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D 079 070738 1
STûRIA.
Dl UN MOSCONE.
STORU
DI
F. D. GUERRAZZI.
• G~ orribi!lnenta sbat3.l::cllillto il eorpo deI conte Orso
Ahmuc.o. r".g"1"r:). de! sangue la ·da....• (~. I~.
MIL~O
CASA EDITRICE ITALIANA DI Y. GUlGO.·!
i868.
•
LA
STORIA Dl UN i\IOSCONE
-
-
-
-.-.
Enrico Day staepato!"e prese pér insegna.
un ianciullo il. qua1e dellta~ il fr'3.«!1 suo
donnente. e in atto di Mditargli il sole gli
dice\"3.: Arise; for it is day! (il
PAIl.TE PRnIA
Proprieta leueraria.
Come se avesse intelletto di amore, ogni stella
esoltando venin a fare omaggio della Ince ginlia
alla gloria deI mattino, il quate accendeva mUa
l'universo
COD
un batlere di paJpebra: siœhë la
mente paragonando el"3 cOndOlla a medilare i tripudii delle anime degne che, giunle al termine
dei tramite terrestre, appena vedono dischiusa la
porla dell'infinito, ci si trahoccano dentro per mescere la SOslanZll propria alla in fi ni la sostanza di Dio.
Qneslo io vedeva, ed a qnesto pensaya, sporlo
il capo fnoM della soglia dei mio albergo e 1'01tati gli ocohi al cielo: quando poi ebbi messO ogni
parte dei mio corpo al seslo consueto, conobbi
aver Catto due guadagn~; il primo COD5isteva nella
sicorezza di un bel giorno sereno, ed il seconda
era il Merita acquistato pressa Dio per la virtù
della preghiera; lwperciocchè la fede che la crea·
lura ritoroi al suo creatore con la giola con la
(1) Lévali. è giornO!
La Slori<l di
un
,,",'CIm<.
i
6
LA STORIA
quale la loce si mesoola oella loce, possa leoere
ottimamente le veci della orazione domenicale; 31mena sembrava alla mia coscien2a cosi: ora Doi
aBri stiamo bene oon moIti quando ci acoordiamo
COD la Dostra coscienza.
Poi mi Ceci pel cavallo che arev. serenato alla
pastnra, e quello oon moita diligenza arnesai (1
indi ripigliammo ins.ieme il nostro pellegrinaggio.
Sedolo a bello agio sopra le grop?" deI cavallo,
corn dietro ai mie pensiero; il quale~ scil"olato
mori dalle pastoie ~ella volonlà, errava a soa p0sta pei campi della fantasia, e (Dio mi perdoni
la immaginazione 1Jar()(;t8) riattaccatolo al carro
della medilazione, 10 cacciai per la ootidiana carrengiata della vila.
n pensiero. quantooque per elezione randagio,
tnttavolta docile al freno, incominciô a rugnmare:
oggi tre case, seconda ogni verosimigtianza, non
potfaDDO fnggire date; copia di eacciagionee moi
terrestre. 0 voni volatile: - qui la coscieoza fa·
condo officio di riveditore di slampe oorreggeva
in margine {qual margine mai! Ci babno per avventora nell'anima noslra nel medegimopunto due
maniere l'olen e pensari ~ Sasselo Dio ! insomma
in m<trgine} se la $llprai pigliare: - ancora; maraviglia di scene salvaliche e di s!rani as?"lli
(1) La. CrU a ha. (W'ft.t$t soltanto. n Grassi ne! Di:icmario
militart pone art'laato sa l'autoritâ. di Pate da Cêr13ldo; io
adopero ansuart parol1 viva. ehesigniDcaappnnto mettere ad-
dosso al cavallo
n suo rornimento eosi da sella. come da tiro.
7
DI UN lI0sc0~E
...
della nalnra; - e la coscienza da capo; se li si
pareranno dinanzi nel tua cammino, e se ti seDtirai disposto a stupire: - per urtimo; commozione alla vista dei lnoghi consacrati dalla virlù cOrsa e dal sangne; - ~ la coscienza ammoniva
dentro, se il lno coore di pietra dara Caville.
- Oh! quanto a qnesto e' le darà, gridai con
gran vace picchiando forte della man chinsa nel
petto, e fu yentura mi trovassi solo; se per caso
qualobe C<lrso in passando mi odiva, nnn avrehbe mancato di tenteonarmi dietro il capo e mormorare: - lni gramo! ne ha ona Cetta e mezza
in Calvani (1.).
La mia coscienza rivedilrice di slampe a fine
della giornata resnllO presaga per on terzo, ed io
provai oom'ella ordinariamente, qnando la indoviDa, la halte li.
lnfatti in cotesto giorno il mio umore nOD ti·
rava al sangne, e la mia mano si mantenDe pura,
se e quanto il non potere cootrihoisse col non
Tolere, poco rileva indagare; rimane in sodo sem·
preche di occelli in tollo qnel di non neacchiappai pnre ono. Qnanto a halzi, a foresle ed a torrenti., nOD mi si presentarono tali che dopo i gia
vednti valessero a moyermi. Bensi il mio cuore
grondô sangne qnando considerai Lento e Cana·
vaggi~ dove ogni COFM) fn bogiardo; e nel "-01tare che Ceci dispetlosa le spalle a cotesti doe
(1) LO 3.vvertii aftroV'e. questo motta proverbiale dei C6rsi
5igDi.'lea che talnno pati!ce delIo scemo.
•
8
LA STORU
paesi, levai la m.ao per m.ledirIi, seaoncbè la
schifosa nlcera dell. miseri. che li consnma mi
pose addosso raccapriccio e spaTento: - e' si
strnggoao sotto l'ir. di Dio, pensai, e qu.ato è
consacrato .11. ira di Dio l'nomo non tocchi.
E qaesto di sieuro voile sigaificare C.io M.rio
qu.ado., ioterrog.to d.l miaistro di Sestilio che
gli .vesse. dire, rispose: - gli dirai che !Il bai
visto Caio furio seduto sopra le roviae di Cartagine! - Ma ritornato a gaUa per favore della
forlnn. dimenlicO 10 iasegn.meato cb'egli .veva
m.ad.to .d allrui: .ntico esempio dei C9me sia
più .gevole dare consigli prudenti cbe oper.re
da savio
Scendendo 4 poggi mi .pparve d.v.nti la valle
angnsta dove seorre il Golo traversato dal PonteDno)o~ e girando e rigirando per gli aodirivienÎ
de! monte, sempre li dinanzi .gli occbi ella mi si
presentav.dall'alto qu.si morto sopra 1. bara;sceso
al piano, mi detli a correre di sn edi giù per 00testa terra, dove 0 il fa!o, ola provvidenza stette
come sempre (seaza cbe noi valgbiama • comprenderoe la fiera ragione) per la p.rte peggiore. 10
vidi uscire d.lle acqoe de! fiome spettri dolarosi
e moslra.rmi piagati le spalle e il petto, e ancora
li veggo.... ma no, non f"olge anco stagione per
raccontare come ia cotesta giorn.ta i moribondi
rigando il greto del1'wûmo sangne traessero con
le mani e co' piedi .d .ccatastarsi, .ffincbè dietm
cote;w spaldo di carae pol€SSero gfincolnmi com-
Dl œ< "OSCO~"E
9
b.llere riparali, e cosi nel giorao fiaale i morli
come i Th·; servissero aHa patria. E nè manro diTO come. recalomi nel convenlo dei Francescani
di Morosaglia in tr.cei. dei sepolcm di Glemeate
Paoli. l'Ai.ce dell. Cors;ca. talnno me 10 vcaisse
iadicando a piè dei primo altare entrato in cbiesa
per la porta maggiore a destra, and'io, mossa querimoni. grandissima percbè non gli fosse posta
p3rola ne pietra. ebbi a sentirmi rispondere: .. la
patria sena conosce la sua inoegnilà ad onorare
1. memori. degli nomint liberi i finchè dar. tale,
giovi portarl. nel cuore, cbè di faori f.rebbe vergogna. A.1lri altrove~ e qui in C.orsica stessa pensano diversamente; a Doi balLezzati sopra il me·
desimo fonte co' Paoli piace cosL •
Kon 10 diril, cbe tornerebbe iodarno; a tale
siamo noi generazioni oUre ogni esLimativa miser.bi!i cbe, sconosciute .rr.llo ai p.lpiti dell.
vendetta come ai gaudii della vittoria, ignoriamo
perfino il pudore dei \-inti.
o Pasquale Paoli, io ringrazio Dio pel giorno
e per l'ora in coi mi fo dato salubre la came·
relta dove .pristi gli occbi .l1a vita., cd accostata
1. fronte al solaio su cui le inf.atili orme tampasti cavarne relrigerio di qutete al cervello intormentito. Sotto l'anticbissimo castagno che a te
un giorno fu cortese di ombre io mi asseltai; alla
sor"ente cbe dio.setO le lne labora riarse d.ll. febbre di patria io bevvi...)la anco qnesto serbiamo
pcr tempo migliore. Il caow della lodola, come·
iO
LA STOR!!
ehè di piccolo nccello, rallegra il cuore preoorreodo l'alba da vieino; .desso r~"lla fitta la notte,
ma prima di morire, io spero in Dio, saranno cre·
seiute le moltitodioi ooove, e allora il caoto proromperà dal pelto de! poeta nome acqoe tratteoute.
Quaodo ogoi altra caosa per dettare la ooorata
storia maocasse, rimarrebbe il debito di gratitodme alla isola ospitale cbe dava pace ail' anima
e noo la pace leoa a ripigllare la gnerra della
vita. BeDe vi hanDa uomini di bronza, ma non
pensano, non palpitano: a ooi dava la natura visœre di caroe; pero la spada dei dolore le .trapassava. Sooo gnarite adesso! Cbe importa iodagarlo! Esse si sentono capaci a sosteoere nuovi
affaoui, e taoto ba da bastare.
Certo, e questo non andrà dimeoticato, anche
li l"abbielte2Za pretese nogllere qualebe spioa, ed
aggioogerla alla norooa che da tanto tempo mi
fascia la fronte. )Ja gli abbietli che haooo da fare
non me! E spina piü, spioa meoo, che eresœ
alla ingiuria? Fino da garzoni siamo nsi alle
verghe dav.oli al simulaero di Diaoa (i~ L'anima
deI poeta ineede a deslra, la inginria dei oodardi
sfnma a sinislra; e raggio di luna per Duvola
che pœ non si abbuia; e aU"opposlo sembracbe
la oatora la stropicci noo quel velo, oode appaia
piü maestosa la laccia alla regioa delle noni.
Addio duoque per ora, Inoghi sacri al mio collo:
(1) Gii Sparl3.ni per aVTet.%are i ranciulli al dolore 11 aage.}·
laTa.DO da:ranti aU"ara cU Diana Om.
Dl tili llosceNE
il
in breve vi maodero noa fiammella della vampa
ebe mi acceodeste oel cnore. Certo oon sam' per
manco di parola, e i miei consosli non more·
raooo nu gioroo in pellegrioaggio verso di voi
nome a lnoghi sauli alla religione della patria.
Cosi aodando di peosiero io pensiero, di nolle
in colle" io aveva faLto conto trovarmi a vespero
verso il poote aUa Leccia sopra la strada cbe
noodoce a Corte: pero di nu traUo porgendo meote
aile omhre aUoogate, davaoti a me nooohhi il mio
cammino opposto al loogo verso il qnale teodeva; impercioeebè io mirassi aodare a pooeote, e
la persona tenes5i volta a lennte: mi da'~ano gravezza i looghi imperv~ il paese ignoto, e più
che tutto il sole il quale seomparisee dietro ai
mooti che partono l'isolà, 000 mica esteoaato di
loce e paltido nome chi mnore per malattia, bensi
iD mezzo alla glorkl de' suoi raggi, Della gnisa
che giacqoe a )Jaolioea Epamioooda trioolaodo;
per le quali avverteoze, a mano a maoo che snem.va I~ fiducia di lL<eire da coteste macehie
prima che abhniasse, io trovava spedieote aceomodarmi alla idea di passare la ootle a piè di
qualche larice. - Tepido spita l'aere, io diceva
a me stes...~, le Dolti brevi e sereDe: qo.i DOD timOre di fiere, aè reUili veleoosi, nè ladrooi...
Giusto io qael puoto io vidi disegoarsi sni terren"o accanto alla mia una seconda ombra, e Teoire sa su eresceodo per modo, che io breve Ja
soperasse, qnaotaoqae di somiero ooa apparisse
12
LA STOBU.
indizio. Messi dietro le spalle S. Cristoforo~ Sarebbe tempo ch'ei mi lasciasse stare (I)! Pero, io
10 confessa adilirittura, allora non mi sentira gl.lr
condo; tuttavoUa, usa ai parlili ricisi, mi voltai,
e Tidi inoanzi a me un Domo ed un cane. llisericordia! Davvero che l'uomo era pur troppo, come
mi apparve, gigante e in atto da sgomenlare
anco i più risoluti.
Copriva il capo dello sconoscinlo fino aile snpracciglia un berretto di lan2- e quivi 10 sorreggevano j peli. cbe, sporgendo in fuori arruffati.,
facevano ufficio di mensola; dal mezzo di coteste
prnnaie si fibrava 10 sguardo come ferro a.rroventato; se eccettoi il oaso, il quale facevasi strada
non senza !atica traverw la macchia dellâ barba,
io non potrei dirli altro, imperocchè i capelli
gli scendessero giù per le spalle e su le gote a
Îucignoli, e i peli gli spunl~ro fuori fin solto
il caYO degli oœhi: 10 vestin (e se in coscienza
filologica queslo verbo possa adoperarsi, dubito
forte, andando moita parte dei suo corpo ign uda)
un saione di pelo di capra; le gambe e i piedi
fasciali di calzari di pelle di cignale, ma laceri
cosi che era pie~ a vederli. ln mezzo a tanta
ravina tu avresti considerato maravigliando pendergJi brnruti dalla ClJrchera il coltello e le pistole; forbitissimo deI pari il fucile, che porLava
sn le braccia col garbo, e forse COD la amore·che
le balie costumanQ quando presenlaoo i pargoli
{t.} s. Cnstofano è il protettore dei carcerati.
DI U:'< "OSCONE
i3
al curato perche li baltezzi. Il cane poi non ringbiava, non brontolava.., cheto come olio; se non
che tenen sul groppone 11 coda avvolta in g~
mitolo, a mo' di chi in procinto di combaltere
si strinsa )a cintnra alla vita; il pelo colore deI
ferro e come punte di ferro irto lungo la spina:
dalle labbra rallratte metteva in mostra due filari di denti a gUiS3 di cannoni fuori degli sportelli alZ3ti di un vascello sul punto di principiare
la barulJa. A ripeosarci soltanto mi pigliano i
brividi della quartana, e poichè la ventura non
pativa dilazione, in mancanza di migliore spediente, taslai il terreno col saluto:
- Dio sia con foi
Tentenno, haleoo e dopo alcuna dimora con
,"ace strou.ata ri.spose:
- E con i"Ol...
:Son era molto, lutta.via un coUoqnio incominci2to col nome santo di Dio lasciav2 adito a spe..
rare che auebbe mantenuto andatura benigna.
Provvednto cos! al pericolo più prossimo, che, considerata l'atliludine dei cane, non sarebbe esatto
appeUare maggiore, volsi i miei nfficü alla bestia
gettandogli cosi a mo' di '\iÙuto i riJievi deI viatico avanzatimi in carmera. Trucissimo aspetLo!
10 nOD aveva mai visto rabbia di rame che fosse.,
e 10 sgomento mi vinse allorchè SC<lrsi la stessa
vampa di cbe riarsero gli occhi dei cane lucicare in quella dell' uomo. La mano di lui convulsa sgraffio profnndamente con le unghie il cal·
t.:s
LA StOBlA
DI UN MOSCONE
eio dello sehioppo; pll1' si conlenne; e fn esempio stupeudo di quanto possa la volontà nostra
sopra gl'ishnLi anilll>.lesebi.
Dio sa con quai cuore avrei desiderata sovve·
Dife cotesto Înfelice, e quanto mi strinse il ri·
morsa per non arerci atteso prima; ma pensai
che se profferire le reliqnie dei tuo pasto al C<lrso
amieizia col proeuratore imperiale? AParigi possedete pratiche? Quanto qnesta euriosilà molesti
Don è da dirsi: e eomeehè in altre occasioni io
mi fassi mostrato poco arrendevole ad appagarla,
pure li per li non mi parve caso di starmi sul
difficile, molto più che la condizione dell'uomo
sembrava fino ad no certo ponto giuslificare la
sollecitndine sua ad informarsi; avvertendo che
di tratto io tratto ricorreva la domanda gendarmi
De avete visLi, come il Gll)J-ia Patri io foodo ai
saImi.
- Ma, continuando rip~gliava il COrso, io non
mi so capacitare qnal capriccio sia il vostro di
cacciarvi co:si solo dentro il paese senza canoscere le strade. 0 di caltjvi incontri non temete voi'~
- Di ehe bo a temere, Dio vi aiuti? Lupi
non se n'è visti mai...
- Lopi no, ma ladri...
- Quello ehe porto meeo non vale il pregio
di essere oonteso; io non vorrei mettermi are·
pentaglio di essere ammazzato 0 di ammazzare...
Dnnque voi DOD ammazzereste'? - egli disse,
e la sna voce tremava. Fiutai per aria che aveva
ioeiampato; pero, rimediando, risposi tostamenle:
- Distinguo - per danaro, no di certo... per
altri casi poi il sangue è sangne...
- NOD avreste voi ammazzato qoaleheduno neh?
- 10 no davvero. risposi COD impeto, male po·
tendo reprimere no seoso di orrore. Egli si taeque a1qnaoto; indi a poco soggiunse:
l.~
sarebbe stata in agni tempo cosa arrischievole
molto, adesso poi, dopo averue fatto parte al caoe,
non si sarebbe .potuto seD.Z3 la qnasi sienrezza di
riceverne per via di ringraziamento no'oocia di
piombô tra ciglio e eigli~ iu mezzo dei capo: onde, tULto beue ventilaln, repulai a proposito lenenni ehiusa per qnel quarto di ora la mia nrbanità iD tasca. Imbastiti cosi con sufficiente profitto i preliminari di pace col cane, mi volsi di
Dnovo all'uomo, per riappiccarla eol qnale mi parve assai accorto trovato stazzooare lieve lieve le
orecehie al caue, e proferire a modo di domanda
il proverbio COrso:
- D'Orteca i cani ~
- D'Orleea vero, rispose il Corse no pO'meno
ingrugnito. Di vero i cani di cotesto paese spe·
rimeOLiamo sapra gli altri tutti dell'isola valorosi
e sagaci. Pero 10 sconoscinto, come se si sentisse
soverehiato dalla mia petulanza, proeedeodo i COrs!
pernatura inqoisitori soleooi delle f3cceode altrlli,
quasi a rifarsi dei tempo perduto prese a ricercare: Chi siete~ D'onde veoite? Che ei siete venute a fare~ Siete rieco~ Chi conoscete! Avete
16
-
LA STOI\ll
E dei banditi non awe mica panra ~
- 1 banditi, signor mio - chiappando la oc.
casiooe a fruIlo, in vista di ricuperare il terreno
perduto - i banditi - risposi co",e ofIeso da
domanda scandalosa - non sono ladri...
- 0 che casa sono egiioo'
- Sono disgraziali.
- Pur troppo!
Snccesse un lUllgo sîleBZio, ch?egli prima roppe, dioendo:
- 'oi dunqne andate in traccia di ospizio per
qnesta notte~ 10 accennai col capo cb'ei si ora
apposto. - Or be', venite meco, cM 10 albergo
ve 10 trovero io; in C3sa mi.. no, perchè... e percbè
,-oi mi scoserete. Avete tarico l'archibngio~
- Si, ma se vi piace che 10 scàrichi... rispos!
snpponendo indovinare la cagione per la quale
aveva mosso la domanda: egli pero non badan·
do, 0 tingendo non badare aIle mie parole, me
le tagliava in bocca aggiungendo:
- E po!vere ne portale ~ddosso ~
- La tiaschetta piena.
- Palle?
- No.
- Come no'?
- Piomho minuto, ma fondendolo se ne fa
palle; ed bo meco la forma. Se queste .cose vi
giovano 1 ecco, pigliatevele tutle, ché ia ve le
profferisco d-i. cnore.
Tentenno il capo, pane rincrescergli avere IÎl~
Dl UN MOSCO~.E
t7
strato diftidenza - forse per amore mio - 0 più
certamente per prosnnzione sna, chè si senti nmi·
Halo di trovarsi ridotta per paura a premunirsi
con cantele non geoerose.
- Non ora brontolo - pii! tardi ... forse... Poi
dalla precanzione trapassando di botto alla tra·
scnratezza, seoza più altre far parala di arme,
con suono di voce risolnto or<lino:
- Voi venitemi dietro, e lu., Falcone, va innanti e bada.
E tnUo qnesto notai ch'egli lavellô COB snonn
uniforme di voce, nOD la 3.CCQmpagnando dl gesto
alcuno, di accenno e nè anco di ammicco degli
occhi, onde io ebbi a stnpire Don poco che il cane
la capisse a sesto, non altrimenti che se di nmano intelletto la avesse la nalura foroHo. Falcone
ohbedendoal comandoci precorseatterratoil mnso,
fiutando con larghi andirivieni il terreno; .di
ara in ara sofi'ermandosi, ed eretto il capo, la
voltava verso di noi, come per dirci: - fatevi
pure oltre senza timore.
Comecchè aUrito dallo stento, il Corso cammi·
Dava destro cosi che a me rinscin appeoa tenergH dietro; e satire a cav;lllo non mi pareva àicevole; quaoto a profferirlo a loi, incerta se avesse
avvantaggiato 0 guaslo le rose mie, mi peritava,
mi cadde in menle la sentenza di Zoroastro : in
dubiis abstine, e.diS3.Î: stiamocene con Zoroastre...
Dopo percorso assai lnngo tratto di via seoza
ripigliafe lena, mi avvidi che la mia scorta, pre-
18
LA !TORlA
OCGllpata da profondi pensieri, senza badarcl, doveva essersi messa pel' cammini abborriti, pero
ehe !li repente soslasse e faœsse le viste di stornare; poi, ravvisandosi, si caœiô la mano su gli
ocebi gemendo, pinttostochè favellando, le parole:
- Non ci è più tempo... e al'pena ei l' ebbe
proferite, vaeillo e, dnbitando cascare, stese ambe
le mani ad ana snghera la quale sorgeva li presso;
il fncile rotolo sul terreno, e penso che qnesto gli
snccedesse per la prima volta dopo eh'egli era in
Corsica; iD la s~)Vvenni sollecito, parendomi, come
veramente si trovava, in proeinto di svenire:
- Vi sentite male ~
- Si - male.
- Bevete un po' di acquavile, che vi rimetlerà
il cnore in corpo - e gli posi la fiasebetta: la
moto di nn tratto,poi, stropicoiandosi forte la fron·
te,-quinri si spiccôdi UB. tratto come saetta volante.
QnantnI!lflle io traversassi cotesto spazio di stra·
da con prestezza pari alla sna, tnttavolta eredei
avere iDdovinato la causa della terribile angossiao
Di costa alla marohia, a mano manca sopra certe
rame di mo.cchi sporgeva le braecia oere una
croce ed ammoniva il viandante stars.i rilta colà
come nn ricordo preso dalla ginstizia di Dio che
in qnel Inogo la mano delrnomo avesse straeciato nno de' snoi comand.menti - forse il più
sacro di. tutti - Don ammazzare.
JI parossismo dei COrso llon poteva dnrare
troppo: invero, pereorso ancora poco più di mezzo
Dl UN MOseo"E
19
miglio, trovandoci in Inogo aperto, orrido di sassi
sehiantati dal torrenle, e gli disse:
- lion ne posso piùl - e si pose a sedere in
terra; - indi afIannoso soggiunse: separiamoci;
:oi andate per di là tirando sempre a diritto, cbè
ID meno di nn'ora vi trovereLe a Soveria: - ed
a fatica JeTO la maDo pel' accennare il sentiero
- Anzi io rimarro con voi tintanto che non
vi siale rimesso in piedi - e mi sdt'aiai accanto
a lui in atto di voler pigtiar sonno; pero con le
palpebre socohinse io non 10 perdeva di vista,
notando con diligenza ogni sua renno.
Egli si assetto con le spalle appoggiate al masso:
teneva le gamhe stese e larghe, le bracoia pendenti e le mani aperte, gli "cchi fissi in ohbietto
il quale non n'li si parava mica realmente dînanzi
agli occhi, bensi, e quesl.() si conosœ,oa chiara,
dentro qnalche Ingnbre fantasma crealo dalla sna
fantasia. Ne andasse quello che voleva andarne,
statnii liberarlo dal martirio; onde mi levai e, postagli la mano sopra la spal1a, 10 scossi forte gridando:
- Su., via, cristiana, non vi 1asciate sopraffare dal demonio.
Egil v.oltô verso di me gli occbi atterrito, ma
non aperse la bocca; io continuai:
- Fratello, se il cuore mi porge il vero, voi
non agita pnnto in questo momenlo il rimorso
di peccato commesso... il yostro è spasimo di
quaJcbe misfalto che voi disegnate commettere;
10 neghereste invano, ne riconoseo i segnl...
20
l.A srORll Cosi dicendo, io era facile profel>, impercioccbè
la pralica avota co' COrsi mi bastasse a prognoslicare come essi Bon si aifaonino di soverchiQ a
sbertire un nomo, massime se nemico, e se coi
modi consneli gii abbiano denunziata la guerra,
i qnali consistono Dello scrivergli 0 ne) man·
dargii a dire che &i badi. Il Corso rimase da prïncipio percos.."O :della mia penet.razione, ma indi
a pochi momenti gbignando mi domandô:
-
Leggete voi le leltere sigillate~
l\'o, ma i cuon non si sigiUano...
Cbe importa a me cbe mi leggiafe nel cuore ~ tanto ho deci30 di ammazzare in qnesta notte
mia madre...
R la faccia mostrava dora e tagHente come la
manoaia de! cornelice. 10, preso da moto convulsa, stringendo forte le mani, ticcai le ungbie
dentro i palmi e battei i denli come per gela;
costui poi a slrappi - con parole cbe par"vano
faville - conlinuô:
- Tanta ë, daonato sono; - uno più uno meno
non alterem la faltura. Ci ginrammo 1. pace., e ne
rogô il contralto il notaro Bianeolacci - nè basta...
per levare agni rnggine di mezzo, sposai la sua
sorella Cbilïna e non gli cbiesi nn OOiocco_.. nnlla
gLi chiesi finchè non vennero figliuoli... uno...
dne... e tre: - alIora, crescinta la famiaHa. gli
dissi: 0 Luciano, vorreste ma' fare le parU?- 'Che
paTti ho da fare teco io~ rispose egli; ed io: non
è figliola di vostro padre Cbilina ~ - Ei non la
Dl t':\ lIOSCO:\E
21
volle întendere, e nè manco vennero a capo di
fargliela capire il corato ed il giudice di pace.
~1ia madre, acerba donna e procaœianteassai,sentt
riaccendersi il sangue dentro la vampa deU'odio
aalico; gia brontolando, ave.. pafito. nOD consentito la pace... e remossa a stento da! palco la tamieia insanguinata deI m.rito, la cusl"'liva dentro la cassa... ed ora vedere i nipoti a lei
piü degli oechi della sua teslo liai rapace zio sp<>gliati dei r.etaggIO materna, e per ginnta scherDili, l'er. nn mal dl -ilenti nel cnore. Si fece torbida, rabbios> e, fra sè borbottando, dïceva: ~am­
mazzare la vipera, non vale; biwgna sperdere il
riperaio! - Anche' a me ribolliva il saogne, e di
tralto in traUo srava in procinto per due fnon;
car.
non di meno mi agguaolava e alla madre d.iœva.,
donna azzitta1et;Ï! - Da cristÏ3.no satl.ezzato, w
vi giuro che misi le pastoie a Giocaute, ed egli
le scioise da sè e and<> a pascore su quel-di Lu.
Ciano: ma anche non gli avessi io post.o le pastoie,
i campi di Luciano non erano mezzi de'miei figlin~
li~ Ad agni modo doven egIi nabissarlo C<>5i~ Immaginate! ro 10 incontrai-in mezzo della straih-sfilalo e rotto... in nna parola, un ""ce homo 'di cat'allo; - quando mi vide, mi mandO nao sguar·
do lungo lra corrocciato ed amoroso; se la Datura
gH .vesse cooceduto la faveUa, piü strazievele addia non poteva mandarmi; me g.a gettai .addosso
e piansi... le seconde lagrime di mia vila... le
prime ave.~anto sn! .corpo di mio padre IrnLa ~ria df UA moscone.
2
2i
LA STOBIA
cidat<>. Folle per la p.ssione, mi spossai con infiniti sforzi • caricarmi Giocanle soprà le spalle
e portarmelo • casa; al fioe ricnper.to 10 iolel·
lett<>, qninci mi tolsi col cnore daro tanlo che
un chiodo • colpi di martello non ci si sarehbe
potnto fiocare.
SvoUando 1. siepe, ecco venirmi incontro mia
m.dre con no fagollo di panni sni capo, 1. qn.le
quando mi si fu fatta vicina interrogai dicendo:
- Ora dove andale voi in colest<> arDose ~ Ed
eIla: - Torna a casa de'miei parenti; almanco
coslà Je donne e li tittelli vivono sicnti da sn·
prnsi; - costà gli nomioi non cacciano giù le
prepotenze come brilloli~ (i)... - L'.bbr.ncai
per no braccio e, respintala indielro, le dissi:Aspellale tanlo cbe dom.ni si f.cei. oolte. Colei ficcô i snoi occhi dentro ai miei e rispose:
- Cosi. farO. - Tornando addietro insieme, le
l1arl.i: Mamm., ai figliuoli chi penserà poi~ La vecchio si striose nelle spalle e sogginnse:
- 0 che muoio io? 0 cbe le dpnne di casa mi.
non sono nse a simili \ramestii ~ Fio.chè qnesli
occhi rimarranoo aperli,., '. sicuro c!)e di nienle
mancheranoo li tittelli nè lu, e dovnnqne sii, di
nOlle e di giorno, pel serenn come per 10 piovoso.,. e qneslo li giuro pel latte che li bo d.ln
- e se non li hasla - te ln giuro pel sangne
di Ino padre cbe bo IaT.t<>. - Basla...
Ct) Pietanza usitatisslma in Coniea. eomposla di farina c..•
.ta.gnina intriu ccn latte e condita con un mloolioo di iaJe.
A ehi abbia rame daV'l'ero pa.."'1à eeeeUente.
-
DI t1l MOSCO~E
23
Egli, Luciano, il mio &ogoafo, :stava disteso su.
la tvla li) aln.o.i'~ll. porla di casa' sn., 001 cuore
fessO, e i parenti frae"~9ij a.cerlleg\ia~si oo'suoï;
ed io congli .Ilri... Doo 'et. parente 10';"E glielo
aveva mostrato; mi accostai mi cbinai e 10 baciai
qnaodo il morIo .11' im'provviso pel 'nasn e dall~
bocca caceiO fuori uo traboocO di s.ugne. La gente
di,.loroo si mise a urlare: è lui! è Ini! ~ Mi
cascô il cnor~ e non ebbi fiaro di llegattO: e' non
ci era modo .di perfidiare~ il morto aTeva parlal9;
scappai alla dirn!ta~ e mi fu venlora lidu,mi alla
maccbia h.mlito. Quanlo bo soffertn! ohl quanlo...
e adesso cole~ mia m'3âr~ che mi atTogo rn qneslo mare dt piantn; mi abbandOOa. Or. f. dieci
giorni che alle solite poste io Pallendo in~""o:
mostrarmi .Dei luoghi freqaenta1.i mi périto, clrè
tutti mi Si giurarono oêrtricî, ~d i geildatmi1D.i
banoo teso Iranelli... dnuque eccomi condannata
a morir-em filllle... è$ta'1lenE>.." niOl'iro_.~uI>Flm.
di colei .che fu cagione di questo strazfu; - ~
Fone Ë! 'Illé!' pilota, [ébil dovanti alla ovina
déll0 i-Illiilineole:-uracario nn11 omm.in':-]", véle'
più folle di ln~ l';tomo' ~bJ: contraslr con -:lll pa:
rola. aUa Jlassiooe qu~dn iMperver.".ilTpertanln
Bon :fi.t.i, ma decisi iinpepire xt!éil ca..ÔQ ati:oœ
aœades§e-, qnando .nOO fosse, pèr .cOslarmene la
vila. Egli chiese cbe gli liorgessi la: IB'UlT pee
aintarlo • rimetlersi in piedi, ed io gliela porsi;
allora ripigli.mmb il cammioo.
(!) Tavola a ciô appareeChiata.
!4
l:rA. ST081A
Mutato da! suo proponimento ei pnnto non
appariva: pero stentava i passi: qnanto a me,
rom' egli potesse durare mi pareva miracolo.
Accade di frequente che l'anima commossa baie·
stri fnori per via della boctJa qnalche roncetto terribile, come sasso frullato dalla frombola, senu al·
terrirsene, né tampoco avvertirlo, il qnale poi
udeudo proferito da aUri 10 raccoglie ed a sè
stessa con ecbi moltiplici e sempre più panrosi,
10 va ripelendo, finchè tnlta non si empia di sgo·
men.to. Mosso da qnesta considerazione, quando
mi parve. aJqnanto posato, io colsi il deslro, ed
accostata qnanto meglio pole! la mia hocca al sun
orecobio, ci gitlai dentro alla sprovvisla le parole:
- Dnnque noL. adesso andiamo ad ammaz·
tare vostra madre <t
Stette., trasati, poi voltandosi a mo' di ,memoralo balbutiva:
- E quai è ooJui che mole ammazzaremam·
ma mia~
- eerto non io_. non io... povera tinta (t).
Non ci seambiammo altre parole né rimanem·
mo dal camminare; perO egli andava a shalzi
come uomo preso dal vino: rerto io non sapeva
render:mi conlo per qnanlo in colesto sfinimento
ci entrasse l'anima .e per quanto il corpo, ma
l'anima sent! fallo ci entrava.
OUre Tralonco venimmo in vetla ad nn colle
donde il gnardo cootempla la valle partita dalla
U) Nel dia!etto e6uo l'alt SCÎalnUata.
ni 1lN lIOSeO!Œ
25
strada che eonduce a CoTie, e pressocbè di faceia
a! luogo ove sorgemmo un monle arduo, quantun·
que nnn dirnpato. À mezzo di cotesto monle giace
nn paese, e la mia scorta, alIuogando da quella
parte il braceio COD mollo Iremito di voce disse 0
- Soveria 1
Soveria è paese come ce ne ha tanti in-Cof.wa;
a vederlo li parrebbe clle un giorno avesse preso
a scendere 0 a satire (la immaginazione puO sce·
gliere a sno talento), e poi oolto dall'accidia, in·
fermilà naturale ai COrsi, quivi si fosse asseltato a
mezzo costa, donde; nemico gim'ato della fatica
uon avesse volnte piti. levarsi per ripigliare la via.
E di vero 0 perché si sarebbe egb mosso! Li il
prete gli .ve.. ralto il suo bel fonte baltesimale,
la chiesa con gli ohni ombrcai sul prato ed il suo
bravo cam.posanto; rosi senza un pensiero al moudo si trovO dotato dei luoghi dove potere con mita
comodilà bal1euare, seppellire, e mari tare le sue
crro:ture; veramenle il mari tare dorera metter:~
prima deI seppellire, ma ormai rome Cu scriUO ri·
manga, ché ho in uggia gli sgorbi. Nè tanto ba·
sta: peicbè la nalura ebhe aspetlato il paese un
pe1.zo in cima al monte, 0 in fondo aUa valle.,
no. Ge 10 vedendo comparire a capo di un secolo u'ehOO pielâ e ando fi.o a lui; di caslagni
10 rivesliva e di sughere, ed ancp a spizzico qua
e là 10 giocondO di olivi; poi prese ad ammol·
lire parecehi dei suoi seogli, ci sparse sopra strati
di terra, ci pose Cecondilà, ci pose germe di vila:
~
u s.,gllu
lnsomma anche 1& la misêricordiosa porse aIrnomo .Je sue mVID6 mammeHt.
~
v·
Adess&, ~œ'i<>-~o il poggio; io yi
v<>' dit casa wrsa ch.. ia; .. "" 10 vaglio dire
j\ercIlè voi' non 40 pele. _
DOn fossé per me
voi nè il sa preste nè indovinereste mai: l'Cr6
datemi lIielI!e.
. ."
Qùamnnque i Tolllimieri -nO".sieno affatto tennti ~clié ~nii'.., le ~el:ehller$ad offesa grande
dei pririlêgi amplSsimi della proprio professione)
di egnitare'le r<ogtlleMgli -arehitelti ogniMlllla
eap;t!lOr<>- œslffire-Gàso,o pàll1ZZO, oondi'lI'neo
cm; sareF tenlatô iDeomiiJcfa
ooIà àllIIde. essi
pri!1cipilllo, intend&d.Hoooa_nti; ma protesto
ohe-'BOO 10 poss& me..eo nonJo posso.fare perchè
Ie-ease moalan&-œ;./C<lrsi, 'Per ordinario,f<uldam<mto nea- haB1lo. La naœra, bali:> benevola di
quèstt- snei figIfuoli acciw",i, 5Omminis!ra klro
quaggi/l per llase delle fabllricbaœrti mas;i alti
ecnto e pill hraccia, a lutta provo saJdi; perO cgli
è- vero aiandi<>, clrella medesima oon si piglia
rroppa--cura di spianarli, cd i Olrsi molto meno
di lei, sicchè mnrare in mezzo della casa "na
punta di scoglio non ra ostuolo.; al con.Lrario ci
hanoo- gesto foroenJo in certomodo diarredi la
stall..... Dacchè pert3nto esordire da. bass9,:l'Ome
vedete, emmi impodito,. mi rn.r6 daU'alto. Anche
quila·"aturaaspeU6tlOD 50 nè menoio per quanti
secoll l'arte e<lrsa alli1\chè tego!i ed émhrjci fabëricasse, 9 almaneo di qnalehe mila caplara di
m If.') "OSCONE
27
lavàg'na ')'ancggerisse, e per comodità degl' I.olani a livelto Te riducesse: ma seniendo poi come
i C<lrsi avessero messo in pTigione illavoro per
vagabondo, delihero iu1endersela con le aeque e
coi ciGttoli <fei suoi torrentf, e spian6 le l.vagne
da sè; né Si rimase a tanto; che pure sarehhe
hastate; rmpereiOcchè visto che neàDco ad offerirli per niente le volevano-pigliare, col ~
di uno aeqnmoae le l"'rl6 lino dentra al paese,
e a\fora, ma aUoTa 5Oltaato, i-C<lrsi a=nsenürono a metrerle in 9per3.
Ora tu bai da far rout& chè'lUeste pielre IIna
$Oprammessa àll'attra eom.Jlillngauo il tetto, e fin
qnj le l>lSe andrebbero a pennello, se non che,
levandosi venti sferratoi di grt!CO e di liheccio,
pare eb-e si dieno la posta per cootendere proprio
$Opra eoleslî leUi, nè pm né mena a mo' che la
Francia. l'lnghilUrra, la Turchia e la Russia recero ai tempi nostri in Crimea, e geasle 0 vennte
mena le armi, pigUano, come ai tempi anticbi
Aiace, Eltore ed aUri eroi parecchi, a dneUare coi
sassi: aUon le lavagne <olano al pari deUe roglie,
e insieme aile foglie e aUe lavagee qualrlle voila
sehiantalî a!herI e case. A qnesla seconda maniera
rovine nessnn riparo ci poo rare la gente; aUe
prime si, ed in vero ei provvcdono mettendo 50-
pra le lavagne copia di sassi a coDvenevoli inter·
valti; per la quaI cosa amene che le abitazioni
del paesano cOrso arieggino da lnngi ai bancbi
dei causidiei dove le masse dei proeessi gemono
28
1..., S'fORl....
grayate da pesi immani di metaU9, 0 di pietra:
Adesso enlro in casa. - 0 il camino. -<love lascîale voi~ -Qni.genlo !alnno cipiglial'Eli dietro;
ed io.coU tidioso-in ,dneparolemisbrigo.-O
• non 10 lascio perchè non ce 10 Irom. - Le case
dei DlOOIap.Jri eoc.i.ooo possiedooQ canali consacrali 'lgildêCsnper-i e cIIè
inter;' par cui secondo le -regale aoœltale da noi \lQ'SaDO emanare
le sl1jle\1tnjlà Joro-· gij non si al!~~oo qneslo
che ~lInllà esse nQn ailbiaoo bene e meglio
come le allre case di ai,stiani, bensi tbe non
appariscono; ~ forst perchè eHe anl!ranno oomprese d>l ml!desiDIO seoso~ di .dignw.. .imperaloria
il QJlale.1lissnadey. Costanzo (tl: a.. spn~ 00 a
oo1liarsi iLnoso jJt P ~ieo, par!ndo a ·lni che,
IIlOS/J'alldosi .immnne dalle- neeessilà ordinarie
degli lIl)Juinj, gH ....,esse a coJl1'.etiJ"e llella eslimaliY. nnjyersale -alcnn che di divino. !Ionde
nacqne dispnta {ra Je persone doUe se gl' ImperalOri palissera deI male dei cimnITo-; la qnale
quislione, eome piena' di- molle ambagi e Jontana
dal "roposilO nGStro., ci riserbiamo a IraIlare in
!nogo iJÎÙ opportnno.
agr
W
inoDPOl'13b1e ~ta di oosftti. Ammia:no abreellib. i6. S tO delle orie..ci wb'; qnffio : otdo:eurnva. il cnrpo. eo:ne.:bè plo::eolissimo. enlrando 'ad alti.5-sirœ porte: e come se ayes5e" il eoJ&o in~bite. paJ'd:tndo
U~o ne!
5em,pr'O" d:ritto inDaD%1 a. ~..
-n di vna statua. Don piega.n.
il volto nè a destra oè li tn:&Dea; nè mai si $COsse pot'r l1.~o
di J'UGla. fÙ ru Mlulo tputare- nê pw-garsi il MSO tlè mo-
Tere pur -mana, eee.
DI UN llOSCO~'l:
29
Remosso cosi ogni i,mpedimenw,· ia .entro in
casa, e ci eotto pet la finestra; impercioochè i
COOl bene forniscano le fines.lre toro con le imposte 00 anen f1 incastrino. i telai, non moi pero
arri..no ad adallarti i cristaHi,.e questo pey bnone
ragiofti ila prima allegano ohe non <le li coUocando non si rompoilo.maî. e pero VanDO francbi
dalla ~ di- avereeli ogni ta.olino a l'imettere,
e qnesto:non -si ll"Ô oontnstare, come dei pari
non sembi'ano dispnlabili le altre, le qnali oonsislOno nel]laSSaggio limpjdissimo della Ince e nel
eircolare libero dell'arèL QnanlO aile pioggie e al
freddo., bastano le .imposte,: il haio DOn fa casa,
percbè-di gjllroo non. eotralld Dlaillellastanza 0
rada. Come in "JI1i -.Jtra casa, qui ~I:reggono
natnra\meD%e .il:tetto.lrui emvicelli, nn giorno
albergo delle -dri3di oorse, ma in verona casa came neDa -nostl'a :essi portano, -per modo di dire,
Je Ioro fOOi di 'flascita jn mano, dacchè persona si
diè pensiero SQll1drarle, persona piallarle; come
al bosco li moSÙ'3no nndi e berooccoli, e; più doloroso a Tedersi. le --parti taU e quali ov'ebbero a
patire mntilazione; spesso choti eziandin qnalche
rr-onda non a1l'atlo appassita. e Ira le fronde le
gbiande, nn giorno almo frnlw di Ginve, ed oggi
ahimè! a qnale Îll1l0minia ridotlo. A mo'di snppeUellile arredano della stanza nn canto castagne
in mnœbin, cibo pei giomi iemali, comnne oosi
aUe beslie come agli nontini. In tlneo Ire masse di
foglie di castagno coperte in parte da ra= panno
;iô
U STOBL<
di 12fta ..,.prinâ, S8--lfllaiebedODO te jo-anisa, tn
indovineni • leUi ~ella famiglia; forse antO cbe ,
non te 10 dica.no li accadridndovinarlo dal Cristo
di tàrta sroci6ss0 una seconda Tolta sni mllro,
con 10 artbibuso sotto per ofim.benedetto; qiJaIclie volta illOOlllransi -due. schioppi ed un Cristo
solo ;-dné. 0ri5lt "!i 1lll fueile mai: '
Se·~i~,.potete. te.lletmiliietro al pla." 1er·
reno, - DilIBand&:llOrdooo; lIIi ara: dimellÜl;alo
gU âl'marii: udilè:con qaanta iDdnstria gIi raI>briëano:1 CDrsi: "ieeom.mlamr:un....\lPiodUll/l.e
di pelo-t:iprino .u.::capacchia il.i un c1li<ldo fie"
calo' 001. -p:>rm actralllOntana; e f-aILro CâPPio
• al chiodo Dito nella parele • mezzfigiar.no; Il. Ji
$Opra lruttano i paoni: pero.iCOrsi, a:sgan.nare
coloro che gu appuntano di pota immagioaliv.,
-qnalche volta mntano il trovato, e ci arrivano,
ficca'odo Ilno dei cbiodi a llDllenle Il. l'aUTo a lenote:; dI"'oono che con qoesta ragione armarJi
essi si trovano ad agio, e ci credo; alfer.mano
ancora che le- tignole non ci si sono mai mie,
Il. questo molto meoo disdico.
Da tempo immemorabile- si scende da} piano snperiore â1lo' inferiore per "ia di scala a pioli, Le
èronache raceonbno rome '00 giorno }' arLe, di
passaggio in ConlC3, si avvisasse ClilÎcare cote-sti tompicolli; ma i COrsi, cne godon'rlnerjtamenle la fama di avvocali, tante e \aH le sehie'
rarono ragioni ..d'inoami ch'clla senti castarst le
braccia e, schiva di brig!le, laseio passare tre paoi
DI ON lI0s00NE
si
pèr coowm, DirmallD' i Cêrsj, e tùttaTia::dicono,
..oo-coo questa generaziooe di scale.si poo entrare
Hl casa di deotTQ come 1li Inori, dalla-porta dei
pari cire dalla 1ïoesli:a, e cià è vero: aggiuîrgono
cfi'esse servono par I..·casa e pel pagliain, ed anche-cià è verO::]lof3no eziandioehe ailltanO a salire
iit 'casa 'Woi ~ lIfedesimo lÎlooo ohe nella pro,
pria, é questo pure, lIon.si pao ÎIl'llOscienza.negare.: li Chmiscono-Gh~ assalili. alla sprenisla,
dore mai a,vessero :a ritirarsi daLpia)lo, Ierreno,
tiIaIldole sn poSSDoo;resister......1 snpm:jore lapi,
dando! r 'Demie' --00' sassi del·tetl<r: jnol.lr'lô provansi più sicare: perché l' nomo ci si appoggi.
COll quattro membri del;SllO corpn e si slringono
aeffe 'm:am; oonferiscono a maoten:ere -destri eolom": chè Gi "!ri esercîtaDo" sopra '>- e per ultimo
promovooo la oonna.mnrale; impercioccbè possa
accader:e bcni- im:o (he, meatre r _uomo. fa con
le mani e co' piedi la Modestia colga qnel pnnto
l"'r 'anoacqnargli 11 rioo della Soperbia. rammentandogli che heslia come le allre beslie egli
nacqne e cammioa- Credooo poi oniversalmeole
i -Gôrsi cbe di terra in paradiso si salga mercè
di -wl' scala a pioli., e questa fede loro ginslifi·
cano coo la testimooiaoza della sloria dei pnpolo
ebren :Stampata dal loIarescandoli di Lncca, dove
pèt la terità si ammitaoo gli- aogioJi cbe al"
parvero a .Giaëobhe erpiean;i per le scale a pioli;
dunqne conchindendo: G/.ori" i8 exulsis Dea et
in terra paal aIle scale a pioli.
\
Dl nN 1l0SCONE
32
LA S'I'ORU
Costumano i Côrsi scompartire il lerreno in
doe provincie, queUa assegnando ane bestie., questa ai eristiani; mi affretto pero a Dotmar.e fAT
m.-sillal1a di.-isione, per cos! dire legale, per
consenso delle parti inleressale non si ossern
mai in pratia. 1 c:ri.sliani bu2:icano la stalla più
la noUe che il giorno; le bestie la cncina piü
di giorno che di IlOtle; e siccome, seoondo che
ho a"ertito di .opra, spesso !J'a, di loro ae<»munano il pasto, Cosi nessnno si mostra schizzinoso a mettere in comhnlta la mensa; donde
accade che non di rado ln vegga COIIlparire accanto al tun 50pra la tavnla il mnso deisomiere,
e senta Je galliue bel:carti le gambe, le çapre
brncarti i legaooi delle scarpe, e il poreo frngarti col grifo in tasta (i gabellieri ci frngano
con le mani) OTVer/), e pareimpossibile! df'pntato
alla polizia, egli Cari. sparire, non importa come,
le immon<lezze del paTimento.
Da agoi parte colori ed aspetli Ingnbri: la famiglia qnllsi sempre veslita a seorrnccio, attesa
la parentela che si prolDD~a oltre i gradi pescati
dalla stessa indisorete22a dei preû per vendere
le dispense: g1i arnes;, le pareti e lntto in5Om·
ma apparisee i DgTommato di nero per colpa deI
fumo, il qnale, lirannn delle magioni cOrse. là den·
ln> .-egna e g/)/ltf"na. Certo, il debito di giustizia
TOole che si dica come par ordioario sni focoJare
aprano nna finestra qnasi imito al fumo perchè
si compiaccia di pigliare per costà; ma il fomo
33
dei Corsi, come ogni aUra cosa corsa, non si
mustra grau fatto oomvo a lasciarsi persuadere,
e poi veteodo egti intoroo al focone da tante
bocche prorompere senza posa nuvoli di fomo
puo credere in boooa fede che oon si dica a loi.
Fallo sta che la finestra iovere di fomare par
di fnori fuma per di dentro, e sembra massa li
a posta l'Or servire di modello ai gioraoi fomatori, come i e>lIigrafi pongono daTaoti agli occhi degli alonni gli esemplari di bel caratler.
affinchè impariDO a serivere.
1 Corsi lloalmeDte adope...no troppo maglio
dei filosoti 0 vogti moderni, 0 'fogli aulichi; CODciossiacbè, se iD non isbaglio, Socrate ammaestrasse che J'uomo doveva comportarsi come se
vivesse dentro una casa di retro; egli poi ne
abila.a una falla di moro; e Agesilao trovaodosi
in viaggio preodev. sLanza llei lempli degti Dei
(i -qnali, priocipiaDdo da 6iove, che oosa potessero inspirargli di bOODO, io per me noD 50 capite daTVero). On i Corsi quello gli .lm dicono
essi faooo; le case Joro per la più parle mnrate
di sa -i sciolti coo OD po' di smallo di terra soi
canti la..'Ciano, negli interstiri, ùbero il varoo alla
vista -dei passeggieri; aozi per maggior comodo
dei coriosi le bnche fatle per sostenere i ponti
non curaoo lorare. Per qoesto modo di [eggieri
si rompreDde cbe l'archit.'lura iD quella isola
noo crebhe a lroppa altoua. Vitrnvio ci si sarel>he affogato dalla disp.razione; 10 Scamozzi e il
34
LA "'ORlA
Palladio appesi ad un -fioo; Il.eril non. reca ma·
raviglia se ~TI(1o il gaver"" di Francia fa,,,,,,,
struire nell' isola DDa ttappola con la spesa di
mezzo milione di franchi. come sarebbe il pre·
torio di Bastia, i Corsi ,.,,<Lano in .isibilio. Quan·
lonque œ belle arti sieno nna religione, non
peri> !unno papa, donde avvien.e che i mnratoti
francesi tirano via a fabbricare hestemmie:- eretieali in falto di architettnra -senza paura di sentirsi scomnnieati. per sanrilegio.
Jutantn era calata la natte orba di stelle e di
Juna, onde io senza l'ainlo della scorla- nlm sarei giunto a strigarmi -da cotesli laborinli, al·
lorchè jl Corscy, piegando .erso me la persona,
mi snrorrô nell'orecehio:
- Siâmo vieini alla Ghie~!
Appena era spirala la .oee, eoco di repente
le caDJP.3ne squillano a rinto<ehi, e co) .SllOna
delle campane spandesi il eanto del- MiSl:f'ere;
gli obbielti nircostanli apparistooo iIIjlJIlinaÙ-.la
Ince ve~mig]ja. Giusto iJl'(lJIel Plloto o~ trem V3mn
di fiaa.co alla ohie,a. dOl\de ·non .ed'lvaJl,le ,;..nè
potevamo esser visli; ma.il COl'so;' preso da. spavento mi disse: 1": •
- Jo mi rjmpiatto fra· Qlleste mnriocie; an·
date np po' voi a speoulare cbe cosa è aGf'ldnto.
Mentre allungava il passo, sentii accanto a me
movere nn fmllo come di stama che si levi dal
cespuglio: mirai e riroirai, e non iscopersi nuUa.
Il Corso accorgendosi obe in slava sosposo do·
mandô~
3S
DI U:-i llOSOO2'Œ
_ Perchè non vi mOfete't
_ E' mi era_parso.., io rÎ?QOsi, di senth'e ru·
m<lre....· . '"
\1
.1
'
_
lntanto -sopragginnse...il c;me,. e ipcominciô a
fintare e a schialtire.; tuttavolta per mol.to Perlnstrare ch' ei facesse, non trovô cosa da melter·
ci in sospelto; perô andai. e sYoltato il canto,
vidi che P9rtavano a soUCrrare nn morto. DaUa
ropla della gente accofSJ argomenlai ch' ei dovesse essere dei caj10rali della terra; ancora mi
percosse il vedere gl' ineappati; con ùDa mano
porta·vano la torcia, e l'altra tenevano sotto la
cappa; sarà stata l'nbbia, ma per me; credei obe
nonostante il di vieto, oi "essero il fncile.
Fattomi pressa ad
di costoro, con snono
di voce che !Di parve ,più acconcig a rend.ermelo
begniao, gli domaDdai:
- Chi è morl<l.~
Egli traverso i -fori' deI cappuccio mi gualô di
uno
sotta in su
COD
pnpille arrovenlate~ e noO: rispose
verba. Ce n·er. d'avan~o per DOn altën,tarmi a
rinpo,yargli la domanda; allora mi provai cOn Ulla
don,!a,_ cbejlrocedeva cruusa nella gonDella rovesciata suI . capo, come le Cor"" ooSLnmano
, (1 e
(f.) E se ne teogono. anZi 10 mono »er toggii mollO operaUTa ad aecendere le menti della gio.eotù: pres$o Doi ta-
rebbero Panl'a; cetVf'lli nmant: Giono \lto Grimaldi. Domo
egr~o. œlebnndo Je 'rirtlÎ di nUOr'i3. !I!alasPÎl!3., (',Os} incomineia l'epj.cedio;
Cbiosa il Tolto e le (.biome in vesle Dera.
Pet cui nostro desi'J si alVin tanLG..••
36
LA STOlUA
Parve che non avessi delto a lei, lanto ando 01tre senzanadarmi: risolUlo di sgararla, mi volsi
ad un fanCÎollo, e siccome io 10 teneva, mi morse
la mano, e fnggi via; per la 'IDa! œsa, pieno di
ro.ello, me ne tornai sopra i miei passi.
- Chi è morlo~ domanda.a ansioso il Corso.
- Se voi siete usi, rispœi iO, a bilaDGiare i
.ostri conti come fale quellv d'inqu.i.sire le faccende allrui, i vo.stri Cireditori stanno fr~hi:
Don sono rinscito a C3vare di béœa una parola
ad a\cono.
ln.lanto le .oei ed il chiarore si alJgnlana~o:
il bandito uscendo da! nasc<>oüiglio disse:
- _-on imp<>rta, 1<> s:lpremo ••ale; iDentre il
paese si .ola, casca <>pp<>rtnno enlrare inœ.-er·
vato in casa. - Voi cammin.temi ava.nti, che al
redermi eomparire irDprovviso la mia gebte Don
cacci strida e ri3.egli r attentione deI vicinalo
- an date.
Ed i<> aodai.
Mentre metto il piede sopra la soglia, eeco Ull
œlpo solennë di scopa sni capo m' iogozza (1) il
cappell<> fino al mento, e nel medesim<>puotoun
rovescio di bosse non gra'ri cerro, ma -neanco
graziose,. mi percnote la vila e le gambe, intan(1) 11
vocabol:l.no
1n
ill
altri sÎgnifi~1i attribttisee a.l veTb&
ingo:::are qlle!b di sofJr,re i!!3illrie. Qon perô l"artro di &vt'rt
il cappella lIccato ~iù sul viso PU :Sl!'"4zl0 ebe ti vtnga fa lé.
tO senso è Toe~ detl'nso, e p:umi pe.r-ta borHÀ den 'o·
rigine e per la v:iveu:a deI sig ifteato dov'ersi a';Uttare.
l!l qu
"osco,..
37
locbè accompagna la zolfa un turbinio di male
parole.
- Dio li mandi la malora e il malauna! Ammazzalo 1 Ammazza!o! QneUo che hai latta non
ti basla ancora ~ E li dà il cuore di tornarci 1
Bisogna finirlo.... finiamolo!.
MaocO male che le armi erano scope e frasconi. e i col pi si p;1rtivano da mani di f~mmine e
di fancinlli, chè ..Itrimeoti io non sarei più qui
per conlarla adesso: tntlavnlla rimasi sbalordilo,
e )a mia scorta si trovô coslrelLa a gittar via Del
maggiore bisogno i partili prudenti (come per
ordinario avviene nei casi della vita) mostrandosi
improvviso alla famiglia e chiedere:
- Donde taolo chiasso ~
Par che la nuova maraviglia non avesse virtù
di vincere il vecchio terrore, imperciocchè la
donna ed i figliuali continuassero ad urlare più
spiritati che mai:
- Il mosœne! Il mosœne!
- Per Dio santo! esclamai io, lira.ndomi sn il
cappello e stropicciandomi la fronte - tra me ed
un mosœne qnalche differenza ha da correre....
Stnpii, considerand<> che ne a me nè aile mie
parole badavano, bensi, smaniando, corre-vano in
muccbia inlorno alla slanza orlando sempre: Eeœlo li! - ha preso per di là 1. li sulla madia!
- la snlla slraccio 1 - bada che non li venga
addosso! si è pos,to! adagin! dàlli - E qui scop,te dove a.nda.ano andavano; le quali pero
Dl UK
La Storia di un moscone.
3
118
U STOBll
percotevano ora le spalle, ora la faceia dei persecntori, nOD mai sul persegnitato. lIa qneHo
che mi rese maggiormente aUonito fu vedere
il baodito, obliando le sue terribili ansielà, come se 10 invadesse il medesimo furore, metter;i
ana caccia della ins.etto, e poi rifnggire spaven.
tato qnante volte egli mio.cciava posarsegli addosso.
Anche io, per natnrale disposizione, mî sento
compreso d'odio contra agni maniera dT insetti
in generale, e contro le mosche in .particola.re,
per cni talora sospettai che nelle mie veoe seorresse il sangue della geote Flavi., oarraodoci le
starie quanta l'imperatore Domiziano camminasse inviperito contra le mosche; e la dissi al
Passerioi, f.bbrîcaote privilegiato della nobillà
toscaoa, ma il degno uama mi chiari che siffatlo
riscontro solo a stabilire la mia prosapia dalla
gente Flavia non parera sn.fficiente seoza altro
ammeooicolo: checehè di qnesto sia, rimane fermû il miù abborrimento per gl'insetti; perô non
s~mbrerà strano se io mi posi a nrlare lra i tupi,
slcehè rotta di sobito la oentralilà, portai le armi ansiliarie io aiuto deI ba.dito, il qnale, stretto in gn31 pnnto dal mOSCODe~ .aveva niente mena
che imbracc;,to 10 schioppo per fargli ruoco addosso, e la faceva~ dove iD rassi stalo mena pronto
ad ammonirlo:
- E la hoUa ~ Noo si .mmazzano i mosconi
con 10 sehioppo....
DI œ;: MOSCO:'iE
39
Co.i dicendo, cavai di tasca il fazzolello, la
spieg.!, oe aggrnppai le qnaltro hecehe formandone nn specie di mazza di arme di lino, e me
10 aHolsi alla mano a modo di flonda=-ciil ratto
mi po.si in agguato per iscoprire do\'e si fos.se
nasoosto il nemico; nè stette guari che me la
palesava la infeslo zufolio; vago alquanto di su,
di giù COD roote scompost~ e per oltimo c.hinse
le ali sopra una zUCGa. Sopra uoa zneea ei chinse
le ale. e parve stringerla nelle sne zampiae con
la soperbia medesima COD la qoale gl'imperatori
tengona in mana 13 palla d'oro rappresentanLe
il mondo: mi appressai canto e la colsi in pieoo;
egli cadde piangendo il flore della perduta gioTanezza, e lamentando il faro che me straniero
aveva traUo sopra un monte in mezzo della Cor~
sica a farIo morire con un colpo di lino. Straoe
vicende governano le sorli degli uorni ni; e quelli
dei moscani aHresi! Allora la donna lesta gli fa
sopra col piede. e le memhra deI male arrivato
iosetto si dissiparono ne' suoi primitiri elementi.
Tre e qnattro volte I.e reliee, 0 donna, se li
avesse pnolo dei continuo vagbezza di adoperare
il calcagno contra i serpenti e gl' insetti ~ che
adessa la lana si recherebbe sempre ad onoranza
vestirti le piaote di Ince, e le stelle lascerebhero
a muta le villte dei cieli per manlonerti lumioosa
la corona dei raggi sopra la tt;sta; ma poicbè
DOD hai aborrito di rÎcorerarti il reUile in 3600
gl'inselti turbin.no vorlicosi intorno aile tu;
40
LA
STOal.<
labbra, come iDtorDo al f3<O di cercoDe: ln di·
feD!asti bui.. ed il buio si è fatto iolorno a te.
Allora il baDdilo casOO giu di sfascio sopra la
paoca e coo un filo di voee disse:
- Ho (ame....
Presi uo mezzo bicohiero di ViDO, e scaldan-
dolo ci slemperai un po' di zucëbero~ poi a som
gUe la ministrai; intallto la moglie mllDse latte
.1Ia capra, e queslo pure a ceDtellioi egli bebbe.
Ridonato da morte a vila, si voIse alla mogli~ la
quale COD ansietâ mista di riveranza gli si veniva aITaccenùando d'intorno, e le disse:
-
Ab! ln DOO sai quanti giorni faono che io
non mi sono
sdiginnaLo~
- .A vederti cosi gramo~ pavera tint-O, gindico
molto.
- Tre giorni....
- Se avessi saputo dove lrovarti, ta DOD avresti palito maocameDlo di paDe: ma lu DOD vole.
sti mai con/idarti in me, ne ella.... e si. e si che
mi pare essere madre de' tuoi figliuoli:...
- 1Ia sorella dei morio....
La dODna abbrividi e laeque: parfe poi che
cil> f.cesse uon mica per difetto di risposte beus!
per SeD>O di discreleZza, il quale la persuase a
non inciprignire piaghe grondanti sangne ed
oggimai insanlbili.
Il bJndilo ad 0 ... aù ora gira..
intorna 3,::;è.,quasi
Ii oechi :orfi
i!Dp~ieDteepanroso
ad uo tem-
po di federe cœa che nOD trovara; aDcora, pie-
4..1
galo il capo, tende.. l'orecchio per raccogliere
suoni che nOD ndira. Dnrô lUDgO il sileDzio 0
veramente terribile; aHine COD fOce rora ioterrogo:
- E adesso colei dov'è?
- Cbi lei~
- Lei! Lei! Xon mi capisci' Lei!
- Tu; madre~
- Si.
- 0 nOll l'hai incontrata Der la via l'
- 10 ~
no giorDi piu di dieni che iD non
l'ho vista....
Allora la moglie· gli si feee pianameDte vicina
gli gettl> le braccia al collo, e baciaDdolo iD
TOUO COD un aJfelto, con una dolcezza di cui io
nOD }'2vrei riputala capace., le disse:
- ,-è tu la rifedrai su qDesla terra. Il morio
che poco fa hanno porlato al composanto era lei....
H baDdito ruppe iD nn singhiozzo e casco con
h faccia sul pavimento. 10 mi sentiva schiantarc
il cnore; il terreno mi IIl2reggian sotto legam.
he, Dè per questa voila 10 pG!ei suneDire; afea
di calti a DOD Iraboccargii supra; 10 soccorse la
DI 't",s" MOSCO~E
moglie., e
foC
ne Cn d'avanz-Q.
FrallaDIo le frasche sul focoDe per essere verdi e per manco d'altizzamento cessarono la fiam·
ma, ed il bnio si mise dentro la sbnza; il fumo acre ricocciato iodietro d.lla fiDestra conlrislara gli occhi e la gola: ad aumeDtare r ango.scia dei casu, di tratto in tratlo si adiv. qualcho
gemito represso od il guaito dei caDe.
4-c:!
L.i STORIA
Ma il fuoco riseccando le legna le avea rese
capaci a divampare da capo: in vero la fiamma
proruppe repentinamente a ri.chiararedi nnovo
la stanza.. o'piuttosto un numlo di fumo tinta in
una certa maniera di colore rra il nero e il vermiglio~ simile ana coteona de! sangue caglîato.
Xel mezzo di coteslo nnvolo ecco all'iJ<lproTl'iso
apparire dalla eiutola iu sn, chè il rimanente andava perdnto nelle tenebre, nna sembianza strana, la quale nessuno avrebbe tollo il carico di
punto in bianco assicurare umana; ann si sarehbe delto che sn cotesta faccia i demon! delrantica mitologia nessero posto gli attribut! 101'0
in comnne con quelli della nnova.
DifatH le orecchie ella teneva dirilte ed appuntate conforme solevano portarle nn di le sel·
varecce dÏ\;ni~ 0 \'ogli faunL 0 vogli satiM: il
viso angusto, ango!oso e cosi nel mento prolangato che la bocca in mezzo a qne!!o aveva J'aria
di nn finestrone .perto ad uo seconda piano: le
sopracciglia a sesto 3cOto, e soUesse due pallotlole
in fuori lustranti e fisse come gli occhi dei tacchini; iJ suo naso destar3 nella tua memoria il
nibbio (se mai tu 10 redesti) che, rovinando
addosso al colombo, sbireiato ad un lratto il cac·
ciatore,
ripi~"i
il volo con mirabile carva denlro
qnalebe spelonca; e spelonca veramente era sotto
quel naso la boeca. Sn la froote mostrava piu
rnghe che non ha piegbe il roccelto dei prete
stiratogli dalla sna penitente quando egli va a
DI Il" >I0SCO'Œ
43
processione; di capelli nè anco l'ombra; e man·
co male se coteslo capo fosse paruto deserlo di
capelli soltanto, chè a gîndicarne dall'apparenr.a
avresli ginrato cbè i pensieri ci si dovessero iocontrare anco piu radi dei capelli: e pure non
era cosL
Chino gli occhi, e contemplato alcnn poco il
b2ndito, Jo seinse, Je tempie gli fregô prima con
l'aequa diaccia, poi con aceto; Don faœndo frotta,
gli sottopose al naso esca. înroocata; e questa
industria ,-aIse, perchè il povero nomo, senlendo,
scottarsi il naso. aperse slrabuzzando gli occhi
e saltalo in piedi, nrlô:
no all'inferno ~
- Oibà, Teodoro, siete in casa voslra e col
rostro curato accanto.
- Curato! disse il bandiLo, e 10 guardo dne
volte in viso per accertarsi: a me non sambbe
rio.scito a indovinarlo curaro nè manco se )0
gnardava renta; - ravvisato che ei 10 ebbe, gli
si abbandonô fra le braccia e, posatogli il capo
sul seno, prosegoi singbiozzoso : - 0
Cnralo~
Dio
vi maoda...
- Che cosa hai, povero affiitlo ~ Che cosa hai ~
- Il cnore mi pesa... fatevi in qua che io mi
eonfessi subito. E si geDufles>e senz'altro a' p:è
deI confessore, il quale si assellô sopra la panca
e, corro della persona in atto assai sconcio, si
pose a senlire.
10 non ndii la confessione, e se per caso ne
U
DI UN :uoSOO~!
45
farsi capire, ma non le riusciva, e mai mai dalla
LA STOIUA
avessi inteso un briciolino, allara fu peccato d'in·
avvertenza ~ mentre riportarla adesso sarehbe
P~C(:a.to di proposito; taccio di lui, pero senza
cesta, cb' io raccatlai ed appesi al chiodo, eU.
rimoveva gli occhL Per me credo che ella ablJb
sofferto pene d' ioferno, e di cio riugràZio Dio;
scrupolo posso narrare quanlo gli andava favellando il prele:
- Ella aveva ammanilo la cor"", e recatasela
in capo, avvisava Chilioa: Se a mezza oolte non
sono tornala, non mi slate ad aspellare. - Cosi
faro, rispose Chili na, ma perchè v' incocciate a
nascondermi la posta dove potrei trovare Teodoro
ancora io? - Perchè tu sei sangue de' nostri
nemici: e poi ho giarato non fare sapere niente
a persona, <lisse Eofrasia. E Chilioa da capo: Mamma, peosasle mai aile disgrazie che posseno
accadere, e allora dei padre <li qnesli figlinoli
imperciocchè io mi persuada che ei le abbia
fatto scontare parte de' suoi peccati in questo
monda per poterIe usare Maggiore misericordia
dopo la morle.
Teodoro erasi drizzato in piedi, e dai gesti
appariva cbiaro corn' egli aUe parole deI sacer-
dote non porgesse ascolto, almeno alJe estrem~
di subito, in atto di cui comanda e Don patisee
ostacolo, <lisse:
- Andiamo!
E il Curalo a lui:
che casa sarebbe? Enfrasia pane teDtennare~ ma
-
dopo un cotaI poco di esitanza soggiunse: -
Dove?
sei, ne terro motto con Teotloro, e vedremo ag-
Quegli pieganJo la persona gtielo avveolo nel·
l'orecchio con un grappo di alito fumoso, ma il
prele dondolava Irresoluto il capo da destra a
ginslare la faccenda con lua soddisfazione. Poi
sioistra, e da sinistra a destra. Teodoro insi-
torno a mettere giù il canestro e voile ribaciare
steva; non la poleudo spuntare, picchiava i piedi
snI pavimenlo. Fiato perso; il parroco vieppiù
Chilina, lU parti da qnella donna di governo che
le creature; allora se 10 ripose in capo e disse:
- Queste sono buone mosse; addio, zilel\i; fiuchè
torni a casa la voslra caecara statevi buoni, e
se mi capila, vi porlero una oidiala di merli. Potera avere ratto quattro passi, sei, no di cerlo,
quaudo di un lralto sen?.. dare seguo di vila
cadde rirersa: più tardi eila torn6 in sentimento;
ma per quanto le cavassero saugue non potè ricnperare la parola. Sconsolala! si sforza va di
1
ostinato ripeteva:
- No~ davvero.
Teodoro, come la comune dei COrsi, copioso
an'uopo <li parole, e, se vogliamo, (.condo, s'industriava persuadere il Curalo dicendo:
- ,oi qui non fate prova di qnel savio inlen·
dimento cbe avete: capisco che aprire la tomba
che si schiuse sopra il cadavere nmano per 01-
4:6
LA STOIU!.
traggiarlo~ ed anco per mera cnriosità di veder·
10. si abbia a considerare violato sepolcro, e la
Chie:;a ~a quella santa madre ch" ella è scomnDica ratto immane di sacrilegio; bene io la lodo
e confessa che di meg!io non poteva ordioare,
ma ora bisogna distinguere: io già~ non voglio
mirare la faccia di mia madre per curiosilà... 0
per farle oota... voi la sa~te! la yoglio inginocchiato davanti al suo corpo picchiarmi con nua
pietra il petto: - io mglio struggermi gli occhi in pianto cbiedendole perdono, il quale a
me non parril avere otteDuto se prima Don mi
metto, quaotunque morta, la sua mano sul capo.
- Voi dite bene, voi, ma i sacri canoni parlano chiaro.
- l canoni a foi, a me grida pin chiara una
vncc qui deDtrn: orsù restllte, iD basto solo.
E preso l'uscio scomparve; il Curato storse 13
hocca cùsi che per poco Don si morse un orecchio'
poi sboffaDdo corse dietrD a quel disperato. 10 mi
rimasi raltrappito intorno al fuoeo; Don profer~i
parola, non me ne fu proferta; allo strepito, al·
l'orto di formidabili affe!li erano succeduti silenzia e pace; feci prova di meditare, ma il pensiera ricaJcitrante aborriva dal qiogo; qnando mi
voltai al cuore per cozzarlo contro al cervello
e snscHarne come daU' acciaio battuto contro la
selce faville, io 10 ritrov.i per le troppe e troppo
violente commazioni insugberito. Liberamente 10
confessa, per un' ora la mia anima orgogliosa
Dl ~ MO$CO:'iE
47
visse tale vita .ppo cui ,qnella della loroaca sa·
rebbe comparsa di Galileo.
Ritornô solo il Curnto, e Cbilina, vedendolo,
gli tese le m;loi giunte: egli prima la racconsolo
co' cenni; dopo, essendosele fatto vieioo. le disse
parole le qua!;, a quanto mi plITe, raisero ad
inspirarle rassegnazione ed anco un certo compiacimento shiadito. Da questa parle messe in
sesto le cose~ si '9o\se a me con facoia serena e
Mandamente mi favellô;
- L' ospite fu sacro un tempo ai COrsi, e
neanro adesso, nonostante i guasti costnmi, 10
abbjamo f.stidioso. A Teodoro dno!e non petem
racœttare in casa sua; ID3 voi la vedete, egli
non s'immaginava trovarla cosi piena di dolare;
e non sarebbe prudente neppnre per Ini pa,sarci
la notte, onde non vi pnlrebbe usare qnelle accoglienze che il sua cuore desidera~ e voi vi meritate di certD. Questa donoa poi è carità l.seiare
inLera ai suai figliuoli. Dio lassn. e quaggiù essi
possiedono soli la facoltà di consDlarla. Se non
isdegnate la casa di un pavera prete~ eUa sta
aperta per voi; umile in vero e dimessa bene
ma qnale ella si trova io ve la profferisco di cuore:
Mi levai in piedi, e mi feei verso la famicrlia
per pigliare commiato; senonchè madre e g1i
stav.no racrDUi in mucchio col capo strello fra
loro e coperto: da quai parte trovare il baridolo
io non sapeva, ma il Curnto, venutonU dopo le
spaUe, bisbigliô SDmmesso:
li
oiS
LA STORIA.
- Non gli stnrbiamo: è proprio colma Ja bi·
J'Mia de\l' angoseia, ed nna goccioJa di più la
po:,ebbe lar traboccare. Tntti i misteri amano il
sileozio, IDa.."Sime quelli dei dolore. .,enite moco...
Ci a\lontanammo in punta di l>iedi, rattenendo,
per cosi dire, l'alita: andando dietro al Curato,
pensai alla inginslizia della natura (edico ingiustizia~ impercioccbè tale mi app3ris5e allora, ed
aDCO adesso mi pare la quale troppo pii! savente
che non si vorrebbe sellÙlra che si pigli spasso
di meltere diseordia Ira le qualità fisiehe e morali di nn povera galantuomo; - e tn, mormoraya tra me, e tn~ degno sacertlo~ ti afi'aticheresti lnlta la vita per trasportare sopra il tua
viso un atomo della tua perletta benevolenza, e
non ci rinsciresti: per6, fermamente io credo,
dietro la norma de' tuai slessi giudizi, che Dio
ti terrà conta di que3ta mortifieazione nell'altro
monda. ristorandotene con usnra in tante mooete
ballanti e sonanti di beatitndine eterna...
- Ed ara che andate voi borbottando Ira i
denti 1 ioterrogo il Curato.
- la 1 pensan a Teodoro, parendomi che Jo
inlelice nomo avesse più meslieri di riposo che
perigliarsi per una natte come questa Dei passi
amari deUa fnga....
- E chi li ha delto ch' egli Ingga 1 Non sa
s'ei dorma adessa, chè questo non affermerei,
ma certo egli posa il suo capo in canonica e,
senza dubbio, sicuro; perchè veruno si attenterebbe venirJo a lrovare.
DI UN liGSOONE:
49
- !\è anche la ginslizia ~
- Nè anche la ginstizia, perehè bisognerebbe
che i gendarmi mi passasscro snI petto...
- Dio ve ne rimerili! - di~-i con effusione
di cuore; pOi ripensando ai casi della giornata
conchinsi: - Quando io avessi speso il tempo
e durato le latiehe che 10gQro e pal! misse, mi
parrebbe avere gnadagnato sempre oltre la speranza, pero che mi sia finalmenle allbattuto nel
levila che .pre le braccia al Gindeo come al
Samaritano. La giustizia ha il carieo di distin·
gnere perchè punisce; la cari là non bada quaI
sia innocente e qnale reo, ma volta alla moltitudine degli afflilti" seoza reqnie gl' invita: - 0
voi chiunqne siate che vi sentite l'anima riarsa
dal dolore, aceoslalevi aile acquedella consolazione.
Ricusato agni risloro di cibo e di bevanda che
il preLe cortese aveva ailestito $Opra !a mensa,
andai a giacermi per dar~ al corpo cd alla spi·
rito affaticati riposo.
Colni ehe afferma nn giorno disuguale ail' altro~ dirà bene per ogni paesc3, eccetto in Corsiea,
perO che colà di esta te come d' inverno per lnnga
seque!a di lempo il cielo, il mare e le glorie dei
firmamento ti appariscano in tullo nniformi per
quiele inalterata, per purezza senza nurola· e per
luce sempre splendida: onde se il pensiero allrove ha bj~ gno di richiamare in cerlo modo
sn le labbra la preghiera di ringraziamento al
Creatore, qui ella si leva spontanea come aurora
50
LA ST<lBlA
dell' anima nel tno intelletto, e b.cia ribaciata
l'anrora della natnra.
- Ed or3 che l'i sentile rifatto di fone non
isdegnerete i doni della meosa ospilale; disse il
Curalo appena rru vide, addilando la larola. Ed
io pres. la sna mano fra le mie gliel. slrinsi e
risposi:
- Giusto, per questa volta, se voi non mi
ave.ste preyenuto, il primo a chiedere era io.
E ci assellammo al desco. Ormai praliro della
usanza Corsica che è di molto inquisire aHrui
e di sè palesare poco, iD non fiatava: pero 5embra che dai moti deI corpo e dallo sguardo io
dimostrassi la inqnielndine che provara nel non
vedenni comparire davanti il bandito: per ]a
quaI casa il Cnrato, apponendosi, mi disse:
- E' fu proprio ispirazione di Dio eondurmi
nella canonica Teodoro; imperciocchè Don andô
gllarî uo' Dra dopa che vi coricasle che i gendarmi gl' investirono la casa: a quanta pare essi
ave\.'3no falto conta di arrestarlo a man salra, e
vi 50 dire se arrovella-ssero, dopa ch'ebbero rovi5tato per ogni carHo e messo sottosopra la casa,
di trQvarsi con le mosche in mano. 10 credo che
nr> parente dei morIo aves;e avulo odore della
veouta di lui, impercioccbè ei si sbracciasse a
perfidiare: - Frngate bene, e' ci ha da essereSentendo il trarnbusto che si faoeva grandissimo,
io mi oondussi suI luogo, studioso ohe ponessero
termine all0 strazio della famiglia desolata; appena giunto, voltatomi al brigadiere, gli dissi:
Dl UN MOSCO~.H.
oi
- Se voi cereate Teodoro, in fede di sacerdole
io vi assicnro ch'egli non è più qni. -- Dnnque
dove si trova egti' Domando ilbrigadiere. - Rd
io: ,"oi non avete diritto d'interrogarmi come io
non ho obbligo di rispondervi. - AlIora Gostui,
stîzzito, ha soggiunto: veramente male s.i cerca
quando il facinoroso offende la giustizia, e il prete
gli regge il sacco. - Ho senlilo il sangne farrru
nn rimescolone dentro, pnre gli ho risposto pa·
calo: - Brigadiere, voi fate il rostro mestiere;
io faccio il mio. - Che mestiere e non mestiere?
fipigliava il brigadiere più intorato che mai;Doi tutti tiriam la paga per servire il governo,
e voi come gli altri. - l'ion è rosi, a!lora ho
replicato di fona; il vostro mestiere v' impone
di procacciare corpi alla pena degli nomini, î1
mio di raccogliere anime al perdono di Dio: ma
cosi favellando, temo essermi 13$iato pigliare
dall' ira e di avere pecoato contro la carità...
- Oh! no, io 10 interruppi, anzi credo che
nei piedi ,"ostri San Giovanni bocca di oro, non
avrebbe sapnto faYellare più giuslo e nè più onesto.
. - Cosi s1a; ma ne dubito: ad ogni modo non
ci enlro trisLizia; ma via tiriamo innanz'Î; approtittandomi delle sbigoLtimento dei brigadiere ~ mi
accoslai al cugino istigatore e presto presto gli
dissi: - Bb! i Corsi mordevano un giorno; di
aiZ1.are i cani si vergognavano - Egli capi e
sbiellô. Il brigadiere, persuaso che l'uccello avesse
levato il volo} messo nn gendarme in sentioella
52
U. STOBIA
alla casa di Teodoro, andO con gli altri a battere
la campagna in cerca di lui. Tarnaüni a casa per
vigilare il ripasa dell'ospite. Teodoro darmh·a im·
provvido della giunta che la fortuna si apprestava
a dargli alla mala derrata. Poco innanzi dell'alba
io 10 destai, perO che la esperienza mi ahbia fatto
esperto come, sopra le altre della notte., in cotesta ora l'uomo rimanga vinto dal sonno e da!
freddo, epperO, inetto a spiare: dispostolo pertauto
ad ascoltarmi, gli mostrai espressa la necessit> di
cansarsi e subito: aspellasse il heneficio deI tempo,
il quale avanza sempre a cill non ha di meglio
in mano: COD la giustizia c'industrieremmo acconciarla, procnrando cbe 10 incastrassero dentro uno
degli indoHi di cui si mostr'ŒO cosi generosi ai
di nostri i potenti della terra, senz'altro perchè
in verun tempo mai come in qnesto che corre,
perdonando, essi pensano apprestarsi più tardi il
perdono. - Rispetto alla famiglia deI morto, non
avendo egli lasciato figliuoli, era da sperarsi che
i parenl! gli .vrebhero rosa la pace e il salnto
mercè qoalche po' di danaro. Una volta in Corsica
a siffatta rimedio non si saria paLuto. rioorrere;
al contrario negli animi crucciati arrebbe messo
il tallo sul vecchio, ma adesso la va cosi: dicona
qnesto coslcme pralicato ab antiqua da papoU generosi; dicono ancara porgere indizio·di barbarie
che si squaglia: sarà; e nondimanca quanta a
me questo prezzo della vila dell'oomo, qoeste
monete intrise di sangue mi rammentano Cristo
53
DI li!" MOSCOXE
confillo in croce, Giuda impiccato aWaihero c
mi cacciano i brividi addosso. ln questo mome.~to
Teodoro con la barha rasa ed i capelli tosati,
vestito da prete, si atlretta con passi aceelerati
verso Aleria: alla face deI Tavignano troverà
barche da traghettarlo in Sardegna. Dopo avere
falto quello che stava in me, l'bo raccomandalo
alla misericordia di Dio.
- E va oltimamente raccomandato; perchè
sè Dio chiudesse l' oreccbio aUa vostra raC'.comandazione, io non so quale altra creatura possa
sperare essere esaudita da lui. - Egli l'orrà
perdonargli di certo, dacchë, se Don erro, Teodoro è di quelli cui va perdon.to molto perchè
ha molto amato.
- Yoi 10 avete delto: altrov"-Ia sorgente dell'odio shocca accanto quella deU'amore; qui al
l'opposto il seme stesso dello amore frutla odio:
gosi natura caogi6 oostume; ma come mostruoso
e contrario ad agni termine di lei non puo fMe
a meno che non ripigli l'ordinario cammino.
- la r ho per sicuro: ma Dra ditemi, uomo
dahbene., e non lemete che sospellino voi aiutatore dell'omicida j parenti deI morto~ E dove ciO
accada, oh chi vi salva dalla cosloro vendetta 1
- Anzi a quest'ora non pare 10 sospettano, ma
o sanno; per ta,nto io non carro un pericobal
mondo, imperciocchè da tempo immemorabile i
saccrdoti rimangano esclnsi dalla vendetta: ricat·
.tarsi co' preti sarebbe tenuto pinttosto il finimondo
La Sloria di un moscone.
4-
5~
c1,~
U sTom
iniquità: pero non mi raflido a questo, bensi
al procedere nelle opere mie affatto scevro .da
spirito di fazione: quello che oggi feci per Teodoro, farei domani per lnlti e per talnno de' cn·
gini di Luciano, imperciocchè essi sappiano come
il primo debito di pastore per me si riponga a
prevenire le inimicizie e tOrre vi'a le gozzaie e
mantenere il mio pOpolo in pace., la quale quante
volte per snggestione deI demonio venga turbata
m~arrangolo a raumiliare gli animi infelloniti e
farti capaci della virtù deI perdono. Talora ne
.engo a capo: ed in quel punto se levo gli occhi
in sn, parmi di vedere oltre le porle spalancate
deI paradiso Dio con la mano all'aria per benedire la terra; se non riesco, non mi abbandono;
al contrario meUo cgni industria affincbè la offesa non chiami la offesa. Mancata la ragione di
perpetnarsi la vendetta, col tempo si attnla, poi
i consigll dei prndenti e i preceUi della religione compiono il Pesto. Questa casa considerano come il porto di tutti i nanfragbi.
- E chi vi fn maestro in questa via? - non
mi potendo ratlenere escla.mai commosso.
- Chi maestro 1 E non siete voi cristiano'
Comecbè voi mi ndiste favellare con Teodoro
di sacri canoni, fatto sb che io non ne conosCO
niente. Da questo uDico in fnori, io non pos~
siedo in casa altTo libro; questo il mio maestro
e la mia guida. COS! f.vellando egli .perse la canlera deI tavo-
lm
lino, donde tratto fnori un libro, 10 pose din,nzi
a me: era il Vangelo, e vidi come egli ci avesse
DI tl" !I0sc0NE
scritto su i margini non poche chiose ed anco
tratteggiato parecchi immagini rappresentanti le
parabole di Gesù al modo cbe la fantasia gli veniva detlando dentro. Lo baciai eglielo resi dicendo:
- Cotes!O è viatico bnono per qnalsivogtia viaggia, ed anco nei più Innghi ne avanza. Adesso,
se la mia domanda non vi riesce indiscreta, io
varrei che mi chiariste di certa cnriosilà. Voi avete
a sapere come, quando io misi il piede sopra la
$Oglia della casa di Teodoro, mi comparisse tntta
la famiglia di lui invasa di forore rovinare addosso
ad un moscone; la mia fortuna, secôndo l'uso, ardino cbe io rilevassi non pochi col pi destin'ti aIl.
distrnzione dell'inselto, nè qui si rimase la mia
maraviglia: Teodoro il qnale mi era procednto
.fino a qnel momento pinUosto panroso che canto,
di subito postergato ogni rispetto, prese ad imbizzarire COn gli allri per modo che se io non
10 avessi tennto, egli sparava contro al moscone
10 schioppo.
- Cotesta, il curaLo rispose, è snperstizione
generata da nna antichissima sloria, e rimasta
.ncor viva nella mente dei popoli. Ho il falto ;0stro: certo fuoruscito delle vostre parti ricovr6 in
Bastia domandando ospitalilà, e l'ebbe quale possiamo darla noi, parca ma schie!la: più tardi il
goverDo per non sO qn'li ubbie 10 relegava in
qnestopaese. La relegazione nello esiliol E' piovve
56
LA STORLA,DI 'Ci YOSCO:\t:
propriosnl bagnato. 10 10 raccolsi poveroeinfermo,
con la mia taua 10 disseLai;o col min pane il nutrii, insomma m'ingegnai di temperare il freddo
aU'agnello 1083tO; in fede di sacerdote, e' si poten dire scorticato .ddirittnra. Egli, in :;ollievo
dei ledio mortale che 10 nccideva, cavo parte dai
lihri e·parte dalle tradizioni alcnni falti bellissimi
della storia cOrsa, e qnesti descrisse con amore
inestimahiie; se con garbo, pari non 50, chè io
sono nn povero prete e di simili novelle non
m'intendo: venite meoo, io vi donero gU scrîtti
deI povero esnle, e dandoli a voi intendo farne
restitnz!one ana sna patria~ dacchè resule., giusto
ora fa l'anno, trapanato nel cnore dal male dei
paese moriv~ nè veruuo camparve fin qui a raccogliere un retaggio di scartafacci, n~ vado sieuro., comparirà. Qnale allegrezza per la profferla accettissima
sentis5i, io Don diro e nè manco quante graz-ie
gli rendessi. Altri ragionamenti lra me ed il Curato con reciproco diletto alternaronsi che qui
non monta riportare; per ultimo, il sole orrnai
facendosi alto, presi coogedo dall'ospite genlile,
Don senza rieambiarci moIti e cordiali saluti e
promesse di averci a·rivedere a Bastia: le qnali
poi la fortuna vieto che sortissero effetto.
Eeco pertanto la s{oria deI :Uoscone quale io
la ricavai dai manoscritti dell'esnle italiano.
PARTE SECO:KDl
• . . . . deniqae eu.:u pd:leipes tJra:mîce impe• rnrellt. ropululi CO!'SU'S armGql!t ir.d!lit. et li~y• talem clamant. ~
PEntes CïR...'Œt:S. De reb. corsicis.
p.
Questo che ho preso a raccontare é fatto anlico:
dicono che accadesse snI finire deI 5ecolo decimo prjmodopo laincarnazionedel Dostro Signore
Gesù Crjsto, od in quel torno; ed io giudicai profitlevole rinlrescarne la memoria, come qnello che
ci porge testimonianza dello' avere i Dostri padrî
alleso perpeluamente da' tempi più remoti aU ammaestrarci con gli eseropi deI modo col quale la
libertâ acqnislata si abbia a manteoere e perdnLa
ricuperare. Ammaestramenli ed esempi che le
odierne generazioni 0 ignoranti non canoscono., 0
stupide obliano, 0 codarde non pure non imilano,
ma con ogni maniera iniproperii vituperano..
Che se a taluno pigtiasse vaghezza interro·
garmi, d.iGCndo: - Dunqne a chi scrivi'j RisponMrei mesto coi versi deI poeœ:
• 10 vo passando î 1 mar, passando le ore•
• R lorece
d~gli ~ltrui
canto i miei earmi. •
Ed oltre quest3, a vero dire, sovvengonmi allre
as
L,< S'tOlU"
l4luse migliori, le quali sono: uon darsi terreno
dove, per quanlo tristo egli si>, qualche grano dei
seme sparso non atteechisca: ogni nomo cui prema
da senno esser~ non parere, magnanimo, ha da
tirare innanzi per forDire la sua ora senza volbrsi
a dietro per hadare se a1lri 10 segua. E siccome,
mirahile a dirsi! noi a1tri ltaliani non possiamo
o sappiamo dire e fare cosa gentile senza che qualche maestro antico Cl somministri r eloquîo 0 il
consiglio~ la mente uostra si rioonforta nei versi
di messere Francesco Petrarca:
c Pochi compagni avrai per questa l'ia;
Tanta li prego io più~ gentile spirto,
c
c
Non lasciar la magnanima tua impresa. )
Per ultimo, se occorre annoverare disparecchi i
quali portarono le inani violente contro sè medesimi, ,ernno si legge che godesse il bene delle intelletto gli occhi dal proprio capo strapp<>: ora
éh'è mai far getlito della speranzase non cavarci
gli occhi dalla {ronte? Anzi peggio, imperciocchè
la speranza sia la luce delYanima. Questa"spenta,
il buio deI sepolcro ti circonda, e non per tanto
tu yivi! Qnello che Caligola nella sna sterminata
malignilà desiderà senza mai poterIe conseguire,
tn acquistasti, ed in tuo proprio danno adoperandolo ti condannasti a sentirt; morire. Veruna presuma sapere quanta parte di cielo rechi seco la
speranza quando muove dalle divine àimore a consolare, come colui al quale dalla speranza in fuori
Dt tr.'! MOSCQKR
non rimane altro bene nel mondo. 10 10 conosco a
prova, la speranza sovente li abbarbaglia affinchè
il tuo sguardo non veda che la sua via procede
sopra un pavimento di ossa tradite; io 10 conosco,
la speranZ3, quando te 10 aspetti meno, ti bacia in -.
volta e, snsnrrandoti nell'orecchio: riposa in pace~
ti addita la bocca deI sepolcro aperta ad inghiottirti. In quel punta il tuo cuore geme pei desideri.i~
pei concetti e per gli affeUi che scendono tecc a
chiudersi nella medesima fossa; orIDai la tna vila
si risolve in un gemito 1)on bene inteso~ e tuttavia egH comprende una eteroi1.à di affanDo. Non
importa: quantnnque nessuno degli Ebrei liberalo
dall~ mano di Faraone fosse sortito ai riposi della
terra promessa, non per questo ei si rimasero
dal traversare con pian te infaticate il des,erto.
Quando ogni aUro liquore mi venisse meDo,
io vorrei propioare aUa speranza con le n1time
goccie di sangne delle mie vene.
Ad ogni modo chi scamhierebbe la nostra speranza, la quale consolando ravviv3, con la potenza
dei nostri nemici di Iormentarsi tormentando?
Qneste le ragioni che mi persnadono a fare, in
difello di meglio, opera d' inchiostro.
§ Il.
Lo idioma che i miei personaggi adopreranno,
certo sooera di verso da quello che a cotesti tempi
veramente correv", pero non tanto come a1tri si
potrebbe immaginare. Senza dubbio non ti gra-
60
LA STORU
rH U~ ltOSCO:-iR.
verai la cosdenza se le carte de! re Berlinghieri,
dei signori di Corte, di Angiolo, conte di Corsici
e di Giglia sua moglie, ed altre silJ'tte con le
quali si donano ai monasteri dei ,",nti Benedetto
e Zanobio d'Ilaria, Mamiliano di Montecristo e Stefano di Venaco, campi e foreste tu repnterai fabbricalt nella quiete de! cbiostro, d,i pii œGobiti pel
fine lode,olissimo di fuggire roria e Îs.!itnire se
stessi eredi universali deI genere nmano. Ciomesso
in sOOo, male per loro si pno rendere !estimonio
cbe lïdioma italico iu cui li vediamo detlati foS>e
qnello che al tempo della lorD dala si parlasse 0
scrivesse:enondimenoci parrebbecommettere gra.
ve errore rifiotando l'antoritâ della iosigne 1...0d0eovico :llurat{)M che assicnra es5ere slati i COrsi e i
Sardi, tra i popoli ilaliani, primi a .alersi delb
lingna che oggidl si chiama volgare (!). Di cio ne
parre debito tenere proposito, perchè il pregio
alltico si metta salla bilancia della giustizia per
conlrapposto al biasimo che cotesti isola ni si
procacciaoo con 10 strazio che .i di nostri me·
nano dello idioma matemo.
bari, andassero a precipizio in ltalia e come poi
per virtù delle industrie greche a nUO'\"3 vita sorgessero. Ora tnllo qnesto tieni novella. Che le arti
di mana in mana decadendo non conservassera afmai più -restigio della eccellenza antica, male si potrebbe contrastare; pero qnesto non accadde prim.
deI secola nndooima: e Roma~ comechè agni giorno
andasse di male in pcggio~ pure nella piltnra. nella
scultura e sopralullo nel mosaico più che potè ri·
lenne un nggio della beUezza antica. Dopo il secola decimoprimo il buio dhçnto ugnale in agni
luago rosi in Oriente come in Occidente; e davvero che rosa mai potes&ro i Greci insegnare ai Latini in qnei giorni d~jra di Dio Dai DOD sapremmo vedere. Guard,Ll<li grazia nn qualche Cristo
condotta dai maestri greci e coofessatemi poi se j
Giudei conciassero il sno corpo ~ crato con gli arnesi della passione più fellon=mente di qneJlo
ch"eglino la sna immagine co' penneUi f:!cessero.
Caso mai sopra pensiero ti sia avvenuto metterti
in ginocchio dnantî ale ni dei loro sauti, nel vol13re gli nechi in su ti deri per fermo essere
sentito gelare la preghiera sopra le lahbra., e che!o
cheto ti sarai qnindi allonlanalo per panra che il
santo saltandoti al collo ti votasse le !asehe. Dio mi
perdoni anche qnesla. ma tra i sa"li greci dipinti
e Satanasse non mi sembra che corra dii"~rio, 0
se ci corre. torna in -ran.taggio dell'ultimo. la non
soslengo mica che tnUi i garwncelli Jl'lstori trat·
teggiassero pecore con lz tara pnrità delle linee
§ 1I1.
Tu avrai, amico leuore, trovato per 3'fVentura
sn i libri come le arti dei disegno, colpa dei h.r·
(1) J doeumenli eitati apparlerrebbero 3. tempi aneo più re·
moti dei seeolo ,Xt; diIftda de.fia loro autenlicîLi. il lIaratori.
pure 3tl'erma ï ~dl e i C{lrsi Priroi a seriyere gli attÎ pubblici iD: vo/gare .of~ticht.~. 'iomo U. p. 9.l..
;
,
6t
fi!
L! S'OllL<
di Giotto, onde ebhe a trasecolarne Cimabne, ma
neancbe polro capacitarmi cbe i padri nostri di
tanto andassero diseredati da agni senso di arte
che i dipinti loro al buio non operassero mena
male dl qnello che in pieno giorno i Greci deI
basso impero facessero.
. Forse non senza consiglio la provvidenza ordino
cbe ogni vesligio dell'arLe anlica cessasse percbè
la nuova sorgesse. Fu scopo dell'arte antica indiare
la materia; della nnova per conversa infondere la
divinita dei nostri cnori di carne: qnella oso traslerire nell' Ûlimpo gli errori, i fl1l"ori le colpe e
le foUie nmane, qllesta.condnsse in Lerra la bonta
di Dio. Davanti ai simnlacri di Bacco per tanta
Lerreslre leggiadria giocondi si capisce facilmente
come i suoi adoratori dovessero sentirsi commossi
a propiziarselo con nappi di vina spnmoso, a pero
colere co' pie' irrequieLi il terreno in caden~ cantare innj~ rincorrersi brandendo tirsi') e llomini e
donne alla rinfusa smarrirsi con ischiamazzo infi~·
nito per le ombre delle selve discrete. Mira Venere, cbe ancbe adesso in Firenze ha virro di sa·
tnrare l'aria di volntta, e non. maraviglierai forse
dell'amorosa insania dei giovine Gnido per la sna
effigie di-.mmno; ma qnando l'Ulllanita contristata da angosce senza fine amare, ebhe sete
deI soUievo deI pianto, di esempi cbe le insegnas·
sero a palire, di fede che ad acceUare il marli·
rio come snpremo trionfo la disponessero, di qnal
profitto potevano rinscirle coteste imagini volnt-
DI ml 1I0SCO'E
tnose~
63
Coi ricordi 0 co'frammenti della vecchia
arte, come ritrarre la madre e l'amico che il figlinolo e l'amico accompagnano al snpplizio~ Come il Divino Innocente che muore in testimo·
nianza della sna dottrina, ed offre ginbilando il
proprio sangne per tntti, anche per qneUi cbe con
lnngo tormento glielo cavaDo'dalie vene~ Sacer·
doti crudeli attribuirono a Giove i folmini e l'a·
quih, ministra dei snoi fl1l"ori, ed anco Gesù detnrparono mettendogli la folgore in mano e parole d'ira sn i labbri; ma Gesù morendo non seppe
trovare parole che non fossero di perdono e di
benedizjone pei suai stessi uccisori.
Solo dopo che la vecchia arte ando affaUo dispersa poLè iniziarsi la nnova; e se., come nella
regione delle arli, senno e fortuna ci avessero
sovvennto in quelle troppo più importanti dei
vivere civile, non avremmo mai consenlito ad in~
vitire la nostra fama credendo e facendo credere
che agginnLando la toppa nuava sul mantello t'ev
cbio, contra il precetto di Gesù Cristo, si passa
riuscire a bene.
Ma il passalo fil mietnto dal tempo; a Dio
piaccia che a chi 10 balle sia largo dei grano
della esperieDza.
Il mio racconto incomincia a pie'della immagine di ~aria, madr~ di Gesù, assai lodevolmente
condol1a in mosaico. .come si trovasse in Corsica
in casa di Arimani non riesce malagerole indoviDare, pero che presso Freto, dove accadde il caso
6t
LÀ ilTOBll
argomento della mia stori~ SOfges.se Bon-irazio,
terra fino da cotesti tempi abilata dai Genovesi, i
quali anco prima saUrono in rama di mercatanti
wlenni; ara ogni uomo sa come i Genovesi aDdaosero pel mondo cavando le derrate dalle regiooi
che ne possedevano abbondanza per trasportarle
Delle altre che ne pativano inopia; nè circa la
qnnlilà della meree stavano troppo a gnardarla
snI soUlie; paoni 0 Madonne egli efa toUo nno
per loro, bene inle>o a qnei tempi - oggi poi
sarebbe diver~; aDzi q'uando ci ayessero badalo,
avrieno creduto rare opera buona in questo mondo e per quell'altro propagaodo la fede e gua~a­
gnando al punto stes50 danari. 1 Genovesi co~­
pravano madonne a Roma e le barattavano 10
tanto olio nell. isola. Cosi almeno ml sembra che
dovesse stare la faccenda; se a talono Don garba,
diea la sua; io per me ho detlo la mia, e senza
più oltre impacciarmene incomincio la storia, ché
sarebbe tempo.
§IV.
_ Salus infirmorzlm. bisbigliava noa donna, ~
nn'allra rispondeva:
_ Refugium peecotorum; e la prima da capo:
_ Consolatrix af!lictorum. ed .spell.va la risposta, quando di un tralto senli halter:;i $OPra la
spall. il capo dell. sn. comp.gna nella pregbier••
come se viota da soverchio affanno si abbandonasse. Di quesle due uoa la m.dre e faltr. era
DI r~ "OSCO~E
65
la figliuola; sicchè se la madre si sentisse denl:-o
scbiantare il cuore" pensatelo voi: pure., Don si
smarrendo in qnell. angoscia, slese le mani pronte
e soslenne la sua diletta mentru.hè cascava, le
asciugo il sudare e frattanto garrendola le diceva:
_ Obimè! cb'è qnesto, Labili. ~
_ Signore~ rispose l'aUr-d. con piœola voce"
mi senLo morire... gia siamo in fondo aIle seconde
litanie e non si vede... m3dre 1... DOO si vede.
_ E noo si deve verlere. Gia te oe ho f.lla
capaee; perché le litanie operino, bisogna, cnor
mio recitarle Lre volte almeno. Tu capisci che 10Dan~Î ch'elle arrivino COSUlSSÙ in paradiso tempo
ci -rnole; e poniamo che la Beata Vergine non
melta iodn.gi.o ad accoglierle e presentarle al sua
divino Figliuolo, nè qn~ti ad esaudirle, essendo
l'una e l'aUro lesoro di misericordia iofioito, aUra
tempo ci ruale per mandare giù la persuasione
a smorere il cOOre dei cristia:l.Î, i quali, comechè buani, non possono avere sansa di misericordia dirioa: oode non Li paia Lroppo il wrmine che metteremo • recitare tre volte le lita·
nie della \ergioe avvocata oostra.
_ Cos; faro, m.dre; e tale favell.ndo, Labilia
leve) il capo come fa l'elilropio al primo raggio
deI sole che 10 ehiam•.
_ Chetatevi! È più di un'or. che ~ noi.le
con cote.slo vastra faslidie\"o!e brontolio... cbetaten!
Cos; .di"e voce, ne d. cui mov~;e compariv~,
LA STORB.
66
impercioceM la stanza, eccetlo breve zona illn·
minata dalIa piccola lampada accesa davanli alla
VergiDe, aDdasse sepolta nelle lenebre: solo al
cessare di qnella fn 'udilo l'ulnlato di due caoi
quasi volessero plandire 0 piuttosto confermare
la sentenza.
La donua altempata, che auche dopo selte se·
coli io non mi attenta cbiamare veccbia, con bal·
danza femminile rispose:
- Noi nOD partiamo teco, Volello, bensi con Dio.
- Be'! Che monta ~ Se anco con lni usaste
melà meno parole di quelle che solete sprecare, ci gnadagnereste nn tanto.
E i cani dietro tenoero il bordooe. Non per
questo la donna cessi>, cM anzi piil pelDlanle
che mai prosegni va:
- Tu pensa all'anima tua, e Dai lascia, come
crediarno, provvedere alla nostra. Sta a vedere che
mi toccherâ a sentire anco qnesta, che per reci·
lare le oraziooi di santa madre Chiesa r.ommette·
remo peccato.
- Taoto non dico, donna, dico solo che nelIa
mollilndine delle parole non isla la orazione, e
Gesù Cristo 10 ha insegnato. Pure anche a cii>
diarno di frego: tn peri> non mi vorrai far cre·
dere che lnlto questo tempo tu abbi messo a
pregal'e.
- Poniamo che sia cosl, e a le che importa ~
Le donne hanno segreti tali che, eccetto alla Beata
Vergiae, Doa possoao essere confidati a persona,.
Dl UN MOSro~E
6'
- Qneslo non e, non deve essere, per Dio
santo! urli> dalle tenebre la voce corrucclata, in·
tanto che 10 slrepito deI pngno percosso sopra
la tavola accompagnava il grido - non vi hanna
segretl pel padre di famiglia; io solo signore e
padroDe qui - e poi con voce pin blanda ag·
giongeva - se la moglie nasconde la sua anima
al marilo, come formeranno essi una carDe sola~
La donna, la quale aUa prima parle deI discorso
aveva levato il viso in su come il gallo la cresta,
si senti taUa raumiliata dalla ultima: onde non
sapendo rispoodere cosa che valesse in mezzo al
brontolare dei cani, continuo le litanie.
- Auœilmm christianorum, disse ad alta voce,
e l'aUra rispondeva':
- Regina Angelorum, e casl di segnilo, senonche complici per Islinto andavano di mano
in mano favellando pin basso, e allora, poste le
litanie da parte, la madre bi.bigliO nell'orecchio
alla figliuola:
- :lia gli hai proprio delto quello che ti aveva
suggerito ioCJ Ti ha egli promesso di venire? Ti
avrebbe !lato per avventura licenza~ Folle che
snno! queslo non pui> essere. QuaJe impressione
gli recarono le tne parole~ Ammutoli~ Impa!·
lidi~ Svenne' Insomma, parla; fammi sapere
qualche cosa. Signorel Torrei pinttosto a cacciare fuori i denti a santa Apollonia che le parole a questa benedetta figlinola.
- Adesso che tu taci, favelleri> io. Egli andava
68
L.A STORIA
innanzi e io dietro, parlanda, come si dire, a baslaai roUi~ finchè non siamo arrivati alla f,rrotta
dei santo: allora io gli ho detto: - Entriamo,
Piobbetta, ho da discorrerti; - ed egli: - Oh!
non possiamo discorrere bene a meglio anche a
cielo aperto? oh! che cos> ahbiamo faltn finora~ - No, risposi, entriamo; importa che ci si
trovi presente il sanlo. - Proprio solto la imma-
gine di santo MaroiLiano, io gli ho detlo cosi: Piobbetta, da indi in qua Dai non ci abbiamo più
a rivedere. - E quaI è calui che 10 impedisce'j
ha risposIO'Piobbelta, facendosi prima bianca e poi
di fuoeo. - La onestà; armai mi sono fatta da
marita. e disdice aUe tose seguilare i garzoni per
macchie e per balze nella gn.isa che costumammo
jnsieme fin qui. - Ma non sei la mia promessa
Labilia" - Sono, ma non isposata, e tra la maoo
e il fico il diavolo qualehe volta caccia la coda. Come? - Tra la mano e il fico il diavolo talora caccia la coda. - Ma queste non sono le tue parole? Chi
ti melleva in capo pensieri si brnlti? - Ed io per
panra di tradirmi ripigliava presto presto: Dunque
perchèuon m'impalmi?Solo quando metterai la tua
rnano deiltro la mia prenderai possesso di me, e di-
yenLero cosa tua; e- se tanta questo li cale, di"
Piobbetta, oh perchènon 10 faW - Perchè? perchè?
egli ha delto, scotendo le spaIle, e pareva interrogare sè stesso come sgomentc. la allora soggiunsi: - Senti, Piobbetta, quello che mia madre li
manda a dire. - Tna madre mi ha mandato ;.
69
dire tntto' quello ~be hai detto fin qui - egli ha
saggiunto. - Bene, duoque senti il resto: casa
mai a tua padre e a te facesse scomodo di pagarmi 13. dote, non vi resta te per questo; chè eUa ha
raggranellat.o parecchi bisanti d'oro, i quali vuoJe
darvi in segreto amoche voi gli sborsiate per
meta (1) al padre mio, e facciamo in pace le nozze, purchè la cosa rimanga fra DOi. - Etna madre ti commise favellarmi di questa maniera Cf Si, proprio lei. - AUora, dopo essere stato al·
qnanto sopra di se, ha detto: Tua madre è donna
di molto cuore...
-'Ha detto? Oh! il Signor 10 benedica.
. - Aspetta, perche ha aggiunto: - e di punto
œrveUo. Stasera verrô con mio padre; ed e uscito
daUa grotta zololando, lasciandomi incerta se
conœnto 0 no; onde io vi'fO in pena.
Gisla, cOlta aUa sprovvista dal giudizio ,finale
di Piobbetta, era rimasta a bocea aperta: 5enonchè essendo il suo sbigottimento indi a breve riDI UN MOSC01'Œ
(!) Gli uomini 1111 di comperavano le mogli: Questo rostume
pratieatono i Gred e i Germani per testimonian:za di Tucididè
e di Tacito; !ra i Longobardi e
j
Franchi tu costanle; pres-
i primi ciô che i mariti davano per dote aIle mogli chiamansi meta 0 methium 0 m.ephium; oltre la mtta erano te-mui ~ costitttire il morgineap. m(Wgan{Jeba MURATORI. Ântiq.
ital.. t. 1. p. !OO. Più di nna fa!lcinlla. leggendo questa nota
50
forse esclameril:
o bei perdut! tempi
Deh' dove siele 01' voi!
P.erthè non tornano questi barbari. i Quali noo solo pigliavaoo
moglie Sênta dote, ma eglino stessi la pagavano?
lA Slorfa di
un moscone.
5
70
~ LA. BTORU
masto, chi sa quaI dilnvio d'improperii av;ehhe
rovesciato sul capo dei garzone, là dove la porta,
Gigolando alla improvviso sui cardini~ non si
f<l55e 'perla, e quindi comparso Piobhetta con in
mana nna grossa sehiappa di pino accesa, dielro
Ini sno padre.
Diamo nno sgnardo a Piobhetta, che là fermo
sul limitare, campeggiante nel vano della porla
e dalla Ince vermiglia della sna fiaecola illnmi·
nato, è heliQ a vedersi. Lo cnopre da capo aUe
piante nn panno tessnto di lana fosta, Sùmiglie·
vole assai alla clamide greca, ~ se moi meglio~
al manto cni da tempo immemorabile costnmano
porlare gli Arabi; poche le pieghe e rigide, rome noti dei dipinti deI snpremo maestro dell'arte
Giotto cd anco nei disegni dei Flaxman; fnori
deI cappnecio a mezzo rovesciato sopra le spalle
este il capo, mirahile per ciocche di capelli lanto
hene dalla natnra disposti che meglio non "'.
prebhe la iodnstria; qnale ne fosse il colore snprammodo difficile,peroccbè snperficialmente pendesse all'oscaro, Ina seompigliali appena di sotto
appariva fulvo: foltissime le sopraccjglia~ coprenti
moita parte degli oechi, le pnpiUe dei qnali, ri·
verherando il raggio della fi3ecol., scintillavano
al pari di queUe deI leone; sqnadrate le gnance
soltili le lahbra e sanguigne cosi da sembrare la
margine Lli una ferila: aggiungi le nari affila te
nei contorni ed nna vena perpendicolare nel mezzo
della Crante che, per poco egli aggrondasse, gli
l>l U" JlOseONE
71
sbalzava fnori pa'lpilante; e te ne an<irai persuaso
che la risolnzion€'~ qualora avesse volnto pigliare
sembianza oman., non ne avrebhe tolta nna di·
versa da qnella.
Senza movere un passo, li ritto snI limilare,
salnto:
- Sia landato Gesù Cristo!
E daUa stanza gli risposero talti:
- Landato sempre sia!
,olello della Selva, rattizzando con nn palo di
ferro le legna snI focolare, ne snscitO la vampa,
siecbè la slanza trahoccava di Ince come se ar·
desse- Labilia naseose in fretta la faceia nel seno
malerno, adesso accesa. di subito rossore, come
ce l'aven posata dianzi pallida di 3nsietà; ed a
ragione, cM nomo mai non fidi trovare nelle
procelle della vila porto più sicnro deI séno della
madTe. Allora si tirarono innanzi Piobhetla e
Zanicio padre snn, per la capigliatnra prolissa
e per forza più che nmana famoso. ,olello dis.,"
loro:
- SOOete! egli poi, levatosi in piedi, ando
all'armario, donde trasse fuori una zuCta di vina
e tre ciotole smisnrate; dopo averle empile, ne
prese una per sè e, con voee che pareva comanda ed era invito, sogginnse: - Revele 'foi
a\tri. .
E quelli bebbero di nn fiato. Alle tenere don·
zelle d'oggi non garberebbero amanti cosi prodi
deI bere~ ma ai tempi di cui ragiono la faccenda
72
LA. Sl'OB.U
cammina.a altramente; ed era bere· molto senza
inebbriarsi prova di g~gliardia, come già 10 fn nelle
epoabe eroiche caotate da Omero e dagli altri poetl
. delle antichissime schiatte. Allora un garzone
tracannava una t.azza quale un uomo della nostra età potrebhe smovere appena, ma cotesto gar·
zone valeva altresi come Ettore a palleggiare un
masso, 0 come Ajace una trave~ che quattro nO·
mini adesso con 'molto sforzo non basterebbe a
tenere su. La provvidenza sembra che accomodi
il potere al volere: allora l'anima fremente trovava carpi disposti aIle batt.aglie della vila; ades·
so j'anima intirizzita si appollaia dentro membra
acconce a dormire un sonDO lnogo d'infamia e
di servitù.·
- Volello, incominaiô Zanicio forbendosi col
dosso della destra le labbra, immagina IlD po'la
aagione per la qnale Piobbetta ed io siamo venuti
questa sera a trovarti1
- 0 che faceio 10 astrologo io per entrare nel
cervello della gen le?
- 0 come non te 10 immagin~ marito mio '?
Ù non 10 abbiamo finora aspettato? E il tno ravello non nasceva dal sun indngio a venire? disse
presta presta Gisla, la qnale, compresa da ioesti. mabile ginbilo, non fu capace a frenarsi.
- Chetati! le impose il marito tutto .arrnffato pestando il pavimenlo; quando il padroce
parla, il servo ha da metters; il frenello alla bncca.
- Oh! io aredeva che tn 10 sapessi, continnô
DI UN MOSCO~E.
73
Zaniaio facendo le viste di non avere ne maneo
ndito coteste parole; mirate nn po' quanto la
gente s'inganoi! ma qnesto non fa caso, te 10
significherô succinto: vuoi lu concedere 0 DO la
tna figlia Lahili. per legittima sposa al mio figliuolo Piobbetta?
- La tua domanda è buona, nomo dabbene;
come pero tn mi cog\i alla sprovvista, e le cose
gravi meritano essere considerate con fondamento,
posdomani... 0 domani...
- Che domani 0 Don domani '? interrnppe Gi·
sla, non potendo stare aile mosse; qui non ai
casca indugio, e come puoi dire che la domanda.
di Zanicio ti coglie alla sprovvista î
- Chétati!
- Se non facevamo altro che parlarne quoti·
dianameute a desinare e a ceDa.
- Chétati'
- E la notte... nel letto... tn.., tn stesso mi
svegliavi per favellarne 3. hello agio.
Valello ormai vide ch'egli era disperato a so·
- steuere le parti di AThanese messere; pero Gisla
non l'3\Tebbe passata tisaia, ahé da quel suo perfidiare Volello capiva essergliene venuto scapito
nella repntazione di nome ingenuo: ma Labilia
e Piobbètta non gli \asciarono termine a inviperire, sopraggiungeDdogli addosso da nn lato e
daIraltro; e quantuDque non facessero motto, nondimeno COD gli occhi, con le mani, con Lutta la.
persona dicevano;
74
LA 51'ORI.
- Consentil
Volello, come se nn lampo improvviso 10 abbagliasse, chinse gli ocehi, poi lento lento li riaperse: i primi oggetti che gli si pararono davanli
forono cotesti due carissimi, chini alla sua presenu; - li prese pel capo accostando soave~enle l'unD verso Yaltro: toècaronsi, baciaronsi,
mtanlo che allo slrepilo dei casli haci fa eco la
henedizione patern.. Quasi tocehi da comnne
islinlo levarono loslo la faccia e al pnnlo s!esso
al'piccarono le labbra lremanli sopra le guance
dei vecchio. Forse in oota degli an ni finiva in
copia nelle vene di Volello il sangne generoso, 0
forse, come credo pinltoslo, cotesli labbri giovanili trasfusero in Ini parte deI rigoglio vitale che
gli animava; fatlo sta cbe le sne gote rifiorirono
nei lieli colori della primavera della vila. -Per
ferma non fu astio, non fu gelosia, bensl immensa cnpidila di affetlo qnella che mosse Gisla ad
esclamare in 5Oono di lamento:
- E mef
1 giovani dalle braceia deI padre volarono a
quelle della madre, che per poëo non isvenne e
forse cadeva se erano meno pronli a sorreggerla.
L'assettarono sn di nna panca, mentr'ella con un
gemito proprio deI cnore bisbigliava:
- Qnesta è dolcezza vera! Dio mi perdoni,
ma per me credo che di più non si goda in paradiso.
Zanicio aUora di"e a Volello:
.
.DI UN
HOSOO~E
"'"
-G'~
~ C()f{Π~J 75
~ LasclamolL là, chè meglio ~hero
stare: noi vecchi ragioniamo delle
teneoti
al p.renlado.
- E bevi.mo.
- E beviamo.
Zanicio aveva ragione. l gioYani da un lato
stringevansi le mani intrecciate lntorno al coUo
della madre, dall'allro sul grembo di lei; si guardavano fissi deotro le pupille, come se da colesta
visione emanasse 10 spirilo che animava il cuor
lorD, e
no~
proferivano parola. 0 donzelle, se
veramente mtendete amore, non favel1ate Dei dolci
ritrovi, e se vi paia che l'amante vostro stia per
aprire le labbra, voi glielo impedite, mettendoci
sopra le rosee dila. Se il lremolio delle pupille
se il battito delle arterie non valgono a palesarvi
gli arcaDi deI mntuo amore, voi vi affidate alla
parola indarno. La parola, quanlnnque !ieta e se·
ren~ è sempre aube traversa il raggio dell'anima; se trista 0 procellosa~ 10 ecclissa interno. Non
sempre, certo, la parola inganna; e LuLtavo1ta sempre la creatora umana rimane delusa dalla parola; ma veruno pnb costringere l'occhio a men·
tire il haleno della amore, nè le arterié il sus·
snllo dei sangue rimescolaio dalla passione. Se
l'uomo potesse tanto, che cosa mai rimarrebbe
ai demonii<t
- Su questo tasto opererai da savio a rispar·
miare parole; perchè lu vedi, qnesta figlinola ho
sola, e dei bene di Dio non patisco diffalta: non
76
LA STORIA
si mole negare il boario, il terralico, il fodero e
lc allre angherie, le quali di di in dl aUnngano
i denti, scemano il raccolto e di mollo; nondimanco, pagate tutte le laglie al barone e tulte
le decime alla Chiesa, ..anza tanto che basta;
dnnque per Lahilla io non vo' meta nè morgangeba; bnta non devono eredare il tua e ~ mio.~
Que;te case d.i;correva ,oleUo, alle quall zamcio di rimando:
- Pure il costume ordiua che il marito paghi la dote alla moglie, pero che altramente sembrerehhe ch'ei non l'avesse in pregio: e poi,
chi semina provvidenza uon raccalla -penitenza_
- E penitenza non ci pno capire, eccettochè
Lahilia restasse vedova senza avere procreato figlino\i. Ora, zanicio, gnardali i nostri figlinoli .._
e dimmi in coscienza se abhiano cera da questo.
- E sI faveUando, col pollice deUa destra levato
accennava per di sopra le spaUe i dne amanti.
Zanicio, shirciatili nn cotai poco, tentenna il capo
sorridendo e dice:
- In fede mia, non mi pare che abhiano garbo
di commettere tradimenti siIJalli.
- Dnnqne tn yedi che io non esco fnori deI
semin3to: qnanto al restante, Gisla apparecchio,
io pen;o, dal di che mi5C al monda questa bamvina, tuila qnello che occorre per a\bergare da
pari nostro gli sposi qui in casa.
- Qui in casa? E tn pretenderesti che io li
donassi il figliuolo, io? Ora comprendo perchè
Dt UN MOSCONE
77
rifiuli meli:l e morgange6a. Il costume dispone
che la donna segniti l'uomo in casa sna.
- Senti, Zanicio, rispo5C Volello sndando dalla
pena, tu non ~ai donna in casa la qnale possa
ammaestrare Lahilla nelle faoœnde di famiglia.
- A qnesta ora nnn vuoi che gliele abhia in
segoate Gisl., tanto egregia massaia? E poi il
mangiare insegna here.
- )la tn non sai, Zanicio - d..isse Volello con
voce sommessa, e Don aveva fibra che gli stesse
ferma - ma tn non sai ch'è il min cnore Labilia?
B Z3.nicio a Volello, bisbigliando deI pari:
- 0 per me, che pensi che sia Piohhetta?
,olello tacque, e poichè ehhe frugato nn pezzo,
vedendo come non gU fosse pnssibile trnvare dentro il sno pensiero risposta bnona per cotesta domanda, si avvisO di pescarla in fondo della cio·
tola; pero la empi fino al colmo, e zanicio dal
canto sno feee 10 s!esso: poi si posero a here il
vino a centellini, quasi per guadagnare tempo
nella cerca dello spediente. Sia Iode al vero; ne
avevano mandato giù forse due sorsi che ad entrambi parve avere in mano il bandolo della matassa; casi almeno poteva giudit2rsi dallo impeto
col quale posarono a un colpo le ciotole sopra
la tarola ed aprirono la bocca. Le parole loro incoDtra.ronsi~ urtarùnsi~ sicchè l'uno Don potera capire qnello che l'aUro dicesse; Zanicio fu il primo a tacersi; nnde Volello ricominciando disse:
/8
U STORil
- Ecoo, io l' ho trovala la maniera per la
quale io, invece di por12re via il figliuolo a te,
o tu a me la figliuola, acquisLeremo due figliuoli ad nn lratto: torniamcene di casa insieme.
- Giusto! 10 uou ci so vedere di meglio: noi
ci ridurremo lntli ad abi12re in casa mia.
- ûhiM! Tu e Piobbella verrete a s12re con
esso meco.
Il capo di Zanicio prese a dondolare da destra
a mancina, ed ecco come, inciampando dentro
nnovo ostacolo, vcnnero i due amici a persnadersi
di avere lroppo presto deposla la ciolola, ispi·
rat~ice dei buooi coDsigli; poco male: la ripigliarono suhito e ci posero rimedio. Per questa
volta pei andarono lD fondo, ma Don invano, chè
nella ultima goceiola Voiello lrovà chiusa questa
ragiooe, n6n ottima, a vefO dire, Don trionfante,
e tuttavia la migliore nelle anguslie deI casa:
- Qnaudo i merili di eulrambe le parti si biJancbno, il namera vince; i più hanna a tirare
j mena: voi siete du~ Dai tre; duoque bisogna
che voi vniate a star e con DOi.
Senonché Zanicio conlrappoueva:
- Ma in casa IDia si trova ammannito agni apparecchio, perche, dopo la morle di mogliema (1)
buona memoria~ io nOD apers'Î pîù la C3.mera nu·
ziale, eccettoshè per cavafne i rngnateli.
(t) llogliema, mia moglie; babbito. tuo babbo: r("at~l11/l). !IÙO
rratello. ecc., parole.. come veccbie, smesse rra Doi, si usano
eempre nel discorso famigliare dai terrazzani oorsi.
DI U" lIl0s00"E
711
- Queslo non càmbia aspelto alla cosa, pero
chè, non le 10 diceva poco anzi? Gisla, dal di che
ebbe questa figliuola, non penso ad allro che al
giorno deI sno m3lrimonio; e. pei io te ne dirô
nn'altra, Zanicio, alla quale, se ti vorrai mostrare
uomo di quel buon giudizio ch'io li conobbi sempre, non li parrà di ripetere. La lua Alberia, che
di qui partendo yolava in paradiso senza pnre
lambire coll'orlo dei len2uolo il purgalorio, la
tua Alberia, dico, non ripnterebbe di buono augorio accomodare gli sposi nella camera dov'ella
poverelta! di morle 12nlo immatura cessà.
Zanieio a quesla ragione rimase ad un punta
intenerito e percosso: facilmentepno credersi che
il più arguto argomentatore avrebbe gittato le
parole con lui; ma dove la ragione non valse
basto un cenno di superstizione, nella qnale,
mescolandosi amore sviscerato di padre e paura
di sopravvivere al figliuolo, vinse ogui res!stenza,
onde Zanicio, rennnzianda a più lungo contrasta, disse:
- Sia cosi; a quando le nozze?
- Le noue! urlà Piobbelta svincolaudosi di
nna strettone dalle m~ni di Labilia, e sorse in
piedi pallido in faceia, cou occhi smarrit\. Le
nozze! ripetè COD ira crescente; e correndo alla
volta dei vecchi., gli afferrava per le braccia, e
levatili su di forza, seco li trae neno angolo più
remolo della slanza, dove basso basso hisbiglia
loro uegli orecchi UJ)a parola.
LA sTmfu
Quale mai parola't 10 non islarô a dirvela ades·
50. Per ora vi basti cb'ella ebbe ad essere nna
fiera paroI., impercioccbè valesse a far tentenna·
re cotesti due vecehi come cipressi sbattnli dal
rovaio. 10 per me non sn se il pittore con le sue
tinte potrebbe, certo è perô che con parole non
valgo a ritrarre coteste tre facee illuminate dal
cmarore vermiglio che mandava il tronco di leccio acceso sul focone. Quella di Piobbetla., vista
cosi di profilo, li rammentava ia piccola tagliente
in alto di ferire; Zanicio, il padre suo, recatosi
nel pugno tntta la barba, forte se la tirava sotto
le mascelle, .donde accadeva che, ro,esciata la
conginntiva palpebrale, paresse che gli occhi di
lui fossero seorticati; VoleUo poi, aggroltate con
violenza le ciglia e strette le labbra, cosi era
giunta a far rientrare gli occhi e la bocca che
SO
armai la sua faccia non presentava più vestigio
umano, ma si pinttosto 10 spinoso che a11' ace,o.
starsi dei cani si aggomitola, œrcando scampo
neUe punte della su. pelle.
Adesso mira quanta rovina meni sovra questo
noslro fragile tessuto di carne un solo attimo di
affanno! Se Labilia si fosse mostrata qual'era pochi momenti prima a Zensi, quando egli spigo·
lava fra la moltiludine delle fanciuUe achee le
forme elette di cui dolare la immagine d'Elena,
eUa sola bastava aU' ardno pittore; ora poi aUo
stesso beato Angelico sarebbe paruta modello
troppo mesto per la Madonna dei sette dolori. Con
DI UN lI0s00NE
8i
]e"braceia llbbandonate lungo la persona e il ca·
po chino sopra l' omero destro, ella teneva gli
sguardi vôlli al cielo e non parlava, perô che la
sua angoscia fosse di qualità da non sapersi
via di paro!a significare; - di queUe iusomma
che non chiedono nè sperano soccorso altro che
dal cielo. Al contrario Gisla si senliva 10 spasima in 5eoo come un lizzo ~cceso, sicchè, parendole trovare refrigerio nello schiamazzo, cordogliava:
- Abimè! ch' è questo mai ~ Dehl Volello
mio, non tenere più oltre in questa fornace la
compagna redele della tua vita: - parla; e tu,
~iobbetta, figliuolo, rammenta che afllizione sfogata è mezzo consolata: - parla. - Zanicio ,
di grazia, tu che avesti nella Lua Alberia tanto
sapu13 ed avvisata consorte, pensa che dalle donne,
qnando sembrava agni partito disperato, spieci6
snvente il consiglia di saInte; percbè, vedete,
quando il cervello di ,oi altri uomini diventa
secco, nel nostro cuore di donna troviamo un
mondo di ripieghi : - parl•. VoleUo,o che bai
messo nel dimenticatoio quelle lue savie parole
di dianzi: se la moglie nasconde la sua anima
al marito, com~ formeranno eglino una carne sola 9 - Ro\'escia questa sentenza d'oro; metti il
marito in luogo della moglie, e questa nei piedi
di quello, e palesami la cagione di tanto sobbisse. Parla, \olello; parla, Zanicio; Piobbetta,
parla; \l'rlate deh 1 parlate tnlti.
per
8:?
L.< STORli
L'arte non avrehbe immaginato·meglio di que1lo
che la Datura snggeriva a Gisla per cODviocere
Volello 00 i compagni di lui. Peccato ru cbe
tanta eloqueoza aDdasse perdnta, imperciocchè gli
nomini, come c61ti da un medesimo pensiero, si
facessero verso la porta: ultimo di lutti, ,oleUo
si fermo sopra la soglio, donde. .olgendo la persona, con piglio terribile gridô:
- Voi altre. donne, cbelatevi e aspettate_
Quate i cicognini, mentre sn l'orlo deI Dido
provano il primo VOiD, se vOOono cosa cbe gli
atterrisca, riparano sotto le ale materoe, cosi Gisla e Lahili. ricorsero da capo alla protezioDe
della Madre di GesiI. Ella rD poco prima, quando
spirava l'aura propizia, -se non dimentica, almeDo
posta in disparte, adesso poi ehe rinfosca, cercasi di nuovo e si supplica; ma di cio ella non
si accorge, 0 non cnra; stella di tuUe le notti ~
corona perpetua dei felici, sollie'fo ai desolati
incessabile, veracemente e sempre madre di misericordia, Maria.
§ V_
ln se rislrelli, le oreccbie tese, ficcando Illi occhi alacri per la notte, alcuni spettri mOVODO
per le viuzze di Freto, ora soffermandosi a
spiare: ora COD ce!eri passi trascorrendo: giunti
aile porte di pareccbie case, bussaDo con laDto
riguardo che par. abbiano ·paura di essere sen-
83
titi: di fatti desidera\'ano avvertire gli amici, e
dare sospetto ai nemici tremavano. Le porte si
apersero a mezzo ~ nua paroh è detta~ e le ombre con la medeslma celerità si trasferiscoDo al·
trove. Quinci a breve furono visti uscire dalle
case uomioi chiusi n~i piloni, i quali~ rasentando
la munglia, misera capo da diversi lati alla
cbiesa. Sembra che colà qualcheduno stesse alla
vedetta, daccbè senza segno di voce 0 di aUro
le imposte si scbiudessero tanlo che bastasse a1Io
ingresso della persoDa, e snbilo dopo richiudevansi misteriose come il coperchio degli avelli.
Perchè siffatte insidie 0 paure ~ Ah t infelicissima quella terra dove i cittadini per operare il
bene banno mestieri œlarsi, come i facinorosi
allrove, per commeltere il delitto. Frutto della
tirannide, e forse non il più acerbo.
QDesto pero vuolsi sapere. 1 marcbesi della
Toscana, sia come yicarii degl' imperadori germanici, sia per dominio diretto tennero ab antiquo
il reggimenlo della Corsica, e comechè di rado
la visitassero, tottavolLa i feudatarii minori~ timo·
rosi cbe le quereledegli arimani e degli aldii (i)
giungessero al cospetto deI signore, il quale p0te» di un colpo spodestarli dei feudo e bandirli,
osservavano cosi aUa grossa la ginstizia. Quando
la fortuna degl'imperadori germaDiei voIse. basso,
la ltalia ebbe re proprli: ma quali re! AppeDa
01 UN !lOSCONE
(t)
Arimani, vassaUi liberi ; aldii. VUS3.lIi servi.
84
LA STOBli.
un sogno ·di lerrore donde ti svegli con le cami
aggricciate puo rassomigliarsi alla storia dei ca3i
che sbigottirono questa terra aluona antica della
svenlura. Berengario apparisce traverso i secoli
passati come vapore .che esala dal sangue per riGascare nel sangue: costui non pare nemo e në
aneo demooio, bensi nna legione di demonü: lacere in pezzi~ in ogni scbeggia. rivive; vinto, offende più infesta ami che viecitore; gli è veleno
la pace; gli afIetti che ogni uoma desidera ed
ama egli abborre come eilizio dell'anima fernee;
egli pei tempi, i tempi per'lui; e non pertauto
gl' ltaliani pativano molestamente disertarlo dei
tutto, conciossiachè egli ave-sse vioto il germanico
Lodovico III e messegli le mani addosso. senza
nspetto della digni[i imperatoria, priv.t~ degli
occru; ed anco 10 facevano augusto le rotte per
sue virtù sofferte dai Saraceni ~ peste secolare
d'Italia: quando poi di anni provetto e non per
aUro vivo che per la iniqua ragione dell' OIDO ,
chiaml> ministri, dei suoi forori gli Ungari io
!talla, i Veronesi, postergato agni riguardo. a
coltellate 10 trncidarono.
Per questo avvenimento essendosi ogni· ordine
sciolto, andl> da cima in fondu sottosopra la ltalia : non freno di timore, non osservanza di legge,
ogni baroDe potè farsi tiranDo. A pochi taleota
ricercare le sLorie di cotesti tempi, e qnei pochi
rifuggona dal propagarle. Taluna affermô che se
si sapessero, parrebbero !Ilemorie di una torma di
Dl UN MOSCONE
85
lu:pi: ei disse male, i lupi non nguagliarono mai
10 ingegDo deIl'nomo per perpeLrare delitti.
Freto perLanto gemeva sotta la tirannide, ed
i tiranni, cam' è noto, seppero in ogni tempo
allevarsi aLtorno nomiDi .llo ufficio deI cane da
presa: onde Freta oltre al tiranno aveva un giudiee; questi era preposto a .tenere due occhi aperh
mentre il padrone ne chiudeva una e a rodere
le ossa qnando il padrone aveva divorato la carne; costui sentenziava al civile come al crimiDale. l'iel civile, rieerco e Irovato qnale dei due
litiganti pagasse meno pronto i balzelli 0 più
procedesse inossequente al barone~ qnesto senza ~
badare ad al tri coDdanDava; se pari il maltalento
in entrambi. tauto co' riti perfidi trascinava ambidue, che vincitore e vinto uscivano dal tribu~
Dale spiantati. ~el criminale arnesi unici di giustizia l.a seure e il carnefice; an2i; da tagliare
il capo in fuori, che fosse giustizia egli nOD sa·
peva comprendere. Dicono che il serva dimostra
il padroDe: la quale sentenza è vera se l'ammenderai cosi che qualche volta, ma rada, puai trovare .sena buono di padrone tristo. pero servo
tristo di padroDe bDODO mai: que' dne iu maligDilil pari, perchè in tolti e due suprema. Di
questa razza giudici non si sperse SiD qui il maledetto seme nel moudo, e tu 10 pnoi da te stesso
conoseere, perché ella vive e si moltiplica senza
mutare forma nè aspetto e Dè parole; e i po.poli vedono nascere, maturare e infracidire la
lA $lQrw di un moscone.
6
86
LA STOI\I.,
messe, e l'ira di Dio, che deve svellerla fino
dalle radic~ si fa sempre attendere.
riel modo che il castaldo, per propiziarsi il padrone, gli viene recando ad ora .d ora le primizie
dei campi 0 dello armento, questo giudice offeriva
ognj di sn l'alf.<lre della Forza 0 un'anima amlita,
0
on capo reciso,
0
una libertâ
spenta~ 0
un
secchio <li sangue no,ellamente spremnto dalle ,ene
dei popolo. Opprimere fino alla disperazione in cotesti tempi remoti ebbe nome ordine, civiltà la pazienza che il somiero stesso avrebbe riputato codarda; e con vocaboli pieni d' insania non che
altro i sospiri degli oppressi pelli vituperavano;
nè cio dai cagnotti dei tiranno soltanto 0 da
qnellî che ricaV3DO da lui pane e disprezzo, bensl
da aItri a cui pareva fare da savi ed erano vili:
conta i Sl.lOi di/ettanti anco la vi/là!
Il padre Alighieri insegno
Ghe dove l'argomento della mente
Si aggiunge al mal volere ed alla possa.,
Nessun riparo vi puo far la gente.
Questo, salvo la reverenza al supremo intelletto,
non ci sembra vero. 1 popoli non si crocifiggono,
perchè natnra intende ch' e' vivano. Talora delosi,
commettono la forza ordinata in ma no di tale cbe,
ritorcendola contro di lorn, li pesta e li lacera; non'
per cio essi si sgomentano, e trovata 311e ballaglie p,lesi cbiusa ogni via, precipitano più ma·
Dl UN !lOSCON:E.
87
tuendi assai negli agguati. riella Vesfalia sorger; il
tribunaledi Santa Vema nel modo e pei motivi stessi che partorirono in Sicilia quello dei BeaU Paoli;
piu tardi sodalizii e legbe <li vendetta; per ultimo uomini cui un demone p:lrla e sospinge a serivere col dito intinto nel sangue deI trucidato so·
pra il lerreno: pub/icœ Nemesi ditalu$ et genio
urbi (i). Quesli uomini e queste cose nel diluvio
uni.ersale della iniqaità sido'Tanno reputare l'arca
della giustizia CJ Noi non la vogliamo dire: bensi
noto che non sempre fn chiesto a lorD chi gli
avesse mandati, e quando glielo chiesero~ rispo·
sero: - Noi stessi~ - e il tiranno chi 10 mandô~
Talora errarono e, credendo servire al pubblico
bene, compiacquero a privato rancore 0 a rabbia
di setta; ma quai è il disegno umano il qnale nel
concepimenlo 0 Della esecuz10ne non corra peri·
cola di errore9 Sovente la tirannide nasœ come
il fignolo di umori corrotti da serviliJ, e tagliarlo
non vale~ chè ritorna più roaligoo di prima, onde
se Dio non rimedia, allora~ argomenti umani Don
bastano: ma chi sa dire quando il popolo glace
fradicio d'insanabile infermità? Questo chiariscono
le islorie, che quando quei feroci, sovvenuti dalla
sorte amica, apposer'i al vero, ebbero e statne ed
ioui e ricordi pereoni; liberatori gli salutaroDO
i seroli, e divini: i saDti stessi non li condanna·
(l)
COnsaeralo alla pubbtiea Nemtsi
i
al genlo della eittà.
88
1.... S!ORIA
rono (1). Qnando poi li tradi la fortnna, trovarono
landi ardenti ed ardenti biasim;; per6 è ginsto
notare come negli obbrorii si mescolasse talora
ipocrisia e di moIta, che cosl persnaderano la ne·
cessità, la paUl< 0 il comodo dei vivere civile, mi·
nistri tanto piiI potenti qnanto piiI negati; e forse
(t) La doltr1na di san l'ommaso è Questa nel lib. 11 delle
SenteJt:t. d.~. Q. !2•• Tollio nel libro degli Ul~. l, n. ~6
assolve coloro i qualî spensero G. Ct'sare. eomeebè 10 aves·
sera ramigtiare ed ami1:o. voleudo egH nsurpare î dirilti dello
împero quasi liranno: ora a questi cotali non hassi ad ob-
bedire.
• Ma di contT3.tio aniSG è san Pietro, H.IS: Siate servi e
snddili ai voslri signori quaotunque tristi (diuolis).
• .\.acora S'lU Paolo ai Romani. {3, ~: Chi avversa l'antorita
avversa Dio. Resistere agH o~dini di Dio ~non si puo. dnnque
nè anche aJla potesl3. seeolare. •
.
Detioita cosi la d:sœuazÎone. il santo la 1i501.e conehiudendo:
• Deve eonsjdera~i che Tutio parla. di quello che osurpô
il domioio violememente in onta ai sndditi od anchecostringendoli a consentire, e quando non ci è ricorso al maestrato
snpremo capace di giudicare l'invasore: in questo casa chi
,pegne il ti1'3.ooo pet causa della libertà della patria si Ioda
e si premîa: tune enim qui ad liberationem J'atriœ tyrannum
ouidit laudatur et pramium aecipit. •
Patecebi giornalisti, che 000 sono santi, atrermaoo la dotbina dei Santo contraria alla ciriltà. cristiana., anzi addiriuora
selvatica e scell~rata; e cosi sam" Inb.nto q-oantunque si air
bia merîtamente per brutto mestiere queUo di dennoz:iatore
mi sono recato a sctopolo di coscien.z:a patesate San Tom·
maso. aMoché i prelodati giotoalisti mnovaoo islanza a
Roma di mettere aU'lndict le opere di lni"e, se non si chiede troppo, (arle brnciare (non imporla per mano di cbi)
SOpr2. le pubblicba piazze delle citlà cattoliche. apostoticbl:: •
j
romane.
DI UN !!OSCQNE.
89
chi mossemaggioreqnerirnonia qnegliera piiIpron·
10 a stendere le mani al frutto sangninoso. Se per6
adesso vivano tiranni, se gli esempi attaglino~se
meriti confutazione il parere di san Tommaso di
Aquino~ il quale scriveva per avventura l'acerba
sentenza nella reggia di san Luigi e non se ne
adontava (perchè, ndendo ragionareditiranno, egli
non credeva eertamente che si faveUasse di lni),
io non presumo disaminare adesso: racconto, non
gindico~ e la sloria sta come nn'alpe che al tur·
bine delle passioni mnane non tentenna.
- Biarno dodici, me esclnso, disse il sacerdote
ritto in mezzo aU' altare.
- E senza Giuda, rispose uno de' convenllti.
- A Dio piaceia che anco senza Simone. Da·
vanti alla Eterno il peccato diversifica ginsta le
ragioni che 10 persuasero: presso gli uomini poi
traditore 0 codardo snona Jo stesso.
Gli adunali non risposero; col capo assentirono;
aUora il pio~ano continn6:
- Voi, nomini liberi, udiste la qnerela di Volello e di Zanicio arimani e padri come siete voi.
Ognuno manifesti il suo consiglio in secreto; tu
Moîeno, incomincia~ salisci i gradini e vieni a con~
fidarlo nel mio orecchio; raccolti i pareri, riferiro
il partito che dai piiI si reputa buono.
Il chiamato ascese e bisbiglio il SUD 'avviso nel~
l' orecchio al piovano, il qnale sentito, gli ordinava
ripigliasse il suo posto~ e rosi di mano in mano
nn dopo l'altro: raccolti i pareri, il piovano con
voce alta fave1l6:
90
LA STORI.\.
- Fratelli in Cristo, l'oltraggio (ehè senza corn·
mettere sacrilegio, legge non si potria chiamare)
testè bandito dal Barone rontro al Creatore e rontro la sua creatur., opinano i più che si abbia
credere pretta iattanza messa fuori per darci ad
intendere eh' ei .0gUa reggere ron legge longo·
barda piuttostoehè proposito deUberato di ridurla
in atto; per la quale rosa, prima di procedere oItre,
reputano do.ersene faresperimento: a questo parere mi accosto ancora iO, compreso da timore di
mettere in rompromesso la salute dell'anima, della
patria e delle famiglie 'ostre. Perchè l'uomo, le·
vanda l"accetta contro l"uomo, non tremi che Dio
10 condanni al fnoco eterno, importa che dica:
c 10 non ne possa fare a meno! ) Adesso cbia·
mate i giovani, che li renderemo capaci deI partito preso.
. E cosi feœro, imperciocchè i giovani, non po·
tendo per antico costume prendere parte aile .
deliberazÎûni, tossera rimasti di fnori, dove, nascosti dielro gli alberi 0 addopati ai pilastri della
chiesa, vigilarono. Appena essi ebbero nuova dei
partito, proruppero in accenti di rabbia: più accaso degli altri Piobbetta, con parole vermentis·
sime tempesta.a:
- Alli 1 .ecehiezza per troppo consigUo scon·
sigliata., E quaI pro ti aspetti dal provare se il
malmignatto punga velenoso\t)~ Lasna vita non
(t) Thtrlàion;'''lllsetto
nlenoiO.
Dl ti:'i MOSCO:'\E
91
è tutta .eleno? La .ecchiezza e il .erno nacquero
al monda gemelli, qnesto l'aeqna, quella gela il
sangne..,
E proseguiva, senonchè il piovano la percosse
con nna bacchetta nel mezzo della fronte dicendo:
- Obbedisci i tuoi padri, temerario, se vuoi
che i tuai figliuoli un giorno obbediscano te.
Piobbetta non ardi levare più il capo e, repressi perfino i sospi ri, si caceia dietro aile po·
ste di suo padre.
§ VI.
SimmeLria corporea esprime quasi sempre armania spirituale, e gran parle di Dio si riveIa
Della faccia dell'uomo quando è serena; per conversa la passione prava, come la pena, marca in
fronte i suai servi, e chi 10 nega non levo mai
l'ocehio consapevole sopra la sembianza dell'uomo.
Orso Alamanno, conte di Frelo, a primo aspetto
poteva dirsi bello, alto della persona e ben formata, per copiosa capigliatura cospicuo; ma il costnme ave.a fatto natnra iu Ini bestiali appelili;
sentiva sete di saogne q~anto di . . ioo, e come·
chè avesse condolto in moglie gentildonna spedosa, pure quante femmine gli capitavano sotto
mana persegnitava. Lo sguardo torbido, il moto
irrequielo, 10 spesso slendere delle dito per ripie·
garle forLemente poi, secondochè le bestie di razza
'feUna costumano, attestavano la ferocia: segni di
92
LA STORU.
ettrietà, il barellare dei passa, il rossore sul somma deUe gnance, dei sopraccigli e nel naso, il
quale ad agni lieve commoaione divampava, il subito tremito dei membri nou facilmente sedabile,
il vaneggiare spesso 6 gl'insensati sdegni e le piu
insensate tenerezze; scbiavo della lascivia la Ralesavano la sbaltimenlo grigio mescolato di giallogoolo salto gli occhi, le grinae infinite da per
tntto in ispecie nel naso, le labbra pendule e a
ma' di gelatina tremanti.
Vedetelo, io ve la mostro dentro il tineUo deI
sua maniere come helva in tana, uama, è vero, e
pure deUa fiera selvaggia piu pauroso assaL
Appaggiato col manco gomito alla mensa, con
la destra meseeva vina denlro la tazza, la votava,
e dopa la riempiva per tracannarla da capo: metteva ribrezzo. Perche questo disperato bere? Ormai da malta ara il talento della sete era salio
in lui, anzi 10 stomaco repngnando al grave peso
mareggiava per traboccare; non poteva credersi
nè mena che la facesse per attutire i rimor.si,
pero che quesli da molto tempo giacessero denlro
la sua anima come serpenti intirizziti dal freddo;
beveva perche, quando il ren costnme ha vinto
dopo prava più a meno lunga la ragiQue,.]o ~pi~
rito precipita in fonda della bestialilà nella inaniera medesima che i carpi gravi non quietano
finche non tocchino il centra: ne corpo né anima,
cadendo, rimasero a mezza strada mai.
Ed anco Orso Alamanno per bassa voglia in-
DI UN 1l0SCQN<
93
tendeva rispondere alla provocazione e superare
il suo provocatore; conosce i suoi ergoglï anche
la turpitudine.
Sua provocatore era un frate: pero bisogna avverlire che i frati di cotesti tempi anlichi non
rassomigliavano punta ai moderni. i quali,. forbiti per di dentro e per di fuori dal concilia di
Trento, se tu li salutassi adesso, come san Paolo
vasi di elez.ione,. tu non daresti. loro il debito,
che sarebbe come saldarli a ragione di quindici
soldi per lira.
I! frate di che parla poteva considerarsi come
procuratore e gestoredei sette peceali mortali nel
mondo; di suo ci aveva messa l'ottavo, il quale
consh;.le nell'arte di onestare gli allri sette: affinche qn.lche cosa di bianco apparisse in lui,
vestiva le candide lane di santo Romualdo. Proprio mostrnoso a vedersi, imperciocr.hè la sua
persona andasse composta di due corpi sferici nno
soprammesso all' a1lro quantnnque di mole assai
diversa; a basso deI secondo stavano attaccati
due tronchi bistorti ch'egli adoperava per moversi dondolando come la tartarnga; nel primo
una fessura la qnale Don distinguevi dove incaminciasse nè dove finisse era la bocca: il Daso
pareva an bellica, gli occhi pertugi faUi col succhiello nel fonda al barlozzo, e il paragone diventava più calzante cODsiderando gli spriUi di
malignità che ne zampillavano: insomma cotesto
iurido voito portava impressi tutti i segui dei
94
LÂ STOIUA
vizii che il traie dal pulpilo riprendeva in altrui.
1 frali a quei tempi appiccavansi ai fianchi dei
haroni, pero che essi sapessero loggere, quesli
no~ e se ne vantavano: oggi i baroni non se ne
vantano più.
1 frati adoperavano allora le poche lettere a
modo di lanlerna per proprio 1150 che rischia·
rasse la strada dove mettevano il piede ed im·
pedisse loro di rompersi il collo, mentre i popoli
camminanDO dietro a tasLoni; quando poi scOrsera che questi avevano acceso le torce per vederci da sè, gonfiarono tulli le gote come un
frate solo, pel' soffiarci sOpra.
Il nostro fraie pertanlo sapeva leggere ed anche scrivere; inoUre en alto a mO\lissime altre
cose che si possono immaginare, ma non si pos·
sono dire.
Fosse per casa 0 per istrazio dei compagni, il
nostro frate si chiamava Formoso: adesso egli.
moslrava al conIe arte di here nei monasteri che
fosse; certo in lui egli era come un travasare il
vino da ona holte in un'altra: se 10 vedeva ba·
lenare, se il sudore imperlargli dalla pena la fronle,
sgbignazzando <tireva:
-
10 te l'ho ripetulo mille volte, figliuolo mio,
tu non diyenterai mai perfetlo nelle Yie dei Si·
gnûre.
.
E l'altro grugniva e lremolando accostava la
tazza alla bora, sicchè il vino oltre a due lerzi
gli si spandeva giù per la barba 0 pel' le vesli.
9ZS
Dl UN !fOSCONE
Ad ogni nuova libazione l'iotelletto compariva
a galla più rado e ci si reggeva men tempo;
ormai stara pel' dare l'ultimo tuffo neUa ubbriachezza, quando un uscio senza cigoJare girô sui
cardini, e quinci apparve uoa donna la quale,
dopa averlo richiuso diligentemente ~ si accostù
con alto risoluto al conte e gli disse:
- Barone 1sono io veuula in casa tua per Q.uesto?
Orso AlamanDo~ infeUonito, si provo fnlminarla
col gu.rdo, ma le palpebre si senti pese e non
potè aprire gli occhi; voile ferirla, ma la mano
non giunse a stringere il pugnale; cerco un
grido di minaccia, e la voce, sLrozzaLa a mezza
gola ~ gli si converti in singulto. La donna. a
qnesLe rose non Qadando~ con - 3nimose malli
slrappa dal barone, indarno reluttante, 1. tazza,
e tazze ed anfore ed agni altro arnese a rifascio
scaraventa (i) sul pavimenlo.
La contessa Gualpranda fu veramente un. mollo
terribile donna, di statur. alta oltre il giusto,
adusta~ ossuta e di membra dure come se scolpita nel sasso ~ e la sua faccia altresi di rigidi
cootorni qnali riescono tagliati Dello avorio, di cui
ritenevano eziaodio la candidezza; non aggrottan
mai le sopracciglia, le qu.li difficilmenle avreb(1) Il Davanzatî nella pos. 416 nota: clanciatevi. avrei detto
.. scaraventatevi. ma cappita, il Muzio ci grida. Il MU%io
era un pedante di eodesti tempi: anche oggi ci hanno pedanU
e di che tinta! se non che si lasciano dire. e quando oceone
si adopera il verbo ~cara't1ent4re ed alui aneora.
N
96
LA STORll
bero potuto comp.rire piil truei di quello che
fossero con 1. perpetn. immobililà loro e tinte
in fOSSO cupo di sinopia; gU occhi suai, quante
volte te li posasse .ddosso, sentivi pesi come
piombo, ed in ellello erann colore dei piombo;
le lab~ra aguzze, chiuse nel centro, mentre negli
angoli, come se ci f03Se 11 polso, si aprivano e
si chiudev.no • modo che i liquidi sobbollendo
cocciano alla snperfieie le g.lIozzole dell' ari•.
- Sciagurato! proseguiv. l'austera con tale
"n' vace sema squillo e nondim.nco profonda;
1. ribellione già scnote le porte dei t110 m.niere,
e tn t'inebrii? L. morLe h. già .gguantato le
corline dei tua letto, e tn t'inebrii~ Sono io
venuta di casa Leca al tno castello, a COBte, per
trovarmiei ammazzata • colpi di bostone come
un. lupa .ccanto al Inpo~
- Chl~ chi ha parl.to di ribellione~ chi di
morte? domand.va Orso A1.manno affannoso
dal cerebro dei qu.le, come per incanto, 1..
dei ylno dilegnav.n'; per l.sciare .dito • quelIi
deI sangue.
E la con\essa rispose:
- Fiuta! la ribellione è neU'aria, e bisogna
che 1. vada cosi, perehè a 505 Legna dena tu••ntorilà in quall .rgomenti ti fidi~ Gli nomini lemono Dio a cagione dei soo inferno; quando le
p.role di lui son.rono p.zienz. e perdono yedi
ma' (e qni gli .dditav. un Cristo ail. p.rete) come
la conei.rono. Se tu vnoi nell. mente dei sog-
pori
Dl U~ !!OSCO~E
97
getti mantenerti terribile come il Signore, imporI. che ln, a tu. posta, sappi cre.re per loro
un inferno quaggiù.
- Oh! che f.ccio io ~ Ecorne pnoi, nobile
consorte, appuntarmi su questo ~
- ln questo e in altro. ..Ii g.ndü della potenza non anteponi i grossolani appetiti nei quali
imbestii 1. yita ~ Tu ingiurü e non ricordi che
la ingiuri. caduta sopra 1. gleb. dei popolo vi
si feconda pegSio deI Ioglio Dei campi? Tu offendi e non ispegni ~ Tn Qffendi e lasei .i popoli
le .rm.i per veodicarsi? Paionti queste le arti di
governo'
- Questa delle armi è nn. f.ccenda dnra· i
miei antenaH ed anco i tuoi COD moIta indus~ia
ci si adopera~ano intorno e non seppero renirne
a capo. Qnesti maledetti la..<œrebbero piultosto
strapparsi i denti che le armi.
- E tn strapp. loro e denll ed armi. Fa tremare sempre, e rincerai 1 vassalli non hanno a
possedere allro arnese di ferro eccetto 1. zappa;
COn quesla del"Ono lavorare 1. terra deI padrone
finehè vimoo; con questa possono seance la
fossa per depositarei i loro morti. lion li sembra che deva b.stare al popolo la z.ppa!
- Ce n'è d'av.nlO.
- E .i frutti della terra qua!e h. diritto il
popolo? :'ioslr. 1. terra, le beslieegli nomini nostri: perehè dunque consenti che egli ne pigli
p.rte per sè? Cil> è pieno di pericolo: l'acqnisto
98
LA STORIA
sLimola allo acqnisto, come l'appetito viene man·
giando. Colni cbe nienle pessiede ed é disperato
di possedere, quegli niente desidera; e poicbè
la terra é nostra, cbi ce la usurpa è ladro e va
impiccato. E poi dimmi cbi meglio e più fidata·
mente ti serve, il popolo, 0 i tuoi cani ed i tuoi
cavalli? Cbi più li costa di loro. il popolo, 0 i
cani ed i cavalli? Con quesli risparmi per 10
mena il veslito.
- Ma lu, Gualpranda, li affaticbi a couvertire
i sauli. Ob 1 nou li dissi le mille fiale queste
rose io stesso?
- E non le facesti mai. Costringi dnnque il
popolo a portare la raccolta intera ne' tnoi gra·
nai e ne' tuoi cellarii; fagli sentire che signore
e padrone tn sei qni solo: poi tu gli largirai,
pari alla Provvidenza, quanto gli faccia mestieri
per vivere.
- Madonna, a qnesto l'unln interruppe frate
Formosa, quanto voi dite è boono, seoza pregiIl~
dizio peri> della decima, dei boario, deI terratieo,
deI legnatico, angherie, parangherie, teloni, foderi e donzelli (i) a pro della Cbiesa e de' snoi
santi.
99
- Serva la Cbiesa ancb' ella, rispose la con·
tessa aggravando gli occbi snI frate, e il barone
la pagbi.
- Ob 1 esclami> il frate come se udisse qua1.
che sacrilega eresia., e per fingere più terror~
volle levare le braccia al cielo, ma Don ci rinsci;
Gnalpraoda senza badarlo prosegne:
- Ana panra delle nostre accette tu aggiungi,
o fraie, queUa delle pene eterne della inferno, e
portale insieme dentro le case dei popolo a profillo della nostra antoritâ, e Dai Li manderemo al
convento pane, vino e companatico. Adesso siccome giova cbe il popolo cresca a cagione deUe
seorrerie der Saraceni e deI tributo con Roma.,
ln, frate, procorerai di bandire dal pulpilo cbe
Dio ordinô al popolo crescesse e molfiplicasse:
più tard!, se, cessato il bisogno, il popolo si farà
troppo copioso, tn gli dirai; e cbi li dava il di·
rilto di generare sopra le lerre deI barone tanto
fastidio.? Disperdili nei sepoleri ed aumeula la
massa della terra al tua barone (i).
- Ed è appunto per que.sto cbe bo mandato at·
torno la grida, essere mio intendimento di reg·
gere da ora in poi con la legge longobarda.
(l) Roma (pate impossibile!) aveva imposto alla Corsiea nn
tribalo di gionni, come si n:ltra che in antico faeesse Ctet;,
ton Alene. L'abate Œovaechino C3mbiagi serive nell.l, p. 66
della Stqria di Cor.tiea: - seguitando a suo tempo a p~--arsi a
Roma ogni 5 an ni la decima de-gli nomiDi. spedl a Roma il
veseovo di Aleria oon pressanti istaoze perthè il Pontellr,e le·
vasse questo tributo ecc~ la U5llan.ilG, e per essere proye;.
niente dai Sommi 'eonteBei sembreva assai troppo trUdele .•
L'infame tributo fa pOsto da Gregorio lV. Ved. le storie deI·
l'arcidiacoDo FiliPpitli, bb. II, p. 48. - Benucci, ss.
(1) La teorta dei conte di cavour da l(li bandita Dell" opu·
seolo delle Idee soc;aüstieh.e non è ouon, dacchè la profes·
sasse ancO questa trnce tendataria Gnalpranda.
DI UN MOSCONE
iOO
U STORlA
- Follia! riprese la contessa: legge è potere,
non già bandire; e che importa che il popolo
conosca il modo col quale tu \"Uoi reggere r La
legge in parle sla qui (e si percosse la fronte),
e ID parle sul taglio della corsesca; e poi la
legge longobarda non mi garba, daccbè, se io
bene intesi, conferma la distinzione delle plebi in
arlmani e in aldii; questo io rifinto; scbiavi
banno da essere lntli, nna plebe 5013 cbe obbe.
disce, nn solo barone che comanda.
- E Dio? esitando inlerrogava il fraIe.
- E un solo Dio, rispose dopo alcuna dimora
la conlessa, fatto pero ad immagine dei barone,
cbe protegge il barone e condanna al fnoco pe.
nace chi Don atterra anima e corpo davanti al
barone. - Poi, vollandosi da capo verso Orso
Alamanno, riprese: E ln come bai appareccbiato
l'osservanza di questa legge? Dove rinforzasti le
armi per farla obbedire? Dove sballuli gli' animi .
perchè non contrastino? Orso, di', Li ci amma·
nisei lu con cotesti feITi? - E dava mi calcio
ai nappi e aile anfore giacenti sul pavimento.
- Una ramella di salcio basla, rispose il
conte.
- Credi ~ 1 miei parenti di Leca mi banno
insegnalo cbe, dopo morlo il nemico e cbiuso
dentro al sepolero, tu puoi dormire sicnro; ora
nn popolo intero non si ammazza nè si sotter·
ra..__ Chi batte ~ domando la contessa udendo
raschiare alla porta.
lOi
DI U~1!95CQXE
'!i' fll!!rj ~J!' rispostn; .~
D.ne:..,gionDÏ, arimani, ma.schio e femmina,
in ~i~ alla nn~.va legge, ~e~goDo acbiedere il benep,acito .!IJ'! barone per p<\tersi' spo·
sare. '" ~
:"]"._
..-:::- Ë _,!h~ -importê,"a -noi ch? nascal,lo., mllOiano
e.-Si ;ffiaril!!io,.~ .Poi, locca!:'Si la Ironte, "?C!am/):
.A,!J,! ~ be~.se J~ non !aIlo, h..vi .ne!la I.egge
Iango~ lale angberia iu.pro ~I barone cpe
suona ..~l!"50 <!e!!',!"jor~lil :ed.. on.1.a ~ Qio, Â tu
parla, monaco, com.~~_ Il~ito ,ç:h~-, te' consapevole > ~. s~!,!!scj!!'ljiSe il s;>~m<l/l'U! !lei matri·
monio JWl<!. immondezzaio ~ Percbè non .mmo·
nisli il fuo ~i&~~e. dJ,1l~ enormilil che .~tava per
conunettere 1
~- il. ~to;ppnnto at.;endefa,.JD.!donoa, ·~an.
do poco anzi comparisti if{lprorrisa. _
.... ~
: -;: ..I1J! t;ol n'!lP9 jn man9 licapp,,!,eccQiav.i,
frata, a chiF!re.l• .Iegge di Dio?
- ln t.i'#J tJPr!to.s! ~pose,!rate Formo30 in
alto di compunzioue.
.
- Poco • m~ riIe~ œteslo: ~ssi~'UU·
g1iaolo e b~; I.lrop~prole s$ianta,!e, case.
M~ ln,)lo!illissimp CQnte, come solj'risli ohe a sunno di tromba si. b,-~isse al mondo cbe d'ora in·
nanzi ti profferivi marito alla torm. ~ehe.a ~ Tu
promolore illustre. tu p.dre generoso deUo ar·
mento servile ~ E, bada cbe, oltre all' essere ab.
bielta,
tu proverai come sia cotesta vo"lia
esiziale'
•
D '
lmpercioccbè per essa il sangue nobile ne verra
•.& W
-
lA Sroria di un mOSC07lÇ.
7
l.02
srolUA
fradieio, il ..rvile ingagliardilo; nell'un easo e
neIl'altro vergogoa a te, pe!"icolo a totli. la (ordioô poi mostraodo dei dito la porta al fra~) e
fanne ILScire il pecc:lto mortale.
Il frate andô doodolando a destra e a sinistra
come botte mata agitata prima che queti. ~ell­
tre scendeva le scale egli "broritolàv. fra sè, Se da questo castello dovessero sire i pecc:lti
mortali, la contessa avrebbe a portare 10 stenaardo a capo la processione. Lucifero dirimpetto a
.
lei sarebbe madello dL omillà.
Qnando tornô kate·Formoso né! tinello la contessa se n'era dipattita, questo Jlf1CO gl'imporlô;
molto invere gli spiacque vedete remossi nappi
ed aofore, e più che tutto il con~ Alaman80 il
quale con le mani stret~ dopo i reni eammÎllll~a
di su e di giù 3nnûvolattt.
.
- Il ~mpo mena burrasca, -'peDsO il Crate;
onde quatlo quatto si rannicc~iô 10 nn can:" a
radersi le ugue. Ail' improvviso. il conte gIr-sl
fermô dannti domandandogli:
•
- Dunque gli hai accommiatali~
_ Due bei giovani, santa Cede 1 due !DlIguifici
giovani; la 10sa prima, ma anco il garzone stnpendo, perô di guardatura tmee.
- E come aveano nome!
_ Che rileva di silIall:> gente sapere il nome?
o quattro 0 sei, tanto sono servi.
_ Hai falto male; imilOrlava appunto sapere
se fossera veri arimani ad aldii; e tu ricorda che
L.l
nt m< 1l0SCO~E
i03
il diritto di repotare mandra: j nostri nssalli
conœrne Doi soli, e ëbe tu, fra:te, naseesti di
gente serva sopra le nostre terre.
- 10 sono chierieo e no ile quanto te, tisWse frate FoimoSo éon singolare avventatezz:a; ma
aiudicando -dalla guardatura lona d~ conte di
~rsi laselato anOar troppo; come per dïvertire
la mala paroJa, soggiunse Inaliziosamente: "iô non
gli. ho mica dûnessi; --in COSC!enza non mi è parsa
di poteî'Io fare...: vuoi vederli!
- Tëntatore1 "Fa: cauto"e -preslo, menameli
.,
. . . , . . . ..
davanli.
.; .
- Ogui vb1ta mi laèc\o'a conSiderare i ritratti dipinti -ô sco1]riii, sperl!"e.oln':i ~proVa ~anto poco
l'farte valga <t ripor&re le sembianze nman~. ~è ml
sembra eooi madernissinti trovatl appaghino megliD; ma Se questi arnesi e qÜeste :arti' non valgono, certarneote menO ili 10ro vam la pafola.
Alloga, a mo' ù'èsempio, a veriti pitloriil ritn!to
di !lcilia <opra lê lI;lçcie ill1ll"lgiD1~' <hll'Arios!o,
e se ne usciranoo due \eite, mlO 'diëo simili, ma
che aneggïno alla lonlana fra loro, io fil! ù:ora
cOnsento'a restare privo in perpetiJ.n d'el benefizio delle indulgenze plenarie. Ancora io ho descritlo, e forse sa1"anno tro'ppi, v6Tti oosl. dl. 00mini come di doone, e Il per li io aveva senza
dubbio soll'occhio la immagine di qualche sembiauza oss&rata; jlerô, rileggendo dopo q"uaiche
spazio di ~po, nou nti è riusciloquas~ mai, C?n
la scorta delle ntie medesime parole, rIcostrrnre
"",~
u.s~1lu
DI UN !II0SOO1'iE
neUa mente la. figura desctüta_ Kon.·imjlor~;
lanlo .q~esio lÎClQ mi trattèrrà'd~<Î<iseriyere,'ogoi
fiata me ne pi~li,.u capriccio., ~i 9;'d~ri.vere
adess&e una ,be~Jemmioile. '.' ~ , > . _
Lab[~ parèva' un angjoJo, .J!0~ J!lica quello
dal lenero messaggio, ,l1eosiqneU' aHro cni' fa
commesso 4;' debeUarê 1-~o'Jlancj>
e spa4a, il)Il~'
-'
Iigo.o ~.;e.S': ..fa1e ~mll~9v~:"d~0,~hç,_1e, palp,ebre.chine le..v.'fla~no. !e;;pup~!.'f' ~:! su~~ cal1"I!i
fulvl., come quelli, ~~ fiobbetl-? ,. erano, raCj:Olt!
lezza che amoré slesso non si -sarebbe attentato
ferlrl> Se 000' dietro il riparo- d,lina colonua 0
ID un lronco: auclte a quei tempi uou si 'Sapeva
distingnere se ispi'ras'se -p'iù'o am6re 0 tïmore;
ai Mstri poi avrebbe messo addn-itlnra ~paveoto.
. Orso Alama\iao, çol~po 'erettÔ', 13 oocca aperla,
eutrambe le mani ap'Poggiate su-r glnocchr, ri·
niase immohile a conlemptarla;. ella, sotto- cote·
sto inverecondo guatameoto';diventala 'dt fooco,
sèmpré pii>' àbbassava le- nigÎia.' Graode era 11 si·
leozio là dentro, soloioterrôtto dal-mmôre che
mandavauo i denti di Piobbetta atrotantisi fra
loro.
.
~"E'tu cbl sef1"dopo irrtervallo' non -lîel"e di
tempo le domandô Orso Alamanoo con' voce che
procura'va 'renden beoigna.·
- SOno fig1i"a Volello'deHa Sel.a ,.arimano
su le terre deUa tua naronia
- Epperô libero uomo come Zaolcio dalla luo·
ga cbioma padrO' mio, entrô à dire- Piobbetta.
orSo Alamaooo' gli avveulO. uno sguardo di
sotto in su a modo d'iena e hro.ntolo. .
- CJ\j fi ba dâto licim7.a di aprire la bocca,
yassallo-1 Arimaoi ed aldii a me che monta 1 Signore e' ~adrone di tutti io SOUl> qui.... E stretta
la mâno si diè snI ginoc:chio roi pugno, poi alla
vista di Labilia ammansandosi cOÎltinuô-,
104
deo~~fta;.ret~.e.lene~a ~eoste)e JIl~rud
atto peritoso, pensa un po' quale ti si sareb,l>e;;<>f·
ferta·.aUoea fhe Ili:b":!zo i%bal~"'ol!'~ peU'"
trii Cjllli viocendo,.lo s~tlSSO PiobP~tta ~ .I;..ggiungere il .murnn~ggll,ao(àrlo per.le .coma .su,l'or!o
dei dirupo ed Îll}pejli~lo. ebp gW a. capofiUo.si
precipitasse; il !aJnpo d~1),n sgq,3.1"do ~cceodeva
l~aria d'intornq; e -l'eco;i'ispoJ1èev;"all,"'a9Sia. ~
petlo. alIaticolO.;Lo ~trepito'd~le piant~ed il ter·
reoocompresso davanoacredete ch'ella g!i respio,
gesse violepter,nenfÔd,a sf,IQscluqpjletlio ~lla~ch~o­
ma ventila ta dopo le spalle, il rombo delle b=Ja
mosse come ale incutevano, quâle ta miI'3,ya:itau*
racheq,aalchup.~ dei JÎorteatosrucc~llich.,ilmondo
vide pei suoi; primi ,giorni fqsse toroato a visi·
tare la terra (1).. BellissipJa era, ma di tale bel·
in
.
(i) 1.30 grandeua deg-Ii oceeru rlm.1SlÎ sulla terra tlI, dîcooo.
dai nalaralÎstl esag'erata; ma nella "Xnova Zelaoda e nel !bssaeeiusSertl'6nrono~ormedi aceelli. ordistnuti. piDUosto im·
maDi elle grandi. Li emamaDO. dinori da deinos omis llCCello.
105
ZœŒu.L'~ n tJtMltlbPiimatklLJ treGzioM tkU'uomO~ Co!ltasi
che necelli di POrteotosi graDaéna vivano sempr~ nella; isola
di Madagascar. e di reeente atrermô il capitano Barris averti
nduti presso alla. œi.a Diego Sua.res; ehiamansi Bourun· Rae.
106
L' STORU
- E da me che domandi, \OSa gentile 1
- Potentissimo b:Ïrone. e signore no*-o, poco
cosa 1,i cQ,iedo, c.be ln mi tssenta le, n,ozie, con
Piobbelta di. Zaniçio. dalla JD/lga .chioma, glUsla
il costume dei..-mag{;iori.
- "Ed io~ sOggiunse subito Piobbe~,ln mer~
ce dello assenso edac:ti'pe,r'Îe, ronie ~lamaano,
il Qiu pog.eroso der pnledri che cibasse castagne
nelle stalle. dell'isola.
_ QaesLo. è l' .oni'~gio dell: nomo e 10 'darai
TicbieSto' mi Lu, vezzqsa" obbederulo alla legge
langqbar&, !e~ti dispOsta ~ pagare il lno s!gnore della terra e di te?
- Quale. omaggio 1 Di quesLo Don )Di fà parlaLo, Signore.
- E mal feœro; ma noa gnasta... rimanti e
10 impareraj -da me: tu va - cumanda Orso
Alamanno al PiobbeUa - torneral per essa domani, e non importa. che' tu li affçetti tro~po ...
Vêntnra fu ohe'\ denli chiusi per la convul·
sione non lasc1assero aperto in Piobbetta radifo
alle parole. L'animosa vergine., non si smarrendo
pnnto deUo animo, vinse di U)l tr.atto paura, fi·
hrezzo, maraviglia ~ vergogna: di un pie' corn·
prime forte il piede a Piobbetla, ,DQn gli potendo
in altra maniera raccomandare)l sileozlo, e in·
tesa a liberarsi con ogni irulustria che fosse onesta dalla tana dove la incautela dei vecchi r ave.a travolta, con sunno tremulo di rabbia che
fu giudicalo pudore, rispose:
Dl CO< "oscn~E
!07
- 1'0tentissimo signore e padrone, vogli perdODa-..: la tu>, .serv. peril che eJla Den fossestata
ammonita, - e fattasi di braceia, le mani pose
.nelle mani di lni, ed accoslate le labbra aLsaoi
orecchi vi bisbigliô nna parola, intanto che si
faceva il segno dell. redenzione:
- Frate Formosa, sgombrerai la tua staoza,
. affincbè possa accomodarvisi la tosa., mentre che
passa la festa della Porificaziooe di Maria...
La proprio camera era Decessaria a. fraie Formoso qUaDlo il SDO ooocî<) alla la.rtarnga; onde ncorrendo proelp al riparu, """Iamu:
- Santa fede! E la contessa Gnalpranda~
Orso' Alamanno"Tabbriruli • quel Dome;.forte
si strinse con la mano la fronte, " dopo 'aleuno
spaoo di tempo disse:
.
- Ta dnnque anclle tu, 'e toma sola dopo la
fesla.
,Wnra Labili:rgli s'ioginocchîô dovanti e Iraendo seco Piobbetla 10 co,trinse a fare altrettanto;
-enlra.mbi l>aciarongli le mani. Orso Alamanno
in quella che si alzava hacicl Labilia sopra la
faccia.
Piobbella chinse gli occbi; quando li riaperse
la conginntiva sembrava presa dentro noa rete
sangni~na; il colore della sna facei. era lin do
di argina, e nondimeno raggr;D1.3ta la pelle daJ
lali della bocca pareva sorridesse; cnrvo della
persona. in snono pacalo gli disse:
_ Grazioso signore, io mi ti lego per fede
di lornare solo.
lOB
LI STORU
-: Mi piace, cosi sari! maoco fastidio.•.
- E di 11Oa' grazi. àDcora ~r-s"pplico, sigoor
mio.
"1....:
~<lnal gnzia' ioterrogo slizzM Orso Alamanno.
.
- Oh! 000 'si adiri. ir mio ·baroœ. cootraal
sno se\"vilerè: vôh"ei hI mi faOOssi
di-re-,
carti <!oman; il mio bel poIedro... · mi tarda m<J-
ooS-no
strartelo.., iB 10 edueaî per te...
..:....: -Ti sia"':'OOnœsso; e se aecaaa+éb'io lo'trovi
aoco - metà meoo magnifico di qnellll elle :tl1
vaoti, tn oon al'rài perdnlll la m"'l(iornata; "'5sallô. ~
.'.
. ;E<f1lSti'i'ono. Allora frate'Formoso fn il primo
a paflàre e il.isse:
.
. - >
- Averi pann cbe 000 ci eîllnsseta jÏala~-e
ci sprofooda- .noo il maoiéo: - ~
- L'uomo si edoca a tatto, anche a senticli
cammioare sni Cbllo sèÏ\za fiatan;: qnesto si è
visto e si vooe.
:'T
- Dave dllOqne i fioimondi lIe1la ClJII!esSa
Gna1praoaa'
- ~ei reodooo sospettosa gl; affetti di-maore
e qneli di -moglie forse, osseno'il coote Orro, e
T
poi
gnatdat~Si attorho~
ginose: qnemla.
_
con vace somu:ress3
a~­
rocomiocia ad ioveechiare e dJveotà
'"
n
1
...
,
100
! VII.
Lscili allo àperlo l..abilia e Piobbetta; sema
pure volgersi addielrb, co'rsero via. tenendosi èlfa
pel dito DÎlgn!l10 ~ella mana sin)st~a, egli pel' dito
mignolo dell:! d~tra inlrecctali. e oon Yipresero
leoa fiocliè ilon gî.nnsero a certa fontana, $OP'"
la qrialè, deotro noa nicchia seavala nef masso,
aveyano pasto la )lÎIIllagioe scolpita 'della ~adrè
di Cristo.
•
Piobllèl~a si fëcè raccogliere olqoa010 di aè"
qna oel lôcco, qoindi COI! raccia solenoe 'disse
a LàbUia:
- l'r~a le gl"occbia.
E qoella.le pij'go; egli le rovescio l'acqna sni
capo contïouando:
- Ti porg~ qnes,lo secoodo-baltesimo di acqna
dol bacio vergogfiqso iotaoto che io te 11e appareccbiO no olIm di sao.,ane. Prima di allora
tn non sarai mia dODoa.
':
- Xè tn fuio ~to, confermo L3bilia rizzaodosi in ~iedi; e rialiaCcialisi por le dita ripigliarono la v ï a . ·
.
.
a
.-
, § VIII:
Coo Te medesime
cantele forooo aTVisati , coi
.
medesiihi sospelti dnnote la noUe i padri si assembrarooo nella emesa della Pievan~, dove ln
messo il pàrtito da capo di qoello che si avesse
HO
LA STQBI.'
a fare. Tanti cervelli, tante sentenze, impercioechè li pramesse il male, ma gli spaventasse il
poggio'oAUa tardiLà cd alla esitanza dei consigli,
,lIenza c4e laloni 10 volesse;o, àd a1lri senza .ID!re
addarsen.e't erano incitame)lLo grandissimo le CODdiÎioni diveçse, cliè ,@eSli • oon aveva figlinole,
quel!'all,ro si ma fanfolio\>, e qnioéi al tempo io
cone si avrebbero a maril;âre no bel t",tlo ci
corre,equalcbe saplo aiutera; ci eranp eziandio di
côloro 'che le a.evano di già accasate, e per qoe·
.sLi tao\/) importav.. il caso_ 'lùanto le rondini dei·
l'aDno. inJ):1Wi: l'et. le 'I,na11 !'Ose l~ nioltilndine
mulinava un monilo di pensieri fnnestissimi quanta
ignobilissimi che vanDO signifi~ti in qu,el sozzo
nrorerbio: .C ognnno
lier sè, 'ô Dio per lofli! •
~..,.
l'
e peggio ancora nell'altro pit! volgare: ( arrosto
che non t.oeea lascialo andar che liruci. , M.o·
cara insQmma la necessit? che gli sln<ngesse tolti
come un ce~.cQ.io di rerro, onde il popolo ti presenta allor. la immagine dello anLico BriareG, il
Titano che con nn cnore cd nna voloolàsolamoveva
Je ceoto hracci••
Jo 10 conobhi il pro.. : non ci è passione quanto
la viltà che si afIanni a dissimnlarsi e ci riesca;
le a!tre passiooi 0 10 sanno 0 10 possono 0 ci
attendono meno; pero a nessnno bastava l'animo
ricusare, aUa recisa, ma tanti ostacoli recavano
in lllezzo, tanto tempo a bene disquisire !'argo.menlo chiede..no, e tanto ad ammanirsi, the
Vnlello.deUa Selva, il1i,àendnli alllfl:ame.nte, di·
ceva;
nI
UN
H-l
1I0sco,"
- 0 me.sseri; .non sapete voi che mentre~'orzo
eresce l~ino muore?
~ ... fT'
Certo non son,ara classjeo--questo provercbio; in
quelÎa conl:i!>ne. di Gû!'Si sarebbe atlagli.lo .me·
gliQ 1'.Uro,: mentr.e jl.oma consulta casca l'ag~'ilo!
.Ma '"leUn non 10 ,sapev;. e ,i .s,!"i compagni nè
meno; egl>si valse deU'asillO e(Il in;eso d~ ,tutti;
rata feliciLà <li temp~! Impm:ciOct~ nei giorni in
cui viviamo.,aneo ra€oCOJ}l.:lIIdandeciall'asi-no,si cor·
re risollio di essen~ illtesi, non dico da nessùno,
ma Ç8rtau!ente da puchi.
,
§':JX.
- Terrorel dandogli un ,gro~<>y colpo deUa
mano aperta so:pra le gwppe, e5#laiIiô PiQhbelta:
-
J'erro~". a ~oi!
•
"'l
'"
'.
~
SolevAD<> neUe eLà. vetnsle i ÇOrsi, secondo ch~
c'insegn. );ifo (jrimalOi, altra volta rammentato
ai cavalli-loro
que·
in qoesta
storia (1 asseguare
•.
~
n
510 od alLrettale nome pa!l1;oso Iler çerta vaghezza
che li tira al terriliile.
l'errcre era poledro ~ato-aa g,inmenta 5~agnuola
e da stallone côTso: di pel0 sauro come hanno la
più parte degli animali in CorSica, 0 vU<>luomini
o vaoi quaarnpedi;.leggero il capo cd aleun -po.
co ricurvo, che i praÜci aicono mOtltonato '> il
quale teneva giù accuslo al col~o con le orecchie
erette e gli occhi ingnieti quasi spiasse aJacre·
mente ogni oggetto, agni romore; i c,rini g1i~ra •
(t) ti&ilù
st.or.îcM-. pag.
us.
H2
L_l STOBIA
no crescinti cosi ohe gli avrebbcro dato impacoio
al camminare se Piohbetta non glieli'3.vesse ratcolti i1Ï tfeècie liingo li collo_ Le narici e -il petto,
acèonci agli alili ed ai nitrfti gagHardi; le gambe
nrnscolose, intersecale da rami di vene, e qaelle
m metro pin 1nnghe delle- anteriori, donde avveniva che spesso appoggiato su -ie deretane si alzaSS!l'agitand"ilell'aria le allre a mo' dell'ega·
seo, quando infastidito deUa terra spiceava il' volo
ai presep1Ï œlesli, aove le Muse 10 nudrivano di
ambrasia; messo da parte il Pegaseo, GOleSta conformazione 10 aiutava stopendamente ad erpicarsi
su pei greppi ed in pianura a scorrere via col
motachedieQno traoa/cc, ohe consiste nel galop.
pare con le gaiobc di motro e lrottare con le anteriori; moto oltre modo celere per eni di colpo
}' animale ti comparisce davanti agli occhi e si
dilegua meutre tl senibra che si maoia -appena.
Le vie oblique a entesto cavallo, come al suo padrone ignote; se mnro~ 0 siepe, 0 rosso focou·
travano, saltavanli; se ,fiume 0 slretto di mare,
li 'traversavano notando. Talora Piohbctta improvvido 10 cacciô su pel' pendici dirolte, e giunto in
cima, invete di penaio che digrailasse a vaUe,
lrovô dirupo a picco, e spazio da voltare il cavaUo non ci era; le nidiate dei falchefti sbigollite foggivano st'rillando, e i vecohi falchi avventanilosi facevano al ~valiere gllerl"3 di artigli e
di beêco. A tale schermo Piobbetta non seppe
fare altrô che racoomandare la sua anima a Dio
DI Cl' MOSCO~E
H3
ed il SUll-COrpo al cavjllln: allora qnesto,in balia
di sè, con una del!e-zampederetane, lentalo-il terreno e -assicuratosi che 10 avrebbc retto, scendeva.., quindi da-va oltre di mana in mano, pr.emessa
la medesima ""verLenZ!' coll"aUra: J\3SS3to il pericolo si ferma.. ad emmpere l'alilo tauto tempo
tra-ttenuto nei pr~cordii e a. scroUare le membra
qua~i per c,acciar~ via o~ r.esidno ~{paUra, in
ultimo pigliava a ragiooare.
,
~
o come a ragionare?
direte vo~·ecfio vi·co:O~
fermo in cosciellza -j'he il cav.allo esJl(im~va. booe
e meglio le sue querimonie, le qnali St capiva
faciimellte ch~ presso a JlOCO' dicevann. casi:.padrODe .mio~ e' pare che lu abbi sortilO ai !uoi
ser~izi, 0 ~lli più di nno~ 0 cerv~llo mena che
mezzo: perô_ sn queste bricche ci polresli venire
solo;' io li ci :Seguito. per l'a!ll0re che li .partô,
ma mi qisogna protestare aItinehè il 1.00 Crea·
tore e mlo non .mi- melta in )llaZZO can gr insensati come te.
• ,
Nè rimanevan?i a quesle le vil:1ù di 'j'errore,
che, pel' talento Daturale, ajzzato .dalla educazione, ,Sqpeva combattere, ..straœiando a morsi, atterrando e pestando e ripestandô il nemien finchè non gli avesse slritolato le 0SO'!o e. J10ichè
chi !>ene 'odia bene ama (e 1 caloscloni p.on la
vOgUODO iDtendere~ ma la è cosi1~ b~Qgnal\3. redere la healitlldine di Terrore quante roltei! s.uo
padrone, _0 col proprio nome, 0 con aUri soavi
appellativi ~Jo chiamasse, ovvero dolcemente 10
Hi
LA STOBll
stazzon'oSse: dove Piobbetta: gli avesse porto'nel
cayo della- palma nn- pizzica di cibo eletto, il povero- animale incres'pava la pelle pel' W· eccesso
deI piacere e' trèm3Ya tremava 600 a piegaFglisi
le ginocchi:r, Qnest.. cose parrannn worbitanti
agli avvezzi'a vivere poco co' cavalli e molto con
. gli uomini. fquali: per ordioario, mordono la mano di cui gli -alimenta; ma 10 le -ho volnte dire
percbè le provai, e SODO' vere. •
Piobbetla, 'llapa avere'rinètlllta- diligentemente
Terrore, to-bagnô di aeqna pura, tranne 1": tàïnpe, cne- aborri"',iDQml~, poi, aselngetolo ben
b!'ne; gli gllard6 gli ug"oni, badando se solf.. 10
zocco)o e fra la commessuraJcoi ferri si rosséro
irrsinuatt-polvere 0 sassolillt; avverti se il ferro
bene ad~rlsse' aIPogna., tenth i cbiodi', dei qnali
alenni mutô, ripicchlô' tntll; i crini deI coUo-gli
tessè in trecce, -che strÎflse in cima ton Dastri
vennigli" dop'O' si feee a mozzargli -alquanto 1.
coda, la ~ale, strascicando per terra, massime
quindo s'in.lbe.....a; impedTva il COrso; ma, mentre, retâtasela nella slauca,' stav•. peer mettercl
.rentro le fOrbici -che tenllya nella destra, parve
gli maneasse il cnore, e le-geltô via: elesse piegarl. in mazZo, siccbè, legalagliela a più riprese
con nastri vermigH, venne a rendere 'il cavallo
pitt libero senza privarlo-della sna cosa" gli .dattô
le briglie e il frontale di comme rosso; in bocca
gli mise'un filelto di acciain brnnlto,guid'llinttosto che Iren<r. Rignardate con mlnntissima cnra
H5
le libbie, il pettorale, il pôsolino a ogni aUro
arnese perchè reggessero a qualnnque Sforza, terminô di bardarlo; per ultimo, sopra- la ta:treria gli
porse avena ed one, eibo searso ma eletto. Compiute cosl le care dei cavallo, Piobbetta dava opera ad allestire sè stesso: si- slroplœiô prima con
acqtM, poi con oUo, in' îspecie le scapote; il colla
e le braecia: .esll una Jeggera camiclola,-bral:he
largbe; inlorno alla vita- cinse uua corda, qnena
stessa corda la qnale; termi:nando con Tln g.ni:lo,
V1llrava a caecia dé!- mnmo-, allorebè la liera, per
sollrarSî aIre 'sue perseoozioni,,"spiceava- nn salto
sn qualebe seœceso dirupo. II gancio, -fecrmo acontrasta coll'Oi-ki dei sasso, gli da.. comodilà dl
erpicarcisi sbpra e oontinuare ad insé~ui:re la
bem: perô ades.."" ci I""ô l'nocmo, .. nè an"" se
la cinse a fila continuo, sibbene a matassa, stringendola sofro il pètto con nodo'arrendevole. Galz~
le uose -e DOn omise gli Sproni.
'
Terrére. ehe-eon oeehio v1Spo stan aggnardando
il padtone, pane si adontasse degli sproIl'i; enon
10 [aClJ'le, paresandolo comé potè 10 sna l'avella;
Piobllet!a, che10 iïltése, fn solleeilo a rispondergti:
- Per qnesta volta lascianîi fare, Tilrrore, chè
tu potresti averne bisogno al pari dl me..
Si Jltise -;1 tOcco in "'po, ,n Iè spalle gillô la
casaecia, dore aveva ammanito un po~ di viatioo,
e, di un salto inforcala la sella :roM là dove 10
tirava il destino.
..
..
Nei giorni di febbraio la terra'éOrsa palpita ai
Dl nN I!OSOON.
H6
LA SlORIA
fiali fecoodi della p~vera. -1 lO<\Ddorli' oproIlll la nuo~ fesla d~lli n~lufa, oroandosi di- fiori
candidi; sllbilo <l0P!' gIi alpiwcchi rispoodono
elOnlando .-con liori -ebe bianc!ù non si possono
<Ure 0. vermigli n~ =no, bensi di one linta cbe
selDbra, aver dalO..iI tnono aile guancie della ver.
gin~ qnando ·per la prima voila ode bisbigli;re
I~ parola, di amore: ~.coUo sbocciare <lei fiari si
<lestano alle-gioconde ialicbe le. api, che roozono
0. sciolgooo Je ale as.>iderate. ai raggi dei sole.
Borgi le oreccbie.... inlendi 1 un mormorio 1001tepliee., prpmiscuo, inJiJÎilO,.nl\l qoale si mescolano .Dci, -di p~nle. di acqœ, di lerra 0. di cielo...
qnesli $Ono,saJuLi Jlegli enLi Gbe si syegliano all'alilo amoroso deI C\"ealore:1incbè strideva u..ern.o essi dormirono .ili:lInemoct 4~lro il.sepolcro
transij.ûriç; adesso., ricondoUo alla vila, agni ente
clliama il soo comp~no 0 la sna compagna, 0. quesli gli rispondono, pero elle non vi abbia elle la
morte che sla ~la_ "'ossa la Iedè di chiamare-ed
essere chiamati, di J;(spondere 00 oUenere risposta dopa la. nostra morle,.nel giorno àella eterna
primavera, accompognare onconoi de1\lro la fossa!
lia cbe Importa sprecare colori a dipillgere un
mattinn di primavera ? Tanto non ci bada Piobbetta, e l'anima e gli occhi suoi slaono. allaceati
$Opra la via cbe Jo CGIldace al maniere dei conte
Or.;o Alamanno; eglL afi'rettaodo il posso, andara
interrogando sè stesso:
- Dove quest'oggi fam capo per lOe? Alla ri-
j 1i
Dl UN: !iOSCOXE
ta? aUa morte? QueslO Dio sa. Cerlo è clle a
sangae mena, e prima che tramonli il sole, 0 me
o lui b. da vedere codavere.
Terrare, immaginaDdo doversi mostrare a qoalcbe festa, prese a corvettare., ma 10 acqneto Piot>beLta per rjsparmiare le farze: arriraroDo alla
fontana della )fadonna dalla Queree senza incon.
lrare per via cosa che fosse al loro andare molesta. A.IIora Piobbelta scese e, recalasi al. braccio
la briglia, si !rasse dielro Terrore: fermossi da,anli la immagine, mollo devotallUlole si gennDesse., 00 appoggiata la fronte alla pietra umida
e frOOda, oro col prQfondo dell'anima: rile.atasi,
gh pane gli si fosse rinfrescalO il saogue: pal_
lido era, 0. qualche volta il ribrezzo gli aggricciava la pelje, ma ormai il dado er. trallo, e il falo
che .olente 10 condueeva,lo avrebbe strosel.ato
repngnante.
Riconfort6 Terrore con una focaccia d'orzo 0.
di sapa, 00 egli feœ P(ova di cibarsi, senonchè
il ciho dalla gola conltatta veno.e COQ grande
impeto respinlo fuori; il vino rillicl a trangagiare,
ma gli si sparse peT. le 'tiscere come il pelrolio
sopra la fiamma; remoose la ZUCCll dalle labbra
o., depositalala snll'orlo della fontana, Jevo gli occbi aUa il/lmagine 0. disse:
...,. La .oto .. te., Madre di Cristo; e tn ispira
cbi passa a propiziare ail' anima !Iiia se morio,
se salvo. alla mia feiicilà.
La sloria di un mc$COOt'.
8
HS
LA. STOB!..'
DI Cl< "OSCO"E
p.
Egli entrô di scappala, e a mezza piazza si
[ermô come se converlilo in pietra: poco dopo il
cavallo s'impennô seconda il sno coslume, quasi
volesoe prendere 10 slancio per ispiccare il volo:
in seguito, scossa or di quà or di là la tesla, pareva che salntasse i circoslan li: per ultimo si
mise a traversare di scancio la piazza senza mutafe di [ranle e cosi dirilto che meglio non si
saria [alto col fila. 1 soldati sparsi aC'lOrsero plandendo ail' oUimo cavallo e al valoroso cavaliere.
Lo strepito dei gridi e deUe mani percosse arrivô tino al conle che se ue- stava ozio$o sbadigliando con la contessa da un I.to, e [rale Formosa dall:allro: <>nd'è. che uella speranza di vedere casa la quaie <Ie1la letra noia le sollevasse,
si feee al balcone nè slelle .molto a ravvisare
Piobhella.
- Per lulli i santi delle litanie! il viUano ha
delto il vero: uobile b.esliaè quella ch'io veda,
- Donde vieni e dove vai 9
- Ribaldo (i), io vengo da Frelo e vado al
potente nostro signore~ conte Omo Alamanno,
per presenlargli questo cavallo in tribnto delle
nozze consentite [ra me e Labi"a, figliuola di
Zanieio dalla emoma lunga.- Avresti per avveulura armi iudosso9 Bada
di Don mentire.
- [09 No.
- Vœn qua ~he ti [rughiamo.
- Ecco, vedete; ill sono ïgnndo, egli disse,
levandosi la casaCil3 e ponendola neUe mani dei
soldati: qnanto alla.casaœa, guardatela a heJragio,
io va la laseio; me la renderete com'in ripasser6.
- 1 soldati la ripresero ed ammîccandosi ghignavano per la semplieilà deI villano, elfe dava
il lardo in serho ai galli. Perô r soldali non si
tenoero .contenti a questo, ma per lutla la persona tastaronlo-, e, ineredibile a dirsi, fi-oo dentro
i capelli;_ e ciô per raccomandazione espressa deI
conIe, il quale aVBa udito racconlaTe come certo
scel1eralissimo ci si era nascosto nn pugnal"l.!o,
e ammesso al principe che slava bene sicuro, con
qnello proditoriamente seaunasse. Assicuratesi le
guardie che Piobbetta llon porlava armi latenti
nè palesi, gli davano licenza di entrare.
(t) Questa voee, che ora so.ona obbrobrio. un tempo si~id­
cO soldato prode ed e1etto. GRASSI, Dizwn. mil.. t. W. p. 330.h'\:\o, Forhma deUt parole, p. lU.
H9
anzi nobiJissima.
Frate Fortooso dubitô un momento che il conle
Orso Alamanno si senlisse in vena di C()mporre
il srro llanegirico; ma poichè, trallosi a stento al
balcone, si acéofse che si tratla.. di 11Ila beslia
davyero tomô bealamenle a sedere.
n conte erasi dilegnalo dalla finestra: onde
Piobbella, lemendo non .essere rinseito a richiamare l'atlennone di lui, senlLcascarglisi il cuore,
gli sfoggirouo le redini di mana; egii e il cavallo rimasero immobili. Grande angosci., ma'!!reve,
no
L' STORI'
perché rn visto il eoDIe di I.cpeDle . irrompere
dalle porle e saltando a dne a dne gli scaJini
precipitau su la piazza.
Piobbetla, commosso da ebbcezza COUV)llsa, non
bada a ficcare ambedue gli spmDi De; fianchi di
Terrore; che balza iD UD salto smisurato cascando proprio' ai piedi di Orso Alamannc>; il quale
si rilirô in fretla dne -passi, addietro: senoncbè
il gjovane; slndiosc>- di cancèllare ogni sinistra
impressione, prese a cbiarire il oonle com' egli
fosSe esperto DeHe- arli piiI recondite dei maneggio; nè mUDo, ché Orso Alamanno di tali esercizi conoscitore solenne ne strabiliava, non si po.
tendo capacilare dove mai avesse potulo cotesto
villano impararle, componendcr esse a quel tempo
la edncazione ésclll5iYa dei baNni,
- Bene! non rifioiva d'esclamare oost.ni;~Ln;..
pendn! Peecàto ch'e'uon sia ailante abbâstanza
da cavarne un deslriere da fazione! PazieDza! Pe~
ci potremo vanlare di possedere il più lletgiannetlo cbe si sia visto al mondo da A<!amo in poL
E .lale !ra sè faveHaDdo erasi aCGOslato al Piobbetla e-gli ~rdinava smontasse: volere--provare
egli quai garbo gli !acesse sotto, Piobbella, senza
che il eonle se ne addasse, tiri> alquantojl frenello
e con le g'ambeeompresse i fianchi a Terrore,
che, voltale le groppe, spari> un pain di calei dà
metlere in pezzi una colonna di granllo, Piobbelta, iDlonto ohe il cavallo aDdava di costa ed
impennandosi imbizzarriva,cosidiscorreva alcon le:
liOSCO'E
1~ 1
'lIio .signore, laseia ch'ei queli; bada che,
Dl UN
~
q.liantnnqne manso tome agnello, pure, per manco
di abjtlldine, ana vista di moUe persone s'inalbera; le 10 menero pian piano qni oltre a\.rezw...
e so cbe. ue farai queHo che ti piacer'.
- Va. "disse il conIe.
.Allota Piobbeua si condasse con I!lolto rigDardo
in parle ove orezzava, e il conte dielro. Poiobè
qnesti 10 .ebbe -raggiunto, Piobbetta, cAe pella
aspellarlo eràsi sJlbblalo nno sprone, sporgendolo
COD la mano verso Orso A.lamaJ;!no favellô:
- Mio signore e padrone, deh! bmmi degoo
di cigDerti qaeslo. sproDe cbe poi appeDderô per
reliquia a capo deI letto iDsieme alrolivo. Tu sai
il pro~erbi<t~
BaGna (emmina, mala (emmina vuol bastone.
. Buoo cavallo, mal cavallo vuole sprone.
- Tn parli onesta e grato. Tn dovresti arrolarli tra i miei ribaldi..,
- Magari1 E iD questa gli die' 10 sprone che
il conte prese e, alzato ·il piede SD di un mnriccinolo, feee prova adatlarselo .1 calcagDO.
Mentr'egli tiene il capo chinato con le spalle
inteso a coteslo atto ~ente allo imp.ovviso una
percossa sni collo;'s«o primo moto fu, lasoiato 10
sprone, di soUevare le braccia per difendersi; se
nonebè si tram în nn punta serralo alla gala, e
di unD strettone strascinato iu avanti, corse cinqne pass,i 0 sei, gli parve vedere e vide cerlo
PiobbetLa aVlolgersi inlorno al bracclo sinislro il
i 22
LA STORIA
capo della fune e col destro tirare giù pugni disperati sm capo a Terrore; poi vide un diluvio
di faville, e qniudi a breve più nnHa, cbè gli si
spensero gli =hi nel buio eterno; batte duramente la faccia per terra stramazzando, ma subito
dopn trabalzato sn la schiena agît<) ie braccia per
l'aria come il nailfrago che sta per .dare Ynltimo
tuflo.
Piobbetta levatosi riUO sn le staffe, dopo aspirato di -aria qnanto gli bastava il polmone, larespinse con altissim<i gride>, e al pue>to steswleri
con le> sprone il fianco al cavallo, il quale sguizzô
via come se g.li aves..<6ro tocoo i garretti col ferro
arrovêntato.
Piobbetta torse il capo a Terrore verso la porta
deI castello, ma non ci era mesliero, cb·egli aveva
ot!imamente oapita come adesso bisc>gnasse vc>lare; e irrnppe ce>ntro la porta fulmina~de>. Male
incolse ai ribaldi di goardia su le porte, cbe,
inctooiate le gialde (i), pretesere> impedirgli la
uscita; impercioccbè l'animale furillSO uno ne ad,
denlava pel mento e dopo avergli strappato carne
e mnscoli 10 lasciô con la mandibola inferiore
slogata; an'altro con nu calcio obliqno della ~pa
davanti fracassO ilfusolo della gamba; gli accorsi
senl' arme urtô col pelto e mandô jn .llO mucchio sossnpra.
(J) Gialda. La Crusea definjsee: arme anliea di eui si è per.
duto l'oso e b. signifleazione. All'opposto il Grassi. Dizionario
militart, atrenr.a essere: lanei3. d'uta lunghissima adoperata
Dl UN llOSC();\E
i23
Già orribilmente sbattacchiato il corpo dei coute
Orso Al2::!Danno, rî-gava di sa.ngue la via; senoncbè un nUTolo di polvere, avvilnppando cavallo,
câvaliere e 10 slrascinato barone, nascose il maggiore strazio cbe incomiuciava di quel sadavere
adesso. Servi e rioalili non poteroDo in altra guisa
soocorrere illore> padrone che con urlo di orrore.
§ Xl.
Ai primi squilli deUa campana la plebe di Freto
si affretta... alla.messa, perô che quel giorno nel
quale la Chiesa .celebra la Purjficazione della Madre di Gesù fosse ma~ sempro "pei fedeli, massime donne, festa solenne- Labilia, secondo il costume, ru vista aCGOuore fra Je prime professandosi devotissima della Yadonna: tottana bisogna
confessare çhe Della sua devozione entrava questa volta, per. due terzi, miscuglie> di spasimo di
rile<!ere Piobbetta.•
Tt suo promesso la sera innanzi l'al"eva lasciata
sopra la soglia della casa paterna seoza dirle paroJa, sénza neppnre il saluto, ch' è si caro agli
aman IL
- Pavera tosa! L'acqua benedetla le si ascingô
sopra la fronte in un attimo, perô che le bollisse
come una fomace; si genuUesso a mano destra
rlellnogo riserbalo aile donne, congiullSe 10 mani
e iilComiociô a pregare; ma si 1 tan lo ii suo
cuore non ora là. Da prima quanto pote torse gli
occbi agguardando ~ manca se Piobbetta ci fosse
talTolta dai balestrieri a tanllo, detti pero gialdonieri.
,
j24
U
STORU,
capitato; non ci era; incomincia la m~ e non
si vede ; mutasi il libro da un cornu dell'altare all'altro. nè meno; passa la elevazion~, l'iene la
comnnione, e Piobbetta non si fa vivo. L'amore supero il rilegllo di C3stissima. donzella, e il pievaoo voltaodosi per dire al popolo: Dominu.s~ ..
biscum, non incontra la Cacria di Labilia, per6
che quesla la tenesse filta sopra la porta della
chiesa. Per ultimo, nOn potendo pin reggere a
tanto strazio 1. parendole che i mnri a mana a
mana slringendosL le chindessero il capo come
dentro una mor.., feœ un supremo sCorzo la desolata el!. ll5ci. La vide il pievano, ma, compassion3.lldo alla llDrrasca della povera anima, non
fiat6; egli ste..<50 si senti.. fieramente turbato, b
voce aveva doca e le mani tremaJlti cosi che,
bevendo il caliœ, parte dei saorp liquore gli si
spuse pel menlo e slLper la pianeta.
Fnori della chiesa ci era un riaJzo ci!'COndato
da moro per moIti cipressi ombroso, al qnale si
saliva per via di ampio scaleo: quisi rec6 Lahilia e, non si allenlando sœnderlp a cagiorie della
vertigine che in qnel punlo l'assalse, si pose a
sedere in capo della scala ahbracciandosi le gambe,-e la testa appoggiando sopra i ginocohi. Di
botto il capogiro cessa, e ii cuore le piglia 3
palpitare cosl che per poco pin le si wbianta:
aguzza gli occhi e non vede - ma sente Piob·
belta.
Lo sente e quanlo ha di anima ro.vescia nello
DI U)i llOSCONE
li;;;
sguardo; non pero le comparisœ veruno obietto
dinanû; dopo molto agguardare, un fiocco te-nue
di Cnmo, una striscia soltilissima di polvere si
disegna là in fondo sovra Jo eslremo orizzonte.
- f: lui! Lrla Cuori di sè assorgendo e batte
i piedi, e le mani caceiandosi pei capelli, se gli
scompone gridando sempre.: f: lui1
fi nu'mlo si dilata, infittisœ, si avvicina; di repente Coori della polvere sbo<:ca un oggello
- un cavallo, un c:avalliero e dietro lorD ;violeIJ..
temente sbaltacchialo trabalza un tronco di albero. .. _ . un corpo dl bestia; non si distingue
bene che sia: poco preme, ·basla'Che il cavaliere
sia Piobbella - ed anco - si - che il cavaÏlo
sia Terrore.
Oh come è grande affaIUl<) vedere il buon cor·
siere lnlto spuma per la !locca e pel corpo palpitare nei fianchi in orribile manieral !ardo ed
a slento gli esœ dalle froge l'alito Cumoso: corre
sempre e correrà finche gli basli 10 spirilo, ma
è cavallo molto. Senza paura non si pu6 guardare
Piobhetta; i capelli gli stanno.ritli sopra la Cronte,
la Caroi. di morlQ, non gli si vedono le pupille.
Giunlo di abbrivio .a pie' della scalinata, sia che
non la scorgesse, sia che non gli acrolhodasse
sœndere, per ultimo sCorzo t=- a 'Terrore sa·
lirlo, nè- il buon cavallo si rilrasse in dietro, senoncl!è, asœso l'ultimo gradino, venne menu e
stramaxzando dnramente and6 con Piobbetta in
nn monte. Quesli rotoI610nt.ano, sempre tenendo
i~
u~oro'
Dl [:'\: MOSCOXE:
127
fnori scbeggi.le, il cnbito destro aff.no distrnllo,
nel IDaDOO museoli e neni laceri, la mana sola
con qu.lche sottile tigamenlo.ttaocata, "Iemori
.vvolta intorno al br.ccio la cord.; quando rialzossi uarv" panroso dne col<lDti di prima. Terrore ~on si!.wô venlando un soffio lungo: .persele labbr. in ano di augoscia e, giaœndo sn di
un fiaftco, non diede più tratto. Non ..se ne ac·
corse Piobbetta, come llè meno si .ccorse di L.·
biti. sednta in capo scala; a tastoni si mise a
œrcare 1111 sasso nel qnale staTa piantata Wla
grandissima "'-ore, ci si arramllitô sopra Ile li
rilt" con nrla da spiritalo prese a gridare:
- Plebe (1) di Freto\ Plebe di Frelo, accorri
a vedere il conte Orso Alamanuo.
~nesto mo pereos.sej fedeli raccolti in chiesa:
i qnali,
iln rispellO al mondo pel Inogo
dove si rilrovavano risposero con un .itro urlo:
di colpo aneotansi alle porle cosi uomini come
donne. Il pievano slesSO,disertato r~ltare, co' pa.
ramenli .ddosso, precipilô insieme agli .ltri fuori
della chiesa-.
Qnello cbe in colesta ora appariva sni S3j:ralo
della ciliesa di Freto era senza dnbbio un liero
spettacolo. Piobbella roto sul. sasso col destro
gomito abbracciaYa la croce, nel sinistro teneTa
strelta la corda in cima della quale stava'strangoJato il tronco miserabile di Orso Alamanno: a
questo tronco mancavano le gambe tutie. e le
cosce in grau parte, di cui !alune ossa llSClVano
fessi, l'osso sacro in pezzi, le vertebre scassinale;
=
(1) col norœ di Pkbe wu volta si disegoan l'o.nioÎle ~ei
tedeli posta sotto fa cura di un saeerdote. llcu1'O'BI. Afttidt.
i'al.. Dissertazione UXl\".
.
••
di addome, d'intestini, di viscere nèanco nn bran·
dello; solo schi.ntato scendeva giù penzoloni .il
ClIore deatro il pericardio sostenuto dalle .rteIle
sanguinolenti. La lortnna si tolse il capriccio di
colm.re 10 slaio della vendetta oltre il desiderio;
imperciocchè volle che il cad.vere di Orso Alamanno, oltre .d essere .rgomen1<i di orrore, 10
fosse di riso: sul sommo deI capo gli mantenne
il tOCCO quantnnque sordido di polrere con 1.
piuma • lraverso, avendo .vvertito di allacciarselo
sotto il mento prima di montare • cavallo, il. collare di tino, il giustacnore ed anco al fianco la
daga~ Li aocanlo il povero Terrore. seoppi.to: a
pie' della croce Labilia coi cape1li sparsi e le
palme al cielo sen.. sapere nè potere mandargli
un. preghien.
E Piobbetta dall'alto conHnu.v•• grid.re;
- Plebe! chi non teme 1. morte è p.drone
den. vita deI tiranno. Plebe! ecco qu.nto rimane
del tno barone: adesso guard.li cbe un. guerta
di esterminio sta per rovesciarsi addosso a te.
Comin;' donne, vecchi e I.ncinlli presi da fn·
rore risposero con luoghe smda:
_ FIlori le arme 1 Gnerra lino .lIa morte!
Pin feroei coloro che non ha gnari mostraronsi
rispeL\ivi sn gli alm e peritosi. Or. come puô
128
. L.'
STORl.
essere tanta voltabiliLà 1 E nalurale. 1 cauti tra'
valti per aria dai successi presnmevano GOD la
intemperanza nuova dare ad intendere the i partiti da loro prim proposti non Cossero stati cosi
imprndenli come codardi: e poi vi aggiuogevano
la stizia per 10 sdrurio ricevnto nella pretosa in·
fallibiliLà. Le GOse vengono al mondo avanti assai dei nQmi;-c vissera moderali anche nei vee,..
chi tempi, da queUi odierni differenti in questo
che gli ailliehi talera vergognavansi., ed ammen·
dando coi forti fMli le jlarole insane, corregge·
vansi, mcntre gli odierni non si ·ve.rgognano nè
si correggono mai; e là dove operino.alcnn fatto,
li lasciano Incerto se tu deblia deplorare maggiormente 0 le parole 0 le-opere, comechè imbe·
cilissime el! abiellissime li compaiano ambedue.
Piobbetta, deelinatfgli oeebi rimira consapevole
Labiüa adosso ben sna, poi il pievano seml're
in pianeta, onde gli veo.ne in mente un onavo
pensiero; precipilando giù dal sasso, atterra la
donzella per.un br..:cio e il sae<rdole dall'àltro,
e trallili a forza ~nI tronco dei conte:
- Qni, esclamo, qui -sn questo corpo scellerato meUi la mano della sposa n.ella mano dei
marito e benediGi il nostro matnmonio, sacerdotll!Chi prewse profanace il saeumenlo ser»
di altare al sa::ramento incontamina,o.
'- Cio non sia, rjspœe. il sacerdote, svineulaudo
il stla braccio dalla stretta di cotestOr furioso: io
di avere perrosso enstui non ti riprendo e nè
DI U:oi MOSCO:'iE
~29
manco ti lodo:'solo deploro la necessilà cbe. ti
GOstrinse a mettere la mall<l nel sangne. della
creatnra di Dio.. Quanto al sacramento, va e pl>-
rificati; poi lorna aH'alLare con le mani netle e
il cuore seoza odio.
Pero è da dirsi cbe il pievano favellava cosi
l'roprio ~r non parere, imperciocehè in'cuore
De' gmbiJasse., nè "canto poteva J'eprimere la interna emHanza che in gra.n parte sul .volto non
gli trasparisse. Ad ogni mnd" 'in lInel medesimo
giorno 'celebrô il matrlmon.io di Labilia con
Piohbetta.
A vesjléro, drapl'Cllando un l'CnnoDoello biaDen,
conparve l'rate Formoso montalo sur un mnlo~ e
gli lacevano 'SGOtta parecchr s'aldonieri dei ca·
stello: di MontaltD' mandavali- la l'Oll>ntissima. sontessa Gnalpranda, intimandD the. il suo nobile
maritlr, il potentissimo Conte- di Freto,·le si reil:
desse, salvo pœ a ~igliare d'el selvaggio tradi-men-to e délla saorilega sceUeraggfne, in abbominio al cielo, <Ii orrare alla lerra, la .endetta obe
sarebbe- reputata pià giusla.
Per qnesta .olta il populo di Freto era propenso a rinviare l' ambasceria alla sontessa con
. tale risposta, obe l'avreboo chiarila come l"ira
dei popolo, quando trabocca, .inca -qnella di Dio;
senonchè il jlievano, deprecando, 10 dissnase e,
ranmiliatolo, otteune che di siflate parole oneste
si contentass&:
- - Oltre la morte gli odii cessano comechè
130
LA STORJA
giasti. Qnanlo possiamo rendeni dei conle Orso
A1amanno (e qni, apertasi la _folla, accennô al
-fraie costernalo il Iacero tronco) vi rendiamo;
qnanto altro fn di llli, domandalelo ai sassi e ai
proni che incontrerete neUa via da qni a Montalto e ve la renderanno.
E PiolJbetta, cni il successo aveva posto-naluralmente a capo dei popoli rlbellati, ascito dal
cerchio, aggiunse senza ira ma con voce torbida
e sembiante sinistro :
- E dirai ancora aUa tM padrona che, 'per
raccogliere le reliqnie dei suo consorte e seppellirle là dove le pala meglio, le concediamo la
notte inlera; perô domani allo spuntare deU' aTha
la Iregna cessa e sarà rotta la guerra. Gnerra di
sterminio, senza riscatto CQme seDU pietà; il
s~o non salvi, non si perdoni agli anni; ella è
avvisata: adesso gindichi la nowa causa Dio.
Qnest'altro ancora le significherai: che se trad;menlo e fellonla ella chiama l'ardire di ~olui
che disarmato e solo seppe spegnere il conie per
-liberare il popolo dalla oppressione,_ pensi quaI
nome merili il conIe che di tutlo pnnto arma ta,
difeso da malta mano di rilialdi, chinso nel sno
castello, COQ- agni maniera d'immanità contaminava e Iacerava llD popolo il qnale dal sopportarIo troppo in fnori non aveva altro peccatoci pensi per darmi risposta quando gliel' andrô
a chiedere nel suo castello a Monlallo.
Frate Formoso levô le mani in alto come tra·
secolato, ma fu canto di non proferiré parola.
DI tP.i !lOSCO:'Œ
131.
§ XII.
La notte che snecesse aUa festa della Candelara,
chi avesse contemplalo da lontana la vaUe che
..para Freto da Montalto, aYrellbe crednto the
fosse sopraggiunto maggio con le sne dolci notti,
allorchè le -lnceiole rompendo le !enebre atlestane aWnomo quanto nivina cosa, comecbè te.
nni<;sima, sia la luce; perô accoslandosi piiI da
vicino sarebbe rimasto percosso da spettacolo
pieno di mis'eria. Egli alITebbe vednto nomini e
donne alla spartita; recando in mana una fiaecola di pino ed infilato al braccio nn caneslro,
raccogliere di sn le siepi i brandelli delle vesti
e delle carni dei conte, le grosse pietre lavare
perché le traceie deI sangnesparissero, ragnnare
le visœre, le 'Ossa ed i frmtnmi delle ossa sparse
par la via_ ln mezzo aUa frotta la contessa Gnalpranda appariva in tntto ngnale a quella che già
vedemmo, et:œtto nua maggiore candidezza. per
la faccia: non fialava; dove -mai qualche gemiLo
male represso la percoleva, levato il capo, la di·
rizzava la sga.rdo iroso, affinchè 1. imporlllDa
manifestazi.one dei dolore cessasse. Ella pensav.
ehe se talnno avesse' sentito piangete, avrebbe
riportalo ai viUani: la ecntessa.ha pianlo - e
coloro avrebbero riso-I Tania basl.ô a diacelarle
le lagrime in fondo degli oceh!.
Poichè, di for,e dne ore varcata la mezzanotte,
ebbero, per quanlo potè supporre la conlessa
13~
LA STORIA
GDalpranda, messi insieme gli avanzi infelici dei
conte Orso AlamanDo, trasportaronli aUa fontana
della querce, e .rentro ana grOlta scavata dalla
nalnra nel fiaDCO deI monte, per sno comandamento, deposerli, dove con moIti sassi e terra
sciolta li mnraronO: pol messeci sopra le mam,
chiamarono il morto tre volte e gli giararono
più tardi l'onore di fnnerali di sangne.
§ XlII.
nne non cllillsero in cotesta "ImIte pa!pehra,
aozi $Opr. il lelto come se giaœssero sopra carhoni ardenli rnggivano, e flll"?no la oontessa
Gna!prauda e Piobbelta; entrambi ad ora ad ora
appoggiati al gemito solleva1'3Jlo il capo volgendo
gli occhi alla finestra per .OOere se un po' di
albore si mellesse, e aUe dimore di cotesta lnnga
notte impcecavano: la pazienza di attendere venne. meno iD ambidŒ~ e precipitandosi giù~ Piaf>..
belta dal· giaciglio, la contessa da! talamo, urla'
rona.: - Arme! arme!
Qaanto a Piobbetta, fa Iieve fatica: cinse la
corda con·la quale aveva slrozzato Orse Alamanao,
a CIli ebhe "vvertenza di rilegare il gancio; l'arco
e i quadrelli si recô sn le spalle., l'accetta ai fian·
chi e la corsesca (1) ia maao. CIln diligenza mag·
giore si armô la coutessa: coperse il capo con
(1) Cor.sesta. arma le asta COD ferro in cima a guisa dl
mandorla; cos] la Crwc4: il G'USSI. op. clt., ~gginn:::e : - con
due rerri ricurvi 0 CGOglunti all°asta per via di una lama....
DI t~ )lOSCO~i:
i33
la barbuta senza cimiero, vesti piastra, maglia,
e cosciali e schinieri. insomma la intera panoplia che a quei t.empi i ~aroni adoperavano, ~icoo
e forte arnese a lei donato da! padre sno Mmeno
conte di L~ca quando ella si condasse a marito
a qael- di Freto.
Allorchè domandarono alla contessa qna1e sa·
rebbe stato 'il condottiero in quel giorno, eUa risJlO?O snperba: -1Q.. Sabito dopo ordiaô i ribaldi
si schierassero in manipoli e sortjssero dal ca·
stella: aven do talnno dei soldati vecchi avverlito
non parergli bôon consiglio lasciare il maniere
alle spalle sprovvOOnto in ogni evento di ritirata,
ella di naovo rispose temerariamente: non ci capire ques!<) dnbbio. perô che noa giannette, azze
o parUgiane., ma bastoni doversi adoperare a cespingere cotesta geldra di villani, dimeuticando
per superbia qaanto per prudenza aveva già consig!iato al marito A1amanno; caso mai la spun·
tassero in campagna rasa, le donne sole con le
conocchie potere ribnttarli dalle mura: ad ogni
modo ohbedis;ero; trovarsi eUa enslà per dare
ordini non ~ ricevere aVlisi. 1 caporali deUe
masnade piega;ono il capo, dicendo in cnor lora:
• Guai aUa casa dove la conocchia piglia il posto
• deUa spada 0 il ranéiullo enmanda! > e a male
in corpo si disposera ad obbedire.
1\on rosi Piobbetta: il quaie, consnltata la co·
mnnilà, divise le genti in vangnardia, hattaglia
Il retrugnardo: aUa prima prepose Rnstico di ~i?
La Storia di un moSCOM.
•
9'
lM
LA STOBL-\.
nomo manesro ed nso a mettere nelle imprese
più arrisicate in isbaraglio la vila; costitui caporale della batlagHa ,olello della Selva, padre
di Labilia; egli e Zanieio pigliarono a condOIT.
il relrognardo. E slccome per queslo e per te-
nersi molto indietro agli altri due carpi odiva
dintoroo levarglisi i pezzi da dosso, egli, messosi dirillo il dito sni nasn, favellô:
'_ L'albero non si gindic> dalla scorza. fi fine
i1imostra la co!;>.
Tostoébè Rustico mirô aUa 10nlaDa sollevarsi
il nngolo della polvere, divise là genle della vangnardia e la dispose parte pei poggi a destra e
parte a sinislra, raccomandandqle di starsi celala
diligentemente dielro Ironchi e sassi, con la corda
tesa e la mano sn la noce dell'arco, nè, per quanto
tenesse care la vila e la salule della patria, scoo-casse, se prima da lui non avesse sentito il coman do: qliesto latto, cacciô Inori nn altisSimo
slrido per anisare ,olello, giusla il concertalo,
dello appressarsi del nemico. ,ollello allora soslô e fece snbilo mettere mano a formare con
lrouchi di alliero e sassi un serraglio, il quale,
dopo avere allraversata la strada, saliva la costa
a destra e a mancina. Al punlo s!esso é nel medesimo modo Yolello avverl! Piobbella, il quale,
sogohignando, vôlto ai snoi, disse:
~ 0 voi, cui tardafa essere rimasti indietro,
vedremo nn po' come sarele valenti ad allnngare
le gambe; impereioccbè adessa si lralli di rinseire
01 t" >loseo".
135
dietro le spalIe dei nemiei e, se la forlnna propœa il 'noslro ardimenlo, pigliare il castello alla
sprovvista; se tanta non ci sia oon('oouto, comballer~mo le masnade della conlessa dalla parle
che aspellano meno.
Qui non cade in acconcio descrivere battaglie;
~asli che la gente di Gnalpranda, dopo avere più
volte assaHto la chiusa nè potnto snperarla, vedendo a pie' di quella accatastarsi cadaverî senza
profilto e sentendosl saettala da nemiei invisibiti
indefessamente alle spalle e nei fianchi, si dette
a lnggire in onla agl'improperü della fiera signora.
InlaDto Piobbetta co'snoi straccorridori arrivô
al castelln di MontaIto, di cui videra alla lontana
il ponte levalo: non istettero a perdere tempo in
parlamenti 0 inlîmazioni, bensi precipitandoaî totU
di colpo giù nel rossa, sparpagliaronsi intorn~ ~i
muri lanCÎaodo le funi oncinate che recavansl In
mana alles:lite: nessnna talli, i ganci mOI'sera;
allora sn per quelle si erpicarono destri come
scoialloli. Poehi erano i difensnri là denlm. ma
lossern slati due enlanli maggiori, è da eredersi
che non avrebbero resislito alla paura di vedersi
comparire oosi di subito quei de;noni dinanzi senza
sapere se ci fossero sbucati di sotto terra 0 pi,,:
ruli dalle un.nle. Come Piobbetta prnm.se ess'
fecero, ch' egli era nomo da non but tare via parole; guerra a omo' d'interdelto giudaîco: in che
questo interdcllo consislesse, potrà, chi ne abbia
!36
LA STOBIA
voglia, riscontrarlo nelle Sacre Carte, d.cehe il
popolo eletLo soven te 10 adoperasse; a me basti
dirne taoto cbe non doveva al colpo della spada
avanzare anima vin rosi uomo come bestia: sn·
bito dopo 1. strage, 10 incendio.
Intanto, per dare rinfranco agli a;sajitori e
sbigotlire il nemico, fenne inalberata sn l'asta
deI torrione nna baodiera biaoca tuffata oel sangne, e solto essa, a mezza stacca, il gonfalone
êIei conti di Freto a brandelli.
Qnaodo la C90tessa, travolta nella fnga, vide
da lontano le colonne di fomo sonevarsi sopra
al castello, le si strinse il cuore; venuta più ricina ed avyertito l'oltraggio al gonfa!one, fn per
perderne l'in tenelto: pure si feee animo, raddop.
pio il corso e ginnse._ ob dolore 1 il castello
era preso pur lroppo: si precipita a sua posta
giù dentro. al fosso, cieca di rabbia si aggira a
tastoni iDtorDo ana mDf3glia e grid. con nrli
da mettere paura aUe fiere:
- il mio figliDOlo 1 Jo fO' il mio figliuolo 1
DatemL ob! dalemi... vi prego;.il mio figliuolo.
- A che !anto strepito, femmina? le fu risposto di dietro ai parapelti. luoi il figliuolo! Eccoti il figlinolo.
l'iel punto stesse fu scaraTentato di sopra ai
merli uu fanciullo, il quale, dopo avere agitato
mani e pieai per aria, descrilta ana CUITa peT
l'azzurro deI cielo, trahocco giù in linea perpen·
dicol.re col ""po in avanli, fenendo a battere in
DI U~ "OSCO~E
!37
un rocchio di muro precipitato da! sommo deI
torrione poco prima di lui; sprim di saogne,
brani di cervello e scheggie di cranio schizz.rono nena f.ccia dell. CODlessa Gu.lpraDda....
Comechè corressera tempi che noi sogliamo
(e DOO $i sa percbè) chiamare feroci, e>sendosi di
queste immanilà vednte anche oggi, più tardi.,
Piobhelta ebhe a seotirsi riDfacciare cotesta slrage: egli aUora scrollava le spalle e non rispon·
deTa; un dl, spazientito, faveUô in qaesta sentenza:
- Voi altri siete schiavi Del· midollo delle 0ssa: moiti dei Toslri figliuoli e moite delle vostre
figlinole, dopo slraZii ed infamie che l'nomo si
spaveDta a rammeDtare, finirono a qnel modo e
anche peggio per mano dei ribaldi dei Barone; nè
da vai si lamentarono; anzi neppnre adesso si
ricordano. Di cotesta vipera di contessa non ri·
finile mai di meltere parola. Perché qnesloî PercM. plehe maloala, ln ti confessi da te anima Tile.
l'io, davanli a Dio nn oechio vale DD altro occhio, DO dente DO altro dente, e perchè ln imparassi a capirlo, rra i tuai signari e te ho sca·
vato un [osso, e dentTo il [osso gellai la disperazione. Se questo io non a'fessi faUo, già saresli andata da te stessa a riliccarti solto ai piedi
dei tuoi oppressori, mentre ora tu stai loro 50pra le sp.lle.
t38
LA STORJA
~
XIV.
Sul declinare dei marzo, per intimazione deI
GOnte Aldobrando di Oslriconi, maggiorente dei
baronaggio dell' isola, fil radunata generale assemblea, nel palagio di Venaco, dei féada tarii
côrsi di qua e di là dai moati. Non si fecero
punlo pregaI<!': pera cbe sembrasse loro la facG;enda grave e neœssario accontarsi per la diresa coroune; v'intervennero quei da L~ parenti
aUa coatessa Gnalpranda, i gentiJoomini di Vecchiaai e gli àltri di Vallincbi; i coati Guglielmo
Bianco e Guido Rosso di Bisogeoi, Malpeusa di
Speloncato, Malaspin.. di Saoto Antopioo, Malafi·
daoza di Bracaggio, Troffetta di Balagoa,.Asinel·
10 e Verdoae di Omessa, e perché 000 veoga
mena la pazienza ~n m~ di scriyere, in altr,ui di
leggere, mi striogera col dire che le cconache
raccontano come nè anche una dei moltissimÎ
baron i deUa isola mancasse.
Assettalo . che ognuno si fu nel sno ~egg.io a
seconda la preminenza deI grado, Aldobrando
commise a Salasco di Celavo e ad MJlla.ndo <li
Oreto recarsi aUa stanza della contessa Gua11'randa, per condnrla nell'assemblea ad esporre le sue
querele.
1 genliloomlni andarono, e furono vedoti por·
tare: reggendo sotto le braccia non una donna,
bensi nno scheletro, unD spettro spaventoso, pe-
DI U~ 1I0SCO~E
t39
ra che la fiera Goalprapda per tre quarli fosse
morta; e come l'anima durasse tUltavia in colesta ravina, era casa che i maestri dell' ar-te Don
avrebbero potnto dire, essendo cotesto nn miracolo deU'odio.
E;'bisogna che i gentilaomioi l'assettassero nel
sao seggin, costnmando eUa lenereEli occhi chiusi.
1 COrsi, 0 vogli anLichi, 0 moi odierni, non facH~eDte si senlono dîsposli a inlener~rsi; Dondimanco, nel contemp1é!re colesLo miserando doonmento di sventura, proyarono raccapriccio. Malpensa di Speloncato, non sapendo a che cosa allribuire cotesto insolito senso, voltô gli occhi in
su per vedere se avessero laseialO aperto gaalche
.fineslrone sopra 10 staUo
A1do)lrando con .la mano fe'cenno alla contessa
di favellare, ma poichè conobhe, dopo alcnna dimora, che ella non ci aveva atteso! con voce un
cotai poco velata disse:
- Nobile GOntessa di Freto. poll'te parlare,
Allora G~pranda aperse gli occchi e li gira
intorno come lingua .dl fiamma, poi li r-ichiuse;
allora con parole lente, mîsnrate. quasi stiUe che
cascassero dalla volta della grolta, favella:
- Aveva an castello, e non l'ho più - nn
..marito, e DOU l' ho più - un figlîuolo, e non
rbo pjù: queste cose oggimai non pao rapirmi
nè ridarmi .la forlana: pertanto non parlo per
me, hensi per voi parlo. La plehe non ci tiverisce nè teme; amato non ci ha eHa mai; 10 ab-
\40
L' STOnL< .-
biamo detlo, ma non era vero, e non ci abbiamo
crednto; Adesso venimmo in parte dove la fona
sola pn6; forza sta contro forza; e solo che voi
diate tempo alla plebe di contarsi, voi avreSle
œssato di essere più forti di lei. Sn adunque',
con nna mano portate ferro e fnoen; coU'altra catene. Se per presentarmi a foi :.non mi avesse
sovvennto migliore'" argomeoto di chiedervi vendetta dei conte Orso Alamanuo, io mi sarei dei
tntto rimasta: conosco qnanto snoni importuna ai
fel1ci la querela dei miseri; ma poiehè nella veudetta della strage dei conte sta riposta la vostra
salute, cosi veuni a domandarvela e confido ottenerla. Qnindi ineominGi6 la gnerra lnnga, varIa, terribile tra la plebe e i barnui; guerra dore lanto
aecnmnlaronsi da una parte- e dall'allra le immanità che ogni uomo potè giudicare come non si
sarebbe conchinsa senza 10 eccidio di qualchednna di loro: ogni anima di nomo fn cacciata dal
mondo per colpo di ferro, di legno, di pietra, 0
in maniera aoco più truce: maocate le creature
viventi alla strage, contro le cose inanimate in·
sanirono: arse le case. ruinati i castelli, le biade
al funeo, gli arbori ahbattnti: nna legione di demonii Della sna onnipotenza dei male non avre]}.
be potnto fare nè più né peggin di qnello che
facessero i COrsi, e la terra nn ginrno felice si
ridasse a tale che la stessa desolazione l'avre]}.
be fnggita spaventata. 1 ricordi dei tempi ram-
Dl UN MOSCO~&
lM..
mentano certa donna cbe~ assediata in casa co' suoi
figliuoli, si difase come nna bel.. ; vedendo poi
di non potere drrrare ionanzi di venire in pote·
stà dei ~emioi, i figUnoli scannasse e sè appèndesse, dato prima faoco alla casa, al soffitto, come
ne {ere teslimonianza il tizzone di pino acceso che
le tmvarono fra le mani contratre - e, ahimè!
agginDgono che. qnesta madre fosse Lahilia.
E quasi che 10 spirto dei male rovesciasse in·
tero il vaso delle maledizioDi sopra la Corsica,
aUa guerra si aggiunse la rame; si altero l'ordine
deite stagioni, nna ·dopo l'iftra si snecessero parecchie pesti e crndelissime tutte; diluvii di acqua guastarono i coUi, trasportandovi enorme
quantitâ di sassi co' torrenti straripati, come auco
ai giorni nGStri si vede; roppero strade; case,
templi, ponti ed altri edifizi atterrarono; franarODO mont!: per nltimo, a crescere 10 shigOlti·
menlo, strani moslri comparvero rosi in cielo
come iD terra; e fra gli .Itri fa questo: stormi
di m03CODi infiniti., generali dall'aere e dai corpi
corrotti, si sparsero su per tutta l'isola, insinnandosi scbifosamente nei luoghi più riposli delle
case, dOfe abbattendosi a migliaia sn i corpi, su
le masserizie e su gli alimenti, insozzaT3no, consumavano, con dolorose punture ferivano.
E siccome in un rovescio di acque franô la
grotta dentro la qnale avevano riposto le reliquie
deI conte Orso AlamanDo, sicchè le andaronoiD
balia dell'acqnazzone, nè mai in processo di tem-
. U. STORH
po, per quanta diligenza vi adoperassero, pote.
rono ritrovarne frammento, il popolo, che,.persuaso dalla ..na immaginativa, veste di simbolo 0
mlt. che si voglia dire la reallà delle cose e sa
ioventarlo adeguato al terrore ed alla maraviglia
che le percossero, come pure al grado-.di edncaziane, sia r-eligiosa, sia inteUettuale, sia arlislica,
nel quale si trova in quel momento condotlll., fantastica che nn anno dopo la strage di OI:SQ Alamanno essendosi aperta la tomba di lni, qninei
nscisse nn moscono [0 pinllosto un diavolo della
inferno-, avverte giodiziosamente l'arcidiacono!.n·
ton Pietro Filippini) • il quale col tempo andô
tanto avanzando che in. termine di dieci anni
divenlô grande come nn hne, e qaanta gente a
quello siavvieinava, non solo col crndele artigUo,
ma col fetente flato necideva, percioœhè cra tanta la puzza la qnale da quello aborrendo pello
useiva che donde il veoto la portava. secca.va fino aile selve; e gli nomini avendo ahhandonato
la propria casa loro, nelle grotte longinque 100rivano. Pero la qoal casa, con alcuni ingegni, per
opera di nn medico pisano, necisero quel peslifero
animale. (i).
Messere Ginvanni della Gross> non rifngge di
affermare rome, es3eodosi egli trovala all'apertura
dello avello di Orso AlamannT), vide shncarne il
maledetto moscone. Dicono che Giovanni della
(t) Slorit di C&rrica ddl'areidiaeODo .-\..""TO~'10 2ŒTao Fn.lP·
PD."L
Pisa, lib. n. p,
~.
i!l3
. Grossa fosse frate; e se la casa sta come ]a coolano, bisogna passargliene di qneste e. delle allre
maggiori di quesle: il Filippini poi, che neila
Chiesa Lenne l'officio della arcidiaconato sol tan to,
nota che a lui questo {atto non pare ver.simile.
Tanto vero, che Ira un frate e un prete sempre
qualehe mvario ci corse e, a cercarlo bene, anche
adesso ci corre.
E segnitando il nostro arcidiacono a dire sul
medesimo argomento, ci fa sapere come: c qQ.fslo
fatlo della mosca, benchè da ogni sano giudizio
sia stimalo favoloso eQ. a me stesso cos} veramente nel medesimo modo paia, uondimeno a.nche
oggidi si veggon.o oei manU delle umane ossa,
e per le solinghe grotte di qnei dirupati monU
ivi vieini, e gli abitanti tengono ed affermano per
certissimo che fossero gli uomini morti da cotesta
moSC3. )
E poichè il popolo COrso, Ilè per. inclemellza
di cielo nè per malignilà di aere 0 per istrazii
patiti, rimise punto della sna ferrea pertinacl3
(e Dio volesse che in questo egli fosse. di profittevole esempio a noi), raccolse finalmente·iI pre·
mio della virlù. Sa.mhncnecio di Alando, popolesco sangne, di genle pisaoa (00 ecco il medico da
Pisa, aombrato dalla tradizione, che co' suoi ingegni ammazz6 la mala mosca), nomo per virtù
di mano, bootâ di consiglio e COsl&nza Dei propositi da riporsi meritamenle fra i henefaltori
dalla nmanità, dopo avere raccoUo a Morôsaglia
hi UN MOSCOKE
H4
Li
TORU
io un (>seio le forza dei popoli snperstiti, le or·
dinô, le anim6 e le sospinse aUa baltaglia estre·
ma ed aUa vitloria.
lion fn il combatterelnngo, conci -iacbè il po.
polo si adaU3sse pur finalmeote a procedere di·
SGiplinato sotto il comando deUo strenno capit:.·
no: costn~ discorrendo Yisobl, parte dei fendaLarü spense, parte cacci6 via, e non solo le ultime
bastie dei sigoori sovverti., ma pose a ferro e a
fnoco i paesi dei popoli cbe, stodiosi di far parte
da sè stessi, ricnsarono unirsi, dando per quesLo
modo lo insegnamenlo solen.e che mal si aovisa
qnegli cbe non considera Caino il fratel10 il qua·
le, Del comune pericolo, nega sovveoirli, e peggio opera, se~ come Cail;lO, non 10 percuote.
Le terre affrancate dalla serritù.si stendeoano
dai monti fino a Brando, e per traverso da Ale·
ria flJlo a Caloi, donde tntlo quel tratto di paese
toise il nome di Terra dei C<>mune. Stabilirooo
regolari assemblee eismontane a Bigoglia, ollramonLane in Cinarca. Xonza e San Colombano aI·
forzarono; il gO'ferno dei padri dei Comnne e dei
,,"porali islituirono con leggi che la repubblica
genovese non seppe 0 non pote (quanto a volere di cerlo 10 voile) abolire mai intere; leggi
cbe Pasquale Paol~ dopo avere restanrate, man·
tenne, fiochè i Franœsi, senza ragione come seoza
diritto, andando ad assaltare con fo...e palesi preponderanti e co' lradimenli segreli la nobilissima
isola, non vi diedero l'ultimo crollo al vivere li·
bero.
..
DI u.'" !lOSCOXE
145
Giangiacomo Rousseau., scrivendo di colesta impr.." al signore De Leyre, non dubiLava dichia·
rare: c essere i Francesi di natura servilissima,
< oendnti alla tirannide, crndeli, contra i deboli
< acerb~ insomma tali cbe se sapessero negli anc goli estremi deI mondo virere nn uomo libero,
< cola si trasporterebbero per ispegnerlo (i~ ,
Giangiacomo Rousseau aveva torlo, pero che i
Franc:esi dieci anni dopo, nel !ïï8, iD ammend3
dei male navigalo lIediterraneo ai danni della
libert! <:<lrsa, travers.ssero l'Oceano a totela della
libert! perico!.nte in America. lion deve il genere nmano dimenticare cb.. ove mai la notte deI
dispolismo calasse sapra qnesta parle. intera dei
oostro emisfero, la libertâ, mercè l'opera dei
Francesi, segnibndo il costume dei sole, illominerebbe l'altra parte.
Cbe dnnqne i Francesi sono eglino mai ~ 1
Francesi furono sovente i veliti della libertà. Per6
trascorrendo es.si per prosnnzÎone e per agonia
ai godere sopra gli allri, 0 solamen le per sè i
beni deUa liberlà, conse,,"Uiti che gli ebbero, gli
adoperarono in offesa spesso e in oltraggio dei
pnpoli rimasti indietro per accidia propria 0 per
malignllil di fati. Ci6 qnando vinsero; perdenti
poi, ptÙ che non avevano precorso prima stornarono, accosciandosi inviliti, e questo è vero, perchè
non lo dovremmo dire~ Oramai i popoli 10 sanno,
(t) V. GIAC.. BOSWELt. seudiere.
dm presso Witli:lms, i,69.
RelozioM delle Cor~!I. Lon·
H6
L.\ STORIA
i Joro adulatori 0 già piaggiarono i despoti 0 li
pi.ggeranno più tardi. Detestaoo 1. verilà i deboli
e i penersi, ma i popon si sen(ono gagnardi e
la verilà amano e nell'amenda ritempransi.
Di fa Iii, rinfrancato l'animo, i Francesi parteciparono della natnra di Anteo; se b.lterono in
terra, e' 10 fecero per ripignarci Je foru. 1\ondimanoo .desso, colpa 0 fortnna delle nmane vogne, a taluoo par hello sedulo sni pavimenLo lameolare: - il tanto atraticare che giova ~ Le
sorti omane stanno slrelte denlro ai pngni deI
male.
,oltaten addietro, piagnoni, gnardate e ditemi
sn se vi è dato scoprire neU'orizzonte lonlano il
punlo donde prima si mosse il vessillo deUa li·
berlii - Certo voi non 10 scoprirete_ E come nel
passalo nQn si vede ii punLo donde mosse, cosi
nel futnro nè mena si scorze il punta. dove nn
giorno si ha da fermare. Qnante guerre il .=il·
10 sacro sostenne! Qnante ingiurie pali! 1 suoi
hrandelli venlilali d. venti nemici mandano 10 .
tano per l'aria uo suono cbe talora sembra di
lrioofo e tale aUra. di lamento. \1 foooo da prima 10 brnciô, poi gli proferse le sne vampe per
drappeUare più terribile sn gli occhi degli oppres·
sori: il ferro, dopo averlo messo in braoi, gli
diede il battesimo deUa villoria su cenlo campi
di baltaglia: egli cadendo si è luffalo nel san·
gue; ma come l'noooo si rinfranca per vino, per
un sorso di colesto sangue, ripreso vigore, ei se-
DI [iX !l:OSCO:-iE
147
minô 10 spavento e la slrage nel campo degli
avversari. TuUe queste prove Don sono mica cessate; all'opposlO durano e cresceranno: cbe importa questo~ A tale è in mano il vessillo cbe
non gli farà sentire ioopia di allieri, dacehè quel10 cbe nn di f.voleggiarono dei capi dell' idra,
oggi lroviamo essere vero delle braceia deI popolo: tagliate rinasooDo. .
Perô, e questo bisognerebhe riporci a1lamente
nell'animo, se egli non puô cadere, nè manco
correrà alla vittoria, se Don 10 sostengono i bravci di tnlli i popoli della terra. Ordito dalle mani
s\esse di Dio, questo vessillo non fu dato ad nn
popolo solo, 'fogli fraocese, 0 italiano, 0 aleman-
no pioltosto 0 spagnnolo, bensi ai popoli nnirersi,
perche l'appeodaoo Del lempio della um.nilà in
quel giorno che"noo vedranno i nostri oechi corporel, e che pure lissano gli occhi che la morte
non puô cbiodere, e nel lissarlo si ricreano.
Le baodiere intalle, poielle-non fanno testimonianza di pericoli corsi oe di lriooli riportaü,
non si sospendono ai lempli per volo, nè quelle
vittorie si hanno a repulare dorevoli che non costarono sagrjfizij di sangue.