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nella Chiesa e nel mondo
BENEDETTO XVI, ANGELUS, DOMENICA 7 AGOSTO
«Coraggio, sono io,
non abbiate paura»
ANNO XXIX N.7/8 - 2011 - € 5
www.30giorni.it
MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003
(CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1, COMMA 1 DCB - ROMA.
In caso di mancato recapito rinviare a Ufficio Poste Roma Romanina
per la restituzione al mittente previo addebito.
ISSN 0390-4539
GEORGES COTTIER. I Padri del primo millennio, il Concilio Vaticano II e la luce riflessa della Chiesa
Diretto da Giulio Andreotti
N.
7/8
ANNO
2011
Sommario
anno XXIX
In copertina: Gesù salva Pietro dalle acque,
mosaico della Cattedrale di Monreale, Palermo
EDITORIALE
La Dc e il fascino del nome cristiano
Lo sguardo rivolto
a san Carlo.
L’intervento
dell’arcivescovo
emerito di Milano
al Meeting di Rimini
4
— di Giulio Andreotti
San Carlo
Borromeo
COPERTINA
ANGELUS
«Con le tue sole forze non puoi alzarti:
stringi la mano di Colui che scende fino a te»
pag.
60
Benedetto XVI, Palazzo apostolico di Castel Gandolfo,
3OGIORNI
nella Chiesa e nel mondo
Direttore Giulio Andreotti
42
domenica, 7 agosto 2011
IN QUESTO NUMERO
ECCLESIAM SUAM
Quella percezione della Chiesa come “luce riflessa”
DIREZIONE E REDAZIONE
Via Vincenzo Manzini, 45
00173 Roma - Italia
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Roberto Rotondo - [email protected]
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Redazione
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Davide Malacaria - [email protected]
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Massimo Quattrucci - [email protected]
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Grafica
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Collaboratori
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Pina Baglioni, Marie-Ange Beaugrand, Maurizio Benzi,
Lorenzo Bianchi, Lorenzo Biondi, Massimo Borghesi,
Lucio Brunelli, Rodolfo Caporale, Lorenzo Cappelletti,
Gianni Cardinale, Stefania Falasca,
Giuseppe Frangi, Silvia Kritzenberger,
Walter Montini, Jane Nogara,
Stefano M. Paci, Felix Palacios,
Tommaso Ricci, Giovanni Ricciardi
Hanno inoltre collaborato a questo numero:
il cardinale Georges Cottier,
il cardinale Dionigi Tettamanzi
Segreteria
[email protected]
Ufficio legale
Davide Ramazzotti - [email protected]
3OGIORNI
nella Chiesa e nel mondo
è una pubblicazione mensile registrata
presso il Tribunale di Roma in data 11/11/93, n. 501.
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art.1, comma 2 - DCB - Roma
che unisce i Padri del primo millennio
e il Concilio Vaticano II
CHIESA
San Carlo Borromeo. La casa costruita sulla roccia
CREDITI FOTOGRAFICI:
Enzo LoVerso: Copertina, pp.43,44-45; Giorgio Deganello Editore: pp.8,9,10,12-13,20,21,2223,24,25,26,27,28,29,30,31,34,35; Foto Scala, Firenze: p.11; Archivi Alinari, Firenze: pp.14,17,18;
Romano Siciliani: pp.46,48; Associated Press/LaPresse: pp.49,50,51; LaPresse: p.51;
Getty Images/De Agostini/G.Dagli Orti: p.54; Ufficio stampa Meeting Rimini: p.60; ITL/Melloni: p.70;
Paolo Galosi: pp.78,79,80; Riccardo Musacchio/Ansa: p.80; Archivio Pontificio Istituto Musica Sacra:
pp.81,82; Osservatore Romano: p.82.
60
— del cardinale Dionigi Tettamanzi
STORIE DI SEMPLICI PRETI
«La grandezza della piccolezza»
— di G. Ricciardi
70
LIBRI
Augusto Del Noce e il Mulino.
La modernità non è il “nemico”
intervista con Massimo Borghesi — di G. Valente
74
LITURGIA
La Tradizione è moderna
— di P. Baglioni
Il Conservatorio di san Pio X
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 4 settembre 2011
Finito di stampare nel mese di settembre 2011
54
— del cardinale Georges Cottier, op
— di P. Baglioni
78
79
RUBRICHE
LETTERE DAI MONASTERI
8
LETTURA SPIRITUALE
12
LETTERE DALLE MISSIONI
32
POSTA DEL DIRETTORE
38
30GIORNI IN BREVE
42
30GIORNI N.7/8 - 2011
3
Editoriale
La Dc e il fascino
del nome cristiano
di Giulio Andreotti
La Dc ha rappresentato per me – ma
credo anche per tanti altri che vi hanno militato – l’invito costante a considerare non occasionale ciò che accade giorno dopo giorno, come tanti
fatti slegati tra loro; ma anzi a considerare tutto come
correlato, come attraverso una tela di ragno che ti
consente di cogliere il senso profondo delle cose che
accadono e che passano.
In questo libro, una sintetica rilettura di alcuni momenti salienti della storia democristiana scritta da
Giovanni Di Capua e Paolo Messa, ho trovato citato
anche il mio primo incontro con De Gasperi. Ho avuto più volte occasione di raccontarlo: io non avevo
mai visto De Gasperi e non sapevo chi fosse. Non venivo da una famiglia che si occupava di politica. De
Gasperi invece mi aveva notato in quanto ero presidente della Federazione dei cattolici universitari. Un
giorno stavo in Biblioteca Vaticana a rovistare tra le
carte della Marina Pontificia per stendere una tesina,
quando uno sconosciuto mi apostrofò chiedendomi
se non avevo niente di meglio da fare, per poi andarsene con una certa freddezza. Non sapevo che quel
signore era De Gasperi ma l’avrei conosciuto dopo
qualche giorno, allorché
Giuseppe Spataro mi disse:
«Vieni che De Gasperi ti
vuole incontrare». Sarei un
fanatico se dicessi che allo-
L’editoriale di questo numero
è la prefazione
del nostro direttore
al libro di Giovanni Di Capua
e Paolo Messa,
Dc. Il partito che fece l’Italia,
Marsilio, Venezia 2011,
292 pp., euro14,00
4
30GIORNI N.7/8 - 2011
Pur essendoci fortemente
questa preoccupazione
di difesa dal comunismo,
la spinta era di carattere
positivo: era il fascino
che il nome cristiano riusciva
a suscitare in tutto quello
che poteva essere l’evolversi
giorno per giorno della vita
di ciascuno di noi
ra già immaginavo cosa sarebbe scaturito da quell’incontro, ma tutto era nuovo intorno a noi giovani e
aveva un fascino difficile a motivarsi, ma che era ben
presente nel nostro spirito.
I primi anni del dopoguerra furono esaltanti, ed è riduttivo dire che il solo scopo e il collante della Dc era
mettere un argine al pericolo comunista. Pur essendoci fortemente questa preoccupazione di difesa dal comunismo, la spinta era di carattere positivo: era il fascino che il nome cristiano riusciva a suscitare in tutto
quello che poteva essere l’evolversi giorno per giorno
della vita di ciascuno di noi.
Una lezione che emerge dalla storia della Dc, e
che può valere anche oggi, è che senza un punto di riferimento che vada oltre l’occasionale, il contingente, è quasi impossibile creare un nuovo soggetto politico. L’itinerario per la creazione di un nuovo movimento politico non può essere inizialmente organizzativo, tanto che i padri fondatori democristiani partirono dalle idee, dal Codice di Camaldoli. Se manca
A sinistra, Andreotti
con monsignor
la base morale, direi anche
spirituale, è difficile essere
poi capaci di attrarre la gente e in particolare i giovani.
Di crisi negli anni della
Dc ne abbiamo avute
molte, ma oggi c’è meno
impulso di carattere teorico e culturale, e maggiore spinta materiale. Saper guardare
in alto era un’abitudine che forse lungo la strada abbiamo perduto.
Nel libro di Di Capua e Messa emerge anche il problema delle correnti interne alla Dc. Anche queste ultime potevano essere uno stimolo spirituale e culturale (alcune riforme importanti come quella agraria e la
legge per il Mezzogiorno si devono alle correnti) ma
dolorosamente potevano essere motivo di drammatiche divisioni, mettendo gli uni contro gli altri. De Gasperi non le voleva perché, invece di attivare una gara
in positivo, potevano attivare una concorrenza deleteria, in uno spirito “commerciale” che è l’ultima cosa
che serve in quest’ambito.
Nonostante la lunga militanza non mi sono mai
sentito un estraneo nella Dc; ero attratto sentimentalmente, oltre che razionalmente, e non ho mai pensato che la mia strada potesse essere un’altra da quella.
C’era sempre uno stimolo ad andare avanti senza essere reso fragile dal guardare troppo indietro. Ancora
adesso credo che l’indirizzo da far prevalere sia quello
di guardare sempre avanti o meglio sempre alto.
Questo “guardare alto” mi permette di fare una nota
su un aspetto che viene trattato nel libro: la chiave per
capire il rapporto che c’è stato tra la Dc e la Chiesa
sta nelle persone. Bisogna tenere conto della grandezza di alcuni ecclesiastici con cui siamo cresciuti e
abbiamo fatto un pezzo di strada. Dell’abitudine che
avevano, Montini ne era un esempio, di saper guardare i problemi non solo nel loro ambito materiale,
contingente. Sapevano guardare al di sopra della nostra testa e proprio per questo erano un passo avanti,
sapevano guardare alto.
Concludo: ripercorrere la storia della Dc è molto
opportuno, per meditare e non correre il rischio di
dare oggi come essenziale ciò che è assolutamente
marginale e viceversa. I tempi che passano portano
sempre delle novità, però guai a ritenere di essere all’inizio della creazione. Ci sono momenti in cui meditare serve per non dimenticare ciò che ci ha portato fin qui.
q
Giovanni Battista Montini
in Santa Maria
degli Angeli, a Roma,
il 5 ottobre 1947
Sotto,
Alcide De Gasperi
con Giulio Andreotti
Bisogna tenere conto
della grandezza di alcuni
ecclesiastici con cui siamo
cresciuti e abbiamo fatto
un pezzo di strada.
Dell’abitudine che avevano,
Montini ne era un esempio,
di saper guardare i problemi
non solo nel loro ambito
materiale, contingente.
Sapevano guardare al di sopra
della nostra testa e proprio
per questo erano un passo
avanti, sapevano guardare alto
30GIORNI N.7/8 - 2011
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Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
BENEDETTINE DELLʼADORAZIONE PERPETUA
BENEDETTINE DEL MONASTERO
DEL SANTISSIMO SACRAMENTO
SAN GIOVANNI BATTISTA
Piedimonte Matese, Caserta
Roma
Riteniamo 30Giorni
altamente formativo
Piedimonte Matese, 5 luglio 2011
Onorevole senatore,
le scriviamo ancora una volta per porgerle i nostri più fervidi ringraziamenti
per l’invio della rivista 30Giorni, che
riteniamo altamente formativa dal
punto di vista culturale e spirituale.
Un apprezzamento particolare
va agli articoli riguardanti la patristica, il magistero
e la parola del Santo Padre.
La ringraziamo per la sua munificenza e generosità
usata verso tanti monasteri di tutto il mondo, ai quali
permettete un aggiornamento continuo non limitato
alle vicende di attualità, garantendo, come dicevamo,
quella “formazione permanente” che dovrebbe caratterizzare la vita di noi consacrati.
Il Signore renda feconda l’opera di apostolato compiuta tramite la rivista e il vostro servizio alla verità così
difficile in questi tempi di confusione e di trionfo della
menzogna.
Uniamo al nostro grazie la promessa della nostra
preghiera comunitaria per le sue intenzioni e quelle
dei suoi collaboratori.
Con stima,
la priora madre Saveria Marra e comunità
Invito alla preghiera
La redazione di 30Giorni invita tutti, e in particolare le persone consacrate dei monasteri di clausura, a pregare per don Giacomo Tantardini. Da
alcuni mesi si sta curando per un tumore a un
polmone. Che il Signore doni di chiedere con fiducia il miracolo della guarigione. Ai sacerdoti
che stimano e vogliono bene a 30Giorni chiediamo di celebrare la santa messa secondo questa
intenzione. Ai genitori chiediamo la carità di far
pregare i propri bambini.
8
30GIORNI N.7/8 - 2011
Grazie per il cd
con i canti gregoriani
Roma, 5 luglio 2011
Stimatissimo senatore Giulio Andreotti,
sembra che in Italia ricevere la posta stia diventando un lusso!
In comunità accogliamo con gratitudine la vostra rivista formativa e
informativa.
Le consorelle, soprattutto le più
giovani, la attendono e, se tarda, a
causa di disguidi postali, chiedono: «30Giorni? Non
arriva?». Poi ecco che sbuca da una pila di giornali e di
riviste di un’intera settimana!
Il numero 4/5 aveva in allegato un cd con i canti
gregoriani. Grazie!
Il gregoriano sfida davvero il tempo. È considerato
la preghiera della Chiesa per eccellenza, come il libro
dei Salmi. Quando cantiamo, queste sacre melodie
fanno pensare al profumo dell’incenso che sale fino a
Annunciazione: questa immagine e tutte quelle che illustrano
le pagine delle Lettere e della Lettura spirituale sono tratte
dal ciclo di affreschi trecenteschi del Battistero di Padova
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
Dio: «Dirigatur, Domine, oratio mea, sicut incensum
in conspectu tuo».
Nella preghiera liturgica cerchiamo di mantenerlo
“in auge”, nonostante siamo diventate un piccolo
gregge, ma orante e fedele per grazia di Dio.
Esprimiamo di nuovo la nostra riconoscenza. Dio
vi renda merito per ciò che riuscite a realizzare a gloria
e onore di tutta la Chiesa.
In comunione di preghiera e di fede,
madre Ildefonsa Paluzzi, osb, e consorelle
BENEDETTINE DELLʼABBAZIA NOTRE DAME DE FIDÉLITÉ
Jouques, Francia
Natività
Les chants de la Tradition
per i nostri amici nel Benin
Jouques, 18 luglio 2011
Egregio signore,
siamo cinquantasette monache benedettine francesi e
riceviamo con grande interesse la sua rivista così appassionante. 30Giorni ci pone nel cuore della Chiesa
e ci dà le notizie che di solito non abbiamo possibilità
di ricevere. Grazie a lei abbiamo scoperto, nell’ultimo
numero, la ricca personalità del nuovo prefetto della
Congregazione per i Religiosi.
Abbiamo anche ricevuto in dono il libretto e il cd
Les chants de la Tradition e la ringraziamo di cuore.
Per noi che abbiamo ancora nella nostra abbazia il
canto gregoriano, questo è stato un gran piacere.
Abbiamo subito pensato alla nostra fondazione
in Africa, nel Benin, dove ci sono tanti sacerdoti
amici della nostra comunità che cercano di cantare i
canti gregoriani. Potrebbe, nella sua bontà, regalarci una ventina di quei cd e libretti che noi potremmo
poi dar loro?
Sono sicura della sua risposta generosa, e la nostra
madre badessa mi dà l’incarico di assicurarla sulla nostra intensa preghiera per tutte le sue intenzioni e in
particolare per il successo dell’alta missione in favore
della Chiesa attraverso il suo giornale.
suor Monique, osb
AGOSTINIANI DEL PRIORATO SAINT THOMAS DI VILLANOVA
Pietà, Malta
Grazie per Who prays is saved
e per il cd di canti gregoriani
Pietà, 21 luglio 2011
Gentile senatore Andreotti,
desidero ringraziarla per la rivista 30Giorni inviata a
noi, padri agostiniani del Saint Thomas of Villanova ¬
30GIORNI N.7/8 - 2011
9
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
Priory. Grazie anche per il libro Who prays is saved e
per il vostro ultimo dono sul canto gregoriano. È stata
un’ottima idea riproporre il canto gregoriano, visto
che in molti luoghi è completamente scomparso. A
Malta usiamo ancora la Missa de Angelis e altri canti
mariani – in particolare durante il nostro ritiro annuale
e il mercoledì, quando, dopo compieta, cantiamo i
canti mariani per il tempo dell’anno –, oltre al Veni
creator e a molti altri che siete stati così gentili da registrare sul vostro cd.
Vorrei chiederle se intendete pubblicare il libro Chi
prega si salva in maltese. Ce la caviamo anche con le
altre lingue, ma se volete, sono disposto a tradurlo
senza compenso. Ho tradotto il libro Augustine day
by day [Agostino giorno per giorno] del padre John
Rotelle, osa (ora defunto), ed è possibile leggerlo in rete sul sito degli agostiniani maltesi.
Nell’attesa di una sua risposta, la ringrazio per il
suo prezioso lavoro. Dio la benedica.
Vorrei inoltre chiederle, se possibile, di inviare una
copia di 30Giorni alla Società della dottrina cristiana
fondata da san Giorgio Preca. È un’associazione cattolica che prepara i bambini alla prima comunione e
alla cresima. Credo sarebbe per loro di grande aiuto.
Grazie. Suo in Cristo,
padre Paul Aquilina, osa, priore
SUORE CONCEZIONISTE DEL MONASTERO IMACULADA
Adorazione dei Magi
Il mondo di oggi ha bisogno di buone letture per
conoscere l’amore di Dio e tutto il lavoro della santa
Chiesa. Preghiamo tanto per le sue intenzioni e la
ringraziamo infinitamente per la sua generosità e
gentilezza. Dio la ricompensi con abbondanti grazie
e benedizioni per il suo lavoro e la sua famiglia.
Con amicizia e gratitudine, per la comunità
CONÇEICAO DE MARIA
madre Maria Celina, oic
Piracicaba, San Paolo, Brasile
Ringraziamo
anche del cd con i canti liturgici
DOMENICANE DEL MONASTERO
QUEEN OF ANGELS
Piracicaba, 22 luglio 2011
Bocaue, Filippine
Stimato signor Andreotti,
siamo suore concezioniste dell’ordine dell’Immacolata Concezione.
Ringraziamo profondamente per la
gentilezza dell’invio di questa preziosa rivista, e anche del cd con i
canti liturgici!
Dio benedica il suo lavoro per la
santa Chiesa, svolto anche scrivendo
articoli stupendi sulla santa Chiesa e
sul mondo!
Who prays is saved
da condividere
con i nostri amici
10
30GIORNI N.7/8 - 2011
Bocaue, 22 luglio 2011
Gentile direttore,
siamo le suore domenicane del
Queen of Angels Monastery
[monastero Regina degli Angeli] nelle Filippine e siamo molto
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
riconoscenti per la sua sapiente generosità nell’inviarci la rivista 30Days. Ogni volta che la riceviamo i
suoi articoli sono letti nel refettorio. Grazie infinite.
Siamo anche interessate a ricevere alcune copie
del vostro libretto Who prays is saved, da dare a ciascuna delle nostre sorelle e da condividere anche con
altri. Sarebbe certamente un modo molto istruttivo
di far conoscere alle persone il vero significato della
preghiera e la sua importanza nelle nostre vite.
Sarebbe una benedizione se vi fosse possibile donarne almeno cinquanta copie al nostro monastero
Queen of Angels, per permetterci poi di condividerle con i nostri amici, benefattori e fedeli che ogni
giorno vengono a far visita alla cappella dell’adorazione e, in tal modo, offrire loro una guida perché
comprendano quanto le preghiere sono importanti
non solo per le loro vite, ma anche per quelle degli
altri, e che in questo modo salveranno le loro anime
dall’inferno.
Che l’amore per la preghiera si diffonda sempre
più. Amen!
Ancora una volta grazie per l’abbonamento alla
rivista 30Days e un grazie anticipato per le copie di
Who prays is saved.
Ricordando voi e la vostra missione nelle nostre
preghiere,
le domenicane di Bocaue
CLARISSE DEL MONASTERO IMMACULATE CONCEPTION
Palos Park, Illinois , Usa
Grazie per 30Days e per tutti i doni che ci fate
Palos Park, 24 luglio 2011
Gentile direttore Andreotti,
sembra arrivato il momento
di ringraziarla ancora una
volta per il dono dell’invio
mensile della sua rivista
30Days, ricca di notevoli
articoli e immagini. Ci è
piaciuto molto il tributo
fatto nell’ultimo numero al
beato papa Giovanni Paolo II e anche a papa Paolo
VI che pronunciò il Credo del popolo di Dio.
Preghiamo perché la sua
causa, come anche quella di papa
Pio XII, vada avanti nel prossimo futuro. E non dimentichiamo l’amato papa Giovanni Paolo I e gli articoli
ricchi di riflessioni che su di lui avete pubblicato.
Vi ringraziamo anche per i doni arrivati con la rivista, come la meditazione sulla Santa Pasqua che abbiamo recentemente ricevuto e che abbiamo letto insieme in comunità durante la nostra settimana di ritiro, trovandola ricca di spunti di riflessione. E ora, con questo numero, la bellissima riedizione del libretto Iubilate Deo insieme ai canti del cd allegato. Ci sono molto cari
e continuiamo cantare molti canti gregoriani,
gli inni, l’ordinario della messa e i canti propri di alcune messe.
Ci piacciono inoltre le molte e bellissime
immagini di opere d’arte, in particolare dei
monasteri, come per esempio gli incantevoli
santuari mariani presentati nel numero di
questo mese. Ricorderemo le vostre intenzioni alla nostra madre santa Chiara nella novena solenne in quest’anno dell’ottavo centenario di fondazione.
Con gratitudine, in nostra madre santa Chiara,
la badessa madre Maria Teresita, pcc,
e comunità
Presentazione al tempio
continua a p. 28
30GIORNI N.7/8 - 2011
11
Lettura spirituale Lettura spirituale
Lettura spirituale/43
«Confiteor unum baptisma
in remissionem peccatorum»
Decretum de peccato originali, can. 4
Si quis parvulos recentes ab uteris matrum
baptizandos negat, etiam si fuerint a baptizatis
parentibus orti, aut dicit, in remissionem quidem peccatorum eos baptizari, sed nihil ex
Adam trahere originalis peccati, quod regenerationis lavacro necesse sit expiari ad vitam
aeternam consequendam, unde fit consequens, ut in eis forma baptismatis “in remissionem peccatorum” non vera, sed falsa intellegatur: anathema sit. Quoniam non aliter intellegendum est id, quod dicit Apostolus: «Per
unum hominem peccatum intravit in
mundum, et per peccatum mors, et ita in
omnes homines mors pertransiit, in quo
omnes peccaverunt» (Rm 5, 12), nisi quemadmodum Ecclesia catholica ubique diffusa semper intellexit. Propter hanc enim regulam fidei,
ex traditione Apostolorum, etiam parvuli, qui
nihil peccatorum in semetipsis adhuc committere potuerunt, ideo in remissionem peccatorum veraciter baptizantur, ut in eis regeneratione mundetur, quod generatione contraxerunt. «Nisi enim quis renatus fuerit ex
aqua et Spiritu Sancto, non potest introire in
regnum Dei» (Gv 3, 5) (Denzinger 1514).
12
30GIORNI N.7/8 - 2011
Lettura spirituale Lettura spirituale
Scorcio dell’interno del Battistero di Padova con il fonte battesimale
«Confesso un solo battesimo
per la remissione dei peccati»
Decreto sul peccato originale, can. 4
Se qualcuno afferma che i bambini appena usciti dal ventre della madre non devono essere battezzati, anche se nati da genitori battezzati, oppure sostiene che essi vengono sì battezzati per
la remissione dei peccati, ma non contraggono
da Adamo alcunché del peccato originale che sia
necessario purificare col lavacro della rigenerazione per conseguire la vita eterna, da cui consegue che per essi la forma del battesimo “per la remissione dei peccati” non va presa per vera, ma
per falsa, sia scomunicato. Infatti quanto dice
l’Apostolo: «A causa di un solo uomo il peccato è
entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e
così la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5, 12), non va inteso in modo diverso dal modo in cui la Chiesa
cattolica diffusa in tutto il mondo l’ha sempre
inteso. È infatti per questa norma di fede che, per
tradizione apostolica, anche i bambini, che da
sé stessi non hanno ancora potuto commettere
alcun peccato, vengono battezzati veramente
per la remissione dei peccati, affinché in essi sia
purificato con la rigenerazione quello che hanno contratto con la generazione. Infatti «se uno
non nasce da acqua e da Spirito Santo, non può
entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5).
Lettura spirituale Lettura spirituale
commento del canone 4 del Decretum de peccato originali del Concilio di
Trento (Denzinger 1514), dove, seguendo fedelmente il Credo niceno-costantinopolitano (Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati), si afferma che anche il battesimo dei bambini, i quali non hanno potuto commettere alcun peccato personale, è per la remissione dei peccati, ripubblichiamo,
a conforto della fede e come preghiera, i brani del Credo del popolo di Dio di
Paolo VI in cui è riproposta questa dottrina di fede.
Ci ha sempre sorpreso osservare come sant’Agostino, quando accenna al
momento in cui il diavolo viene sciolto (cfr. Ap 20, 3. 7) – cioè è scatenato, si scatena –, indichi quale segno della fedeltà del Signore alla Sua Chiesa, e quindi
quale segno di speranza, il fatto che genitori cristiani fanno battezzare i propri
figli (cfr. De civitate Dei XX, 8, 3).
Per questo, sempre a commento del canone 4 del Decretum de peccato
originali del Concilio di Trento, proponiamo la lettura di alcuni appunti
tratti da una lezione di don Giacomo Tantardini su questo brano del De civitate Dei di Agostino. Gli appunti della lezione, tenuta nella Libera Università San Pio V di Roma il 5 maggio 1999, sono stati diffusi tra
gli studenti in una dispensa dal
titolo Invito alla lettura di sant’Agostino. Appunti dalle lezioni di
don Giacomo Tantardini alla Libera Università San Pio V di Roma
su “La città di Dio e gli ordinamenti degli Stati”, Anno accademico1998-1999 (pro manuscripto), Associazione San Gabriele, Roma.
A
Il peccato originale
e la cacciata dal Paradiso terrestre
14
30GIORNI N.7/8 - 2011
Lettura spirituale Lettura spirituale
Peccato originale
e battesimo dei bambini
Paolo VI, Credo del popolo di Dio
Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a
tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori,
costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il
male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia
che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che
ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di
Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non
per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (cfr. Denzinger 1513).
Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali
commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che – secondo la parola dell’Apostolo – «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la
grazia» (Rm 5, 20).
Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun
peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano «dall’acqua e dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cristo
(cfr. Denzinger 1514).
Lettura spirituale Lettura spirituale
Appunti della lezione di don Giacomo Tantardini
tenuta nella Libera Università San Pio V di Roma il 5 maggio 1999
«Anche quando il diavolo viene sciolto
ci saranno genitori così forti
che faranno battezzare i loro piccoli»
(De civitate Dei XX, 8, 3)
li ultimi quattro libri del De civitate Dei descrivono il fine, il termine delle due città. Il
terzo brano che oggi leggeremo è tratto dal libro
ventesimo del De civitate Dei: è uno dei brani più
belli. Nel capitolo ottavo del libro ventesimo1
Agostino commenta alcuni versetti dell’Apocalisse. In particolare comincia a commentare quel
versetto (Ap 20, 3) in cui si legge che: «“Post haec
oportet eum solvi brevi tempore” / “Dopo queste
cose è necessario che quello [il diavolo] sia
sciolto per un breve tempo”». Giovanni parla
dei mille anni in cui il diavolo è legato; del breve
tempo in cui il diavolo viene sciolto; dei mille anni in cui i santi regneranno sulla terra. Agostino
dà di queste immagini del discepolo prediletto
quella lettura che la Chiesa ha fatto propria e da
sempre ha proposto. È interessante notare che
G
c’è tutta una tradizione culturale, che parte da
Gioacchino da Fiore, contraria alla lettura di
Agostino. C’è un libro molto interessante di Ratzinger su questo argomento2. Agostino dice che
tra l’ascensione del Signore e il Suo ritorno glorioso con la risurrezione dei morti e il giudizio finale, c’è solo il tempo della memoria. In questo
«breve tempo»3, tra l’ascensione del Signore e il
Suo ritorno glorioso, non accade nulla di diverso,
di altro4. La memoria è infatti l’accadere sempre
nuovo, quale nuovo inizio, di quello stesso unico
avvenimento definitivo. Quindi sia i mille anni in
cui il diavolo è legato, sia il breve tempo in cui è
sciolto, sia i mille anni in cui i santi regnano appartengono tutti a questo tempo della Chiesa prima del giudizio finale, sono espressioni che descrivono condizioni di questo tempo della Chie-
1
Cfr. De civitate Dei XX, 8, 1-3.
2
Cfr. J. Ratzinger, San Bonaventura e la teologia della storia, Nardini Editore, Firenze 1991.
3
Agostino, In Evangelium Ioannis CI, 1.6.
4
Concilio ecumenico Vaticano II, costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum, n. 4: «Oeconomia ergo chri-
stiana, utpote foedus novum et definitivum, numquam praeteribit, et nulla iam nova revelatio publica expectanda est ante gloriosam manifestationem Domini nostri Iesu Christi / L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non
passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Tm 6, 14 e Tt 2, 13)».
16
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Lettura spirituale Lettura spirituale
La bestia che vuole divorare il bambino partorito dalla donna vestita di sole
sa. Sant’Agostino supera in maniera definitiva il
millenarismo. I mille anni in cui i santi regneranno sulla terra non saranno un tempo diverso, altro dal tempo della Chiesa. Infatti, dice Agostino
in una delle sue osservazioni più belle, già ora regnano, già ora c’è questo regno5. Questo è il contesto in cui vanno collocate le parole di Agostino.
E l’interpretazione di Agostino risulta ancora più
realistica se accettiamo i suggerimenti che il pro-
fessor Eugenio Corsini dà per leggere l’Apocalisse6, la quale, secondo lui, si riferisce innanzitutto
alla morte e alla risurrezione del Signore, a quei
tre giorni in cui si è compiuta una volta per sempre «la rivelazione di Gesù Cristo» (Ap 1, 1). Il
tempo della Chiesa vive della memoria di quell’avvenimento e dell’attesa del suo definitivo manifestarsi. Quindi l’Apocalisse è più un libro di
memoria che non di prospettive future.
¬
5
Cfr. De civitate Dei XX, 9, 1, vedi pp. 23ss.
6
Cfr. I. de la Potterie, L’Apocalisse è già accaduta, in Storia e mistero. Esegesi cristiana e teologia giovannea, Sei-30Giorni,
Roma 1997, pp. 115-119.
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17
Lettura spirituale Lettura spirituale
La donna vestita di sole e il bambino, particolare
Che cosa vuol dire, si domanda dunque Agostino, che il diavolo sarà sciolto per un breve tempo?
Quando verrà sciolto potrà sedurre la Chiesa?
«Absit; / Non sia mai; / numquam enim ab illo
Ecclesia seducetur / mai infatti da quello [il diavolo] sarà sedotta la Chiesa, / praedestinata et
electa ante mundi constitutionem, / che è stata
predestinata ed eletta prima della creazione
del mondo, / de qua dictum est: “Novit Dominus qui
sunt eius”. / della quale è stato detto: “Il Signore conosce chi sono i suoi”».
Nella Quaresima del 1995 ho suggerito di
stampare un piccolo cartoncino con la Preghiera a
18
30GIORNI N.7/8 - 2011
san Giuseppe, il Memorare, l’Angelo di Dio e con
una delle frasi più belle che Giussani aveva detto
nel gennaio-febbraio di quello stesso anno: «Noi
siamo in un tale degrado universale che non esiste
più niente di ricettivo del cristianesimo, se non la
bruta realtà creaturale. Perciò è il momento degli
inizi del cristianesimo, è il momento in cui il cristianesimo sorge, è il momento della resurrezione
del cristianesimo. E la resurrezione del cristianesimo ha un grande unico strumento. Che cosa? Il
miracolo. È il tempo del miracolo. Bisogna dire alla gente di invocare i santi perché sono stati fatti
per questo». Perché sebbene anche altri facciano
Lettura spirituale Lettura spirituale
miracoli7, i santi sono stati fatti per questo. Mi
hanno raccontato che lunedì scorso, durante la
trasmissione televisiva Porta a porta, che aveva come argomento la beatificazione di Padre Pio, di
fronte ad alcuni interventi che sostenevano che i
santi sono canonizzati per la loro cultura, Andreotti, presente alla trasmissione, ha detto con
ironia che se le cose stessero veramente così allora
sarebbe santo solo Tommaso d’Aquino. I santi sono stati fatti tali per i miracoli.
Nello stesso piccolo cartoncino per la Quaresima del 1995 ho fatto scrivere tre frasi. La prima è
tratta dal Salmo 5: «Fai perire i bugiardi. Il Signore detesta sanguinari e ingannatori». La seconda è
tratta dall’Apocalisse (Ap 13, 11.16-17): «Vidi poi
salire dalla terra un’altra bestia. [...] Faceva sì che
tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e
schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra
e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o
vendere [potesse fare carriera] senza avere tale
marchio, cioè il nome della bestia e il numero del
suo nome». La terza frase è tratta dalla seconda
Lettera di Paolo a Timoteo (2Tm 2, 19): «Tuttavia
il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta
questo sigillo: Il Signore conosce i suoi, e ancora:
Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome
del Signore». Questa terza frase è quella che Agostino dice valere soprattutto nel tempo in cui il
diavolo viene sciolto.
7
Continuiamo la lettura di Agostino: «Et tamen
hic erit etiam illo tempore, quo solvendus est diabolus,
/ Eppure la Chiesa esisterà quaggiù anche nel
tempo in cui il diavolo dovrà essere sciolto, / sicut, ex quo est instituta, hic fuit et erit omni tempore,
in suis utique qui succedunt nascendo morientibus /
così come, dalla sua fondazione, quaggiù è
esistita ed esisterà in ogni tempo nei suoi, che
sempre si avvicendano col nascere a coloro
che muoiono»: la Chiesa vive nei suoi. Non c’è la
Chiesa in astratto. C’è la Chiesa che vive nei suoi,
che vive in maniera perfetta in Colei che è stata
Sua madre. Quando in tutte le messe si dice «non
guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua
Chiesa» penso innanzitutto alla Madonna. Perché di fatto la fede della Sua Chiesa in maniera eccellente, umile e eccellente, in una pienezza di grazia che è insuperabile, l’ha vissuta quella ragazza.
Se non ci fosse stato nessuno che avesse vissuto
così, non sarebbe così reale questa preghiera.
Poi Agostino commenta un altro brano dell’Apocalisse (20, 9 ss), in cui Giovanni dice che tutte
le nazioni «cinxerunt castra sanctorum et dilectam
civitatem, / hanno cinto d’assedio l’accampamento dei santi e la città che Dio ama, / et descendit ignis de caelo a Deo et comedit eos [...] / ma
un fuoco scese dal cielo da Dio e divorò coloro
che [...]» stavano per conquistare la città diletta... Agostino, come accennavo prima, com- ¬
L. Giussani, Cristo è tutto in tutti, Appunti dalle meditazioni di Luigi Giussani per gli Esercizi della Fraternità di Comu-
nione e liberazione, Rimini 1999, supplemento a Litterae Communionis-Tracce, n. 7, luglio-agosto 1999, p. 54: «Vi ricordate –
come lo descrive il secondo libro della Scuola di comunità –, quando Gesù, andando per i campi con i suoi apostoli, vide vicino
a un paese che si chiamava Nain una donna che piangeva e singhiozzava dietro la bara del figlio morto? E Lui andò là; non le
disse: “Ti risuscito il figlio”. Ma: “Donna, non piangere”, con una tenerezza, affermando una tenerezza e un amore all’essere
umano inconfondibili! E infatti, dopo, le diede anche il figlio vivo. Ma non è questo, perché di miracoli possono farne anche altri, ma questo, questa carità, questo amore all’uomo proprio di Cristo non ha nessun paragone in niente!».
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Lettura spirituale Lettura spirituale
La bestia che sale
dal mare
mentando questo passo afferma che la vittoria definitiva «iam ad iudicium novissimum pertinet / riguarda il giudizio finale».
Rispetto al breve tempo in cui il diavolo viene
sciolto, Agostino dice: «[...] ne quis existimet eo ipso
parvo tempore, quo solvetur diabolus, in hac terra Ecclesiam non futuram, illo hic eam vel non inveniente,
cum fuerit solutus, vel absumente, cum fuerit modis
omnibus persecutus / [...] nessuno pensi che in
8
quel breve tempo in cui il diavolo sarà sciolto
la Chiesa non esisterà sulla terra, o perché il
diavolo non ve la troverà quando verrà sciolto
o perché l’annienterà dopo averla perseguitata in tutti i modi».
Ma se il diavolo viene sciolto vuol dire che è
legato. Che significa il fatto che è legato?: «[...]
sed alligatio diaboli est non permitti exserere totam
temptationem quam potest / [...] il fatto che il
diavolo è legato vuol dire che non gli è permesso di esercitare tutta la sua possibile forza di tentazione / vel vi vel dolo ad seducendos
homines / attraverso la forza o attraverso l’inganno per sedurre gli uomini», per distogliere
gli uomini dalla fede. Questa è l’espressione
massima della tentazione. Sono tentazioni tutte
le tentazioni del diavolo così come sono vizi capitali tutti i sette vizi capitali8. Ma la tentazione
cui tendono tutte le tentazioni è quando il diavolo vuole distruggere la fede. Come diceva sempre padre Leopoldo Mandic quando confessava:
«Basta che si salvi la fede»9. Questo è il criterio
per i preti quando confessano; ed è il fine ultimo
per cui ci si confessa. Così è conforto grandissimo confessarsi di qualunque peccato perché si
salvi la fede. La fede è la radice di tutto. Così si ritorna innocenti, piccoli, puri di cuore.
«Con la forza e con l’inganno» il diavolo si mobilita per distruggere la fede. «Con la forza e con
l’inganno».
«Vi / con la forza». Per esempio la minaccia. Di
fronte alle morti improvvise che hanno segnato
questi anni, a volte ho accennato che, da un certo
Cfr. Chi prega si salva, 30Giorni, Roma 2009, p. 15: «I sette vizi capitali: 1. superbia; 2. avarizia; 3. lussuria; 4. ira; 5. gola;
6. invidia; 7. accidia».
9
20
Cfr. S. Falasca, È il Signore che opera, in 30Giorni, n. 1, gennaio 1999, pp. 70-74.
30GIORNI N.7/8 - 2011
Lettura spirituale Lettura spirituale
punto di vista, perché siano usate come minaccia
contro chi crede, non è importante che siano morti improvvise avvenute per omicidio o morti improvvise avvenute per caso (per caso non sono
mai ultimamente nel disegno della provvidenza
del Signore). Infatti possono essere usate come
minaccia nei confronti di chi crede anche se non
sono reali omicidi. Di fronte a certe morti improvvise uno può dire a un altro: «Guarda che se non
fai così, fai la fine di quella persona». Quindi le
morti improvvise sono usate come minaccia, anche se quelle morti non fossero reali omicidi, anche se fossero morti, diciamo così, naturali.
«Dolo / con l’inganno». La maggior parte delle
persone è sedotta attraverso l’inganno. Con termini moderni potremmo parlare di omologazione
anche attraverso gli strumenti di comunicazione
di massa. Inganno mediatico. Per ingannare le per-
sone il diavolo fa leva sul peccato di superbia. Infatti ai piccoli e ai semplici, cioè agli umili («Qui
sunt parvuli? Humiles»10) il Signore dona la sapienza. «La tua parola nel rivelarsi illumina, dona
sapienza ai semplici» (Sal 118, 130).
Per questo quando Agostino parla di questa
persecuzione accenna che è importante la sapienza.
Cioè è importante l’intelligenza che coglie il momento. Lo dice più avanti: «Omnes insidias eius atque impetus et caverent sapientissime et patientissime
sustinerent / per sottrarsi con somma sapienza alle insidie e agli assalti [del diavolo] e per sostenerli con somma pazienza». Agostino insiste su
questa intelligenza; anche se è evidente che è un
particolare dono di grazia il fatto che nella persecuzione si rimane fedeli. Soprattutto quando la persecuzione diventa cruenta, come nell’aprile di sette
anni fa, l’aprile 1992, Giussani aveva previsto11.
Continua Agostino: «in partem suam cogendo
violenter fraudolenterve fallendo / costringendoli
dalla sua parte con la violenza o ingannandoli con la menzogna». Il diavolo tenta gli uomini non innanzitutto perché pecchino (anche
se non li può costringere dalla sua parte con la
violenza e con l’inganno se non attraverso il ¬
10
Agostino, Sermones 67, 5, 8.
11
L. Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia
(introduzione del cardinale Joseph Ratzinger), Edit-Il SaL’angelo
bato, Roma 1993, p. 104: «È così. L’ira del mondo oggi non
che abbatte
si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi
la bestia
all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura
con la macina
da mulino
del Papa dipinto come autorità morale. Anzi c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala
pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici
che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione».
30GIORNI N.7/8 - 2011
21
Lettura spirituale Lettura spirituale
peccato12) ma perché vadano dalla sua parte. È
questo lo scopo: perché vadano dalla sua parte.
Se non si coglie questo, non si coglie una dimensione essenziale della storia della Chiesa.
Non si può descrivere la storia della Chiesa solo
come storia di grazia e di peccati. Ricordo che
una volta ero in macchina con Giussani a Roma.
Prima di giungere a piazza Venezia, Giussani
mi disse: «Vedi, i fattori della storia della Chiesa
sono tre: la grazia, il peccato e l’anticristo. Se
non si tiene presente l’anticristo, il rapporto tra
grazia e peccati può essere concepito moralisticamente». L’anticristo, attraverso il peccato,
vuole portarti dalla sua parte. «In partem suam
cogendo violenter fraudolenterve fallendo / costringendoli dalla sua parte con la violenza o ingannandoli con la menzogna».
Si domanda Agostino: perché il diavolo viene
sciolto?
Apro una breve parentesi. Qualcuno mi ha
accennato a un sogno di san Giovanni Bosco.
Don Bosco sogna di una scommessa, se non sbaglio, tra Dio e il diavolo, in cui il diavolo dice a
Dio di essere capace di distruggere la fede in un
secolo. E il Signore gli avrebbe detto: bene, ti do
un secolo, puoi fare quello che vuoi. Vedremo
alla fine se sarai riuscito a distruggere completamente la fede dentro la mia Chiesa. A tutte le
profezie private, come possono essere i sogni di
12
don Bosco, si è liberi di credere o di non credere. Anzi, propriamente, ad esse non si crede, ad
esse si può solo dare credito o no. Perché non
sono oggetto della fede. Le profezie private possono essere però ipotesi intelligenti per leggere
la realtà. Le profezie private, comprese le apparizioni della Madonna, possono essere suggerimenti all’intelligenza illuminata dalla fede per
guardare la realtà. Pensate alla profezia di Paolo
VI nel settembre 197713 e al giudizio ancora più
«Non enim nisi peccatis homines separantur a Deo / Infatti soltanto con i peccati gli uomini si separano da Dio» (De ci-
vitate Dei X, 22); «Non deserit, si non deseratur / Non abbandona se non è abbandonato» (Agostino, De natura et gratia 26,
29); Concilio di Trento, Decretum de iustificatione, cap. 11: De observatione mandatorum, deque illius necessitate et possibilitate, Denzinger 1536-1539, in particolare 1537; Concilio Vaticano I, costituzione dogmatica sulla fede cattolica Dei Filius, Denzinger 3014.
13
22
Cfr. L. Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia (introduzione del cardinale Joseph Ratzinger), Edit-Il Sabato,
30GIORNI N.7/8 - 2011
Lettura spirituale Lettura spirituale
drammaticamente realistico di Giussani del dicembre 1998 sul piccolo resto14. Una profezia privata, a cui non si crede propriamente parlando,
ma a cui si dà semplicemente credito, perché la fede nasce solo per attrattiva di grazia15, può essere
però uno spunto utilissimo per guardare con attenzione e con accettazione la realtà così com’è.
La bestia
che sale dal mare,
particolare
Allora perché il diavolo viene sciolto?
«Si autem numquam solveretur, minus appareret
eius maligna potentia, / Se non fosse mai sciolto,
meno apparirebbe la sua potenza cattiva, / minus sanctae civitatis fidelissima patientia probaretur,
/ meno sarebbe messa alla prova la fedelissima
pazienza della città santa, / minus denique perspiceretur, quam magno eius malo tam bene fuerit
usus Omnipotens [...] / ma soprattutto si vedrebbe meno chiaramente come Colui che è onnipotente può usare un male così grande per ¬
Roma 1993, pp. 72-73: «Negli ultimi anni lei desidera che siano ripetute e conosciute da tutti le parole che Paolo VI disse all’amico Jean Guitton, l’8 settembre del 1977, dove si parla di “un pensiero non-cattolico” e della resistenza di un “piccolo gregge”. Perché? Luigi Giussani: Perché è così che sta accadendo. La prego di rileggermi quelle parole. Eccole: “C’è un grande turbamento
in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel
Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui
la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è
strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine.
Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo.
Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non-cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”».
14
L. Giussani, Cristo è parte presente del reale, in 30Giorni, n. 12, dicembre 1998, p. 49: «Oggi il fatto che Cristo esista – chi
sia, dove sia, quale strada per andare a Lui – non è vissuto che da pochissimi, quasi un resto d’Israele, e anche questi spesso infiltrati o bloccati dall’influsso della mentalità comune».
15
Tommaso d’Aquino, Summa theologiae II-II q. 4 a. 4 ad 3: «Gratia facit fidem non solum quando fides de novo incipit esse in
homine, sed etiam quamdiu fides durat / La grazia crea la fede non soltanto quando la fede nasce in una persona, ma per tutto il
tempo che la fede dura».
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23
Lettura spirituale Lettura spirituale
Preghiera
a san Michele Arcangelo
San Michele Arcangelo,
difendici nella lotta: sii il nostro aiuto
contro la malvagità e le insidie del demonio.
Supplichevoli preghiamo che Dio
lo domini e tu, Principe della Milizia celeste,
con il potere che ti viene da Dio,
incatena nell’inferno satana
e gli altri spiriti maligni
che si aggirano per il mondo
per perdere le anime. Amen.
Il quinto angelo versa la coppa dell’ira di Dio
sul trono della bestia
un bene ancora più grande [...] / In eorum sane,
qui tunc futuri sunt, sanctorum atque fidelium comparatione quid sumus? / Rispetto a quei santi e
fedeli che vivranno allora [quando il diavolo
sarà sciolto], che cosa siamo noi?».
Questa domanda per Agostino nasceva spontanea, perché Agostino viveva in un tempo in cui
migliaia e migliaia di persone diventavano cristiane. Tant’è vero che per Agostino miracolo evidente per credere in Cristo è la multitudo, la moltitudine di persone che diventano cristiane. Agostino
era circondato dal miracolo di migliaia e migliaia
di persone che diventavano cristiane. Una multitudo di ignoranti e peccatori che incontravano il
cristianesimo16. Non aveva paragone l’evidenza
dei miracoli che confortano la fede17 al tempo di
Agostino con oggi, in cui, come accennava a
30Giorni un vescovo del Laos, la Chiesa è come
un piccolo bambino salvato dalle acque18. Agostino poteva dire: «Il miracolo più evidente è che i
vostri templi e i vostri teatri sono vuoti, mentre le
chiese sono piene di popolo». Oggi è letteralmente il contrario. Per questo mi sembra possibile leg-
16
Cfr. J. Ratzinger, Popolo e casa di Dio in sant’Agostino,
Jaca Book, Milano 1971, in particolare pp. 33-38: «Dio ha
fatto questo [procurare alla sapienza un’ulteriore incarnazione che le faccia strada anche fino all’occhio dello stolto]
dapprima attraverso i miracoli poi attraverso la multitudo.
Per Agostino la moltitudine dei popoli che appartengono alla Chiesa costituisce un evidente segno divino che veramente solo Dio stesso poteva dare» (p. 35).
17
Cfr. Concilio ecumenico Vaticano I, costituzione dog-
matica sulla fede cattolica Dei Filius, Denzinger 3009.
18
Cfr. S. M. Paci, Ci basta un’Ave Maria, intervista con
monsignor Jean Khamsé Vithavong, vicario apostolico di
Vientiane nel Laos, in 30Giorni, n. 3, marzo 1999, pp. 16-19.
Lettura spirituale Lettura spirituale
gere questo tempo o momenti di questo tempo,
come tempo o momenti in cui il diavolo è sciolto.
Dico questo da un punto di vista realistico, di
constatazione19. Anche la preghiera di papa Leone XIII a san Michele Arcangelo, che, prima della
riforma liturgica, si recitava al termine della santa
messa, suggeriva questa ipotesi, domandando:
«... e tu, Principe della Milizia celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana
e gli altri spiriti maligni...»20.
«[...] Usque in illum finem sine dubio convertentur; [...] / [...] Fino alla fine [anche quando il
diavolo viene sciolto] ci saranno coloro che si
convertiranno; [...] / qui oderint christianos, in
quorum quotidie, velut in abysso, caecis et profundis
cordibus includatur / [e ci saranno anche] coloro
che odiano i cristiani; nella profondità dei
loro cuori ciechi il diavolo ogni giorno viene
rinchiuso come nell’abisso»: credo che difficilmente Agostino abbia dato su qualcuno un giudizio così tragico come questo su chi odia i cristiani come tali cioè «coloro che si muovono nella semplicità della Tradizione»21.
19
«Immo vero id potius est credendum, / Si deve
piuttosto credere che / nec qui cadant de Ecclesia nec qui accedant Ecclesiae illo tempore defuturos, / anche in quel tempo non mancheranno
né quelli che si allontanano dalla Chiesa né
quelli che la incontrano, / sed profecto tam fortes erunt et parentes pro baptizandis parvulis suis /
ma che anzi certamente ci saranno sia genitori così forti che faranno battezzare i loro
piccoli [è bellissimo questo accenno, proprio
come sguardo sulle cose accadute in questi anni], / et hi, qui tunc primitus credituri sunt, ut illum
fortem vincant etiam non ligatum, / sia alcuni,
che in quel tempo avranno appena compiuto
i primi passi nella fede, che saranno così forti
da vincere la forza del diavolo anche se non
legato, / id est omnibus, qualibus antea numquam,
vel artibus insidiantem vel urgentem viribus, et vi- ¬
Cfr. J. Ratzinger, L’angoscia di un’assenza. Tre medita-
zioni sul Sabato santo, supplemento a 30Giorni, n. 3, marzo
1994.
20
Papa Leone XIII compose la preghiera a san Michele Ar-
cangelo, sembra, nel 1886, e la fece poi inviare a tutti i vescovi,
perché la facessero recitare in ginocchio al termine di ogni santa messa, dopo che era rimasto profondamente turbato da una
visione avuta al termine della celebrazione di una santa messa a
cui assisteva (cfr. Ephemerides liturgicae 69 [1955], p. 59 nota
9). La preghiera fu anche inclusa all’interno di uno speciale
esorcismo fatto inserire da Leone XIII nel Rituale Romano
(compariva al titolo XII, nell’edizione del 1954).
21
Cfr. sopra nota 11.
Cristo sul cavallo bianco seguito dagli eserciti celesti
30GIORNI N.7/8 - 2011
25
Lettura spirituale Lettura spirituale
L’Agnello in trono tra i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi
gilanter intellegant et toleranter ferant; ac sic illi
etiam non ligato eripiantur / cioè pronti a comprendere con attenzione e capaci di resistere
con pazienza al diavolo che, come mai prima, insidia con tutte le arti e assale con tutte
le forze, così da essere liberati da lui sebbene
non legato»: non sono loro che vincono, ma sono loro che dalla grazia di Dio sono strappati sia
dalla forza che minaccia sia dall’inganno.
Infine, nel capitolo nono del libro ventesimo22,
Agostino commenta i mille anni in cui gli eletti regnano sulla terra: «Interea dum mille annis ligatus
est diabolus, sancti regnant cum Christo etiam ipsi
mille annis, eisdem sine dubio et eodem modo intellegendis, id est, isto iam tempore prioris eius adventus. /
Dunque, mentre il diavolo è legato per mille
anni, i santi regnano con Cristo anch’essi per
mille anni, che devono essere intesi senza dubbio nel medesimo tempo e nel medesimo modo, cioè già in questo tempo del Suo primo avvento. / Excepto quippe illo regno, de quo in fine dic-
22
26
Cfr. De civitate Dei XX, 9, 1.
30GIORNI N.7/8 - 2011
turus est: “Venite, benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum”, / Poiché, oltre a quel regno del quale alla fine si dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi”, / nisi alio aliquo modo, longe quidem
impari, iam nunc regnarent cum illo sancti eius, / se
anche ora in questo tempo, sia pure in un altro
modo molto diverso [dal Paradiso], non regnassero con lui i suoi santi, / quibus ait: “Ecce
ego vobiscum sum usque in consummationem saeculi”; / ai quali il Signore dice: “Ecco io sono con
voi fino alla fine del tempo”, / profecto non etiam
nunc diceretur Ecclesia regnum eius regnumve caelorum / certo non si direbbe che la Chiesa già
adesso è il Suo regno, il regno dei cieli»: i suoi
fedeli regnano per la Sua presenza. Perché, essendo già ora presente il Signore, il regnare è come il
riverbero nel cuore e nei gesti, cioè nelle opere
buone, della Sua presenza e del Suo agire.
«[...] Ergo et nunc Ecclesia regnum Christi est regnumque caelorum. / [...] Infatti già adesso la
Lettura spirituale Lettura spirituale
Chiesa è il regno di Cristo e il regno dei cieli. /
Regnant itaque cum illo etiam nunc sancti eius, /
Anche adesso dunque i suoi santi regnano con
Lui, / aliter quidem quam tunc regnabunt; / in maniera diversa da come regneranno allora [in
Paradiso]; / nec tamen cum illo regnant zizania,
quamvis in Ecclesia cum tritico crescant / ma tuttavia con Lui non regna la zizzania, sebbene nella Chiesa cresca con il frumento». La differenza nella Chiesa è proprio il regnare. La differenza
è l’esperienza dello stupore che la Sua presenza
genera. Cioè la differenza è l’essere o meno in grazia di Dio23. Anche la zizzania è nella Chiesa, anche la zizzania appartiene alla Chiesa, anche la
zizzania può partecipare ai sacramenti della Chiesa, può essere tra i capi della Chiesa24, ma non regna. Perché il regnare è semplicemente il riverbero nel cuore e nelle opere buone dello stupore della Sua grazia: «[...] Postremo regnant cum illo, qui eo
modo sunt in regno eius ut sint etiam ipsi regnum eius
/ [...] Insomma, regnano con Lui quelli che
sono in tale modo nel suo regno da essere essi
stessi il suo regno».
23
L’Agnello sul monte Sion e i centoquarantaquattromila eletti
Cfr. Concilio ecumenico Vaticano II, costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 14: «Non salvatur tamen, licet
Ecclesiae incorporetur, qui in caritate non perseverans, in Ecclesiae sinu “corpore” quidem, sed non “corde” remanet. Memores autem
sint omnes Ecclesiae filii condicionem suam eximiam non propriis meritis, sed peculiari gratiae Christi esse adscribendam; cui si cogitatione, verbo et opere non respondent, nedum salventur, severius iudicabuntur / Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa,
colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col “corpo”, ma non col “cuore”. Si ricordino bene tutti i figli
della Chiesa che la loro eccelsa condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati (Lc 12,
48: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto”. Cfr. Mt 5, 19-20; 7, 21-22; 25, 41-46; Gc 2, 14)» .
24
Cfr. L. Giussani L’uomo e il suo destino. In cammino, Marietti, Genova 1999, pp. 27-28: «Qui vorrei fare un’osservazio-
ne. Quello che abbiamo detto prima sul potere vale come aspetto vertiginoso per l’autorità come potrebbe essere vissuta nella
Chiesa. Se essa non è paterna, e quindi materna, può diventare sorgente di equivoco supremo, strumento subdolo e distruttivo
in mano alla menzogna, a Satana, padre della menzogna (cfr. Gv 8, 44). Mentre sempre, in modo sconvolgente, l’autorità della
Chiesa è ultimamente da obbedire, paradossalmente».
30GIORNI N.7/8 - 2011
27
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
segue da p. 11
Vocazione di Matteo
AGOSTINIANE RECOLLETTE DEL MONASTERO
SAINT EZEKIEL MORENO
Il motivo per cui le scriviamo non è solo per esprimere la nostra gratitudine, ma anche per bussare
umilmente alla porta dei vostri cuori, vale a dire per
ricevere, se possibile, alcune copie gratuite dello stupendo libretto di preghiere Who prays is saved.
Ogni anno, per l’intero mese di maggio, facciamo
delle semplici lezioni di catechismo ai bambini poveri
che vivono nelle baraccopoli vicinissime al nostro
monastero. Nostro intento è dare loro per lo meno le
nozioni fondamentali della nostra fede o anche solo
insegnare come fare correttamente il segno della
croce, in particolare ai più piccoli. Pensavamo che
sarebbe stato di grande aiuto far imparare a memoria in inglese anche le preghiere principali. Non abbiamo però le risorse economiche per portare avanti
i nostri progetti. Poter avere cento copie di quei libretti sarebbe di enorme aiuto per noi e per chi insegna a quei bambini.
Signor direttore, sappiamo che tutto ciò sarà possibile solo grazie alla vostra gentile premura e munifica generosità. Noi possiamo solo offrire le nostre incessanti preghiere davanti al Santissimo e la nostra
infinita riconoscenza.
Con cuori grati, la ringraziamo,
Bacolod City, Filippine
suor Maria E. Catalonia, oar,
per la priora suor Lourdes Eizaguirre, oar
Who prays is saved
per i bimbi delle baraccopoli
Bacolod City, 25 luglio 2011
CLARISSE DELLʼADORAZIONE PERPETUA
Cochin, Kerala, India
Gentile signor Andreotti,
saluti in Cristo!
Siamo davvero felici e riconoscenti a lei e
ai suoi solerti collaboratori per il grande
servizio che rendete alla nostra Chiesa.
Se non erro, da ormai cinque anni beneficiamo della vostra benevola carità.
Ogni singolo numero della rivista ci piace moltissimo e siamo grate per il vostro impegno a far risaltare nel miglior
modo possibile quanto la nostra Chiesa fa per il bene di tutti. La vostra rivista, con i suoi bellissimi articoli, è un
faro che risplende luminoso, senza
mai sconfortare, ma facendo sempre
sperare che sia ancora possibile trovare del buono in questi tempi di buio
e disorientamento.
28
30GIORNI N.7/8 - 2011
Grazie per The chants of Tradition
Cochin, 27 luglio 2011
Cari signor Andreotti e amici
di 30Giorni,
quanto vi siamo grate per il cd e il
libretto The chants of Tradition!
La vostra magnanima generosità è stupenda! Che bella rivista
ricca di colori e di immagini, e
che carta di ottima qualità! E
ogni tanto anche accompagnata
da libretti, e il tutto in omaggio
da un cuore grande così!
Come possiamo ringraziarvi
per tutto quello che avete fatto
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
per noi? Lanceremo frecce
d’amore al Sacratissimo
Cuore di Gesù perché continui a far piovere le sue grazie
su di voi e sulla redazione e
perché l’opera di bene che
avete cominciato prosegua
con successo per arrivare a
toccare le anime e spronarle fino alla conquista della corona
della santità.
Nostro Signore nella sua magnificenza vi ricompensi in abbondanza in questo tempo e per
l’eternità!
suor Mary Denise Nazareth
e la comunità delle clarisse dell’Adorazione perpetua
CLARISSE DEL MONASTERO DI ANDOVER
Andover, Massachusetts, Usa
Grazie dagli Usa per The chants of Tradition
Andover, 1° agosto 2011
Gentile signor Andreotti,
le parole non riescono a esprimere la nostra gratitudine nei suoi confronti per l’invio gratuito di 30Giorni, la sua rivista di straordinaria bellezza, e, questo
mese, per The chants of Tradition accompagnato
dal cd. Il nostro Dio d’amore benedica copiosamente
la sua bontà e generosità! Quanto ci arricchisce, lei!
Chiediamo alla nostra cara madre santa
Chiara di unire la sua potente preghiera alle nostre per i bisogni e le intenzioni sue e di
tutti i suoi cari. Ci benedica anche lei con le
sue buone preghiere.
Con cuori riconoscenti nella preghiera
per tutta la bontà da lei dimostrataci,
le sue clarisse di Andover
Vocazione di Pietro e Andrea
CLARISSE DEL MONASTERO DI BELLO
Bello, Antioquia, Colombia
Trentasette monache
che giorno e notte pregano
davanti a Gesù Sacramentato
Bello, 2 agosto 2011
Illustre signor Andreotti,
riceva il nostro cordiale saluto francescano di pace e bene, in Dio nostro
Padre e in suo Figlio Gesù Cristo che
con la promessa compiuta dello
Spirito Santo riempie le nostre vite
di pace e di gioia, di fiducia e di speranza.
Un sacerdote vicino alla comunità ci ha prestato
alcuni numeri della rivista 30Giorni; riconosciamo
che è un prezioso strumento spirituale che ci aggiorna in materia ecclesiale e su altri temi interessanti,
poiché ci avvicina al mistero di Cristo, visibile nei
nostri fratelli più bisognosi.
Con questa lettera, desideriamo chiederle di inviarci più spesso e gratuitamente le copie di questa
rivista meravigliosa e, se possibile, una copia di
Quien reza se salva. È un’ottima opportunità per
crescere nella vita dello spirito. La ricompenseremo
con la nostra preghiera assidua davanti a Gesù Sacramentato, così in tutti i suoi progetti avrà sempre
la luce di queste trentasette suore che giorno e notte
pregano per lei e per i suoi più stretti collaboratori.
Le siamo grate se vorrà accogliere favorevolmente
questa supplica che le presentiamo per intercessio- ¬
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
Le nozze di Cana
ne dei nostri serafici genitori, san Francesco e santa
Chiara, i poverelli di Assisi, che dall’alto dispenseranno abbondanti grazie e benedizioni sulla sua vita.
Dio la benedica e accresca lo spirito fraterno e solidale con tante persone che usufruiscono di questo materiale spirituale.
In Gesù e Maria,
che ci tiene informate su quanto accade nel mondo
esterno per rendere viva la nostra preghiera e allargare i nostri cuori alle sofferenze dei nostri fratelli e delle
nostre sorelle. Grazie anche per il cd e il libretto con i
semplici canti gregoriani che siamo enormemente felici di avere. Stia certo delle nostre preghiere per lei e
per il suo lavoro, e per tutti i suoi collaboratori.
La vostra sorella in Nostro Signore eucaristico,
la badessa suor Margarita María del Sagrado Corazón, osc,
e comunità
suor Maria Teresita
CLARISSE DELLʼADORAZIONE PERPETUA
DOMENICANE DEL MONASTERO OUR LADY OF GRACE
Eluru, Andhra Pradesh, India
North Guilford, Connecticut, Usa
30Days ci tiene informate
per rinvigorire la nostra preghiera
La salute e la pace di Cristo dagli Usa
North Guilford, 21 agosto 2011
Eluru, 4 agosto 2011
Gentile senatore Andreotti,
le mie consorelle si uniscono a me nel ringraziarla di
tutto cuore per il prezioso dono della vostra rivista
30Days che ci inviate regolarmente da alcuni anni e
30
30GIORNI N.7/8 - 2011
Gentile senatore Andreotti,
la salute e la pace di Cristo!
Grazie per il suo dono di 30Days che considero un’ottima rivista per la sua visione della Chiesa e del mondo.
Ora, una richiesta.
Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri
Le sarebbe possibile inviare
una copia della meditazione di
don Giacomo Tantardini «The
Son cannot do anything on his
own»?
Grazie e che Dio la benedica!
suor Susan Early, op
DOMENICANE DEL MONASTERO DI SANTA
CATERINA
Santorini, Grecia
Chi prega si salva
è un gioiello per il nostro tempo
Santorini, 26 agosto 2011
Vi sarei grata se poteste inviarmi venti copie in spagnolo e una copia in italiano, portoghese, francese,
inglese e tedesco del libretto Chi prega si salva: è un
gioiello per il nostro tempo. Il Signore vi benedice già
per questo lavoro. Molte grazie.
Il Signore continui a rendere fruttuoso il vostro lavoro.
suor María de la Iglesia, op
ceviamo molte buone notizie dal
mondo esterno. 30Days ci tiene in
comunione con la Chiesa intera e il
mondo di oggi. Troviamo così spunto e motivazione per offrire le nostre
vite a Dio con maggiore entusiasmo, come sacrificio dal dolce profumo, per i bisogni più impellenti
della Chiesa e del mondo, secondo
il nostro carisma.
Siamo anche molto riconoscenti per i supplementi che ogni
tanto ci invia. Abbiamo apprezzato in modo particolare The
chants of Tradition con il cd. Le
nostre giovani sorelle sono rimaste incantate nell’ascoltare per la prima volta il canto
gregoriano in latino. Ci piacerebbe ricevere la meditazione sulla santa Pasqua.
Sia certo delle nostre incessanti preghiere per tutte
le sue intenzioni e il suo apostolato ricco di frutti. Che
le sue buone opere continuino a essere benedette da
un’abbondanza di grazia e dall’ispirazione dello Spirito Santo.
La nostra Beata Vergine del Carmelo la benedica e
la guidi.
Con rinnovati ringraziamenti e apprezzamento per
quanto lei fa, resto con affetto sua in Cristo,
suor Emmanuel of Saint Joseph e comunità
CARMELITANE DEL CARMELO ASHRAM
Vijayawada, Andhra Pradesh, India
30Days ci tiene in comunione
con la Chiesa intera
Vijayawada, 27 agosto 2011
Gentile signor Andreotti,
affettuosi saluti nella preghiera nel preziosissimo nome di nostro Signore Gesù Cristo!
Con profonda gratitudine desidero ringraziarla per la
straordinaria rivista 30Days che con tanta generosità
e costanza da anni lei ci invia. Il buon Dio la benedica e
la ricompensi in modo sempre più copioso.
Ci piace molto questa bella rivista ricca di informazioni importanti e degne di nota, di grande interesse,
stimolo e utilità per noi, suore di clausura, che non riMiracoli di Gesù
Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni
MISSIONARI GESUITI
DON BOSCO TECHNICAL COLLEGE
Kannur, Kerala, India
Adua, Etiopia
Chi prega si salva,
un libretto miracoloso
30Days in Etiopia
Adua, 5 luglio 2011
Kannur, 20 giugno 2011
Carissimo direttore,
siccome qui ci sono parecchi missionari e missionarie
che sono stati in Italia, le sarei molto grato se mi mandasse alcune copie in italiano del suo miracoloso libretto Chi prega si salva.
Questi missionari sanno molto bene l’italiano. La
ringrazio a nome loro e a nome mio per il grande bene
spirituale che fa con questi bei libretti.
Con grande affetto e gratitudine, e in unione di
preghiere, resto suo per sempre affezionatissimo comissionario,
Gentile signor Andreotti,
le siamo molto grati per l’invio della rivista 30Giorni.
La nostra comunità si compone di cinque persone e
quattro di noi comprendono meglio l’inglese che l’italiano. Le chiediamo gentilmente se è possibile ricevere
l’edizione inglese invece di quella italiana.
Grazie.
Saluti dall’Etiopia,
padre Tesfay Kidane, rettore
MISSIONARI COMBONIANI
padre L. M. Zucol, sj
Lirangwe, Malawi
Interiorizzare la fede attraverso la preghiera
Kannur, 22 luglio 2011
Lirangwe, 9 luglio 2011
Carissimo senatore Andreotti,
la ringrazio proprio di cuore per i due pacchi del suo
meraviglioso libretto Chi prega si salva.
Ho già iniziato a distribuirlo a parecchie persone e
ne ho fatto anche la traduzione in malayalam per darla
ai miei nuovi convertiti.
Così tutte le anime che saranno
salvate mediante la lettura e le preghiere dei suoi libretti, pregheranno per le sue intenzioni e otterranno da Nostro Signore un alto posto in cielo.
Noi tutti preghiamo per il suo
grande apostolato della stampa
anche mediante la sua bellissima
rivista 30Giorni che leggo con
grande profitto spirituale.
Con grande affetto, gratitudine e preghiere vicendevoli.
Resto suo gratissimo comissionario,
Vi prego, se possibile, di inviarmi due copie del libretto
Chi prega si salva (nel formato piccolo), una in inglese
e l’altra in italiano. Vorrei inoltre chiedervi l’autorizzazione a tradurre e stampare il suddetto libretto in lingua locale (chichewa). Sono certo che farebbe un
mondo di bene a tutti, a cominciare dal clero fino ai cristiani dispersi nei villaggi più lontani. Credo che l’attuale fase del nostro lavoro missionario sia quella di
portare gli africani all’interiorizzazione della loro fede, appunto attraverso la preghiera. Vivo da trentasette anni in Africa e sono convinto che
se non attuiamo, con la grazia di Dio,
questa fase, l’Africa rischia di diventare come l’America Latina dei tempi di
Pio XII, con feste trionfalistiche di massa, rallies, sempre più famiglie in disgregazione, appartenenza fluida e superficiale a Cristo e alla Chiesa.
Sono molti i cattolici che cambiano
“casacca” cercando nelle sette e nelle
denominazioni protestanti un maggiore
padre L. M. Zucol, sj
32
30GIORNI N.7/8 - 2011
Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni
PARROCCHIA DE LʼASSOMPTION
Boma, Repubblica Democratica del Congo
Qui prie sauve son âme ci ha aiutato per la catechesi
Boma, 19 luglio 2011
Caro direttore,
i bambini della nostra parrocchia che hanno ricevuto la prima comunione e i loro catechisti la ringraziano per le copie di Qui prie sauve son âme
che li hanno aiutati per l’anno di formazione catechistica appena finito. Pregano il Signore di ricolmare di grazia e di benedizioni lei e i suoi collaboratori. Le chiediamo altrettanti libretti in francese
per i bambini che inizieranno la loro formazione
in ottobre nel nuovo anno catechistico.
Voglia apprezzare, signor direttore, l’espressione della nostra riconoscenza.
P.S. Sono quello con la camicia gialla nella foto.
I ragazzi della prima comunione della parrocchia
Roger Phanzu-Kumbu
nutrimento di Parola di Dio e una fede più profonda e
meno chiassosa.
Ditemi come potrò pagare i libretti e le spese postali via aerea.
Auguri di sempre maggior successo nel vostro apostolato.
padre Anastasio Tricarico
XAVERIAN HOUSE
Dhaka, Bangaladesh
La richiesta del libro di Joseph
Ratzinger, Lʼunità delle nazioni
Dhaka, 15 luglio 2011
Caro onorevole Giulio Andreotti,
desidero rinnovarle il mio grazie per i contributi così
stimolanti della vostra rivista. Nello stesso tempo le
de L’Assomption a Boma
rinnovo anche il mio augurio perché, considerando il
peso degli anni, lei abbia ancora la leggerezza necessaria per destreggiarsi nella direzione di 30Giorni.
In passato ho ricevuto alcuni dei vostri libri che mi
sono stati molto utili. Mi piacciono molto le meditazioni agostiniane di don Tantardini.
Recentemente un mio
confratello che lavora con
gli stranieri residenti a
Dhaka mi ha chiesto una
copia dell’edizione inglese di Chi prega si salva.
Per me, oso aggiungere la richiesta del libro di Joseph Ratzinger, L’unità delle nazioni.
Un grazie e una
preghiera,
padre
Silvano Garello
Lettere dalle missioni Lettere dalle missioni
sta musica sacra la perdiamo, facendola cadere in disuso, come si potrà trasmettere? La sua è quindi un’iniziativa benvenuta, artistica, strumento secolare di
preghiera, e necessaria.
La ringraziamo per la sua generosità e attenzione,
e la portiamo nella nostra preghiera.
suor Viviana Zanesco, a nome di tutta la comunità
ARCIDIOCESI DI PRETORIA
Phalaborwa, Sudafrica
È stata una vera e propria meraviglia
leggere 30Days
Phalaborwa, 22 luglio 2011
SUORE MISSIONARIE DELLA CONSOLATA
DELLA NAZARETH HOUSE
Nairobi, Kenya
Un grazie particolare
per il cd I canti della Tradizione
Nairobi, 21 luglio 2011
Egregio senatore Giulio Andreotti,
abbiamo un debito di riconoscenza con lei per il dono della sua pubblicazione 30Giorni che riceviamo
regolarmente e che leggiamo con interesse per le
notizie e gli articoli particolari che altrimenti non potremmo cogliere.
Accetti le nostre congratulazioni per lo scopo lodevole della sua rivista: formare, informare, spiegare, e
anche lodare e apprezzare il bene e illuminare su possibili errori. Traspare anche, fra le righe, la sua personalità, che conosciamo da anni; ma il suo puntuale
editoriale ci permette di conoscere ancor meglio i suoi
valori personali.
Grazie di questa condivisione, non solo della rivista. Un grazie particolare per il cd I canti della Tradizione allegato al numero 4/5. Lo abbiamo subito
ascoltato e le voci del coro, precise, vibranti, disciplinate, di stile ed esecuzione incantevoli secondo la tradizione gregoriana, ci hanno riempito il cuore. Ormai
in Europa si sentono raramente, e qui non è ancora
possibile insegnarli. Una musica carica di secoli di devozione e tradizione non si può solo insegnare: si deve sentire e vivere. Se noi che abbiamo ereditato que34
30GIORNI N.7/8 - 2011
Signore,
sono un sacerdote cattolico romano incardinato nell’arcidiocesi di Pretoria e al momento opero a Phalaborwa, nell’estremo nord del Paese.
Mi è capitata tra le mani la vostra rivista, anche se
in una copia ormai datata, del 2007. L’ho scorsa, sfogliandone le pagine e alla fine l’ho letta tutta. È stata
una vera e propria meraviglia leggerla: gli argomenti
trattati sono di grande rilievo e offrono molte informazioni per un cattolico.
State facendo un’opera notevole e di grande ispirazione.
Entusiasmato dalla qualità della rivista, ho chiesto
informazioni e mi piacerebbe riceverla regolarmente,
L’ultima cena
La crocifissione
CASA DEL CLERO DI BUENOS AIRES
Buenos Aires, Argentina
ma non ho i mezzi economici per sostenere le spese di
un abbonamento.
La mia umile richiesta è di poter avere un abbonamento gratuito all’edizione inglese.
Spero e sono fiducioso che la mia richiesta verrà
presa favorevolmente in considerazione e che non
sarà un eccessivo onere economico.
Grazie in anticipo.
Cordiali saluti,
Chi prega si salva per la catechesi degli adulti
padre S. Rangwaga
padre Francisco Caggia
Buenos Aires, 29 luglio 2011
Cari amici, sono un sacerdote argentino e desidero
chiedervi un favore: avrei bisogno di 10 copie in spagnolo e 3 in italiano di Chi prega si salva. Lo utilizzo
per la catechesi degli adulti.
Molte grazie fin d’ora.
30GIORNI N.7/8 - 2011
35
Lettere dalle missioni
Buenos Aires, 18 agosto 2011
Cari fratelli,
grazie per l’invio dell’utilissimo Quien reza se salva che
ho cominciato a distribuire il giorno stesso dell’arrivo. Dio
vi conceda le forze e i mezzi per continuare. Di nuovo mille grazie e in unione di preghiera.
padre Francisco Caggia
PARROCCHIA DI SANTO EUSEBIO
Inhassoro, Mozambico
tizie, gli articoli, le riflessioni e le bellissime foto. Sono per
me momenti di serenità e di distensione, quelli in cui ho la
possibilità di scorrere le pagine di 30Jours.
Penso di farvi piacere nel mandarvi una delle mie
foto dove sono con alcuni catechisti che a marzo di
quest’anno hanno seguito un corso di formazione al
Centro pastorale e sociale che gestiamo nella nostra
missione di Dondi (Watsa) nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo.
Nell’esprimervi i miei sentimenti di grande stima e
l’augurio di lunga vita ancora, vi
porgo i miei rispettosi saluti e
l’assicurazione della mia preghiera al Signore.
Qualche copia
di Quem reza se salva
per i nostri catechisti
padre Giacomo Biasotto
Inhassoro, 4 agosto 2011
DIOCESI DI SANTIAGO DI CAPO VERDE
Praia, Capo Verde
Gentilissimo direttore,
la ringrazio di cuore per il
cd di canti gregoriani:
sentirli qui in Africa mi ha
riportato alla mia giovinezza in seminario.
Riceviamo con piacere la sua rivista, le mando
alcune fotografie della nostra chiesa da poco
consacrata.
Un caro saluto,
padre Pio Bono
P.S. Se può, ci invii qualche copia di Quem reza se
salva per i nostri catechisti.
MISSIONARI COMBONIANI
Dondi, Repubblica Democratica del Congo
Sono momenti di serenità
quelli in cui leggo 30Jours
Dondi, 6 agosto 2011
Con la presente, desidero esprimervi la mia gratitudine
per la rivista 30Jours che ricevo quasi regolarmente nella
Repubblica Democratica del Congo. Se dico “quasi” è
per il malfunzionamento delle poste locali. Anche se non
ricevo tutti i numeri, la rivista mi è molto gradita per le no36
30GIORNI N.7/8 - 2011
Cento copie
di Quem reza se salva
Praia, 8 agosto 2011
È con molta gioia e profonda riconoscenza che comunico di aver ricevuto la
bella, ricca e importante rivista 30Giorni, in portoghese, frutto della generosità e dello spirito di servizio del suo direttore e del suo staff.
Ringrazio per l’invio spontaneo e gratuito di questa interessante rivista alle Chiese di missione, come pure del
supplemento al n. 4/5 del 2011, con il cd e il libretto Os
cantos da Tradiçao. Dio vi ricompensi.
Vorrei anche chiedere cento copie del libretto Quem
reza se salva.
Pur non conoscendolo, sono convinto che si tratti
di un libro molto utile, in grado di aiutare le persone
che vogliono o hanno necessità di pregare, ma che
hanno bisogno di un sussidio. I libretti saranno distribuiti a queste persone.
Con l’augurio di ogni benedizione dal Signore, colgo
l’occasione per presentarle, illustre signor Andreotti, i
miei rispettosi saluti in Gesù Cristo.
Arlindo Gomes Furtado,
vescovo di Santiago di Capo Verde
TANTE STRADE DI CARITÀ
PASSANO PER UNA
PICCOLA VIA
L’ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS è stata istituita sia per inviare gratuitamente
soprattutto nei Paesi di missione il mensile internazionale 30Giorni e il piccolo libro
Chi prega si salva, sia per venire incontro alle richieste di carità.
PUOI AIUTARE L’ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS FACENDO UNA DONAZIONE
attraverso un versamento sul conto corrente bancario:
IBAN IT 84 S 02008 05232 000401310401
(per bonifici effettuati fuori dall’Europa: BIC-SWIFT BROMITR172A)
intestato a: ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS
oppure: Assegno bancario o circolare, con l’indicazione non trasferibile, emesso a favore di
ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS
nella Chiesa e nel mondo
Via dei Santi Quattro, 47 - Roma
[email protected]
Via Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma
Tel. 06 72 64 041 Fax 06 72 63 33 95
[email protected] • www.30giorni.it
per saperne di più puoi contattarci scrivendo a: [email protected]
La posta del direttore
ARCIDIOCESI DI KARACHI
Karachi, Pakistan
Grazie per la vostra fedeltà alla Chiesa
Karachi, 25 luglio 2011
Gentile signor Andreotti,
molte grazie per l’invio regolare di 30Giorni/ 30Days.
Oltre al libretto Who prays
is saved, devo ora ringraziarla per The chants of Tradition. È un bel pensiero da
parte sua e dei suoi collaboratori. Grazie per tutto quello che fate per moltissime
persone, in particolare nelle
missioni. Grazie per la vostra fedeltà alla Chiesa. Dio
benedica lei e i suoi collaboratori nella vostra
opera d’amore.
Vi chiedo di pregare per la nostra Chiesa in
Pakistan.
CAPPELLA DI MARIA MADRE DI DIO
Kuching, Sarawak, Malaysia
Ho sempre letto 30Giorni
con grande piacere
per gli articoli dottrinali e le interviste
Kuching, 20 luglio 2011
Gentile direttore,
da anni ormai ricevo regolarmente una copia omaggio della sua rivista. La ringrazio di cuore. L’ho sempre letta con grande piacere, in particolare gli articoli dottrinali e le interviste. La ringrazio anche per
38
30GIORNI N.7/8 - 2011
Le copertine di Who prays is saved
e The chants of Tradition
Con ogni buon augurio e benedizione,
sinceramente vostro in Cristo,
Evarist Pinto, arcivescovo di Karachi
aver ogni tanto allegato alcuni libretti, come l’ultimissimo The chants of Tradition. Offrirò preghiere
per lei e per i suoi collaboratori, e per il proseguimento della rivista. Vi sarò grato se continuerete a
inviarmela.
Ho lasciato il mio incarico nel 2003, ma ho continuato a praticare attivamente il ministero sacerdotale
offrendo il mio aiuto a parrocchie e singoli. Ringrazio
il Signore per la salute tutto sommato buona e per
l’aiuto a non perdere lo spirito sacerdotale.
Con i migliori auguri, grato nel Signore, suo
Peter Chung Hoan Ting,
arcivescovo emerito di Kuching
DIOCESI DI SAN ANGELO
DIOCESI DI MILANO
San Angelo, Texas, Usa
Treviglio, Bergamo
Vi ringrazio di cuore
per il cd e il libretto di canti gregoriani
Ho quasi ottantatré anni...
Treviglio, 29 agosto 2011
San Angelo, 28 luglio 2011
Cari e gentili amici,
vi ringrazio di cuore per il cd e per il bel libretto di
canti gregoriani. Apprezzo molto questo dono speciale e allego una donazione per esprimere la mia
gratitudine.
La pace di Dio sia con voi.
Sinceramente in Cristo e Maria,
Michael D. Pfeifer, omi,
vescovo di San Angelo
Spettabile direzione,
chiedo scusa per il disturbo, ma avrei bisogno della vostra comprensione.
Ho quasi ottantatré anni e sono un sacerdote pensionato (che brutta parola!). Ho lasciato la bella Liguria
dove ho trascorso “solo” cinquantatré anni. Quando
ho lasciato la parrocchia di Diano San Pietro, in provincia di Imperia (diocesi di Albenga – Imperia), dopo
quarantaquattro anni, ne ho sofferto tanto. Ora sono
tornato nella mia cara terra bergamasca.
Per favore, potreste farmi avere una copia del libretto di preghiere Chi prega si salva? Non l’ho trovato nelle librerie di Treviglio. Sarà mia premura saldare il debito.
Un grazie di cuore e vi chiedo
una preghiera.
Fraternamente vi saluto,
don Antonio Misani
Il Paradiso nella cupola
del Battistero di Padova
30GIORNI N.7/8 - 2011
39
Spicchi Spicchi Spicch
Copertina
ANGELUS
«Con le tue sole forze non puoi alzarti:
stringi la mano di Colui che scende fino a te»
Palazzo apostolico di Castel Gandolfo
domenica, 7 agosto 2011
Cari fratelli e sorelle,
nel Vangelo di questa domenica, incontriamo Gesù che, ritiratosi sul monte,
prega per tutta la notte. Il Signore, in disparte sia dalla gente che dai discepoli,
manifesta la sua intimità con il Padre e la
necessità di pregare in solitudine, al riparo dai tumulti del mondo. Questo allontanarsi, però, non deve essere inteso
come un disinteresse verso le persone
o come un abbandono degli apostoli.
Anzi – narra san Matteo – fece salire i
discepoli sulla barca per «precederlo
sull’altra riva» (Mt 14, 22), per incontrarli di nuovo. Nel frattempo, la barca
«distava già molte miglia da terra ed era
agitata dalle onde: il vento infatti era
contrario» (v. 24), ed ecco che «sul finire della notte [Gesù] andò verso di loro
camminando sul mare» (v. 25); i discepoli furono sconvolti e scambiandolo
per un fantasma «gridarono dalla paura» (v. 26), non lo riconobbero, non capirono che si trattava del Signore. Ma
42
30GIORNI N.7/8 - 2011
Gesù li rassicura: «Coraggio, sono io,
non abbiate paura!» (v. 27). È un episodio del quale i Padri della Chiesa hanno
colto una grande ricchezza di significato.
Il mare simboleggia la vita presente, e
l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di
difficoltà, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa costruita da Cristo e guidata dagli apostoli.
Gesù vuole educare i discepoli a sop- ¬
Sant’Agostino, immaginando
di rivolgersi all’apostolo,
commenta: il Signore
«sì è abbassato e t’ha preso
per mano. Con le tue sole
forze non puoi alzarti. Stringi
la mano di Colui che scende
fino a te» (Enarrationes in
Psalmos 95, 7) e dice questo
non solo a Pietro,
ma lo dice anche a noi
hi Spicchi Spicchi Spicchi
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE
Gesù salva Pietro dalle acque, mosaico della Cattedrale di Monreale, Palermo
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Spicchi Spicchi Spicch
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3
Gesù salva Pietro dalle acque, particolare
portare con coraggio le avversità della vita, confidando in Dio, in Colui che si è rivelato al profeta Elia sull’Oreb nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,
12). Il brano continua poi con il gesto
dell’apostolo Pietro, il quale, preso da
uno slancio di amore verso il Maestro,
chiese di andargli incontro, camminando sulle acque. «Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad
affondare, gridò: “Signore, salvami!”»
(Mt 14, 30). Sant’Agostino, immaginando di rivolgersi all’apostolo, commenta:
il Signore «sì è abbassato e t’ha preso per
mano. Con le tue sole forze non puoi alzarti. Stringi la mano di Colui che scende
Il grande pensatore
Romano Guardini scrive
che il Signore «è sempre
vicino, essendo alla radice
del nostro essere. Tuttavia,
dobbiamo sperimentare
il nostro rapporto con Dio
tra i poli della lontananza
e della vicinanza. Dalla
vicinanza siamo fortificati,
dalla lontananza messi
alla prova»
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30GIORNI N.7/8 - 2011
fino a te» (Enarrationes in Psalmos 95,
7) e dice questo non solo a Pietro, ma lo
dice anche a noi. Pietro cammina sulle
acque non per la propria forza, ma per la
grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non
fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, quando non si fida pienamente della parola del Maestro, vuol dire
che si sta interiormente allontanando da
Lui ed è allora che rischia di affondare
nel mare della vita, e così anche per noi:
hi Spicchi Spicchi Spicchi
OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI
Invochiamo la Vergine Maria,
modello di affidamento pieno
a Dio, perché, in mezzo
a tante preoccupazioni,
problemi, difficoltà che
agitano il mare della nostra
vita, risuoni nel cuore
la parola rassicurante di Gesù,
che dice anche a noi:
Coraggio, sono io,
non abbiate paura!,
e cresca la nostra fede in Lui
se guardiamo solo a noi stessi, diventiamo dipendenti dai venti e non possiamo
più passare sulle tempeste, sulle acque
della vita. Il grande pensatore Romano
Guardini scrive che il Signore «è sempre
vicino, essendo alla radice del nostro essere. Tuttavia, dobbiamo sperimentare il
nostro rapporto con Dio tra i poli della
lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza
messi alla prova» (Accettare se stessi,
Brescia 1992, p. 71).
Cari amici, l’esperienza del profeta
Elia, che udì il passaggio di Dio, e il travaglio di fede dell’apostolo Pietro, ci fanno comprendere che il Signore prima
ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, è Lui stesso che ci viene incontro,
abbassa il cielo per tenderci la mano e
portarci alla sua altezza; aspetta solo che
ci fidiamo totalmente di Lui, che prendiamo realmente la sua mano. Invochiamo la Vergine Maria, modello di affidamento pieno a Dio, perché, in mezzo a
tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù, che dice anche a noi: Coraggio, sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui.
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3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3
Chiesa/1
Primo millennio.
Appunti di metodo
Settimo cielo, blog curato dal vaticanista Sandro Magister per l’Espresso, ha ospitato un dibattito
sulla Tradizione cattolica e il Concilio Vaticano II. Questo l’incipit di
uno scritto del professor Enrico
Morini, docente di Storia del cristianesimo e delle Chiese presso
l’Università di Bologna, pubblicato
il 15 luglio: «Il problema semmai
non è che cosa si intenda per tradizione ma se ci sia stato un momento in cui in Occidente è successo
qualcosa per cui questo flusso vitale, che non si è mai interrotto –
lungi da me il mettere in dubbio
questa fedeltà della mia Chiesa alla
tradizione! – si è per così dire intorbidato. A mio parere ciò è avvenuto in modo rilevante proprio allo
scadere del primo millennio, donde la mia individuazione di un criterio ermeneutico del Concilio Vaticano II precisamente nel ritorno all’esperienza comune della Chiesa
indivisa. Anche l’Ortodossia sarebbe ugualmente bisognosa di
una tale “riforma” della sua vita ecclesiale – anche se in misura sensibilmente minore rispetto all’Occidente cattolico-romano –, sempre
seguendo il medesimo criterio.
Anzi, ha già incominciato a farlo
(basti pensare al “ritorno ai Padri”
avviato dalla teologia russa dell’emigrazione) e qualora questo ritorno alla propria tradizione arrivasse anche alle sorgenti dell’ecclesiologia ortodossa – spogliandola
degli elementi spuri accumulatisi
in secoli di polemica – allora persino il tremendo problema del primato romano sarebbe forse suscettibile di soluzioni oggi ancora
inimmaginabili. Quanta strada sia
ancora da fare in questo ambito
nella Chiesa cattolica [...] lo ha dimostrato nei giorni scorsi la preconizzata successione sulla cattedra episcopale milanese: senza
minimamente eccepire sulla sostanza della scelta – data l’elevatissima personalità dell’eletto – il metodo mi ha lasciato interdetto. Trasferire un vescovo da una grande
46
30GIORNI N.7/8 - 2011
La Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta ad Aquileia
Chiesa che vanta radici apostoliche (Aquileia – Grado – Venezia) a
un’altra grande Chiesa, che vanta,
accanto ad un grande presente,
un non meno grande passato (basti pensare alla tradizione ambrosiana) richiama troppo da vicino il
trasferimento di un funzionario,
che ha ben meritato, da una prefettura ad un’altra più prestigiosa
e impegnativa. L’episodio mi è
sembrato il sintomo di un forte
scompenso ecclesiologico».
Chiesa/2
Come ai giorni
dell’assassinio di Moro
Sul Corriere della Sera del 28
agosto, Alberto Melloni riflette sull’introduzione dell’8 per mille (il
contributo dello Stato italiano a sostegno della Chiesa): «Il denaro dato alla Cei (Conferenza episcopale
italiana), infatti, è stato speso (quasi sempre) bene: ha rimesso in sesto un patrimonio che il Fondo edi-
Il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a Roma, il 9 maggio 1978
hi Spicchi Spicchi Spicchi
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI
fici di culto del Ministero degli Interni non poteva mantenere; ha finanziato tanta solidarietà. Non
mancano le ombre: ha certo foraggiato sacche di interessi e comprato consensi in vendita, ha dato fiducia a mezze tacche della finanza
o della cultura, ha coperto operazioni meschine (d’altronde, come
spiegava un grande cardinale italiano, in fatto di denaro “i preti delinquenti si fidano sempre di delinquenti, perché sono anche loro delinquenti; i preti buoni si fidano dei
delinquenti perché sono buoni”).
[...] Quel denaro però ha eroso
qualcosa di assai più profondo per
la Chiesa italiana: e cioè la sua fede
nella povertà come via necessaria
essere nella svolta che stiamo vivendo fattore di unità profonda del
Paese. Con quella credibilità potrebbe affrontare tutte le questioni
sul tappeto difendendo il diritto
delle feste religiose di tutti, cercando un punto di ripartenza del senso
civico di tutti, insegnando quel “linguaggio di verità”, che il presidente [Napolitano] ha evocato sul presente, sui vent’anni ultimi e che
forse andrebbe spinto almeno indietro per poter produrre un rinnovamento vero della coscienza civica di tutti. Qualcosa di limpido e
impolitico come un tale atto di fede – con tutte le conseguenze di rigore e di trasparenza che esso
comporta – darebbe ai vescovi o
¬
Paolo VI durante la messa in suffragio di Aldo Moro, il 13 maggio 1978, in San Giovanni
in Laterano
della Chiesa, secondo il limpido
dettato della costituzione conciliare Lumen gentium 8. Perché –
come ha insegnato l’emersione dei
crimini di pedofilia – ogni consiglio
evangelico può essere vissuto in
modo estrinseco o profondo: e come la superficialità esalta le turpitudini, la sincerità anche debole accresce la virtù. Così la scarsa fiducia, per dir così, nella povertà ha
sottratto alla Chiesa una credibilità
di cui oggi avrebbe bisogno, per
comunque accrescerebbe quella
autorevolezza di cui hanno bisogno loro, spettatori di rimpianti e
di lotte di carriera ecclesiastica spudorate: e di cui ha ancor più bisogno il Paese. Nei giorni più difficili
della sua storia postfascista – l’8
settembre del 1943, il 9 maggio
del 1978 – l’Italia ha trovato nella
Chiesa un sostegno infungibile e in
quei gesti di coraggio la Chiesa ha
guadagnato una credibilità capitalizzata per decenni. Nessuno può
escludere che giorni, per fortuna
diversi nella forma, ma non meno
impegnativi nella sostanza, siano
oggi innanzi al Paese».
Chiesa/3
Messori: il primo millennio
e la Chiesa che non è nostra
ma Sua
Vittorio Messori, sul Corriere della
Sera del 31 agosto, riflette sul calo
di vocazioni che ha investito diverse
congregazioni religiose. Questa la
sua conclusione: «Certamente è doloroso assistere al declino di istituzioni che furono benemerite e madri di tanti santi e constatare il dolore di cristiani che hanno dato la vita
a Famiglie che amavano e che, ora,
vedono estinguersi. Ma, nella prospettiva di fede, nulla può esserci di
davvero inquietante. La Provvidenza che guida la storia (e tanto più la
Chiesa, corpo stesso di Cristo) sa
quel che fa: “Tutto è Grazia”, per
dirla con le ultime parole del curato
di campagna di Bernanos. La Chiesa non è un fossile, ma un albero vivo dove, sempre, alcuni rami inaridiscono mentre altri spuntano e vigoreggiano. Chi conosce la sua storia sa che in essa, sull’esempio del
Fondatore, la morte è seguita dalla
risurrezione, spesso in forme umanamente impreviste. Non si dimentichi che nel primo millennio cristiano c’erano soltanto preti secolari e
monaci: tutte le famiglie religiose
sono apparse solo a partire dal secondo millennio. Frati e suore non
ci furono per molti secoli, dunque,
pur lasciando un ricordo glorioso e
nostalgico, potrebbero non esserci
in futuro (è una ipotesi estrema) o,
almeno, avere sempre meno peso e
influenza. Ciò che è certo è che, a
ogni generazione, in molti cristiani
continuerà ad accendersi il bisogno
di vivere il Vangelo sine glossa, nella sua radicalità. Quale volto nuovo
assumerà la vita consacrata per intero al perfezionamento personale
e al servizio del prossimo? Beh, la
conoscenza del futuro ci è preclusa,
è monopolio di Colui che, attraverso poveri uomini, guida una Chiesa
che non è nostra ma Sua».
¬
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Spicchi Spicchi Spicch
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3
RECENSIONE
Movimenti e scristianizzazione
Il Corriere della Sera del 25 agosto recensisce un
accurato studio di Roberto Cartocci sul cattolicesimo in Italia pubblicato dal Mulino. Le statistiche dello studio fotografano un’Italia divisa in un Nord scristianizzato e un Sud in cui la devozione cattolica è
ancora diffusa. Così nella recensione del Corriere:
«Cartocci rileva poi che alla secolarizzazione si accompagna un processo opposto, per la presenza di
movimenti che rafforzerebbero il cattolicesimo italiano, garantendo alla Chiesa un peso politico decisivo. È davvero così? La ricerca indica un’accelerazione della secolarizzazione a metà degli anni Ottanta. Al Convegno di Loreto del 1985, la Chiesa italiana spostò il baricentro dalle tradizionali associazioni
a base parrocchiale (Azione cattolica, Acli, Scout) ai
nuovi movimenti (Comunione e liberazione, Sant’Egidio, tra gli altri). Si
poneva fine a un periodo di grande
articolazione del cattolicesimo italiano, che, a prezzo di qualche conflitto, copriva un vasto spettro di sensibilità e, per la dimensione nazionale
delle associazioni, l’intera penisola. I
movimenti mostrano invece un radicamento geografico limitato, non incidendo sulle particolarità della
Chiesa meridionale rilevate da CarRoberto Cartocci, Geografia dell’Italia cattolica,
il Mulino, Bologna 2011, 182 pp., euro 15,00
Sacro Collegio
La morte dei cardinali Noè,
Ambrozic e Deskur
Il 24 luglio è scomparso il cardinale
lombardo Virgilio Noè, 89 anni, arciprete emerito della Basilica di San
Pietro in Vaticano. Il 26 agosto è
venuto meno il cardinale canadese
Aloysius Matthew Ambrozic, 81
anni, arcivescovo emerito di Toronto. Il 3 settembre è poi morto il cardinale polacco Andrzej Maria Deskur, 87 anni, presidente emerito
del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. In quella data il
Sacro Collegio risulta composto di
193 membri di cui 114 elettori.
48
30GIORNI N.7/8 - 2011
Giuseppe Bertello
Giovanni Paolo II interviene al Convegno ecclesiale “Riconciliazione
cristiana e comunità degli uomini”, Loreto, aprile 1985
tocci. Se da un lato si è creata l’impressione di forza
del nucleo duro del cattolicesimo italiano, dall’altro
la riduzione della sua articolazione interna ha portato all’accelerazione della secolarizzazione proprio
nelle aree in cui più forte è la presenza dei movimenti (indicativo il caso di Cl e della Lombardia). Contrastare la secolarizzazione non è facile, probabilmente
nemmeno possibile. È legittimo chiedersi se scelte
diverse avrebbero attenuato la frattura denunciata
da Cartocci».
Santa Sede/1
Bertello e Sciacca ai vertici
del Governatorato
vaticano
Il 3 settembre Benedetto XVI ha
accettato la rinuncia del cardinale Giovanni Lajolo, 76 anni, da
presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città
del Vaticano e presidente del Governatorato del medesimo Stato,
«chiedendogli di rimanere in carica fino al 1° ottobre 2011, con
tutte le facoltà inerenti a tali uffici». Allo stesso tempo il Papa ha
nominato come successore di
Lajolo l’arcivescovo piemontese
hi Spicchi Spicchi Spicchi
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI
Giuseppe Bertello, 69 anni, dal
2007 nunzio apostolico in Italia
e nella Repubblica di San Marino, «il quale assumerà i suddetti
uffici il 1° ottobre prossimo».
Sempre il 3 settembre Benedetto XVI ha nominato come segretario del Governatorato, elevandolo alla sede episcopale titolare
di Vittoriana, monsignor Giuseppe Sciacca: nato a Catania
56 anni fa, consacrato sacerdote
nel 1978 per la diocesi di Acireale, dal 1999 Sciacca era prelato
uditore del tribunale della Rota
Romana.
Santa Sede/2
O’Brien pro gran maestro
dell’Ordine del Santo
Sepolcro
Il 29 agosto il Papa ha accettato
le dimissioni del cardinale John
Patrick Foley, 76 anni, dall’incarico di gran maestro dell’Ordine
equestre del Santo Sepolcro di
Gerusalemme e ha nominato come pro gran maestro monsignor
Edwin Frederick O’Brien, 72 anni, che dal 2007 era arcivescovo
di Baltimora.
Medio Oriente/2
Grossman, il messianesimo
e la stretta via della pace
«“La guerra non è il nostro destino”. Con un accorato appello, lo
scrittore israeliano David Grossman continua a pensare che esista uno stretto cammino verso la
pace, anche adesso che i venti di
guerra si sono rimessi forti a soffiare. “Oggi ci sembra terribilmente difficile immaginarlo perché significherebbe trovare dei
compromessi dolorosi”. [...] “Ovviamente”, continua, “ci sarà
sempre il rischio di avere nuovi
fanatici da una parte e dall’altra
che faranno di tutto per uccidere
la pace nascente”». È l’incipit di
un articolo apparso sulla Repubblica del 21 agosto, che prosegue
riportando un’altra riflessione dello scrittore israeliano: «Se saremo
abbastanza intelligenti, coraggiosi
e fortunati per arrivare alla pace,
il mondo sarà sorpreso di veder
come israeliani e palestinesi possono lavorare insieme e utilizzare
i loro talenti per cominciare una
vita normale». Poi, accennando
alla situazione inter na del suo
Paese, lo scrittore ha concluso:
«C’è un costante arretramento
della democrazia. Un gruppo di
ebrei messianici ha sequestrato lo
Stato intero. Una piccola minoranza detta il nostro sistema di valori, la nostra politica, il nostro
avvenire. [...] Non ho fiducia nella
buona volontà dei Paesi arabi. Ma
l’esercito non può essere l’unico
mezzo per restare qui».
Finanza/1
La finanza
e la criminalità organizzata
non vogliono vincoli
«Gli Stati si sono sempre fondati su
due cardini: il potere (cioè fare le
cose) e la politica (cioè immaginarle e organizzarle). La globalizzazione si muove senza politica. Ha bisogno di rapidità. Detesta i vincoli.
Un po’ come la malavita. Le regole
sono un ostacolo. Così i mercati
più fiorenti nel mondo sono quello
criminale e quello finanziario. Non
importa se sono sporchi o puliti.
Non fa riflettere?». Così Zygmunt
Bauman, sociologo e filosofo, sulla
Stampa del 7 agosto.
¬
Medio Oriente/1
Israele e il terrore
della pace
«I politici israeliani sono terrorizzati dalla pace. Tremano, col terrore
della possibilità di una pace. Perché senza guerra e senza una mobilitazione generale, non sanno
come vivere. Israele non vede come un male assoluto i missili che
cadono sulle cittadine lungo i confini. Al contrario: i politici sarebbero preoccupati, perfino allarmati,
se non piovesse questo fuoco».
Queste le parole di Zygmunt Bauman, ebreo polacco che ha attraversato l’orrore della Shoah e delle
purghe staliniane, in una controversa intervista rilasciata al settimanale polacco Politika e ripresa, in Italia, dal Corriere della Sera del 2 settembre.
Bambini palestinesi a Gaza
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3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3
MONDO
Costruttori del nemico islamico
La Moschea Blu, dove Benedetto XVI
si è recato il 30 novembre 2006,
Istanbul
«Quarantadue milioni di dollari. È quanto sette
fondazioni americane avrebbero elargito negli ultimi dieci anni per finanziare la fabbrica della paura dell’islam, una rete di attività volte a screditare i
musulmani e a generare nel pubblico un vero e
proprio terrore dei seguaci di Maometto. L’accusa è contenuta in un rapporto di 138 pagine scrit-
Finanza/2
Il New York Times
e i dubbi sulle agenzie
di rating
All’indomani del declassamento
del rating degli Stati Uniti da parte
dell’agenzia Standard & Poor’s,
che ha avuto conseguenze tragiche per l’economia mondiale,
Paul Krugman, autorevole cronista del New York Times, ha scritto: «L’enorme deficit di bilancio
dell’America è prima di ogni altra
cosa il prodotto della recessione
economica che ha fatto seguito alla crisi finanziaria del 2008. Con
Una sede della Lehman Brothers
50
30GIORNI N.7/8 - 2011
to per il “Center for
American Progress” da
un team di sei ricercatori.
Il rapporto denuncia la
crescente islamofobia
Usa, definita come “l’eccesso di timore, l’odio e
l’ostilità verso l’islam e i
musulmani, perpetuati
attraverso stereotipi negativi da cui nascono il
pregiudizio, la discriminazione, la marginalizzazione e l’esclusione dei
musulmani dalla vita sociale, politica e civile
americana”. Esempi clamorosi, le campagne
contro le moschee e la Sharia, la legge islamica.
Secondo il rapporto, cinque sarebbero le facce
della “Fear Inc.”, della “Paura Corporation”: i finanziamenti, gli esperti islamofobi, le organizzazioni di militanti in gran parte legate alla destra religiosa, i media e i politici». Così sul Corriere della Sera del 29 agosto.
hi Spicchi Spicchi Spicchi
3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI
le sue consorelle – le altre agenzie
di rating – S&P ha rivestito un
ruolo determinante nell’innescare
tale crisi, assegnando un rating
AAA ad asset garantiti da mutui
ipotecari rivelatisi in seguito tossica spazzatura. Ma le sue valutazioni errate non si fermano qui. È notorio che S&P dette un rating A a
Lehman Brothers – il cui fallimento innescò il panico a livello globale – fino al mese stesso del suo tracollo. E come reagì l’agenzia di rating quando fallì questa società alla quale aveva assegnato il rating
A? Rilasciando una dichiarazione
ufficiale con la quale smentiva di
aver commesso alcunché di sbagliato. Sono queste dunque le persone che ora si pronunciano in
merito all’affidabilità creditizia degli Stati Uniti d’America?». L’articolo è stato riprodotto sulla Repubblica del 9 agosto.
CULTURA
Totti non è solo calcio
Polemiche estive su Francesco Totti. In un articolo apparso sul Corriere della Sera, ne
ha scritto anche Giovanni
Bianconi, spiegando come il
capitano della Roma non sia
solo un calciatore, ma anche
un simbolo della Roma e di
Roma, «un po’ Pasquino, un
po’ Marchese del Grillo. E un
po’ come Catone il Censore
interpretato da Vittorio Gassman, che ammonisce Marcello Mastroianni nei panni di
“Scipione detto l’Africano”:
“Questa non è la Repubblica
di Platone, ma la fangosa città
di Romolo. Bisogna che te dai
’na calmata”». L’articolo è
stato pubblicato il 4 settembre
con il titolo: Da Catone a Pasquino. Perché Totti non è
solo calcio.
estinzione». È il passaggio di un intervento del magnate americano
Warren Buffet sul New York Times, ripubblicato sulla Repubblica
del 17 agosto, che ha suscitato dibattito negli Usa e nel mondo.
Italia
Warren Buffet
Stati Uniti
Quando lo Stato
tutela i più forti
«Mentre la maggior parte degli
americani stenta ad arrivare a fine
mese, noi megaricchi continuiamo
a goderci i nostri sgravi fiscali
straordinari. [...] Questi e altri vantaggi ci piovono letteralmente addosso grazie ai legislatori di Washington, che si sentono obbligati
a salvaguardarci, quasi fossimo gufi maculati o altre specie in via di
Nuovi vescovi ad Acireale
e Bolzano – Bressanone
Il 26 luglio monsignor Antonino
Raspanti, 52 anni, originario di
Alcamo, diocesi e provincia di
Trapani, è stato nominato vescovo di Acireale. Ordinato sacerdote nel 1982, dal 1998 era docente di Storia della spiritualità presso la Pontificia Facoltà Teologica
“San Giovanni Evangelista” di Palermo, di cui è stato vicepreside
dal 1999 al 2002 e preside dal
2002 al 2009.
Il 27 luglio don Ivo Muser, 49
anni, è stato nominato vescovo di
Bolzano – Bressanone. Originario di Brunico, nel 1987 è stato
Francesco Totti
ordinato sacerdote. Dal 2005 era
decano del Capitolo Cattedrale di
Bressanone.
Diplomazia/1
Relazioni diplomatiche
tra Santa Sede e Malaysia
Il 27 luglio è stata annunciata ufficialmente la decisione della Santa
Sede e della Malaysia di stabilire
piene relazioni diplomatiche.
Diplomazia/2
Nuovi nunzi a Cuba
e in Giappone
Il 6 agosto l’arcivescovo pugliese
Bruno Musarò, 63 anni, è stato nominato nunzio a Cuba; dal 2009
era rappresentante pontificio in
Perù. Il 15 agosto l’arcivescovo indiano Joseph Chennoth, 68 anni, è
stato nominato nunzio in Giappone; dal 2005 era rappresentante
pontificio in Tanzania.
q
30GIORNI N.7/8 - 2011
51
L
a Q.S.A. Srl e l’ ITALSERVIZI Srl sono
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Ministero dell'Istruzione, dell'Universita e
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Quella percezione della Chiesa
come “luce riflessa” che unisce
i Padri del primo millennio
e il Concilio Vaticano II
del cardinale Georges Cottier, op
teologo emerito della Casa Pontificia
Nell’ormai prossimo 2012 cadranno i
cinquant’anni dall’inizio del Concilio
Vaticano II. A mezzo secolo di distanza, quello che è stato un avvenimento maggiore della vita della Chiesa continua a suscitare dibattiti – che probabilmente si intensificheranno nei prossimi mesi – su quale sia l’interpretazione più adeguata di quella assemblea conciliare.
Le dispute di carattere ermeneutico, certo importanti, rischiano però di diventare controversie per addetti ai
lavori. Mentre può interessare a tutti, soprattutto nel
momento presente, riscoprire quale sia stata la sorgente ispiratrice che ha animato il Concilio Vaticano II.
Il portale centrale della Cattedrale di Chartres, XII-XIII secolo,
Francia
54
30GIORNI N.7/8 - 2011
La risposta più comune riconosce che quell’evento
era mosso dal desiderio di rinnovare la vita interiore della Chiesa e adattare anche la sua disciplina alle nuove
esigenze per riproporre con nuovo vigore la sua missione nel mondo attuale, attenta nella fede ai «segni dei
tempi». Ma per andare più alla radice, occorre cogliere
quale era il volto più intimo della Chiesa che il Concilio
si proponeva di riconoscere e ripresentare al mondo,
nel suo intento di aggiornamento.
Il titolo e le prime righe della costituzione dogmatica
conciliare Lumen gentium, dedicata alla Chiesa, sono in
questo senso illuminanti nella loro chiarezza e semplicità:
«Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente,
annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti
gli uomini con la luce di Cristo che risplende sul volto della Chiesa». Nell’incipit del suo documento più importante, l’ultimo Concilio riconosce che il punto sorgivo della
Chiesa non è la Chiesa stessa, ma la presenza viva di Cristo che edifica personalmente la Chiesa. La luce che è
Cristo si riflette come in uno specchio nella Chiesa.
La coscienza di questo dato elementare (la Chiesa è
il riflesso nel mondo della presenza e dell’agire di Cristo)
illumina tutto ciò che l’ultimo Concilio ha detto sulla
Chiesa. Il teologo belga Gérard Philips, che della costituzione Lumen gentium fu il principale redattore, mise
in evidenza proprio questo dato all’inizio del suo monumentale commento al testo conciliare. Secondo lui, «la
costituzione sulla Chiesa adotta sin dall’inizio la prospettiva cristocentrica, prospettiva che si affermerà
istantaneamente nel corso di tutta l’esposizione. La
Chiesa ne è profondamente convinta: la luce delle genti
si irradia non da essa, ma dal suo divino Fondatore: pure, la Chiesa sa bene che, riflettendosi sul suo volto,
questo irradiamento raggiunge l’umanità intera» (La
Chiesa e il suo mistero nel Concilio Vaticano II: storia, testo e commento della costituzione Lumen gentium, Jaca Book, Milano 1975, v. I, p. 69). Una pro- ¬
R I F L E S S I O N I S U L M I S T E R O E L A V I TA D E L L A C H I E S A
La Trasfigurazione, mosaico della prima metà dell’XI secolo del monastero di Hosios Loukas, Daphni, Grecia
L’ultimo Concilio riconosce che il punto sorgivo della Chiesa non è la Chiesa
stessa, ma la presenza viva di Cristo che edifica personalmente la Chiesa.
La luce che è Cristo si riflette come in uno specchio nella Chiesa
30GIORNI N.7/8 - 2011
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La missione degli apostoli, affresco del X secolo, Tokali Kilise, Göreme, Turchia
Allo stesso tempo, va colta come un dato oggettivo la corrispondenza
tra la percezione della Chiesa espressa nella Lumen gentium e quella
già condivisa nei primi secoli del cristianesimo. La Chiesa non viene cioè
presupposta come un soggetto a sé stante, prestabilito. La Chiesa rimane
al dato che la sua presenza nel mondo fiorisce e permane come riconoscimento
della presenza e dell’azione di Cristo
56
30GIORNI N.7/8 - 2011
spettiva di sguardo ripresa fin nelle ultime righe dello
stesso commento, nelle quali Philips ripeteva che «non
sta a noi profetare sul futuro della Chiesa, sui suoi insuccessi e sviluppi. Il futuro di questa Chiesa, di cui Dio ha
voluto fare il riflesso di Cristo, Luce dei Popoli, sta nelle
Sue mani» (ibid. v. II, p. 314).
La percezione della Chiesa come riflesso della luce di
Cristo accomuna il Concilio Vaticano II ai Padri della
Chiesa, che fin dai primi secoli ricorrevano all’immagine
del mysterium lunae, il mistero della luna, per suggerire
quale fosse la natura della Chiesa e l’agire che le conviene. Come la luna, «la Chiesa splende non di propria luce,
ma di quella di Cristo» («fulget Ecclesia non suo sed Christi lumine»), dice sant’Ambrogio. Mentre per Cirillo d’Alessandria «la Chiesa è circonfusa dalla luce divina di Cristo, che è l’unica luce nel regno delle anime. C’è dunque
una sola luce: in quest’unica luce splende tuttavia anche
la Chiesa, che non è però Cristo stesso».
In questo senso, merita attenzione la valutazione offerta di recente dallo storico Enrico Morini in un intervento ospitato sul sito www.chiesa.espressonline.it
curato da Sandro Magister.
Secondo Morini – che è professore di Storia del cristianesimo e delle Chiese presso l’Università di Bologna – il Concilio Vaticano II si è posto «nella prospettiva
della più assoluta continuità con la tradizione del primo
millennio, secondo una periodizzazione non puramente matematica ma essenziale, essendo il primo millennio di storia della Chiesa quello della Chiesa dei sette
Concili, ancora indivisa […]. Promuovendo il rinnovamento della Chiesa il Concilio non ha inteso introdurre
qualcosa di nuovo – come rispettivamente desiderano e
temono progressisti e conservatori – ma ritornare a ciò
che si era perduto».
L’osservazione può creare equivoci, se viene confusa con il mito storiografico che vede la vicenda storica
della Chiesa come una progressiva decadenza e un allontanamento crescente da Cristo e dal Vangelo. Né si
possono accreditare contrapposizioni artificiose per le
quali lo sviluppo dogmatico del secondo millennio non
sarebbe conforme alla Tradizione condivisa durante il
primo millennio dalla Chiesa indivisa. Come ha evidenziato il cardinale Charles Journet, rifacendosi anche al
beato John Henry Newman e al suo saggio sullo sviluppo del dogma, il depositum che abbiamo ricevuto non
è un deposito morto, ma un deposito vivente. E tutto
ciò che è vivente si mantiene in vita sviluppandosi.
Allo stesso tempo, va colta come un dato oggettivo
la corrispondenza tra la percezione della Chiesa espressa nella Lumen gentium e quella già condivisa nei primi secoli del cristianesimo. La Chiesa non viene cioè
presupposta come un soggetto a sé stante, prestabilito. La Chiesa rimane al dato che la sua presenza nel
mondo fiorisce e permane come riconoscimento della
presenza e dell’azione di Cristo.
A volte, anche nella nostra più recente attualità ecclesiale, questa percezione del punto sorgivo della
Chiesa sembra per molti cristiani offuscarsi, e sembra
avvenire una sorta di rovesciamento: da riflesso della
presenza di Cristo (che con il dono del Suo Spirito edifica la Chiesa) si passa a percepire la Chiesa come una
realtà materialmente e idealmente impegnata ad attestare e realizzare da sé la propria presenza nella storia.
Da questo secondo modello di percezione della natura della Chiesa, che non è conforme alla fede, discendono conseguenze concrete.
Se, come si deve, la Chiesa si percepisce nel mondo
come riflesso della presenza di Cristo, l’annuncio del
Vangelo non può che avvenire nel dialogo e nella libertà, rinunciando a ogni mezzo di coercizione sia materiale che spirituale. È la strada indicata da Paolo VI
Gli apostoli Paolo, Giovanni, Giacomo il Maggiore,
Giacomo il Minore e Bartolomeo,
portale sud della Cattedrale di Chartres
nella sua prima enciclica Ecclesiam Suam, pubblicata
nel 1964, che esprime perfettamente lo sguardo sulla
Chiesa proprio del Concilio. Anche lo sguardo che il
Concilio ha rivolto sulle divisioni tra i cristiani e poi sui
credenti delle altre religioni, rifletteva la stessa percezione della Chiesa. Così anche la richiesta di perdono per
le colpe dei cristiani, che ha stupito e fatto discutere in
seno al corpo ecclesiale quando fu presentata da Giovanni Paolo II, è perfettamente consonante con la coscienza di Chiesa fin qui descritta. La Chiesa chiede
perdono non per seguire logiche di onorabilità mondana. Ma perché riconosce che i peccati dei suoi figli offuscano la luce di Cristo che essa è chiamata a lasciar riflettere sul suo volto. Tutti i suoi figli sono peccatori
chiamati per l’azione della grazia alla santità. Una santificazione che è sempre dono della misericordia di ¬
30GIORNI N.7/8 - 2011
57
La Pentecoste,
mosaico della prima
metà dell’XI secolo
del monastero
di Hosios Loukas,
Daphni, Grecia
Forse, nel mondo attuale, sarebbe più semplice e confortante per tutti poter
ascoltare pastori che parlano a tutti senza dare per presupposta la fede.
Come ha riconosciuto Benedetto XVI durante la sua omelia a Lisbona
il 12 maggio 2010, «spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze
sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede
ci sia e ciò, purtroppo, è sempre meno realista»
Dio, il quale desidera che nessun peccatore – per quanto orribile sia il suo peccato – venga ghermito dal maligno nella via della perdizione. Così si comprende la formula del cardinal Journet: la Chiesa è senza peccato,
ma non senza peccatori.
Il riferimento alla vera natura della Chiesa come riflesso della luce di Cristo ha anche immediate implicazioni pastorali. Purtroppo, nell’attuale contesto, si registra la tendenza di vescovi a esercitare il proprio magistero attraverso pronunciamenti per via mediatica,
in cui spesso si forniscono prescrizioni, istruzioni e indicazioni su cosa devono o non devono fare i cristiani.
58
30GIORNI N.7/8 - 2011
Come se la presenza dei cristiani nel mondo fosse il
prodotto di strategie e prescrizioni e non sorgesse dalla fede, cioè dal riconoscimento della presenza di Cristo e del suo messaggio. Forse, nel mondo attuale, sarebbe più semplice e confortante per tutti poter ascoltare pastori che parlano a tutti senza dare per presupposta la fede. Come ha riconosciuto Benedetto XVI
durante la sua omelia a Lisbona il 12 maggio 2010,
«spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando
per scontato che questa fede ci sia e ciò, purtroppo, è
sempre meno realista».
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C hiesa
SAN CARLO BORROMEO
La casa costruita
sulla roccia
«Tutto quello che san Carlo ha fatto e realizzato, lo ha edificato
sulla roccia incrollabile che è Cristo, sulla piena coerenza e fedeltà
al Vangelo, sull’amore incondizionato per la Chiesa del Signore».
L’intervento dell’arcivescovo emerito di Milano al Meeting di Rimini
del cardinale Dionigi Tettamanzi
Il cardinale Dionigi Tettamanzi
Tutto è grazia:
lo sguardo rivolto a san Carlo
Sì, «tutto è grazia». Anche questo
nostro incontro. Sento su di me la
mano della provvidenza di Dio. È
questa provvidenza che ha voluto
che il mio ultimo anno alla guida
pastorale della diocesi di Milano
coincidesse con il IV centenario
della canonizzazione di san Carlo
Borromeo, avvenuta il 1° novembre 1610 con papa Paolo V. Sento
di ringraziare il Signore perché
questo è stato un anno molto intenso, ricco di iniziative di grande significato spirituale, pastorale e culturale per la Chiesa ambrosiana.
Mi permetto di segnalare solo
qualche dato, ricordando innanzi60
30GIORNI N.7/8 - 2011
Sopra, San Carlo visita e assiste gli appestati, Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano,
Duomo di Milano. Nell’inno della liturgia in onore di san Carlo Urbis parentem Carolum
si accenna alla carità materna del vescovo nei confronti degli ammalati di peste:
«Dum saevit annus letifer, ut mater aegris assidet / Mentre infuria l’anno della peste,
come una madre assiste gli ammalati »
tutto l’inizio di questo centenario
che ha avuto come evento importante la lettera apostolica di Benedetto XVI Lumen caritatis, del 1°
novembre 2010, lo stesso giorno
anniversario della canonizzazione;
evento importante e per me particolarmente gioioso per la possibilità di leggere e presentare la lettera del Papa ai fedeli ambrosiani
nella solennità di san Carlo, il 4
novembre scorso. Nella lettera il
Santo Padre delinea in sintesi alcuni fondamentali aspetti della
santità del Borromeo.
Desidererei richiamarli.
Il primo aspetto rimanda alla
sua opera di vescovo riformatore.
San Carlo, attuando con sapienza
e originalità i decreti del Concilio di
Trento, ha riformato quella Chiesa
che lui profondamente amava; anzi, proprio perché la amava di un
amore sincero, l’ha voluta rinnovare, contribuendo a ridonarle il suo
volto più bello, quello della Sposa
di Cristo, una sposa senza macchia
e senza ruga.
Un secondo aspetto della santità di Carlo Borromeo: è stato uomo di preghiera, di preghiera
convinta, intensa, prolungata, innervata e fiorente nella sua vita di
pastore. Se san Carlo fu innamorato della Chiesa, lo fu perché prima ancora fu innamorato del Signore Gesù, presente e operante
nella Chiesa, nella sua tradizio- ¬
San Carlo miracolosamente salvato dall’attentato,
Giovanni Battista della Rovere, detto il Fiammenghino, Duomo di Milano
30GIORNI N.7/8 - 2011
61
C hiesa
ne dottrinale e spirituale, presente
nell’Eucaristia, nella Parola di Dio.
Soprattutto fu innamorato di Cristo crocifisso, come ci documenta
l’iconografia che non a caso ha voluto tramandarci l’immagine di
questo santo in contemplazione e
in adorazione della Passione e della Croce del Signore.
Infine Carlo Borromeo fu santo
– ci ricorda il Papa – perché ha saputo incarnare la figura del pastore zelante e generoso, che per il
gregge affidato alle sue cure è
pronto a sacrificare tutta la propria
vita: san Carlo fu davvero “onnipresente” nella diocesi di Milano
attraverso le visite pastorali, fu attento in maniera profetica e incisiva ai problemi del suo tempo; soprattutto, come i grandi vescovi del
Medioevo, fu autenticamente pater pauperum, padre dei più poveri e dei più deboli: basti pensare a
quello che seppe realizzare anche
dal punto di vista caritativo e assistenziale durante i momenti drammatici delle carestie e della peste
del 1576. La lettera del Papa si intitola giustamente Lumen caritatis, perché fa riferimento esplicito
alla carità pastorale che quotidianamente e in maniera eroica san
Carlo seppe vivere e praticare.
Davvero, a imitazione di Cristo
che ha dato la sua vita per la nostra
salvezza, san Carlo ha letteralmente “disciolto” la propria vita nella
carità pastorale. Da quando divenne vescovo di Milano, in modo
programmatico e sistematico egli
antepose la causa del Vangelo e il
bene della Chiesa a tutto: alle proprie comodità, agli interessi privati
e personali, agli interessi della famiglia o della cerchia degli amici, al
proprio tempo libero, a tal punto
da non aver mai tempo libero per
sé, visto che tutto il tempo a disposizione di un vescovo – diceva lo
stesso san Carlo – deve essere speso per la salvezza delle anime.
Il centenario
da Milano a Rimini
È per me una grande gioia che il
centenario di san Carlo, iniziato
con la parola del Papa, in un certo
senso si concluda qui a Rimini, con
questa manifestazione che si presenta nel suo duplice volto: culturale e spirituale.
62
30GIORNI N.7/8 - 2011
Il miracolo di Carlino Nava, Giulio Cesare Procaccini, Duomo di Milano
C’è indubbiamente l’aspetto
culturale: oggi infatti viene inaugurata una mostra didattica sulla vita e sull’opera pastorale di Carlo
Borromeo; vi sono pannelli, didascalie, supporti multimediali; c’è
un catalogo con contributi scientifici. Tutto ciò è importante, perché
permette di far conoscere sempre
meglio, al di là di molte semplificazioni e oltre letture parziali o persino ideologicamente pregiudicate,
il vero volto di questo grande vescovo, autentico interprete della
riforma tridentina della Chiesa.
Ma personalmente mi preme
sottolineare soprattutto l’aspetto
spirituale dell’iniziativa, come
chiaramente emerge dal titolo che
gli organizzatori hanno voluto sce-
gliere per questa mostra: “La casa
costruita sulla roccia”. Il riferimento è alla celebre pagina che
chiude il Discorso della Montagna,
con la parabola dei due uomini
che costruiscono la loro casa, il
primo sulla sabbia, l’altro sulla roccia. E l’esito è del tutto prevedibile:
la casa del primo, davanti alle prime avversità della vita e alle tempeste della storia, crolla inesorabilmente; la casa del secondo, nonostante le difficoltà della vita e gli
sconvolgimenti della storia sta in
piedi e resiste. E la roccia su cui è
costruita la casa è Cristo Signore,
è il suo Vangelo di verità e di vita
(cfr. Mt 7, 24-27).
Veramente questa parabola
può essere riferita in modo parti-
SAN CARLO BORROMEO. La casa costruita sulla roccia
Un santo attuale
o inattuale?
Non a caso parlo di “attualità”, perché devo confessarvi che più volte, durante
questo centenario, mi sono
chiesto, passando in rassegna gli aspetti salienti della
santità di Carlo Borromeo,
se egli è davvero un santo
ancor oggi “attuale”: se
cioè ha qualcosa di grandemente significativo da dire
anche al nostro presente,
se ancora per noi oggi – come lo fu quattrocento anni
fa – è un modello di vita
evangelica non solo da ammirare, ma anche in vario
modo da imitare.
È una domanda forse un
po’ scontata, cui possiamo
senz’altro rispondere positivamente: sì! Anche oggi
san Carlo parla a noi, anche
oggi per noi è un valido modello di santità. E la lettera
del Papa da cui abbiamo
preso le mosse, la stessa
mostra che qui a Rimini è
stata allestita, le iniziative di
vario genere che hanno costellato questo anno “carolino”, lo provano in maniera
incontrovertibile.
Certamente non possiamo correre il rischio di cadere in qualche anacronismo, perché dobbiamo
colare a san Carlo e alla sua opera: tutto quello che egli ha fatto e
realizzato, lo ha edificato sulla roccia incrollabile che è Cristo, sulla
piena coerenza e fedeltà al Vangelo, sull’amore incondizionato per la Chiesa del Signore.
Per questo ciò che san Carlo
ha edificato è resistito alle
tempeste dei suoi tempi; è resistito anche al logorio dei secoli che passano, come testimonia il fatto che ancora oggi
molte delle sue intuizioni, molte
delle soluzioni pastorali e istituzionali da lui escogitate o prefigurate
conservano una loro permanente
validità, una loro incisiva attualità,
non solo per la diocesi di Milano,
ma anche per l’intera Chiesa latina occidentale.
L’anello episcopale di san Carlo,
Museo del Duomo di Milano
apertamente riconoscere che non
poche cose nella Chiesa e nel
mondo d’oggi sono cambiate rispetto alla situazione della Chiesa
e della società del tardo Cinquecento. E dobbiamo anche riconoscere che taluni aspetti dell’azione
pastorale di san Carlo – così come
alcuni aspetti del suo stile di vita
(pensiamo soprattutto alla sua rigorosissima ascesi penitenziale) –
non sono materialmente e automaticamente riproponibili oggi
senza le necessarie e adeguate mediazioni. Ma, nonostante questa
ovvia constatazione, che peraltro
vale sempre quando ci riferiamo ai
personaggi del passato, ci sono alcuni punti salienti della santità di
Carlo Borromeo che, nel loro significato più profondo ed evangelico, hanno veramente una valenza
perenne. E quindi una valenza anche per la nostra vita di cristiani del
terzo millennio, nella misura in cui
anche noi, oggi, come lui quattrocento anni fa, vogliamo «costruire
la nostra casa sulla roccia», da “uomini saggi”.
E tuttavia, da questo punto di
vista, la figura di san Carlo è
grandemente provocatoria, perché mette in crisi molti aspetti del
modo di pensare e di vivere del
mondo attuale. È per questo che
durante il centenario, raccogliendo alcune esperienze e ricordi personali del mio accostarmi ed entrare in rapporto con la figura del
Borromeo, ho voluto scrivere anch’io un libro dal titolo suggestivo
e stimolante: San Carlo, un riformatore inattuale.
Mi permetto di soffermarmi un
poco su questo aggettivo. “Inattuale” infatti si contrappone immediatamente ad “attuale”. Sono due
termini però che solo apparentemente si contrappongono, perché
l’uno può facilmente trapassare
nell’altro. Così, se ad esempio per
“attuale” si intende “secondo la
moda del momento”, “secondo la
mentalità del tempo presente”,
“secondo l’opinione condivisa
dai più”, è chiaro che san Carlo è “inattuale”. Lo abbiamo già detto e lo vogliamo
sottolineare per una migliore comprensione dell’attualità-inattualità: i tempi del
Borromeo non sono i no- ¬
30GIORNI N.7/8 - 2011
63
C hiesa
stri; il suo modo di leggere i problemi e di risolverli non è il nostro; né
meccanicamente possiamo prendere talune sue soluzioni e applicarle al nostro mondo, “attuale”
appunto.
Viceversa, se per “inattuale” si
intende ciò che si radica nei valori
fondamentali della tradizione cristiana, se per “inattuale” si intende
restare ancorati a quella roccia che
è Gesù Cristo e che dà vera solidità
all’intera costruzione della casa, se
tutto ciò viene giudicato inattuale
solo perché non si adegua a ciò che
oggi è ritenuto “politicamente corretto”, dovremmo allora chiederci
se l’inattualità di san Carlo non si
trasformi in una singolare e urgente “attualità” di ripensamento, di rivalutazione dei nostri metri di giudizio, di riforma del nostro modo di
vivere e di convivere.
Un’inattualità profetica
e benefica per il nostro tempo
In questa linea, prendendoli dalla
biografia di san Carlo, presento tre
esempi cercando di applicarli ai nostri tempi “attuali”.
Il primo riguarda la fedeltà al
dovere del proprio stato di vita
come forma propria dell’identità del cristiano. Il
Borromeo ebbe la
consapevolezza vivissima di che cosa significasse essere vescovo di una importante diocesi in
tempi difficili di
transizione, di riforma e di cambiamento: e proprio per questo cercò sempre di adeguare le sue scelte e le sue
azioni a una vera “deontologia”,
cui rimase fedele in maniera eroica e davanti alla quale seppe sacrificare tutto il resto. Questo
senso del dovere san Carlo lo
chiedeva anche ai suoi preti,
per gli uffici che essi dovevano
svolgere; e lo chiedeva ai fedeli laici, uomini e donne, secondo la loro condizione. Non accettava, lui per primo, le mezze misure e gli accomodamenti,
Il pastorale di san Carlo,
Museo del Duomo di Milano
64
30GIORNI N.7/8 - 2011
con un facile livellamento verso il
basso in nome di una incolore mediocrità. Gli storici ci ricordano che
quando era giovane cardinale a Roma, prima della sua cosiddetta
“conversione”, aveva vissuto un
“cristianesimo senza infamia e senza lode”. È proprio il rischio che in
ogni tempo corriamo noi cristiani,
gli stessi preti e vescovi: accontentarsi di una vita cristiana scialba, in
cui si evita giustamente il male
“macroscopico” (che potrebbe
procurarci infamia), ma che si riduce al minimo indispensabile per
mettere a posto la propria coscienza, rapidamente, senza troppi
scossoni.
Oggi, quando tutti ci sentiamo
già arrivati e non vogliamo sentirci
troppo inquietati, parlare di “conversione” parrebbe per l’appunto
“inattuale”, o per lo meno inopportuno. Al contrario l’esempio di
san Carlo è attualissimo e singolarmente urgente, perché sempre
nella Chiesa i cristiani, tutti i cristiani a ogni livello, sono chiamati a
“convertirsi” da un cristianesimo
“senza infamia e senza lode”, da un
cristianesimo incolore e insapore
(senza cioè la luce e il sale del Vangelo), a una vita cristiana convinta, lucida e vigilante, all’esercizio fedele del
proprio dovere sempre e comunque, alla
ricerca di un cammino di per fezione
che ci confor ma
sempre più al modello di ogni perfezione: Cristo Gesù,
nostro Signore. È esattamente quanto fece in
modo programmatico e sistematico san Carlo: il suo
esempio non ci permette
scuse o diversivi. Egli è
veramente sempre attuale, perché richiama i
cristiani di ogni tempo,
richiama anche noi cristiani del terzo millennio
alla perenne e irrinunciabile necessità di metterci in discussione. In
particolare devo dire che
dalla lettura degli scritti di
san Carlo e delle sue indicazioni pastorali ho avuto
chiara l’impressione che
egli vivesse con una grande inquietudine la distanza – che peraltro
sempre esiste – tra la meta altissima cui il Signore ci chiama (la santità) e la nostra concreta risposta.
Se san Carlo si sentiva in difetto – e
di qui nasceva la sua inquietudine, il
suo non sentirsi tranquillo in coscienza –, che cosa dovremmo dire
e fare noi? C’è allora una domanda
alla quale non possiamo sottrarci:
dove, in quali ambiti della nostra vita, del nostro dovere di stato, dobbiamo ancora “convertirci”, a imitazione di san Carlo, per uscire da
una vita cristiana mediocre, “senza
infamia e senza lode”?
Carlo Borromeo è attuale anche per un altro aspetto: la formidabile capacità di saper coniugare in modo equilibrato l’azione e
la contemplazione. Tutti abbiamo
presenti le tante immagini di san
Carlo assorto in preghiera, specie
davanti al Crocifisso, immerso in
vere e proprie esperienze mistiche. Ma la forte dimensione contemplativa che egli seppe imprimere alla propria vita non lo distolse mai dal suo dovere di pastore
d’anime. Anzi, possiamo affermare che egli divenne uno dei grandi
modelli di vescovo e di pastore precisamente perché la sua attività pastorale era permeata profondamente di preghiera e di contemplazione. San Carlo “fece” molto nella sua vita, molteplici furono le realizzazioni portate a termine; anzi ci
chiediamo con meraviglia dove
trovasse il tempo e le forze per fare
tutto quello che poi ha fatto. Ci verrebbe da dire che tutto quello che
fece ha del miracoloso: è proprio
così! Veramente ha del miracoloso
perché tutto era intriso di preghiera, di colloquio con Dio, permeato
dalla contemplazione amorosa dei
misteri di salvezza di Cristo, a cominciare dalla Sua passione, morte
e risurrezione. Questo è il messaggio sempre attuale che ci viene da
san Carlo: la comunione con Dio,
la preghiera, la contemplazione
non ci strappano dalla storia ma in
essa ci immergono in profondità,
dandoci la forza di fare anche miracoli nel mondo e per il mondo. Invece il nostro è un tempo malato di
attivismo, frenetico nel fare, impegnato a produrre beni e servizi se si
vuole non sprecarlo. E così il no-
Il miracolo di Virginio Casati, anonimo lombardo, Duomo di Milano
stro tempo finisce per valutare la
persona non per quello che è, ma
per quello che fa e produce. In un
simile contesto non si deve forse
parlare di contemplazione, di meditazione, di preghiera, di silenzio,
come di quanto di più “inattuale” il
nostro tempo potrebbe sperimentare? La verità però è esattamente
il contrario. San Carlo ci sollecita a
non lasciarci ingannare da questa
specie di droga, ma a riportare ordine nella nostra vita, recuperando
il primato di Dio su tutto, nella certezza che il resto verrà di conseguenza. È il monito stesso del Signore: «Cercate invece, anzitutto,
il regno di Dio e la sua giustizia, e
tutte queste cose vi saranno date in
aggiunta» (Mt 6, 33).
E se c’è un aspetto dell’attività
pastorale di san Carlo che più di
ogni altro ha impressionato i suoi
contemporanei al punto che proprio per questo cominciarono a
considerarlo eccezionale, fu la sua
attività caritativa. Soprattutto ¬
30GIORNI N.7/8 - 2011
65
C hiesa
durante la terribile peste del 1576
si spogliò letteralmente di tutto, dei
beni di famiglia, dei beni personali,
non solo delle cose superflue, ma
dello stretto necessario pur di dare
un aiuto al popolo di Milano colpito
dall’epidemia. E non solo si prodigò nei momenti di emergenza;
volle anche che alcune istituzioni
caritative perdurassero oltre l’emergenza della peste, consapevole
che la povertà, il bisogno, l’emarginazione, il degrado sociale e morale sono un’emergenza di sempre, di
ogni momento. E infatti in ogni
momento san Carlo brillò come paterno soccorritore dei poveri, di
ogni povero, di chiunque tendesse
la mano per chiedergli un sostegno. E fu anche – per usare una terminologia della nostra cultura attuale – un “santo sociale”: seppe
cioè leggere alla luce del Vangelo i
problemi sociali del suo tempo, indicò alcune soluzioni concrete, non
ebbe alcuna paura a denunciare le
piaghe della società, come la corruzione pubblica, la pratica dell’usura, i privilegi ingiusti di alcune caste, la mancanza di quella che oggi
chiameremmo “coscienza civica” o
“attenzione al bene comune”.
Il calice di san Carlo,
Museo del Duomo di Milano
66
30GIORNI N.7/8 - 2011
San Carlo si dispone alla morte al Sacro
Monte di Varallo, particolare,
Giovanni Battista della Rovere,
detto il Fiammenghino, Duomo di Milano
Ma c’è ancora un altro aspetto
della santità del Borromeo che merita di essere richiamato: è la dimensione ascetica della sua vita.
Su questo punto egli fu rigorosissimo, fino a suscitare forti critiche e
malintesi in chi gli viveva accanto.
Fu povero, casto, umile, penitente;
praticava con grande serietà il digiuno, prolungava la preghiera nelle ore notturne per non sottrarre il
tempo diurno agli impegni pastorali; riduceva al minimo il riposo, anzi
tendeva a non riposarsi affatto.
Sappiamo che i medici più volte lo
rimproverarono di non curarsi a
sufficienza, e lui, per tutta risposta,
diceva che, se uno dà retta ai medici, non può fare il buon vescovo! La
morte, sopravvenuta a soli 46 anni,
sigillò una vita che si era letteralmente consumata nelle pratiche
ascetiche. È un aspetto questo che
ci lascia meravigliati, come lo furono i suoi contemporanei, che giustamente si chiedevano se san Carlo fosse imitabile in queste virtù a
causa del loro carattere di eroicità.
E ce lo chiediamo anche noi oggi,
senza però cadere nell’insidia di
giudicare eccessivo l’esercizio delle
virtù ascetiche così come lo visse
san Carlo, giudicarlo cioè “inattuale” secondo i parametri della nostra
sensibilità odierna. Un simile giudizio non potrebbe essere un modo
tranquillizzante per autoesimerci
dall’imitarlo? Ci è chiesta piuttosto
l’onestà di ritrovare in questo un
aspetto di grande attualità: oggi infatti parlare di “ascesi”, di “penitenza”, di “rinuncia” ci espone al rischio di essere derisi e giudicati
gente fuori dal tempo e dal mondo,
appunto appartenenti a un mondo
di tanti secoli fa. E invece proprio
noi abbiamo bisogno di un richiamo forte a purificare il nostro stile
di vita per renderlo più sobrio, a riscoprire l’autocontrollo e il dominio dei sensi, degli istinti e delle passioni incontrollate: come via di una
libertà interiore che ci rende padroni di noi stessi e del nostro autentico cammino verso il vero, il bene, il
giusto e il bello.
L’anello, il pastorale, il calice
Concludo ritornando a parlare
della mostra che oggi viene inaugurata, rimarcandone un tratto
originale. Al centro della mostra
sono esposte non tre opere d’arte, ma tre autentiche reliquie
che in qualche modo rivelano la
SAN CARLO BORROMEO. La casa costruita sulla roccia
personalità di san Carlo, sono
un’epifania del suo cuore, una
manifestazione del suo segreto
spirituale.
Troviamo anzitutto l’anello del
Borromeo. E l’anello di un vescovo
ci parla simbolicamente del suo legame sponsale con la Chiesa che
gli è stata affidata. È dunque il segno dell’amore pastorale, della fedeltà al ministero, della propria dedizione totale.
Incontriamo poi il bastone pastorale: è il simbolo dell’autorità e
del governo del vescovo. Ma, come
sappiamo, è in questione un’auto-
rità che non può mai attuarsi come
puro esercizio di potere. A imitazione di Cristo – il Buon Pastore
per antonomasia – l’esercizio del
governo pastorale coincide con
l’offerta della propria vita sino alla
piena consumazione di sé. Così ha
fatto Cristo, così hanno fatto i santi
pastori, come Carlo Borromeo.
Infine ci è dato di guardare al
suo calice, quello da lui usato per
celebrare il sacrificio eucaristico.
Esso si pone come testimonianza
della vita di preghiera che il vescovo deve avere; come richiamo che,
in ultima analisi, è il sacrificio di Cristo sulla croce, sono la sua parola e
i suoi sacramenti – in cui è presente
ed efficace la sua azione di salvezza
– a edificare la Chiesa, a illuminarla, animarla e guidarla.
Come dicevo all’inizio, con questo IV centenario della canonizzazione di san Carlo sono giunto al
termine del mio mandato pastorale
alla Chiesa di Milano. Ebbene vi
confesso che questi tre “simboli”
esposti (l’anello, il pastorale e il calice di san Carlo) accendono in me
una profonda gioia spirituale, al
pensiero che come li ho ricevuti dai
miei predecessori così tra poco li
trasmetterò al mio successore.
È il mistero bellissimo della
“traditio”, della tradizione viva
della Chiesa, che – come ci ha insegnato san Carlo – veramente è
«la casa costruita sulla roccia»! Sì,
«cadde la pioggia, strariparono i
fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non
cadde, perché era fondata sulla
roccia» (Mt 7, 25). Ciò vale per la
Chiesa che ci ha preceduto nel
tempo, per la Chiesa che stiamo
ora vivendo, per la Chiesa che si
apre al futuro: una Chiesa sempre
ricolma della grazia e dell’amore
del suo Sposo e Signore. È allora
senz’alcuna paura, ma con l’inalterabile e sovrabbondante fiducia
che ci viene da Cristo, che tutti insieme siamo chiamati a proseguire il nostro cammino verso la santità, ascoltando la sua parola e
rendendola esperienza quotidiana
di vita: «Perciò chiunque ascolta
queste mie parole e le mette in
pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa
sulla roccia» (Mt 7, 24).
Ci sia di aiuto san Carlo!
q
30GIORNI N.7/8 - 2011
67
S torie di semplici preti
«La grandezza
della piccolezza»
Don Serafino
Morazzone
«I
l Curato di Chiuso era un
uomo che avrebbe lasciato
di sé una memoria illustre,
se la virtù solo bastasse a dare gloria
agli uomini. Egli era pio in tutti i
suoi pensieri, in tutte le sue parole,
in tutte le sue opere: l’amore fervente di Dio e degli uomini era il
suo sentimento abituale; la cura
continua di fare il suo dovere era:
tutto il bene possibile; credeva egli
sempre adunque di rimanere indietro, ed era profondamente umile,
senza sapere di esserlo; come l’illibatezza, la carità operosa, lo zelo,
la sofferenza, erano virtù ch’egli
possedeva in grado raro, ma che
70
30GIORNI N.7/8 - 2011
Così Giovanni Battista Montini,
arcivescovo di Milano, descrisse la figura
di don Serafino Morazzone,
il “Curato di Chiuso” beatificato lo scorso
giugno. Vissuto tra il XVIII e il XIX secolo,
questo parroco della diocesi ambrosiana
fu amico di Alessandro Manzoni, che ne tracciò
il profilo nella prima stesura dei Promessi sposi
di Giovanni Ricciardi
A sinistra, piazza del Duomo a Milano
gremita di fedeli, durante la cerimonia
di beatificazione di don Serafino
Morazzone, suor Enrichetta Alfieri
e padre Clemente Vismara,
il 26 giugno 2011
egli studiava sempre di acquistare.
Se ogni uomo fosse nella propria
condizione quale egli era nella sua,
la bellezza del consorzio umano oltrepasserebbe le immaginazioni degli utopisti più confidenti. I suoi parrocchiani, gli abitatori del contorno
lo ammiravano, lo celebravano; la
sua morte fu per essi un avvenimento solenne e doloroso; essi accorsero intorno al suo cadavere;
pareva a quei semplici che il mondo
dovess’essere commosso, poiché
un gran giusto ne era partito. Ma
dieci miglia lontano di là, il mondo
non ne sapeva nulla, non lo sa, e
non lo saprà mai: e in questo momento io sento un rammarico di
non possedere quella virtù che tutto
può illustrare, di non poter dare
uno splendore perpetuo di fama a
queste parole: Prete Serafino Morazzone Curato di Chiuso».
Non capita tutti i giorni che a
un uomo di Chiesa sia riservato un
elogio così eloquente a poca distanza dalla morte; specie se l’elogio è contenuto in un romanzo e
se questo romanzo è il più famoso
della storia della letteratura italiana. Perciò i lettori ci perdoneranno se abbiamo voluto citarlo per
intero all’inizio di questo articolo.
Era la fine del 1822 quando Alessandro Manzoni, mettendo mano
al III tomo del Fermo e Lucia, la
prima stesura del capolavoro che
poi avrebbe intitolato I promessi
sposi, inseriva fra i suoi personaggi la figura di un sacerdote che
aveva conosciuto, frequentato e
che forse era stato anche suo
confessore nei periodi trascorsi nella villa di famiglia a
Lecco. Un anacronismo
palese e perciò fortemente voluto, dato che don
Serafino Morazzone era
morto solo pochi mesi
prima, il 13 aprile di
quello stesso anno.
La descrizione del
suo funerale sembra indicare che il Manzoni
sia stato presente, e
abbia visto coi propri occhi quella
folla commossa che iniziò da subito a chiedere e ottenere grazie da
quest’umile prete, il quale, dal
giorno della sua ordinazione a
quello della morte aveva desiderato svolgere bene solo e soltanto il
suo dovere di parroco di un paesino sul lago di Como, con poche
centinaia di anime.
«Ah, Chiuso!
Dov’è quel buon curato!»
Il “personaggio” di don Morazzone
compare nel Fermo e Lucia al momento dell’incontro fra l’Innominato e il cardinale Federigo, che Manzoni aveva scelto di ambientare
proprio nella canonica della parrocchia di Chiuso, immaginando
che il Borromeo si trovasse in visita
nel paese di don Serafino. Qui avviene la conversione dell’Innominato e il lungo colloquio tra i due, che
sottrae tempo alla visita pastorale
del cardinale. Ma, aggiunge Manzoni, «la vigna di quel buon prete
Morazzone era tanto ben coltivata
che aveva poco bisogno della ispezione di Federigo». È ancora don
Serafino a indicare al cardinale una
“buona donna” da mandare insieme a don Abbondio al castello dell’Innominato per liberare Lucia. E
quando Lucia sente pronunciare il
nome del paese dove potrà riabbracciare sua madre, esclama: «Ah,
Chiuso! Dov’è quel buon curato!»,
con un’espressione tanto semplice
quanto esaustiva.
Ma nell’edizione definitiva dei
Promessi sposi il paese di Chiuso e
la figura storica di don Serafino non
vengono più citati. Non è difficile
immaginarne il motivo: ed è che
Manzoni era poeta, ma non profeta. «Dieci miglia lontano di là», aveva scritto nel 1822, «il mondo non
ne sapeva nulla, non lo sa, e non lo
saprà mai». Invece, la fama di santità di questo parroco, già diffusa in
vita, in pochi anni si era allargata
ben oltre le dieci miglia fissate dal
Gran Lombardo, a tal punto che ¬
A destra, Alessandro Manzoni; sotto, l’incontro
fra l’Innominato e il cardinal Federigo Borromeo
in un’illustrazione di Monzio Compagnoni;
sullo sfondo, le rovine del Castello dell’Innominato
sulla Rocca di Somasca, Lecco
S torie di semplici preti
l’anacronismo gli doveva ormai apparire troppo stridente per lasciarlo nelle pagine di una storia ambientata nel Seicento.
Prova ne è il fatto che la curia di
Milano apre il suo processo di beatificazione già nel 1864 e raccoglie
in tre anni 34 testimonianze di persone che lo avevano conosciuto,
soprattutto suoi parrocchiani. I
quali, senza intendere bene le sottigliezze degli interrogatori canonici,
rilasceranno, nella loro semplicità,
dichiarazioni molto simili a quella
immaginaria di Lucia Mondella.
«Aveva tutte le virtù in un fascio»,
lascerà scritto agli atti del processo
uno di loro, Santino Corbetta. «Dico tutto di lui con queste parole:
era un uomo giusto», affermerà
Pietro Gilardi. Nomi che dicono
poco, parole che dicono molto.
Tra esse, due definizioni inconsapevolmente poetiche che di lui diedero altri testimoni. La prima, di
un tal Giuseppe Chea: «Tante persone accorrevano dai paesi vicini al
grido della sua santità». E in ultimo,
la più bella, di Carlo Riva: «Quando
lo si vedeva passare era volgare
[“era espressione comune”, ndr] il
dire che passa un ladro, intendendosi da tutti ladro di Paradiso».
Ladro di Paradiso
Questo “ladro di Paradiso” veniva
da una famiglia numerosa, che abitava a Milano in una zona molto
popolare, e la sua biografia è presto detta. Nato il 1° febbraio 1747
da un venditore di granaglie e presto divenuto orfano di madre, a 13
anni chiede e ottiene di entrare in
seminario e i gesuiti lo accolgono a
titolo gratuito nel loro collegio di
Brera. Studia poi teologia mantenendosi con il servizio di accolito in
Duomo, che gli vale dieci lire mensili. La mattina serve all’altare, il
pomeriggio è chino sui libri. E deve
aver dato un buon frutto questo
suo studio se riesce, risultando primo davanti a due sacerdoti e cinque chierici, lui che non era ancora
suddiacono, a vincere il “concorso” bandito dalla diocesi di Milano
– secondo la prassi di allora – per
l’assegnazione della piccola parrocchia di Chiuso. Quella destinazione, dove celebra la sua prima
messa il 10 maggio del 1773, sarà
anche l’unica, fino alla morte. In
72
30GIORNI N.7/8 - 2011
mezzo, quarantanove anni di servizio ininterrotto, da prete: ore in
confessionale, ore trascorse in preghiera fin dal primo mattino, ore a
fare scuola elementare gratuita ai
bambini, ore a dispensare carità ai
poveri, ore a far visita agli infermi.
Si racconta, di tanto in tanto,
tra la gente, che le sue preghiere
sui malati possano più delle medicine; che un ragazzo caduto nella
calce viva e recuperato in condizioni gravi dopo mezz’ora sia risanato
dalla sua benedizione; che una
bambina rimasta aggrappata per
un’ora al ramo di un albero per
non precipitare in un canale e che
da allora è in preda alle convulsioni
sia guarita per le preghiere di don
Serafino. Ma se qualcuna di queste
storie giunge alle sue orecchie, lui
non ci bada e attribuisce tutto all’intercessione di san Girolamo
Emiliani, il cui santuario di Somasca si trova a pochi chilometri dalla
sua parrocchia.
«In mezzo a questa sua fama di
santità», racconta ancora il testimone Pietro Gilardi, «egli solo
non si reputava tale, e quando venivano a lui persone forestiere,
era solito rimandarle ai loro parroci, e cioè da parte sua cercava di
indurli ad avere confidenza nella
benedizione del proprio parroco,
che valeva lo stesso».
Tra questi testimoni non figura
Alessandro Manzoni. Non è dato
sapere il perché. Forse perché
quello che aveva da dire lo aveva
già scritto. È molto probabile che si
riferisca a don Serafino quando
nelle Osservazioni sulla morale
cattolica scrive: «Sì, ci sono dei
preti che spregiano quelle ricchezze di cui annunziano la vanità ed il
pericolo; dei preti che avrebbero
orrore di ricevere i doni del povero
e che si spogliano invece per soccorrerlo; che ricevono dal ricco
con un nobile pudore e con un interno senso di ripugnanza; che
stendendo la mano si consolano
solo pensando che l’apriranno ben
tosto per rimettere al povero quella
moneta che è ben lungi dal compensare agli occhi loro un ministero il quale non ha prezzo degno altro che la carità». Queste parole
coincidono perfettamente con
molte delle testimonianze rese al
processo sull’eroismo con cui don
Sopra, la vetrata raffigurante
don Serafino Morazzone,
nella parrocchia di Santa Maria
Assunta, a Chiuso;
a destra, la parrocchia,
durante i festeggiamenti
per la beatificazione
di don Serafino il 27 giugno 2011
Serafino praticava la carità, sovvenendo ai parrocchiani bisognosi, e
vivendo personalmente in una povertà pressoché assoluta.
Di don Serafino si conserva anche una lettera indirizzata allo scrittore. Il padre di Manzoni era stato il
più grande proprietario terriero
della zona di Lecco, ma prima di lasciare il figlio Alessandro erede
universale dei suoi beni aveva
provveduto a vendere gran parte di
questi terreni. Don Serafino scrive
così al poeta per intercedere in favore di uno degli acquirenti, che
non riusciva più a pagare il debito
contratto a suo tempo col padre:
«Illustrissimo Signore», esordisce,
«Francesco Polvara di Pescarenico, sapendo il buon affetto che Vostra Signoria Illustrissima ha per
me, desidera che faccia buon ufficio presso di lei». E aggiunge che si
è spinto a “sfruttare” questo affetto
soprattutto per amore dei sei bambini di quest’uomo: «Son sei figlij
pupilli. A questi vorrei giovare. Pupillis tu eris adjutor». Non sappiamo che cosa rispose Manzoni, ma
possiamo immaginarlo dall’annotazione vergata di suo pugno sul
retro della missiva: «Lettera di un
Curato Santo».
«Il senso cristiano
del popolo ci ha preceduto»
Tuttavia, dopo la raccolta delle testimonianze, conclusa nel 1867,
il processo di beatificazione viene
trascurato per più di ottant’anni.
ne per le grazie ottenute dalla sua
intercessione.
Fu il cardinal Schuster a sollecitare la riapertura della causa e a ottenerla nel 1950. In una lettera indirizzata tre anni prima a un sacerdote di Lecco, scriveva, a proposito di quello che definì “il nostro Curato d’Ars”, che a intendere la sua
grandezza «il senso cristiano del
popolo ci ha già preceduto». Che
la gente, insomma, come aveva
detto un testimone tanti anni prima, continuava ad «accorrere al
grido della sua santità».
Ma ci vollero ancora quarantacinque anni per arrivare a depositare la Positio presso la Congregazione delle Cause dei santi, altri tre
perché ottenesse l’approvazione, e
solo nel 2007 si è giunti a proclamare “le virtù eroiche” di don Serafino. L’epilogo, con l’approvazione
del miracolo, si è avuto nel corso di
quest’anno, e la cerimonia di beati-
e continua a venerarlo come vero
uomo di Dio, come un santo».
Nelle sue parole risuona l’eco di
un altro arcivescovo ambrosiano,
Giovanni Battista Montini, che lo
aveva preceduto, molti anni prima, in pellegrinaggio sulla tomba
di don Serafino nell’anniversario
della morte, il 13 aprile del 1956.
In quella occasione, davanti al suo
popolo, aveva detto: «Vi invito a
pensare alla sua grandezza. È indubbio che egli è grande se fa parlare di sé dopo 134 anni dalla sua
morte. Ma che cosa ha fatto di
straordinario per essere grande?
La sua non è grandezza esteriore,
politica o sociale, di ricchezza, di
ingegno. La grandezza di don Serafino è la grandezza della piccolezza, la grandezza evangelica. Fu
grande perché ha seguito la parola
del Signore. Questo santo ha raccolto le parole di Gesù, le ha fatte
sue e le ha personificate. Egli è
Il cardinale
Dionigi Tettamanzi
durante la
celebrazione
di ringraziamento
per la
beatificazione
di don Serafino
Morazzone
nella parrocchia
di Chiuso (Lecco)
il 27 giugno 2011
Ma anche questo finisce per diventare un segno della santità di
don Serafino. Perché, se per varie
ragioni la diocesi ambrosiana si disinteressa così a lungo di questa
causa, la devozione della gente
non verrà mai meno, tanto che il
cardinal Ferrari, ai primi del Novecento, applicando le leggi liturgiche del tempo, sarà costretto a
impedire che si pongano sulla
tomba molto frequentata di don
Serafino ex voto e lampade con
cui i fedeli, in numero sempre crescente, esprimevano la gratitudi-
ficazione in piazza Duomo a Milano
il 26 giugno 2011 è stata uno degli
ultimi atti dell’arcivescovo Dionigi
Tettamanzi. Il quale, celebrando la
messa nella parrocchia di Chiuso
nel 2003, aveva detto: «È stato Lui,
il Signore, a donare don Serafino alla Sua Chiesa. Per la verità il Signore continua a donarlo alla Sua Chiesa, come testimonia la devozione
da cui questo santo sacerdote è
sempre stato circondato e tuttora
viene circondato. E questo è il segno potente, vivo, della gente, che
è il popolo di Dio, che l’ha venerato
grande perché è povero, perché è
umile, perché ha dato e ha cercato
di dare. E qui comincia il suo prodigio. Egli è un santo di popolo. Infatti ci sono diverse categorie di
santi. Ci sono santi che sono diventati tali perché il loro cuore era
vicino al popolo. Don Serafino è
stato l’amico di tutti con un cuore
così grande, lui così piccolo, con
un cuore così ricco coi poveri, coi
poveri di cuore, con gli umili e soprattutto con chi ama e sa donare». Se Manzoni non era profeta,
aveva però visto giusto.
q
30GIORNI N.7/8 - 2011
73
L ibri
ell’ultima stagione della sua
vita, Augusto Del Noce
parlava spesso del «passato
che non vuol passare». A più di
vent’anni dalla sua morte, anche il
patrimonio di pensiero critico lasciato in eredità dal grande filosofo continua a essere assediato
dalla danza dei luoghi comuni più
sciatti e fuorvianti. Dopo quelli
messi in circolo dagli antichi detrattori, oggi soprattutto le letture
apparentemente solidali di chi lo
celebra come un eroe ante litteram dell’ideologia occidentalista
dell’89 continuano a confinarlo
nella caricatura del “de Maistre italiano”, portavoce di un sussulto
passatista e reazionario di marca
cattolica rispetto alle dinamiche e
alle istanze della modernità.
D’ora in poi, tale pigro conformismo bipartisan dovrà fare i
conti con il saggio di Massimo
Borghesi Augusto Del Noce. La
legittimazione critica del moderno (Marietti 1820). 370 pagine
dove si documenta in maniera serrata che tutta l’avventura intellettuale del filosofo è attraversata da
un “filo rosso” di tutt’altro segno.
Massimo Borghesi insegna Filosofia morale presso l’Università
di Perugia.
N
Del Noce e il Mulino
La modernità
non è il “nemico”
Fu l’editrice bolognese a consacrare
Augusto Del Noce come autore nazionale
e a mostrare la fecondità del suo punto di vista.
Nel segno di una apertura critica al moderno
che anticipava il Concilio Vaticano II.
Intervista col filosofo Massimo Borghesi
di Gianni Valente
74
30GIORNI N. 7/8 - 2011
Professore, a più di vent’anni dalla morte si continuano a
scrivere libri su Augusto Del
Noce (1910-1989), uno dei
più grandi intellettuali italiani
del Novecento. Qual è la novità di quest’ultimo volume appena edito dalla Marietti?
MASSIMO BORGHESI: Le
novità sono essenzialmente due.
Dal punto di vista storiografico si
tenta per la prima volta di ricostruire organicamente lo sviluppo
del pensiero di Del Noce, nell’arco
di tempo che va dal 1943 al 1978,
nella profonda connessione tra il
momento filosofico e quello storico-politico. Di solito l’approccio
all’autore privilegiava la trattazione di blocchi tematici distinti senza
che risultasse chiara la relazione
tra di essi. La seconda novità è di
tipo interpretativo. Lo scopo del
volume, come chiarisce il sottotitolo, è di evidenziare “la legittimazione critica del moderno” operata da Del Noce. Si tratta di una let-
INTERVISTA. La modernità non è il “nemico”
Per Maritain, in ciò seguito da Del Noce, la modernità,
che viene dopo le guerre di religione e la divisione della Chiesa,
non può più presupporre la fede come “a priori”, come paradigma
comune già prefissato e pacificamente accolto. Il moderno è il tempo
in cui la verità può e deve essere cercata e proposta nella libertà
tura che di fatto libera il filosofo
dallo stereotipo del pensatore certamente geniale ma rivolto al passato, conservatore critico del tempo presente. Un’etichetta che ha
pesato a lungo sulla fortuna di Del
Noce, acriticamente accolta anche da molti cattolici.
Questa sua rivisitazione in
che modo raggiunge l’obiettivo?
Innanzitutto chiarendo qual è il
punto genetico della riflessione
delnociana. Per Del Noce il vero
punto di inizio, in senso speculativo, è il 1943, l’anno della caduta
del regime fascista, un evento che
lo provoca a pensare il tempo storico. È qui che l’opera di Jacques
Maritain, il grande filosofo cattolico francese, si rivela decisiva. Del
Noce, come egli stesso ricordava
nell’intervista rilasciata a 30Giorni nell’aprile del 1984, aveva letto
Humanisme intégral di Maritain
alla sua uscita in Francia, nel
1936. Quello è l’anno della guerra
italiana contro l’Etiopia, un evento
che segnerà il periodo di massimo
consenso al regime fascista, e che
provocherà in Del Noce, al contrario, un senso di disgusto e di opposizione morale a Mussolini e al fascismo, considerato come mero
regno della forza, di una forza brutale senza giustizia. Va detto che
questa opposizione trovava in Aldo Capitini – il futuro organizzatore delle marce della pace PerugiaAssisi, che Del Noce conobbe nel
1935 proprio ad Assisi – un punto
di riferimento importante. Letto in
questo contesto, il volume di Maritain chiarì a Del Noce l’inconciliabilità ideale tra cattolicesimo e totalitarismo. Esso di fatto liberava i
cattolici dall’utopia “medievalista”, antimoderna, che spingeva
Massimo Borghesi, Augusto Del Noce.
La legittimazione critica del moderno,
Marietti 1820, Genova – Milano 2011,
368 pp., euro 26,00
Paolo VI e Jacques Maritain durante la cerimonia di chiusura
del Concilio ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 1965
molti di loro a una adesione al fascismo, inteso, erroneamente, come una forza conservatrice, una
sorta di prezioso alleato nella lotta
contro la modernità.
Ma per Del Noce l’incontro
con Maritain servì solo da antidoto al clericofascismo?
Maritain è colui che, tra il 1943
e il 1945, libera Del Noce dal
“complesso” di Benedetto Croce,
secondo cui i cattolici, in quanto
cattolici, non potevano, a causa
della loro fede (integralista e autoritaria), essere liberali e antifascisti
al pari dei laici. Maritain dimostrava, al contrario, che solo la prospettiva religiosa poteva salvaguardare la libertà e i diritti della
persona. Allo scopo bisognava,
però, distinguere tra cristianesimo
e cristianità, tra la fede e le sue realizzazioni storiche, sempre contingenti. Compresa la cristianità ¬
30GIORNI N. 7/8 - 2011
75
L ibri
Per dare respiro al progetto politico di De Gasperi
occorreva uscire dall’integrismo reazionario
e dal suo rovesciamento speculare, il modernismo,
l’uno e l’altro eredi della filosofia della storia
dell’Ottocento segnata, per i cattolici, dal medievalismo
e dall’antimoderno. Solo così la Democrazia cristiana
poteva accordare democrazia e cristianesimo
medievale assunta a modello da
quei cristiani che guardavano con
diffidenza l’intero mondo moderno e contrapponevano verità e libertà, finendo per sposare ogni
possibile autoritarismo clericale.
Per Maritain, in ciò seguito da Del
Noce, la modernità, che viene dopo le guerre di religione e la divisione della Chiesa, non può più
presupporre la fede come “a priori”, come paradigma comune già
prefissato e pacificamente accolto. Il moderno è il tempo in cui la
verità può e deve essere cercata e
proposta nella libertà. Questa
persuasione è il punto cardine che
sta all’origine della “legittimazione
critica del moderno” di Del Noce.
Negli scritti del 1943-1946 vi sono affermazioni che anticipano,
con grande lucidità, le conclusioni
del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa. La cosa significativa è che Del Noce colloca le sue affermazioni in un orizzonte che riprende sant’Agostino: se la fede è,
secondo la dottrina cristiana, opera della grazia, allora essa non può
essere imposta in forma coercitiva. La priorità della grazia porta al
riconoscimento del momento insostituibile della libertà, anche in
senso politico. Da qui viene anche la superiorità della democrazia
concepita, con Capitini, come
luogo della “persuasione” e della
non violenza.
Come si articola il progetto
delnociano teso a delineare
un incontro positivo tra cattolicesimo e libertà moderne?
Si svolge su due piani: uno politico e uno filosofico. Quello politico lo vede impegnato per tutti gli
anni Cinquanta a dare veste teorica al progetto di Democrazia cri76
30GIORNI N. 7/8 - 2011
stiana formulato da Alcide De
Gasperi, alla sua concezione
del quadro democratico ruotante attorno all’alleanza tra
cattolici, laici, socialisti democratici. Del Noce nutre la segreta
ambizione di essere il “filosofo di
De Gasperi”. Per dare respiro al
progetto politico dello statista
trentino occorreva uscire dall’integrismo reazionario e dal suo rovesciamento speculare, il modernismo, l’uno e l’altro eredi della filosofia della storia dell’Ottocento,
segnata, per i cattolici, dal medievalismo e dall’antimoderno. Solo
così la Democrazia cristiana poteva accordare democrazia e cristianesimo. Allo scopo, ed è la seconda direzione di ricerca dell’intensa
riflessione delnociana, occorreva
decostruire l’intero quadro del
pensiero moderno: quello codificato da Hegel e dall’idealismo, accettato dal marxismo e condiviso, sia
pure nell’opposizione, dalla neoscolastica tomista. Per esso il moderno è il tempo della secolarizzazione (o dell’ateismo) in cui l’emancipazione e la libertà dell’uomo
viaggiano di pari passo con il suo
allontanamento da Dio e dalla fede. Tra il 1954 e il 1958 Del Noce
ribalta questa prospettiva.
In che modo?
Riconoscendo che la modernità non è una, è “duplice”. Da
Cartesio non parte solo il filone
del razionalismo culminante in
Hegel e Marx. Da Cartesio parte
anche un filone agostiniano, cristiano-moderno, che passa attraverso Pascal, Malebranche, Vico,
e culmina in Antonio Rosmini, il
pensatore in cui cattolicesimo e libertà trovano la loro sintesi. Era il
filone personalistico del moderno,
Augusto Del Noce
Sopra, le copertine delle prime edizioni
di due testi di Augusto Del Noce
editi dal Mulino: Il problema dell’ateismo,
del 1964, e Riforma cattolica e filosofia
moderna, volume I: Cartesio, del 1965
che collega la libertà dell’uomo all’esistenza di Dio, contrapposto a
quello spinoziano-hegeliano, in
cui panteismo e ateismo culminano nel totalitarismo politico. Si
trattava di una vera e propria sco-
INTERVISTA. La modernità non è il “nemico”
perta per la quale la posizione reazionaria veniva definitivamente
superata e l’incontro tra cristianesimo e democrazia liberale e personalistica poteva alfine ottenere
la sua legittimazione.
Nel suo volume un intero
capitolo è dedicato al rapporto tra Del Noce e la casa
editrice il Mulino. Si tratta,
certamente, di un capitolo
originale.
Del Noce collabora assiduamente col Mulino di Bologna dal
1957 al 1965. Qui pubblica, oltre
a numerosi saggi sull’omonima rivista, due tra i suoi volumi più importanti: Il problema dell’ateismo, nel 1964, e Riforma cattolica e filosofia moderna, volume
I: Cartesio, nel 1965. Il Mulino
era allora la casa editrice di Bologna nata all’insegna del dialogo e
confronto tra cattolici, laici e socialisti. Del Noce si incontrò particolarmente con Nicola Matteucci
e Luigi Pedrazzi. I punti di contatto erano la valorizzazione del quadripartito degasperiano, il superamento delle tendenze integraliste
presenti tanto tra i cattolici quanto
tra i laici, e anche il passaggio dall’antifascismo ideologico – favorito dal Partito comunista – al postfascismo. La stagione del Mulino è
una stagione estremamente feconda. Non solo l’editrice consacra Del Noce come un autore nazionale, ma egli ha modo di mettere alla prova la fecondità del suo
punto di vista, quello per cui il cattolicesimo è originale solo quando
non è subalterno, quando cioè
non parte dalla contrapposizione
a un avversario nella definizione di
sé stesso. Per questo la posizione
reazionaria così come quella modernista falliscono. Come scriverà
nel 1968: «L’opposizione alla società del benessere non può essere condotta dal punto di vista reazionario, e ciò semplicemente
perché l’opposizione di progressivo e reazionario è interna al suo
linguaggio».
Che cosa significa questo,
in dettaglio, nel rapporto tra
cristianesimo e modernità?
Significa, per Del Noce, che
non è possibile valorizzare la tradizione, sia quella filosofica che quella religiosa, rimanendo all’interno
di una prospettiva reazionaria. La
valorizzazione della tradizione, di
quelle che Del Noce seguendo
Newman chiama le sue «virtualità»,
consente, al contrario, di incontrare le istanze più autentiche del moderno. È in questo senso preciso
che la sua prospettiva coincideva
con quella del Vaticano II.
Negli anni Sessanta Del
Noce, ed è un aspetto interessante e inedito della sua
ricerca, riannoda anche i
rapporti con Franco Rodano,
con l’autore cioè con cui aveva condiviso l’esperienza
cattolico-comunista durante
la fase “resistenziale” tra
l’autunno del ’43 e la primavera del ’44.
Franco Rodano
Certamente. Anche qui si sottolinea sempre, e giustamente, la
critica delnociana a Rodano contenuta ne Il cattolico comunista,
edito nel 1981. Si dimentica però
di ricordare che dagli inizi degli
anni Sessanta fino al Convegno di
Lucca del 1967 Del Noce e Rodano riannodano il loro legame attraverso un carteggio, purtroppo
ancora inedito. La nozione di «società opulenta», che sta al centro
del saggio del 1963 Appunti sull’irreligione occidentale contenuto ne Il problema dell’ateismo, è derivata da Franco Rodano. Il ’63 segna l’inizio di una nuova fase della riflessione delnocia-
na. Egli avverte, infatti, come si
stia concludendo un’epoca: l’era
postbellica della ricostruzione, l’era crociano-degasperiana segnata
dall’incontro tra le componenti
laico-liberali e quelle cristiane. La
nuova società del benessere non
aveva più bisogno delle forze religiose per opporsi al comunismo.
Il nuovo Occidente era ormai in
grado di vincere mediante la dilatazione della società del benessere. Una società segnata dal primato della ragione strumentale, più
irreligiosa dell’ateismo comunista, vittoriosa sul terreno stesso
del comunismo, quello del materialismo. Nel ’63 quindi Del Noce
intuisce, anche alla luce di Rodano, il nuovo avversario della fede
nell’era postmarxista. Intravvede
cioè il tempo in cui la relativizzazione di ogni ideale viene a incontrarsi con una visione tecnocratica del mondo. È questa prospettiva che gli consente di valorizzare,
nel ’75, la lezione di Pier Paolo
Pasolini, come del più lucido interprete del nuovo totalitarismo
della dissoluzione.
Rispetto a questa prospettiva, abbastanza drammatica,
il Del Noce degli anni Sessanta intravvedeva vie d’uscita?
Intravvedeva delle possibilità
senza, tuttavia, poter indicare positivamente degli sbocchi. Il momento storico poneva di fronte a
due istanze che confliggevano tra
di loro. Da un lato la crisi del
marxismo – che pure conoscerà
inaspettatamente un nuovo revival dopo la contestazione del ’68
– poneva luogo a un ritorno ideale
del pari, della scommessa pascaliana: nel momento stesso in cui
l’ateismo perdeva la sua veste
scientifica, la possibilità di un ravvivarsi dell’opzione religiosa tornava attuale. Si trattava però di
una possibilità, non necessariamente di una effettualità. Del Noce non ha mai dedotto filosoficamente la necessità dell’opzione
religiosa. Dall’altra parte il trionfo
della società opulenta, e quindi
dell’irreligione occidentale, sul
marxismo, toglieva respiro a ogni
possibile rinascita religiosa. Due
dinamiche confliggenti che il Del
Noce degli anni Sessanta non può
né vuole sciogliere.
q
30GIORNI N. 7/8 - 2011
77
L iturgia
La Tradizione
è moderna
Dopo sedici anni alla guida del Conservatorio della Chiesa,
monsignor Valentino Miserachs Grau indica la strada
per risollevare le sorti della musica liturgica: tornare ai documenti
del Concilio Vaticano II, fedeli interpreti della Tradizione. Intervista
di Pina Baglioni
l centro dello studiolo di
monsignor Valentino Miserachs Grau c’è un pianoforte a coda molto bello. «Un regalo
della fabbrica viennese Ehrbar a
Pio XI nel 1929, in occasione del
suo cinquantesimo giubileo sacerdotale: un pezzo unico appositamente costruito per lui». Monsignor Miserachs, 68 anni, di Sant
Martí Sesgueioles, piccolo paese
della diocesi di Vic, poco distante
da Barcellona, è preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra dal
1995. E maestro della Cappella
musicale Liberiana cioè della Basilica romana di Santa Maria Maggiore dal 1977.
Lo abbiamo incontrato alla fine
di un anno accademico davvero
particolare: proprio in questo
2011 il Pontificio Istituto di Musica
Sacra ha celebrato i suoi primi cento anni di vita. E monsignor Miserachs si appresta a congedarsi definitivamente dai suoi studenti. «Anche
se, dopo quattro mandati consecutivi, probabilmente ci sarà un anno
di proroga».
A
Monsignor Miserachs, come
e quando è cominciata la sua
grande passione per la musica
sacra? In uno dei suoi numerosi scritti lei si è spinto a definire
il canto gregoriano «quasi come un ottavo sacramento».
VALENTINO MISERACHS:
Era evidentemente un’iperbole.
78
30GIORNI N.7/8 - 2011
Monsignor Valentino Miserachs Grau, preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra,
davanti al pianoforte nel suo studio
Ma l’ho detto pensando all’insegnamento del Concilio Vaticano II,
quando dice: «Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra». La bellezza sublime del canto gregoriano
esprime l’ineffabilità del mistero là
dove la parola non può arrivare.
Cantare e suonare durante la santa
messa come la Chiesa latina comanda, cioè secondo gli straordinari documenti pontifici che abbiamo ricevuto in eredità, non è un
optional. Ne va della trasmissione
della fede in nostro Signore Gesù
Cristo. Come scrisse san Pio X nel
motu proprio Inter sollicitudines, la musica sacra deve essere
santa, vera arte, universale. Eredità ripresa alla lettera dal Concilio
Vaticano II e dal susseguente magistero pontificio.
Comunque, la passione per la
musica mi si è incollata addosso da
quando avevo sei anni. Un giorno,
io e mio fratello scovammo in soffitta una vecchia fisarmonica sgangherata che, però, funzionava ancora. Mentre la suonavo, i miei genitori si accorsero che avevo un
PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA
orecchio formidabile. Mi portarono subito da un bravo pianista e
compositore del mio paese, il maestro Francesc Vives, per capire se
veramente fossi portato per la musica. Il suo parere fu positivo. Cominciai allora a prendere lezioni e
contemporaneamente a suonare
l’organo in chiesa.
Come e perché è arrivato a
Roma?
C’è di mezzo la Provvidenza,
non c’è dubbio: a undici anni andai
in seminario e là il vescovo mi permise di continuare a studiare musica. Nel 1963 mi spedirono a Roma per studiare Teologia alla Gregoriana. E, una volta conseguita la
licenza, proprio nel momento in
cui stavo per rientrare in Catalogna, il mio vescovo cambiò inspiegabilmente idea, lasciandomi rimanere nella Città eterna. In quel
cambio repentino ho sempre visto
la mano della Provvidenza. Con
l’autorizzazione del mio vescovo
mi iscrissi nel 1967 al Pontificio
Istituto di Musica Sacra, che allora
aveva la sua unica sede in piazza di
Sant’Agostino. E vi trovai come
preside monsignor Higini Anglès i
Pàmies, che mi stimava molto. E il
grande maestro Armando Renzi
con cui cominciai a studiare composizione, subito dopo aver conseguito la licenza in canto gregoriano. Due anni dopo mi spostai al
Conservatorio “Alfredo Casella”
Sotto, a sinistra, un insegnante e un’allieva nella sede didattica in via di Torre Rossa
a Roma; a destra, la sala lettura della biblioteca
dell’Aquila per continuare la composizione con Renzi e studiare organo principale. Sono rimasto così
legato a quel Conservatorio, che,
all’indomani del terremoto dell’aprile 2009, abbiamo ospitato in
Istituto: ben sette classi di studenti.
Alcuni si sono sistemati addirittura
qui nello studio.
Comunque, qualche tempo dopo, Renzi, che era anche direttore
della venerabile Cappella Giulia di
San Pietro, mi introdusse in quell’ambiente come secondo organista
e compositore. Nel frattempo, nel
1973, il maestro, oggi cardinale,
Domenico Bartolucci, mi chiamò
ad affiancarlo nella direzione della
Cappella Liberiana di Santa Maria
Maggiore. Sono ormai passati 38
anni dal quel giorno! E se a Renzi
debbo la mia permanenza a Ro- ¬
Il Conservatorio di san Pio X
I
stituito da san Pio X nel 1910 con la denominazione
di Scuola Superiore di Musica Sacra, il Conservatorio liturgico-musicale della Chiesa cattolica iniziò i
suoi corsi il 3 gennaio del 1911. Ventʼanni dopo, Pio
XI, con la costituzione apostolica Deus scientiarum
Dominus lo avrebbe elevato a Pontificio Istituto con la
facoltà di rilasciare i gradi accademici.
Le sue finalità sono lʼinsegnamento delle discipline
liturgico-musicali; la conoscenza e la diffusione del patrimonio tradizionale della musica sacra; la promozione di espressioni artistiche adeguate alle odierne culture. Suo compito è rendere, per incarico della Chiesa
di Roma, un servizio alle Chiese locali di tutto il mondo,
in vista della formazione dei musicisti di chiesa e dei futuri insegnanti nellʼambito della musica sacra.
Le celebrazioni per i cento anni dalla fondazione si
sono concluse con un grandioso congresso interna-
zionale di musica sacra tenutosi dal 26 maggio al 1°
giugno scorso tra i due “poli” dellʼIstituto: quello didattico di via di Torre Rossa, poco distante dalla Città del
Vaticano, e quello accademico-legale in piazza di
SantʼAgostino. A Roma sono giunte, per lʼoccasione,
personalità di prima grandezza come Philippe Dupont,
abate del monastero benedettino di Solesmes, in
Francia, culla della rinascita del canto gregoriano a
partire dal 1840; il maestro estone Arvo Pärt, tra i più
grandi compositori di musica sacra viventi. E, ancora,
Diego Fasolis – interprete della polifonia rinascimentale e barocca, che si è esibito nellʼesecuzione integrale delle opere di Pierluigi da Palestrina – e Luigi
Ferdinando Tagliavini, dellʼUniversità di Friburgo, organista e musicologo di fama internazionale.
P.B
L iturgia
Sopra, la chiesa di Sant’Agostino, nell’omonima piazza romana; a destra, un concerto nella Sala accademica del Pontificio Istituto
di Musica Sacra nella sede storica di piazza di Sant’Agostino
ma e, dal punto di vista tecnico, la
ricerca della musicalità, a Bartolucci
sono debitore del mio arrivo a Santa Maria Maggiore e della ricerca
del rigore.
Nel 1981, purtroppo, il Capitolo Vaticano decise di sciogliere la
Cappella Giulia e mandò tutti a casa. E Armando Renzi, due anni dopo, dal dolore ne morì.
Il maestro Riccardo Muti,
tra i più prestigiosi direttori di
orchestra del mondo, nel maggio scorso ha lanciato un appello per bandire dalle chiese
le canzonette e la musica indegna della liturgia. Non solo: in
questi ultimi tempi non si contano i libri, gli articoli sui maggiori quotidiani nazionali e internazionali sulla volgarità della musica liturgica contemporanea. Addirittura sono usciti
film di importanti registi che
descrivono impietosamente
questo particolare aspetto della Chiesa.
Non si può neanche immaginare
la quantità di persone che vengono
a lamentarsi qui da noi. Alcune ci dicono di non riuscire più a seguire
con attenzione e devozione la messa, distratti da tanta incuria per
quanto riguarda i canti e la musica
durante il sacrificio eucaristico. E
anch’io quando vado a dir messa in
parrocchia da qualche mio amico
parroco, rimango attonito.
80
30GIORNI N.7/8 - 2011
Non bisogna farsi troppe illusioni di risalire in poco tempo dal
baratro in cui siamo caduti. Bisogna ricominciare poco a poco. Fare dei piccoli passi. È un po’ come
insegnare a parlare e a camminare
a un bambino. O, meglio ancora,
è come andare al catechismo, a
imparare i fondamentali della nostra fede.
Ci può fare qualche esempio?
Basterebbe che ogni parroco si
procurasse il Liber cantualis dei
padri benedettini di Solesmes che
raccoglie i canti più semplici ed essenziali del gregoriano come il Credo, il Gloria, il Pater noster. O il libretto voluto da Paolo VI nel 1974
Iubilate Deo. C’è pure il repertorio
pubblicato dal nostro Istituto: Celebriamo cantando i misteri della
salvezza, un’antologia da noi preparata di canti gregoriani e in lingua italiana per tutte le circostanze
dell’anno liturgico. Lo ristampiamo
continuamente. Oltretutto, spesso
inviamo i nostri insegnanti a dare
una mano ai parroci.
Un’altra cosa facile da fare sarebbe far sì che nelle cattedrali, nelle chiese maggiori, nei seminari,
nelle congregazioni religiose si celebrasse almeno una messa settimanale cantando il gregoriano nell’ordinario della messa. O, se risultasse troppo faticoso, almeno una
volta al mese.
E la Chiesa, ai suoi più alti livelli, come dovrebbe muoversi?
Il fatto che, dopo il bellissimo
chirografo di Giovanni Paolo II
scritto il 22 novembre 2003 in occasione del centenario del motu
proprio di san Pio X Inter sollicitudines, non si sia più affrontata la
questione, è inspiegabile. Da molti
anni vado dicendo, attraverso scritti, convegni e quant’altro, che la
Chiesa cattolica si deve munire di
un organismo che abbia valenza
normativa nell’ambito della musica
sacra. C’è un’enormità di repertori
da monitorare, in varie lingue, provenienti da vari Paesi, allestiti dalle
conferenze episcopali e dai movimenti ecclesiali. Si dovrebbe istituire una commissione che abbia l’autorità e il coraggio di dire “questo sì
e questo no”. Non si tratta di inventarsi un’istituzione inutile. Ma di fare chiarezza in un ambito, quello
della musica sacra, totalmente abbandonato a sé stesso o lasciato
nelle mani di ignoranti, incompetenti, nella migliore delle ipotesi.
Perché molti sono in buona fede!
Quando va male, invece, si tratta di
mercanti senza scrupoli che stanno
facendo un sacco di soldi con la loro musica, legati a case discografiche compiacenti e magari a qualche distratta conferenza episcopale. E se si trattasse solo di soldi, potrebbe ancora passare. Sarebbe
umanamente comprensibile. Quel-
PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA
Sotto, la cerimonia
di conferimento dei
dottorati honoris causa
in musica sacra ai
maestri Georg Ratzinger,
Luciano Migliavacca
e Franz Lehrndorfer,
il 20 dicembre 1999,
nella Sala accademica
dell’Istituto.
Al centro della foto
è riconoscibile
il cardinale
Joseph Ratzinger
lo che proprio non si può sopportare è che molti testi e molta musica che si producono per la sacra liturgia non hanno nulla a che fare
con la fede cattolica. Strizzano
l’occhio ad atmosfere musicali e a
testi impregnati di concetti gnostici
e new age che introducono agenti
tossici che intaccano la mente e i
cuori del popolo di Dio. Tutto questo per me è un mistero: uno dei
tanti aspetti del mysterium iniquitatis in cui siamo immersi. Qui non
si tratta di essere fissati con il latino
e con i bei tempi antichi in un’azione tutta di retroguardia. È l’esatto
contrario. Perché il bellissimo capitolo VI della costituzione Sacrosanctum Concilium del Concilio
Vaticano II – specificamente dedicato alla musica sacra – riconosce
«il posto principale» al canto grego-
riano «come canto proprio della liturgia romana»; ribadisce la grande
importanza della polifonia sacra e
invita a promuovere «con impegno
il canto religioso popolare […] in
modo che possano risuonare le voci dei fedeli». Infine, auspica che «i
musicisti animati da spirito cristiano […] compongano melodie che
abbiano le caratteristiche della vera
musica sacra. […] I testi destinati al
canto sacro siano conformi alla
dottrina cattolica, anzi siano presi
di preferenza dalla Sacra Scrittura
e dalle fonti liturgiche».
Stiamo parlando del Concilio
Vaticano II, non di qualche circolo
di tradizionalisti residuali. È profondamente ingiusto scaricare la responsabilità di un tale disastro sul
Concilio. Che, in realtà, è stato, da
questo punto di vista, tradito.
«Animare la messa»: è
un’espressione, questa, che
si sente spesso negli ambienti
cattolici o in occasione di
grandi raduni religiosi. Come
se si dovesse rianimare un
corpo morto.
Ho sentito spesso anche l’espressione «allietare la messa». Non
saprei dire quale sia la peggiore.
La frantumazione dell’autorità
ha determinato una disobbedienza
senza precedenti. Dove a un certo
punto i superiori, a tutti i livelli, dal
momento che nessuno obbediva
più, hanno cominciato ad avere
paura di dare indicazioni autorevo-
li. Ecco perché ci vuole qualcuno
che ricominci da ciò che è piccolo:
piccoli passi, piccole cose. Ricordando sempre che la musica sacra
non deve essere intesa come un fine, ma come un mezzo che ci connette ai sacri misteri della morte e
risurrezione di Gesù.
Oggi nella Chiesa si trascura il
paziente che sta morendo spostando l’attenzione su ciò che è
accidentale. I cultori del liturgismo amano riunirsi nelle loro
conventicole. Gli intellettualoni
vanno a cercare le chiese dove si
fa buona musica liturgica come se
andassero a visitare una mostra
d’arte. La fede in nostro Signore
c’entra poco.
In molti, in questi ultimi decenni, hanno pensato che per
attrarre i fedeli in chiesa fossero necessari repertori musicali che assecondassero la
modernità. Soprattutto per
non far scappare i giovani.
E infatti le chiese sono vuote.
Certo, i motivi sono molti e dolorosi. Non ci metteremo certo a dire
che la colpa è solo della musica e
dei canti indegni. Pio X, tanto per
fare un esempio, scrisse il suo documento sulla musica sacra perché
ai suoi tempi le chiese si erano trasformate in teatri d’opera. E, a tal
proposito, così s’esprimeva nel
1903: «Per questo si dice che essa
piaccia al popolo, e si ha il coraggio di asserire che modificando e
sopprimendo nelle chiese tale stile
diminuirà la frequenza dei fedeli alle funzioni liturgiche. […] Io dirò
che troppo si abusa di questa parola popolo, il quale si è dimostrato
ben più serio e devoto di quel che
d’ordinario si crede, gusta le musiche sacre, né lascia di frequentare
le chiese dove quelle si eseguiscono. […] Il popolo vi assiste entusiasmato e devoto». Addirittura invita
alla brevità del canto liturgico, per
non stancare troppo il popolo! Anche perché la povera gente, dopo
quelle lunghissime esecuzioni di
stampo teatrale in cui avevano trasformato la santa messa, scappava
stremata dopo il Credo, alla ricerca di una messa “letta”.
Il grande compositore e direttore d’orchestra cattolico
Gustav Mahler diceva: «La tradizione è custodire il fuoco, ¬
30GIORNI N.7/8 - 2011
81
L iturgia
non adorare le ceneri». Sente
di condividere tale giudizio?
Sì, completamente. Senza tradizione non si dà modernità. La
tradizione della Chiesa è la madre
del vero progresso. Conosco le
culture musicali contemporanee di
molte parti del mondo, non ne conosco una che non sia parente
stretta del gregoriano. Lo sono anche le melodie proprie della Chiesa in Asia o nelle Americhe. Ho
anche ascoltato molti canti liturgici
in Africa: anche questi hanno una
purezza melodica molto simile al
gregoriano. Il canto gregoriano è
uno strumento di cattolicità e ha
degli agganci con tutte le culture
musicali del mondo. Solo partendo
dall’impianto della tradizione la
musica sacra può progredire ed essere veramente santa, arte autentica, universale. E quindi bella.
Guardiamo ai documenti della
Chiesa sulla musica sacra e liturgica: dal Concilio di Trento al Vaticano II, uno è legato all’altro senza
mai contraddirsi. Tutti partono dalla tradizione.
In un’intervista rilasciata
qualche mese fa, lei parla delle
«sconfitte apparenti» della sua
vita. Cosa intendeva dire?
Dirigere il Pontificio Istituto di
Musica Sacra per sedici anni e avere davanti agli occhi il panorama
che abbiamo fin qui descritto, non è
forse una sconfitta? Racconto un ul-
Giovanni XXIII conferisce a monsignor Higini Anglès la medaglia d’oro
in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Istituto,
l’8 dicembre 1961
timo episodio: in occasione dell’Anno Paolino ho offerto, ovviamente
in forma gratuita, a nome del Pontificio Istituto di Musica Sacra, una
mia composizione alla Basilica di
San Paolo fuori le Mura. Si trattava
di un oratorio su san Paolo e san
Fruttuoso. Gentilmente mi hanno
risposto che già era stato commissionato ad altri stanziando una bella
somma. Alla fine, pare che quest’altro oratorio non l’abbia sentito nessuno. E meno male! Perché il cardinale arciprete mi ha riferito che il te-
sto parlava di un presunto “fidanzamento” di san Paolo. Ecco, non è il
caso di commentare.
Sono convinto, però, che il lavoro per nostro Signore Gesù Cristo si
deve continuare a fare nel silenzio,
nella perseveranza e nella preghiera. Perché il padrone della storia è
Lui. Che sa e vede tutto.
q
Benedetto XVI in visita all’Istituto,
Professori e alunni dell’Istituto in udienza da Giovanni Paolo II, il 19 gennaio 2001
82
30GIORNI N.7/8 - 2011
il 13 ottobre 2007
«Sono molto contento che 30Giorni faccia una nuova edizione di questo piccolo libro
contenente le preghiere fondamentali dei cristiani maturatesi nel corso dei secoli.
A questo piccolo libro auguro che possa diventare un compagno di viaggio per molti
cristiani».
dalla presentazione del cardinale Joseph Ratzinger del 18 febbraio 2005
(eletto Papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI)
CHI PREGA SI SALVA
Il piccolo libro, di cui 30Giorni ha già distribuito centinaia di migliaia di copie,
contiene le preghiere più semplici della vita cristiana,
come quelle del mattino e della sera,
e tutto ciò che aiuta a fare una buona confessione
FORMATO PICCOLO
Tascabile, misura 10,5x15 cm
COSTA €1 A COPIA
+ spese di spedizione
FORMATO
GRANDE
Più leggibile e adatto
ad essere lasciato
in chiesa sul banco,
misura 13,6x19,8 cm
COSTA €1,50 A COPIA
+ spese di spedizione
EDIZIONI ESTERE
in lingua portoghese, inglese,
francese, spagnola, tedesca e cinese.
Misura 13,6x19,8 cm
COSTA €1 A COPIA
+ spese di spedizione
È possibile richiedere copie
sia dell’edizione grande
che di quella piccola
e delle edizioni estere
telefonando al numero verde gratuito
oppure scrivendo a 30GIORNI
via Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma
o all’indirizzo e-mail: [email protected]