Memorandum - Istituto Europeo di Oncologia

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Memorandum - Istituto Europeo di Oncologia
MEMORANDUM PER IL PAZIENTE
Il prericovero
Dal momento dell’inserimento in lista di attesa per la procedura chirurgica (esistono liste separate per il
sistema sanitario nazionale e per la libera professione, con la possibilità solo in questo ultimo caso di
scegliere l’operatore) il paziente deve attendere la chiamata telefonica per l’appuntamento per il
prericovero e il ricovero successivo (che generalmente avviene nell’arco di 12-14 settimane).
Durante il prericovero il paziente eseguirà un primo incontro con le infermiere (case manager) per la
condivisione del percorso pre e post operatorio, nell’ambito di una visione dell’ospedale che ponga il
paziente e le sue esigenze, non esclusivamente cliniche, al centro dell’iter diagnostico-terapeutico,
affidandogli un ruolo da protagonista e non da spettatore.
Durante la giornata si eseguono prelievi ematici, Rx torace, ECG e visita cardiologica, visita anestesiologica
e visita urologica durante la quale è compilata una prima parte della cartella clinica e si richiede al
paziente di firmare il consenso informato per l’intervento, per la biobanca e per il trattamento dei dati
personali per fini di ricerca. È dunque fondamentale che il paziente esibisca tutta la documentazione
relativa alla propria terapia domiciliare e alla storia clinica precedente, non esclusivamente urologica, per
individuare e indagare eventuali problematiche.
Non è infrequente che siano richieste valutazioni specialistiche ulteriori. Attenzione particolare meritano i
pazienti che assumono farmaci ad azione anti-aggregante (tipo Aspirinetta®, Cardioaspirina® Ascriptin®,
Ibustrin®, Plavix®, Ticlopidina®, Tiklid® o similari) oppure anti-coagulanti (tipo Coumadin®, Sintrom®
o similari) per i quali deve essere quasi sempre prevista una sospensione alcuni giorni prima ed
eventualmente una sostituzione con altro tipo di terapia. Allo stesso modo è necessario monitorare, in
collaborazione con gli specialisti del caso e i medici di Medicina Generale, la ripresa della terapia abituale
nel postoperatorio.
Il ricovero
Generalmente, per i pazienti SSN, il ricovero avviene il giorno stesso dell’intervento per cui l’operando,
adeguatamente istruito dalle case manager il giorno del prericovero, deve provvedere in autonomia al
domicilio alla profilassi antitrombotica con l’iniezione sottocute di eparina a basso peso molecolare la sera
prima dell’intervento, al fleet, al digiuno dalle ore 00.00 e alla tricotomia.
All’ingresso il personale infermieristico procede al controllo del corretto svolgimento di quanto richiesto,
nonché all’adeguata igiene personale, alla rimozione di protesi, accessori eccetera, al posizionamento di
calze elastiche e al controllo dei parametri vitali; il personale medico completa la cartella e da entrambi è
verificata la completezza e appropriatezza della documentazione.
NB: Il paziente deve portare con sé tutti i farmaci della terapia domiciliare e le calze elastiche.
L’intervento chirurgico
L’intervento di prostatectomia radicale robotica è eseguito in anestesia generale.
Il paziente è quindi posizionato con le gambe appoggiate su gambali, divaricati per consentire l’ingresso
del robot. Si procede al posizionamento dei trocar: si esegue una piccola incisione sovra-ombelicale e si
posiziona un dispositivo che consente di inserire il trocar dell’ottica, di creare lo pneumoperitoneo
(insufflando CO2 nell’addome) e, durante la procedura, di togliere la prostata dopo averla asportata in
modo da chinare i margini nelle sedi suggerite dalla RMN mp e inviarla in anatomia patologica per l’esame
estemporaneo al congelatore.
In visione si procede al posizionamento degli altri trocar, 3 robotici gestiti dal primo operatore e 2 per
l’assistente, il paziente è quindi messo in Trendelemburg, vale a dire inclinato a 30° con la testa in basso
per far scivolare l’intestino verso il diaframma e creare lo spazio operatorio; e si collega il robot. Da
questo momento inizia l’intervento di prostatectomia vera e propria che si conclude in circa 2 ore e 30 e
può prevedere a seconda delle caratteristiche della malattia l’asportazione anche dei linfonodi
locoregionali. Appena terminato il tempo demolitivo la prostata è rimossa, chinata e inviata all’anatomia
patologica.
Questa operazione non prolunga il tempo chirurgico poiché grazie al dispositivo usato l’estrazione della
prostata richiede mediamente un paio di minuti e il chirurgo procede con l’intervento (eventuale
linfoadenectomia, emostasi e parte ricostruttiva) attendendo la risposta del patologo, pronto a eseguire
un’eventuale radicalizzazione. In questo modo è possibile preservare i nervi erigendi e ottenere allo stesso
tempo un valido risultato oncologico, riducendo, grazie alla risposta del patologo, il rischio margini
chirurgici positivi; è ovvio ribadire che in caso di malattia localmente avanzata che coinvolga le strutture
nervose adiacenti, queste ultime devono essere scarificate per ottenere la radicalità oncologica e in questo
caso permarrà un deficit della funzione sessuale.
Il paziente, terminato l’intervento chirurgico è monitorizzato nel blocco operatorio per rientrare in reparto
a distanza di un paio d’ore circa.
Il postoperatorio
Gli accompagnatori devono attendere nella stanza assegnata il chirurgo che al termine della procedura o
della seduta operatoria, secondo le disponibilità, arriverà per le delucidazioni del caso. Il giorno
successivo sarà ammessa la presenza contemporanea di 2 accompagnatori nella stanza e dalle 12 alle 22
massimo.
Al rientro in reparto il paziente avrà un drenaggio, che nella maggioranza dei casi (se la portata lo
consente) è rimosso dopo le ore 12 del primo giorno postoperatorio; e un catetere vescicale che il paziente
terrà fino alla completa cicatrizzazione dell’anastomosi vescicouretrale, verificata attraverso l’esecuzione
di un esame radiologico chiamato cistografia che si esegue in quinta giornata postoperatoria.
Nell’immediato postoperatorio il paziente riceve terapia infusiva: idratazione, antibiotica (prima
somministrazione in sala operatoria), analgesici, eventuali antiemetici o antipertensivi e dal giorno
successivo l’intervento riprende la profilassi con eparina a basso peso molecolare. Il controllo del dolore
ottimo e il paziente supera velocemente il trauma dell’intervento, peraltro minimizzato dalla assenza di
incisioni muscolari, riprendendo rapidamente la propria normale attività. Il dolore generalmente riferito è a
livello delle spalle dovuto alla posizione sul letto operatorio e si risolve rapidamente, addominale da
ripresa della canalizzazione intestinale che scompare alla ripresa della stessa e fastidio in sede perineale
per la presenza del punto di ricostruzione posteriore del complesso sfinteriale vescico-uretrale che può
essere avvertito, in misura sempre più lieve, per qualche settimana.
La minima invasività di questa particolare tecnica chirurgica fa sì che il paziente riprenda anche ad
alimentarsi a partire dalla prima giornata, e dalla seconda giornata assuma una dieta libera. Il paziente è
fatto alzare dal letto in prima giornata e, compatibilmente con la naturale ripresa delle sue energie, è
mobilizzato in misura sempre maggiore. Il movimento è un ottimo alleato, favorendo la ripresa della
circolazione sanguigna, nell’evitare la formazione di trombi alle vene degli arti inferiori e nel facilitare la
ripresa della attività intestinale.
Si eseguono routinariamente prelievi ematici in prima e seconda giornata postoperatoria.
La dimissione
Nella maggioranza dei casi in seconda giornata il paziente è pronto per essere dimesso: limitando il tempo
di ospedalizzazione a quello realmente necessario si riduce il numero di infezioni nosocomiali e si
favorisce un più rapido recupero delle attività quotidiane migliorando la qualità di vita del paziente
convalescente.
Il paziente riceve una lettera di dimissione medica e una infermieristica che DEVE LEGGERE
ATTENTAMENTE e portare al proprio medico di base. Grande parte dei quesiti che il paziente si pone nel
postoperatorio trovano risposta nelle lettere di dimissione.
La dimissione contiene la diagnosi di ingresso, storia clinica del paziente, l’intervento chirurgico effettuato,
quanto eseguito durante la degenza (rimozione del drenaggio, terapie, esami di laboratorio o radiologici,
eventuali consulenze) ed eventuali complicanze, le condizioni all’uscita. Riporta quindi le indicazioni per il
domicilio.
A casa il paziente dovrà proseguire con la terapia domiciliare con le eventuali modifiche chiaramente
esplicitate, porterà avanti la profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare per 21 giorni
(da eseguire alla stessa ora in cui era somministrata in reparto) e le calze elastiche per 15 gg.
Generalmente si consiglia un antibiotico in compressa per 5 giorni, ricordando che qualche linea di febbre
può essere ritenuta una normale reazione dell’organismo allo stress chirurgico. In caso di dolore nei punti
di inserzione dei trocar o in sede perineale, normale per i primi giorni, è consigliato l’uso di paracetamolo
eventualmente associato a componente oppioide, evitando FANS o aspirina.
Il paziente è dimesso con il catetere vescicale ancora in sede (raramente anche il drenaggio, di cui è
invitato a compilare un diario col tributo quotidiano), istruito dal personale infermieristico sulla gestione
dello stesso: mantenere il glande coperto per evitare parafimosi nei pazienti non circoncisi, accurata igiene
intima, uso e cambio della sacca a gamba durante il giorno e lungo durante la notte, attenzione a non
strattonare il catetere (che è ancorato in vescica da un palloncino e potrebbe dislocarsi) e a non creare
danni all’anastomosi o all’uretra provocando uretrorragia.
Per quanto riguarda la gestione delle piccole ferite cutanee, i punti sono riassorbibili e non devono in
genere essere rimossi poiché si sciolgono da soli. È possibile fare una doccia, i primi giorni coprendo con
un cerotto impermeabile, il bagno nella vasca è sconsigliato fino alla riepitelizzazione.
Gradualmente e senza eccessi il paziente può riprendere una dieta libera con abbondante idratazione
(almeno 2 litri al giorno) e prediligendo cibi che favoriscano la regolarità intestinale e mantengano le feci
morbide (evitare l’eccessivo aumento della pressione addominale), eventualmente con l’ausilio di blandi
lassativi (informare il medico di Medicina Generale).
Dopo la dimissione il paziente potrà riprendete gradualmente e con buonsenso l’ attività fisica. La guida
della macchina può generalmente essere ripresa 2 settimane dopo l’intervento. Per il primo mese
dall’intervento evitare sforzi eccessivi (sollevare oggetti pesanti o eseguire esercizi intensi), durante il
medesimo periodo di tempo evitare l’uso della bicicletta o del motorino/motocicletta.
Indipendentemente dall’esito dell’esame istologico il paziente dovrà programmare una visita urologica a 45
giorni dall’intervento circa in cui porterà un dosaggio del PSA da eseguire a 30 gg circa e i questionari
consegnati in dimissione compilati.
Il giorno della cistografia
In quinta giornata il paziente tornerà in istituto con l’appuntamento fornito con la lettera di dimissione e si
recherà prima in radiologia per l’esame cistografico: si inietta del mezzo di contrasto attraverso il catetere
e si controlla che non ci siano spandimenti a livello dell’anastomosi, sia in fase di riempimento sia in fase
minzionale. Nella maggioranza dei pazienti è possibile rimuovere il catetere. Nella stessa mattinata il
paziente è visitato dall’urologo che valuta la ripresa della minzione spontanea del paziente, in alcuni casi
infatti si crea una condizione di edema della mucosa uretrale che non consente di urinare, pertanto, pure
in assenza di difetti anastomotici, è necessario riposizionare il catetere vescicale per alcuni ed eseguire
terapia antinfiammatoria. In tale sede si controllano inoltre le ferite e lo stato generale. Se si è già in
possesso dell’esito dell’esame istologico definitivo, si procede alla consegna dello stesso con le indicazioni
di follow up, in caso contrario il paziente riceverà al domicilio una lettera aggiornata con l’esito
dell’istologico e le indicazioni. Nei casi in cui non sia stato possibile allontanare il catetere l’urologo,
valutata l’entità dello spandimento, decide quando programmare la cistografia successiva.
La ripresa della continenza
La ripresa della continenza urinaria dopo la rimozione del catetere vescicale avviene gradualmente e in
modo progressivo. Molti pazienti presentano una continenza urinaria buona già dalla rimozione del
catetere vescicale, come riferito nelle visite post cistografia e a 45 giorni dall’intervento. Nel corso dei
successivi 3 mesi la quasi totalità dei pazienti riacquisisce la funzione e utilizza al massimo un pannolino
protettivo, in caso di perdita di poche gocce al colpo di tosse o sotto sforzo. Il ritorno della continenza
urinaria avviene tipicamente per fasi: nella prima il paziente è asciutto durante la notte, sdraiato a letto;
successivamente la continenza urinaria si normalizza più velocemente al mattino e poco verso sera per
poi essere asciutti anche durante lo svolgimento di qualsiasi attività. Durante la visita di controllo a 45
giorni circa, se il paziente non ha ancora raggiunto risultati soddisfacenti è istruito sull’esecuzione della
ginnastica riabilitativa del piano perineale (che il paziente dovrà eseguire con impegno e costanza al
domicilio) per accelerare la ripresa della funzione dello sfintere urinario.
Nei rari casi in cui a 12 mesi dall’intervento persista l’incontinenza e il paziente sia libero da malattia, può
essere presa in considerazione l’esecuzione di un intervento chirurgico correttivo, che a seconda dei casi e
della gravità del caso può essere il posizionamento di uno sling o di uno sfintere artificiale.
La ripresa dell’attività sessuale
ll requisito fondamentale per il ritorno di erezioni spontanee è la conservazione, durante l’intervento, dei
nervi deputati all’erezione, dipendente dall’estensione di malattia. Inoltre, come illustrato prima
dell’intervento, il ritorno della funzione sessuale dipende molto dall’età, dalle comorbidità spesso associate
all’utilizzo di farmaci che inibiscono l’erezione e dalla potenza sessuale pre-operatoria. Come indicato
nella lettera di dimissione è importante iniziare presto la riabilitazione senza paura di sperimentare
l’attività sessuale non appena rimosso il catetere associando come terapia farmacologica una compressa
intera di Cialis 20 mg ogni 2-3 giorni. Va ricordato che i pazienti cardiopatici, soprattutto se in terapia con
nitrati è bene che eseguano una visita dal proprio cardiologo di fiducia per avvera il nulla osta alla
terapia; in alternativa è possibile assumere Cialis 5 mg tutti i giorni in caso di cefalea o dolori muscolari
provocati dalla compressa 20 mg. E’ importante ricordare che dopo l’intervento il paziente potrà avere
l’orgasmo anche in assenza di erezione e penetrazione e soprattutto non vedrà più fuoriuscire il liquido
seminale (si troverà in una condizione di sterilità irreversibile), potrà vedere gocce di secreto uretrale o di
urina (pertanto si consiglia di svuotare la vescica prima del rapporto). La maggioranza dei pazienti con
buona attività sessuale preoperatoria cui sono stati preservati i fasci vascolo-nervosi dopo qualche mese
riescono ad avere erezioni sufficienti per la penetrazione e il rapporto, talvolta anche senza necessità di
ricorrere all’ausilio farmacologico, che terminato il periodo riabilitativo è usato al bisogno. Nel caso in cui
a distanza di qualche mese la funzione sessuale risultasse inefficace o in caso di non preservazione dei
nervi erigendi, presso la nostra struttura è possibile programmare l’addestramento all’autosomministazione
intracavernosa di farmaco e ottenere in questo modo un’erezione necessaria per il rapporto.
I vantaggi della tecnica robotica
La prostatectomia radicale per il tumore prostatico localizzato un trattamento che comporta un beneficio in
termini di sopravvivenza cancro specifica rispetto al comportamento conservativo.
Un trattamento con intenti curativi deve unire tre caratteristiche:
•
Efficacia malattia specifica e progression-free survival
•
Scarsa morbidità intra e perioperatoria
•
Buoni risultati funzionali nel rispetto della qualità di vita
A fronte di buoni risultati oncologici, la chirurgia tradizionale, a lungo considerata il gold standard di
trattamento per patologie localizzate in pazienti con aspettativa di vita superiore ai 10 anni, è gravata da
effetti collaterali, che hanno un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti. Lo sviluppo di
tecniche chirurgiche sempre meno invasive, a fronte di un outcome oncologico sovrapponibile, è volto al
conseguimento di migliori risultati riguardo a perdite ematiche, tempo di ospedalizzazione, recupero
funzionale.
L’introduzione della robotica, che si è largamente diffusa negli ultimi anni, sia negli USA che in Europa,
permette di offrire al paziente radicalità oncologica e basso impatto sulla qualità di vita, con recupero più
precoce degli outcome funzionali rispetto alla chirurgia open e un più precoce ritorno alle normali attività
della vita quotidiana migliorando coseguentemente l’outcome globale e la soddisfazione del paziente.
In urologia lo sviluppo della tecnica robotica ha consentito, grazie alla visione magnificata tridimensionale
e ai gradi di libertà degli strumenti, di superare le difficoltà tecniche intrinseche alla laparoscopia, prima
tecnica minivasiva diffusasi, e conseguentemente completare più rapidamente la learning curve.
La tecnica robotica consente di operare con un ingrandimento visivo fino a circa 10 volte e con una visione
per il primo operatore tridimensionale, consentendo al chirurgo di apprezzare la profondità di campo e
riconoscere anche i più piccoli dettagli anatomici ottenendo una migliore preservazione dei nervi erigendi.
L’utilizzo del pneumoperitoneo che crea una pressione endoaddominale di circa 12 mmHg, unitamente alla
migliore visione dell’anatomia, consente di limitare le perdite ematiche di oltre il 75% rispetto alla tecnica
open.
Complicanze più frequenti
Immediate
- Anemizzazione
In rari casi si osserva un sanguinamento nel postoperatorio, la diagnosi è guidata dalla clinica, dai dati di
laboratorio e dall’eventuale tributo del drenaggio. Spesso il paziente è sottoposto a TC per individuare la
fonte del sanguinamento e la natura, nei casi di sanguinamento attivo può essere necessario procedere
all’embolizzazione del vaso, eseguita dai radiologi interventisti, ma nella maggioranza dei casi si ha un
atteggiamento conservativo, attendista e si supporta il paziente con emotrasfusioni fino alla risoluzione del
quadro; i casi in cui sia necessario un nuovo accesso in sala operatoria sono eccezionali.
- Ematomi Cutanei
In alcuni casi si osservano ematomi cutanei, soprattutto ai fianchi e ai genitali. Scompaiono da soli in
circa 1mese. Eseguite un emocromo da esibire il giorno della cistografia.
- Edema dei genitali
Lo scroto e il pene si gonfiano frequentemente poiché a questo livello si può raccogliere un po’ di linfa.
Ventralizzare i genitali, come è stato mostrato in reparto, utilizzare slip di cotone elasticizzato ed
eventualmente una borsa del ghiaccio a intervalli di 30 minuti per i primi giorni; il quadro si risolverà
spontaneamente nell’arco di un mese circa.
A distanza
- Infezione di una piccola ferita
Una minima parte dei pazienti può sviluppare un’infezione di ferita che si manifesta con la fuoriuscita dalla
ferita di materiale limpido (siero) oppure di sangue frammisto a pus. Generalmente si risolve con accurata
detersione con betadine e medicazione; utile essere seguiti dal medico di Medicina Generale oppure
prenotare una visita nel nostro ambulatorio medicazioni.
- Linfocele
Nei pazienti che sono stati sottoposti a lindoadenectomia può formarsi una raccolta di linfa in sede
pelvica, tale raccolta nella maggioranza dei casi è asintomatica e si risolve autonomamente nelle settimane
successive l’intervento. In alcuni casi tuttavia può infettarsi e causare iperpiressia, oppure può comprimere
i vasi con il rischio di causare una trombosi venosa profonda, e in questo caso è possibile notare un
aumento di volume di uno degli arti inferiori e dolore, oppure ancora dislocare la vescica provocando
difficoltà nella minzione. In tutti questi casi, dopo avere posto diagnosi con l’ausilio di un’ecografia, con
eventuale doppler degli arti inferiori, è necessario drenare il linfocele. Contattateci e organizzeremo con i
nostri radiologi interventisti la procedura, che a seconda del caso specifico può essere eseguita in regine
di ricovero o day surgery.
La presenza di un ematoma (raccolta di sangue coagulato e non di linfa) può produrre i medesimi quadri
clinici e necessita dello stesso trattamento.
- Infezioni delle vie urinarie
Quando si è tenuto un catetere vescicale per alcuni giorni si possono manifestare disturbi quali bruciore
durante e dopo la minzione urine torbide e maleodoranti, eventualmente associati a febbre. In tale caso è
opportuno eseguire un esame completo delle urine e una urinocoltura con antibiogramma in base ai quali
il medico di Medicina Generale, se non potete recarvi presso IEO, valuterà l’eventuale terapia antibiotica
appropriata.
Se le urine dovessero presentare anche tracce ematiche e coaguli non spaventatevi, si risolverà entro
qualche settimana, è necessaria unicamente un’abbondante idratazione.