Leggi - Geometri in rete
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FONDAZIONE GEOMETRI ITALIANI Poste Italiane Spedizione in a.p. -45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 aut. n. DCB/CZ/17/2004 valida dal 19/01/04 anno III MAGGIO - GIUGNO 2011 numero In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme. Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa. INTERVENTI Giulio Tremonti incontra i Geometri 150° UNITÀ D’ITALIA I Tecnici protagonisti: Piero Bargellini GEOMATICA Una riflessione sulla Geomatica di Luigi Mussio, Valentina Forcella PREVIDENZA La CIPAG sostiene i Geometri nell’accesso ai finanziamenti europei di Fausto Amadasi INDAGINE EUCLIDE 2020 I geometri nel futuro 15 GEOCENTRO/magazine Periodico bimestrale Anno III N. 15 Maggio - Giugno 2011 DIRETTORE RESPONSABILE Franco Mazzoccoli [email protected] COMITATO Fausto Amadasi Carmelo Garofalo Leo Momi Bruno Razza Mauro Cappello Gianfranco Dioguardi Stig Enemark Franco Laner Norbert Lantschner Pier Luigi Maffei Franco Minucci Elisabetta Savoldi Marco Simonotti Antonella Tempera COORDINAMENTO REDAZIONE GMPRgroup - Claudio Giannasi Tel. 051 2913901 [email protected] A.D. e IMPAGINAZIONE Filippo Stecconi Francesca Bossini www.landau.it EDITORE Fondazione Geometri Italiani Via Barberini, 68 00187 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 www.fondazionegeometri.it STAMPA Rubbettino Industrie grafiche ed editoriali Finito di stampare nel mese di luglio 2011 Carta interni: riciclata Cyclus Print gr. 100 RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Franco Mazzoccoli PUBBLICITÀ Fondazione Geometri Italiani Via Barberini, 68 00187 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 [email protected] ABBONAMENTI 2011 Annuo: euro 50 Un numero: euro 10 Richiesta via e-mail [email protected] e versamento a: Banca Popolare di Sondrio Intestato a: Fondazione Geometri Italiani Codice IBAN: IT27 F056 9603 2270 0000 2132 X22 RICHIESTE VARIAZIONE INDIRIZZO DI SPEDIZIONE Tel: 06 42744180 COPYRIGHT È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza la preventiva autorizzazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 250 del 29 maggio 2003 MAGGIO - GIUGNO 2011 15 7 EDITORIALE Euclide Problemi e Teoremi di Franco Mazzoccoli 8 INTERVENTI Il cambiamento climatico e le sfide che comporta di Fausto Savoldi 10 PREVIDENZA La CIPAG sostiene i Geometri nell’accesso ai finanziamenti europei 8 di Fausto Amadasi 12 INTERVENTI Giulio Tremonti incontra i Geometri 20 INDAGINE “EUCLIDE 2020 i geometri nel futuro” 12 20 40 44 40 150° UNITA’ D’ITALIA I Tecnici protagonisti: Piero Bargellini 44 In Jesi dal 1860 Istituto tecnico “Pietro Cuppari” e le Esposizioni universali 48 GEOMATICA Una riflessione sulla Geomatica di Luigi Mussio, Valentina Forcella 62 FORMAZIONE Solai di legno di Franco Laner 72 COSTRUZIONI Lavori Pubblici: verifica e validazione del progetto, procedure di aggiudicazione per la selezione dell'operatore economico e varie garanzie di rito di Mauro Cappello 77 FISCALITà Cedolare secca sulle locazioni: quando conviene? di Stefano Setti 82 82 EDILIZIA La “casa passiva” benessere termico senza riscaldamento convenzionale 86 VALUTAZIONI Linee Guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare Prima parte di Marco Simonotti e Marina Ciuna 97 AZIENDE Micropali a pressione per il consolidamento di platee di fondazione in cemento armato 94 MEDIATECA 96 news 86 Per questo numero si ringrazia 97 Marina Ciuna Valentina Forcella Gian Piero Marchiori Dino Mogianesi – ITCG “Pietro Cuppari” Luigi Mussio Stefano Setti Edizioni Polistampa 62 Online La rivista è consultabile all’indirizzo web: www.fondazionegeometri.it Sezione “Geocentro” EDITORIALE Euclide Problemi e Teoremi di Franco Mazzoccoli Direttore di GEOCENTRO/magazine La nostra copertina è dedicata alla Rappresentazione di Euclide che traccia figure geometriche attorniato da allievi nella Scuola di Atene, parte di un affresco opera di Raffaello Sanzio del 1509-1510 situato nella Stanza della Segnatura, una della quattro stanze vaticane . All’indagine previsionale “I GEOMETRI NEL FUTURO” è stato dato il titolo “EUCLIDE 2020”. Perché Euclide è passato alla storia come l’Autore degli “Elementi” il cui rigore intellettuale, gli argomenti trattati con una precisione formale, fecero di questo libro un codice di ragionamento di alto livello posizionando tra le discipline la Matematica al primo posto. I principi di matematica ideati da Euclide furono poi ripresi da Archimede e più tardi, tra gli altri, anche da Cartesio. L’opera “Gli Elementi”, composta da 13 libri, è la prima rappresentazione organica e completa della geometria. Ogni libro contiene all’inizio delle proposizioni che chiariscono i concetti successivi che tra essi si differenziano con la frase: “come dovevasi fare” per i Problemi, “come dovevasi dimostrare” per i Teoremi. I Teoremi di Euclide sono 465 ed il primo che tutti conosciamo si esprime : “in un triangolo rettangolo il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la sua proiezione sull’ipotenusa e l’ipotenusa stessa” Siamo affascinati da queste proposizioni, pensando alla nostra società, ai tempi che stiamo vivendo pieni di problemi ed al “come dovevasi fare” per le soluzioni, ed a ricercare formule ed attività che in parte sono individuate da questa Indagine previsionale. Bisogna andare avanti accettando nuove sfide. Di una di queste sfide di grande importanza per l’intero pianeta ci parla nel suo articolo Fausto Savoldi. I cambiamenti dell’ecosistema, le risorse idriche e la disponibilità di cibo, sono temi che nessuno può permettersi di ignorare, alle cui soluzioni possono e sanno dare il loro contributo i Geometri che si impegnano a formarsi continuamente per aumentare i loro saperi e la loro conoscenza. Di grande interesse l’intervento del Ministro Giulio Tremonti nell’incontro con i Rappresentanti dei Geometri sulla realtà che vede quest’anno 8000 giovani presentarsi agli Esami di Abilitazione per esercitare la libera professione, non aspirando ad “un posto fisso” ma inserendosi nel mercato delle prestazioni tecniche ed accettando la sfida della competizione. Giovani professionisti che vengono sostenuti dalla CIPAG, nell’accesso ai Finanziamenti Europei, come scrive il Presidente Fausto Amadasi nel suo articolo, illustrando una “soluzione” che contribuisce in parte a risolvere il “problema crisi”. Per i 150 anni dell’Unita’ d’Italia tra i Tecnici protagonisti interessante è la storia di Piero Bargellini, nato a Firenze nel 1897, morto nel 1980. Scrittore, educatore, amministratore civico e uomo politico, nel 1966 Sindaco di Firenze, poi eletto Deputato e Senatore, teneva sempre a ricordare: di essere Geometra... Altri successi venivano conseguiti dagli alunni dell’Istituto Tecnico Commerciale per Geometri “Pietro Cuppari”, fondato a Jesi nel 1860, invitati a partecipare alla Esposizione universale di Parigi nel 1878 e contribuendo così all’assegnazione all’Italia della Medaglia d’oro. Altro fascino è quello che ci suscita Franco Laner con i solai di legno facendoci correre con il pensiero agli “splendidi cassettonati rinascimentali” e “al serrato ritmo” di un solaio della casa veneziana “con travi unidirezionali a stretto interasse” ed anche alle stube tirolesi che ispirano i decori e gli intarsi dei solai. Ritornando sulla copertina di questo numero, non è stato stampato l’aforisma come di consuetudine perché nell’articolo “Riflessioni sulla Geomatica” di Luigi Mussio e Valentina Forcella troverete tante citazioni che portano a “riflettere”, a considerare con attenzione, a meditare un po’ più a lungo approfittando delle vacanze... e continuare a sfogliare GEOCENTRO per scoprire, si spera, altri interessanti contributi in una tranquilla lettura. 7 INTERVENTI Il cambiamento climatico e le sfide che comporta di Fausto Savoldi (Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e della Fondazione Geometri Italiani) Di fronte ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della FIG (Federazione Internazionale dei Geometri) a Marrakech (maggio 2011), Stig Enemark, Presidente uscente, ritorna sul tema del cambiamento climatico da lui già affrontato a Sydney nel 2010. Le considerazioni ed i dati messi in luce dalla sua relazione portano inevitabilmente ad un coinvolgimento sempre maggiore della nostra Categoria professionale. Categoria che, sottolinea Enemark, deve assumere sul tema un ruolo attivo e di responsabilità. Il cambiamento climatico è ormai considerato da tutti un dato di fatto che, a lungo andare, è destinato a comportare serie conseguenze sul modo di vivere della popolazione mondiale. Non ci sono dubbi: le sfide che questo cambiamento pone non riguardano solo “gli altri”. Il modo migliore per arginare le conseguenze di questi mutamenti è la convinzione che esse ci riguardino tutti. I temi principali da prendere in considerazione sono: i cambiamenti dell’ecosistema; la gestione delle risorse idriche utilizzate per fornire alimenti; la disponibilità di cibo per una popolazione mondiale in continua crescita; la protezione del territorio dalla progressiva desertificazione; la salvaguardia delle coste dei nostri mari. A seguito dello scioglimento dei ghiacciai ai Poli, nei prossimi 50 anni il livello dei mari potrebbe crescere di oltre 1 ml. (cfr. State of the Artic Coast, 2000), con la conseguente inondazione di aree costiere dove vivono oltre 150 milioni di persone. Questa prospettiva riguarda in buona parte anche l’Italia ed, in particolare, alcune zone della costa adriatica e del delta del Po. 8 Neppure noi, quindi, possiamo permetterci di ignorare le conseguenze del cambiamento climatico e, forse, varrebbe la pena che i nostri topografi iniziassero a pensare ad una cartografia delle zone a rischio proprio con riferimento a questo aspetto. Il cambiamento climatico è certamente destinato ad essere causa di numerosi disastri ambientali ed a provocare la carenza di risorse alimentari. Tutto ciò sarebbe inevitabilmente conseguenza del processo di desertificazione di intere aree (prima dell’Africa e successivamente dell’Europa) e del degrado ambientale che ne deriverebbe. Il Prof. Enemark ricorda che i “tecnici del territorio” (e quindi, nel caso dell’Italia, sotto molti punti di vista i Geometri) devono essere i primi ad aver consapevolezza della situazione. Devono essere i primi a comunicare un messaggio chiaro alla propria clientela ed alla società nel suo complesso. Soprattutto, devono essere i primi ad adottare un’attitudine professionale che tenga conto delle conseguenze, sempre più palesi, del cambiamento climatico mondiale. Forse, il modo peggiore e più rischioso di affrontare quella che sta diventando una vera e propria emergenza è attendere interventi e risposte dal mondo politico. Benché sia chiaro che queste risposte sono assolutamente necessarie, esse sono le più lunghe e difficili da ottenere. Le soluzioni devono piuttosto provenire dagli Enti Locali e Territoriali, quelli maggiormente a contatto con la popolazione e che costituiscono i primi interessati alle conseguenze della desertificazione di aree agricole, della corretta gestione delle acque e delle risorse energetiche, dell’adeguato smaltimento dei rifiuti. Il monitoraggio progressivo dei cambiamenti è affidato ai tecnici che vivono ed operano sul territorio e con la sua popolazione. Essi sono chiamati a fornire soluzioni e progetti. Non solo: la società deve poter comprendere che si tratta di una priorità assoluta per uno sviluppo sostenibile. E’ questa anche l’opinione che l’Associazione Euromediterranea degli Enti Locali e Regionali (ARLEM) discuterà nel corso della Sessione Plenaria prevista per il 30 gennaio 2012 a Bari, in occasione della Fiera Euromediterranea dei Parchi. Tramite la UMG (Unione Mediterranea Geometri), recentemente costituitasi, anche i Geometri italiani si ripropongono di partecipare all’evento. Intendiamo infatti approfondire e far conoscere il ruolo che, dal punto di vista operativo, la Categoria è in grado di svolgere (anche, e A: Climate change - The world in terms of carbon emission B: Climate change - The world in terms of increased mortality Statements on the Climate Change Challenge “Climate change also provides a range of opportunities” Prevention of climate change can be greatly enhanced through better land-use planning and building codes so that cities keep their ecological footprints to a minimum and make sure that their residents, especially the poorest, are protected as best as possible against disaster. Anna Tibaijuka, Past ED, UN-Habitat, 2009 “Climate change is the defining challenge of our time” Combining the impacts of climate change with the current global financial crisis we risk that all the efforts to meet the MDGs will be rolled back. Those that contributed the least to this planetary problem continue to be disproportionally at risk. Ban Ki-moon, SG, United Nations, 2009 “Our generation´s response to this challenge will be judged by history” Barack Obama to UN 2009 on Climate Change This is the time for you to get engaged - and make a difference soprattutto, attraverso un processo di formazione tecnica su temi spesso ancor oggi trascurati). Legato al suo mantenimento e rafforzamento, la nostra Categoria ha un dovere primario: affrontare la sfida del cambiamento climatico attraverso i piccoli interventi. Interventi, cioè, che, apparentemente insignificanti, nel loro insieme possono costituire la risposta a necessità fondamentali (prevenire calamità naturali; risparmiare energia; non considerare l’acqua come un bene illimitato; smaltire in modo adeguato le risultanze di ogni genere di attività umana, sia essa industriale o no). Il messaggio che Stig Enemark ha voluto trasmettere a Marrakech (messaggio poi ripreso dal Governatore della Puglia a Bruxelles), prima ancora che ai Governi, è rivolto a noi. Noi per primi dobbiamo accogliere e rispondere alle sfide che questo cambiamento climatico ormai irreversibile rivolge non solo alle popolazioni più povere, ma al Mondo intero. Sono sfide che intendiamo accettare. 9 PREVIDENZA La CIPAG sostiene i Geometri nell’accesso ai finanziamenti europei di Fausto Amadasi Presidente della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti - CIPAG L’Unione Europea è una realtà politica ed economica ormai consolidata nel mondo ed opera su tutti i fronti di sviluppo globale, offrendo agli operatori economici delle nazioni che ne fanno parte strumenti sempre più sofisticati per affrontare le sfide del mercato. Per sostenere il reddito dei lavoratori e dei professionisti, far crescere il fatturato delle imprese, compensare gli squilibri, sostenere le aree produttive e territoriali più svantaggiate e migliorare la qualità e l’economicità dei prodotti, l’Unione attua ormai da più di 40 anni una politica di incentivazione molto sofisticata, in grado di spronare i singoli Stati a sviluppare i settori produttivi che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita e del benessere dei propri cittadini. Per questi scopi ogni giorno vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea numerosi bandi e inviti a partecipare e presentare progetti finalizzati nei quali è possibile trovare nuove e importanti opportunità di lavoro ed una nuova fonte di miglioramento del reddito professionale. I Geometri non possono ignorare queste sollecitazioni all’innovazione che provengono dall’Unione Europea e che, nella maggior parte dei casi, fanno riferimento direttamente a centri di spesa comunitari, a volte senza passare attraverso gli Enti locali, le Regioni o i Ministeri competenti. Studiare approfonditamente quali siano le iniziative finanziabili, quali i requisiti e come progettare e presentare le iniziative da realizzare con i contributi dell’Unione 10 Europea, è un bagaglio culturale che deve ormai entrare a far parte a pieno titolo delle competenze professionali del Geometra ben aggiornato che vuole essere competitivo sul mercato e mantenere e migliorare il proprio livello di reddito. E poiché il sostegno del reddito della categoria rappresenta per la CIPAG la migliore garanzia per il futuro previdenziale di tutti i Geometri, non è stato difficile trovare un accordo con il CNGeGL e con la Fondazione Geometri Italiani per organizzare a Roma un corso di formazione professionale che si è svolto il 7, l’8 ed il 9 giugno 2011 presso la sede nazionale, interamente dedicato a far conoscere ed approfondire il meccanismo dei finanziamenti legati ai progetti europei più vicini alla professionalità dei Geometri e meglio spendibili sul territorio. Sono state fornite esaurienti notizie ed indicazioni sui finanziamenti accessibili alle piccole e medie imprese, al settore dei servizi, della innovazione tecnologica, dell’ambiente e della formazione, tutti settori di ampio interesse anche per la categoria. Un capitolo a parte è stato dedicato alla presentazione di domande di finanziamento afferenti ai fondi strutturali europei, nei quali convergono risorse ingentissime, spendibili anche in coordinamento con gli enti regionali, locali e territoriali nei quali è possibile intervenire sia nella fase di individuazione delle opportunità, sia nella complessa fase di gestione della pratica. Sono state analizzate le possibilità di lavoro professionale enucleate dal Programma Quadro per la competitività e l’innovazione, con particolare riferimento al Settimo Programma Quadro 2007-2013 ed è stato presentato un quadro sintetico di tutti i programmi di finanziamento della Comunità Europea, della loro struttura, organizzazione e funzionamento. Sono stati inoltre analizzati e definiti i diversi ambiti in cui sono operativi i fondi europei nel complesso del comparto edilizia, suddividendoli in sottosettori, come quello dell’energia, dell’ambiente, della sostenibilità ed altri. Un momento operativo fondamentale, infine, ha riguardato la pratica spiegazione e simulazione di come presentare un progetto completo finanziabile con i fondi europei. Nell’ambito della fase operativa è stata anche osservata e opportunamente analizzata la modalità forse più diffusa di attuazione di un progetto finanziato dall’Unione Europea, cioè quella della partnership internazionale, suggerendo ai partecipanti le modalità per creare una partnership, come apprezzata dai partecipanti anche per l’estrema operatività e sinteticità delle informazioni e delle nozioni messe a disposizione, sarà certamente una esperienza da ripetere nei prossimi mesi, allo scopo di fornire al maggior numero di Geometri una solida competenza in materia, da far ricadere sul territorio di ogni singola provincia italiana, con il vantaggio della specializzazione del tipo di iniziative finanziabili in rispondenza alle esigenze specifiche del territorio ed alle caratteristiche tipologiche dei fondi europei spendibili su ogni area. Un piccolo investimento nella propria formazione da coltivare e far crescere per acquisire maggiore concorrenzialità sul mercato dei professionisti in un settore tutto da esplorare della progettazione di interventi finanziati a valere sul bilancio dell’Unione Europea, a tutto vantaggio del cliente, imprenditore o privato che sia, e con un’utile ricaduta economica sulla attività libero-professionale e sul sistema paese con l’obiettivo di consentire ai Geometri l’acquisizione di una competenza autonoma e qualificata di intercettazione dei settori nei quali scorrono ampi canali di finanziamento in grado di arricchire l’offerta del mercato nazionale. Una occasione per uscire finalmente a testa alta da una crisi che sta dando i primi segni di recupero, con un PIL che ricomincia lentamente a crescere, e che non deve nel modo più assoluto trovare i professionisti italiani impreparati alla sfida del mercato del lavoro professionale europeo. photo©shutterstock.com/Michal Kowalski si effettua la selezione dei soggetti partecipanti fino alla redazione degli accordi, alla suddivisione dei compiti ed alla operatività progettuale ed esecutiva con l’individuazione e lo svolgimento attento dei ruoli di progetto affidati ad ogni singolo soggetto cooperante. Se alla conclusione di questa acquisizione aggiornatissima di bagaglio professionale esistessero ancora dubbi operativi o insorgesse la necessità di ottenere un sostegno per svolgere correttamente e senza pericolo di incorrere in errore le prime attività, gli esperti formatori del corso hanno anche spiegato ai Geometri partecipanti come trovare supporto nelle strutture della stessa Unione Europea, per la compilazione dei modelli e la presentazione on-line dei progetti. Alla fine del corso è stato fornito inoltre un quadro operativo di base sul modo corretto di garantire la gestione dei fondi ottenuti in finanziamento e sulla predisposizione scrupolosa della rendicontazione delle spese e delle attività svolte, per non incorrere in errori involontari che potrebbero avere conseguenze vanificanti per il lavoro progettuale. La CIPAG, il CNGeGL e la Fondazione Geometri Italiani hanno ritenuto di aver offerto, con questo corso di formazione, uno strumento ed una risorsa strategica nell’ambito delle competenze più aggiornate e competitive che devono appartenere ad un professionista di livello europeo. L’esperienza dei tre giorni di formazione, 11 INTERVENTI Giulio Tremonti incontra i Geometri Giulio Tremonti All’Assemblea dei Presidenti dei Geometri e Geometri Laureati svoltasi il 28 aprile scorso è stato invitato Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il Presidente Fausto Savoldi lo ha accolto dichiarando: poco fa i colleghi mi domandavano “quante volte è capitato che il Ministro dell’Economia sia venuto in una nostra Assemblea?”. Non è mai capitato dall’Unità d’Italia. È questa una gradita occasione, ha poi proseguito il Presidente Savoldi, per far conoscere i Rappresentanti dell’intera categoria professionale diffusa su tutto il territorio nazionale che opera in base a una legge del 1929, quando i Geometri erano gli unici tecnici dell’economia agricola. Poi abbiamo saputo adattare le nostre capacità a un’economia industriale, a un’economia postindustriale e a un’economia globalizzata. Queste capacità di adattamento sono una caratteristica dei Geometri e sono sorrette da una forte spinta che tutti noi diamo alla formazione permanente e dei giovani, formazione che abbiamo reso obbligatoria per tutti gli 12 iscritti. Siamo interessati ovviamente al mondo della scuola, abbiamo condiviso la riforma del 2010, nonostante ci sia stata una riduzione delle nostre materie professionali, soprattutto perché ci consente di entrare negli istituti, di cercare i nostri futuri iscritti, di aiutare gli insegnanti nell’insegnamento delle materie tecniche. Oltre 8.000 giovani si presentano ogni anno ai nostri esami di Stato, una parte affronta la libera professione e noi vogliamo motivare questi giovani. Ecco perché abbiamo bisogno dal Ministro, che conosce l’economia del mondo e l’economia italiana, di una parola di conforto: cosa diciamo ai nostri figli, cosa diciamo ai nostri giovani professionisti. Questi hanno timore di non trovare lavoro: per la verità i Geometri sono molto bravi a trovarsi il lavoro, ma hanno timore delle conseguenze che avranno nei loro studi anche per la concorrenza che si è creata, anche se non abbiamo paura della concorrenza perché la battiamo con la formazione. Per questo abbiamo anche stipulato degli accordi che ci vedono protagonisti con l’Agenzia del territorio e con gli alti apparati dello Stato per fare qualcosa di sociale. Abbiamo addirittura ipotizzato di adottare 500 tunisini e farli diventare tutti Geometri, ma non so se i miei Presidenti possano condividere questa intenzione. Avevamo promesso di fare una sola domanda al Ministro, che era quale sia il nostro futuro, quale sicurezza possa darci. Abbiamo anche promesso che non saremmo entrati nei dettagli, perché eventualmente ci entreremo con un documento che abbiamo intenzione di consegnare al Ministro subito dopo questo incontro. Ci conforta sentire che il Ministro è attento alla nostra categoria, che ha questa grande capacità di colloquiare con la gente, di essere presente sul territorio, e noi stiamo trasformando questa categoria da costruire e rifare in una categoria che protegge il territorio e l’ambiente. È una procedura che durerà dieci o quindici anni, ma non vogliamo essere secondi a questa grande innovazione che non vede più i Geometri come costruttori ma li vedrà come protettori del territorio e dell’ambiente. Per questo le nostre tre materie fondamentali, costruire, misurare e stimare, sono le materie in cui vogliamo istruire i giovani per avere un futuro. Quindi grazie ancora, signor Ministro, e a lei la parola, libero di dire ovviamente tutto quello che vuole. Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia e delle Finanze Non mi sono preparato, comunque ho molto tempo: non so quanto ne abbiate voi, ma io ne ho un sacco. Certo sono più interessato a sentire magari qualche vostra domanda anche perché le cose che so le so io, quindi è inutile che le ripeta. Il vostro Presidente ha chiesto una parola di sicurezza sul futuro, come dicono gli inglesi fare profezie è difficile soprattutto se queste sono riferite al futuro. Flashback, un altro spunto per un discorso non preparato: il vostro Presidente ha detto “da 150 anni”. Cominciamo dal primo cinquantenario. Nel 1911 Gozzano celebra la possente vecchiezza di Giolitti, nel 1911 l’Italia è la quinta potenza industriale del mondo, diventa una grande democrazia popolare perché viene introdotto il suffragio universale, nel 1911 è stata anche fatta una spedizione da una qualche parte del Mediterraneo, tuttavia anche quella è espressione della tecnologia che aveva l’Italia: è la prima volta che vengono applicati gli aerei. Nel 1911 c’era una narrativa positiva e c’era già una narrativa negativa sulla Italietta. Questa narrativa negativa sull’Italietta continua e io credo che sia giusto avere un’idea di quello che hai, di quello che sei, e certo anche giuste le critiche e gli stimoli, però è distruttivo considerare solo le cose negative. L’Italia ha ancora la seconda manifattura d’Europa, è ancora la sesta potenza industriale del mondo, non perde quote, continua a essere una grande potenza economica e civile e culturale nel mondo. Per inciso, celebriamo i 150 anni dell’Unità d’Italia ma sono i 150 anni dello Stato: la nazione esiste da almeno 2.500 anni, se per nazione si intende un comune sentire di cultura, di linguaggio, di narrazione, di arte. Noi andiamo indietro alle Tavole eugubine del 500 a.C. e non abbiamo mai perso un colpo: l’unica civiltà al mondo comparabile con quella italiana è quella cinese, siamo l’unica civiltà millenaria del mondo. La nazione esiste da 2.500 anni, lo Stato da 150 anni, e per inciso nazione vuol dire anche patria, e patria vuol dire la terra dove riposano le ossa dei nostri padri. Questo tutto insieme ci deve dare un’idea di tradizione, di proiezione e comunque di orgoglio. Io non credo che abbiamo ragione di essere negativi, di essere retorici sull’Italietta. Non vedo la ragione, ma non lo dico perché rappresento in questo momento il Governo: lo dico perché penso che sia davvero così. Certo viviamo in una fase molto difficile, molto complessa in tutto il mondo, in Europa e in Italia, ma non abbiamo ragioni per considerare solo le negatività e per non mettere in partita doppia anche le positività di questo grande Paese. Io sono abbastanza vecchio da ricordare il vecchio G7, abbastanza giovane per vedere il nuovo G20. Allora vorrei fare con voi una riflessione che parte da lontano, passa attraverso l’Europa e arriva ad un livello globale, e credo che sia utile avere una visione un po’ generale perché ormai ciò che è nazionale, particolare, è generale e all’opposto ciò che è generale diventa anche particolare. Il vecchio mondo, che era il mondo del G7, era un mondo dove sette Stati controllavano l’80 per cento della ricchezza del mondo e lo controllavano essendo un corpo politico fortemente aggregato, unificato da un codice linguistico, l’inglese, da un codice economico, il dollaro, da un codice politico, la democrazia occidentale. Inventato nella metà degli anni ‘70, quando tutto il mondo sembra dominato dalla progressiva espansione dell’ideologia marxista, il G7 aggrega e porta avanti i valori dell’Occidente. Di colpo si vede che il G7 non è stato in grado né di evitare la crisi né di gestirla. Viene inventato il G20, che è un corpo politico che rappresenta – non controlla – l’80 per cento della ricchezza del mondo, ma non è più unificato da quei vecchi codici. Questo per dire la complessità del mondo che viviamo, che vediamo, che in qualche modo fa parte del nostro esistente continuo anche in Italia come in altri Paesi. 13 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Non c’è un codice linguistico unico perché intorno al tavolo del G20 ci sono Governi che parlano con orgoglio la loro lingua e lo fanno come segno di civiltà propria. Non c’è più un codice economico unico perché oltre al dollaro c’è la valuta cinese, c’è la valuta europea. Non c’è più un codice politico perché intorno a quel tavolo vedi molti Governi, molti Paesi che non sono precisamente definibili secondo i criteri della democrazia occidentale, con i quali però è necessario un continuo dialogo. Inventato con questa funzione di gestione della crisi e di rappresentanza politica del mondo due o tre anni fa, lo stesso G20, con l’accelerazione della storia, non rappresenta più esattamente quello che avrebbe dovuto essere, perché vediamo che dentro il G20 non c’è il mondo arabo, se non l’Arabia Saudita (non esattamente l’intero mondo arabo) e non c’è l’Africa, se non quella del sud, però questa non è rappresentativa di tutto il continente. Dico che è importante notare questa asimmetria perché la cascata dei fenomeni che è in atto da pochi mesi dall’Atlantico in progressione verso est dice quanto è rilevante anche quella parte del mondo. La catena di rivolte che inizia in Tunisia si sviluppa progressivamente e credo temo possa arrivare anche all’Asia. Quale prima riflessione fare su tutto questo? Sono rivolte nel senso quasi latino o greco del termine rivoluzione, che vedono popoli, dentro ai popoli giovani istruiti, dentro ai popoli masse di donne che rifiutano una condizione diversa da quella che è oggetto della loro aspirazione, una grande tendenza verso l’Occidente e la democrazia, un effetto incredibile prodotto dai nuovi mezzi di comunicazione: non solo Al Jazeera, ma Internet, Google. Tutti questi mezzi hanno un impressionante rilievo nell’economia, nella macchina di quelle rivoluzioni, di quei sommovimenti: fate conto che in Egitto su 80 milioni ci sono 22 milioni di internet users e, se guardate le curve come si muovono sulle utenze di quei mezzi, vedete che a ridosso dei fatti politici esplodono. Sono rivoluzioni che si manifestano contro regimi cleptocratici, autocratici e comunque non corrispondenti alle aspirazioni di quei popoli, sono rivoluzioni che sono state tutte innescate dalla speculazione sui prezzi degli alimenti, noi diciamo “carovita”, per loro non è una questione di carovita, ma è una questione di vita e basta, e non per caso il grande valore simbolico rivoluzionario dell’ambulante tunisino che si dà fuoco è il fatto che innesca quella rivoluzione. Se non fosse stato quel fatto, altro sarebbe stato, ma certo quello è fortemente sintomatico. L’esplosione è causata dall’aumento vertiginoso del prezzo del cibo. Per inciso, nel 2008 il Governo italiano chiede al Fondo monetario in tutte le sedi se per caso c’è la speculazione sulle materie prime. L’autorevole risposta fornita dal Fondo monetario, 14 risposta di cui abbiamo copia, è no, la speculazione non esiste. Nessuno degli illuminati ci ha mai ancora dato una risposta su questi fatti. È evidente che avevano allora, che hanno poi avuto e avranno un effetto lievemente devastante. Il caso della Libia è molto diverso perché non si tratta di popoli contro regimi, ma si tratta di aggregazioni più o meno tribali una contro l’altra, quindi fa un po’ caso a sé. Ma questa cascata di rivoluzioni, che ripeto ha poco di matrice integralista (è l’opposto), non si fermerà a quella fascia, ma arriverà anche in Asia, perché una delle cose che sono intollerabili e drammatiche è l’eccesso di disuguaglianza, e quando ti dicono che ci sono in un certo grande Paese 200 milioni di ricchi che mangeranno il nostro made in Italy questi dementi con i capelli lunghi dimenticano che ci sono 1 miliardo e 200 milioni di poveri che mangeranno i 200 di ricchi se non ci stai molto attento. Stiamo guardando una cascata di fenomeni che non è di cifra bassa. Alcune ipotesi: ci sono milioni di turisti, un milione di italiani va in Egitto. Supponete che questo flusso si riduca, pensate che reazione può provocare questo nelle famiglie, nelle persone che lavorano nel settore: quanti resteranno a subire e quanti reagiranno invece nell’integralismo? Pensate se in uno di quegli Stati vince una rivoluzione che decide di usare i capitali non a Wall Street ma sul posto, decide di smontare i fondi sovrani: questo può avere un effetto di grande destabilizzazione. Quello che sta arrivando sui binari della paura in Europa: la paura del diverso, la paura sul tuo futuro, sul futuro delle tue famiglie. Non è un caso che una grossa quota dell’Europa si sta spostando dalla democrazia verso l’estrema destra. Già da tempo nelle antiche, nordiche democrazie indicate come modello di civiltà stanno entrando e stanno dominando sui Governi le destre estreme integraliste. Nell’Est Europa ci sono Parlamenti dove già si presentano dei signori in divisa. Uno dei fatti che dobbiamo mettere in conto e alcune cascate di elezioni ultime ce lo dimostrano è anche questo impatto fisico in certi tratti e simbolico che può avere tutta questa dinamica di fatti e di fenomeni anche in casa nostra, oltre quello che puoi immaginare conteggiando alcuni casi. Più in generale, se anche il numero delle persone che si muovono fosse relativamente modesto, tuttavia quello che immagino nelle famiglie… tenete conto che la paura per l’immigrazione è regressiva: se tu sei ricco e ti rubano la macchina, è una scocciatura; se sei povero e in casa ti fregano la fedina della moglie, è una tragedia, e naturalmente non pensi che magari te l’ha rubata qualcun altro: nell’immaginario dobbiamo stare molto attenti a tutti questi fenomeni che non sono ordinari, ma sono straordinari. photo©shutterstock.com/AridOcean Il meccanismo della gestione di questi fenomeni è ancora in divenire: non è possibile o pensabile che tutto sia preparato di colpo. Lunedì al Parlamento europeo ho cercato di esporre un punto di vista e ho cercato di ragionare sui trattati che abbiamo. Poi è uscita la notizia che la mia proposta era di uscire dai trattati, l’opposto: io ho cercato di fare una specie di test di sforzo, di stress test dei trattati. Ho detto: abbiamo in tre anni tre crisi, quella economica, quella geopolitica, quella “atomica”, vediamo come gestire i trattati. Sulla crisi economica in Europa la gestione è stata finora, seppur molto complessa, relativamente compatibile con i trattati. Se guardate, i trattati scritti tanti anni fa parlano della crisi in uno Stato, se in uno Stato c’è uno squilibrio, se in uno Stato c’è un deficit, allora la solidarietà. La crisi ci si è presentata come crisi di tutti gli Stati, non solo di uno. Tutto il sistema è stato in qualche modo finora gestito, non è detto che siamo al termine, ma possiamo dire che siamo in mezzo a un processo che cerchiamo di gestire. Nel 2008 il Governo italiano ha fatto la proposta di creare un Fondo europeo, per un anno c’è stato detto che era sbagliato, ma nel 2009 è stato costituito il Fondo europeo, non ancora in pieno funzionamento ma può essere la via giusta. L’anno scorso abbiamo avanzato la proposta di fare Bond europei, Eurobond, non è ancora venuta fuori ma è molto probabile. Abbiamo cercato di gestire la crisi economica in Europa – in America l’hanno gestita a modo loro – in base ai trattati che abbiamo, ma abbiamo comunque problemi non marginali. La seconda crisi è quella geopolitica, che dall’Atlantico viene fuori nel resto del mondo. Su questa la cosa singolare è che il Trattato dice molto, ma su questo l’Europa è missing in non-action. Pur avendo una base nel Trattato, che prevede, che presuppone, che consente solidarietà, su questo l’Europa è ancora abbastanza indietro, e credo che non sia la politica giusta. Credo che la politica giusta per l’Europa nel suo insieme, dato quello che rischiamo sulla democrazia e sul futuro, debba essere quella di vedere questi fatti non come fatti di uno Stato. Poi la crisi dell’energia, la crisi atomica. Quello di Fukushima non è un caso limitato a un fenomeno, è una svolta nella storia, i greci dicono una catastrofe, cioè un rovesciamento degli assetti. Questo ci pone delle grandi questioni di futuro e non è ancora definito lo standard di sicurezza, di insicurezza. Tra l’altro, quello che noi chiediamo è che, se esiste un elemento di rischio in tutto questo, sia conteggiato anche quello. Ci chiedono di conteggiare il peso delle generazioni future sulle pensioni (50 anni di calcolo), ma forse dovremmo cominciare a conteggiare anche il rischio che è implicito in questi fatti. Esiste davvero una contabilità del nucleare ed è davvero attendibile? Il decommissioning è conteggiato davvero? Il rischio catastrofe è assicurato, sapendo che da una parte c’è la regola “chi inquina paga” ma dall’altra parte c’è la regola della precauzione, la regola della proporzionalità? Abbiamo chiaro il fatto che i benefici sono locali, perché non paghi un tubo sulla bolletta, ma i malefici possono essere generali, e sembra un po’ due mali in contrario, uno per tutti, tutti per uno, ma qui invece sembra che ci sia una qualche squadratura. Questi sono i grandi problemi che dobbiamo cercare di gestire. 15 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Cosa abbiamo fatto in Italia in questi anni? Non è giustificazione politica però io ricordo bene, avendone anche scritta una parte, che tre anni fa ci siamo presentati con scritto nel programma “una crisi che arriva e si aggrava” e tutti gli impegni presi erano subordinati a questo evento, che nell’aprile del 2008 non sembrava così prossimo e certo, e tuttavia si è manifestato due o tre mesi dopo. Quando sento dire che noi abbiamo tenuto in ordine i conti, sono grato per questa generosa manifestazione di attenzione, però noi abbiamo fatto molto di più, non noi Governo, ma tutto il Paese perché è stato merito di tutti. Abbiamo tenuto il bilancio dello Stato. Come diceva Sella, il bilancio dello Stato contiene i vizi e le virtù dei popoli. Tenendo il bilancio dello Stato, abbiamo tenuto il risparmio delle famiglie, la coesione sociale, per quanto possibile l’apparato produttivo del Paese, tenuto aperto il canale del credito alle imprese. Certo, poteva essere fatto di più e meglio (penso di sì), però non si parla di ragioneria: si parla di politica nella cifra più alta e sotto la maggiore tensione. Chi avrebbe detto, avendo noi il terzo debito pubblico del mondo senza avere la terza economia del mondo, che avremo finora tenuto un insieme di immagine di tenuta complessiva sulle nostre missioni? Abbiamo fatto una forza enorme di spesa, ma l’abbiamo concentrata sul sociale, abbiamo cercato di non lasciare indietro nessuno, di garantire le medicine agli ammalati, la pensione ai pensionati, di tenere quanto più possibile ai disoccupati un grado di assistenza. Abbiamo speso molto. Per fortuna non abbiamo dovuto spendere per le banche, mentre in altri posti è stato fatto un enorme sforzo di spesa pubblica per salvare le banche. Da noi, per fortuna, questo non è successo anche per merito di un popolo che risparmia, che tiene insieme la struttura finanziaria del Paese. In altri Paesi è stato diverso. La crisi del 1929 fu superata usando i soldi pubblici per le industrie, per le imprese e per le famiglie. Questa crisi in altre parti del mondo è stata gestita usando i soldi pubblici per tenere in piedi i signori delle banche. Questo per noi non è stato facile. Abbiamo tenuto la coesione sociale, che è stata tenuta dalla società italiana nel suo insieme. Abbiamo 8.000 Comuni, non abbiamo la grande metropoli circondata da anelli infernali di periferia: questo è positivo perché 8.000 Comuni sono un fattore di tenuta sociale. Abbiamo 8 milioni di partite IVA, di cui alcune francamente marginali, create apposta per non uscire del tutto dal mondo del lavoro, ma almeno 4 milioni di partite strutturate e solide. Questo è un elemento di forza, non di debolezza. Abbiamo un sistema sociale che è basato sull’INPS ma anche sulla famiglia, e nell’insieme la tenuta c’è stata. 16 Si sentiva dire che dopo questo autunno crollerà tutto, ma dopo il terzo ho cominciato a pensare che lo scenario non fosse poi così negativo. Sappiamo bene che ci sono settori, persone, famiglie, imprese, che hanno sofferto, ma nell’insieme l’Italia ha tenuto il bilancio pubblico con dentro la tenuta nell’insieme del nostro Paese. Questo ripeto è merito di tutti: è merito vostro, è merito di chi lavora, di chi intraprende, delle famiglie che hanno dimostrato grande responsabilità. Abbiamo cercato di tenere aperto il canale del credito, abbiamo utilizzato tutti gli strumenti che avevamo. Certo, ci sarà una realtà che non ha avuto tutto il decreto che voleva, ma nell’insieme abbiamo usato tutti gli strumenti anche pubblici, le garanzie pubbliche, la Cassa depositi e prestiti che dà all’economia più di 100 miliardi e sono una quota enorme dell’attività tradizionale di finanziamento ai Governi locali per le opere, ma anche di finanziamenti diretti alle imprese. Senti dire non cresciamo abbastanza, l’Italia non cresce. È certo che non cresciamo abbastanza (dovremmo crescere molto di più), però non è neanche corretto ignorare alcuni dati fondamentali, che sono dati 2010, quindi dati storici ma non lontani (tre o quattro mesi fa). Sicuramente la Germania è cresciuta molto, è cresciuta più di tutti, e questo credo sia causato da alcuni fatti, è cresciuta più di quanto i tedeschi stessi prevedessero perché di colpo si sono trovati i numeri che hanno sorpreso loro per primi. Negli anni passati hanno ristrutturato tutte le imprese con un criterio di grandissima efficienza e hanno solo contratti aziendali, e questo crea dentro le aziende un meccanismo di cointeressenza e di condivisione. Hanno avuto la fortuna di incontrare il grande piano di spesa cinese: la Cina ha investito in un piano di investimenti pubblici credo un trilione di dollari e da gigante ha parlato con giganti, chiedendo grandi forniture parlava con grandi fornitori. La Cina parlava con la Siemens, ma è difficile per un piccolo imprenditore italiano entrare perché la domanda è di impianti colossali. Per inciso, la Germania ha anche avuto la deroga dal divieto europeo sugli aiuti di Stato più grande di tutta Europa. Quando ti dicono che è un’economia di mercato, puoi dire sì, ma con 95 deroghe rispetto all’economia di mercato, e questo ha causato comunque l’esplosione del debito pubblico tedesco, che fatti i conti non è esattamente basso. Naturalmente noi vorremmo che fosse bassissimo il loro e il nostro, però hanno avuto una esplosione del debito pubblico. Tolta la Germania, però, non è che il resto d’Europa vada così diversamente da noi. Naturalmente diciamo che dobbiamo tutti andare meglio, ma ho qualche difficoltà a condividere l’opinione di quelli che dicono che l’Italia va malissimo e gli altri vanno. photo©shutterstock.com/Dmitry Kalinovsky Non vanno diversi: l’Inghilterra cresce dell’1,3 per cento con un deficit del 10 per cento. Se togliete l’impatto sulla crescita causato dalla spesa pubblica fatta in deficit, vedete che quella crescita non è 1,3 ma molto meno. Poi hanno il nucleare e hanno altre risorse che pure devono essere conteggiate, perché noi, non avendo il nucleare, paghiamo tutto e sulla bilancia dei pagamenti va il costo delle cose che importiamo e dalla bilancia dei pagamenti ti butta giù il PIL. La Francia cresce dell’1,6 con un deficit al 7 per cento. Togliete l’impatto del deficit sulla crescita e vedrete che non è 1,6-1,7 ma piuttosto di meno. L’Italia ha fatto 1,3 con un deficit al 4,5, senza il nucleare e mettendoci sopra la quota non piccola della nostra economia che potremmo definire informale. Nell’insieme non siamo così fuori dal meccanismo di crescita europea, perché tra l’1,3 italiano e l’1,3 inglese non vedo differenze se non a nostro vantaggio, né tra l’1,7 francese con quel deficit e il nostro. Dobbiamo fare di più, ma è inutile che ci smartelliamo per dire che va tutto malissimo. Il nostro vero, grande problema è il fatto che l’Italia in Europa è l’unico Paese duale, cioè i numeri non sono medie e mediane. In base alle statistiche europee, il nord Italia come ricchezza accumulata e come PIL pro capite è la regione più ricca d’Europa, quindi del mondo. Il centro-nord insieme ha un livello di ricchezza e di PIL pro capite uguale a quello della Germania, della Francia o dell’Inghilterra, e sono 40 milioni di persone paragonabili a un medio Stato, alla Spagna o alla Polonia. Il nostro problema è il Mezzogiorno d’Italia ed è un problema che non possiamo ignorare perché noi sappiamo di essere un Paese duale, ma non vogliamo diventare un Paese diviso. Ma quando ti dicono che l’Italia cresce all’1,3, cresce troppo poco e diverso, non cresce diverso, ma soprattutto quell’1,3 contiene numeri fortemente sfilacciati. Questa è la grande questione che abbiamo: la crescita nel Mezzogiorno d’Italia. Paradossalmente – e sono gli ultimi dati della Commissione europea – l’Italia dopo la Romania è il Paese che non spende i soldi dei fondi europei. Questo è il dato curioso: i soldi europei li dà l’Italia, vanno a 17 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Bruxelles, tengono un pezzettino, lo ridanno indietro e quello che riceviamo indietro non lo spendiamo, con una rimanenza di 6 miliardi sul 2011. Se non li spendiamo quest’anno, vanno ad altri Paesi, e questo è un processo che sta in accumulazione anche per gli anni prossimi. Credo di avere una colpa: ho fatto per anni il Presidente del CIPE e ho continuato a fare il Presidente del CIPE come lo facevano i miei predecessori. Non sto facendo un’autoaccusa né formulando accuse, ma mi avviò a un criterio di spesa di questo tipo il Presidente Ciampi allora Ministro del tesoro, che adottò la politica delle cento idee. Fecero una grande riunione e applicarono una politica che era questi soldi non devono essere gestiti da Roma e concentrati su grandi interventi, ma all’opposto devono partire da progetti che dal territorio vanno a Roma. Al CIPE ritrovavo una quantità infinita di micropratiche per piccoli interventi. In Europa, dal Commissario europeo in corridoio si vedono i poster di grandi opere pubbliche, e quelli italiani aprire un cassetto con dentro un libro con le fotografie dei piccoli interventi. Ricordo uno specchio d’acqua che era il dragaggio del porto. Quello che noi non abbiamo fatto e dobbiamo fare è tornare a una regia nazionale degli interventi. Credo che sia fondamentale anche perché quei soldi devono andare alle Regioni, ma non sta scritto da nessuna parte che debbano essere amministrati dalle Regioni. Devono andare nel Meridione, ma non è detto che debbano essere gestiti nella logica regionale, perché la questione meridionale è una questione nazionale e non è la somma delle singole scelte regionali, è qualcosa di più e di diverso. E tu non puoi partire dal basso con cento piccoli interventi, rimandarli al centro e pensare che hai un effetto di sviluppo, dove invece mancano le grandi infrastrutture e una regia nazionale. È molto meglio, ma non è polemica politica, fare le opere pubbliche o dare i crediti di imposta o invece fare le fabbriche di Nichi, che sono solo dei centri sociali. In Puglia l’unica fabbrica è la fabbrica di Nichi, e sono i centri sociali finanziati dalla Regione. Attualmente fanno cinema, arte, cultura, però credo che non sia il modo migliore per spendere i soldi pubblici. Credo che noi dobbiamo puntare moltissimo sul Mezzogiorno. Una volta ho detto: bisogna rifare la Cassa del Mezzogiorno; chi si è opposto erano i politici meridionali. Certo, la Cassa del Mezzogiorno a un certo punto è degenerata, ma non è che, se degenera in una fase storica uno strumento fondamentale, lo consideri in assoluto sbagliato: era sbagliato utilizzarlo male, ma era una macchina che lavorava nell’interesse del Paese su grandi interventi e su grandi logiche. Speriamo che la Banca d’Italia alla fine ci autorizzi la Banca 18 del Mezzogiorno, perché credo che possa essere una positiva somma delle Poste, delle Banche popolari, delle BCC. Tra l’altro, lì non devi fare grandi progetti, devi fare il piccolo credito, perché hai uno che vuole fare venti stanze in più dell’albergo, uno che vuole ampliare la pizzeria, uno che vuole fare piccole cose. Questo è quello che manca. Vi siete chiesti perché il Meridione Italia è l’unica grande regione d’Europa che non ha una banca propria? Ci sarà una ragione! Voi pensate che le banche siano del tutto esterne rispetto allo sviluppo? L’unica grande regione d’Europa che non ha una banca propria è il Mezzogiorno d’Italia. Naturalmente, ci sono anche altre banche, ma è molto importante che nasca una banca del Mezzogiorno e penso che la quadra stia per venire fuori e che venga autorizzata la Banca del Mezzogiorno mettendo in campo anche le Poste, le BCC e le Banche popolari per fare quello che serve, cioè il piccolo credito per i piccoli lavori. Non devi chiedere a questa banca i grandi progetti: quelli li deve fare lo Stato, il bilancio pubblico. Ma per la pizzeria, il bancone, le venti stanze in più dell’albergo devi avere uno sul territorio che ti conosce e conoscendoti può anche finanziare. Una cosa che stiamo facendo e credo verrà fuori presto – è la prima volta che ne parlo – sono i Distretti turistici, formula che può all’inizio sembrare misteriosa. Cerco di spiegarla. Nel 2005, facendo la finanziaria sul 2006, abbiamo introdotto i cosiddetti “distretti”, che poi non ci sono stati fino a quest’anno. I distretti erano l’idea che le imprese italiane, che sono molto individuali, molto piccole (il 90 e passa per cento del PIL italiano è fatto con meno di 15 addetti), possono diventare una forza se si mettono insieme. Non puoi chiedere a un imprenditore italiano di fondersi con un altro imprenditore perché sono uno refrattario all’altro e ciascuno individualista: l’idea dei distretti era quella di un libero contratto tra imprese, che decidono di mettersi insieme per andare insieme dal fisco, per andare insieme in banca, per andare insieme al ministero. La parola “distretti” è stata sostituita perché ci è stato detto che il distretto è territoriale mentre la produzione industriale può essere omogenea ma distribuita fuori da uno specifico territorio, e allora è stata inventata la parola “reti”. Le reti sono in pista come strumento da pochi mesi e già adesso ce ne sono 40. Questo dà l’idea della potenzialità di questo strumento. Noi pensiamo che le reti debbano anche andare all’estero, usando la SACE e la Cassa depositi, a prendere gli ordini che retrocedono alle nostre casse. Per il turismo pensiamo di fare un’operazione che utilizza un diverso disegno della linea marittima. Voi sapete che in molti casi le concessioni sono talmente limitate nel tempo da escludere la scelta di fare interventi e investimenti, perché se hai 30 anni fai degli investimenti, se hai 3 anni non è cosa tua e non ci investi. Noi pensiamo che un criterio diverso di diritti, con tempi più lunghi, combinato con – oltre alle spiagge ci sono gli alberghi – i distretti turistici, cioè chiedendo agli albergatori di mettersi insieme, possa essere uno strumento importante. A volte, per molte cose pensi che serva una legge, una grande riforma: serve anche quello, ma soprattutto contano anche le attività piccole, amministrative. A volte, fai una legge e ti dimentichi addirittura tu che l’hai fatta, figurarsi un altro! Salvo che con quella legge fai dei danni e dei guasti e allora la gente si arrabbia e capisci che è sbagliata. Molto dell’attività amministrativa per la crescita, per lo sviluppo è anche realmente amministrativa. Facciamo le reti, e io credo che allo sviluppo verrà molto sostegno anche da quello, però non è la grande legge di quelle con il Parlamento, sui giornali, i Soloni: ministro vuol dire amministrare, sono le piccole cose che cerchi di sviluppare. Un’altra cosa, visto che siamo in ambiente: le opere pubbliche. Io credo che una delle ragioni per cui in Italia le opere pubbliche (almeno alcune grosse) si fanno nel doppio del tempo e con il doppio del costo – da giovane inventai la cosiddetta “legge obiettivo”, che poi in Parlamento è stata un po’ modificata rispetto allo spirito forte originario, ma qualche assetto ha dato – credo che i fattori di ritardo per le opere pubbliche in Italia siano due. Il primo: le riserve. Hai gara con base 100, la vinci a 30 e poi cominci a mettere le riserve, e ci sono troppe imprese che hanno più avvocati che ingegneri e geometri, e trovano la loro ragione di sviluppo in questa meccanica giuridica. Questo è devastante, quindi credo che nei prossimi giorni metteremo un limite alle riserve, com’è negli altri Paesi. La vecchia Cassa del Mezzogiorno aveva l’Albo nero di quelli che mettevano troppe riserve, anche perché, se sei un vero imprenditore, tu i soldi li fai facendo l’opera, non facendo le riserve, usando gli ingegneri e i geometri e non usando gli avvocati. È un discorso suicida perché io sono avvocato, ma insomma… Il secondo punto, che sembra una stupidata ma credo sia decisivo, sono le cosiddette “compensative”. Le compensative sono quel meccanismo bestiale per cui lungo il percorso di un’opera gli amministratori locali cominciano a chiedere le opere compensative, come se avere un’opera fosse un maleficio e non un beneficio. Allora vai alla Conferenza dei servizi e comincia la gara a prendere le compensative, poi c’è sempre una Giunta che cambia, c’è sempre un fenomeno per cui arriva un altro e ne vuole ancora di più, e, se tu sei un Sindaco, sei un pirla se non vieni a casa almeno con due rondeau e una piscina. Questo crea una meccanica per cui concedi le compensative, devi tornare al CIPE, costringi la ragioneria a dire che non ci sono i fondi, devi aspettare la legge che rimette i fondi e mi pare come che la BreBeMi riusciamo ad approvarla al prossimo CIPE, dopo tantissimo tempo perso con i meccanismi delle compensative. Bisogna mettere come all’estero anche un limite alle compensative. Credo che abbiamo trovato un meccanismo per fare davvero il Piano casa. Voi sapete che si è bloccato nell’architettura costituzionale di questo Paese, un Paese il cui territorio è popolato da totem giuridici, democratici, i ricorsi, i TAR. Questo è un Paese in cui un consiglio di quartiere blocca un Comune, il Comune blocca la Provincia, la Provincia blocca la Regione, la Regione blocca lo Stato, i Verdi bloccano tutto. Credo che sia in qualche modo trovata una formula che ci consente a Costituzione vigente di superare una parte di questa palude che blocca tutto, e credo che non ci siano problemi costituzionali a rendere più semplice la scia. Anche questo credo sia un passaggio. Tutte le idee che vi possono venire in più o diverse sono benvenute a una condizione: che siano gratuite, perché il motore di sviluppo non può essere più costituito dalla spesa pubblica. Quella che abbiamo è tanta, fate conto che è come essere una famiglia che prende in busta paga 100 e spende 104,5: la prima volta vai in banca e ti fanno credito, la seconda e la terza magari ti dicono “datti una regolata e cerca di spendere di meno”. Noi dobbiamo ridurre la spesa e dobbiamo cominciare a farlo anche dall’alto, cercando di dare qualche esempio perché non puoi chiedere sul basso e poi continuare verso l’alto. Un po’ abbiamo cominciato: fatti alcuni conti con la manovra di luglio – vi posso assicurare che di gente arrabbiata ce n’è in giro, soprattutto nei palazzi – saltano dalle prossime elezioni in poi 40.000 posti di consigliere e di politico, di amministratore, che è già qualcosa. Comunque il motore di sviluppo può essere solo costituito da idee, da regole più semplici, da criteri, senza spesa pubblica. Guardate che l’autostrada del Sole fu tutta fatta senza una lira di spesa pubblica. Poi naturalmente questo è un Paese complicato, in cui alcune privatizzazioni sono state fatte a debito. Io non ho nulla contro i debiti, però, se tu ti indebiti per investire in una cosa nuova, fai bene, se ti indebiti per comprare una cosa che c’è già, c’è qualcosa che non va. Se poi ti indebiti due volte come è successo in un certo caso, magari è ancora peggio. Una delle ragioni per cui il Paese cresce è che abbiamo oggettivamente dei fattori. Le privatizzazioni erano necessarie, ma come sono state fatte alcune magari c’è stato qualche problema e quindi paghiamo anche scelte non propriamente geniali fatte in quel modo e in quel tempo. Credo di aver parlato fin troppo, a volte mi viene in mente una formula per chiudere il discorso, questa volta non mi viene in mente, quindi grazie per l’attenzione. 19 INDAGINE “EUCLIDE 2020 I geometri nel futuro” L’indagine previsionale “Euclide 2020. I geometri nel futuro” è stata presentata il 29 giugno in occasione del Forum nazionale svoltosi nel Palazzo della Gran Guardia di Verona. I risultati dell’indagine sono stati presentati da Stefano Palumbo in tre distinte Sessioni commentate. La prima dai discussant: Franco Mazzoccoli, Roberto Vacca, Michele De Luca, Marco Magnifico, Edoardo Ronchi. La seconda da: Domenico De Masi, Aldo Norsa, Giuseppe Roma, Mirella Giannini. La terza da: Gianfranco Dioguardi, Franco Laner, Fausto Savoldi. Tutte le sessioni hanno visto moderatrice Laura Cavestri, giornalista de “Il Sole 24 ore”. 20 Il progetto “Euclide 2020. I geometri nel futuro” è un’indagine commissionata dal Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati alla S3.Studium con l’obiettivo di tracciare uno scenario sulle più probabili evoluzioni della professione del geometra in Italia da qui al 2020, considerando le influenze economiche, politiche e sociali sul settore, oltre all’evoluzione delle attività lavorative in rapporto all’istruzione, la formazione e l’innovazione tecnologica, allo scopo di ottenere una visione globale di quello che sarà il futuro della professione del geometra in Italia nei prossimi nove anni. L’indagine previsionale L’indagine rappresenta il punto di arrivo del progetto realizzato con rapidità, avvalendosi di una metodologia rigorosa e sperimentata. L’indagine ha affrontato il tema del futuro della professione del geometra in Italia, prendendo in esame sia gli aspetti macro-economici e strutturali, sia le dinamiche organizzative e professionali che caratterizzeranno la professione del geometra negli anni fra il 2011 e il 2020. Lo studio è stato condotto con il metodo “Delphi”, uno dei più affidabili per la formulazione di scenari a medio termine, consultando un qualificato panel di Esperti appartenenti ad aree disciplinari e professionali molto differenziate. In tale maniera è stato possibile prendere in considerazione un ampio ventaglio di prospettive di analisi complementari. Il panel di esperti L’indagine previsionale, curata dalla S3.Studium, ha visto il coinvolgimento di: Giovanni Cutolo (Presidente di Santa & Cole Italia e Vice Presidente dell’ADI), Gabriele Del Mese (Fondatore della Ove Arup Italia), Michele De Luca (Presidente della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione), Mirella Giannini (docente all’Università di Napoli “Federico II”), Marco Magnifico (Vice Presidente Esecutivo del Fondo Ambiente Italiano), Maria Grazia Nardiello (Consigliere del Ministro della Pubblica Istruzione), Giuseppe Roma (Direttore Generale del Censis), Edoardo Ronchi (Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile). Il metodo La credibilità del rapporto previsionale è direttamente legata, oltre che alla qualità professionale garantita dagli esperti consultati, alle caratteristiche del metodo adottato per la sua realizzazione: • la doppia forma di consultazione (prima libera e riflessiva, poi analitica e basata sul meccanismo intellettualmente impegnativo della scelta secca fra il “SI” e il “NO”); • l’anonimato reciproco degli esperti (che evita sia le contrapposizioni pregiudiziali, sia un assenso fondato più sul rispetto dell’autorevolezza che su una verifica puntuale); • la selezione severa delle previsioni accettabili (che porta a scartare tutte le ipotesi che non raggiungono il consenso della maggioranza degli esperti). Al termine del progetto il risultato viene consegnato ad un dibattito libero ma puntuale, condotto faccia a faccia nel forum del 29 giugno 2011, a Verona, con l’intervento del gruppo di autorevoli esperti, chiamati a discutere le implicazioni dei fenomeni previsti dalla ricerca. 1. IL MACRO-SCENARIO L’EVOLUZIONE SOCIALE Mutamento e resilienza La rapida e continua evoluzione della società, grazie anche alla globalizzazione e alla diffusione di Internet, continuerà a portare trasformazioni in tutti i settori della produzione e del sapere e richiederà l’adattamento di tutti i settori produttivi, compresi quelli legati all’industria del costruire. Coloro che saranno incapaci di adattarsi rapidamente e con saggezza saranno esclusi dal grande mercato, accontentandosi solo di operazioni ai margini dei grandi sviluppi: ciò sarà valido anche e soprattutto per i Geometri. Sul piano dei fenomeni culturali, nei prossimi anni assisteremo al recupero e alla rivalorizzazione degli elementi unici che caratterizzano l’identità del nostro Paese: la storia, la tradizione e il patrimonio culturale. Rischi più forti, occasioni più ghiotte Nel prossimo decennio proseguiranno le tendenze attuali: • sia verso una sempre più accentuata globalizzazione; • sia verso un’opposta tendenza al localismo territoriale. La globalizzazione dello sviluppo, rafforzandosi nei grandi Paesi di nuova industrializzazione, con centinaia di milioni di abitanti: • aggraverà le crisi ambientali, a partire dalla quella climatica; • solleciterà profondi cambiamenti verso una maggiore sostenibilità ambientale, sia nei modelli di produzione, sia nei consumi. Inoltre, si allargherà ulteriormente il divario tra coloro che trarranno vantaggi dalle dinamiche economiche, sociali e culturali da una parte e gli emarginati dalla nuova economia dall’altra. L’accentuata globalizzazione, rendendo il mondo più piccolo e interdipendente, con una forte circolazione di conoscenza, informazione, capitali, persone, beni e servizi, costringerà sempre più anche i professionisti del settore delle costruzioni a misurarsi in una realtà maggiormente competitiva e complessa. La globalizzazione stessa, però, metterà loro a disposizione anche un potenziale d’azione molto più ampio. Pro domo sua Nei prossimi anni si rafforzerà anche la tendenza al localismo: • sia nelle spinte più negative, di chiusura e xenofobia; • sia in quelle positive di valorizzazione culturale delle diversità territoriali (quelle locali, ma anche quelle della terra di origine dei propri padri). La tendenza al localismo porterà ad una maggiore attenzione alla qualità del proprio contesto territoriale, oltre che della singola propria abitazione. Interpretare la bellezza Nell’approccio al costruire dei prossimi anni vi sarà maggiore attenzione ai parametri estetici, di colore, forme 21 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 e proporzioni che rispettino l’identità e la bellezza italiana e locale. I futuri geometri avranno un ruolo primario in tal senso, per evitare progetti contrastanti con la storia e l’identità dei singoli luoghi in cui sono chiamati a costruire. Sarà pertanto per loro necessaria una rivisitazione dei linguaggi culturali con una maggiore preparazione in materie artistiche, architettoniche e ambientali. Costruire senza frenesia Nel prossimo decennio l’approccio dei professionisti del costruire subirà profondi cambiamenti che riguarderanno, in particolar modo, il rispetto del territorio e dell’ambiente. Superata l’epoca del costruire, anche in modo frenetico, per far fronte alla domanda di abitazioni, si attiverà l’attenzione ad aspetti più generali; questi riguarderanno: • la qualità della vita; • la salvaguardia paesaggistica; • il contenimento dei consumi energetici; • l’impiego di fonti alternative di produzione dell’energia. Si porrà, inoltre, molta più cura nella scelta e nell’utilizzo dei materiali da costruzione, con un rinnovato rispetto per evitare lo spreco di risorse e per impedire che edifici impropri possano creare disarmonie con il tessuto urbano esistente. Grazie al risanamento energetico, negli edifici esistenti verranno sensibilmente ridotte le emissioni di anidride carbonica prodotte dal riscaldamento e dai sistemi di produzione dell’acqua calda. Progettazione e partecipazione Nei prossimi anni si punterà inoltre sull’agricoltura, in qualità di fonte primaria dell’economia e miglior metodo per tutelare il paesaggio e per favorire lo sviluppo turistico. I professionisti del costruire diventeranno interpreti dei cambiamenti nella percezione umana dell’ambiente, contribuendo al recupero della partecipazione della comunità, del fattore sociale ed umano nei processi di programmazione e progettazione del futuro. LE TENDENZE ECONOMICHE Quanto vale la vivibilità Si manifesteranno nei prossimi anni cambiamenti profondi nel rapporto fra economia e trasformazione del territorio: i poteri economici premieranno le iniziative ed i progetti per città più vivibili, nel rispetto del territorio e dell’ambiente. Aumenterà quindi l’attenzione della ricerca scientifica per un corretto impiego delle risorse e degli strumenti per un uso più razionale del territorio. Emergeranno nuove soluzioni in materia di habitat (in rapporto all’equilibrio tra vita privata e lavoro, alle scelte 22 abitative e servizi pubblici, alla gestione e il riciclaggio dei rifiuti, alla sicurezza e la qualità dei cibi, etc.), che favoriranno la crescita di nuovi settori di intervento professionale, anche per i geometri: • energia; • sicurezza; • ambiente ed ecologia. Nell’ambito dell’edilizia il mercato sarà inoltre condizionato: • dall’applicazione delle nuove tecnologie; • dalla volubilità dell’orientamento del mercato in rapporto alle varie fasi della crisi economica; • dall’internazionalizzazione della produzione e degli scambi di prodotti, capitali e persone. Cinte strette e case piccole L’Italia, nei prossimi anni, subirà ancora le conseguenze della crisi economica, restando incapace di una crescita rapida. Il nuovo costruito, in termini di vera e propria espansione (al netto della demolizione e sostituzione) avrà uno spazio minore che in passato. Entrando più nello specifico, nei prossimi anni il mercato delle costruzioni confermerà la sua segmentazione ripartita in: • mercato di consumo, prevalentemente residenziale (dalle piccole ristrutturazioni di edifici familiari fino ad interventi più ampi e complessi), in cui saranno richieste professionalità plurime, trattandosi di prodotti diversi; • mercato corporate, riguardante le costruzioni per investimento e per uso diretto delle imprese, in cui vi saranno spazi anche per il taglio medio-piccolo degli edifici per la produzione (ad es., capannoni industriali o costruzioni per la logistica); • mercato pubblico, riguardante le opere pubbliche in Italia, per le quali si confermerà la tendenza delle piccole opere (come le rotonde stradali) a rappresentare la maggioranza degli appalti. Il mercato creato dalla domanda del privato che intende costruire o ristrutturare la propria abitazione - in cui il ruolo dei professionisti è maggiore, in quanto interlocutori diretti e di riferimento della committenza - sarà molto influenzato dalle tendenze economiche. La tentazione oligopolistica Il mercato derivante dalla domanda dell’impresa, che costruisce o ristruttura per vendere, vedrà una riduzione notevole dei guadagni dei professionisti, dovuta a: • la riduzione degli investimenti e dei margini per le imprese; • l’eccessivo numero di professionisti che operano nel settore. Nei prossimi anni, per acquisire maggiori committenze, si cercherà di soppiantare le logiche della concorrenza con forme di monopolio o di controllo di segmenti del mercato (auto-direttivo, cioè da parte dell’Ordine professionale, o etero-direttivo, ad opera del Governo locale). Nonostante la preminenza del restauro e della ristrutturazione rispetto alle nuove costruzioni, comunque, per gli operatori economici del settore delle costruzioni non si manifesteranno difficoltà per prosperare e fare profitti anche nel 2020. La tentazione del cemento Escludendo le opere infrastrutturali, viarie, ferroviarie, aeroportuali, etc., l’edilizia futura sarà dunque finalizzata principalmente al recupero dell’esistente, con una maggiore attenzione agli aspetti edilizi, urbanistici, energetici e ambientali. Il nuovo edificato di piccola dimensione (abitativo, di servizi e industriale) avrà modesti livelli di sviluppo e di sostituzione. Tuttavia, nei prossimi anni, la propensione a espandere il territorio costruito non si esaurirà. Le funzioni di vita e di produzione dell’economia terziaria, il cui contributo al Pil resterà crescente nelle società avanzate, continueranno a premere per allocarsi in nuovi spazi. La tendenza prevalente, però, sarà l’affermazione di un nuovo modo di costruire, volto a soddisfare l’emersione di nuove esigenze (tutela ambientale, risparmio energetico, etc.). La tentazione della finanza L’espansione del settore delle costruzioni dipenderà dalla capacità di incorporare gli elementi cardini della nuova economia, quali la tecnologia e la finanza. Nel prossimo futuro, il project financing influirà sempre più sull’approccio tradizionale alla progettazione, richiedendo ai professionisti un nuovo e rigenerato apporto di qualità professionale, per adattarsi ai nuovi scenari. Va però considerato che esso non rappresenterà lo standard per la maggior parte degli investimenti nel mondo delle costruzioni sia pubbliche che private. DEMOGRAFIA, URBANISTICA, TERRITORIO Pluralismo etnico Nei prossimi anni la modesta crescita demografica sarà interamente dovuta agli immigrati, con un diverso impatto sulla domanda abitativa delle città: • alcune comunità, come quelle di origine cinese, più coese e con maggiore capacità economica, tenderanno ad acquisire interi stabili e a creare zone dove sono presenti in maniera massiccia; • altri, come quelli di origine filippina, impiegati perlopiù come collaboratori domestici, portieri e nella ristorazione, cercheranno residenze più prossime ai luoghi di lavoro, adattandosi presso le abitazioni dove lavorano o in affollati alloggi di bassa qualità; • la massa di rumeni, polacchi, albanesi e nordafricani, occupata in piccole imprese, edilizia o agricoltura, disporrà di redditi bassi, spesso precari, e raramente acquisterà una nuova casa, preferendo soluzioni a basso costo (alloggi in condizioni precarie distribuite nelle periferie o fuori dalle città). Etica e urbanistica A causa della crescita demografica delle città italiane, favorita dalla componente immigrata, si creerà una domanda di circa 200.000 abitazioni aggiuntive all’anno. L’ingente fenomeno migratorio verso le città, il proliferare delle moderne megalopoli ed i problemi legati al loro sviluppo, richiederanno ai professionisti del costruire una maggiore consapevolezza delle implicazioni etiche, sociali e morali. I grandi sviluppi del prossimo decennio riguarderanno principalmente obiettivi che prediligano le infrastrutture e le opere a carattere sociale, incluse quelle relative ai cogenti problemi di sostenibilità del nostro pianeta. L’incremento demografico dovuto all’immigrazione richiederà misure di integrazione economica e sociale, ma produrrà raramente significative possibilità occupazionali aggiuntive per i professionisti del settore edile. Vita sostenibile, costi insopportabili Il prezzo elevato di affitti e case nelle grandi e medie città continuerà a favorire l’abbandono dei centri urbani verso zone più periferiche da parte di giovani e nuove coppie, ma anche degli anziani pensionati. Si assisterà, seppure con un’affermazione molto lenta e progressiva nel corso del decennio, ad una ruralizzazione della città, in funzione della maggior attenzione all’ecosostenibilità, al recupero della piccola produzione alimentare in ambito urbano, alla qualità ambientale in senso lato. Trasformazioni erratiche La gestione politica dell’urbanistica e delle trasformazioni del territorio continuerà a essere basata su una scarsa programmazione, e sulla mancanza di strategie a medio e lungo termine. L’urbanistica continuerà dunque a risentire dell’assenza di una politica adeguata, con il risultato che il settore andrà via via più in crisi. Le città continueranno a subire una trasformazione urbanistica dettata dalle speculazioni, piuttosto che da linee di sviluppo pianificate (si veda ad es., il cosiddetto “Piano casa”). 23 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Il paradigma della qualità Gli urbanisti dei prossimi anni tenderanno a rispettare l’italian way of life e la peculiare sensibilità degli italiani verso la qualità della vita. Si eviterà pertanto di seguire il modello delle megalopoli, privilegiando le abitudini italiane della vita da quartiere e la preferenza per i centri satelliti fuori città. Si porrà maggiore attenzione all’integrazione tra tecnologia e qualità nella progettazione per la gestione degli spazi urbani e paesaggistici. I professionisti operanti nell’ambito della progettazione avranno la capacità di riconoscere i valori ambientali ed estetici presenti nei luoghi in cui è previsto il loro intervento, utilizzandoli come punto di riferimento per la propria azione. Anche i geometri, oltre al normale rispetto delle normative e della deontologia professionale, svolgeranno sempre più i propri incarichi individuando e mitigando i fattori detrattori della qualità e della bellezza paesaggistica. I geometri, infatti: • svolgeranno un’azione di sensibilizzazione e formazione in materia ambientale; • contribuiranno al recupero edilizio; • promuoveranno la vivibilità e il design urbano. Legittimazione professionale Nei prossimi anni i professionisti del costruire saranno dunque capaci di incidere sulle nuove esigenze che si presenteranno di fronte ai continui mutamenti del territorio. Ciò consentirà loro di legittimarsi e rendersi affidabili. La conoscenza del territorio, patrimonio soprattutto dei geometri, sarà impiegata per esercitare un attento controllo su tutte le attività tendenti a modificarlo. La trasformazione del territorio imporrà al professionista la scelta di nuovi modelli operativi che mirino, oltre che alla qualità progettuale, a tutti i successivi aspetti gestionali. L’INFLUENZA DELLE POLITICHE PUBBLICHE La polarizzazione amministrativa Le politiche europee e nazionali avranno un’influenza diretta sulla disciplina delle costruzioni, nonostante le competenze detenute – in funzione del dettato costituzionale – dalla legislazione regionale e dalla regolamentazione locale, tramite i comuni. Nel prossimo decennio le politiche pubbliche influenzeranno l’approccio al costruire in quanto esse stesse condizionate dalle migrazioni e dagli spostamenti all’interno di ogni paese. Le politiche europee continueranno a “regolarizzare” e razionalizzare quelle nazionali. Queste ultime tenderanno a perdere importanza, a vantaggio di quelle continentale e locali. 24 Nei prossimi anni, ad esempio, non verranno messi in discussione i vincoli creati dalle politiche europee per l’agricoltura, penalizzanti per l’economia italiana. Anche la regolamentazione professionale nazionale e locale sarà condizionata dalle politiche europee, verso una maggiore conformità di deontologie e pratiche tra i Paesi che aderiscono all’Unione Europea. Una salutare apertura Nel prossimo futuro verranno affrontati e risolti i problemi riguardanti i temi della competitività e mobilità intellettuale nell’Unione Europea. La libera circolazione di beni, servizi e persone amplierà anche il mercato delle professioni, causando fra l’altro un aumento della concorrenza tra professionisti. Il futuro delle professioni italiane sarà comunque influenzato in maniera complessivamente positiva dai criteri comunitari di concorrenza, nonostante essi tenderanno a sfumare il valore del titolo formale per privilegiare le capacità sostanziali del “saper fare”. L’apertura delle frontiere alla mobilità dei professionisti a livello europeo, ad esempio, modificherà radicalmente anche le condizioni di esercizio dell’attività dei geometri, consentendo la suddivisione delle attività e la possibile esternalizzazione di elaborati tecnici, anche altamente professionali, che potranno essere redatti a costi irrilevanti e in modo più efficiente in altre nazioni. Lo Stato lumaca Le politiche europee avranno un impatto significativo sull’edilizia, settore strategicamente importante per l’Europa, da cui dipendono molti rami dell’economia. La libera circolazione di servizi legati alle conoscenze tecniche, costituirà una priorità rilevante anche nelle politiche nazionali e locali. Gli effetti sulle professioni del settore saranno consistenti, ma non nel breve periodo, in quanto nei prossimi anni continuerà a risultare carente l’intervento dello Stato italiano, per agevolare la mobilità geografica e professionale e per adeguare il mercato del lavoro alle trasformazioni industriali e ai cambiamenti del sistema economico. Anomali, elitari, farraginosi Il futuro delle città e dei singoli sviluppi urbani entro le città risentirà anche delle politiche per il territorio locali e nazionali. La politica del territorio punterà a controllare ed equilibrare sviluppo sociale e sviluppo urbano. Tuttavia, come appena anticipato, il settore delle costruzioni risentirà della politica nazionale soprattutto in funzione delle carenze, dei ritardi, delle omissioni di quest’ultima. Nel prossimo decennio, ad esempio, a livello nazionale persisterà l’anomalia del “Piano casa”, destinato a condizionare il settore ancora per qualche anno. Inoltre, non si passerà, da qui al 2020, da uno sviluppo delle infrastrutture ferroviarie tutto basato sull’Alta velocità ad uno che recuperi le reti minori, in maniera tale da rendere l’infrastruttura favorevole a chi vuole conoscere il territorio. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dal canto suo, continuerà ad avere un regime regolamentare legislativo troppo complesso e farraginoso, che sarà impossibile snellire e razionalizzare nel breve termine. L’arte dell’efficienza L’arte del costruire sarà fortemente influenzata dalla esigenza del rispetto dell’ambiente e del paesaggio, così come sancita dalla Convenzione Europea del Paesaggio nel gennaio del 2006. Una delle principali influenze delle politiche dei prossimi anni riguarderà proprio le azioni per ridurre l’impatto ambientale, in particolare in merito all’uso di energia, sul duplice piano: • dello sviluppo delle energie rinnovabili; • del risparmio energetico, per fare in modo che il patrimonio edilizio sia prossimo alle classi di consumo A e B. Le direttive europee avranno un’influenza rilevante sulle costruzioni anche in merito alla gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione. Nel nostro Paese, comunque, nei prossimi anni, non verranno varati ampi programmi di tutela dell’ambiente e del territorio. Costruzioni responsabili Gli incentivi legati a misure di risparmio energetico in occasione di ristrutturazioni degli edifici esistenti, aumenteranno nei prossimi anni. Nei nuovi edifici saranno gradualmente previsti maggiori standard obbligatori di efficienza energetica (certificazioni energetiche e misure che coinvolgono l’involucro, i serramenti, le apparecchiature di riscaldamento e di rinfrescamento, per l’acqua calda, per l’illuminazione e, più in generale, elettriche). Al fine di diminuire il consumo energetico sarà richiesto ai professionisti un maggiore impegno soprattutto nelle ristrutturazioni. Saranno quindi indispensabili competenze energetiche integrate nella progettazione, esecuzione degli interventi e nelle gestioni degli edifici. La maggior attenzione per il riciclo dei rifiuti, come previsto dalla nuova direttiva quadro sui rifiuti, recentemente recepita nell’ordinamento nazionale, comporterà che nei progetti di ristrutturazione e di nuove costruzioni, si affronti anche la gestione dei rifiuti prodotti con la presenza di un responsabile di cantiere competente, capace di dirigere la raccolta separata dei rifiuti prodotti, per frazioni destinabili al riciclo. Tali direttive avranno un’influenza diretta anche a livello locale. L’EVOLUZIONE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI Tentativi di disordinare L’evoluzione dell’urbanistica, le trasformazioni della città e del territorio e la demografia spingeranno verso una coerente evoluzione del patrimonio professionale e dell’ordinamento degli studi e delle professioni. Le indicazioni europee (passaggio dal sistema degli ordini ad un sistema fondato sulle associazioni) verranno applicate nel corso dei prossimi anni, ritoccando il quadro legislativo del nostro Paese. Concorrenza associativa Molti Ordini professionali già consolidati si ritroveranno come concorrenti nel mercato le Associazioni, che raccoglieranno al loro interno competenze disciplinari affini e complementari. Nonostante la tendenza all’associazionismo, e a dispetto del declino delle funzioni tradizionali dell’istituzione dell’Ordine, una nutrita lista di gruppi professionali continuerà a richiedere tale riconoscimento. In questo quadro nazionale, gli Ordini professionali tenderanno a: • legittimarsi come garanti di etica professionale e di compiti per il servizio all’intera collettività; • operare con forme di autocontrollo del mercato delle professioni. La logica pubblicistica degli Ordini rimarrà quale baluardo di una generale tendenza a preservare livelli di legalità altrimenti privi di garanzie derivanti da strade alternative, quali il libero associazionismo. Restrizioni allentate Gli Ordini professionali manterranno la gran parte delle loro prerogative, poiché le forme di liberalizzazione necessarie per garantire la concorrenza e gli utenti rimarranno contenute negli interventi per calmierare le normative più restrittive, come ad esempio le tariffe minime. La politica, d’altronde, resterà incapace di prestare attenzione alle istanze delle singole categorie professionali, alternando gli atteggiamenti di apertura al naufragio parlamentare di tutte le iniziative. L’unica soluzione possibile sarà un progetto unitario di riforma dal basso. Masse di manovra La tendenza all’aggregazione di professioni meno strutturate (come ad esempio i periti) favorirà il formarsi di masse di manovra con una qualche influenza sulle scelte politiche e istituzionali. Entro il periodo considerato verrà attuato il progetto, già 25 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 in discussione dal 2005, dell’unificazione della figura del Geometra con altre due figure professionali, Periti industriali ed Agrari. Verrà istituito l’Albo Unico per i Tecnici Laureati, in cui verranno ricollocate, in Sezioni, tutte le competenze di secondo livello tecnico attualmente disperse in numerosi albi professionali. Si punterà a certificare la qualità anche del lavoro svolto dai geometri pubblici dipendenti, regolarizzando le situazioni professionali attualmente di difficile gestione. Maggiore attenzione sarà inoltre riservata al praticantato, prevedendone la prestazione quale oggetto di una delle tipologie contrattuali previste dalla legge o, comunque, a titolo oneroso. Contenere l’obsolescenza Le rappresentanze professionali, nonostante gli ordinamenti legislativi obsoleti, continueranno a migliorare e ad adeguarsi ai cambiamenti della società e dell’esercizio della professione. Per sopravvivere nel prossimo decennio, gli Ordini professionali abbandoneranno il ruolo di “quasi-sindacato” per orientarsi sempre più verso un ruolo di “associazione culturale”, che capisca i problemi della società e incoraggi gli iscritti ad essere all’altezza dei problemi da affrontare e da risolvere. Nel prossimo futuro, inoltre, il Consiglio Nazionale, insieme agli esperti dell’UNI, procederanno alla definizione della “qualità” delle prestazioni del Geometra, per determinare gli standard necessari al processo di certificazione e definire la “prestazione garantita”, che diventerà una garanzia aggiuntiva per la Committenza. Anticipazione e aggiornamento Gli Ordini professionali, al limite del loro ruolo istituzionale, saranno dinamici e propositivi verso gli iscritti, tramite l’offerta di servizi, informazione, formazione, etc. Nei prossimi anni gli Ordini miglioreranno fra l’altro le proprie abilità di lettura e interpretazione dei profondi cambiamenti economici e professionali, traducendo tali cambiamenti in attività di formazione e aggiornamento, per arricchire e qualificare i professionisti associati. Verranno inoltre riconosciute agli organismi di categoria le funzioni in materia di formazione e aggiornamento degli iscritti durante tutto l’arco dell’attività professionale. 2. LAVORO E RUOLO SOCIALE DEI GEOMETRI IL MERCATO DEL LAVORO Versatili e protagonisti Il settore delle costruzioni avrà bisogno, anche nei prossimi anni, di “tecnici intermedi”, rappresentati da professionisti 26 individuali o organizzati in associazioni e società, che opereranno nei centri minori per le progettazioni di dimensioni modeste e per il recupero del patrimonio edilizio esistente. L’esperienza maturata dai geometri permetterà loro di essere presenti e attivi nei processi decisionali, fornendo utili contributi alla società come: • funzionari; • pubblici amministratori; • imprenditori. Anni agguerriti Nel prossimo decennio il mercato del lavoro del geometra sarà sempre più contraddistinto da: • l’offerta di un ampio panorama di prestazioni; • una maggiore elasticità e rapidità, grazie alle tecnologie informatiche. Tuttavia, le persistenti difficoltà economiche del Paese contribuiranno, nel medio termine, ad un progressivo impoverimento del mercato. Conseguentemente assisteremo a: • una diminuzione della domanda di lavoro; • un aumento della competizione, maggiormente agguerrita e specialistica. In questo scenario, miglioreranno la propria condizione solo quei gruppi di professionisti che avranno acquisito uno sguardo globale illuminato e con maggiore mobilità geografica. Più laureati, più immigrati La maggioranza dei geometri che si immetterà nel mercato nel prossimo futuro sarà caratterizzata dalle seguenti caratteristiche: • una più giovane età; • un titolo di studio più qualificato rispetto al Geometra diplomato; • aspettative di maggiori spazi di operatività e mobilità, rispetto agli anni passati. I futuri professionisti avranno inoltre maggiore concorrenza da parte degli immigrati, i quali, nei prossimi anni, si affacceranno a professioni più qualificate rispetto al semplice muratore. Imprenditoria emergente Nel prossimo futuro, in linea generale, la composizione del mercato del lavoro dei geometri resterà simile a quello degli altri professionisti. Vi saranno tuttavia alcune significative variazioni negli impieghi dei geometri tra liberi professionisti, dipendenti, imprenditori e precari. Assisteremo infatti a: • un aumento della domanda di lavoro dipendente nel settore delle imprese di costruzioni (soprattutto per l’estero), mentre resterà stabile il numero di geometri lavoratori dipendenti nel settore della P.A.; • un aumento dell’impiego di geometri liberi professionisti ed imprenditori (soprattutto a causa costo del lavoro e dei vincoli dei contratti a tempo indeterminato, e del fatto che, a parità di costo, si preferirà prendere un laureato); • un maggiore spazio per quei liberi professionisti che saranno capaci di trovare una propria specializzazione, da cui far discendere eventuali altri servizi professionali e imprenditoriali complementari. Maggiori opportunità di tipo imprenditoriale vi saranno soprattutto sia nel campo delle ristrutturazioni edilizie che nella produzione e impiantistica legata al risparmio energetico. Sostituzione tecnologica Coloro che sceglieranno il lavoro dipendente avranno come maggior competitor le macchine, a cui potranno essere delegate attività sempre più intelligenti, con minori costi. Tuttavia, nonostante le macchine diventino sempre più sostitutive dell’opera umana, non saranno esse a determinare livelli occupazionali meno definitivi o piuttosto precari. L’esercito dei precari Dato il periodo di crisi economica dell’Italia, vi sarà un aumento del lavoro precario nei prossimi anni. La fascia di precariato tenderà a estendersi non solo fra i geometri, ma anche tra gli ingegneri e gli architetti. Il numero di questi lavoratori precari aumenterà: • sia negli studi associati; • sia nel settore pubblico. Si verificherà quindi, anche per i geometri, uno spostamento dal lavoro subordinato ad uno esercitato in forma libero professionale, ma che spesso si concretizzerà in una forma parasubordinata. Geometri d’élite Il lavoro libero-professionale avrà quindi molto più spazio nel futuro, perché le strutture pubbliche tenderanno a contrarsi per mancanza di risorse e quindi a esternalizzare il più possibile i servizi in precedenza svolti internamente. Le possibilità dei geometri di esercitare la libera professione saranno fra l’altro favorite in caso di approvazione del Ddl n. 3493. I geometri che saranno effettivamente liberi professionisti avranno un comparto di occupazione con caratteristiche completamente differenti e distaccate rispetto ai geometri dipendenti, imprenditori o precari. Se capaci di aggiornarsi tempestivamente avranno infatti ottime opportunità di intercettare la domanda di prestazioni professionali. Radicamento e nomadismo Troveremo sempre più spesso geometri liberi professionisti soprattutto nei piccoli centri, radicati sul territorio. Anche gli architetti lavoreranno prevalentemente come liberi professionisti, ma essi continueranno a slegarsi dai territori di provenienza per cercare di operare sul piano nazionale o internazionale. Un freno allo sviluppo del lavoro libero-professionale, 27 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 peraltro, deriverà invece dalla persistente difficoltà ad organizzare efficacemente questa forma di attività. LE TRASFORMAZIONI NEL LAVORO Multidisciplinarità e innovazione Nel prossimo futuro si diffonderà una visione olistica della progettazione e della costruzione, come risultato multidisciplinare di molteplici contributi specialistici apportati da differenti professionisti, un flusso di progettazione e costruzione implementato da molti professionisti. La professione di Geometra, come le altre, prenderà atto di questa trasformazione e si aggiornerà per inserirvisi al meglio. Le attività lavorative del geometra evolveranno anche in rapporto ai continui mutamenti delle tecnologie. L’introduzione di nuove procedure, per agevolare e snellire l’attività professionale continuerà a richiedere ai professionisti tecnici uno sforzo notevole di apprendimento e di adeguamento. Protezioni e incursioni Fra i lavori più importanti dei geometri del prossimo decennio figureranno quindi: • le tradizionali attività progettuali di edilizia civile, industriale e rurale, soprattutto in ambiti territoriali di media e piccola ampiezza; • tutte le funzioni tecnico-amministrative del processo edilizio (stime, perizie, rilievi, accatastamenti, intermediazione immobiliare, procedure amministrative e regolamentari); • le attività gestionali di cantiere, che richiedono grandi capacità operative di direzione e coordinamento; • le nuove attività progettuali in campo energetico. Le attività tradizionali resteranno saldamente in mano ai geometri. Ciò nonostante, proseguiranno i tentativi di incursione della “concorrenza”, oltre che degli antagonisti storici, anche delle varie lobby che vedono appetibile il Pil dei geometri. Nuove opportunità per costruttori I professionisti del costruire assisteranno, da qui al 2020, ad un aumento della domanda: • di sistemazione di spazi pubblici e riqualificazione di aree degradate; • della dimensione “low-cost” dell’abitare e ogni forma di risparmio, soprattutto energetico; • delle mansioni regolative a carattere burocraticoamministrativo (permessi, contenziosi, perizie, catasto, etc.). Per le ragioni esposte nel primo capitolo, invece, non si registrerà da qui al 2020 un aumento della domanda di nuove costruzioni. 28 Anni di recupero L’edilizia, poco trainante rispetto al passato, sarà spinta a differenziare, arricchire e allargare le proprie attività, prendendo esempio dal settore agricolo (il quale in periodi di difficoltà ha sviluppato un carattere multifunzionale con l’agriturismo, l’agro-energia, le reti di vendita diretta di produzioni di qualità e tipiche, etc). Le nuove attività lavorative del settore avranno un doppio stimolo: • da un lato, vi sarà una ricerca di differenziazione che compensi la restrizione delle attività tradizionali; • dall’altro, avremo un tentativo di dare risposte alla crescente domanda di qualità energetica e ambientale degli edifici. La cultura del recupero, del risparmio energetico e delle energie rinnovabili, infatti, influenzerà molto i professionisti coinvolti nel settore. L’occasione della qualità L’intervento professionale dei geometri si focalizzerà sempre più sulla qualità della costruzione. Accanto ai tradizionali settori di competenza del geometra si svilupperanno le nuove attività recentemente avviate (rendimento energetico, valutazione acustica, impatto ambientale, etc.). Nuove opportunità di lavoro riguarderanno quindi: • la sicurezza nei luoghi di lavoro e nei cantieri mobili; • l’incremento dell’attività di certificazione e della manutenzione dell’involucro edilizio; • le prestazioni riguardanti la certificazione energetica degli edifici; • la gestione del territorio attraverso i servizi correlati; • il rilievo e la soluzione dell’impatto ambientale nelle opere edilizie ed urbanistiche. IL RUOLO DEGLI STUDI PROFESSIONALI Forze centripete Nei prossimi anni la crescente produzione di conoscenza e saperi influenzerà in maniera determinante il ruolo dei professionisti del costruire, che diventeranno sempre più specialisti in singoli settori del “sistema costruzione”. Emergerà quindi con forza crescente la necessità dell’aggregazione di vari specialisti, per rispondere alle esigenze della committenza e per fornire una risposta adeguata ed aggiornata al quadro normativo e tecnologico, in continua evoluzione. Gli enti banditori, inoltre, stimoleranno maggiormente la competizione tra i concorrenti, richiedendo requisiti di curriculum professionale e garanzie finanziarie che difficilmente potranno essere soddisfatte da singoli individui, cosicché, a partire da una certa soglia, la maggior parte dei progetti sarà sempre più appannaggio di organizzazioni, studi o associazioni professionali. La tendenza all’aggregazione in associazioni professionali aumenterà, dunque, nelle diverse forme consentite dall’ordinamento professionale. Per ciò che riguarda i soggetti che opereranno nel settore delle costruzioni si affermeranno sempre più: • società di progettazione; • società miste con partecipazione di soci di capitale, soprattutto per le opere di maggior consistenza (così come già avviene per le opere di grandi dimensioni). e il gioco di squadra: si tenderà quindi a sostituire lo studio del singolo professionista con studi associati, multidisciplinari, che rispondano alla grande varietà e specificità delle richieste del mercato, assolvendo anche compiti cosiddetti di “nicchia”. Ciò consentirà inoltre di assumere un maggior peso economico, che garantirà il futuro dei professionisti. Tali studi multidisciplinari assoceranno: • geometri; • ingegneri; • architetti. Individualismo declinante L’aggregazione in studi professionali rappresenterà una scelta quasi obbligata anche per i geometri, al fine di mantenere un ruolo decisivo nel mercato. In una società in continua evoluzione, soprattutto tecnologica, la figura del geometra che opera come professionista individuale sarà progressivamente destinata a ridursi di numero, o comunque, a coprire segmenti minori di mercato. La condizione economica e lavorativa della professione dipenderà dalla capacità dei professionisti di sviluppare una strategia a lungo termine, che restringa il proprio campo d’intervento a un set di attività limitate, precise e specialistiche in cui vi sia scarsa concorrenza. Valorizzare le vocazioni Negli studi professionali multidisciplinari, una volta definito l’ambito essenziale riservato ad ogni professione, si lavorerà insieme lasciando libero il singolo professionista di svolgere l’attività per la quale è maggiormente qualificato. Come già avviene in altri paesi, i gruppi di professionisti, con diversi saperi e conoscenze, sfrutteranno le varie competenze e specializzazioni, permettendo ad ogni collaboratore di svolgere l’attività per la quale ha maggior vocazione e capacità. Tale organizzazione permetterà di: • affrontare e risolvere tutte le problematiche riguardanti l’incarico ricevuto, sollevando l’Utente dalla necessità di rivolgersi a soggetti diversi per le varie incombenze e garantendo soluzioni globali e tecnicamente valide; • fornire alla clientela servizi di alta professionalità e qualità con costi più contenuti. Gli studi dei professionisti del settore tenderanno quindi a mantenere competenze sempre maggiori al proprio interno. Anziché organizzarsi in base alla differenziazione dei titoli di studio dei propri componenti, si punterà soprattutto sulla specializzazione professionale, con corsi ad hoc, esperienze di lavoro mirate, anche all’estero e indirizzi specifici della propria attività. Anomia meridionale Nel prossimo decennio continuerà anche la tendenza europea ad incoraggiare un sistema di aggregazione professionale di vari specialisti. Ciò avrà la conseguenza di stabilizzare l’impiego dei professionisti, come patrimonio culturale di continuità degli studi professionali. L’Italia, invece, in controtendenza, vivrà ancora per parecchio tempo una situazione di precarietà diffusa per tutte le professioni. La tendenza dei geometri ad aggregarsi in studi professionali sarà maggiore al Nord Italia. Al Sud infatti prevarrà, come negli altri campi professionali, la tendenza allo studio individuale, con un professionista titolare e alcuni collaboratori legati da un rapporto di dipendenza, ancorché precario. Filosofia della collaborazione L’aumentata complessità globale, sia a livello di committenza che di utenza, contribuirà alla tendenza a formare associazioni di specialisti che agiscono in modo multidisciplinare. Tale multidisciplinarietà costituirà una sorta di attitudine mentale e strategica, una filosofia di approccio alla risoluzione dei molteplici problemi tecnici, architettonici e distributivi. Gli elementi vincenti per coloro che operano nel settore delle costruzioni saranno quindi l’unione, la collaborazione Affari di status La sapienza dei geometri sarà indispensabile per i grandi studi professionali, grazie al loro radicamento sul territorio, la loro conoscenza locale delle tecniche, sia costruttive, sia paesaggistiche. Tuttavia, poiché la professione di geometra implicherà attività prevalentemente poco distinte da quelle affini e complementari, ma con uno status professionale inferiore e con una limitatezza nelle dimensioni delle costruzioni e delle opere ambientali, i geometri manterranno una peculiare propensione a creare studi specialistici, più che a scegliere la soluzione multidisciplinare. La scelta fra modello specialistico o multidisciplinare si porrà comunque in larga misura in termini locali e su base tecnica. Ciò vuol dire che in diverse situazioni dovranno essere adottati modelli diversi: in ambiti in cui prevarranno 29 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 esigenze di competitività, in un’ottica di libera concorrenza tra professionisti. Nel rapporto con i professionisti del costruire, i clienti saranno sempre più informati ed esigenti, facendosi inoltre affiancare da advisor esperti nelle varie discipline, dalla finanza al management. Per il futuro, però, va segnalata la presenza di problemi assai rilevanti per quanto riguarda i pagamenti, il che comporterà una difficile gestione della liquidità. In ogni caso, i geometri svilupperanno maggiormente le proprie capacità di relazione con la committenza, focalizzandosi sui requisiti fondamentali richiesti, quali: • il rigore etico nei comportamenti; • la formazione professionale costantemente aggiornata; • la qualità del lavoro. La leva dell’integrazione L’evoluzione per i professionisti sarà maggiore nei grandi centri urbani, poiché in essi sarà indispensabile, a breve termine, l’aggregazione tra geometri ed altre figure professionali. La figura del geometra in tali centri sarà parte, spesso marginale, di grosse strutture; mentre nei piccoli agglomerati urbani invece tale sviluppo avverrà più lentamente. Il geometra “tradizionale” avrà ancora un ruolo professionale forte nei piccoli centri, poiché in essi il rapporto tra professionista e committente resterà basato anche su rapporti sociali ed amicali. Intermediario indispensabile Il rapporto con le pubbliche amministrazioni risentirà molto dell’inflazione di tecnici liberi professionisti, con la conseguenza di una marginalizzazione del geometra a vantaggio di ingegneri ed architetti. Ciò soprattutto perché: • in Italia il titolo continuerà spesso ad essere confuso con la competenza; • a parità di onorario, si risparmierà sull’aliquota previdenziale, etc. Tuttavia, il rapporto dei geometri con la P.A. – estremamente delicato, soprattutto se su lavori a bando, sia per la discrezionalità delle decisioni e i finanziamenti pubblici, che per le modalità di aggiudicazione – non vedrà un’evoluzione negativa. La presenza del geometra resterà infatti indispensabile per lo Stato e le amministrazioni, in qualità di operatore ed intermediario tra il cittadino e l’Amministrazione Finanziaria, in particolare per gli interventi di carattere fiscale riguardanti il patrimonio immobiliare (come ad es., la formazione del catasto immobiliare, la rivalutazione dei terreni e degli immobili di proprietà delle società, l’incentivazione dell’uso di fonti di energia alternative, il far emergere fonti di gettito fiscale con la detrazione d’imposta spettante per l’intervento di recupero del patrimonio edilizio, etc.). Le occasioni di intervento in quest’area aumenteranno ancora nel prossimo futuro. IL RAPPORTO CON I CLIENTI E IL MARKETING Esigenti, ma riottosi a pagare Il rapporto tra geometra e committenza si amplierà in maniera consistente nei prossimi anni, più che per la quantità di clienti, soprattutto nella varietà e particolarità delle prestazioni professionali richieste. Il rapporto con i clienti sarà infatti ottimizzato a causa delle maggiori Un’immagine più sfumata Il geometra continuerà a godere di una buona immagine nella società grazie al suo forte radicamento nel territorio. Il rapporto costante e continuo con la clientela privata resterà il punto di forza dei professionisti geometri, la cui figura sarà il punto di riferimento per tutto ciò che riguarda la proprietà (dalla denuncia di successione al frazionamento, dalle stime dei beni alla divisione, dalla esigenze tecniche molto sofisticate (p.es. la domotica, o il risparmio energetico), le soluzioni specialistiche avranno maggiori possibilità di attecchire. 30 realizzazione del fabbricato all’accatastamento, etc.). La presenza crescente di manodopera straniera, inoltre, renderà le conoscenze locali del geometra ancora più importanti che in passato. Va però considerato che la vecchia immagine del geometra, come professionista di fiducia che costruiva la villetta o sistemava casa, con l’evoluzione del profilo professionale, sarà rimpiazzata da un’immagine più incerta e sfumata. Sarà pertanto necessario un progetto che aiuti a ridefinire tale immagine. Competenza e lungimiranza L’immagine della professione dei geometri nella società evolverà in coerenza con i nuovi contenuti delle competenze. In tal senso, la solidità dei percorsi scolastici e universitari, unita alla pratica professionale e all’aggiornamento continuo, permetteranno al geometra di mantenere le strette relazioni con il tessuto sociale. Anche se la figura di geometra non sarà quella di un professionista tecnologicamente all’avanguardia per la sua qualificazione professionale, i geometri raccoglieranno comunque simpatie verso la categoria intercettando e precorrendo le tendenze e i bisogni della società e proponendo per primi soluzioni adeguate e di qualità. Fra conoscenza popolare e pubblicità Anche se la figura del geometra resterà radicata nella conoscenza popolare, l’attività del singolo professionista necessiterà comunque di essere pubblicizzata. La possibilità di ricorrere alla pubblicità, infatti, fornirà al geometra un ulteriore strumento di penetrazione capillare nel mercato. La pubblicità di tipo informativo sarà consentita per garantire all’utente la possibilità di scegliere il professionista ritenuto più idoneo. Il marketing della sicurezza Un’evoluzione positiva nel rapporto dei geometri coi propri clienti, sia pubblici che privati, dipenderà dalla loro capacità di guadagnarsi la fiducia e una buona reputazione. I geometri, infatti, visto il citato legame con il territorio, lavoreranno soprattutto grazie alla propria presenza riconoscibile e alla propria reputazione. L’evoluzione sociale imporrà comunque azioni di marketing specialmente verso gli utenti del web (aziende ed enti), sui quali saranno concentrate le azioni promozionali. Inoltre, se verrà approvato il Ddl n. 3493 i geometri tenderanno a slegarsi dal territorio e quindi ad avere bisogno di curare il marketing dei propri servizi. Strategie di marketing e comunicazione saranno dunque maggiormente utilizzate nei prossimi anni, investendo, in particolare sui temi della legalità e della sicurezza. Comunicazione istituzionale Gli Ordini professionali si impegneranno affinché il cittadino medio superi la propria rappresentazione del libero professionista come una figura che, grazie ad una rendita di posizione e all’iscrizione all’Albo, sfugge alle regole di mercato per guadagnare più del dovuto. Inoltre, per incentivare i giovani nell’intraprendere la carriera professionale del geometra si punterà su un maggiore contatto degli Ordini dei Geometri con il sistema dell’istruzione, per favorire una maggiore comprensione, da parte dei giovani e delle famiglie, delle potenzialità occupazionali di questa professione. 3. FORMAZIONE E COMPETENZE ISTRUZIONE E FORMAZIONE DEI GEOMETRI Due nodi da sciogliere L’evoluzione del sistema dell’istruzione risentirà di due fattori: • l’approvazione, o meno, del Ddl n. 3493, poiché, in caso di approvazione, si rafforzerà e arricchirà il percorso dei geometri sul versante della cultura estetica, storica e umanistica in generale; • il superamento, o meno, del sistema degli Ordini, a favore di un sistema basato sull’associazionismo professionale, poiché, in caso di superamento degli Ordini, i geometri intensificheranno l’attività associativa, curando fra l’altro l’aggiornamento continuo all’interno della professione. Crisi di crescita Nei prossimi anni si verificheranno evoluzioni nella struttura e nei contenuti dell’istruzione per il Geometra (già regolamentata dal recente riordino degli Istituti Tecnici, con l’obiettivo di far acquisire agli studenti i saperi necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e della formazione superiore). Tenendo conto della recente cancellazione del titolo scolastico di Geometra da parte della “riforma Gelmini” e l’incertezza dell’evoluzione normativa che interesserà la categoria, nel prossimo futuro sarà necessaria una forte promozione (nelle scuole, nelle famiglie e nella società) per evitare un declino della professione. I geometri laureati disporranno però di un patrimonio professionale eccedente i modesti limiti delle competenze attribuite ai geometri dal remoto ordinamento, oggi in vigore. Questo rappresenterà una spinta per un’evoluzione sostanziale dell’ordinamento stesso. Il patrimonio di competenze dei geometri subirà un ulteriore arricchimento, sia quantitativo, sia qualitativo. Un sistema più adattivo La formazione di base avverrà nell’Istituto Tecnico, che prevederà lo studio delle materie tecniche fondamento 31 ANNO III 32 | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 dell’istruzione del Geometra. Lo studio tecnico sarà affiancato da: • un approfondimento maggiore delle materie umanistiche; • lo studio delle lingue straniere. Successivamente si frequenteranno i corsi di laurea e/o corsi di specializzazione equivalenti (ITS). I percorsi scolastici saranno accompagnati da un periodo di addestramento e di pratica professionale, che vedrà i geometri più esperti affiancare all’attività professionale un impegno di docenza pratica. Dopo aver superato l’esame di Stato ed aver ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione, il Tecnico dovrà seguire un percorso di formazione continua obbligatoria che accompagnerà tutta la sua vita professionale. La forte autonomia delle scuole nella definizione dei programmi, crescente negli ultimi anni del corso di studi, favorirà l’adattamento dei programmi stessi alle forti specificità locali che la professione di Geometra porta con sé, adattando la preparazione dei giovani alla domanda del territorio. Questo consentirà, fra l’altro, di anticipare, nella formazione dei giovani, gli elementi di specializzazione che ne consentiranno una maggiore occupabilità, evitando che debbano dilazionare troppo l’entrata nel mercato del lavoro (già oggi più tardiva che in altri paesi europei, che prevedono corsi di studi più brevi). e un’attenzione particolare a tutti gli aspetti formativi, sia a livello scolastico, sia nell’aggiornamento continuo e qualitativo. Questo, infatti: • restituirà ai professionisti del costruire un ruolo centrale di riferimento; • farà superare la logica di mercato degli ultimi anni, impostata sulla concorrenza a scapito della qualità. Per il Geometra, dunque, il titolo di studio costituirà solo una delle premesse della professione che sarà, sempre più spesso, diversificata e adattata alla specifica occasione di lavoro. Rispetto al passato saranno pertanto necessarie una maggiore formazione di base post-istituzionale e una maggiore flessibilità. Mismatch in riduzione Proseguirà nei prossimi anni l’effetto “mismatch”, ossia la diversa velocità tra il sistema della formazione e il sistema della produzione. Il sistema dell’istruzione, che dovrà fornire nuovi geometri al nostro sistema economico, sarà però capace nei prossimi anni di proporre via via percorsi più sincronizzati con la velocità del mercato del lavoro e dell’ingresso delle nuove conoscenze. L’allungamento del percorso di formazione dei geometri (che include un triennio post-secondario), operato dall’adeguamento del nostro ordinamento alle direttive europee, consentirà di preparare delle figure di Geometra più adeguate all’evoluzione delle condizioni lavorative, economiche e tecnologiche in cui la professione dovrà operare. L’attuazione della riforma del sistema di scuola secondario garantirà infatti: • un elevato standard di preparazione dei giovani; • la possibilità per essi di scegliere efficacemente il proprio futuro tra la possibilità di avviarsi al mondo del lavoro, la prosecuzione con corsi post-diploma, Istituti Tecnici Superiori o tirocini o l’iscrizione all’università per il conseguimento della laurea. Rafforzamento professionale Un elemento imprescindibile per il rafforzamento del ruolo dei professionisti del costruire sarà la formazione Creatività e affidabilità Nel prossimo decennio, il successo professionale del Geometra, analogamente ad altre professioni, sarà legato al contributo creativo di ciascun professionista nell’elaborazione di idee e progetti innovativi. Resterà comunque una larga parte di professionisti poco creativa o meramente esecutiva di progetti innovativi altrui. Una parte consistente, e innovativa, di professionisti avrà forti competenze ecologiche. In un contesto di scelte avanzate di tipo tecnologico e con standard tipologici e architettonici accettabili, tra le qualità dei professionisti risulteranno premiati: • il carattere tecnico-operativo e la pragmaticità; • l’affidabilità. Apprendimento continuo I nuovi ordinamenti prescriveranno che, terminato il corso di studi comprendenti la pratica professionale e ottenuto il titolo abilitativo all’esercizio della professione, l’iscritto dovrà continuare a frequentare corsi obbligatori di formazione, di specializzazione e di aggiornamento per mantenere ed accrescere competenze e capacità pratiche. L’aggiornamento professionale dei geometri verrà promosso dagli eventi formativi proposti dai Collegi locali dei Geometri, assicurando alla categoria condizioni di apprendimento permanente e miglioramento della qualità delle prestazioni. Tuttologia in declino Affinché i geometri rimangano figure importanti nel complesso sistema professionale italiano, il loro processo formativo si aggiornerà seguendo la tendenza del mercato nazionale ed europeo nel medio e lungo termine. A tal proposito, si abbandonerà la scia tradizionale del “tuttologismo” (sapere poco su molti campi), selezionando settori specialistici che diventino la prerogativa professionale esclusiva del Geometra per i prossimi anni. In tal modo, la figura del Geometra sarà liberata dalle classiche critiche di competitività con le altre professioni complementari (Periti, Architetti e Ingegneri). I geometri aumenteranno il grado di formazione universitaria, mentre verrà lasciata all’addestramento e alla pratica la preparazione più tecnica, relativa alla progettazione ed esecuzione dei lavori. Infatti, resterà di fondamentale importanza l’esperienza pratica e l’addestramento sul campo per mettere in pratica ciò che si è imparato, grazie all’affiancamento di geometri esperti. Un menu sempre più ricco Il geometra che uscirà della formazione istituzionale avrà un profilo di competenze molto più ampio e differenziato di quello tradizionale (rinforzato sui versanti del diritto delle costruzioni, dei materiali, degli strumenti tecnologici, informatici, ma anche specifici delle costruzioni, etc.). La riqualificazione professionale si adeguerà alla richiesta di nuova e maggiore qualità delle prestazioni energetiche e ambientali dell’edilizia; saranno quindi indispensabili competenze relative a: • l’analisi e le diagnosi energetiche degli edifici; • la conoscenza di materiali e tecniche di isolamento e costruttive ad alta efficienza energetica, per il raffrescamento passivo; • la capacità di integrazione negli edifici della produzione di energia rinnovabile; • la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (classificazione di rifiuti pericolosi e non, criteri per i rifiuti inerti, distinzione fra rifiuti e materiali riutilizzabili, condizioni di riutilizzo, terre e rocce da scavo, etc.); • l’impiego di tecniche e materiali della bioedilizia; • una maggiore attenzione per il contesto urbano e territoriale. LA BASE CULTURALE DEI GEOMETRI Più consapevoli, più superficiali La cultura generale e di base verrà rafforzata in tutti i percorsi di studi tecnici; • si punterà, ad esempio, sul rafforzamento della capacità di lettura di testi continui (un documento) e discontinui (una tabella); • si rafforzerà la consapevolezza della tecnologia (in termini di connessione fra scienza e tecnologia, ma anche di impatto ambientale dell’innovazione). Va considerato, inoltre, che la proliferazione di Internet, con la maggiore accessibilità ad un’enorme quantità di informazione, produrrà tra i giovani una cultura generale maggiore, ma superficiale. Il rischio dello specialismo Tutte le figure professionali, incluse quelle legate al mondo delle costruzioni, si interrogheranno sui valori effettivi della cultura, sia generale che specifica, e sui mezzi da usare per beneficiarne. Nei prossimi anni si cercherà di evitare il più possibile l’eccessiva frammentazione in “specialismi”: sarà, infatti, limitante sapere molto del proprio settore e poco sull’insieme, le interdipendenze e ciò che riguarda i grandi temi della nostra società. Ciò varrà soprattutto per coloro che si occuperanno di costruzioni, settore con importanti implicazioni sociali e ambientali, oltre a quelle strettamente funzionali. I professionisti del costruire aggiungeranno alle competenze tecniche in maggior misura quelle umanistiche, per potersi adeguatamente confrontare con i nuovi valori culturali della società (come ad es., la bellezza estetica, la dimensione ecologica, la sicurezza, etc.). Cultura invisibile Ai professionisti del costruire sarà richiesta sempre più una base di cultura: • umanistica, ugualmente ad altre professioni contigue (Architetti e Ingegneri); • estetica e storica, ai fini delle costruzioni, specie se di valore artistico, ed in particolare, del restauro di costruzioni storiche. Il percorso formativo dei geometri, in particolare, si arricchirà anche di conoscenze riguardanti: • la storia dell’arte; • l’architettura; • il paesaggio e la vegetazione. Per la professione del Geometra – che nel campo delle costruzioni e dell’ambiente assumerà anche il ruolo di figura direttiva dei lavori e di garante della legalità delle procedure – sarà considerata estremamente utile una base di cultura storica e giuridica. Nel prossimo futuro, comunque, il geometra sarà difficilmente identificato con la cultura estetica, nella quale peraltro anche gli ingegneri saranno incapaci di inserirsi. Inadeguatezza scolastica I programmi di studio scolastici continueranno ad essere incapaci di fornire conoscenze apprezzabili relativamente alla cultura estetica, storica e in generale umanistica. Tale carenza influirà sull’immagine e sulla concezione sociale del ruolo del Geometra. Verranno quindi proposti percorsi formativi adeguati nell’ambito della formazione post-istituzionale obbligatoria, la fruizione dei quali, peraltro, sarà legata alla propensione del singolo. Ruolo educativo La professionalità del Geometra tenderà al bello, all’armonia 33 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 con la natura, al rispetto dei valori monumentali ed architettonici che ci sono stati tramandati e avrà quindi bisogno di arricchirsi di sensibilità estetica e solide basi culturali storiche ed umanistiche. Il professionista avrà anche un ruolo educativo, per promuovere al cliente, con argomentazioni convincenti, la ricerca del bello in interventi più rispettosi e culturalmente validi, al di là del mero aspetto economico. Legati al “genius loci” Oltre alla cultura estetica e storica sarà indispensabile una maggiore conoscenza dei materiali da utilizzare e delle tecniche di costruzione, per evitare che, in nome di una certa libertà di progettazione, si vada contro i principi di buon senso. Il rafforzamento delle competenze storiche sarà di particolare importanza nei geometri, poiché essi interverranno costantemente in ambienti che hanno un “sedimento” storico molto rilevante, con cui è necessario saper dialogare efficacemente. Per ottenere questo risultato si dovrà evitare una semplice giustapposizione delle materie storiche a quelle tecniche, ma si dovrà fare della storia stessa una materia tecnica, integrata nel corso di studi. La cultura storica più importante per i geometri sarà 34 quindi quella legata al territorio, al “genius loci” (in particolare, le caratteristiche costruttive e ambientali). I CONFINI FRA LA PROFESSIONE DEL GEOMETRA E LE ALTRE Saperi frammentati, solide gerarchie La sempre maggiore complessità della società porterà ad un’inevitabile richiesta di cambiamenti strategici da parte di tutte le forze produttive, incluse quelle legate al mondo delle costruzioni. In concomitanza con l’accrescimento generalizzato di conoscenze e di competenze, nel campo professionale dell’edilizia si assisterà a una maggiore frammentazione dei saperi. Ciò si accompagnerà a un consolidamento delle gerarchie professionali, in funzione: • delle gerarchie disciplinari; • dei settori e dei territori nei quali svolgeranno la loro attività. Bisogni forti, aspre contese La stasi economica del Paese, investendo anche il settore professionale dell’edilizia, inasprirà il dibattito tra tecnici laureati e tecnici diplomati sulle competenze nella progettazione. Le maggiori difficoltà del rapporto con le altre professioni complementari, come gli architetti e gli ingegneri, si manifesteranno nelle attività canoniche dell’edificazione. In tale contesto, infatti, i geometri rivestiranno un ruolo di “cerniera” tra gli ingegneri o architetti ed i committenti, sia pubblici che privati. Il mercato spingerà la figura del Geometra a limitare i campi di attività a nicchie specialistiche, trasformandosi da “tuttologo” a specialista: invece di saper fare poco su molti campi, farà molto su pochi campi specialistici. Lo stesso fenomeno investirà nei prossimi anni gli ingegneri. Spazi contesi I laureati continueranno a risentire maggiormente della congiuntura negativa, rispetto ai geometri, meno esposti poiché assai più radicati sul mercato per l’ampio ventaglio di competenze tradizionali legate alla proprietà ed al territorio, alla sua trasformazione ed alla sua tutela. I confini tra le altre professioni e la professionalità del Geometra dipenderanno dalla qualificazione che assumerà quest’ultima, arricchendosi di altre competenze e occupando nuovi spazi, a scapito delle altre professioni. Si affermerà progressivamente il principio del “chi sa e sa fare”, che si sovrapporrà al titolo di studio e detterà il criterio di scelta del mercato. Invasioni di campo Il Geometra manterrà quindi, nei prossimi anni, una sua forte individualità professionale, attaccata però dagli ingegneri junior e dagli architetti, che continueranno ad aumentare di numero e per questo tenderanno ad allungare la propria catena del valore, occupandosi anche di fasi del processo produttivo tradizionalmente appannaggio dei geometri (come ad es., procedure amministrative, rilievi, stime, etc.). In assenza di un aggiornamento dei regolamenti sulle competenze, la committenza si indirizzerà sempre più verso ingegneri ed architetti. Ambiente favorevole Nei prossimi anni, rispetto alle altre professioni complementari, i geometri svilupperanno un maggior ruolo in campo ambientale. Tale settore, infatti, vedrà nel Geometra una figura di riferimento istituzionale e sociale (così come avvenuto per la sicurezza nei cantieri). Nel campo delle costruzioni e ristrutturazioni, sia nella direzione dei cantieri, sia nella progettazione dei piccoli interventi, il Geometra lavorerà a stretto contatto con tecnici dell’energia e dell’impiantistica per l’efficienza e il risparmio energetico: dovrà pertanto essere in grado di dialogare con queste figure e di allargare le proprie competenze. I geometri troveranno spazio in diverse attività ambientali in sviluppo: • progettazione e realizzazione di numerosi piccoli impianti solari, integrati nelle costruzioni o a terra; • progettazione e realizzazione di impianti eolici, a biomasse o mini-idroelettrici; • migliorie, riparazioni e ristrutturazioni delle reti acquedottistiche, fognature e sistemi depurativi delle acque reflue; • interventi di manutenzione ordinaria (ad es., di sistemazione della rete idrografica, di sponde, di aree di espansione delle piene, di consolidamenti, etc.) a causa dei rischi di dissesto idrogeologico. Percorso classico La regolamentazione dei confini tra i geometri e le professioni complementari sarà duplice: • da un lato, si seguiranno i percorsi classici delle libere professioni, che derivano dalla presenza di un Ordine professionale, che si fa carico di legittimare lo status della professione e di definire i confini con le altre professioni; • dall’altro, si seguiranno le linee direttive europee, che invitano ad evitare di costituire Ordini professionali, proponendo il modello anglosassone delle Associazioni e della liberalizzazione del mercato, lasciando che a definire la competenza siano le forze di mercato, il merito e la reputazione. Fra le due strade, in Italia, la regolamentazione prevalente resterà comunque quella di iscriversi all’Albo professionale. Contenere il contenzioso La regolazione dei confini tra il Geometra e le altre professioni dipenderà dall’approvazione, o meno, della riforma delle professioni, che costituirà la base per la definizione di competenze certe e per puntare alla riduzione delle possibilità di sconfinamenti e di contenzioso. Superati il concetto di modesta costruzione, come da ordinamento del 1929, e i vani tentativi passati (volumi, numero dei piani fuori terra, etc.), si punterà sulla determinazione di confini tramite nuovi criteri di definizione delle costruzioni e strutture semplici o standardizzate definendo nuovi limiti di competenza in materia di costruzioni civili. L’ingegnere tecnico La regolazione dei confini delle competenze del Geometra si porrà, nel prossimo futuro, in termini di definizione precisa dell’apporto di professionalità richiesto da una specifica situazione tecnica (e quindi considerando, ad esempio, gli aspetti di sostenibilità ambientale, di 35 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 consumo energetico, di rischio sismico o di altro genere, etc.), anziché semplicemente in base alla dimensione più o meno limitata del manufatto su cui si interviene. La riforma della professione riconoscerà ai geometri competenze corrispondenti al loro patrimonio professionale (quale risulta dalla già avvenuta riforma dell’ordinamento degli studi e dalle iniziative di formazione). Effetto di tale riconoscimento sarà quello di aumentare la sovrapponibilità dell’attività dei geometri a quella delle professioni contigue. Nel corso del decennio a seguito delle riforme del sistema delle professioni, la professione “geometra” cambierà identità ed assumerà il nome di “ingegnere tecnico” o “tecnico esperto”. Autoregolazione necessaria Il permanere della situazione di confusione fra le professioni del costruire continuerà a danneggiare tutti e provocare conflitti. Se il Ddl n. 3493 diverrà legge i geometri diverranno dei “quasi-architetti”, cui però mancheranno le competenze di tipo estetico. Se il Ddl n. 3493 resterà privo di approvazione, invece, resteranno le attuali sovrapposizioni parziali fra le competenze dei professionisti del costruire. In assenza di un intervento normativo, il settore delle costruzioni vedrà in continuo conflitto le diverse professioni correlate; conflitto che vedrà il Geometra sempre più in difficoltà per le pronunce giurisprudenziali maggiormente sfavorevoli. Tale rapporto conflittuale cambierà soprattutto attraverso il confronto tra i vertici delle categorie. Tra conflitto e cooperazione Ingegneri e geometri acquisiranno, da qui al 2020, una maggiore consapevolezza della necessità di lavorare insieme in maniera complementare. Proseguirà nei prossimi anni una concreta cooperazione tra le professioni, in vista dell’esigenza di arrivare alla definizione, concordata con il legislatore, di un testo di riforma delle professioni stesse. Nonostante il persistente conflitto tra le competenze nel settore edilizio e ambientale, dunque, il rapporto tra geometri e le professioni complementari migliorerà nel prossimo futuro. Nel quadro di una maggiore cooperazione tra le diverse professioni, i geometri occuperanno comunque i segmenti più bassi nella gerarchia delle professioni ingegneristiche. L’INFLUENZA DELLE NUOVE TECNOLOGIE Più tempo per la creatività L’influenza delle nuove tecnologie informatiche continuerà a crescere nei prossimi anni, rendendo sempre più efficiente il lavoro del Geometra, snellendo moltissimi aspetti (si 36 pensi ad es., all’elaborazione grafica della progettazione di ogni tipo con l’utilizzo di CAD, agli atti catastali di dichiarazione e di variazione con programmi ministeriali, alla stesura di perizie e stime, etc.). Questo consentirà un deciso ridimensionamento degli spostamenti necessari, con risparmio di tempo e costi, anche per il cliente. L’impiego degli strumenti informatici e telematici favorirà, per il professionista individuale, la possibilità di realizzare collaborazioni a distanza, anche in forma di telelavoro, sia con altri professionisti che con dipendenti di studi professionali. L’agevolazione risultante permetterà ai professionisti di dedicare maggior tempo ad attività creative. Anche ai geometri, che si ritroveranno liberati di tutte le parti più ripetitive e semplici del loro lavoro, l’innovazione tecnologica consentirà una più accentuata intellettualizzazione del lavoro. Occhi virtuali e occhi reali I rilievi topografici, già eseguiti con strumentazione di alta precisione e con l’utilizzo della navigazione satellitare, si avvarranno di tecnologie di più alta definizione con immediata elaborazione informatica sul luogo stesso del rilievo. Grazie alle nuove tecnologie, si affermerà fra i geometri la tendenza a unire al valore tecnico delle soluzioni la qualità estetica o “design” dell’elaborazione e del costruito. Pur con l’intenso ricorso agli strumenti tecnologici più innovativi, resterà insostituibile l’utilizzo dello strumento principe del geometra: l’occhio umano allenato, usato sul campo, capace di riconoscere l’armonia al di là di qualsiasi rendering. La sfida della visibilità La possibilità tecnologica di operare ovunque attraverso il web, senza bisogno della contiguità fisica, spingerà i professionisti a raggiungere la “eccellenza” in ristretti indirizzi nell’ambito dell’ampio ventaglio dei settori di competenza. I professionisti del settore saranno maggiormente capaci di utilizzare le nuove tecnologie dell’informazione: • sia per supportare le attività di progettazione e di esecuzione dei lavori; • sia per rendere visibile la propria competenza ad un pubblico composto da potenziali committenti. Dal territorio alla rete Nel 2020 i geometri cattureranno dunque una quota significativa della propria utenza online. Tuttavia, anche alla fine del decennio, i contatti del Geometra con la propria utenza continueranno ad aver bisogno di far ricorso agli strumenti tradizionali (il “faccia a faccia”). I geometri, per beneficiare sempre più dei servizi offerti dalle nuove tecnologie dovranno sapersi presentare adeguatamente sulla rete alle aziende, alle amministrazioni e a quanti avranno bisogno delle loro prestazioni. La tendenza, già in atto, ad utilizzare la rete per cercare servizi forniti da professionisti continuerà infatti a crescere: anche se accompagnata da un contatto personale o telefonico, la ricerca di una conferma in rete sarà sempre più frequente. Professionisti navigati Al pari delle altre professioni, anche quella del Geometra, per essere concorrenziale, dovrà diventare sempre più “fluente” nel settore dell’IT. Lo stravolgimento delle professioni tecniche e la radicale modifica dei metodi di lavoro a causa dell’innovazione tecnologica, comporterà la necessità di continui ed evoluti aggiornamenti professionali, anche per adattarsi all’uso di modernissime attrezzature. L’innovazione tecnologica richiederà agli esperti del settore maggiori capacità relative a: • un’adeguata presentazione sul proprio sito web; • l’utilizzo di programmi avanzati di elaborazione dati e informazioni, di disegno e di progettazione. NOTA SULL’INDAGINE La metodologia Lo scenario previsionale “Euclide 2020. I geometri nel futuro” è stato ottenuto attraverso una variante del metodo Delphi. Caratteristica peculiare del metodo è la consultazione, rigorosamente separata ed anonima, di un gruppo di esperti al fine di ricavare previsioni basate sulla convergenza delle opinioni circa il futuro dei problemi o fenomeni considerati. Per questo progetto è stata adottata una procedura di consultazione in due stadi di un gruppo interdisciplinare di otto esperti. Le fasi della consultazione Nella prima fase, ogni esperto ha prodotto in modo libero alcune previsioni relative ai singoli ambiti di indagine, a partire da domande aperte e sulla base delle proprie competenze scientifiche e professionali. Le risposte a questo primo questionario sono state arricchite dalle opinioni di alcuni membri del Consiglio Nazionale dei Geometri: Giuseppe Foresto, Marco Nardini, Ezio Piantedosi, Enrico Rispoli. Nella seconda fase, le previsioni di base sono state elaborate, tradotte in nuclei previsionali (items) e sottoposte al giudizio degli otto esperti. Ognuno di loro ha così avuto la possibilità di analizzare e valutare le opinioni degli altri, potendo eventualmente riconsiderare e modificare anche le proprie posizioni iniziali. Il costrutto previsionale ha potuto così utilizzare appieno le potenzialità di un vero e proprio “confronto di gruppo”, arricchito dai diversi punti di vista e dalle diverse competenze, reso dialettico dai successivi stadi di interrogazione, nel rispetto della specificità di ciascun contributo. L’indagine “Euclide 2020. I geometri nel futuro” ha avuto inizio nel mese di aprile del 2011 e si è conclusa nel mese di giugno dello stesso anno. Le dimensioni indagate L’indagine previsionale “Euclide 2020. I geometri nel futuro” ha focalizzato l’attenzione sulle seguenti dimensioni: • l’influenza dell’evoluzione sociale; • le tendenze economiche; • l’urbanistica, il territorio e la demografia; • l’influenza delle politiche pubbliche; • l’evoluzione degli Ordini e degli studi • professionali; • le vecchie e le nuove attività lavorative; • il rapporto con i clienti e con il marketing; • l’istruzione, la formazione e la base di cultura utile; • il rapporto fra i geometri e le professioni • complementari; • l’influenza dell’innovazione tecnologica. La composizione del panel Per la composizione del panel, la seguente indagine si è avvalsa della collaborazione di un gruppo qualificato di esperti diversi tra loro per disciplina e per collocazione scientifico culturale. In considerazione dell’obiettivo generale dell’indagine – la costruzione di uno scenario macro per i prossimi nove anni – si è preferito non privilegiare un solo punto di vista, bensì favorire un “dibattito interdisciplinare” sul futuro. Il mosaico previsionale è stato così composto con l’apporto di esperti di provenienza, formazione e profilo professionale estremamente eterogeneo, allo scopo di ottenere una visione globale di quello che sarà il futuro della professione del geometra in Italia nei prossimi nove anni. Gli otto esperti consultati sono stati: Giovanni Cutolo, Gabriele Del Mese, Michele De Luca, Mirella Giannini, Marco Magnifico, Maria Grazia Nardiello, Giuseppe Roma, Edoardo Ronchi. Di seguito sono riportate brevi note biografiche di ognuno di essi. GLI ESPERTI Giovanni Cutolo Laureato in Economia e Commercio, ha iniziato a occuparsi di design nel 1971 collaborando con Artemide e poi con Luceplan, Bulthaup, Vitra e altri. 37 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Attualmente è Presidente della Santa & Cole Italia; dal 2008 è Vice Presidente dell’ADI – Associazione per il Disegno Industriale e Presidente della Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro. Per quindici anni è stato professore incaricato presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Pubblicista, ha fondato i mensili “MODO” (1976) e “GAPcasa” (1978), collaborando con numerose riviste di design, arredamento e architettura. Ha vissuto molti anni nel Sud Est Asiatico e in Brasile dove ha tradotto in portoghese “Opera Aperta” di Umberto Eco (Perspectiva 1968) e dal brasiliano “Memorie Sentimentali di Giovanni Miramare” di Oswald De Andrade (Feltrinelli 1970). Ha scritto e pubblicato “L’Edonista Virtuoso” (Lybra 1989), “L’Altra Faccia del Design” (Lybra 1999), “Cucina.come” (Lybra 2001) e “Lusso & Design” (Abitare 2003). presso la sezione lavoro; Presidente della commissione bicamerale sulla previdenza (estensore di numerose relazioni su temi diversi di sicurezza sociale, raccolte in un volume edito da Camera e Senato); Presidente della Commissione per il contenzioso (organo di autodichia del Senato); presentatore di molti disegni di legge, come primo firmatario. Dal 1980 professore a contratto presso diverse Università (Roma, Parma, Modena-Reggio Emilia, Perugia, Macerata) in materia di lavoro e sicurezza sociale, anche sovranazionale e regionale. Autore di monografie, saggi e contributi numerosi (ospitati da primarie riviste giuridiche) e di relazioni a convegni (organizzati da Università e da altre istituzioni culturali), parimenti, in materia di lavoro e sicurezza sociale, anche sovranazionale e regionale. Gabriele Del Mese Laureato in Ingegneria Civile Edile all’Università di Padova, dopo un breve periodo di attività professionale in Italia, entrò nei gruppi di Building Engineering nello Studio Internazionale di Ingegneria Ove Arup & Partners, Londra, nel 1973, iniziando una proficua attività di progettazione internazionale come Direttore dell’Arup Group e Fondatore di Arup Italia nel 2000. Nella sua carriera internazionale è stato a capo di diversi team multidisciplinari con responsabilità sia per la progettazione che la costruzione di un gran numero di edifici vari e complessi, sia nel Regno Unito che in altri paesi esteri (Spagna, Germania, Libia, Iran, Iraq, Kuwait, Abu Dhabi, Arabia Saudita, Hong Kong, Filippine). Fra tali progetti sono inclusi interventi urbani di grandi dimensioni, ospedali, stazioni, teatri, università, stadi ed impianti sportivi, grandi interventi per uffici ed edifici industriali. Alcuni dei progetti di cui è stato responsabile sono stati pubblicati su diverse riviste del settore. Tiene regolarmente cicli di conferenze e lezioni in vari Paesi ed è un fautore entusiasta dell’approccio multidisciplinare alla progettazione. In Ottobre 2004 è stato insignito della Medaglia d’oro di Cittadino Illustre dalla città di Salerno. Nel Giugno 2009 gli è stata conferita la Laurea Magistralis ad Honorem in Ingegneria Edile-Architettura dal Politecnico di Milano. Mirella Giannini Insegna Sociologia dei processi economici e del lavoro presso la Facoltà di Sociologia dell’Università “Federico II” di Napoli; afferisce al Dipartimento di Sociologia ed è membro del Collegio dei docenti della Scuola di Dottorato in Sociologia e Ricerca sociale, presso la stessa università. All’estero, è stata Professeur Associé all’Università Paris X Nanterre; Professeur Associé alla Maison des Science de l’Homme – Paris; Chercheur Associé nell’Unité de Recherche T&M - Paris X Nanterrre; Visiting Professor alle Università di Berkley, San Francisco, Riverside (California) e Queensland in Brisbane (Australia). Fa parte del Comitato Scientifico della Fondazione “G.Brodolini”, del Comitato Editoriale della Rivista “Economia&Lavoro”, ed è Peer Reviewer per l’Editore Dedalo di Bari. Membro dell’Editorial Board della Rivista “Knowledge, Work & Society/ Savoir, Travail et Societé”, L’Harmattan-Paris, e del Research Committee 52 “Sociology of Professional Groups” dell’International Sociological Association. Membro Esperto del Comitato Nazionale di Parità e delle Pari Opportunità presso il Ministero del Lavoro. Ha inoltre collaborato nelle attività di ricerca di diversi Enti pubblici (Isfol, Cnel, etc.). La sua prevalente area di ricerca riguarda il mercato delle occupazioni e delle professioni, soprattutto in un’ottica di genere. Su questi temi conta numerose pubblicazioni in italiano, inglese, francese e spagnolo. Michele De Luca Magistrato dal 1963 e giudice del lavoro dal 1973 presso la pretura di Parma (fino al 1983) e, successivamente, presso la Corte suprema di cassazione come Presidente titolare della sezione lavoro. Dal 1994 al 2001 (XII e XIII legislatura), Senatore della Repubblica: capogruppo DS 38 Marco Magnifico Laureato in lettere con indirizzo Storico Artistico all’Università di Pavia, si è quindi specializzato in Storia dell’Arte presso l’Università di Firenze vincendo, in seguito, una borsa di studio di un anno presso la fiorentina Fondazione “Roberto Longhi”. Per quasi quattro anni ha lavorato, in qualità di esperto di dipinti antichi, alla casa d’aste inglese “Sotheby’s”, prima presso la sede di Londra e successivamente in Italia. Ha partecipato, come membro del Comitato Scientifico, a numerose mostre d’arte antica, curandone in parte i cataloghi; per il FAI ha organizzato nel 1987 la grande mostra “Vedute Italiane del ‘700 in collezioni private italiane” (Venezia - Museo S. Apollonia; Milano - Palazzo Reale) curando i settori veneto e romano del catalogo critico. Nei primi anni ‘80 ha redatto alcune voci del Catalogo Generale dei Dipinti della Pinacoteca di Brera, curato da Federico Zeri ed edito da Electa. È co-autore delle principali pubblicazioni del FAI, tra le quali “Il Libro del FAI”, che illustra e descrive in dettaglio le proprietà della Fondazione, narrandone la rispettiva storia. Da gennaio 2010 Vice Presidente Esecutivo del FAI e responsabile delle relazioni culturali con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, enti, associazioni private e pubbliche, italiane e straniere, dei restauri e conservazione degli oggetti mobili e delle collezioni di proprietà della Fondazione, dell’attività editoriale, delle istruttorie per le proposte di acquisizione rivolte alla Fondazione e della comunicazione istituzionale. Maria Grazia Nardiello Laurea con lode in lettere moderne presso l’Università “La Sapienza” di Roma; Scuola di Perfezionamento in Scienze amministrative all’Università di Bologna; Scuola superiore della Pubblica Amministrazione di Roma. Ha lavorato dal 1973 al 1996 presso la direzione generale per l’istruzione tecnica del Ministero della Pubblica Istruzione. Negli anni 1996/98 ha svolto l’incarico di Capo dell’Ufficio Studi e Programmazione. In relazione ai risultati conseguiti, il 27 dicembre 1999, il Presidente della Repubblica le ha conferito l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica. Dal 2001 al 2010, ha svolto l’incarico di Direttore Generale. Nel corso della sua carriera dirigenziale, ha collaborato alla redazione di documenti programmatici del Governo, nonché alla redazione di proposte di legge e atti regolamentari in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e, più recentemente, con il Ministero dello Sviluppo economico; ha svolto numerosi incarichi di rappresentanza del ministro e dei sottosegretari di Stato, anche in sedi internazionali. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste nazionali, comunitarie e regionali in tema di istruzione, formazione e lavoro. Attualmente, svolge l’incarico di consigliere onorario del MIUR per l’analisi e lo studio delle tematiche giuridiche relative allo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica e professionale, anche a livello terziario, all’istruzione degli adulti ed in materia di alternanza scuola-lavoro e di politiche attive del lavoro. Giuseppe Roma Direttore Generale della Fondazione Censis dal 1993; Segretario generale dell’Associazione per le Città Italiane RUR (Rete Urbana delle Rappresentanze) dal 1989. Dal 1997 docente di “Urban Management” presso l’Università Roma 3 e dal 2006, componente del Forum Strategico del Ministero degli Esteri Italiano. Ha insegnato presso l’Università “La Sapienza” di Roma (1989-1991), ha tenuto corsi con la Columbia University di New York (1979-1980) ed è stato visiting fellow presso DTU – Delft University of Technology Olanda (1978). È Presidente di Censis Servizi SpA (dal 2009), Amministratore delegato di Novella SpA (dal 1993), consigliere della Fondazione Courmayeur (dal 1996). Membro del Comitato Scientifico delle “Città Slow International” e del consiglio direttivo dell’Ancsa (Associazione Nazionale Centri Storici Artistici) dal 2005. È stato, fra l’altro, Presidente di Vela SpA – Società per ticketing e marketing di Venezia e laguna (2001-2007) e Vice Presidente di Fiera Roma SpA – Investimenti Spa (2007-2010). Collabora con “Il Corriere della Sera” e “Il Sole 24 ore”. Ha pubblicato fra l’altro “L’economia sommersa” (Laterza 2001) e la “Ricchezza del territorio italiano” (F. Angeli 2004). Ha scritto saggi su “Economia dei servizi”, “Aspenia”, “Wired” e altre riviste scientifiche. Edoardo Ronchi Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile dal settembre del 2008. Nato a Treviglio (BG) nel 1950, vive a Roma dal 1978, coniugato e con tre figli e laureato in Sociologia all’Università di Trento. Attualmente docente di sostenibilità e gestione del territorio presso l’Università “La Sapienza” di Roma. È stato parlamentare, docente universitario e ministro dell’Ambiente. Fra i fondatori dei Verdi Arcobaleno alla fine degli anni ‘80 e della Federazione dei Verdi all’inizio degli anni ‘90. Nel 2000, attraverso la Sinistra ecologista, ha aderito al partito dei Democratici di Sinistra, venendo successivamente nominato nella Segreteria nazionale. Fra i fondatori nel 2006 dell’Associazione degli Ecologisti democratici, è stato eletto all’Assemblea costituente del Partito democratico. Dal 2008 ha lasciato il Senato e non si è ricandidato, né ha più assunto incarichi politici, dedicandosi a tempo pieno ad attività di studio, ricerca e formazione, in particolare con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Studioso ed esperto delle problematiche ambientali e dello sviluppo sostenibile, ha pubblicato numerosi testi ed articoli. 39 150° UNITÀ D'ITALIA I Tecnici protagonisti: Piero Bargellini Con questo scritto di Piero Bargellini intitolato “L’uomo misura dell’architettura” tratto dal volume “ARCHITETTURA con fregio polemico”, prosegue la pubblicazione dei “ritratti” dei Tecnici che, con la loro attività professionale e i progetti realizzati, hanno contribuito, nei diversi periodi dei 150 anni, alla storia dell’Italia, al suo sviluppo in particolare negli ambiti delle costruzioni ed alla formazione di un’identità nazionale. Nato a Firenze nel 1897, figlio di un ufficiale di marina, Piero Bargellini trascorse parte dell’infanzia in Mugello, terra di Giotto e del Beato Angelico. Studiò all’Istituto Tecnico e si 40 diplomò Perito Agrimensore alla vigilia di partire per la guerra del 1915-18 nella quale combattè come tenente di artiglieria meritandosi una medaglia al valor militare e una croce di guerra sul campo. Diplomatosi maestro, intraprese la carriera scolastica, raggiungendo più tardi il grado di Ispettore Centrale del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel frattempo dipingeva e scriveva, avvicinandosi a giovani artisti e letterati della sua città. La sua prima opera pubblicata fu di carattere tecnico, destinata agli studenti degli Istituti Agrari. Nel 1923, con due amici geometri – il posatore Nicola Lisi e il poeta Carlo Bettocchi – e con l’incisore Pietro Parigi, dette vita ad una rivista di breve vita e dal lungo titolo, “Calendario dei pensieri e delle pratiche solari”, antesignana del gusto strapaesano. Più tardi (1929) fondò e diresse per dieci anni un mensile, “Il Frontespizio”, che incontrò vivo successo in Italia ed ebbe il merito di un rinnovamento della cultura letteraria e artistica del tempo in una limpida e moderna visione religiosa del pensiero image courtesy: Edizioni Polistampa Piero Bargellini e della vita. Nel “Frontespizio” furono accolti e si formarono decine di giovani letterati e artisti (accanto agli “anziani” Papini, Giuliotti, Soffici e De Luca) fino alla generazione dei cosiddetti “ermetici” e dei nuovi critici capeggiati da Carlo Bo. Sempre più impegnato nell’attività letteraria, dopo il giovanile “Scritti a maggio”, pubblicò libri di largo successo: biografie di santi (San Bernardino da Siena, San Francesco, Sant’Antonio), di briganti (Fra Diavolo, Tiburzi), di poeti (Giosuè Carducci), e soprattutto di arte e di architettura (Città di Pittori, Via Larga, Caffè Michelangelo, Architettura, Volti di Pietra), oltre a libri di testo e antologie scolastiche. Nel secondo dopoguerra riprese per breve tempo la pratica di geometra. Tornò presto però ad opere di grande impegno divulgativo, di storia della letteratura, storia dell’arte, agiografia, storia della sua Firenze: “Pian dei Giullari”, “Belvedere”, “Nascita e vita dell’architettura moderna”, “La Divina Commedia”, “La Bibbia”, “I Santi del giorno”, “La Splendida storia di Firenze”,“Palazzo Vecchio”, “I Medici”, le “Strade di Firenze”... Impegnato nell’amministrazione cittadina fin dagli anni Cinquanta, come Assessore alle Belle Arti e ai Giardini, ebbe poi la ventura di essere eletto, quasi plebiscitariamente, Sindaco di Firenze nel 1966, anno tristemente segnato dall’alluvione del 4 novembre. Come “Sindaco dell’alluvione”, Piero Bargellini si meritò rinomanza internazionale per la sua opera franca, intelligente e utile in favore della sua città, ferita ma non piegata. Eletto nel 1967 alla Camera dei Deputati e cinque anni dopo al Senato della Repubblica, abbandonò poi la pur fruttuosa attività politica per dedicarsi interamente al non mai interrotto lavoro di penna, sospeso soltanto dall’improvvisa morte, nella sua casa accanto a Santa Croce, il 28 febbraio del 1980. L’uomo misura dell’architettura L’uomo, diceva Protagora, è misura di tutte le cose. Si potrebbe aggiungere che è particolarmente misura di quella “cosa” che più gli appartiene, e che, creata da lui, è strettamente legata alla sua vita: si potrebbe cioè aggiungere che l’uomo è la necessaria e inalterabile misura dell’architettura. Gli architetti in tutti i geometrici dei loro progetti hanno l’abitudine di schizzare da un lato la figura di un uomo. Di solito quella sagoma leggermente caricaturale, in progetti insipidi o arroganti non ha che valore di una distratta e manierata decorazione. Eppure, a pensarci bene, la statura e la figura dell’uomo, la presenza dell’uomo nel disegno costruttivo ha profonda ragione, e una significazione. La presenza dell’uomo in un disegno architettonico deve rivelare questa elementare verità: il modulo fondamentale di ogni buona architettura è l’uomo. Tutti gli studenti d’architettura sanno che cosa sia il “modulo”. Il modulo è una misura non astratta, ma derivata dagli elementi stessi che esso deve misurare. “La misura comune a tutti gli ordini – dice il Milizia – è il modulo, che è il semidiametro della colonna considerata nel suo imoscapo”. Anche sulla scoperta e sull’uso del modulo non si fa più abbastanza attenzione. Si crede comunemente che si tratti di una convenzione senza importanza. Ed è infatti una convenzione, ma una di quelle convenzioni nate da verità. Un disegno architettonico non si misura a metri, perché il metro è una misura astratta. Col metro si misura una distanza stradale, non una grandezza architettonica. Quel tanto di comunale, che rende il metro utile al commercio e all’industria, lo rende poi inadatto alle misure armoniche, dove l’imperativo morale del “conosci te stesso” si traduce nell’imperativo proporzionale di “misura te stesso”: cioè conosciti armonicamente, non confrontandoti con qualcosa di esterno, ma con qualcosa di intimo che scaturisca da te stesso. Ora il modulo non è che l’unità di misura armonica. Il modulo dell’ordine dorico infatti non è quello dell’ordine ionico o dell’ordine toscano. Ognuno di questi ordini ha una sua misura, la quale nasce dalla parte fondamentale della colonna. Ma se il modulo vale per ogni ordine, per tutti gli ordini e per tutta l’architettura, il modulo dei moduli, il modulo universale non può che essere l’uomo coi suo caratteri fisici morali e spirituali. *** Vitruvio, nel terzo libro della sua Architettura, pone l’uomo come misura materiale delle costruzioni. “Una fabbrica – egli dice – non potrà avere una misura e proporzione, se prima non avrà considerato la ragione dei membri dell’uomo ben proporzionato”. Il teorico dell’architettura romana infatti non inizia la descrizione e la misura delle sue fabbriche, senza prima aver descritto e misurato l’uomo. Dietro a lui, gli architetti del Rinascimento confrontarono sempre i loro edifizi di pietra con l’edifizio costruito da Dio nella terra rossastra dell’Eden. E Michelangelo, architetto per le sue qualità di scultore, cioè conoscitore dell’uomo, disse parlando dell’architettura: “Colui che non possiede la figura umana, e specialmente l’anatomia di essa, non potrà mai intenderla”. Ma Vitruvio non si fermò a questa rispondenza strutturale tra la fabbrica architettonica e la fabbrica umana. Osservò come gli antichi avessero preso dal corpo umano anche le misure coi loro nomi. “Gli antichi – egli scrive – raccolsero dai membri del corpo le ragioni delle misure, che in tutte le opere sembrano essere necessarie, come il dito, il palmo, il piede, il cubito, e quelle distribuirono nel numero perfetto, che dai Greci fu detto téleion”. 41 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Tale, continuo, minuto, qualche volta anche pedante riferimento all’uomo nel giuoco continuo di analogia e di rispondenza, e che a noi par quasi puerile e noioso, nasceva in Vitruvio, come in tutti gli antichi, come negli italiani dell’Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco, dal concetto che essi avevano dell’uomo e del mondo: dalla dignità che essi attribuivano all’uomo, misura e condizione di tutte le cose naturali e soprannaturali. Per loro l’uomo era centro del mondo, e a lui si dovevano commisurare tutte le opere, in primo luogo quelle architettoniche. La mitologia stessa trasportava la misura dell’uomo dalla terra all’Olimpo. Né il Cristianesimo doveva distruggere e abbassare la dignità dell’uomo. Se non fu più l’uomo che modellò gli dei a sua immagine, fu Dio che modellò l’uomo a sua somiglianza. La divinità stessa poi s’incarnò prendendo le proporzioni materiali del corpo umano. Sul piano religioso la concezione pagana e quella cristiana sono infinitamente lontane: su quello artistico architettonico, della dignità umana, sono infinitamente vicine. I cristiani potevano, anzi dovevano misurare nell’uomo le loro costruzioni. E quando il Bernini disegnò i colonnati per la piazza dell’urbe cristiana, ideò un uomo che abbracciava lo spazio e lo limitava con un amplesso. *** Ma che cosa si vuol dire oggi, quando si afferma che modulo dei moduli per l’architettura è l’uomo? Si vogliono richiamare i principi vitruviani, secondo i quali c’è un’analogia tra il corpo dell’uomo e il corpo di un fabbricato? In parte sì, intendiamo alludere anche a questo ritorno figurativo e umano, ma non solo a questo. Vogliamo accettare la recente teoria, secondo la quale il “gusto” architettonico sarebbe legato a un moto psicologico? L’architettura, secondo questa teoria estetica, non sarebbe che la proiezione delle nostre funzioni umane in forme concrete. Il gusto della simmetria, per esempio, risponderebbe al senso della destra e della sinistra che ogni uomo istintivamente possiede. Il gusto del ritmo corrisponderebbe alla funzione della respirazione. La linea darebbe soddisfazione al nostro bisogno di moto; lo spazio, all’aspirazione, alla libertà, e così via. In una parola, l’architettura sarebbe una specie di coscienza fisica del nostro corpo. Dall’analogia corporale di Vitruvio, si passerebbe dunque ad una analogia psicologica. Ma non basta. L’uomo non è solo corpo. Ha coi minerali la consistenza della materia; coi vegetali, la vita; con i bruti, i piaceri dei sensi; con gli angioli, la luce intellettuale. Tra il corpo e l’anima, tra il piacere sensuale e quello intellettuale si stende il dominio dei sentimenti e delle passioni, le quali non sono in sé cattive come la disumana dottrina stoica vuol far credere. Le passioni sono i motori più potenti 42 dell’uomo spirituale, ed è proprio compito dell’arte rivelare e sublimare queste passioni. Non esiste arte brutale, come non esiste arte angelica. Esiste arte umana, cioè arte materiata di passioni umane. Il puro sensualismo e il puro razionalismo repugnano all’arte, perché repugnano all’uomo. Quando si dice dunque, che l’architettura (come tutte le arti) deve soddisfare tutto l’uomo, deve misurarsi sull’uomo, s’intende che deve corrispondere ai bisogni materiali dell’uomo, ma non soltanto a quelli: deve soddisfare i piacere sensibili, ma non soltanto quelli; deve appagare le aspirazioni intellettuali, ma non soltanto quelle. Si chiamerà dunque architettura umanistica quell’architettura che specchierà il volto dell’umanità, non solo nella sua apparenza fisica (Vitruvio); non solo nella sua psicologia (moderni esteti) ma anche nella sua esigenza morale e spirituale. L’uomo, come animale, ha bisogni animaleschi. Egli cerca, con l’architettura, di difendersi dal caldo e dal freddo, dalla pioggia e dai venti. Negare all’architettura questo fondamento utilitario, significherebbe negare all’uomo la sua consistenza fisica. Ma l’uomo non si appaga dei suoi bisogni soddisfatti. Il bruto trova nel piacere il fine dei suoi atti. Per l’uomo non è così. Egli è uno strano animale, l’unico animale che si crea nuovi bisogni su bisogni soddisfatti. Se egli avesse avuto bisogno solo di luce e d’aria sarebbe restato nelle foreste; se avesse avuto paura soltanto delle intemperie sarebbe rimasto nelle caverne. La verità è un’altra. Egli aveva paura realmente del freddo e del caldo, delle tenebre e delle folgori, ma soprattutto aveva paura di non essere uomo. Aveva bisogno di sentirsi uomo, di essere, cioè, creatore. L’architettura lo metteva in salvo dai disagi fisici, ma più che altro lo metteva in salvo dai disagi morali. Egli aveva bisogno di vivere in un ambiente creato da lui, e dove potesse leggere chiaramente i suoi stessi sentimenti. Perciò la sua architettura, se nacque da necessità materiali si modellò subito secondo esigenze spirituali. L’uomo volle che anche l’architettura gli parlasse, e naturalmente, che gli parlasse nel suo linguaggio, dei suoi sentimenti, delle sue passioni, delle sua aspirazioni. Ecco in che senso anche l’architettura è un’arte, cioè un’espressione diretta dell’uomo, che in quella si esprime. *** Quando si parla di architettura aria-luce, non si pensa che codesta architettura andrebbe bene per un ipotetico uomo primitivo; e dico ipotetico, perché l’uomo primitivo molto probabilmente sentì l’impulso di limitare l’aria e la luce, se è vero che si costruì una capanna. Ai bisogni fisici del calore e delle luce, l’uomo aggiunge quelli, anche più importanti della intimità e del raccoglimento. image courtesy: Edizioni Polistampa Lo studio di Piero Bargellini a Firenze Per l’uomo il calore spirituale dell’intimità e la luce intellettuale del raccoglimento sono più necessari che non il calore e la luce fisica. L’igiene è indubbiamente benefica, ma non c’è solamente un’igiene fisica. C’è anche e soprattutto un’igiene sentimentale e spirituale, che ha spinto e spinge l’uomo a crearsi intorno un ambiente rispondente ai suoi sentimenti e alle sue passioni. Un uomo dentro una sfera di vetro non corre il rischio di battere la testa in uno spigolo, ma gli accade qualcosa di peggio. Egli smarrisce la sua ragione inseguendo sulle pareti lisce i fantasmi della sua fantasia senza più appiglio nel reale. Così la sfera della Esposizione mondiale americana (1), invece di essere un simbolo di perfezione, si presta a simbolo di una civiltà disumana, dove il destino dell’uomo è l’ebetudine e la pazzia. Ma se l’uomo nel suo raccoglimento o nella intimità della sua vita domestica ha bisogno di veder espressi e quasi riecheggiati nella cordiale architettura i suoi affetti e i suoi sentimenti; nella vita civile e in quella religiosa vuole esprimere altri sentimenti e altri affetti. L’architettura non può restare muta dinanzi ai sogni di grandezza, di potenza e di adorazione dell’uomo. “L’architettura – scriveva il Milizia – è l’arte più interessante per la conservazione, per la comodità, per le delizie e per la grandezza del genere umano”. Non basta dunque assicurare la “conservazione del genere umano”; non basta procurargli le “delizie”. Bisogna anche soddisfare la grandezza del genere umano. Tra le capanne o tra le casupole, l’uomo ha sentito il bisogno di innalzare il tempio o il palazzo. Eppure, ai fini della sua esistenza fisiologica la capanna gli era più che sufficiente. Ma c’era qualcosa di più grande, che superava la necessità primordiale e quotidiana della vita materiale. C’era una necessità, altrettanto primordiale e quotidiana, che doveva trovare la sua soddisfazione e la sua espressione. Il sentimento civile e religioso voleva la sua manifestazione a prezzo di qualsiasi sacrificio. L’uomo che non poteva mirare il suo Dio faccia a faccia, o non poteva comunicare sempre col potente, volle leggere sul tempio o nel palazzo i suoi sentimenti di ammirazione e di devozione. La città dell’uomo, non è e non può essere la città cellulare, la città uguale per tutti. Una tale città potrebbe essere la città di infelici uomini; non mai quella dell’uomo, dell’uomo completo, armonico nella sua composizione corporale e spirituale, dell’uomo che può vivere in una capanna, ma che per pregare ha bisogno di un tempio; dell’uomo che traduce ogni suo sentimento in opera d’arte. L’amore pei figli gli si concreta in una casa; l’uomo civico gli si traduce in un palazzo; la preghiera stessa gli si esprime in una chiesa. 1 L’Esposizione mondiale di New York, del 1939-40 43 150° UNITÀ D'ITALIA In Jesi dal 1860 Istituto tecnico “Pietro Cuppari” e le Esposizioni universali Re Vittorio Emanuele II, il 12 settembre 1860, nomina Lorenzo Valerio Commissario Straordinario nelle Provincie delle Marche. Il Commissario in quattro mesi, durata del suo incarico operativo, emanerà ben 840 decreti che trasformeranno profondamente le Marche da ex pontificie a piemontesi. Il n. 583 recita: “è creata nella città di Jesi la sezione Agronomica dell’istituto tecnico co’ seguenti insegnamenti: Lettere italiane, Storia e Geografia; Chimica generale ed Agricola; Fisica; Storia Naturale; Agronomia; Computisteria Agraria; Elementi di Agrimensura; Disegno.” A motivare la scelta di introdurre scuole tecniche in un territorio dallo spiccato profilo umanistico, il Commissario Valerio evidenzia che, se la cultura umanistica “nobilita le intelligenze e ringagliardisce le virtù cittadine nello stesso tempo che fa gentile il costume” tuttavia “non è bastevole a svolgere e mettere in moto tutte le forze vive del paese… quando ancora le molteplici, e svariate applicazioni della scienza non sono rese famigliari all’industriale, al commerciante, all’imprenditore, all’amministratore, all’artiere stesso.” Quello che nel tempo diventerà l’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” deve la sua nascita ad una tradizione che si radica in tempi assai lontani. Una tradizione mai smentita della quale è possibile rintracciare i primi segni fin dal 1650, con l’istituzione dell’Accademia dei Reverenti, che qualche anno dopo si trasformerà in quella dei Disposti. A tale tradizione pare riferirsi anche il Commissario Valerio quando, illustrando la scelta di Jesi, sostiene che questa si “raccomandava in modo peculiare all’attenzione del Governo per la grande convenienza di promovere 44 sempre più e migliorare quant’è possibile le buone pratiche d’agricoltura, in cui vanno già così segnalati gli abitanti del suo distretto.” Se il Decreto istituisce la sezione agronomica, l’anno dopo, però, inopinatamente, si tenta di far cominciare i corsi della sezione commerciale in luogo di quelli di agronomia e di conseguenza, in realtà, i corsi hanno inizio solo nel gennaio del 1863. L’anno successivo, a capo dell’istituzione viene nominato il preside e professore di agraria Ruggero Rosi che ripristina l’originaria vocazione agronomica dell’Istituto Tecnico che assumerà il nome di “Regia Scuola Speciale di Agronomia ed Agrimensura”. Nei decenni successivi ed in particolare tra la metà degli anni ‘70 dell’Ottocento e i primissimi anni del Novecento, l’Istituto fu tra i protagonisti delle Esposizioni internazionali e nazionali. Erano gli anni della grande crisi. L’Europa subiva il contraccolpo economico e finanziario della recente guerra franco-prussiana. Ma oltre a questa crisi congiunturale, c’era anche una crisi strutturale, che riguardava i fenomeni complessi legati alla nuova fase di industrializzazione su base mondiale. Le Esposizioni universali rappresentavano, in questo scenario, l’occasione per tentare di rilanciare l’economia mondiale risultando di conseguenza potenti stimoli per l’avanzamento dell’industria nazionale e locale dei Paesi partecipanti e importanti occasioni per le scuole che vi partecipavano per fare un bilancio dell’attività didattica, per mettersi al corrente delle più avanzate esperienze dell’istruzione tecnica, per competere con gli istituti più progrediti, in quello spirito di emulazione che contraddistingue la scuola italiana dell’epoca. Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi Il Diploma dell’Esposizione universale di Parigi del 1900 Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi In alto, a sinistra la sede “storica” dell’Istituto dal 1899 al 2000. A destra un rilievo del Ricovero “Vittorio Emanuele II” datato 1905. Sotto il rilievo di due poderi in contrada Monte Latiere (località nella campagna jesina) del Signor Cavaliere Giuseppe Honorati 45 | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi ANNO III Aula di Topografia, primi decenni del ‘900 È in questo contesto che si inserisce l’Istituto che, pur situato in una piccola località di provincia e con appena quindici anni di vita, dopo alcune prestigiose visite ministeriali meritò, su sollecitazione del Ministero della Pubblica Istruzione, la partecipazione all’Esposizione universale di Parigi del 1878. La scuola partecipa all’importante esposizione con progetti, “maquette” e ricerche realizzate dagli studenti, conseguendo il diploma rilasciato il 15 giugno 1879 e contribuendo così all’ottimo risultato dell’Italia che portò al Ministero una medaglia d’oro. La partecipazione all’Esposizione universale di Parigi e le lusinghiere affermazioni internazionali dell’Istituto, oltre a riempire di orgoglio i cittadini, suscitarono anche l’apprezzamento delle Autorità locali ed in particolare del Municipio che consegna all’Istituto il podere sperimentale, già patrimonio scientifico del comizio agrario, per i propri esperimenti e come prezioso sussidio alla didattica. Nel 1898, in una situazione sociale e politica molto tesa, Torino apre la vetrina nazionale dell’Esposizione generale italiana. L’Istituto partecipa alla manifestazione conseguendo anche in questa occasione lusinghieri e meritati riconoscimenti. L’esposizione di Torino divenne l’occasione buona per riportare l’Istituto alla ribalta della considerazione ministeriale. Nel 1899, memore delle giornate torinesi, il Ministero invita l’Istituto a partecipare all’Esposizione universale di Parigi del 1900 a cui l’Istituto aderisce. Vitaliano Cinti, nel volume I 120 anni del “Cuppari”. Una scuola nella storia di una città (edito dal Centro Studi Jesini nel 1980, in prossimità delle celebrazioni per il 120° anniversario della fondazione dell’Istituto) scrive: “vi si presenta con molti e decorosi documenti della sua attività, tra i quali un album di fotografie sulla scuola e sul podere modello, le opere didattiche e scientifiche degli insegnanti e 46 i lavori degli alunni. Tra questi, quelli di lettere italiane che, a ritrovarli, costituirebbero un bello squarcio sul concetto di ottimo nella valutazione del compito di composizione italiana. La qual cosa desta anche una curiosità, cioè cosa potessero rappresentare gli elaborati dei nostri alunni e in lingua italiana nella esposizione universale di Parigi. […] La partecipazione all’esposizione universale di Parigi del 1900 fu un avvenimento storico per il Cuppari; per essa erano stati fatti minuziosi preparativi che avevano fatto vivere in ansia tutti i collaboratori dell’iniziativa. In questa esposizione parigina del 1900, il nostro istituto conseguì la medaglia d’argento.” Dopo quella grande occasione di Parigi che inaugurava il nuovo secolo, l’Istituto va attenuando gli impegni su questo versante, riducendo vistosamente anche la propria esposizione “mediatica”. Nel 1903, il prof. Felcini inaugura la serie delle conferenze domenicali di agraria, dirette ai coloni del Mandamento di Jesi. Un’attività più nascosta e silente, ma assai più produttiva, forse, sul piano dell’efficacia reale e più diretta ad incidere sul tormentato tessuto socio-economico della Vallesina. Nel 1904 l’Istituto partecipa alla Mostra nazionale di Ragioneria, indetta dalla società degli agricoltori a Roma. Ma sul fronte delle mostre e delle esposizioni cala il silenzio. L’Istituto seguirà tutti gli avvenimenti che segneranno la storia del Paese, con il Ministero che segue le istituzioni scolastiche fin nelle minuzie. Preoccupato di tutto ciò che anima il mondo scolastico e giovanile, in anni turbolenti e drammatici, segue con attenzione i fremiti repubblicani tra gli studenti e gli insegnanti che vengono seguiti passo passo nella loro attività politica. Non va dimenticato che Jesi, per lunghi decenni, fu uno dei centri più vivaci e intraprendenti del repubblicanesimo storico mazziniano. Po la Grande Guerra, la storia continua... GEOMATICA Una riflessione sulla Geomatica di Luigi Mussio, Valentina Forcella del Politecnico di Milano – DIIAR DE FALSO CREDITE … (LORENZO VALLA) Consigli sottotraccia1 Oggigiorno va di moda parlare di credenziali scientifiche, in termini di autorevolezza della sede editoriale che ha permesso la pubblicazione di un certo lavoro scientifico. Il problema è certamente rilevante e la risposta data è non infondata, almeno parzialmente. Tuttavia l’uso spicciolo che ne fanno i più è addirittura assurdo. Nessuno legge più nulla, i lavori si contano, suddivisi per categorie, come al mercato si pesano le varie merci, suddivise per qualità nominali. Eppure così come un mercato, dominato dalla logica: usa e getta, non è più in grado di valutare le qualità reali, ma si affida ai marchi, ai loghi ed alle griffe, altrettanto nessun lavoro è più letto, ma solo contato, suddiviso per categorie. È vero, esistono i revisori, ma un revisore è pur sempre un lettore cieco (e giustamente cieco) che non conosce il percorso della ricerca, la storia personale del ricercatore e del suo gruppo di lavoro. Essi vanno bene per una comunicazione al mondo, non per una vera valutazione della crescita di un singolo ricercatore e/o un gruppo di ricerca. Per questo compito, servono i maestri che lavorano 1 48 Chi scrive ricorda bene come, tra la fine delle scuole medie e l’inizio delle superiori, un prezioso consiglio, ricevuto gratuitamente, abbia sentenziato autorevolmente di non preoccuparsi per come e cosa uno scrive, ma di leggere moltissimo ... poi uno avrebbe anche imparato a scrivere. L’importanza del consiglio è davvero capitale. Per saper scrivere, leggere è indispensabile e fondamentale, per quanto riguarda tanto lo stile, quanto i contenuti. L’autore crede di saper scrivere abbastanza bene e gli piace scrivere con una certa libertà, ma soprattutto ha fatto tesoro dei consigli ricevuti. Ha letto, legge e continuerà a leggere molto: quello che scrive è una minima parte di quello che impara e serve a mettere insieme quello che sa con quello che fa, soprattutto per lasciare testimonianza per sé e per tutti gli altri volonterosi. Leggere è uno stimolo pressante, uscire dalla propria routine, provare il gusto della ricerca, scoperta e novità, ed una sfida continua, rischiando le proprie meschine sicurezze. in osmosi (come nelle antiche botteghe artigianali) e possono aiutare. A tale proposito, bisogna essere chiarissimi: se non lo fanno, sono tromboni e devono essere cacciati (bastando un giudizio dal basso). Inoltre occorre non solo una bella carriera accademica, ma anche un’anzianità anagrafica adeguata che fa vera esperienza. Per contro, è altresì necessario denunciare il mondo degli affari, a volte non troppo adiamantini, che corrono parallelamente alla presunta fama delle migliori sedi editoriali. Infatti così come un’istruzione di base deve essere pressoché gratuita, mentre corre parallelo un mercato clandestino di lezioni private, ed anche un’istruzione universitaria deve essere abbordabile a costi moderati, mentre ancora corre parallelo un mercato losco di offerte para universitarie (in sedi discutibili e/o in reti telematiche), altrettanto sedi editoriali d’eccellenza dovrebbero offrire spazi alle cose migliori (in questo caso specifico, scientifico-tecnologiche), liberamente selezionate (e non auto-proposte) dal mondo della diffusione editoriale comune. Così purtroppo invece non è e, a fronte di cifre modeste chieste dalle normali sedi universitarie e/o dalle più comuni associazioni scientifiche, cifre almeno dieci volte maggiori sono spesso richieste dalle sedi editoriali dichiarate d’eccellenza. È la riproposizione della selezione sul censo, già odiosamente diffusa fin dai gradini più bassi dell’istruzione e via, via riproposta negli ambiti superiori. Allora un’opera di mera corruzione è messa in atto, non occorre essere bravi, occorre avere padri o padroni (con scambi di favori), oppure padrini (ad es., un coautore famoso) ricchi e potenti, così da accedere ai circuiti più ricchi. Chiunque altro, seppure bravissimo, non può esistere o deve affrontare fatiche inenarrabili, con sforzi incomparabili. A parte il rischio non trascurabile che la standardizzazione produca uniformità di pensiero e vere e proprie mode culturali2, resta da osservare, come proprio la formazione 2 Il rischio dell’appiattimento culturale, come conseguenza della standardizzazione e dell’uniformità di pensiero, non è affatto secondario, e può comportare la chiusura totale verso strade minori, i cui sbocchi sono comunque imprevedibili. Il caso Galileo è una prova eclatante. A quel tempo, i modelli forniti dalla cosmologia tolemaica davano risultati più attendibili dell’allora modernissima teoria copernicana (e le maree, citate a prova, non provano nulla, perché non dipendono dalla rotazione terrestre, ma dai moti congiunti di sole e luna). Eppure in meno di un scientifico-tecnologica abbia fatto incontrare a tutti, quali migliori modelli, quelli espressi da funzioni gradualmente variate, mentre la presenza di discontinuità generi condizioni di ben maggiore difficoltà. Allora non è difficile trasporre l’osservazione sul piano della crescita individuale e collettiva delle conoscenze. Credere a poche punte d’eccellenza è credere al mito del superuomo, un’idea forse errata e certamente pericolosa, come la storia e, in particolare, quella del secolo appena concluso, ha avuto modo di mostrare in tutta la sua tragicità. Infatti la crescita individuale e collettiva delle conoscenze ha successo, se e solo se alcune svolte (talvolta solo frutto del caso) avvengono in un clima di generale cura ed attenzione preparatorie. Diversamente rimangono sommerse e solo il tempo, a decenni o secoli di distanza, dà loro il giusto valore. A mo’ d’esempio, si confrontino il medioevo europeo (in abbazie e monasteri) ed il rinascimento italiano (delle botteghe artigianali). Il primo visse di molte paure, il secondo di grandi aperture, ma arti e scienze crebbero maggiormente nel secondo3. Del resto, anche la gelata controriformista del tardo ‘500 e del ‘600, contribuì a separare l’Italia dal progredire dell’Europa nord-occidentale, sulla scorta del rinascimento italiano. Un ultimo discorso verte invece sulla libertà e neutralità della ricerca ed i condizionamenti cui la scienza è sottoposta. Infatti la scienza, libera nelle sue premesse, è giocoforza sottoposta a condizionamenti di natura storica e culturale, ideologica e/o religiosa, sociale ed economica, ecc. perdendo così buona parte della sua teorica libertà e neutralità. Certi studi si fanno, in un dato periodo ed in una certa regione, perché sono da farsi, e certi altri non si fanno per altrettanto ovvi motivi. Eppure proprio la libertà del singolo ricercatore e del gruppo di ricerca è la garanzia che la scienza e la tecnologia collegata possano accrescersi, in modo neutro, lasciando ad altri il compito di fare mercato ed affari, sulla scorta delle conquiste ottenute. Invece una logica miope del profitto immediato porta a privilegiare la ripetizione stanca di sole applicazioni della ricerca e soprattutto costruire una pericolosa commistione d’interessi e talvolta anche di persone tra chi studia e chi vende, come incentivato con direttive dall’alto, perché altrimenti mancano i mezzi. È questa la strada sicura per abbandonare la ricerca di base, la sola che dà frutti di lungo periodo ed uscire dal confronto effettivo con altri nel mondo, in cammino sulla stessa via o su vie vicine che 3 secolo, la seconda teoria ha definitivamente sconfitto la prima, dimostrandola infondata. Umanesimo ante litteram sono anche la Sicilia di Federico II e soprattutto Firenze tra la fine del ‘200 ed il ‘300, fino alla peste nera. possono incontrarsi. Circa una relativa sicurezza contro possibili abusi, occorre un misto d’elegante etichetta, liberamente contrattata e condivisa, e di pubbliche denunce, senza troppi vergognosi compromessi. La sapienza è collettiva e l’amicizia tra persone sagge permette loro di completarsi reciprocamente (Seneca, dalle Lettere a Lucilio, come riportato in Paul Veyne: Seneca). Con un po’ d’ottimismo, si può procedere ad estendere l’utilità dell’aiuto reciproco anche alle persone incolte (portatrici di altre esperienze e culture, spesso a torto considerate minori). All’epoca di Seneca invece esistevano ancora gli schiavi. Sono poi esistiti a lungo e, insieme alle donne, non avevano molti diritti. Oggi dovrebbe essere ben diverso, ma non è sempre così. Qui ed ora, sembrano comunque interessanti le due parole: collettività e reciprocità, in particolare, nel dibattito attuale sul merito. Quando in modo fascistoide, si saranno infine identificati pochissimi supereroi, tutti saranno più poveri, perché la circolazione sarà impedita ed il pensiero unico sicuro vincitore. L’uniformità genera disaffezioni e banalizzazioni, oltre tanta noia. Inoltre quando la frenesia d’apparire eccellente farà correre rischi eccessivi e non controllati ai prodotti scientifici (come già oggi accade, in ambito economico, con le scatole cinesi, le catene di Sant’Antonio, ecc.), quanti vorranno ancora uniformarsi ai dettami della seguente autorevolissima frase di Isaac Newton. In verità, non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la ragione di queste proprietà … e non invento ipotesi (Isaac Newton, dai Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, brevemente noti come Principia). L’umana solidarietà e solo essa è capace di concepire, mettere in atto e consolidare qualcosa di positivo, in un mondo complesso, caotico e contraddittorio, e purtroppo spesso capace di generare situazioni negative. Tuttavia questa felice condizione non si attua spontaneamente, ma deriva da scelte coraggiose e responsabili di singoli uomini e di loro gruppi. Pertanto nonostante tante fondate speranze, spesso accade proprio il contrario di quanto sarebbe altrimenti auspicabile. Infatti alcune cose proprio non vanno, non solo nel mondo travagliato contemporaneo ed in questo paese, così poco normale, ma anche dentro il mondo universitario, dove protervia, fellonia ed ignavia la fanno spesso da padrone, a discapito di tante persone perbene che ivi lavorano, operano e s’impegnano. Allora la connivenza sia detestabile, la denuncia debba essere ferma ed il giudizio sia severissimo. 49 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Forse voi che pronunciate questa sentenza avete più paura di me che la subisco4. (Giordano Bruno, Roma 1600). Confederazione od impero Oltre al rischio dell’appiattimento culturale, inevitabilmente connesso all’uniformità di pensiero ed alla standardizzazione della cultura, ed alla vergogna della prostituzione culturale, con il servaggio e/o la rincorsa di/a padri, padroni e padrini, un’altra considerazione attiene alla questione, se sia preferibile per il futuro prossimo venturo: una confederazione o l’impero. Infatti la scelta non è neutra ed anzi è carica di gravose conseguenze. L’impero è il trionfo della dominazione tecnologica (come già nel mondo antico di quella militare) con la costruzione di un simulacro di democrazia, dove gli inclusi appartengono ad una casta di ottimati, mentre gli esclusi sono paria. Una confederazione lascia isole di autonomia (ciascuna con le proprie capacità di auto-organizzazione, crescita e controllo), con la fondata speranza che la crescita inviti a costruire ponti con le isole più vicine (dove le potenzialità della rete fanno sì che la nozione di vicinanza non sia più semplicemente solo quella della contiguità geografica). La storia si è ben occupata di dimostrare come tutti gli imperi, quando hanno raggiunto la loro massima fase d’espansione e dominio, abbiano iniziato una fase decadente, talvolta arrivando rapidamente allo sfacelo ed altre volte avviandosi ad un lento disfacimento. Comunque tutto è disdicevole: l’aggressività dell’espansione e della conquista, la tragedia del crollo improvviso e il languore esausto della decadenza senza fine. In ogni caso, dalle ceneri di nessun impero è mai nata una condizione di vero progresso e sicuro sviluppo. 4 50 Questa è la frase lapidaria, indirizzata ai giudici del tribunale dell’inquisizione cattolico-romana, che pronuncia Giordano Bruno (eretico impenitente, così scrivono le cronache dell’epoca), prima di essere messo al rogo (giovedì 17 febbraio 1600, in piazza Campo dei Fiori a Roma), e serve a commentare un lavoro, scritto tra immaginazione e razionalità, con pensieri di minoranza sul trattamento delle osservazioni, la geostatistica e la geomatica. Per correttezza e completezza (ma ovviamente senza alcuna giustificazione da ambo le parti), occorre ricordare come anche i calvinisti mettono al rogo (Ginevra, 27 ottobre 1553) Michele Serveto, teologo eretico, medico-umanista, scienziato e matematico spagnolo. Solo nel ‘900, la città calvinista di Ginevra riconosce l’errore compiuto, mentre solo dopo l’unità d’Italia, Roma laica costruisce una memoria tangibile per il crimine commesso verso Giordano Bruno. Discorsi analoghi e comunque sempre esecrabili possono parallelamente essere fatti nei riguardi della crociata cattolica contro gli albigesi in Provenza (o quella più sommessa, ma ugualmente crudele, contro la pataria nel nord Italia), e dello sterminio degli anabattisti a Münster (successivo all’altrettanto feroce guerra contro la rivolta dei contadini nel centro-nord della Germania) da parte dei luterani. … Il forte si mesce col vinto nemico, col novo signore rimane l’antico; l’un popolo e l’altro sul collo vi sta … (Alessandro Manzoni, Adelchi, coro dell’atto III). Anche la circolazione culturale deve rispondere alla domanda confederazione od impero? Infatti una piccola comunità scientifica può stare unita sulla scena mondiale pseudo-globalmente. Tuttavia allorquando proprio la globalizzazione espande questa comunità immensamente, respingendo la tesi reazionaria di una democrazia per un’élite, si assiste alla formazione dell’impero, dove una casta di ottimati domina e tutti gli altri sono paria (a conferma, basta contare il numero di contributi per nazioni o gruppi di nazioni). Al contrario, una confederazione permette isole d’autonomia, al loro interno e tra loro, organizzate talvolta in forma reticolare, altre volte in modo gerarchico ed altre ancora secondo schemi misti. In tutti i casi, l’idea è quella delle botteghe artigianali, con maestri ed allievi, dove la gerarchia serve a fare scuola e la rete ad aprire alla benevola e cooperante concorrenza (dove qualche sfida ed addirittura qualche dispetto è ricambiato, quasi sempre, con il raggiungimento di traguardi maggiori e migliori). In ogni caso, proprio l’essere misto del sistema globale permette la circolazione dell’informazione, dalle tante novità positive alle poche, ma necessarie, denunce di negatività. Anche la pretesa di correggere tutti gli errori è un falso problema. A parte il fatto che un imperatore può impazzire ed allora occorre discutere sulla legittimità del tirannicidio, un arcipelago di isole è capace di mettere in circolazione la correzione degli errori, insieme agli errori stessi (che sperimentalmente si sa essere in numero piuttosto contenuto). La formazione di linguaggi differenti e di specie distinte, e le prove che si sono andati sviluppando con un processo graduale, sono stranamente parallele. In questo contesto, l’evoluzione delle teorie, come l’evoluzione delle specie, non è retta da un progetto e non tende ad uno scopo (Charles Darwin). Tutta la capacità d’adattamento si basa su un patrimonio di conoscenze (organizzazione statica in struttura dell’adattabilità) cui si contrappone lo smantellamento di certe strutture preesistenti (processo dinamico dell’adattamento). Mantenere una certa cultura sempre adattabile all’ambiente circostante, sempre mutante, consiste nella coesistenza equilibrata di questi meccanismi, ma purtroppo non è detto che il problema (della coesistenza equilibrata di questi meccanismi) abbia soluzione, sempre e dovunque (Konrad Lorenz). Concorrenza esasperata e ricerca del massimo profitto Oltre alle possibili degenerazioni gestionali, dovute a disdicevoli disavventure, ed ai sopraccitati rischi di monotematicità ed uniformità culturale, resta il fatto che il mercato, necessario per garantire la democrazia, non è capace di autoregolarsi e provvedere ad uno sviluppo omogeneo ed uguale, come la storia degli ultimi due secoli si è ormai ben impegnata a dimostrare. Non si vuole certamente invocare un grande fratello (ed è questo il senso dell’affermazione che il mercato garantisce la democrazia), ma spiegare come le cosiddette leggi del libero mercato siamo un’illusione, perché non tengono conto dell’incertezza e degli errori. Allora appellarsi al mercato ed alla concorrenza come criterio di regolazione è un’illusione, perché corruzione, concussione, collusione, connivenza e mafiosità sono tipiche degenerazioni, più o meno gravi, di una concorrenza sempre più sfrenata e sfacciata che altera vistosamente i risultati, perché non garantisce neppure uguali condizioni di partenza. La cronaca odierna, così come la cronaca passata e probabilmente quella futura, sono fedeli testimoni di quanto affermato, cosicché proprio quanto affermato resta sempre attuale. Eppure basta solo un po’ riflettere serenamente per capire, come quando il solo criterio di valutazione è il successo, economico, politico, accademico o professionale (come pure in altri luoghi diplomatico, militare od ecclesiastico), allora qualsiasi mezzo, lecito od illecito, diventa utilissimo a conseguire il fine prefisso. La concorrenza esasperata finalizzata ad una estremamente asimmetrica distribuzione delle risorse, in termini di uomini e finanziamenti, è il migliore veicolo per innescare tutti i sopraccitati fenomeni degenerativi, mentre un clima di pacata collaborazione e cooperazione facilita crescite omogenee e costanti. Questo non significa affatto che tutto sia equivalente, ma che solo il tempo e la storia, nel lungo periodo, sono capaci di dirimere e valutare varie tesi contrastanti e prodotti radicalmente differenti e diversi. La storia della scienza aiuta a capire, perché queste affermazioni siano corrette. Infatti il processo a Galileo potrebbe addirittura essere considerato corretto, nei limiti delle conoscenze del primo ‘600 (se i revisori sono considerati depositari della verità), mentre dopo Newton e maggiormente con la scoperta di Urano, il caso Galileo diventa una pietra al collo per l’ottusa ortodossia cattolica romana. A metà dell’ ‘800, l’algebra binaria di Boole è un gioco matematico, come le geometrie non euclidee da Giovanni Girolamo Saccheri (ancora in pieno ‘700) e Georg Friedrich Bernhard Riemann. Eppure la costruzione dei calcolatori, a partire dalla cibernetica di Norbert Wiener e dalla macchina universale di Alan Mathison Turing, ha dato un posto di primo piano alla prima, come lo sviluppo della fisica moderna trova, nelle seconde, fondamenti matematici essenziali, a partire dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein, per giungere alla modernissima ed ancora controversa teoria delle stringhe, quali elementi base costitutivi dell’universo. Tuttavia tutto ciò è oggigiorno terribilmente surclassato da nuovissime e gravissime emergenze su scala mondiale. Negli anni ’70 del Novecento, il Club di Roma ha promosso lo studio della stabilità dell’equilibrio globale mondiale nell’allora celebre Rapporto MIT. Esso ha individuato nella sovrappopolazione mondiale, nella sovrapproduzione industriale, nell’esaurimento delle risorse energetiche e delle materie prime, nella penuria di cibo e nell’inquinamento globale, i cinque principali fattori di rischio. Allora i limiti dello sviluppo sono stati derisi ed attaccati dai cantori dello sviluppo indefinito capitalista, così come dalle ortodossie religiose, nonché dalle oligarchie comuniste. Infatti i profitti di un capitalismo acefalo ed anarchico, una lettura fondamentalista di testi sacri (vecchi di millenni e scritti in ben altri contesti) ed una propaganda ideologica dogmatica ed inconcludente (il cui collasso sarebbe poi giunto in meno di venti anni) hanno avuto buon gioco a fare, tutti insieme, la voce grossa contro gli inaspettati profeti di sventura. Dopo circa trent’anni, il risorgere del fondamentalismo islamico con l’esplodere del terrorismo stragista, la guerra infinita, insensatamente scatenata, e l’emergere quasi improvviso di nuove realtà economiche, nel mondo in via di sviluppo (a partire da paesi sovrappopolati come Cina ed India, ma non solo), hanno presentato nuove e ben più gravi emergenze politiche, completamente ignorate, dal rapporto di allora. Infatti mentre la sovrappopolazione è un problema effettivo (di cui quasi nessuno sembra preoccuparsi), lo sviluppo imprevisto di nuove grandi realtà ha fatto esplodere il problema dell’approvvigionamento energetico (al momento soprattutto con l’impennata dei prezzi), ma ha anche generato una gravissima crisi alimentare mondiale (che ha effetti drammatici in paesi in via di sviluppo, per lo più, tra i più poveri e sovrappopolati), guerre locali per l’acqua fredde e/o guerreggiate (di cui non si è ancora in grado di valutare entità, portata ed effetti) e migrazioni incontrollate di vastissima portata di poveri e poverissimi. Collaborazione e cooperazione sono capaci di depotenziare i conflitti. A riguardo, non si vuole minimamente enfatizzare il loro ruolo e le loro capacità. Contrasti ed anche scontri sono stati presenti e sono occorsi anche nelle botteghe artigianali e nei gabinetti e/o negli istituti universitari (a tale proposito, è ben famoso ed irrisolto lo storico contrasto tra Gottfried Wilhelm von Leibniz e Isaac Newton sull’invenzione delle derivate). Eppure quando tutto questo non trascende i limiti della civile convivenza e non diventa il mezzo con il quale prevalere, a qualsiasi costo, tutto può essere tollerato, anche con un pizzico di divertita ironia. Invece quando l’esasperata concorrenza e la ricerca del massimo profitto distruggono 51 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 i limiti della civile convivenza e sono devastanti, perché la distruzione dei colleghi di lavoro, dei compagni di strada e forse anche dei vecchi amici è l’occasione per un maggiore successo, allora nulla può permettere sviluppi plurimi ragionati e curiosi, ma solo una china pericolosa, dall’appiattimento progressivo al più bieco servilismo. Chi saprà opporsi a questa tristissima deriva? Forse nessuno o solo qualche isolato maestro (sostenuto dalla memoria di suoi maestri, certamente ben più autorevoli, da cui gratuitamente ha ricevuto). Tuttavia come potrà indicare a qualche giovane una via alternativa a clientele e nepotismi, quando altre cordate sono comunque e sempre vincenti? Come potrà formare sicuri perdenti? Chi scrive non ha risposte! Una cosa sola resta da dire: i revisori (pur necessari, ma nel modo più leggero possibile), se usati come criterio assoluto di verità, ricordano gli inquisitori delle guerre di religione e dei roghi, i giacobini del terrore e della ghigliottina, i tribunali speciali delle moderne dittature nere e rosse, ecc. Un mercato che trascina libertà e democrazia a queste condizioni ricorda i suk e le mafie. L’unica seria alternativa sono ancora i maestri, così da promuovere sviluppi aperti che qualche revisore possa poi giudicare, per segnalare cosa il tempo e la storia ha messo in evidenza (sempre e comunque con tutti i necessari dubbi del caso). Ancora dubbi ed incertezze, ma i momenti alti della cultura (l’età di Pericle e quella di Augusto, l’umanesimo ed il rinascimento, l’illuminismo ed il positivismo) ne sono pieni. Oggigiorno poi il portato dell’enunciazione del teorema di indecidibilità di Kurt Gödel, della teoria della relatività (ristretta e generale) di Albert Einstein e del principio di indeterminazione/complementarità di Werner Heisenberg /Niels Henrik David Borh li pone a fondamento di ogni attività di studio e ricerca, ed al centro dell’intera vita vissuta quotidianamente. Allora un’alternativa praticabile al sanfedismo delle certezze e dell’arroganza è eliminare le poche mele marce e forse pensionare anticipatamente qualche vecchio trombone. Perché chi ha lungamente combattuto la degenerazione affaristica, riconosce volentieri gli effetti perversi e devastanti dell’esasperata concorrenza accademica (per conquistare piccoli e/o grandi benefici, a scapito di chiunque altro sia d’ostacolo), in luoghi dove dovrebbe essere bandita, pena un punto di non ritorno, quale la disgrezione di contesti civili minimi. Chi più sa, sa che non sa (Socrate). Uguaglianza, democrazia e regime La qualificazione e la distinzione dei regimi politici, nella loro natura più profonda e nel passaggio dall’uno all’altro, è l’atteggiamento di fronte all’uguaglianza (secondo la lezione di Norberto Bobbio). Esso è il valore politico 52 più importante ed oggi, tra tutti, il più negletto. Perché dall’uguaglianza dipendono tutti gli altri valori; anzi da essa dipende addirittura il rovesciamento nel loro contrario. • Senza uguaglianza, la libertà vale come garanzia di prepotenza dei forti e di oppressione dei deboli • Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto diventano privilegi e per quelli che stanno in basso concessioni e carità • Senza uguaglianza, la società, dividendosi in strati, forma gerarchie • Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i primi è ingiustizia per i secondi, perché: non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali (Lorenzo Milani) • Senza uguaglianza, la solidarietà si trasforma in ingiustizia sociale • Senza uguaglianza, le istituzioni, da luogo di protezione ed integrazione, diventano strumenti di oppressione e divisione • Senza uguaglianza, il merito e le capacità sono sostituite dal conformismo e la sottomissione Nell’essenziale, senza uguaglianza, la società è un regime castale, la dignità prostituzione e la democrazia oligarchia. Allora quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le forme di quest’ultima possono anche non scomparire, ma si trasformano e rovesciano. I diritti politici diventano armi nelle mani di gruppi di potere, per regolare conti della cui natura, da fuori, non si è nemmeno consapevoli. Oggigiorno si osserva una società, ormai divisa in strati, non più comunicanti tra loro e diffusi fenomeni di impoverimento e precarietà di una parte non piccola della popolazione. • Al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d’interesse, per i quali non c’è legge, perché è tutto permesso e, se la legge è d’ostacolo, la si piega o si cambia, oppure non la si applica. • In mezzo, una società stratificata e sclerotica, tipo Ancien Régime, dove la mobilità è sempre più scarsa e la condizione sociale di nascita, sempre più, determina il destino. • Più in basso di tutti, stanno gli invisibili (e gli intoccabili), senza diritti, obbligati a subire tutto, perché senza protezione di legge che non li considera. Se si accetta tutto questo, con un misto perverso di indifferenza o rassegnazione, oppure sterile ribellismo, il resto viene di conseguenza. Allora la coercizione dello stato è inegualmente distribuita: maggiore quanto più si scende, nella scala sociale, e minore quanto più si sale. Il diritto penale, di fatto, è un diritto classista e, per i potenti, il processo penale non esiste affatto. I diritti sociali e la garanzia pubblica sono progressivamente sostituiti dall’intervento privato, dove chi più ha più può. Non sorprende, se il lavoro, primo diritto di cittadinanza, in base alla Costituzione, si riduca ad una merce di cui fare mercato. È difficile dire, se quello attuale sia un regime totalitario. Nel senso classico delle dittature novecentesche: certamente no, tuttavia l’abbacinamento della pubblicità ed il senso d’impotenza invitano a riflettere seriamente (liberamente tratto da un autorevole intervento di Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte Costituzionale). Il labirinto della conoscenza e del sapere (parzialmente tratto da una lezione di Umberto Eco) Il mondo è suddiviso e ritagliato dalle astrazioni, e questi frammenti parziali appaiono così aerei e privi di sostanza da insinuare il dubbio, se sia ancora possibile reincollare il mondo (Ernst Waldfried Josef Wenzel Mach). Forse è qui che va cercata l’origine di un malessere che oggi si chiama con molti nomi: modernità liquida, pensiero debole, paura della scienza, relativismo, morte dell’arte e angoscia della tecnica. Eppure è stato l’abbandono dei fondamenti che ha permesso al pensiero di conquistare orizzonti nuovi e sconfinati. Per quelle fondamenta si può provare qualche forma di nostalgia, ma tale passione, alla fine, diventa tensione verso il nuovo, ricerca del senso stesso del percorso e della volontà di costruire forme. È dallo spregiudicato riconoscimento di questa nostra condizione che può oggi muovere un rinnovato illuminismo. Dopodiché, come dicevano i personaggi del Dialogo galileiano, finito di discutere come vanno i cieli (o di come si può algebrizzare il lancio dei dadi), si può gustare, per un po’, il bello in attesa. Se i fatti non sono pensabili, a prescindere dalla struttura proposizionale del linguaggio, e se opinioni ed asserzioni risultano correggibili, solo a partire da altre opinioni ed asserzioni, allora l’idea di una corrispondenza, tra i pensieri e le cose che stanno fuori nel mondo, appare un’idea fuorviante ed insostenibile. Non si può descrivere la natura, usando un linguaggio unico ed immutabile. Di conseguenza, nella prospettiva del pragmatismo, conoscere la realtà non significa fotocopiarla, ma venire a capo delle sue sfide. Si arriva a conoscere i fatti, solo imparando ad elaborare costruttivamente un ambiente imprevedibile e complesso. Le risposte che dà la natura sono sempre indirette, in quanto restano legate alla struttura delle domande. Tutto ciò che si chiama mondo non è la totalità dei dati di fatto, ma l’insieme delle limitazioni cognitivamente significative che sono imposte agli sforzi d’imparare dalle reazioni della natura e di avere il controllo sulle stesse, a partire da previsioni attendibili. Una seconda e più radicale spinta dell’illuminismo deve rinnovare le ragioni autentiche di una modernità che non ha tenuto fede alle sue promesse. La modernità deve ricavare Simbolo a forma di labirinto nella Domus de Jana di Luzzanas in Sardegna, 6.000 a.C. circa ogni normativa solo dal proprio interno. Non esiste nessuna autorità, né un punto fermo, al di là dell’impenetrabile vortice della contingenza. Nessuno può sottrarsi al proprio contesto locale, senza ricadere immediatamente in un altro contesto. D’altro canto, la condizione umana è caratterizzata dal fatto che il realistico riconoscimento della finitezza e dell’essere corruttibile della persona umana (fallibilità della ragione, vulnerabilità del corpo e conflittualità della convivenza) può trasformarsi nell’impulso creativo, a migliorare società e cultura. In questa luce, si deve imparare a considerarsi partecipi di una modernità consapevole, affinché non si debba rinunciare alla speranza in un futuro migliore che invoca inclusiva e fraterna convivenza, seppure in questa società mondiale lacerata sul piano politico, sociale ed economico, ed in modo precario ed indebolito. A riguardo, una delle rappresentazioni più significative della vastità e complessità della realtà, dove l’umanità si trova immersa, è data dal labirinto. Infatti esso concepito, costruito e rappresentato, fin da epoche antichissime, mostra chiaramente la difficoltà di prendere decisioni, di fronte a conoscenze, incomplete e incerte, da cui derivano frequentemente condizioni di provvisorietà e precarietà. Considerazioni strutturali sono poste ad ulteriore dimostrazione delle difficoltà enunciate, in quanto è certamente possibile uscire da un labirinto piano, anche se il tempo di percorrenza può essere molto lungo. Al contrario, se il labirinto è spaziale (e per ottenere questo bastano già ponti e gallerie) ed esso è strutturato per corridoi (e non per sale nel qual caso, trattandosi di una forma a cipolla, è possibile ridursi ad una sua opportuna sezione piana), non è mai possibile sapere, se un corridoio si ritorce su se stesso, 53 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 rientrando dall’esterno all’interno del labirinto (come un filo spinto da un ago dentro un gomitolo). Ritornando all’alternativa tra reincollare il mondo e modernità liquida, relativamente ai modi di fare ricerca scientifica e didattica conseguente, occorre ribadire l’importanza di avere conoscenze ed interessi a largo spettro, seppure in forma critica. Infatti se queste stesse sono investigate scientificamente e didatticamente impartite, allora è possibile evitare il rischio di ricerche monotematiche, rincorrendo le mode del momento, e soprattutto una loro prematura obsolescenza, dovuta agli inevitabili cambiamenti delle esigenze ed attese sulla scena mondiale. Un primo esempio è dato dalle tappe della formazione matematica che deve partire nella scuola materna dalla conoscenza dei numeri, crescere in quella elementare con le tabelline (anche rovesce) e le frazioni, per giungere nella scuola media alle potenze ed all’algebra, ed in quella superiore alle disequazioni, alla trigonometria ed alla geometria analitica. Solo così la modellazione matematica, tipica delle scienze applicate, sarà davvero un habitus mentale acquisito. Un altro grande esempio è dato invece dalla scoperta fortuita della penicillina (in una coltura batterica uccisa dalla muffa) che non sarebbe stata neppure apprezzata, se non fosse stata lungamente cercata, nello stesso periodo. Infatti essa è seguita all’epidemia della spagnola, alla fine della prima guerra mondiale, che ha cancellato un decimo della popolazione europea, tre secoli dalla peste bubbonica, di manzoniana memoria, che ne ha cancellato il venti per cento. In tre secoli, la società europea aveva fatto passi da gigante (dalle carrozze ai veicoli a motore, anche aerei, come pure dai piccioni viaggiatori ai telefoni ed alla radio), ma la cura delle infezioni non aveva progredito altrettanto (seppure l’Ottocento abbia studiato varie malattie e scoperto importanti vaccini). Tutto ciò per dimostrare come solo una conoscenza orizzontale permetta di conoscere ed apprezzate le punte d’eccellenza e le svolte significative (entrambe riconosciute, quasi sempre, a posteriori), evitando false, assurde e pericolose mitologie di superuomini e/o supereroi. Essere affamati di consolazione non consola affatto, perché una fede compiacente non crede a ciò che crede, anche se non ha il coraggio di smettere di credere; al contrario, bisogna disimparare a sperare a vuoto, proprio da ciò che si rivela disperante (Montaigne). Esempi preclari di una conoscenza orizzontale sono i dibattiti, tra scienziati e scienziati sociali e/o filosofi come, ad esempio, quello su struttura della materia, le concezioni cosmologiche e linguaggio matematico-statistico, tra Wolfgang Pauli, un fisico teorico, e Carl Gustav Jung, uno psicanalista. 54 L’esperienza ha mostrato che, sia la luce, sia la materia si comportano, da un lato, come particelle granulari, dall’altro, come onde. Questo risultato paradossale ha reso necessario rinunciare ad una descrizione causale della natura, nel consueto continuum spazio-temporale, sostituendola con invisibili campi di probabilità, in spazi pluri-dimensionali, che rappresentano propriamente lo stato raggiunto dalle attuali conoscenze in materia (C.G. Jung, Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche). La riduzione della simmetria, ecco il cuore della bestia! Del resto, la divisione è un antico attributo del Diavolo. … Il vecchio tipo di spiegazione della natura, con il presupposto di un osservatore indipendente, assume un decorso totalmente determinato dei fenomeni naturali; invece la scienza odierna è giunta ad un nuovo tipo di spiegazione. Il caso cieco, privo di finalità, e la probabilità primaria, senza leggi deterministiche, con forza, sottolineano l’elemento della libertà nei processi naturali (W. Pauli, Psiche e natura). Un altro dibattito, altrettanto fecondo, anche se non così assonante, è avvenuto tra il linguista (genetista) Noam Chomsky ed il filosofo (strutturalista) Michel Foucault, sulla natura innata e biologica e/o sociale e culturale del linguaggio. Infatti tutti gli assunti, grandi o piccoli, si basano su un comune substrato biologico, una determinata costruzione storica e convenzioni civili (a loro volta, per lo più, basate su certi portati culturali). Oggigiorno alcuni giovani filosofi analitici parlano di una nuova metafisica, nel senso letterale del termine (cioè andando “oltre le cose fisiche”), perché gli assunti sono convenzioni non-verificabili sperimentalmente, ma invece regole di comportamento comunque necessarie per procedere. A tale proposito, per chi è meno giovane, non è facile nascondere una certa perplessità di fronte ad una parola che richiama ortodossie ed inquisizioni. Tuttavia poiché non è mai bene essere bacchettoni in ogni direzione, è altrettanto doveroso riconoscere come queste siano state perverse degenerazioni, mentre nel mondo antico, la parola in sé abbia significato solamente quanto il suo etimo esprime, senza pericolosi fraintendimenti o strane forzature. Di conseguenza, gli assunti per un certo tipo di pensiero, linguaggio e/o comportamento sono una caratteristica umana e hanno permesso una comunicazione aperta ad ogni tipo di contenuto che, con svariate modalità e differenti situazioni, ha favorito la costruzione di relazioni sociali diverse. Allora l’informazione, da sempre essenziale, è diventata via, via sempre più importante, perché supportata dall’odierno sviluppo impetuoso dei media. In questo contesto, prodotti scientifico-tecnologici, come: • il mondo dei sistemi informativi a referenza spaziale (geografici e/o territoriali, cioè aventi la referenza spaziale forte, indotta dalle coordinate, oppure debole, in quanto solo descrittiva, come pure tempo-varianti e non, ovvero operanti su basi di dati dinamiche o meno); • la galassia delle immagini (dall’elaborazione delle immagini digitali all’informatica grafica dei modelli 3D e delle mappe pluridimensionali di colore); • lo sviluppo delle infrastrutture dell’informazione, con il loro ruolo attivo nello spazio, perché queste autostrade (fatte di reti di autostrade dedicate, come Internet, dove contributi importanti sono dati anche dalla telefonia mobile e dal Sistema Gnss: Global Navigation Satellite SistemS, a loro volta, sempre più integrati), oltre alle reti di servizi tecnologici, seguono le ferrovie ottocentesche e le autostrade novecentesche, devono essere studiati, comprendendo la loro complessità postmoderna, con gli strumenti culturali propri delle scienze umane, portando i loro contributi a sostegno delle tecnologie dell’informazione, dando senso e significato a metodologie e procedure, spesso semplici, ma non riducibili a fatui giochetti, e concependo insieme produttori e consumatori, in una negoziazione partecipata di contenuti e valori. OLTRE LE TRADIZIONALI ANALISI STATISTICHE GLOBALI Centralità marginalità e circolarità5 Gli studiosi di teoria della comunicazione, da tempo, hanno studiato bene i modelli di comportamento dei media e gli stessi modelli possono essere utilizzati anche per quel particolare settore che è la comunicazione scientificotecnologica, muovendosi dall’ambito dell’alta ricerca fino alle applicazioni vere e proprie, come pure dalla didattica più specialistica fino alla divulgazione di massa. La circolarità tra produzione e consumo è messa bene in evidenza dalle categorie di centro e margine che continuano a scambiarsi vicendevolmente posizioni e ruoli. Pertanto il concetto di margine e l’idea di marginalità si contrappongono a quella di libertà creativa ed integrazione culturale. Infatti: • la trasformazione burocratica del lavoro intellettuale crea nuovi vincoli; • la pratica critica si muove solo all’interno del contesto 5 Nella raccolta di documentazione da strutturare nei sistemi informativi geografici e/o territoriali, il racconto delle storie di vita, da un punto di vista geomatico, è uno strumento utile per recuperare l’esperienza individuale, per riflettere e parlare a riguardo, dove lo scienziato sociale si colloca dentro la comunità (e non al di fuori). Oggigiorno poi a meno di accettare un mondo acefalo, prigioniero della tecnica, è molto difficile ammettere una separazione netta tra scienze umane e scienze fisiche, cosa che mette tutti quanti in gioco, senza alcun punto di vista privilegiato. • • produttivo, a differenza di studi classici ormai antichi, e può determinare, anche se non necessariamente, appiattimento e standardizzazione; la percezione dei vincoli (imposti o supposti), propria della fase matura della modernità, da parte degli stessi produttori di cultura, costituisce un limite alla propria creatività; il sapere comune si presenta ambivalente tra ammirazione divistica e condanna per il successo. La seguente tabella a doppia entrata mostra dove conducono o cosa mantengono i processi, a partire da un’origine interna od esterna, per giungere ad un destino di compatibilità od estraneità. ORIGINE-DESTINO COMPATIBILITÀ ESTRANEITÀ INTERNA mantenimento espulsione ESTERNA assorbimento interdizione Origine è il punto di nascita di un elemento dell’industria culturale, in senso lato, (interno od esterno, rispetto all’industria stessa), mentre destino è il movimento assunto rispetto al sistema (compatibile od estraneo, così come l’elemento è compreso, costruito e trasformato, indipendentemente dalla propria origine). Allora: • il mantenimento è la conseguenza di un’origine interna ed una compatibilità rispetto al sistema, perché l’elemento è giudicato non conflittuale; • l’assorbimento (è la conseguenza) di un’origine esterna ed una compatibilità che causa un’accoglienza almeno potenziale (ad es., verso l’innovazione culturale e/o tecnologica); • l’espulsione (è la conseguenza) di un’origine interna, ma sentita estranea, perché l’elemento è diventato non gradito (ad es., la spirale del silenzio); • l’interdizione (è la conseguenza) di un’origine esterna ed ancora estranea che può permettere vita propria, in altri circuiti, senza entrare nel sistema (ad es., scelte consapevoli di marginalità). Tutte e quattro le situazioni sono concrete, dove i meccanismi interni determinano avanzate e ritirate, mostrando le caratteristiche proprie della dinamica della cultura. Del resto, la circolarità culturale è ben rappresentata da un modello di circuito culturale a diamante che si scompone in quattro elementi: produzione e consumo, mondo sociale ed oggetto culturale. Alcuni fattori agiscono sui processi. • La selezione ideologico-culturale spiega, attraverso la circolarità, perché alcuni contenuti, prima rifiutati, tendano poi a diventare compatibili ed essere assorbiti. • La centralizzazione produttiva comporta una selezione 55 ANNO III • • • • • | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 preventiva e determina la marginalizzazione di pur interessanti elementi locali, anche se talvolta può avvenire un recupero. In questo caso, pur non essendo l’industria culturale a fare da traino, certe tematiche, circolanti sotto-traccia nella società e nella sua cultura, sono ugualmente inglobate. L’ottimizzazione produttiva segue linee dettate dalla specializzazione professionale: standardizzazione dei processi e serialità dei prodotti (senza necessariamente vedere uno scadimento della qualità, se si ha capacità di attrarre autori provenienti da diverse esperienze), nonché centralizzazione burocratica e finanziaria (anche se la rete ha relativizzato il problema della centralizzazione produttiva). L’ordinamento e l’organizzazione dell’offerta integrano ogni prodotto, in un catalogo, e lo valutano sulla base della possibile risposta. L’integrazione nell’offerta ha lo scopo di relazionare un prodotto con altri prodotti analoghi o differenti, al fine di formare un circuito appetibile, ed allora la compatibilità con il consumo è un criterio di valutazione della qualità, misurata in termini di successo, dove un forte insuccesso determina la sparizione del prodotto. La costruzione del consumo può servire / rispondere per / ad un consumo spontaneo o auto-indotto (in casi abbastanza rari), oppure etero-indotto (grazie alla promozione dell’offerta). L’adeguatezza culturale consiste nella capacità di adeguarsi alla sensibilità del periodo, evitando di far sentire esclusi, cosicché un collegamento leghi produttori, editori e fruitori. Non esiste alcun oggetto culturale non collegato al proprio mondo sociale e, di conseguenza, gli oggetti culturali svolgono sempre ruoli definitori nel mondo sociale. Pertanto da un lato, il mainstream dell’industria culturale è connesso alla galassia che lo attornia, dall’altro ciascun elemento ha al suo interno una dialettica che può far emergere un qualsiasi aspetto come dominante, grazie anche alla consapevolezza di alcuni attori-intermediari culturali. Per comprendere pienamente il mondo dei media ed i suoi effetti, occorre parlare di comportamenti e giudizi fortemente oscillanti, con apocalittici che attribuiscono ai media ogni potere di manipolazione ed integrati che celebrano l’utilità dei media. A loro volta, i media sono divisi tra potenti, secondo la teoria ipodermica o critica, e deboli o limitati, secondo la teoria a due stadi o di usi e gratificazioni, e poi ancora di effetti su scala collettiva ed effetti a scala limitata, come pure sul medio-lungo termine ed a breve termine. • Il modello dei differenziali o scarti di conoscenza attribuisce effetti potenti ai media nel medio-lungo 56 • • • periodo, perché la diffusione dei media è un fattore d’aumento delle disuguaglianze sociali tra gruppi sociali ricchi e poveri d’informazione, dovuto ad effetti di retroazione ed alla capacità di far fronte al divario informativo, come pure al sovraccarico. La teoria della coltivazione si rivolge agli effetti a lungo temine, perché un mezzo, più potente di altri mezzi, agisce come costruttore della realtà, inducendo ad assorbire, gradualmente e cumulativamente, rappresentazioni della realtà che tendono a sostituire la realtà stessa. L’ipotesi moderna dell’agenda setting non costruisce teorie o modelli ed indaga in modo non deterministico. Il punto di partenza è la constatazione del divario tra realtà vissuta e realtà presentata. Tuttavia il differente potere di agenda su diversi argomenti (a riguardo, basti pensare all’impaginazione dei temi o all’organizzazione di un ordine del giorno) crea una dipendenza cognitiva e fa sì che l’agenda dei media influenzi l’agenda del pubblico. Il modello della spirale del silenzio riscontra, nelle novità dei media, consonanza e cumulatività, dovute a rappresentazioni omogenee ed addirittura unanimi, ed alle caratteristiche pervasive del mezzo. La paura dell’isolamento spinge al conformismo e ad aderire all’opinione dominante, dando avvio ad una, davvero catastrofica, spirale del silenzio, dove chi dubita o dissente finisce zittito ed isolato. Tuttavia tale teoria, pur utile in sé, ha un’intrinseca debolezza, testimoniata dalla progressiva differenziazione delle modalità tecniche e dei contenuti, e dal ruolo comunque alternativo, svolto da minoranze attive. L’egemonia culturale si esplica dapprima nel concetto gramsciano d’egemonia delle classi dominanti, contro cui combattono le classi subalterne, e successivamente in quello del potere delle multinazionali che riducono il ventaglio delle opzioni e presentano le proprie come le uniche possibili, contro cui combattono i movimenti anti-globalizzazione (a tale proposito, basta citare la protesta / proposta no-logo). In quest’ottica, anche i media tendono ad amplificare la cultura dominante, così chi non ha opinioni tende ad accettare acriticamente le opinioni vincenti, mentre chi è portatore di una cultura diversa tende ad isolarsi, nella spirale del silenzio, anche se minoranze attive possono svolgere un efficace ed efficiente ruolo alternativo. • Leggere recensioni di opere, per poter essere aggiornato sul dibattito culturale e, in particolare, scientificotecnologico; • scegliere liberamente parecchie opere, per leggere testi originali ed innovativi, oppure saggi a compendio di una o più opere del passato, da quello più lontano a quello recente, oltreché letteratura; • usare strumenti, anche minimi, di appuntazione, riassunto e sintesi di quanto letto, con lo scopo precipuo di avere una documentazione permanente personale; • conoscere le più moderne direzioni della ricerca scientifica e tecnologica attuale, comprese quelle considerate secondarie e minori, valutandone liberamente l’interesse personale; • costruire una o meglio più propria/e linea/e di ricerca, dove alternare formulazioni teoriche a verifiche sperimentali, confrontandosi con altri interessati e disponibili; • documentare quanto svolto in lunghi e dettagliati rapporti, dove nessuno possa dire di continuare così, se l’intenzione reale è mantenere un qualche segreto; • riassumere quanto svolto in lavori di sintesi, destinati ad una maggiore circolazione, validazione e dibattito, compatibilmente con le proprie capacità di autopromozione, sono i compiti possibili, particolarmente raccomandabili, per queste minoranze attive6. Scopo della scienza non è tanto quello di aprire una porta all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’ignoranza (liberamente tratto da Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno e Max Horkheimer) Non solo diritti ma anche doveri Esiste una bella differenza tra fare scuola e fare feudo o forse solo corte (ma è solo una differenza di potere e non di stile), nonché e peggio famiglia, oppure addirittura cosca. Una prima misura a conferma della bontà della direzione intrapresa è data dalla presenza di donne, rispettate sempre come persone e mai ridotte ad oggetto (come di altre categorie, a torto, considerate marginali, ad es., extracomunitari e portatori di handicap) e della relativa importanza del ruolo svolto nel gruppo di lavoro. Infatti esigue presenze o ruoli comunque subalterni denotano una 6 Ancora come già detto in precedenza, una relativa sicurezza, contro possibili abusi, richiede un misto d’elegante etichetta, liberamente contrattata e condivisa, e di pubbliche denunce, senza troppi vergognosi compromessi. D’altra parte, chi non deve farsi perdonare, da alcuno, azioni disdicevoli giovanili (e forse non solo giovanili), quali il ribellismo estremista (talvolta addirittura armato), il disfacimento della droga (dalla cui china senza ritorno si ha avuto la fortuna di uscire per tempo, essendo tutto ciò forse solo il portato di una diversa ricchezza patrimoniale familiare, rispetto alla deriva dei più) e la prostituzione carrieristica (talvolta proprio in senso volgarmente letterale), può ora permettersi una totale libertà di pensiero, anche se deve tristemente constatare di aver, nel tempo, subito eccessivi tentativi di contrazione della libertà personale, così da sentirsi ormai privato della reale possibilità di autopromozione in grande. configurazione feudale o di casta del gruppo di lavoro, né vale alcun richiamo a supposte tradizioni passate per le quali esistono chiare e fondate spiegazioni. A tale proposito, proprio l’uso della statistica (demografica) permette di interpretare il passato, pur non potendolo condividere. Nei secoli passati e, tanto più, quanto si risale indietro nel tempo, la speranza di vita delle donne è stata, di gran lunga inferiore, a quella degli uomini. Prova provata è, ad esempio, la mancanza della figura della vecchia in opere letterarie od artistiche, quasi con la sola eccezione delle streghe (verso cui si è minacciosamente rivolto tutto l’armamentario repressivo dei vari poteri costituiti) e delle monache. Una spiegazione razionale individua quali cause della mortalità (anche di donne della nobilità): matrimonio precoce, numerose maternità ed assoluta mancanza d’igiene e di una medicina sicura. Del resto, le prime cinque lettere dell’alfabeto greco (risalente al IX secolo a.C. e probabilmente derivato da precedenti scritture sillabiche e/o ideografiche semite e camite) hanno un antico legame con l’ordine parentale / gerarchico di gruppi familiari / tribali (sociali) medio-orientali, mediterranei ed indo-europei. Per primo viene il maschio adulto (paragonato al toro a), secondo il maschio anziano7 (… al bue b) e terzo il maschio giovane (… all’ariete g), solo quarta la donna (senza distinzione d’età, intesa come fattrice di figli d o meglio D), infine ultimo il/la bambino/a (paragonato ad una cosa piccola e: un bambino senza genitori non è più nessuno e non esiste una parola contraria di orfano8, perché perdere figli piccoli era irrilevante). Allora occorre rilevare come la composizione sociale degli studenti universitari e degli allievi del dottorato presenti, sempre più, una presenza significativa di ceti popolari e categorie più deboli (come le donne nei cui confronti massimo deve sempre essere il rispetto, anche se purtroppo si hanno esempi contrari). Per tutti questi, il merito deve valere più delle raccomandazioni di padri, padroni e padrini (con nepotismi, clientele ed altre, poco edificanti, cordate), dove il merito deve essere attentamente valutato, entrando nella sostanza, caso per caso, e non derivare dall’applicazione automatica di formulette risibili (spesso costruite, ad hoc, per dimostrare fintamente tesi precostituite, di fatto, ad ulteriore conferma delle suddette raccomandazioni). 7 8 Un’interpretazione alternativa propende per la casa, ma a ben riflettere i vecchi e la casa non sono “cose” troppo lontane. Questa ultima affermazione può un po’ stupire, non essendo improbabile, anche in età antica, la perdita di un figlio adulto da parte di un padre anziano (si pensi, ad esempio, nell’Iliade di Omero: Priamo supplicante Achille per il corpo di Ettore, ucciso in duello), ma così è evidentemente. 57 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Alcune semplicissime considerazioni permettono di dare enfasi al merito, senza incorrere in crociate sanfediste che hanno solo lo scopo di far volare gli stracci, affinché tutto rimanga sostanzialmente invariato. • Una prima raccomandazione generale, contro tutte le clientele, suggerisce che chiunque vinca un posto a concorso debba cambiare sede universitaria. Un’eccezione può essere prevista solo per un concorso dopo 15 (o forse 20) anni di servizio, nel ruolo inferiore, in una stessa sede. • Una seconda raccomandazione particolare, contro il nepotismo, suggerisce che nessuno possa vincere un posto a concorso nel settore scientifico-disciplinare di un parente od affine fino al quarto grado9. • Una terza raccomandazione particolare, contro tutte le cordate, suggerisce che, se qualcuno (che ha parenti od affini fino al quarto grado in un certo settore scientifico-disciplinare) ha vinto un posto a concorso in un altro settore scientifico-disciplinare, nessuna persona (con parenti od affini fino al quarto grado in questo secondo settore scientifico-disciplinare) può concorrere a posti del primo settore scientificodisciplinare. La terza raccomandazione è più laboriosa, ma impedendo scambi, obbliga quantomeno a triangolazioni, togliendo forza a cordate che hanno la loro forza in veloci corti circuiti, pochi controlli ed omesse denuncie. Non solo un filo rosso Un filo rosso è il ricamo su una tela chiara, così come un filo giallo è il ricamo su una tela scura. Allora quasi identicamente, un segno rosso può essere una scritta colorata su un foglio bianco (od uno schermo chiaro), così come un segno giallo può essere una scritta colorata su una lavagna nera (od uno schermo scuro). Gli altri colori complementari (verde e blu, rispettivamente del rosso e del giallo), per la non-equatorialità dei quattro colori base (a due, a due complementari), possono svolgere funzioni di supporto (ai primi due), ma sono meno adatti a formare un ricamo e/o una scritta colorata, risultando troppo pallido (il verde sul bianco) e quasi invisibile (il blu sul nero). Tutto ciò per spiegare il perché di un nome che è di uso frequente, quando si vuole mettere in evidenza il filo conduttore di un discorso prolungato od un’azione continuata. In modo analogo, si può mettere in evidenza il 9 58 La scelta di controllare parentele ed affinità fino al quarto grado è già presente nella formazione delle commissioni concorsuali e, di conseguenza, così è stata ripresa, nulla vietando una sua estensione a gradi più lontani, ove se ne ravvisi l’opportunità. motivo conduttore di una scena rappresentata, rifacendosi proprio al ricamo su una tela. In tal caso, la tela più utilizzata (almeno nelle epoche più antiche) è la tela grezza il cui colore chiaro è certamente più vicino al bianco che al nero. Di conseguenza, il motivo del ricamo è di colore rosso e non giallo (come su una tela scura), contribuendo bene a spiegare ulteriormente il perché di un nome abbastanza frequente ed altrettanto importante. Eppure nonostante l’importanza del filo rosso per decorare con un ricamo, esso non potrebbe essere messo in atto, senza il supporto di una tela (grezza o chiara) che, con la trama e l’ordito, costituisce il supporto indispensabile e fondamentale, costitutivo del tessuto su cui si appoggia la decorazione del ricamo. Allora anche qualsiasi discorso e qualsiasi azione non possono esistere se non sono inserite in un determinato contesto (geografico, ambientale, antropico, storico, economico, sociale e culturale) che li rendono possibili. Saper riconoscere l’importanza del contesto, della sua relativa contingenza e della sua possibile fragilità è un punto importante per dare la giusta valutazione a quanto da questo deriva e consegue. A tale proposito, il valore di tante collaborazioni, a partire dalle persone più importanti ed in vista, per giungere a quelle più umili e quasi-invisibili, si fonda su alcuni semplici meccanismi di comportamento: • svolgere un compito assegnato, con sollecitudine, senza attendere richiami e soprattutto senza cercare di farsi dimenticare dalla struttura di riferimento; • adoperarsi per superare le inevitabili difficoltà impreviste, invece di arrendersi alle prime difficoltà, invocando aiuti che spesso portano ad una sostituzione; • sentirsi parte della struttura di riferimento ed operare utilmente per essa, non comportandosi da estraneo per diventare via, via sempre più inutile, perché una struttura è un luogo di produzione e/o servizio, e non un ente assistenziale per i dipendenti, come intesa da qualcuno (evidentemente inadatto). Tutto ciò per riconoscere l’importanza di moltissime persone umili che, in modo davvero poco visibile, permettono lo svolgimento di tutte le varie attività. Infatti dagli impiegati di segretaria ai commessi, dagli addetti alla sicurezza a quelli alla pulizia, dai tecnici dei vari laboratori agli operai dei servizi tecnologici, qualcuno ha un ruolo poco visibile e moltissimi sono pressoché invisibili. Eppure certamente, senza di loro, non sarebbe possibile la vita associata e, in questo caso specifico, gli studi, la ricerca e la didattica, tutti i lavori che, da queste (e dagli studi a monte ed anche a valle), derivano e conseguono. Solo una falsa concezione solipsistica può far ignorare Giuseppe Pelizza da Volpedo, Il quarto stato (Museo del ‘900, Milano)*. tali contributi10, così come i contributi di quanti hanno affiancato l’autore negli studi, vissuto insieme le attività di ricerca e partecipato (da discenti e/o docenti collegati) alle attività didattiche. L’idea solipsistica di qualcuno (quasi fosse un semidio) che assurge alle vette inesplorate del sapere (così come del fare e/o del potere), quando tutti gli altri sono persi nella palude dell’ignoranza (dell’inazione e/o della condizione servile) è totalmente errata, oltre che particolarmente odiosa. Solo l’umana solidarietà è capace di concepire, mettere in atto e consolidare qualcosa di positivo, in un mondo complesso, caotico e contraddittorio, e purtroppo spesso capace di generare situazioni negative. Non esistono le razze (Dacia Maraini) Le razze non esistono. Si può parlare solo di popoli e di culture diverse, non di razze. Allora negli anni ’40 (del ‘900), non era una cosa scontata. L’Europa intera era invasa da ideologie razziste. Non credere alle divisioni dovute al colore della pelle, alla forma del naso o dei capelli era cosa che pochi osavano affermare. … (Solo un serio) antropologo non poteva pensare altrimenti, ma pure andava contro corrente e ne era consapevole, … (data la sua) profonda antipatia del principio di superiorità di un popolo sugli altri. Poi la guerra è finita, molti hanno capito quanti guai e catastrofi abbia portato il razzismo. Sembrava che la grande maggioranza degli europei fosse stata vaccinata contro la malattia. E invece ecco qui, di nuovo con le teorie della diversità che regolarmente si accompagnano al concetto di superiorità di una cultura, di una religione, di una nazionalità sulle altre. Idee che affascinano soprattutto i giovani, sedotti da intolleranze che a loro appaiono nuove ed alla moda, mentre sono antichissime e prevedibili. 10 Fra questi meritano rispetto e menzione anche quelli più umili, fino agli addetti alle pulizie, in realtà indispensabili e fondamentali. * Non è difficile, né irriverente, identificare gli odierni precari, come un moderno e tristissimo quarto stato! La pratica della cancellazione dalla memoria naturalmente peggiora le cose. … Ma la cultura del mercato diffida della memoria e fa di tutto per offuscarla. Anche le affascinanti prospettive di una revisione storica che azzera le responsabilità delle scelte storiche non aiutano certo a capire. Come dice, con saggezza popolare, Sancho Panza: “nel mondo ci sono solo due razze, quella di chi ha e quella di chi non ha”. Sono sempre quelli che hanno (potere, soldi, proprietà, cittadinanza, diritti, voce in capitolo) a stabilire cosa debbano fare e dire quelli che non hanno. I quali, quasi sempre, per poter lavorare, per avere una casa e vivere in pace, si adeguano. Salvo poi, alla goccia fatidica, prendersela col più debole, la moglie, i figli. Eppure l’Europa conosce bene i patimenti dell’emigrazione. Mi pare che, mentre siamo stati bravissimi nello sviluppare una cultura dell’emigrazione, non abbiamo finora saputo creare una cultura dell’immigrazione, dell’accoglienza, del buon esempio e delle regole. Fra l’altro tutti ammirano gli Stati Uniti per la loro energia e la loro potenza, e non tengono conto che sono il paese al modo che più ha saputo accogliere e fare sue culture anche lontane, con le loro religioni, le loro abitudini sociali, le loro filosofie, le loro tradizioni. Ed è stata proprio la capacità di trasformare tanti stranieri in ferventi americani che fa la forza del paese più potente del mondo. Io non chiedo a che razza appartiene un uomo, basta che sia un essere umano, nessuno può essere qualcosa di peggio (Dacia Maraini, Il sale sulla coda)11. 11 Quanto segue è un esempio, semplice e piccolo, ma buono che chi scrive ha avuto modo di mettere in atto, pur tuttavia senza alcuna presunzione di merito. È facile pensare all’Africa nera come un posto dove nulla di buono possa esistere, niente possa funzionare, nessuna positiva prospettiva possa essere concepita, ma è falso! In un mare di contraddizioni (che sarebbe ugualmente falso negare), persone educatissime, volonterose e competenti hanno contribuito per un ottimo simposio di un livello dignitosissimo. Come ovunque nel mondo, si sono alternati momenti alti a testimonianze di un onesto lavoro, senza tuttavia mai cadere nella banalità. Infatti dal 1996 al 2000, chi scrive ha avuto l’onore di servire la Società Internazionale di Fotogrammetria e Telerivamento (ISPRS), 59 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Senza memoria, non c’è coscienza (Henri Louis Bergson). Bologna, 12 Agosto – … tanti indigenti che giacciono per le strade, e gridano pane; non so se per loro colpa, o d’altri – so che domandano pane. Oggi tornandomi dalla posta mi sono abbattuto in due sciagurati menati al patibolo: ne ho chiesto a quei che mi si affollavano addosso; e mi è stato risposto, che uno avea rubato una mula, e l’altro cinquantasei lire per fame. Ahi Società! E se non vi fossero leggi protettrici di coloro che per arricchire col sudore e col pianto de’ proprj concittadini li sospingo al bisogno e al delitto, sarebbero poi sì necessarie le prigioni e i carnefici? … (Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)12. Libertà vo cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta (Dante Alighieri, Divina Commedia). Da tutto ciò, si noti come la modernità, contenendo già in se stessa il pericolo del totalitarismo, faccia sì che, ad esempio, i media (compresi quelli geomatici) diventino potenti strumenti di controllo sociale e politico. Infatti tutti i media possono diventare pericolosi, non di per sé, ma a causa della loro modernità. Come ben evidente, è sempre un problema di misura ed opportunità. L’avverbio “sempre” è volutamente scritto, per sottolineare problemi antichissimi e sempre nuovi, poiché da “c’è tempo e tempo” (Qohelet) a “c’è modo e modo” (di un’etica estetizzante come una semplice etichetta, liberamente contrattata e condivisa), corre un intervallo di tempo di oltre 2000 anni di storia. Pur nella compressione di tempi antichissimi, circa altrettanti ne sono corsi dalle prime saghe sumeriche ed accadiche, sulla creazione, al sopraccitato libro sapienziale biblico, poi nel corso del medioevo d’oriente, ripreso dalla tradizione ebraica dalla Qabbalah. Allora con un ben preciso riferimento alla teoria dei numeri, è interessante notare la presenza molto antica di numeri cosiddetti geomatici: 7 come responsabile del Gruppo di Lavoro della Commissione Tecnica n. 6: Cooperazione Internazionale e Trasferimento di Tecnologie. In questa veste, quattro simposi sono stati organizzati in differenti parti del mondo (Argentina, Indonesia, Africa subsahariana ed Est-europeo), cosicché i vari corrispondenti (quasi 400 persone, sparse circa 60 paesi diversi) potessero, almeno una volta, partecipare direttamente, presentando il contributo del loro lavoro e contribuendo, con la discussione, a mettere in comune e confrontare con gli altri esperienze, problemi e prospettive. Fra questi incontri, il terzo merita di essere citato, perché la sua organizzazione e messa in atto a Cotonou nel Benin, dal 6 al 10 dicembre 1999, è stata certamente una scommessa vinta, una sfida riuscita ed un pieno successo. 12 Anche ai giorni d’oggi, la politica del primo colpo e la guerra permanente sono certamente risposte gravemente sbagliate. 60 (questo primo numero anche astronomico), 17 e 32 (accanto ad altri numeri, biologi od astronomici, rispettivamente come: 2, 5 e 10, come pure 12 e 14, mentre 3 è soprattutto un numero teologico), dal racconto mitico della creazione, in sette giorni, fino alle trentadue vie della sapienza13. Qui merda che cola da tutte le parti e fifa generale (Leo Longanesi). I libri sono pieni delle parole dei saggi, degli esempi degli antichi, dei costumi, delle leggi, della religione. Vivono, discorrono, parlano con noi, ci insegnano, ci ammaestrano, ci consolano, ci fanno presenti ponendole sotto gli occhi cose remotissime nella nostra memoria. Tanto grande è la loro dignità, la loro maestà, e infine la loro santità che se non ci fossero i libri noi saremmo tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo del passato, senza alcun esempio; non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine; la stessa urna che raccoglie i corpi, cancellerebbe anche la memoria degli uomini (da una lettera del cardinale Basilio Bessarione14 al doge di Venezia Cristoforo Moro, Viterbo, 31 maggio 1468). È probabilmente vero in linea di massima che della storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti d’intersezione tra due diverse linee di pensiero (Werner Karl Heisenberg). Ogni volta che un oppresso pone mano alle armi in nome della giustizia, muove un passo nel campo dell’ingiustizia (Albert Camus). LA STIMA ED IL RISPETTO Stima è un termine bivalente, anche se i due significati sono fra loro collegati. Infatti stima è insieme valutare ed essere valutato. Così la stima effettuata è connessa alle operazioni di misura, mentre la stima concessa e/o ricevuta si collega al rispetto. Questo ultimo è certamente necessario e dovuto, per il mantenimento di buoni rapporti di relazione tra gli esseri umani, e si perde a fronte di comportamenti considerati illegittimi. L’assassinio, la menzogna, la frode e gli abusi sessuali sono alcune delle tante forme, facenti 13 Il numero trentadue deriva dalla somma di ventidue consonanti dell’alfabeto ebraico e dieci cifre (da uno a dieci). A loro volta, le ventidue consonanti possono essere raggruppate in 17 consonanti (simili alle consonanti indoeuropee) ed altre cinque consonanti. Queste ultime sono: due semiconsonanti, due consonanti mute ed una consonante che raddoppia l’aspirazione della consonante h. 14 Basilio Bessarione (detto anche Giovanni Bessarione), filologo umanista ed filosofo neoplatonico, è d’origine balcanica, scuola greco-bizantina ed a lungo ha vissuto in Europa occidentale, per missioni diplomatiche, svolte con spirito conciliatore ed unitario. sì che il rispetto venga perso, tanto verso se stessi, quanto riferendosi a quello concesso agli altri e/o ricevuto da questi. Tralasciando discorsi ovvi sulla menzogna e la frode, purtroppo discorsi sensati devono essere fatti, ancora oggigiorno, sulla gestione della sessualità. Infatti sembra quasi assurdo15, ma si oscilla spesso tra tesi, cosiddette puritane o perbeniste (talvolta solo fintamente, come nel caso di vizi privati e pubbliche virtù), e l’esaltazione del libertinaggio che riduce donne16, da membri di una propria corte dei miracoli fino a semplici oggetti del proprio divertimento. Tutto ciò è purtroppo cosa non infrequente anche negli ambienti accademici17, dove si trova chi, forte del suo ruolo (perché ad altri subalterni non sarebbero concessi, né tollerati), disturba giovanissime/i, oppure intrattiene rapporti ambigui (anche se forse consenzienti, quando ostentati pubblicamente) che inducono menti deboli al pettegolezzo. Per quanto riguarda invece il superamento delle tesi puritane, la storia del quadro della Natività di Filippo Lippi e dello stesso pittore sono altamente eloquenti. Infatti Filippo Lippi, orfano in tenera età (la madre muore di parto e perde precocemente il padre e la zia paterna) ed in convento da ragazzo, assiste all’affresco della Cappella Brancacci, da parte di Fra Masolino e del suo grande allievo Masaccio. Cappellano, a Prato, dipinge la suddetta Maternità, avendo per modella della Madonna una giovane e bellissima suora (Lucrezia Buti). Dalla loro unione, nasce Filippino Lippi e, otto anno più tardi, Alessandra. Lo scandalo, bigotto e codino, è risolto da Cosimo il Vecchio de’ Medici che scrive al Papa umanista Pio II (al secolo, Enea Silvio Piccolomini, nato a Pienza, già Corsignano, nel senese), affinché i due ottengano una dispensa dai voti che è accordata. L’epoca è il tardo medioevo: ecco la differenza tra un umanista ed un inquisitore, come tragicamente, poco più tardi, davanti alla Riforma e per tutta la Controriforma. Anche la storia di Filippino Lippi è significativa. Infatti al lavoro, già da ragazzo, come garzone di bottega, dapprima con il padre, nei lavori per la decorazione del Duomo di Spoleto, e successivamente, rimasto orfano, con il Botticelli, acquista infine uno stile personale che lo fa antesignano del manierismo, praticato poi dagli allievi di Michelangelo fino a Caravaggio. Rimarchevole è la continuità e la collaborazione, pur tra rivalità e contrasti, tra questi artisti, ovvero Fra Masolino, Masaccio, Filippo Lippi, Botticelli e Filippino Lippi. Da qui, un insegnamento, affatto secondario, porta a considerare la collaborazione (ed il rispetto) superiori alla competizione (ed al dileggio). D’altra parte, mentre è insensato stabilire classifiche tra i migliori, spiace non aver mai visto alcuna censura, verso le poche mele marce (cioè i peggiori, di gran lunga). Due pensieri di René Descartes (italianizzato in Cartesio) ed Immanuel Kant, tratti rispettivamente dal Discorso del metodo e da Per la pace perpetua, prendono in considerazione i problemi collegati a quelli della stima e del rispetto nei confronti del metodo scientifico e della democrazia. Al posto del gran numero di regole della logica, pensai che sarebbero bastate le quattro seguenti: • La prima, non accettare mai per vera nessuna cosa che non conoscessi con evidenza come tale: ovvero evitare la precipitazione e la prevenzione, e non accogliere nei giudizi niente che non si presentasse alla mente, in modo così chiaro e distinto, da escludere ogni motivo di metterlo in dubbio. • La seconda, dividere ciascuna delle difficoltà che avrei esaminato, in quante più parti fosse possibile e richiesto, per risolverle meglio. • La terza, svolgere con ordine i pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici, per risalire, poco a poco, come per gradi, fino alla conoscenza dei più complessi. • La quarta, fare dappertutto rassegne così generali, da essere certo di non omettere nulla (Cartesio). La costituzione, fondata sul principio della libertà dei membri di una società, sul principio della dipendenza di tutti da un’unica legislazione e sulla legge dell’uguaglianza, è l’unica costituzione che derivi dal contratto originario su cui deve essere fondata ogni legislazione giuridica ed è repubblicana. Ora la costituzione repubblicana ha anche la prospettiva del fine desiderato, cioè della pace perpetua (Kant). Bibliografia 15 Fortunatamente si può considerare l’assassinio un caso rarissimo, tra le persone perbene che, se incorrenti, cessano di esserlo. 16 I cambi di genere sono dovuti e certamente reali, ma occorre constatare, forti anche di una ben diversa distribuzione del potere, come gli abusi perpetrati da uomini siano di gran lunga più numerosi di quelli perpetrati dalle donne. 17 Del fatto che situazioni analoghe si verifichino anche in altri ambienti, ad esempio, politici, militari, ecclesiastici, ecc., non sminuisce la gravità della cosa, anzi … Bellone E. 2008. Molte nature – Saggio sull’evoluzione culturale. R. Cortina Ed., Milano. Gallino L. 2007. Tecnologia e democrazia – Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici. Einaudi, Torino. Stiglitz J.E. 2006. La globalizzazione che funziona – Un mondo migliore è possibile. Gli struzzi Einaudi, Torino. Habermas J. 2005. L’Occidente diviso. Ed. Laterza, Bari. 61 FORMAZIONE Solai di legno di Franco Laner Prosegue la pubblicazione della serie di 6 dispense sul tema dell’impiego del legno strutturale in edilizia. Materiale legittimato dalle recenti Norme tecniche per le costruzioni (NTC), D.M. 14 genn. 2008. L’insieme delle dispense sarà strumento utile per i tecnici progettisti. Un vero vademecum per l’utilizzo del legno. Franco Laner, prof. ordinario di tecnologia dell’architettura all’Università Iuav, da anni tiene un corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”. Legno solo a vista? Immediatamente, alla parola solai di legno, il pensiero corre agli splendidi cassettonati rinascimentali o al serrato ritmo di un solaio veneto con travi unidirezionali a stretto interasse oppure ancora ai decorati e intarsiati motivi delle stube tirolesi: comunque la parola solaio di legno evoca il legno a vista (figure 1, 2, 3). Il legno dunque, se si usa per un solaio, deve necessariamente vedersi? Non pretendo di smentire questa regola, ma voglio brevemente considerare anche l’idea di un solaio di legno che non sia a vista, ovvero che il legno, come altri materiali strutturali, possa svolgere questa sola funzione, senza esibirsi. Né voglio semplicemente riesumare un concetto che, sotto la spinta del Razionalismo del secondo dopoguerra, portò a nascondere solai – concepiti a vista – con controsoffitti intonacati, per sottolineare pulizia, asetticità, geometria e perfezione che i locali d’abitazione dovevano avere e che ora, nelle ristrutturazioni, si tornano a mettere a vista. Nascondere travi di legno e mattoni a vista negli anni 62 della ricostruzione postbellica, fu anche un tentativo di cancellare i segni della cultura contadina e sottolineare la trionfale entrata dell’industrializzazione nel nostro Paese. Se ora si tolgono i controsoffitti e intonaci per mostrare solai e mattoni a vista, è per perseguire un altro atteggiamento culturale: nostalgia dell’arcadia perduta, voglia di sottrarsi all’imbuto alienante della caotica realtà odierna o di illudersi di vivere in un luogo, sano, protetto, naturale, che il legno ed il mattone evocano. Cercando di superare questi condizionamenti, che più o meno consapevolmente sono congelati nel modo di intendere la nostra abitazione, il legno – secondo me – avrà raggiunto una sua piena maturità di impiego quando non sarà necessariamente posto a vista. Una struttura di legno potrà allora essere nascosta dietro pannelli acustici, finiture metalliche grigliate o lamellari, a strati antincendio, a rivestimenti ceramici o laterizi, a colorate lastre di cartongesso o simili. Niente da fare! Chi impiega il legno per un solaio, lo vuole vedere! Anche quando il suo scopo principale è strutturale, il legno va esibito! Ovvio, il legno è bello e va mostrato (figure 4 e 5)! Eppure sono convinto che il legno sarà davvero alternativa strutturale quando sarà indifferentemente esibito o nascosto. Nel leggere gli annunci economici per la vendita di case, ultimamente noto spesso un plus di persuasione: locali con travi di legno a vista. Legno dunque indicatore di prestigio, capace di valorizzare una parete della stanza, troppo a lungo ridotta a una superficie assolutamente piana, intonacata, In senso orario Figura 1. Il cassettonato è elegante, classico, forbito. (Dipinto di Melozzo da Forlì, Sisto IV e il Platina, Musei Vaticani). Figura 2. Il solaio a vista del palazzo del Lionello a Udine. Le travi principali sono su tre appoggi, ovvero continuano nel locale adiacente allo scopo di legare i muri, considerato che siamo in zona sismica (Archivio Laner). Figura 3. Bellissimo decoro del solaio di legno a vista, realizzato per una villa nel trevigiano da Barel Legnami (Archivio Laner). Figura 4. Legno, legno e ancora legno! Ricordiamo che il legno è protagonista anche quando non è onnipresente! Figura 5. Legno, mattone, ferro sono i materiali capaci di evocare l’arcadia perduta. 63 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 liscia senza nessun arricchimento, se non un lampadario. E pensare che prima del solaio in ferro-cemento o laterocemento o solo cemento armato (in pratica prima degli anni ‘30 dello scorso secolo) il soffitto era la parete più articolata, curata, bella. Ora, non so perché – trascorsa l’enfasi razionalista – si torna a guardare in su ed il legno sembra poter appagare questa nuova aspettativa. Un’altra piccola osservazione preliminare: un solaio in legno è costituito da travi, più o meno distanziate, comunque appoggiate e incastrate ai muri, con la più ovvia delle soluzioni. Eppure, non solo le varianti sono moltissime, ma addirittura c’è ancora spazio per l’invenzione, specie per le possibilità offerte dall’ibridazione del legno col c.a. o altri materiali, dai nuovi possibili incastri con le macchine a controllo numerico per la realizzazione di cassettonati bidirezionali, o ancora innovazione può essere offerta speculando su soluzioni storiche, aggiornandole con le moderne tecnologie e sistemi di unione del legno. Se si escludono gli orizzontamenti di grande luce (>10-12 m), considerato il carattere di questa nota che privilegia l’edilizia abitativa, le tipologie più impiegate sono riconducibili ai solai unidirezionali e solai bidirezionali. Voglio fare un’ultima annotazione sul destino del legno negli interni abitativi. Nell’interno della casa di montagna, sudtirolese in particolare, c’è il legno sopra, sotto, sulle pareti. Di legno è l’arredo, gli strumenti per il lavoro, fino agli utensili (figura 6). Il legno qui non è esibito, è! Risponde alla categoria della necessità, piegata a comfort e intima, vissuta, bellezza! Poi magari, considerate le forti caratteristiche del legno di assorbimento della luce e suono, si cerca di riscattarne il caloroso avvolgimento e per non soccombere al suo stringente abbraccio si introducono colori vivaci, delle tovaglie, delle decorazioni, dei fiori! Penso che il legno possa essere protagonista nei nostri ambienti, anche se non è onnipresente. Le pareti intonacate e bianche, la presenza di materiali freddi, vetro, acciaio, pietra possono ancor più far risaltare la presenza del legno. Basta poco, appunto un solaio a vista. L’umiltà e la sobrietà pagano più della prepotenza. Solaio a travetti unidirezionali con vari interposti È la tipologia più diffusa, perché ovvia ed immediata. Eppure le varianti sono molte di più di quanto la semplice regola presupponga. Posare un tronco d’albero fra due appoggi per passarvi sopra, credo sia un gesto istintivo, come avvicinare con l’aiuto di un bastone un frutto su un ramo troppo lontano. Sono “atti tecnici” – ci ricorda il famoso antropologo André Leroi-Gourhan – di cui sono capaci anche altri animali. Invece, quando il tronco è più corto della luce da superare, c’è bisogno di “intelligenza” per progettare il modo di congiungere il tronco con altri per rendere comodo e sicuro il passaggio. Se all’utilitas e alla firmitas, aggiungiamo venustas, ecco che l’istintivo gesto tecnico diventa atto mentale, progetto, architettura. In altre parole non è sufficiente, per realizzare un solaio di legno, appoggiare travi da un muro all’altro! Trascurerei allora i solai composti da semplici tronchi o travi uso Trieste, a meno di non voler dare un effetto rusticopioneristico al solaio. Fra l’altro, considerato che la sezione della trave è variabile, perché segue la rastremazione troncoconica dell’albero, per ottenere un minimo di planarità del piano del solaio, bisogna avere l’avvertenza di appoggiare le travi alternativamente, di testa e di coda, oppure spessorare gli appoggi. L’unico vantaggio di lavorare con tronchi scortecciati, a parte il particolare risultato formale, è che le fibre non vengono interrotte da squadrature o tagli: perciò, a parità di sezione, la resistenza del tondame è sempre superiore allo squadrato, ovviamente a parità di area della sezione. Generalmente le travi vengono posate unidirezionalmente sui muri principali e portanti, con vari interassi, che dipendono dall’interposto progettato, dalle sezioni disponibili, dalle luci e dai carichi. Se l’interasse fra le travi è nullo – travi accostate – si ha un “solaio pieno”, a cui si può ricorrere in caso di carichi eccezionali (figura 7). Figura 6. Stube tirolese. L’abbraccio caldo del legno è totale. Quasi soffocante! Si capisce però che non è ostentato. Figura 7. Solaio con travetti accostati per sopperire al notevole carico di carta d’archivio del tribunale di Verona. 64 In senso orario Figura 8. Prove di rottura sul travetto prefabbricato Stek dell’Habitat legno con interposta lana di legno o polistirolo (Archivio Laner). Figure 9a, 9b. L’interasse fra i travetti di questi solai unidirezionali è dettato dalle dimensioni dell’interposto laterizio. Figura 10. Particolare di un solaio “alla Sansovino”, caratterizzato dal fatto che le tavole interposte sono ordite parallelamente alle travi (Archivio Laner). Altra interpretazione di un solaio unidirezionale con tavoloni sovrapposti. Questa tipologia è tipica degli impalcati per ponti di legno nel Nordamerica. L’aggiunzione della precompressione trasversale degli elementi accostati potrebbe portare innovazione anche nell’edilizia civile ed industriale, specie per partizioni molto caricate. Anche l’innovativo travetto Stek, dell’Habitat Legno, formato da tavole esterne che contengono a sandwich l’isolamento di poliuretano o lana di roccia, con predisposto il maschio-femmina e capace di notevoli interassi fra gli appoggi intermedi appartiene alla tipologia dei travetti accostati (figura 8). La recente diffusione sul mercato di pannelli ad elevato spessore, fino a 16 cm e 125 cm di larghezza, di tavole sovrapposte e incrociate, vero e proprio compensato di tavole, ormai comunemente chiamato Xlam, è un’alternativa per costruire solai, di cui si parlerà a proposito di solai bidirezionali. Quando invece le travi semplicemente appoggiate sono fra loro distanziate, l’interasse è stabilito principalmente dal tipo di interposto. Ad esempio, se decidiamo che l’interposto sia la pianella (chiamata anche altinella o tavella, a seconda dei luoghi) in laterizio (figure 9a, 9b), la sua misura determina l’interasse, tenendo conto che l’appoggio del laterizio deve essere ≥ 2-3 cm. Invece, qualora l’interposto sia costituito da tavole di legno (accostate, immaschiate, distanziate), se sono poste ortogonalmente, l’interasse è variabilissimo, da pochi cm a qualche metro, potendo giocare sullo spessore delle tavole. Qualora le tavole siano poste parallelamente (“a correre”), l’interasse è limitato dalla massima larghezza (non più di 25cm, eccezionalmente fino a 30cm, perché non è facile trovare tavole di 35cm di larghezza). Questo solaio è detto anche “alla Sansovino” (figura 10). Tale ultima tipologia, che impone stretti interassi fra le travi principali (un pieno/un vuoto, un pieno/un vuoto e mezzo, un pieno/due vuoti) è tipica della villa veneta e del palazzo veneziano: la scansione ed il ritmo che restituisce, conferisce armonia e bellezza all’intradosso del solaio, suscettibile anche di trattamento superficiale, con pitture o delicati motivi, più spesso solo smaltato. C’è anche un motivo tecnologico alla base del serrato ritmo di questi solai: devono infatti sopportare il forte carico permanente del “terrazzo veneziano” (15 cm di conglomerato di calce = 250 kg/mq) finito col famoso seminato, trattato a cera. Ci si accorgerebbe infatti di entrare in una villa o palazzo veneziano anche bendati – dico esagerando ai miei studenti – sia per il profumo delle onnipresenti rose nel giardino, ma soprattutto per l’odore di cera dei solai e per la loro vibrazione, specie del salone nobile, dovuta al semplice calpestio, per la scarsa rigidezza del solaio in legno rispetto alla luce e ai forti pesi propri. Quando, come interposto, si useranno – ora sono ancora poco presi in considerazione – pannelli di legno, multistrati, compensati, l’interasse sarà del tutto discrezionale e modulare. Siccome tale uso è tecnologicamente conforme, sia per la rigidezza che i pannelli possono aggiungere ai solai, sia per la loro stabilità igrometrica, sia per la possibilità di scelta a seconda delle prestazioni previste (la statica è solo una fra le 65 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Figura 11. Impiego di plywood per la costruzione di una scala (da Puu, n. 1/2002) Figura 12. Disegni di orditura di solai di celebri trattatisti ed architetti, ordinati cronologicamente: a V. de Honnecourt (inizio sec.XIII); b D. Barbaro (1567); c S. Serlio (1584); d J.B. Rondelet (1831); e R. Emy (1856); f Da Holzbau Atlas (1978) Figura 13. Alcuni modi per formare travi composte con due o più travi. Le biette cilindriche -anche da prove sperimentali (Laner, 1992)- si sono dimostrate le più efficaci, perché meglio ripartiscono lo sforzo di taglio longitudinale senza concentrare le tensioni. (da G. Giordano, La moderna tecnica delle costruzioni di legno, Hoepli, 1964) tante prestazioni oggi richieste ad un solaio), sia per le finiture possibili, non passerà, a mio avviso, molto tempo per il loro massiccio impiego, anche se occorrerà risolvere il problema dell’interfaccia col muro (ammorsamento del solaio) e superare sciocchi luoghi comuni che assegnano ai pannelli di vario tipo il ruolo di surrogato del legno (figura 11). Non so se tornerò su questo argomento, ma si ponga tutta l’attenzione a questo accenno sui pannelli a base di legno, di cui prevedo un larghissimo successo in edilizia, non solo per le eccezionali caratteristiche isotrope ed igrotermiche, ma anche per velocità esecutiva che consentono (ovviamente “a secco”), per il contenimento dei costi e per il controventamento che inducono alle varie partizioni, orizzontali, verticali ed inclinate. Come interposti dei solai in legno unidirezionali sono stati impiegati i più svariati materiali edili. Oltre al legno, al laterizio, l’interposto può essere di elementi di calcestruzzo, con tutte le sue derivazioni (armato, fibrorinforzato, alveolato, alveolare, alleggerito in vari modi, ecc.) a seconda dei requisiti chiesti ai solai (isolamento acustico, termico, antisismico, antincendio…) e la tradizione è ricca di soluzioni legate ai luoghi, all’invenzione. Nuove soluzioni di interposti, ad esempio pannelli in legno arricchiti di ornato e colore o carichi di plus tecnologico (per gli impianti) renderanno questa tipologia di partizione orizzontale ancora suscettibile di innovazione, nonostante la quasi banale soluzione di base, data dalle travi appoggiate sui muri opposti. 66 Ma la stagione è pronta per un cambio epocale che sarà quello dei solai di legno prefabbricati, da completarsi “a secco” o con getti di calcestruzzo collaborante. Solai a travi bidirezionali Il solaio a travi bidirezionali, ovvero il solaio che scarica il peso sui quattro muri del vano da coprire penso abbia origine dalla necessità di coprire vani di luce notevole, da interrompere con grosse travi rompitratta o con intrecci di travi. La manualistica del passato infatti non si sofferma sui solai unidirezionali, di scarso interesse tecnico, quanto piuttosto sul suggerire modi per interrompere vani di luce notevole o di confermazione geometrica inusuale (figura 12) Le travi rompitratta sono generalmente composte dalla sovrapposizione di due o più travi, proprio perché non ci sono sezioni naturali sufficienti (figura 13). Oggi la massima sezione massiccia commerciale – legno di abete o di larice – è di 30 x 40 cm, sufficiente fino a 7-8 m di lunghezza. Si possono, ordinando con largo anticipo, trovare anche misure maggiori, ma considerando che i tempi fra l’ordine e la posa sono sempre stretti, si ricorra alla trave composta, che si dimensiona come una trave di sezione omogenea, se la sovrapposizione è tale da impedire ogni scorrimento longitudinale. Fra le travi rompitratta, che hanno interasse fra 1,5 m e 3, massimo 4 m, si ordisce la struttura secondaria. L’interfaccia fra la trave rompitratta e la secondaria si può ottenere in vario modo come si vede nei disegni 14. Anche se i grandi vani non ci sono nelle normali case di abitazione, ma sono propri dei palazzi e degli edifici di rappresentanza sociale e civile, questa articolazione del solaio si presta all’arricchimento formale, all’ornato e alle più raffinate decorazioni, che hanno portato il cassettonato all’apice della bellezza dei solai in legno, assai diffuso nell’Italia centrale, ma presente anche al Nord. Il cassettonato dunque è quasi l’archetipo di bellezza del solaio in legno, che suggerisce una interpretazione strutturale bidirezionale, di cui sono state date diverse soluzioni come la sequenza di immagini 15 e 16. Il vantaggio di realizzare una effettiva piastra ortotropa è di duplice natura: diminuire il momento flettente e quindi aumentare la rigidezza del solaio e secondariamente caricare uniformemente i quattro muri del vano, con evidenti vantaggi statici per l’intero edificio. Questa non facile tipologia strutturale, in cui non si deve distinguere fra travi principali e secondarie potrà a mio avviso trovare soluzione con l’aiuto delle macchine a controllo numerico che renderà possibile, veloce ed economica la realizzazione degli incroci a quattro o a tre vie, con minimi indebolimenti della sezione resistente (figura 17). Altra considerazione. C’è una forte tendenza a mettere in mostra la struttura (travi a vista). Ma, se differenziassimo, “stratificassimo” le varie funzioni del solaio, così come alla funzione portante di un solaio in latero-cemento aggiungiamo lo strato di finitura e protezione (intonaco) perché non pensare ad una aggiunzione – ovviamente lignea – che si interfacci, totalmente o parzialmente allo strato portante, considerata anche la facile applicabilità e smontabiltà di “cose” col legno? Ciò consentirebbe di superare una difficoltà, oggetto di continuo contenzioso, che si ha quando oltre alla funzione statica si pretende dal legno anche la bellezza visiva, che sono due cose diverse: si studi formalmente ciò che si desidera che rimanga in mostra, la pelle, senza che essa necessariamente coincida con la struttura. In fin dei conti, il rivestimento di perline, applicato all’intradosso delle travi, è la prima banalissima risposta a questa idea, che potrebbe essere di molto migliorata. Ripeto il concetto in un altro modo. Se allo strato portante del solaio assegnassi solo la funzione statica, senza pormi alcun problema se sia bello o meno, riuscirei a ridurre i costi? Sicuramente, se non altro, potrei costruirlo con legno ricomposto, oppure con travi di sezione alta e stretta, staticamente efficienti. Se mi posso svincolare dal fatto Figura 14. Le travi secondarie possono essere semplicemente sovrapposte alla principale, oppure essere poste “in spessore”. Esempi. 67 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 estetico e concentrarmi solo su quello strutturale penso che ne deriverebbe innovazione! E quindi procedere al rivestimento. Insomma, dove è scritto che ciò che vedo debba riportami alla verità strutturale? E la menzogna è sempre meno bella del vero? Nella calda ed intima “stua” ampezzana o “stube” tirolese, il rivestimento di legno delle pareti e del soffitto non mostra ciò che sta dietro, ma non incuriosisce saperlo, perché ciò che mostra è totalmente appagante! Oggi, grazie ad alcuni interessanti prodotti, come pannelli di tavole incrociate di forte spessore, si possono realizzare delle vere e proprie solette ortotrope, ovvero un’unica lastra che scarica sui 4 muri, con grandi vantaggi, non solo esecutivi, ma anche dal punto di vista della concezione scatolare degli edifici, assai indicata in zone sismiche, dove queste tipologie costruttive potranno avvalersi di fattori di duttilità assai favorevoli. La figura 18 fa vedere un solaio presollecitato trasversalmente con barre poste nel cuore dei conci e sottoposta a rottura per verificarne l’effettivo comportamento biassiale. A questi ed altri tipi di solai, privi di travi sottosporgenti, si applicherà lo strato di finitura, che darà “il carattere” agli ambienti. Conclusione questa assai simile a quella del precedente paragrafo, ma visto che sono convinto, la ripeto! Dall'alto: Figura 15. Malcesine (Vr). Particolare del solaio ligneo del Palazzo dei Capitani restaurato 15 anni fa da Peter Cox, progetto arch. F. Laner. Figura 16. Cassettonato di una sala voltata nel veronese (Archivio Laner). Figura 17. Solaio bidirezionale da realizzarsi con macchine cnc (Tesi di laurea R. Liberali, relatori Laner-Gasparini, con assistenza gruppo Uniteam/R. Borriero, Ve, 2004). 68 Sulla rigidezza dei solai Le prestazioni oggi richieste ad un solaio sono assai numerose: esso deve essere barriera per suoni e rumori, isolante alla trasmissione del calore. Non devono dar luogo a manifestazioni di condensa. Lo strato strutturale e portante deve prestarsi ad essere facilmente completato da strati di finitura all’intradosso e all’estradosso ed agevolmente devono poter trovar sede gli impianti e le canalizzazioni, oggi assai numerosi ed ingombranti. Un solaio deve resistere al fuoco ed avere bassa reazione alla fiamma. Deve essere bello, ma questa, per il legno, è la minor difficoltà. Inoltre si deve poter ben ammorsare ai muri portanti ed ai loro cordoli – non solo per questioni sismiche – ma anche per la durabilità: si sa che proprio le teste delle travi sono le parti maggiormente vulnerabili e facilmente marcescibili se a contatto con umidità di risalita, o di pioggia battente o semplicemente perché non aerate. Di un ulteriore requisito voglio dire più specificatamente, appunto della rigidezza che, per le strutture sottoposte a flessione, non è altro che il prodotto EJ del modulo di elasticità (E) per il momento di inerzia (J) della sua sezione trasversale rispetto all’asse neutro. Se si vuole, la rigidezza è l’attitudine di resistere alle sollecitazioni con piccole deformazioni. Si sa che il modulo di elasticità del legno è relativamente basso. Varia fra 70.000 e 110.000 Kg/cm2 a seconda delle specie legnose che normalmente si impiegano e risente Figura 18. Prova a rottura di un solaio componibile di legno lamellare presollecitato trasversalmente (Laner, 1990). Figura 19. Parete fessurata perché appoggiata su di un solaio di legno poco rigido. anche del tenore di umidità. Ad esempio il legno fresco ha modulo E più basso di quando avrà perso l’acqua di costituzione (“stagionato”) e pertanto la rigidezza deve essere suffragata da più alti valori del modulo di inerzia, ovvero da caratteristiche geometriche della sezione. I tradizionali solai in cemento armato, latero-cemento, in acciaio, facilmente sono rigidi, proprio per l’alto modulo E dei materiali che li costituiscono. Anche a pieno carico hanno deformazioni (frecce elastiche) assai contenute, in pratica inferiori al millesimo della luce (ad esempio la freccia di un solaio di 5 m di luce non supera il mezzo centimetro). Essi garantiscono, anche nel tempo, la rettilineità dell’intradosso e le tramezze che gravano sui solai tradizionali non si fessurano, né si distaccano intonaci o quant’altro è ad essi appiccagliato. Chi vive in una casa con solai di legno – penso ora a tutte le ville venete o ai palazzi veneziani – sa di essere su di un solaio di legno, anche se non lo vede, perché esso è poco rigido e si mette a vibrare solo se si salta. Il trattamento con la cera del terrazzo (pavimento alla veneziana) aveva anche la funzione, oltre che di dar lucentezza e profumo, di chiudere le esili fessure e le piccole crepe che le reiterate deformazioni provocavano. Verrebbe da dire che queste vibrazioni e deformazioni sono fisiologicamente intrinseche al solaio di legno e come tali le si devono accettare, anzi ricercarle: che senso avrebbe un solaio veneziano assolutamente rigido? Invece ad un nuovo solaio di legno oggi si chiede di comportarsi, anche dal punto di vista della rigidezza, come uno tradizionale, realizzato con altri materiali. Perciò si deve pretendere dal calcolatore o dal fornitore di un solaio di legno che la freccia sia contenuta in 1/1000 della luce. Saremo così sicuri di avere quella necessaria rigidezza che evita ogni tipo di futura patologia (figura 19). Le Norme tecniche per le costruzioni, finalmente, introducendo le verifiche agli Stati Limiti di Esercizio, prescrivono di tener conto delle deformazioni differite. Così, facendo ben attenzione e tenendo conto del basso modulo di elasticità del legno, ci si avvicina al millesimo sopra auspicato. Ma un solaio di legno è in grado di contenere e limitare così drasticamente la freccia? I sistemi ci sono e con spesa contenuta. Basta attentamente adottare le nuove tecnologie, in particolare quelle miste legno-calcestruzzo, che oggi si mostrano con giusto orgoglio nelle fiere e sul mercato, come il Flap e l’LPR della Peter Cox. Oppure si consumi un po’ più legno! Gli unici che non hanno capito la necessità di contenere la freccia sono i prescrittori e normatori che ancora pensano che sia sufficiente contenere la freccia ammissibile in 1/300- -1/500 della luce. Da questo punto di vista, il già citato DM 14 genn. 2008, sia l’Eurocodice 5, dovrebbero essere più “rigidi”, poiché il contenimento deformativo è un obiettivo che va perseguito da chi ha eletto il legno a materiale strutturale. Interfaccia solaio-muro Finora ho parlato di tipologie. Non vorrei che si pensasse che mi piacciono solo le descrizioni e allora concludo il capitolo rispondendo ad una domanda che viene spesso fatta, constatando che i solai in legno sono vulnerabili proprio nell’appoggio al muro. Come fare in modo che tale interfaccia sia ben eseguito? Per comodità dividerei la questione in due risposte, l’una riguarda l’esecuzione in modo da garantire l’efficienza statica dell’ammorsamento, l’altra la durabilità. Per quest’ultima l’imperativo è uno solo, fare in modo che la testa delle travi sia sempre asciutta. E ciò si ottiene non facendo mai arrivare l’acqua o se arriva (per umidità ascendente, per pioggia battente, per vapore ambientale, per ponte termico…) fare almeno in modo che sparisca in fretta, cosa che si ottiene con la ventilazione. Perciò meglio di tutto è permettere l’areazione staccando la testa dal contatto col 69 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Sopra - figura 20. Ancoraggi tradizionali delle travi di legno dei solai alla muratura. Sotto - figure 21 a, b. Attacco al cordolo del Solaiopronto della Peter Cox di Verona. Il getto del cordolo viene eseguito in due fasi. La prima per l’appoggio del travetto e la seconda dopo la posa del travetto. Il solaio rappresenta un nuovo concetto di prodotto per solai misti legnocalcestruzzo per una edilizia sempre più veloce e di qualità tecnologica. muro ed interponendo un appoggio isolante o comunque di “sacrificio”. Se l’appoggio è sicuramente asciutto, non importa che il legno sia staccato. Nemmeno proteggere le teste con trattamenti preservanti (es. carbolineum, bruciatura, cuffie) serve granché, perché né si elimina la causa (la presenza di umidità) né si rimedia significativamente alla presenza. Dal punto di vista statico, è necessario che solaio e muro siano fra loro ben ammorsati. Questa condizione deve essere sempre perseguita, sia in zona sismica, sia normale, 70 perché l’ammorsamento è la condizione di funzionamento della scatola muraria. Guai se l’interfaccia fra la partizione verticale ed orizzontale sia indebolita (figura 20). Generalmente la muratura a livello di imposta di solaio si conclude con un cordolo ed in questo il solaio va annegato. Se il solaio è misto (figure 21a, 21b) l’operazione è facile; è facile anche quando non ci sono problemi di umidità poiché le travi possono essere “affogate” nel getto. Si possono anche predisporre delle sedi. In caso di restauro di solai si può ricorrere a sistemi suggeriti dall’esistente, oppure “staccare”, con dormienti, mensole, scarpe, il solaio Dall'alto: Figura 22. a) trave semplicemente appoggiata; b) trave in continuità; c) trave incastrata. dal muro, oppure ancora ammorsarlo tramite sedi a coda di rondine o protesi metalliche. Il progetto del solaio di legno dunque, non può limitarsi alla campata, ma deve comprendere il suo appoggio al muro. La soluzione di questo dettaglio rivela l’abilità del costruttore, perché è davvero il punto più delicato ed importante, non solo per il funzionamento del solaio, ma dell’intero edificio. Raccomando sempre, negli edifici in muratura, che siano cerchiati a livello di solaio. Ci sono diversi modi per realizzare ciò, ma il cordolo in c.a. è tutt’ora il principe di tali apparecchi. Sulla superficie minima di appoggio, ci si regoli sulla constatazione che la compressione trasversale del legno (sz) è assai bassa (25-30 kg/ cm2), ma anche il materiale di appoggio potrebbe essere poco resistente, esempio la muratura può avere resistenza alla compressione di 8-10 kg/cm2 per cui, con riferimento alla figura 22a viene, ammettendo che la ripartizione del carico T sia triangolare: c = 2T / asz c = lunghezza di appoggio a = base dell’appoggio T = reazione sz = resistenza massima ammissibile o del muro o della trave Nel caso di appoggio intermedio (figura 22 b), la relazione appena scritta va ancora bene. Se non si eseguono calcoli una regola pratica è che la lunghezza di appoggio c sia almeno uguale ad a. Nel caso di incastro, la reazione agisce al di sotto della trave in un primo tratto e al di sopra nel tratto estremo. Se si ammette che la ripartizione sia lineare e si considera il diagramma delle pressioni come risultante dei due dovuti alla reazione T ed al momento M, risulta: sz = 2T/axc + 6M/ac2 Ad esempio si voglia calcolare per quanti cm (c) debba essere infilata una trave a sbalzo di legno di abete (20x25) in un muro di mattoni con sz = 8 kg/ cm2 Con riferimento alla figura 22c, viene: M = 300x1,30/2 = 250 kgm = 25000 kgcm T = 300x1,3 = 390 Kg sz = 2T/axc + 6M/ac2 per sz = 8 kg/ cm2 8 = 2x390/20c + 6x25000/20c2 8c2 – 39c – 7500 = 0 e risolvendo l’equazione c = 33 cm La trave va infissa dunque per 33 cm. Se fosse stata incastrata nel c.a., allora il problema è da guardare con riferimento alla resistenza a compressione della trave e per una tensione di compressione di 25 kg/cm2, la profondità minima c verrebbe di 12 cm, che si porterebbero a 20 cm per rispettare la regola pratica che la lunghezza di infissione c sia almeno uguale alla larghezza della trave. 71 COSTRUZIONI Lavori Pubblici: verifica e validazione del progetto, procedure di aggiudicazione per la selezione dell'operatore economico e varie garanzie di rito di Mauro Cappello GEOCENTRO/magazine pubblica, di Mauro Cappello, Ingegnere e Ispettore Verificatore del Ministero dello Sviluppo Economico, la terza delle sei lezioni del corso “Normativa e procedure alla base della realizzazione delle opere pubbliche” tenute nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza”. La versione video della lezione è visionabile gratuitamente sul sito www.filotecna.it, sezione “e-learning”. La fase di aggiudicazione dell’appalto ha lo scopo di selezionare l’operatore economico che dovrà realizzare l’opera pubblica. Da un punto di vista generale l’aggiudicazione comincia solamente dopo che il progetto oggetto di gara è stato validato dalla Stazione Appaltante ed è quindi stato sottoposto ad una serie di verifiche che mirano ad accertarne la correttezza, l’aderenza alle indicazioni date dall’Amministrazione ed infine l’immediata eseguibilità (spesso denominata anche “cantierabilità”). La verifica della progettazione prima dell’inizio dei lavori Il tema delle verifiche cui deve essere sottoposta la 72 progettazione è trattato all’art. 112 del Codice dei contratti, che riprende molte delle disposizioni originariamente introdotte dalla Legge 109/1994 agli articoli 30 e 19, integrandole con nuove norme. Il Codice prevede che tutti i livelli di progettazione (preliminare - definitivo - esecutivo) debbano essere sottoposti a verifica. Le operazioni di verifica sono governate dagli articoli da 44 a 59 del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti (D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), debbono accertare che il progetto sia aderente alla normativa vigente, che sia completo relativamente all’insieme degli atti autorizzativi. L’articolo 52 del Regolamento detta i principali criteri generali di verifica dei progetti e prevede una ricognizione generale degli elaborati al fine di stabilire che il progetto sia adeguato per essere fondamento della successiva procedura di aggiudicazione. Il D.Lgs. 163/2006 prevede che il soggetto incaricato delle attività di verifica sia munito di apposita polizza di responsabilità civile professionale, estesa al danno all’opera, dovuto ad errori od omissioni nello svolgimento delle attività di verifica, le cui caratteristiche sono definite all’art. 57 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Qualora le citate attività fossero svolte da personale interno all’Amministrazione, l’onere di pagamento della polizza deve essere a carico dell’Amministrazione stessa e deve comparire nel quadro economico del progetto, sotto la voce delle somme a disposizione. Il comma 5 dell’articolo 112 del Codice individua la soglia, per l’importo dei lavori, pari a 20 milioni di euro al di sotto della quale le attività di verifica possono essere svolte dagli Uffici tecnici delle stazioni appaltanti se la progettazione è stata svolta da progettisti esterni ovvero se le Amministrazioni dispongono di un sistema interno di controllo di qualità, ovvero da altri soggetti autorizzati. Se invece l’importo dei lavori è uguale o supera la soglia di importo di 20 milioni di euro, allora le citate verifiche debbono essere effettuate da organismi di controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IES 17020 Per quanto riguarda la polizza di garanzia del soggetto verificatore, essa deve avere durata specifica fino alla data di emissione del certificato di collaudo definitivo o di regolare esecuzione. Art. 52 D.P.R. 207/2010 - Criteri generali della verifica 1. Le verifiche sono condotte sulla documentazione progettuale per ciascuna fase, in relazione al livello di progettazione, con riferimento ai seguenti aspetti del controllo: a) affidabilità; b) completezza ed adeguatezza; c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità; d) compatibilità; intendendosi per: a) affidabilità: 1. verifica dell’applicazione delle norme specifiche e delle regole tecniche di riferimento adottate per la redazione del progetto; 2. verifica della coerenza delle ipotesi progettuali poste a base delle elaborazioni tecniche ambientali, cartografiche, architettoniche, strutturali, impiantistiche e di sicurezza; b) completezza ed adeguatezza: 1. verifica della corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell’affidamento e verifica della sottoscrizione dei documenti per l’assunzione delle rispettive responsabilità; 2. verifica documentale mediante controllo dell’esistenza di tutti gli elaborati previsti per il livello del progetto da esaminare; 3. verifica dell’esaustività del progetto in funzione del quadro esigenziale; 4. verifica dell’esaustività delle informazioni tecniche ed amministrative contenute nei singoli elaborati; 5. verifica dell’esaustività delle modifiche apportate al progetto a seguito di un suo precedente esame; 6. verifica dell’adempimento delle obbligazioni previste nel disciplinare di incarico di progettazione; c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità: 1. verifica della leggibilità degli elaborati con riguardo alla utilizzazione dei linguaggi convenzionali di elaborazione; 2. verifica della comprensibilità delle informazioni contenute negli elaborati e della ripercorribilità delle calcolazioni effettuate; 3. verifica della coerenza delle informazioni tra i diversi elaborati; d) compatibilità: 1. la rispondenza delle soluzioni progettuali ai requisiti espressi nello studio di fattibilità ovvero nel documento preliminare alla progettazione o negli elaborati progettuali prodotti nella fase precedente; 2. la rispondenza della soluzione progettuale alle normative assunte a riferimento ed alle eventuali prescrizioni, in relazione agli aspetti di seguito specificati: a. inserimento ambientale; b. impatto ambientale; c. funzionalità e fruibilità; d. stabilità delle strutture; e. topografia e fotogrammetria; f. sicurezza delle persone connessa agli impianti tecnologici; g. igiene, salute e benessere delle persone; h. superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche; i. sicurezza antincendio; l. inquinamento; m. durabilità e manutenibilità; n. coerenza dei tempi e dei costi; o. sicurezza ed organizzazione del cantiere. LAVORI ORDINARI IMPORTO DEI LAVORI SOMMA GARANTITA DALLA POLIZZA DEL VERIFICATORE I minore di euro 4.845.000,00 5% dell'importo lavori con limite di euro 500.000,00 I maggiore o uguale a euro 4.845.000,00 10% dell'importo lavori con limite di euro 1.500.000,00 LAVORI DI PARTICOLARE COMPLESSITÀ IMPORTO DEI LAVORI SOMMA GARANTITA DALLA POLIZZA DEL VERIFICATORE Può essere richiesto un massimale superiore ad euro 1.500.000,00 fino al 20% dell'importo lavori con un limite di euro 2.500.000,00 Qualora il soggetto verificatore sia coperto da una polizza generale allargata all'intera attività, allora la citata polizza deve essere integrata attraverso idonea dichiarazione della compagnia che attesti la volontà di coprire anche le attività di verifica Tabella 1 – Caratteristiche della polizza del soggetto verificatore – (Art. 57 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) 73 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 La validazione del progetto La validazione del progetto posto a base di gara è l’atto formale che recepisce gli esiti delle verifiche, è sottoscritta dal responsabile del procedimento e fa esplicito riferimento al rapporto conclusivo del soggetto verificatore ed alle eventuali contro deduzioni del progettista. Nel caso in cui il Responsabile del Procedimento dovesse essere in disaccordo rispetto alle risultanze delle verifiche, dovrà esporre le proprie motivazioni all’interno dell’atto di validazione o mancata validazione, sarà quindi l’Amministrazione aggiudicatrice a prendere la decisione finale in accordo con le proprie disposizioni regolamentari interne. I contratti pubblici di lavori – Art. 53 D.Lgs. 163/2006 I lavori pubblici possono essere realizzati solamente tramite due tipologie di procedimento: • contratto di appalto; • contratto di concessione. Per definire la concessione di lavori pubblici, si potrebbe dire che essa è un contratto concluso in forma scritta fra un imprenditore ed un’amministrazione aggiudicatrice, aventi ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica. La controprestazione a favore del concessionario, che finanzia la realizzazione delle opere, consiste nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Per quanto riguarda invece l’appalto di lavori pubblici, esso concerne nella sottoscrizione di un contratto tra un soggetto pubblico ed un operatore economico (soggetto privato) che realizza, a fronte di un prezzo pagato dal soggetto pubblico, un lavoro od opera. Nell’ambito dei contratti di lavori pubblici, il decreto o la determina a contrarre definiscono le modalità esecutive del contratto, ovvero: • • solo lavori; progetto esecutivo + lavori, sulla base di un progetto definitivo redatto dall’Amministrazione; • previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta (sulla base di un progetto preliminare redatto dall’Amministrazione), esecutivo + lavori . Gli stessi contratti sono sempre stipulati a corpo, le Amministrazioni hanno facoltà di stipulare a misura i contratti, solamente nei seguenti casi: • appalto di sola esecuzione di importo inferiore ad euro 500.000,00; • contratti d’appalto relativi a manutenzione, restauro e scavi archeologici; • opere in sotterraneo, ivi comprese le opere in fondazione e quelle di consolidamento dei terreni Quando il contratto è stipulato a misura, il prezzo convenuto può variare, in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva della prestazione. In questi casi, il capitolato fissa i prezzi invariabili per unità di misura e per ogni tipologia di prestazione. In un medesimo contratto possono essere comprese prestazioni da eseguire a corpo e a misura. Le procedure per l’individuazione degli offerenti – Art. 54 D.Lgs. 163/2006 L’argomento delle procedure da utilizzare per l’individuazione dei soggetti offerenti è trattato all’articolo 54 del Codice dei contratti pubblici, dove il legislatore richiama ben quattro tipologie di procedura: • procedure aperte; • procedure ristrette; • procedure negoziate; • dialogo competitivo. Procedure aperte Nelle procedure aperte, tutti gli operatori economici interessati possono presentare offerta per concorrere all’assegnazione dell’appalto. Procedure ristrette Nelle procedure ristrette gli operatori economici presentano la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella lettera invito. Alle procedure ristrette, sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando. Figura 1 – Tipologia di contratti pubblici – appalto – concessione. 74 Procedure negoziate Le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante procedura negoziata, previa Dialogo competitivo Le stazioni appaltanti possono avvalersi del dialogo competitivo, nel caso di appalti particolarmente complessi, qualora ritengano che il ricorso alla procedura aperta o ristretta non permetta l’aggiudicazione dell’appalto. Figura 3 – Procedure per l’individuazione degli offerenti pubblicazione di un bando di gara, solamente quando ricorrono le seguenti ipotesi: a. quando, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate sono irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal presente codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto. Le stazioni appaltanti possono omettere la pubblicazione del bando di gara se invitano alla procedura negoziata tutti i concorrenti in possesso dei requisiti di cui agli articoli da 34 a 45 che, nella procedura precedente, hanno presentato offerte rispondenti ai requisiti formali della procedura medesima. Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano ai lavori di importo inferiore a un milione di euro; b. nel caso di appalti pubblici di lavori, per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimenta-zione o messa a punto, e non per assicurare una redditività o il recupero dei costi di ricerca e sviluppo. Il ricorso al dialogo competitivo per lavori è consentito previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ai fini del ricorso al dialogo competitivo un appalto pubblico è considerato «particolarmente complesso» quando la stazione appaltante: • non è oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi, • non è oggettivamente in grado di specificare l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto. Possono essere considerati particolarmente complessi, gli appalti per i quali la stazione appaltante non dispone, a causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi in merito alla identificazione e quantificazione dei propri bisogni o all’individuazione dei mezzi strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e all’analisi dello stato di fatto e di diritto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storicoartistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. La seduta di gara La prima seduta di gara deve essere adeguatamente pubblicizzata, infatti il Regolamento prevede che il bando rechi l’indicazione del giorno e dell’ora di inizio della seduta, inoltre essa può essere interrotta ed aggiornata Il Consiglio Superiore dei lavori pubblici è il massimo Organo tecnico consultivo dello Stato, cui è garantita l’indipendenza di giudizio e di valutazione; ha autonomia funzionale, organizzativa e tecnico-scientifica. Le competenze istituzionali del Consiglio Superiore si esplicano attraverso le seguenti attività: • attività consultiva, che consiste essenzialmente nell’emissione, da parte dell’Assemblea Generale o delle Sezioni, di pareri obbligatori sui progetti di lavori pubblici di competenza statale o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo superiore a 25 milioni di euro, nonché di pareri richiesti da altre amministrazioni pubbliche centrali e locali; • attività normativa che consiste nell’elaborazione ed aggiornamento di norme tecniche e di indirizzo (circolari, linee guida, capitolati tipo) in materia di sicurezza delle costruzioni e di opere speciali; • rappresentanza presso Enti ed Organismi nazionali ed internazionali competenti in materia di qualificazione e sicurezza dei materiali e prodotti da costruzione; • attività di certificazione, ispezione e vigilanza, attraverso il Servizio Tecnico Centrale, per il rilascio di benestare tecnico europeo dei prodotti e dei sistemi destinati alle opere di ingegneria strutturale e geotecnica, relativamente al requisito essenziale n.1 “Resistenza meccanica e stabilità”; • attività di abilitazione di organismi di certificazione, ispezione e prova; • rilascio della concessione ai laboratori di prove materiali ed ai laboratori di prove geotecniche; • qualificazione dei prodotti siderurgici; • deposito della documentazione ed autorizzazione di manufatti prefabbricati; • certificazione di idoneità tecnica di sistemi costruttivi. • qualificazioni di prodotti di legno. • qualificazione di centri di trasformazione. L’attività consultiva del Consiglio Superiore si svolge nell’ambito delle Adunanze dell’Assemblea Generale e delle Sezioni. Nell’ambito della Presidenza Generale del Consiglio Superiore è, inoltre, incardinato il Servizio Tecnico Centrale, Organo che opera alle dipendenze funzionali del Presidente del Consiglio Superiore nei settori della certificazione dei materiali da costruzione e abilitazione degli organismi di ispezione, certificazione e prova. 75 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 salvo che nella fase di apertura delle offerte economiche. Va detto che una voluminosa giurisprudenza prevede che, durante la sospensione, la documentazione di gara sia adeguatamente custodita, con la citazione delle misure di protezione che l’Amministrazione porrà in essere già in sede di verbale di sospensione. Criteri di aggiudicazione: massimo ribasso Quando l’Amministrazione decide di adottare il criterio del massimo ribasso, l’autorità che presiede la gara, aperti i plichi ricevuti e verificata la documentazione presentata, aggiudica l’appalto al concorrente che ha presentato il massimo ribasso percentuale: a. sull’elenco prezzi unitari per i contratti da stipulare a misura; b. sull’importo dei lavori per i contratti da stipulare a corpo. Per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione, per cui il computo metrico estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo studio dell’intervento, non ha valore negoziale. Prima della formulazione dell’offerta, il concorrente ha l’obbligo di controllarne le voci e le quantità attraverso l’esame degli elaborati progettuali e pertanto di formulare l’offerta medesima tenendo conto di voci e relative quantità che ritiene eccedenti o mancanti. L’offerta va inoltre accompagnata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione di aver tenuto conto delle eventuali discordanze nelle indicazioni qualitative e quantitative delle voci rilevabili dal computo metrico estimativo nella formulazione dell’offerta, che, riferita all’esecuzione dei lavori secondo gli elaborati progettuali posti a base di gara, resta comunque fissa ed invariabile. Criteri di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa viene utilizzato di preferenza dalle Amministrazioni quando la gara abbia ad oggetto lavori complessi, per i quali si voglia valutare non soltanto l’aspetto economico, ma anche quello tecnico, eventuali componenti artistiche ed impiantistiche, ed altri particolari aspetti. Per dare un’idea dell’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, riportiamo per estratto alcune delle informazioni che il relativo bando dovrà contenere, in particolare: 1. Prezzo; 2. Qualità; 3. Pregio tecnico; 4. Caratteristiche estetiche e funzionali; 5. Caratteristiche ambientali e contenimento del 76 consumo energetico e delle risorse ambientali; 6. Costo di utilizzazione e manutenzione; 7. Redditività 8. Servizio successivo alla vendita; 9. Assistenza tecnica; 10. Data di consegna ovvero termine di consegna e di esecuzione; 11. Sicurezza di approvvigionamento Il bando di gara dovrà inoltre fissare il peso ponderale di ciascun criterio, indicando un valore assoluto oppure una soglia in cui il rapporto tra il valore minimo e quello massimo siano appropriati. L’aspetto più delicato nell’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa riguarda l’attribuzione dei punteggi, in quanto ciò implica la costituzione di una specifica commissione giudicatrice in cui siano presenti figure di esperti riconosciuti nei settori (previsti da bando) cui attribuire i punteggi. Le garanzie del contratto: cauzione definitiva Per tutelare l’Amministrazione, l’articolo 113 del Codice dei contratti prevede che l’esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell’importo contrattuale. In caso di aggiudicazione con ribasso d’asta superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento; ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l’aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento. Il progressivo inasprirsi della soglia di garanzia all’aumentare della percentuale di ribasso offerta dal concorrente, costituisce una misura preventiva finalizzata al contenimento del fenomeno denominato “ribassi temerari”. Osservando il mercato degli appalti ed i numerosi studi elaborati sul tema, per dovere di cronaca si deve concludere che il solo istituto della cauzione definitiva fino ad oggi è risultato insufficiente a limitare i ribassi temerari, potendo le imprese rifugiarsi nelle maglie dell’istituto delle riserve. Uno spiraglio di luce in questo senso è rappresentato dal Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70 “Decreto sviluppo”, recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale e che all’art. 4 “Costruzione di opere pubbliche” introduce una serie di modifiche al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture) ed al relativo Regolamento. Una delle disposizioni del Decreto Sviluppo introduce una integrazione all’art. 240-bis del Codice, prevedendo un limite massimo pari al 20% dell’importo lavori per l’iscrizione delle riserve. FISCALITÀ Cedolare secca sulle locazioni: quando conviene? di Stefano Setti Questa rubrica è curata con il gruppo editoriale Wolters Kluwer Italia, leader nel settore dell’editoria e dei servizi per i professionisti, che in Italia opera con i marchi UTET Scienze Tecniche e Ipsoa-Indicitalia. Esperti del mondo professionale tratteranno tra i vari temi di interesse per i geometri Fiscalità, Appalti, Costruzioni, Responsabilità, Ambiente, Energia, con approccio pratico e attento alla loro attività professionale. L’autore dell’articolo, Stefano Setti, Dottore Commercialista in Milano, ha svolto attività di consulenza fiscale in materia di imposte indirette per studi di primaria importanza, sia nazionali che internazionali. Attualmente svolge funzioni di assistenza e rappresentanza in materia tributaria per svariate società, nonché per professionisti che operano nel settore edile (e-mail: [email protected]). Ha curato, tra l’altro, le voci relativa alla Fiscalità nel volume “Codice Tecnico Edilizia e Urbanistica” (UTET Scienze Tecniche, 2a ed., 2010) e il volume “Edilizia e immobili. D.l. 78/2010 convertito in l. 122/2010”, con A. Tomasi (Ipsoa, 2010). Cos’è la “cedolare secca” La “cedolare secca” sui contratti di locazione è stata introdotta dall’art. 3 del D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23 (pubblicato in G.U. 23 marzo 2011, n. 67) e, con il successivo Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 7 aprile 2011 Prot. 2011/55394, sono state stabilite le modalità di opzione e approvati i nuovi modelli da utilizzare per optare a tale regime. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate - con la C.M. 1.6.2011, n. 26/E - ha fornito importanti chiarimenti riguardo alla disciplina fiscale della “cedolare secca” sui redditi da locazione abitativa. Più nel dettaglio, a decorrere dal periodo d’imposta 2011, i locatori (persone fisiche, proprietari o titolari di diritto reale di godimento) di immobili abitativi nonché relative pertinenze potranno optare per la “cedolare secca”, che rappresenta un’imposta sostitutiva delle imposte dirette ed indirette (Irpef, imposta di registro ed imposta di bollo) applicate ai contratti di locazione in regime ordinario di tassazione. Con il presente intervento si vuole analizzare, brevemente, la disciplina generale nonché l’eventuale convenienza economica nel caso in cui il locatore “opti” per tale nuovo regime fiscale. Ambito soggettivo ed oggettivo della “cedolare secca” I soggetti che possono optare per la “cedolare secca” sono unicamente le persone fisiche, soggette ad Irpef, che percepiscono canoni di locazione di immobili ad uso abitativo ed eventualmente, insieme all’immobile, le relative pertinenze. Si tenga presente che l’opzione alla “cedolare secca” potrà essere effettuata unicamente per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo (categoria catastale A, escluso A10) locati per finalità abitative e le relative pertinenze, anche se di durata inferiore a 30 giorni nell’anno. Pertanto sono esclusi gli immobili che, pur avendo i requisiti di fatto per essere destinati ad uso abitativo, sono iscritti in una categoria catastale diversa (ad esempio come uffici o negozi), nonché le unità adibite ad uso promiscuo. Inoltre, sono compresi gli immobili per i quali sia stata presentata domanda di accatastamento nella categoria catastale A (escluso A10). 77 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Soggetti che possono “optare” per la “cedolare secca” Le persone fisiche che percepiscono redditi derivanti dalla locazione di Soggetti esclusi dall’opzione • Le società di persone; professioni. • i soggetti IRES; E più precisamente: • enti non commerciali. • Attenzione: Per la società edile che effettui la locazione di un immobile immobili ad uso abitativo non effettuate nell’esercizio dell’impresa arti e il proprietario, abitativo (anche ai propri dipendenti) è esclusa dalla possibilità di optare per • il titolare del diritto reale di godimento (es. superficie, enfiteusi, la cedolare secca. usufrutto) delle unità immobiliari ad uso abitativo. Persone fisiche che concedono in locazione un immobile a uso abitativo Attenzione: così come stabilito dal Provvedimento Direttoriale del 7 aprile nell’esercizio di impresa arti e professioni. 2011, nell’art. 1 (punto 1.2), “l’opzione può essere esercitata relativamente Esempio: un imprenditore individuale che concede in locazione un immobile a ciascun immobile ad uso abitativo locato per finalità abitative e relative A2 considerato un patrimonio di cui all’art. 90 del TUIR non può optare per la pertinenze locate congiuntamente all’abitazione”. cedolare secca. Attenzione: oltre alla tipologia abitativa è richiesta anche la “finalità” Non è possibile optare per la cedolare secca per gli immobili ad uso abitativo abitativa oggetto di proprietà condominiale. L’Amministrazione è giunta a tale conclusione vista la particolarità delle regole di gestione delle parti comuni e al fatto che i contratti sono usualmente stipulati e registrati dall’amministratore utilizzando il codice fiscale del condominio. Nessun chiarimento è stato fornito circa la possibilità di accedere al nuovo regime da parte delle società semplici. Ma, partendo dalla considerazione che la circolare n. 26/E ha affermato che l’opzione per il regime della cedolare secca è riservata alle sole persone fisiche, ne deriva che le società semplici non vi possono aderire. Fonte: S. Setti, Le locazioni abitative e la cedolare secca, Buffetti, 2011 Le aliquote della “cedolare secca” e le imposte sostituite Nel caso in cui il locatore possa optare per l’applicazione della “cedolare secca”, il canone annuo di locazione sarà soggetto a tassazione con le seguenti aliquote: 21% per i contratti di locazione a canone “libero”; 19% per i contratti di locazione a canone “concordato”, relativi a immobili siti nei Comuni con carenze di disponibilità abitative (che sono individuati dall’art. 1, lett. a) e b) D.L. 551/1998) ed in quelli ad alta tensione abitativa. Nei casi in cui il locatore opti per la “cedolare secca” (che, come anticipato, è un’imposta sostitutiva) verranno eliminate le altre imposte, e per meglio dire: • Irpef e relative addizionali regionali e comunali (nel caso in cui siano dovute); • imposta di registro dovuta sulla registrazione del contratto (pari al 2% del canone annuo, tenendo 78 comunque presente che normalmente tale imposta viene poi addebitata al 50% al locatario); • imposta di bollo (applicata su due copie del contratto di locazione e pari ad Euro 14,62 ogni 100 righe o frazione di esse), nonché: • imposta di registro e bollo sulle risoluzioni e proroghe del contratto quando: - alla data della risoluzione anticipata sia in corso l’annualità per la quale è esercitata l’opzione per la “cedolare secca”; - venga esercitata l’opzione per la “cedolare secca” per il periodo di durata della proroga. L’opzione a favore della “cedolare secca” non fa venire meno l’obbligo di registrazione del contratto di locazione e di dichiarazione del reddito corrispondente nella dichiarazione dei redditi. La registrazione del contratto in tali casi fa venire meno la formalità della “comunicazione di cessione di fabbricato” da presentare al commissario di polizia in ipotesi di “nuova occupazione” dell’immobile. Riguardo invece alla dichiarazione del reddito corrispondente, si rileva che il reddito fondiario soggetto alla “cedolare secca” rileva con riferimento alla “spettanza o anche per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali”. Inoltre, tale reddito rileva anche con riferimento alla situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109. Nei casi in cui il locatore “opti” per il nuovo regime fiscale, lo stesso non avrà più la possibilità di poter operare l’aumento del canone agganciato all’aumento ISTAT (anche nel caso in cui sia previsto contrattualmente). Al riguardo, il locatore dovrà (è un obbligo e non una facoltà) darne informazione, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, al conduttore. L'acconto della “cedolare secca” La cedolare secca deve essere versata separatamente dall’Irpef (con un apposito codice tributo), ma con le stesse modalità ed entro gli stessi termini (quindi in acconto e a saldo). Misura dell’acconto • 85% per il 2011; • 95% a partire dal 2012. • I codici tributo da utilizzare con il Modello F24 sono stati istituiti con la risoluzione Agenzia Entrate 25 maggio 2011, n. 59/E e sono: • acconto prima rata: codice 1840; • acconto seconda rata o acconto in unica soluzione: codice 1841; • saldo: codice 1842. Opzione per l'applicazione della “cedolare secca” Opzione in sede di registrazione del contratto Il Provvedimento Direttoriale del 7 aprile 2011 ha stabilito che i soggetti che intendono avvalersi della “cedolare secca” (ricorrendone i presupposti di cui sopra) dovranno optare per tale regime utilizzando il nuovo modello “SIRIA” (utilizzando il software presente sul sito www. agenziaentrate.it), allegato al provvedimento stesso, da presentare esclusivamente in via telematica (da parte dei soggetti incaricati di cui all’art. 3, comma 3 del D.P.R. 332/1998). Nei casi in cui la registrazione del contratto di locazione non avvenga in via telematica si dovrà utilizzare il modello 69 (disponibile sempre sul sito www. agenziaentrate.it). Opzione in caso di proroga del contratto di locazione Nei casi di proroga, anche tacita, l’opzione dovrà essere operata utilizzando esclusivamente il Modello 69, così come aggiornato dal Provvedimento Direttoriale del 7 aprile scorso. Opzione in caso di contratti che nel corso dell’anno non hanno una durata complessiva superiore a 30 giorni Per tali contratti di locazione (per i quali viene meno l’obbligo di registrazione obbligatoria) il locatore potrà optare per la “cedolare secca” direttamente in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è prodotto il reddito. Nei casi in cui tali contratti vengano registrati si dovrà optare in sede di registrazione (modello SIRIA ovvero 69). Aspetti sanzionatori Nel caso di mancata od omessa registrazione del contratto di locazione, torneranno applicabili le sanzioni previste dall’articolo 69 del D.P.R. 131/1986. In tali ipotesi, il contribuente sarà tenuto al pagamento di un importo dal 120 al 240% dell’imposta dovuta. Disciplina transitoria per l'anno 2011 Il regime della cedolare secca può essere applicato a partire dal periodo di imposta 2011, ai contratti in corso al 1° gennaio 2011, anche se scaduti o oggetto di risoluzione prima del 7 aprile 2011. L’imposta di registro e l’imposta di bollo già versate non possono comunque essere rimborsate. Per tali contratti, se già registrati, non deve essere presentata l’opzione: il regime speciale potrà essere applicato in sede di dichiarazione dei redditi 2012 (redditi 2011). Ovviamente nel 2011 dovrà essere stato versato l’acconto della cedolare secca. Attenzione: La stessa regola vale per le proroghe dei contratti intervenute prima del 7 aprile 2011 e per le quali a tale data sia già stata versata l’imposta di registro. Contratti registrati a partire dal 7 aprile 2011. L’opzione per la cedolare secca deve essere esercitata nei modi ordinari, come illustrato sopra: in sede di registrazione del contratto con il modello SIRIA oppure con il modello 69. Contratti per i quali il termine di registrazione scade tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011. La registrazione, con l’eventuale esercizio dell’opzione, può essere effettuata entro il 6 giugno 2011. Gli stessi termini valgono anche per le proroghe per le quali il termine di pagamento dell’imposta di registro scade tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011. 79 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Contratti a canone "libero" Contratti a canone "concordato" Scaglioni IRPEF Regime ordinario* Cedolare secca Differenza Regime ordinario** Cedolare secca Differenza Fino a 15.000 19,55% 21% 1,45% 13,68% 19% 5,32% Da 15.000 a 28.000 22,95% 21% -1,95% 16,09% 19% 2,94% Da 28.000 a 55.000 32,30% 21% -11,30% 22,61% 19% -3,61% Da 55.000 a 75.000 34,85% 21% -13,85% 24,39% 19% -5,39% 36,55% 21% -15,55% 25,58% 19% -6,58% Oltre 75.000 * Il calcolo dell’aliquota nasce tenendo conto della deduzione del 15% per i contratti a canone “libero” (es 23*0,85) * * Il calcolo dell’aliquota nasce tenendo conto della deduzione del 15% e dell’ulteriore deduzione del 30% per i contratti a canone “concordato” (es 23*0,85; 19,55*0,7) Comparazione carico fiscale IRPEF: regime ordinario e cedolare secca1 Inoltre, per i contratti di locazione in esame che non sono stati registrati nei termini di legge: • la durata della locazione è stabilita in 4 anni a decorrere dalla data di registrazione (volontaria o d’ufficio); • al rinnovo si applica la disciplina prevista per i contratti a canone libero; • si stabilisce che l’importo del canone di locazione dovuto dal locatario sia il più basso tra quello indicato nel contratto stipulato e quello pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, oltre all’adeguamento annuale pari al 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo delle famiglie che, tuttavia, deve decorrere dal secondo anno. Medesime considerazioni valgono anche per i contratti di locazione registrati: • in cui l’importo dei canoni dichiarato in sede di registrazione risulti inferiore a quello effettivo; • di comodato fittizio. Analisi economica della convenienza o meno della "cedolare secca" Al fine di calcolare la convenienza o meno, considerato che la cedolare secca sostituisce le altre imposte, in primis l’Irpef (nonché relative addizionali), si dovranno prendere a riferimento: • le diverse aliquote Irpef previste per scaglione di reddito; • eventuali oneri deducibili/detraibili (che, se si opta per la “cedolare secca”, vengono meno); • se si opta per la “cedolare secca” vengono meno anche le addizionali regionali e comunali (ove sussistano); • se si opta per la “cedolare secca” verranno meno 80 imposta di registro, pari al 2% sul canone annuale, ed imposta di bollo; • optando per la “cedolare secca” il canone rimane vincolato/fisso senza poter beneficiare dell’aumento ISTAT; • optando per la “cedolare secca” non si potrà beneficiare della deduzione forfettaria sul canone di affitto previsto nel regime ordinario e più precisamente: - per i contratti di locazione a canone “libero”, nel regime ordinario, spetta una deduzione forfettaria del 15% sul canone annuo che risulta dal contratto di locazione (25% per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano); - per l’immobile situato in un Comune ad alta densità abitativa e concesso in locazione in base agli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini (legge 431/1998, articoli 2, comma 3, e 5, comma 2), dove oltre alla deduzione del 15% (25% per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano) tale fattispecie comporta un’ulteriore riduzione del 30% del reddito imponibile. Sulla base di quanto sopra si evince che, per i locatori che sottoscrivono un contratto di locazione a canone “libero”, conviene optare per la “cedolare secca” nel caso in cui gli stessi abbiano dei redditi superiori ad Euro 15.000,00 (il successivo esempio pratico chiarirà meglio il vantaggio fiscale). Invece, in caso di contratti a canone “concordato”, sembra che per il locatore convenga optare per la “cedolare secca” solo in presenza di redditi superiori ad Euro 28.000,00. Esempio Reddito di lavoro dipendente locatore (residente a Padova): Euro 30.000,00 Canone “libero” annuale: Euro 6.000,00 Addizionale regionale regime ordinario: 0,9 Imposta di registro regime ordinario: 2% sul canone annuale Imposta di bollo su due copie: Euro 58,48 (4 marche da bollo) ISTAT in caso di regime ordinario aumento canone del 2% Cedolare secca canone “libero”: 21% Calcolo della cedolare secca 6.000,00 x 21% = Euro 1.260,00 Quindi, con la “cedolare secca”, il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad Euro 4.740,00 (dato dalla differenza tra Euro 6.000,00 ed Euro 1.260,00 - cedolare secca) Calcolo tassazione in regime ordinario Considerato che il locatore ha un reddito complessivo superiore ad Euro 28.000,00, il cumulo sarà soggetto all’aliquota del 38%, dalla quale sarà decurtata la percentuale del 15%. Va da sé che il canone sarà soggetto all’aliquota del 32,30%. Inoltre, senza cedolare secca, il canone di locazione sarà aumentato del coefficiente ISTAT del 2% (quindi, Euro 6.000 * 102% = Euro 6.120). Sulla base di quanto sopra la tassazione del canone sarà pari: Euro 6.120,00 * 32,30% = Euro 1.976,76 In regime ordinario, vi sarà anche l’imposta di registro del 2% sul canone annuale (di cui la metà nella generalità dei casi viene addebitata al locatario, quindi, in capo al locatore rimane unicamente l’1%): Euro 6.120,00 * 1% = Euro 61,20 In regime ordinario, vi sarà anche l’addizionale regionale (nel caso prospettato non vi sono anche quelle comunali, da considerare comunque, se vi fossero) 0,9% * (6.120,00 * 85%) = Euro 46,82 Quindi in regime ordinario il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad Euro 4.035,22 (dato dalla differenza tra Euro 6.120,00 - Euro 1.976,76 Euro 61,20 - Euro 46,82). Sulla base dell’esempio effettuato, si nota che - per un reddito superiore ad Euro 28.000,00 - nella generalità dei casi conviene la “cedolare secca”: infatti, nell’esempio fatto con la “cedolare secca” il locatore percepisce un canone netto pari ad Euro 4.740 contro un canone netto in regime ordinario pari ad Euro 4.035,22. http://shop.wki.it/utet_scienze_tecniche/ UTET Scienze Tecniche è il prestigioso marchio di editoria professionale che da sempre offre a geometri, architetti e ingegneri opere di riferimento, ora anche on line. L’offerta di UTET Scienze Tecniche rivolta ai professionisti del settore tecnico presenta un ampio catalogo in costante evoluzione, comprendente collane di manualistica tecnica e trattati, libri con dvd-rom di documentazione, banche dati off e on line. 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UTET SCIENZE TECNICHE® è un marchio registrato e concesso in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l. 81 EDILIZIA La “casa passiva” benessere termico senza riscaldamento convenzionale Il Geometra Gian Piero Marchiori ha, in provincia di Padova, progettato e realizzato una “casa passiva” che si avvicina agli standard qualitativi della “Passivhaus” (secondo il termine originale di lingua tedesca è un’abitazione che assicura il benessere termico senza alcun impianto di riscaldamento “convenzionale”). Significativi i risultati raggiunti. A partire dai costi complessivi di edificazione che sono risultati equiparabili a quelli di una costruzione “in muratura” grazie alla 82 compensazione dei costi elevati dei materiali con un utilizzo di ridotta manodopera impiegata per circa 15 giorni lavorativi. Vista la tipologia di edificio, insieme alle caratteristiche costruttive descritte di seguito, grande importanza hanno rivestito le scelte e le soluzioni adottate in termini progettuali e realizzativi per quanto riguarda i consumi e l’efficienza energetica della casa. Grazie allo studio attento sulla esposizione solare delle finestre tutte rigorosamente dotate di vetri termici, la casa risulta molto luminosa e ben ventilata, consentendo di evitare l’installazione di condizionatori. All’esterno della casa, l’impianto di illuminazione del giardino è alimentato da batterie che si ricaricano durante il giorno tramite pannelli fotovoltaici, considerando che solo due assicurano all’incirca 100W. Le cisterne interrate raccolgono l’acqua piovana utilizzata per annaffiare il giardino. Caratteristiche costruttive della casa Cappotto termico Lastre da 6-10 cm agganciate maschio/femmina incollate con colla e rete a cappotto e successivamente intonacate con intonachino idrorepellente. Platea di fondazione Platea areata su “igloo” dell’altezza totale di 70cm. Platea che garantisce una aerazione naturale assicurata dalle aperture Nord/Sud per lo smaltimento del “Radon”, gas sprigionato dal sottosuolo. Tetto Murali in legno lamellare di abete su perline rigorosamente trattato con prodotti ad acqua, guaina traspirante, pannello “sandwich” dell’altezza 20cm, manto di copertura in lastre grecate di Aluzink su supporto materiale isolante di 12cm. Struttura metallica La stabilità della costruzione da eventuali calamità atmosferiche è assicurata da una struttura portante in acciaio zincata a fuoco composta da IPE e tiranti, conforme alla normativa antisismica classe1 ed agli agenti atmosferici. Impiantistica Non è presente nessun tipo di riscaldamento “tradizionale” (termosifoni, risc. a pavimento) il riscaldamento è assicurato dalla presenza di una stufa a pellet/legno/cippato che ne assicura il confort invernale. Pareti esterne Le pareti perimetrali tipo “sandwich” sono composte da: murali in legno lamellare di abete trattato con prodotti ad acqua, pannelli di legno da 3cm e da materiale termoisolante di elevate prestazioni. 83 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 Terrazza con giardino Sopra la cucina è presente una terrazza con giardino, accuratamente isolata, coibentata e drenata, dovranno essere impiantate una specifica essenza di pianta grassa. Pavimento - Solaio Al piano terra il massetto poggia su “igloo” areato da 5cm mentre il solaio è in legno con murali in legno lamellare su perline, pannello fonoassorbente e rifinitura a listoni di parquet. Areazione La casa è dotata di impianto di ventilazione forzata che ne assicura il continuo riciclo dell’aria (l’aria calda del primo piano viene portata al piano terra), in estate facilita la ventilazione ed un discreto benessere interno senza condizionatore. Parasole Le pareti a Sud sono sprovviste di finestre mentre quelle a Est sono riparate dalla luce diretta del sole da una persiana in ferro. Scarichi reflui Le acque meteoriche vengono raccolte su cisterne interrate che serviranno successivamente per irrigare il giardino, lavare la macchina ecc. Le acque degli scarichi domestici, opportunamente depurate, vengono dilavate nel sottosuolo del giardino. Vetrate Tutte le vetrate hanno vetri termici ad alto potere termoisolante, le poche esposte al sole hanno speciali tende microforate riflettenti. 84 photo©shutterstock.com/Gorin VALUTAZIONI Linee Guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare Prima parte di Marco Simonotti e Marina Ciuna La rilevazione dei dati e delle informazioni del mercato immobiliare è alla base delle stime degli immobili secondo gli standard valutativi. Più in generale la raccolta e l’analisi statistica dei dati consentono di descrivere, di prevedere e di interpretare il mercato immobiliare nella sua diversità e complessità. Il professionista che opera nel campo delle stime immobiliari si trova nella necessità di rilevare i dati di mercato, accumulando nel tempo un patrimonio di dati e di informazioni, spesso generatosi spontaneamente, sotto forma di appunti, di schede, di ritagli, di annotazioni a margine e di elaborati. La raccolta di questi dati può essere episodica e frammentaria e la loro archiviazione incompleta, ma le indicazioni che riportano sono veridiche e circostanziate. È probabile che il professionista conservi più dati del mercato locale che quelli del mercato nazionale, più appunti numerici che letterari, ed è certo che un valutatore che applica gli standard estimativi dispone di dati dettagliati e finalizzati alla stima oltre che di un archivio ordinato. Il professionista che opera prevalentemente in campi diversi da quello delle stime nella pratica quotidiana si può trovare dinanzi a contratti, a patti e ad accordi tra venditore e compratore o tra locatore e locatario, che non rivestono al presente un interesse diretto ma che possiedono una valenza intrinseca se raccolti e conservati. Nei paesi di più avanzata cultura estimativa, i dati immobiliari sono raccolti e messi a disposizione dagli stessi professionisti e dalle loro banche dati a condizioni commerciali. 86 In Italia la rilevazione dei dati di mercato è nel complesso laboriosa tenuto conto che può esistere una divergenza tra i prezzi di mercato e i valori riportati negli atti ufficiali, che costituiscono una fonte informativa solo quando riportano dati veritieri, ossia fedeli alla realtà del mercato immobiliare. La divergenza tra i prezzi e i valori dichiarati è un fenomeno diffuso anche in altri paesi, e nella nostra realtà è determinato in gran parte dal sistema fiscale, dalla struttura catastale e dallo scarso interesse degli investitori, delle famiglie e dell’opinione pubblica per le statistiche sul mercato immobiliare. Anche la nostra tradizione estimativa, basata sull’expertise, ha trascurato la rilevazione dei dati perché non ha posto l’indagine di mercato come requisito indispensabile della stima. Le “Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare” propongono una serie di norme uniformi e condivisibili da parte dei valutatori e dei professionisti volte a fornire un comune strumento di rilevazione con il quale raccogliere, archiviare e scambiare i dati e le informazioni del mercato immobiliare. Il documento è diviso in due parti. La prima parte riporta i seguenti paragrafi: 1. Introduzione; 2. Mercato immobiliare; 3. Finalità della rilevazione; 4. Definizioni; 5. Scale di misura; 6. Elaborazione dei dati. La seconda parte (che verrà pubblicata nel prossimo numero di GEOCENTRO/ magazine) riporta i paragrafi: 7. Scheda di rilevazione; 8. Fonti dei dati; 9. Informazioni utili; 10. Dati in entrata; 11. Dati non validi; 12. Norme di condotta. 1. Introduzione 1.1 Nel mercato immobiliare si generano dati di natura tecnico-economica che hanno interesse per le valutazioni degli immobili e per l’elaborazione di statistiche immobiliari dettagliate. Nel nostro Paese tale messe di dati al momento giace in massima parte inutilizzata, rappresentando una risorsa che non aiuta nelle stime, non fornisce un orientamento e non sostiene le decisioni. 1.2 Lo sviluppo dell’attività di rilevazione, raccolta ed elaborazione dei dati del mercato immobiliare, svolta in modo sistematico e scientifico, mira principalmente a promuovere la trasparenza del mercato, con il fine di concorrere a modernizzarlo e a renderlo più efficiente. Da ciò discende la proposta di una serie di norme uniformi e condivisibili per la rilevazione dei dati e delle informazioni del mercato immobiliare. 1.3 La raccolta dei dati e delle informazioni immobiliari deve rappresentare una pratica diffusa presso i valutatori e gli operatori del mercato immobiliare e non essere considerata un fatto episodico e specialistico. 1.4 Occorre preliminarmente prendere atto che: a.il mercato immobiliare è segmentato in numerosi e diversificati sottomercati con caratteri di individualità e spesso di unicità; b.può esistere una divergenza tra i prezzi e i canoni contrattati sul mercato e i valori dichiarati nei contratti; c. i dati da accettare nell’analisi estimativa si compongono anche di riferimenti di natura confidenziale; d.i valutatori e gli operatori del settore immobiliare hanno maturato una vasta esperienza pur agendo spesso con criteri empirici e praticistici. 1.5 La proposta delle Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare discende dall’applicazione degli standard valutativi nelle stime immobiliari, che si fondano sulla rilevazione dei dati. 1.6 Non esiste nel nostro Paese una best practice generalmente condivisa riferita alla rilevazione dei dati del mercato immobiliare. Per questo motivo è necessario fare riferimento alle esperienze maturate in altri paesi in questo genere di indagini. 1.7 In Italia parte delle valutazioni immobiliari è ancora svolta con una pratica professionale che stima il valore di mercato degli immobili con un giudizio sintetico, basato sull’esperienza e sulla competenza del valutatore (expertise). Questa stima non si fonda sulla rilevazione diretta ed esplicita dei dati e per questo non è dimostrabile, né verificabile né riproducibile. 1.8 A differenza dell’expertise, gli standard valutativi e la metodologia estimativa scientifica si basano sulla rilevazione campionaria dei prezzi di mercato delle compravendite e dei canoni di mercato delle locazioni e delle caratteristiche immobiliari che li influenzano. 1.9 La differenza essenziale tra le stime empiriche dell’expertise e le stime razionali risiede nella rilevazione, nella misura, nell’analisi quantitativa dei dati rilevati. 1.10 Nel settore immobiliare, il problema principale della valutazione consiste dunque nella disponibilità dei prezzi e dei canoni effettivamente contrattati, sui quali basare le previsioni dei prezzi e dei canoni futuri. Per compiere stime veritiere non esiste altra via che quella della rilevazione e della raccolta dei prezzi veri laddove si formano. Ciò concorre a favorire la conoscenza del mercato immobiliare, anche se può richiedere un costo di accesso alle informazioni. 1.11 Le Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare intendono: a.promuovere la rilevazione e la raccolta di dati e di informazioni relativi al mercato immobiliare; b.favorire l’interscambio di dati e di informazioni immobiliari; c. formulare proposte per elevare il livello di qualità delle rilevazioni; d.sostenere la diffusione di standard valutativi. 1.12 Le presenti Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare sono formate da definizioni, limiti e regole proposte come strumento metodologico aggiornato. 1.13 L’utilizzazione delle linee guida per la rilevazione non è cogente ma volontaria e mira a qualificare il processo di rilevazione in un’ottica di armonizzazione delle procedure valutative e di trasparenza del mercato immobiliare. 1.14 Le norme presentate sono di natura consultiva e l’utilizzo o la conformità con tali norme è puramente volontario. 2. Mercato immobiliare 2.1 Il riferimento al mercato immobiliare è fondamentale nel processo di valutazione del valore di mercato e del canone di mercato. 2.2 Le rilevazioni del prezzo e del canone di mercato, delle caratteristiche degli immobili e delle altre informazioni precedono: la valutazione degli immobili da stimare tramite gli immobili presi a confronto (immobili comparabili); l’analisi degli investimenti immobiliari; e le analisi economiche e statistiche del mercato immobiliare. 2.3 Il mercato immobiliare si presenta segmentato per la diversità, l’atipicità e la complessità degli immobili. 2.4 Il segmento di mercato immobiliare è definito come l’unità elementare non ulteriormente scindibile del mercato immobiliare. 87 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 2.4.1 Un segmento di mercato immobiliare è classificato: dal tipo di contratto (affitto, acquisto, ecc.); dalla localizzazione; dalla destinazione; dalla tipologia immobiliare; dalla tipologia edilizia; dai caratteri della domanda e dell’offerta; dalla forma di mercato e dal livello del prezzo. 2.4.2 I segmenti di mercato sono definiti da una serie di parametri, di indicatori, di rapporti e di indici mercantili. 2.4.3 Un segmento di mercato comprende un immobile, un gruppo di immobili, un isolato o un quartiere definiti in base ai confini entro i quali gli immobili sono soggetti nello stesso modo alle forze economiche che in gran parte ne determinano il prezzo e il canone di mercato. 2.4.4 Gli immobili componenti il segmento di mercato possono presentare una discontinuità spaziale anche nell’ambito di ristrette aree geografiche. 2.5 Il mercato immobiliare presenta dinamiche proprie legate alla congiuntura, ai cicli di mercato e alle tendenze di fondo. 3. Finalità della rilevazione 3.1 Le finalità delle rilevazioni dei dati e delle informazioni del mercato immobiliare sono molteplici. 3.1.1 Le finalità generali riguardano principalmente (Tecnoborsa, 7; 3.9): 3.1.1.1 la descrizione e la rappresentazione del mercato immobiliare; 3.1.1.2 le prospettive di evoluzione del mercato e delle sue grandezze; 3.1.1.3 l’interpretazione degli aspetti causativi e genetici dei parametri del mercato e dei prezzi e dei canoni; 3.1.1.4 le indicazioni per le scelte di investimento; 3.1.1.5 le indicazioni per la politica economica e la pianificazione territoriale. 3.1.2 Le finalità particolari riguardano principalmente (Tecnoborsa, 7; 3.9): 3.1.2.1 le stime del valore e del canone di mercato di singoli immobili e di gruppi di immobili nelle valutazioni su larga scala (mass appraisal); 3.1.2.2 l’elaborazione di statistiche campionarie, di indici di mercato, di parametri di segmento, ecc.; 3.1.2.3 lo svolgimento di studi e di ricerche nel settore immobiliare. 88 3.2 Le rilevazioni del mercato immobiliare si svolgono in funzione: a.degli obiettivi dell’indagine; b.degli strumenti e dei modelli di analisi; c. del tempo e dei mezzi a disposizione; d.delle condizioni concrete della rilevazione; e. delle richieste della committenza. 3.3 La rilevazione dei dati e delle informazioni immobiliari può riguardare un ampio spettro di finalità applicative, che possono essere definite di volta in volta. 3.4 La rilevazione del dato e dell’informazione di mercato deve possedere alcuni requisiti (Tecnoborsa, 7; 2.2): 3.4.1 la veridicità del dato immobiliare, in presenza di un diffuso comportamento a occultare i prezzi e i canoni effettivamente contrattati; 3.4.2 la completezza relativa alla presenza di tutti gli elementi costitutivi del dato immobiliare, o ritenuti tali, con assoluta mancanza di omissioni; 3.4.2.1 il dato immobiliare è costituito da una parte economica relativa al prezzo o al canone effettivamente corrisposti e da una parte tecnica relativa alle caratteristiche posizionali, strutturali, tipologiche e tecnologiche dell’immobile rilevato (4.1); 3.4.3 l’accuratezza relativa alla diligenza, alla competenza e alla precisione della rilevazione. 3.5 Alcune circostanze concorrono al raggiungimento delle finalità di indagine e all’assolvimento dei precedenti requisiti: a.il reperimento, la fruizione, il controllo e la rotazione delle fonti di dati e delle informazioni; b.la definizione delle procedure di controllo di qualità dei dati con riscontri incrociati e controlli diretti; c. la predisposizione di una scheda di rilevazione con il compito di porre in diretta relazione le operazioni di rilevazione con i modi di elaborazione statisticoestimativa e le finalità dell’indagine medesima (7.); d.la predisposizione di un questionario volto a raccogliere informazioni sulle operazioni di mercato in modo standardizzato e su campioni di dati (10.6.1); e. il rispetto delle regole sulla privacy e della massima riservatezza; f. la preliminare definizione di misure di difettosità e di soglie di ammissibilità dei dati (10.10.2); g. l’applicazione di regole di rilevazione condivise. 3.6 La rilevazione del mercato immobiliare deve essere preceduta dalla definizione (Tecnoborsa, 7; 2.0, 2.3): a.del tipo di rilevazione con la chiara e definita finalità dell’indagine medesima; photo©shutterstock.com/Susan Law Cain b.delle fonti di rilevazione e di informazione e della loro composizione; c. del modello di scheda di rilevazione, del modello del questionario e dello schema delle interviste; d.dei modi di elaborazione estimativa e statisticoeconomica dei dati; e. del sistema di verifica dei dati in entrata; f. di norme uniformi per la rilevazione; g. dei modi di archiviazione dei dati. 3.7 La rilevazione dei dati e delle informazioni del mercato immobiliare deve preferibilmente preludere alla raccolta sistematica dei dati e alla costituzione di banche dati. 4. Definizioni 4.1 Il dato immobiliare è un dato puntuale costituito dal prezzo o dal canone di mercato veri, riferiti alla data in cui si sono formati, e dalle caratteristiche tecnicoeconomiche dell’immobile. 4.1.1 Il dato immobiliare è un dato puntuale, completo e veridico. 4.2 Il prezzo e il canone di mercato degli immobili sono legati alle caratteristiche esterne, relative al contesto ove è sito l’immobile, e alle caratteristiche interne relative alla dimensione, alle condizioni e allo stato dell’immobile. 4.3 Per prezzo di mercato si intende l’importo pagato (e incassato) per un immobile scambiato nel mercato. Il prezzo di mercato è un dato storico, indipendentemente dal fatto che sia reso pubblico o sia mantenuto riservato (IVS, GAVP, 4.2). 4.4 Per canone di mercato si intende l’importo pagato (e incassato) periodicamente per la concessione in locazione di un immobile. Il canone di mercato è un dato storico ricorrente. 4.5 La caratteristica immobiliare è ciascuna definita qualità peculiare costituente la nota distintiva di un immobile ai fini della rilevazione e della valutazione. 4.6 Le caratteristiche immobiliari possono essere classificate in: caratteristiche locazionali, caratteristiche posizionali, caratteristiche tipologiche, caratteristiche economiche e caratteristiche istituzionali. 4.6.1 Le caratteristiche locazionali riguardano l’ubicazione dell’immobile nel contesto urbano (in rapporto alle infrastrutture, ai servizi, ecc.), territoriale e ambientale. 4.6.2 Le caratteristiche posizionali riguardano la collocazione dell’immobile nel contesto edilizio (livello piano, esposizione, ecc.) o nella ripartizione di un’area in lotti. 4.6.3 Le caratteristiche tipologiche riguardano il quadro classificatorio delle proprietà edilizie dell’immobile (stato di manutenzione, impianti, ecc.). 4.6.4 Le caratteristiche economiche riguardano le condizioni e le limitazioni di uso dell’immobile e le condizioni di finanziamento. 4.6.5 Le caratteristiche istituzionali riguardano il quadro normativo. 4.7 Avuto riguardo alla misura, le caratteristiche si distinguono in caratteristiche quantitative e caratteristiche qualitative. 4.7.1 Le caratteristiche quantitative possono essere misurate in una scala cardinale mediante unità tecniche ed economiche (superficie, impianti, ecc.)(5.5). 89 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 4.7.2 Le caratteristiche qualitative possono essere misurate nella scala nominale e nella scala ordinale (livello di piano, inquinamento, ecc.) (5.3; 5.4). 4.7.2.1 Le caratteristiche qualitative assumono particolare rilievo nella stima del patrimonio immobiliare con valenze architettoniche, storiche, culturali e ambientali. 5. Scale di misura 5.1 La rilevazione dei dati immobiliari richiede l’uso di scale di misura quali-quantitative per i prezzi e i canoni di mercato e le caratteristiche immobiliari. 5.2 La moderna teoria della misura stabilisce che un definito set di dati relativi a un fenomeno può soddisfare (ammesso un suo valido uso) un definito livello di misura e non altri. 5.3 La scala di misura nominale è in via principale rappresentativa e descrittiva della caratteristica immobiliare. La scala nominale si presenta con la relazione ‘eguale a’ o ‘non eguale a’ esistente tra le categorie della caratteristica osservata. 5.3.1 La scala nominale nei problemi di inferenza statistica è espressa numericamente con una variabile dicotomica (dummy variable). Il suo significato analitico può riguardare la presenza o l’assenza della caratteristica immobiliare indicata rispettivamente con il numero 1 e il numero 0. 5.3.2 Nell’analisi estimativa, quando nel campione di dati rilevato la caratteristica è presente in alcuni dati e assente nei rimanenti, le categorie sono rappresentate dalla presenza o dall’assenza della caratteristica (1 o 0). 5.3.3 Nell’analisi estimativa, quando per la stessa caratteristica vi sono due o più categorie distinte, la misurazione è rappresentata dalla combinazione dei numeri binari (5.12). 5.3.4 Ciascuna categoria della caratteristica è designata con un nome, in modo che possa essere perfettamente individuata e distinta (5.10). 5.3.5 Queste condizioni possono riferirsi ad alcune caratteristiche degli immobili (inquinamento, zona, posizione, ecc.). 5.4 La scala di misura ordinale esprime le classi della caratteristica ponendole in una serie ordinata. Tale successione è raffigurata con i numeri ordinali. La scala ordinale naturale si presenta con le relazioni ‘maggiore di’ o ‘minore di’ tra le classi. 5.4.1 La misura svolta con la scala ordinale si 90 presenta con un indice che esprime l’intensità non misurabile della caratteristica. Questo indice può essere rappresentato dai termini: sufficiente, buono, ottimo, oppure minimo, medio, consigliabile, superiore, e altri ancora. Questi termini possono attribuirsi a molte caratteristiche degli immobili (stato di conservazione, prestazioni fun zionali, luminosità, ecc.). 5.4.2 La scala di misura a intervalli esprime la distanza tra le classi della caratteristica. Per le classi per le quali esiste la relazione a>b>c> ... y>z la scala a intervalli fornisce le distanze o intervalli ab, bc, ..., yz. 5.4.2.1 In una scala a intervalli si può esprimere la distanza tra le classi in un ordine metrico con la costruzione di una “funzione di distanza” che assegna un numero reale alle classi (punteggio). I punteggi assegnati devono essere comparabili, o essere posti in condizioni di comparabilità, con l’uso di una comune e costante unità di misura. In tal caso i numeri possono essere associati agli intervalli tra le classi, e le distanze possono essere misurate dalle differenze tra i numeri progressivi. 5.4.2.2 In genere il punteggio massimo è assegnato alla classe considerata migliore; ci si riferisce ai numeri reali positivi anche per attribuire le penalità, così un punteggio nullo è assegnato come punteggio massimo alla classe che non presenta penalità. 5.4.2.3 Nella scala a intervalli sono consentite le operazioni di somma e di sottrazione: così un numero può essere aggiunto (o sottratto) a tutti i gradini della scala non modificando le distanze relative degli intervalli. Similmente tutti i valori della scala possono essere moltiplicati per un dato numero senza che gli intervalli della scala subiscano variazioni. 5.4.3 Ciascuna classe della caratteristica immobiliare misurata con la scala ordinale è designata con un nome, in modo che possa essere perfettamente individuata, distinta e classificata (5.10). 5.4.4 Nella scala cardinale il numero e l’ampiezza delle classi di una caratteristica immobiliare è funzione delle sue peculiarità, come percepite 5.5 5.6 5.7 5.8 dall’osservatore, del grado di dettaglio richiesto dall’indagine e delle finalità della rilevazione. La scala di misura cardinale pone una corrispondenza biunivoca tra le classi della caratteristica e i numeri reali (scala continua) o i numeri interi (scala discreta). L’unità di misura può essere di natura fisica, tecnica, economica, ecc. 5.5.1 La scala cardinale permette l’impiego delle quattro operazioni fondamentali e degli strumenti di analisi quantitativa. Nel linguaggio statistico le caratteristiche oggetto di rilevazione possono essere classificate in: a.mutabili se ottenute dalla rilevazione di fenomeni non ordinabili (zona, stile architettonico, ecc.); b.variabili se ottenute dalla rilevazione di fenomeni ordinabili e particolarmente misurabili con una scala cardinale. Una tra le più importanti relazioni tra i livelli di misura può essere rappresentata attraverso la scala standardizzata. Il processo statistico di standardizzazione delle variabili mira a offrire misure uniformi e confrontabili delle caratteristiche oggetto di indagine. Il processo consiste infatti: a.nel cambiamento dell’origine (traslazione degli assi) in base a un criterio che fissa uno zero arbitrario rispetto a quello assoluto (dato medio, dati dell’immobile da stimare, ecc.); b.nell’eliminazione dell’unità di misura; c. nell’eventuale riduzione dell’ordine di grandezza in cui varia la caratteristica con l’impiego di una misura di variabilità; d.nell’eventuale cambiamento del segno per ammontari negativi della caratteristica. 5.7.1 La scala standardizzata trova impiego nella fase di analisi estimativa del processo di valutazione su larga scala degli immobili (6.6.5). 5.7.2 Per la scala standardizzata valgono tutte le proprietà formali della scala cardinale. Nei passaggi da una scala qualitativa (nominale e ordinale) a una scala quantitativa (a intervalli e cardinale) si ha una perdita di contenuto qualitativo delle informazioni rilevate, mentre si consegue un più elevato livello di sintesi che consente di impiegare le misure quantitative in operazioni di calcolo complesse. Di conseguenza per l’osservatore si pone una situazione di conflitto nella misura di una caratteristica, per la quale alla perdita di contenuto qualitativo dell’informazione grezza si contrappone la possibilità di applicare gli strumenti di calcolo e l’inferenza estimativa e statistica. 5.8.1 L’analisi quantitativa delle caratteristiche qualitative impone la necessità di riportare le rilevazioni dalla scala nominale e dalla scala ordinale alla scala cardinale. 5.8.2 Il passaggio dalla scala nominale a quella cardinale avviene generalmente con l’attribuzione dei valori zero e uno alle categorie della caratteristica qualitativa. 5.8.3 Il passaggio dalla scala ordinale a quella cardinale si ottiene con l’assegnazione di punteggi relativi ai posti occupati dalle diverse classi della caratteristica. 5.9 Ai fini della misurazione e nel passaggio di scala si ricorre ai nomenclatori. 5.10 I nomenclatori hanno il compito di descrivere e catalogare in modo sistematico le classi di una caratteristica immobiliare qualitativa, attribuendo loro un nome e descrivendole in modo univoco. A ciascuna categoria o classe è attribuita una definizione volta a caratterizzare e circoscrivere la categoria o la classe sul piano concettuale. Per esigenze di comunicazione il nomenclatore deve essere appropriato e immediatamente intelligibile. 5.10.1 La formulazione del nomenclatore traduce in parole le proprietà tecniche di una categoria o di una classe, ponendole in relazione con le altre categorie o classi della stessa caratteristica. 5.10.2 Nelle misure ordinali il nomenclatore esprime quindi un giudizio sulle classi della caratteristica con un criterio tecnico ed estimativo. 5.10.3 La stesura della parte letteraria dei nomenclatori estimativi si basa sui termini e sulle locuzioni adottate localmente nella pratica immobiliare. 5.10.4 Il nomenclatore è finalizzato alla stima dei prezzi marginali delle caratteristiche e alla calibrazione dei parametri dei modelli di stima su larga scala (6.6.6). 5.10.5 Il nomenclatore attribuisce una descrizione completa e sintetica delle categorie o delle classi della caratteristica qualitativa, permettendo la traduzione di queste etichette di contenuto letterale e descrittivo in una scala numerica. 5.11 L’assegnazione di una misura alle caratteristiche qualitative prevede due livelli. 5.11.1 Il primo livello di misura delle caratteristiche qualitative stabilisce: a.il numero delle categorie o delle classi; b.l’ordine gerarchico delle classi; c. il nome e il nomenclatore di ciascuna categoria o classe. 5.11.2 Il secondo livello di misura delle caratteristiche qualitative riguarda: a.per la scala nominale l’assegnazione dei numeri binari alle categorie; 91 ANNO III | n. 15 | MAGGIO - GIUGNO 2011 b.per la scala ordinale l’assegnazione dei singoli punteggi alle classi. 5.12 Nell’ambito del segmento di mercato il problema di misurazione delle caratteristiche qualitative su scala nominale prevede: a.la misura dicotomica; b.la definizione in termini letterari e tecnici dei nomenclatori (primo livello); c. l’attribuzione di 0 (assenza) e di 1 (presenza) (secondo livello) (schema 1). 5.13 Nell’ambito del segmento di mercato il problema di misurazione della caratteristica qualitativa su scala ordinale prevede: a.la definizione del numero e del nome delle classi e il loro ordine gerarchico secondo la scala ordinale (ad esempio max, medio, min); b.la definizione dei termini letterari e tecnici dei nomenclatori (primo livello); c. l’attribuzione di un punteggio crescente (secondo livello) (ad esempio min=1, medio=2, max=3) (schema 2). 5.14 Per la diversità e complessità degli immobili e per la segmentazione del mercato immobiliare, le categorie e le classi delle caratteristiche qualitative variano da segmento a segmento di mercato, così come variano i loro nomenclatori. 5.15 La misurazione della consistenza degli immobili riguarda in genere le misure metriche di superficie e di volume. 5.15.1 Per la misura della superficie reale si può prefigurare un insieme di criteri uniformi, generalmente validi e condivisi dagli operatori del mercato, dai tecnici e dai contraenti. 5.15.2 Le Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare propugnano l’applicazione di standard di misura metrica degli immobili. 6. Elaborazione dei dati 6.1 Nell’analisi quantitativa si ritiene che i risultati attesi da un modello statistico-matematico non possano essere migliori della qualità dei dati utilizzati. 6.2 L’analisi numerica afferma che difficilmente l’informazione in ingresso è esatta, poiché usualmente nasce da processi di misura di qualche tipo, e inoltre si aggiunge l’errore introdotto dall’algoritmo di calcolo impiegato. 6.3 La raccolta e l’analisi dei dati immobiliari e delle informazioni di mercato mirano a descrivere, a interpretare e a prevedere il mercato immobiliare, nella sua diversità e complessità e nei futuri andamenti. 6.4 Ai fini estimativi, la rilevazione dei dati immobiliari mira primariamente alla stima del valore di mercato di una o più unità immobiliari. 6.5 Il rilevatore deve avere conoscenze sui modelli e i metodi applicati nelle elaborazioni dei dati, sulle principali statistiche campionarie e sui modelli di stima su larga scala. 6.6 Il processo di valutazione su larga scala include (IVS, GN 13; 1.4): 6.6.1 l’identificazione dell’insieme degli immobili da valutare e di ciascun immobile; 6.6.2 la definizione dell’ambito di mercato, costituito da uno o da due o più segmenti di mercato prescelti ai fini dell’analisi estimativa e statistica (2.4); 6.6.3 l’identificazione delle caratteristiche della domanda e dell’offerta che influenzano la formazione del valore nel definito ambito di mercato; Schema 1 - Misura della caratteristica qualitativa su scala nominale Caratteristica immobiliare Acronimo Nomenclatore Caratteristica CRN Descrizione Categoria Numero Assenza 0 Presenza 1 Classe Punto min 1 medio 2 max 3 Schema 2 - Misura della caratteristica qualitativa su scala ordinale Caratteristica immobiliare Caratteristica 92 Acronimo CRO Nomenclatore Descrizione 6.6.4 la rilevazione dei dati e delle informazioni di mercato; 6.6.5 l’analisi estimativa dei dati rilevati attraverso: 6.6.5.1 l’applicazione dei procedimenti e dei metodi estimativi; oppure 6.6.5.2 lo sviluppo di un modello che riflette la relazione fra le caratteristiche immobiliari e il valore di mercato o il canone di mercato; 6.6.6 la calibrazione del modello per determinare i parametri specifici che operano in un modello valutativo (IVS, GN 13, 3.2); 6.6.7 la convalida del processo di valutazione su larga scala adottato, incluse le misure di performance; 6.6.8 il processo di verifica attraverso diagnostiche statistiche e lo studio dei rapporti (ratio study), nei quali i valori calcolati sono comparati ai prezzi osservati (prezzi di mercato e canoni di affitto). 6.6.9 l’applicazione dei risultati ottenuti con il modello alle caratteristiche degli immobili da valutare; 6.6.10 la rassegna dei risultati della valutazione su larga scala (IVS, GN 13, 1.4; 3.4). 6.7 Il processo di verifica mira a testare i risultati del modello per assicurarsi che abbiano raggiunto gli standard richiesti per il loro utilizzo. Il processo di verifica include i test svolti su un campione separato rappresentato da un gruppo di immobili che non sono stati utilizzati nel processo di calibrazione e che presentano prezzi o canoni di mercato noti. Il campione rilevato per la verifica è composto da dati immobiliari estratti separatamente dai dati del campione utilizzato per la costruzione del modello e per la valutazione. 6.8 L’affidabilità di qualsiasi modello di valutazione o di verifica dipende dalla qualità e dalla quantità dei dati rilevati. Bibliografia APPRAISAL INSTITUTE: The Appraisal of Real Estate. 13th Edition. Appraisal Institute. Chicago 2008. APPRAISAL INSTITUTE: The Dictionary of Real Estate Appraisal. 5th Edition. Appraisal Institute. Chicago 2010. ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA: Linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie. ABI. Roma 2010. BANCA D’ITALIA: Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche. Esposizioni garantite da immobili. Titolo II Capitolo 1 Sezione IV. Circolare n. 263 del 27.10.2006. CONSIGLIO NAZIONALE GEOMETRI: Linea guida per la misurazione degli immobili. Roma 2005. CRIF CERTIFICATION SERVICES: Best Practice. CRIF Certification Services, Bologna 2008. INTERNATIONAL ASSOCIATION OF ASSESSING OFFICERS: Standard on Automated Valuation Models (AVMs). IAAO. Chicago 2003. INTERNATIONAL ASSOCIATION OF ASSESSING OFFICERS: Standard on Verification and Adjustment of Sales. IAAO. Kansas City 2010. INTERNATIONAL ASSOCIATION OF ASSESSING OFFICERS: Standard on Ratio Studies. IAAO. Kansas City 2010. INTERNATIONAL VALUATION STANDARDS COMMITTEE: International valuation standards. IVSC, London 2007. NATIONAL COUNCIL OF REAL ESTATE INVESTMENT FIDUCIARIES: Real Estate Information Standards. NCREIF, Chicago 2010. SIMONOTTI M.: La stima immobiliare: con principi di economia e applicazioni estimative. UTET Libreria, Torino 1997. SIMONOTTI M.: Metodi di stima immobiliare. Dario Flaccovio Editore. Palermo 2006. TECNOBORSA: Codice delle valutazioni immobiliari IV. Italian property valuation standard. Tecnoborsa. Roma 2011. THE APPRAISAL FOUNDATION: Uniform Standards of Professional Appraisal Practice. The Appraisal Foundation. Washington DC 2010-11. THE EUROPEAN GROUP OF VALUERS’ ASSOCIATIONS: European valuation standards. 5th Edition. Bell & Bain Ltd. Glasgow 2003. THE EUROPEAN GROUP OF VALUERS’ ASSOCIATIONS: Standard europei di valutazione immobiliare. FrancoAngeli. Milano 2007. THE EUROPEAN GROUP OF VALUERS’ ASSOCIATIONS: European valuation standards 2009. 6th Edition. TEGoVA. Belgium 2009. THE ROYAL INSTITUTION OF CHARTERED SURVEYORS: Valuation standards. 6th Edition. Rics Book. Coventry 2009. 93 MEDIATECA Manuali del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati esperienza professionale, per accompagnare la crescita e lo sviluppo della categoria, in un momento in cui sempre più la qualità e la professionalità faranno la differenza. Qualità ed esperienza professionale che si ritrovano con un sintetico e felice connubio tra teoria e prassi nei primi due manuali della collana. ELEMENTI DI TOPOGRAFIA E CATASTO è stato curato dall’Associazione Geometri Italiani Topografi (AGIT, con il contributo di A. d’Angelis, M. Foderà, A. Goso, M. Goso, A. Grembiale, G. Mangione, L. Marchi, P. Radice, B. Suliani) e tratta tutti i temi di pratico interesse relativi a Topografia, Catasto terreni e Catasto fabbricati, presentando anche nozioni di diritto utili per l’attività del geometra topografo e catastale. MANUALE DEL GEOMETRA MEDIATORE E CONCILIATORE – curato dal geom. F. Vircillo e dall’avv. C.A. Calcagno – è una vera e propria guida di riferimento indispensabile per chi intenda esercitare l’attività di mediatore e conciliatore a livello professionale. 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Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, con il patrocinio della Fondazione Geometri Italiani, ha ideato e realizzato una nuova collana - i Manuali del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati - rivolta a quanti preparano l’esame di abilitazione alla professione di geometra e a geometri professionisti. Il CNG e la Fondazione hanno individuato come partner editoriale di riferimento per l’iniziativa UTET Scienze Tecniche, parte del gruppo editoriale Wolters Kluwer Italia (uno tra i più importanti e innovativi del settore), che offre ai professionisti tecnici contenuti e servizi su tutti i media (libri, riviste, software e banche dati on line). Ogni volume affronta con taglio pratico-operativo temi di interesse per la professione. 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L’intento, come ha spiegato il Presidente Savoldi, è offrire ai professionisti, tramite il CNG e la Fondazione, agili e pratici strumenti per la formazione, attenti alle esigenze dei giovani professionisti ma rivolti anche a chi ha una consolidata Il manuale del geometra mediatore e conciliatore - f.to 160 x 240 - dorso 10,5 mm (cyanmagentagiallonero) Con il patrocinio di “Manuali del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati”: una collana di volumi che affrontano con taglio pratico-operativo temi di interesse per la professione di Geometra e per quanti preparano l’esame di abilitazione. Autori del volume Carlo Alberto Calcagno Filippo Vircillo Associazione 61302407 Geometri Italiani Topogra Volumi pubblicati : ISBN 978-88-598-0702-5 • La normativa sulla mediazione. Commento al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 Esperti ed Autori sono individuati anche dalle diverse Associazioni dei • Come condurre la mediazione. Geometri, che hanno il compito di Guida pratica predisporre studi, ricerche, contributi, • Normativa di riferimento generale linee guida ed iniziative di formazione su diversi Temi: Edilizia e lavori pubblici, Topografia, Ambiente e territorio, Valutazione, Sicurezza, Impianti sportivi, Conciliazione, Amministrazione immobili. 9 788859 807025 Elementi di TOPOGRAFIA e CATASTO ISBN 978-88-598-0620-2 Elementi di TOPOGRAFIA e CATASTO Autori: Associazione Geometri Italiani Topografi (AGIT) con il contributo di A. d’Angelis, M. Foderà, A. Goso, M. Goso, A. Grembiale, G. Mangione, L. Marchi, P. Radice, B. Suliani Piano opera Topografia Catasto terreni Catasto fabbricati Diritto e attività del geometra topografo e catastale 1 volume, 180 pagine, prezzo copertina 18,00 euro, formato 16x24 brossura, codice prodotto: 61302380, codice ISBN: 978-88-598-0620-2 MANUALI 2 Manuale del GEOMETRA MEDIATORE e CONCILIATORE Contenuti : 1 9 788859 806202 Manuale delNazionale Consiglio Geometri e Geometri Laureati geometra mediatore e conciliatore 5 000613 024078 MANUALI Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati Manuale del GEOMETRA MEDIATORE e CONCILIATORE 1. Elementi di topografia e catasto 2. Manuale del geometra mediatore e conciliatore I.V.A. INCLUSA € 18,00 I.V.A. INCLUSA Disponibili su shop.wki.it/utet_scienze_tecniche/default.aspx 94 Autori: Carlo Alberto Calcagno (Avvocato in Genova), Filippo Vircillo (Geometra in Genova) Piano opera La normativa sulla mediazione Come condurre la mediazione. Guida pratica Normativa di riferimento generale 1 volume, 180 pagine, prezzo copertina 18,00 euro, formato 16x24 brossura, codice prodotto: 61302407, codice ISBN: 978-88-598-0702-5 “Manuali del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati”: una collana di volumi che affrontano con taglio pratico-operativo temi di interesse per la professione di Geometra e per quanti preparano l’esame di abilitazione. Esperti ed Autori sono individuati anche dalle diverse Associazioni dei Geometri, che hanno il compito di predisporre studi, ricerche, contributi, linee guida ed iniziative di formazione su diversi Temi: Edilizia e lavori pubblici, Topografia, Ambiente e territorio, Valutazione, Sicurezza, Impianti sportivi, Conciliazione, Amministrazione immobili. Volumi pubblicati : 1. Elementi di topografia e catasto 2. Manuale del geometra mediatore e conciliatore NEWS EVENTI “Rassegna internazionale del Paesaggio e del Giardino” A Gardone Riviera, 17- 18 settembre Nella meravigliosa cornice di Gardone Riviera e nell’ambito della manifestazione “I Giardini del Benaco”, sabato 17 e domenica 18 settembre 2011 si svolgerà nella nuova sede di Villa Alba la seconda edizione della “Rassegna Internazionale del Paesaggio e del Giardino”. L’iniziativa, che quest’anno ha per titolo “Nuovi giardininuovi paesaggi”, si pone l’obiettivo di approfondire il quadro di sviluppo del paesaggismo in Italia da tre angolazioni: la riqualificazione urbanistica dei quartieri marginali, il ruolo della natura, sempre più sentito come dominante non solo dai progettisti ma anche dall’utente finale dello spazio pubblico, e il ruolo sociale, attribuibile al giardino e ancor più al paesaggio. L’analisi si connoterà attraverso la lettura delle esperienze di noti paesaggisti italiani e stranieri. Questi ultimi con la caratteristica comune di avere recentemente lavorato in Italia e quindi di aver conosciuto sul campo le condizioni operative. L’ipotesi è di confrontarsi sul piano concreto delle esperienze per trovare delle linee comuni e di originalità nazionale. In questo modo il ruolo internazionale della Rassegna assume un valore aggiunto che va aldilà della semplice presentazione di figure di spicco del paesaggismo nazionale ed internazionale, creando una rete di collaborazione attraverso un costruttivo confronto. La formazione, universitaria e non, dello studente che intende specializzarsi in questo settore avrà uno spazio privilegiato di riflessione attraverso la Mostra, aperta per tutto il periodo della Rassegna, che offre una selezione delle principali scuole di paesaggismo in Italia ed anche in Europa oltre alla presentazione delle Associazioni che hanno come scopo di offrire un punto di riferimento attivo. Sempre per il settore della formazione saranno poste le basi e raccolte le adesioni per un successivo workshop a numero chiuso della durata di due giorni per sviluppare esperienze di progettazione sul tema del recupero di un giardino di tradizione con uno sguardo alla contemporaneità e sul tema della fruibilità artistica di un parco. 96 Il programma della Rassegna SABATO 17 SETTEMBRE Ore 9.30 Premessa alla Rassegna Darko Pandakovic architetto paesaggista, Politecnico di Milano Ore 10 “Riqualificazione urbana e tessuto storico” Parole chiave: ricostruire, reinterpretare, restaurare Modera Lucia Valerio, giornalista Franco Zagari, architetto paesaggista, Università di Reggio Calabria Elisabetta Cereghini, architetto-storica, École nationale supérieure du paysage (ENSP), FR Ore 13.30 Pranzo Ore 14.30 “La Società e il paesaggio” Parole chiave: luoghi di socialità, bellezza sostenibile, meccanismi di empatia Modera Matteo Thun, architetto, Studio Thun &Partners Andreas Kipar, architetto paesaggista, Studio Land IT/D Anthony Paul, architetto paesaggista, UK “Riflessioni su nuovi modi di vivere il paesaggio” Enzo Enea architetto paesaggista, CH Michela Pasquali paesaggista e botanica, CH Ricciarda Belgioioso architetto Politecnico di Milano “Sperimentazione di metodi classici di indagine per nuovi argomenti” Ricerca VerDiSegni sulla figura del paesaggista Ore 19 Chiusura lavori Ore 20.30 Cena di gala per i partecipanti alla Rassegna DOMENICA 18 SETTEMBRE Ore 9 “Nuovi ambienti per nuove nature” Parole chiave: paesaggio sostenibile, dinamicità riorganizzativa, nuovi scenari urbani Modera Alessandro Rocca, architetto, Politecnico di Milano Domenico Luciani, architetto paesaggista, Fondazione Benetton Studi Ricerche AIAPP Lombardia – Slow Food (Francesca Neonato / Maurizio Ori, paesaggista ) A confronto con l’esperienza francese Gruppo COLOCO paesaggisti della scuola di G.Clément, FR Jacqueline Osty, paesaggista École nationale supérieure du paysage (ENSP), FR Fabienne Giboudeaux, comune di Parigi, FR Ettore Favini, artista con una mostra video su Gilles Clément Ore 13.30 Chiusura della Rassegna AZIENDE Micropali a pressione per il consolidamento di platee di fondazione in cemento armato Nei casi di possibile realizzazione, la platea viene considerata da gran parte dei tecnici progettisti una fondazione ideale. Il motivo di tale considerazione è essenzialmente da attribuirsi al fatto che una platea di fondazione distribuisce in modo uniforme i carichi sul terreno sottostante e conferisce all’intero fabbricato un’apprezzabile rigidità strutturale. Tale tipologia di fondazione molto spesso diventa una scelta quasi obbligata, determinata dalle caratteristiche della struttura che dovrà essere sostenuta. In fase di progettazione è necessario verificare attentamente le caratteristiche del terreno sul quale verrà realizzata la platea in quanto la stessa presenta un bulbo delle pressioni, ovvero il volume di terreno maggiormente sollecitato dai carichi della struttura, molto ampio e profondo. In presenza di carichi non uniformi e di terreni con scadenti caratteristiche geotecniche si corre il rischio che la platea possa subire un cedimento differenziato, perdendo così la propria planarità. In tali casi, l’edificio soprastante non subisce alcuna lesione, ma si inclina in corrispondenza di un lato o di un angolo, provocando enormi disagi e forte deprezzamento del valore della struttura. Per ovviare a tale problematica Novatek ha sviluppato una tecnologia molto rapida, economica e poco invasiva, per trasferire in profondità tutto o parte del peso dell’edificio mediante micropali a pressione. Questa metodologia si può agevolmente applicare in fase costruttiva oppure anche in tempi successivi ed è utilizzabile in diversi ambiti (case prefabbricate in legno e in cemento armato, basamenti di macchinari, pavimenti, piscine, silos, vasche di decantazione). Il consolidamento della platea di fondazione con i micropali a pressione conferisce al fabbricato la totale ed assoluta sicurezza di solidità e di durabilità nel tempo. I micropali a pressione in acciaio sono ad aderenza migliorata e sono costituiti da tubi giuntabili in acciaio Fe 510, della lunghezza generalmente di un metro. Il diametro dei tubi è mediamente di 60 millimetri, con uno spessore di 8 millimetri. A richiesta vengono forniti e posti in opera anche diametri superiori. La giunzione dei diversi moduli avviene mediante filetto conico. Il processo di rullatura conferisce una rugosità su tutta la lunghezza del palo che, una volta infisso nel terreno, aumenta enormemente la sua aderenza per attrito laterale. Il micropalo rullato viene infisso a pressione sotto le fondazioni, senza asportazione di terreno grazie all’utilizzo di martinetti idraulici montati su macchinari ad ingombro ridotto. Una volta completata l’infissione, il micropalo rullato in acciaio viene ultimato e sigillato con la cementazione della cavità centrale mediante malte per inghisaggi tipo Emaco S55. Va ricordato che la portata del micropalo, misurata dal sistema di infissione, risulta inferiore rispetto a quella che si sviluppa a lungo termine e che la portata offerta dal micropalo infisso risulta, a parità di diametro, nettamente superiore rispetto alla portata offerta da un palo perforato, in quanto l’infissione del micropalo nel terreno determina un addensamento del terreno circostante. Tutto questo assicura chiari vantaggi tecnico-economici. Maggiori informazioni sul sito www.micropalo.it 97 NEL PROSSIMO NUMERO photo©shutterstock.com/topora 150° UNITA’ D’ITALIA I Tecnici protagonisti: Giuseppe Maioli L’ Istituto Tecnico “Sallustio Bandini” di Siena CONVENZIONE CNGeGL con “Libera”, Associazione di promozione sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro della Salute e della Solidarietà Sociale GEOTERMIA Integrazione di impianti di generazione energetica rinnovabile a sistemi a zero emissioni VALUTAZIONI Linee Guida per la rilevazione dei dati del mercato immobiliare Seconda parte … e tanti altri interessanti articoli anche sul contributo che i Geometri hanno dato nei diversi periodi dei 150 anni alla storia d’Italia, al suo sviluppo e alla formazione di un’identità nazionale TIRATURA E DIFFUSIONE MEDIA: 110.000 copie