SUI TOPONIMI E LE LORO ETIMOLOGIE IN STEFANO DI BISANZIO

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SUI TOPONIMI E LE LORO ETIMOLOGIE IN STEFANO DI BISANZIO
SUI TOPONIMI E LE LORO ETIMOLOGIE
IN STEFANO DI BISANZIO
Francesco Vattioni
La lessicografia antica1 si è esercitata a lungo nel tentativo di dare un significato a
nomi generici ο di persona ο di luogo di origine linguistica barbara che ai lettori greci
e latini apparivano almeno incomprensibili, si trattasse di fenicio, di aramaico/siriaco,
di arabo, di ebraico, etc. E le opere più ricche di questi sforzi tesi a spiegare il senso
di termini ο di antroponimi ο di toponimi sono quelle che nell'antichità hanno affrontato
il mondo dell'Asia anteriore, come la versione greca del Pentateuco e dell'Antico
Testamento 2 , e in qualche modo per tanti secoli l'hanno riletta ο spiegata ο rielaborata,
dagli autori giudeo-ellenisti, dal Nuovo Testamento, da Filone di Alessandria3,
Giuseppe Flavio4, Giustino martire, Origene5, Epifanio di Salamina 6 , Teodoreto di
Ciro7, Procopio di Gaza, senza parlare di Eusebio di Cesarea, di Girolamo e di tutta la
serie degli scrittori ecclesiastici latini. Non è sempre detto che la nomenclatura
linguistica corrente presso questi autori come naturalmente quella etnica di Gen IO8 la tavola delle genti - sia in conformità con i dettami della glottologia semitica. Si
pensi all'uso di «ebraico» invece di «siriaco/aramaico» piuttosto frequente, soprattutto
in Giuseppe Flavio9, ο allo scambio tra «caldeo» e «aramaico/siriaco» come accade
1
Le opere fondamentali sulla lessicografia antica si devono a F. Wutz, Onomastica sacra.
Untersuchungen zum Liber interpretationis nominum hebraicorum des hi. Hieronymus : Texle und
Untersuchungen, 41 (1914); M. Thiel, Gnmdlagen und Gestalt der HebrUischkenntnisse dcs
friihcn Mitlclalters, Spoleto 1973. Non è da trascurare Io studio di CJ. Elliot, Hebrew Lcaming
among the Falhers. A Dictionary of Christian Biography, II, London 1880, pp. 851-72. Si aggiunga
per la bibliografia F. Vattioni, La lessicografia dei LXX nei papiri : Studia papyrologica, 19
(1980),pp. 39-59.
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N. Femandez Marcos, Nombres propios y etimologias populares en la Septuaginta: Sefarad, 37
(1977),pp.239-59.
D. Rokeah, A New Onomasticon Fragment from Oxyrinchus and Philo's Etymologies : JTS, 19
(1968), pp. 70-82. Molti altri studi sulla lessicografia di Filone di Alessandria sono elencati in F.
Vattioni, art. cit., p. 40, n. 2.
R.J.H. Shutt, Biblical Names and Their Meanings in Josephus Jewish Antiquitìes, Book I and II, 1200: Journal for the StudyofJudaism, 1 (1970),pp. 167-82.
R.P.C. Hanson, Inlerpretation of the Hebrew Names in Origen : Vigiliae Christianae, 10 (1956),
pp. 103-23.
J. Dummer, Die Sprachkenntnìsse des Epiphanius, in F. Altheim-R. Stichl (edd.), Die Araber in
der alien Welt, V 1, Berlin 1968, pp. 392-435; J.M. Lieu, Epiphanius on the Scribes and Pharisees
(Pan, 15.1-16,4): JTS, 1988, pp. 509-24; F. Vattioni, L'etimologia di Mani in Epifanio di Salamina:
SEL,6(1989),pp. 143 ss.
N. Femandez Marcos, Teodoreto de Ciro y la lengua hebrea: Henoch,9 (1987), pp. 39-54.
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F. Vattioni, Nomi e lingue di alcuni popoli semitici in Genesi 10 : ΑΙΩΝ, 6 ( 1984), pp. 83-112.
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in Filone di Alessandria ο alla genericità delle classificazioni in Epifanio di
Salamina 10 a cui si attribuiva la conoscenza di cinque lingue senza contare la
menzione di arabo, assiro, babilonese e palmireno11.
Non è sfuggito alla tentazione di presentare il significato di molti toponimi
nemmeno Stefano di Bisanzio12, grammatico del VI secolo a Bisanzio, autore di un
lessico geografico intitolato ο chiamato Εθνικά 1 3 dove è raccolta una massa enorme
di dati geografici stralciati da vari autori antichi quali Ecateo di Mileto, Erodoto,
Polibio, Teopompo, Strabone14, Flegonte di Traili, Carace di Pergamo, Amano,
Nicànore di Alessandria, Capitone, Pausania 15 , Uranio16, Glauco17, Marciano, Oro18,
Erodiano19, etc. E il primo interrogativo che nasce spontaneo è sapere se le etimologie
presenti in quell'immenso complesso di nomi di luogo ο di spiegazioni storiche
venissero riprese dagli stessi autori citati ο fossero frutto dell'erudizione personale del
compilatore. E ciò per il fatto che per molte spiegazioni lessicografiche non si ha
difficoltà a trovare la fonte - Uranio è l'autore favorito - mentre per alcune altre la
provenienza non è dichiarata. Dove naturalmente la fonte è dichiarata l'etimologia
acquista il valore dell'antichità, supposto che si riesca a individuare l'età in cui l'autore
è vissuto e la sua identità, come nel caso di Uranio, che ha composto un'opera sugli
Arabi e che, avendo un nome piuttosto comune, deve essere individuato almeno tra
non si sa quanti pretendenti, a scapito quindi della sicurezza sul tempo della
composizione.
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II problema è stato affrontato recentemente da J. Bernardi, De quelques sémitismes de Flavius
Josèphe: RÉG, 100 (1987), pp. 18-29.
Per alcuni aspetti vedere J.T. Milik, Origines des Nabatéens, in A. Hadidi (ed.), Studies in the
History and Archaeology of Jordan, I, Amman 1982, pp. 261-65, specialmente p. 262. Vedere
anche F. Vattioni: SEL, 6 ( 1989), pp. 143 ss.
Una lista di dodici lingue antiche in M.-A. Kugener, Un traile astronomique et météoroìogique
syriaque attribué a Denys i'Aréopagite, in Actes du XIV Congrès International des Orìentalistes,
II, Paris 1907, pp. 137-98, specialmente pp. 157.184.
Per le prime informazioni E. Honigmann, StephanosByzantios, in PW, III A 2 (1929), 2369-99; H.
GSrtner, Stephanos. 6, in Derkleine Pauly, V (1975), 359.
A. Meineke, Stephani ByzantiiEthniconun quae supersunt, Berlin 1849 (= Graz 1949), abbreviato
con "Meineke"; cf. A. Diller, The Tradition ofStephanusByzantius : ΤΑΡΑ, 69 (1938), pp. 333-48;
H. Erbse, BeitiUge zur Uberlieferung der Iliasscholien : Zetemata, 25 (1960), pp. 251-69:
Stephanos von Bysanz.
W. Aly, Strabonis Geographica, 4, Bonn 1957, pp. 179-90; J.M. Cook, On Stephanus Byzantius
Text ofStrabo : JHS, 89 (1959), pp. 19-26.
A. Diller, The Author named Pausanias : ΤΑΡΑ, 86 (1955), pp. 268-79; id., Pausanias in the
Middle Ages : ΤΑΡΑ, 87 (1956), pp. 84-97.
H. von Wissmann, Uranios : PW Suppl. XI (1968), 1278-92. Vedere anche E. Nestle, Die
semitischen Glossen derAlten: ZDMG, 59 (1905), pp. 343 ss.
F. Hommel, Zur Uranius und Glaukos : Philologus, 65 ( 1906), pp. 475-77.
R. Reitzenstein, Geschichte der Griechischen Etymoìogika, Leipzig 1897, pp. 287-350.
Reitzenstein, op. ciL, pp. 371-97. Sono sempre utili A. Diller, 77?e Tradition of the Minor Greek
Geographers, Oxford 1952; R. Baladie, Pour une nouvelle édition des géographes grecs : Centre
G. Radei, Cahiers, 2 ( 1982), pp. 1-14.
Sui toponimi ...in Stefano di Bisanzio
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Difatti tra i sette 20 ο ventisette 21 ο cinque personaggi 22 che si chiamano Uranio
alcuni studiosi scelgono il loro candidato in base a criteri interni, come quelli che
pensano al tempo di Pompeo e del re nabateo Areta III 23 per il fatto che Uranio
ricorda Rabbel, Oboda e Areta, tre re nabatei - quindi il secolo I a.C. - mentre altri
propongono il III/IV secolo d.C.24 ο ancora il V secolo d.C. (si tratterebbe del vescovo
di Himeria nell'Osroene) 25 . Comunque, se è lecito esprimere un'opinione, la datazione
antica, in base alle menzioni dei tre re nabatei, mi sembra ingenua e semplicistica per
il fatto che non è sufficiente ricordare alcuni personaggi per stabilire nel loro tempo la
composizione di un'opera. Al massimo si può decidere il terminus a quo.
Le etimologie raccolte ο fornite da Stefano di Bisanzio, per la materia che
interessa il mondo semitico e annesso, sono comunque piuttosto scarse di numero e,
se si fa qualche eccezione, non sono nemmeno utili al progresso della lessicografia
semitica perché in gran parte usuali e note. Se si fa il confronto con Isidoro di Carace,
le etimologie di Stefano di Bisanzio potrebbero essere giudicate numerose, ma non se
si pongono in raffronto a quelle di Filone di Alessandria ο di Origene ο di Epifanio di
Salamina.
Infine Stefano di Bisanzio26 molto spesso propone classificazioni linguistiche alle
etimologie raccolte ο fornite: vi appare l'arabo27, il siriaco/aramaico28, il fenicio29 e il
A Dictionary ofChristian Biography, IV, 1887, pp. 1061 ss.
PW, IX A, 1,945-52, dove l'autore di Arabika occupa il quarto posto (H. Papenhoff).
Derkleinc Pauly, V ( 1975), 1058 (A. Lippold).
A. von Domaszewski, Die politisene Bedeutung der Religion von Emesa: Archiv fiir Religionswissenschaft, 11 ( 1908), pp. 223-42, specialmente pp. 239-42: il tempo di Uranio. Anche J.
Pirenne, Le royaume sud-arabe de Qatabàn et sa datation, Louvain 1971, pp. 141-66.
E. Stemplinger, Studien zu Stephanos von Bysanz : Philologus, 63 (1904), pp. 614-30, spec. pp.
626-30(Uranios).
Lippold, loc. cit.
La complessità delle classificazioni geografiche potrà risultare da J. Balty, Surla date de création
de la Syria secunda : Syria, 57 ( 1980), pp. 465-81 e da J. e J.C. Balty, L'Apamène et les ìimites de
la Syria secunda, in T. Fahd (ed.), Lagéographie administrative-politique d'Alexandre a Mahomet,
Leiden 1981, pp. 41-75. Sempre sulla Siria si vedano H. Mordtmann, Zur Topographie des
nórdlichen Syriens aus griechischen Inschriften : ZDMG, 41 (1887), pp. 302-307; E. Honigmann,
Historische Topographie von Nordsyrien im Altertum: ZDPV, 1923, pp. 149-93; 1924, pp. 1-64; R.
Dussaud, Topographie historique de la Syrie antique et medievale, Paris 1927; D. Feissel,
Remarques de toponymie syrienne d'après les inscriptions grecques chrétiennes trouvées hors de
Syrie: Syria, 59 (1982), pp. 319-41. Anche studi più vecchi possono essere utili, come J.E.
Rahmani, I fasti della chiesa antiochena, Roma 1920; E. Honigmann, Studien zur Notitia
antiochena: Byzantinische Zeitschrift, 25 (1925), pp. 60-88; F. Nau, Les suffragantes d'Antioche
aumilieudu Vl'siècle: Revuedel'Orientchrétien, 14 (1909),pp. 209-19.
M. Sartre, La frontière meridionale de l'Arabie romaine, in Fahd (ed.), op. cit., pp. 77-92; id., Trois
études sur l'Arabie romaine et byzantine, Bruxelles 1982. Per altra bibliografìa cf. F. Vattioni, Ai
primordi della storia degli Arabi. Appunti sui Nabatei, in Studi R. Rubinacci, Napoli 1985, pp. 71972, specialmente p. 772 n. 1 e p. 722 n. 19.
H. Limet, Permanence et changement dans la toponymie de la Mésopotamie antique, in AA.VV.,
La toponymie antique, Leiden 1978, pp. 83-115; M.C. Astour, Continuile et changement dans la
toponymie de la Syrie duNord: ibid., pp. 117-41.
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libico. Le proposte sono tutte esatte? Compito di questa breve indagine è la raccolta e
delle etimologie che interessano l'area semitica e di alcuni toponimi che in qualche
modo si collegano con quell'area.
1. "Αζωτος 30 (Meineke, 33): « ... e dalla sua moglie Αζας chiamò, che è
χιμαιραν, che hanno tradotto Azoto». Non si dice chi e da dove - da quale lingua ha tradotto, ma non è difficile ricorrere al siriaco <z> ( (ezà\ capra), <nz) ( (Snàzà\
caprarius)31 per individuare la lingua da cui si è preso il significato di «capra». E
difatti in siriaco <z')32 è il nome di Azoto.
2. Αμαθους33 (Meineke, 82): «la più antica città di Cipro nella quale Adonis era
onorato Osiris, che, essendo egiziano, Ciprioti e Fenici identificano». Non si tratta
naturalmente di etimologia, ma della conoscenza di una convinzione documentata34.
3. Ατουρια35 (Meineke, 476): a proposito di «Ninos, città degli Assiri, che fondò
Nino marito di Semiramide ηεΙΓΑτουρια». Nemmeno in questo caso si tratta di
etimologia vera e propria, ma di un segnale per la classificazione linguistica della
fonte da cui attinge Stefano da Bisanzio36. Infatti in siriaco37 }twr (greco Ασσουρ,
ebraico 'aSSùr), >twrj> (Assiria), >twrj> (Assiro), si riflette lo scambio t/Snormale tra
aramaico ed ebraico ο fenicio ο ugaritico.
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S. Wild, Libanesische Ortsnamen, Beirut 1973; A. Kuschke, Historisch-topographische Bemerkungen zu Stefan Wilds Libanesische Ortsnamen, in La toponymie antique, cit., pp. 75-82; C.
Ghadban, Les frontières du lerritoire d'Héliopolis-Baalbeck à la lumière de nouveaux documcnts,
in Fahd (ed.), op. cit., pp. 143-68; J.-P. Rey-Coquais, Les frontières d'Hélioupoìis. Quelques remarques : ibid., pp. 169-75. Si aggiungano S. Wild, Zu aram&schen Ortsnamen in Palestina, in La
toponymie antique, cit., pp. 65-73; E. Frézouls, Les fluctuations de la frontière orientale de l'empire
romain, in Fahd (ed.), op. c/'f.,pp. 177-225.
30 A. Forbiger, Handbuch der alien Geographie, aus den Quellen bearbeitel, II, Leipzig 1844, p. 709;
M. Dolhan, Ashdod : IEJ, 14 (1964), pp. 79-93; J. Naveh, An Aramaic Ostracon from Ashdod
(Ashdod II- IH): 'Atiqot, 9-10 (1971), pp. 200 ss., tav. XIII (metà del V sec. a.C). Secondo
Neem. 13, 24 si parlano il giudeo e l'azotio (ashdodita) e si è pensato alla lingua dei Filistei; J.
Naveh, Writing and Scripts in Sevenlh-Century B.C.E. Philistia: The New Evidence from Teli
Jemmeh : IFJ, 35 (1985), pp. 8-21; A. Mazar, The Emergence ofthe Philistine Material Culture:
ibid., pp. 95-107; A. Kempinski, Some Philistine Names from the Kingdom of Gaza: EJ, 37
(1987),pp.20-24.
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C. Brockelmann, Lexicon syriacum, Halle 1929, p. 535; R. Payne Smith, Thesaurus syriacus, II,
Oxford 1901,2848.
Payne Smith, op. ciL, 2850.
Forbiger, op. cit., p. 726.
R. de Vaux, Sur quelques rapports entre Adonis et Osiris : RB,42(1933),pp. 31-56.
Forbiger, op. cit., p. 610; Limet, art. cit., p. 109: il nome di Assur, attestato all'epoca di Ur III, è
sopravvissuto dopo la distruzione della città.
Si vedano Strabone, XVI 1.3; Amano, Anabasi, 3,7; Dione Cassio, 69,26.
Payne Smith, op. ciL
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4. Αΰαρα38 (Meineke, 144): «città dell'Arabia per l'oracolo dato a Oboda chiamata da suofiglioAreta. Infatti Areta si lanciò alla ricerca dell'oracolo e l'oracolo era:
cercare il luogo αΰαρα che è secondo gli Arabi e i Siri bianca. E ad Areta giunto e in
agguato apparve come un fantasma a lui un uomo vestito di bianco avanzante su
cammella bianca. E, svanito il fantasma, apparve uno scoglio, radicato spontaneamente sotto terra, e qui fondò una città». L'etimologia coinvolge due lingue, l'arabo e il
siriaco, e la radice è comune all'aramaico39 e all'arabo40 ed è hwr, attestata sia per
l'arabo che per l'aramaico41, e sta alla base del nome di regione dello Hauran42, noto
sia nei testi cuneiformi43 che nei papiri dell'archivio di Zenone44 come sotto il nome di
Auranitide45 - si veda l'iscrizione bilingue greco-nabatea del tempio di Si<46 - e nei
libri dei Maccabei47 e di Neemia48 e, probabilmente, potrebbe essere messo in
relazione anche con la divinità cananea Horon49 e - perché no? - anche con il monte
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Benzinger, Auara: PW, II 2,2264: Tolomeo, V 17 (Αύαρα); Notilia dignitatum or., XXXIV 12.35
(Hauara), Tavola di Peutinger (Hauarra); cf. Forbiger, op. cit., p. 749. Si vedano anche Ch.
Clermont-Ganneau, L'édit byzantin de Bersabée: RB, 15 (1906), pp. 412-32, specialmente p. 414
(Awpcov); M. Sartre, Tribus et clans dans le Hauran antique: Syria, 59 (1982), pp. 77-91,
specialmente p. 79 (φυλε Αουρενον); Υ. Aharoni, Tamar and the Roads to Elalh : Erls, 5 (1958),
pp. 129-34 = EEJ, 13 (1963), p. 40 n. 38.
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Brockelmann,op. cit., p. 223: hcwàrà'(ebraico hajar), albus.
T. Fahd, Le Hauran à la veille de la conquèle islamique, in R. Farioli Campanati (ed.), La Siria
araba da Roma a Bisanzio, Ravenna 1989, pp. 35-43, spec. p. 36.
DISO, p. 84: non so tuttavia se ilriferimentoè valido.
p. Villeneuve, L'economie rurale et la vie des campagnes dans le Hauran antique (Ier siècle av.
J.C.-VII' siècle ap. J.C.). Une approche, in J.-M. Dentzer (ed.), Hauran /-//, Paris 1985, pp. 63136, spec. pp. 72 ss.; J. Starcky, Les inscriptions nabatéennes et Thistoire de la Syrie meridionale
et du nord de la Jordanie: ibid., pp. 167-81.
S. Parpola, Neo-Assyrian Toponyms, Neukirchen-Vluyn 1970, p. 159; J.N. Postgate, Haurina:
RIA, IV, 1972-1975,176; I. Eph<al, 77ie Ancient Arabs, Leiden 1982, p. 149.
P.W. Pestman, A Guide to the Zenon Archive, Leiden 1981, p. 480: PSI 406,17 (Aurana); PC: Zen,
59008, 25.33; cf. C. Orrieux, Les papyrus de Zénon, Paris 1983, p. 44; id., Zénon de Caunos,
parépidémos et le deslin grec, Paris 1985, pp. 101-103.
Benzinger, Auranilis : PW, II, 2,2425. Si vedano anche Ez 47,16.18; Giuseppe Flavio, Ant. giud.,
XV 343; XVII319; Guerra giud., I 398; II 95.215.421.
H.C. Butler-E. Littmann, À propos du tempie de Dushara àSi' : Revue archéologique, 1905, pp.
404-12; H.C. Butler, 77ie Tempie of Dushara in the Hauran, in Florilegium M. de Voglie, Paris
1909; J. Dentzer, À propos du tempie dit de «Dusarès» à Sir : Syria, 56 (1979), pp. 325-32.
1 Mac 5, 9-54; 2 Mac 12, 10-16; cf. F.-M. Abel, Teli Hamad dans le Hauran : JPOS, 12 (1935),
pp.1-5.
2,19 (Αφωνι).
P. Montet-P. Bucher, Un dieu cananéen à Tanis Houroun de Ramsès : RB, 44 ( 1935), pp. 153-65;
H. Seyrig, À propos du dieu cananéen Houroun : Syria, 16(1935), pp. 417 ss.; W.F. Albright, The
Canaanite God Haurón (Hòrón): AJSL, 53 (1936), pp. 1-12; id., 77ie Egypto-Canaanite Deity
Hauròn : BASOR, 84 (1941), pp. 7-12; R. Dussaud, Encore le dieu Horon : Syria, 17 (1936), p.
394; J. Gray, The Canaanite God Horon : JNES, 8 (1949), pp. 27-34; M.H. Pope-W. ROllig, in
H.W. Haussig, Wurterbuch der Mythologie, I, Stuttgart 1965, pp. 288 s.; M. Sznycer, Note sur le
dieu Sid et le dieu Horon d'après les nouvelles inscriptions dAntas : Karthago, 15 (1969-1970), pp.
67-74; P. Xella, Per unariconsiderazionedella morfologia del dio Horon : AION, 32 (1972), pp.
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Hor sul quale è morto Aronne. L'etimologia di Stefano di Bisanzio ha richiamato agli
studiosi anche il villaggio bianco (Λευκή κώμη) 50 di Strabone, XVI 780.781, del
Periplo del Mar Rosso, 19, di Plutarco, Antonio, 51, di Cosmas, Indikopleustes, II 143,
individuazione che non è condivisa da altri. Se poi si deve decidere dalla
vocalizzazione di Stefano di Bisanzio quale sia la lingua che gli ha fornito il
toponimo, la finale -a potrebbe far pensare al siriaco.
5. Βαισαμψα 51 (Meineke, 155): «città nel golfo arabico verso il mar Rosso, ciò
che è casa del sole». Si tratta di bjt SmS, casa del sole, e le due radici sono troppo
comuni per creare problemi e anche perché Σαμψα ricorre presso Stefano di
Bisanzio altrove52. La caduta del f davanti ad una sibilante è comune nel greco come
è piuttosto frequente l'inserzione di ρ davanti ad una sibilante ο ad una enfatica - si
veda il caso di Sansone ο di Sion - mentre la finale -a denuncia la lingua siriaca
come fonte di informazione53. Meno precisa l'indicazione nella vocalizzazione dello
stato costrutto di bjt se si confronta con i toponimi in bjt della carta di Madaba ο di
quelli di Giuseppe Flavio.
6. Βηρυτός 54 (Meineke, 167): «città della Fenicia, da piccola grande, fondazione
di Kronos. E fu chiamata per l'abbondanza delle acque, infatti Βηρ è il pozzo presso
di essi. E Istieo nel primo (libro) che i Fenici chiamano Βηρουτ la forza, donde anche
la città, come dice Elladio [nello scholion di Dionisio il Periegete, 911: così Elladio:
Βηρ infatti il pozzo presso gli Assiri. E questi dicono la forza Βηρυτού (Βηρουτ?)]».
Si tratta di fenicio e in modo più preciso forse del plurale di Βηρ, pozzi, ciò potrebbe
richiamare Βηρουθ 55 di Filone di Byblos (Eusebio, Praeparatio Evangelica, 1, IO)56,
anche se il punico bur può creare qualche difficoltà di vocalizzazione. Comunque
l'etimologia «pozzo» per Bersabea è già nota alla versione dei Settanta (φρεαρ
όρκου, pozzo del giuramento57) ed è usata anche per due toponimi Βηρωθ, uno
271-86; A. Caquot, Horon: revue crìtìque et données nouvelles : AAS, 29 (1979-1980), pp. 173-80;
M.L. Uberti, Horon ad Anlas e Astarte a Mozia: AION, 28 (1978), pp. 315-17; P. Xella, DVgarit
à la Phénicie: sur les traces de Rashap, Horon, Eshmun : WO, 19 (1988), pp. 45-64, specialmente
pp. 56-58; G. Tore, Religiosità semitica in Sardegna attraverso la documentazione archeologica:
inventario preliminare, in AA.VV., Religiosità teologia e arte, Roma 1989, pp. 33-90, spec. p. 56.
Per il toponimo a Teli Qasile cf. B. Maisler, Two Hebrew Ostraca from Teli Qasile: JNES, 10
(1951),pp. 265-67.
50
Moritz, Λευκή κώμη: PW, XII, 2 (1925), 2262. Vedi anche S. Jameson, Chronology of the
Campaigns ofAelius Gallus and C. Petronius : JRS, 58 (1968), pp. 76-79. S.E. Sidcbotham, Aelius
Gallus and Arabia: Lalomus,45 (1986),pp. 590-602.
51
D.H. Miiller, Baisampsa: PW, II, 2 (2777).
52 Vedi Meineke, 554.
"
Ebraico SemeS, accadico SamSu, siriaco SamSa'. L'ugaritico si stacca con SpS (C.H. Gordon,
Ugaritic Texibook, Roma 1965,493-2468: PRU 3,256: SapSi-ia-na).
54
Forbiger, op. cit., p. 668; Benzinger, Berytos : PW, III, 1 (1897), 321-23.
55
F. Cumont, Beruth : PW, III, 1 (1897), 319.
56 GCS, 43, 1.46. Vedi, per un commento, A.I. Baumgarten, The Phoenicìan History of Philo of
Byblos, Leiden 1981, p. 186.
57 VOnomasticon di Eusebio (GCS, 11,50): φρεαρ ορκισμου; Girolamo: puteus iuramenti.
Sui toponimi ...in Stefano di Bisanzio
133
come tappa dei figli di Israele nel deserto58, l'altro nella tribù di Beniamin59. Si ritiene
l'etimologia del pozzo anche nell'ideogramma cuneiforme della città di Beirut. Si può
quindi partire da b'r (aramaico, nabateo)60, punico bur, accadico bum, ebraico
masoretico bòr. Quanto poi a Βηρουτ, forza, si può pensare a brwS6^, cipresso, ma si
tratterebbe del passaggio S/t tra ebraico e aramaico, già sottolineato a proposito di
Ατουρια.
7. Δαχαρηνοι 62 (Meineke, 223): «popolo di Arabia, chiamato Nabateo da
Nabates. E Δαχαρηνοι significa maschi». La consonante iniziale rimanda alla lingua
siriaca dekrà>ei (ebraico zakar, sabeo dkr, nabateo dkr\ dkrw, accadico zikaru, zikru), mas, masculus. Si spiega perché, a proposito di una campagna contro Edom, si
afferma che tutti i maschi furono eliminati64, anche se alla corte di Saul è noto Doeg
lldumeo65.
8. Δωρος66 (Meineke, 255): «città di Fenicia ... tagliando le rocce con pietre
estratte furono gettate le mura e posero saldamente la scogliera buon approdo
chiamandola con lingua patria con il nome Δωρ». Trattandosi di città fenicia, la lingua
patria dovrebbe essere fenicia, difatti durante l'ultima parte del periodo persiano e
l'inizio dell'epoca ellenistica la popolazione di Dor era fenicia. Stranamente Stefano
di Bisanzio non dice nulla a proposito di Dura (Meineke, 237): «città di Mesopotamia,
come Polibio nel quinto (libro)». E il fenicio-punico dr61 come l'ebraico masoretico
dòr significa cerchio, generazione, discendente, famiglia e bisogna ricorrere
all'accadico dOru 68 per trovare il significato di muro, a cui in qualche modo si
connette il siriaco darà} 69.
9. Ζοαρα70 (Meineke, 297): «... ed è un grande villaggio ο fortezza in Palestina
sul mare chiamato Asfaltide Ζοαρα neutro. E significa nella voce degli Ebrei la cosa
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Dt 10,6 (GCS, 11,46).
Gs 9,23 (GCS, 11,48).
DISO, p. 46. Vedere anche Brockelmann, op. cit, p. 56.
J. Levy, Chaldaische Wórterbuch iiberdie Targumim, Kòln 1959, p. 118: bcròta>//bcrà~ta>, siriaco
brwt\ ebraico b'rót/b'ròS.
D.H.Muller,Dac/iare/u:PW,IV2(1901), 1947: Tolomeo IV 9.23.
DISO, p. 70; Levy, op. cit, p. 175; J. Cantineau, Le nabatéen, II, Paris 1932, p. 82.
1 Re 11,15 s.
lSam21,7.
Forbiger, op. cit., p. 674; Benzinger, Dora, 2 : PW, 2 ( 1905), 1549; E. Honigman, Dòr : RIA, II
(1938), 230; Parpola, op. cit., p. 106: du-u'-m ; N. Avigad, ThePriest ofDor: EEJ, 25 (1975),pp.
101-105; D. Gera, Tryphon's Sling Bullet from Dor : IEJ, 35 (1985), pp. 153-63. I papiri
dell'archivio di Zenone (PCairo Zen 59006,66) pongono la città nellldumea: cf. P.W. Pestmann, A
Guide to theZenon Archive, cit., p. 477.
DISO, p. 68; E. Unger, DOru : RIA, II (1938), 254; Parpola, op. cit., p. 115; Limet, art. cit, pp. 8789. Vedi anche dr in Gordon, Ugarìtic Textbook, cit, pp. 386,697.
CAD, 3, pp. 192-97; AHw, p. 178.
Brockelmann, op. cit, p. 147. Il toponimo è conosciuto anche nella letteratura pseudoclementina,
Recognitiones, 3,63; 4,1.
Forbiger, op. cit, p. 727. Ricorre anche nell'editto bizantino di Bersabea; cf. F.-M. Abel, Nouveau
fragment de l'édit byzantin de Bersabée: RB, 15 (1909), pp. 89-106, specialmente p. 99: Zoop(cov).
134
F. Vattioni
piccola (το μικρόν)». E' la città di cui Eusebio71 scrive a proposito di Baia (Gen 14,2)
«che è Σιγώρ, che ora è chiamata Ζοορα, la sola salvata dal paese dei Sodomiti, che
è abitata anche fino a ora, adiacente al Mar Nero, ed è fortezza dei soldati; e nascono
presso di essa il balsamo e la palma, indizio dell'antica prosperità dei luoghi». E
Girolamo72 ha aggiunto alla sua versione latina di Eusebio: nullum autem moveatquod
Segor eadem Zòara dicitur, cum idem nomen sit parvulae vel minoris, sed Segor
Hebraice, Zoara Syriace nuncupatur. E difatti la vocale finale -a sta a indicare che si
tratta dello stato enfatico dell'aramaico. L'etimologia non è nuova perché già
conosciuta da Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, Ι 204 73 : «Ζωωρ è detta tuttora,
infatti così gli Ebrei chiamano la piccola cosa (ολίγον)». La radice è piuttosto comune
alla toponimia e all'antroponimia74. Sorprende tuttavia la distinzione tra siriaco75 ed
ebraico in Stefano di Bisanzio come la precisazione di Giuseppe Flavio anche se in
ebraico la vocalizzazione (zà'ir) non è favorevole né a Zoara/Zoora né a Zoor.
10. Ιαμνια 7 6 (Meineke, 321 s.): «cittadella di Fenicia. E Strabone chiama il
villaggio da Iamno ο perché chiamavano Ι α μ ν ο υ ς i luoghi molto umidi e
verdeggianti». Chi chiamava? I Fenici, dal momento che è una cittadella della
Fenicia? Deriva dal semitico jmn11 che significa destra sia nel senso di mano e di
favore come in quello di meridione?
11. Ιδουμαν 78 (Meineke, 326): «popolo degli Ebrei da άδωμου (infatti gli Ebrei
chiamano il rosso άδωμα) perché avendo dato a lui cibo rosso (giallastro) ha preso la
primogenitura». E l'etimologia è già conosciuta da Giuseppe Flavio 79 , Antichità
giudaiche, II 3: «infatti gli Ebrei chiamano il rosso αδωμα». Si deve tuttavia notare
che Giuseppe Flavio chiama Esaù "Αδωμος. Si sostiene anche un giuoco di parole
tra Edom, }adom, rosso e dàm, «sangue» in 2 Re 3, 22 («acque rosse come
sangue») 80 . Inoltre non è difficile l'associazione di idee con Adamo.
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^
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GCS, 11,42. Vedi anche 94.100.122.138.150.168.
GCS, 11,43.
H. SU. Thackeray, Josephus, IV, London-Cambridge (Mass.) 1957, p. 100.
IGLS, 90 (Ζοωρας) 661 (Ζοωρα); W.K. Prentice, Greek and Latin Inscriptions, New York 1908,
p. 153; E. Niua, Antroponimi semidei nelle iscrizioni greche e Ialine della Emesene: Civiltà
classica e cristiana, 10 ( 1989), pp. 283-302, spec. p. 292: Ζοωρος - IGLS, 2509.
Brockelmann, op. cit., p. 202: z'wri', parvus.
Forbiger, op. cit., p. 708; Beer, Iamnia: PW, IX 1 (1914), 683-685. La città ricorre anche nelle
iscrizioni di Delo e nei testi di Ugarii, come risulta dalla documentazione di Auara. Vedere anche
GCS, 11,106.
DISO, p. 109; AHw, p. 379; CAD, 7, p. 136; Levy, op. ciL, p. 336.
Forbiger, op. cit., p. 741; Beer, Idumaea: PW, IX 1 (1914), 913-18. Si vedano anche i papiri
dell'archivio di Zenone dove appare e l'etnico e il nome della regione.
Thackeray, op. ciL, p. 168.
E. Dhorme, La Bible. I, Paris 1957, p. 1144; R. de Vaux, Les livres des Rois, Paris 1958, p. 140; J.
Koenig, Sorciers, thaumaturges etscribes: RHR, 164 (1963),pp. 17-38.165-80, spec. p. 27.
Sui toponimi ...in Stefano di Bisanzio
135
12. Ιστός (Meineke, 340): «isola di Libia, detta Oudenoe dai Libii e dai Fenici
Κελλα ραφσαθ, che è interpretato albero della nave». Difficile tuttavia stabilire una
etimologia precisa anche se il fenicio q7/81 può indicare un vaso.
13. Μαγνα (Meineke, 424): «isola libica. Alessandro nel terzo (libro) dei Libyka.
O, secondo la voce dei Libii, Σα μάθω, ciò che è grande». La radice ricorre
nell'antroponimia di origine sira82, ma è difficile stabilire un'etimologia.
14. Μυσρα (Meineke, 44): «fu anche chiamato dai Fenici il Paese», cioè l'Egitto83.
La desinenza non mi sembra tuttavia fenicia.
15. Μωθω84 (Meineke, 466): «villaggio di Arabia, in cui morì Antigono85 il
Macedone sotto Rabbel86 re degli Arabi, come Uranio nel quinto (libro), ciò che è per
la voce degli Arabi il luogo della morte». A parte lo specifico significato («luogo della
morte») invece di «morte», nemmeno la desinenza sembra araba se è vero che il
siriaco87 offre mawtà*, mors.
16. Ναβαταιοι88 (Meineke, 466): «popolo degli Arabi felici, da un certo Nabates e
Nabates è αραβιστι chi è nato da adulterio». La classificazione linguistica «in arabo»
(αραβιστι) già in uso presso Epifanio di Salamina89, ha suscitato il problema relativo
alla distinzione tra l'arabo usato dai Nabatei e l'aramaico usato dagli stessi90. Non
sonoriuscitoa verificare l'etimologia di Stefano di Bisanzio anche perché in arabo nbf
è detto dall'acqua che zampilla e, quindi, significa apparire91.
17. Νίσιβις92 (Meineke, 476 s.): «città nella Perea che è sul fiume Tigri. Filone
nelle Phoinikika dice Νάσιβις con Γα, ma Uranio Νέσιβις con Γε. E significa, come
dice Filone, νάσιβις la stele, ma, come Uranio, le pietre raccolte e radunate. Ma
Strabone nel decimosesto con Γι. L'etnico Nisibenos ... »93. La lessicografia antica94
°'
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M. Jastrow, A Dictìonary oflhe Targumin, the Talmud Babli and Yerushalmi, and the Midrashic
Literaturc, New York 1950, p. 1377; D1SO, pp. 258-59; R.S. Tomback, A Comparative Semitìc
Lexicon ofthe Phoenician and Punk Languages, Missoula 1974, p. 289.
Prentice, op. cit., p. 427.
Forbiger, op. cit., p. 766.
E. Honigmann, Μωθω: PW, XVI, 1, 1933.
Il testo ha «Alessandro».
Il testo ha «Zabélos». Per l'antroponimo vedi Vattioni: Studi Rubinacci, cit., p. 749, n. 167 e p. 752.
Rabbel è un nome dinastico dei Nabatei; cf. Brockelmann, op. cit., p. 378.
Brockelmann, op. cit., p. 378.
Forbiger, op. cit, p. 744; A. Grohmann, Nabataioi : PW, XVI, 2,1935,1457-68; J. Starcky, Petra
et la Nabatène: DBS, VII, 886-1017. Si aggiungano anche i papiri dell'archivio di Zenone; cf.
Starcky, art. cit., p. 168.
Panarion, Haeresis, 66,1 (GCS, 37,15).
VediSEL,6(1989),p. 144, n. 3.
Starcky: DBS, VII, 900.
Forbiger, op. cit., p. 631; J. Sturm, Nisibis : PW, XVII, 1, 1936, 714-58; E. Honigmann, Nisibis:
ibid., 757 s.: CIL, VI, 700 (... natusin Syria Nisibyn); ΜΑΜΑ, III, 408: doròχω(ριου) Νησσιβεως :
L. Robert: Hellenica, II, 1946, 79 = IG, II2,11621: Νεσειβηνης; ICUR, 12198: Νισιβανος; ICUR,
13470: Nisibenus e Nisibeno, Limet, art. cit.,p. 106: Na-si-pa/pi/be-na.
Meineke, p. 99 riprende il nome di Nisibi. Cf. anche AION, 50 ( 1990), pp. 223 ss.
136
F. Vattioni
conosce già l'etimologia della radice come si conoscono un toponimo Masibat95 con il
significato di stele e il siriaco96 n$Sb (ebraico n$b/j$b, sabeo n$b, posuit, accadico
na$abati, columnae), plantavit, posuit. Senza dimenticare il palmireno m$b (DISO, p.
164), il fenicio-punico m?bhlm$bt(DISO, ibid.).
18. Ραμιθα97 (Meineke, 411): sotto la voce Λαοδικεια «città della Siria, detta
prima Riva bianca e prima di questo Ραμιθα. Infatti un pastore fulminato in essa
diceva: ραμανθας, cioè dall'alto il dio». IGLS, 2024 conosce un antroponimo
Ραμιθα da Hamat98 e non penso difficile la radice rwm, essere alto che per il
siriaco99 conosce rama*, altura, ràmtà', Collis, ràmwatà*, superbia, etc.
19. Σαλαμιοι100 (Meineke, 550): «popolo degli Arabi. E Σαλαμα (è) la pace. E
sono stati chiamati dal fatto di essere stati alleati ai Nabatei». Si dovrebbe trattare dei
Slmw che a Hegra101 sono legati ai nbfw e vengono situati da alcuni102 nella Siria
meridionale, da altri a sud della Nabatena103. La radice £/m104 è comune al gruppo
linguistico semitico ma non è facile individuare di quale lingua semitica σαλαμα
rappresenti la vocalizzazione. Il siriaco Slama*, l'etiopico salam, l'accadico Salamu
offrono un confronto molto facile. Si aggiunga anche Meleagro di Gadara105 che in un
epigramma molto celebre usa la radice («Se sei Siro, pace») ma, purtroppo, è difficile
stabilire la lezione testuale precisa. Anche l'antroponimia può essere usata sia perché
94
Wutz, op. cit., p. 927: Nasib στασις ; Thicl, op. cit., p. 365: Nasib titulus vel statìo; 36 ... : Nesib
stans. In ICUR è attestato un teoforo Αβεδνεσουβου. Vedi anche RÉS, 10... 88 (nsb') e DISO, p.
184.
9
* Astour, art. cit., p. 126. Per mjbJ, stele cf. J.T. Milik, Nouvelles inscriptions nabatéennes : Syria,
35 (1958), pp. 226-51, spec. pp. 246-47.
9
° Brockelmann, op. cit, p. 442. Nelle iscrizioni siriache antiche di Sumatar Harabesi, 23, 3; 24,4.9
(nsbf, stelc), cf. F. Vattioni, Le iscrizioni siriache antiche: Augustinianum, 13 (1973), pp. 279-36,
spec. pp. 298-99.
97
Forbiger,op.Cii.;Tkac,.Ram/s;':PW,Ia 1 (1914), 134 s.
"° Senza spiegazione in Nitta, art. cit, p. 296.
99
Brockelmann, op. cit, p. 720.
100
Moritz, Salamioi: PW, I a 2 (1920), 1824 s.; Milik, art cit, p. 232.
101
CIS, II, 197: khljqt hrm nb(w wSlmw, cf. CIS, II, 199 e 206 e RÉS, 2066 e Strabone, XVI 799:
Σααβοι da Σαλλαβιοι per Σαλαμιοι, secondo T. Nòldeke, Nabataische Inschriften aus Arabien,
Berlin 1885, pp. 28 ss.
102
Milik, art. c/'f.,p. 231: Slmj'.
103 Moritz, ioc. cit
104
Vedi DISO, p. 303. Per il nabateo cf. Cantineau, op. cit, p. 150.
105
A.S.F. Gow-D.L. Page, The Greek Anthology, Cambridge I, 1965, p. 217; IV, 7-8; II, 1965, p.
608: σαλαμ, σελόμ, σελαμ (l'ultima mi sembra verosimile); P. Wallz, Anthologie grecque, 5,
Paris 1960, pp. 32,41,6-7; D.L. Page, Epigrammata graeca, Oxford 1975, IV, 7-8.
Sui toponimi... in Stefano di Bisanzio
137
Ειρήνη è usata per gli Arabi in Attica106 e nell'area dello Hauran 107 . Comunque
pensare al siriaco non è da temerari 108 .
20. Σαμψα 1 0 9 (Meineke, 554): «villaggio dell'Arabia. L'etnico Σαμψηνός. E
Σαμψα presso gli Arabi è il sole». Vedi Βαισαμψα. L'etimologia precisa è già in
Eusebio 110 e proviene da Simmaco e da Teodozione. La radice ha fornito molti
antroponimi111.
21. Ταβαι 1 1 2 (Meineke, 597): «... e una terza (città) della Perea che Alessandro
interpreta buona». La radice fwb, buono, è nota al siriaco113 βο({>ά), nabateo fb,
accadico iàbu 114 .
22. Φαλγα 115 (Meineke, 656): «villaggio medio di Seleucia della Pieria e di quello
della Mesopotamia. Amano nel primo (libro) di Parthika. E φαλγα nella lingua
indigena significa la metà». L'etimologia è nota a Isidoro di Carace, Mansiones
parthicae116 a proposito di Φαλιγα, villaggio presso l'Eufrate (e si direbbe in greco
μεσοπορικον, mezzo cammino). La lingua degli indigeni è l'aramaico basta pensare
al siriaco117 pelg3\ plurale pelge\ dimidium118.
Se si devono trarre le conclusioni di questa breve indagine non è difficile stabilire
che la lingua alla quale più frequentemente si fa ricorso è il siriaco/aramaico e non è
106
J. e L. Robert, Bullctin épigraphiquc: RÉG, 84 (1971), p. 428, nr. 261: Ε[ί]ρήνη Άράβισσα (III
scc. d.C).
107 Prentice, op. cit, p. 243.
108 L'aniroponimia è mollo ricca di translitterazioni: Σαλαμανος (IGLS, 2187), Σαλαμανες (IGLS,
2251), Σαλμαν (IGLS, 2583), Σαλιμος (IGLS, 2311.2348.2400). Si vedano Nitia, art. cit., p. 296;
J.T. Milik, Inscription araméenne en caractères grecs de Doura-Ewopos et une dédicace grecque
de Cordoue: Syria, 44 ( 1967), pp. 289-306, specialmente pp. 292-96, a proposito di Αβδισαλμα.
109
Moritz, Sampsa: PW, I a 2,1920,2226.
11
" GCS, 11, 158 s.: Σαμς (Gs 19, 12). Simmaco, Teodozione «del sole»; versione di Girolamo:
Sams, prò quo Theodolion et Symmachus Iranslulerunt solis.
111
Per esempio Σαμσαιος (IGLS, 2561), Σαμσιγεραμος (IGLS, 2212.2216.2217.2225.2362.2707);
Stahelin, Sampsigeramos : PW, I a 2, 1920,2226-28; Nitia, art. cit., p. 296, Βαρσισησα (Prentice,
op. cit., 115 F). Per qualche notizia sul dio Sole cf. Weissbach, Samas : PW, I a 2,1920,2117-19.
Per altri teofori formati sul nome del dio Sole vedi F. Vatlioni, Le iscrizioni di Hatra, Napoli 1981,
p. 23. La vocalizzazione 6 aramaica; cf. Brockelmann, op. cit, p. 788: SamSa (ebraico SemeS,
accadico SamSu).
1n
E. Honigmann, Tabai. 3: PW, IV a 2,1932,1840.
1 * 3 Brockelmann, op. cit., p. 269.
1 ' 4 Cantineau,op. cit., (wbw, n.p. Ταβος.
115
J. Sturm, φάλγα: PW, XIX, 2, 1938, 1668. Una eumologia è già in Gen. 10, 25 (LXX: φαλεκ,
perché nei suoi giorni fu divisa la terra) e in Giuseppe Flavio, Ani. giud., I 146 (φαλεγος ...
poiché gli Ebrei chiamano la divisione φαλεκ).
1
' " Chaumont, Études dTiistoirc partile. V. La mule royaic des Parthes de Zeugma à Séleucie du Tigre
d'aprèsl'itinéraire d'Isidore de Charax : Syria, 61 ( 1984), pp. 63-107 spec. p. 70.
1 ' 7 Brockelmann, op. cit., p. 570. Si vedano l'etiopico falag, l'accadico palgu : divisit.
" ° W.R. Mayer, Zur Unterteilung des Sekels im spàtzeitlichen Babylonien: OrNS, 54 (1985), pp.
203-15, spec. p. 207, n. 8.212, n. 15.215.
138
F.Vattioni
incauto pensare che la fonte dalla quale si sono tratte le informazioni - etimologie non
escluse - è siriaca/aramaica.