PRESENTAZIONE - Giappichelli

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PRESENTAZIONE - Giappichelli
PRESENTAZIONE
di MARINO BIN
Questo “Famiglia e minori”, a cura di Alessandro Ciatti, è davvero
un bel libro; ed assai interessante sotto vari profili.
Intanto per i contenuti: modernità del suo sistema, correttezza e
talora originalità del metodo adottato, analitico approfondimento dei
problemi, completezza, chiarezza.
Ma poi esso presenta una caratteristica che merita di essere segnalata. È un libro di grande rigore scientifico e destinato ad incontrare una
vasta e diversificata gamma di fruitori; ma soprattutto è un libro nato
dalla scuola e per la scuola. Questa genesi e questo primario obiettivo
gli conferiscono un connotato ed un valore particolari e di straordinaria
importanza: è così riscoperto un genere letterario non più molto diffuso
nella nostra letteratura giuridica, ma che si ispira all’esempio di illustri
Maestri (ed anche ad una tradizione della scuola civilistica torinese: si
pensi alle principali opere del suo più insigne esponente, Mario Allara).
Ecco perché è un piacere presentare – seppure in poche righe, sommarie e certo inadeguate – il libro al lettore.
Marino Bin
CAPITOLO I
LO STATUS FAMILIAE
di ALESSANDRO CIATTI
SOMMARIO: 1. Lo status. – 2. La documentazione dei fatti attinenti allo status: cenni storici. – 3. La funzione probatoria degli atti di stato civile. – 4.
(Segue). La funzione pubblicitaria degli atti di stato civile e l’anagrafe della
popolazione residente. – 5. La rettificazione degli atti di stato civile. – 6. Il
possesso di stato. – 7. La parentela e l’affinità. – 8. La famiglia senza matrimonio. – 9. (Segue). L’assenza di una regolamentazione espressa dei rapporti tra conviventi. – 10. L’obbligazione alimentare: i presupposti oggettivi. – 11. (Segue). I soggetti del rapporto alimentare. – 12. (Segue). Le vicende del rapporto. – 13. I procedimenti in materia familiare. Cenni.
1. LO STATUS
Lo status può indicare genericamente la qualità o la condizione di
un individuo – cioè la posizione di una persona in una collettività di
individui – ma trovasi sovente impiegato in connessione con due particolari aggregati sociali: la famiglia (status familiae) e lo Stato (status
civitatis). Si vuole cosí esprimere il carattere duraturo o stabile dell’appartenenza a quegli aggregati, che è tale da lasciare «effetti indelebili» e capaci di riflettersi sui rapporti che possono prendere vita
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anche in tempo successivo alla cessazione di quello stato .
Simile carattere non deve tuttavia essere accentuato, sino al punto
di ritenere che la famiglia e lo Stato costituiscano delle collettività
«necessarie» poiché «risultanti da forze che, come determinano spontaneamente e necessariamente il formarsi dell’aggregato, cosí sopraf2
fanno ed escludono già a priori l’arbitrio individuale» . Non si può in-
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Fil. VASSALLI, Lezioni di diritto matrimoniale, I (unico), Padova, 1932, p. 36: si
è parlato infatti di famiglia e di Stato come di «società necessarie» proprio perché
vi si appartiene cioè in modo non mutevole né transitorio: v. già N. COVIELLO, De’
giudicati di stato, in Arch. giur., 1891, p. 188.
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CICU, Il concetto di «status», in Studi in onore di V. Simoncelli, ora in ID.,
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Alessandro Ciatti
fatti trascurare anzitutto che è possibile in alcuni casi acquistare o
perdere un determinato status grazie ad un atto di volontà. Si pensi al
divorzio o alla revoca dell’adozione o, per quanto concerne lo status
civitatis, allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente
senza interruzioni sino alla maggiore età: egli diviene cittadino, secondo l’art. 4, l. 5 febbraio 1992, n. 91, soltanto se dichiara di voler
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acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data .
Inoltre, e soprattutto, si deve considerare che la tutela della persona
umana, sia come singolo sia nelle formazioni sociali (art. 2 Cost.), e
l’eguaglianza formale tra i soggetti (art. 3, comma 1°, Cost.), impediscono di subordinare il ruolo del singolo all’interno di qualsiasi comunità, poiché viceversa l’attuale assetto costituzionale colloca le
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formazioni sociali «in posizione servente rispetto alla persona» .
Neppure pare utile porsi nella prospettiva risolutivamente contraria sino al punto di confondere lo status con una semplice qualità che
connota una determinata persona (cosí da ipotizzare lo status di im5
prenditore, di studente e cosí via) : la categoria trovasi infatti utilizzata nella legislazione e nella giurisprudenza e l’interprete, piaccia o no,
è costretto ad attribuirle un significato.
Sembra allora di poter condividere l’idea di chi vede nello status
null’altro se non «un momento terminologico della tecnica giuridica»,
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una «conceptio verborum» , con cui si riassumono i presupposti ne7
cessari per il prodursi di particolari effetti giuridici omogenei . Più in
dettaglio, lo stato civile, di cui parla la legislazione in materia, si occupa di fatti da cui dipende l’appartenenza della persona alla comunità umana di vita ove si svolge la sua personalità (status personae, cioè
nascita e morte), fatti da cui dipende l’appartenenza alla comunità politica come cittadino (status civitatis) e finalmente di fatti da cui di8
pende l’appartenenza al gruppo familiare (status familiae) , la quale è
2
Scritti minori, I, 1, Milano, 1965, p. 186; ID., La filiazione , in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1958, p. 2.
3
Fil. VASSALLI, Lezioni di diritto matrimoniale, cit.
4
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema
3
italo-comunitario delle fonti , Napoli, 2006, p. 665.
5
NICOLÒ, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, Messina, 1934, ora in Raccolta di scritti, I, Milano, 1980, p. 119.
6
7
Fil. VASSALLI, Lezioni di diritto matrimoniale, cit., p. 37 ss.
4
IRTI, Introduzione allo studio del diritto privato , Padova, 1990, p. 32; altri invece vi vedono sublimati sostanzialmente non già i presupposti ma gli effetti, o
comunque le caratteristiche assunte da certe categoria di rapporti sociali: cfr. REDENTI, Il giudizio civile con pluralità di parti, Milano, 1911, p. 91 ss.
8
P. RESCIGNO, Situazione e status nell’esperienza del diritto, in Riv. dir. civ.,
1973, I, p. 214, ora in L’etica della situazione, a cura di Piovani, Napoli, 1974, p.
Lo status familiae
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funzione in genere di almeno due parametri: la procreazione e il ma9
trimonio .
2. LA DOCUMENTAZIONE DEI FATTI ATTINENTI ALLO STATUS: CENNI
STORICI
I presupposti determinativi dello status familiae possono, come si è
detto, consistere in manifestazioni di volontà (come il matrimonio)
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oppure in fatti naturali (come la procreazione) : si è posta allora l’esigenza di documentarli adeguatamente, sia per darvi pubblicità, sia
per precostituirne la prova tanto nell’interesse del singolo tanto e so11
prattutto in quello della collettività .
Simile funzione venne assolta per secoli dalla Chiesa: con la parificazione tra i regnicoli cattolici e quelli protestanti, realizzata dall’edit12
to di Nantes , in Francia ad essa vennero ad affiancarsi i ministri di
culto cristiano riformato che, come i curati, cominciarono a redigere
gli atti di nascita (battesimo), di matrimonio e quelli di morte, sin che
il Consiglio di stato non riconobbe formalmente tale stato di cose nel
13
1664 .
387 ss.; P. PERLINGIERI e FEMIA, Nozioni introduttive e principi fondamentali del
2
diritto civile , Napoli, 2004, p. 126 ss.
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Il rischio che in questo modo si escluda dall’analisi «ogni momento contenutistico e teleologico» (P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale,
cit., p. 664) può scongiurarsi soltanto se i valori correlati ad una determinata posizione vengano recuperati dall’interprete nella ricostruzione dei presupposti da cui
gli effetti giuridici omogenei dipendono.
10
A. LEVI, Teoria generale del diritto, Padova, 1950, p. 225; come si vede, la distinzione non corrisponde a quella tra status ascritti e status acquisiti, con la quale
i sociologi intendono differenziare le qualità della persona acquisite dalla nascita
(come tipicamente il genere) e quelle acquisite con i meriti e le capacità (come il
titolo di studio o l’occupazione): v., ad esempio, BAGNASCO, BARBAGLI e CAVALLI,
Corso di sociologia, Bologna, 1997, pp. 61 e 299.
11
ATTARDI, Atti dello stato civile, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, p. 85.
12
Una prima versione dell’editto, risalente all’aprile 1598, venne successivamente rimaneggiata dal parlamento di Parigi nel febbraio 1599, ancorché porti la
stessa data di quella precedente, ed è quella che trovò concreta applicazione (la
prima è a noi nota soltanto grazie ad una copia rinvenibile alla Biblioteca pubbliaa
ca ed universitaria di Ginevra, ms. fr. 197 , t. 13, fol. 1-40, copia): v. GARRISSON,
L’édit de Nantes, Biarritz, 1997, p. 25 ss.
13
BAUDRY-LACANTINERIE et HOUQUES-FOURCADE, Delle persone, in Trattato teorico-pratico di diritto civile, trad. it. della terza edizione a cura di Bonfante, Pacchioni e Sraffa, II, Milano, 1914, p. 10.
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Alessandro Ciatti
La revoca dell’editto di Nantes – ad opera dell’editto di Fontainebleau del 1685, che fingeva ormai riconvertita alla religione cattolica
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la maggior parte dei cristiani riformati – ripropose tuttavia il problema della libertà religiosa in tutta la sua gravità: i protestanti si trovavano cosí nuovamente costretti a ricorrere ai buoni uffici del curato,
se intendevano documentare la nascita dei loro figli (con il certificato
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battesimo) o la loro unione nuziale (con l’atto di matrimonio) .
A tale stato di cose ovviò l’editto di Versailles, o édit de Tolérance
del 1787, il quale (all’art. II) consentiva ai non cattolici di «contracter
des mariages» con «les mêmes effects que ceux qui seront contractés
et célébrés dans la forme ordinaire par nos sujets catholiques», mentre di lí a poco le riforme rivoluzionarie – con la costituzione del 1791
– avocarono definitivamente allo Stato la funzione di formare e custodire gli atti dello stato civile.
La secolarizzazione di questi, pur se non espressa oggi in alcuna
previsione costituzionale, può ritenersi implicitamente rinvenibile nell’art. 7 Cost., là dove si riconoscono l’indipendenza e la sovranità dello
Stato e della Chiesa cattolica.
Sull’esempio della codificazione abrogata, il codice civile vigente
disciplina la materia soltanto nei suoi tratti essenziali (agli artt. 449455), lasciando alla legislazione speciale di occuparsi dei profili di
maggior dettaglio (cfr. il d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, che ha abrogato il r.d. 9 luglio 1939, n. 1238): il ruolo di collegare codice civile e
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legislazione speciale è assolto in particolare dall’art. 449 c.c. .
3. LA FUNZIONE PROBATORIA DEGLI ATTI DI STATO CIVILE
Gli atti di stato civile forniscono anzitutto nel processo la prova
precostituita degli atti o dei fatti da cui lo status familiae dipende: lo
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Si legge nel proemio che «Nous voyons présentement avec la juste reconnaisance que nous devons à Dieu, que nos soins ont eu la fin que nous nous sommes
proposée, puisque la meilleure et la plus grande partie de nos sujets de la Religion
Prétendue Réformée, ont embrassé la Catholique».
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Art. VIII édit de Fontainebleau: «A l’égard des enfants qui naîtront de ceux
de ladite R.P.R. (i.e. Religion Prétendue Réformée), voulons qu’ils soient dorénavant baptisés par les curés des paroisses».
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Si ammise viceversa la legittimità dell’accertamento della morte non compiuta con l’intervento del ministro cattolico: v. L. FERRI, Degli atti dello stato civile, in
Comm. c.c., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1973, p. 2.
17
V., ad esempio, CERINO CANOVA, Degli atti dello stato civile, in Comm. dir. it.
fam., diretto da Cian, Oppo e Trabucchi, Padova, 1992, vol. IV, p. 704.
Lo status familiae
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attesta soprattutto l’art. 451 c.c., il quale sottrae alla libera valutazione
del giudice tutto quanto l’ufficiale pubblico attesti avvenuto in sua
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presenza o tutto quanto egli dichiari di aver compiuto . È pertanto
richiesta la proposizione della querela di falso, nei modi e nelle forme
richieste dagli artt. 221 ss. c.p.c., per contestare giudizialmente che il
dichiarante o i testimoni non siano in realtà comparsi avanti l’ufficiale stesso, o che non siano comparsi nel giorno o nel luogo indicati,
o che non abbiano reso la dichiarazione o ne abbiano resa una in tutto o in parte diversa. In quella sede il convincimento del giudice in
ordine alla falsità delle attestazioni contenute potrà essere raggiunto
attraverso qualsiasi mezzo di prova, eccezion fatta per il giuramento
decisorio, trattandosi di causa sottratta alla disponibilità delle parti
19
(v. art. 2739 c.c.) .
Lo stesso è a dirsi ovviamente se si intende contestare giudizialmente il fatto che l’ufficiale di stato civile abbia ricevuto la richiesta di
trascrizione o di annotazione di un atto ricevuto da un altro pubblico
ufficiale, ovvero che quell’atto gli sia stato consegnato o che gli sia
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pervenuto, o che sia stato trascritto e inserito negli allegati .
Vincolano viceversa sino a prova del contrario – che può essere
raggiunta con qualunque mezzo di prova (salvo il giuramento decisorio poiché si tratta di diritti di cui le parti non possono disporre, se21
condo quanto prevede il già evocato art. 2739) – per quanto concerne le dichiarazioni rese dai comparenti all’ufficiale stesso.
Le indicazioni estranee all’atto infine «non hanno alcun valore»: la
peculiare efficacia probatoria riconosciuta agli atti dello stato civile
dipende quindi anzitutto dal contenuto tipico che è a ciascuno di essi
riconosciuto ed è desumibile dal cit. d.p.r. 396 del 2000. L’atto di nascita documenta cosí unicamente il parto ed eventualmente la maternità e la paternità ove dichiarata (v. art. 29 d.p.r. cit.), mentre l’atto di
matrimonio attesta essenzialmente la data della eseguita pubblicazione o il decreto di autorizzazione alla omissione; la menzione dell’avvenuta lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e 147 del codice civile; la dichiarazione degli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e
in moglie; il luogo della celebrazione del matrimonio nei casi previsti
dagli artt. 101 e 110 del codice civile, ed il motivo del trasferimento
dell’ufficiale dello stato civile in detto luogo, e finalmente la dichiara-
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ATTARDI, Atti dello stato civile, cit., p. 88, nonché CERINO CANOVA¸ Degli atti
dello stato civile, cit., p. 720 ss.
19
V., ad esempio, L. FERRI, Degli atti dello stato civile, cit., p. 76.
20
L. FERRI, Degli atti dello stato civile, cit., p. 77.
21
L. FERRI, Degli atti dello stato civile, cit., p. 78.
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Alessandro Ciatti
zione fatta dall’ufficiale dello stato civile che gli sposi sono uniti in
matrimonio (v. art. 64 d.p.r. cit., nonché amplius cap. II, par. 9)
Un’indicazione sullo stato libero o di coniugio di uno dei genitori,
rinvenibile nell’atto di nascita, sarà priva quindi di qualsiasi valore,
poiché il matrimonio si deve provare ai sensi dell’art. 130 c.c.: se erronea, potrà essere semplicemente rettificata, senza necessità di in22
trodurre un’apposita causa di stato .
4. (SEGUE). LA FUNZIONE PUBBLICITARIA DEGLI ATTI DI STATO CIVILE
E L’ANAGRAFE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE
Fuori dal processo, gli atti assolvono una funzione pubblicitaria di
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tipo dichiarativo , cioè rendono conoscibili i fatti documentati ai terzi, consentendo loro di ispezionarli. A tal fine essi si valgono della collaborazione dell’ufficiale di stato civile, che è tenuto a compiere le indagini a lui demandate da chiunque gliele richieda, e deve altresí rilasciarne una certificazione, cioè un’attestazione scritta di quanto risul24
ti dagli atti , ovvero un estratto, al fine di procurare ad altri, e soprattutto al giudice, la conoscenza dei fatti documentati, mediante l’esibizione del documento (art. 450, commi 2° e 3°).
Gli artt. 106 e 107 del cit. d.p.r. 396 del 2000 distinguono in proposito tra gli estratti per riassunto e quelli per copia integrale.
I primi riportano le indicazioni contenute nell’atto e le relative annotazioni. Se nell’atto sono state eseguite annotazioni o apportate rettificazioni o correzioni che modificano o integrano il testo dell’atto,
l’estratto deve essere formato avuto riguardo alle annotazioni e alle
rettificazioni o correzioni, tralasciando qualsiasi riferimento a quelle
parti dell’atto modificate o integrate in base alle annotazioni o rettificazioni o correzioni medesime.
Posto che il pubblico ufficiale, che sintetizza in iscritto quanto percepito ispezionando l’atto I, svolge un’attività inevitabilmente discrezionale, si ritiene correttamente che gli estratti per riassunto e i certificati non facciano prova sino a querela di falso di ciò che ivi si trovi
rappresentato, salvo per quanto concerne la provenienza della certificazione dall’ufficiale di stato civile ed il fatto ch’essa sia stata ottenuta
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ispezionando i registri .
Gli estratti degli atti dello stato civile possono viceversa essere rila22
In senso soltanto parzialmente differente CICU, La filiazione, cit., p. 8.
23
L. FERRI, Degli atti dello stato civile, cit., p. 63.
24
V. ancóra L. FERRI, Degli atti dello stato civile, cit., p. 72 s.
25
L. FERRI, Degli atti dello stato civile, p. 72 s.
Lo status familiae
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sciati dall’ufficiale dello stato civile per copia integrale, soltanto quando gliene sia fatta espressa richiesta da chi vi ha interesse e il rilascio
non sia vietato dalla legge. Essi contengono la trascrizione esatta dell’atto come trovasi negli archivi, compresi il numero e le firme appostevi, le singole annotazioni rinvenibili sull’atto originale e finalmente
l’attestazione, da parte di chi rilascia l’estratto, che la copia è conforme all’originale. A tale proposito, l’art. 177, comma 3° del d.lgs. 30
giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali,
consente il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile per copia
integrale soltanto ai soggetti cui l’atto si riferisce, oppure su motivata
istanza comprovante l’interesse personale e concreto del richiedente a
fini di tutela di una situazione giuridicamente rilevante, ovvero decor26
si settanta anni dalla formazione dell’atto .
Giova infine rammentare che gli atti dello stato civile svolgono
funzione completamente differente dall’anagrafe della popolazione
residente la quale – secondo quanto stabilisce ora il d.p.r. 30 maggio
1989, n. 223 – raccoglie in maniera sistematica l’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che
siano state fissate nel comune la residenza (cioè la loro abituale dimora, v. art. 43, comma 2°, c.c. e art. 3, d.p.r. 223 del 1989) nonché delle
posizioni relative alle persone senza fissa dimora, che hanno stabilito
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nel comune il proprio domicilio .
A ciascuna persona residente nel comune viene intestata una scheda
individuale sulla quale sono indicati il sesso, la data e il comune di nascita, lo stato civile, la professione, arte o mestiere abitualmente esercitata o
la condizione non professionale, il titolo di studio, nonché l’indirizzo
dell’abitazione (art. 12 d.p.r. 223 del 1989). Se non si sia ricevuto apposito
incarico dall’autorità giudiziaria, o si appartenga alle forze dell’ordine, è
vietata la consultazione diretta degli atti anagrafici (v. art. 37 d.p.r. 223 del
1989): tuttavia l’ufficiale di anagrafe può certificare a chiunque ne faccia
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richiesta la residenza e lo stato di famiglia anagrafica .
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La legge n. 675/1996 (ora sostituita dal Codice in materia di protezione dei
dati personali) non modifica espressamente la normativa relativa ai registri dello
stato civile e alla disciplina degli atti anagrafici, né innova in materia di pubblicazioni di matrimonio, stabilendo, però, all’art. 27, comma 3°, che la comunicazione
e la diffusione da parte di soggetti pubblici a privati o a enti pubblici economici
sono ammesse solo se previste da norme di legge o di regolamento: Autorità garante per la protezione dei dati personali, 17 febbraio 2000, in Bollettino 2000, n.
11/12, p. 20 (v. anche www.garanteprivacy.it: doc. n. 38969).
27
L’art. 12 del d.p.r. 223 del 1989 richiede tuttavia all’ufficiale di stato civile di
effettuare all’ufficiale d’anagrafe le comunicazioni concernenti le nascite, le morti
e le celebrazioni di matrimonio, nonché le sentenze dell’autorità giudiziaria e gli
altri provvedimenti relativi allo stato civile delle persone.
28
Agli effetti anagrafici – l’art. 2 del d.p.r. 223 del 1989 – intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli
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Alessandro Ciatti
Ogni altra posizione desumibile dagli atti anagrafici può essere attestata o certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze
di pubblico interesse, dall’ufficiale di anagrafe d’ordine del sindaco e
sempre che non si tratti di notizie concernenti la professione, arte o
mestiere, la condizione non professionale, il titolo di studio e altre notizie il cui inserimento nelle schede individuali sia stato eventualmente autorizzato ai sensi dell’art. 20, comma 2°, del d.p.r. 223 del 1989
(v. artt. 33 e 35, comma 2°, d.p.r. 223 del 1989).
Il certificato anagrafico fa fede sino a querela di falso per quanto
concerne la corrispondenza di ciò che vi si trova attestato e la scheda
anagrafica, mentre le notizie che vi sono rappresentate possono essere
superate con qualsiasi prova contraria, desumibile da qualunque fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento libero del giudice di
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merito e hanno pertanto un valore puramente indiziario . Si deve
tuttavia rammentare che, in base al combinato disposto degli artt. 31
disp. att. c.c. e 44 c.c., il trasferimento di residenza di una persona fisica non è opponibile ai terzi di buona fede in assenza della denuncia
sia al comune di provenienza che a quello di arrivo, ancorché non sia
prescritto che tale doppia dichiarazione debba essere effettuata con
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distinti atti .
5. LA RETTIFICAZIONE DEGLI ATTI DI STATO CIVILE
La rettificazione degli atti di stato civile ha la funzione di correggere i fatti che per errore materiale vi siano stati attestati, di ricostruire
gli atti in tutto o in parte smarriti o distrutti, o di formare quelli che
siano stati omessi: a ciò provvede in genere il tribunale su domanda di
chiunque vi abbia interesse o del procuratore della Repubblica (v. art.
95, d.p.r. 392 del 2000). Il procedimento, che è di volontaria giurisdizione ed è pertanto regolato dagli artt. 737 ss. c.p.c., si conclude con
decreto motivato previa assunzione delle opportune informazioni,
sentiti il procuratore della Repubblica e gli interessati e, se occorre, il
parere del giudice tutelare (su cui v. in generale infra par. 13).
affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune, precisando pure
che «una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona».
29
Cass., 13 giugno 2008, n. 15938; Cass., 16 ottobre 2007, n. 21621; Cass., 22
novembre 2006, n. 24852; T.A.R. Liguria, 7 giugno 2007, n. 1051, in Foro amm.
TAR, 2007, p. 1988 (s.m.).
30
Da ult., v. Cass., 12 ottobre 2006, n. 21916; Trib. Reggio Calabria, 10 gennaio
2003, in In iure praesentia, 2003, I, 14 (s.m.).