Storia e tecnica della motoagricola
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Storia e tecnica della motoagricola
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Il momento d’oro per le vendite in Italia fu a metà degli anni 70 tante o anche motore (derivando il moto dalla presa di potenza del gruppo propulsore). La guida può avvenire con le stegole oppure con il volante. Un’altra versione, di cui è stato prodotto un limitato numero di model l i, pera ltro tecnicamente molto interessanti, è il motocarro a tre ruote. Alcuni esemplari derivano meccanicamente da un comune motociclo, altri sono stati progettati espressamente per l’impiego agricolo. Il transporter Il tipo più evoluto di motoagricola è quello a telaio portante su telaio rettangolare, il cosiddetto transporter, a quattro ruote motrici solitamente isodiametriche, cabinato o meno, con cassone di carico posteriore. Oltre che in agricoltura, questi mezzi trovano largo impiego anche in altri lavori, quali la manutenzione stradale, i lavori edili, la viabilità invernale, le attività forestali. Rientrano nella categoria delle motoagricole anche i portattrezzi, muniti di pianale di carico anteriore, con motore da 5 a 15 CV (3-11 kW) di potenza, impiegabili in particolare per l’azionamento di pompe, irroratrici, seminatrici, falciatrici, spandiconcime, ecc. Le sagome, i pesi e il Codice della strada A creare non pochi grattacapi ai costruttori di motoagricole è il Codice della strada del 1959, che esce proprio quando questa macchina Il motocarro Ercole della Moto Guzzi, costruito per molti anni a partire dal 1946, era largamente usato anche per i trasporti agricoli MAD • 6 • Giugno 2009 L a motoagricola nasce, nel secondo Dopoguerra, dalla necessità di un mezzo di trasporto tecnicamente idoneo ed economico, in grado di sostituire nelle aziende agricole il traino animale. Il problema era particolarmente sentito nelle piccole cascine di collina e montagna, dove gli agricoltori avevano bisogno di un mezzo meno costoso di un trattore e che, al tempo stesso, garantisse una maggiore maneggevolezza su stretti sentieri e terreni fortemente declivi. 59 © 2009 Copyright Edizioni L’Informatore Agrario S.p.A. La Opperman inizia nel 1946 la produzione in serie del Motocart, con telaio a tre ruote, di cui quella anteriore è motrice L’Aeromere di Trento nel 1961 presenta il motocarro agricolo TAI 15, con telaio a due longheroni e motore Lombardini LDA90 4 tempi diesel. Oltre che nella versione con cassone, può essere dotato di botte, spandiliquame, spandiconcime, seminatrice MAD • 6 • Giugno 2009 Motoagricola Hofmann Universal, ottenuta dall’accoppiamento di un motocoltivatore con motore Fichtel & Sachs da 6,5 CV a un rimorchio a due assi, 1948 comincia ad assumere una propria connotazione e non è più un semplice carretto attaccato a un piccolo motocoltivatore. Prima dell’emanazione del nuovo Codice e del relativo regolamento, i mezzi agricoli erano considerati degli abusivi della strada, seppur tollerati. La nuova normativa stabilisce le caratteristiche delle macchine agricole, tra cui quelle specifiche della motoagricola, defi nita come “veicolo destinato, oltre che alla esecuzione dei lavori agricoli, al trasporto per conto delle aziende agrarie di prodotti agricoli e sostanze di uso agrario, nonché di macchine, attrezzature agricole e accessori funzionali per le lavorazioni meccanico-agrarie”. Il problema maggiore, che condiziona i costruttori, sono i limiti di sagoma e di peso, che sono gli stessi dei motoveicoli e cioè 4 m di lunghezza, 1,60 di larghezza, 2,50 di altezza e 25 q di peso complessivo. Per rientrare in questi assurdi limiti vengono escogitati vari espedienti: ad esempio la svizzera Simar trasforma il proprio motocoltivatore da 12 CV (9 kW) in veicolo da trasporto con l’applicazione di un cassone e di una cabina con due ruote direttrici; il gruppo propulsore, posizionato sotto il cassone, avanza con la marcia indietro. Le prime motoagricole Una delle prime e più ingegnose motoagricole è il Motocart, prodotto in Inghilterra dalla Opperman a partire dal 1946, che elabora un prototipo proposto da un agricoltore del luogo. Il modello, con telaio a triciclo, presenta una ruota anteriore motrice e due ruote posteriori di minor diametro e con freni a tamburo. Il motore monocilindrico di 8 CV (6 kW), raffreddato ad aria, è applicato a fianco della ruota motrice; il cambio è a 4 marce, la velocità mas- 60 © 2009 Copyright Edizioni L’Informatore Agrario S.p.A. Il primo transporter prodotto dalla svizzera Aebi nel 1963. La fabbrica di Burgdorf, fondata nel 1883, produrrà nell’arco di vent’anni oltre 10.000 di questi mezzi sima sfiora i 18 km/ora, la capacità di carico è di 15 q. In quegli anni in Germania alcuni produttori di motocoltivatori (Hofmann, Holder, Winkelsträter, Bungartz, ecc.) offrono fra i vari optional per i motocoltivatori anche il rimorchio a uno o due assi. La produzione italiana In Italia la Moto Guzzi mette sul mercato nel 1946 il suo famoso motocarro Ercole con motore a un cilindro orizzontale di 500 cm³ della potenza di 18 CV (13 kW) a 4.300 giri/min, anche in allestimento agricolo, con carico massimo di 15 q. Motocoltivatore Simar trasformato in veicolo da trasporto con l’applicazione del cassone e della cabina con due ruote direttrici. Per rimanere entro i limiti di sagoma imposti dal Codice della strada, il motocoltivatore è posizionato sotto il mezzo e avanza con la marcia indietro (1960) Motocoltivatore Bungartz L 5 con rimorchio a due assi (1955) n i idrau l ici; i l tela io in accia io stampato, con longheroni e traverse, è ricoperto con un pianale di carico in legno. Negli stessi anni un’altra officina torinese, la Obert, produce il portattrezzi Trebo, con pianale di carico anteriore, a due ruote motrici, con motore da 12 o 18 CV (9-13 kW); tra gli accessori disponibili, la barra falciante laterale. Di una certa originalità è la motoagricola AU della vicentina Zompero, a tre ruote; il motore Acme SA 550 della potenza di 8 CV (6 kW) è installato a sbalzo davanti all’unica ruota anteriore motrice. Un successo crescente Alla fi ne del 1963 risultano iscritte all’Uma (Utenti macchine agricole) 7.639 motoagricole, per una potenza complessiva di 81.497 CV, di 130 modelli diversi, prodotti da 46 marche. Oltre la metà delle motoagricole si trova concentrata in otto province con in testa Trento (999), seguita da Cuneo, Lecce, Bolzano, Viterbo, Siracusa, Sondrio e Taranto. Negli anni successivi la vendita di queste macchine cresce esponenzialmente: nel 1965 vengono immatricolate 3.209 nuove motoagricole, numero che nella prima metà degli MAD • 6 • Giugno 2009 Pubblicizzata con lo slogan “prodigiosa macchina che trasporta e che si adatta alle più varie lavorazioni meccanico-agricole” è la motoagricola a tre ruote TAI 15, prodotta dalla Aeromere di Trento a partire dal 1961. Dotata di motore Lombardini LDA90, 4 tempi diesel di 572 cm³ e potenza di 12 CV (9 kW) oppure di un Condor a petrolio, ha due prese di potenza e cambio a 6 velocità; è in grado di superare pendenze del 38%. La motoagricola può essere dotata di cassone ribaltabile, botte con pompa, spandiliquame, seminatrice, voltafieno. Dal semplice abbinamento di un carrello al motocoltivatore, nei primi anni Sessanta la motoagricola diventa un mezzo progettato appositamente per i trasporti agricoli. In questo settore si cimentano con successo numerosi costruttori italiani, che in molti casi vantano già esperienza nel campo dei motocoltivatori e delle motofalciatrici, come Ferrari, Pgs, Bertolini, Camisa, Valpadana, Goldoni, Pasquali, Barbieri, Caron, A rdea, Bodini, Ocrim, Nibbi, Mpm Sicilia (Brumi), Polentes. I motori provengono per la massima parte da ditte specializzate, come Lombardini, Slanzi, Sachs. Anche altri costruttori si cimentano occasionalmente nel settore delle motoagricole. È il caso della torinese Meroni, produttrice dei trattori Eron, che alla Fiera di Verona del 1961 presenta il TR 25, derivato dal trattore a quattro ruote isodiametriche D 25, di cui mantiene il motore diesel raffreddato ad aria, il cambio a 6 marce e i fre- Motoagricola Goldoni tipo Davide con motore diesel 12 CV, cambio a 4 velocità, due prese di potenza, portata 17 q (1961) 61 © 2009 Copyright Edizioni L’Informatore Agrario S.p.A. Prototipo di motoagricola a due ruote motrici del Consorzio agrario di Reggio Emilia, provvista di cassone, botte, pompa centrifuga e pompa irrorante, circa 1965 Motocoltivatore della tedesca Agria tipo 2700 trasformato in motoagricola, circa 1965. Disponibile con motori a benzina o diesel da 7 a 21 CV di potenza MAD • 6 • Giugno 2009 Le Industrie metallurgiche Meroni di Torino presentano nel 1961 la motoagricola Eron TR 25, realizzata sulla meccanica del trattore D 25, di cui mantiene le caratteristiche fondamentali La Pgs di Cadeo (Piacenza) all’inizio degli anni Sessanta produce il transporter Giungla con cassone a ribaltamento trilaterale idraulico o fisso. La macchina può essere dotata di svariate attrezzature per sgombero neve, pulizia strade, lavori forestali. Può montare tre diversi motori diesel con potenza da 35, 52 e 72 CV anni Settanta si attesta su 5-6.000 macchine all’anno e sale nel lustro successivo a va lor i che superano le 1011.000 unità annue (nel 2008 le motoagricole immatricolate in Italia sono state 2.123; n.d.r.). La quota delle macchine di produzione estera risulta irrisoria: dal 5% del 1965 scende al di sotto dell’1% negli anni successivi. Nel 1985 nel- 62 © 2009 Copyright Edizioni L’Informatore Agrario S.p.A. Motoagricola Nibbi, circa 1965 l a Pen i sol a r i s u lt a no pre sent i 157.000 motoagricole. Solo il 15% monta un motore a ciclo otto, mentre la prevalenza adotta motori diesel con potenza in genere compresa tra 8 e 15 CV (9-11 kW). All’inizio degli anni Sessanta sono ancora un’assoluta minoranza le motoagricole a telaio unico. Questo settore si sviluppa fortemente a partire dalla fi ne degli anni Sessanta, con la realizzazione di transporter sempre più evoluti, pensati, in particolare per la meccanizzazione dell’agricoltura di montagna, ma che troveranno valido impiego anche in ambito non agricolo. È un fenomeno che coinvolge soprattutto i costruttori italiani e alcune marche svizzere, come Aebi, Reform, Schilter. Questi mezzi montano motori con potenza che dagli iniziali 10-15 CV (7-11 kW) sale progressivamente sino a 30-60 CV (2244 kW), aumentandone la polivalenza e la possibilità di impiego in terreni a elevata pendenza. Collezionismo Analogamente a quanto avvenuto per i motocoltivatori, fi nora le motoagricole sono state pressoché ignorate dagli appassionati di casa nostra, con la sola eccezione della Moto Guzzi Ercole (grazie agli appassionati di moto d’epoca) e della portattrezzi Obert Trebo, che attira per la sua originalità. In Gran Bretagna il pionieristico Opperman Motocart è un pezzo piuttosto ambito e ai raduni se ne possono incontrare esemplari perfettamente restaurati. Nelle zone di collina e di montagna, con un po’ di fortuna si riescono ancora a rinvenire esemplari di motoagricole degli anni Sessanta che meritano, anche in prospettiva futura, di essere salvati. I prezzi sono più che abbordabili e non mancano i mezzi che per il limitato uso sono ancora in buono stato. Anche sui siti di vendite all’asta on line (il più frequentato è eBay) ne vengono proposti con una certa fre- Motoagricola Bertolini BM 12, 1970. Seppure non consentito dal Codice della strada, le motoagricole erano frequentemente impiegate anche per il trasporto di persone quenza. Prima dell’acquisto conviene verificare le condizioni della meccanica e la completezza del mezzo. Il restauro non è in genere particolarmente complesso, tenuto anche conto che per i motori delle marche più diffuse non è difficile procurarsi i ricambi. Per le quotazioni non ci sono punti di riferimento: in genere poche centinaia di euro sono sufficienti per accaparrarsi una motoagricola di cinquant’anni fa in buono stato, seppure da restaurare. Franco Zampicinini [email protected] “Fiat trattori dal 1919 a oggi” di William Dozza e Massimo MisleyGiorgio Nada Editore, 2008, pagine 215, prezzo 39,00 euro, per i nostri abbonati 35,10 euro Tra i grandi che si contendono oggi il mercato mondiale delle macchine agricole, Fiat è storicamente il primo a costruire trattori a partire dal 1918 ininterrottamente sino ad oggi. John Deere cominciò nel 1924, Massey Ferguson (allora Massey Harris) nel 1930. International, Case, Ford e molti altri iniziarono a costruire prima di Fiat, ma hanno cessato l’attività da molto tempo e se alcuni marchi sopravvivono ancora è perché fanno parte di un gruppo come Case che appartiene a Fiat, o McCormick ad Argo. Nonostante questa sua “nobiltà”, di Fiat non è mai stata scritta una storia organica che ne illustrasse in particolare le origini e gli sviluppi che le hanno consentito di assurgere a dimensioni mondiali. Per colmare questa lacuna si sono impegnati due noti autori: William Dozza e Massimo Misley. Il primo è lo storico che negli ultimi dieci anni ha abbondantemente illustrato la produzione italiana dei trattori agricoli. Massimo Misley ha lavorato per trent’anni alla sede centrale di Fiat trattori a Modena, ricoprendo vari incarichi sino alla direzione del marketing. Gli autori si sono valsi della collaborazione del Centro storico Fiat che ha messo a disposizione l’archivio fotografico e la documentazione necessari per condensare in poco più di 200 pagine una storia così vasta e complessa rendendola comprensibile ai collezionisti, ma soprattutto a coloro che non immaginerebbero neppure i risvolti economici, politici, industriali, tecnici, finanziari, sociali e umani che stanno dietro a un’impresa con tanti anni e tanti cambiamenti alle spalle. Gli autori, esaminando le oltre 1.200 pagine dei verbali del consiglio di amministrazione dal 1915 al 1930, hanno trovato la decisione di Fiat di acquistare la società Moto Meccanica dell’ingegner Pavesi, che costruiva a Milano il primo trattore italiano a 4 ruote motrici. Correva l’anno 1919, lontano dalla vittoria del P4 al concorso che l’Esercito italiano indisse per la fornitura di un cospicuo numero di traini artiglieria. L’acquisizione non andò a buon fine, ma dimostra la determinazione di Agnelli a entrare nel settore agricolo in modo deciso, e non trascinato solo dalla riconversione bellica, come Romeo e Ansaldo fecero senza fortuna. Rocambolesca è poi l’avventura, meticolosamente ricostruita dagli autori, della nascita del modello 50, primo trattore Fiat del Dopoguerra. Nel 1944, l’officina di Modena, per mancanza di materie prime, ridusse drasticamente la produzione di trattori e venne requisita dai tedeschi per la revisione del loro parco macchine, che comprendeva automezzi di una ventina di marche provenienti da cinque Paesi. Si trattava di un lavoro complesso, impegnativo e faticoso per tutti, salvo per l’ufficio progetti, che non aveva proprio nulla da progettare se non rimediare qualcosa di rotto e pensare a cosa fare una volta passata la buriana. Fu così che l’ingegner Edmondo Tascheri cominciò a disegnare un cingolato per sostituire il 700 e il Boghetto oramai giunti al capolinea. I disegni passarono di soppiatto alla fonderia e all’officina sino a quando fu possibile assemblare un carro che venne completato da un motore recuperato da un camion OM Supertaurus. Per sottrarlo ai tedeschi, venne portato nel campo di un contadino amico, e qui “sepolto” sino all’arrivo degli Alleati, quando fu recuperato e subito attrezzato per la costruzione che cominciò nel 1946. Il volume illustra, con foto e caratteristiche fondamentali, tutta la produzione del marchio Fiat, poi New Holland, dal prototipo del 702 del 1918 sino agli speciali T 4000 F, T 4000 N, T 4000 V e TK 4000 presentati all’Eima 2008. In questi novant’anni la casa torinese ha prodotto più di 540 modelli per alcuni milioni di esemplari complessivi distribuiti in tutti i conL.D.R. tinenti. MAD • 6 • Giugno 2009 90 ANNI DI TRATTORI FIAT 63 © 2009 Copyright Edizioni L’Informatore Agrario S.p.A.