sacerdotes e culto imperiale a luna e nella cisalpina romana

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sacerdotes e culto imperiale a luna e nella cisalpina romana
 SACERDOTES E CULTO IMPERIALE A LUNA
E NELLA CISALPINA ROMANA
Maria Gabriella Angeli Bertinelli
Associandosi al tributo di onore a Ezio Buchi, un maestro di storia romana,
dal grande prestigio scientifico e dalle non comuni doti di umanità, si coglie come
spunto per questo contributo1, fra le molteplici suggestioni dei suoi studi e ricerche,
l’attenzione per la componente sacrale2, animata dalle varie figure sacerdotali, fra
cui specialmente quelle addette al culto imperiale, un fenomeno di grande rilevanza
nel mondo romano, dalla duplice valenza, e religiosa e politica, documentato
nell’Italia settentrionale come nel resto dell’impero3.
Si considera qui pertanto una specifica figura di sacerdote, pur definito con il
generico termine di sacerdos nella documentazione epigrafica, che poteva essere
adibito al culto, oltre che di varie divinità, in particolare appunto a quello degli
imperatori e della loro domus. Si rivolge l’indagine all’ambito più ristretto della
colonia civium Romanorum di Luna4, in riferimento e collegamento con il più ampio
contesto ambientale della Cisalpina romana5, per la comunanza dei rapporti in
generale politici, economici e culturali all’interno della condivisa civiltà romana, del
resto accentuati dalla condizione di stretta contiguità geografica: la città di Luna,
situata poco a sud del fiume Magra (un tempo inclusa nella regio VII Etruria,
attualmente compresa nella regione Liguria), si trovava proprio a margine e a
1
La presente indagine rientra nel programma di ricerca scientifica dal titolo: “Storiografia ed
epigrafia: vicende, figure, fenomeni della civiltà romana”, svolto in ambito locale da un gruppo di
ricerca sotto la responsabilità scientifica di chi scrive, presso il Di.S.A.M., Storia Antica,
dell’Università degli Studi di Genova (con finanziamento dell’Ateneo di Genova).
2
Fra i numerosi contributi, si può qui almeno ricordare il magistrale saggio sulla figura sacerdotale dei
seviri: BUCHI 2002, pp. 67-78, con una chiara descrizione delle caratteristiche e delle competenze del
sacerdote e anche con bibliografia sulla genesi e sullo sviluppo del sevirato.
3
L’intensità del dibattito storico-critico sul tema è espressa in un’ampia e articolata bibliografia,
elencata nella vasta rassegna di HERZ 1978, pp. 833-910, a cui si rimanda e in cui si delinea in generale
una problematica, connessa con i sottesi principi o criteri ispiratori e con le forme anche esteriori o le
modalità rituali del culto, variamente sfaccettata. Fra i vari studi, si possono qui almeno citare, dopo i
saggi fondamentali di ROSS TAYLOR 1931 e PIPPIDI 1939, segnatamente per quanto riguarda la
diffusione del culto imperiale in occidente, HOFFMAN LEWIS 1955, pp. 94-102, a proposito dei sacerdoti
del culto imperiale; ÉTIENNE 1958, dedicato in particolare alla Spagna; FISHWICK 1978, pp. 1201-1253;
ID. 1990; da ultimo, Culto Imperial 2007. In generale, sulla religione romana anche in riferimento al
potere imperiale, si può rinviare di recente specialmente a BEARD, NORTH, PRICE 2006.
4
Sui culti diffusi a Luna, cfr. ANGELI BERTINELLI 1978, pp. 3-32.
5
Sul culto imperiale nella Cisalpina, cfr. specialmente: BASSIGNANO 2003a, pp. 79-103; EAD. 20042005, pp. 313-353; in particolare sui sacerdozi minori, non esclusivamente connessi con il culto
imperiale, cfr. EAD. 2003b, pp. 23-40. Sul rapporto fra religione e potere in area cisalpina, cfr. di
recente SARTORI 2006, pp. 357-366.
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MARIA GABRIELLA ANGELI BERTINELLI
contatto con la Cisalpina, ripartita nelle tre regiones IX Liguria, X Venetia et Histria,
XI Transpadana, parte rilevante dell’Italia romana, così da essere definita Est enim
ille flos Italiae …
In generale, si può innanzitutto premettere che a Luna, nel circoscritto ambito
civico, come nella realtà pluriregionale della Cisalpina e come nella globalità del
mondo romano, il culto imperiale si esprimeva e si attuava secondo una casistica per
così dire poliedrica: come è noto, il tributo degli onori divini, impostato sulla
fondamentale, seppur talora ambigua, distinzione fra gli imperatori defunti e viventi,
si poteva presentare in forma peculiare e specifica o collegarsi con altre entità
religiose, con il Genius o il Numen, esprimenti nella tradizione religiosa romana il
concetto del divino insito nella persona; poteva altrimenti riproporsi congiunto in
una sorta di interpretatio con altri dèi del pantheon romano, ufficiali, pubblici e
privati, di diffusa venerazione nell’impero, o di matrice locale o di origine orientale,
connotati dall’epiteto di Augustus/Augusta; poteva riaffacciarsi nella devozione di
particolari divinità, ispirate da un culto statuale, fra cui per esempio la dea Roma o i
Lares, o legate ad eventi ed esperienze di vita della domus imperiale, o intese come
personificazioni di concetti astratti, in riferimento a virtù o meriti dell’imperatore;
d’altronde la devozione poteva promanare da un ambito civico o collettivo, in
connessione con una committenza pubblica e istituzionale, qualificandosi come un
culto municipale, conventuale, provinciale, o poteva riguardare una sfera privata e
personale, in quanto manifestazione di singoli individui. Vari risultano infine anche
gli addetti al culto imperiale, fra cui specialmente i flamines, i sacerdotes, i sexviri
Augustales, gli Augustales, i sodales, i cultores, anche riuniti in collegi sacerdotali,
la cui diversa nomenclatura, per lo più specificata dal riferimento alle figure
imperiali, sembra allusiva a una difformità eppure insieme uniformità di funzioni,
ma appare non sempre chiara né precisamente definibile.
In particolare, forse un sacerdos Augusti si cela nella lacunosità di un frustulo
epigrafico da Luna.
Il frammento è pubblicato dal Bormann nella seguente trascrizione (CIL, XI,
6985):
- - - ]V SOC[ - - Le poche lettere superstiti, di cui incerte la prima e l’ultima, sono completate nel
commento con l’integrazione ipotetica: [permiss]u o [consens]u soc[iorum].
In aggiunta alla trascrizione delle lettere, si dà la descrizione del motivo
decorativo che le correda: “in cymatio inferiore infra planitiem magis depressam”.
Il frammento è anche collegato con un altro frustulo, in cui in effetti figura
un analogo elemento decorativo, costituito da listelli curvilinei o modanati sotto e
sopra le righe, con poche lettere chiaramente leggibili, anche se difficilmente
integrabili (CIL, XI, 6978b):
- - - ]+al [ - - - - - ]ial [ - - -
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Lo stesso motivo decorativo accomuna del resto anche un altro frammento,
non collegato dall’editore nel commento con gli altri frustuli epigrafici, che
presenta poche lettere leggibili (CIL, XI, 6978a):
- - - ]+is pa[ - - - - - ]to et[ - - Il confronto autoptico dei vari frammenti, tuttora conservati ed esposti nel
Museo Archelogico di La Spezia6, conferma la forte somiglianza del modulo lineare
decorativo, tale da far pensare a frustuli forse fra loro solidali, anche se non si riesce
a trarre un senso dall’accostamento delle lettere.
Tuttavia proprio l’analogia dell’elemento decorativo (di CIL, XI, 6985 con
CIL, XI, 6978b e specialmente con CIL, XI, 6978a) consente almeno di rettificare la
lettura del primo frammento proposto (figg. 1-3).
Fig. 1. CIL, XI, 6985.
Fig. 2. CIL, XI, 6978a.
Fig. 3. CIL, XI, 6978b.
La continuità del listello superiore modanato e di quello inferiore
semplicemente ricurvo, sopra e sotto le lettere superstiti, e in particolare il
caratteristico segno separativo (in CIL, XI, 6985 e in CIL, XI, 6978a), dalla forma
per così dire “ad ali di uccello”, obbligano infatti a capovolgere il primo frammento
(CIL, XI, 6985) e a dare una diversa lettura del breve testo. Si riconoscono infatti
senza ombra di dubbio le lettere finali di una parola incompleta - - -]DOS seguita
dal segno separativo e dalla traccia di una lettera riconoscibile seppur ipoteticamente
(piuttosto che M) come una A[- - - e si può dunque proporre l’integrazione:
- - - sacer]dos A[ugusti /ugustalis ? - - o altrimenti:
- - - lu]dos A[ugustales - - -
6
Si coglie qui l’occasione per ringraziare la Direzione del Museo Archeologico di La Spezia per la
gradita e proficua collaborazione.
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MARIA GABRIELLA ANGELI BERTINELLI
Accogliendo la seconda lettura di ludos Augustales, si incontrerebbe la
suggestiva menzione dei giochi connessi con l’imperatore Augusto. Erano definiti
come Augustales tre distinti ludi: quelli natalitii, che festeggiavano il compleanno di
Augusto, dapprima in forma privata e poi pubblica, il 23 settembre di ogni anno,
dall’8 a.C. per tutta l’età imperiale7; quelli divo Augusto et Fortunae Reduci (nei
fasti di Amiternum), fors’anche simili agli altri, ricorrenti in occasione delle feste
Augustalia8, dal 3 al 12 ottobre (per dieci giorni) con cadenza annuale, a partire
dall’11 a.C., e celebrati dapprima soltanto a Roma poi anche in altre città, per
esempio forse a Neapolis9, e, sulla base di un’attestazione epigrafica, ad Aufidena10;
quelli divo Augusto, istituiti da Tiberio nell’anno della morte di Augusto nel 14
d.C.11, tuttavia fors’anche identificabili con i precedenti12.
Se i ludi Augustales fanno comunque riferimento a un culto per l’imperatore,
seppur con un ambiguo significato, in quanto avviati prima ancora della sua morte e
divinizzazione, appare altresì evidente la rarità della loro citazione epigrafica,
attestata in particolare ad Aufidena e ad Amiternum.
Secondo la prima ipotesi di integrazione della lacuna, nel frammento
epigrafico lunense si avrebbe invece la menzione, che sembra più probabile, di un
anonimo sacerdos Augusti o Augustalis, una figura nota e documentata nella
gerarchia dei sacerdoti addetti al culto dell’imperatore, inquadrabile nei sacerdozi
minori.
Anche nella vicina Cisalpina sono infatti attestati vari sacerdotes, tutti addetti
al culto imperiale, pur con diversa specificazione13.
Così nella regio IX Liguria è ricordata almeno una sacerdos, il cui titolo è
integrato con più specificazioni nella dedica14: [sa]cerdoti [div]ae Plotinae
[P]ollentiae, divae Faustinae Taurin[i]s, divae Faustinae [M]aioris Con[c]ordiae.
La donna, dal nome pressoché perduto, superstite soltanto nella terminazione del
cognome [- - -]nae, commemorata dal coll(egium) dendr(ophorum) Poll(entinorum),
l(ocus) d(atus) d(ecurionum) d(ecreto), risulta addetta al culto di Auguste distinte e
per di più in differenti città, al culto di Plotina, moglie di Traiano (deificata nel 122
d.C.), a Pollentia (regio IX), di Faustina Maggiore, moglie di Antonino Pio
(deificata nel 141 d.C.), a Iulia Concordia (regio X), di Faustina Minore, figlia di
Antonino Pio e moglie di Marco Aurelio (deificata nel 175 d.C.), ad Augusta
Taurinorum (regio XI): si può credere che la sacerdotessa esercitasse dunque il suo
incarico in tempi successivi e per più anni, quantomeno fin oltre il 175 d.C., nelle
città dove si trovava a risiedere, nelle tre distinte regiones della Cisalpina, e
7
CIL, I2, p. 300; CASS. DIO, 55,6.
Le feste Augustalia furono inaugurate per la prima volta già nel 19 a.C. al ritorno a Roma ex
transmarinis provinciis di Augusto, che aveva risolto varie questioni in Sicilia, Grecia, Asia e Siria: cfr.
R. gest. div. Aug. 2,29-33; 6,7-14; CASS. DIO, 54,10,34.
9
SVET. Aug. 98; Claud. 11; CASS. DIO, 60,6.
10
«NSA» 1932, p. 129 = AE 1933, 152.
11
TAC. ann. 1,15, cfr. 1,54.
12
Cfr. in proposito DA, I, p. 561; III, p. 1377; DE, I, pp. 877-878; IV, pp. 2010b, 2012, 2023b, 2034a.
13
Non si considerano ovviamente qui le attestazioni di sacerdotes, dei quali non è specificato il legame
con il culto imperiale: così, per esempio, CIL, V, 433 = ILS, 6717 = InscrIt, X, 5, 120 Brixia; CIL, V,
4965 Brixia = InscrIt, X, 5, 1203 Camunni; SI, 210 Aquileia.
14
CIL, V, 7617 = ILS, 6750 = InscrIt, IX, 1, 130 Pollentia (regio IX).
8
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verisimilmente alla fine a Pollentia, ultima sede, seppure indicata per prima, da dove
proviene la dedica funebre posta dai locali committenti, con un ordine cronologico
ipoteticamente inverso delle cariche; si può anche intravedere forse un particolare
legame della corporazione dei dendrophori non soltanto con la sacerdotessa,
evidentemente collegata in qualche modo con quel collegium, quanto soprattutto con
la venerazione delle Auguste.
Più numerose risultano le attestazioni di sacerdotes del culto imperiale nella
regio X Venetia et Histria15.
È innanzitutto menzionato in una dedica dall’area dei Camunni un sacerdos
Caesaris, forse dunque adibito al culto del primo Cesare, Giulio Cesare: di nome
Rea figlio di Triumo, il sacerdote è ricordato insieme con la moglie Enna figlia di
Treso, con la quale è anche raffigurato in un’edicola soprastante l’iscrizione,
secondo un disegno del codice Mediceo 17116; per l’onomastica, composta di rari
nomi locali, fra cui in particolare Rea esclusivo della Cisalpina, e per di più limitata
a un solo nome seguito dall’indicazione della paternità, egli si presenta insieme con
la consorte come un indigeno, comunque di nascita libera e legittima e non privo
anzi di un certo prestigio, tale da consentirgli il servizio sacro; d’altronde
l’iscrizione pare inquadrarsi in un’epoca relativamente alta, agli inizi del principato.
Un [s]acerdos [divi Au]gusti è citato in un’epigrafe frammentaria dall’ager di
Brixia17: se dall’onomastica incompleta, [- - -]s Po[stum/nt ?]i f(ilius) - - - L ?]atro,
questi appare quantomeno un ingenuus e di nascita legittima, sulla base
dell’integrazione di una lacuna sembra anche aver svolto il sacerdozio in due distinte
città, [Brixiae ? et C]remon(ae).
Committente di un ex voto alla divinità18, per ipotesi indicata come Minerva,
risulta fra i Camunni il sacerdos Aug(usti/ustalis), di nome [- N ?]aevius
Martiali[s], riconoscibile forse come un liberto per la mancanza della paternità e
dell’ascrizione tribale nell’onomastica pur lacunosa: l’imperatore forse con il solo
cognome Augustus, venerato con il sacerdozio, potrebbe essere identificato nel
primo Augusto.
Un altro sacerdos Aug(usti/ustalis) tramanda il ricordo di sé come evergete,
per la munifica costruzione a sue spese di un pubblico edificio, un tribunal, e la
sostituzione di una colonna19: la sua onomastica, C(aius) Claudius Sassi f(ilius)
Quir(ina tribu), lo rivela quale cittadino romano ascritto alla tribù Quirina, diffusa
fra i Camunni, e lo colloca cronologicamente per l’assenza del cognome non oltre
gli inizi del principato, forse dunque al tempo di Augusto.
Riguarda un sacerdos d[ivi - - -], addetto al culto di un imperatore, che resta
ignoto, un’iscrizione onoraria non integra da Acelum, databile al I o al II secolo
d.C.20, dedicata C(aio) Coelio [. f(ilio)] Clau[d(ia tribu)] Taur[ino ?]: il
15
Particolarmente ricca di documenti epigrafici appare la colonia di Brixia: in merito si può vedere di
recente, dopo gli attenti studi ed edizione dei testi di A. Garzetti (fra cui per esempio, i fondamentali
fascicoli delle InscrIt e dei SupplIt e GARZETTI 1979, pp. 181-210), GREGORI 1990-1999.
16
CIL, V, 4966 = ILS, 6712 = InscrIt, X, 5, 1205 Camunni.
17
CIL, V, 4442 = InscrIt, X, 5, 1003 ager Brixianus.
18
CIL, V, 4950 = InscrIt, X, 5, 1187 Camunni.
19
CIL, V, 4960 = ILS, 5525 = InscrIt, X, 5, 1199 Camunni.
20
CIL, V, 8808 Acelum.
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personaggio, un cittadino romano ascritto alla tribù Claudia, attestata sul posto,
risulta appartenere al ceto elevato della città, per la carriera percorsa, che registra
varie cariche pubbliche, il quattuorvirato aedilicia potestate, la praefectura forse
i[ure dicundo - - - ] o f[abrum - - - ], la quaestura alim[entorum - - - ] e gli incarichi
religiosi, oltre al sacerdozio anche il flaminato21.
Non mancano nella medesima regio X varie attestazioni anche di sacerdotes
delle Auguste.
Un sacerdozio div[a]i August(ai), forse in onore di Livia, moglie di Augusto,
insignita del titolo di Augusta dopo il 14 d.C. e morta nel 29 d.C., è menzionato in
una dedica perduta da Brixia, attribuibile all’epoca giulio-claudia e ipoteticamente
all’età tiberiana, apposta d(ecreto) d(ecurionum) a tre donne, [P]ostumi[ae] P(ublii)
f(iliae) Paullae, Avidiae Proculae, Rutiliai Probae22: si distinguono, fra queste, la
prima un’ingenua di nascita legittima, per l’indicazione della paternità, e
presumibilmente di ceto elevato, tanto più se identificabile con un’omonima
Postumia Paulla clarissima femina23, le altre due probabilmente di status libertino,
ma fors’anche di buona condizione sociale per l’incarico cultuale; è d’altronde
incerto lo scioglimento del titolo sacerd(oti/otibus ?) div[a]i August(ai), che al
singolare sarebbe da riferire soltanto alla terza donna, Rutilia Proba, altrimenti al
plurale le riguarderebbe tutte e tre; in quest’ultimo caso, si dovrebbe pensare al
rivestimento della funzione sacerdotale o in successione o congiuntamente, in una
sorta di incarico collegiale.
Addetta al culto di Domitilla, moglie di Vespasiano e madre di Tito e di
Domiziano, morta prima del 69 d.C., risulta un’Asconia C(ai) f(ilia) Augurini,
committente di un titolo funebre da Patavium, in cui si qualifica appunto come
sacerdos divae Domitillae24: la donna, di nascita libera e ingenua, apparteneva a un
famiglia notabile del luogo, in quanto, oltre che figlia di Cusinia M(arci) f(ilia)
Sardi, era sorella di C(aius) Asconius C(ai) f(ilius) Fab(ia tribu) Sardus
(quattuor)vir i(ure) d(icundo) e praef(ectus) fabr(um).
Almeno due sono a Brixia le attestazioni, relative a sacerdotesse della divina
Plotina, la moglie di Traiano morta nel 121 o 122 d.C. e divinizzata da Adriano:
così, in una dedica apposta dal colleg(ium) cent(onariorum)25, è celebrata Aemilia
C(ai) f(ilia) Aequa, di nascita libera e legittima, sacerdos divae Plotinae, come
[Clod]ia Q(uinti) fil(ia) P[rocilla], commemorata dal figlio [Sex(tus) Vale]rius
Poblicol[a Priscillan(us)] in un titolo funebre lacunoso26, in cui risulta anche di
elevata condizione sociale, per la parentela con un personaggio dal nome perduto,
integrato in [Sex(tus) Valerius Sex(ti) fil(ius) Fab(ia tribu) Poblicola], di dignità
equestre, decurione a Brixia, a Verona, a Tridentum e a Nicomedia, onorato
dall’ordo Brixianor(um) con una statua dorata equestre e sepolto con un funus
publicum.
21
In proposito cfr. BASSIGNANO 1991, pp. 523-524.
CIL, V, 4458 = InscrIt, X, 5, 247 Brixia.
23
InscrIt, X, 5, 139 Brixia.
24
CIL, V, 2829 = ILS, 6692 Patavium.
25
CIL, V, 4387 = InscrIt, X, 5, 180 Brixia.
26
CIL, V, 4485 = ILS, 6716 = InscrIt, X, 5, 276 Brixia.
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SACERDOTES E CULTO IMPERIALE A LUNA E NELLA CISALPINA ROMANA
27
Ancora a Brixia è inoltre documentato il sacerdozio della divina Matidia,
figlia di Marciana, la sorella di Traiano, divinizzata dopo la morte nel 119 d.C.27:
un’iscrizione onoraria di età adrianea è dedicata da due collegia fabr(orum) et
cent(onariorum) a Clodia P(ublii) f(ilia) Secunda, appunto sacerd(oti) divae
Matidiae, un’altra sacerdotessa di nascita libera e legittima e fors’anche di alto
prestigio sociale, se figlia o sorella di Publio Clodio Sura figlio di Publio della tribù
Fabia, di dignità equestre e flamine del divino Traiano, ricordato in un’altra dedica
dei medesimi collegia28.
Una venerazione collettiva, genericamente tributata a tutte le donne
divinizzate della famiglia imperiale, un esempio raro e comunque unico nella
Cisalpina, è attestata in un’iscrizione sacra, databile alla seconda metà del I secolo o
all’inizio del II secolo d.C.29: la dedica menziona un dono votivo offerto M(atri)
d(eum) m(agnae), divinità onorata in Istria30, da Sex(tus) Appuleius Marcellu(s),
presumibilmente un liberto, in memoria della madre Usia Tertullina, figlia di Lucio,
e dunque di nascita legittima e libera, sacerdos divarum.
Non frequente appare infine la menzione di sacerdoti del culto imperiale nella
regio XI Transpadana.
È infatti qui ricordata, in un’iscrizione onoraria da Vercellae, offerta d(ecreto)
d(ecurionum), perciò forse di committenza pubblica, Septicia Marcellina, figlia di
Marco, di nascita libera e legittima, con la qualifica integrata di sacerdos diva[e
Aug(ustae)], cioè forse dedita alle pratiche cultuali in onore della prima Augusta,
Livia31.
In una dedica sacra, forse da Comum, compare poi un’altra sacerdos divae
Matidiae32, addetta alla venerazione di Matidia, figlia di Marciana sorella di Traiano
(deificata nel 119 d.C.): si tratta di Cesia Massima figlia di Publio, devota I(ovi)
O(ptimo) M(aximo), che risulta dall’onomastica completa di gentilizio, cognome e
indicazione della paternità, di nascita ingenua e figlia legittima.
A tale essenziale rassegna si può aggiungere un’altra testimonianza,
riguardante un sacerdos, che in qualche modo rientra nel quadro delle figure
sacerdotali collegate al culto imperiale nella Cisalpina, in quanto addetto al culto di
una divinità assimilata a una Augusta.
Come è noto, il culto imperiale si esprime infatti, come si è del resto già sopra
accennato, anche mediante l’assimilazione della figura imperiale, maschile o
femminile, con altre divinità, al cui nome è aggiunto l’epiteto di Augustus /Augusta:
si tratta di una sorta di interpretatio religiosa, un fenomeno frequente e diffuso nel
mondo romano nel corso dei secoli, fin dall’età più antica (e non riguardante
soltanto il culto imperiale), in cui si associano in una comune, unica devozione
divinità di diversa estrazione o matrice culturale, e locale e straniera, sulla base di
analoghi attributi o caratteristiche. Per quanto riguarda in particolare il culto
27
GARZETTI 1991, pp. 205-206, n. 3bis Brixia.
InscrIt, X, 5, 157.
29
CIL, V, 520 = ILS, 4104 = InscrIt, X, 4, 10 Tergeste = VERMASEREN 1978, p. 98, n. 244; cfr.
BASSIGNANO 2003b, pp. 26-27, con ntt. 48-51.
30
Sul culto della Magna Mater Deorum in area istriana, cfr. DEGRASSI 1971 p. 169.
31
RODA 1985, pp. 158-159, n. 93 (con integrazione peraltro incerta nell’epigrafe mutila).
32
CIL, V, 5647 Comum?
28
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MARIA GABRIELLA ANGELI BERTINELLI
imperiale l’interpretatio risulta del resto ricorrente, coinvolgendo varie divinità,
come si riscontra nella stessa Cisalpina.
È qui in particolare documentato un sacerdos, addetto a un culto composito,
in cui si uniscono e si confondono due entità divine, Iside Augusta: la divinità
egizia, sposa di Osiride, venerata in tutto il mondo romano e anche segnatamente
nella Cisalpina, come ricordano varie iscrizioni locali33, diventa partecipe con il suo
epiteto del tributo di onore alla domus imperiale. Risulta da un’epigrafe
frammentaria di Patavium che un [Val ?]erius Optatus fu [perpet]uus (?) sacerd(os)
[Isid]is Augustae past[ophorus]34: poiché nella sua onomastica, in cui peraltro non
compare l’indicazione della paternità, è indicata l’ascrizione alla tribù Men(enia),
attestata fra i cives di Vicetia, egli era dunque un cittadino romano e probabilmente
originario di Vicetia; nell’ambito dell’incarico a vita di pastoforo aveva vari compiti,
dovendo come custode del tempio di Iside aprire e chiudere le porte, occuparsi della
manutenzione e specialmente trasportare nelle feste solenni l’immagine della dea
racchiusa in una nicchia di legno dorato; resta incerto se il sacerdote, un uomo pur
addetto al culto di una dea implicitamente associata a una figura femminile della
domus Augusta, esercitasse il suo mandato nella città di origine o in quella in cui
lasciò il suo nome immortalato nella dedica sacra, offerta a un divinità diversa da
quella al cui culto era addetto, per ipotesi [Iovi Optimo Ma]xi[mo ?].
In generale, dalla documentazione raccolta, si evince innanzitutto che il titolo
di sacerdos, come del resto nel caso di altre figure sacerdotali variamente definite,
indica un addetto al culto imperiale se specificato con il riferimento all’Augusto o
all’Augusta, designando altrimenti un sacerdote di altra divinità. Il nome
dell’imperatore o della domina della domus imperiale è anche per lo più precisato,
per così dire ad personam, ad esclusione del riferimento generico alle divae o a un
imprecisato Augusto, forse almeno inizialmente riguardante il primo Augusto. Si
riscontra altresì che nella Cisalpina la precisazione Augusti compare solitamente
abbreviata in AUG: l’abbreviazione potrebbe essere diversamente sciolta con
Augustalis, termine che potrebbe allora fare piuttosto riferimento alla generalità
degli Augusti o a un qualunque Augusto, non necessariamente il primo; la variante
Augustalis, congiunta al titolo di sacerdos, non appare tuttavia attestata in forma
esplicita nella tre regioni dell’Italia settentrionale cisalpina (anche se comunque
riportata negli indici del CIL come alternativa).
Si osserva inoltre che, mentre al culto degli imperatori risulta sempre addetto
un sacerdos uomo, diversamente erano di solito soltanto figure femminili, che
praticavano o in qualche modo sovrintendevano ai riti religiosi per le Auguste, ad
essere insignite del titolo di sacerdos. Unica, soltanto apparente e neppure
omologabile eccezione, è il caso del sacerdote di Iside Augusta, cioè di fatto di una
dea seppure in qualche modo coinvolta nel culto imperiale.
Consistente appare d’altronde il numero, ma forse anche per effetto della
casualità dei rinvenimenti epigrafici, delle testimonianze di sacerdotesse addette al
33
Su Iside Augusta nella Cisalpina, cfr. per esempio: CIL, V, 517 = InscrIt, X, 4, 9; CIL, V, 3229; CIL,
V, 5079; CIL, V, 8223-8227.
34
CIL, V, 2806 Patavium (Montegrotto) = VIDMAN 1969, n. 62 = MALAISE 1972, p. 6 = LAZZARO
1974-1975, pp. 256-260, n. 1 (con rilettura e revisione del testo); cfr. BASSIGNANO 2003b, p. 26, ntt.
43-46.
SACERDOTES E CULTO IMPERIALE A LUNA E NELLA CISALPINA ROMANA
29
culto di dominae della domus Augusta, rispetto a quello degli imperatori: questo può
ricondursi, non tanto al fatto che le prime ricevessero nella Cisalpina uno speciale,
particolare tributo di onore, quanto piuttosto al fatto che al culto degli imperatori
erano addetti vari altri sacerdoti anche di maggior dignità, prestigio, tradizione,
come i sodales, i flamines, i seviri, gli Augustales in genere, relegandosi i sacerdotes
nella gerarchia in una sorta di sacerdozio minore, adatto dunque alla celebrazione
della componente femminile della famiglia imperiale seppur analogamente
divinizzata.
I principali titoli delle sacerdotesse addette al culto imperiale erano del resto
flaminica e sacerdos, anche se fra questi il primo era senz’altro il più diffuso, il
secondo era più raro e per di più limitato all’Italia e alla Spagna35: se discussa è la
differenza tra i due termini, ritenuti anche sinonimi e intercambiabili, si potrebbe
tuttavia anche pensare a qualche diversa funzione o a una distinta condizione
sociale, più elevata per le flaminicae, meno per le sacerdotes.
Per quanto riguarda lo status giuridico e sociale dei sacerdoti, addetti al culto
imperiale, questi risultano in generale di discreta o alta condizione e non privi di
prestigio sociale, anche derivante del resto dall’esercizio stesso della carica
sacerdotale: fra gli uomini, per la maggior parte di nascita libera e legittima, tranne
un liberto dal cognomen occidentale, e per lo più anche cives optimo iure con
ascrizione tribale, a parte un locale dall’onomastica indigena, si distinguono un
magistrato insignito di varie cariche pubbliche e un ricco notabile munifico
evergete; fra le donne, si contano, oltre a liberte dal cognome di tradizione
occidentale, soprattutto ingenue di nascita libera, imparentate con personaggi illustri,
magistrati e notabili, anche di dignità equestre, e si intravede una figura di spicco,
con la qualifica di clarissima femina.
In merito alle funzioni sacerdotali, si prospettano alcuni casi particolari:
quello del sacerdote, addetto al culto del medesimo imperatore Augusto, in due
località, forse a Brixia e a Cremona, eventualità non frequente, ma evidentemente
consentita; quello della sacerdotessa, adibita al culto di tre Auguste diverse, Plotina,
Faustina Maggiore e Faustina Minore, per di più in tre sedi distinte, a Pollentia, a
Iulia Concordia e ad Augusta Taurinorum, con un incarico svolto dunque in
successive residenze e anche rinnovato per molti anni, forse dalla giovane età e fino
alla vecchiaia; quello dell’incarico collegiale, forse per ipotesi ricoperto da tre figure
femminili.
Inoltre si affaccia qualche personale legame di devozione dei sacerdoti, pur al
servizio degli imperatori, con speciali dèi: forse con Minerva, venerata da un
sacerdote, con Iuppiter Optimus Maximus e con la Magna Mater Deorum, ciascuna
divinità onorata da una sacerdotessa.
Infine si delinea un particolare rapporto almeno di alcune figure sacerdotali
femminili con le corporazioni professionali, specialmente con i collegia
dendr(ophorum), cent(onariorum), fabr(orum) et cent(onariorum), che risultano
talora quali autori di dediche per le sacerdotesse.
35
A proposito delle funzioni e dei titoli delle sacerdotesse addette al culto imperiale, si rimanda qui al
recente contributo di HEMELRIJK 2005, pp. 137-170, con ulteriore bibliografia.
30
MARIA GABRIELLA ANGELI BERTINELLI
Benché il ricordo delle figure sacerdotali si inquadri comunque per lo più
nella sfera familiare e personale, si intravede tuttavia talvolta anche una
committenza pubblica negli onori tributati.
Il culto imperiale, celebrato dai sacerdoti, nella Cisalpina comprende non
molti nomi di divi o divae: fra gli imperatori, a parte Giulio Cesare, Augusto
ripetutamente a Brixia e fra i Camunni, un altro dal nome perduto ad Acelum; fra le
Auguste, Livia a Vercellae e a Brixia, Domitilla a Patavium, Plotina a Pollentia e a
Brixia, Matidia a Brixia e a Comum (?), Faustina Maggiore a Iulia Concordia,
Faustina Minore ad Augusta Taurinorum, divae in generale a Tergeste. Se la casuale
esiguità delle testimonianze non consente precise illazioni, si può però almeno
semplicemente constatare che il sacerdozio al servizio dei divi pare come
concentrato agli inizi del principato, forse in quanto poi sostituito da più prestigiose
figure sacerdotali, mentre quello per le divae risulta estendersi almeno fino alla
seconda metà del II secolo d.C.
Per concludere, tornando a Luna, nel frammento epigrafico è perduta la
menzione del nome del sacerdote e resta imprecisabile se uomo o donna: in
quest’ultimo caso si tratterebbe di un unicum, non risultando attestata nell’epigrafia
locale alcuna figura sacerdotale femminile36; di notevole interesse risulterebbe
altresì l’eventuale riferimento, in generale raro, a ludi Augustales, in una diversa
integrazione del testo lacunoso.
Per il resto la menzione di sacerdotes compare soltanto un’altra volta
nell’ambito dell’epigrafia di Luna, in un documento pur riguardante il culto
imperiale, di cui resta un piccolo frammento superstite (fig. 4)37:
[Pro salut]e Imp(eratoris) Caes(aris) M(arci) Aureli
[Antonin]i Pii Felicis August(i)
[et Iuliae A]ugustae matri(s) Au
[gusti n(ostri) et ca]strorum totiusque
[domus divi]nae et pro statu ci
vitatis [et cu]riae Lunae sac(erdotes/erdos) arar
[u]m dei [ - - - Libe]ri patris
La dedica pro salute di Caracalla e della madre Giulia Augusta, moglie di
Settimio Severo, oltre che per la cittadinanza e la curia di Luna, è offerta dai
sacerdoti delle are del dio … Liber Pater: l’imperatore risulta insignito dei titoli di
Pius e Felix, che compaiono nelle iscrizioni a partire dall’1 aprile 200 d.C.38, il
primo da allora con costante frequenza, il secondo più occasionalmente almeno fino
al 211 d.C.; Giulia Augusta reca l’epiteto, oltre che di mater castrorum, distintivo
36
Non mancava tuttavia nella città l’attenzione anche a figure di donne illustri, come Titinia figlia di
Lucio (priva di cognome), della notabile e facoltosa gens Titinia, celebrata in un’epigrafe su base di
marmo, databile forse agli inizi del principato (CIL, XI, 6960 = ANGELI BERTINELLI 1983, pp. 181-182,
n. 64), a significare che nella colonia era percepito il prestigio forse anche per riflesso di un impegno,
presumibilmente in ambito cultuale, dell’elemento femminile, seppur in una forte valenza gentilizia.
37
CIL, XI, 1335 (frammento perduto) e CIL, XI, p. 1254 (frammento superstite della medesima
epigrafe, esposto al Museo Archeologico di La Spezia, con le righe 6 e 7) = MENNELLA 1979-1980, pp.
210-211, n. 13, con diversa datazione, a dopo il 213 d.C., e diversa segnalazione di lacuna, alla riga 6.
38
Cfr. CIL, VI, 225.
SACERDOTES E CULTO IMPERIALE A LUNA E NELLA CISALPINA ROMANA
31
delle Auguste dei Severi, anche di (mater) totiusque [domus divi]nae, con
definizione della domus come divina, cioè divinizzata e pertanto oggetto di
venerazione, benché lei stessa ancora vivente e non diva39; inoltre l’associazione dei
sacerdoti, addetti al culto del particolare dio, con la dinastia dei Severi non è affatto
casuale o inconsueta, per la speciale devozione a Liber Pater, anche unita a quella di
Ercole, del capostipite della dinastia, l’imperatore Settimio Severo40.
Fig. 4. CIL, XI, 1335 e p. 1254: frammento dell’epigrafe perduta.
Proprio a Luna la forte suggestione del culto imperiale si esprime del resto,
anche nella sua monumentalità, seppure in modo implicito e indiretto, nel rilievo
cosiddetto dei Fanti Scritti, nella zona delle cave di marmo (figg. 5-6)41.
In un’edicola, in origine corredata da un’epigrafe ora perduta (sostituita da
scritte e firme moderne), la triade divina composta da Giove (al centro), Ercole e
Liber Pater richiama in un efficace messaggio politico un’altra triade, quella
imperiale, diramata nella propaganda di potere da Settimio Severo, Caracalla e Geta
forse non prima del 198 d.C.42, ma non oltre il 211 d.C., anno della morte di
39
Risulta del resto attestata in ambito cisalpino, sia nella regio X (CIL, V, 5090 = ILS, 1561 Vallis
Athesis) sia nella regio XI (CIL, V, 6657= ILS, 6741a, 6658, 6667, 6668 Vercellae; SI, 870 Ticinum e
883 Novaria), la menzione della domus divina, in un certo senso un’evoluzione del concetto della
domus Augusta, affermatasi dopo la morte di Augusto e la sua divinizzazione, e da intendere
nell’accezione di famiglia comprensiva di membri divini, non necessariamente viventi, ma piuttosto
defunti. Addetti alla sua venerazione erano però per lo più i cultores domus divinae, evidentemente
Augustae, che rappresentavano forse anche la trasposizione in ambito pubblico e ufficiale dei cultores
domus, cioè dei cultori della casa privata e addetti al culto dei Lari.
40
Sono note del resto a Luna altre attestazioni epigrafiche relative alla dinastia severiana: per esempio,
CIL, XI, 1322, 1336, 1355.
41
Sul monumento dei Fanti Scritti, distaccato nel 1863, per disposizione del Ministero della pubblica
istruzione di allora, dalla parete della roccia nella zona delle cave e trasportato all’Accademia di Belle
Arti di Carrara, cfr. ANGELI BERTINELLI 1993, pp. 321-323, figg. 34 e 35, nt. 77 con ampia bibliografia.
42
Caracalla, già Cesare dal 196 d.C., era allora insignito del titolo di Augusto, Geta portava in
quell’anno entrambi i titoli di Cesare e Augusto (seppur soltanto in documenti africani).
32
MARIA GABRIELLA ANGELI BERTINELLI
Settimio Severo, e tantomeno dopo il 212 d.C., anno della morte di Geta per
fratricidio. Gli stretti legami della dinastia dei Severi con Ercole e Liber Pater,
divinità che godevano di particolare venerazione nella città d’origine della domus
divina, Leptis Magna, sono del resto suggestivamente additati da Ezio Buchi in una
dotta rievocazione43.
Nella realtà dell’impero, come si riflette anche nell’ambito dell’Italia
settentrionale, il culto imperiale appare, nell’ottica di una sapiente e lungimirante
gestione del potere, quale fondamentale fattore di coesione, legando strettamente e
artatamente comuni valori e politici e religiosi, nel cui gioco entrano insieme con
molte altre figure sacrali anche del resto i sacerdotes.
Fig. 5. Rilievo dei Fanti Scritti (Accademia di Belle Arti di Carrara).
Fig. 6. Veduta di cava con rilievo dei Fanti Scritti
(Disegno di S. Salvioni, sec. XIX in Massa, Archivio di Stato).
43
BUCHI 1986, cc. 479-480.
SACERDOTES E CULTO IMPERIALE A LUNA E NELLA CISALPINA ROMANA
33
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