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MIKE BONGIORNO
Fra le intuizioni di 105 c’era quella di legare la Radio alle
cause benefiche dimostrando così che anche le emittenti
commerciali potevano avere una mission sociale. Alberto mi
chiese di presentare un evento al Teatro Lirico di Milano per
l’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali. Un tema a lui
caro, i suoi cani erano di casa in Radio.
Quando la sua femmina di cocker diventò mamma di sei
cuccioli mi venne voglia di adottarne uno. Da piccoli sono
tutti uguali e la scelta generalmente si fa a caso. Erano tutti
lì, insieme, assonnati, tutti tranne uno che dimostrava una
vivacità evidente. Era una femmina. Scelsi lei e la chiamai
Divina. Crescendo mi ha fatto disperare. Divina era un cane
indipendente che faceva solo quello che voleva. Era comunque
molto furba e ha saputo conquistarsi la complicità di Marina
che l’ha sempre difesa, anche quando combinava disastri.
Quello al Lirico era il primo spettacolo che presentavo in
vita mia, su un vero palco, di fronte a una vera platea. E in
quella platea c’erano due osservatori mandati da Mike Bongiorno, che stava lasciando la Rai per lanciarsi nell’avventura
della televisione privata. Era il periodo in cui un giovane
imprenditore milanese voleva «fare concorrenza alla Rai». Si
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Mike Bongiorno
chiamava Silvio Berlusconi e il progetto che aveva convinto
Mike a lasciare la tv di Stato era la futura TeleMilano.
Sul palco non riuscivo a sistemare l’asta del microfono,
che continuava a essere troppo bassa. Ho presentato tutta
la serata inclinato in avanti. La mia posizione di fronte al
microfono era quella che negli anni Novanta avrebbe assunto Liam Gallagher, il cantante degli Oasis, trasformando
quella posa in un tratto distintivo. Solo che lui lo faceva per
scelta, io no.
Il giorno successivo, mentre stavo conducendo in diretta il
programma I primi della classe, P3 entrò in studio dicendomi
che Mike Bongiorno mi aspettava nell’altra stanza. Pensai a
uno scherzo. Dopo pochi secondi entrarono altri dj: «Claudio, c’è Mike di là!», «Sbrigati». Si erano sicuramente messi
tutti d’accordo. Poi ritornò P3, che mi tolse la cuffia e mi
spinse di là. E di là c’era davvero Mike.
Non si crede alle cose incredibili e quella lo era.
«Sei tu Claudio Cecchetto?» mi disse togliendosi gli occhiali.
Pensai: «Che figata! Parla proprio come in televisione!»
Era meno alto di come lo immaginavo, ma ai miei occhi
restava imponente, un gigante nella sua popolarità. Davanti a
me c’era un autentico mito, la storia della televisione italiana
in carne e ossa. Era il colpo di fortuna di una vita.
Mike mi riempì di complimenti: «Ti ho ascoltato una
mattina, mi piace il tuo stile!»
Il mio programma andava in onda al pomeriggio :)
Glielo rivelai solo qualche anno dopo e Mike mi rispose
con grande naturalezza: «Be’, ho scelto comunque bene, no?»
Mi propose un provino per TeleMilano.
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In diretta
Provino
L’appuntamento era di fronte al bar all’ingresso di Milano 2,
il quartiere residenziale costruito da Berlusconi qualche anno
prima. Pensavo che da lì ci saremmo mossi verso gli studi
televisivi. Invece Mike mi invitò a entrare nel bar: «Andiamo
di sotto, che ti faccio vedere la discoteca dove farai il tuo
programma».
Aprì con forza una porta pesante: «Qui non siamo in Rai
o in aeroporto, non ci sono porte automatiche. Perché le
porte si aprano, qui bisogna spingere».
Ho pensato che fosse una bella metafora. Per farsi strada,
in un’attività appena nata e con concorrenti molto più forti,
bisogna darsi da fare.
Ovviamente di sotto non c’era nessuna discoteca, ma solo
una cantina, come ai tempi della Lucciola, quando sceglievo
i dischi nascosto fra i cappotti. La stanza era umida e piena
di casse di bibite, fusti di birra e scatoloni.
«Qui togliamo tutto», continuò Mike, «mettiamo dei
poster di cantanti alle pareti, costruiamo la postazione del
dj, lì il palco per le esibizioni e in mezzo la pista per ballare.»
E aggiunse: «La settimana prossima partiamo con il programma».
A farmi il primo provino fu il cameraman Francesco
Malaspina. Anni dopo avrebbe aperto uno studio di produzioni televisive. All’audio c’era Popi Bonnici, con il suo
immancabile camice bianco, e la struttura tecnica era affidata
a Raul Bruni e Claudio Sigismondi. Alle luci c’era Fausto
Gazzetti. Quei ragazzi, più avanti, sarebbero diventati dirigenti di Canale 5.
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Mike Bongiorno
Non avevo mai fatto un provino per la tv, al massimo la
comparsa in Rai. Il progetto era un programma per giovani,
con tanta musica e con ospiti di buon livello, come quelli che
venivano in Radio a promuovere i loro dischi. Mike, che per
tutta la vita avrebbe conservato anche la cittadinanza statunitense, mi spiegò: «Quello che vogliamo fare a TeleMilano
è portare in Italia il sogno americano».
«Intitoliamolo Chewing Gum», proposi. Erano i tempi in
cui la chewing gum era chiamata da molti «gomma americana». La Perfetti aveva lanciato le Brooklyn, le «gomme
del ponte», e da Hollywood arrivavano le immagini delle
giovani star che facevano palloni con le loro «cicche», come
le chiamavamo a Milano. Perfetto, accettato.
Qualche giorno dopo tornai nella cantina del bar, e la
trovai trasformata. La struttura in compensato che ospitava la
consolle era stata dipinta di azzurro, il nome del programma
era scritto su un pannello rosso. L’effetto d’insieme doveva
essere quello della bandiera americana, stessi colori, e stelle
dappertutto. Le pareti erano lucide e riflettenti, un espediente
per creare giochi di luce con i fari colorati. Ricreava bene il
clima della discoteca.
Mi presentarono Mario Rasini, produttore del programma, e il direttore Giorgio Medail. La data di partenza
continuava a slittare. «Settimana prossima si parte», invece
non si partiva mai. Le risorse tecniche erano quello che
erano e la precedenza veniva data giustamente ai programmi di Mike.
Sapendo che mi intendevo di musica, e che in Radio
realizzavo i jingle, Mike mi chiese di prepararne uno per il
lancio del suo programma I sogni nel cassetto.
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In diretta
Pensavo che il testo di quella sigla dovesse essere all’altezza
del personaggio: «E ora arriva il re del quiz, l’eccezionale, il
fantasmagorico, l’incredibile Mike Bongiorno!»
Quando Mike ascoltò il jingle, scosse la testa: «Se vuoi
giocarti le tue carte nel mondo dello spettacolo, devi evitare
di incensarti troppo per non diventare antipatico a tutti». Abbiamo rifatto la sigla, molto più sobria, in effetti era migliore.
Primo consiglio e prima lezione dal grande Mike.
«Sarai il mio erede», mi diceva. Mi sentivo gratificato e fiero,
ma ci sono voluti anni per fargli capire che ai quiz preferivo
la musica. Non so se l’ho deluso, ma quando ho lanciato Gerry
Scotti, il suo vero erede, ho pensato di avergli trovato un successore più forte di me.
Nel 1976 la Consulta liberalizzò le trasmissioni televisive
via etere e Berlusconi acquistò le frequenze di Tele Milano
Cavo. L’emittente riusciva a raggiungere tutti gli abitanti di
Milano 2, il quartiere residenziale costruito da lui. Veniva
utilizzata la cablatura predisposta nella fase di progettazione
degli edifici, come avveniva con le cable tv americane. All’inizio, Milano Cavo serviva per permettere ai residenti di seguire
da casa le assemblee di condominio. «Forte l’idea», pensai.
Ma Berlusconi aveva già intuito la portata della novità, di
lì a poco Tele Milano Cavo diventò TeleMilano 58.
Chewing Gum
L’apertura ufficiale delle trasmissioni avvenne il 29 settembre,
il giorno del compleanno di Berlusconi.
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