da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti

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da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti
da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Collezionismi alla Ca’ d’Oro Giorgio Franchetti jr. Brevi note sull’uomo e sul collezionista testo di Flavio Fergonzi, curatore Giorgio Franchetti jr (Roma 7 novembre 1920 ‐ 25 gennaio 2006) è la personalità centrale intorno alla quale ruota la seconda sezione della mostra. Di professione ingegnere civile, fu titolare dellʹimpresa Franchetti&Giuliani s.r.l., attiva sul territorio nazionale nella costruzione di strade e ponti. Appassionato di aviazione (combatté in guerra come pilota nel IV Stormo), interessato pionieristicamente alla meccanica di riuso (progettò o restaurò motociclette, motori ed in particolare auto dʹepoca, di cui fu collezionista dallʹimmediato dopoguerra), ereditò la predisposizione del nonno al collezionismo focalizzandolo sullʹarte contemporanea. I suoi primi interessi si orientarono verso il 900 storico (Martini, de Pisis, de Chirico, Morandi, Rosai). Poi, nel dopoguerra, attraverso la passione per i quadri astratti di Giulio Turcato, la sua attenzione si rivolse alle opere di Giacomo Balla, cui riconobbe pionieristicamente, in anni di rivalutazione futurista, un ruolo di particolare apertura verso le ricerche dei più giovani. Nella seconda metà degli anni Cinquanta conobbe il gallerista della Tartaruga Plinio De Martiis, al quale si legò con un intenso sodalizio. Questo sodalizio fu fondamentale per lʹaggiornamento in senso internazionale del sistema dellʹarte romana del dopoguerra. In occasione del suo viaggio a New York (iniziato alla fine del 1957 e protrattosi per la prima metà del 1958) frequentò Conrad Marca Relli e Leo Castelli che lo introdussero presso gli espressionisti astratti americani di cui Franchetti portò a Roma alcune opere: esse entrarono nella sua collezione ma furono subito messe a disposizione de La Tartaruga, dove furono esposte e vendute. Mentre a Roma il mercato dellʹarte stentava a decollare e non si era sviluppata una reale attitudine al collezionismo, le scelte di Franchetti iniziarono a orientarsi sugli artisti che frequentavano la galleria di De Martiis; acquistò Burri e Fontana, ma soprattutto iniziò ad investire sugli artisti esordienti, mosso da unʹinnata capacità di vedere e selezionare e da un atteggiamento complice con i più giovani, che promosse e sostenne. Sul finire degli anni Cinquanta, infatti, fu tra i primi a collezionare, Twombly, Kline, Rothko e Scarpitta. Ma la sua principale intuizione, quella su cui poggia il significato stesso di questa mostra, fu quella di avvertire il cambio di passo dellʹarte italiana dei primi anni Sessanta. Franchetti, infatti, iniziò, praticamente da solo, ad acquistare opere di Rotella, Schifano, Angeli, Lo Savio, Pascali e Kounellis, legandosi con profonda amicizia a Tano Festa, di cui fu il maggior collezionista. Negli stessi anni, seguendo lʹevoluzione in senso concettuale dellʹarte italiana, arricchì la sua collezione di opere fondamentali dei milanesi Castellani, Manzoni e Fabro. Nel 1968 conobbe Graziella Lonardi Buontempo e con lei fu socio fondatore degli Incontri internazionali dʹArte; ebbe inoltre per la sua inclinazione a frequentare gli artisti, un ruolo trainante per le mostre Vitalità del Negativo e Contemporanea. La sua collezione veniva così ampliandosi attraverso scelte personali e ispirate a un gusto formatosi attraverso un forte radicamento nello scenario dellʹarte romana e più generalmente italiana; le opere venivano acquistate per il loro valore individuale senza distinzioni di gruppi o inseguendo le tendenze del momento. Tra gli anni ʹ70 e ʹ80 entrarono nella sua collezione De Dominicis, Ontani e Vettor Pisani; ma Franchetti, legato da amicizia a Chia, Cucchi, Paladino e Clemente, aprì anche alla Transavanguardia e frequentò il gallerista Sperone; si rivolse poi ai ʺpittori della memoriaʺ, quegli Anacronisti ai quali si lega lʹultima iniziativa di Plinio De Martiis. La sua collezione, raccolta inizialmente nel piccolo appartamento sullʹAppia Antica ed esposta in seguito nella casa di Via Monserrato che è ricordata dagli artisti come un luogo di incontro, di cene e di proficui scambi culturali, ha trovato una più adeguata esposizione quando è stata allestita agli inizi degli anni ʹ90 nella sua ultima casa, lʹex Pontificia Cereria Pisoni, che Giorgio acquistò quando ancora era attiva la fabbrica di candele. Ricomponendo la sua iniziale passione per il costruire con lʹamore per lʹopera arte, ha ristrutturato la sua ultima casa trasformandola in casa‐museo.