Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali

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Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
Capitolo 2
Operatori limitati nello spazio di
Hilbert: aspetti generali
Sia H uno spazio di Hilbert. Indichiamo con B(H) l’insieme degli operatori lineari limitati su
H. Cioè A ∈ B(H) se, e soltanto se esiste C > 0 tale che
kAxk ≤ Ckxk,
∀x ∈ H.
(2.1)
Essendo H uno spazio di Banach, continuano, ovviamente, a valere tutte le affermazioni a suo
tempo fatte per gli operatori lineari su uno spazio di Banach. In particolare, B(H) è uno spazio
vettoriale su C. Tuttavia, nel caso di uno spazio di Hilbert, vi sono delle peculiarità rilevanti
sulle quali ci soffermeremo.
2.1
2.1.1
Definizioni di base
La norma di un operatore
Ricordiamo che in B(H) è possibile definire una norma nel modo seguente.
kAk =
kAxk
.
x∈H;x6=0 kxk
sup
Cioè, kAk è il più piccolo dei numeri C > 0 che soddisfano la (2.1). Lasciamo al lettore di
provare che kAk si può esprimere anche nei modi seguenti.
kAk = sup kAxk = sup kAxk.
kxk≤1
kxk=1
Esercizio 2.1.1 Verificare che la k · k definita sopra soddisfa le proprietà di una norma.
2.1.2
Aggiunto di un operatore
Sia A ∈ B(H), x, y ∈ H. Posto
LA,y (x) = (Ax, y)
18
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
LA,y è un funzionale lineare limitato su H; per il lemma di Riesz esiste allora un unico y ∗ ∈ H
tale che
LA,y (x) = (x, y ∗ ) ∀x ∈ H
Poniamo A∗ y = y ∗ . È facile verificare che A∗ è un operatore lineare. Le relazioni seguenti
mostrano che A è limitato
|(x, A∗ y)| = |(Ax, y)| ≤ kAkkxkkyk
per x = A∗ y si ha
kA∗ yk2 ≤ kAkkA∗ ykkyk
il che prova, ad un tempo, che A è limitato e che kA∗ k ≤ kAk.
Un’ immediata conseguenza della definizione di aggiunto è l’uguaglianza A∗∗ = A.
La precedente discussione può essere riassunta nel seguente
Teorema 2.1.2 Per ogni operatore A ∈ B(H) esiste un operatore limitato A∗ tale che
(Ax, y) = (x, A∗ y) ∀x, y ∈ H
(2.2)
Inoltre, A∗∗ = A e kAk = kA∗ k
Dimostrazione – Resta da provare soltanto l’uguaglianza delle norme. Abbiamo già visto che kA∗ k ≤
kAk ∀A ∈ B(H) . Applicando questa stessa relazione ad A∗ si ha: kA∗∗ k ≤ kA∗ k ma A∗∗ = A e quindi
l’asserto.
Esempio 2.1.3
Sia I = [0, 1]. In L2 (I) consideriamo, per g ∈ C(I), lo spazio delle funzioni continue in I, l’operatore
Tg f = gf ∀f ∈ L2 (0, 1) . L’operatore Tg è limitato; infatti,
Z 1
Z 1
kTg f k2 =
|gf |2 dx ≤ max |g(x)|2
|f |2 dx.
x∈[0,1]
0
0
La relazione precedente mostra anche che kTg k ≤ kgk∞ := maxx∈[0,1] |g(x)|. In realtà, kTg k = kgk∞ .
Infatti, posto L = kgk∞ , per ogni a ∈]0, L[, l’insieme E = {x ∈ I : |g(x)| > a} è un aperto di misura
positiva. Indicata con χE (x) la funzione caratteristica di E (chiaramente, χE ∈ L2 (I)), si ha
Z
Z
2
2
|g(x)χE (x)| dx ≥ a
|χE (x)|2 dx.
I
I
Questa disuguaglianza implica a ≤ kTg k ≤ L. Ma a è arbitrario in ]0, L]. Dunque, kTg k = L.
Determiniamo adesso l’aggiunto; sia h ∈ L2 (0, 1), si ha:
Z 1
Z 1
(Tg f, h) =
gf h̄ dx =
g h̄ dx = (f, Tḡ h)
0
e quindi
Tg∗
= Tḡ . In particolare se g è reale,
0
Tg∗
= Tg .
Esercizio 2.1.4 Nell’esempio precedente si sostituisca l’ipotesi g ∈ C(I) con quella, evidentemente
più debole, g ∈ L∞ (I). Dimostrare che le affermazioni stabilite nell’Esempio 2.1.3 si estendono a
questo caso, con ovvie modifiche delle dimostrazioni.
2.1. Definizioni di base
19
Diamo adesso alcune proprietà elementari dell’ applicazione ∗ : A ∈ B(H) 7→ A∗ ∈ B(H).
Esercizio 2.1.5 Dimostrare che se A, B ∈ B(H) e (Ax, x) = (Bx, x), per ogni x ∈ H, allora
A = B.
Proposizione 2.1.6
(a) A 7→ A∗ è un anti-isomorfismo isometrico di B(H) in B(H)
(b) (AB)∗ = B ∗ A∗
∗
(c) Se A ha un inverso limitato, A−1 , anche A∗ ha inverso limitato e (A∗ )−1 = (A−1 )
(d) kA∗ Ak = kAk2
Dimostrazione – (a) È facile dimostrare che (A + B)∗ = A∗ + B ∗ e che (λA)∗ = λ̄A∗ . Dal fatto che
A∗∗ = A ∀A ∈ B(H) segue che l’applicazione è suriettiva. Per l’iniettività, supponiamo che A∗ = 0.
Allora kA∗ k = kAk = 0 e quindi A = 0.
(b)
((AB)x, y) = (A(Bx), y) = (Bx, A∗ y) = (x, B ∗ A∗ y) ∀x, y ∈ H
(c) Se A ha inverso limitato, allora dalla (b) segue che
∗
∗
A∗ (A−1 ) = (A−1 A)∗ = I ∗ = I = (A−1 ) A∗
il che prova la (c).
(d) Abbiamo provato a suo tempo che kABk ≤ kAkkBk. Quindi kA∗ Ak ≤ = kA∗ kkAk = kAk2 . D’
altra parte
kA∗ Ak ≥ sup (x, A∗ Ax) = sup kAxk2 = kAk2
kxk=1
kxk=1
Teorema 2.1.7 B(H) è una *-algebra di Banach.
Dimostrazione – L’applicazione A 7→ A∗ gode, come abbiamo visto, della proprietà A∗∗ = A; essa
è , cioè, un’ involuzione in B(H). B(H) è pertanto un’algebra involutiva normata o, brevemente, una
*-algebra normata. Per completare la dimostrazione occorre provare che B(H) è uno spazio completo
nella sua norma. Sia {An } una successione di Cauchy in B(H). Allora, per ogni x ∈ H, la successione
{An x} è una successione di Cauchy in H ed ammette perciò limite y. Posto Ax = y, si definisce un
operatore lineare di H in sé. Proviamo che A è limitato. Dato che {An } una successione di Cauchy, la
successione delle norme è limitata. Poniamo M = sup kAn k. Si ha allora,
kAxk = lim kAn xk ≤ lim sup kAn k kxk ≤ M kxk,
∀x ∈ H.
n→∞
Resta da provare che An converge ad A in norma. Se > 0, esiste n ∈ N tale che, per ogni
n, m > n , kAn − Am k < . Fissato n > n si ha
k(An − A)xk = lim k(An − Am )xk ≤ lim kAn − Am kkxk ≤ kxk.
m→∞
m→∞
Quindi, se n > n , risulta
kAn − Ak = sup k(An − Am )xk ≤ .
kxk≤1
20
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
} Osservazione 2.1.8 Una *-algebra di Banach A la cui norma soddisfa la condizione ka∗ ak = kak2 ,
per ogni a ∈ A è detta una C*-algebra. La (d) proposizione 2.1.6 ci consente di concludere che B(H) è
una C*-algebra.
2.2
Alcuni tipi di operatori limitati
2.2.1
Operatori simmetrici, operatori positivi
Definizione 2.2.1 Un operatore A ∈ B(H) tale che A∗ = A è detto simmetrico ( o autoaggiunto
o hermitiano).
Un operatore simmetrico A ∈ B(H) è caratterizzato dalla proprietà che (Ax, x) è un numero
reale per ogni x ∈ H.
} Osservazione 2.2.2 Dato un qualsiasi operatore A ∈ B(H), poniamo
H=
A + A∗
,
2
eK=
A − A∗
.
2i
Gli operatori H e K sono simmetrici e A = H + iK. Quindi ogni operatore A ∈ B(H) è combinazione
lineare di operatori simmetrici.
Esempio 2.2.3
L’operatore di moltiplicazione considerato nell’esempio 2.1.3 è simmetrico se, e soltanto se g è una funzione
a valori reali.
Definizione 2.2.4 Un operatore A ∈ B(H) è detto positivo se (Ax, x) ≥ 0 per ogni x ∈ H.
Esempio 2.2.5
Dato un qualunque A ∈ B(H), l’operatore A∗ A è positivo. Infatti,
(A∗ Ax, x) = (Ax, Ax) = kAxk2 ≥ 0.
Proposizione 2.2.6 Un operatore positivo A ∈ B(H) è necessariamente simmetrico.
Dimostrazione – Si ha, infatti,
(Ax, x) = (x, Ax) = (x, Ax),
∀x ∈ H.
Dall’identità di polarizzazione segue, allora, che
(Ax, y) =
3
3
k=0
k=0
1X k
1X k
i (A(x + ik y), x + ik y) =
i ((x + ik y), Ax + ik y) = (x, Ay),
4
4
∀x, y ∈ H.
2.2. Alcuni tipi di operatori limitati
21
L’insieme degli elementi positivi di B(H) sarà indicato con B(H)+ . Esso è un cono; gode,
cioè, delle proprietà seguenti.
(a) A + B ∈ B(H)+ ,
(b) λA ∈ B(H)+ ,
∀A, B ∈ B(H)+ ;
∀A, B ∈ B(H)+ , ∀λ ≥ 0;
(c) B(H)+ ∩ {−B(H)+ } = {0}.
La nozione di positività ci permette di definire una relazione d’ordine nell’insieme B(H)s
degli operatori simmetrici di B(H). Se A, B ∈ B(H)s , diremo che A ≤ B se B − A ≥ 0.
Con una dimostrazione simile a quella fatta per la disuaglianza di Schwarz [Proposizione
1.2.3], si prova che, se A ≥ 0,
|(Ax, y)|2 ≤ (Ax, x)(Ay, y),
∀x, y ∈ H,
(2.3)
detta disuguaglianza di Schwarz generalizzata.
Se A ≥ 0, esistono m ≥ 0 e M > 0 tali che
mI ≤ A ≤ M I,
(2.4)
che equivale a dire
m(x, x) ≤ (Ax, x) ≤ M (x, x),
∀x ∈ H.
L’esistenza di m è ovvia. Quanto ad M si ha
(Ax, x) ≤ kAxkkxk ≤ kAkkxk2 = kAk(x, x),
∀x ∈ H.
Dunque kAk è un possibile valore di M . Si può anzi provare che kAk è la più piccola costante
positiva per cui la (2.4) è soddisfatta.
Una successione {An } di operatori limitati è detta limitata se esiste L > 0 tale che kAn k ≤ L,
per ogni n ∈ N. Per le successioni monotone e limitate di operatori simmetrici vale un teorema
di regolarità simile a quello che vale per le successioni di numeri reali con le stesse proprietà.
Teorema 2.2.7 Ogni successione monotona e limitata {An } di operatori simmetrici di B(H)
converge ad un operatore simmetrico limitato.
Dimostrazione – Senza essere restrittivi si può supporre che
0 ≤ A1 ≤ A2 ≤ . . . ≤ An ≤ . . . ≤ I.
Siano n, m ∈ N con n > m. In questo caso An − Am ≥ 0. Applicando la (2.3), si ha, per ogni
x∈H
k(An − Am )xk4 = ((An − Am )x, (An − Am )x)2
≤ ((An − Am )x, x)((An − Am )2 x, (An − Am )x).
22
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
Adesso osserviamo che, per le ipotesi fatte, ((An − Am )2 x, (An − Am )x) ≤ kxk2 . Dunque
k(An − Am )xk4 ≤ ((An − Am )x, x).
La successione di numeri positivi {(An x, x)} è crescente e limitata e, dunque, convergente. Essa
è, perciò di Cauchy. Lo è, quindi, anche la successione {An x}. Poniamo Ax = limn→∞ An x.
Lasciamo al lettore di verificare che A è limitato e simmetrico.
Teorema 2.2.8 Ogni operatore positivo A ammette un’unica radice quadrata positiva; esiste,
cioè, un unico operatore X ≥ 0 tale che X 2 = A. L’operatore A1/2 := X commuta con A e con
tutti gli operatori limitati che commutano con A.
Dimostrazione – Si può supporre A ≤ I. Il nostro scopo è di provare l’esistenza di una (e una sola)
soluzione dell’equazione X 2 = A. Posto A = I − B, con 0 ≤ B ≤ I, e Y = I − X, l’equazione da risolvere
prende la forma
1
Y = (B + Y 2 ).
(2.5)
2
Costruiamo una successione per ricorrenza ponendo
Y0 = 0
Yn+1 = 12 (B + Yn2 )
Per induzione su n si prova facilmente che
(a) ogni Yn è un polinomio in B a coefficienti reali non negativi;
(b) Yn ≥ 0, per ogni n ≥ 0;
(c) Yn ≤ Yn+1 , per ogni n ≥ 0;
(d) kYn k ≤ 1, per ogni n ≥ 0.
La (a) è pressoché immediata. La (b) segue dalla (a) una volta dimostrato che se B ≥ 0 allora B n ≥ 0
(esercizio!), per ogni n. Dalla (a) discende che Yn Ym = Ym Yn per ogni n, m. La (c) è certo vera per
n = 0. Supponiamo che Yn−1 ≤ Yn . La differenza Yn − Yn−1 è un polinomio in B a coefficienti reali non
negativi e cosı̀ pure Yn − Yn−1 . Si ha allora
Yn+1 − Yn
=
=
=
1
2
(B + Yn2 ) − (B + Yn−1
)
2
1
2
Yn2 − Yn−1
2
1
(Yn + Yn−1 )(Yn − Yn−1 ) ≥ 0.
2
Anche la (d) è ovviamente vera per n = 0. Supponiamo allora che kYn k ≤ 1. Si ha, allora
kYn+1 k =
1
1
1
(kB + Yn2 k) ≤ (kBk + kYn2 k) = (kBk + kYn k2 ) ≤ 1.
2
2
2
Non resta che applicare il Teorema 2.2.7 per concludere che la successione {Yn } ammette limite Y . Un
semplice passaggio al limite nell’uguaglianza Yn+1 = 21 (B +Yn2 ) ci permette di affermare che Y è soluzione
dell’equazione 2.5. Visto che Y è limite forte di una successione di polinomi in B esso commuta con B e
con ogni operatore che commuta con B. Di conseguenza X = I = Y commuta con A e con ogni operatore
che commuta con A.
2.2. Alcuni tipi di operatori limitati
23
Resta da provare l’unicità. Supponiamo che esista un altro operatore positivo Z tale che Z 2 = A.
Cominciamo con l’osservare che AZ = ZA = Z 3 e, quindi, Z commuta con X. X e Z sono operatori
positivi. Quindi anch’essi ammettono radici positive. Indichiamole con T ed S rispettivamente. Sia
x ∈ H e poniamo y = (X − Z)x. Si ha
kT yk2 + kSyk2 = (T 2 y, y) + (S 2 y, y) = (Xy, y) + (Zy, y)
=
((X + Z)(X − Z)x, y) = ((X 2 − Z 2 )x, y) = ((A − A)x, y) = 0.
Dunque, T y = Sy = 0. Ne segue che Xy = T 2 y = 0 e Zy = S 2 y = 0. Quindi,
k(X − Z)xk2 = ((X − Z)2 x, x) = ((X − Z)y, x) = 0.
Dall’arbitrarietà di x segue che X = Z.
Corollario 2.2.9 Siano A e B operatori positivi che commutano. Allora AB è un operatore
positivo.
La dimostrazione è lasciata come esercizio.
Abbiamo già visto che, se A ∈ B(H), allora A∗ A è un operatore positivo. La sua radice
positiva (A∗ A)1/2 è detta modulo di A e si denota con |A|.
2.2.2
Operatori di proiezione
Una classe molto importante di operatori nello spazio di Hilbert è quella delle proiezioni.
Definizione 2.2.10 Un operatore P ∈ B(H) è chiamato un proiettore (o una proiezione)
ortogonale se
P = P2 = P∗
Il seguente teorema stabilisce la corrispondenza biunivoca tra proiettori ortogonali e sottospazi di H.
Teorema 2.2.11 Sia P un proiettore ortogonale in H. Posto MP = {y ∈ H : y = P y}, allora
MP coincide con l’immagine di P ed è un sottospazio chiuso di H.
Viceversa, se M è un sottospazio chiuso di H, esiste un proiettore P in H tale che M = MP
Dimostrazione – È ovvio che MP ⊂ ImP . L’inclusione inversa si ottiene dalle relazioni y = P x ⇒
P y = P 2 x = P x = y. Il fatto che MP è chiuso è immediato. Sia, viceversa, M un sottospazio chiuso di
H. Ogni elemento x ∈ H si può decomporre come x = y + z con y ∈ M e z ∈ M⊥ . Poniamo y = P x. È,
adesso, molto facile dimostrare che P è un proiettore e che M = MP .
In questa corrispondenza se P è il proiettore su MP , I − P è il proiettore su M⊥
P.
Esempio 2.2.12
Sia y un vettore fissato in H, con kyk = 1,. L’operatore Py definito da
Py x = (x, y)y,
x∈H
è, come si verifica facilmente un proiettore ortogonale. Il sottospazio di H corrispondente è il sottospazio
unidimensionale generato da y.
24
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
Esempio 2.2.13
In L2 (E), dove E è un insieme misurabile, l’operatore PF di moltiplicazione per la funzione caratteristica
χF di un sottoinsieme misurabile F di E è un proiettore. Il sottospazio corrispondente è isomorfo a
L2 (F ).
Proposizione 2.2.14 Siano P e Q gli operatori di proiezione sui sottospazi M ed N , rispettivamente. Le sequenti affermazioni sono equivalenti.
(i) M ⊆ N ;
(ii) QP = P ;
(iii) P Q = P ;
(iv) kP xk ≤ kQxk,
∀x ∈ H.
(v) P ≤ Q.
Dimostrazione – (i)⇒(ii): Se M ⊆ N , allora per ogni x ∈ H, P x ∈ M ⊆ N ; quindi QP x = P x.
(ii)⇒(iii): Si ha P Q = (QP )∗ = P ∗ = P .
(iii)⇒(iv): Se P Q = P , allora kP xk = kP Qxk ≤ kQxk.
(iv)⇒(v):
(P x, x) = (P 2 x, x) = (P x, P x) = kP xk2 ≤ kQxk2 = (Qx, Qx) = (Qx, x),
∀x ∈ H.
Quindi P ≤ Q.
(v)⇒(i): Supponiamo che P ≤ Q e sia y ∈ M. Allora,
(y, y) = (P y, y) ≤ (Qy, y) = (Qy, Qy) = kQyk2 .
Quindi, kQyk = kyk. Ma y = Qy + (I − Q)y e kyk2 = kQyk2 + k(1 − Q)yk2 , perché Qy e (I − Q)y sono
ortogonali. In conclusione, (I − Q)y = 0. Cioè, y = Qy e, dunque, y ∈ N .
2.2.2.1
Il reticolo dei proiettori
La proposizione 2.2.14 mette in evidenza che l’ordinamento parziale dei sottospazi di H, stabilito
dall’inclusione, si riflette completamente sui proiettori di H. Se {Mα } è una qualsiasi famiglia
di
V sottospazi, il più grande sottospazioTchiuso contenuto in tutti gli Mα , che indicheremo con
il sottospazio α Mα . Se indichiamo con PV
α il proiettore su Mα , al
α Mα è, chiaramente,
V
sottospazio α Mα corrisponderà un proiettore che indicheremo con α Pα . Si ha
^
Pα ≤ Pα ,
∀α.
α
W
In modo analogo, se indichiamo conW α Mα il sottospazio di H generato dalla famiglia {Mα }
ad esso corrisponderà un proiettore α Pα con la proprietà
Pα ≤
^
α
Pα ,
∀α.
2.2. Alcuni tipi di operatori limitati
25
} Osservazione 2.2.15 Valgono le relazioni
_
^
(I − Pα ) = I −
Pα
α
α
^
(I − Pα ) = I −
α
_
Pα
α
In particolare
Proposizione 2.2.16 Se P e Q sono proiettori che commutano, corrispondenti, rispettivamente
ai sottospazi M ed N , allora
P ∨ Q = P + Q − P Q,
2.2.2.2
P ∧ Q = P Q,
M ∨ N = M + N.
Sottospazi invarianti per un operatore
Definizione 2.2.17 Un sottospazio M si dice invariante per l’operatore A ∈ B(H) se AM ⊆
M; cioè, se Ax ∈ M per ogni x ∈ M.
Proposizione 2.2.18 Se M è invariante per A, anche la sua chiusura M lo è.
La dimostrazione è lasciata per esercizio al lettore.
Proposizione 2.2.19 Sia P ∈ B(H) un proiettore. Se AP = P A, allora MP è un sottospazio
invariante per A.
Dimostrazione – Se x ∈ MP , si ha, infatti, P x = x e quindi AP x = Ax; per l’ipotesi di commutatività,
P Ax = Ax e, quindi, Ax ∈ MP .
Il fatto che un sottospazio chiuso M sia invariante per A non implica in generale che il
proiettore PM su M commuti con A.
Esempio 2.2.20
Sia A un operatore limitato ed assumiamo che esista un vettore y ∈ H, con kyk = 1, tale che Ay = λy,
per un certo λ ∈ C. È allora evidente che il sottospazio My generato da y è invariante per A. Tuttavia, il
proiettore Py su My , in generale, non commuta con A. Ricordando, infatti, che, se x ∈ H, Py x = (x, y)y,
si ha
Py Ax = (Ax, y)y
e
APy x = (x, y)Ay = λ(x, y)y.
D’altra parte, se, in quest’esempio, si suppone che My sia invariante anche per A∗ , allora si ha, com’è
facile vedere, A∗ y = λy e, quindi,
Py Ax = (Ax, y)y = (x, A∗ y)y = λ(x, y)y,
∀x ∈ H,
e dunque Py A = APy . Questo non è un caso come mostra la seguente proposizione.
Proposizione 2.2.21 Se M è un sottospazio chiuso invariante sia per A sia per A∗ , allora il
proiettore PM su M commuta con A (e con A∗ ).
26
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
Dimostrazione – Infatti, se x, y ∈ H, si ha
(PM Ax, y) = (Ax, PM y) = (x, A∗ PM y) = (x, PM A∗ PM y),
perché A∗ PM y ∈ M.
D’altra parte, dato che per ogni x ∈ H, APM x ∈ M,
(APM x, y) = (PM APM x, y) = (x, PM A∗ PM y).
Dunque APM = PM A.
Teorema 2.2.22 Ogni operatore simmetrico A si decompone nella differenza di due operatori
positivi A+ e A− tali che A+ A− = A− A+ = 0.
Dimostrazione – Sia |A| = (A2 )1/2 . Dato che |A| è limite di una successione di polinomi in A2 , esso
commuta con A e con ogni operatore limitato che commuta con A. Poniamo
A+ =
|A| + A
2
e A− =
|A| − A
.
2
È chiaro che A = A+ − A− . Inoltre,
A+ A− =
1
1
(|A| + A)(|A| − A) = (|A|2 − A2 ) = 0.
4
4
Dimostriamo che A+ e A− sono positivi. Sia M = {x ∈ H : A+ x = 0}. M è un sottospazio chiuso di
H. Indichiamo con P il proiettore corrispondente. Dalla definizione segue che |A| = A+ + A− È chiaro
che A+ P = P A+ = 0. D’altra parte, per ogni x ∈ H, A− x ∈ M, dato che A+ A− = 0. Dunque, P A− x =
A− x, per ogni x ∈ H, ovvero, P A− = A− P = A− . Allora A− = P A+ + P A− = P (A+ + A− ) = P |A|.
Quindi A− si esprime come prodotto di operatori positivi che commutano. Ne segue che A− ≥ 0. D’altra
parte, A+ = |A| − A− = |A| − P |A| = (I − P )|A| ≥ 0, per lo stesso motivo.
2.2.3
Operatori isometrici e unitari
Definizione 2.2.23 Un operatore U ∈ B(H) è detto em isometrico se
(U f, U g) = (f, g)
∀f, g ∈ H
(2.6)
Da questa definizione segue immediatamente che per un operatore isometrico U ∗ U = I e che,
inoltre kU f k = kf k ∀f ∈ H. Un operatore isometrico è dunque necessariamente iniettivo, ma
non è detto che sia suriettivo; se lo è allora U ha inverso U −1 ovunque definito e limitato. In
questo caso l’operatore sarà detto unitario.
Proposizione 2.2.24 Se U è un operatore isometrico le seguenti condizioni sono equivalenti
(i) U è unitario;
(ii) U ∗ = U −1 ;
(iii) U ∗ U = U U ∗ = I;
2.2. Alcuni tipi di operatori limitati
27
(iv) anche U ∗ è isometrico .
Dimostrazione – (i)⇒ (ii).
Se U −1 esiste si ha:
(U f, g) = (U f, U U −1 g) = (f, U −1 g)
e questo implica che U ∗ = U −1 .
(ii)⇒ (iii) è banale.
(iii)⇒ (iv) segue subito dalla definizione di operatore isometrico.
(iv)⇒ (i).
Se U ed U ∗ sono entrambi isometrici, si ha, per definizione: U ∗ U = U U ∗ = I. Quindi U
ha inverso ovunque definito e limitato. Cioé U è unitario.
Esempio 2.2.25
In L2 (R) consideriamo l’operatore U definito nel modo seguente. Se t ∈ R, poniamo ft (x) = f (x − t) e
definiamo
f ∈ L2 (R).
(U f )(x) = ft (x),
Lasciamo al lettore di verificare che U è un operatore unitario.
Esempio 2.2.26
In L2 ([0, +∞[) consideriamo l’operatore U definito nel modo seguente. Se t > 0, poniamo
ft (x) =
f (x − t)
0
se x ≥ t
se x < t
e definiamo
f ∈ L2 ([0, +∞[).
(U f )(x) = ft (x),
Quest’operatore è isometrico ma non è unitario. Il suo aggiunto U ∗ associa a g(x) ∈ L2 ([0, +∞[) la
funzione g t (x) = f (x + t) e non è, perciò, isometrico.
Esempio 2.2.27
Sia H = L2 (R). La trasformata di Fourier fb = T f data da
1
fb(x) = √
2π
Z
f (y)e−ixy f (y)dy
R
definisce un operatore unitario di H in sé. L’operatore inverso T −1 fb = f è dato da
1
f (x) = √
2π
Z
fb(y)eixy f (y)dy.
R
Questi fatti costituiscono il contenuto del Teorema di Fourier-Plancharel. È il caso di notare che gli
integrali usati per definre sia la trasformata di Fourier sia la sua inversa devo essere intesi nel senso della
convergenza in L2 (R), essi sono cioè il risultato di approssimazioni con i corrispondenti integrali calcolati
su una successione di funzioni regolari convergenti ad f (nel caso del primo integrale) o ad fb nel caso del
secondo.
28
2.3
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
Topologie in B(H): convergenza forte e convergenza debole
Oltre alla topologia della norma (detta anche topologia uniforme) in B(H) è utile introdurre
altre topologie. Esse non sono definite da una norma, ma da famiglie separanti di seminorme.
Definizione 2.3.1 Sia E uno spazio vettoriale su C. Una seminorma su E è un’applicazione p
di E in R che associa a v 7→ p(v) con le seguenti proprietà:
(i) p(v) ≥ 0 ∀v ∈ E
(ii) Se v = 0, allora p(v) = 0
(iii) p(αv) = |α|p(v) ∀α ∈ C ∀v ∈ E
(iv) p(v + w) ≤ p(v) + p(w) ∀v, w ∈ E
Una famiglia {pα }α∈I d̀etta separante se per ogni v ∈ E, v 6= 0, esiste α ∈ I tale che
pα (v) 6= 0.
Una famiglia separante di seminorme definisce su E un topologia localmente convessa di
Hausdorff su E. Una base d’intorni di 0 è costituita dagli insiemi del tipo
U = {v ∈ E : pαi (v) < ; ∀i = 1, 2, . . . , n}.
2.3.1
La topologia forte di B(H)
Sia H uno spazio di Hilbert. La famiglia di seminorme {px ; x ∈ H} in B(H) definite da
px (A) = kAxk,
x ∈ H,
induce su B(H) una topologia localmente convessa, che indicheremo con ts , detta topologia forte
degli operatori. Essendo
px (A) = kAxk ≤ kAkkxk,
∀x ∈ H
la topologia ts è meno fine della topologia uniforme tu definita dalla norma degli operatori
limitati. Quindi, per esempio, se una successione {An } di operatori limitati converge in norma
ad un operatore limitato A, essa converge ad A anche fortemente. Il viceversa è, in generale
falso.
Esempio 2.3.2
Sia {en } una base ortonormale di uno spazio di Hilbert separabile H. Consideriamo la successione {Pn }
di proiettori definiti da
n
X
Pn x =
(x, ek )ek .
k=1
Dalle proprietà delle basi ortonormali deduciamo che, per ogni x ∈ H,
n
X
(x, ek )ek → 0,
n → ∞.
x −
k=1
Cioè, k(I − Pn )xk → 0, per ogni x ∈ H o, in altri termini, Pn → I fortemente. La successione {Pn } non
converge a I in norma, perché kI − Pn k = 1, per ogni n ∈ N.
2.4. Commutanti e Algebre di von Neumann
2.3.2
29
La topologia debole di B(H)
La famiglia di seminorme {px,y ; x, y ∈ H} in B(H), definite da
px,y (A) = |(Ax, y)|,
x, y ∈ H,
induce su B(H) un’altra topologia localmente convessa, che indicheremo con tw , detta topologia
debole degli operatori. Essendo
px,y (A) = |(Ax, y)| ≤ kAxkkyk,
∀x ∈ H
la topologia tw è meno fine della topologia forte.
2.4
Commutanti e Algebre di von Neumann
Sia M us sottoinsieme di B(H). Il commutante M0 di M è definito da
M0 = {X ∈ B(H) : AX = XA, ∀A ∈ M.}
Porremo M00 = (M0 )0 ; M00 è detto il bicommutante di M. Risulta M ⊆ M00 ; M000 := (M00 )0 = M0 ,
etc.
Si vede facilmente che M0 è una sottoalgebra di B(H). Se M = M∗ , cioè se M contiene,
insieme con un elemento A anche il suo aggiunto A∗ , allora M0 è una *-sottoalgebra di B(H).
Proposizione 2.4.1 Per ogni M ⊆ B(H), M0 è un’algebra debolmente (e quindi, fortemente e
uniformemente) chiusa.
w
Se M è una sottoalgebra di B(H), contenente l’identità I, la sua chiusura debole M
certamente un sottoinsieme di M00 , perché questo è debolmente chiuso.
è
s
Teorema 2.4.2 Sia M una *-sottoalgebra di B(H), contenente l’identità I. Allora M00 = M ,
la chiusura forte di M.
Dimostrazione – Dobbiamo dimostrare che, fissato un B ∈ M00 , per ogni > 0 e per ogni x ∈ H esiste
A ∈ M tale che kBx − Axk < .
Sia x ∈ H e definiamo M = Mx = {Cx; C ∈ M}. Il sottospazio M è invariante per ogni operatore
A ∈ M (e quindi anche per A∗ ). Anche la sua chiusura M è, dunque invariante per ogni operatore di M.
Per la proposizione 2.2.21 il proiettore P := PM commuta con ogni operatore A ∈ M. Cioè P ∈ M0 . Si
ha quindi, P B = BP e M è invariante anche per B. Questo implica che Bx ∈ M . Quindi esiste A ∈ M
tale che kBx − Axk < .
Corollario 2.4.3 Sia M una *-sottoalgebra di B(H), contenente l’identità I.
affermazioni sono equivalenti.
(i) M è debolmente chiusa.
Le seguenti
30
2. Operatori limitati nello spazio di Hilbert: aspetti generali
(ii) M = M00 .
s
w
s
Dimostrazione – (i)⇒(ii): Utilizzando il teorema precedente si ha, M ⊆ M ⊆ M ⊆ M00 = M .
w
s
Quindi M = M = M00 . Se M è debolmente chiusa, risulta allora M = M00 . L’implicazione (i)⇒(ii) è
ovvia, dato che M00 è, in ogni caso, debolmente chiusa.
} Osservazione 2.4.4 Le *-sottoalgebre di B(H), con identità, per cui si verifica l’una o l’altra delle
condizioni equivalenti del precedente corollario, svolgono un ruolo chiave nella teoria degli operatori.
Esse sono dette Algebre di von Neumann, dal nome di John von Neumann che per primo le studiò
(1948 circa). La teoria delle algebre di von Neumann rappresenta uno degli argomenti più fecondi della
ricerca matematica contemporanea e trova applicazioni negli ambiti più disparati: dalla Geometria non
commutativa alle Teorie quantistiche. La loro trattazione va comunque al di là dell’ambito di un corso
iniziale sulla teoria degli operatori.