Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale

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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale
Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale
percutanea
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Autori
Sonia Pasquali
Sandro Feriozzi (redattore)
Gina Gregorini (redattore)
Franco Ferrario (redattore)
Giuseppe Grandaliano (redattore)
Domenico Santoro (redattore)
Contenuti
1. Abstract
2. Premesse
Indicazioni
Controindicazioni
3. Scopi e Obiettivi
4. Attività
Preparazione del Paziente
Tipologia di Aghi
Localizzazione del Rene
Tecniche di Processazione del
Frustolo
Monitoraggio e Complicanze
Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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Abstract
release 2 revisionata il 20 giugno 2011 17:39 da Sonia Pasquali
La biopsia renale è ormai universalmente riconosciuta come strumento fondamentale nella “gestione”
delle nefropatie.
Basti pensare che la diagnosi istologica risulta essere differente rispetto a quella clinica in circa la
metà dei pazienti biopsiati con conseguente modifica dell' approccio terapeutico in circa un terzo dei
casi.
Questa procedura fornisce quindi, in realtà, informazioni utili non solo per la diagnosi, ma anche per
la scelta terapeutica, la prognosi e contribuisce alla comprensione dei meccanismi patogenetici
responsabili di molte nefropatie.
Sul piano clinico, la conseguenza diretta di una corretta e tempestiva identificazione della nefropatia è
soprattutto la possibilità di agire prima che sia raggiunto il punto di non ritorno, nelle fasi precoci della
malattia, quando cioè è ancora possibile la regressione del meccanismo patogenetico iniziale e la
remissione o addirittura la guarigione della nefropatia stessa. Al contrario, è chiaro che uno scarso
utilizzo della biopsia renale condiziona un approccio tardivo e aspecifico, che si limita ad una
nefroprotezione "generica", svincolata dalla causa iiziale di danno renale.
In ogni caso, si tratta di una manovra invasiva, non scevra di complicanze, che deve essere
necessariamente supportata da una corretta selezione e preparazione dei pazienti, da una adeguata
metodologia di intervento, da una corretta tecnica di processazione e di valutazione istologica, con
tutte le metodiche attualmente disponibili, oltre che da una stretta collaborazione anatomo-clinica.
Scopo di questa procedura è quello di ottimizzare l’approccio alla biopsia renale in modo da ottenere le
maggiori e più aggiornate informazioni possibili per il paziente affetto da nefropatia.
Premesse
Indicazioni
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:40 da Sandro Feriozzi
INDICAZIONI ALLA BIOPSIA RENALE
(Figura 1)
Per descrivere le corrette indicazioni alla biopsia renale è utile suddividere il ruolo della biopsia
secondo i classici quadri clinici delle nefropatie come suggerito dal Registro Italiano delle Biopsie
Renali.
SINDROME NEFROSICA
(Figura 2).
Nell’ambito del soggetto adulto la sindrome nefrosica è un’indicazione assoluta alla biopsia renale, in
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questo caso infatti, vi possono essere diversi quadri istologici sottostanti: glomerulosclerosi focale,
glomerulonefrite membranosa, glomerulonefrite membranoproliferativa o anche altre patologie. Per
ciascuno di questi casi possono essere applicati schemi terapeutici con steroidi associati ad
immunosoppressori a dosaggio variabile. Alcune lesioni impongono ulteriori accertamenti diagnostici
ad esempio una glomerulonefrite membranosa può essere dovuta ad agenti infettivi (virus B, C
dell’epatite), neoplastici (neoplasie colon, polmone) od essere indice di una patologia sistemica non
ancora evidente (lupus). La diagnosi istologica fornisce informazione sulla prognosi della nefropatia:
il decorso è mediamente indolente nella membranosa e decisamente più sfavorevole nella
glomerulosclerosi focale e nella membranoproliferativa. Nell’adulto si può osservare una
glomerulopatia a lesioni minime che nella maggior parte dei casi è sensibile alla terapia steroidea,
tuttavia si possono avere un numero significativo di casi di recidiva e/o di resistenza della malattia allo
steroide.
L’indicazione alla biopsia nel caso di sindrome nefrosica del bambino è diversa rispetto all’adulto. E’
infatti noto che circa il 70-80% delle sindrome nefrosiche dell’infanzia è dovuto ad una
glomerulopatia a lesioni minime che è caratterizzata da una pronta risposta agli steroidi. La biopsia
andrà eseguita successivamente in caso di mancata risposta allo steroide o in caso di recidive frequenti
della proteinuria alla sospensione della terapia.
ALTERAZIONI URINARIE: PROTEINURIA/EMATURIA - PROTEINURIA
(Figura 3 - Figura 4)
Le alterazioni urinarie sono caratterizzate dalla presenza di proteinuria in genere modesta ed ematuria
al sedimento urinario. In questi casi può essere prevalente la proteinuria o l’ematuria e le indicazioni
alla biopsia possono variare.
Di fronte ad un proteinuria le indicazioni alla biopsia non sono definite con certezza. L’entità della
proteinuria può essere un punto di riferimento: se inferiore ad 1g/24h, con il sedimento urinario nei
limiti e la funzione renale è normale non vi è un’indicazione assoluta e la procedura può essere
differita all’osservazione clinica. Infatti, sulla base di dati ormai consolidati, i quadri istologici
sottostanti a proteinuria isolata di modesta entità sono frequentemente privi di specificità. E’
comunque importante seguire i pazienti nel tempo per osservare eventuali variazioni quantitative della
proteinuria o di altri indici (funzione renale) che potrebbero richiedere la biopsia .
Diversamente quando la proteinuria è maggiore di 1g/24h e nel sedimento sono presenti cilindri, la
biopsia è indicata poiché può essere presente una patologia glomerulare compresa tra quelle descritte
per la sindrome nefrosica. La glomerulonefrite membranosa è la causa più frequente di una proteinuria
isolata, più raramente essa può essere dovuta a malattie sistemiche (ad esempio lupus o amiloide). EMATURIA
Per ematuria si intende la presenza nel sedimento urinario di 5 globuli rossi o più per campo
microscopico ad alta risoluzione (400 X) oppure l’escrezione di oltre 1 milione di globuli rossi in 24h
valutati con la conta di Addis. L’ematuria macro o microscopica può avere durata variabile nel tempo
o manifestarsi in concomitanza di episodi infettivi, o può anche essere l’unico segno presente
(ematuria isolata). In tutti i casi prima di considerare l’esecuzione di una biopsia renale è necessario
eseguire indagini radiologiche per escludere patologie come neoplasie, calcoli, angiomi. Escluse
queste cause l’indicazione si pone con certezza se il paziente lamenta episodi di macroematuria e se
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nei periodi intervallo vi è microematuria. In questi casi la diagnosi più probabile è la glomerulonefrite
proliferativa mesangiale con depositi di IgA (malattia di Berger). In questa patologia glomerulare le
lesioni possono essere molto diverse: da quadri di modesta, focale proliferazione mesangiale a quadri
con gravi segni di infiammazione ed attivazione dell’epitelio capsulare con formazione di semilune.
Naturalmente la prognosi e la condotta terapeutica saranno condizionate dall’istologia: nel caso della
sola proliferazione mesangiale sarà adottato un atteggiamento terapeutico prudente mentre nel
secondo, uno schema aggressivo con farmaci immunosoppressivi.
La presenza di un’ematuria in un gruppo familiare è un’altra indicazione alla biopsia. In tali casi la
diagnosi può essere la malattia di Alport o una glomerulopatia a membrane sottili. La prognosi delle
due patologie è completamente diversa essendo sfavorevole nella prima e benigna nella seconda e non
sempre è possibile porre la diagnosi differenziale in base alla presentazione clinica.
Un problema di non facile soluzione è l’indicazione alla biopsia in caso di microematuria isolata. In
questi casi la decisione deve tener conto di numerosi fattori come l’anamnesi familiare, la storia
clinica, e l’atteggiamento del paziente. In ogni caso il nefrologo può continuare il monitoraggio
periodico ed intervenire con la biopsia renale in caso di variazioni della funzione renale e/o delle
caratteristiche della microematuria stessa.
INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
(Figura 5)
La causa più frequente di insufficienza renale acuta definita come aumento rapido della creatininemia
in pochi giorni, è la necrosi tubulare dovuta ad esempio a ipotensione grave, sepsi, uso di farmaci o in
seguito ad interventi chirurgici. La diagnosi può essere posta con sufficiente sicurezza e non vi è
indicazione assoluta alla biopsia.
Quando l’insufficienza renale acuta è dovuta a danno renale da farmaci, il quadro istologico è
rappresentato da una nefrite interstiziale con la presenza di infiltrato cellulare con numerosi leucociti
eosinofili o di una vera propria vasculite con lesioni glomerulari necrotizzanti. In questo caso solo la
biopsia può consentire di porre una corretta diagnosi.
Inoltre la biopsia permette di diagnosticare alcune patologie dovute a grave infiammazione
glomerulare con formazione di semilune cellulari circonferenziali, come la malattia di Goodpasture, in
cui la rapidità e la gravità delle lesioni possono determinare un quadro di insufficienza renale acuta.
L’impiego diffuso della biopsia in corso di insufficienza renale acuta ha portato negli ultimi anni a
riconoscere una patologia già nota, ma a lungo ignorata ovvero la malattia ateroembolica con la
presenza di cristalli di colesterolo nella parete delle arteriole e nei capillari glomerulari. La patologia è
in genere associata all’esecuzione di procedure di radiologia interventistica vascolare, tuttavia a volte i
rapporti tra causa- effetto non sono chiari o non vi sono affatto e l’esame istologico diventa decisivo.
In corso di insufficienza renale acuta può valere la regola di eseguire una biopsia tutte le volte in cui
dopo 1-2 settimane la diagnosi resti incerta e non si osservi alcun miglioramento clinico. SINDROME NEFRITICA ACUTA: GLOMERULONEFRITE RAPIDAMENTE
PROGRESSIVA
(Figura 6)
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La glomerulonefrite rapidamente progressiva è caratterizzata dal peggioramento della funzione renale
in settimane o pochi mesi e dalla presenza di cilindri eritrocitari e/o leucocitari all’esame del
sedimento, proteinuria significativa, ipertensione arteriosa. In questi casi le forme più frequenti sono
le glomerulonefriti focali necrotizzanti con proliferazione dell’epitelio capsulare e formazione di
semilune circonferenziali, in alcuni casi con immunofluorescenza lineare per IgG lungo i capillari
glomerulari come nella malattia di Goodpasture. Altre volte si osservano quadri istologici con grave
proliferazione cellulare associati a cellule infiammatorie infiltranti (leucociti neutrofili e/o monociti)
come nelle forme da glomerulonefrite mesangiocapillare idiopatica o in corso di crioglobulinemia
mista o ancora vi possono essere forme di proliferazione di tutti i componenti glomerulari associate a
quadri di immunofluorescenza positiva per tutti i sieri testati come nel lupus eritematoso. In questi
casi solo l’esecuzione della biopsia renale potrà permettere di discriminare la causa della patologia e
quindi dare informazioni per l’esecuzione di un terapia corretta nei tempi e nelle dosi dei farmaci.
Una situazione particolare è la glomerulonefrite acuta post-infettiva prevalente nei bambini. In tal caso
quando vi siano elementi clinici ( comparsa del danno renale dopo 15 giorni da un processo infettivo)
o sierologici ( riduzione delle frazioni sieriche del complemento) la biopsia renale va limitata solo ai
casi nei quali non si osserva la risoluzione del quadro clinico.
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
(Figura 7)
L’insufficienza renale cronica si associa a lesioni istologiche come fibrosi e lesioni vascolari che
aumentano il rischio di complicanze bioptiche. Pertanto i casi da sottoporre a biopsia vanno giudicati
con molta cautela e prudenza. D’altra parte è molto importante conoscere il quadro istologico per
valutare un’eventuale terapia e soprattutto per una corretta diagnosi. Questo dato è altresì
estremamente importante se il paziente è un candidato al trapianto renale. In passato si
discriminavano i casi da sottoporre a bopsia renale in base ai valori di creatininemia, al momento
risulta invece decisivo il quadro ecografico. Infatti tale metodica ci permette di valutare l’ecogenicità
del parenchima renale e soprattutto lo spessore della corticale. In presenza di una sufficiente ampiezza
della corticale e controllando fattori favorenti le complicanze come parametri della coagulazione e
l’ipertensione arteriosa, la biopsia è indicata soprattutto nel soggetto giovane. I quadri sottostanti
possono essere molto variabili dalla più frequente glomerulonefrite ad IgA, a quadri di
glomerulonefrite membranosa, membranoproliferativa o nefroangiosclerosi. MALATTIE SISTEMICHE
(Figura 8)
Le malattie sistemiche che comportano un coinvolgimento renale sono numerose e, qualora siano
presenti alterazioni del sedimento e/o proteinuria e/o riduzione della funzione renale è opinione
diffusa che sia utile eseguire una biopsia renale per la valutazione istologica del danno. Infatti le
lesioni istologiche sottostanti possono essere molto diverse, non direttamente correlate ai quadri clinici
e possono richiedere atteggiamenti terapeutici differenti.
Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è la patologia che meglio può rappresentare questo concetto.
Nel LES infatti la prognosi è direttamente influenzata dal tipo di lesione renale; le correlazioni tra
lesioni istologiche e clinica sono deboli; esistono almeno 6 classi di nefrite lupica e lo stesso paziente
può presentare nel tempo una variazione di classe istologica. Inoltre la terapia è in grado di contrastare
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efficacemente l’infiammazione se eseguita in modo corretto e varia secondo le classi istologiche.
Infine la malattia evolve attraverso fasi di attivazione e di quiescenza che molto spesso non sono
deducibili da parametrici clinici e/o di laboratorio. Ne deriva che la biopsia nel LES è indicata al
momento della diagnosi di coinvolgimento renale e nel decorso di malattia quando la nefropatia
assume un andamento non prevedile rispetto alle lesioni istologiche osservate precedentemente o
qualora si sia incerti sulla possibile presenza di una fase di attività. DIABETE MELLITO
Un’altra patologia sistemica molto diffusa e che presenta un coinvolgimento renale che può richiedere
la biopsia è il diabete mellito. Tuttavia in questi casi possiamo ricorrere a criteri clinici affidabili per
porre diagnosi: una storia clinica di almeno 5 anni di diabete e la presenza di un retinopatia diabetica.
Se sono presenti questi elementi possiamo assumere da un punto di vista clinico, che la nefropatia
diabetica sia certa e non eseguire la biopsia ; se alcuni di questi elementi sono assenti o la storia clinica
non è tipica (diabete di breve durata, episodi di ematuria) o soprattutto non vi è una retinopatia
diabetica allora l’indicazione alla biopsia si pone con forza. Occorre infatti ricordare che le lesioni
glomerulari dovute al diabete si possono associare ad altre glomerulonefriti ad esempio la
glomerulonefrite membranosa o la glomerulonefrite ad IgA (cosiddetta doppia-patologia).
TRAPIANTO
(Figura 9)
Le indicazioni alla biopsia nel rene trapiantato non sono così definite come nel rene nativo: può
essere eseguita da “protocollo” o per motivi clinici.
Nel primo caso viene effettuata a tempi predefiniti, indipendentemente dal quadro clinico ed è
finalizzata a conoscere la situazione istologica del trapianto ed eventuale tossicità da farmaci. La
seconda invece è correlata a problematiche cliniche. Nei primi mesi del trapianto la biopsia è indicata
se si osserva una rapida riduzione della funzione renale suggestiva di un episodio di rigetto acuto. In
questo caso, essendo la diagnosi clinica di rigetto acuto verosimile, alcuni preferiscono differire la
biopsia dopo un insuccesso terapeutico, altri eseguono sempre la biopsia prima di procedere alla
terapia.
Nel trapianto stabilizzato l’indicazione alla biopsia è rappresentata o da una progressiva riduzione della
funzione renale o dalla presenza di una proteinuria stabile superiore a 1 g/24. In questi casi si possono
osservare lesioni tipo la glomerulopatia da trapianto oppure le recidive delle malattie renali
primitive. Frequentemente si osservano associate le lesioni dovute ai farmaci immunosoppressori
come gli inibitori della calcineurina.
In tutti i casi si ottengono numerose e preziose informazioni che possono aiutare nella gestione del
rene trapiantato ed in particolare nella scelta della terapia immunosoppressiva da adottare.
INDICAZIONI EMERGENTI
Accanto ai classici quadri clinici prima esposti, vanno segnalate indicazioni emergenti ed in costante
incremento alla biopsia renale. Si tratta di:
nefropatie in corso di malattie disprotidemiche (amiloidosi AL, malattia da depositi di catene
leggere e pesanti, rene da mieloma)
nefropatie in corso di epatopatia (glomerulopatie HCV e HBV-relate, nefropatia da IgA in corso
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nefropatie in corso di epatopatia (glomerulopatie HCV e HBV-relate, nefropatia da IgA in corso
di epatopatia alcolica, glomerulosclerosi epatica)
insufficienza renale in pazienti portatori di organi trapiantati, in particolare cuore e fegato
Sono quadri clinici complessi in cui il quadro renale può essere secondario alle comorbidità e/o alle
complicanze iatrogeniche. L'esatta e tempestiva definizione del tipo di danno renale, mediante biopsia,
rappresenta una fase diagnostica fondamentale nella gestione di questi pazienti in cui, la modulazione
del trattamento farmacologico da un lato, e il rischio di cronicizzazione dall'altro, rappresentano gli
aspetti di maggiore criticità.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La biopsia renale è uno strumento diagnostico formidabile che i nefrologi hanno imparato a conoscere
ed a utilizzare nel corso degli anni.
Le indicazioni alla biopsia possono essere assolute come in caso di sindrome nefrosica o di
glomerulonefrite rapidamente progressiva mentre in altre forme queste indicazioni sono meno definite,
come nella proteinuria e/o ematuria. In questi casi l’indicazione se fare o meno la biopsia non può non
risentire dell’esperienza dell’operatore, delle possibilità di studio del frammento bioptico e del quadro
ambientale.
Inoltre non va dimenticato che una corretta diagnosi istologica richiede una stretta e fattiva
collaborazione tra il nefrologo e l’anatomopatologo: in questo modo si potranno trarre tutte le
informazioni necessarie per la valutazione del caso clinico.
Il nefrologo che deve prendere la decisione di eseguire la biopsia deve sempre ricordare di valutare in
ogni caso il rapporto tra il rischio e il beneficio della procedura.
Il rischio (vedi complicanze), inteso come complicanze maggiori-che richiedono interventistica
percutanea, oscilla dallo 0,1 allo 0,4% ed è paragonabile a quello di manovre invasive come la
colonscopia. Il beneficio è quello di una diagnosi precoce, che può condizionare differenti approcci terapeutici con
l'obiettivo non solo di rallentare, ma di arrestare/guarire la nefropatia stessa intervenendo prima che
sia raggiunto il punto di non ritorno.
Al contrario, è chiaro che uno scarso utilizzo della biopsia renale condiziona approcci tardivi e
aspecifici che si limitano ad una nefroprotezione generica, svincolata dalla causa iniziale di danno
renale.
Bibliografia:
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Figure
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Figura 9. Figura 9
Controindicazioni
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:40 da Gina Gregorini
Per minimizzare i rischi della procedura è essenziale che siano rispettate le controindicazioni alla
procedura.
Vengono qui prese in considerazione le controindicazioni che persistono nonostante la
ottimizzazione delle condizioni operative, vale a dire:
A) quando la biopsia venga effettuata nel rispetto delle condizioni operative che sono oggi consigliate:
sia eseguita sotto guida ecografica continua
che il paziente sia mantenuto in regime di ricovero per almeno 24 ore dopo la biopsia
allettato per almeno 12 ore dopo la biopsia
monitorato per PA, Fc , comparsa di ematuria, dolore lombare,
controllato con emocromo dopo 4 e 12 ore, e prima della dimissione
che arrivi alla biopsia munito di accesso venoso
che effettui un controllo ecografico prima della dimissione
che sia invitato a mantenere un regime di “riposo”a domicilio per alcuni giorni
che abbia sospeso da almeno 7 giorni farmaci ad effetto antiaggregante ( inclusi i FANS) e non
riprenda anticoagulazione e farmaci antiaggreganti per almeno una – due settimane
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B) quando la biopsia sia effettuata in un paziente precedentemente preparato secondo le modalità
descritte nella sezione “ preparazione del paziente”
Controindicazioni assolute alla biopsia renale percutanea
Assenza di consenso e non possibilità di ottenerlo: pazienti di minore età o incapaci a fornire un
consenso.
1. Impossibilità di cooperazione da parte del paziente durante la procedura
2. Problemi dell’emostasi non correggibili (piastrinopenia persistente severa, bleeding time
allungato impossibilità a sospendere antiaggreganti od anticoagulanti)
3. Organo dall’anatomia imprevedibile, in modo particolare vascolare: rene a ferro di cavallo,
aneurismi vascolari o altre
4. Organo non correttamente visualizzabile: es obesità grave
Controindicazioni relative alla biopsia renale
1. Rene unico. La biopsia nel rene unico è stata sempre effettuata con tecnica chirurgica per
azzerare il rischio di complicanze severe che possano condurre alla perdita irreversibile del rene
ed alla necessità di dialisi cronica. Nell’ultimo periodo, grazie ai vantaggi forniti dalla guida
ecografica , sono state fatte molte segnalazioni di biopsia percutanea effettuate senza alcun
problema. Non vi è tuttavia a tuttora una raccomandazione a generalizzare questa scelta.
2. Ipertensione arteriosa severa non controllata. Valori di pressione arteriosa sistolica inferiori
o superiori a 160 mmHg o di pressione diastolica inferiori o superiori a 100 mmHg sarebbero
associati ad un rischio di sanguinamento rispettivamente in meno di 5% dei casi ed in più del 10
% dei casi rispettivamente. Sono quindi suggeriti valori di PAS<160; PAD<100 e PAM<120.
3. Insufficienza renale avanzataI: la controindicazione deriva sia dalla anatomia di reni di ridotte
dimensioni in caso di malattia renale cronica evoluta. Il rischio di complicanze è molto
aumentato nella biopsia di piccoli (<9 cm di diametro) reni iperecogeni; sia per l’ insufficienza
funzionale renale avanzata e l’aumentato rischio emorraggico (comprendente quindi anche
l’uremia acuta). Un valore di creatinina >di 2 mg/dl segnerebbe il passaggio ad un rischio
aumentato.
4. Gravidanza. La gravidanza non costituisce una controindicazione assoluta, la frequenza di
complicanze descritte è assimilabile a quella della popolazione generale. Tuttavia, per il
potenziale rischio di morbidità materno-fetale, è opportuno che sia riservata ai casi in cui la
biopsia è indispensabile ed indifferibile
5. Infezione renale o perirenale
6. Infezione cutanea nella sede della biopsia
7. Idronefrosi
Bibliografia:
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7 Chen HH, Lin HC, Yeh JC, Chen CP. Renal biopsy in pregnancies complicated by undetermined
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Scopi e Obiettivi
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:39 da Sonia Pasquali
La biopsia renale percutanea rappresenta una indagine diagnostica capace di fornire informazioni
importanti nella gestione dei pazienti affetti da nefropatia. Consente infatti di definire:
la diagnosi della malattia
la severità e/o l’attività della nefropatia
la prognosi
la scelta della terapia più adeguata
I sintomi d’esordio delle nefropatie sono limitati ad un numero relativamente ristretto di sindromi
cliniche, che sono invece espressione di una vasta gamma di nefropatie del tutto differenti. Al
contrario una singola forma di nefropatia può manifestarsi con sindromi cliniche diverse. Pertanto è
solo l’analisi comparata del quadro istologico e della sindrome clinico-laboratoristica di
accompagnamento che consente un preciso inquadramento diagnostico della nefropatia.
Le più ampie casistiche riportate in letteratura, hanno mostrato che la previsione diagnostica e
prognostica basata unicamente sui dati clinici viene confermata dal reperto istologico solo nel 50% dei
casi, nell’altra metà dei pazienti la biopsia porta ad un sostanziale cambiamento della diagnosi
presunta. I numerosi studi clinico-morfologici hanno inoltre permesso di trarre utili informazioni sul
grado di attività delle nefropatie e sulla loro reversibilità o cronicizzazione. In un terzo dei casi poi
l’indagine istologica determina modifiche terapeutiche significative nel trattamento della nefropatia.
Uno scarso utilizzo della biopsia renale comporta, in definitiva, un aumento inevitabile della
percentuale di pazienti che raggiunge la fase uremica terminale senza una diagnosi corretta della
malattia causale e, soprattutto, senza la possibilità di seguire terapie tempestive, potenzialmente in
grado di indurre la regressione del meccanismo patogenetico iniziale o comunque di arrestare la
progressione della nefropatia stessa.
Obiettivo della procedura è quello di ottimizzare l’approccio bioptico, dalla selezione dei pazienti, alla
corretta metodologia d’intervento, a tecniche di processazione adeguate, in modo da ottenere
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corretta metodologia d’intervento, a tecniche di processazione adeguate, in modo da ottenere
dall’indagine istomorfologica renale tutte le informazioni possibili.
Attività
Preparazione del Paziente
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:40 da Domenico Santoro
PREPARAZIONE DEL PAZIENTE:
Nel momento in cui viene data l’indicazione alla biopsia renale, si procede alla preparazione del
paziente per l’esecuzione della procedura. La tecnica universalmente più utilizzata è quella della
biopsia renale eco guidata, o eco assistita con il paziente in posizione prona, o in alternativa, specie per
i pazienti obesi, in decubito supino in posizione antero-laterale (SALP). Per i dettagli riguardo alle
tecniche di esecuzione si rimanda alla sezione specifica. In generale si preferisce il rene di sinistra per
la maggiore distanza dalla vena cava e naturalmente il polo inferiore per la maggiore accessibilità.
L’utilizzo del polo inferiore rispetto ad una zona mesorenale, oltre a ridurre il rischio di pungere i vasi
all’ilo renale, permette di ottenere con maggiore probabilità di tessuto proveniente dalla corticale
renale.
La preparazione del paziente alla biopsia renale inizia il giorno precedente (o qualche giorno prima) e
si conclude il giorno dell’esame.
Il giorno precedente l’esame:
La valutazione ecografica pre-operatoria ( o anche fatta qualche giorno prima) è fondamentale per
valutare, la presenza di anomalie anatomiche quali, un rene singolo, l’eventuale presenza di cisti, reni
piccoli o ipoplasici, reni a ferro di cavallo, idronefrosi, masse renali etc. E’ opportuno effettuare
alcuni esami ematochimici prima dell’esecuzione della biopsia renale ed in particolare: l’emocromo,
esame urine. (per escludere un’infezione) ed il gruppo sanguigno.
Per gli esami e le informazioni concernenti la parte emocoagulativa, vedi sezione “Assetto
coagulativo”.
Il paziente andrà informato sul tipo di esame che verrà effettuato il giorno successivo , ed in tale
occasione verrà fatto firmare il consenso informato alla biopsia renale.
Il consenso informato della biopsia renale dovrà spiegare al paziente il motivo per cui si ricorre a tale
esame e i vantaggi che lo stesso paziente potrà avere da una diagnosi di malattia con conseguente
terapia specifica e prognosi. Infatti, sarebbe opportuno indicare che la diagnosi istologica è differente
rispetto a quella clinica nel 50% dei pazienti, con un conseguente alterato approccio terapeutico in un
terzo dei casi; ciò è particolarmente evidente nei pazienti con elevata proteinuria o con insufficienza
renale acuta, in cui l’errore terapeutico può sfiorare l’80% dei casi (1). Nello stesso consenso dovrà
essere spiegata esattamente in cosa consiste l’atto chirurgico, quali farmaci saranno somministrati
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(anestetico, pro coagulanti etc,) ed indicare i farmaci che il paziente avrà dovuto evitare nei giorni
precedenti l’esame. Dovranno essere elencate le più comuni complicanze legate a tale procedura. I
rarissimi casi riportati in letteratura di nefrectomia o di morte potranno anche essere inseriti riportando
anche la frequenza con cui tali eventi occorrono.
Il giorno dell’esame:
Il paziente la mattina dell’esame, dovrà essere a digiuno. Prima di eseguire l'indagine dovrà misurare
la pressione arteriosa, dovranno essere somministrati i farmaci anti-ipertensivi (vedi sezione
“Controllo pressorio”), incannulata una vena periferica e deve aver urinato. E’opportuno eseguire una
depilazione del paziente nella sede della biopsia renale.
Due aspetti fondamentali che meritano un approfondimento sono: assetto emocoagulativo e controllo
pressorio.
Assetto emocoagulativo
La ricerca di una diatesi emorragica è fondamentale, pertanto un’adeguata storia clinica che mostri una
familiarità per emorragia, precedenti sanguinamenti in corso di interventi chirurgici (anche dal
dentista), o l’assunzione di farmaci che alterano la coagulazione. In quest’ultimo caso, la prima
informazione che deve cercare l’operatore, per evitare al paziente un allungamento della degenza è il
quadro emocoagulativo e/o eventuale assunzione nei giorni precedenti di farmaci che alterano la
coagulazione, in primo luogo i più comuni antiaggreganti (aspirina, ticlopidina, clopidogrel etc) ma
anche antitrombotici (dicumarolici etc) ed infine altri farmaci che spesso i pazienti assumono per
auto-prescrizione come i FANS. Nel caso della ticlopidina, aspirina o clopidogrel il farmaco va
sospeso da almeno sette a dieci giorni prima, e sostituito con eparina a basso peso molecolare
(LMWH) che deve essere sospesa 12 h prima della biopsia. I dicumarolici vengono sospesi circa 5
giorni prima e sostituiti con LMWH dal giorno successivo nel caso del sintrom o dopo due giorni nel
caso del cumadin; anche in questo caso l’eparina va sospesa 12 h prima della biopsia. Dal momento
che gli anti-infiammatori possono alterare la coagulazione, attraverso un inibizione dell’acetilazione
della ciclo-ossigenasi, in caso di assunzione, vanno attesi almeno 5 giorni prima di effettuare la biopsia
(2-4)
Tra i pazienti che sono a particolare rischio emorragico, oltre quelli che assumono anticoagulanti, vi
sono i pazienti con LES con amiloidosi, e con IRC. Oltre il controllo del tempo di protrombina (PT),
del tempo parziale di tromboplastina (PTT), e del tempo di emorragia, può essere utile in alcuni casi
anche il dosaggio del fattore di Von Willebrand (VWF)ed il LAC nel caso dei pazienti con LES.
Infine in casi selezionati (aumento del tempo di emorragia, ridotti livelli di VWF) può essere utile la
somministrazione di desmopressina 0.3-4 microgr/Kg in 50 ml di sol fisiol, somministrati in circa ½
ora, da due a quattro ore prima della biopsia renale. Tale approccio è particolarmente condiviso nei
pazienti con insufficienza renale (creatininemia > 3 mg/dl o azotemia > 55 mg/dl), in cui si osserva
tipicamente un allungamento del tempo di emorragia.
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Controllo pressorio:
Una delle principali cause di complicazioni correlate alla biopsia renale consiste in uno scarso
controllo pressorio del paziente al momento dell’esame. Per tale motivo risulta fondamentale, che il
paziente assuma i suoi farmaci anti-ipertensivi prima della biopsia. In caso di elevati valori pressori, è
utile somministrare ipotensivanti ed attendere che questi abbiano avuto efficacia, ed iniziare le
operazioni di biopsia con valori pressori nel range della norma. Per alcune tipologie di pazienti,
particolarmente ansiosi, può essere indicata la somministrazione di benzodiazepine prima dell’esame.
Infine, per controllare eventuali crisi ipotensive durante l’esame, che spesso possono essere favorite
dal posizionamento del cuscino sotto l’addome, è utile avere un accesso venoso a disposizione, per
l’eventuale somministrazione di soluzioni saline o altre tipologie di farmaci.
Bibliografia:
1. Richards NT, Darby S, Howie AJ, Adu D, Michael J. Knowledge of renal histology alters
patient management in over 40% of cases. Nephrol Dial Transplant. 1994;9(9):1255-9
2. Galliard-Grigioni KS, Reinhart WH. A randomized, controlled study on the influence of
acetaminophen, diclofenac, or naproxen on aspirin-induced inhibition of platelet aggregation.
Eur J Pharmacol. 2009 May 1;609(1-3):96-9
3. Catella-Lawson F, Reilly MP, Kapoor SC, Cucchiara AJ, DeMarco S, Tournier B, Vyas SN,
FitzGerald GA. Cyclooxygenase inhibitors and the antiplatelet effects of aspirin. N Engl J Med.
2001 Dec 20;345(25):1809-17
4. Douketis JD, Johnson JA, Turpie AG. Low-molecular-weight heparin as bridging
anticoagulation during interruption of warfarin: assessment of a standardized periprocedural
anticoagulation regimen. Arch Intern Med. 2004 28;164(12):1319-26
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Tipologia di Aghi
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:40 da Domenico Santoro
TIPOLOGIE DI AGHI
La tipologia di aghi per la biopsia renale si è evoluta nel corso dei tempi, infatti si è passati dall’ago ad
aspirazione di Turkel, all’ago tranciante di Franlin-Vim_Silverman, e successivamente all’ago ad
aspirazione di Menghini, più adatto per la biopsia in età pediatrica, in quanto di diametro inferiore.
La tipologia attualmente utilizzata è quella dell’ago cosiddetto Tru-Cut,. Questo strumento molto
versatile, è composto di una parte scanalata e da un tagliente che vi scorre sopra. Al momento della
penetrazione del tessuto da biopsiare, basta far scorrere il tagliente per raccogliere il campione. Ne
esistono di diversi diametri (da 14 a 18G), con lunghezze di circa 20 cm, con meccanismo manuale o a
scatto e con punta ecoriflettente, particolarmente utile per le biopsie eco guidate. In uno studio che
metteva in confronto il meccanismo manuale (ago14G) con quello automatico a scatto (ago18G) era
evidenziato come quest’ultima tecnica risultava più sicura (p=0.02), con una percentuale di
adeguatezza del frustolo non statisticamente significativa tra le due metodiche (1).
Il diametro interno dell’ago da 18 gauge è 300-400mm, l’ago da 16 gauge è da 600 a 700mm e il l’ago
da 14 gauge è da 900 a 1000mm. Il glomerulo di un neonato è di circa 100mm e raggiunge la
grandezza di definitiva di 200-250mm, già ad otto anni di età. Per tale motivo, il diametro interno di
un ago da 18G è appena lievemente superiore alla media di un glomerulo di un adulto. Inoltre, il 18
può causare una significativa percentuale di glomeruli persi o danneggiati. Per tale motivo, si consiglia
di utilizzare aghi da 14 o 16 gauge per l’adulto e riservare il 18 gauge per reni piccoli o al di sotto
degli 8 anni di età (2). In ogni caso, l’utilizzo dell’ago 16G rispetto al 18G non aumenta il rischio di
sanguinamento post-biopsia (3).
L’ago Tru-Cut a sua volta ha due varianti: l’ago da montare su una “pistola” che contiene il
meccanismo di scatto, e l’ago montato su di un impugnatura che contiene il meccanismo di scatto. Il
secondo è indubbiamente il più diffuso, ma ha l’inconveniente di costare di più. La pistola che
inizialmente risulta meno maneggevole, è anche dotata di un sistema che regola la penetrazione
nell’ago, permettendo di ridurla in caso di pazienti pediatrici (4).
Bibliografia:
1. Walker PD. The renal biopsy. Arch Pathol Lab Med. 2009 Feb;133(2):181-8.
2. Toledo K, Pérez MJ, Espinosa M, Gómez J, López M, Redondo D, Ortega R, Aljama P.
Complications associated with percutaneous renal biopsy in Spain, 50 years later. Nefrologia.
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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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Complications associated with percutaneous renal biopsy in Spain, 50 years later. Nefrologia.
2010;30(5):539-43
3. Sahney S, Mohan GC. Renal biopsy in infants and children. Am J Kidney Dis. 1994
Jan;23(1):31-2.
4. Doyle AJ, Gregory MC, Terreros DA. Percutaneous native renal biopsy: comparison of a
1.2-mm spring-driven system with a traditional 2-mm hand-driven system. Am J Kidney Dis.
1994 Apr;23(4):498-503.
Localizzazione del Rene
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:41 da Giuseppe Grandaliano
MODALITA’ DI ESECUZIONE DELLA BIOPSIA RENALE IN POSIZIONE PRONA
Il giorno della biopsia il paziente va tenuto preferibilmente a digiuno.
Nella fase di preparazione immediatamente precedente la procedura bioptica, allo scopo di ridurre le
complicanze infettive, si può eseguire antibiotico-terapia profilattica, prediligendo antibiotici ad
ampio spettro.
Al fine di ridurre le eventuali complicanze emorragiche correlate al prelievo bioptico, in particolar
modo nei pazienti a rischio più elevato di tali complicanze, è possibile somministrare Desmopressina
Acetato (DDAVP) al dosaggio di 0.04 mcg per Kg di peso corporeo in 250 ml di Soluzione
Fisiologica. Il tempo complessivo dell’infusione deve essere di circa 30 minuti e il momento ottimale
della somministrazione è dai 30 ai 60 minuti prima dell’esecuzione della biopsia che, in ogni caso,
deve essere effettuata entro le due ore successive (Manno C et al. Am J Kidney Dis, pubblicato online
il 25 Febbraio 2011).
Qualora sia necessario, va effettuata la tricotomia della regione lombare sinistra. Il paziente sarà,
quindi, sistemato in posizione prona, possibilmente con un leggero rialzo (cuscino) sistemato al di
sotto dell’addome al fine di ridurre la fisiologica lordosi dorsale e favorire la “superficializzazione”
del rene ( figura 4).
Si procede alla preparazione del campo sterile, disinfettando la regione di cute su cui si andrà ad
operare e ricoprendo le restanti aree con telini sterili.
Si riveste la sonda ecografica con un opportuno copri-sonda sterile. Si procede, quindi, alla
visualizzazione ecografica preliminare del polo inferiore del rene sinistro, ricercando la traiettoria più
favorevole alla successiva introduzione dell’ago. L'apparecchio ecografico è programmato per
evidenziare sul monitor la traiettoria dell'ago, una volta asservito alla sonda, e quest'ultima è dotata di
una guida attraverso cui si fa passare l'ago durante le manovre bioptiche.
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una guida attraverso cui si fa passare l'ago durante le manovre bioptiche.
Si procede all’anestesia locale (con Lidocaina o Chirocaina al 2%) mediante un ago da spinale che
permette di raggiungere anche i piani muscolari più profondi (figura 5).
Sotto guida ecografica si introduce l’ago bioptico (figura 6) con una inclinazione di circa 30°,
attraverso il sottocute, i piani muscolari, la fascia, fino a fermarsi immediatamente al di sopra della
capsula renale ( figura 6). In questa fase è fondamentale la collaborazione del paziente che dovrà
trattenere il respiro per pochi istanti al fine di evitare che le fisiologiche escursioni degli atti respiratori
determinino un consensuale spostamento del rene, portando quest’ultimo al di fuori della traiettoria
dell’ago. Raggiunta, quindi, la posizione ottimale con l’ago poggiato sulla capsula renale e con il
paziente immobile, si fa scattare l’ago automatico, azionando così la discesa, in un primo tempo, del
mandrino e, successivamente, della camicia, che imprigiona il frustolo di tessuto della lunghezza di
1,5-2 cm. Si estrae quindi l'ago dal rene e, aprendolo, se ne asporta il campione bioptico, deponendolo
su di una garzina imbevuta di soluzione fisiologica o in un contenitore sterile contenente soluzione
fisiologica (figura 7). Il frustolo viene, quindi posto su un vetrino, e si verifica al microscopio la
presenza di un numero adeguato di glomeruli.
Estratto l’ago dalla cute si pratica una emostasi per compressione per alcuni minuti e si verifica
ecograficamente l’eventuale presenza di un immediato spandimento emorragico subcapsulare. Tale
evenienza suggerisce la sospensione della procedura. In caso contrario, si può procedere al prelievo di
un secondo frustolo, con le stesse modalità del primo. Solitamente due affondamenti consentono di
reperire una quantità di parenchima renale sufficiente per l’analisi in microscopia ottica,
immunofluorescenza ed, eventualmente, in microscopia elettronica, laddove necessario.
Infine, si esegue un ulteriore controllo ecografico e color-doppler per accertarsi che non si siano
verificate complicanze emorragiche e/o alterazioni emodinamiche (es. FAV) in sede bioptica. Si
rimuovono i telini e si ricopre la cute con un cerotto medicato. Si esegue un bendaggio compressivo
della zona e si applica una borsa di ghiaccio da tenere in sede per circa due ore.
Il paziente va, quindi, trasferito direttamente sul letto di degenza, facendo attenzione ad evitare
movimenti bruschi.
MODALITA’ DI ESECUZIONE DELLA BIOPSIA RENALE IN POSIZIONE SUPINA
ANTERO-LATERALE (Supine antero-lateral position, SALP) Nei pazienti obesi e/o in sovrappeso (figura 1 A e B) la tecnica bioptica tradizionale può presentare
alcuni inconvenienti:
scarsa compliance respiratoria per la posizione prona;
profondità del polo renale inferiore;
potenziale alto rischio di sanguinamento;
difficoltà per alcuni a mantenere la posizione per molto tempo.
In questi casi è consigliabile un nuovo approccio all’ esecuzione della biopsia renale con il paziente in
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In questi casi è consigliabile un nuovo approccio all’ esecuzione della biopsia renale con il paziente in
posizione supina antero-laterale e, per questo definito definito con l’acronimo SALP (SUPINE
ANTERO-LATERAL POSITION) (Gesualdo L et al. Nephrol Dial Transplant 23: 971-6, 2008). La
SALP risulta poco invasiva, di facile esecuzione, veloce, con una incidenza di complicanze tipiche
della metodica significativamente inferiore rispetto alla modalità clasica e con un eccellente potere
diagnostico. Inoltre, paragonata alla biopsia eseguita in posizione prona, presenta una migliore
compliance da parte del paziente.
Il paziente, dopo aver urinato, è condotto nella saletta operatoria, o nella sala adibita all'ecografia,
dove viene normalmente eseguita la procedura bioptica e viene fatto distendere sul lettino operatorio.
La SALP si ottiene ponendo degli asciugamani sotto la spalla destra ed il gluteo omolaterale, in modo
da sollevare il fianco di circa 30° (figura 1 C e D). Il braccio destro è poggiato sul torace, mentre il
controlaterale viene addotto e utilizzato per l’accesso venoso. La gamba destra è leggermente flessa,
mentre la controlaterale è flessa e addotta in modo che il suo versante laterale poggi sul tavolo. Questa
posizione permette una piena esposizione del triangolo di Petit (muscolo latissimo del dorso dodicesima costa – cresta iliaca) ( figura 2 A), fornendo così spazio sufficiente per eseguire la
scansione degli ultrasuoni e orientare facilmente la puntura ecoguidata verso il polo renale inferiore
(figura 2 B e C) In questa posizione la faccia posteriore del rene dovrebbe essere quasi parallela al
sistema operativo del tavolo mentre il colon omolaterale dovrebbe spostarsi in sede antero-mediale,
sufficientemente lontano dal percorso dell’ago (figura 3).
Gli operatori richiesti sono generalmente due, uno dei quali esperto in ecografia. Nel caso di utilizzo di
un ago automatico è sufficiente un solo operatore, che con una mano impugna la sonda, con l'altra
l'ago.
Viene dapprima eseguito un esame ecografico preliminare, allo scopo di localizzare con precisione la
proiezione del polo inferiore del rene sinistro sui piani cutanei. E' preferibile, per limitare al massimo
la necessità di collaborazione del paziente, localizzare il punto di infissione durante l'espirazione. In
caso di rene particolarmente alto o sottocostale questo non è tuttavia possibile e il paziente dovrà
essere invitato a mantenere l'apnea in inspirazione più o meno profonda, in modo da consentire la
discesa del rene.
Successivamente ha inizio la procedura bioptica vera e propria: l'apparecchio ecografico è
programmato per evidenziare sul monitor la traiettoria dell'ago, una volta asservito alla sonda, e
quest'ultima è dotata di una guida attraverso cui si fa passare l'ago durante le manovre bioptiche.
Dopo la localizzazione del rene si procede a disinfezione della cute circostante il punto scelto per
l'infissione dell'ago e si delimita il campo operatorio con teli sterili. Gli operatori devono indossare
guanti sterili.
Il passo successivo è la preparazione della sonda, che viene rivestita con un “copri sonda” sterile. Sulla
sonda così protetta, viene applicato il sistema di asservimento dell'ago bioptico, con la guida attraverso
cui dovrà passare l'ago stesso durante la manovra di prelievo, preventivamente sterilizzato.
Utilizzando del gel sterile si pone la sonda sulla cute del paziente e si verifica la precisione della
localizzazione. Dopo l’anestesia locale (vedi modalità di esecuzione in posizione prona), si procede
all’infissione dell’ago bioptico, che viene successivamente fatto procedere sotto osservazione
ecografica attraverso i piani cutanei e muscolari fino alla capsula renale. Durante la discesa dell'ago
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verso il rene si può modificarne la traiettoria in base a quanto si osserva ecograficamente, in modo da
approcciare il rene esattamente nel punto prescelto. Nel caso in cui non si fosse calcolato
correttamente il punto di infissione e le modifiche dell'inclinazione della sonda non fossero sufficienti
a permettere all'ago di raggiungere il rene sul polo inferiore, si può invitare il paziente ad inspirare o ad
espirare in modo da produrre uno spostamento caudale o craniale dell'organo. Superata con la punta
dell'ago la capsula renale, si esegue la manovra di prelievo, invitando il paziente a mantenere la più
rigorosa apnea.
La manovra del prelievo, utilizzando l'ago automatico, consiste semplicemente nel premere il grilletto,
azionando così la discesa, in un primo tempo del mandrino e, successivamente, della camicia, che
imprigiona il frustolo. Si estrae quindi l'ago dal rene e, aprendolo, se ne asporta il campione bioptico,
deponendolo su di una garzina imbevuta di soluzione fisiologica. Il frustolo viene, quindi posto su un
vetrino, e si verifica al microscopio la presenza di un numero adeguato di glomeruli.
Estratto l’ago dalla cute si pratica una emostasi per compressione per alcuni minuti e si verifica
ecograficamente l’eventuale presenza di un immediato spandimento emorragico. Tale evenienza
suggerisce la sospensione della procedura. In caso contrario, si può procedere al prelievo di un
secondo frustolo, con le stesse modalità del primo. Anche se il primo campione prelevato può
sembrare soddisfacente ad una osservazione estemporanea con microscopio, è sempre consigliabile
non diminuirne la rappresentatività prelevandone dei frammenti per l'immunofluorescenza ed
eventualmente per la microscopia elettronica e dedicare a queste ultime metodiche un secondo
campione.
Terminata la procedura, si disinfetta nuovamente la cute e si medica con un cerotto sterile, che può
essere rimosso già nella giornata successiva.
Infine, si esegue un ulteriore controllo ecografico e color-doppler per accertarsi che non si siano
verificate complicanze emorragiche e/o alterazioni emodinamiche (es. fistole artero-venose) in sede
bioptica.
Si comunica quindi al paziente il comportamento che dovrà assumere nelle ore successive alla biopsia
ed in particolare la necessità di rimanere a letto fino al controllo ecografico del giorno seguente. Nel
caso che le condizioni cliniche lo consentano, lo si invita ad assumere una discreta quantità di liquidi
fino alla successiva minzione, in modo da diluire al massimo un'eventuale ematuria macroscopica. Va
precisato comunque che un elevato livello di comunicazione con il paziente è indispensabile per tutta
la durata della procedura in quanto la sua collaborazione è condizione necessaria per la buona riuscita
della biopsia e per la minimizzazione dei rischi.
Terminata la biopsia il paziente va trasferito direttamente sul letto di degenza, facendo attenzione ad
evitare movimenti bruschi.
Figure
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Figura 1. A e B mostrano un esempio di paziente obeso che può
essere sottoposto a biopsia renale con la metodica SALP. La SALP
si ottiene ponendo degli asciugamani sotto la spalla e il gluteo
omolaterale (generalmente destro) per sollevare il fianco di circa 30
gradi. (C). Il braccio omolaterale è posto sul torace, mentre il
controlaterale viene addotto e utilizzato per l’accesso venoso (D).
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Figura 2. Ecografia renale sinistra attraverso il triangolo di Petit
(muscolo latissimo del dorso - dodicesima costa – cresta iliaca) (A)
e immagine ultrasonografica della traiettoria della puntura (B e C).
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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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Figura 3. TAC del rene sinistro (freccia bianca) che mostra in
posizione SALP a 30 ? (triangolo bianco), il colon discendente
(asterisco bianco) che si muove antero-medialmente, posizionandosi
in questo modo lontano da qualsiasi possibile percorso della puntura.
Figura 4. Figura 4: paziente in posizione prona con rialzo sotto
l’addome
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Figura 5. Figura 5: esecuzione dell’anestesia locale mediante ago
da spinale
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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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Figura 6. Figura 6: esecuzione del prelievo bioptico sotto guida
ecografica
Figura 7. Figura 7: frustolo di tessuto renale
Tecniche di Processazione del Frustolo
release 3 revisionata il 05 luglio 2011 10:00 da Franco Ferrario
PROCESSAZIONE DELLA BIOPSIA RENALE
Nelle patologie renali, solitamente la diagnosi si basa su sottili cambiamenti morfologici. Per garantire
l’individuazioni di tutti i tipi di lesioni diagnostiche dovremmo essere in grado di eseguire su ogni
singolo caso microscopia ottica (MO), immunoistochimica e microscopia elettronica (ME). Vi sono
variazioni significative tra i laboratori per quanto riguarda il modo di processare le biopsie renali. Un
trattamento standardizzato delle biopsie renali sarebbe altamente auspicabile in quanto facilita lo
scambio di diapositive o di campioni di tessuti ai fini scientifici o fini di una valutazione della qualità.
COME PROCESSARE LA BIOPSIA RENALE
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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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La qualità e la quantità del tessuto fornito dal medico è un fattore determinante per l’accuratezza
diagnostica. Per la diagnosi di alcune malattie glomerulari (Glomerulonefrite Membranosa, Sindrome
di Alport) un glomerulo unico potrebbe essere sufficiente. Nella stragrande maggioranza dei casi,
abbiamo bisogno di più glomeruli e una più grande area di tessuto renale per fare una diagnosi
affidabile. Ciò è particolarmente vero per le glomerulonefriti focali con una bassa percentuale di
glomeruli coinvolti (5%- 25%) (es Glomerulonefriti extracapillari iniziali) o per una stadiazione delle
lesioni che deve essere fatta in base al numero di glomeruli coinvolti (es la Nefrite Lupica secondo la
classificazione ISN/RPS) .
In entrambi i casi, la terapia adeguata dipende in gran parte dalla corretta diagnosi istologica. L’analisi
statistica ha rilevato che solo biopsie con più di dieci glomeruli (solo per MO) possono ridurre la
probabilità di errori anche in casi di scarsa presenza di lesioni glomerulari.
Per mantenere basso l’errore si raccomanda di eseguire due prelievi, ciascuno dei quali contenente
tessuto renale corticale. Questo non solo consente di avere materiale adeguato per MO , ma consente di
avere anche il tessuto necessario per immunofluorescienza e microscopia elettronica, senza sacrificare
l’accuratezza diagnostica del MO (diminuendo il numero di glomeruli disponibili). La dimensione
degli aghi usati per le biopsie renali di solito varia tra i 14G e i 18G. (Vedi Tipologia di Aghi) L’uso di
aghi più spessi non solo ha il vantaggio di fornire una più ampia e continua area di tessuto con più
glomeruli ma consente anche il taglio di più sezioni in modo da rafforzare ulteriormente la precisione
diagnostica. E’ fondamentale e necessario controllare al momento della biopsia il frustolo per la
presenza di tessuto corticale in modo da eseguire immediatamente un prelievo aggiuntivo in caso di
prelievo inadeguato.Usando un microscopio il tessuto renale può essere facilmente discriminato da
tessuto adiposo o muscolare. Non è difficile identificare i singoli glomeruli all’interno della biopsia e
di stimare la percentuale di corticale contenuta nel campione. Questo tipo di esame non richiede uno
specifico microscopio di dissezione, bensì un semplice microscopio di laboratorio con obbiettivo a
bassa risoluzione, poggiando una goccia di soluzione fisiologica sul tessuto. Data l’importanza di
produrre materiale adeguato e la facilità dell’esame microscopico le biopsie renali non devono essere
eseguite in assenza dello stesso.
DIVISIONE DELLA BIOPSIA E TRASFERIMENTO
Dopo aver prelevato la biopsia e dopo aver attestato la presenza di tessuto corticale all’interno del
frustolo, i campioni devono essere opportunatamente divisi e conservati in modo da consentire
l’applicazione in una vasta gamma di metodiche diagnostiche.
Le biopsie renali devono essere divise in 3 pezzi nel seguente ordine di priorità:
1) microscopia ottica (pezzo più grande, dovrebbe contenere >10 glomeruli)
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Indicazioni ed esecuzione della biopsia renale percutanea
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1) microscopia ottica (pezzo più grande, dovrebbe contenere >10 glomeruli)
2) immunofluorescenza (>5 glomeruli)
3) microscopia elettronica (>2 glomeruli)
Come regola generale circa il 70% della biopsia dovrebbe andare a MO, il 20% a IF e il 10% è
sufficiente per eseguire ME. La dimensione effettiva e il numero di sezioni dipenderà dalla quantità di
tessuto disponibile e dal quesito clinico. In taluni casi risulta ragionevole tralasciare IF o ME per
salvare materiale per la MO.
I campioni per MO e ME sono fissati immediatamente e una porzione non fissata per IF viene inviata
in un contenitore con ghiaccio. Solo i fissativi forniti dal patologo che riceverà il campione devono
essere utilizzati, poichè variazioni nella fissazione possono incidere negativamente nelle successive
procedure di colorazione.
CONSERVAZIONE DEI TESSUTI Le biopsie renali devono essere conservate in tre modi differenti, al fine di ottenere i migliori risultati
per tutti e tre i metodi diagnostici (MO, IH/IF, ME) che devono essere impegnati in istologia su rene
nativo.
MICROSCOPIA OTTICA
Nella maggior parte dei reparti di anatomia patologica la fissazione in formalina tamponata al 4%
seguita da paraffina è la metodica d’elezione. Essa da una buona qualità alle sezioni e permette studi di
immunoistochimica. La fissazione con Bouin o Karnovsky a volte seguita da inclusione in resina viene
utilizzata anche su biopsie renali, permettendo così una conservazione maggiore dei dettagli
morfologici. Tuttavia è discutibile se il vantaggio di una miglior morfologia è da preferire al fatto che,
su campioni processati secondo questa metodica, è possibile eseguire reazioni immunoistochimiche in
un ristretto numero di anticorpi.
IMMUNOFLUORESCENZA
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L’immunofluorescenza viene effettuata su tessuto congelato, non fissato. Al fine di ottenere una buona
conservazione della morfologia del tessuto questo deve essere congelato nel più breve tempo
possibile. Il campione viene immerso in ghiaccio secco o azoto liquido 2 metil-butano
(ISOPENTANO). Successivamente si copre la sezione con OCT.
Sulla superficie dello stampo viene posto azoto liquido.
Il metodo di congelamento facilita la manipolazione della biopsia, impedisce essicazione e impedisce
continue produzioni di artefatti causa i cicli di gelo-disgelo.
MICROSCOPIA ELETTRONICA
Studi eseguiti tramite la ME dovrebbero essere parte del lavoro di rutine delle biopsie renali. La ME
svolge un lavoro importante nella diagnosi di oltre il 50% dei casi e risulta essenziale per una corretta
diagnosi nel 25% di questi . In alcuni casi, tuttavia, dopo una valutazione a LM e IH può essere
ommessa la microscopia elettronica senza compromettere la precisione diagnostica. Il fissativo più
utilizzato per ME è una soluzione contenente il 2% di glutaraldeide e il 4% di paraformaldeide in
tampone fosfato 0,12 M cacodilato di sodio. Gli studi a ME possono essere anche condotti su
campione fissato su formalina tamponata al 4% (per LM) senza una drammatica perdita di dettagli
morfologici. Se necessario anche tessuti inclusi in paraffina o congelati possono essere utilizzati per
ME. I fissativi devono essere inviati dal reparto di patologia in modo appropriato.
TAGLIO E COLORAZIONE
LA MICROSCOPIA OTTICA
I coloranti utilizzati in routine sono: EmatossilinaEosina, Periodic-Acid-Schiff, Argento
Methenamine, tricromia e/o AFOG. I restanti vetrini non colorati sono disponibili per ulteriori
colorazioni istochimiche e immunoistochimiche.
IMMUNOISTOCHIMICA
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In patologia renale molte lesioni diagnostiche possono risultare rilevanti e vengono classificate
attraverso l’esame immunoistochimico delle biopsie renali. Dunque nella rutine è essenziale
l’immunoistochimica per una corretta interpretazione delle stesse biopsie renali.
Gli studi immunoistochimici possono essere eseguiti su sezioni di 2-3 um (immunoperossidasi diretta
[IP] ) o 3-4 um su sezioni congelate (immunofluorescenza [IF] ).
Ogni metodo ha alcuni vantaggi ma pure i suoi limiti (TAB1)
Ogni laboratorio di patologia renale dovrebbe essere in grado di svolgere entrambe le tecniche. La
scelta effettiva del metodo appropriato dipende dal quesito clinico e dalla quantità di tessuti
disponibili. La disponibilità di entrambi i metodi fornisce anche un ottimo controllo reciproco in alcuni
casi difficili. La digestione proteolitica sulle reazioni immunoistochimiche è necessaria per
smascherare gli epitopi antigenici e per eliminare le proteine plasmatiche. La necessità di digestione
della proteasi dipende anche dalla durata e tipo di fissazione. Per biopsie di rene nativo i seguenti
anticorpi devono sempre essere utilizzati : IgG, IgM, Ig A, fattori del complemento (C3,C1q) e di
fibrinogeno. Da ricordare l’importanza di anticorpi Kappa, Lambda per il rilevamento di mieloma
associata malattia renale.
Altri anticorpi utilizzati in specifiche circostanze:
-
Le catene leggere κ e λ;
-
La proteina AA (amiloide)
-
Specifiche catene α del collagene di tipo IV (Sindrome di Alport)
-
La fibronectina
-
Il collagene di tipo III
-
Anticorpi anti-virali
-
La proteina di Tamm- Horsfall
L’indagine immunoistochimica con anticorpi monoclonari inoltre si può ritenere molto importante
poichè fornisce una più accurata e precisa valutazione delle cellule glomerulari e del loro ruolo nel
danno renale, consente una precisa valutazione delle cellule infiammatorie coinvolte nel danno
glomerulare e interstiziale e ci da la possibilità di valutare i meccanismi di infiammazione (adesione
leucocitaria, attivazione leucocitaria, produzione di mediatori).
Nella tabella 2 sono riportate le indicazioni all’adeguato trattamento di biopsie renali.
Tabella 1 Procedura aggiornata il: 05 febbraio 2013
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IP
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PRO
CONTRO
MIGLIOR DETTAGLIO MORFOLOGICO
MAGGIOR COLORAZIONE DI FONDO
COLORAZIONE PERMANENTE
TECNICAMENTE DIFFICILE E COSTOSA
POCHI ANTICORPI ADATTI
IF
ALTA SENSIBILITA'
SCARSO DETTAGLIO MORFOLOGICO (SEZIONI CONGELATE)
SCARSA COLORAZIONE DI FONDO
COLORAZIONE NON PERMANENTE
TECNICAMENTE SEMPLICE E VELOCE
AREE DI TESSUTO DIVERSO PER IF E LM
VASTA GAMMA DI ANTICORPI ADATTI
Tabella 2: Raccomandazioni per un adeguato trattamento della biopsia renale
PROCEDURA
COME
PERCHE'
EFFETTUARE LA
BIOPSIA
PREFERIBILMENTE CON AGHI DI 14G E
16G GUIDATI
CONSENTE DI PRELEVARE UNA MAGGIOR
PORZIONE DI TESSUTO CORTICALE.
2 BIOPSIE
RIDUCE LA POSSIBILITà DI ERRORE
CONTROLLO A MICROSCOPIO
CONSENTE DI RICONOSCERE SE IL PRELIEVO E’
ADEGUATO
TRASFERIMENTO
DELLA BIOPSIA
FISSATA E NON FISSATA
CONSENTE UNA BUONA CONSERVAZIONE E IF
IL FISSATIVO E’ FORNITO DAI PATOLOGI
RENALI
RIDUCE GLI ARTEFATTI DI FISSAZIONE
RICHIESTA CONTENENTE LE NOTIZIE
CLINICHE
CONSENTONO DI ESEGUIRE UNA DIAGNOSI
CORRETTA CORRELATA ALLA STORIA CLINICA
DEL PAZIENTE
DIVISIONE DELLE
BIOPSIE
A MICROSCOPIO PER MEZZO DI UNA
PERSONA QUALIFICATA
FRAMMENTO DI MISURE MAGGIORI PER
MO
PERMETTE DI QUANTIFICARE LE LESIONI
FISSAZIONE DEL
TESSUTO
MO: FORMALINA 4%- 7%
FISSATIVO STANDARD CHE PERMETTE ANCHE IH
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IF: FISSAZIONE CON OCT
PERSEVERA PER MOLTO TEMPO IL TESSUTO
ME: FORMALINA/GLUTERALDEIDE
MANTIENE UNA BUONA MORFOLOGIA
TAGLIO
SEZIONI SERIATE DA 2μm
RIDUCE L’ERRORE
MO: >10 SEZIONI A VARIE PROFONDITA’
RIDUCE L’ERRORE
COLORAZIONI
EE, PAS, TRICROMICa, ARGENTO
METANAMINA. AFOG
STANDARD PER POTER ESEGUIRE DIAGNOSI
IF/IP: IgG, IgM, IgA,C3,C1q , FIBRINOGENO
STANDARD PER EVIDENZIARE I COMPLESSI
IMMUNI
REFERTO DIAGNOSI
SCHEMA STANDARD DI
CLASSIFICAZIONE
BUON METODO DI COMUNICAZIONE E
CONSULENZA
VERIFICA L’ATTIVITA’, LA CRONICITA’
NELLE LESIONI RENALI.
DETERMINA LA PROGNOSI E LA TERAPIA
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Monitoraggio e Complicanze
release 1 pubblicata il 20 giugno 2011 17:41 da Gina Gregorini
Il tempo di osservazione del paziente dopo biopsia renale deve essere di almeno 24 ore poiché il 33%
di complicanze si verifica oltre le 8 ore, con il 91 % delle complicanze entro 24 ore
Il sanguinamento : costituisce la principale complicanza; può avvenire:
1) nel sistema collettore ( microematuria, macroematuria, formazione di coaguli nella via urinaria (
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uretere e vescica) con colica renale e possibilità di ostruzione della via urinaria e necessità di
intervento derivativo
2) sotto la capsula renale: ematoma sottocapsulare distinto in minore (≤ 2 cm di spessore) o
maggiore (≥ 2 cm di spessore) 3) nello spazio perinefrico: ematoma retroperitoneale
- Ematuria microscopica transitoria è presente quasi invariabilmente in tutti i casi
- Ematuria macroscopica transitoria si verifica nel 3-18%
- Una caduta del livello di emoglobina di 1-2 grammi / dl si verifica nel 50 % dei casi.
- Una anemizzazione più severa con necessità trasfusionale si verifica nel 6% dei casi
- Una emorragia acuta tale da determinare ipotensione nell’ 1-3%
- Necessità di pratica interventistica percutanea ( angiografia, embolizzazione) necessità chirurgica
nello 0.1 - 0.4%. Nefrectomia nello 0.3 %
- Il rischio di morte è stato stimato tra 0.02 e 0.1% E’ interessante notare che a causa della recente
estensione della pratica della biopsia renale anche a pazienti a più alto rischio, nonostante il notevole
miglioramento della tecnica bioptica, il rischio di morte è restato fermo a valori simili a quello dei
primi anni
Le complicanze non direttamente connesse al sanguinamento
- Complicanze da formazione di coaguli nella via urinaria ( colica renale,ostruzione ureterale,
formazione di coaguli in vescica) ( nel 4% dei casi)
- Fistola artero venosa:si forma in più del 18% dei casi , è dovuta alla lesione della parete di una
arteria e di una vena contigue . È in genere asintomatica e si risolve spontaneamente in 1-2 anni. Le
fistole artero-venose sintomatiche (possono manifestarsi con macroematuria, ipotensione, scompenso
cardiaco) sono ora rare. La fistola artero-venosa è ora agevolmente diagnosticata con la tecnica
eco-color doppler e trattata con embolizzazione attraverso cateterismo arterioso
- Infezione
- Il “Page Kidney”: la compressione prolungata ( irreversibile) del parenchima renale da parte
dell’ematoma subcapsulare severo ( che non va incontro a completo riassorbimento) : riduce il flusso
ematico al parenchima renale che scatena un eccesso di secrezione di renina che a sua volta produce
uno stato ipertensivo.
Bibliografia: 1 Whittier WL, Korbet SM. Timing of complications in percutaneous renal biopsy. J Am Soc Nephrol
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