settembre musica

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settembre musica
Città di Torino
domenica 6 settembre 1998
ore 21
Conservatorio
Giuseppe Verdi
The Musicians of the Globe Theatre
Joanne Lunn
soprano
Tom Finucane
cetera
Adrian Chandler
vio lin o
Catherine Latham
fla u to dolce
Jacob Heringman
liu to
Elizabeth Pallett
ban dora
Catherine Finnis
fid u la
settembre
musica
_______ 1998
CON IL CONTRIBUTO DELLA
jjfilMBIEBI
Cassa di Risparmio di Torino
The Musicians of the Globe Theatre è il complesso musi­
cale stabile del nuovo Globe Theatre di Londra, una fede­
lissima ricostruzione del teatro di Shakespeare sullo stesso
luogo storico identificato sulla sponda sud del Tamigi, nel
cuore della capitale inglese.
Del gruppo è direttore artistico Philip Pickett, fondatore
oltre 25 anni fa del mitico New London Consort, che ha
assunto la responsabilità del teatro. Musicista e musicologo
di vastissima cultura, dal 1972 è Professore di flauto dolce
alla Guildhall School of Music di Londra, dove nel 1985 gli
è stato conferito il titolo onorifico di “Fellow”.
I primi cd dei Musicians of the Globe Theatre hanno subi­
to riscosso un successo strepitoso, e di questi Shakespeares
Music ha avuto una nomination per il prestigioso Grammy
Award negli Stati Uniti. Impegni futuri includono una
produzione del Venus and Adonis di John Blow al Globe
Theatre, un’allestimento della Tempesta di Shakespeare con
musiche di Locke, Purcell e Weldon alla Guildhall di Lon­
dra e concerti in America centro-meridionale, Spagna, Ita­
lia e Stati Uniti.
“Shakespeare’s Musick”
Canzoni dai drammi di Shakespeare,
con musiche per il teatro dell’epoca di Elisabetta I e Giacomo I
Anonimo
Strawberry leaves
(ELMS)
Thomas Morley
(1557/58-1602)
It was a lover and his lass
da Come vipiace, V:3
{First Booke o f Ayres, 1600)
Anonimo
Sellingers Round
Robert Johnson
(ca. 1583-1633)
Full fathom five
da La Tempesta, 1:2
Where the bee sucks
da La Tempesta, V:1
{Folger Library MS)
James Lauder
(sec. XVI - sec. XVII)
My Lord of Marche Pavan
Anonimo
Galliard
Walsingham (ballata trad.)
How should I your true love know
da Amleto, IV: 5
Thomas Morley
La Coranto
[Consort Lessons, 1599/1611)
John Wilson
(1595-1674)
Take, o take those lips away
da Misura per misura, IV: 1
{Bodleian MS)
Robert Johnson (attribuito a)
Hark! Hark! The lark
da Cymbeline, 11:3
{Bodleian MS)
Thomas Morley
La Volta
{Consort Lessons)
Robert Jones
(1597-1615)
Farewell, dear love
da La Dodicesima notte, 11:3
{First Booke ofSonges and Ayres, 1600)
Thomas Morley (arr.)
Can she excuse my wrongs
( Consort Lessons)
Anonimo
Mother Watkins Ale
Thomas Morley
O mistresse myne (strumentale)
{Consort Lessons)
O mistresse myne
Anonimo
La bounette
La doune cella
La shy myze
{Mulliner Book, 1560 c.)
Daphne
Richard Nicholson
(1570-1639)
The Jew’s Daunce
Anonimo
The poor soul sat sighing (The Willow Song)
da Otello, IV:3
(.Bodleian MS)
Nutmegs and Ginger
(Holmes Consort Books)
Thomas Campion
(1567-1620)
Fayne would I wedd
Thomas Morley (arr.)
Go from my window
(Consort Lessons)
Now is the month of Maying
Il programma del concerto di questa sera penso vada apprez­
zato in primo luogo come un’opportunità preziosa e piutto­
sto rara (qui da noi) di “reintegrazione”. Per scelta o per ne­
cessità, infatti, gli allestimenti dei drammi shakespeariani cui
solitamente assistiamo nell’ambito delle nostre stagioni tea­
trali di prosa risultano depauperati d’una componente fon­
damentale: la musica. Non che gli odierni registi sottovalu­
tino l’importanza d’un adeguato supporto musicale alla reci­
tazione. Quanto da loro escogitato, però, di solito poco si
avvicina alla vera “Shakespeare’s Musick”, a quella musica
cioè che il grande autore inglese considerava ingrediente irrinunziabile dei propri drammi. Ecco, dunque, il significato
colto, l’ambizione e lo scrupolo filologico di questo concerto.
La musica costituiva uno degli “attrezzi” privilegiati cui più
di frequente Shakespeare faceva ricorso all’interno del suo
“laboratorio” teatrale. Egli sapeva valutarne l’impatto con
notevole sensibilità e con estrema concretezza. In tutti i suoi
drammi gli effetti vocali e strumentali sono dosati con ecce­
zionale finezza e soprattutto con infallibile intuito. Mai essi
si riducono a superficiale divertissement, sempre invece risul­
tano radicalmente integrati nella struttura complessiva del
dramma. Questo lucido e profondo insight nel potenziale
poetico e drammatico della musica, unito alla maestria del
suo utilizzo ai fini drammaturgici, rappresenta non solo
una delle ragioni più importanti della grandezza artistica di
Shakespeare in assoluto, ma forse anche il tratto stilistico più
originale che lo contraddistingue all’interno del panorama
del teatro elisabettiano e giacobiano.
La critica anglosassone - com’era giusto che fosse - è stata la
più pronta e la più costante nel capire che i propri sforzi
esegetici non dovevano trascurare questa essenziale compo­
nente del teatro shakespeariano, pena un parziale (grave però)
misunderstanding del genio di questo autore. La bibliografia
specifica sull’argomento in lingua inglese può esser fatta co­
minciare dal 1765, a culminare con i cinque volumi dello
Shakespeare Music Catalogue editi nel 1991 dalla Oxford
University Press.
La drammaturgia shakespeariana di cui fin qui s’è detto risul­
ta intessuta, non v’è dubbio, di straordinaria maestria, ma
anche, più concretamente, di considerevole opportunismo.
Uno dei meriti maggiori da ascrivere a Shakespeare, in effetti,
fu proprio la capacità di valorizzare e sfruttare al meglio i
talenti a sua disposizione, ricavando da essi lezioni preziose
perii raffinamento della propria arte. La stagione 1599/1600
rappresentò una svolta decisiva nella carriera dello scrittore
per due ragioni. In primo luogo, l’acquisto del nuovo Globe
Playhouse mise a disposizione di Shakespeare e della sua
compagnia, gli allora Lord Chamberlain’s Men, una strut­
tura più adeguata a reggere l’agguerrita concorrenza delle
due compagnie giovanili rivali, i Children of St. Paul’s e i
Children of thè Chapel Royal, entrambe di scena al Blackfriars Theatre. In secondo luogo, vi fu l’incontro con uno
showman d’eccezione, Robert Armin, in grado di prodursi in
modo splendido sia come attore sia come cantante. Shake­
speare rimase subito conquistato dai lazzi sofisticati di Ar­
min, che sulla scena sapeva impersonare il prototipo affasci­
nante del wise fool, del giullare nel quale i tratti della follia e
della saggezza si fondono in conturbante simbiosi, capace di
passare dalla recitazione al canto con estrema naturalezza.
Rispetto all’imprevedibile istrionismo di William Kemp, il
clown con cui lo scrittore aveva fino ad allora collaborato,
Armin rappresentava un talento non solamente più raffinato
e più in sintonia con le nuove tendenze del gusto, ma soprat­
tutto più duttile e malleabile perché più rispettoso del copio­
ne. Fino all’inverno 1610/11, cioè circa per undici stagioni,
il sodalizio artistico con questo teatrante di classe costituì per
Shakespeare un’eccezionale fucina di sperimentazioni, di in­
novazioni e di perfezionamenti stilistici. In essa egli, con
assoluta noncuranza degli aspri rimbrotti dei critici puritani
dell’epoca, irrigiditi nella più scrupolosa fedeltà al modello
senechiano, ebbe modo di forgiare, con crescente perizia, una
mésalliance via via più profonda e integrale di comico e tra­
gico, di prosa e versi, di recitazione e canto. Proprio il periodo
del sodalizio Shakespeare-Armin costituisce, essenzialmente,
il cuore del programma del concerto, tenuto conto che i dram­
mi qui coinvolti spaziano cronologicamente dal 1599/1600
(As You Like It, Come vi piace, e Twelfth Night, La dodicesima
notte) al 1611/12 ( The Tempest, La Tempesta).
Un velo di mistero tuttavia - va confessato - ancora oggi
avvolge la cosiddetta Shakespeare’s Musick. Neppure una tra­
dizione secolare e blasonata di ricerche è stata finora in grado
di farlo cadere. La realtà è che praticamente in nessun caso
possiamo dire con assoluta certezza quale musica esattamen­
te Shakespeare abbia adoperato durante la rappresentazione
dei suoi drammi. Per nessun brano di quelli a noi pervenuti,
in altre parole, sussiste un’evidenza documentaria tale da poter
sostenere che esso sia stato adoperato dallo scrittore esatta­
mente in una delle versioni in nostro possesso. Il discorso si
svolge sempre in termini di probabilità. Ciò non deve stupire
più di tanto.
Durante le rappresentazioni in teatro la musica, tanto vocale
quanto strumentale, veniva annotata su fogli volanti separati
dal resto del copione. Nessuno poi si premurava di conservar­
li, una volta cessata la loro immediata utilità. Ciò avveniva
anche perché, secondo la mentalità dell’epoca e la prassi in
uso, non era importante esattamente cosa venisse suonato,
ma piuttosto l’effetto che le note avrebbero prodotto. Nep­
pure Shakespeare si preoccupò mai di scegliere titoli o autori
specifici. Per le canzoni, da Hamlet in poi, egli si limitava a
comporre i versi, lasciando ad Armin la scelta della melodia
più adatta alle parole e al contesto drammatico. Le musiche
strumentali le sceglieva in base all’atmosfera da evocare, for­
nendo però solo indicazioni molto generiche. Con loudmusic
o musique haute, per esempio, egli solitamente sottintendeva
un broken consort, un ensemble misto di fiati e archi, utiliz­
zato per scene di trionfo, con intrattenimenti pubblici, ban­
chetti e pantomime. Viceversa, soft music o musique basse
designava un whole consort di soli archi, impiegato solo in
scene dalle profonde implicanze simboliche, con allusioni
alla divinità o all’armonia dello Stato. Per il resto la concer­
tazione era vincolata dalle consuetudini in vigore in epoca
elisabettiana: la classe di strumenti da impiegare veniva defi­
nita in base al carattere della scena e del rango sociale dei
partecipanti (le trombe appannaggio esclusivo dell’aristocra­
zia, i tamburi della fanteria, gli ottoni delle scene a sfondo
militaresco, gli hoboys striduli delle predizioni del fato ecc.).
In ogni caso gli spartiti eseguiti, se addirittura non venivano
improvvisati estemporaneamente, dovevano essere molto
semplici: in quanto a bellezza di linee melodiche e a spessore
di tessitura contrappuntistica non reggevano certo il con­
fronto con i brani stampati nelle raccolte vocali o strumentali
edite in quegli anni. Non c’è da meravigliarsi, dunque, che
nessuno si sia premurato di conservarli.
Nei drammi di Shakespeare figurano in totale 70 canzoni
vocali: di esse nove sono state incluse nel programma. It was
a lover andhis lass proviene da As You Like It (atto V, scena III,
vv. 17-34). Si tratta d’un song brioso e piuttosto scanzonato,
privo d’una funzione drammatica di rilievo all’interno della
tragicommedia: divenne presto popolare, al punto che a po-
chi mesi dalla rappresentazione Thomas Morley decise di
includerlo nel proprio First Booke ofAyres edito nel 1600.
Quella di Morley è probabile sia la musica originale. Due
canzoni sono prese dalla scena terza dell’atto secondo di Twelftb
Night. O mistresse myne (w. 40-53) è la canzone d’amore
cantata dal giullare Feste su invito di sir Toby e sir Andrew.
Dal 1926 essa è divenuta il pomo d’una discordia tuttora
irrisolta sui rapporti tra Shakespeare e Morley. Poco prima
della rappresentazione del dramma dello scrittore amico (si
presume), nel First Booke ofConsort Lessons il musicista aveva
pubblicato O mistresse myne, un suo arrangiamento strumen­
tale d’una vecchia canzone del ’500. Per alcuni quella di Morley
è la melodia che Shakespeare aveva in mente. Altri invece la
trovano incompatibile con i suoi versi e negano ogni collaborazione tra i due artisti. Nel caso di Farewell, dear love (w.
110-121), invece, Shakespeare attinge liberamente a una
canzone contenuta nel First Booke ofSonges andAyres (1600)
di Robert Jones. Per burlarsi di Malvolio, sir Toby e Feste
rielaborano in chiave ironica due mezze stanze delle cinque
dell’originale.
La dolente Take, o take those lips away è l’unica canzone pre­
sente in Measure for Measure. Cantata da Mariana a inizio
dell’atto IV (I, 1-6), a taluni essa è apparsa un po’ un “corpo
estraneo” ed è stata ritenuta un’interpolazione giacobiana po­
steriore rispetto al testo originale della prima rappresentazio­
ne (ca. 1604). In effetti, è solo accettando questa tesi che la
canzone, conservata manoscritta alla Bodleian Library, può
essere ascritta —come solitamente avviene - a John Wilson,
il quale potrebbe averla composta per una ripresa della “dark
comedy” shakespeariana poco prima dell’edizione a stampa
postuma in-folio del 1623.
Quelle di Ofelia in Hamlet e di Desdemona in Othello sono
senza dubbio le canzoni più celebri e significative scritte da
Shakespeare. Sono due esempi sublimi della sua capacità,
tanto ammirata da Coleridge, di fondere insieme il lirico e il
tragico, di rendere la musica parte integrante e viva del dram­
ma. How shouldIyour true love knowb l’amarissimo e malin­
conico canto che Ofelia, accompagnandosi da sé al liuto con
i capelli scarmigliati (in età elisabettiana segno convenziona­
le della pazzia), intona nella prima scena del quarto atto (w.
23-39). The poor soul sat sighing, meglio noto col titolo di
Willow Song (IV, III, 41-57), è la sconsolata canzone che
ritorna nella mente d’una Desdemona sconvolta da insinua­
zioni e accuse di infedeltà che lei proprio non riesce a compren­
dere. Non ci è dato conoscere con sicurezza quale melodia il
“putto cantore” solista della troupe shakespeariana (il palcoscenico era ancora vietato alle donne) abbinò ai versi delle
due tragedie. I versi della prima stanza della canzone di Ofelia
sono una variante della ballata Walsingham risalente al XVI
sec. e ancora popolarissima ai tempi dello scrittore. Per
questo motivo nel programma al song è stata anteposta la
versione strumentale di questa melodia tradizionale. Anche
il Willow Song era una canzone che godeva di grande popo­
larità. Ne conosciamo almeno cinque versioni datate fine
XV/inizio XVI sec., anche se solo una di esse presenta qual­
che affinità col testo shakespeariano. Gli esecutori hanno
optato per una versione conservata manoscritta nella
Bodleian Library.
Hark! Hark! The lark è la raffinata e delicata chanson d ’aube
che alcuni musici intonano su richiesta di Cloten nella scena
terza dell’atto secondo (vv. 22-30) di Cymbeline. La prima
musica conosciuta è quella conservata in un manoscritto sem­
pre della Bodleian Library. Solitamente essa viene attribuita
a Robert Johnson, anche se non vi sono prove certe. Dallo
stile appare una melodia piuttosto vecchia: è dunque possi­
bile che essa sia stata usata nel corso della prima rappresen­
tazione della tragedia nel 1609.
Le ultime due canzoni in programma provengono da The
Tempest. Full fathom five è l’ammaliante “magic song” con
cui Ariel (I, II, 396-404) cerca di convincere Ferdinando
della morte del padre. Where thè bee sucks è invece il canto
leggiadro con cui Ariel nell’ultimo atto (V, I, 88-94) gioisce
per la libertà finalmente restituitagli da Prospero. La musica
per entrambe le canzoni si conserva in alcuni manoscritti e
song-books a stampa coevi. Solitamente viene ascritta a Ro­
bert Johnson, ma non è certo che la sua sia davvero la musi­
ca originale usata per la prima rappresentazione della com­
media.
Accanto alle canzoni vocali il programma presenta un’ampia
scelta di brani strumentali. Il teatro elisabettiano e ancor più
quello giacobiano assai di frequente facevano ricorso alla
musica per evocare le atmosfere appropriate alle diverse sce­
ne. Del repertorio dei brani utilizzati, che era senza dubbio
molto vasto e proteiforme, conosciamo solo una piccola par­
te. Uno dei filoni principali era l’arrangiamento strumentale
di canzoni vocali. E il caso di Strawberry leaves, Walsingham,
Can she excuse my wrongs, Nutmegs and Ginger, Go from my
window e dei tre brani presi dal Mulliner Book del British
Museum (La bounette, La dotine cella, La shy myze). Il nucleo
più consistente di pezzi prettamente strumentali era la mu­
sica per danza. Nei drammi di Shakespeare, su un totale di 50
riferimenti, vengono citati 11 diversi modelli di danza. In
molti casi si tratta di semplici menzioni, che non implicano
un’esecuzione effettiva. Il modello che ricorre più di frequen­
te (17 volte) è la Measure, una basse danse del primo ’500 che
all’epoca dello scrittore s’era trasformata in un equivalente
della pavana (tipo quella di James Lauder). Riguardo gli altri
modelli presenti nel programma, la Galliard è chiamata in
causa in sei occasioni, la Coranto o Courante in tre, in due la
Volta.
Tra i sette musicisti coinvolti nel programma il più importan­
te è senza dubbio Thomas Morley. Personalità eclettica, allie­
vo di William Byrd, fu organista, compositore molto “getto­
nato”, editore e teorico, dal 1592 Gentleman della Chapel
Royal. I suoi rapporti con Shakespeare sono stati, come s’è
detto, oggetto d’una accesa controversia. Se è vero che i due
risiedevano nello stesso quartiere, è però altrettanto vero che
le loro posizioni in campo artistico divergevano piuttosto
radicalmente. Mentre il drammaturgo faceva parte del nove­
ro di coloro che si facevano beffe delle maniere e dei costumi
italianeggianti, il musico fu colui che in età elisabettiana più
si adoperò per diffondere a corte la musica italiana, in parti­
colare il madrigale. Divergenze di posizione a parte, il fatto
è che durante la carriera teatrale di Shakespeare le Consort
Lessons di Morley erano un’opera molto popolare. Da questa
silloge di arrangiamenti strumentali di composizioni altrui
edita nel 1599, corretta, ampliata e ristampata postuma nel
1611, è verosimile che lo scrittore abbia attinto diverse pagi­
ne in più occasioni. Da essa gli esecutori hanno ricavato cin­
que brani: La Coranto, La Volta, Can she excuse my wrongs, O
mistresse myne, Gofrom my window. Molta popolarità conqui­
stò anche Now is thè month o f maying, un grazioso “balletto”
a cinque voci edito nel First Booke ofBalletsàe\ 1595.
Personaggio assai importante e originale fu anche Thomas
Campion, la cui figura spicca, indubbiamente, per la poliva­
lenza del suo talento di artista e intellettuale. Eccezionale è il
fatto che lui, oltre a essere stato uno dei più prolifici autori
di lute-songs vissuti a cavaliere tra ’500 e ’600, abbia scritto da
sé i testi di tutte le proprie canzoni. Campion, in realtà, iniziò
la sua carriera artistica nel 1591 come poeta. Nel 1595 diede
alle stampe una silloge di Poemata in latino che gli procurò
molta rinomanza. Nel 1601 esordì come musicista, pubbli­
cando insieme con Philip Rosseter A Booke ofAyres. Ad esso
ne seguirono, nel 1613-14 e nel 1617-18, altri due doppi (dal
secondo di essi è presa Fayne would I wedd). Nel frattempo,
Campion trovò anche il tempo di scrivere un trattato di poesia
(1602) e uno sul contrappunto a quattro voci (1613-14), di
laurearsi Doctor ofPhysick intorno al 1605, senza trascurare
i numerosi masques al cui allestimento a corte contribuì nella
doppia veste di letterato e di musico.
Tra i collaboratori su cui Campion potè fare affidamento per
questi allestimenti scenici vi fu Robert Johnson, che servì
Giacomo I e Carlo I come liutista e compositore. Sia per il
Globe sia per il Blackfriars Johnson scrisse parecchia musica
per danza, nonché numerosi songs che servirono per le rap­
presentazioni dei drammi di Shakespeare e del rivale Ben
Jonson. La sua musica era apprezzata per l’incisività delle
melodie, per la chiarezza delle armonie e per la lievità della
tessitura.
John Wilson, liutista e cantante, fu talento precoce. Intorno
al 1614, non ancora ventenne, venne coinvolto nella vita
musicale di corte e nella vita teatrale londinese. Collaborò
con i King’s Men Players scrivendo diverse canzoni su versi di
Shakespeare. Nel 1635 venne cooptato come “musician in
ordinary alla corte di Carlo I. Negli anni della guerra civile
fu professore universitario a Oxford, dopo essersi lì addotto­
rato in musica nel 1644. Dopo la restaurazione concluse la
sua carriera a Londra come Gentleman of thè Royal Chapel.
Tra tutte le sue canzoni Take, o take those lips away fu quella
che divenne più celebre.
Con Oxford ebbero a che fare tanto il liutista Robert Jones
quanto l’organista Richard Nicholson. Jones ivi si laureò nel
1597. Anch’egli si dedicò al teatro, occupandosi però dei
fanciulli. Nel 1610 fu uno dei quattro fondatori dei Children
of thè Revells of thè Queene. Cinque anni dopo ebbe il per­
messo di costruire un teatro per questa compagnia giovanile,
edificio che però venne presto demolito. Tra 1600 e 1610
diede alle stampe sei raccolte, cinque libri di Ayres e uno di
madrigali. Lo stile compositivo di Jones è apprezzabile so­
prattutto per la freschezza della vena melodica.
La carriera di Nicholson, invece, si svolse interamente ad
Oxford. Per tutta la vita egli fu legato al Magdalen College,
con l’incarico di “informator choristarum” dal 1595 e poi di
organista. Dal 1626 ebbe anche una cattedra per la Music
Praxis presso la William Heyter’s Foundation. Come compo­
sitore godeva d’una ottima reputazione. Davvero poco, pur­
troppo, s’è conservato della sua produzione. Pregevoli sono
soprattutto un ciclo di madrigali a tre voci, alcune canzoni
con accompagnamento di consort a quattro parti, nonché
alcune musiche da ballo quale la Jew’s Dauncein programma.
Nulla sappiamo sulla vita di James Lauder.
Angelo Chiarie
It was a lover and his lass
It was a Lover and his lasse,
With a haye, with a hoe and a haye nonie no,
That o’re the greene come feilds did passe
In spring time, the onely prettie ring time,
When Birds do sing, hay ding a ding a ding,
Sweete lovers love the spring.
Betweene the acres o f the Rie
With a haye...
These prettie Country fools would lie
In spring time...
This Carroll they began that houre,
With a haye...
How that a life was but a Flower,
In spring time...
And therefore take the present time,
With a haye...
For love is crowned with the prime
In spring time...
Full Fathom five
Full fathom five thy father lies
O f his bones are coral made
Those are pearls that were his eyes
Nothing o f him that doth fade
But doth suffer a sea change
into something rich and strange
Sea nymphs hourly ring his nell
Hark now, I hear them
Ding, dong, bell.
Where the bee sucks
Where the bee sucks there suck I
In a cowslip’s bell I lie.
There I couch when owls do cry
On a bat’s back I do fly
After summer merrily.
Era un amante con la sua donna
Era un amante con la sua donna,
Con un haye, con un hoe e un haye nonie no,
Che per i verdi campi di grano andava
In primavera, il tempo che solo ha dolci richiami,
Quando gli uccelli cantano, hay ding a ding a ding,
I dolci amanti amano la primavera.
Fra i campi del Rie
Con un haye...
Questi graziosi ragazzotti di campagna avrebbero giaciuto
In primavera...
A quell’ora iniziarono questo canto,
Con un haye...
O, la vita non era che un fiore
In primavera...
E allora cogli l’attimo,
Con un haye...
Poiché la primavera incorona l’amore
In primavera...
Ben a cinque leghe
Ben a cinque leghe giace tuo padre,
Le sue ossa son ora coralli
Sono perle quelli che erano i suoi occhi.
Nulla di lui svanisce
Ma il mare lo trasforma
in qualcosa di ricco e strano.
Ogni ora le ninfe del mare suonano le loro campane
Ascolta, ora le sento
Ding, dong, bell.
Dove l’ape si nutre
Dove l’ape si nutre, li io mi nutro,
E riposo nel calice di una primula.
Lì giaccio quando cantano le civette,
E volo sul dorso di un pipistrello,
Con gioia, inseguendo l’estate.
Merrily, merrily shall I live now
Under the blossom that hangs on the bough.
How should I your true love know
How should I your true love know
From another one?
By his cockle hat and staff
And his sandal shoon.
He is dead and gone lady
He is dead and gone
A t his head a grass green tu rf
A t his heels a stone.
White his shroud as the mountain snow
Larded all with sweet flowers
Which bewept to the grave did not go
With his true love showers.
Take o take those lips away
Take o take those lips away
That so sweetly were forsworn,
And those eyes: the break o f day
Lights that do mislead the morn,
But my kisses bring again
Seals o f love, but sealed in vain
Hide o hide those hills o f snow
Which thy frozen blossom bears,
On whose tops the Pinks that grow
Are o f those that April wears.
But first set my poor heart free,
Bound in chains o f joy by thee.
Hark hark the lark
Hark hark the lark at Heavens gate sings
And Phoebus gins to rise
The winking merry buds begin
to ope their golden eyes
With every thing that pretty is
My Lady sweet arise.
Con gioia, con gioia ora vivrò
Sotto il fiore che pende dal ramo.
Come dovrei conoscere il tuo amore sincero
Come dovrei conoscere il tuo amore sincero
Da qualcun altro?
Dal suo cappello a conchiglia e il suo bastone
e i suoi sandali.
Lui è morto e se n è andato, Signora
Lui è morto e se n’è andato,
Alla sua testa una zolla di prato verde,
ai suoi piedi una lapide.
Bianco il suo telo come neve sulle montagne,
Tutto coperto di dolci fiori,
Colei che piange, sulla tomba non andò
Con l’immensità del suo sincero amore.
Allontana, o allontana quelle labbra
Allontana, o allontana quelle labbra
Che sì dolcemente furono tradite,
E quegli occhi: al levarsi del giorno
le luci ingannano il mattino,
Ma i miei baci riportano in vita
promesse d’amore, ma promesse invano.
Nascondi, o nascondi quelle colline di neve
che il tuo freddo petto sostiene,
Su quelle alture crescono i garofani,
Quelli di cui si veste Aprile.
Ma prima lascia libero il mio povero cuore,
Intrappolato da te in catene di gioia.
Ascolta, ascolta l ’allodola
Ascolta, ascolta, l’allodola canta alle porte del cielo
E Febo comincia a sorgere
I gioiosi boccioli ammiccanti
cominciano ad aprire i loro occhi dorati
Ad ogni cosa piacevole,
Mia Signora, dolce risorgi.
Farewell dear love
Farewell dear love, since thou wilt needs be gone.
Mine eyes do show my life is almost done
Nay, I will never die so long as 1 can spy.
There be many more, though that she do go
There be many more, I fear not
Why then let her go, I care not.
Farewell, farewell since this I fin d is true.
I will not spend more time in wooing you.
But I will seek elsewhere i f I may fin d her there.
Shall I bid her go? What and i f I do?
Shall I bid her go and spare not?
0 no, no, no, no, no, I dare not.
Ten thousand times farewell! Yet stay a while!
Sweet, kiss me once sweet kisses time beguile.
1 have no power to move, how now am I in love?
Wilt thou needs be gone? Go then, all is one.
Wilt thou needs be gone? O hie thee!
Nay, stay and do no more deny me.
Once more farewell! I see loth to depart
Bids oft adieu to her that hold my heart.
But seeing I must lose thy love which I did choose.
Go thy ways for me since it may not be.
Go thy ways for me but wither?
Go, O but where I may come hither.
What shall I do? My love is now departed.
She is as fair as she is cruel hearted.
She would not be entreated with prayers oft repeated.
I f she come no more shall I die therefore?
I f she come no more what care I?
Faith, let her go, or come, or tarry.
Mother Watkins Ale1
There was a maid2 this other day,
And she would needs go forth to play;
1A le può essere il diminuitivo di un nome maschile di persona, nel
caso in cui è scritto maiuscolo, oppure indica la birra, quando è scrit­
to minuscolo; l’alternanza è giocata su un doppio senso sessuale.
2M a id significa sia fanciulla sia vergine.
Addio caro amore
Addio caro amore, poiché hai voluto andartene.
I miei occhi mi dicono che la mia vita sta per finire.
No, non morirò finché potrò guardare.
Ce ne saranno molti ancora, però lei va,
Ce ne saranno molti ancora, non ho paura
Perché allora lasciarla andare, non m importa.
Addio, addio, poiché scopro che questo è vero.
Non passerò più tempo a corteggiarti.
Ma cercherò altrove se là posso trovarla.
Le dirò di andarsene? E cosa accadrà se lo faccio?
Le dirò di andarsene e non disperare?
O no, no, no, no, no, non oso.
Diecimila volte addio! Resta ancora un momento!
Dolce, baciami una volta, i dolci baci ingannano il tempo.
Non ho potere di muovermi, come, sono ora innamorato?
Vuoi andartene? Va allora, tutto è uno.
Vuoi andartene? O, fa in fretta!
No, resta e non rifiutarmi più.
Una volta ancora addio! Vedo riluttanza alla separazione
Dico spesso dico addio a colei che possiede il mio cuore.
Ma vedendo che devo perdere il tuo amore, quello che scelsi.
Va per la tua strada per me, poiché non può essere.
Va per la tua strada per me, ma dove?
Va, O ma dove ti possa raggiungere.
Cosa farò? Il mio amore è andato via.
Lei è così bella quanto il suo cuore è crudele.
Non si fece persuadere con preghiere spesso ripetute.
Se non torna più, dovrò allora morire?
Se non non torna più di cosa mi importa?
Fede, lasciala andare, o venire, o rimanere.
Madre di Watkin Ale
C’era una fanciulla l’altro giorno,
Che voleva continuare a giocare;
And as she walked she sighed and said
“I am afraid to die a maid. ”
With that, behard a lad
What talk this maiden had,
Where o f he was fu ll glad
And did not spare
To say “Fair maid, I pray,
Whither go you to play?”
“Good sir”then she did say,
“What do you care?”
“For I will, without fail,
Maiden, give you Watkins ale. ”
“Watkins ale, good sir, ”quoth she,
“What is that, I pray you tell me. ”
“Tis sweeter far than sugar fine,
And pleasanter than muskadine;
And i f you please, fair maid, to stay,
A little while with me to play,
I will give you the same
Watkins ale called by name,
or else I were to blame
In truth, fair maid. ”
“Good sir, ”quoth she again,
“I f you will take the pain,
I will it not refrain,
Nor be dismayed. ”
He took this maiden then aside,
And led her where she was not spied
And told her many a pretty tale
And gave her well o f Watkins ale.
When he had done to her his will,
They talked, but what it shall not skill:
A t last quoth she: “Saving your tale,
Give me some more o f Watkins ale,
Or else I will not stay,
For I must needs away,
My mother bad me play
The time is past;
Therefore, good sir, ” quoth she,
“Ifyou have done with me... ”
“Nay soft, fair maid, ”quoth he
Again at last,
E mentre camminava sospirò e disse
“Temo di morire ancora fanciulla.”
Con questo, un ragazzo sentì
Che discorsi faceva la fanciulla,
E di questo era molto contento
E non si trattenne
dal dire “Gentile Fanciulla, prego,
dove andate a giocare?”
“Buon signore”, poi disse lei,
“Cosa vi importa?”
“Perché voglio, senza indugio,
darvi la birra di Watkin.”
“La birra di Watkin, buon signore,” ripetè lei,
“Cos’è, vi prego ditemelo.”
“E più dolce del raffinato zucchero,
e più piacevole del moscato;
E se vi fa piacere, gentil fanciulla, rimanere
qualche istante a giocare con me,
Vi darò la stessa birra di Watkin,
chiamata per nome,
Sarei altrimenti da condannare,
in verità, gentil fanciulla.”
“Buon signore,” disse lei ancora,
“Se ciò vi sta a cuore,
Non mi tratterrò,
Né sarò scoraggiata.”
Allora prese la fanciulla da parte,
E la condusse dove non poteva essere vista
E le raccontò molte piacevoli storie
E ben le diede la birra di Watkin.
Quando con lei ebbe soddisfatto il suo volere,
Parlarono, ma di cose futili:
Alla fine lei disse: “Risparmia le tue storie,
e dammi ancora un po’ della birra di Watkin,
Altrimenti non rimarrò,
Poiché devo andarmene,
Mia madre mi proibì di giocare,
Il tempo è passato;
Quindi, buon signore,” disse lei,
“Se avete finito con me....”
“No, delicata e gentile fanciulla,” disse lui,
ancora alla fine,
“Let us talk a little while. ”
With that the maid began to smile,
And said “Good sir, fu ll well I know
Your ale I see runs very low. ”
This young man, then, being so blamed,
Did blush as one being ashamed;
He took her by the middle small,
And gave her more o f Watkins ale;
And said, “Fair maid, I pray,
When you go forth to play,
Remember what I say,
Walk not alone. ”
“Good sir, ”quoth she again,
“I thank you for your pain,
For fear o f further stain,
I will be gone. ”
“Farewell maiden. ”then quoth he;
“Adieu, good sir. ”again quoth she.
Thus they parted at last
Till thrice three months were gone and past.
This maiden then fell very sick,
Her maidenhead began to kick,
her colour waxed wan and pale
With taking much od Watkins ale.
I wish all maidens coy
that hear this pretty toy,
Wherein most women joy,
How they do sport!
For surely Watkins ale
And i f it be not stale
Will turn them to some bale,
As hath report.
New ale will make their bellies bowne
As trial by this fame is known;
This proverb hath been taught in schools
It is no jesting with edged tools.
Good maids and wives, I pardon crave,
And lack not that which you would have:
To blush it is a womans grace,
And well becomes a maidens face;
For women will refuse
The thing that they would choose
“Parliamo un pochino.”
Con questo la fanciulla cominciò a sorridere,
E disse “Buon signore, so bene
che la sua birra scorre molto bassa.”
Il giovane uomo, così incalzato,
Arrossì come uno che provi vergogna;
La prese per la vita,
E le diede ancora della birra di Watkin;
E disse, “Gentil fanciulla, vi prego,
Quando andate a giocare,
Ricordate ciò che vi dico,
non camminate sola.”
“Buon signore,” disse lei di nuovo,
“Vi ringrazio per l’interesse,
Per paura di altre macchie,
Andrò via.”
“Addio fanciulla.” disse poi lui;
“Adieu, buon signore.” rispose lei ancora.
Così alla fine si separarono
Fino a quando tre volte tre mesi non furono passati.
La fanciulla divenne poi molto malata,
La sua verginità cominciò a dare calci.
I suoi colori divennero deboli e pallidi
Col prendere troppa birra di Watkin.
Vorrei che tutte le fanciulle riservate,
Che ascoltano questa piacevole canzone
In cui la maggior parte delle donne gioiscono,
Come si divertono!
Poiché sicuramente la birra di Watkin,
se non è consumata,
le trasformerà in una balla
Come è stato narrato.
Una birra fresca preparerà il loro ventre
Come per sua fama lo svolgimento è noto;
Questo proverbio è stato insegnato nelle scuole,
Non è uno scherzo con strumenti affilati.
Fanciulle e donne buone, io perdono il desiderio,
i non mi manca ciò che vorreste avere:
Arrossire è una grazia femminile,
i ben si adatta a un viso di fanciulla;
>oiché le donne rifiutano
-e cose che vorrebbero scegliere
Cause men should them excuse
O f thinking ill;
Cat will after kind,
All winkers are not blind,
Fair maids, you know my mind,
Say what you will.
When you drink ale beware the toast,
For therein lay the danger most.
I f any here offended be,
Then blame the author,
blame not me.
O mistresse myne
O mistris mine where are you roming?
O stay and heare,
your true loves coming,
That can sing both high and low.
Trip no further prettie sweeting.
Journeys end in lovers meeting,
Every wise mans sonne doth know.
What is love, tis not heerafter,
Present mirth, hath present laughter:
What’s to come, is still unsure.
In delay there lies no plentie,
Then come kisse me sweet and twentie:
Youths a stuffe will not endure.
Daphne
When Daphne from fair Phoebus did fly
The west wind most sweetly did blow in her face.
Her silken scarfscarce shadowed her eyes
The god cried, O pity and held her in chase.
Stay nymph, stay nymph cries Apollo
Tarry and turn thee sweet nymph stay!
Lion nor tiger doth thee follow
Turn thy fair eyes and look this way.
O turn O pretty sweet
and let our red lips meet.
Pity O Daphne, pity O Daphne, pity me.
Perché gli uomini dovrebbero scusarle
Il loro pensare male;
Il gatto insegue il proprio simile,
Coloro che fanno l’occhiolino non son ciechi,
Gentili fanciulle, conoscete ciò che pe;iso,
Dite ciò che volete.
Quando bevete birra fate attenzione alla frittata,
Perché lì è il pericolo più grande,
E se qualcuno qui è offeso,
biasimate l’autore,
non biasimate me.
0 mia signora
O mia signora dove andate vagando?
0 rimanete qui ed ascoltate,
il vostro amore sincero sia arrivando,
Che può cantare sia acuto sia basso.
Non vi allontanate oltre, dolce amante.
1 viaggi hanno fine negli incontri degli amanti,
Il figlio di ogni uomo saggio lo sa bene.
Cos’è l’amore, non è il futuro,
Gioia del presente, gode il presente:
Quel che verrà, è sempre incerto.
Nell’indugiar non c’è ricchezza,
Allora vieni e baciami dolcemente venti volte:
La giovinezza è qualcosa che non dura.
Dafne
Quando Dafne fuggì dal bel Febo
Il vento dell’ovest soffiò sul suo viso nel modo più dolce.
La sua sciarpa di seta a malapena offuscava i suoi occhi
Il dio disse “O abbi pietà e inseguila.
Rimani ninfa, rimani ninfa, grida Apollo
Aspetta e voltati dolce ninfa, rimani!
Né leoni né tigri t’inseguono
Volgi i tuoi begli occhi e guarda da questa parte.
O voltati, O delicata dolcezza,
e lascia che le nostre labbra rosse s’incontrino.
Abbi pietà O Dafne, abbi pietà O Dafne, abbi pietà di me.
She gave no ear unto his cry
But still did neglect him the more he did moan:
Though he did entreat she still did deny
And earnestly pray him to leave her alone.
Never, never cries Apollo
Unless to love thou wilt consent
Bit still with my voice so hollow
I ’ll cry to thee while life be spent.
But i f thou turn to me twill
prove thy felicity.
Pity O Daphne, pity O Daphne, pity me.
Away like Venus’s dove she flies
The red blood her buskins did run adown
His plaintive love she still denies, crying
Help, help Diana and save my renown.
Wanton, wanton lust is near me
Cold and chaste Diana aid!
Let the earth and virgin bear me
Or devour me quick a maid.
Diana heard her pray and turned her to a Bay.
Pity O Daphne, pity O Daphne, pity me.
Amazed stood Apollo then
While he beheld Daphne turned as she desired
Accursed am I bove gods and men
With griefs and laments my senses are tired.
Farewellfalse Daphne most unkind
My love lies buried in thy grave
Long sought L love yet love could not fin d
Therefore is this thy epitaph:
“This tree doth Daphne cover that never pitied lover.
Farewellfalse Daphne that would not pity me
Though not my love yet art thou my tree.
The poor soul sat sighing
The poor soul sat sighing by a sycamore tree
Sing willow, willow, willow,
With his hand on his bosom, and his head opon his knee,
0 willow, willow, willow, willow,
O willow, willow, willow, willow shall be my garland
Sing all a green willow, willow, willow, willow.
Aye me, the green willow must be my garland.
Lei non dette ascolto ai suoi lamenti
Ma ancor lo disdegnava più egli si lamentava:
Sebbene egli la implorasse lei ancora lo rifiutava,
E sinceramente lo pregò di lasciarla sola.
Mai, mai, grida Apollo
Se il tuo amore non concederai
Ma ancora con voce sì vuota
Ti piangerò finché la vita non sarà finita.
Ma se rivolgerai a me il tuo affetto,
questo ti proverà la tua felicità.
Abbi pietà O Dafne, abbi pietà O Dafne, abbi pietà di me.
Lontano come la colomba di Venere fugge
Il sangue rosso dei suoi calzari scorre giù
Il suo amore melanconico sempre nega, gridando
Aiuto, aiuto, Diana, e salva la mia purezza.
Il desiderio lascivo mi è vicino
Fredda e casta Diana, aiuto!
Lascia che la terra e le vergini mi prendano
oppure divorami presto vergine.
Diana sentì la sua preghiera e la trasformò in un alloro.
Abbi pietà O Dafne, abbi pietà O Dafne, abbi pietà di me.
Attonito rimase allora Apollo
Quando vide Dafne trasformata come aveva desiderato
Maledetto son io sopra gli dèi e gli uomini
Per i dolori e lamenti i miei sensi son stanchi
Addio falsa Dafne, la più crudele
Il mio amore è sotterrato nella tua tomba
A lungo cercai l’amore ma l’amore non potei trovare
Così questo è il tuo epitaffio:
Quest’albero cela Dafne, che mai ebbe pietà del suo innamorato”
Addio falsa Dafne che di me non volesti aver pietà
Sebbene non il mio amore, bensì tu sei il mio albero.
La povera anima sedette piangendo
La povera anima sedette piangendo vicino al sicomoro
Canta salice, salice, salice,
Con le mani sul petto, e la testa sulle ginocchia,
O salice, salice, salice, salice,
O salice, salice, salice, salice, sarà la mia ghirlanda
Cantate tutti un verde salice, salice, salice, salice.
Povero me, il verde salice deve essere la mia ghirlanda.
He sighed in his singing, and made a great moan
Sing willow, willow, willow,
I am dead to all pleasure, my true love she is gone
O willow...
The mute bird sat by him
was made tame by his moans
Sing willow, willow, willow,
The true tears fell from him would have melted the stones
O willow...
Coma all you forsaken and mourn you with me
Sing willow, willow, willow,
Who speaks o f a false love, mine’s falser than thee
O willow...
Let love no more boast her in palace nor bower
Sing willow, willow, willow,
It buds, but it blasteth ere it be a flower
O willow...
Though fair and more false I die with thy wound
Sing willow, willow, willow,
Thou hast lost the truest lover that goes upon the ground
O willow...
Let nobody chide her, her scorns I approve
Sing willow, willow, willow,
She was born to be false, and I to die for love
O willow...
Take this for my farewell and latest adieu
Sing willow, willow, willow,
Write this on my tomb, that in love I was true
O willow...
Fayne would I wedd
Faine would I wedd a faire yong man,
that day and night could please mee:
When my mind or body grieved,
that had the power to ease mee.
Maids are full o f longing thoughts,
that breed a bloudlesse sickenesse:
Sospirò nel cantare, e fece un gran lamento
Canta salice, salice, salice,
Non ho più piaceri, il mio amore sincero, lei se n’è andata
O salice...
L’uccello muto che gli sedeva vicino
divenne timido per i suoi lamenti
Canta salice, salice, salice,
Le sincere lacrime che gli cadevano avrebbero sciolto le pietre
O salice...
Venite tutti voi abbandonati e piangete con me
Canta salice, salice, salice,
Chi parla di un amore falso, il mio è più falso del tuo
O salice...
L’amore non si vanti più di lei in un palazzo né in un pergolato
Canta salice, salice, salice,
Era un bocciolo, ma inaridì prima di fiorire
O salice...
Anche se gentile e più falso muoio con la tua ferita
Canta salice, salice, salice,
Tu hai perso l’amore più sincero che va per la terra
O salice...
Nessuno la rimproveri, il suo disprezzo comprendo
Canta salice, salice, salice,
Era nata per essere falsa, e io per morire d’amore
O salice...
Prendi questo mio saluto e ultimo addio
Canta salice, salice, salice,
Scrivete questo sulla mia tomba, che in amore fui sincero
O salice...
Volentieri sposerei
Volentieri sposerei un giovane gentile,
che mi soddisfacesse notte e giorno:
Che quando la mia mente e il mio corpo dolessero,
avesse il potere di guarirmi.
Le fanciulle sono piene di pensieri di desiderio
che concepiscono una malattia esangue:
And that oft I hear men say,
is onely cur’d by quicknesse.
O f I have been woo’d & prai’d,
but never could be moved:
Many for a day or so
I have most dearely loved;
But this foolish mind o f mine
straight loaths the thing resolved.
I f to love be sinne in mee,
that sinne is soone absolved.
Sure I thinke I shall at last
flye to some holy Order,
When I once am setled there
then I can flye no farther:
Yet I would not dye a maid,
because I had a mother.
As I was by one brought forth
I would bring forth another.
Now is the month of Maying
Now is the month o f Maying,
When Merry lads are playing
Fa la la...
Each with his bonny lass
Upon the greeny grass
Fa la la...
The Spring clad all in gladness,
Doth laugh at winter sadness
Fa la la...
And to the Bagpipes sound,
The Nymphs tread out their ground.
Fa la la...
Fie then why sit we musing,
Youth’s sweet delight refusing?
Fa la la...
Say dainty nymphs and speak,
Shall we play barley break?
Fa la la...
E così spesso sento uomini dire,
è solo curata dalla prontezza.
Spesso son stata corteggiata e implorata
ma mai potei essere commossa:
Per molti giorni o così
Ho amato con tutto il cuore;
Ma questa mia sciocca mente
Mal sopporta le cose combinate.
Se l’amare è un mio peccato,
Quel peccato è subito assolto.
Sicuramente penso che dovrò infine
fuggire in qualche ordine sacro;
Una volta che sarò lì sistemata
Non potrò fuggire oltre:
Eppure non vorrei morir fanciulla,
poiché ho avuto una madre.
Poiché fui concepita da qualcuno
Un altro vorrei concepire.
Ora è il mese della festa di Maggio
Ora è il mese della festa di Maggio
Quando i giovani gioiosi giocano
Fa la la...
Ognuno con la propria bella fanciulla
Sopra i campi verdi
Fa la la...
La primavera vestita di felicità
Ride alla tristezza dell’inverno
Fa la la...
E le cornamuse suonano,
Le Ninfe si fanno strada
Fa la la...
Allora maledizione perché sediamo qui pensierose,
E rifiutiamo i dolci piaceri della giovinezza?
Fa la la...
Dite ninfe delicate e parlate,
Apertamente romperemo gli indugi?
Fa la la...
(trad. Cristina Manzieri)
I concerti precedentemente previsti aU’Auditorium Rai si
terranno nelle seguenti sedi:
venerdì 18 settembre ore 21 {Il Golem)
Cinema Massimo
domenica 20 settembre ore 21
{Orchestra Internazionale d ’Italia, Lujia, Krystian Zimermarì)
T e a tro N u o v o
Settembre Musica ha promosso la pubblicazione dei volumi:
Ligeti, Henze, Petrassi, Nono, Xenakis, Carter, Donatoni,
Gubajdulina, Schnittke, Reich, Berio, Andriessen e Sto­
ria della musica cinese editi dalla EDT e del volume Set­
tembre Musica 1978-97 edito da Allemande