L`Amicizia, balsamo della vita

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L`Amicizia, balsamo della vita
PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA
«San Giovanni Evangelista»
PALERMO
L’Amicizia,
balsamo della vita
Luisa de’ Marillac
Studente Angelo TOMASELLO
Seminario: La relazione spirituale: amicizia ed
accompagnamento
Prof. Antonino RASPANTI
Anno Accademico 2010 - 2011
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SOMMARIO
Introduzione
1. Cenni biografici
1.1 Incontro con Vincenzo de’ Paoli: una relazione di straordinaria intensità
1.2 Spiritualità
1.3 Scritti spirituali di Luisa
1.4 Luisa e il suo tempo
1.4.1 Il contesto storico: la Francia del ‘600
2. La cura delle relazioni
2.1 L’affetto nelle relazioni
3. Il balsamo della vita
3.1 L’amicizia
3.1.1 Amicizie particolari
Conclusioni
Testo di riferimento
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INTRODUZIONE
Sul letto di morte, Luisa de’ Marillac chiese di poter vedere un’ultima volta
colui che per tanti anni l’aveva guidata: Vincenzo de’ Paoli1. Ma egli le mandò a
dire soltanto queste parole: «Madamigella, voi partite prima di me; se Dio perdona i
miei peccati, spero di raggiungervi presto in cielo»2. Era il 15 marzo del 1660. San
Vincenzo morirà sei mesi dopo, il 27 settembre.
Leggendo queste parole, e considerando l’ora in cui Luisa si trovava, si ha
qualche difficoltà a credere che l’incontro tra i due santi, la loro collaborazione, sia
una delle testimonianze più straordinarie della complementarietà tra un uomo e
una donna, tra un santo e una santa, e che essi misero le loro risorse, le loro
personalità così differenti a servizio di un medesimo ideale.
Il presente lavoro oltre che osservare il rapporto tra Vincenzo e Luisa,
cercherà pure di vedere quanto e in che modo il santo abbia influito con la sua
personalità sulla santa e come questa, seppur intrisa dei limiti e dei rigorismi della
sua epoca impregnata di Giansenismo3, abbia dato un notevole impulso a una
migliore considerazione delle relazioni interpersonali, “introducendo” anche grandi
innovazioni nell’ambito dell’accompagnamento spirituale.
Vincenzo de’ Paoli, nome originale Vincent de Paul (Pouy, 24 aprile 1581 – Parigi, 27 settembre
1660), è stato un sacerdote francese, fondatore e ispiratore di numerose congregazioni religiose
(Lazzaristi, Figlie della Carità, Società San Vincenzo de’ Paoli). È stato proclamato santo nel 1737 da
papa Clemente XII.
2 Vincenzo de’ Paoli, Corrispondenza, XXIV, 190.
3 Dottrina teologica elaborata nel XVII secolo da Giansenio (1585-1638), il quale ritenne che l’uomo
fosse corrotto e quindi destinato a fare il male, e che, senza la grazia di Dio, l’uomo non potesse far
altro che peccare e disobbedire alla sua volontà.
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1. CENNI BIOGRAFICI
Luisa de’ Marillac nasce a Parigi il 12 agosto 1591, da Luigi de’ Marillac,
Signore di Ferrières, imparentato con la nobiltà di Francia e da madre ignota,
probabilmente una domestica. Luigi riconosce la figlia ma non può tenerla in casa,
sia per i continui spostamenti cui è soggetto come ufficiale dell’esercito, sia perché,
dopo qualche tempo, si sposerà con la vedova Antonietta Camus. Per Luisa si
aprono le porte del Monastero di Poissy, il più aristocratico convitto di Francia,
dove le religiose domenicane ospitavano nobili fanciulle destinate a vivere
nell’alta società.
A Poissy, dove resterà fino all’età di 13 anni4, Luisa riceve un’educazione
raffinata, sia sul piano spirituale che su quello umanistico, ma forte è il peso
rigorista. Dal monastero domenicano viene trasferita in una pensione di Parigi
gestita da una donna semplice ed umile5. Qui Luisa, apprende, insieme ad altre
ragazze, il ricamo, il cucito e la concretezza della vita.
Luisa, ormai quindicenne, comincia a interrogarsi sul suo futuro e matura la
scelta di consacrarsi a Dio nella vita claustrale. Ma dove? Proprio in quegli anni
erano giunte a Parigi le Monache Cappuccine, chiamate all’epoca «Figlie della
Passione». Luisa si reca molto spesso da loro per la sua preghiera e inizia ad
affezionarsi a quella vita basata sull’amicizia ma anche sulla contemplazione e
sulla preghiera. Nasce così in lei il desiderio di vivere la loro regola austera e
chiede al suo direttore spirituale di aiutarla a capire se il suo proposito
corrisponde alla volontà di Dio.
La risposta non tarda a venire. Onorato di Champigny, Provinciale dei
Cappuccini, si oppone decisamente a questo suo proposito a causa della debole
salute di Luisa, e la invita a pregare. Il «no» per Luisa è motivo di grande dolore,
ma, allo stesso tempo, l’espressione della volontà di Dio.
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In seguito alla morte del padre, si aggravano le sue condizioni economiche.
Alcuni biografi sostengono si tratti della madre.
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Nel frattempo, Michele de’ Marillac, divenuto tutore della giovane alla
morte del fratello Luigi, vedendo in Luisa un’opportunità per avvicinarsi al
potere, sceglie di farle sposare un segretario agli ordini della Reggente di Francia,
Maria de’ Medici. Il 5 febbraio 1613, Luisa de’ Marillac sposa così, Antoine Le
Gras, non nobile6 ma di buona famiglia, segretario della Regina madre.
In ottobre, Luisa da’ prematuramente alla luce il piccolo Michele. Ma la
felicità familiare dei Le Gras è di breve durata. Nel 1622, Antoine cade gravemente
malato. Luisa conosce un lungo periodo di depressione spirituale, perché crede
che Dio l’abbia punita con la malattia del marito per non essersi data a Lui come
aveva promesso, quando era più giovane. Luisa si sente come debitrice nei
confronti di Dio, per cui si impone di santificare il matrimonio con una vita di
sacrifici: cilicio, preghiere, digiuni e opere di carità. La sua vita diventa tutto un
dovere: doveri di cristiana, doveri di sposa, doveri di madre, mortificando così
tutte le gioie naturali e soprannaturali.
Ma il Signore non tarda a farsi sentire. Il 4 giugno 1623, giorno di
Pentecoste7, mentre grida a Dio tutta la sua angoscia e il suo dolore,
improvvisamente una Luce inonda il suo cuore. Ha la certezza dell’esistenza di
Dio, intravede la sua missione: sa che verrà un tempo in cui potrà fare voto di
castità, povertà, obbedienza in compagnia di altre consacrate al servizio dei
poveri. Con grande serenità riprende il suo posto accanto al figlio e al marito
infermo. Si trasforma in infermiera premurosa e attenta fino alla crisi finale.
Antonio le Gras muore nel 1625 a 47 anni, dopo 12 anni di matrimonio.
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Perciò Luisa non potrà avere il titolo di «madama», ma solo quello di «madamigella».
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 2.
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1.1 INCONTRO CON VINCENZO DE’ PAOLI: UNA RELAZIONE DI
STRAORDINARIA INTENSITÀ
Nella sua vita, Luisa aveva avuto sempre punti di riferimento, persone cui
affidarsi e da cui lasciarsi guidare: Francesco di Sales8, successivamente vescovo di
Ginevra, e Monsignor Camus9, vescovo di Belley, su tutti. La santa aveva, infatti,
necessità di una guida per la sua anima dilaniata da scrupoli rigoristi.
La persona che le cambierà la vita, perché determinante e incisiva, sarà
Vincenzo de’ Paoli, molto conosciuto e apprezzato in Francia, come un prete
dinamico e inventivo, capace di organizzare a Parigi e nei villaggi che circondano
la capitale le «Confraternite della Carità»10, o semplicemente «la Carità», totalmente
dedicate al servizio dei poveri. In Vincenzo, Luisa ritenne di vedere realizzato quel
tipo di vita religiosa, fatta di unione interiore a Dio e di servizio esteriore ai poveri,
a cui lei per formazione e vocazione si sentiva più prossima.
Dopo alcune esitazioni, incomprensioni e diffidenza reciproca, Luisa e
Vincenzo scoprono di avere meravigliose risorse spirituali. Dio legherà
all’incontro di queste due anime la straordinaria storia della Carità. Vincenzo
lamette all’opera, trattandola ora con infinita dolcezza, ora con forte
determinazione ma sempre con grande saggezza. Il suo intento è di condurla
gradatamente a liberarsi da tante forme di devozionismo penitente e ad abbandonarsi fiduciosa alla Provvidenza di Dio. Luisa accoglie docilmente i consigli, i
suggerimenti e la guida di Vincenzo e si legherà a lui, rapidamente, attratta come è
dalla sua santità vigorosa: la sua anima aristocratica e delicata, tutta volta a
contemplare le proprie miserie, sentirà immediati benefici da un’anima, non rude,
ma certamente ferma e rigososa.
Francesco di Sales (Thorens-Glières, 21 agosto 1567 – Lione, 28 dicembre 1622) è stato un vescovo
cattolico francese.
9 Jean-Pierre Camus (1584 - 1652 ), vescovo della diocesi di Belley.
10 La prima Confraternita della Carità era stata fondata a Chatillon-les-Dombes nel 1617, da parte
di un gruppo di signore volontarie con lo scopo di dedicarsi al sollievo corporale e spirituale dei
poveri ammalati a domicilio.
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Vincenzo affiderà a Luisa la direzione e l’organizzazione delle Confraternite
della carità, ormai disseminate per tutta la Francia, che andavano visitate, incoraggiate, riorganizzate. Luisa accoglie l’invito di San Vincenzo come un dono di Dio e
con grande umiltà e gioia: inizia la sua avventura della carità.
Certamente in Luisa e Vincenzo, il disegno di Dio suscitò uno di quegli
incontri di anime che, intrisi di amore soprannaturale, sublimando l’amore
terreno, hanno offerto alla Chiesa esperienze impensate. Così come era già
avvenuto con Giovanna di Chantal11 e Francesco di Sales, Chiara12 e Francesco13, e
Caterina de Siena14 e Raimondo da Capua15.
Lo stesso Vincenzo riferendosi a Luisa non si esimerà di accostarla alla
Vergine: «Madamigella Le Gras ha certamente l’anima pura come Maria, rimasta vergine
come Lei per il voto fatto da fanciulla, ma al contempo madre, capace di passare
dall’esperienza mistica a quella attiva (…) Sarò ben lieto di affidare a lei, voi care figlie,
come già a Maria il Divin Figlio affidò la Chiesa»16.
E pochi mesi dopo la morte di Luisa, in una Conferenza alle Figlie della
Carità17, riferendosi alle sue virtù, dirà: «Che bel quadro, mio Dio: l’umiltà, la fede, la
prudenza, quel giudizio sicuro e la preoccupazione continua di conformare le proprie azioni
Giovanna Francesca Frémiot de Chantal (Digione, 28 gennaio 1572 – Moulins, 13 dicembre 1641),
fu la fondatrice (con san Francesco di Sales) dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (monache
Visitandine); nel 1767 è stata proclamata santa da papa Clemente XIII.
12 Chiara Scifi (Assisi, ca. 1193 – Assisi, 11 agosto 1253), collaboratrice di san Francesco e fondatrice
delle Monache Clarisse.
13 Francesco d’Assisi (Assisi, 26 settembre 1182 – Assisi, 3 ottobre 1226) fondatore dell’ordine
mendicante che da lui poi prese il nome.
14 Caterina Benincasa (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380), santa mistica.
15 Raimondo delle Vigne (Capua, 1330 circa – Norimberga, 5 ottobre 1399), religioso dell’Ordine dei
Frati Predicatori, di cui fu anche Maestro Generale dal 1380 alla morte.
16 Vincenzo de’ Paoli, Corrispondenza, XII, 1940.
17 Le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli sono una società femminile di vita apostolica di
diritto pontificio. Fondate da Vincenzo de’ Paoli e da Luisa de’ Marillac. Il 25 marzo 1642, festa
dell’Annunciazione, Luisa e le sue compagne emisero privatamente i tre voti di povertà,
obbedienza e castità più un quarto, specifico della compagnia, di servire i poveri.
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a quelle di nostro Signore! O sorelle, tocca a voi conformare le vostre azioni alle sue e
imitarla in tutto »18.
L’incontro tra Luisa e Vincenzo è stato determinante per le loro vite
spirituali e le loro vocazioni. Condotta per mano da Vincenzo, a poco a poco,
Luisa si è vista trasformata in una creatura nuova. Rimuove la figura della
nobildonna parigina e assume quella di serva dei poveri. Esce da una casa
trasformata in monastero di preghiere e di penitenze e realizza l’invito scioccante
del suo Direttore: «Andate dunque, andate nel nome di Dio a incontrare i suoi poveri. Io
prego la sua divina bontà che vi accompagni, che sia il vostro sollievo nel cammino, ombra
contro l’ardore del sole, riparo dalla pioggia e dal freddo, riposo nella stanchezza, forza nel
vostro lavoro, e che vi conduca infine a casa in perfetta salute e piena di opere buone»19. E
Luisa andò senza nessuna remora. Per dieci anni non fece che viaggiare in lungo e
largo e con ogni mezzo per far visita a tutte le Case della Carità e incontrare i
poveri.
Vincenzo che aveva faticato a farle intraprendere la vita attiva, le doveva
raccomandare ora la moderazione: «Non vogliate far troppo! Abbiate cura della vostra
salute per amore di Nostro Signore e dei suoi poveri»20.
Non fu un incontro facile quello tra i due santi21: Vincenzo e Luisa erano
come due poli opposti per origine sociale, carattere, mentalità. Ma quando, dopo
circa due anni, lo incontrò, scattò la grazia di Dio, e aldilà delle reciproche
resistenze nacque un grande Amore.
La loro collaborazione, dopo gli inizi abbastanza difficili e un po’ incerti,
divenne
una
delle
testimonianze
più
meravigliose
e
fruttuose
della
Vincenzo de’ Paoli, Conferenza del 24 luglio 1660, Sulle virtù di Luisa, 2381.
Vincenzo de’ Paoli, Corrispondenza, I, 19.
20 Vincenzo de’ Paoli, Corrispondenza, IV, 199.
21 Il giorno di Pentecoste del 1623, che ha segnato la svolta della sua vita, Luisa ebbe durante la
Messa una improvvisa illuminazione: «Fui assicurata che dovevo stare tranquilla riguardo al mio
Direttore e che Dio me ne avrebbe dato uno, che Egli mi fece vedere, mi sembra, e ne provai ripugnanza ad
accettarlo: però acconsentii, anche per il fatto che non dovevo ancora eseguire tale cambiamento». Luisa de’
Marillac, Scritti spirituali, 2.
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complementarietà tra un uomo e una donna, tra un santo e una santa, che misero
tutte le risorse delle loro personalità così differenti a servizio di un medesimo
ideale.
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1.2 SPIRITUALITÀ DI LUISA
Nonostante la sua vita sia ricca di apostolato e altre attività, Luisa non
trascura la sua vita interiore alimentandola con la preghiera e la contemplazione22.
La sua giornata è un prolungamento della Celebrazione Eucaristica. La
Messa ascoltata la mattina, è da lei vissuta durante tutta la giornata in unione con
il sacrificio di Cristo.
I sobri consigli di Vincenzo aiutavano Luisa a disfarsi degli scrupoli
giansenisti. Luisa avrebbe voluto astenersi dalla comunione eucaristica, quasi ne
fosse indegna, Vincenzo la metteva in guardia contro queste astensioni,
presentandole come vere e proprie tentazioni23.
Aldilà dell’assistenza per le necessità fondamentali, Luisa cerca due cose: la
promozione del povero mediante l’istruzione e il lavoro, e la faccia del povero.
Luisa sa che un uomo può diventare persona solo se è amato. Per questo cerca la
faccia del povero, il rapporto personale con lui. Pur fornendo prova di efficienza e
di grande capacità organizzativa, Luisa vuole dalle sue il «cuore a cuore»24 coi
poveri.
Anche per la spiritualità, Luisa ci stupisce per la novità, l’attualità,
l’essenzialità. La sua, dopo l’incontro con Vincenzo, non sarà più una spiritualità
devozionistica. Al centro della sua preghiera e della sua riflessione starà il mistero
di Dio. La comunione tra le tre Persone Divine deve essere il grande modello dei
rapporti di carità fraterna e di condivisione tra tutti i membri della Comunità e le
sue suore.
Luisa de’ Marillac non ha mai cercato di mettersi in mostra. Lei stessa ci
Il programma di vita, redatto nel 1629, è intriso dello stile di Vincenzo: Preghiere, Meditazioni
ascetiche sui consigli evangelici, Messa quotidiana e comunione frequente (per l’epoca, fortemente
giansenista, è qualcosa di ardito), Rosario quotidiano, esame di coscienza, digiuni e astinenze, ma
soprattutto, servizio ai poveri.
23 «Credete forse di diventar più capace di accostarvi a Dio con l’allontanarvi, che con l’avvicinarvi?».
Vincenzo de’ Paoli, Corrispondenza, II, 123.
24 Luisa de’ Marillac, Lettera alle Suore di Angers, 10 luglio 1656.
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dice: «Nostro Signore, nascendo nella povertà e nell’abbandono delle creature, mi insegna
la purezza del suo amore, (…) Allo stesso modo debbo imparare a tenermi nascosta in Dio,
nel desiderio di servirlo senza ricercare il plauso delle creature e la soddisfazione del loro
apprezzamento. Debbo accontentarmi che Dio veda ciò che voglio essere per lui. Egli vuole
che mi doni a lui perché operi in me questa disposizione, e io l’ho fatto per sua grazia»25
25
Luisa de’ Marillac, Scritti Spirituali, 714.
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1.3 SCRITTI SPIRITUALI DI LUISA
I numerosi autografi di Luisa de’ Marillac furono classificati già alla fine del
XIX secolo da Suor Geoffre e raccolti in grosse cartelle rilegate.
La Raccolta 1 contiene 256 lettere di Vincenzo de’ Paoli a Luisa. La Raccolta
2 contiene 187 lettere autografe della de’ Marillac a Vincenzo e 34 lettere a persone
varie. La Raccolta 3 contiene 329 lettere manoscritte26 destinate alle Figlie della
Carità. La Raccolta 4 contiene 100 lettere di Santa Luisa all’Abate di Vaux, vicario
generale della diocesi di Angers. La Raccolta 5 contiene altri scritti27 di Luisa. Due
altre raccolte di Scritti spirituali di Luisa sono chiamate Quaderni Margherita
Chétif28. Queste due ultime raccolte sono il tentativo fatto da Margherita Chétif
non solamente di conservare, ma anche di meditare e trasmettere a tutte le Figlie
della Carità del messaggio e dello spirito di Luisa.
Un buon numero di esse sono scritte o da Elisabetta Hellot o da Maturina Guerin, segretarie della
santa, e firmate poi da Luisa.
27 Ritiri, meditazioni, pensieri diversi, regolamenti e conferenze.
28 Chiamata, nel 1660, direttamente da Vincenzo de’ Paoli a sostituire alla guida delle Figlie della
Carità la scomparsa Luisa.
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1.4 LUISA E IL SUO TEMPO
A partire dal Concilio di Trento e poi nel 1566 con Pio V29, assistiamo ad un
irrigidimento verso la vita religiosa femminile. Ormai da secoli le donne non
ricoprivano nella Chiesa un incarico pubblico. La Chiesa, affetta da vera
misoginia, professava la presunta fragilità biologica della donna, ritenendola
quindi incapace di qualsiasi scelta definitiva.
Vincenzo e Luisa, però, non hanno inventato la carità nelle comunità
religiose, perché essa ha accompagnato tutta la storia della vita cristiana e
religiosa. Anche nelle comunità monastiche, nei monasteri benedettini si servivano
i poveri: tuttavia non si trattava di comunità di servizio, ma di comunità che
vivevano come i poveri e con i poveri.
La novità delle Figlie della Carità di andare dappertutto, di interessarsi di
tutte le povertà è una rivoluzione, non soltanto perché nasce nella Chiesa qualcosa
di nuovo, non ancora previsto dal Diritto Canonico, ma perché una comunità di
questo genere esige fiducia nella donna30; e la convinzione di potersi santificare
nel mondo, «di lasciare Dio per Dio»31 quando si lascia il convento per andare dai
poveri.
1.4.1 IL CONTESTO STORICO: LA FRANCIA DEL ‘600
Nel 1598 l’Editto di Nantes32, fortemente voluto da Enrico IV33, sanciva la
tolleranza verso i protestanti francesi e veniva a rappresentare la risoluzione
Pio V proibì i monasteri aperti, cioè senza clausura.
La clausura rappresentava un segno di sfiducia per la donna: Indungo di Prufering sosteneva:
«Non si dia troppa libertà alle monache. In quanto donne sono mutevoli e resistono meno alle attrazioni del
mondo».
31 Vincenzo de’ Paoli, Lettere e conferenze spirituali, 2546.
32 L’editto di Nantes fu un decreto emanato dal re di Francia Enrico IV il 30 aprile 1598 che pose
termine alla serie di guerre di religione che avevano devastato la Francia dal 1562 al 1598,
regolando la posizione degli ugonotti (calvinisti). Esso fu revocato nel 1685 da Luigi XIV (Editto di
Fontainebleau).
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definitiva delle Guerre di religione34 che avevano insanguinato la Francia per
quasi tutto il ‘500.
Quando nel 1610 François Ravaillac35 uccise Enrico IV, si temette il possibile
precipitare della situazione e l’apertura di una nuova stagione di lotte di religione.
A spingere comunque il ritorno a un clima di intolleranza verso le alte confessioni
cristiane contribuì molto la reggenza al trono di Francia di Maria de’ Medici36. Il
cattolicesimo ritornava ad essere l’unica religione professabile, ma per fortuna non
si hanno le tanto temute degenerazioni verso nuovi conflitti di religione.
Finito il periodo di minorità, il nuovo sovrano, Luigi XIII, si mette subito
all’opera, aiutato da Richelieu37 prima e Mazzarino38 dopo, per affermare in
Francia l’Assolutismo monarchico39. Se dal punto di vista politico e istituzionale,
Luigi XIII non sbaglierà un colpo raggiungendo un prestigio non indifferente sulla
scena europea, dal punto di vista sociale, la situazione gli scapperà lentamente
Enrico IV di Borbone, detto il Grande (Pau, 13 dicembre 1553 – Parigi, 14 maggio 1610), figlio di
Antonio di Borbone e della regina Giovanna III di Navarra. Nel 1572 ereditò la corona di Navarra
dalla madre, divenendo Enrico III di Navarra. Nel 1589 ereditò il trono di Francia: fu il primo
monarca del ramo Borbone della dinastia dei Capetingi a diventare re di Francia.
34 Vere e proprie guerre tra i cattolici e gli ugonotti, protestanti francesi.
35 François Ravaillac (Touvre, 1578 – Parigi, 27 maggio 1610) fu l’assassino di Enrico IV di Francia.
Di origini sconosciute, era un fanatico, disperato. Fece dapprima il domestico, quindi l’insegnante
di scuola. Estremamente religioso, tentò, senza successo, di entrare nell’ordine dei Foglianti e nella
Compagnia di Gesù. Nel 1609, ebbe una visione che lo portò a cercare di convincere il re a far
convertire gli Ugonotti. Non riuscendo a raggiungere il re, interpretò la decisione di Enrico IV di
invadere l’Olanda come l’inizio di una guerra contro il papa. Determinato a fermare il re, decise di
ucciderlo, mettendo in atto questa sua risoluzione il 14 maggio 1610, quando lo pugnalò a morte
sulla sua carrozza.
36 Maria de’ Medici (Firenze, 26 aprile 1575 – Colonia, 3 luglio 1642) fu regina consorte di Francia e
Navarra come seconda moglie di Enrico IV di Francia dal 1600 al 1610. All’età di venticinque anni
sposò Enrico IV re di Francia e Navarra, da cui Maria ebbe sei figli, tra cui il futuro Luigi XIII. Il 15
maggio 1610, dopo l’assassinio del marito, fu nominata reggente per conto di suo figlio, il futuro
Luigi XIII ancora bambino.
37 Armand-Jean du Plessis, noto soprattutto come Cardinale Richelieu, duca di Richelieu (Parigi, 9
settembre 1585 – Parigi, 4 dicembre 1642), cardinale e politico francese. Fu nominato primo
ministro dal re Luigi XIII di Francia.
38 Giulio Raimondo Mazarino, o Mazzarino, (Pescina, 14 luglio 1602 – Vincennes, 9 marzo 1661),
cardinale, politico e diplomatico italiano, attivo soprattutto in Francia, dove servì come Principale
Ministro sotto il regno di Luigi XIII, succedendo al cardinale Richelieu.
39 L’assolutismo monarchico è una teoria politica che sostiene che una persona (generalmente un
monarca) debba detenere tutto il potere.
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dalle mani. La fame, la peste e lo sgomento causato dalle fratricide Guerre di
religione, la contrapposizione netta tra ricchi e poveri erano giorno dopo giorno
una bomba che si rimpinguava di nuovo esplosivo.
Nonostante tutto però, per la Chiesa di Francia il ‘600 è una stagione molto
feconda. Dove accanto e prima del grande contributo di Vincenzo de’ Paoli e Luisa
de’ Marillac, si collocano Francesco di Sales e Giovanna di Chantal, ma anche il
cardinale de’ Berulle40 e monsignor Camus, vescovo di Belley.
Nel clima generale di ripresa spirituale e istituzionale della Chiesa francese
si inserisce però, anche il Giansenismo41, una dottrina teologica elaborata nel XVII
secolo da Giansenio42. Il teologo nella sua opera principale, l’Augustinus, esasperò
le dottrine agostiniane finendo per affermare che l’uomo essendo corrotto è
destinato a fare il male, e, senza la grazia di Dio, non può far altro che peccare e
disobbedire alla sua volontà. L’unica via della salvezza è la Grazia, dono
imperscrutabile di Dio. La dottrina giansenista fu condannata come eretica dalla
Chiesa cattolica prima da un decreto del Sant’Uffizio del 1641, poi con molti
documenti.
Le idee principali del Giansenismo si possono ridurre a due aspetti
principali: un Pessimismo dogmatico, un Rigorismo morale e disciplinare. Il
secondo aspetto è la diretta conseguenza del Pessimismo dogmatico: di fronte ad
un Dio arbitro assoluto della nostra sorte, l’atteggiamento più spontaneo non è
l’amore, ma il timore, da cui una morale austera e rigorosa. La Chiesa è adultera e
40 Pierre de Bérulle (Cérilly, 4 febbraio 1575 – Parigi, 2 ottobre 1629) è stato un teologo e cardinale
francese. Fu uno dei protagonisti della vita religiosa nella Francia dell’età della controriforma e,
ispirandosi a Filippo Neri, fondò a Parigi l’Oratorio di Gesù e Maria Immacolata.
41 La risposta cattolica a tale dottrina e spiritualità venne anche con il culto del Sacro Cuore di
Gesù, il quale riportò l’attenzione dei cristiani sull’importanza dell’umanità di Cristo e sulla
misericordia del Signore. Tale culto giunse alla sua forma attuale grazie a santa Margherita Maria
Alacoque, monaca di clausura francese della Visitazione. Tale culto fu inviso ai giansenisti, i quali
si consideravano vicini allo spirito originario del Cristianesimo, e in generale ai loro sostenitori,
spesso colti ed eruditi, che la ritenevano una stravagante novità.
42 Cornelius Janseen, 1585-1638, docente a Lovanio prima, poi vescovo di Yprees, nelle Fiandre
spagnole.
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infedele, e deve essere rinnovata integralmente, mediante un ritorno alle origini
che elimini le novità introdotte in seguito. Si svaluta in genere l’autorità del papa
per aumentare quella dei vescovi e dei parroci: è alla Chiesa intera che viene
attribuita l’infallibilità, e non solo al pontefice. Dal punto di vista sacramentale
severe si fanno le condizioni per accostarsi alla comunione, a tal punto che
astenersi dai sacramenti è motivo di vanto.
Inoltre in un clima tanto rigoroso si sviluppa e si afferma una misoginia
esasperata e un’aspra diffidenza verso affetti e amicizie. Questo è il clima e il
contesto in cui Luisa vive. E proprio osservando un tale ambiente, non si può non
apprezzare ancora di più lo spirito “innovatore” della santa sia per quanto riguarda
il ruolo della donna nella società e nella Chiesa, sia per ciò che riguarda le
relazioni interpersonali.
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2. LA CURA DELLE RELAZIONI
2.1 L’AFFETTO NELLE RELAZIONI
Luisa raccomanda alle sue suore l’affetto nelle relazioni, soprattutto quando
entrano in relazione con i poveri, che ama definire «i nostri signori e padroni»43.
Luisa scrivendo44 a Suor Cecilia Agnese, Figlia della Carità ad Angers,
afferma: «Siate dolci e affabili con i vostri poveri (…) abbiate affetto per loro (…) amateli
teneramente come le più dolci tra le madri (…) non abbiate timore di mostrare loro il
vostro affetto». Oggi forse queste parole appaiono impregnate di sentimentalismo,
ma nel ‘600 avevano un carico innovatore straordinario.
Sempre nello stesso scritto45 la santa raccomanda alle sue Figlie di «star
lontane da due estremi, uno è l’affettata cortesia con persone di fuori (sconosciute); l’altro è
che per non voler piacere a nessuno, facesse sì che non metteste attenzione e affetto per
rendervi gradite alle persone».
Molto interessante è quanto Luisa scrive nella lettera a Suor Luisa Cristina
Berany riguardo all’affetto da mostrare con le parole e con i fatti: «Non dubito che
non risparmierete nessuno sforzo per mostrarvi piene d’affetto con le parole coloro che non
potete contentare con i fatti»46.
In un’altra epistola, stavolta indirizzata a Suor Barbara Angiboust e a Suor
Luisa Ganset, santa Luisa descrive come deve essere secondo lei l’affetto tra le
Figlie della Carità «che abbiate il cuore aperto l’una all’altra (…) che non vi vedranno
mai una senza l’altra (…) che non amiate altro che la vostra camera in compagnia
dell’altra»47.
Ma Luisa, nelle lettere, non si esime dal mostrare il suo affetto per le Suore:
«La prego di essere sicura di un affetto pari dei nostri cuori, benché gli effetti non appaiono
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 1103.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 284 bis.
45 Luisa de’ Marillac, ibidem.
46 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 550.
47 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 11.
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a voi abbastanza spesso»48. In un’altra missiva, indirizzata a Suor Giuliana Heliot, è
ancora più esplicita nel manifestare il suo affetto per le care Figlie della Carità: «Il
mio cuore non cessa di pensare alla consolazione che avrà quando sarò ritornata con le mie
care sorelle»49.
Luisa fa anche riferimento al suo affetto quando è costretta a rimproverare
le Suore: «Perdonatemi, care sorelle, se l’affetto che vi porto mi fa parlare così»50.
Interessante risulta pure un’altra modalità per dimostrare l’affetto che la
santa suggerisce in una lettera a Suor Carcireux: «Dimostratemi il vostro affetto
interessandovi presso nostro Signore per la mia salvezza»51.
Infine la dè Marillac mostra il suo affetto per le Figlie interessandosi anche
di aspetti molto pratici: «vi prego di informarmi quando avrete bisogno di denaro, poiché
voglio che non manchiate di nulla per nutrirvi e vestirvi»52.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 476.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 261.
50 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 174.
51 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 547 bis.
52 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 651.
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3. IL BALSAMO DELLA VITA
3.1 L’AMICIZIA
Giorno dopo giorno, l’umanità offriva alle Suore di Luisa il suo aspetto
meno felice e più inquietante, meno incoraggiante e a volte repellente. Lo
spettacolo della fame, delle piaghe, dell’abbattimento, della sconfitta. Per questo
Luisa voleva che le case delle Figlie della Carità fossero delle piccole oasi, in cui
potessero ritemprarsi nello spirito, ricaricarsi psicologicamente. E questo era
possibile solo se nella comunità regnavano l’armonia, l’allegria, l’amicizia
soprattutto.
In una lettera a Suor Lorenza Angiboust, Luisa scrive: «L’amicizia non si può
pagare né ricompensare che con l’amicizia (…) Sarebbe molto opportuno, mi sembra, che
tutti i giorni le suore si ritrovassero insieme per un po’ di tempo, almeno una mezz’ora, per
scambiare una parola su ciò che hanno fatto, sulle difficoltà che hanno incontrato, e per fare
le loro proposte su ciò che ritengono di dover intraprendere»53.
In un altro messaggio alla stessa Suor Angiboust, Luisa scrive ancora:
«L’amicizia consiste nell’aprirvi l’una con l’altra, dicendovi ciò che avete fatto mentre
eravate separate, dicendovi pure dove andate quando state per uscire. Se una è triste si
vinca per stare in letizia con la sua sorella, e quella che è allegra si moderi, per accomodarsi
all’umore dell’altra e trarla fuori a poco a poco dalla sua malinconia; e tutto questo per
amore di nostro Signore e per non ascoltare la tentazione di andare altrove a cercare
soddisfazioni e sollevare il vostro cuore; il che sarebbe la vera rovina della santa amicizia
che deve regnare tra voi»54.
Il modello che Luisa aveva presente era certamente quello della Chiesa
primitiva di Gerusalemme, dove, come dicono gli Atti degli Apostoli, era tutto in
comune: Cristo innanzitutto. Si sentivano trasformati in Cristo e Cristo era la loro
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Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 555.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 341.
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vita. Di qui la sconvolgente esperienza della carità fraterna che costituiva il motivo
di apertura verso l’esterno.
La vita comune non è pertanto, per Luisa, una struttura disciplinare, un
legame giuridico, un essere insieme annullando ogni diversità e ogni complessità.
Luisa afferma in una lettera inviata a Vincenzo: «Credo, mio signore, che l’amicizia
non sia altro che l’espressione esterna di una realtà dell’anima (…) Credo, padre, che
l’amicizia sia l’unico balsamo della vita»55.
Facile a dirsi, ma meno facile a realizzarsi, perché le comunità erano
composte da elementi i più eterogenei. È vero anche che a tenerli uniti c’era l’amor
di Dio, il servizio ai poveri e tanti altri motivi spirituali in grado di cementare
qualsiasi gruppo. Però, nel concreto, nella vita quotidiana con tutti i suoi ostacoli e
le insidie, quei motivi potevano venire meno, sopraffatti da calcoli personali, da
piccole invidie, da subdole meschinità. Al diavolo piaceva seminare zizzania e a
volte qualche suora ci si prestava. E Luisa, quando succedeva, ne era
profondamente rattristata e in una lettera a Suor Giovanna di Nantes scrive «Il
vostro spirito non si lasci andare a credere a cose che vi saranno riferite, e a giudicare
quello che vi sembra di vedere e udire»56.
Infine Luisa raccomanda alle Suore di non impelagarsi in amicizie
particolari né con altre Suore, né con le Dame della Carità, né tantomeno con i
poveri: «Siate fedeli in tutte le minime cose, avendo il grande desiderio di piacere a Dio.
Fate guerra ai vostri sensi, obbedite alle virtù e amate tutti indistintamente, come dice
Giacomo “senza preferenza di persone”e non attaccatevi a nessuno. In questo modo
impedirete mormorazioni, giudizi e maldicenze»57. Va detto però che Luisa, e lo
vedremo nel prossimo capitolo, raccomanda alle Suore di avere amicizie
particolari con il proprio direttore spirituale.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 213.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 189.
57 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 485.
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3.1.1 AMICIZIE PARTICOLARI
Luisa è molto chiara con le sue Figlie: l’accompagnamento spirituale deve
essere una vera amicizia col Direttore spirituale. In una lettera a Suor Turgis
raccomanda: «anche se la zizzania potrebbe voler soffocare il buon grano, non lasciate mai
che di comunicare al signor Direttore le più intime disposizioni del vostro spirito e da dove
possono nascere i più piccoli turbamenti»58.
Inoltre la santa ricorda a Suor Carlotta Royer l’importanza del Direttore
affermando che «Mentre il signor Direttore parlava credo, cara sorella, voi ascoltavate la
voce di Dio: è Lui che vi ha parlato con la bocca di quel buon signore »59
La de’ Marillac si suggerisce anche che il Direttore spirituale per le sue
Figlie sia, dove possibile, un Prete della Missione60: «Sarebbe opportuno, credo, che li
prendeste come confessori, se, non meglio, come Direttori (…) Ci unisce a loro l’unica
vocazione per i poveri»61. E in un'altra epistola scrive: «I signori padri della Missione
sono nostri fratelli maggiori: aprite loro il cuore vostro»62.
Riguardo alla direzione spirituale Luisa sembra non essere dell’avviso di
dover distinguere le figure del Confessore e del Direttore: «Seguite attentamente,
care sorelle, gli avvisi di Dio, soprattutto quelli che vi da per la direzione dei confessori»63.
Luisa non fa mancare, poi alle sue Suore preziosi consigli utili e necessari
per la vita spirituale, tradendo così il profondo affetto e la grande amicizia che
nutre per loro. In una lettera del 1651, indirizzata a tutte le Figlie della Carità,
ricorda loro di «ricevere tutti i piccoli motivi di dispiacere dalla mano di Dio, perché il
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 166.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 853.
60 La Congregazione della Missione (in latino Congregatio Missionis) è una società clericale di vita
apostolica di diritto pontificio. La congregazione venne fondata da Vincenzo de’ Paoli 17 aprile
1625.
61 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 385.
62 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 111.
63 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 278.
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Signore vede il nostro stato e se l’amiamo, per amor suo e per fare la sua santa volontà,
quello stesso che ci fa molta pena ci sarà un giorno di grande consolazione»64.
In un altro scritto del 16 novembre 1657 la de’ Marillac suggerisce «Non
bisogna permettere alla vostra volontà nulla che si opponga alla volontà di Dio (…)
Dobbiamo darci a Lui (…) Mortificare le nostre inclinazioni anche nelle cose che sembrano
buone»65.
Molto forte il passaggio circa la necessità di confessarsi contenuto nella
lettera inviata tra marzo e aprile del 1649 alle Figlie della Carità presso il castello
di Bicetre: «Morire piuttosto che permettere che Dio sia offeso in voi (…) Fare una buona
confessione con tutti gli atti necessari per rinunciare sempre a voi stesse (…) Benché vi
parli di confessarvi, non è, care sorelle, che voglia mettervi la paura della morte, ma è
perché questo vi aiuti a essere sempre nella grazia di Dio»66.
Ma Luisa dà alle sue Figlie anche consigli molto spicci: «Per pensare alla
nostra conversione domandiamo al buon Dio nient’altro che la santa semplicità»67. «Non
diventiamo terra ingrata incapace di ricevere il buon letame che ci permetterà di ottenere la
salvezza: Dio tante volte ha saputo e voluto dimenticare le nostre colpe e mancanze, senza
stancarsi di spronarci e incoraggiarci.»68
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 405.
Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 385.
66 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 234.
67 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 112.
68 Luisa de’ Marillac, Scritti spirituali, 229.
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CONCLUSIONI
La pubblicazione dei suoi Scritti ha presentato la vera Luisa al mondo. Ma
quale il ritratto che se ne ricava? Questa donna libera e forte del suo tempo, cosa
dice in particolare agli uomini e alle donne del nuovo millennio?
Il mondo è cambiato dall’epoca di Luisa de’ Marillac, ma attraverso i secoli
Luisa porta a questo mondo, dominato dalla tecnologia, dei valori universali e
perenni e il calore nei rapporti umani.
È una linea carismatica, importante da tener presente anche ai nostri giorni:
il Regno di Dio non passa attraverso simpatie e omogeneità. Al contrario,
risplende maggiormente nelle diversità e nella pluralità. Occorre cercare la
sintonia nelle categorie dello Spirito, non nelle categorie umane.
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TESTO DI RIFERIMENTO
LUISA DE’ MARILLAC, Scritti spirituali, Roma 1987, Edizioni Vincenziane.
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