N. 111: I giochi di una volta alle scuole elementari

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N. 111: I giochi di una volta alle scuole elementari
ADAS - I quaderni di Bortolo
QUADERNO 111
N. 111: I giochi di una volta alle scuole elementari
Come giocavano e si divertivano i ragazzi quando non c’erano i telefonini, i
computer ed internet? I grandi fanno un elenco in risposta alla richiesta dei ragazzi
riportata nel Quaderno 108.
I giochi dei bambini
1. Il gioco del cerchio (al serch): era in
voga già nel 1800: lo si faceva correre
battendo il bordo esterno con un
bastone (Fig. 1) su un percorso rettilineo
o anche con un giro attorno ad un
paletto o ad una pianta. In genere si
giocava in due per volta: vinceva chi
arrivava primo. I ragazzi sedentari e
spesso obesi di oggi non giocano più al
Fig. 1
cerchio.
2. Il calcio (al balùn): come oggi ma era
di cuoio (curàm) a fette cucite con un’apertura in cui si introduceva la vescica
(psìga) di gomma con un tubicino per gonfiarla con la pompa della bicicletta e
dopo ripiegato e legato con
uno spago (nà lassa) veniva
inserito nell’apertura a sua
volta richiusa e “cucita” con
una striscia di cuoio che
veniva inserita in un ago
(gücia) e fatta passare in
asole presenti sui bordi
dell’apertura. Secondo due
Fig. 2b
Fig. 2a
tecniche
con
punti
successivi passanti da un lato all’altro (Fig. 2a) o incrociati con sopra/sotto (Fig.
2b) forse più eleganti ma più sporgenti. Quando nel dare un colpo di testa
incontravi la cucitura eran dolori! Infatti diversi ragazzi giocavano con in testa il
basco. Le scarpe di cuoio avevano i tacchetti fatti di tanti tondini di cuoio
sovrapposti ed inchiodati alla suola. Il campo di gioco veniva spesso
improvvisato su un prato e le giacche messe a distanza concordata e misurata a
passi sostituivano o pali delle porte. La manutenzione del balùn prevedeva
anche di ammorbidire il cuoio con del grasso di cavallo o di maiale.
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3. Il nascondino (cìpa) si giocava in diversi prevalentemente nei giardini: veniva
stabilita una “mamma”1 o la salvezza “liberi”, fatta la conta2 per stabilire quelli
che andavano a nascondersi e chi doveva cercarli dopo una “conta” ad occhi
chiusi fatta presso la “mamma”. Terminata la conta il cercatore si muoveva
cercando di individuare i nascosti. Ciascun nascosto doveva cercare di arrivare
alla “mamma” senza essere intercettato dal cercatore senza essere scoperto e
gridando “libero” terminava. Il cercatore cerca di individuare i nascosti, dichiara
il nome ed il nascondiglio e corre alla “mamma” in competizione con quello
individuato, il bambino individuato, se non arrivava primo alla “mamma”
diventava “prigioniero” ed alla fine veniva sottoposto ad una serie di
“punizioni3”.
4. La lippa (sciàncul): era
costituito da un pezzetto
di legno appuntito alle
due estremità. Il battitore
picchiava con un bastone
su una delle estremità
(Fig. 3) facendo volare in
aria la lippa, il ricevitore
doveva raccoglierla al
Fig. 3
volo in un cappello. Il
gioco si svolgeva così: il battitore urlava “sciàncul”? Il ricevitore urlava “vegna”.
Qualcosa di analogo si riscontra nel baseball oggi giocato dai grandi.
5. Le biglie (burèle): in terracotta colorata venivano disposte in mucchietti di
quattro (o tre sotto, una sopra/una per ciascun giocatore (Fig. 4). I giocatori
facevano la conta per
determinare la sequenza di
chi
dovesse
tirare
e
Fig. 4a
stabilivano con un segno in
terra la distanza di tiro.
Ciascuno metteva una biglia
(le più lussuose erano di vetro
con incluse delle bande
colorate) fra due dita (in Fig. 4
vedi due modi di tirare) e
1
O Tana o Poma
Fig. 4b
Es. una “conta” prevedeva il ritornello “Ara bellara discesa curnara dell’or del fin del cunt marin… dell’am massöra
quest l’è dentar e quest l’è föra”.
3
La punizione, comune ad altri giochi, consisteva nel mettere il prigioniero chinato ad occhi chiusi mentre il cercatore
da dietro domandava “quanti di questi? A chi?” Potevano essere calci, baci, pizzicotti. Almeno una “punizione” doveva
riguardare il prigioniero.
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cercava di colpire un mucchietto guadagnando le quattro burèle. Quando si
avevano poche burèle il bersaglio era costituito da una sola burèla.
Il tiro poteva venire effettuato in due modi: a) tenendo la biglia raccolta nella
mano con la spinta dal pollice (Fig. 4a) oppure b) “a ghèga” con la biglia
appoggiata a terra e colpita dal dito medio prima trattenuto dal pollice (Fig. 4b).
Per estensione si chiamava “ghèga” lo stesso colpo dato all’orecchio del
bambino che a scuola sedeva nel banco precedente.
6. Le “figurine”: a seconda della moda in vigore4 rappresentavano pugili, ciclisti o
calciatori. Il gioco prevedeva il lancio di una figurina per ciascun bambino verso
un muro: quello che arrivava più vicino al muro vinceva. C’erano delle varianti
fra cui: un bambino raccoglieva le figurine, uno si incaricava di riunirle in un
mazzetto fra due dita (indice e medio) e le buttava in alto: quelle che cadevano a
terra con la faccia rivolta in alto erano sue, quelle che presentavano la schiena
venivano divise fra gli altri, eventualmente con la “conta”.
7. La trottola (al cürlo): si
trattava di un cuneo di
legno con infisso sulla
punta un chiodo (Fig. 5 ) e
di una frusta costituita da
un pezzo di legno con
legata all’estremità una
corda o una stringa di
cuoio. Si Avviava la
rotazione della trottola
Fig. 5
avvolgendo
la
parte
superiore con l’estremità
della frusta trattenendola con le dita di una mano e le si trasmetteva l’impulso
rotatorio con in manico della frusta trattenuto dall’altra mano. La trottola veniva
mantenuta in rotazione sferzandola. Vinceva chi riusciva a mantenerla in
rotazione più a lungo. I più bravi riuscivano ad avviare la rotazione della trottola
con la frusta ed anche a farla saltare e salire un gradino senza che si ribaltasse. Il
gioco, dato lo scarso traffico, veniva effettuato sull’asfalto della strada o nel
cortile della scuola.
8. Ruba bandiera: prevedeva due squadre in due campi limitati da due righe
parallele con uno spazio intermedio. Nel mezzo dello spazio intermedio un
arbitro tiene tra due dita un fazzoletto (bandiera) che un componente di una
squadra deve cercare di prendere entrando nel campo neutro e tornare nel
proprio campo senza farsi “toccare” da un avversario perché, se toccato, viene
4
Le “figurine” sono nate da un concorso a premi indetto dalla Perugina nel 1938 (ricordate i Baci Perugina) allora
Buitoni (oggi Nestlè). Un aneddoto ricorda che il proprietario Giovanni Buitoni che aveva la passione della lirica affittò
una sera il Metropolitan Theatera New York per poter cantare un’aria della Traviata di Verdi.
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fatto “prigioniero” ed esce dalla competizione. Il gioco termina quando viene
raggiunto il numero di bandiere prestabilito oppure quando tutti componenti di
una squadra sono stati fatti prigionieri.
9. I birilli: si trattava di disporre i birilli ritti ed abbatterli tirando a turno una palla
da una certa distanza. Vince chi abbatte il numero più elevato di birilli con le
bocce a disposizione; la partita prevede più giocate. Questo gioco, che ha avuto
un limitato successo fra i bambini (dove giocare?) ha trovato successo mondiale
fra i grandi con sale da bowling; meccanizzate che raddrizzano i birilli (appesi) e
restituiscono la boccia al giocatore.
10. La fionda (la sfronza):
costruita con la forcella di un
ramo, con due elastici fissati alle
estremità ed uniti al centro da
un pezzo di cuoio (Fig. 6). Le
munizioni erano sassi o frutti di
ippocastano (castagna matta). I
bersagli venivano scelti di volta
in volta. Qualche volta andò a
pezzi un lampione stradale. La
Fig. 6
fionda, anche senza pensare alla
storia di Golia e Davide, era un
gioco pericoloso che veniva usato in genere intorno ai 12-14 anni.
11. Il tiro dell’arco: gli archi venivano costruiti con rami flessibili come il noccio o il
“rubin” tagliati nel sottobosco con un temperino (curtlìn o rünchìna) fatte le
imposte per la corda, piegato il ramo ed inserita la corda fra le estremità in
modo che restasse tesa. Le frecce erano ricavate da canne di palude con o senza
alette stabilizzatrici di cartone. Il bersaglio costituito da un cartoncino a cerchi
concentrici colorati acquistato in cartoleria o si disegnava su un coperchio di
scatola da scarpe.
12. Le bocce: era un gioco più
diffuso fra gli adulti
piuttosto che per bambini.
Infatti le bocce pesano ed il
gioco è lento. Gioco tipico
dei vecchi al Dopolavoro:
bocciodromi con varie
corsie con la superficie
coperta di sabbia,. Ciascun
giocatore,
generalmente
due ma a volte anche in
Fig. 7
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coppia, dispone di 4 bocce personalizzate da un colore: viene lanciato o
posizionato un pallino (boccino) ed i giocatori alternandosi lanciano la propria
boccia cercando di farla rotolare e posizionare presso il pallino: chi è più lontano
deve riprovare “consumando” un’altra boccia. È ammessa e suscita entusiasmo
la “bocciata” cioè il lancio che colpisce la boccia dell’avversario più vicina al
boccino sostituendola. Se un giocatore piazza ameno tre bocce più vicino al
boccino di quelle dell’avversario il punteggio raddoppia quindi 6 o 8 punti. La
partita prevede più giocate.
13. Il meccanismo (al machinìn).
Bortolo ricorda quando in
quarta elementare, sarà stato
intorno al 1938-39, venne di
moda la costruzione e le gare
dei “machinìn”: bastava un
rocchetto di legno per il filo da
cucire esaurito; un chiodino
come quelli impiegati dal
calzolaio per riparare le
Fig. 8
scarpe, un elastico ottenuto
tagliando trasversalmente una
Fig. 9
camera d’aria da bicicletta, il
fondo di una candela forato in corrispondenza del passaggio dello stoppino ed
un chido lungo 7-8 cm. Introdotto l’elastico nel foro del rocchetto, fissato sul
fronte del rocchetto (Fig. 8), lo si faceva passare nel foro dell’anello ricavato
dalla candela, nell’estremità dell’anello di elastico si inseriva il chiodo ed “al
machinìn” era pronto. Bastava ruotare il chiodo che attorcigliava l’elastico e
metterlo a terra che “al machinìn” poggiando sull’estremità del chiodo ruotava
avanzando fino all’esaurimento della forza accumulata nell’elastico. La gara
consisteva in chi riusciva ad andare più lontano con il suo meccanismo. Vennero
poi anche le gare in salita: qualcuno aveva dentellato con un temperino i bordi
del rocchetto per contrastare lo scivolamento (Fig. 9). Bortolo aggiunse “Allora
non c’erano giocattoli ed occorreva spremere l’ingegno, oggi solamente
prontezza di riflessi per seguire la corsa di quel “cosino” sullo schermo, vero
Franco?” Infatti Franco aveva “fregato” il Nintendo di Roberto e nascondendosi
dietro a Luisa era indaffarato nel gioco. Federico aggiunse un commento tecnico
articolato al funzionamento del machinìn in quanto prevede:
- l’accumulo di energia elastica attorcigliando l’elastico fra due punti e cioè il
chiodino fissato sul rocchetto e l’altro capo che con il chiodo lungo viene
ottenuto dal ragazzo girando più volte;
- il trasferimento dell’energia muscolare del ragazzo in energia elastica;
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l’impiego del fondo di candela, che presenta un basso coefficiente di attrito,
fra il chiodo lungo che striscia sul terreno ed il fronte del rocchetto che ruota;
- la reazione costituita dal chiodo lungo (leva) che striscia sul terreno;
e nelle gare in salita, oltre allo slittamento del rocchetto c’è anche l’effetto della
forza di gravità per cui un “machinìn” più leggero a parità di energia elastica
immagazzinata può salire più in alto di uno più pesante.
Bortolo chiuse l’argomento dicendo: “ricordo per arrivare primi si girava molto il
chiodo lungo con due possibili conseguenze: ti sfuggiva e prendevi una botta sulle
dita oppure si rompeva l’elastico e la gara per te era finita.”
-
I giochi delle bambine (alcuni comuni anche ai maschi)
1. Il girotondo: le bambine in cerchio tenendosi per mano cantavano una
canzoncina (es. “Giro-girotondo casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra”)
al termine tutte si dovevano buttare a terra senza staccare le mani. Si
inframezzavano altre canzoncine.
2. La mosca cieca: le bambine in cerchio facevano “la conta” (v. nota 1 del gioco
nascondino 3), l’ultima rimasta veniva bendata, fatta girare su se stessa alcune
volte, poi doveva cercare a tentoni una delle bambine in cerchio e riconoscerla al
tatto dichiarandone il nome. In caso di errore le veniva addebitata una punizione
(v. nota 2 del gioco del nascondino 3) ingentilita dal tipo delle cinque punizioni:
Dire, Fare, Baciare, Lettera, Testamento che poteva coinvolgere anche altri
presenti: alla domanda “A chi?” il punito-punitore doveva scegliere il destinatario
che poteva essere anche qualcosa di intermedio come “baciare” con destinazione
inconsueta, come ad esempio “la terra”.
3. La carampana: veniva disegnata in terra una figura con 3 + 3 quadrati (caselle)
adiacenti ed una testata rettangolare che li collegava (v. Fig. ). Il gioco prevede
una bambina bendata o ad occhi chiusi che entra nel primo quadrato in cui è
posto un sasso e con il piede deve con una spinta far scivolare il sasso nella casella
successiva dichiarando “Amen”, le amiche rispondono “Salame”. Nella casella
doppia di testata la giocatrice deve fare un salto girandosi di 180° e poi riprendere
a spostare il sasso con un saltello. In caso di errore le
compagne esclamano “Salamùn” e la bambina perde il
turno.
4. Il salto della corda: si giocava in tre bambine: due ai
lati che facevano ruotare una corda ed una al centro (Fig.
10) che saltava a piedi uniti o alternandoli al passaggio
della corda sul terreno. Chi si inciampava passava su un
lato a menare la corda: vinceva chi riusciva a saltare più
passaggi della corda. Una variante prevedeva la gestione
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autonoma della corda per ciascuna bambina: vittoria a quella che faceva più salti.
Fig. 10
5. Il volano: le giocatrici
erano due armate di
racchette o palette di
legno; era composto da
un cilindro di gomma con
Fig. 11
una corona di penne ad
un’estremità che veniva
battuto e ribattuto senza
che cadesse a terra. La
traiettoria del volano era
piuttosto lenta. Oggi il
volano è sostituito da una
pallina di gomma molto più veloce viene giocato da piccoli e grandi sulle spiagge
sabbiose ai bordi del mare, per la “gioia” dei presenti stesi al sole!
6. Le bambole: tutte le bambine dai quattro ai quattordici anni avevano una
bambola o un bambolotto tutto di pezza, o con la testa e le braccia di celluloide, o
con anche tutto il corpo di celluloide e un abito di stoffa o fatto all’uncinetto dalla
mamma o dalla nonna (la nonna Filomena annuisce). Il poter cambiar l’abito alle
bambole e giocare in compagnia di altre bambine era il gioco preferito nei giorni
di pioggia. Arrivarono poi le bambole che chiudevano le palpebre quando
venivano coricate nella culla. Qui il fratello minore interveniva spesso per capire
come era fatto il meccanismo degli occhi con risultati orribili: vedevi spesso una
bambola con un occhio aperto e l’altro chiuso o arrovesciato. C’era anche la
camera da letto per la bambola con l’armadio dotato di specchio. Nel dopoguerra,
anzi molto dopo, dall’America venne la moda della Barbie, bambola longilinea in
plastica adattabile, con corredi di abiti che imitavano a costumi da adulte.
Eleonora infatti ricorda la sua Barbie che aveva anche il costume da bagno due
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pezzi. Nessuna bambina o ragazzina poteva vivere senza la Barbie. L’industria di
massa era arrivata a catturare anche le bambine.
Giochi al coperto (invernali o con giornate piovose)
1. Il gioco dell’oca: con più giocatori, ciascuno con una pedina che avanza lungo
un percorso numerato di tante posizioni quante risultano dal lancio di una coppia
di dadi. Nel caso che il conteggio superi l’arrivo si torna indietro di tante caselle
quanti sono i numeri in eccedenza. Ci sono poi ostacoli intermedi come lo STOP
per due lanci di dadi, ecc. È ancora attuale.
2. La tombola: con una cartella del banco numerata da 1 a 90 e più cartelle con
caselle disposte per righe e colonne per ciascun giocatore con alcuni numeri
compresi fra 1 e 90. Il banco estrae da un sacchetto un numero per volta e lo
dichiara. I giocatore che lo possiedono lo coprono con un fagiolo o altro
concordato. Vengono premiati coloro che per primi su una riga fanno Ambo,
Terna, Quaterna, Cinquina ed infine Tombola per chi copre tutti i numeri di una
cartella. È ancora attuale.
3. La battaglia navale: su un foglio quadrettato
(Fig. 12) viene delimitato uno spazio es. di 15 x 15
quadretti e sui bordi esterni verticale ed
orizzontale i quadretti vengono numerati dall’1 al
15 cominciando dall’alto per i verticali, idem ma
da a A a Q cominciando da sinistra per gli
orizzontali. Viene stabilita concordemente la
composizione della flotta es. una corazzata da 4
quadretti, due incrociatori da 3 quadretti, 4
cacciatorpediniere da 2 quadretti. I giocatori
Fig. 12
sono due, non conoscono la disposizione della
flotta avversaria ed a turno chiamano una
posizione (es. B 12): può essere Nullo (cilecca),
Colpito o Affondato. Perde chi ha la flotta distrutta. Si usava segnare con un
puntino nel quadretto il tiro effettuato con il risultato Nullo, con una X
l’avversario Colpito cercando con i tiri successivi di delimitarne la posizione fino
all’Affondamento e contornando poi la zona minima di rispetto di un quadretto
tutt’intorno. I colpi utili dell’avversario venivano evidenziati con un O sulle proprie
navi.
4. Il gioco delle sedie o dei quattro cantoni: prevede quattro sedie (o angoli di
una camera) e cinque giocatori che circolano nella camera o ballano al suono di
una musica; c’è pure un direttore del gioco che improvvisamente arresta la
musica o proclama lo STOP: ciascun giocatore cerca di raggiungere una sedia (o
cantone). Perde e “verrà punito” quello che rimane in piedi.
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Federico dice ai ragazzi “Non saranno elencati tutti i giochi che si facevano ma
comunque sono un bel po’, vi ho preparato un elenco e qualche schizzo.
Bortolo interviene a conclusione: “La maggior parte dei giochi erano dinamici, alcuni
richiedono ingegno e sviluppano la manualità…. Non so come andrà a finire con i
giochi attuali, i telefonini e gli automatismi… può darsi che i vostri nipoti o pronipoti
secondo la tesi evoluzionistica di Darwin nasceranno con due sole dita così gli alieni li
creeremo noi stessi.”
Nota: alcuni dei giochi elencati hanno trovato spunto dal volume “Li me rais prima ca
cala al scür” di Gastone Ferrari.
9/9