Vol.10 N.1 - Studio Castellucci

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Vol.10 N.1 - Studio Castellucci
Volume 10 Numero 1, Anno 2007
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postale 70% DCB Firenze 1
contiene I.P.
l’informatore
endodontico
Cerilyn G. Sheets, DDS
Jacinthe M. Paquette, DDS
Tecnologia a conicità progressiva
Ho perso il mio ricettario endodontico
Nr.
1
Anno
2007
Un’endodonzia più efficace
che con gli strumenti rotanti Ni-Ti
Posizionamento del perno e restauro dei denti
trattati endodonticamente
Sommario
Pag.
6
Tecnologia a conicità progressiva
Jhon D. West, DDS, MSD
Pag.
18
Ho perso il mio ricettario endodontico
Richard Mounce, DDS
Un’endodonzia più efficace
Pag. 22 che con gli strumenti rotanti Ni-Ti
Barry L. Musikant, DDS
Allan S. Deutsch, DDS
Posizionamento del perno e restauro
dei denti trattati endodonticamente.
Pag. 28 Revisione della letteratura
Richard S. Schwartz, DDS
James W. Robbins, DDS, MA
Pag.
60
Corsi e Congressi
Pag.
62
Notizie da tutto il mondo
Pag.
68
Facciamo due risate
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
1º Trimestre 2007
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Finito di stampare nel Aprile 2007
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
2007
Perché ProTaper Universal?
Malgrado le performance di altissima
qualità garantite dagli strumenti rotanti a conicità progressiva, il mercato aveva formulato una “lista dei desideri” per
la successiva generazione di strumenti.
Per prima cosa, occorreva ottenere un
diametro apicale più ampio per apici
originali più larghi e nei casi in cui il
clinico voleva “aprire un apice” fino
ad un diametro n° 40 o n° 50 al fine
di garantire ulteriormente la massima
detersione del forame apicale.
Secondariamente, e a ragione, si avvertiva il bisogno di strumenti di lunghezza 31 mm per denti più lunghi
come i canini.
Terzo, alcuni clinici sentivano che l’F3,
pur essendo più flessibile di altri strumenti di dimensioni paragonabili, era
ancora troppo rigido.
Infine, alcuni autori e alcune discussioni nell’ambito del mercato cominciavano a mettere in luce l’aggressività
dei ProTaper.
Va detto, tuttavia, che originariamente questi autori non seguivano le istruzioni d’uso ProTaper (directions for
use, DFU). Tendevano naturalmente
ad esercitare una pressione sugli strumenti e a spingerli. Difatti la memoria tattile dei loro muscoli era stata
plasmata dalla necessità di spingere e
premere strumenti rotanti di tipo radial-land (provvisti di una sezione di
taglio piana tra i solchi) per consentire
alle lame inefficienti di impegnarsi e
incidere la dentina.
Nel caso dei ProTaper, le parole chiave
relative alla memoria tattile dei muscoli sono lasciar scivolare, seguire un
percorso, spazzolare, accarezzare, morbido, delicato, senza sforzo e flessibile.
L’efficacia di questi strumenti è la differenza che fa la differenza. Perciò, le
richieste del mercato sono state soddi-
sfatte modificando i sistemi ProTaper
preesistenti, pur mantenendo ridotto il
numero degli strumenti, sempre più in
accordo con la filosofia ProTaper Universal secondo cui “il meno è più”. La
parola d’ordine è “semplicità”. Presso
la Maillefer Instruments di Ballaigues,
Svizzera, un gruppo di endodontisti
formato da Clifford Ruddle, Pierre Machtou e il sottoscritto, in collaborazione
con gli ingegneri svizzeri dell’azienda,
si è riunito l’anno scorso (come al momento della nascita di ProTaper) per
soddisfare questi nuovi bisogni.
Così, 5 anni dopo il lancio della tecnologia ProTaper (2001), è stata perfezionata e immessa sul mercato una
nuova generazione di strumenti a conicità progressiva (Figg. 1-4). Scopo di
questo articolo è esaminare le caratteristiche innovative di questi strumenti
e porre tre domande: Qual è il pensiero
che sta dietro le caratteristiche di questi strumenti? Esattamente, qual è il
cambiamento, se ve ne è stato qualcuno? Qual è l’esperienza clinica per ciascun eventuale cambiamento?
Figura 1
La confezione
originale dei 6
ProTaper
1
Pag. - Profilo dell’Autore. In quanto fondatore e direttore del Center for Endodontics, il Dr. West è tuttora
considerato una delle principali autorità in endodonzia clinica e interdisciplinare. Ha conseguito la laurea in
odontoiatria (DDS) nel 1971 presso l’Università di Washington, dove è Professore Associato. Ha ricevuto
l’MSD (Master Degree) in Endodonzia nel 1975 presso la Boston University Henry M. Goldman School of
dental Medicine, dove è docente clinico, e la stessa università lo ha insignito del premio Distinguished Alumni
Award nel 1995. Il dottor West ha tenuto corsi di aggiornamento per oltre 400 giornate nel Nord America, nel
Sud America e in Europa, continuando a gestire il suo ambulatorio privato a Tacoma, Washington. Ha scritto il
capitolo “Obturation of the Radicular Space” insieme con il dottor John Ingle nelle edizioni del 1994 e del 2002 di
Ingle, Endodontics ed è il principale autore del capitolo “Cleaning and Shaping the Root Canal System” contenuto
CHE COS’È PROTAPER
UNIVERSAL?
SX
Pensiero. Le esagerate “geometrie stile
Torre Eiffel” del sagomatore SX effettuano la sagomatura coronale nei
denti corti, ma, cosa più importante,
consentono di spazzolare in maniera
efficiente la dentina lontano dalla pericolosa zona della biforcazione.6 Alcuni
colleghi hanno manifestato l’esigenza
di aumentare ulteriormente le geometrie dell’SX. Questo cambiamento si è
Figura 2
Ricostruzione di un tipico sistema di canali radicolari complesso di un molare (Per
gentile concessione di toothatlas.com).
S1 (viola)
Pensiero. L’S1 (sagomatore n° 1) è stato progettato per sagomare e detergere
intenzionalmente il terzo coronale del
canale. Molti utenti considerano S1 e
F1 (rifinitore n° 1) come il loro tesoro
e li ritengono indispensabili. In effetti,
se usati in maniera creativa, vale a dire
“spazzolando”, S1 e F1 sono in grado
di rendere minima la necessità di usare
sia S2 sia gli altri rifinitori. Naturalmente ciò va a scapito della precisione, e qualsiasi risparmio in termini di
costi di inventario è controbilanciato
dal maggior impiego di tempo e dalla
scarsa precisione dei risultati.
Cambiamento. L’S1 è rimasto invariato,
Figura 3
Esempio clinico che dimostra quali
sagomature possano essere ottenute e
consentire il riempimento tridimensionale dell’anatomia naturale del sistema
dei canali radicolari (Per gentile concessione del dottor Jason West).
Figura 4
Sottili, eppur profonde differenze tra
ProTaper e ProTaper Universal.
3
2
4
Pag. - tuttavia dimostrato superfluo e inoltre
ha comportato il rischio di incidere
inavvertitamente la parete interna e
quindi ledere la biforcazione. Pertanto
è apparso chiaro che bastavano pochi
semplici movimenti di spazzolatura
eseguiti con l’originale sagomatore SX
per dimostrare la possibilità di raddrizzare facilmente l’orifizio e la porzione coronale dei canali e di portare a
termine la sagomatura coronale.
Cambiamento. Il sagomatore SX è rimasto immutato, salvo la sostituzione
della punta “parzialmente attiva” con
una punta stondata “sicura”.
Esperienza clinica. Immutata, ma più
sicura.
nelle edizioni del 1994 e del 1998 di Cohen & Burns, Pathways of the Pulp. Il dottor West è membro di varie
istituzioni, tra cui la American Academy of Esthetic Dentistry, la Northwest Network for Dental Excellence
e l’International College of Dentistry. È il Thought Leader dei Kodak Digital Dental Systems e fa parte
dell’Editorial Advisory Board del Journal of Advanced Esthetics and Interdisciplinary Dentistry, del Journal
of Esthetic and Restorative Dentistry, Practical Procedures and Aesthetic Dentistry, e del Journal of Microscope
Enhanced Dentistry. È Direttore Scientifico del Communiqué della Boston University e può essere contattato al
numero (800) 900 7668 o scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected]
Disclosure: Il dottor West percepisce delle royalties per gli strumenti rotanti e la tecnologia di otturazione
ProTaper, Dentsply, Tulsa.
L’Informatore
Endodontico
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a parte l’aggiunta di una punta “sicura”. Il fatto che questo strumento non
abbia subito cambiamenti sostanziali è
un sollievo per gli utenti ProTaper.
Esperienza clinica. Immutata ma più sicura.
S2 (bianco)
Pensiero. Alla metà degli anni ‘90 il
principale obiettivo della ricerca in endodonzia era progettare uno strumento rotante per sagomare il terzo medio
di un canale, con particolare attenzione al terzo coronale del terzo apicale.7
Quest’area coincide spesso con l’inizio
di una deviazione apicale e viene generalmente definita “gomito”. Secondo le
istruzioni d’uso (DFU) per la tecnologia ProTaper, occorreva lasciar scivolare lo strumento, seguire il percorso nel
canale, ritirare lo strumento e ripetere la sequenza fino al raggiungimento
della lunghezza di lavoro. Tale sequenza prevedeva una progressione di passaggi passivi. L’S2 (sagomatore n° 2)
faceva esattamente quello per cui era
stato progettato di fare. L’innovativa
azione “spazzolante” del sagomatore S2
ha cambiato radicalmente questo modo
di procedere. Dopo aver “spazzolato” il
canale con l’S1, la sagomatura si trovava ad uno stadio più avanzato e quindi
l’S2 aveva meno lavoro da compiere. Le
onde di sagomatura non erano più distribuite uniformemente.
Cambiamento. Un leggero incremento
delle geometrie progressive S2 ha fatto sì che la transizione dal sagomatore
al rifinitore avvenga senza soluzione di
continuità quando si esegue la spazzolatura con i sagomatori. Ora l’F1 è un
vero rifinitore e “collega i punti” senza
sforzo (Figg. 4, 5).
Esperienza clinica. Il cambiamento apportato all’S2, seppur sottile, è essen5
ziale
sul piano clinico e concettuale
5
perché adesso, clinicamente, esiste una
distinzione netta tra “sagomatori” e
“rifinitori”. Tale differenziazione costituisce una caratteristica unica della
tecnologia ProTaper e dei nuovi strumenti ProTaper Universal. Spazzolare
con il ProTaper Universal S2 comporta
una riduzione del numero di passaggi passivi progressivi richiesto dal rifinitore F1. Il concetto di “collegare
i punti” dà l’idea di una sagomatura
senza interruzioni. Un canale in cui in
precedenza erano necessari 4 passaggi progressivi ora può richiederne 1 o
forse 2. Data la riduzione del volume
di dentina da tagliare, l’F1 è divenuto
uno strumento ancora più sicuro nella
pratica clinica.
Figura 5
Protaper Universal,
inclusi gli strumenti F4 e F5.
F1 (giallo)
Pensiero. L’F1 (rifinitore n° 1) è usato
per qualunque canale debba essere
sagomato. L’F1 ha una punta apicale
di dimensioni ISO 20 e i suoi primi 3
mm (fino al livello D3) hanno una conicità del 7%. Il resto dello strumento
presenta una conicità decrescente che
garantisce un’eccellente flessibilità. La
preparazione finale eseguita con l’F1
assicura lo sviluppo di una forte pres-
Pag. - Tecnologia a conicità progressiva
Fondamenti e tecnica clinica per il nuovo sistema ProTaper Universal
sione idraulica all’interno della forma
conica. Con il cambiamento intervenuto nell’S2 ProTaper Universal, il carico di lavoro dell’F1 è perfettamente
distribuito tra S2 e F2.
Cambiamento. Nessun cambiamento,
salvo l’aggiunta della punta “sicura”.
Esperienza clinica. L’F1 adesso “cade”
fino a raggiungere la lunghezza più
facilmente e in modo più sicuro. La
transizione dai “sagomatori” ai “rifinitori” è più agevole e sembra priva di
soluzione di continuità.
F2 (rosso)
Pensiero. L’F2 (rifinitore n° 2) ha sempre
avuto il profilo ideale, ma la questione sollevata dal team di Ballaigues era:
“L’F2 è troppo efficiente?” Dovremmo
renderlo “più lento”? Questa caratteristica era stata testata con successo
mediante prototipi ma richiedeva un
cambiamento nel movimento: dalla possibilità di “lasciar scivolare” lo
strumento alla necessità di premerlo o
spingerlo leggermente per indurlo ad
esercitare un’azione di taglio. Questa
“interruzione nel flusso” metteva il clinico in difficoltà inducendolo a chiedersi: “Devo lasciar scivolare lo strumento
nel canale, o c’è bisogno che spinga?”
Una delle caratteristiche fondamentali
dei ProTaper e ProTaper Universal è il
fatto che le “onde di sagomatura” ottenute con i rifinitori sono naturali, lisce
e non richiedono sforzo. Quando il dentista ha assimilato i Cinque Obiettivi
Meccanici di Schilder e si impegna al
massimo per conseguirli, a quel punto
è in grado di eseguire la strumentazione facilmente e con grazia. Sperimenta
una sorta di “flusso”. Per rispondere
alla domanda posta dal team di Baillagues, non si doveva cambiare l’F2 ma il
modo di pensare. Era necessario che il
dentista ricevesse una migliore forma-
Pag. - 10
zione riguardo a come utilizzare questi
strumenti nel miglior modo possibile.
Cambiamento. Nessuno, salvo il passaggio da una “punta guida modificata” a
una “punta sicura stondata”.
Esperienza clinica. L’F2, secondo il progetto originario, è spesso l’ultimo rifinitore richiesto. La presenza di frustoli
dentinali nelle scanalature dimostra
che il canale è pronto per essere riempito con un cono di guttaperca ProTaper F2 o un otturatore ProTaper F2.
F3 (blu)
Pensiero. L’F3 (rifinitore n° 3) è stato
uno di quegli strumenti che non suscitano reazioni intermedie: o si amano o si odiano. Nel passato, ha indotto
alcuni dentisti a utilizzare tecniche
“ibride”. L’ibridazione degli strumenti
ha sempre rappresentato un dilemma.
Tale mescolanza faceva spesso perdere il ritmo al dentista inducendolo a
fermarsi per chiedersi: “Cosa viene ora
e come posso usare questi differenti
strumenti in modo differente?” L’ibridazione rendeva necessario anche un
aumento del numero degli strumenti.
I dentisti hanno scoperto che, per risultare efficace, l’F3, per come era stato
concepito e progettato, doveva essere
maneggiato con grande cura. Se il ProTaper F3 viene “lasciato scivolare” in
maniera analoga all’F1 e all’F2 potrebbe, in mani poco esperte, scivolare più
del necessario. Al gruppo di Ballaigues
era chiara la necessità di “rallentare
impercettibilmente l’F3” al fine di poterlo usare allo stesso modo degli altri
due rifinitori. Ma, in realtà, il lavoro
dell’F3 era già stato svolto: l’F1 e l’F2
avevano letteralmente aperto la strada. All’F3 restava solo da comportarsi
come un vero rifinitore e, ancora una
volta, “collegare i punti”. La vera questione si riduceva al fatto che l’F3 era
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Endodontico
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6
davvero “troppo qualificato”.
Cambiamento. Modificando le lame a
sezione trasversale e introducendo altre leggere modifiche, gli ingegneri
riuscirono a far sì che l’F3 trasmettesse la sensazione del tutto nuova di
maggiore sicurezza e flessibilità (Fig.
6). Come in tutti i nuovi strumenti rotanti e manuali ProTaper Universal, la
“punta guida modificata” è stata sostituita dalla “punta sicura stondata”.
Esperienza clinica. Un dentista aveva
inventato per l’F3 il nomignolo “Mr.
Stiffy” (da stiff = rigido). Questo stesso dentista lo chiama ora “Mr. Flexey.”
(da flexy = flessibile). Il beneficio più
significativo sul piano clinico e il reale
valore dell’F3 sta nel fatto che adesso
fa davvero parte della “confezione famiglia da 6” ProTaper. Adesso, al pari
dell’F1 e dell’F2, risulta sicuro, controllabile, e ancora efficiente. Se il set
di rifinitori viene usato correttamente,
creare una sagomatura adeguata nella radice del dente è un’operazione di
routine (Figg. 7, 8).
Nuovi F4 e F5 (doppia striscia nera
e gialla)
Pensiero. L’F4 e L’F5 (rifinitori n° 4 e n°
7
5) originariamente non corrispondevano alla filosofia ProTaper del “meno è
più”. ProTaper non era nato come sistema di strumenti per tutte le stagioni,
ma piuttosto per una stagione specifica:
era dunque pensato per incidere in maniera predicibile, sicura, semplice ed efficiente una forma naturale in un canale
che richiedeva una sagomatura, cioè in
cui era presente della dentina restrittiva. Non faceva differenza se il canale era
lungo o curvo. Se le pareti sono lisce,
Figura 6
I cambiamenti nella sezione trasversale dell’F3 consentono un aumento
significativo della flessibilità.
Figura 7
Sagomatura e otturazione conservative, e tuttavia adeguate, di un dente
anteriore facile.
Figura 8
Gli strumenti rotanti ProTaper
Universal consentono di seguire agevolmente il percorso del canale, sagomare,
detergere ed effettuare un’otturazione
tridimensionale dell’intero sistema dei
canali radicolari in maniera efficace.
8
Pag. - 11
Tecnologia a conicità progressiva
Fondamenti e tecnica clinica per il nuovo sistema ProTaper Universal
9
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Figura 9
F4 per denti con forami più larghi o
per un aumento intenzionale del diametro del forame apicale.
Figura 10
F5 per denti con forami già più larghi
o delle dimensioni desiderate.
Figura 11
Lo strumentario ProTaper Universal è
pensato per tutte le procedure endodontiche, dall’accesso alla detersione,
dalla sagomatura all’asciugatura, fino
all’otturazione. Si notino la guttaperca
ProTaper e gli otturatori ProTaper
abbinati.
11
Pag. - 12
seguendo le istruzioni d’uso, è sempre
possibile lasciar scivolare uno strumento ProTaper fino al raggiungimento della lunghezza di lavoro. E disponevamo già di innumerevoli prodotti
che cercavano di fornire una soluzione
per ogni possibile circostanza. La complessità e la confusione erano i principali problemi che la filosofia ProTaper
riusciva ad evitare. L’aggiunta di nuovi
chiaramente non faceva parte del “pensiero ProTaper”. Secondo alcuni colleghi, per effettuare un’efficace detersione mediante un migliore scambio di
irriganti nonché
per rendere rotondo il forame,
l’apice preparato
deve avere un diametro 40 o 50. Di
conseguenza, uno
dei risultati più
significativi raggiunti dal team di
Ballaigues è stato
la produzione di
strumenti ausiliari ProTaper atti a
soddisfare questa
esigenza. L’F4 e
l’F5 sono davvero strumenti ausiliari e,
al momento di usarli, occorre pensarli
in questi termini.
Cambiamento. L’F4 ha una punta di dimensioni ISO 040 e una conicità del
terzo apicale pari al 6%, cui segue una
conicità decrescente nel corpo, che
consente un’eccellente flessibilità. L’F5
ha una punta di dimensioni ISO 050
e una conicità del terzo apicale pari al
5%, cui segue una conicità decrescente
nel corpo che, come nell’F4, è garanzia
di maggiore flessibilità. Come l’intera famiglia ProTaper, l’F4 e l’F5 sono
dotati di una “punta stondata sicura”
(Figg. 9, 10).
Esperienza clinica. I rifinitori F4 e F5
fanno ciò che sono progettati per fare:
aumentano le dimensioni della preparazione apicale o sagomano un canale
che si presenta con una costrizione apicale di diametro superiore a 30. Sono
sorprendentemente flessibili. A questi
strumenti sono abbinati coni di guttaperca ProTaper F4 e F5 e otturatori
ProTaper F4 e F5 (Fig. 11). Il sottoscritto porta a termine con F1 approssimativamente il 20% dei canali, con
F2 più o meno il 70% dei canali e con
F3 circa il 10% dei canali. È raro che
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12
14
gli apici nella pratica clinica abbiano
diametri maggiori di 30, ma, se si presenta un caso simile, l’ibridazione può
ora essere evitata, affidandosi sempre
all’alta qualità ed efficacia della tecnologia ProTaper.
Nuove lunghezze di 31mm da S1 a F5
Pensiero. Di tanto in tanto capita un paziente con canali radicolari più lunghi
di 25 mm. In casi simili, occorre usare strumenti ProTaper più lunghi, per
garantire l’efficacia ProTaper e ridurre
al minimo l’ibridazione dell’inventario.
Il team di Baillagues ha individuato un
bisogno e lo ha soddisfatto.
Cambiamento. Nessuno, tranne il gambo più lungo, pensato per denti più
lunghi con canali più lunghi. Le stesse
“lame per la preparazione” ProTaper
sono state conservate. I coni di guttaperca ProTaper e gli otturatori ProTaper saranno presto disponibili in
queste lunghezze.
Esperienza clinica. I dentisti possono ora
ottenere “forme ProTaper” in denti più
13
lunghi con risultati altrettanto positivi
nella pratica clinica (Figg. 12, 13).
Figura 12
ProTaper Universal è prodotto nelle
lunghezze da 21, 25 e 31 mm.
Strumenti ProTaper per il ritrattamento
Pensiero. Una soluzione omnicomprensiva per la rimozione dell’otturazione
in realtà non esisteva. La maggior parte dei clinici si limitava a usare anche
gli stessi strumenti pensati per sagomare la dentina.
Cambiamento. Tre lime ProTaper sono
state progettate per i ritrattamenti,
per rimuovere efficacemente il vecchio
materiale da otturazione. Il D1 ha una
conicità apicale del 9%, seguita da conicità decrescenti ProTaper ed è pensato per rimuovere l’otturazione del terzo
coronale. È inoltre provvisto di un’efficace punta tagliente in grado di rimuovere la guttaperca o impegnare un carrier. Il D2 ha una conicità apicale pari
all’8% per rimuovere l’otturazione dal
terzo medio del canale. Il D3 ha una
conicità apicale pari al 7% per rimuovere l’otturazione apicale (Fig. 14).
Figura 13
Canino superiore sagomato, deterso
e otturato con la tecnologia ProTaper
Universal.
Figura 14
Strumenti rotanti ProTaper per il
ritrattamento.
Pag. - 13
Tecnologia a conicità progressiva
Fondamenti e tecnica clinica per il nuovo sistema ProTaper Universal
Figura 15-17
Casi clinici completati utilizzando il
sistema ProTaper Universal.
15
Esperienza clinica. La tecnologia ProTaper per il ritrattamento consente di
effettuare il ritrattamento in maniera
“sicura, semplice ed efficacie”, le tre
parole chiave della filosofia ProTaper.
Strumenti manuali ProTaper in
silicone
Pensiero. Da sempre i clinici avvertono il
bisogno di “sentirsi tutt’uno” con la dentina del delicato sistema dei canali radicolari nel momento in cui eseguono un
trattamento endodontico. Non potendo
contare sulla vista, devono sfruttare al
meglio il tatto per avere un controllo ottimale sulla sagomatura dei canali.
Cambiamento. Su tutti gli strumenti
manuali ProTaper sono installati manici in silicone.
Esperienza clinica. I clinici confermano che, grazie al manico in silicone, si
sentono “tutt’uno con lo strumento”
e che, quando eseguono movimenti
manuali, le loro dita non si affaticano.
Pag. - 14
16
In poche parole, il manico in silicone
rende gli strumenti manuali ProTaper
molto più flessibili.
Come ProTaper Universal?
La risposta a questa domanda è il pezzo
forte dell’intera discussione. È semplice
e non richiede riflessioni né alcuna pianificazione. Non c’è alcun cambiamento nella sequenza clinica: le nuove geometrie si inseriranno senza soluzione di
continuità negli inventari ProTaper esistenti. La percezione tattile non subirà
cambiamenti imprevisti eppure si avrà
l’impressione di una progressione agevole e ottenuta senza sforzo a partire dai
sagomatori e attraverso i rifinitori.
Abstract
I ProTaper Universal hanno prodotto
una soluzione esaustiva e tuttavia semplice per i dentisti in cerca di un singolo sistema versatile che sia in grado di
risolvere i principali problemi in endo-
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Endodontico
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donzia, dall’accesso all’otturazione. La
chiave dell’endodonzia di alta efficienza consiste nel produrre di più e meglio facendo il meno possibile. Possiamo paragonare tutto questo all’azione
di una leva. Le caratteristiche di totale
sicurezza e semplicità unite al massimo
dell’efficienza sono l’essenza della tecnologia ProTaper Universal. L’obiettivo fondamentale raggiunto da queste
nuovissime tecnologie endodontiche è
la possibilità per il medico di ottenere
risultati eccezionali in maniera predicibile e coerente (Figg. 15-17)
17
Traduzione dell’articolo originale
Principle-centered endodontics
Methods, Strategies, and Concepts
Dentistry Today, 25(3):86-91, 2006
Copyright©Dentistry Today Inc.
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2007
Digora Optime
Nuovo sistema di radiovideografia ai fosfori
Per informazioni:
DL Medica S.p.A.
Via Pietro Calvi, 2
20129 Milano
Tel. 02.762751
Fax 02.76275300
www.dlmedica.it
[email protected]
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DL Medica, distributore per l’Italia del marchio Soredex, ha festeggiato il decimo anniversario
dall’introduzione del primo sistema di radiovideografia a fosfori Digora con la presentazione e l’introduzione dell’innovativo sistema Digora Optime.
La tecnologia ai fosfori per la radiologia intraorale rimane lo strumento più adeguato a fornire
immagini dall’elevato valore diagnostico; il facile posizionamento in tutte le aree del cavo orale senza
distorsioni o compromessi, con o senza l’ausilio del centratore, la riduzione della dose raggi fino al
90%, la possibilità di utilizzo con tutte le tipologie di radiografico e l’eliminazione totale di tutti
i problemi di sovra e sotto esposizione, uniti alla rapidità e alla qualità delle radiografie, sono le
caratteristiche che rendono il nuovo Digora Optime un valido strumento per lo studio odontoiatrico.
Infatti, il nuovissimo sistema di radiovideografia impiega le più avanzate soluzioni tecnologiche nel
campo della radiologia digitale, dell’elettronica e dell’informatica, garantendo standard qualitativi
davvero elevati. Questo risultato è frutto dell’esperienza maturata con i fosfori in oltre 10 anni di
attività, con la produzione di decine di migliaia di unità.
Il sistema Digora rimane l’unico sistema di radiovideografia in grado di offrire la più ampia
gamma di formati di piastrine, immediatezza nella visualizzazione, versatilità e semplicità di
impiego, uniti a praticità ed affidabilità. Il lettore può leggere quattro differenti formati di piastrine ed impiega soli 4,5 secondi per leggere, visualizzare e cancellare una piastrina di formato 22
x 31 cm, 24 x 40 cm, 31 x 41 cm, 27 x 54 cm ; inoltre, la selezione del formato, la lettura, la
cancellazione e l’espulsione della piastrina sono completamente automatiche.
Dal punto di vista tecnico, viene utilizzata per il collegamento al singolo PC o alla rete di PC la
connessione di rete ethernet a 100/1000 Mb con cavo RJ45, sfruttando per la comunicazione il diffusissimo protocollo internazionale TCP/IP.
La definizione è stata ulteriormente migliorata rispetto ai già elevati standard, introducendo nuove
piastre con risoluzione fino a 12.5 coppie di linee reali
e non virtuali; è stato introdotto anche un nuovo sistema
brevettato di elaborazione, in grado di ottimizzare le
immagine acquisite offrendo maggiore omogeneità, dettagli, qualità e nitidezza. L’acquisizione delle immagini sfrutta una più ampia scala di grigi a 16 bit, in
grado di riprodurre e garantire tutti i dettagli sia nella
visualizzazione che nella stampa.
La nuova versione del software Digora per Windows
2.5 è stata arricchita con un’ampia gamma di opzioni
per la lettura, l’elaborazione e l’analisi dei dettagli.
Attraverso l’analisi delle misure calibrate, la simulazione preimplantare e l’analisi densitometrica è possibile aumentare in modo considerevole la valenza diagnostica delle immagini radiologiche. I nuovi parametri
avanzati impiegati consentono di operare, se richiesto,
direttamente con lo standard di radiologia professionale
DICOM, oltre alla possibilità di interfacciarsi con i
sistemi ospedalieri PACS.
Il nuovissimo sistema Digora Optime, combinato con il
sistema Digora PCT per panoramiche, teleradiografie
18x24 o 24x30 e tomografie, rappresenta una soluzione avanzata per lo studio odontoiatrico, in grado di
offrire elevate prestazioni.
Ho perso il mio ricettario
endodontico
Michelangelo vs. dipingere con i numeri
Richard Mounce, DDS
Figura 1-2
Casi clinici complessi che sembrano
lasciati a metà. Forse il clinico si è
perso a metà del trattamento, incerto
su quale direzione prendere per ottenere un risultato soddisfacente?
1
Alcuni produttori di articoli endodontici hanno venduto i loro prodotti come
sistemi plug-and-play (inserisci e utilizza). In una sorta di scheda tecnica il
clinico trova le istruzioni per spingere
un dato strumento fino ad una determinata profondità nel canale, compiere questa operazione all’interno di una
data sequenza di strumenti e poi, una
volta preparato il canale fino a un diametro minimo, posizionare un cono
master pre-adattato corrispondente a
quel diametro o un altro strumento fino
alla profondità raggiunta dall’ultima
lima per la sagomatura. In teoria ciò
consentirebbe il posizionamento meccanico di una “linea bianca” fino all’apice (o da qualche parte nelle vicinanze).
Nella realtà, comunque, non ha niente
a che vedere con adeguate procedure di
detersione, sagomatura e otturazione
tridimensionale del dente e/o con gli
obiettivi biologici perseguiti da una terapia del canale radicolare. La presenza
di materiale da otturazione o cemento
fino all’apice non è la prova che la rimozione dei detriti, la preparazione o
detersione del canale sono avvenute in
maniera adeguata.
La procedura nota come “trattamen-
2
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to del canale radicolare” è molto più
complessa del semplice inserimento di
cemento e guttaperca fino in fondo al
canale. Tale mentalità “della linea bianca” è analoga alla pittura con i numeri
a paragone di quanto è stato fatto sul
soffitto della Cappella Sistina. Anche se
con ogni probabilità nessuno di noi è
all’altezza di Michelangelo, è possibile
prendere una dose salutare di arte e mescolarla con la dura scienza fino a garantire ai pazienti i risultati che meritano
(Figg. 1, 2). In breve, affidarsi ad un ricettario per eseguire il trattamento dei
canali radicolari significa mettersi su un
cammino irto di ostacoli. Nel presente
articolo, tali difficoltà vengono presentate insieme alla loro soluzione.
Problemi imprevisti
Il problema dei sistemi “plug-and-play”
è che, se il dente non risponde come ci
si aspetta, nella maggior parte dei casi la
terapia è destinata al fallimento. Il più
delle volte i clinici seguono le istruzioni
per usare un determinato set di strumenti
in un certo ordine, ma può accadere che,
al momento di utilizzarlo nella sequenza suggerita, uno strumento non avanzi
fino alla lunghezza desiderata. A meno
L’Informatore
Endodontico
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che non si possieda esperienza e familiarità con il sistema e/o con l’anatomia del
dente in questione, c’è il rischio che il
clinico si blocchi senza sapere cosa fare.
Prendiamo ad esempio il caso in cui, in
presenza di una curvatura significativa a
metà della radice, si tenti di portare uno
strumento rotante Ni-Ti oltre il livello
del canale (in questo caso il terzo medio)
e lo strumento non riesca ad avanzare
come ci si aspettava, malgrado il terzo
coronale sia stato strumentato facilmente. A questo punto, l’ultima cosa da fare
è spingere lo strumento per ottenere
una lunghezza arbitraria così da seguire
le istruzioni della scheda tecnica. Forzando lo strumento rotante, si incorrerà
rapidamente in un trasporto del canale
e/o in una frattura dello strumento o in
entrambi gli eventi.
Le soluzioni a questo problema sono
di natura sia filosofica che tecnica. Il
clinico trarrà vantaggio dalla consapevolezza che ogni dente e ogni paziente
sono diversi a dispetto delle similitudini che possono esistere tra i vari casi.
Prima di cominciare, occorrerà mettere
a fuoco, tra gli altri fattori, le seguenti
questioni, tenendo presente che, durante il trattamento, andranno gestite
con estrema attenzione:
• Esiste un accesso fisico al dente, dovuto, tra l'altro, al grado
di collaborazione del paziente, o
alla sua capacità di aprire bene la
bocca?
• Attraverso quale materiale viene ottenuto l'accesso (corone,
amalgama, naturale struttura del
dente, porcellana, ecc.)? Qual è la
lunghezza del dente? Sono presenti curvature e calcificazioni?
• Vengono utilizzati la diga di
gomma (andrebbe usata sempre,
senza eccezioni) e un microscopio
operatorio (lo strumento ideale
per visualizzare i canali e il dente
durante il trattamento)?
• Il clinico possiede una conoscenza esaustiva dei materiali da
impiegare? Ha già usato questi
materiali su denti estratti e nella
pratica clinica?
Avendo affrontato le questioni sopra
citate e avendo preso in considerazione
le soluzioni alle eventuali difficoltà che
potrebbero presentarsi (come minimo),
si può e si deve acquisire la cognizione
che il dente e il paziente sono unici e
che una formula rigida non può essere
valida per qualsiasi caso concreto. In
altre parole, non tutti i denti possono
né devono essere trattati seguendo un
ricettario. Esistono senza dubbio alcune procedure esemplari che vale la pena
seguire o replicare nella strumentazione
dei canali radicolari. Tali modelli hanno il loro valore, ma tenere il medesimo
comportamento ogni volta o cercare di
trattare qualsiasi canale radicolare allo
stesso modo è un modo di procedere
che comporta un forte rischio di danni iatrogeni. L’esperienza dimostra che
simili ricettari riscuotono successo perché hanno il vantaggio di insegnare in
modo semplice, ma non bisogna dimenticare che spesso perdono valore nel
passaggio dalla teoria alla pratica.
Le strategie che consentono risultati
eccellenti comprendono un’irrigazione
ottimale, l’ottenimento e il mantenimento della pervietà apicale, una strumentazione corono-apicale (crowndown) eseguita mediante una sequenza
di strumenti rotanti NiTi dalle punte di dimensioni maggiori a quelle
di dimensioni minori, dalle conicità
maggiori a quelle minori (prima viene strumentato il terzo coronale, poi il
terzo medio e infine il terzo apicale),
un eccellente controllo della lunghezza e una visualizzazione ottimale (nella
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Profilo dell’Autore. Il Dr. Mounce tiene lezioni e conferenze in tutto il mondo e vanta
numerose pubblicazioni a livello internazionale. Ha lo studio privato a Portland, Oregon, dove
esercita la professione di specialista in Endodonzia. Ricopre vari incarichi, tra cui il ruolo di
Consulente in Endodonzia per la Belau National Hospital Dental Clinic a Koror, Repubblica
di Palau, Micronesia. Può essere contattato scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected].
maggior parte dei casi garantita dal
microscopio operatorio).
Che fare dunque, una volta che il ricettario si è dimostrato inadeguato al caso
particolare che si sta trattando?
Cambiare rotta per ottenere un risultato positivo
La risposta è più semplice di quanto si
possa immaginare. Per prima cosa, se il
clinico ha mantenuto la pervietà del canale ed ha evitato danni iatrogeni, può
sempre cambiare rotta per ottenere un
risultato positivo e produttivo. In altre
parole, se la ricetta si rivela inadeguata
e il clinico non sa bene cosa fare poiché
un dato strumento non avanza fin dove
vorrebbe, sarà necessario compiere le
seguenti operazioni:
1) Mantenere il sentiero guida pervio
e libero da detriti, in modo da stabilire la lunghezza di lavoro e apportare
adattamenti alla sagomatura canalare
eseguita fino a questo momento
2) se finora non si sono verificati danni
iatrogeni significativi, basterà considerare la situazione attuale come punto
di partenza per strumentare il prossimo
terzo del canale, piuttosto che “perdersi” in una procedura più ampia.
Ad esempio, se uno strumento rotante NiTi non riesce ad avanzare oltre la
metà della radice ma non si sono prodotti blocchi o danni iatrogeni, il clinico dovrà per prima cosa assicurarsi
che la sagomatura del terzo coronale
sia ottimale e poi eseguire un doppio controllo della pervietà nel terzo
medio. Se il canale è pervio nel terzo
medio, il prossimo passo è accertarsi che sia presente un sentiero guida.
Una volta creato tale sentiero guida
nel terzo medio, il clinico può iniziare ad usare gli strumenti rotanti NiTi
secondo la tecnica crown-down, dalle
conicità maggiori alle minori e dalle
Pag. - 20
punte di dimensioni maggiori a quelle
di dimensioni minori. Tali strumenti
andranno usati con il tocco e la pressione corretti. Il tocco dovrà essere delicato, passivo, deliberato, in modo da
far ruotare lentamente lo strumento al
momento dell’ingresso nel canale, ed
occorrerà esercitare una leggera pressione con le dita (e non con l’avambraccio). I clinici nuovi alla strumentazione con strumenti rotanti NiTi
hanno la tendenza ad inserire gli strumenti troppo rapidamente e con troppa forza. Tendono inoltre ad esercitare
la pressione con gli avambracci, col rischio che si verifichi una frattura dello
strumento. Idealmente, gli strumenti
lavoreranno solo su una porzione del
canale compresa tra 1 e 2 mm ad ogni
inserimento e non di più. Tale azione
limitata può comportare due vantaggi: riduce il rischio di una rottura e, in
virtù del ridotto trasporto canalare che
comporta, crea una preparazione scanalare corretta. Questa sequenza può
e deve consentire di sagomare il terzo
medio con efficacia e in sicurezza.
Può essere necessario usare varie conicità per sagomare il canale man mano
che ci si muove in direzione apicale.
Per esempio, se lo strumento NiTi a
conicità .06 non avanza oltre la metà
della radice, si può usare uno strumento a conicità .04 di minori dimensioni
in punta; se lo strumento NiTi a conicità .04 non avanza, si può prendere in considerazione l’utilizzo di uno
strumento a conicità .02 con diametro
in punta minore, in modo da eseguire la preparazione canalare secondo un
approccio crown-down.
Personalmente, utilizzo il sistema K3
(SybronEndo) alla velocità di 900 giri al
minuto. Il sistema K3 comprende strumenti rotanti a conicità .06, .04 e .02 e
può essere utilizzato come descritto nel-
L’Informatore
Endodontico
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3
la sequenza sopra citata. Usare gli strumenti K3 alla velocità di 900 giri al minuto consente di lavorare con maggiore
efficacia, poiché maggiore è la velocità
di rotazione, più efficace risulta l’incisione praticata dagli strumenti (la velocità
usuale è 350 rotazioni al minuto). Inoltre, una più alta velocità di rotazione e
la conseguente maggiore efficienza di
taglio riducono l’attrito dello strumento
K3 durante la sua rotazione. Minimizzare l’impegno contro la parete canalare da
1 a 2 mm ad ogni inserimento fa sì che lo
strumento trasporti meno detriti e riduce al contempo il rischio di una frattura.
Gli strumenti K3 garantiscono percezione tattile, capacità di taglio e flessibilità
eccellenti (Figg. 3, 4). Funzionano molto
bene alla velocità di 350 giri al minuto,
ma le loro caratteristiche di design consentono un facile utilizzo anche alla velocità doppia sopra menzionata.
Conclusione
Riassumendo, quando il ricettario si rivela inadeguato, è il caso di fare un passo
indietro e valutare la situazione clinica
del canale su cui si sta intervenendo. Se
il clinico non sa bene cosa fare perché sta
seguendo un ricettario che propone un
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4
menù ben preciso, è controproducente
inserire arbitrariamente gli strumenti
rotanti NiTi nel canale senza aver compreso chiaramente cosa lo strumento stia
cercando di fare. Non solo è una perdita di tempo, ma comporta il rischio di
danni iatrogeni e ulteriori trasporti del
canale e nella maggior parte dei casi allontana il clinico dal risultato desiderato. In assenza di danni iatrogeni e dopo
aver ottenuto la pervietà, per strumentare il canale con la tecnica crown-down
basterà mantenere la pervietà, irrigare
copiosamente, creare un sentiero guida
e utilizzare strumenti rotanti dalle conicità maggiori alle minori e dalle punte
piùgrandi alle più piccole, con un tocco
delicato. Questo modo di procedere comporta auspicabili benefici in termini di
efficienza e prevenzione di danni iatrogeni. Consente inoltre di inserire maggiori
quantità di irrigante più apicalmente nel
sistema dei canali radicolari.
Figura 3-4
Casi clinici complessi portati a
termine con il sistema di strumenti
rotanti Ni-Ti K3.
Traduzione dell’articolo originale
My endodontic cookbook is lost:
Michelangelo versus painting by numbers
Dentistry Today, Vol.25, No. 9,
9/2006, pp106-110
Copyright © Dentistry Today Inc.
Pag. - 21
Un’endodonzia più efficace che
con gli strumenti rotanti Ni-Ti
Barry Lee Musikant, DMD
Allan S. Detsch, DDS
Qualunque sia il sistema utilizzato per
sagomare i canali, l’obiettivo è rimuovere più tessuto possibile, creando una
forma di cui si possa otturare una porzione la più vicina possibile al 100%.
Dal momento che il tessuto nei canali
può formare una varietà di invaginazioni che impediscono la sua rimozione
fisica, è essenziale che la sagomatura
consenta un’efficace introduzione di
irriganti chimici. Questi smaltiranno
il tessuto fisicamente intatto che non è
stato rimosso in fase di strumentazione e
uccideranno i batteri residui presenti nel
tessuto e nei tubuli dentinali. Se da una
parte l’obiettivo è chiarissimo, dall’altra
il modo per raggiungerlo è argomento
di costanti discussioni. Buona parte di
ciò che vogliamo ottenere rientra nella
categoria delle cose da non fare.
La lista include:
• Minimizzare la distorsione canalare per tutta la lunghezza del
1
Pag. - 22
canale.
• Prevenire la frattura dello strumento nel canale.
• Fare in modo che la strumentazione non risulti né eccessiva né
insufficiente.
Prevenendo i tre errori procedurali
sopra citati e ripulendo interamente i
canali dai detriti, è possibile ottenere
risultati soddisfacenti e predicibili.
Passiamo ora ad esaminare alcuni
diversi approcci alla strumentazione e
all’otturazione per verificare in quale
misura essi agevolino il raggiungimento dei nostri obiettivi.
L’utilizzo di strumenti tradizionali
secondo la tecnica step-back (apicocoronale) ha comportato spesso una
preparazione inadeguata del terzo
medio, laddove la maggior parte dei
canali presenta larghe aperture a livello vestibolo-linguale. Non di rado le
lime K s’impegnano eccessivamente
2
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
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nel terzo apicale comprimendo i detriti e impedendo una completa strumentazione fino all’apice.
L’intasamento del canale nel terzo apicale induce spesso il clinico a esercitare un’eccessiva pressione su questi
strumenti nello sforzo di raggiungere
la lunghezza apicale. A seconda del
grado di curvatura canalare, una pressione apicale ed una rotazione eccessive
possono determinare una distorsione
apicale nella parete esterna del canale
o, peggio, una perforazione laterale
completa della radice (Fig. 1).
Una distorsione apicale può far sì che la
preparazione più apicale risulti più larga
della sagomatura coronale creando un
apice a trombone che rende complicate
le procedure di otturazione (Fig. 2).
Dal momento che le lime K incontrano nei canali curvi una resistenza tanto
maggiore quanto maggiore è il loro
diametro, spesso la strumentazione si
rivela insufficiente perché la difficoltà
di ottenere una preparazione di diametro maggiore comporta un maggiore
rischio di distorsioni. Una sagomatura
insufficiente non consente un’adeguata
irrigazione. Ne consegue che nel canale rimane una maggiore quantità di
tessuto che contribuisce ad aumentare
la crescita batterica e al tempo stesso
previene un’otturazione efficace.
La strumentazione rotante Ni-Ti è
essenzialmente una tecnica corono-apicale che allarga le porzioni più coronali
del canale prima di procedere in direzione apicale con strumenti più sottili
e a conicità minore. La tecnica corono-apicale limita il grado di impegno
di qualsiasi strumento che avanzi in
direzione apicale. Gli strumenti Ni-Ti
sono circa tre volte più flessibili delle
lime in acciaio, la qual cosa consente
a uno strumento più grande di procedere in direzione apicale con un minor
3
rischio di provocare delle distorsioni.
Per un utilizzo sicuro degli strumenti
Ni-Ti, è necessario che si verifichino due condizioni. Per prima cosa,
l’apertura della cavità d’accesso deve
consentire un accesso rettilineo fino
a circa metà della radice. Se questa
condizione non viene soddisfatta, il
rischio di frattura dello strumento in
corrispondenza dell’estremità coronale
delle lame aumenta considerevolmente. In secondo luogo, è necessaria la
presenza di un sentiero guida privo
di ostacoli per tutta la lunghezza di
lavoro. Tale sentiero il più delle volte
viene creato con le lime K, strumenti
particolarmente difficili da usare.
Un sentiero guida adeguato consente
di far scivolare una lima (minimo una
n° 20) fino all’apice imprimendole un
movimento di spinta. In mancanza di
un sentiero guida, aumenta il rischio
di una frattura dello strumento nel
terzo apicale (Fig. 3).
Pag. - 23
Profili dell’Autore. I dottori Musikant e Deutsch sono membri dell’American College
of Dentistry (FACD), il primo in qualità di Presidente, il secondo come Vicepresidente
Esecutivo. Sono inoltre co-direttori del Research at Esasential Dental Systems.
4
Nell’impossibilità di conseguire i
due obiettivi fin qui esposti, occorre
effettuare la preparazione canalare
con strumenti alternativi. Tra questi,
sono compresi gli alesatori Peeso,
le frese di Gates Glidden, le lime
manuali da usare nel terzo apicale e
numerose alternative che vanno dalle
lime di Hedstrom agli ultrasuoni.
Mentre si può ridurre il rischio di
una frattura mediante alternative
conservative, la vulnerabilità di questi strumenti in una serie di circostanze suggerisce al dentista di usarli
con la massima cautela. Ne consegue che questi strumenti, peraltro
costosi, richiedono di essere sostituiti rapidamente mentre la curva di
apprendimento relativa al loro utilizzo si espande notevolmente con riferimento alle circostanze in cui questo
è sconsigliabile.
L’ansia suscitata dal rischio di una
frattura non predicibile è compensata dal fatto che, usati correttamente, questi strumenti consentono una
sagomatura di gran lunga superiore
a quella ottenuta con le tecniche tradizionali.
A rigor di logica, il passo successivo consisterebbe nel produrre un
sistema immune dal rischio di frattura e che al tempo stesso consenta
una detersione ed una sagomatura di
livello almeno pari a quelle ottenute
Pag. - 24
con gli strumenti rotanti Ni-Ti. Un
simile risultato può essere ottenuto
con un set di strumenti che avanzino
fino all’apice incontrando una resistenza di gran lunga minore rispetto
alle lime K. Gli allargacanali “alleggeriti” (relieved) centrano questo
obiettivo creando un sentiero guida
con uno strumento n° 20. La strumentazione apicale incontra una resistenza molto minore poiché ci sono
meno lime che impegnano le pareti
dentinali. La rimozione della dentina
dalle pareti del canale risulta inoltre
più efficace poiché le lame hanno un
orientamento più verticale e il rilievo
sulla lunghezza del gambo produce
due colonne di “scalpelli” (chisels)
che esercitano un’azione di taglio sia
in senso orario che in senso antiorario
(Fig. 4).
Questi allargacanali manuali possono essere usati sia manualmente
che inseriti in un manipolo a moto
alternato di 30-70 gradi che tragga il massimo vantaggio dalle due
principali caratteristiche dello strumento: la capacità di taglio in senso
orario e antiorario delle due colonne
di scalpelli e l’orientamento verticale
delle spire.
Il movimento limitato ad un arco
di 30-70 gradi (Fig. 5) è potenzialmente in grado di eliminare il carico
torsionale e la fatica ciclica, ovvero
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
i due principali fattori responsabili
della frattura degli strumenti rotanti
Ni-Ti.
L’utilizzo di questi allargacanali inseriti nel manipolo a moto alternato
consente la rapida creazione di un
sentiero guida con una preparazione apicale di 0,20 mm. Un sentiero
guida di queste dimensioni è più
che sufficiente per condurre un alesatore Peeso conico nel canale. Lo
scopo principale dell’alesatore conico
è raddrizzare la curva coronale a spese
della parete esterna, così da lasciare intatta la struttura dentale dal
lato della biforcazione. Idealmente,
il Peeso dovrebbe arrivare a 6 mm
di distanza dall’apice, vale a dire a
circa metà della radice. Il Peeso conico è più sottile in punta rispetto ad
un Peeso convenzionale n° 2 e di
conseguenza raggiunge la lunghezza
incontrando minore resistenza e senza
rischiare di bloccarsi nel canale.
Raddrizzata la curva coronale, ciò
che resta, persino in un molare dall’anatomia complessa, di solito è solo
una curva apicale. Grazie all’azione
del Peeso, gli allargacanali “alleggeriti” usati in seguito, manualmente
oppure nel manipolo a moto alternato, devono sondare e preparare una
sola curva anziché che due. In questo
modo il loro avanzamento in direzione apicale è più rapido e il rischio di
una distorsione apicale diminuisce
considerevolmente.
La maggior parte dei canali viene
5
strumentata con un alesatore 35
all’apice e con un 40 ad 1 mm dall’apice.
Ora che il 95% del canale è stato
preparato con strumenti di acciaio
robusti e poco costosi, il restante
5% viene sagomato con due alesatori
“alleggeriti” Ni-Ti il cui movimento
è limitato dal manipolo a moto alternato.
Di conseguenza, è altamente improbabile che si verifichi una frattura,
anche qualora venga esercitata una
ferma ma fugace pressione apicale.
Il risultato finale è una preparazione
minima con il 35 all’apice, con una
6
Pag. - 25
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Un’endodonzia più efficace che con gli strumenti rotanti Ni-Ti
7a
conicità modificata .08. Tale preparazione può essere irrigata molto
efficacemente e quindi otturata con
cemento a base di resina epossidica
e un cono di guttaperca “medium” o
30/.06.
La sequenza sopra citata, nella sua
interezza, rappresenta un’alternativa
completa agli strumenti rotanti NiTi. Il Peeso conico risulta più efficace
di qualsiasi strumento rotante Ni-Ti
perché può seguire la naturale architettura della parete assiale dello spazio canalare sia in direzione mesiodistale che vestibolo-linguale. La
necessità di rimanere centrati con gli
8a
Pag. - 26
7b
strumenti rotanti piuttosto che usarli
lavorando selettivamente sulle pareti
limita la loro capacità di detergere
preparazioni asimmetriche.
Poiché i Peeso conici lavorano ovunque nel canale, essi consentono una
migliore irrigazione rispetto agli
strumenti rotanti Ni-Ti. Il minor
rischio di frattura anche in canali
curvi permette un maggior grado di
strumentazione. Ne consegue una
migliore detersione dei canali e si
8b
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Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
crea uno spazio che viene irrigato
ancor più efficacemente.
Con un’esposizione minima al carico
torsionale e alla fatica ciclica, questi
alesatori “alleggeriti” possono essere
usati più volte senza temere che si
verifichi una frattura. Occorre sostituirli dopo svariati utilizzi solo perché le loro lame tendono a smussarsi
ed un utilizzo eccessivo ne riduce
la capacità di taglio, senza tuttavia
che aumentino le probabilità di una
frattura. Di conseguenza il dentista
che usa un sistema di questo tipo
spenderà una cifra inferiore a 1/10
del costo degli strumenti rotanti NiTi, che i produttori raccomandano di
usare una sola volta.
Anche in canali che presentano curvature insolite, questi strumenti
robusti ed economici possono essere
pre-curvati e posizionati manualmente, sempre a 3 o 4 mm di distanza
dall’apice. Vengono poi guidati nel
canale lungo la curva e poi riattaccati
al manipolo a moto alternato.
Posizionati in un canale curvo, gli
strumenti pre-curvati non provocano distorsioni anche se vengono
usati nel manipolo a moto alternato.
Infatti, un movimento di escursione
di 30-70 gradi è troppo limitato per
tracciare un arco sufficiente oltre i
confini del canale in cui lo strumento è già stato inserito. Non è questo
il caso degli strumenti rotanti Ni-Ti,
ai quali l’ultima cosa che si può fare
è proprio pre-curvarli.
Lo strumentario rotante Ni-Ti segna
uno straordinario progresso rispetto
alle tecniche tradizionali e ha il merito di aver reso l’endodonzia molto
più efficace. Tali strumenti sono tuttavia destinati a lasciare il passo a
sistemi alternativi, molto meno vulnerabili, che garantiscono risultati
9a
9b
altrettanto buoni.
In virtù del costo ridotto, la curva
di apprendimento semplificata e la
superiore resistenza alla frattura, non
appare lontano il giorno in cui questi
strumenti alternativi rimpiazzeranno
gli strumenti rotanti Ni-Ti, che oggi
rappresentano la tecnica standard.
Traduzione dell’articolo originale
More effective endodontics than rotary NiTi
Oral Health 96(10):87-92, 2006.
10
Pag. - 27
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Posizionamento del perno e restauro
dei denti trattati endodonticamente.
Revisione della letteratura.
Richard S. Schwartz, DDS,
James W. Robbins, DDS, MA
Abstract
Il restauro di denti trattati endodonticamente è un argomento ampiamente
studiato che, tuttavia, rimane controverso sotto molti aspetti. Questo articolo passa in rassegna gli studi più significativi sul tema, ponendo l’accento sui
principali fattori decisionali inerenti il
posizionamento del perno e il restauro di denti trattati endodonticamente.
Vengono inoltre avanzate raccomandazioni riguardanti il piano di trattamento, i materiali e le procedure cliniche
dal punto di vista sia dell’odontoiatria
restaurativa sia dell’endodonzia.
Introduzione
In odontoiatria pochi argomenti sono
stati studiati più ampiamente del restauro dei denti trattati endodonticamente. Tuttavia, restano aperte molte
questioni e controversie di natura pratica relative all’aspetto cruciale della
pianificazione del trattamento. Malauguratamente, la diversità delle opinioni
espresse negli studi pubblicati genera
confusione e può portare ad una selezione non ottimale dei casi da trattare. Per
fortuna, relativamente ad alcune aree,
la stragrande maggioranza degli studi
sostiene specifiche procedure cliniche.
Scopo di questa rassegna è organizzare
l’argomento nelle parti che lo compongono e fornire principi provati dall’esperienza, che siano validi sia dal punto di
vista dell’odontoiatria ricostruttiva che
dell’endodonzia. L’articolo si incentrerà
principalmente sulle pubblicazioni recenti, senza trascurare una parte della
letteratura classica. Con una sola eccezione, tutti i riferimenti bibliografici si
riferiscono ad articoli integrali pubblicati su riviste con referee.
Pag. - 28
I denti trattati endodonticamente
sono diversi?
Secondo svariati studi classici, la dentina dei denti trattati endodonticamente
sarebbe sostanzialmente differente dalla
dentina dei denti con polpe “vitali”.1-3
Si pensava che la dentina dei denti trattati endodonticamente fosse più fragile
a causa della perdita d’acqua 1 e dell’indebolimento dei legami tra le fibre di
collagene.3 Tali conclusioni vengono
contestate da studi più recenti.4,5 Nel
1991, Huang et al. hanno paragonato le proprietà fisiche e meccaniche di
campioni di dentina prelevati da denti
con e senza trattamento endodontico a
diversi livelli di idratazione. Gli autori
hanno concluso che né la disidratazione
né il trattamento endodontico causano
un decadimento delle proprietà fisiche
o meccaniche della dentina.4 Sedgley
e Messer hanno testato le proprietà
biomeccaniche della dentina prelevata
da 23 denti trattati endodonticamente,
ad una media di 10 anni di distanza dal
trattamento. Li hanno poi paragonati
ai loro corrispondenti “vitali” contralaterali. A parte una leggera differenza
nella durezza, le proprietà evidenziate
erano simili. Lo studio quindi confutava l’idea secondo cui i denti trattati endodonticamente sarebbero più fragili.5
Il fatto che nei denti trattati endodonticamente si registri una più alta incidenza di fratture rispetto ai denti vitali
è dovuto principalmente alla perdita di
integrità strutturale, causata dalla preparazione della cavità d’accesso piuttosto che da un’alterazione della dentina.6
Le cavità d’accesso comportano un aumento della flessione cuspidale durante
la funzione masticatoria7,8 ed un più alto
rischio di frattura delle cuspidi e di microinfiltrazione ai margini del restauro.
La maggior parte dei denti trattati en-
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
2007
dodonticamente è caratterizzata da una
parte di struttura dentale mancante
dovuta a carie o a restauri preesistenti. Secondo Randow e Glantz, i denti
sono dotati di un meccanismo retroattivo protettivo che va perduto quando
la polpa viene rimossa, la qual cosa può
anche contribuire alla frattura del dente.9 Fennis et al., che hanno studiato
oltre 46.000 pazienti sulla base delle
denunce dei danni, hanno rilevato un
numero significativamente più alto di
fratture in denti che avevano subito un
trattamento endodontico.10 Sulla base
di questi studi, i restauri che migliorano l’integrità della struttura dovrebbero migliorare la prognosi dei denti
trattati endodonticamente ed esposti a
intense forze di carico masticatorio.
Fattori inerenti l’odontoiatria restaurativa che influenzano la prognosi del trattamento endodontico
La contaminazione del sistema dei canali radicolari per effetto della saliva,
spesso indicata come “infiltrazione coronale” o “microinfiltrazione coronale”,
è generalmente accettata come causa di
fallimento di un trattamento endodontico.11 Inoltre, carie o fratture ricorrenti del restauro possono determinare una
ricontaminazione del sistema dei canali
radicolari. Nelle migliori condizioni,
l’ambiente orale è ricco di microrganismi e i restauri dentali devono sopportare una ripetuta esposizione a sollecitazioni fisiche, chimiche e termiche. Si
tratta di un ambiente in cui è difficile
mantenere un sistema sigillato ermeticamente. Studi in vitro hanno dimostrato che l’esposizione della guttaperca coronale a contaminazione batterica
può determinare, nel giro di qualche
giorno, una migrazione di batteri fino
all’apice.12,13 I sottoprodotti batterici e
le endotossine sono in grado di penetrare fino all’apice addirittura in minor
tempo rispetto ai batteri.14 Se lo spazio
dei canali radicolari è stato in qualche
misura contaminato, si deve prendere
in considerazione la possibilità di effettuare un ritrattamento, soprattutto se
la contaminazione è perdurata per più
di qualche giorno.15
La contaminazione del sistema dei canali radicolari per effetto dei batteri
va prevenuta durante e dopo il trattamento endodontico. Occorre usare
tecniche di trattamento asettiche, che
devono includere l’utilizzo della diga
di gomma. Una volta completato il
trattamento dei canali radicolari, si
raccomanda un restauro immediato del
dente.15 Nel caso in cui non sia possible, occorre proteggere il sistema dei
canali radicolari sigillando i canali e il
pavimento della camera pulpare mediante barriere intracoronali (Fig. 1).16
Sono preferibili materiali adesivi quali
Figura 1
Un esempio di sigillatura degli
imbocchi canalari. Gli orifizi sono
stati svasati con una fresa circolare,
il pavimento della camera è stato
mordenzato e preparato e poi
sigillato con una resina trasparente.
Si noti come la guttaperca sia visibile
e facilmente accessibile (Per gentile
concessione del Dr. Bill Watson,
Wichita, Kansas)..
1
Pag. - 29
Profilo degli Autori. Il Dr. Schwartz e il Dr. Robbins sono Assistant Clinical Professors,
Graduate Endodontics and Department of General Dentistry presso l’University of Texas Health
Science Center a San Antonio, Texas.
Figura 2
La preparazione dello spazio per il
perno non è esente da rischi. Un
perno non necessario era stato posizionato in questo molare mandibolare
in larga parte intatto. Si è verificata
una perforazione, che ha causato la
definitiva perdita del dente.
2
il cemento vetro-ionomerico o la resina composita. Gli orifizi canalari sono
svasati con una fresa rotonda e il pavimento della camera è ripulito dalla
guttaperca e dal cemento in eccesso. Il
pavimento della camera è mordenzato
e viene usato il primer se si usa un materiale resinoso, oppure “condizionato”
se si usa cemento vetro-ionomerico o
cemento vetro-ionomerico modificato
con resina. Il materiale che funge da
barriera è dunque posto sul pavimento
della camera e fotopolimerizzato e nella camera pulpare viene posizionato un
restauro temporaneo con o senza batuffolo di cotone. La barriera intracoronale
protegge il sistema dei canali radicolari
dalla contaminazione nel periodo del
restauro provvisorio e durante lo svolgimento del trattamento restaurativo.
Quando il dente è ricostruito con un
restauro “permanente”, occorre usare restauri il più possibile adesivi per
minimizzare le microinfiltrazioni.17 La
Pag. - 30
qualità del trattamento restaurativo effettuato dopo il trattamento dei canali
radicolari ha un impatto diretto sulla
prognosi del dente trattato endodonticamente.18-21
Gli spazi per i perni, in particolare, devono essere restaurati immediatamente
a causa delle difficoltà associate con il
mantenimento del sigillo temporaneo.
Studi in vitro condotti da Fox e Gutteridge, e Demarchi e Sato hanno dimostrato che denti restaurati con perni
temporanei avevano all’incirca lo stesso grado di contaminazione rispetto ai
denti di controllo privi di restauri.22,23
Esistono prove convincenti del fatto che
i denti posteriori necessitano di una ricopertura delle cuspidi. Uno studio in
vitro di Panitvisai e Messer ha dimostrato che le preparazioni delle cavità
d’accesso determinano una maggiore
flessione delle cuspidi e quindi aumentano il rischio di una frattura delle stesse.7 Uno studio retrospettivo condotto
su 1273 denti trattati endodonticamente per individuare i fattori rilevanti in
caso di fallimento ha concluso che la
presenza di una ricopertura delle cuspidi
rappresenta in odontoiatria restaurativa
l’unica variante significativa per predire
un successo a lungo termine.24 Alle medesime conclusioni è giunto uno studio
retrospettivo indipendente condotto su
608 denti trattati endodonticamente,
che ha valutato i fattori chiave per la
sopravvivenza dei denti nell’arco di 10
anni.25 Ancora una volta, la presenza di
una ricopertura delle cuspidi appariva
rilevante per predire il successo a lungo termine.25 Uno studio retrospettivo
recente condotto su 400 denti nell’arco
di 9 anni ha messo in luce che i denti
trattati endodonticamente con una ricopertura cuspidale avevano probabilità di
sopravvivenza 6 volte maggiori rispetto ai denti con restauri intracoronali.26
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
Studiando trattamenti eseguiti privatamente, Fennis et al. hanno notato che
le fratture subgengivali “sfavorevoli”
si verificano più spesso in denti trattati endodonticamente, fornendo così un
ulteriore argomento a favore della ricopertura della cuspide.10 Per contro, uno
studio di Mannocci et al. non ha evidenziato alcuna differenza nel tasso di
fallimento tra denti trattati endodonticamente con perni in fibra e composito
con o senza ricopertura delle cuspidi.27
Il periodo di richiamo era tuttavia di soli
3 anni, un arco di tempo probabilmente
troppo breve per individuare differenze
nei tassi di fallimento.Malgrado prove
evidenti dei benefici della ricopertura
cuspidale, uno studio di Scurria et al.
eseguito sulle denunce dei danni ha evidenziato che solo il 50% circa dei denti posteriori trattati endodonticamente
era stato ricostruito con restauri provvisti di copertura cuspidale.28 Eckerbon
e Magnusson sono giunti a conclusioni
simili esaminando una serie di casi di
odontoiatria restaurativa.29
Il mantenimento della struttura dentale
è importante quando si restaura la porzione coronale del dente. La struttura
dentale coronale deve essere preservata
per garantire alla corona una forma che
abbia capacità di resistenza e ritenzione.25,30-33 Ciò verrà discusso più dettagliatamente nella prossima sezione.
Indicazioni per l’inserimento di un
perno
Lo scopo principale di un perno è mantenere un moncone in un dente che ha
subito un’estesa perdita di struttura
dentale coronale.34,35 La preparazione
dello spazio per l’inserimento di un
perno comporta un aumento di rischi
nella procedura restaurativa. Durante
la preparazione dello spazio possono
infatti verificarsi incidenti procedurali
(Fig. 2). Per quanto rari, questi incidenti includono la perforazione della
porzione apicale della radice o lo stripping a liovello del terzo medio della
radice. Il posizionamento di perni può
anche aumentare le probabilità di frattura del dente 36 e del fallimento della
terapia,37 specie se il canale preparato
per il perno raggiunge dimensioni eccessive.38 Per queste ragioni, si deve
ricorrere al perno solo in mancanza di
alternative per preservare il moncone.
La necessità di inserire un perno varia
considerevolmente dai denti anteriori
ai denti posteriori.
Denti anteriori
I denti anteriori con una perdita minima di struttura dentale possono essere
restaurati con la tecnica conservativa
utilizzando un restauro adesivo nella cavità d’accesso.24 Un perno apporta pochi
o nessun beneficio in un dente anteriore
strutturalmente sano,36,39,40 e aumenta le probabilità di un fallimento non
recuperabile.36 La stessa conclusione è
valida per un dente anteriore con un rivestimento di porcellana cotta.41
Se in un dente anteriore trattato endodonticamente deve essere applicata una
corona, spesso è indicato l’inserimento
di un perno. La struttura dentale coronale residua, dopo che ha ricevuto il trattamento dei canali radicolari ed è stata
preparata per una corona, nella maggior
parte dei casi è piuttosto sottile. I denti
anteriori devono resistere a forze laterali
e torcenti, e le camere pulpari sono troppo piccole per garantire una ritenzione e
una resistenza adeguate senza un perno.
Occorre valutare la quantità di struttura
dentale coronale e i requisiti funzionali
del dente per stabilire se un dente anteriore richiede un perno.
Pag. - 31
2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
Molari
I molari trattati endodonticamente necessitano di una ricopertura delle cuspidi ma, nella maggior parte dei casi,
non richiedono un perno. A meno che
non sia stata distrutta una gran parte della struttura dentale coronale, la
camera pulpare e i canali hanno una
capacità di ritenzione adeguata per il
buildup preprotesico.42 I molari devono opporre resistenza principalmente a
forze verticali. Nei molari che effettivamente richiedono un perno, questo
deve essere posizionato nel canale più
largo e più dritto, che nei molari mascellari è il canale palatino mentre nei
molari mandibolari è il canale distale
(Fig. 3). Raramente, per non dire mai,
un molare richiede più di un perno.
Figura 3
Le radici mesiali nei molari mandibolari tendono ad essere sottili mesiodistalmente e i canali sono spesso
curvi. Non sono radici adatte al
posizionamento di un perno.
Premolari
Di solito i premolari sono più grandi
dei denti anteriori, ma spesso hanno
una sola radice con camere pulpari relativamente piccole. Per queste ragioni, richiedono perni più spessi ed è più
probabile che siano soggetti a forze
masticatorie laterali rispetto ai molari.
La struttura dentale residua e le esigenze funzionali rappresentano, ancora
una volta, fattori chiave. A causa della
delicata morfologia radicolare presente
in alcuni premolari, è necessario porre
particolare cura nella preparazione dello spazio per un perno.
Principi chiave relativi ai perni
Ritenzione e resistenza
Il concetto di “ritenzione di un perno”
si riferisce alla capacità di un perno di
resistere a forze dislocanti verticali. La
ritenzione è influenzata dalla lunghezza, dal diametro e dalla conicità del
perno, dal cemento legante utilizzato e
dal fatto che il perno sia attivo o passivo.43,45 Si può aumentare la ritenzione
aumentando la lunghezza e il diametro del perno. I perni paralleli hanno
una capacità di ritenzione più elevata
rispetto a quelli di forma conica.44 Il
diametro è meno rilevante degli altri
fattori sopra citati.47 Anche se si può
aumentare leggermente la ritenzione
allargando il diametro del perno, la
perdita di struttura dentale indebolisce
il dente. Perciò, questo metodo non è
indicato per aumentare la ritenzione.
La resistenza si riferisce alla capacità
del perno e del dente di resistere a forze laterali e di rotazione. È influenzata
dalla struttura dentale residua, dalla
lunghezza e dalla rigidità del perno,
dall’esistenza di sistemi anti-rotazione e dalla presenza di un effetto ferula. Un restauro che non ha capacità di
resistenza difficilmente avrà successo
a lungo termine, indipendentemente
dalla ritenzione del perno (Fig. 4).31,48
Modalità di fallimento
Un importante fattore legato alla resi-
3
Pag. - 32
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
stenza è la modalità di fallimento. Tutti
i sistemi di perni implicano una certa
percentuale di fallimenti clinici. Alcuni
perni hanno una più alta percentuale di
fallimento, che dà come risultato denti non ricostruibili. Per esempio, denti
ricostruiti con perni meno rigidi, come
quelli in fibra, tendono a determinare
fallimenti che hanno maggiori probabilità di essere restaurati.49,52 Anche denti
preparati con una ferula tendono a determinare fallimenti più facili da risolvere.53,54 Anche il tipo di materiale di
cui è composto il moncone può influenzare la modalità di fallimento. Secondo Pilo et al., il moncone in composito
tendeva a rompersi in maniera più favorevole rispetto all’amalgama o all’oro.55
Conservazione della struttura dentale
Ogni volta che è possibile, occorre conservare la struttura dentale coronale e
radicolare. Nella maggioranza dei casi,
la preparazione dello spazio per un perno deve comportare una minima rimozione di dentina radicolare aggiuntiva
a quella rimossa per il trattamento
dei canali radicolari. Un ulteriore allargamento produce come unico effetto l’indebolimento della radice.36,38 È
stato dimostrato che perni in metallo
rinforzato non rafforzano la radice.39,40
Si dice che i perni adesivi rafforzino
la radice inizialmente,56,57 ma questo
effetto rinforzante probabilmente si
perde man mano che il dente è esposto
a sollecitazioni funzionali e che si indebolisce l’adesivo resinoso che li fissa
alla dentina.36 Un allargamento minimo dello spazio per il perno implica
che quest’ultimo sia costituito da un
materiale robusto in grado di sostenere
forze funzionali e parafunzionali.
L’effetto ferula
Quando si usa un perno, l’“effetto feru-
4
2007
Figura 4
La lunghezza di questo perno/moncone
era adeguata per la ritenzione, ma si è
comunque avuto l’insuccesso perché
mancava la forma di resistenza.
la” è importante per il successo a lungo
termine. Una ferula è definita come una
banda verticale di struttura dentale in
corrispondenza dell’aspetto gengivale
di una preparazione della corona. Aggiunge una certa capacità di ritenzione
ma principalmente fornisce la forma di
resistenza 33,54,58 e aumenta la longevità.25 Un buona revisione della letteratura sull’argomento è stato pubblicato
da Stankiewicz e Wilson nel 2002.54 È
stato dimostrato che una ferula di altezza verticale pari a 1.0 mm raddoppia la
resistenza alla frattura dei denti restaurati rispetto a quelli restaurati senza
ferula.58 Altri studi hanno evidenziato
che il massimo vantaggio si ottiene da
una ferula costituita da 1,5-2,0 mm di
struttura dentale verticale.31,32,54,59,60
Secondo uno studio di Al-Hazaimeh e
Gutteridge, usando perni prefabbricati
e cemento resinoso, la presenza o meno
di una ferula non determinerebbe alcuna differenza nella resistenza alla frat-
Pag. - 33
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
tura. Le fratture risultavano comunque
di tipo meno grave in presenza di una
ferula. La maggior parte delle fratture riscontrate nei denti privi di ferula
erano non-restaurabili.53 Anche uno
studio di Saupe et al. giunge alla conclusione che la presenza o meno di una
ferula non comporta differenze nella resistenza alla frattura in denti con perni
adesivi.57 In certi casi, in particolare nei
denti anteriori, è necessario eseguire un
allungamento della corona o un’eruzione ortondontica per ottenere una ferula
adeguata.
Ritrattabilità
Per quanto si pensi che il trattamento
endodontico non chirurgico abbia alte
probabilità di successo, alcuni studi riportano tassi di successo piuttosto bassi.25,61,63 Per questa ragione, è importante poter rimuovere i perni se si rende
necessario un ritrattamento endodontico. Nella maggior parte dei casi i perni
endodontici possono essere rimossi con
efficacia e in sicurezza. Abbott illustra
una serie di casi evidenziando una sola
frattura della radice su 1600 perni rimossi.64 Si ritiene che la maggior parte
dei perni in fibra sia facile da rimuovere.65 Per contro, i perni in ceramica e
in zirconio sono considerati molto difficili e a volte impossibili da rimuovere. Quando si pianifica l’inserimento di
un perno, si deve sempre considerare la
possibilità di una loro rimozione.
Prognosi dei denti trattati endodonticamente ricostruiti con perni
Gli studi sulla longevità a volte non
sono facili da confrontare poiché hanno scopi diversi e poiché la quantità di
struttura dentale coronale residua e la
qualità del sigillo coronale sono ignote.
Pag. - 34
Nondimeno, consentono di comprendere alcuni aspetti importanti. Mentink
et al. hanno documentato un tasso di
successo dell’82% studiando 516 denti
anteriori restaurati con perni metallici
nell’arco di oltre 10 anni.66 Torbjorner
et al. hanno evidenziato un tasso di fallimento pari al 2,1% su base annuale
prendendo in considerazione 788 denti con perni metallici in un periodo di
5 anni.67 Un altro studio ha calcolato
in 17,4 anni il tasso di sopravvivenza
medio dei denti con perni metallici.68
Weine et al. hanno riportato 9 fratture su 138 denti ricostruiti con pernomoncone fuso. Il periodo di richiamo
minimo era di 10 anni.69 In uno studio
basato su un periodo d’indagine di 25
anni, la longevità dei denti trattati endodonticamente e ricostruiti con perno-moncone e corona fusi era la stessa
dei denti con polpe vitali e corone.70
La maggior parte dei recenti studi clinici sui perni ha preso in considerazione
denti ricostruiti con perni in fibra nell’arco di periodi di richiamo abbastanza
brevi. In uno studio retrospettivo Ferrari et al. hanno evidenziato un tasso di
fallimento del 3.2% sulla base di 1306
perni in fibra studiati entro periodi di
richiamo compresi tra 1 e 6 anni. Sono
stati usati tre tipi di perni in fibra.71
Uno studio su perni in fibra di carbonio ha evidenziato un tasso di fallimento del 7,7% su un totale di 52 denti
in un periodo d’indagine medio di 28
mesi.72 Uno studio sui perni in fibra di
quarzo ha evidenziato un tasso di fallimento dell’1.6% prendendo in esame
180 denti con un periodo di richiamo
minimo di 30 mesi.73 Sebbene questi
studi interessino periodi di richiamo
relativamente brevi, i risultati iniziali
sembrano promettenti grazie alla tecnologia relativamente innovativa. Sarà
comunque necessario continuare a mo-
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
nitorare i denti in vista di futuri studi
con periodi d’indagine più lunghi.
Tipi di perni
I perni possono essere distinti secondo
vari tipi di classificazione. Per gli scopi
di questo articolo, distingueremo tra
attivi e passivi, paralleli e conici e in
base al materiale di cui sono composti.
Perni attivi versus passivi.
La maggior parte dei perni attivi sono
filettati e sono pensati per impegnarsi contro le pareti del canale, mentre
i perni passivi sono trattenuti esclusivamente dall’agente adesivo. I perni
attivi hanno una maggiore capacità di
ritenzione rispetto ai perni passivi ma
esercitano sul dente a maggiori sollecitazioni rispetto ai perni passivi.45,74,75
Possono essere usati in sicurezza, comunque, in radici robuste con la massima quantità di dentina residua.45 Il
loro utilizzo deve essere limitato a radici corte che richiedono la massima capacità di ritenzione. Sistemi indicativi
di perni attivi e passivi sono elencati
nelle Tavole 1 e 2.
Perni paralleli versus conici.
I perni paralleli hanno una capacità di
ritenzione pari al doppio rispetto ai
perni conici,44,46 e si ritiene che lo stesso valga per i perni in fibra.76 I perni
paralleli esercitano minori sollecitazioni sulla radice perché l’effetto cuneo è
minore e si ritiene che la espongano ad
un minor rischio di frattura rispetto ai
perni conici.49,58,77 In uno studio retro-
Tavola 1
Comuni sistemi di perni passivi
Marca
C-Post
Aestheti-Plus
D.T. Light-Post
FibreKor
Cosmopost
Snow Post
Dentatus metal post
Lucent Anchor
Parapost
Parapost White
Tipo di perno
Fibra di carbonio
Fibra di quarzor
Fibra di quarzo
Fibra di vetro
Zirconio
Zirconio
Ottone, titanio
Fibra di vetro
Acciaio inossidabile/titanio
Fibra di vetro
Azienda produttrice
RTD/Bisco
RTD/Bisco
RTD/Bisco
Jeneric/Pentron
Vivadent
Danville
Dentatus
Dentatus
Coltene/Whaledent
Coltene/Whaledent
Tipo di perno
Titanio
Titanio
Azienda produttrice
Brassler
Essential Dental Systems
Tavola 2
Comuni sistemi di perni attivi
Marca
V-Lock
Flexi-Post
Pag. - 35
2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
Figura 5
Un perno in lega di titanio (a sinistra) e
un perno in acciaio inossidabile.
Figura 6
Malgrado lo spessore eccessivo, il perno
in lega di titanio nell’incisivo centrale
superiore destro si è fratturato. I perni
in titanio non hanno una robustezza
adeguata e possono essere molto difficili da rimuovere a causa della tenerezza
del metallo. Si noti come il perno in lega
di titanio abbia una radiopacità molto
simile a quella di guttaperca e cemento.
5
spettivo, Sorensen e Martinoff hanno
rilevato un tasso di successo più alto
per i perni paralleli rispetto ai perni
conici.78 Questi ultimi, d’altra parte,
richiedono la rimozione di una minore
quantità di dentina poiché la maggior
parte delle radici è conica. Sono indicati principalmente in denti con radici
sottili e una morfologia delicata.
Perni-moncone prefabbricati.
I perni prefabbricati sono tipicamente
in acciaio, in una lega di cromo e nickel
o in lega di titanio (Fig. 5). Sono molto rigidi e, fatta eccezione per le leghe
di titanio, molto robusti. Essendo rotondi, oppongono scarsa resistenza alle
forze di rotazione. Ciò non costituisce
un problema se la quantità di struttura dentale residua è adeguata ma, se
questa è minima, è necessario incorporare caratteristiche anti-rotazione nella
preparazione per il perno mediante il
ricorso a slot o pins. Per il moncone si
Pag. - 36
6
può usare un materiale adesivo.
Tra i perni prefabbricati, quelli passivi
e conici hanno la minore capacità di ritenzione ma consentono di rimuovere
una quantità minima di dentina radicolare perché la loro forma si avvicina
alla morfologia canalare complessiva.
Se è disponibile un’adeguata lunghezza
del canale, questi perni sono una buona
soluzione, soprattutto in radici sottili
come quelle dei premolari mascellari.79
Si ritiene che una lunghezza adeguata
sia maggiore di 8 mm.80 Si può ottenere ulteriore ritenzione con un perno
parallelo 44 oppure utilizzando un cemento resinoso 81 o un perno attivo.44
Molti perni prefabbricati sono in lega
di titanio e alcuni sono in ottone. I perni in titanio sono stati introdotti come
risposta al timore che si verifichino fenomeni di corrosione. La maggior parte
delle leghe di titanio usate nei perni ha
una radiopacità simile alla guttaperca e
al cemento (Fig. 6) e a volte è difficile
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
7
distinguere gli uni dagli altri nelle radiografie. I perni in titanio hanno una
bassa resistenza alla frattura, il che significa che non sono abbastanza robusti
per essere usati in un canale che richieda un perno sottile. La rimozione può
costituire un problema poiché a volte
questi perni in titanio si rompono per
effetto della forza applicata sullo strumento per la rimozione. Per rimuovere
i perni in titanio può essere necessario
un utilizzo estensivo di energia ultrasonica, e ciò è potenzialmente dannoso per
il dente o per i tessuti circostanti (Figg.
7-9). Per queste ragioni, è bene evitare
perni in titanio e in ottone, tanto più
che non comportano reali vantaggi rispetto ai più robusti perni metallici.
Perni-moncone fusi
Il perno-moncone fuso ha costituito
lo standard per molti anni ed è ancora
usato da alcuni clinici. Generalmente,
non funziona altrettanto bene rispetto
ad altri tipi di perni sia in test in vitro
77
che in studi clinici.67 Questi perni
hanno perso consensi poiché richiedono
due appuntamenti, un periodo di temporizzazione e un costo di laboratorio.
Ciononostante, secondo alcuni studi il
complesso perno-moncone fuso ha un
2007
8
9
alto tasso di successo e comporta specifici vantaggi in determinate situazioni
cliniche.69,82 Ad esempio, quando più
denti richiedono perni, a volte è preferibile prendere un’impronta e fabbricarli
in laboratorio piuttosto che posizionare un perno ed eseguire un buildup nei
denti singoli come procedura da effettuare alla poltrona. Il perno-moncone
fuso può essere indicato quando un
dente è disallineato e il moncone deve
essere angolato rispetto al perno per
ottenere un adeguato allineamento con
i denti adiacenti. Il perno-moncone
fuso può essere indicato anche in denti
piccoli come gli incisivi mandibolari,
Figura 7
Radiografia preoperatoria del primo
premolare inferiore sinistro prima di
effettuare la rimozione del perno ed
il ritrattamento. Non avendo ustao lo
spray di acqua, si è generato un calore eccessivo durante la procedura di
rimozione del perno.
Figura 8
Fotografia scattata circa un mese
dopo. I tessuti molli adiacenti al
dente sono andati in necrosi.
Figura 9
La radiografia effettuata poco prima
dell’estrazione evidenzia la necrosi
dell’osso alveolare.
Pag. - 37
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
vetro-ionomerico autopolimerizzabile è
stato collocato adiacente alla guttaperca
per proteggerla dalla contaminazione
nel periodo di temporizzazione e mentre vengono eseguite le varie procedure
cliniche restaurative. Nella maggior
parte dei casi si deve usare un materiale
autopolimerizzabile a causa della difficoltà di ottenere un’efficace fotopolimerizzazione in profondità nel canale. A
questo scopo si possono usare altri materiali come ossido di zinco e materiali a
base di eugenolo oppure adesivi e compositi dentinali autopolimerizzabili.
Figura 10
Analisi spettroscopica di due tipi di
guttaperca: Thermafil e coni convenzionali. La posizione delle punte indica
che le guttaperche hanno un’identica
composizione chimica.
10
che hanno una struttura dentale coronale troppo ridotta per poter garantire
caratteristiche antirotazione o per l’applicazione di un adesivo. Il perno-moncone fuso è generalmente piuttosto facile da rimuovere quando è necessario
un ritrattamento endodontico.
Forse il più grande inconveniente del
perno-moncone fuso è da ricercarsi nelle zone che richiedono un restauro estetico temporaneo. Perno e corona provvisori non sono efficaci per prevenire la
contaminazione del sistema dei canali
radicolari.22,23 Quando c’è bisogno di
un perno e di una corona provvisori, occorre applicare un materiale che funga
da barriera al di sopra del materiale da
otturazione canalare e il perno-moncone fuso deve essere costruito e cementato il più rapidamente possibile.
Nella figura 10 è stato rimosso un perno
ed è stato eseguito un trattamento endodontico. Il segmento apicale è stato
riempito con guttaperca e un materiale
Pag. - 38
Perni in ceramica e zirconio
Uno dei fattori che hanno contribuito
a ridurre l’utilizzo dei perni metallici è
l’estetica. I perni metallici sono visibili
attraverso i restauri più traslucidi interamente in ceramica e anche in presenza di restauri meno traslucidi possono
far apparire scura la gengiva marginale.
Queste preoccupazioni hanno portato
allo sviluppo di perni bianchi e/o traslucidi. Tra i materiali usati per perni “estetici” figurano lo zirconio e altri
materiali ceramici. Questi perni funzionano nella pratica clinica ma comportano alcuni svantaggi. Come gruppo, tendono a essere più fragili dei perni
metallici, rendendo necessario un perno
più spesso che potenzialmente richiede
la rimozione di ulteriore struttura dentale radicolare. I perni in zirconio non
possono essere mordenzati, perciò non è
possibile applicare un materiale composito per moncone al perno, la qual cosa
rende problematica la ritenzione del
moncone.83 Nei casi in cui è necessario
un ritrattamento endodontico o qualora
il perno si spezzi, la rimozione dei perni
in zirconio e ceramica è molto difficile.
Alcuni materiali ceramici possono essere rimossi frantumando ciò che resta del
perno con una fresa, ma si tratta di una
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
procedura laboriosa e pericolosa. È impossibile frantumare un perno in zirconio. Per queste ragioni, è bene evitare i
perni in ceramica e zirconio.
Perni in fibra
I perni in fibra di carbonio sono diventati popolari negli anni ‘90. Questi perni hanno il vantaggio di una maggiore
flessibilità rispetto ai perni metallici
e hanno approssimativamente lo stesso modulo di elasticità (rigidità) della
dentina. Si pensava che, una volta fissati in posizione mediante cemento resinoso, le forze fossero distribuite più
uniformemente nella radice, esponendo quest’ultima a un minor rischio di
frattura. Tali conclusioni sono confermate da studi in-vitro e in-vivo (vedi
Tavole 3 e 4).
Tavola 3
Studi comparativi in vitro
Studio
Akkayan et al.,
2002 (50)
Sistemi di perni
Titanio, fibra di vetro,
fibra di quarzo, zirconio
Butz et al., 2001
(83)
Oro fuso, titanio/
composito, zirconio/
composito, zirconio/
ceramica
Cormier et al.,
2001 (51)
Acciaio, oro fuso, e 4
perni in fibra
Drummond,
2000 (92)
Acciaio e 3 perni in
fibra con sistemi di
adesione a fasi multiple e a fase singola
Forza di ritenzione e
di flessione con resistenza ai cicli termici
Drummond and Barre campione in
Bapna, 2003 (84) zirconio, carbonio,
quarzo, fibra di vetro
testate asciutte e
bagnate
Forza di flessione, carico statico e ciclico,
con/senza resistenza
ai cicli termici
Gallo et al.,
2002 (91)
Ritenzione
Perno in acciaio
/fosfato di zinco di
diametro 1,25 mm,
perni in fibra/resina
di diametro 1,0, 1,25,
1,50 mm
Test
Carico di rottura
Risultati
Carichi di rottura più
alti per perni in fibra
di quarzo. Modalità di
rottura più favorevole
con perni in fibra
Carico ciclico in
Tasso di sopravvivenza
una bocca artificiale
pari al 63% per lo
e carico di frattura
zirconio-composito in
statico
una bocca artificiale,
per altri materiali 94%
o superiore, più bassa
forza di frattura per lo
zirconio-composito
Carico di frattura e
I perni in acciaio
possibilità di ricostru- hanno la più alta
zione
soglia di rottura,
quelli in fibra di
vetro (Fibrekor) la
più bassa
Commenti
Favorevole all’utilizzo di perni in fibra
rispetto a perni in
titanio e zirconio
Combinazione zirconio-composito non
raccomandata per
l’utilizzo clinico
Nella maggior parte
dei casi la rottura di
un perno in fibra è restaurabile a differenza
della maggior parte
delle rotture di perni
in metallo
Nessuna differenza
La rilevanza clinica
riguardo alla ritendella perdita di forza
zione. La forza di
di flessione dei perni
flessione di perni in
in fibra a causa dei
fibra diminuisce con i cicli termici non è
cicli termici
conosciuta
I perni in carbonio e Molti degli altri studi
fibra di vetro hanno
sui perni in fibra sono
la più alta forza di
stati eseguiti in assenflessione. I perni in fi- za di carico ciclico o
bra perdono l’11-24% cicli termici
della loro forza di
flessione con il carico
ciclico e la resistenza
ai cicli termici
I perni in acciaio
Contraddice la
hanno la maggiore
credenza secondo
capacità di ritenzione la quale i cementi
tra i gruppi di perni
resinosi avrebbero
in fibra
una maggiore capacità
di ritenzione rispetto
ai cementi a base di
fosfato di zinco
Pag. - 39
2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
Tavola 3 (continua)
Studi comparativi in vitro
Heydecke and
Peters, 2002
(129)
Isidor and Brondum, 1992 (77)
Perni in oro fuso e in
metallo prefabbricati
Isidor et al., 1996 Oro fuso, fibra di
(88)
carbonio, titanio e
composito
Martinez-Insua
Oro fuso, fibra di
et al., 1998 (49) carbonio
Carico intermittente
Mannocci et al.,
1999 (56)
Carico intermittente
in ambiente umido
Newman et al.,
2003 (52)
Ottl et al., 2002
(86)
Fibra di quarzo-carbonio, fibra di quarzo,
zirconio, denti di controllo senza perno
Acciaio e 2 perni in
fibra di vetro, composito rinforzato con
fibra di polietilene
(Ribbond)
Carico di frattura
Resistenza alla frattura in canali stretti e
svasati
Carico di frattura
5 sistemi di perni in
metallo, ceramica,
zirconio, fibra di carbonio, tutti cementati,
nessun perno (dente
di controllo)
Purton and Love, Acciaio spesso 1 mm, Rigidità e ritenzione
1997 (90)
fibra di carbonio, entrambi con cemento
resinoso
Pag. - 40
I tassi di sopravvivenza per perno/moncone fuso sono pari
all’86-88% in vivo
I campioni sono
sezionati dopo la
rottura. I perni in
titanio si adattano
meglio alle pareti
canalari
Studiata la fibra di
I perni in fibra di
carbonio hanno il più carbonio e paragonata
basso tasso di rottura ai risultati del 1992
I carichi di frattura
Più alto carico
richiesti per la rottura
di frattura con
si incontrano di rado
perno/moncone
fuso, ma la modalità nella pratica clinica
di rottura è più
sfavorevole
Gli autori concludono
Meno fratture nei
perni in fibra rispetto che i perni in fibra
a quelli in zirconio o rafforzano le radici
nei denti di controllo
I perni in fibra hanno
I perni in acciaio
hanno più alti carichi modalità di rottura
più favorevoli.
di rottura rispetto
ai perni in fibra
per canali stretti o
svasati
Le radici erano
I perni in fibra di
carbonio hanno i più fatte di un materiale
alti carichi di frattura composito con
proprietà simili alla
seguiti dai perni
dentina.
metallici e dai perni
I denti di controllo
in ceramica. I valori
dello zirconio sono i sono leggermente più
alti rispetto al gruppo
più bassi
in zirconio.
I perni in acciaio sono L’autore non racpiù rigidi e hanno una comanda i perni in
maggiore capacità di fibra di carbonio per
l’utilizzo in diametri
ritenzione
sottili.
Tra i perni in fibra,
I perni in fibra di
quelli paralleli hanno
quarzo hanno la
maggiore capacità di una maggiore capacità
di ritenzione rispetto
ritenzione. Gli altri
a quelli conici
sono equivalenti.
Meta analisi di 10 stu- Nesuna differenza tra
di in vitro e 6 in vivo i gruppi per quanto
riguarda i dati relativi
alla frattura
Perno moncone coni- Carico intermittente I perni in titanio sono
più resistenti alla
co in oro fuso, perni in fino alla rottura
rottura
titanio paralleli prefabbricati con moncone
in composito
Ritenzione
Qualthrough et
al., 2003 (76)
Titanio, fibra di
quarzo, fibra di vetro,
fibra di carbonio con
cemento resinoso
Raygot et al.,
2001 (87)
Oro fuso, acciaio, fibra Carico di frattura
di carbonio
Nessuna differenza
inerente il carico di
frattura o la modalità
di rottura
Gli autori concludono
che i perni in fibra
non presentano vantaggi rispetto ai perni
metallici.
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
Tavola 3 (continua)
Studi comparativi in vitro
Carico ciclico, microinfiltrazione con
resistenza ai cicli
termici
Reid et al., 2003
(89)
Titanio con fosfato
di zinco, 3 perni in
carbonio e 1 in fibra
di quarzo con composito
Sidoli et al.,
1997 (85)
Oro fuso, acciaio, fibra Carico di frattura
di carbonio con cemento resinoso, denti
di controllo senza
perno
Usare 2 cementi
confonde la questione
della microinfiltrazione e dei materiali
del perno. Il perno
o il cemento sono
responsabili della differenza?
I denti di controllo
Perni metallici equivalenti, i perni in fibra hanno i valori più alti..
di carbonio hanno i
valori medi più bassi
Nessuna differenza
riguardo al
dislocamento del
moncone, i perni
metallici presentano
una maggiore
microinfiltrazione
Tavola 4
Studi retrospettivi
Studio
Sistemi di perni
Test
Risultati
Ferrari et al.,
2000 (71)
1.304 perni in fibra di
Tassi di rottura in pecarbonio o di quarzo, 4 riodi di richiamo da 1
agenti adesivi
a 6 anni
Tasso di rottura pari
al 3.2%
Ferrari et al.,
2000 (128)
100 perni fusi, 100 per- Tassi di rottura dopo
ni in fibra di carbonio
4 anni
Perni fusi tasso di rot- Tasso di frattura della
tura al 16%, in fibra: 5% radice pari al 9% con
perni fusi
Commenti
25 perni staccati durante la rimozione di
corone provvisorie
Fredricksson et al., 236 perni in fibra di
1998 (130)
carbonio
Tassi di rottura dopo
27-41 mesi
Nessuna rottura del
perno
5 denti estratti
Glazer, 2000 (72)
59 perni in fibra di
carbonio
Tassi di rottura dopo
6.7-45.4 mesi
Tasso di rottura pari
al 7.7%
Tasso di sopravvivenza
cumulativa dell’89.6%
Malferrari et al.,
2003 (73)
180 perni in fibra di
quarzo
Tassi di rottura dopo
30 mesi
Tasso di rottura pari
all’1.7%
Tutte le rotture si sono
verificate durante la
rimozione della corona
provvisoria
Mentink et al.,
1993 (66)
516 perno/moncone
Tasso di sopravvivenza
fusi eseguiti da studenti
di odontoiatria
Tasso di sopravvivenza
nella regione anteriore
pari all’82%
La perdita di ritenzione
è la più comune causa
di fallimento
Torbjorner et al.,
1995 (67)
456 perni conici fusi e
322 perni prefabbricati
paralleli
Tasso di rottura dopo
4-5 anni
Perni fusi: tasso di
rottura pari al 15%,
perni prefabbricati:
tasso di rottura pari
all’8%
La perdita di
ritenzione è la
più comune causa
di fallimento per
entrambi i sistemi
Walton, 2003 (82)
Perni fusi o prefabbricati sotto 515 FPD in
metallo-ceramica
Tasso di rottura dopo
1-14 anni
Tassi di rottura equivalenti
Nessuna differenza
tra denti anteriori e
premolari
Weine et al.,
1991 (69)
Perno/ moncone fusi
Tasso di rottura dopo
meno di 10 anni
Tasso di rottura pari
al 6.5%
I 5/9 dei fallimenti non
dipendono dal perno
Pag. - 41
2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
11
12
Figura 11
Esempi di perni non metallici.
Da sinistra, due perni in zirconio, due
perni in fibra di vetro, due perni in
fibra di quarzo e un perno in fibra di
carbonio.
Figura 12
Immagini radiografiche dei perni in
figura 8.
I perni originali in fibra di carbonio erano scuri, il che costituiva un potenziale
problema dal punto di vista dell’estetica post-restaurativa, come discusso in
precedenza. I perni più recenti sono
bianchi. La rimozione di questi perni
è piuttosto facile 65 e avviene perforando la parte centrale del perno con uno
strumento rotante oppure ad ultrasuoni. L’orientamento delle fibre aiuta a
mantenere adeguatamente allineato lo
strumento usato per la rimozione.
Sono disponibili anche altri tipi di perni in fibra, inclusi i perni in fibra di
quarzo, fibra di vetro e fibra di silicone (Figg. 11, 12). Si dice che offrano
gli stessi vantaggi dei perni in fibra di
carbonio, ma che risultino migliori sul
piano estetico. Poiché sono stati immessi sul mercato solo di recente, attualmente la ricerca su questi perni è
ancora scarsa rispetto ai perni in fibra
di carbonio. Per la maggior parte, i
perni in fibra sono relativamente radiotrasparenti e in radiografia hanno un
aspetto diverso dai perni tradizionali
(Figg. 12, 13).
Studi comparativi in vitro su sistemi di perni
La maggior parte degli studi in vitro,
Pag. - 42
volti a paragonare la resistenza alla
frattura dei vari sistemi di perni, utilizza un carico continuo o intermittente.
Nei test di carico di frattura o carico
di rottura, il complesso perno/dente
viene caricato con una forza continua
da una macchina per test finché non si
arriva alla frattura, dopo di che i valori di carico sono registrati e comparati.
In anni recenti, il carico ciclico o intermittente è diventato più popolare in
quanto è ritenuto più rappresentativo
delle forze che intervengono dal vivo.84
Il carico ciclico prosegue finché avviene
la rottura o fino a portare a termine un
certo numero di cicli, e i risultati sono
riportati come “numero di cicli fino
alla rottura” o come “numero di rotture
raggiunte quando il carico ciclico si è
fermato”. Alcuni di questi studi forniscono anche indicazioni sulla modalità
di rottura.
I risultati corrispondono a quelli ottenuti dagli studi che utilizzano un
carico continuo ma sono leggermente
a favore dei perni metallici. Studiando perni realizzati in acciaio e in oro e
quattro marchi commerciali di perni in
fibra, Cormier et al. hanno scoperto che
i denti con perni in acciaio sopportava-
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
no il più alto carico di frattura mentre
i denti con uno dei sistemi di perni in
fibra di quarzo avevano il carico più
basso.51 Martinez-Insua, et al. hanno
documentato carichi di frattura più alti
con i perni fusi in oro rispetto ai perni
in fibra di carbonio.49 Newman et al.
hanno paragonato perni in acciaio a tre
marche di perni in fibra evidenziando
carichi di rottura più alti nei denti con
perni in acciaio.52 Sidoli et al.hanno
paragonato perni fusi in oro, acciaio e
fibra di carbonio giungendo alla conclusione che i denti contenenti perni
metallici sono equivalenti e hanno carichi di fallimento significativamente
più alti dei denti con perni in fibra di
carbonio.85 Per contro, Akkayan et al.
hanno paragonato perni in titanio con
perni in fibra di vetro, fibra di quarzo e
zirconio, verificando i più alti carichi di
frattura nei denti con perni in fibra di
quarzo.50 Ottl et al. hanno documentato i più alti carichi di frattura nei denti
con perni in fibra di carbonio, seguiti dai perni in acciaio e ceramica. Da
questo studio risultava che lo zirconio
aveva il valore più basso.86 Raygot et
al. non hanno rilevato alcuna differenza
tra perni fusi in oro, acciaio e fibra di
carbonio.87
A tali risultati eterogenei sono giunti
studi che utilizzavano un carico intermittente, chiamato anche carico ciclico. Isador et al. hanno paragonato perni fusi in oro, titanio e fibra di carbonio
rilevando risultati migliori con i perni
metallici rispetto ai perni in fibra di carbonio.88 Reid et al. hanno paragonato i
perni in titanio con tre perni in fibra di
carbonio e un perno in fibra di quarzo
senza rilevare alcuna differenza.89 Butz
et al. hanno usato il carico ciclico seguito dal carico continuo per paragonare perni fusi in oro, perni in titanio
con monconi in composito, e perni in
2007
13
zirconio con monconi in composito o
ceramica. Il gruppo zirconio/composito funzionava assai peggio rispetto agli
altri sistemi di perni, che risultavano
equivalenti tra loro.83
Quattro degli studi valutavano la
modalità di rottura oltre ai carichi di
frattura. Tutti e tre gli studi evidenziavano modalità di rottura più favorevoli con perni in fibra piuttosto che
con perni metallici.50-52 Martinez-Insua et al. hanno riportato risultati simili sostenendo tuttavia che i carichi
di frattura erano superiori a quelli che
comunemente si ritrovano nella pratica
clinica.49
Svariati studi hanno paragonato la capacità di ritenzione dei sistemi di perni. Purton e Love hanno evidenziato
una maggiore ritenzione nei perni in
acciaio rispetto ai perni in fibra di carbonio. Entrambi erano fissati con cemento resinoso.90 Gallo et al. hanno
concluso che perni in acciaio fissati con
cemento all’ossifosfato di zinco avevano una maggiore capacità di ritenzione
Figura 13
Aspetto radiografico di un perno in
fibra di vetro nell’incisivo centrale
superiore sinistro.
(Per gentile concessione del Dr. Sashi
Nallapati, Ocho Rios, Jamaica).
Pag. - 43
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
rispetto a una varietà di perni in fibra
fissati con cemento resinoso.91 Qualthrough et al. hanno riportato più alti
valori di ritenzione con un perno in fibra di quarzo rispetto a perni in titanio,
fibra di vetro o fibra di carbonio. Per
tutti i sistemi di perni è stato usato lo
stesso cemento resinoso.76 Drummond
non ha rilevato alcuna differenza nella
capacità di ritenzione tra un perno in
acciaio e tre tipi di perni in fibra, tutti
fissati con la stessa resina adesiva.92
I risultati degli studi comparativi tra
sistemi di perni in vitro e in vivo sono
riassunti nelle Tavole 3 e 4.
Preparazione dello spazio per il perno
Come già affermato, il mantenimento
della dentina radicolare è importante,
perciò è necessario un allargamento
minimo del canale oltre alla sagomatura che è stata sviluppata durante la
strumentazione del canale radicolare.
Nella maggior parte dei casi, è preferibile che il clinico che esegue il trattamento del canale radicolare prepari anche lo spazio per il perno in virtù della
sua familiarità con l’anatomia canalare.
La guttaperca può essere rimossa con
l’aiuto di calore o agenti chimici ma,
nella maggioranza dei casi, il metodo
più semplice ed efficace è la rimozione
tramite strumenti rotanti. La maggior
parte della letteratura classica non attribuisce alcuna importanza al momento in cui è necessario preparare lo spazio
per il perno.93,94 Un articolo più recente ha dimostrato che è preferibile una
preparazione per il perno immediata,95
mentre un altro studio non ha rilevato
alcuna differenza.96
Svariati autori hanno avanzato raccomandazioni circa la lunghezza del perno. In una revisione della letteratura,
Pag. - 44
Goodacre e Spolnik sostengono che la
lunghezza del perno debba corrispondere ai 3/4 della lunghezza del canale
radicolare, se possibile, o sia almeno
pari alla lunghezza della corona.97 Gli
autori affermano che in corrispondenza dell’apice devono rimanere 4-5 mm
per mantenere un adeguato sigillo.
In uno studio retrospettivo, Sorensen
e Martinoff evidenziano un tasso di
successo del 97% se la lunghezza del
perno equivale almeno all’altezza della corona.78 Secondo Neagley, 8 mm è
la lunghezza minima richiesta per un
perno.80 È stato dimostrato che durante la masticazione le forze si concentrano a livello della cresta ossea.38
Nei denti con perni metallici, le forze
si concentrano anche all’estremità del
perno. Ne consegue che un perno deve
sempre estendersi apicalmente al di là
della cresta ossea.38
Secondo gli insegnamenti tradizionali,
nella porzione apicale della radice devono rimanere come minimo 3-5 mm
di guttaperca per mantenere un sigillo
adeguato.93,98,99 Secondo uno studio recente di Abramovitz et al., 3 mm di
guttaperca costituiscono un sigillo apicale inaffidabile 100 e l’autore raccomanda di mantenerne almeno 4-5 mm.
Cementi
Qualsiasi cemento attualmente disponibile può essere usato con successo
con un perno, a patto di seguire i giusti
principi. I cementi più comunemente
usati sono i cementi a base di ossifosfato di zinco, i resinosi, i cementi vetroionomerici e i cementi vetro-ionomerici modificati con resina.
Di recente si è affermata la tendenza a
preferire i cementi resinosi poiché aumentano la ritenzione,33,101 tendono ad
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
infiltrarsi meno di altri cementi,89,102,103
e rafforzano la radice almeno per un
breve periodo di tempo.33,56 Uno studio di Bachicha et al. rileva minori infiltrazioni quando con perni in acciaio
e in fibra di carbonio viene usato un
cemento resinoso invece di cementi a
base di ossifosfato di zinco o cementi
vetro-ionomerici.102 Risultati simili si
ritrovano in uno studio di Reid et al..89
Secondo Junge et al. i perni fissati con
cementi resinosi sono più resistenti al
carico ciclico rispetto a quelli fissati con
cemento a base di ossifosfato di zinco
o cemento vetro-ionomerico modificato
con resina.81 Cementi resinosi adesivi
sono stati raccomandati per l’effetto
rinforzante che producono su radici con
pareti sottili.57,104 Gli esempi includono denti immaturi o denti con carie
estese. La resina può fungere da adesivo
con alcuni tipi di perni, così in teoria
dentina, resina e perno possono essere
combinati a formare un’unità, in virtù
delle proprietà adesive della resina, almeno per un certo periodo di tempo.
Sfortunatamente, i cementi resinosi
comportano alcuni svantaggi: sono infatti più “sensibili alla tecnica” rispetto
alla maggior parte degli altri cementi.
Richiedono ulteriori operazioni come
la preparazione delle pareti canalari con
acido o EDTA e l’utilizzo di una resina
adesiva. La contaminazione della dentina o del perno può rappresentare un problema. Il controllato utilizzo dei materiali mordenzanti e adesivi in profondità nello spazio canalare può essere a sua
volta problematico. Il perno deve essere
fissato con un cemento resinoso autopolimerizzabile o a polimerizzazione duale
105
che viene mescolato e posizionato insieme al perno. Queste operazioni devono essere compiute rapidamente e con
attenzione per accertarsi che il perno sia
completamente inserito.
Generalmente si pensa che i cementi
canalari contenenti eugenolo inbiscano
la polimerizzazione dei cementi resinosi. Si ritiene che questo problema possa
essere comunque evitato grazie ad una
completa detersione e mordenzatura
delle pareti canalari.16,103,106,107 Secondo uno studio di Varela et al., qualsiasi
preoccupazione inerente gli effetti negativi degli irriganti a base di ipoclorito di sodio sull’adesione della resina
alla dentina è parimenti infondata.108
I sistemi adesivi di quarta generazione (sistemi a 3 fasi) offrono un miglior
sigillo adesivo alla dentina radicolare
rispetto ai più recenti sistemi a 2 fasi
di quinta generazione.103,109 Vanno
usati cementi autopolimerizzabili o a
polimerizzazione duale a causa della
scarsa penetrazione della luce nella radice, anche qualora si utilizzino perni
traslucidi.105
Materiali per la ricostruzione del
moncone
Scopo del perno è trattenere il moncone, che a sua volta aiuta a trattenere la
corona. Laddove si utilizzi un pernomoncone fuso, il moncone è costruito sul perno o direttamente sul dente
oppure indirettamente in una fusione.
La forma generale e l’orientamento del
moncone sono sviluppati durante la fabbricazione. I perni prefabbricati sono
usati in combinazione con un materiale
per il buildup che viene fabbricato dopo
la cementazione del perno. Le alternative sono: amalgama, resina composita
o materiali vetro-ionomerici.
I materiali vetro-ionomerici, inclusi i
vetro-ionomeri modificati con resina,
non sono abbastanza robusti per essere usati come materiali per il moncone,110,111 e non vanno utilizzati nei casi
Pag. - 45
2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
in cui si è verificata un’estesa perdita di
struttura dentale. Quando la perdita
di struttura dentale è minima e non c’è
bisogno di un perno, i materiali vetroionomerici funzionano bene come materiale per ricostruzione, come dopo la
rimozione di un restauro M.O.D.
L’amalgama è stata usata come materiale per buildup, con ben nota resistenza
e ben noti limiti. Ha buone proprietà
fisiche e meccaniche 112,113 e funziona
bene in zone particolarmente esposte a
sollecitazioni. In molti casi, richiede di
aggiungere pozzetti o di usare altri metodi per garantire la ritenzione e la resistenza alla rotazione. Il posizionamento può essere difficoltoso in presenza di
una struttura dentale coronale minima,
e la preparazione della corona deve essere rimandata per lasciare al materiale
il tempo di indurirsi. L’amalgama può
causare problemi a livello estetico in
presenza di corone in ceramica e talvolta fa apparire scura la gengiva. Esiste il
rischio di tatuare la gengiva cervicale
con particelle di amalgama durante la
preparazione della corona. Per queste
ragioni, e per le preoccupazioni che desta il mercurio, l’amalgama è sempre
meno usata come materiale per il buildup. Non ha naturali proprietà adesive
e deve essere utilizzata con un sistema
adesivo per ricostruire i monconi.17
Attualmente, la resina composita è il
materiale più diffuso e, per certi aspetti, rappresenta il materiale ideale per
i buildup. Può essere fatto aderire a
molti dei perni attualmente disponibili e alla struttura dentale residua per
aumentare la ritenzione.114 Ha un’elevata resistenza alla tensione e il dente
può essere preparato per una corona
immediatamente dopo la polimerizzazione. Pilo et al. hanno dimostrato
che i monconi in composito hanno una
resistenza alla frattura paragonabile a
Pag. - 46
quella di un perno-moncone in amalgama o fuso e che si fratturano in maniera più favorevole in caso di fallimento.55 Hanno lo stesso colore del dente e
possono essere usati sotto ricostruzioni
traslucenti senza incidere sul risultato
estetico. Uno svantaggio è che il composito si retrae durante la polimerizzazione, causando la formazione di uno
spazio vuoto nelle aree dove l’adesione
è più debole. Assorbe acqua dopo la
polimerizzazione, determinando un
rigonfiamento,115 e subisce una deformazione plastica sotto carichi ripetuti.112,113 L’adesione alla dentina del
pavimento della camera pulpare generalmente non è forte o affidabile come
quella alla dentina coronale.116 Il totale isolamento con la diga è un requisito
imprescindibile. Se la superficie della
dentina viene contaminata con sangue
o saliva durante le procedure di adesione, questa è notevolmente ridotta. Sebbene la resina composita sia tutt’altro
che il materiale ideale, attualmente è
la più usata come materiale per buildup. Il composito non rappresenta in
ogni caso una buona scelta nel caso di
una struttura dentale coronale residua
minima, in particolare se l’isolamento
costituisce un problema.
I nuovi perni non metallici sono
migliori?
I perni metallici hanno rappresentato
per moti anni lo standard in odontoiatria restaurativa ma di recente nella pratica clinica si va affermando la tendenza
a preferire perni non metallici. Molto è
stato detto a proposito dei vantaggi dei
perni in fibra, in particolare dalle aziende produttrici e dai loro portavoce. Sebbene adesivi, i perni non metallici sembrano promettenti, ma gli studi non
L’Informatore
Endodontico
Vol. 10, Nr. 1
sono unanimemente favorevoli e alcune
domande restano senza risposta.
I perni adesivi rafforzano veramente le
radici?
Apparentemente la risposta è “sì”, almeno nel breve periodo. Si dice che i
perni adesivi rafforzino la radice inizialmente,57,103 ma che questo effetto
rinforzante vada probabilmente perduto col tempo. Si è dimostrato che
l’aderenza della resina alla dentina
diminuisce col tempo in vitro 117-120 e
in vivo.121 Così, è probabile che qualsiasi beneficio ottenuto inizialmente
dall’aderenza alla dentina possa andare
perduto a causa delle sollecitazioni termiche, chimiche e meccaniche che si
verificano di continuo nella cavità orale. Ricerche di laboratorio sugli effetti
rinforzanti dei perni adesivi devono
includere la prova di invecchiamento
e il carico ciclico per determinare se
l’effetto rinforzante è durevole o solo
transitorio.
L’adesione alla dentina radicolare costituisce un problema?
L’adesione alla dentina può essere in
qualche modo non predicibile a causa
della variabilità della dentina in generale,122 e della dentina radicolare in
particolare. Fatta eccezione per uno
studio,123 si ritiene generalmente che
l’adesione alla dentina radicolare sia più
difficilmente prevedibile dell’adesione
alla dentina coronale, così la qualità
del legame può essere in qualche modo
compromessa e soggetta a decadimento.105,109,124-126 I cambiamenti strutturali della dentina (riduzione della densità
dei tubuli dentinali e alterazione dei
legami tra fibre collagene) fanno sì che
l’adesione sia più problematica nella
dentina apicale rispetto a quella coronale.127
Un perno con lo stesso coefficiente di elasticità
della dentina costituisce un vantaggio?
È difficile rispondere a questa domanda basandosi sulle ricerche attuali. In
teoria, un perno che si piega insieme
al dente durante la funzione masticatoria dovrebbe determinare una migliore distribuzione della sollecitazione e un minor rischio di frattura.
Vari studi si schierano a sostegno di
queste conclusioni.51,52,128 La domanda senza risposta è se avere un perno
“flessibile” permetta il movimento del
moncone, determinando un aumento
di microinfiltrazioni sotto la corona.
Questa questione è importante soprattutto in presenza di una struttura
dentale coronale residua minima. Dal
momento che il perno è considerevolmente più sottile del dente, può essere necessario un più alto coefficiente
di elasticità (maggiore rigidità) per
compensare il diametro più piccolo.
C’è bisogno di ulteriori ricerche per
ottimizzare le proprietà meccaniche
dei perni in fibra.
Altre domande senza risposta a proposito
dei perni “flessibili”
Alcuni studi di Drummond e coll.
hanno dimostrato che i perni in fibra
perdono la forza di flessione dopo il
carico termociclico 84,92 e ciclico.84 La
portata di questa scoperta non è stata ancora compresa appieno, ma, secondo questi articoli, un “utilizzo in
ambiente orale aumenta il loro decadimento e potenzialmente abbrevia la
loro vita clinica”.84 Ulteriori ricerche
di laboratorio e studi clinici a lungo
termine stabiliranno se queste conclusioni sono significative sul piano
clinico.
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2007
Posizionamento del perno e restauro dei denti trattati
endodonticamente. Revisione della letteratura.
Conclusioni
loro prestazioni in-vitro si avvicinano
a quelle dei perni in metallo e la magNel restauro di denti trattati endodon- gioranza degli studi concordano che
ticamente è possibile ottenere elevati la maniera in cui essi eventualmenlivelli di successo clinico con la mag- te falliscono è più favorevole rispetto
gior parte degli attuali sistemi restau- a quella dei perni di metallo. Sulla
rativi, a patto di seguire determinati scia del giudizio fino ad oggi favoreprincipi, tra i quali:
vole espresso dalla letteratura, l’uso
1. Evitare la contaminazione batterica di perni in fibra è con ogni probabi del sistema dei canali radicolari;
lità destinato a crescere, a patto che la
2. Fornire una ricopertura cuspidale
futura ricerca clinica a lungo termine
per i denti posteriori;
confermi i tassi di successo rilevati da3. Conservare la struttura dentale ragli studi già pubblicati che prendono
dicolare e coronale;
in esame periodi di richiamo relativa4. Usare perni con adeguata robustez- mente brevi. Ulteriori modifiche del za in diametri sottili;
le loro proprietà fisiche e meccaniche
5. Fornire un’adeguata lunghezza del probabilmente miglioreranno le loro
perno per la ritenzione;
prestazioni cliniche.
6. Massimizzare la forma della resisten za includendo una ferula adeguata;
7. Usare perni che sia possibile rimu vere.
Traduzione dell’articolo originale:
La maggior parte dei sistemi di perni Post placement and restoration of
può essere usata con successo a patto di endodontically treated teeth:
seguire questi principi ma alcuni perni a literature review.
devono essere esclusi perché non abba- Oral Health, September 2005, 63-83.
stanza robusti o difficili da rimuovere.
Le leghe di titanio sono relativamente fragili e se usati in diametri sottili possono essere soggette a frattura.
Sono anche più difficili da rimuovere
rispetto ad altri perni metallici. Qualsiasi vantaggio comportino, sono più
che bilanciati dagli svantaggi. I perni
filettati attivi devono essere usati solo
quando occorre la massima ritenzione. Trasmettono sollecitazioni alla
struttura della radice e sono difficili da
rimuovere. I perni in ceramica e zirconio non sono rimovibili nella maggior
parte dei casi e devono essere evitati.
Nella pratica clinica si va affermando
la tendenza a preferire perni in fibra
e la letteratura è per lo più favorevole
(anche se non si tratta di una maggioranza schiacciante) al loro utilizzo. Le
Pag. - 48
L’Informatore
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