che fare
riferimento al periodo di cinque anni che precede la presentazione della comunicazione per attivare
un esercizio di vicinato (art. 7 d.lgs. n. 114) o della domanda per attivare una media o grande
struttura di vendita (artt. 8 e 9 d.lgs. n. 114), al comune territorialmente competente.
Il requisito dell’iscrizione al Rec, però, proprio in considerazione dell’esplicito richiamo
nella disposizione all’”ultimo quinquennio”, poteva essere riconosciuto solo per quello successivo
al 24 aprile 1999 (data di efficacia della disposizione che lo prevede, visto il disposto di cui all’art.
26, comma 1, del decreto n. 114), ossia fino al 24 aprile 2004.
Il citato decreto n. 114, infatti, con l’articolo 26, comma 6, ha abrogato la legge n. 426
del 1971 ed il d.m. n. 375 del 1998, ad eccezione di alcune disposizioni e con il comma 1 del
medesimo articolo ha sancito l’abrogazione del Rec, per l’attività di vendita, a partire dal 24.4.1999.
Pertanto la locuzione “ultimo quinquennio”, contenuta nella citata lettera c), non può
che riferirsi al periodo che va dal 24.4.1999, data di abrogazione del Rec, al 24.4.2004.
Dopo detta ultima data, infatti, nessuno ha potuto avvalersi del possesso dell’iscrizione
al Rec quale requisito professionale, in quanto impossibilitato a documentare, nel quinquennio
precedente l’invio della istanza o della comunicazione al comune, l’iscrizione ad un registro che,
nel quinquennio stesso, non era esistente.
Per completezza di informazione si precisa che la predetta interpretazione è stata
esplicitata dalla scrivente Direzione Generale nella nota n. 509810 del 16 ottobre 2000 che si allega
in fotocopia (cfr. anche punto 2.7 della circolare del 28 maggio 1999, n. 3467).
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario Spigarelli)
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Roma,18/11/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Al
Prot. N. 558762
Allegati
COMUNE DI CASTRI’
Settore Commercio e Attività
Produttive
73012 CASTRI DI LECCE(LE)
Risposta al Fax del 28/7/04
OGGETTO: Legge 25 agosto 1991, n. 287, “somministrazione di alimenti e
bevande”.
POSSIBILITÀ DI ORGANIZZARE RICEVIMENTI IN ESERCIZI DI
TIPOLOGIA A) – QUESITO.
Codesto Comune, con la nota a margine indicata, ha chiesto chiarimenti
sull’eventualità di poter organizzare all’interno di pubblici esercizi di tipologia a)
ricevimenti “…riservati ai clienti del locale, senza che vi sia biglietto di ingresso o maggiorazione
e senza allestimento di spazi dedicati a spettacoli e/o ballo…, nonché sulla medesima possibilità
per i titolari di autorizzazione di tipo c)”.
Al riguardo, si precisa quanto segue.
La legge 25 agosto 1991, n. 287, recante la disciplina per l’esercizio
dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, all’art. 1, comma 1 dispone
quanto segue:“La presente legge si applica alle attività di somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande. Per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto, che
comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una
superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati…”.
L’autorizzazione, pertanto, all’avvio della predetta attività è rilasciata in
conformità a parametri numerici stabiliti per l’intero territorio comunale o per zone
del medesimo e con riferimento a quattro tipologie di esercizi, elencati alle lettere a),
b), c) e d) dell’art. 5, comma 1, della legge n. 287/91.
Trattasi nello specifico dei seguenti esercizi:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande,
comprese quelle aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume, e di
latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle
alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di
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pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed
esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di
alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e
svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi
similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di
bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
Stante quanto sopra ed in risposta al primo punto del quesito, si osserva
principalmente che l’attività di somministrazione è strettamente correlata a quella di
servizio al pubblico, ossia per chiunque ne faccia richiesta durante l’orario di apertura,
adottato dall’esercente e reso noto con l’esposizione di apposito cartello, come stabilito,
in regime di orari, dall’art. 8 della medesima legge.
Pertanto, a giudizio della scrivente, non è possibile avallare quanto
manifestato nelle premesse da codesto Comune per gli esercizi di tipologia a).
In siffatta ipotesi, ossia di somministrazione riservata ad una cerchia
determinata di persone, dovrebbero infatti determinarsi le condizioni di cui all’art. 3,
comma 6.
Successivamente, per completare la richiesta di chiarimenti avanzata, si
sottolinea che l’autorizzazione, di cui alla lettera c), dell’art. 5, comma 1 della legge n.
287/91, è soggetta a parametri ed include già la a) o la b), ovvero entrambe.
Ciò significa che nel caso in cui un soggetto intenda svolgere l’attività di
ristorante e/o bar congiuntamente all’attività di intrattenimento, la disciplina prevede il
rilascio di una specifica autorizzazione denominata di tipologia c).
Agli esercenti titolari di autorizzazione di tipologia a) o b), infatti, è
preclusa ogni possibilità di utilizzo, per l’attività di intrattenimento e svago, della
superficie autorizzata, in quanto la medesima deve essere destinata esclusivamente
all’attività di somministrazione.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario SPIGARELLI)
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Roma, 6/12/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni e i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N. 559301
Al Comune
di Piove di Sacco
Ufficio Commercio
35028 PIOVE DI SACCO (PD)
Oggetto: D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218. Rispetto dei termini di durata della vendita sottocosto.
Quesito
Con riferimento alla richiesta di parere formulata da codesto comune con nota 2 dicembre
2004, n. 33965, si fa presente quanto segue.
Con circolare 24 ottobre 2001, n. 3528, la scrivente ha precisato che ai fini del computo del
numero dei giorni indicati nei commi 4 e 5 dell'art. 1 del D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218, sono da
escludersi i giorni di chiusura dell'esercizio commerciale, ossia le domeniche, le festività e, ove
previste dal comune, le giornate di chiusura infrasettimanale (cfr. punto 3.3).
Inevitabilmente, pertanto, un esercizio commerciale non può che inviare una comunicazione
preventiva facendo riferimento ai giorni di apertura escludendo quelli di chiusura ed in tal senso
effettuare la pubblicizzazione della vendita sottocosto, se intende non avvalersi della deroga alla
chiusura festiva e domenicale sancita dall’art. 11 comma 5 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114.
Stante quanto sopra, ove, in un momento successivo alla comunicazione di effettuazione
della vendita sottocosto, l’esercizio commerciale intenda avvalersi della deroga all'obbligo di
chiusura per la mattina di un giorno festivo rientrante all'interno del periodo indicato per detta
vendita, ad avviso della scrivente, dovrebbe poter essere consentito al medesimo di terminare le
offerte sottocosto alla fine dell'orario di apertura mattutina del decimo giorno.
Quanto sopra in considerazione delle oggettive difficoltà di sospendere le offerte sottocosto
nella predetta mattinata del giorno festivo e delle maggiori opportunità di acquisto per il
consumatore finale in un giorno non lavorativo.
Resta fermo che l’esercizio commerciale deve garantire la tempestiva pubblicizzazione agli
utenti sia della opportunità di poter effettuare gli acquisti in offerta sottocosto anche nella mattinata
del giorno festivo sia dell’assenza di detta opportunità nell’orario pomeridiano di apertura del
decimo giorno feriale, visto che detta circostanza non poteva risultare nel messaggio pubblicitario
precedentemente divulgato.
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario Spigarelli)
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Roma, 9/12/2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Prot. N. 559434
Allegati
Alla Camera di Commercio, Industria,
Artigianato e Agricoltura
Via luigi Mercantini, 23/25
63100 Ascoli Piceno
OGGETTO:decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Articoli 27, 28 e 29
-Somministrazione al pubblico di alimenti e bevande - regime sanzionatorio
applicabile – Quesito.
Si fa riferimento al fax del 8 novembre u.s. con il quale codesta Camera
chiede di conoscere il parere di questo Ministero in merito al regime sanzionatorio
applicabile, nel caso di attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta
presso un posteggio su area pubblica.
In particolare, trattasi di un soggetto titolare di autorizzazione per il
commercio di prodotti alimentari su area pubblica, assegnatario di posteggio, che
svolge attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, senza la
prescritta annotazione prevista dall’articolo 28, comma 7, del decreto legislativo 31
marzo 1008, n. 114.
Al riguardo si ritiene che l’attività in questione rientra nel campo di
applicazione del citato decreto n. 114/98. Infatti, la fattispecie descritta da codesta
Camera evidenzia il luogo di svolgimento, nonché il tipo di attività svolta,
rispettivamente disciplinati dall’articolo 28, commi 1, 2, 3 e 7 del suddetto decreto.
Pertanto, nel caso in cui un soggetto, già titolare di autorizzazione
all’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche, voglia svolgere anche
l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, lo stesso deve essere in
possesso di apposita abilitazione risultante sul titolo autorizzatorio, così come
previsto dal comma 7 dell’articolo 28.
Stante quanto sopra, il regime sanzionatorio applicabile al caso di specie
non può che essere quello previsto dall’articolo 29, comma 1, del citato decreto
legislativo n. 114.
Resta fermo che l’eventuale confisca dovrà riguardare,
esclusivamente, le attrezzature, ossia “i tavoli e le panche” che codesta Camera cita
nel quesito.
IL DIRETTORE GENERALE
Mario Spigarelli
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Roma, 9.12.2004
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina del commercio
Prot. N.559449
Allegati
Al Ministero dell’Interno
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
UFFICIO PER L’AMMINISTRAZIONE GENERALE
Uff. per gli affari della Polizia Amministrativa e Sociale
Piazza del Viminale
00100 ROMA
e, p. c. Alla Questura di Perugia
Divisione Polizia amministrativa e Sociale
Settore II – Uff. Licenze Commerciali
06127 PERUGIA
Oggetto:
D.lgs 31 marzo 1998, n. 114 -Attività di vendita di oggetti preziosi – Quesito.
Si fa riferimento alla nota n. 557/PAS.7698.12020 con la quale codesto Ufficio chiede
il parere della scrivente in merito alla possibilità, da parte di un soggetto, di esercitare
l’attività di commercio di preziosi.
Detta attività si concretizzerebbe con l’esposizione nell’abitazione privata del
campionario dei preziosi “da far vedere solo a soggetti preventivamente invitati” e quindi
“svolgendo un’attività non aperta al pubblico ma solo a clienti (..) conosciuti”.
Nel caso specifico, inoltre, il soggetto intenderebbe esercitare (come risulta dalla
dichiarazione di inizio attività trasmessa in allegato alla successiva nota del 30 novembre
della Questura competente per territorio) “l’attività di commercio al dettaglio in sede fissa
di oggetti preziosi e gioielli, su invito diretto al cliente in locale non aperto al pubblico e/o
nelle altre forme speciali di cui agli arti. 18 e 26, c. 5, del D.lgs 31.3.1998, n. 114”
A tale riguardo si fa presente quanto segue
L’esercizio di una attività commerciale, ove non sia svolta in modo saltuario e
occasionale, è soggetto alle disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
Il predetto decreto definisce l’attività di vendita svolta in modo professionale da un
soggetto che acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende direttamente al
consumatore finale, quale “commercio al dettaglio” e prevede che detta attività possa essere
esercitata su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione commerciale
(articolo 4, comma 1, lettera b).
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Alle attività su aree private in sede fissa si applicano gli articoli 7, 8 e 9 del citato
decreto, mentre alle altre forme di distribuzione, ossia alle “forme speciali di vendita” (negli
spacci interni, mediante apparecchi automatici, per corrispondenza, televisione o altri
sistemi di comunicazione e presso il domicilio dei consumatori) si applicano gli articoli 16,
17, 18 e 19.
La disciplina del d.lgs n. 114, quindi, si applica sia all’attività esercitata nei confronti
del pubblico ossia di chiunque ne faccia richiesta, sia nei confronti di cerchie determinate di
soggetti (cfr. art. 16)
In ogni caso presuppone requisiti personali per coloro che la svolgono e specifici
requisiti dei locali nei quali deve essere esercitata.
In conseguenza di quanto sopra, qualora il soggetto in questione intenda svolgere
un’attività di vendita in modo professionale presso la propria abitazione, anche nel caso in
cui questa non sia rivolta alla generalità dei soggetti ma esclusivamente a clienti preavvertiti,
ad avviso della scrivente, detta attività non potrebbe considerarsi svolta conformemente a
quanto previsto dalle disposizioni vigenti.
Ove così non fosse, infatti, ogni dimora privata e, peraltro, di qualsiasi dimensione,
potrebbe trasformarsi in un locale di vendita con imprevedibili conseguenze sull’equilibrio
del mercato ed oggettive difficoltà di controllo al fine di garantire un corretto svolgimento
dell’attività.
Fermo restando quanto sopra, con riferimento alla denuncia di inizio di attività in
discorso, si evidenzia che l’articolo 18 del citato decreto n. 114 disciplina l’attività di
vendita al dettaglio per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione e che
l’articolo 26, comma 5, sancisce l’applicabilità dell’istituto della comunicazione nel caso di
subingresso o di cessazione dell’attività commerciale.
Nel caso in cui, quindi, visto il richiamo nella predetta denuncia all’articolo 18, il
soggetto in questione intenda vendere gli oggetti preziosi esclusivamente per via telematica,
ad avviso della scrivente, detta attività potrebbe ritenersi legittimamente esercitata.
Per tale modalità di vendita, infatti, viste le peculiari caratteristiche che la
contraddistinguono, è possibile prescindere dall’utilizzo di un locale a specifica destinazione
commerciale (confronta circolare n. 3487 del 1.06.2000, reperibile sul sito internet del
Ministero).
Si conclude precisando che l’attività di vendita disciplinata dal citato articolo 18 è
soggetta alla previa comunicazione al Comune nel quale l’esercente ha la residenza, se
persona fisica, o la sede legale, se persona giuridica.
La comunicazione è effettuata mediante l’utilizzo del modello COM 6 bis, reperibile
sul sito della scrivente, e nella medesima deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di
cui all’articolo 5 del decreto medesimo e il settore merceologico.
IL DIRETTORE GENERALE
Mario Spigarelli
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22
Roma, 11/01/05
Ministero delle Attività Produttive
00187 – Via Sallustiana, 53
Direzione Generale per il Commercio, le Assicurazioni ed i Servizi
Ufficio D2 – Disciplina Commercio
Al
Prot. N. 546109
Allegati
Risposta al Foglio N. 44500 dell’8/9/2004
OGGETTO:
COMUNE DI LIGNANO SABBIADORO
Settore Affari Legali, Acquisti e
Patrimonio
Viale Europa, 26
33054 LIGNANO SABBIADORO (UD)
Legge 25 agosto 1991, n.287, “somministrazione di alimenti e bevande”.
POSSIBILITÀ DI RILASCIO DI AUTORIZZAZIONE AI SENSI DELL’ART. 5,
COMMA 1, LETTERA C) AD UN SOGGETTO GIÀ AUTORIZZATO ALLO
SVOLGIMENTO DI ATTIV ITÀ DI PUBBLICO SPETTACOLO (TAPPETI ELASTICI)
SU AREA DEMANIALE IN CONCESSIONE (SPIAGGIA ) – QUESITO.
Con la nota suindicata, codesto Comune ha chiesto alla scrivente
elementi informativi in merito al possibile rilascio di un’autorizzazione, di cui
all’art. 5, comma 1, lett. c) della legge n. 287/91, ad un soggetto che, svolgendo
già attività di pubblico spettacolo, come riferito in oggetto, intenderebbe anche
somministrare alimenti e bevande ai propri clienti mediante un furgone all’uopo
attrezzato e parcheggiato sulla medesima area utilizzata per l’intrattenimento e
svago.
Al riguardo, si precisa che le autorizzazioni rilasciabili sono quelle
elencate all’art. 5, comma 1, lettere a), b), c) e d) della l. 287/91. In aggiunta, poi,
per definizione la somministrazione si considera come (…) la vendita per il
consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i
prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo
attrezzati.
Nella suddetta normativa, infatti, sussiste un connubio inscindibile
tra autorizzazione e locale, verificabile agli articoli 1, comma 1 e 3, comma 2.
Stante quanto sopra, nel caso di specie, può dirsi che l’autorizzazione
richiesta, di cui in premessa, non è concedibile poichè manca il locale (trattasi
infatti di furgone attrezzato) nel quale l’attività di somministrazione di alimenti e
bevande di tipologia c) possa essere attivata.
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Considerato tra l’altro che il soggetto in questione, come precisato da
codesto Comune, è “già autorizzato allo svolgimento di attività di pubblico
spettacolo (tappeti elastici) su area demaniale in concessione (spiaggia)”,
l’eventuale svolgimento dell’attività di somministrazione secondo le modalità
rappresentate da codesto Comune si configura, ad avviso della scrivente, come
esercizio dell’attività di vendita su area pubblica di cui al TITOLO X del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n.114.
Ciò significa che, ove sussistano le condizioni ed i requisiti richiesti
dal predetto Titolo X, nonché dalle relative norme regionali e comunali emanate,
il soggetto può essere autorizzato all’esercizio dell’attività su area pubblica per il
settore alimentare.
Ai sensi dell’art. 28, comma 7, infatti, il soggetto che vende può
anche somministrare in quanto “…l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di
vendita sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari abilita anche alla
somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti per
l’una e l’altra attività. L’abilitazione alla somministrazione deve risultare da
apposita annotazione sul titolo autorizzatorio.”
IL DIRETTORE GENERALE
(Mario SPIGARELLI)
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24