Leggi - Geometri in rete

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Leggi - Geometri in rete
FONDAZIONE
GEOMETRI ITALIANI
Poste Italiane
Spedizione in a.p. -45%
art. 2 comma 20/b
L. 662/96
aut. n. DCB/CZ/17/2004
valida dal 19/01/04
anno III
MAGGIO - GIUGNO 2011
numero
In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme.
Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa.
INTERVENTI
Giulio Tremonti
incontra
i Geometri
150° UNITÀ D’ITALIA
I Tecnici
protagonisti:
Piero Bargellini
GEOMATICA
Una riflessione
sulla Geomatica
di Luigi Mussio,
Valentina Forcella
PREVIDENZA
La CIPAG
sostiene i Geometri
nell’accesso
ai finanziamenti
europei
di Fausto Amadasi
INDAGINE
EUCLIDE 2020
I geometri nel futuro
15
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
Anno III
N. 15 Maggio - Giugno 2011
DIRETTORE
RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
[email protected]
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Leo Momi
Bruno Razza
Mauro Cappello
Gianfranco Dioguardi
Stig Enemark
Franco Laner
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Elisabetta Savoldi
Marco Simonotti
Antonella Tempera
COORDINAMENTO
REDAZIONE
GMPRgroup - Claudio Giannasi
Tel. 051 2913901
[email protected]
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.landau.it
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Barberini, 68
00187 Roma
Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
www.fondazionegeometri.it
STAMPA
Rubbettino
Industrie grafiche ed editoriali
Finito di stampare
nel mese di luglio 2011
Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 100
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
PUBBLICITÀ
Fondazione Geometri Italiani
Via Barberini, 68
00187 Roma
Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
[email protected]
ABBONAMENTI 2011
Annuo: euro 50
Un numero: euro 10
Richiesta via e-mail
[email protected]
e versamento a:
Banca Popolare di Sondrio
Intestato a:
Fondazione Geometri Italiani
Codice IBAN: IT27 F056 9603
2270 0000 2132 X22
RICHIESTE VARIAZIONE
INDIRIZZO DI SPEDIZIONE
Tel: 06 42744180
COPYRIGHT
È vietata la riproduzione,
anche parziale, di articoli,
fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
MAGGIO - GIUGNO 2011 15
7
EDITORIALE
Euclide
Problemi e Teoremi
di Franco Mazzoccoli
8
INTERVENTI
Il cambiamento
climatico e le sfide
che comporta
di Fausto Savoldi
10
PREVIDENZA
La CIPAG
sostiene i Geometri
nell’accesso
ai finanziamenti europei
8
di Fausto Amadasi
12
INTERVENTI
Giulio Tremonti
incontra
i Geometri
20
INDAGINE
“EUCLIDE 2020
i geometri nel futuro”
12
20
40
44
40
150° UNITA’ D’ITALIA
I Tecnici
protagonisti:
Piero Bargellini
44
In Jesi dal 1860
Istituto tecnico
“Pietro Cuppari”
e le Esposizioni universali
48
GEOMATICA
Una riflessione
sulla Geomatica
di Luigi Mussio, Valentina Forcella
62
FORMAZIONE
Solai
di legno
di Franco Laner
72
COSTRUZIONI
Lavori Pubblici:
verifica e validazione
del progetto, procedure
di aggiudicazione
per la selezione
dell'operatore economico
e varie garanzie di rito
di Mauro Cappello
77
FISCALITà
Cedolare secca
sulle locazioni:
quando conviene?
di Stefano Setti
82
82
EDILIZIA
La “casa passiva”
benessere termico
senza riscaldamento
convenzionale
86
VALUTAZIONI
Linee Guida
per la rilevazione
dei dati
del mercato immobiliare
Prima parte
di Marco Simonotti e Marina Ciuna
97
AZIENDE
Micropali a pressione
per il consolidamento
di platee di fondazione
in cemento armato
94
MEDIATECA
96
news
86
Per questo numero si ringrazia
97
Marina Ciuna
Valentina Forcella
Gian Piero Marchiori
Dino Mogianesi – ITCG “Pietro Cuppari”
Luigi Mussio
Stefano Setti
Edizioni Polistampa
62
Online
La rivista è consultabile all’indirizzo web:
www.fondazionegeometri.it
Sezione “Geocentro”
EDITORIALE
Euclide
Problemi e Teoremi
di Franco Mazzoccoli
Direttore di GEOCENTRO/magazine
La nostra copertina è dedicata alla Rappresentazione
di Euclide che traccia figure geometriche attorniato da
allievi nella Scuola di Atene, parte di un affresco opera di
Raffaello Sanzio del 1509-1510 situato nella Stanza della
Segnatura, una della quattro stanze vaticane .
All’indagine previsionale “I GEOMETRI NEL
FUTURO” è stato dato il titolo “EUCLIDE 2020”.
Perché Euclide è passato alla storia come l’Autore degli
“Elementi” il cui rigore intellettuale, gli argomenti trattati
con una precisione formale, fecero di questo libro un
codice di ragionamento di alto livello posizionando tra le
discipline la Matematica al primo posto.
I principi di matematica ideati da Euclide furono poi ripresi
da Archimede e più tardi, tra gli altri, anche da Cartesio.
L’opera “Gli Elementi”, composta da 13 libri, è la prima
rappresentazione organica e completa della geometria.
Ogni libro contiene all’inizio delle proposizioni che
chiariscono i concetti successivi che tra essi si differenziano
con la frase: “come dovevasi fare” per i Problemi, “come
dovevasi dimostrare” per i Teoremi. I Teoremi di Euclide
sono 465 ed il primo che tutti conosciamo si esprime :
“in un triangolo rettangolo il quadrato costruito su un
cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni la
sua proiezione sull’ipotenusa e l’ipotenusa stessa”
Siamo affascinati da queste proposizioni, pensando alla
nostra società, ai tempi che stiamo vivendo pieni di
problemi ed al “come dovevasi fare” per le soluzioni, ed a
ricercare formule ed attività che in parte sono individuate
da questa Indagine previsionale. Bisogna andare avanti
accettando nuove sfide. Di una di queste sfide di grande
importanza per l’intero pianeta ci parla nel suo articolo
Fausto Savoldi. I cambiamenti dell’ecosistema, le risorse
idriche e la disponibilità di cibo, sono temi che nessuno
può permettersi di ignorare, alle cui soluzioni possono e
sanno dare il loro contributo i Geometri che si impegnano
a formarsi continuamente per aumentare i loro saperi e la
loro conoscenza.
Di grande interesse l’intervento del Ministro Giulio
Tremonti nell’incontro con i Rappresentanti dei Geometri
sulla realtà che vede quest’anno 8000 giovani presentarsi
agli Esami di Abilitazione per esercitare la libera professione,
non aspirando ad “un posto fisso” ma inserendosi nel
mercato delle prestazioni tecniche ed accettando la sfida
della competizione.
Giovani professionisti che vengono sostenuti dalla CIPAG,
nell’accesso ai Finanziamenti Europei, come scrive il
Presidente Fausto Amadasi nel suo articolo, illustrando
una “soluzione” che contribuisce in parte a risolvere il
“problema crisi”.
Per i 150 anni dell’Unita’ d’Italia tra i Tecnici protagonisti
interessante è la storia di Piero Bargellini, nato a
Firenze nel 1897, morto nel 1980. Scrittore, educatore,
amministratore civico e uomo politico, nel 1966 Sindaco
di Firenze, poi eletto Deputato e Senatore, teneva sempre
a ricordare: di essere Geometra...
Altri successi venivano conseguiti dagli alunni dell’Istituto
Tecnico Commerciale per Geometri “Pietro Cuppari”,
fondato a Jesi nel 1860, invitati a partecipare alla
Esposizione universale di Parigi nel 1878 e contribuendo
così all’assegnazione all’Italia della Medaglia d’oro.
Altro fascino è quello che ci suscita Franco Laner con
i solai di legno facendoci correre con il pensiero agli
“splendidi cassettonati rinascimentali” e “al serrato ritmo”
di un solaio della casa veneziana “con travi unidirezionali
a stretto interasse” ed anche alle stube tirolesi che ispirano
i decori e gli intarsi dei solai.
Ritornando sulla copertina di questo numero, non è
stato stampato l’aforisma come di consuetudine perché
nell’articolo “Riflessioni sulla Geomatica” di Luigi Mussio
e Valentina Forcella troverete tante citazioni che portano
a “riflettere”, a considerare con attenzione, a meditare un
po’ più a lungo approfittando delle vacanze... e continuare
a sfogliare GEOCENTRO per scoprire, si spera, altri
interessanti contributi in una tranquilla lettura.
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INTERVENTI
Il cambiamento
climatico
e le sfide
che comporta
di Fausto Savoldi
(Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri
Laureati e della Fondazione Geometri Italiani)
Di fronte ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della FIG
(Federazione Internazionale dei Geometri) a Marrakech
(maggio 2011), Stig Enemark, Presidente uscente, ritorna
sul tema del cambiamento climatico da lui già affrontato a
Sydney nel 2010.
Le considerazioni ed i dati messi in luce dalla sua relazione
portano inevitabilmente ad un coinvolgimento sempre
maggiore della nostra Categoria professionale. Categoria
che, sottolinea Enemark, deve assumere sul tema un ruolo
attivo e di responsabilità.
Il cambiamento climatico è ormai considerato da tutti un dato
di fatto che, a lungo andare, è destinato a comportare serie
conseguenze sul modo di vivere della popolazione mondiale.
Non ci sono dubbi: le sfide che questo cambiamento pone
non riguardano solo “gli altri”. Il modo migliore per arginare
le conseguenze di questi mutamenti è la convinzione che
esse ci riguardino tutti.
I temi principali da prendere in considerazione sono:
i cambiamenti dell’ecosistema; la gestione delle risorse
idriche utilizzate per fornire alimenti; la disponibilità di
cibo per una popolazione mondiale in continua crescita; la
protezione del territorio dalla progressiva desertificazione;
la salvaguardia delle coste dei nostri mari.
A seguito dello scioglimento dei ghiacciai ai Poli, nei
prossimi 50 anni il livello dei mari potrebbe crescere
di oltre 1 ml. (cfr. State of the Artic Coast, 2000), con la
conseguente inondazione di aree costiere dove vivono oltre
150 milioni di persone.
Questa prospettiva riguarda in buona parte anche l’Italia
ed, in particolare, alcune zone della costa adriatica e del
delta del Po.
8
Neppure noi, quindi, possiamo permetterci di ignorare le
conseguenze del cambiamento climatico e, forse, varrebbe
la pena che i nostri topografi iniziassero a pensare ad una
cartografia delle zone a rischio proprio con riferimento a
questo aspetto.
Il cambiamento climatico è certamente destinato ad essere
causa di numerosi disastri ambientali ed a provocare la carenza
di risorse alimentari. Tutto ciò sarebbe inevitabilmente
conseguenza del processo di desertificazione di intere aree
(prima dell’Africa e successivamente dell’Europa) e del
degrado ambientale che ne deriverebbe.
Il Prof. Enemark ricorda che i “tecnici del territorio” (e
quindi, nel caso dell’Italia, sotto molti punti di vista i
Geometri) devono essere i primi ad aver consapevolezza della
situazione. Devono essere i primi a comunicare un messaggio
chiaro alla propria clientela ed alla società nel suo complesso.
Soprattutto, devono essere i primi ad adottare un’attitudine
professionale che tenga conto delle conseguenze, sempre più
palesi, del cambiamento climatico mondiale.
Forse, il modo peggiore e più rischioso di affrontare quella
che sta diventando una vera e propria emergenza è attendere
interventi e risposte dal mondo politico. Benché sia chiaro
che queste risposte sono assolutamente necessarie, esse sono
le più lunghe e difficili da ottenere.
Le soluzioni devono piuttosto provenire dagli Enti
Locali e Territoriali, quelli maggiormente a contatto con
la popolazione e che costituiscono i primi interessati alle
conseguenze della desertificazione di aree agricole, della
corretta gestione delle acque e delle risorse energetiche,
dell’adeguato smaltimento dei rifiuti.
Il monitoraggio progressivo dei cambiamenti è affidato
ai tecnici che vivono ed operano sul territorio e con la
sua popolazione. Essi sono chiamati a fornire soluzioni e
progetti. Non solo: la società deve poter comprendere che si
tratta di una priorità assoluta per uno sviluppo sostenibile.
E’ questa anche l’opinione che l’Associazione Euromediterranea degli Enti Locali e Regionali (ARLEM)
discuterà nel corso della Sessione Plenaria prevista per il
30 gennaio 2012 a Bari, in occasione della Fiera Euromediterranea dei Parchi.
Tramite la UMG (Unione Mediterranea Geometri),
recentemente costituitasi, anche i Geometri italiani si
ripropongono di partecipare all’evento. Intendiamo infatti
approfondire e far conoscere il ruolo che, dal punto di vista
operativo, la Categoria è in grado di svolgere (anche, e
A: Climate change - The world in terms of carbon emission
B: Climate change - The world in terms of increased mortality
Statements on the Climate Change Challenge
“Climate change also provides a range of opportunities”
Prevention of climate change can be greatly enhanced through better land-use planning and building
codes so that cities keep their ecological footprints to a minimum and make sure that their residents,
especially the poorest, are protected as best as possible against disaster.
Anna Tibaijuka, Past ED, UN-Habitat, 2009
“Climate change is the defining challenge of our time”
Combining the impacts of climate change with the current global financial crisis we risk that all
the efforts to meet the MDGs will be rolled back. Those that contributed the least to this planetary
problem continue to be disproportionally at risk.
Ban Ki-moon, SG, United Nations, 2009
“Our generation´s response to this challenge will be judged by history”
Barack Obama to UN 2009 on Climate Change
This is the time for you to get engaged - and make a difference
soprattutto, attraverso un processo di formazione tecnica
su temi spesso ancor oggi trascurati).
Legato al suo mantenimento e rafforzamento, la nostra
Categoria ha un dovere primario: affrontare la sfida del
cambiamento climatico attraverso i piccoli interventi.
Interventi, cioè, che, apparentemente insignificanti,
nel loro insieme possono costituire la risposta a
necessità fondamentali (prevenire calamità naturali;
risparmiare energia; non considerare l’acqua come un
bene illimitato; smaltire in modo adeguato le risultanze
di ogni genere di attività umana, sia essa industriale o
no).
Il messaggio che Stig Enemark ha voluto trasmettere a
Marrakech (messaggio poi ripreso dal Governatore della
Puglia a Bruxelles), prima ancora che ai Governi, è rivolto
a noi.
Noi per primi dobbiamo accogliere e rispondere alle sfide
che questo cambiamento climatico ormai irreversibile rivolge
non solo alle popolazioni più povere, ma al Mondo intero.
Sono sfide che intendiamo accettare.
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PREVIDENZA
La CIPAG
sostiene i Geometri
nell’accesso
ai finanziamenti
europei
di Fausto Amadasi
Presidente della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza
dei Geometri Liberi Professionisti - CIPAG
L’Unione Europea è una realtà politica ed economica
ormai consolidata nel mondo ed opera su tutti i fronti di
sviluppo globale, offrendo agli operatori economici delle
nazioni che ne fanno parte strumenti sempre più sofisticati
per affrontare le sfide del mercato.
Per sostenere il reddito dei lavoratori e dei professionisti,
far crescere il fatturato delle imprese, compensare gli
squilibri, sostenere le aree produttive e territoriali più
svantaggiate e migliorare la qualità e l’economicità dei
prodotti, l’Unione attua ormai da più di 40 anni una
politica di incentivazione molto sofisticata, in grado di
spronare i singoli Stati a sviluppare i settori produttivi che
contribuiscono al miglioramento della qualità della vita e
del benessere dei propri cittadini.
Per questi scopi ogni giorno vengono pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea numerosi bandi
e inviti a partecipare e presentare progetti finalizzati nei
quali è possibile trovare nuove e importanti opportunità
di lavoro ed una nuova fonte di miglioramento del reddito
professionale.
I Geometri non possono ignorare queste sollecitazioni
all’innovazione che provengono dall’Unione Europea
e che, nella maggior parte dei casi, fanno riferimento
direttamente a centri di spesa comunitari, a volte senza
passare attraverso gli Enti locali, le Regioni o i Ministeri
competenti.
Studiare approfonditamente quali siano le iniziative
finanziabili, quali i requisiti e come progettare e presentare
le iniziative da realizzare con i contributi dell’Unione
10
Europea, è un bagaglio culturale che deve ormai entrare
a far parte a pieno titolo delle competenze professionali
del Geometra ben aggiornato che vuole essere competitivo
sul mercato e mantenere e migliorare il proprio livello di
reddito. E poiché il sostegno del reddito della categoria
rappresenta per la CIPAG la migliore garanzia per il
futuro previdenziale di tutti i Geometri, non è stato
difficile trovare un accordo con il CNGeGL e con la
Fondazione Geometri Italiani per organizzare a Roma un
corso di formazione professionale che si è svolto il 7, l’8
ed il 9 giugno 2011 presso la sede nazionale, interamente
dedicato a far conoscere ed approfondire il meccanismo
dei finanziamenti legati ai progetti europei più vicini
alla professionalità dei Geometri e meglio spendibili sul
territorio.
Sono state fornite esaurienti notizie ed indicazioni sui
finanziamenti accessibili alle piccole e medie imprese,
al settore dei servizi, della innovazione tecnologica,
dell’ambiente e della formazione, tutti settori di ampio
interesse anche per la categoria.
Un capitolo a parte è stato dedicato alla presentazione di
domande di finanziamento afferenti ai fondi strutturali
europei, nei quali convergono risorse ingentissime,
spendibili anche in coordinamento con gli enti regionali,
locali e territoriali nei quali è possibile intervenire sia
nella fase di individuazione delle opportunità, sia nella
complessa fase di gestione della pratica.
Sono state analizzate le possibilità di lavoro professionale
enucleate dal Programma Quadro per la competitività
e l’innovazione, con particolare riferimento al Settimo
Programma Quadro 2007-2013 ed è stato presentato un
quadro sintetico di tutti i programmi di finanziamento della
Comunità Europea, della loro struttura, organizzazione e
funzionamento.
Sono stati inoltre analizzati e definiti i diversi ambiti in cui
sono operativi i fondi europei nel complesso del comparto
edilizia, suddividendoli in sottosettori, come quello
dell’energia, dell’ambiente, della sostenibilità ed altri. Un
momento operativo fondamentale, infine, ha riguardato la
pratica spiegazione e simulazione di come presentare un
progetto completo finanziabile con i fondi europei.
Nell’ambito della fase operativa è stata anche osservata e
opportunamente analizzata la modalità forse più diffusa di
attuazione di un progetto finanziato dall’Unione Europea,
cioè quella della partnership internazionale, suggerendo ai
partecipanti le modalità per creare una partnership, come
apprezzata dai partecipanti anche per l’estrema operatività
e sinteticità delle informazioni e delle nozioni messe a
disposizione, sarà certamente una esperienza da ripetere
nei prossimi mesi, allo scopo di fornire al maggior numero
di Geometri una solida competenza in materia, da far
ricadere sul territorio di ogni singola provincia italiana,
con il vantaggio della specializzazione del tipo di iniziative
finanziabili in rispondenza alle esigenze specifiche del
territorio ed alle caratteristiche tipologiche dei fondi
europei spendibili su ogni area.
Un piccolo investimento nella propria formazione
da coltivare e far crescere per acquisire maggiore
concorrenzialità sul mercato dei professionisti in un settore
tutto da esplorare della progettazione di interventi finanziati
a valere sul bilancio dell’Unione Europea, a tutto vantaggio
del cliente, imprenditore o privato che sia, e con un’utile
ricaduta economica sulla attività libero-professionale e sul
sistema paese con l’obiettivo di consentire ai Geometri
l’acquisizione di una competenza autonoma e qualificata
di intercettazione dei settori nei quali scorrono ampi canali
di finanziamento in grado di arricchire l’offerta del mercato
nazionale.
Una occasione per uscire finalmente a testa alta da una crisi
che sta dando i primi segni di recupero, con un PIL che
ricomincia lentamente a crescere, e che non deve nel modo
più assoluto trovare i professionisti italiani impreparati alla
sfida del mercato del lavoro professionale europeo.
photo©shutterstock.com/Michal Kowalski
si effettua la selezione dei soggetti partecipanti fino alla
redazione degli accordi, alla suddivisione dei compiti ed alla
operatività progettuale ed esecutiva con l’individuazione
e lo svolgimento attento dei ruoli di progetto affidati ad
ogni singolo soggetto cooperante.
Se alla conclusione di questa acquisizione aggiornatissima
di bagaglio professionale esistessero ancora dubbi operativi
o insorgesse la necessità di ottenere un sostegno per svolgere
correttamente e senza pericolo di incorrere in errore
le prime attività, gli esperti formatori del corso hanno
anche spiegato ai Geometri partecipanti come trovare
supporto nelle strutture della stessa Unione Europea, per
la compilazione dei modelli e la presentazione on-line dei
progetti.
Alla fine del corso è stato fornito inoltre un quadro
operativo di base sul modo corretto di garantire la gestione
dei fondi ottenuti in finanziamento e sulla predisposizione
scrupolosa della rendicontazione delle spese e delle
attività svolte, per non incorrere in errori involontari che
potrebbero avere conseguenze vanificanti per il lavoro
progettuale.
La CIPAG, il CNGeGL e la Fondazione Geometri
Italiani hanno ritenuto di aver offerto, con questo corso
di formazione, uno strumento ed una risorsa strategica
nell’ambito delle competenze più aggiornate e competitive
che devono appartenere ad un professionista di livello
europeo. L’esperienza dei tre giorni di formazione,
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INTERVENTI
Giulio Tremonti
incontra
i Geometri
Giulio Tremonti
All’Assemblea dei Presidenti dei Geometri e Geometri Laureati
svoltasi il 28 aprile scorso è stato invitato Giulio Tremonti,
Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il Presidente
Fausto Savoldi lo ha accolto dichiarando: poco fa i colleghi
mi domandavano “quante volte è capitato che il Ministro
dell’Economia sia venuto in una nostra Assemblea?”. Non è
mai capitato dall’Unità d’Italia.
È questa una gradita occasione, ha poi proseguito il
Presidente Savoldi, per far conoscere i Rappresentanti
dell’intera categoria professionale diffusa su tutto il
territorio nazionale che opera in base a una legge del 1929,
quando i Geometri erano gli unici tecnici dell’economia
agricola. Poi abbiamo saputo adattare le nostre capacità a
un’economia industriale, a un’economia postindustriale e
a un’economia globalizzata.
Queste capacità di adattamento sono una caratteristica
dei Geometri e sono sorrette da una forte spinta che tutti
noi diamo alla formazione permanente e dei giovani,
formazione che abbiamo reso obbligatoria per tutti gli
12
iscritti. Siamo interessati ovviamente al mondo della
scuola, abbiamo condiviso la riforma del 2010, nonostante
ci sia stata una riduzione delle nostre materie professionali,
soprattutto perché ci consente di entrare negli istituti,
di cercare i nostri futuri iscritti, di aiutare gli insegnanti
nell’insegnamento delle materie tecniche.
Oltre 8.000 giovani si presentano ogni anno ai nostri
esami di Stato, una parte affronta la libera professione
e noi vogliamo motivare questi giovani. Ecco perché
abbiamo bisogno dal Ministro, che conosce l’economia del
mondo e l’economia italiana, di una parola di conforto:
cosa diciamo ai nostri figli, cosa diciamo ai nostri giovani
professionisti. Questi hanno timore di non trovare lavoro:
per la verità i Geometri sono molto bravi a trovarsi il lavoro,
ma hanno timore delle conseguenze che avranno nei loro
studi anche per la concorrenza che si è creata, anche se non
abbiamo paura della concorrenza perché la battiamo con
la formazione.
Per questo abbiamo anche stipulato degli accordi che ci
vedono protagonisti con l’Agenzia del territorio e con gli
alti apparati dello Stato per fare qualcosa di sociale.
Abbiamo addirittura ipotizzato di adottare 500 tunisini
e farli diventare tutti Geometri, ma non so se i miei
Presidenti possano condividere questa intenzione.
Avevamo promesso di fare una sola domanda al
Ministro, che era quale sia il nostro futuro, quale
sicurezza possa darci. Abbiamo anche promesso
che non saremmo entrati nei dettagli, perché
eventualmente ci entreremo con un documento che
abbiamo intenzione di consegnare al Ministro subito
dopo questo incontro.
Ci conforta sentire che il Ministro è attento alla nostra
categoria, che ha questa grande capacità di colloquiare
con la gente, di essere presente sul territorio, e noi
stiamo trasformando questa categoria da costruire
e rifare in una categoria che protegge il territorio e
l’ambiente. È una procedura che durerà dieci o quindici
anni, ma non vogliamo essere secondi a questa grande
innovazione che non vede più i Geometri come
costruttori ma li vedrà come protettori del territorio
e dell’ambiente.
Per questo le nostre tre materie fondamentali, costruire,
misurare e stimare, sono le materie in cui vogliamo
istruire i giovani per avere un futuro. Quindi grazie
ancora, signor Ministro, e a lei la parola, libero di dire
ovviamente tutto quello che vuole.
Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia e delle
Finanze
Non mi sono preparato, comunque ho molto tempo:
non so quanto ne abbiate voi, ma io ne ho un sacco.
Certo sono più interessato a sentire magari qualche
vostra domanda anche perché le cose che so le so io,
quindi è inutile che le ripeta. Il vostro Presidente ha
chiesto una parola di sicurezza sul futuro, come dicono
gli inglesi fare profezie è difficile soprattutto se queste
sono riferite al futuro.
Flashback, un altro spunto per un discorso non
preparato: il vostro Presidente ha detto “da 150 anni”.
Cominciamo dal primo cinquantenario. Nel 1911
Gozzano celebra la possente vecchiezza di Giolitti, nel
1911 l’Italia è la quinta potenza industriale del mondo,
diventa una grande democrazia popolare perché viene
introdotto il suffragio universale, nel 1911 è stata
anche fatta una spedizione da una qualche parte del
Mediterraneo, tuttavia anche quella è espressione
della tecnologia che aveva l’Italia: è la prima volta che
vengono applicati gli aerei.
Nel 1911 c’era una narrativa positiva e c’era già una
narrativa negativa sulla Italietta. Questa narrativa
negativa sull’Italietta continua e io credo che sia giusto
avere un’idea di quello che hai, di quello che sei, e
certo anche giuste le critiche e gli stimoli, però è distruttivo
considerare solo le cose negative.
L’Italia ha ancora la seconda manifattura d’Europa, è
ancora la sesta potenza industriale del mondo, non perde
quote, continua a essere una grande potenza economica e
civile e culturale nel mondo. Per inciso, celebriamo i 150
anni dell’Unità d’Italia ma sono i 150 anni dello Stato:
la nazione esiste da almeno 2.500 anni, se per nazione si
intende un comune sentire di cultura, di linguaggio, di
narrazione, di arte.
Noi andiamo indietro alle Tavole eugubine del 500 a.C. e
non abbiamo mai perso un colpo: l’unica civiltà al mondo
comparabile con quella italiana è quella cinese, siamo
l’unica civiltà millenaria del mondo. La nazione esiste da
2.500 anni, lo Stato da 150 anni, e per inciso nazione vuol
dire anche patria, e patria vuol dire la terra dove riposano le
ossa dei nostri padri.
Questo tutto insieme ci deve dare un’idea di tradizione,
di proiezione e comunque di orgoglio. Io non credo
che abbiamo ragione di essere negativi, di essere retorici
sull’Italietta. Non vedo la ragione, ma non lo dico perché
rappresento in questo momento il Governo: lo dico perché
penso che sia davvero così.
Certo viviamo in una fase molto difficile, molto complessa
in tutto il mondo, in Europa e in Italia, ma non abbiamo
ragioni per considerare solo le negatività e per non mettere
in partita doppia anche le positività di questo grande
Paese.
Io sono abbastanza vecchio da ricordare il vecchio G7,
abbastanza giovane per vedere il nuovo G20. Allora vorrei
fare con voi una riflessione che parte da lontano, passa
attraverso l’Europa e arriva ad un livello globale, e credo
che sia utile avere una visione un po’ generale perché ormai
ciò che è nazionale, particolare, è generale e all’opposto ciò
che è generale diventa anche particolare.
Il vecchio mondo, che era il mondo del G7, era un mondo
dove sette Stati controllavano l’80 per cento della ricchezza
del mondo e lo controllavano essendo un corpo politico
fortemente aggregato, unificato da un codice linguistico,
l’inglese, da un codice economico, il dollaro, da un codice
politico, la democrazia occidentale. Inventato nella metà
degli anni ‘70, quando tutto il mondo sembra dominato
dalla progressiva espansione dell’ideologia marxista, il G7
aggrega e porta avanti i valori dell’Occidente.
Di colpo si vede che il G7 non è stato in grado né di evitare
la crisi né di gestirla. Viene inventato il G20, che è un
corpo politico che rappresenta – non controlla – l’80 per
cento della ricchezza del mondo, ma non è più unificato
da quei vecchi codici. Questo per dire la complessità del
mondo che viviamo, che vediamo, che in qualche modo fa
parte del nostro esistente continuo anche in Italia come in
altri Paesi.
13
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
Non c’è un codice linguistico unico perché intorno al
tavolo del G20 ci sono Governi che parlano con orgoglio
la loro lingua e lo fanno come segno di civiltà propria. Non
c’è più un codice economico unico perché oltre al dollaro
c’è la valuta cinese, c’è la valuta europea. Non c’è più un
codice politico perché intorno a quel tavolo vedi molti
Governi, molti Paesi che non sono precisamente definibili
secondo i criteri della democrazia occidentale, con i quali
però è necessario un continuo dialogo.
Inventato con questa funzione di gestione della crisi e di
rappresentanza politica del mondo due o tre anni fa, lo
stesso G20, con l’accelerazione della storia, non rappresenta
più esattamente quello che avrebbe dovuto essere, perché
vediamo che dentro il G20 non c’è il mondo arabo, se non
l’Arabia Saudita (non esattamente l’intero mondo arabo) e
non c’è l’Africa, se non quella del sud, però questa non è
rappresentativa di tutto il continente.
Dico che è importante notare questa asimmetria perché
la cascata dei fenomeni che è in atto da pochi mesi
dall’Atlantico in progressione verso est dice quanto è
rilevante anche quella parte del mondo. La catena di rivolte
che inizia in Tunisia si sviluppa progressivamente e credo
temo possa arrivare anche all’Asia.
Quale prima riflessione fare su tutto questo? Sono rivolte
nel senso quasi latino o greco del termine rivoluzione, che
vedono popoli, dentro ai popoli giovani istruiti, dentro ai
popoli masse di donne che rifiutano una condizione diversa
da quella che è oggetto della loro aspirazione, una grande
tendenza verso l’Occidente e la democrazia, un effetto
incredibile prodotto dai nuovi mezzi di comunicazione:
non solo Al Jazeera, ma Internet, Google. Tutti questi
mezzi hanno un impressionante rilievo nell’economia, nella
macchina di quelle rivoluzioni, di quei sommovimenti:
fate conto che in Egitto su 80 milioni ci sono 22 milioni di
internet users e, se guardate le curve come si muovono sulle
utenze di quei mezzi, vedete che a ridosso dei fatti politici
esplodono.
Sono rivoluzioni che si manifestano contro regimi
cleptocratici, autocratici e comunque non corrispondenti
alle aspirazioni di quei popoli, sono rivoluzioni che sono
state tutte innescate dalla speculazione sui prezzi degli
alimenti, noi diciamo “carovita”, per loro non è una
questione di carovita, ma è una questione di vita e basta,
e non per caso il grande valore simbolico rivoluzionario
dell’ambulante tunisino che si dà fuoco è il fatto che
innesca quella rivoluzione.
Se non fosse stato quel fatto, altro sarebbe stato, ma certo
quello è fortemente sintomatico. L’esplosione è causata
dall’aumento vertiginoso del prezzo del cibo. Per inciso,
nel 2008 il Governo italiano chiede al Fondo monetario
in tutte le sedi se per caso c’è la speculazione sulle materie
prime. L’autorevole risposta fornita dal Fondo monetario,
14
risposta di cui abbiamo copia, è no, la speculazione non
esiste. Nessuno degli illuminati ci ha mai ancora dato
una risposta su questi fatti. È evidente che avevano allora,
che hanno poi avuto e avranno un effetto lievemente
devastante.
Il caso della Libia è molto diverso perché non si tratta di
popoli contro regimi, ma si tratta di aggregazioni più o
meno tribali una contro l’altra, quindi fa un po’ caso a sé. Ma
questa cascata di rivoluzioni, che ripeto ha poco di matrice
integralista (è l’opposto), non si fermerà a quella fascia,
ma arriverà anche in Asia, perché una delle cose che sono
intollerabili e drammatiche è l’eccesso di disuguaglianza,
e quando ti dicono che ci sono in un certo grande Paese
200 milioni di ricchi che mangeranno il nostro made in
Italy questi dementi con i capelli lunghi dimenticano che
ci sono 1 miliardo e 200 milioni di poveri che mangeranno
i 200 di ricchi se non ci stai molto attento.
Stiamo guardando una cascata di fenomeni che non è di
cifra bassa. Alcune ipotesi: ci sono milioni di turisti, un
milione di italiani va in Egitto. Supponete che questo
flusso si riduca, pensate che reazione può provocare questo
nelle famiglie, nelle persone che lavorano nel settore:
quanti resteranno a subire e quanti reagiranno invece
nell’integralismo? Pensate se in uno di quegli Stati vince
una rivoluzione che decide di usare i capitali non a Wall
Street ma sul posto, decide di smontare i fondi sovrani:
questo può avere un effetto di grande destabilizzazione.
Quello che sta arrivando sui binari della paura in Europa: la
paura del diverso, la paura sul tuo futuro, sul futuro delle tue
famiglie. Non è un caso che una grossa quota dell’Europa si
sta spostando dalla democrazia verso l’estrema destra. Già
da tempo nelle antiche, nordiche democrazie indicate come
modello di civiltà stanno entrando e stanno dominando
sui Governi le destre estreme integraliste. Nell’Est Europa
ci sono Parlamenti dove già si presentano dei signori in
divisa.
Uno dei fatti che dobbiamo mettere in conto e alcune
cascate di elezioni ultime ce lo dimostrano è anche questo
impatto fisico in certi tratti e simbolico che può avere tutta
questa dinamica di fatti e di fenomeni anche in casa nostra,
oltre quello che puoi immaginare conteggiando alcuni
casi.
Più in generale, se anche il numero delle persone che si
muovono fosse relativamente modesto, tuttavia quello
che immagino nelle famiglie… tenete conto che la
paura per l’immigrazione è regressiva: se tu sei ricco e ti
rubano la macchina, è una scocciatura; se sei povero e in
casa ti fregano la fedina della moglie, è una tragedia, e
naturalmente non pensi che magari te l’ha rubata qualcun
altro: nell’immaginario dobbiamo stare molto attenti
a tutti questi fenomeni che non sono ordinari, ma sono
straordinari.
photo©shutterstock.com/AridOcean
Il meccanismo della gestione di questi fenomeni è
ancora in divenire: non è possibile o pensabile che tutto
sia preparato di colpo. Lunedì al Parlamento europeo
ho cercato di esporre un punto di vista e ho cercato di
ragionare sui trattati che abbiamo. Poi è uscita la notizia
che la mia proposta era di uscire dai trattati, l’opposto: io
ho cercato di fare una specie di test di sforzo, di stress test
dei trattati. Ho detto: abbiamo in tre anni tre crisi, quella
economica, quella geopolitica, quella “atomica”, vediamo
come gestire i trattati.
Sulla crisi economica in Europa la gestione è stata finora,
seppur molto complessa, relativamente compatibile con i
trattati. Se guardate, i trattati scritti tanti anni fa parlano
della crisi in uno Stato, se in uno Stato c’è uno squilibrio,
se in uno Stato c’è un deficit, allora la solidarietà.
La crisi ci si è presentata come crisi di tutti gli Stati, non
solo di uno. Tutto il sistema è stato in qualche modo finora
gestito, non è detto che siamo al termine, ma possiamo
dire che siamo in mezzo a un processo che cerchiamo di
gestire. Nel 2008 il Governo italiano ha fatto la proposta
di creare un Fondo europeo, per un anno c’è stato detto
che era sbagliato, ma nel 2009 è stato costituito il Fondo
europeo, non ancora in pieno funzionamento ma può
essere la via giusta.
L’anno scorso abbiamo avanzato la proposta di fare Bond
europei, Eurobond, non è ancora venuta fuori ma è molto
probabile. Abbiamo cercato di gestire la crisi economica in
Europa – in America l’hanno gestita a modo loro – in base
ai trattati che abbiamo, ma abbiamo comunque problemi
non marginali.
La seconda crisi è quella geopolitica, che dall’Atlantico
viene fuori nel resto del mondo. Su questa la cosa singolare
è che il Trattato dice molto, ma su questo l’Europa è
missing in non-action. Pur avendo una base nel Trattato,
che prevede, che presuppone, che consente solidarietà, su
questo l’Europa è ancora abbastanza indietro, e credo che
non sia la politica giusta. Credo che la politica giusta per
l’Europa nel suo insieme, dato quello che rischiamo sulla
democrazia e sul futuro, debba essere quella di vedere questi
fatti non come fatti di uno Stato.
Poi la crisi dell’energia, la crisi atomica. Quello di Fukushima
non è un caso limitato a un fenomeno, è una svolta nella
storia, i greci dicono una catastrofe, cioè un rovesciamento
degli assetti. Questo ci pone delle grandi questioni di
futuro e non è ancora definito lo standard di sicurezza, di
insicurezza. Tra l’altro, quello che noi chiediamo è che, se
esiste un elemento di rischio in tutto questo, sia conteggiato
anche quello.
Ci chiedono di conteggiare il peso delle generazioni future
sulle pensioni (50 anni di calcolo), ma forse dovremmo
cominciare a conteggiare anche il rischio che è implicito
in questi fatti. Esiste davvero una contabilità del nucleare
ed è davvero attendibile? Il decommissioning è conteggiato
davvero? Il rischio catastrofe è assicurato, sapendo che da una
parte c’è la regola “chi inquina paga” ma dall’altra parte c’è
la regola della precauzione, la regola della proporzionalità?
Abbiamo chiaro il fatto che i benefici sono locali, perché
non paghi un tubo sulla bolletta, ma i malefici possono
essere generali, e sembra un po’ due mali in contrario, uno
per tutti, tutti per uno, ma qui invece sembra che ci sia una
qualche squadratura. Questi sono i grandi problemi che
dobbiamo cercare di gestire.
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Cosa abbiamo fatto in Italia in questi anni? Non è
giustificazione politica però io ricordo bene, avendone
anche scritta una parte, che tre anni fa ci siamo presentati
con scritto nel programma “una crisi che arriva e si aggrava”
e tutti gli impegni presi erano subordinati a questo evento,
che nell’aprile del 2008 non sembrava così prossimo e
certo, e tuttavia si è manifestato due o tre mesi dopo.
Quando sento dire che noi abbiamo tenuto in ordine i
conti, sono grato per questa generosa manifestazione di
attenzione, però noi abbiamo fatto molto di più, non noi
Governo, ma tutto il Paese perché è stato merito di tutti.
Abbiamo tenuto il bilancio dello Stato.
Come diceva Sella, il bilancio dello Stato contiene i vizi e le
virtù dei popoli. Tenendo il bilancio dello Stato, abbiamo
tenuto il risparmio delle famiglie, la coesione sociale, per
quanto possibile l’apparato produttivo del Paese, tenuto
aperto il canale del credito alle imprese.
Certo, poteva essere fatto di più e meglio (penso di sì),
però non si parla di ragioneria: si parla di politica nella cifra
più alta e sotto la maggiore tensione. Chi avrebbe detto,
avendo noi il terzo debito pubblico del mondo senza avere
la terza economia del mondo, che avremo finora tenuto
un insieme di immagine di tenuta complessiva sulle nostre
missioni?
Abbiamo fatto una forza enorme di spesa, ma l’abbiamo
concentrata sul sociale, abbiamo cercato di non lasciare
indietro nessuno, di garantire le medicine agli ammalati,
la pensione ai pensionati, di tenere quanto più possibile ai
disoccupati un grado di assistenza.
Abbiamo speso molto. Per fortuna non abbiamo dovuto
spendere per le banche, mentre in altri posti è stato fatto un
enorme sforzo di spesa pubblica per salvare le banche. Da
noi, per fortuna, questo non è successo anche per merito
di un popolo che risparmia, che tiene insieme la struttura
finanziaria del Paese. In altri Paesi è stato diverso.
La crisi del 1929 fu superata usando i soldi pubblici per le
industrie, per le imprese e per le famiglie. Questa crisi in
altre parti del mondo è stata gestita usando i soldi pubblici
per tenere in piedi i signori delle banche.
Questo per noi non è stato facile. Abbiamo tenuto la
coesione sociale, che è stata tenuta dalla società italiana
nel suo insieme. Abbiamo 8.000 Comuni, non abbiamo la
grande metropoli circondata da anelli infernali di periferia:
questo è positivo perché 8.000 Comuni sono un fattore di
tenuta sociale.
Abbiamo 8 milioni di partite IVA, di cui alcune
francamente marginali, create apposta per non uscire del
tutto dal mondo del lavoro, ma almeno 4 milioni di partite
strutturate e solide. Questo è un elemento di forza, non
di debolezza. Abbiamo un sistema sociale che è basato
sull’INPS ma anche sulla famiglia, e nell’insieme la tenuta
c’è stata.
16
Si sentiva dire che dopo questo autunno crollerà tutto,
ma dopo il terzo ho cominciato a pensare che lo scenario
non fosse poi così negativo. Sappiamo bene che ci sono
settori, persone, famiglie, imprese, che hanno sofferto,
ma nell’insieme l’Italia ha tenuto il bilancio pubblico con
dentro la tenuta nell’insieme del nostro Paese. Questo ripeto
è merito di tutti: è merito vostro, è merito di chi lavora,
di chi intraprende, delle famiglie che hanno dimostrato
grande responsabilità.
Abbiamo cercato di tenere aperto il canale del credito,
abbiamo utilizzato tutti gli strumenti che avevamo. Certo,
ci sarà una realtà che non ha avuto tutto il decreto che
voleva, ma nell’insieme abbiamo usato tutti gli strumenti
anche pubblici, le garanzie pubbliche, la Cassa depositi e
prestiti che dà all’economia più di 100 miliardi e sono una
quota enorme dell’attività tradizionale di finanziamento
ai Governi locali per le opere, ma anche di finanziamenti
diretti alle imprese.
Senti dire non cresciamo abbastanza, l’Italia non cresce. È
certo che non cresciamo abbastanza (dovremmo crescere
molto di più), però non è neanche corretto ignorare alcuni
dati fondamentali, che sono dati 2010, quindi dati storici
ma non lontani (tre o quattro mesi fa).
Sicuramente la Germania è cresciuta molto, è cresciuta più
di tutti, e questo credo sia causato da alcuni fatti, è cresciuta
più di quanto i tedeschi stessi prevedessero perché di colpo
si sono trovati i numeri che hanno sorpreso loro per primi.
Negli anni passati hanno ristrutturato tutte le imprese con
un criterio di grandissima efficienza e hanno solo contratti
aziendali, e questo crea dentro le aziende un meccanismo
di cointeressenza e di condivisione.
Hanno avuto la fortuna di incontrare il grande piano di
spesa cinese: la Cina ha investito in un piano di investimenti
pubblici credo un trilione di dollari e da gigante ha parlato
con giganti, chiedendo grandi forniture parlava con grandi
fornitori. La Cina parlava con la Siemens, ma è difficile
per un piccolo imprenditore italiano entrare perché la
domanda è di impianti colossali.
Per inciso, la Germania ha anche avuto la deroga dal
divieto europeo sugli aiuti di Stato più grande di tutta
Europa. Quando ti dicono che è un’economia di mercato,
puoi dire sì, ma con 95 deroghe rispetto all’economia di
mercato, e questo ha causato comunque l’esplosione del
debito pubblico tedesco, che fatti i conti non è esattamente
basso.
Naturalmente noi vorremmo che fosse bassissimo il loro
e il nostro, però hanno avuto una esplosione del debito
pubblico. Tolta la Germania, però, non è che il resto
d’Europa vada così diversamente da noi. Naturalmente
diciamo che dobbiamo tutti andare meglio, ma ho qualche
difficoltà a condividere l’opinione di quelli che dicono che
l’Italia va malissimo e gli altri vanno.
photo©shutterstock.com/Dmitry Kalinovsky
Non vanno diversi: l’Inghilterra cresce dell’1,3 per cento
con un deficit del 10 per cento. Se togliete l’impatto sulla
crescita causato dalla spesa pubblica fatta in deficit, vedete
che quella crescita non è 1,3 ma molto meno. Poi hanno
il nucleare e hanno altre risorse che pure devono essere
conteggiate, perché noi, non avendo il nucleare, paghiamo
tutto e sulla bilancia dei pagamenti va il costo delle cose
che importiamo e dalla bilancia dei pagamenti ti butta giù
il PIL.
La Francia cresce dell’1,6 con un deficit al 7 per cento.
Togliete l’impatto del deficit sulla crescita e vedrete che
non è 1,6-1,7 ma piuttosto di meno. L’Italia ha fatto 1,3
con un deficit al 4,5, senza il nucleare e mettendoci sopra
la quota non piccola della nostra economia che potremmo
definire informale. Nell’insieme non siamo così fuori dal
meccanismo di crescita europea, perché tra l’1,3 italiano e
l’1,3 inglese non vedo differenze se non a nostro vantaggio,
né tra l’1,7 francese con quel deficit e il nostro.
Dobbiamo fare di più, ma è inutile che ci smartelliamo per
dire che va tutto malissimo. Il nostro vero, grande problema
è il fatto che l’Italia in Europa è l’unico Paese duale, cioè i
numeri non sono medie e mediane. In base alle statistiche
europee, il nord Italia come ricchezza accumulata e come
PIL pro capite è la regione più ricca d’Europa, quindi del
mondo. Il centro-nord insieme ha un livello di ricchezza
e di PIL pro capite uguale a quello della Germania, della
Francia o dell’Inghilterra, e sono 40 milioni di persone
paragonabili a un medio Stato, alla Spagna o alla Polonia.
Il nostro problema è il Mezzogiorno d’Italia ed è un
problema che non possiamo ignorare perché noi sappiamo
di essere un Paese duale, ma non vogliamo diventare
un Paese diviso. Ma quando ti dicono che l’Italia cresce
all’1,3, cresce troppo poco e diverso, non cresce diverso,
ma soprattutto quell’1,3 contiene numeri fortemente
sfilacciati.
Questa è la grande questione che abbiamo: la crescita nel
Mezzogiorno d’Italia. Paradossalmente – e sono gli ultimi
dati della Commissione europea – l’Italia dopo la Romania
è il Paese che non spende i soldi dei fondi europei. Questo
è il dato curioso: i soldi europei li dà l’Italia, vanno a
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Bruxelles, tengono un pezzettino, lo ridanno indietro e
quello che riceviamo indietro non lo spendiamo, con una
rimanenza di 6 miliardi sul 2011. Se non li spendiamo
quest’anno, vanno ad altri Paesi, e questo è un processo
che sta in accumulazione anche per gli anni prossimi.
Credo di avere una colpa: ho fatto per anni il Presidente
del CIPE e ho continuato a fare il Presidente del CIPE
come lo facevano i miei predecessori. Non sto facendo
un’autoaccusa né formulando accuse, ma mi avviò a un
criterio di spesa di questo tipo il Presidente Ciampi allora
Ministro del tesoro, che adottò la politica delle cento idee.
Fecero una grande riunione e applicarono una politica
che era questi soldi non devono essere gestiti da Roma e
concentrati su grandi interventi, ma all’opposto devono
partire da progetti che dal territorio vanno a Roma. Al
CIPE ritrovavo una quantità infinita di micropratiche per
piccoli interventi.
In Europa, dal Commissario europeo in corridoio si
vedono i poster di grandi opere pubbliche, e quelli italiani
aprire un cassetto con dentro un libro con le fotografie
dei piccoli interventi. Ricordo uno specchio d’acqua che
era il dragaggio del porto. Quello che noi non abbiamo
fatto e dobbiamo fare è tornare a una regia nazionale degli
interventi. Credo che sia fondamentale anche perché quei
soldi devono andare alle Regioni, ma non sta scritto da
nessuna parte che debbano essere amministrati dalle
Regioni.
Devono andare nel Meridione, ma non è detto che
debbano essere gestiti nella logica regionale, perché la
questione meridionale è una questione nazionale e non è la
somma delle singole scelte regionali, è qualcosa di più e di
diverso. E tu non puoi partire dal basso con cento piccoli
interventi, rimandarli al centro e pensare che hai un effetto
di sviluppo, dove invece mancano le grandi infrastrutture
e una regia nazionale.
È molto meglio, ma non è polemica politica, fare le
opere pubbliche o dare i crediti di imposta o invece fare
le fabbriche di Nichi, che sono solo dei centri sociali. In
Puglia l’unica fabbrica è la fabbrica di Nichi, e sono i centri
sociali finanziati dalla Regione. Attualmente fanno cinema,
arte, cultura, però credo che non sia il modo migliore per
spendere i soldi pubblici.
Credo che noi dobbiamo puntare moltissimo sul
Mezzogiorno. Una volta ho detto: bisogna rifare la
Cassa del Mezzogiorno; chi si è opposto erano i politici
meridionali. Certo, la Cassa del Mezzogiorno a un certo
punto è degenerata, ma non è che, se degenera in una
fase storica uno strumento fondamentale, lo consideri
in assoluto sbagliato: era sbagliato utilizzarlo male, ma
era una macchina che lavorava nell’interesse del Paese su
grandi interventi e su grandi logiche.
Speriamo che la Banca d’Italia alla fine ci autorizzi la Banca
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del Mezzogiorno, perché credo che possa essere una positiva
somma delle Poste, delle Banche popolari, delle BCC. Tra
l’altro, lì non devi fare grandi progetti, devi fare il piccolo
credito, perché hai uno che vuole fare venti stanze in più
dell’albergo, uno che vuole ampliare la pizzeria, uno che
vuole fare piccole cose.
Questo è quello che manca. Vi siete chiesti perché il
Meridione Italia è l’unica grande regione d’Europa che
non ha una banca propria? Ci sarà una ragione! Voi pensate
che le banche siano del tutto esterne rispetto allo sviluppo?
L’unica grande regione d’Europa che non ha una banca
propria è il Mezzogiorno d’Italia.
Naturalmente, ci sono anche altre banche, ma è molto
importante che nasca una banca del Mezzogiorno e penso
che la quadra stia per venire fuori e che venga autorizzata la
Banca del Mezzogiorno mettendo in campo anche le Poste,
le BCC e le Banche popolari per fare quello che serve, cioè
il piccolo credito per i piccoli lavori. Non devi chiedere a
questa banca i grandi progetti: quelli li deve fare lo Stato,
il bilancio pubblico. Ma per la pizzeria, il bancone, le venti
stanze in più dell’albergo devi avere uno sul territorio che ti
conosce e conoscendoti può anche finanziare.
Una cosa che stiamo facendo e credo verrà fuori presto –
è la prima volta che ne parlo – sono i Distretti turistici,
formula che può all’inizio sembrare misteriosa. Cerco
di spiegarla. Nel 2005, facendo la finanziaria sul 2006,
abbiamo introdotto i cosiddetti “distretti”, che poi non
ci sono stati fino a quest’anno. I distretti erano l’idea che
le imprese italiane, che sono molto individuali, molto
piccole (il 90 e passa per cento del PIL italiano è fatto con
meno di 15 addetti), possono diventare una forza se si
mettono insieme. Non puoi chiedere a un imprenditore
italiano di fondersi con un altro imprenditore perché sono
uno refrattario all’altro e ciascuno individualista: l’idea
dei distretti era quella di un libero contratto tra imprese,
che decidono di mettersi insieme per andare insieme dal
fisco, per andare insieme in banca, per andare insieme al
ministero.
La parola “distretti” è stata sostituita perché ci è stato
detto che il distretto è territoriale mentre la produzione
industriale può essere omogenea ma distribuita fuori da
uno specifico territorio, e allora è stata inventata la parola
“reti”.
Le reti sono in pista come strumento da pochi mesi e già
adesso ce ne sono 40. Questo dà l’idea della potenzialità di
questo strumento. Noi pensiamo che le reti debbano anche
andare all’estero, usando la SACE e la Cassa depositi, a
prendere gli ordini che retrocedono alle nostre casse.
Per il turismo pensiamo di fare un’operazione che utilizza
un diverso disegno della linea marittima. Voi sapete che in
molti casi le concessioni sono talmente limitate nel tempo
da escludere la scelta di fare interventi e investimenti,
perché se hai 30 anni fai degli investimenti, se hai 3 anni
non è cosa tua e non ci investi.
Noi pensiamo che un criterio diverso di diritti, con tempi
più lunghi, combinato con – oltre alle spiagge ci sono gli
alberghi – i distretti turistici, cioè chiedendo agli albergatori
di mettersi insieme, possa essere uno strumento importante.
A volte, per molte cose pensi che serva una legge, una grande
riforma: serve anche quello, ma soprattutto contano anche
le attività piccole, amministrative. A volte, fai una legge
e ti dimentichi addirittura tu che l’hai fatta, figurarsi un
altro! Salvo che con quella legge fai dei danni e dei guasti
e allora la gente si arrabbia e capisci che è sbagliata. Molto
dell’attività amministrativa per la crescita, per lo sviluppo è
anche realmente amministrativa.
Facciamo le reti, e io credo che allo sviluppo verrà molto
sostegno anche da quello, però non è la grande legge di
quelle con il Parlamento, sui giornali, i Soloni: ministro
vuol dire amministrare, sono le piccole cose che cerchi di
sviluppare.
Un’altra cosa, visto che siamo in ambiente: le opere
pubbliche. Io credo che una delle ragioni per cui in Italia le
opere pubbliche (almeno alcune grosse) si fanno nel doppio
del tempo e con il doppio del costo – da giovane inventai la
cosiddetta “legge obiettivo”, che poi in Parlamento è stata
un po’ modificata rispetto allo spirito forte originario, ma
qualche assetto ha dato – credo che i fattori di ritardo per
le opere pubbliche in Italia siano due.
Il primo: le riserve. Hai gara con base 100, la vinci a 30 e
poi cominci a mettere le riserve, e ci sono troppe imprese
che hanno più avvocati che ingegneri e geometri, e trovano
la loro ragione di sviluppo in questa meccanica giuridica.
Questo è devastante, quindi credo che nei prossimi giorni
metteremo un limite alle riserve, com’è negli altri Paesi.
La vecchia Cassa del Mezzogiorno aveva l’Albo nero di
quelli che mettevano troppe riserve, anche perché, se sei
un vero imprenditore, tu i soldi li fai facendo l’opera, non
facendo le riserve, usando gli ingegneri e i geometri e non
usando gli avvocati. È un discorso suicida perché io sono
avvocato, ma insomma…
Il secondo punto, che sembra una stupidata ma credo
sia decisivo, sono le cosiddette “compensative”. Le
compensative sono quel meccanismo bestiale per cui
lungo il percorso di un’opera gli amministratori locali
cominciano a chiedere le opere compensative, come se
avere un’opera fosse un maleficio e non un beneficio. Allora
vai alla Conferenza dei servizi e comincia la gara a prendere
le compensative, poi c’è sempre una Giunta che cambia,
c’è sempre un fenomeno per cui arriva un altro e ne vuole
ancora di più, e, se tu sei un Sindaco, sei un pirla se non
vieni a casa almeno con due rondeau e una piscina.
Questo crea una meccanica per cui concedi le compensative,
devi tornare al CIPE, costringi la ragioneria a dire che non
ci sono i fondi, devi aspettare la legge che rimette i fondi
e mi pare come che la BreBeMi riusciamo ad approvarla
al prossimo CIPE, dopo tantissimo tempo perso con i
meccanismi delle compensative. Bisogna mettere come
all’estero anche un limite alle compensative.
Credo che abbiamo trovato un meccanismo per fare davvero
il Piano casa. Voi sapete che si è bloccato nell’architettura
costituzionale di questo Paese, un Paese il cui territorio è
popolato da totem giuridici, democratici, i ricorsi, i TAR.
Questo è un Paese in cui un consiglio di quartiere blocca
un Comune, il Comune blocca la Provincia, la Provincia
blocca la Regione, la Regione blocca lo Stato, i Verdi
bloccano tutto.
Credo che sia in qualche modo trovata una formula che ci
consente a Costituzione vigente di superare una parte di
questa palude che blocca tutto, e credo che non ci siano
problemi costituzionali a rendere più semplice la scia.
Anche questo credo sia un passaggio.
Tutte le idee che vi possono venire in più o diverse sono
benvenute a una condizione: che siano gratuite, perché
il motore di sviluppo non può essere più costituito dalla
spesa pubblica. Quella che abbiamo è tanta, fate conto che
è come essere una famiglia che prende in busta paga 100 e
spende 104,5: la prima volta vai in banca e ti fanno credito,
la seconda e la terza magari ti dicono “datti una regolata e
cerca di spendere di meno”.
Noi dobbiamo ridurre la spesa e dobbiamo cominciare a
farlo anche dall’alto, cercando di dare qualche esempio
perché non puoi chiedere sul basso e poi continuare verso
l’alto. Un po’ abbiamo cominciato: fatti alcuni conti con
la manovra di luglio – vi posso assicurare che di gente
arrabbiata ce n’è in giro, soprattutto nei palazzi – saltano
dalle prossime elezioni in poi 40.000 posti di consigliere e
di politico, di amministratore, che è già qualcosa.
Comunque il motore di sviluppo può essere solo costituito
da idee, da regole più semplici, da criteri, senza spesa
pubblica. Guardate che l’autostrada del Sole fu tutta fatta
senza una lira di spesa pubblica.
Poi naturalmente questo è un Paese complicato, in cui
alcune privatizzazioni sono state fatte a debito. Io non ho
nulla contro i debiti, però, se tu ti indebiti per investire
in una cosa nuova, fai bene, se ti indebiti per comprare
una cosa che c’è già, c’è qualcosa che non va. Se poi ti
indebiti due volte come è successo in un certo caso, magari
è ancora peggio. Una delle ragioni per cui il Paese cresce è
che abbiamo oggettivamente dei fattori. Le privatizzazioni
erano necessarie, ma come sono state fatte alcune magari c’è
stato qualche problema e quindi paghiamo anche scelte non
propriamente geniali fatte in quel modo e in quel tempo.
Credo di aver parlato fin troppo, a volte mi viene in mente
una formula per chiudere il discorso, questa volta non mi
viene in mente, quindi grazie per l’attenzione.
19
INDAGINE
“EUCLIDE 2020
I geometri nel futuro”
L’indagine previsionale “Euclide 2020. I geometri nel
futuro” è stata presentata il 29 giugno in occasione del
Forum nazionale svoltosi nel Palazzo della Gran Guardia
di Verona.
I risultati dell’indagine sono stati presentati da Stefano
Palumbo in tre distinte Sessioni commentate. La prima dai
discussant: Franco Mazzoccoli, Roberto Vacca, Michele De
Luca, Marco Magnifico, Edoardo Ronchi. La seconda da:
Domenico De Masi, Aldo Norsa, Giuseppe Roma, Mirella
Giannini. La terza da: Gianfranco Dioguardi, Franco
Laner, Fausto Savoldi.
Tutte le sessioni hanno visto moderatrice Laura Cavestri,
giornalista de “Il Sole 24 ore”.
20
Il progetto
“Euclide 2020. I geometri nel futuro” è un’indagine
commissionata dal Consiglio Nazionale Geometri e
Geometri Laureati alla S3.Studium con l’obiettivo di
tracciare uno scenario sulle più probabili evoluzioni
della professione del geometra in Italia da qui al 2020,
considerando le influenze economiche, politiche e sociali
sul settore, oltre all’evoluzione delle attività lavorative
in rapporto all’istruzione, la formazione e l’innovazione
tecnologica, allo scopo di ottenere una visione globale di
quello che sarà il futuro della professione del geometra in
Italia nei prossimi nove anni.
L’indagine previsionale
L’indagine rappresenta il punto di arrivo del progetto
realizzato con rapidità, avvalendosi di una metodologia
rigorosa e sperimentata. L’indagine ha affrontato il
tema del futuro della professione del geometra in Italia,
prendendo in esame sia gli aspetti macro-economici e
strutturali, sia le dinamiche organizzative e professionali
che caratterizzeranno la professione del geometra negli
anni fra il 2011 e il 2020.
Lo studio è stato condotto con il metodo “Delphi”, uno
dei più affidabili per la formulazione di scenari a medio
termine, consultando un qualificato panel di Esperti
appartenenti ad aree disciplinari e professionali molto
differenziate. In tale maniera è stato possibile prendere
in considerazione un ampio ventaglio di prospettive di
analisi complementari.
Il panel di esperti
L’indagine previsionale, curata dalla S3.Studium, ha visto
il coinvolgimento di: Giovanni Cutolo (Presidente di
Santa & Cole Italia e Vice Presidente dell’ADI), Gabriele
Del Mese (Fondatore della Ove Arup Italia), Michele
De Luca (Presidente della Sezione Lavoro della Corte di
Cassazione), Mirella Giannini (docente all’Università di
Napoli “Federico II”), Marco Magnifico (Vice Presidente
Esecutivo del Fondo Ambiente Italiano), Maria Grazia
Nardiello (Consigliere del Ministro della Pubblica
Istruzione), Giuseppe Roma (Direttore Generale del
Censis), Edoardo Ronchi (Presidente della Fondazione
per lo Sviluppo Sostenibile).
Il metodo
La credibilità del rapporto previsionale è direttamente
legata, oltre che alla qualità professionale garantita dagli
esperti consultati, alle caratteristiche del metodo adottato
per la sua realizzazione:
• la doppia forma di consultazione (prima libera e
riflessiva, poi analitica e basata sul meccanismo
intellettualmente impegnativo della scelta secca fra il
“SI” e il “NO”);
• l’anonimato reciproco degli esperti (che evita sia le
contrapposizioni pregiudiziali, sia un assenso fondato
più sul rispetto dell’autorevolezza che su una verifica
puntuale);
• la selezione severa delle previsioni accettabili (che
porta a scartare tutte le ipotesi che non raggiungono
il consenso della maggioranza degli esperti).
Al termine del progetto il risultato viene consegnato ad
un dibattito libero ma puntuale, condotto faccia a faccia
nel forum del 29 giugno 2011, a Verona, con l’intervento
del gruppo di autorevoli esperti, chiamati a discutere le
implicazioni dei fenomeni previsti dalla ricerca.
1. IL MACRO-SCENARIO
L’EVOLUZIONE SOCIALE
Mutamento e resilienza
La rapida e continua evoluzione della società, grazie
anche alla globalizzazione e alla diffusione di Internet,
continuerà a portare trasformazioni in tutti i settori della
produzione e del sapere e richiederà l’adattamento di tutti
i settori produttivi, compresi quelli legati all’industria
del costruire. Coloro che saranno incapaci di adattarsi
rapidamente e con saggezza saranno esclusi dal grande
mercato, accontentandosi solo di operazioni ai margini dei
grandi sviluppi: ciò sarà valido anche e soprattutto per i
Geometri.
Sul piano dei fenomeni culturali, nei prossimi anni
assisteremo al recupero e alla rivalorizzazione degli elementi
unici che caratterizzano l’identità del nostro Paese: la storia,
la tradizione e il patrimonio culturale.
Rischi più forti, occasioni più ghiotte
Nel prossimo decennio proseguiranno le tendenze attuali:
• sia verso una sempre più accentuata globalizzazione;
• sia verso un’opposta tendenza al localismo territoriale.
La globalizzazione dello sviluppo, rafforzandosi nei
grandi Paesi di nuova industrializzazione, con centinaia
di milioni di abitanti:
• aggraverà le crisi ambientali, a partire dalla quella
climatica;
• solleciterà profondi cambiamenti verso una maggiore
sostenibilità ambientale, sia nei modelli di produzione,
sia nei consumi.
Inoltre, si allargherà ulteriormente il divario tra coloro
che trarranno vantaggi dalle dinamiche economiche,
sociali e culturali da una parte e gli emarginati dalla nuova
economia dall’altra.
L’accentuata globalizzazione, rendendo il mondo più
piccolo e interdipendente, con una forte circolazione di
conoscenza, informazione, capitali, persone, beni e servizi,
costringerà sempre più anche i professionisti del settore
delle costruzioni a misurarsi in una realtà maggiormente
competitiva e complessa. La globalizzazione stessa, però,
metterà loro a disposizione anche un potenziale d’azione
molto più ampio.
Pro domo sua
Nei prossimi anni si rafforzerà anche la tendenza al
localismo:
• sia nelle spinte più negative, di chiusura e xenofobia;
• sia in quelle positive di valorizzazione culturale delle
diversità territoriali (quelle locali, ma anche quelle
della terra di origine dei propri padri).
La tendenza al localismo porterà ad una maggiore
attenzione alla qualità del proprio contesto territoriale,
oltre che della singola propria abitazione.
Interpretare la bellezza
Nell’approccio al costruire dei prossimi anni vi sarà
maggiore attenzione ai parametri estetici, di colore, forme
21
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
e proporzioni che rispettino l’identità e la bellezza italiana
e locale.
I futuri geometri avranno un ruolo primario in tal senso,
per evitare progetti contrastanti con la storia e l’identità
dei singoli luoghi in cui sono chiamati a costruire. Sarà
pertanto per loro necessaria una rivisitazione dei linguaggi
culturali con una maggiore preparazione in materie
artistiche, architettoniche e ambientali.
Costruire senza frenesia
Nel prossimo decennio l’approccio dei professionisti del
costruire subirà profondi cambiamenti che riguarderanno,
in particolar modo, il rispetto del territorio e dell’ambiente.
Superata l’epoca del costruire, anche in modo frenetico, per
far fronte alla domanda di abitazioni, si attiverà l’attenzione
ad aspetti più generali; questi riguarderanno:
• la qualità della vita;
• la salvaguardia paesaggistica;
• il contenimento dei consumi energetici;
• l’impiego di fonti alternative di produzione
dell’energia.
Si porrà, inoltre, molta più cura nella scelta e nell’utilizzo
dei materiali da costruzione, con un rinnovato rispetto
per evitare lo spreco di risorse e per impedire che edifici
impropri possano creare disarmonie con il tessuto urbano
esistente.
Grazie al risanamento energetico, negli edifici esistenti
verranno sensibilmente ridotte le emissioni di anidride
carbonica prodotte dal riscaldamento e dai sistemi di
produzione dell’acqua calda.
Progettazione e partecipazione
Nei prossimi anni si punterà inoltre sull’agricoltura, in
qualità di fonte primaria dell’economia e miglior metodo
per tutelare il paesaggio e per favorire lo sviluppo turistico.
I professionisti del costruire diventeranno interpreti dei
cambiamenti nella percezione umana dell’ambiente,
contribuendo al recupero della partecipazione della
comunità, del fattore sociale ed umano nei processi di
programmazione e progettazione del futuro.
LE TENDENZE ECONOMICHE
Quanto vale la vivibilità
Si manifesteranno nei prossimi anni cambiamenti profondi
nel rapporto fra economia e trasformazione del territorio: i
poteri economici premieranno le iniziative ed i progetti per
città più vivibili, nel rispetto del territorio e dell’ambiente.
Aumenterà quindi l’attenzione della ricerca scientifica per
un corretto impiego delle risorse e degli strumenti per un
uso più razionale del territorio.
Emergeranno nuove soluzioni in materia di habitat (in
rapporto all’equilibrio tra vita privata e lavoro, alle scelte
22
abitative e servizi pubblici, alla gestione e il riciclaggio dei
rifiuti, alla sicurezza e la qualità dei cibi, etc.), che favoriranno
la crescita di nuovi settori di intervento professionale, anche
per i geometri:
• energia;
• sicurezza;
• ambiente ed ecologia.
Nell’ambito dell’edilizia il mercato sarà inoltre
condizionato:
• dall’applicazione delle nuove tecnologie;
• dalla volubilità dell’orientamento del mercato in
rapporto alle varie fasi della crisi economica;
• dall’internazionalizzazione della produzione e degli
scambi di prodotti, capitali e persone.
Cinte strette e case piccole
L’Italia, nei prossimi anni, subirà ancora le conseguenze
della crisi economica, restando incapace di una crescita
rapida. Il nuovo costruito, in termini di vera e propria
espansione (al netto della demolizione e sostituzione) avrà
uno spazio minore che in passato.
Entrando più nello specifico, nei prossimi anni il mercato
delle costruzioni confermerà la sua segmentazione ripartita
in:
• mercato di consumo, prevalentemente residenziale
(dalle piccole ristrutturazioni di edifici familiari fino
ad interventi più ampi e complessi), in cui saranno
richieste professionalità plurime, trattandosi di prodotti
diversi;
• mercato corporate, riguardante le costruzioni per
investimento e per uso diretto delle imprese, in cui vi
saranno spazi anche per il taglio medio-piccolo degli
edifici per la produzione (ad es., capannoni industriali
o costruzioni per la logistica);
• mercato pubblico, riguardante le opere pubbliche
in Italia, per le quali si confermerà la tendenza delle
piccole opere (come le rotonde stradali) a rappresentare
la maggioranza degli appalti.
Il mercato creato dalla domanda del privato che intende
costruire o ristrutturare la propria abitazione - in cui il ruolo
dei professionisti è maggiore, in quanto interlocutori diretti
e di riferimento della committenza - sarà molto influenzato
dalle tendenze economiche.
La tentazione oligopolistica
Il mercato derivante dalla domanda dell’impresa, che
costruisce o ristruttura per vendere, vedrà una riduzione
notevole dei guadagni dei professionisti, dovuta a:
• la riduzione degli investimenti e dei margini per le
imprese;
• l’eccessivo numero di professionisti che operano nel
settore.
Nei prossimi anni, per acquisire maggiori committenze,
si cercherà di soppiantare le logiche della concorrenza
con forme di monopolio o di controllo di segmenti
del mercato (auto-direttivo, cioè da parte dell’Ordine
professionale, o etero-direttivo, ad opera del Governo
locale).
Nonostante la preminenza del restauro e della
ristrutturazione rispetto alle nuove costruzioni, comunque,
per gli operatori economici del settore delle costruzioni
non si manifesteranno difficoltà per prosperare e fare
profitti anche nel 2020.
La tentazione del cemento
Escludendo le opere infrastrutturali, viarie, ferroviarie,
aeroportuali, etc., l’edilizia futura sarà dunque finalizzata
principalmente al recupero dell’esistente, con una
maggiore attenzione agli aspetti edilizi, urbanistici,
energetici e ambientali. Il nuovo edificato di piccola
dimensione (abitativo, di servizi e industriale) avrà
modesti livelli di sviluppo e di sostituzione.
Tuttavia, nei prossimi anni, la propensione a espandere il
territorio costruito non si esaurirà. Le funzioni di vita e
di produzione dell’economia terziaria, il cui contributo al
Pil resterà crescente nelle società avanzate, continueranno
a premere per allocarsi in nuovi spazi.
La tendenza prevalente, però, sarà l’affermazione di un
nuovo modo di costruire, volto a soddisfare l’emersione di
nuove esigenze (tutela ambientale, risparmio energetico,
etc.).
La tentazione della finanza
L’espansione del settore delle costruzioni dipenderà dalla
capacità di incorporare gli elementi cardini della nuova
economia, quali la tecnologia e la finanza.
Nel prossimo futuro, il project financing influirà sempre
più sull’approccio tradizionale alla progettazione,
richiedendo ai professionisti un nuovo e rigenerato
apporto di qualità professionale, per adattarsi ai nuovi
scenari. Va però considerato che esso non rappresenterà
lo standard per la maggior parte degli investimenti nel
mondo delle costruzioni sia pubbliche che private.
DEMOGRAFIA, URBANISTICA, TERRITORIO
Pluralismo etnico
Nei prossimi anni la modesta crescita demografica sarà
interamente dovuta agli immigrati, con un diverso
impatto sulla domanda abitativa delle città:
• alcune comunità, come quelle di origine cinese, più
coese e con maggiore capacità economica, tenderanno
ad acquisire interi stabili e a creare zone dove sono
presenti in maniera massiccia;
• altri, come quelli di origine filippina, impiegati
perlopiù come collaboratori domestici, portieri e nella
ristorazione, cercheranno residenze più prossime ai
luoghi di lavoro, adattandosi presso le abitazioni dove
lavorano o in affollati alloggi di bassa qualità;
• la massa di rumeni, polacchi, albanesi e nordafricani,
occupata in piccole imprese, edilizia o agricoltura,
disporrà di redditi bassi, spesso precari, e raramente
acquisterà una nuova casa, preferendo soluzioni a
basso costo (alloggi in condizioni precarie distribuite
nelle periferie o fuori dalle città).
Etica e urbanistica
A causa della crescita demografica delle città italiane,
favorita dalla componente immigrata, si creerà una
domanda di circa 200.000 abitazioni aggiuntive all’anno.
L’ingente fenomeno migratorio verso le città, il proliferare
delle moderne megalopoli ed i problemi legati al loro
sviluppo, richiederanno ai professionisti del costruire
una maggiore consapevolezza delle implicazioni etiche,
sociali e morali. I grandi sviluppi del prossimo decennio
riguarderanno principalmente obiettivi che prediligano le
infrastrutture e le opere a carattere sociale, incluse quelle
relative ai cogenti problemi di sostenibilità del nostro
pianeta.
L’incremento demografico dovuto all’immigrazione
richiederà misure di integrazione economica e sociale, ma
produrrà raramente significative possibilità occupazionali
aggiuntive per i professionisti del settore edile.
Vita sostenibile, costi insopportabili
Il prezzo elevato di affitti e case nelle grandi e medie città
continuerà a favorire l’abbandono dei centri urbani verso
zone più periferiche da parte di giovani e nuove coppie,
ma anche degli anziani pensionati.
Si assisterà, seppure con un’affermazione molto lenta e
progressiva nel corso del decennio, ad una ruralizzazione
della città, in funzione della maggior attenzione all’ecosostenibilità, al recupero della piccola produzione
alimentare in ambito urbano, alla qualità ambientale in
senso lato.
Trasformazioni erratiche
La gestione politica dell’urbanistica e delle trasformazioni
del territorio continuerà a essere basata su una scarsa
programmazione, e sulla mancanza di strategie a medio
e lungo termine.
L’urbanistica continuerà dunque a risentire dell’assenza di
una politica adeguata, con il risultato che il settore andrà
via via più in crisi. Le città continueranno a subire una
trasformazione urbanistica dettata dalle speculazioni,
piuttosto che da linee di sviluppo pianificate (si veda ad
es., il cosiddetto “Piano casa”).
23
ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Il paradigma della qualità
Gli urbanisti dei prossimi anni tenderanno a rispettare
l’italian way of life e la peculiare sensibilità degli italiani
verso la qualità della vita. Si eviterà pertanto di seguire
il modello delle megalopoli, privilegiando le abitudini
italiane della vita da quartiere e la preferenza per i centri
satelliti fuori città.
Si porrà maggiore attenzione all’integrazione tra tecnologia
e qualità nella progettazione per la gestione degli spazi
urbani e paesaggistici.
I professionisti operanti nell’ambito della progettazione
avranno la capacità di riconoscere i valori ambientali
ed estetici presenti nei luoghi in cui è previsto il loro
intervento, utilizzandoli come punto di riferimento per
la propria azione. Anche i geometri, oltre al normale
rispetto delle normative e della deontologia professionale,
svolgeranno sempre più i propri incarichi individuando e
mitigando i fattori detrattori della qualità e della bellezza
paesaggistica. I geometri, infatti:
• svolgeranno un’azione di sensibilizzazione e formazione
in materia ambientale;
• contribuiranno al recupero edilizio;
• promuoveranno la vivibilità e il design urbano.
Legittimazione professionale
Nei prossimi anni i professionisti del costruire saranno
dunque capaci di incidere sulle nuove esigenze che si
presenteranno di fronte ai continui mutamenti del
territorio. Ciò consentirà loro di legittimarsi e rendersi
affidabili.
La conoscenza del territorio, patrimonio soprattutto dei
geometri, sarà impiegata per esercitare un attento controllo
su tutte le attività tendenti a modificarlo.
La trasformazione del territorio imporrà al professionista la
scelta di nuovi modelli operativi che mirino, oltre che alla
qualità progettuale, a tutti i successivi aspetti gestionali.
L’INFLUENZA DELLE POLITICHE PUBBLICHE
La polarizzazione amministrativa
Le politiche europee e nazionali avranno un’influenza diretta
sulla disciplina delle costruzioni, nonostante le competenze
detenute – in funzione del dettato costituzionale – dalla
legislazione regionale e dalla regolamentazione locale,
tramite i comuni.
Nel prossimo decennio le politiche pubbliche
influenzeranno l’approccio al costruire in quanto esse
stesse condizionate dalle migrazioni e dagli spostamenti
all’interno di ogni paese.
Le politiche europee continueranno a “regolarizzare” e
razionalizzare quelle nazionali. Queste ultime tenderanno
a perdere importanza, a vantaggio di quelle continentale
e locali.
24
Nei prossimi anni, ad esempio, non verranno messi in
discussione i vincoli creati dalle politiche europee per
l’agricoltura, penalizzanti per l’economia italiana.
Anche la regolamentazione professionale nazionale e
locale sarà condizionata dalle politiche europee, verso una
maggiore conformità di deontologie e pratiche tra i Paesi
che aderiscono all’Unione Europea.
Una salutare apertura
Nel prossimo futuro verranno affrontati e risolti i
problemi riguardanti i temi della competitività e mobilità
intellettuale nell’Unione Europea.
La libera circolazione di beni, servizi e persone amplierà
anche il mercato delle professioni, causando fra l’altro un
aumento della concorrenza tra professionisti.
Il futuro delle professioni italiane sarà comunque
influenzato in maniera complessivamente positiva
dai criteri comunitari di concorrenza, nonostante essi
tenderanno a sfumare il valore del titolo formale per
privilegiare le capacità sostanziali del “saper fare”.
L’apertura delle frontiere alla mobilità dei professionisti
a livello europeo, ad esempio, modificherà radicalmente
anche le condizioni di esercizio dell’attività dei geometri,
consentendo la suddivisione delle attività e la possibile
esternalizzazione di elaborati tecnici, anche altamente
professionali, che potranno essere redatti a costi irrilevanti
e in modo più efficiente in altre nazioni.
Lo Stato lumaca
Le politiche europee avranno un impatto significativo
sull’edilizia, settore strategicamente importante per
l’Europa, da cui dipendono molti rami dell’economia.
La libera circolazione di servizi legati alle conoscenze
tecniche, costituirà una priorità rilevante anche nelle
politiche nazionali e locali.
Gli effetti sulle professioni del settore saranno consistenti,
ma non nel breve periodo, in quanto nei prossimi anni
continuerà a risultare carente l’intervento dello Stato
italiano, per agevolare la mobilità geografica e professionale
e per adeguare il mercato del lavoro alle trasformazioni
industriali e ai cambiamenti del sistema economico.
Anomali, elitari, farraginosi
Il futuro delle città e dei singoli sviluppi urbani entro le
città risentirà anche delle politiche per il territorio locali
e nazionali. La politica del territorio punterà a controllare
ed equilibrare sviluppo sociale e sviluppo urbano.
Tuttavia, come appena anticipato, il settore delle
costruzioni risentirà della politica nazionale soprattutto
in funzione delle carenze, dei ritardi, delle omissioni di
quest’ultima.
Nel prossimo decennio, ad esempio, a livello nazionale
persisterà l’anomalia del “Piano casa”, destinato a
condizionare il settore ancora per qualche anno.
Inoltre, non si passerà, da qui al 2020, da uno sviluppo
delle infrastrutture ferroviarie tutto basato sull’Alta
velocità ad uno che recuperi le reti minori, in maniera tale
da rendere l’infrastruttura favorevole a chi vuole conoscere
il territorio.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dal
canto suo, continuerà ad avere un regime regolamentare
legislativo troppo complesso e farraginoso, che sarà
impossibile snellire e razionalizzare nel breve termine.
L’arte dell’efficienza
L’arte del costruire sarà fortemente influenzata dalla
esigenza del rispetto dell’ambiente e del paesaggio, così
come sancita dalla Convenzione Europea del Paesaggio
nel gennaio del 2006.
Una delle principali influenze delle politiche dei prossimi
anni riguarderà proprio le azioni per ridurre l’impatto
ambientale, in particolare in merito all’uso di energia, sul
duplice piano:
• dello sviluppo delle energie rinnovabili;
• del risparmio energetico, per fare in modo che il
patrimonio edilizio sia prossimo alle classi di consumo
A e B.
Le direttive europee avranno un’influenza rilevante sulle
costruzioni anche in merito alla gestione dei rifiuti da
costruzione e demolizione.
Nel nostro Paese, comunque, nei prossimi anni, non
verranno varati ampi programmi di tutela dell’ambiente
e del territorio.
Costruzioni responsabili
Gli incentivi legati a misure di risparmio energetico
in occasione di ristrutturazioni degli edifici esistenti,
aumenteranno nei prossimi anni. Nei nuovi edifici saranno
gradualmente previsti maggiori standard obbligatori di
efficienza energetica (certificazioni energetiche e misure che
coinvolgono l’involucro, i serramenti, le apparecchiature
di riscaldamento e di rinfrescamento, per l’acqua calda,
per l’illuminazione e, più in generale, elettriche).
Al fine di diminuire il consumo energetico sarà richiesto
ai professionisti un maggiore impegno soprattutto nelle
ristrutturazioni. Saranno quindi indispensabili competenze
energetiche integrate nella progettazione, esecuzione degli
interventi e nelle gestioni degli edifici.
La maggior attenzione per il riciclo dei rifiuti, come previsto
dalla nuova direttiva quadro sui rifiuti, recentemente
recepita nell’ordinamento nazionale, comporterà che
nei progetti di ristrutturazione e di nuove costruzioni,
si affronti anche la gestione dei rifiuti prodotti con la
presenza di un responsabile di cantiere competente,
capace di dirigere la raccolta separata dei rifiuti prodotti,
per frazioni destinabili al riciclo. Tali direttive avranno
un’influenza diretta anche a livello locale.
L’EVOLUZIONE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
Tentativi di disordinare
L’evoluzione dell’urbanistica, le trasformazioni della
città e del territorio e la demografia spingeranno verso
una coerente evoluzione del patrimonio professionale e
dell’ordinamento degli studi e delle professioni.
Le indicazioni europee (passaggio dal sistema degli ordini
ad un sistema fondato sulle associazioni) verranno applicate
nel corso dei prossimi anni, ritoccando il quadro legislativo
del nostro Paese.
Concorrenza associativa
Molti Ordini professionali già consolidati si ritroveranno
come concorrenti nel mercato le Associazioni, che
raccoglieranno al loro interno competenze disciplinari
affini e complementari.
Nonostante la tendenza all’associazionismo, e a dispetto
del declino delle funzioni tradizionali dell’istituzione
dell’Ordine, una nutrita lista di gruppi professionali
continuerà a richiedere tale riconoscimento. In questo
quadro nazionale, gli Ordini professionali tenderanno a:
• legittimarsi come garanti di etica professionale e di
compiti per il servizio all’intera collettività;
• operare con forme di autocontrollo del mercato delle
professioni.
La logica pubblicistica degli Ordini rimarrà quale baluardo
di una generale tendenza a preservare livelli di legalità
altrimenti privi di garanzie derivanti da strade alternative,
quali il libero associazionismo.
Restrizioni allentate
Gli Ordini professionali manterranno la gran parte delle loro
prerogative, poiché le forme di liberalizzazione necessarie
per garantire la concorrenza e gli utenti rimarranno
contenute negli interventi per calmierare le normative più
restrittive, come ad esempio le tariffe minime.
La politica, d’altronde, resterà incapace di prestare
attenzione alle istanze delle singole categorie professionali,
alternando gli atteggiamenti di apertura al naufragio
parlamentare di tutte le iniziative. L’unica soluzione
possibile sarà un progetto unitario di riforma dal basso.
Masse di manovra
La tendenza all’aggregazione di professioni meno strutturate
(come ad esempio i periti) favorirà il formarsi di masse di
manovra con una qualche influenza sulle scelte politiche e
istituzionali.
Entro il periodo considerato verrà attuato il progetto, già
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
in discussione dal 2005, dell’unificazione della figura
del Geometra con altre due figure professionali, Periti
industriali ed Agrari.
Verrà istituito l’Albo Unico per i Tecnici Laureati, in cui
verranno ricollocate, in Sezioni, tutte le competenze di
secondo livello tecnico attualmente disperse in numerosi
albi professionali.
Si punterà a certificare la qualità anche del lavoro svolto
dai geometri pubblici dipendenti, regolarizzando le
situazioni professionali attualmente di difficile gestione.
Maggiore attenzione sarà inoltre riservata al praticantato,
prevedendone la prestazione quale oggetto di una delle
tipologie contrattuali previste dalla legge o, comunque, a
titolo oneroso.
Contenere l’obsolescenza
Le rappresentanze professionali, nonostante gli
ordinamenti legislativi obsoleti, continueranno a
migliorare e ad adeguarsi ai cambiamenti della società e
dell’esercizio della professione.
Per sopravvivere nel prossimo decennio, gli Ordini
professionali abbandoneranno il ruolo di “quasi-sindacato”
per orientarsi sempre più verso un ruolo di “associazione
culturale”, che capisca i problemi della società e incoraggi
gli iscritti ad essere all’altezza dei problemi da affrontare
e da risolvere.
Nel prossimo futuro, inoltre, il Consiglio Nazionale,
insieme agli esperti dell’UNI, procederanno alla
definizione della “qualità” delle prestazioni del Geometra,
per determinare gli standard necessari al processo di
certificazione e definire la “prestazione garantita”, che
diventerà una garanzia aggiuntiva per la Committenza.
Anticipazione e aggiornamento
Gli Ordini professionali, al limite del loro ruolo istituzionale,
saranno dinamici e propositivi verso gli iscritti, tramite
l’offerta di servizi, informazione, formazione, etc.
Nei prossimi anni gli Ordini miglioreranno fra l’altro le
proprie abilità di lettura e interpretazione dei profondi
cambiamenti economici e professionali, traducendo tali
cambiamenti in attività di formazione e aggiornamento,
per arricchire e qualificare i professionisti associati.
Verranno inoltre riconosciute agli organismi di categoria le
funzioni in materia di formazione e aggiornamento degli
iscritti durante tutto l’arco dell’attività professionale.
2. LAVORO E RUOLO SOCIALE DEI GEOMETRI
IL MERCATO DEL LAVORO
Versatili e protagonisti
Il settore delle costruzioni avrà bisogno, anche nei prossimi
anni, di “tecnici intermedi”, rappresentati da professionisti
26
individuali o organizzati in associazioni e società, che
opereranno nei centri minori per le progettazioni di
dimensioni modeste e per il recupero del patrimonio
edilizio esistente.
L’esperienza maturata dai geometri permetterà loro di
essere presenti e attivi nei processi decisionali, fornendo
utili contributi alla società come:
• funzionari;
• pubblici amministratori;
• imprenditori.
Anni agguerriti
Nel prossimo decennio il mercato del lavoro del geometra
sarà sempre più contraddistinto da:
• l’offerta di un ampio panorama di prestazioni;
• una maggiore elasticità e rapidità, grazie alle tecnologie
informatiche.
Tuttavia, le persistenti difficoltà economiche del Paese
contribuiranno, nel medio termine, ad un progressivo
impoverimento del mercato. Conseguentemente
assisteremo a:
• una diminuzione della domanda di lavoro;
• un aumento della competizione, maggiormente
agguerrita e specialistica.
In questo scenario, miglioreranno la propria condizione
solo quei gruppi di professionisti che avranno acquisito
uno sguardo globale illuminato e con maggiore mobilità
geografica.
Più laureati, più immigrati
La maggioranza dei geometri che si immetterà nel mercato
nel prossimo futuro sarà caratterizzata dalle seguenti
caratteristiche:
• una più giovane età;
• un titolo di studio più qualificato rispetto al Geometra
diplomato;
• aspettative di maggiori spazi di operatività e mobilità,
rispetto agli anni passati.
I futuri professionisti avranno inoltre maggiore
concorrenza da parte degli immigrati, i quali, nei prossimi
anni, si affacceranno a professioni più qualificate rispetto
al semplice muratore.
Imprenditoria emergente
Nel prossimo futuro, in linea generale, la composizione
del mercato del lavoro dei geometri resterà simile a quello
degli altri professionisti. Vi saranno tuttavia alcune
significative variazioni negli impieghi dei geometri tra
liberi professionisti, dipendenti, imprenditori e precari.
Assisteremo infatti a:
• un aumento della domanda di lavoro dipendente nel
settore delle imprese di costruzioni (soprattutto per
l’estero), mentre resterà stabile il numero di geometri
lavoratori dipendenti nel settore della P.A.;
• un aumento dell’impiego di geometri liberi
professionisti ed imprenditori (soprattutto a causa
costo del lavoro e dei vincoli dei contratti a tempo
indeterminato, e del fatto che, a parità di costo, si
preferirà prendere un laureato);
• un maggiore spazio per quei liberi professionisti che
saranno capaci di trovare una propria specializzazione,
da cui far discendere eventuali altri servizi professionali
e imprenditoriali complementari.
Maggiori opportunità di tipo imprenditoriale vi saranno
soprattutto sia nel campo delle ristrutturazioni edilizie
che nella produzione e impiantistica legata al risparmio
energetico.
Sostituzione tecnologica
Coloro che sceglieranno il lavoro dipendente avranno
come maggior competitor le macchine, a cui potranno
essere delegate attività sempre più intelligenti, con minori
costi.
Tuttavia, nonostante le macchine diventino sempre
più sostitutive dell’opera umana, non saranno esse a
determinare livelli occupazionali meno definitivi o
piuttosto precari.
L’esercito dei precari
Dato il periodo di crisi economica dell’Italia, vi sarà un
aumento del lavoro precario nei prossimi anni. La fascia
di precariato tenderà a estendersi non solo fra i geometri,
ma anche tra gli ingegneri e gli architetti.
Il numero di questi lavoratori precari aumenterà:
• sia negli studi associati;
• sia nel settore pubblico.
Si verificherà quindi, anche per i geometri, uno
spostamento dal lavoro subordinato ad uno esercitato in
forma libero professionale, ma che spesso si concretizzerà
in una forma parasubordinata.
Geometri d’élite
Il lavoro libero-professionale avrà quindi molto più spazio
nel futuro, perché le strutture pubbliche tenderanno a
contrarsi per mancanza di risorse e quindi a esternalizzare il
più possibile i servizi in precedenza svolti internamente.
Le possibilità dei geometri di esercitare la libera professione
saranno fra l’altro favorite in caso di approvazione del Ddl
n. 3493.
I geometri che saranno effettivamente liberi professionisti
avranno un comparto di occupazione con caratteristiche
completamente differenti e distaccate rispetto ai geometri
dipendenti, imprenditori o precari. Se capaci di aggiornarsi
tempestivamente avranno infatti ottime opportunità di
intercettare la domanda di prestazioni professionali.
Radicamento e nomadismo
Troveremo sempre più spesso geometri liberi professionisti
soprattutto nei piccoli centri, radicati sul territorio.
Anche gli architetti lavoreranno prevalentemente come
liberi professionisti, ma essi continueranno a slegarsi dai
territori di provenienza per cercare di operare sul piano
nazionale o internazionale.
Un freno allo sviluppo del lavoro libero-professionale,
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
peraltro, deriverà invece dalla persistente difficoltà ad
organizzare efficacemente questa forma di attività.
LE TRASFORMAZIONI NEL LAVORO
Multidisciplinarità e innovazione
Nel prossimo futuro si diffonderà una visione olistica
della progettazione e della costruzione, come risultato
multidisciplinare di molteplici contributi specialistici
apportati da differenti professionisti, un flusso di
progettazione e costruzione implementato da molti
professionisti. La professione di Geometra, come le altre,
prenderà atto di questa trasformazione e si aggiornerà per
inserirvisi al meglio.
Le attività lavorative del geometra evolveranno anche
in rapporto ai continui mutamenti delle tecnologie.
L’introduzione di nuove procedure, per agevolare e
snellire l’attività professionale continuerà a richiedere ai
professionisti tecnici uno sforzo notevole di apprendimento
e di adeguamento.
Protezioni e incursioni
Fra i lavori più importanti dei geometri del prossimo
decennio figureranno quindi:
• le tradizionali attività progettuali di edilizia civile,
industriale e rurale, soprattutto in ambiti territoriali
di media e piccola ampiezza;
• tutte le funzioni tecnico-amministrative del processo
edilizio (stime, perizie, rilievi, accatastamenti,
intermediazione
immobiliare,
procedure
amministrative e regolamentari);
• le attività gestionali di cantiere, che richiedono grandi
capacità operative di direzione e coordinamento;
• le nuove attività progettuali in campo energetico.
Le attività tradizionali resteranno saldamente in mano ai
geometri. Ciò nonostante, proseguiranno i tentativi di
incursione della “concorrenza”, oltre che degli antagonisti
storici, anche delle varie lobby che vedono appetibile il Pil
dei geometri.
Nuove opportunità per costruttori
I professionisti del costruire assisteranno, da qui al 2020,
ad un aumento della domanda:
• di sistemazione di spazi pubblici e riqualificazione di
aree degradate;
• della dimensione “low-cost” dell’abitare e ogni forma
di risparmio, soprattutto energetico;
• delle mansioni regolative a carattere burocraticoamministrativo (permessi, contenziosi, perizie,
catasto, etc.).
Per le ragioni esposte nel primo capitolo, invece, non si
registrerà da qui al 2020 un aumento della domanda di
nuove costruzioni.
28
Anni di recupero
L’edilizia, poco trainante rispetto al passato, sarà spinta
a differenziare, arricchire e allargare le proprie attività,
prendendo esempio dal settore agricolo (il quale in periodi
di difficoltà ha sviluppato un carattere multifunzionale
con l’agriturismo, l’agro-energia, le reti di vendita diretta
di produzioni di qualità e tipiche, etc).
Le nuove attività lavorative del settore avranno un doppio
stimolo:
• da un lato, vi sarà una ricerca di differenziazione che
compensi la restrizione delle attività tradizionali;
• dall’altro, avremo un tentativo di dare risposte alla
crescente domanda di qualità energetica e ambientale
degli edifici.
La cultura del recupero, del risparmio energetico e
delle energie rinnovabili, infatti, influenzerà molto i
professionisti coinvolti nel settore.
L’occasione della qualità
L’intervento professionale dei geometri si focalizzerà
sempre più sulla qualità della costruzione.
Accanto ai tradizionali settori di competenza del
geometra si svilupperanno le nuove attività recentemente
avviate (rendimento energetico, valutazione acustica,
impatto ambientale, etc.). Nuove opportunità di lavoro
riguarderanno quindi:
• la sicurezza nei luoghi di lavoro e nei cantieri
mobili;
• l’incremento dell’attività di certificazione e della
manutenzione dell’involucro edilizio;
• le prestazioni riguardanti la certificazione energetica
degli edifici;
• la gestione del territorio attraverso i servizi correlati;
• il rilievo e la soluzione dell’impatto ambientale nelle
opere edilizie ed urbanistiche.
IL RUOLO DEGLI STUDI PROFESSIONALI
Forze centripete
Nei prossimi anni la crescente produzione di conoscenza
e saperi influenzerà in maniera determinante il ruolo dei
professionisti del costruire, che diventeranno sempre più
specialisti in singoli settori del “sistema costruzione”.
Emergerà quindi con forza crescente la necessità
dell’aggregazione di vari specialisti, per rispondere alle
esigenze della committenza e per fornire una risposta
adeguata ed aggiornata al quadro normativo e tecnologico,
in continua evoluzione.
Gli enti banditori, inoltre, stimoleranno maggiormente
la competizione tra i concorrenti, richiedendo requisiti
di curriculum professionale e garanzie finanziarie che
difficilmente potranno essere soddisfatte da singoli
individui, cosicché, a partire da una certa soglia, la
maggior parte dei progetti sarà sempre più appannaggio
di organizzazioni, studi o associazioni professionali.
La tendenza all’aggregazione in associazioni professionali
aumenterà, dunque, nelle diverse forme consentite
dall’ordinamento professionale.
Per ciò che riguarda i soggetti che opereranno nel settore
delle costruzioni si affermeranno sempre più:
• società di progettazione;
• società miste con partecipazione di soci di capitale,
soprattutto per le opere di maggior consistenza (così
come già avviene per le opere di grandi dimensioni).
e il gioco di squadra: si tenderà quindi a sostituire lo
studio del singolo professionista con studi associati,
multidisciplinari, che rispondano alla grande varietà e
specificità delle richieste del mercato, assolvendo anche
compiti cosiddetti di “nicchia”. Ciò consentirà inoltre di
assumere un maggior peso economico, che garantirà il
futuro dei professionisti.
Tali studi multidisciplinari assoceranno:
• geometri;
• ingegneri;
• architetti.
Individualismo declinante
L’aggregazione in studi professionali rappresenterà una
scelta quasi obbligata anche per i geometri, al fine di
mantenere un ruolo decisivo nel mercato. In una società
in continua evoluzione, soprattutto tecnologica, la figura
del geometra che opera come professionista individuale
sarà progressivamente destinata a ridursi di numero, o
comunque, a coprire segmenti minori di mercato.
La condizione economica e lavorativa della professione
dipenderà dalla capacità dei professionisti di sviluppare
una strategia a lungo termine, che restringa il proprio
campo d’intervento a un set di attività limitate, precise e
specialistiche in cui vi sia scarsa concorrenza.
Valorizzare le vocazioni
Negli studi professionali multidisciplinari, una volta
definito l’ambito essenziale riservato ad ogni professione, si
lavorerà insieme lasciando libero il singolo professionista di
svolgere l’attività per la quale è maggiormente qualificato.
Come già avviene in altri paesi, i gruppi di professionisti,
con diversi saperi e conoscenze, sfrutteranno le varie
competenze e specializzazioni, permettendo ad ogni
collaboratore di svolgere l’attività per la quale ha maggior
vocazione e capacità. Tale organizzazione permetterà di:
• affrontare e risolvere tutte le problematiche riguardanti
l’incarico ricevuto, sollevando l’Utente dalla necessità
di rivolgersi a soggetti diversi per le varie incombenze e
garantendo soluzioni globali e tecnicamente valide;
• fornire alla clientela servizi di alta professionalità e
qualità con costi più contenuti.
Gli studi dei professionisti del settore tenderanno quindi
a mantenere competenze sempre maggiori al proprio
interno. Anziché organizzarsi in base alla differenziazione
dei titoli di studio dei propri componenti, si punterà
soprattutto sulla specializzazione professionale, con corsi
ad hoc, esperienze di lavoro mirate, anche all’estero e
indirizzi specifici della propria attività.
Anomia meridionale
Nel prossimo decennio continuerà anche la tendenza
europea ad incoraggiare un sistema di aggregazione
professionale di vari specialisti. Ciò avrà la conseguenza di
stabilizzare l’impiego dei professionisti, come patrimonio
culturale di continuità degli studi professionali. L’Italia,
invece, in controtendenza, vivrà ancora per parecchio
tempo una situazione di precarietà diffusa per tutte le
professioni.
La tendenza dei geometri ad aggregarsi in studi
professionali sarà maggiore al Nord Italia. Al Sud infatti
prevarrà, come negli altri campi professionali, la tendenza
allo studio individuale, con un professionista titolare e
alcuni collaboratori legati da un rapporto di dipendenza,
ancorché precario.
Filosofia della collaborazione
L’aumentata complessità globale, sia a livello di
committenza che di utenza, contribuirà alla tendenza a
formare associazioni di specialisti che agiscono in modo
multidisciplinare. Tale multidisciplinarietà costituirà una
sorta di attitudine mentale e strategica, una filosofia di
approccio alla risoluzione dei molteplici problemi tecnici,
architettonici e distributivi.
Gli elementi vincenti per coloro che operano nel settore
delle costruzioni saranno quindi l’unione, la collaborazione
Affari di status
La sapienza dei geometri sarà indispensabile per i grandi
studi professionali, grazie al loro radicamento sul territorio,
la loro conoscenza locale delle tecniche, sia costruttive, sia
paesaggistiche.
Tuttavia, poiché la professione di geometra implicherà
attività prevalentemente poco distinte da quelle affini e
complementari, ma con uno status professionale inferiore
e con una limitatezza nelle dimensioni delle costruzioni
e delle opere ambientali, i geometri manterranno una
peculiare propensione a creare studi specialistici, più che a
scegliere la soluzione multidisciplinare.
La scelta fra modello specialistico o multidisciplinare si
porrà comunque in larga misura in termini locali e su base
tecnica. Ciò vuol dire che in diverse situazioni dovranno
essere adottati modelli diversi: in ambiti in cui prevarranno
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
esigenze di competitività, in un’ottica di libera concorrenza
tra professionisti.
Nel rapporto con i professionisti del costruire, i clienti
saranno sempre più informati ed esigenti, facendosi inoltre
affiancare da advisor esperti nelle varie discipline, dalla
finanza al management.
Per il futuro, però, va segnalata la presenza di problemi assai
rilevanti per quanto riguarda i pagamenti, il che comporterà
una difficile gestione della liquidità.
In ogni caso, i geometri svilupperanno maggiormente
le proprie capacità di relazione con la committenza,
focalizzandosi sui requisiti fondamentali richiesti, quali:
• il rigore etico nei comportamenti;
• la formazione professionale costantemente aggiornata;
• la qualità del lavoro.
La leva dell’integrazione
L’evoluzione per i professionisti sarà maggiore nei grandi
centri urbani, poiché in essi sarà indispensabile, a breve
termine, l’aggregazione tra geometri ed altre figure
professionali. La figura del geometra in tali centri sarà
parte, spesso marginale, di grosse strutture; mentre nei
piccoli agglomerati urbani invece tale sviluppo avverrà
più lentamente.
Il geometra “tradizionale” avrà ancora un ruolo
professionale forte nei piccoli centri, poiché in essi il
rapporto tra professionista e committente resterà basato
anche su rapporti sociali ed amicali.
Intermediario indispensabile
Il rapporto con le pubbliche amministrazioni risentirà
molto dell’inflazione di tecnici liberi professionisti, con
la conseguenza di una marginalizzazione del geometra
a vantaggio di ingegneri ed architetti. Ciò soprattutto
perché:
• in Italia il titolo continuerà spesso ad essere confuso
con la competenza;
• a parità di onorario, si risparmierà sull’aliquota
previdenziale, etc.
Tuttavia, il rapporto dei geometri con la P.A. –
estremamente delicato, soprattutto se su lavori a bando,
sia per la discrezionalità delle decisioni e i finanziamenti
pubblici, che per le modalità di aggiudicazione – non vedrà
un’evoluzione negativa.
La presenza del geometra resterà infatti indispensabile
per lo Stato e le amministrazioni, in qualità di operatore
ed intermediario tra il cittadino e l’Amministrazione
Finanziaria, in particolare per gli interventi di carattere
fiscale riguardanti il patrimonio immobiliare (come ad
es., la formazione del catasto immobiliare, la rivalutazione
dei terreni e degli immobili di proprietà delle società,
l’incentivazione dell’uso di fonti di energia alternative, il far
emergere fonti di gettito fiscale con la detrazione d’imposta
spettante per l’intervento di recupero del patrimonio
edilizio, etc.). Le occasioni di intervento in quest’area
aumenteranno ancora nel prossimo futuro.
IL RAPPORTO CON I CLIENTI E IL
MARKETING
Esigenti, ma riottosi a pagare
Il rapporto tra geometra e committenza si amplierà in
maniera consistente nei prossimi anni, più che per la
quantità di clienti, soprattutto nella varietà e particolarità
delle prestazioni professionali richieste. Il rapporto con
i clienti sarà infatti ottimizzato a causa delle maggiori
Un’immagine più sfumata
Il geometra continuerà a godere di una buona immagine
nella società grazie al suo forte radicamento nel territorio.
Il rapporto costante e continuo con la clientela privata
resterà il punto di forza dei professionisti geometri, la
cui figura sarà il punto di riferimento per tutto ciò che
riguarda la proprietà (dalla denuncia di successione al
frazionamento, dalle stime dei beni alla divisione, dalla
esigenze tecniche molto sofisticate (p.es. la domotica, o il
risparmio energetico), le soluzioni specialistiche avranno
maggiori possibilità di attecchire.
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realizzazione del fabbricato all’accatastamento, etc.).
La presenza crescente di manodopera straniera, inoltre,
renderà le conoscenze locali del geometra ancora più
importanti che in passato.
Va però considerato che la vecchia immagine del geometra,
come professionista di fiducia che costruiva la villetta o
sistemava casa, con l’evoluzione del profilo professionale,
sarà rimpiazzata da un’immagine più incerta e sfumata.
Sarà pertanto necessario un progetto che aiuti a ridefinire
tale immagine.
Competenza e lungimiranza
L’immagine della professione dei geometri nella società
evolverà in coerenza con i nuovi contenuti delle competenze.
In tal senso, la solidità dei percorsi scolastici e universitari,
unita alla pratica professionale e all’aggiornamento
continuo, permetteranno al geometra di mantenere le
strette relazioni con il tessuto sociale.
Anche se la figura di geometra non sarà quella di un
professionista tecnologicamente all’avanguardia per la sua
qualificazione professionale, i geometri raccoglieranno
comunque simpatie verso la categoria intercettando
e precorrendo le tendenze e i bisogni della società e
proponendo per primi soluzioni adeguate e di qualità.
Fra conoscenza popolare e pubblicità
Anche se la figura del geometra resterà radicata nella
conoscenza popolare, l’attività del singolo professionista
necessiterà comunque di essere pubblicizzata.
La possibilità di ricorrere alla pubblicità, infatti, fornirà al
geometra un ulteriore strumento di penetrazione capillare
nel mercato.
La pubblicità di tipo informativo sarà consentita per
garantire all’utente la possibilità di scegliere il professionista
ritenuto più idoneo.
Il marketing della sicurezza
Un’evoluzione positiva nel rapporto dei geometri coi
propri clienti, sia pubblici che privati, dipenderà dalla loro
capacità di guadagnarsi la fiducia e una buona reputazione.
I geometri, infatti, visto il citato legame con il territorio,
lavoreranno soprattutto grazie alla propria presenza
riconoscibile e alla propria reputazione.
L’evoluzione sociale imporrà comunque azioni di marketing
specialmente verso gli utenti del web (aziende ed enti), sui
quali saranno concentrate le azioni promozionali. Inoltre,
se verrà approvato il Ddl n. 3493 i geometri tenderanno a
slegarsi dal territorio e quindi ad avere bisogno di curare
il marketing dei propri servizi. Strategie di marketing e
comunicazione saranno dunque maggiormente utilizzate
nei prossimi anni, investendo, in particolare sui temi della
legalità e della sicurezza.
Comunicazione istituzionale
Gli Ordini professionali si impegneranno affinché il
cittadino medio superi la propria rappresentazione del
libero professionista come una figura che, grazie ad una
rendita di posizione e all’iscrizione all’Albo, sfugge alle
regole di mercato per guadagnare più del dovuto.
Inoltre, per incentivare i giovani nell’intraprendere
la carriera professionale del geometra si punterà su
un maggiore contatto degli Ordini dei Geometri con
il sistema dell’istruzione, per favorire una maggiore
comprensione, da parte dei giovani e delle famiglie, delle
potenzialità occupazionali di questa professione.
3. FORMAZIONE E COMPETENZE
ISTRUZIONE E FORMAZIONE DEI GEOMETRI
Due nodi da sciogliere
L’evoluzione del sistema dell’istruzione risentirà di due
fattori:
• l’approvazione, o meno, del Ddl n. 3493, poiché, in
caso di approvazione, si rafforzerà e arricchirà il percorso
dei geometri sul versante della cultura estetica, storica e
umanistica in generale;
• il superamento, o meno, del sistema degli Ordini, a favore
di un sistema basato sull’associazionismo professionale,
poiché, in caso di superamento degli Ordini, i geometri
intensificheranno l’attività associativa, curando fra l’altro
l’aggiornamento continuo all’interno della professione.
Crisi di crescita
Nei prossimi anni si verificheranno evoluzioni nella
struttura e nei contenuti dell’istruzione per il Geometra (già
regolamentata dal recente riordino degli Istituti Tecnici, con
l’obiettivo di far acquisire agli studenti i saperi necessari per un
rapido inserimento nel mondo del lavoro e della formazione
superiore).
Tenendo conto della recente cancellazione del titolo scolastico
di Geometra da parte della “riforma Gelmini” e l’incertezza
dell’evoluzione normativa che interesserà la categoria, nel
prossimo futuro sarà necessaria una forte promozione (nelle
scuole, nelle famiglie e nella società) per evitare un declino
della professione.
I geometri laureati disporranno però di un patrimonio
professionale eccedente i modesti limiti delle competenze
attribuite ai geometri dal remoto ordinamento, oggi in vigore.
Questo rappresenterà una spinta per un’evoluzione sostanziale
dell’ordinamento stesso.
Il patrimonio di competenze dei geometri subirà un ulteriore
arricchimento, sia quantitativo, sia qualitativo.
Un sistema più adattivo
La formazione di base avverrà nell’Istituto Tecnico, che
prevederà lo studio delle materie tecniche fondamento
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dell’istruzione del Geometra. Lo studio tecnico sarà
affiancato da:
• un approfondimento maggiore delle materie
umanistiche;
• lo studio delle lingue straniere.
Successivamente si frequenteranno i corsi di laurea e/o corsi
di specializzazione equivalenti (ITS). I percorsi scolastici
saranno accompagnati da un periodo di addestramento
e di pratica professionale, che vedrà i geometri più
esperti affiancare all’attività professionale un impegno di
docenza pratica. Dopo aver superato l’esame di Stato ed
aver ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione,
il Tecnico dovrà seguire un percorso di formazione
continua obbligatoria che accompagnerà tutta la sua vita
professionale.
La forte autonomia delle scuole nella definizione dei
programmi, crescente negli ultimi anni del corso di studi,
favorirà l’adattamento dei programmi stessi alle forti
specificità locali che la professione di Geometra porta con
sé, adattando la preparazione dei giovani alla domanda del
territorio. Questo consentirà, fra l’altro, di anticipare, nella
formazione dei giovani, gli elementi di specializzazione
che ne consentiranno una maggiore occupabilità, evitando
che debbano dilazionare troppo l’entrata nel mercato del
lavoro (già oggi più tardiva che in altri paesi europei, che
prevedono corsi di studi più brevi).
e un’attenzione particolare a tutti gli aspetti formativi,
sia a livello scolastico, sia nell’aggiornamento continuo e
qualitativo. Questo, infatti:
• restituirà ai professionisti del costruire un ruolo
centrale di riferimento;
• farà superare la logica di mercato degli ultimi anni,
impostata sulla concorrenza a scapito della qualità.
Per il Geometra, dunque, il titolo di studio costituirà solo
una delle premesse della professione che sarà, sempre più
spesso, diversificata e adattata alla specifica occasione di
lavoro. Rispetto al passato saranno pertanto necessarie
una maggiore formazione di base post-istituzionale e una
maggiore flessibilità.
Mismatch in riduzione
Proseguirà nei prossimi anni l’effetto “mismatch”, ossia la
diversa velocità tra il sistema della formazione e il sistema
della produzione. Il sistema dell’istruzione, che dovrà
fornire nuovi geometri al nostro sistema economico, sarà
però capace nei prossimi anni di proporre via via percorsi
più sincronizzati con la velocità del mercato del lavoro e
dell’ingresso delle nuove conoscenze.
L’allungamento del percorso di formazione dei geometri
(che include un triennio post-secondario), operato
dall’adeguamento del nostro ordinamento alle direttive
europee, consentirà di preparare delle figure di Geometra
più adeguate all’evoluzione delle condizioni lavorative,
economiche e tecnologiche in cui la professione dovrà
operare. L’attuazione della riforma del sistema di scuola
secondario garantirà infatti:
• un elevato standard di preparazione dei giovani;
• la possibilità per essi di scegliere efficacemente il
proprio futuro tra la possibilità di avviarsi al mondo
del lavoro, la prosecuzione con corsi post-diploma,
Istituti Tecnici Superiori o tirocini o l’iscrizione
all’università per il conseguimento della laurea.
Rafforzamento professionale
Un elemento imprescindibile per il rafforzamento del
ruolo dei professionisti del costruire sarà la formazione
Creatività e affidabilità
Nel prossimo decennio, il successo professionale del
Geometra, analogamente ad altre professioni, sarà
legato al contributo creativo di ciascun professionista
nell’elaborazione di idee e progetti innovativi.
Resterà comunque una larga parte di professionisti poco
creativa o meramente esecutiva di progetti innovativi
altrui. Una parte consistente, e innovativa, di professionisti
avrà forti competenze ecologiche.
In un contesto di scelte avanzate di tipo tecnologico e con
standard tipologici e architettonici accettabili, tra le qualità
dei professionisti risulteranno premiati:
• il carattere tecnico-operativo e la pragmaticità;
• l’affidabilità.
Apprendimento continuo
I nuovi ordinamenti prescriveranno che, terminato il
corso di studi comprendenti la pratica professionale e
ottenuto il titolo abilitativo all’esercizio della professione,
l’iscritto dovrà continuare a frequentare corsi obbligatori
di formazione, di specializzazione e di aggiornamento per
mantenere ed accrescere competenze e capacità pratiche.
L’aggiornamento professionale dei geometri verrà
promosso dagli eventi formativi proposti dai Collegi locali
dei Geometri, assicurando alla categoria condizioni di
apprendimento permanente e miglioramento della qualità
delle prestazioni.
Tuttologia in declino
Affinché i geometri rimangano figure importanti nel
complesso sistema professionale italiano, il loro processo
formativo si aggiornerà seguendo la tendenza del mercato
nazionale ed europeo nel medio e lungo termine. A
tal proposito, si abbandonerà la scia tradizionale del
“tuttologismo” (sapere poco su molti campi), selezionando
settori specialistici che diventino la prerogativa professionale
esclusiva del Geometra per i prossimi anni. In tal modo,
la figura del Geometra sarà liberata dalle classiche critiche
di competitività con le altre professioni complementari
(Periti, Architetti e Ingegneri).
I geometri aumenteranno il grado di formazione
universitaria, mentre verrà lasciata all’addestramento
e alla pratica la preparazione più tecnica, relativa alla
progettazione ed esecuzione dei lavori. Infatti, resterà
di fondamentale importanza l’esperienza pratica e
l’addestramento sul campo per mettere in pratica ciò che si
è imparato, grazie all’affiancamento di geometri esperti.
Un menu sempre più ricco
Il geometra che uscirà della formazione istituzionale avrà
un profilo di competenze molto più ampio e differenziato
di quello tradizionale (rinforzato sui versanti del diritto
delle costruzioni, dei materiali, degli strumenti tecnologici,
informatici, ma anche specifici delle costruzioni, etc.).
La riqualificazione professionale si adeguerà alla richiesta
di nuova e maggiore qualità delle prestazioni energetiche
e ambientali dell’edilizia; saranno quindi indispensabili
competenze relative a:
• l’analisi e le diagnosi energetiche degli edifici;
• la conoscenza di materiali e tecniche di isolamento
e costruttive ad alta efficienza energetica, per il
raffrescamento passivo;
• la capacità di integrazione negli edifici della produzione
di energia rinnovabile;
• la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione
(classificazione di rifiuti pericolosi e non, criteri
per i rifiuti inerti, distinzione fra rifiuti e materiali
riutilizzabili, condizioni di riutilizzo, terre e rocce da
scavo, etc.);
• l’impiego di tecniche e materiali della bioedilizia;
• una maggiore attenzione per il contesto urbano e
territoriale.
LA BASE CULTURALE DEI GEOMETRI
Più consapevoli, più superficiali
La cultura generale e di base verrà rafforzata in tutti i
percorsi di studi tecnici;
• si punterà, ad esempio, sul rafforzamento della
capacità di lettura di testi continui (un documento) e
discontinui (una tabella);
• si rafforzerà la consapevolezza della tecnologia (in
termini di connessione fra scienza e tecnologia, ma
anche di impatto ambientale dell’innovazione).
Va considerato, inoltre, che la proliferazione di Internet,
con la maggiore accessibilità ad un’enorme quantità di
informazione, produrrà tra i giovani una cultura generale
maggiore, ma superficiale.
Il rischio dello specialismo
Tutte le figure professionali, incluse quelle legate al
mondo delle costruzioni, si interrogheranno sui valori
effettivi della cultura, sia generale che specifica, e sui
mezzi da usare per beneficiarne.
Nei prossimi anni si cercherà di evitare il più possibile
l’eccessiva frammentazione in “specialismi”: sarà,
infatti, limitante sapere molto del proprio settore e
poco sull’insieme, le interdipendenze e ciò che riguarda
i grandi temi della nostra società. Ciò varrà soprattutto
per coloro che si occuperanno di costruzioni, settore
con importanti implicazioni sociali e ambientali, oltre a
quelle strettamente funzionali.
I professionisti del costruire aggiungeranno alle competenze
tecniche in maggior misura quelle umanistiche, per
potersi adeguatamente confrontare con i nuovi valori
culturali della società (come ad es., la bellezza estetica, la
dimensione ecologica, la sicurezza, etc.).
Cultura invisibile
Ai professionisti del costruire sarà richiesta sempre più
una base di cultura:
• umanistica, ugualmente ad altre professioni contigue
(Architetti e Ingegneri);
• estetica e storica, ai fini delle costruzioni, specie se
di valore artistico, ed in particolare, del restauro di
costruzioni storiche.
Il percorso formativo dei geometri, in particolare, si
arricchirà anche di conoscenze riguardanti:
• la storia dell’arte;
• l’architettura;
• il paesaggio e la vegetazione.
Per la professione del Geometra – che nel campo delle
costruzioni e dell’ambiente assumerà anche il ruolo di
figura direttiva dei lavori e di garante della legalità delle
procedure – sarà considerata estremamente utile una base
di cultura storica e giuridica.
Nel prossimo futuro, comunque, il geometra sarà
difficilmente identificato con la cultura estetica, nella
quale peraltro anche gli ingegneri saranno incapaci di
inserirsi.
Inadeguatezza scolastica
I programmi di studio scolastici continueranno ad essere
incapaci di fornire conoscenze apprezzabili relativamente
alla cultura estetica, storica e in generale umanistica. Tale
carenza influirà sull’immagine e sulla concezione sociale
del ruolo del Geometra.
Verranno quindi proposti percorsi formativi adeguati
nell’ambito
della
formazione
post-istituzionale
obbligatoria, la fruizione dei quali, peraltro, sarà legata
alla propensione del singolo.
Ruolo educativo
La professionalità del Geometra tenderà al bello, all’armonia
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con la natura, al rispetto dei valori monumentali ed
architettonici che ci sono stati tramandati e avrà quindi
bisogno di arricchirsi di sensibilità estetica e solide basi
culturali storiche ed umanistiche.
Il professionista avrà anche un ruolo educativo, per
promuovere al cliente, con argomentazioni convincenti, la
ricerca del bello in interventi più rispettosi e culturalmente
validi, al di là del mero aspetto economico.
Legati al “genius loci”
Oltre alla cultura estetica e storica sarà indispensabile una
maggiore conoscenza dei materiali da utilizzare e delle
tecniche di costruzione, per evitare che, in nome di una
certa libertà di progettazione, si vada contro i principi di
buon senso.
Il rafforzamento delle competenze storiche sarà di
particolare importanza nei geometri, poiché essi
interverranno costantemente in ambienti che hanno un
“sedimento” storico molto rilevante, con cui è necessario
saper dialogare efficacemente. Per ottenere questo
risultato si dovrà evitare una semplice giustapposizione
delle materie storiche a quelle tecniche, ma si dovrà fare
della storia stessa una materia tecnica, integrata nel corso
di studi.
La cultura storica più importante per i geometri sarà
34
quindi quella legata al territorio, al “genius loci” (in
particolare, le caratteristiche costruttive e ambientali).
I CONFINI FRA LA PROFESSIONE DEL
GEOMETRA E LE ALTRE
Saperi frammentati, solide gerarchie
La sempre maggiore complessità della società porterà
ad un’inevitabile richiesta di cambiamenti strategici da
parte di tutte le forze produttive, incluse quelle legate al
mondo delle costruzioni.
In concomitanza con l’accrescimento generalizzato di
conoscenze e di competenze, nel campo professionale
dell’edilizia si assisterà a una maggiore frammentazione
dei saperi. Ciò si accompagnerà a un consolidamento
delle gerarchie professionali, in funzione:
• delle gerarchie disciplinari;
• dei settori e dei territori nei quali svolgeranno la loro
attività.
Bisogni forti, aspre contese
La stasi economica del Paese, investendo anche il settore
professionale dell’edilizia, inasprirà il dibattito tra tecnici
laureati e tecnici diplomati sulle competenze nella
progettazione. Le maggiori difficoltà del rapporto con
le altre professioni complementari, come gli architetti e
gli ingegneri, si manifesteranno nelle attività canoniche
dell’edificazione. In tale contesto, infatti, i geometri
rivestiranno un ruolo di “cerniera” tra gli ingegneri o
architetti ed i committenti, sia pubblici che privati.
Il mercato spingerà la figura del Geometra a limitare i
campi di attività a nicchie specialistiche, trasformandosi
da “tuttologo” a specialista: invece di saper fare poco su
molti campi, farà molto su pochi campi specialistici.
Lo stesso fenomeno investirà nei prossimi anni gli
ingegneri.
Spazi contesi
I laureati continueranno a risentire maggiormente della
congiuntura negativa, rispetto ai geometri, meno esposti
poiché assai più radicati sul mercato per l’ampio ventaglio
di competenze tradizionali legate alla proprietà ed al
territorio, alla sua trasformazione ed alla sua tutela.
I confini tra le altre professioni e la professionalità
del Geometra dipenderanno dalla qualificazione
che assumerà quest’ultima, arricchendosi di altre
competenze e occupando nuovi spazi, a scapito delle
altre professioni.
Si affermerà progressivamente il principio del “chi sa e
sa fare”, che si sovrapporrà al titolo di studio e detterà il
criterio di scelta del mercato.
Invasioni di campo
Il Geometra manterrà quindi, nei prossimi anni, una
sua forte individualità professionale, attaccata però dagli
ingegneri junior e dagli architetti, che continueranno
ad aumentare di numero e per questo tenderanno ad
allungare la propria catena del valore, occupandosi
anche di fasi del processo produttivo tradizionalmente
appannaggio dei geometri (come ad es., procedure
amministrative, rilievi, stime, etc.).
In assenza di un aggiornamento dei regolamenti sulle
competenze, la committenza si indirizzerà sempre più
verso ingegneri ed architetti.
Ambiente favorevole
Nei prossimi anni, rispetto alle altre professioni
complementari, i geometri svilupperanno un maggior
ruolo in campo ambientale. Tale settore, infatti, vedrà nel
Geometra una figura di riferimento istituzionale e sociale
(così come avvenuto per la sicurezza nei cantieri).
Nel campo delle costruzioni e ristrutturazioni, sia nella
direzione dei cantieri, sia nella progettazione dei piccoli
interventi, il Geometra lavorerà a stretto contatto con
tecnici dell’energia e dell’impiantistica per l’efficienza e
il risparmio energetico: dovrà pertanto essere in grado
di dialogare con queste figure e di allargare le proprie
competenze.
I geometri troveranno spazio in diverse attività ambientali
in sviluppo:
• progettazione e realizzazione di numerosi piccoli
impianti solari, integrati nelle costruzioni o a terra;
• progettazione e realizzazione di impianti eolici, a
biomasse o mini-idroelettrici;
• migliorie, riparazioni e ristrutturazioni delle reti
acquedottistiche, fognature e sistemi depurativi delle
acque reflue;
• interventi di manutenzione ordinaria (ad es., di
sistemazione della rete idrografica, di sponde, di aree
di espansione delle piene, di consolidamenti, etc.) a
causa dei rischi di dissesto idrogeologico.
Percorso classico
La regolamentazione dei confini tra i geometri e le
professioni complementari sarà duplice:
• da un lato, si seguiranno i percorsi classici delle libere
professioni, che derivano dalla presenza di un Ordine
professionale, che si fa carico di legittimare lo status
della professione e di definire i confini con le altre
professioni;
• dall’altro, si seguiranno le linee direttive europee, che
invitano ad evitare di costituire Ordini professionali,
proponendo il modello anglosassone delle Associazioni
e della liberalizzazione del mercato, lasciando che a
definire la competenza siano le forze di mercato, il
merito e la reputazione.
Fra le due strade, in Italia, la regolamentazione
prevalente resterà comunque quella di iscriversi all’Albo
professionale.
Contenere il contenzioso
La regolazione dei confini tra il Geometra e le altre
professioni dipenderà dall’approvazione, o meno, della
riforma delle professioni, che costituirà la base per la
definizione di competenze certe e per puntare alla riduzione
delle possibilità di sconfinamenti e di contenzioso.
Superati il concetto di modesta costruzione, come
da ordinamento del 1929, e i vani tentativi passati
(volumi, numero dei piani fuori terra, etc.), si punterà
sulla determinazione di confini tramite nuovi criteri
di definizione delle costruzioni e strutture semplici o
standardizzate definendo nuovi limiti di competenza in
materia di costruzioni civili.
L’ingegnere tecnico
La regolazione dei confini delle competenze del Geometra
si porrà, nel prossimo futuro, in termini di definizione
precisa dell’apporto di professionalità richiesto da una
specifica situazione tecnica (e quindi considerando,
ad esempio, gli aspetti di sostenibilità ambientale, di
35
ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
consumo energetico, di rischio sismico o di altro genere,
etc.), anziché semplicemente in base alla dimensione più
o meno limitata del manufatto su cui si interviene.
La riforma della professione riconoscerà ai geometri
competenze corrispondenti al loro patrimonio
professionale (quale risulta dalla già avvenuta riforma
dell’ordinamento degli studi e dalle iniziative di
formazione). Effetto di tale riconoscimento sarà quello di
aumentare la sovrapponibilità dell’attività dei geometri a
quella delle professioni contigue.
Nel corso del decennio a seguito delle riforme del sistema
delle professioni, la professione “geometra” cambierà
identità ed assumerà il nome di “ingegnere tecnico” o
“tecnico esperto”.
Autoregolazione necessaria
Il permanere della situazione di confusione fra le
professioni del costruire continuerà a danneggiare tutti e
provocare conflitti.
Se il Ddl n. 3493 diverrà legge i geometri diverranno dei
“quasi-architetti”, cui però mancheranno le competenze
di tipo estetico. Se il Ddl n. 3493 resterà privo di
approvazione, invece, resteranno le attuali sovrapposizioni
parziali fra le competenze dei professionisti del costruire.
In assenza di un intervento normativo, il settore delle
costruzioni vedrà in continuo conflitto le diverse
professioni correlate; conflitto che vedrà il Geometra
sempre più in difficoltà per le pronunce giurisprudenziali
maggiormente sfavorevoli. Tale rapporto conflittuale
cambierà soprattutto attraverso il confronto tra i vertici
delle categorie.
Tra conflitto e cooperazione
Ingegneri e geometri acquisiranno, da qui al 2020, una
maggiore consapevolezza della necessità di lavorare
insieme in maniera complementare.
Proseguirà nei prossimi anni una concreta cooperazione
tra le professioni, in vista dell’esigenza di arrivare alla
definizione, concordata con il legislatore, di un testo di
riforma delle professioni stesse. Nonostante il persistente
conflitto tra le competenze nel settore edilizio e ambientale,
dunque, il rapporto tra geometri e le professioni
complementari migliorerà nel prossimo futuro.
Nel quadro di una maggiore cooperazione tra le diverse
professioni, i geometri occuperanno comunque i segmenti
più bassi nella gerarchia delle professioni ingegneristiche.
L’INFLUENZA DELLE NUOVE TECNOLOGIE
Più tempo per la creatività
L’influenza delle nuove tecnologie informatiche continuerà
a crescere nei prossimi anni, rendendo sempre più efficiente
il lavoro del Geometra, snellendo moltissimi aspetti (si
36
pensi ad es., all’elaborazione grafica della progettazione
di ogni tipo con l’utilizzo di CAD, agli atti catastali di
dichiarazione e di variazione con programmi ministeriali,
alla stesura di perizie e stime, etc.). Questo consentirà un
deciso ridimensionamento degli spostamenti necessari,
con risparmio di tempo e costi, anche per il cliente.
L’impiego degli strumenti informatici e telematici
favorirà, per il professionista individuale, la possibilità
di realizzare collaborazioni a distanza, anche in forma di
telelavoro, sia con altri professionisti che con dipendenti
di studi professionali. L’agevolazione risultante permetterà
ai professionisti di dedicare maggior tempo ad attività
creative. Anche ai geometri, che si ritroveranno liberati
di tutte le parti più ripetitive e semplici del loro lavoro,
l’innovazione tecnologica consentirà una più accentuata
intellettualizzazione del lavoro.
Occhi virtuali e occhi reali
I rilievi topografici, già eseguiti con strumentazione di
alta precisione e con l’utilizzo della navigazione satellitare,
si avvarranno di tecnologie di più alta definizione con
immediata elaborazione informatica sul luogo stesso del
rilievo.
Grazie alle nuove tecnologie, si affermerà fra i geometri la
tendenza a unire al valore tecnico delle soluzioni la qualità
estetica o “design” dell’elaborazione e del costruito.
Pur con l’intenso ricorso agli strumenti tecnologici più
innovativi, resterà insostituibile l’utilizzo dello strumento
principe del geometra: l’occhio umano allenato, usato sul
campo, capace di riconoscere l’armonia al di là di qualsiasi
rendering.
La sfida della visibilità
La possibilità tecnologica di operare ovunque attraverso
il web, senza bisogno della contiguità fisica, spingerà i
professionisti a raggiungere la “eccellenza” in ristretti
indirizzi nell’ambito dell’ampio ventaglio dei settori di
competenza.
I professionisti del settore saranno maggiormente capaci
di utilizzare le nuove tecnologie dell’informazione:
• sia per supportare le attività di progettazione e di
esecuzione dei lavori;
• sia per rendere visibile la propria competenza ad un
pubblico composto da potenziali committenti.
Dal territorio alla rete
Nel 2020 i geometri cattureranno dunque una quota
significativa della propria utenza online. Tuttavia, anche
alla fine del decennio, i contatti del Geometra con la
propria utenza continueranno ad aver bisogno di far
ricorso agli strumenti tradizionali (il “faccia a faccia”).
I geometri, per beneficiare sempre più dei servizi offerti
dalle nuove tecnologie dovranno sapersi presentare
adeguatamente sulla rete alle aziende, alle amministrazioni
e a quanti avranno bisogno delle loro prestazioni. La
tendenza, già in atto, ad utilizzare la rete per cercare
servizi forniti da professionisti continuerà infatti a
crescere: anche se accompagnata da un contatto personale
o telefonico, la ricerca di una conferma in rete sarà sempre
più frequente.
Professionisti navigati
Al pari delle altre professioni, anche quella del Geometra,
per essere concorrenziale, dovrà diventare sempre più
“fluente” nel settore dell’IT.
Lo stravolgimento delle professioni tecniche e la radicale
modifica dei metodi di lavoro a causa dell’innovazione
tecnologica, comporterà la necessità di continui ed evoluti
aggiornamenti professionali, anche per adattarsi all’uso di
modernissime attrezzature.
L’innovazione tecnologica richiederà agli esperti del
settore maggiori capacità relative a:
• un’adeguata presentazione sul proprio sito web;
• l’utilizzo di programmi avanzati di elaborazione dati
e informazioni, di disegno e di progettazione.
NOTA SULL’INDAGINE
La metodologia
Lo scenario previsionale “Euclide 2020. I geometri
nel futuro” è stato ottenuto attraverso una variante del
metodo Delphi. Caratteristica peculiare del metodo è la
consultazione, rigorosamente separata ed anonima, di un
gruppo di esperti al fine di ricavare previsioni basate sulla
convergenza delle opinioni circa il futuro dei problemi o
fenomeni considerati. Per questo progetto è stata adottata
una procedura di consultazione in due stadi di un gruppo
interdisciplinare di otto esperti.
Le fasi della consultazione
Nella prima fase, ogni esperto ha prodotto in modo libero
alcune previsioni relative ai singoli ambiti di indagine,
a partire da domande aperte e sulla base delle proprie
competenze scientifiche e professionali. Le risposte a
questo primo questionario sono state arricchite dalle
opinioni di alcuni membri del Consiglio Nazionale
dei Geometri: Giuseppe Foresto, Marco Nardini, Ezio
Piantedosi, Enrico Rispoli.
Nella seconda fase, le previsioni di base sono state elaborate,
tradotte in nuclei previsionali (items) e sottoposte al
giudizio degli otto esperti. Ognuno di loro ha così avuto
la possibilità di analizzare e valutare le opinioni degli altri,
potendo eventualmente riconsiderare e modificare anche
le proprie posizioni iniziali. Il costrutto previsionale ha
potuto così utilizzare appieno le potenzialità di un vero
e proprio “confronto di gruppo”, arricchito dai diversi
punti di vista e dalle diverse competenze, reso dialettico
dai successivi stadi di interrogazione, nel rispetto della
specificità di ciascun contributo.
L’indagine “Euclide 2020. I geometri nel futuro” ha avuto
inizio nel mese di aprile del 2011 e si è conclusa nel mese
di giugno dello stesso anno.
Le dimensioni indagate
L’indagine previsionale “Euclide 2020. I geometri
nel futuro” ha focalizzato l’attenzione sulle seguenti
dimensioni:
• l’influenza dell’evoluzione sociale;
• le tendenze economiche;
• l’urbanistica, il territorio e la demografia;
• l’influenza delle politiche pubbliche;
• l’evoluzione degli Ordini e degli studi
• professionali;
• le vecchie e le nuove attività lavorative;
• il rapporto con i clienti e con il marketing;
• l’istruzione, la formazione e la base di cultura utile;
• il rapporto fra i geometri e le professioni
• complementari;
• l’influenza dell’innovazione tecnologica.
La composizione del panel
Per la composizione del panel, la seguente indagine si è
avvalsa della collaborazione di un gruppo qualificato di
esperti diversi tra loro per disciplina e per collocazione
scientifico culturale. In considerazione dell’obiettivo
generale dell’indagine – la costruzione di uno scenario
macro per i prossimi nove anni – si è preferito non
privilegiare un solo punto di vista, bensì favorire un
“dibattito interdisciplinare” sul futuro.
Il mosaico previsionale è stato così composto con
l’apporto di esperti di provenienza, formazione e profilo
professionale estremamente eterogeneo, allo scopo di
ottenere una visione globale di quello che sarà il futuro
della professione del geometra in Italia nei prossimi nove
anni.
Gli otto esperti consultati sono stati: Giovanni Cutolo,
Gabriele Del Mese, Michele De Luca, Mirella Giannini,
Marco Magnifico, Maria Grazia Nardiello, Giuseppe
Roma, Edoardo Ronchi.
Di seguito sono riportate brevi note biografiche di ognuno
di essi.
GLI ESPERTI
Giovanni Cutolo
Laureato in Economia e Commercio, ha iniziato a
occuparsi di design nel 1971 collaborando con Artemide e
poi con Luceplan, Bulthaup, Vitra e altri.
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ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Attualmente è Presidente della Santa & Cole Italia; dal
2008 è Vice Presidente dell’ADI – Associazione per il
Disegno Industriale e Presidente della Fondazione ADI
Collezione Compasso d’Oro. Per quindici anni è stato
professore incaricato presso la Facoltà del Design del
Politecnico di Milano. Pubblicista, ha fondato i mensili
“MODO” (1976) e “GAPcasa” (1978), collaborando con
numerose riviste di design, arredamento e architettura.
Ha vissuto molti anni nel Sud Est Asiatico e in Brasile
dove ha tradotto in portoghese “Opera Aperta” di
Umberto Eco (Perspectiva 1968) e dal brasiliano
“Memorie Sentimentali di Giovanni Miramare” di
Oswald De Andrade (Feltrinelli 1970). Ha scritto e
pubblicato “L’Edonista Virtuoso” (Lybra 1989), “L’Altra
Faccia del Design” (Lybra 1999), “Cucina.come” (Lybra
2001) e “Lusso & Design” (Abitare 2003).
presso la sezione lavoro; Presidente della commissione
bicamerale sulla previdenza (estensore di numerose
relazioni su temi diversi di sicurezza sociale, raccolte in
un volume edito da Camera e Senato); Presidente della
Commissione per il contenzioso (organo di autodichia
del Senato); presentatore di molti disegni di legge, come
primo firmatario.
Dal 1980 professore a contratto presso diverse Università
(Roma, Parma, Modena-Reggio Emilia, Perugia,
Macerata) in materia di lavoro e sicurezza sociale, anche
sovranazionale e regionale.
Autore di monografie, saggi e contributi numerosi
(ospitati da primarie riviste giuridiche) e di relazioni a
convegni (organizzati da Università e da altre istituzioni
culturali), parimenti, in materia di lavoro e sicurezza
sociale, anche sovranazionale e regionale.
Gabriele Del Mese
Laureato in Ingegneria Civile Edile all’Università di
Padova, dopo un breve periodo di attività professionale
in Italia, entrò nei gruppi di Building Engineering
nello Studio Internazionale di Ingegneria Ove Arup
& Partners, Londra, nel 1973, iniziando una proficua
attività di progettazione internazionale come Direttore
dell’Arup Group e Fondatore di Arup Italia nel 2000.
Nella sua carriera internazionale è stato a capo di diversi
team multidisciplinari con responsabilità sia per la
progettazione che la costruzione di un gran numero di
edifici vari e complessi, sia nel Regno Unito che in altri
paesi esteri (Spagna, Germania, Libia, Iran, Iraq, Kuwait,
Abu Dhabi, Arabia Saudita, Hong Kong, Filippine). Fra
tali progetti sono inclusi interventi urbani di grandi
dimensioni, ospedali, stazioni, teatri, università, stadi ed
impianti sportivi, grandi interventi per uffici ed edifici
industriali.
Alcuni dei progetti di cui è stato responsabile sono stati
pubblicati su diverse riviste del settore.
Tiene regolarmente cicli di conferenze e lezioni in
vari Paesi ed è un fautore entusiasta dell’approccio
multidisciplinare alla progettazione.
In Ottobre 2004 è stato insignito della Medaglia d’oro di
Cittadino Illustre dalla città di Salerno.
Nel Giugno 2009 gli è stata conferita la Laurea Magistralis
ad Honorem in Ingegneria Edile-Architettura dal
Politecnico di Milano.
Mirella Giannini
Insegna Sociologia dei processi economici e del lavoro
presso la Facoltà di Sociologia dell’Università “Federico
II” di Napoli; afferisce al Dipartimento di Sociologia ed è
membro del Collegio dei docenti della Scuola di Dottorato
in Sociologia e Ricerca sociale, presso la stessa università.
All’estero, è stata Professeur Associé all’Università Paris
X Nanterre; Professeur Associé alla Maison des Science
de l’Homme – Paris; Chercheur Associé nell’Unité de
Recherche T&M - Paris X Nanterrre; Visiting Professor
alle Università di Berkley, San Francisco, Riverside
(California) e Queensland in Brisbane (Australia).
Fa parte del Comitato Scientifico della Fondazione
“G.Brodolini”, del Comitato Editoriale della Rivista
“Economia&Lavoro”, ed è Peer Reviewer per l’Editore
Dedalo di Bari. Membro dell’Editorial Board della
Rivista “Knowledge, Work & Society/ Savoir, Travail et
Societé”, L’Harmattan-Paris, e del Research Committee
52 “Sociology of Professional Groups” dell’International
Sociological Association. Membro Esperto del Comitato
Nazionale di Parità e delle Pari Opportunità presso il
Ministero del Lavoro. Ha inoltre collaborato nelle attività
di ricerca di diversi Enti pubblici (Isfol, Cnel, etc.).
La sua prevalente area di ricerca riguarda il mercato delle
occupazioni e delle professioni, soprattutto in un’ottica
di genere. Su questi temi conta numerose pubblicazioni
in italiano, inglese, francese e spagnolo.
Michele De Luca
Magistrato dal 1963 e giudice del lavoro dal 1973 presso
la pretura di Parma (fino al 1983) e, successivamente,
presso la Corte suprema di cassazione come Presidente
titolare della sezione lavoro. Dal 1994 al 2001 (XII e XIII
legislatura), Senatore della Repubblica: capogruppo DS
38
Marco Magnifico
Laureato in lettere con indirizzo Storico Artistico
all’Università di Pavia, si è quindi specializzato in Storia
dell’Arte presso l’Università di Firenze vincendo, in
seguito, una borsa di studio di un anno presso la fiorentina
Fondazione “Roberto Longhi”. Per quasi quattro anni ha
lavorato, in qualità di esperto di dipinti antichi, alla casa
d’aste inglese “Sotheby’s”, prima presso la sede di Londra
e successivamente in Italia.
Ha partecipato, come membro del Comitato Scientifico,
a numerose mostre d’arte antica, curandone in parte
i cataloghi; per il FAI ha organizzato nel 1987 la grande
mostra “Vedute Italiane del ‘700 in collezioni private
italiane” (Venezia - Museo S. Apollonia; Milano - Palazzo
Reale) curando i settori veneto e romano del catalogo critico.
Nei primi anni ‘80 ha redatto alcune voci del Catalogo
Generale dei Dipinti della Pinacoteca di Brera, curato da
Federico Zeri ed edito da Electa.
È co-autore delle principali pubblicazioni del FAI, tra le
quali “Il Libro del FAI”, che illustra e descrive in dettaglio le
proprietà della Fondazione, narrandone la rispettiva storia.
Da gennaio 2010 Vice Presidente Esecutivo del FAI e
responsabile delle relazioni culturali con il Ministero per
i Beni e le Attività Culturali, enti, associazioni private e
pubbliche, italiane e straniere, dei restauri e conservazione
degli oggetti mobili e delle collezioni di proprietà della
Fondazione, dell’attività editoriale, delle istruttorie per
le proposte di acquisizione rivolte alla Fondazione e della
comunicazione istituzionale.
Maria Grazia Nardiello
Laurea con lode in lettere moderne presso l’Università “La
Sapienza” di Roma; Scuola di Perfezionamento in Scienze
amministrative all’Università di Bologna; Scuola superiore
della Pubblica Amministrazione di Roma.
Ha lavorato dal 1973 al 1996 presso la direzione generale
per l’istruzione tecnica del Ministero della Pubblica
Istruzione. Negli anni 1996/98 ha svolto l’incarico di
Capo dell’Ufficio Studi e Programmazione. In relazione
ai risultati conseguiti, il 27 dicembre 1999, il Presidente
della Repubblica le ha conferito l’onorificenza di Grande
Ufficiale della Repubblica. Dal 2001 al 2010, ha svolto
l’incarico di Direttore Generale.
Nel corso della sua carriera dirigenziale, ha collaborato alla
redazione di documenti programmatici del Governo, nonché
alla redazione di proposte di legge e atti regolamentari in
collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche
sociali e, più recentemente, con il Ministero dello Sviluppo
economico; ha svolto numerosi incarichi di rappresentanza
del ministro e dei sottosegretari di Stato, anche in sedi
internazionali. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste
nazionali, comunitarie e regionali in tema di istruzione,
formazione e lavoro.
Attualmente, svolge l’incarico di consigliere onorario del
MIUR per l’analisi e lo studio delle tematiche giuridiche
relative allo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica e
professionale, anche a livello terziario, all’istruzione degli
adulti ed in materia di alternanza scuola-lavoro e di politiche
attive del lavoro.
Giuseppe Roma
Direttore Generale della Fondazione Censis dal 1993;
Segretario generale dell’Associazione per le Città
Italiane RUR (Rete Urbana delle Rappresentanze) dal
1989. Dal 1997 docente di “Urban Management”
presso l’Università Roma 3 e dal 2006, componente del
Forum Strategico del Ministero degli Esteri Italiano.
Ha insegnato presso l’Università “La Sapienza” di
Roma (1989-1991), ha tenuto corsi con la Columbia
University di New York (1979-1980) ed è stato visiting
fellow presso DTU – Delft University of Technology Olanda (1978).
È Presidente di Censis Servizi SpA (dal 2009),
Amministratore delegato di Novella SpA (dal 1993),
consigliere della Fondazione Courmayeur (dal 1996).
Membro del Comitato Scientifico delle “Città Slow
International” e del consiglio direttivo dell’Ancsa
(Associazione Nazionale Centri Storici Artistici) dal
2005.
È stato, fra l’altro, Presidente di Vela SpA – Società per
ticketing e marketing di Venezia e laguna (2001-2007)
e Vice Presidente di Fiera Roma SpA – Investimenti
Spa (2007-2010).
Collabora con “Il Corriere della Sera” e “Il Sole 24
ore”. Ha pubblicato fra l’altro “L’economia sommersa”
(Laterza 2001) e la “Ricchezza del territorio italiano”
(F. Angeli 2004). Ha scritto saggi su “Economia dei
servizi”, “Aspenia”, “Wired” e altre riviste scientifiche.
Edoardo Ronchi
Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
dal settembre del 2008. Nato a Treviglio (BG) nel
1950, vive a Roma dal 1978, coniugato e con tre figli e
laureato in Sociologia all’Università di Trento.
Attualmente docente di sostenibilità e gestione del
territorio presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
È stato parlamentare, docente universitario e ministro
dell’Ambiente. Fra i fondatori dei Verdi Arcobaleno
alla fine degli anni ‘80 e della Federazione dei Verdi
all’inizio degli anni ‘90. Nel 2000, attraverso la Sinistra
ecologista, ha aderito al partito dei Democratici
di Sinistra, venendo successivamente nominato
nella Segreteria nazionale. Fra i fondatori nel 2006
dell’Associazione degli Ecologisti democratici, è stato
eletto all’Assemblea costituente del Partito democratico.
Dal 2008 ha lasciato il Senato e non si è ricandidato,
né ha più assunto incarichi politici, dedicandosi a
tempo pieno ad attività di studio, ricerca e formazione,
in particolare con la Fondazione per lo Sviluppo
Sostenibile. Studioso ed esperto delle problematiche
ambientali e dello sviluppo sostenibile, ha pubblicato
numerosi testi ed articoli.
39
150° UNITÀ D'ITALIA
I Tecnici
protagonisti:
Piero Bargellini
Con questo scritto di Piero Bargellini intitolato “L’uomo misura
dell’architettura” tratto dal volume “ARCHITETTURA
con fregio polemico”, prosegue la pubblicazione dei “ritratti”
dei Tecnici che, con la loro attività professionale e i progetti
realizzati, hanno contribuito, nei diversi periodi dei 150 anni,
alla storia dell’Italia, al suo sviluppo in particolare negli ambiti
delle costruzioni ed alla formazione di un’identità nazionale.
Nato a Firenze nel 1897, figlio di un ufficiale di marina,
Piero Bargellini trascorse parte dell’infanzia in Mugello, terra
di Giotto e del Beato Angelico. Studiò all’Istituto Tecnico e si
40
diplomò Perito Agrimensore alla vigilia di partire per la guerra
del 1915-18 nella quale combattè come tenente di artiglieria
meritandosi una medaglia al valor militare e una croce di
guerra sul campo.
Diplomatosi maestro, intraprese la carriera scolastica,
raggiungendo più tardi il grado di Ispettore Centrale del
Ministero della Pubblica Istruzione. Nel frattempo dipingeva
e scriveva, avvicinandosi a giovani artisti e letterati della sua
città. La sua prima opera pubblicata fu di carattere tecnico,
destinata agli studenti degli Istituti Agrari.
Nel 1923, con due amici geometri – il posatore Nicola Lisi e
il poeta Carlo Bettocchi – e con l’incisore Pietro Parigi, dette
vita ad una rivista di breve vita e dal lungo titolo, “Calendario
dei pensieri e delle pratiche solari”, antesignana del gusto
strapaesano.
Più tardi (1929) fondò e diresse per dieci anni un mensile,
“Il Frontespizio”, che incontrò vivo successo in Italia ed ebbe il
merito di un rinnovamento della cultura letteraria e artistica del
tempo in una limpida e moderna visione religiosa del pensiero
image courtesy: Edizioni Polistampa
Piero Bargellini
e della vita. Nel “Frontespizio” furono accolti e si formarono
decine di giovani letterati e artisti (accanto agli “anziani”
Papini, Giuliotti, Soffici e De Luca) fino alla generazione dei
cosiddetti “ermetici” e dei nuovi critici capeggiati da Carlo
Bo.
Sempre più impegnato nell’attività letteraria, dopo il giovanile
“Scritti a maggio”, pubblicò libri di largo successo: biografie di
santi (San Bernardino da Siena, San Francesco, Sant’Antonio),
di briganti (Fra Diavolo, Tiburzi), di poeti (Giosuè Carducci),
e soprattutto di arte e di architettura (Città di Pittori, Via
Larga, Caffè Michelangelo, Architettura, Volti di Pietra), oltre
a libri di testo e antologie scolastiche.
Nel secondo dopoguerra riprese per breve tempo la pratica
di geometra. Tornò presto però ad opere di grande impegno
divulgativo, di storia della letteratura, storia dell’arte,
agiografia, storia della sua Firenze: “Pian dei Giullari”,
“Belvedere”, “Nascita e vita dell’architettura moderna”, “La
Divina Commedia”, “La Bibbia”, “I Santi del giorno”, “La
Splendida storia di Firenze”,“Palazzo Vecchio”, “I Medici”, le
“Strade di Firenze”...
Impegnato nell’amministrazione cittadina fin dagli anni
Cinquanta, come Assessore alle Belle Arti e ai Giardini,
ebbe poi la ventura di essere eletto, quasi plebiscitariamente,
Sindaco di Firenze nel 1966, anno tristemente segnato
dall’alluvione del 4 novembre. Come “Sindaco dell’alluvione”,
Piero Bargellini si meritò rinomanza internazionale per la sua
opera franca, intelligente e utile in favore della sua città, ferita
ma non piegata. Eletto nel 1967 alla Camera dei Deputati
e cinque anni dopo al Senato della Repubblica, abbandonò
poi la pur fruttuosa attività politica per dedicarsi interamente
al non mai interrotto lavoro di penna, sospeso soltanto
dall’improvvisa morte, nella sua casa accanto a Santa Croce,
il 28 febbraio del 1980.
L’uomo misura dell’architettura
L’uomo, diceva Protagora, è misura di tutte le cose. Si
potrebbe aggiungere che è particolarmente misura di
quella “cosa” che più gli appartiene, e che, creata da
lui, è strettamente legata alla sua vita: si potrebbe cioè
aggiungere che l’uomo è la necessaria e inalterabile misura
dell’architettura.
Gli architetti in tutti i geometrici dei loro progetti hanno
l’abitudine di schizzare da un lato la figura di un uomo. Di
solito quella sagoma leggermente caricaturale, in progetti
insipidi o arroganti non ha che valore di una distratta e
manierata decorazione. Eppure, a pensarci bene, la statura
e la figura dell’uomo, la presenza dell’uomo nel disegno
costruttivo ha profonda ragione, e una significazione.
La presenza dell’uomo in un disegno architettonico deve
rivelare questa elementare verità: il modulo fondamentale
di ogni buona architettura è l’uomo.
Tutti gli studenti d’architettura sanno che cosa sia il
“modulo”. Il modulo è una misura non astratta, ma derivata
dagli elementi stessi che esso deve misurare. “La misura
comune a tutti gli ordini – dice il Milizia – è il modulo,
che è il semidiametro della colonna considerata nel suo
imoscapo”.
Anche sulla scoperta e sull’uso del modulo non si fa più
abbastanza attenzione. Si crede comunemente che si tratti
di una convenzione senza importanza. Ed è infatti una
convenzione, ma una di quelle convenzioni nate da verità.
Un disegno architettonico non si misura a metri, perché
il metro è una misura astratta. Col metro si misura una
distanza stradale, non una grandezza architettonica. Quel
tanto di comunale, che rende il metro utile al commercio e
all’industria, lo rende poi inadatto alle misure armoniche,
dove l’imperativo morale del “conosci te stesso” si traduce
nell’imperativo proporzionale di “misura te stesso”: cioè
conosciti armonicamente, non confrontandoti con qualcosa
di esterno, ma con qualcosa di intimo che scaturisca da te
stesso.
Ora il modulo non è che l’unità di misura armonica. Il
modulo dell’ordine dorico infatti non è quello dell’ordine
ionico o dell’ordine toscano. Ognuno di questi ordini ha
una sua misura, la quale nasce dalla parte fondamentale
della colonna.
Ma se il modulo vale per ogni ordine, per tutti gli ordini
e per tutta l’architettura, il modulo dei moduli, il modulo
universale non può che essere l’uomo coi suo caratteri fisici
morali e spirituali.
***
Vitruvio, nel terzo libro della sua Architettura, pone l’uomo
come misura materiale delle costruzioni. “Una fabbrica – egli
dice – non potrà avere una misura e proporzione, se prima
non avrà considerato la ragione dei membri dell’uomo ben
proporzionato”.
Il teorico dell’architettura romana infatti non inizia la
descrizione e la misura delle sue fabbriche, senza prima aver
descritto e misurato l’uomo.
Dietro a lui, gli architetti del Rinascimento confrontarono
sempre i loro edifizi di pietra con l’edifizio costruito da Dio
nella terra rossastra dell’Eden. E Michelangelo, architetto
per le sue qualità di scultore, cioè conoscitore dell’uomo,
disse parlando dell’architettura: “Colui che non possiede la
figura umana, e specialmente l’anatomia di essa, non potrà
mai intenderla”.
Ma Vitruvio non si fermò a questa rispondenza strutturale
tra la fabbrica architettonica e la fabbrica umana. Osservò
come gli antichi avessero preso dal corpo umano anche le
misure coi loro nomi. “Gli antichi – egli scrive – raccolsero
dai membri del corpo le ragioni delle misure, che in tutte le
opere sembrano essere necessarie, come il dito, il palmo, il
piede, il cubito, e quelle distribuirono nel numero perfetto,
che dai Greci fu detto téleion”.
41
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
Tale, continuo, minuto, qualche volta anche pedante
riferimento all’uomo nel giuoco continuo di analogia
e di rispondenza, e che a noi par quasi puerile e noioso,
nasceva in Vitruvio, come in tutti gli antichi, come negli
italiani dell’Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco,
dal concetto che essi avevano dell’uomo e del mondo: dalla
dignità che essi attribuivano all’uomo, misura e condizione
di tutte le cose naturali e soprannaturali.
Per loro l’uomo era centro del mondo, e a lui si dovevano
commisurare tutte le opere, in primo luogo quelle
architettoniche. La mitologia stessa trasportava la misura
dell’uomo dalla terra all’Olimpo. Né il Cristianesimo
doveva distruggere e abbassare la dignità dell’uomo. Se non
fu più l’uomo che modellò gli dei a sua immagine, fu Dio
che modellò l’uomo a sua somiglianza. La divinità stessa
poi s’incarnò prendendo le proporzioni materiali del corpo
umano. Sul piano religioso la concezione pagana e quella
cristiana sono infinitamente lontane: su quello artistico
architettonico, della dignità umana, sono infinitamente
vicine.
I cristiani potevano, anzi dovevano misurare nell’uomo le
loro costruzioni. E quando il Bernini disegnò i colonnati per
la piazza dell’urbe cristiana, ideò un uomo che abbracciava
lo spazio e lo limitava con un amplesso.
***
Ma che cosa si vuol dire oggi, quando si afferma che
modulo dei moduli per l’architettura è l’uomo?
Si vogliono richiamare i principi vitruviani, secondo i
quali c’è un’analogia tra il corpo dell’uomo e il corpo di un
fabbricato? In parte sì, intendiamo alludere anche a questo
ritorno figurativo e umano, ma non solo a questo.
Vogliamo accettare la recente teoria, secondo la quale
il “gusto” architettonico sarebbe legato a un moto
psicologico? L’architettura, secondo questa teoria estetica,
non sarebbe che la proiezione delle nostre funzioni umane
in forme concrete. Il gusto della simmetria, per esempio,
risponderebbe al senso della destra e della sinistra che
ogni uomo istintivamente possiede. Il gusto del ritmo
corrisponderebbe alla funzione della respirazione. La
linea darebbe soddisfazione al nostro bisogno di moto;
lo spazio, all’aspirazione, alla libertà, e così via. In una
parola, l’architettura sarebbe una specie di coscienza fisica
del nostro corpo.
Dall’analogia corporale di Vitruvio, si passerebbe dunque
ad una analogia psicologica.
Ma non basta. L’uomo non è solo corpo. Ha coi minerali la
consistenza della materia; coi vegetali, la vita; con i bruti, i
piaceri dei sensi; con gli angioli, la luce intellettuale. Tra il
corpo e l’anima, tra il piacere sensuale e quello intellettuale
si stende il dominio dei sentimenti e delle passioni, le quali
non sono in sé cattive come la disumana dottrina stoica
vuol far credere. Le passioni sono i motori più potenti
42
dell’uomo spirituale, ed è proprio compito dell’arte rivelare
e sublimare queste passioni. Non esiste arte brutale, come
non esiste arte angelica. Esiste arte umana, cioè arte
materiata di passioni umane. Il puro sensualismo e il
puro razionalismo repugnano all’arte, perché repugnano
all’uomo.
Quando si dice dunque, che l’architettura (come tutte le
arti) deve soddisfare tutto l’uomo, deve misurarsi sull’uomo,
s’intende che deve corrispondere ai bisogni materiali
dell’uomo, ma non soltanto a quelli: deve soddisfare i
piacere sensibili, ma non soltanto quelli; deve appagare le
aspirazioni intellettuali, ma non soltanto quelle.
Si
chiamerà
dunque
architettura
umanistica
quell’architettura che specchierà il volto dell’umanità, non
solo nella sua apparenza fisica (Vitruvio); non solo nella
sua psicologia (moderni esteti) ma anche nella sua esigenza
morale e spirituale.
L’uomo, come animale, ha bisogni animaleschi. Egli cerca,
con l’architettura, di difendersi dal caldo e dal freddo,
dalla pioggia e dai venti. Negare all’architettura questo
fondamento utilitario, significherebbe negare all’uomo la
sua consistenza fisica.
Ma l’uomo non si appaga dei suoi bisogni soddisfatti. Il
bruto trova nel piacere il fine dei suoi atti. Per l’uomo non
è così. Egli è uno strano animale, l’unico animale che si
crea nuovi bisogni su bisogni soddisfatti.
Se egli avesse avuto bisogno solo di luce e d’aria sarebbe
restato nelle foreste; se avesse avuto paura soltanto delle
intemperie sarebbe rimasto nelle caverne.
La verità è un’altra. Egli aveva paura realmente del freddo
e del caldo, delle tenebre e delle folgori, ma soprattutto
aveva paura di non essere uomo. Aveva bisogno di sentirsi
uomo, di essere, cioè, creatore. L’architettura lo metteva
in salvo dai disagi fisici, ma più che altro lo metteva in
salvo dai disagi morali. Egli aveva bisogno di vivere in un
ambiente creato da lui, e dove potesse leggere chiaramente
i suoi stessi sentimenti.
Perciò la sua architettura, se nacque da necessità materiali
si modellò subito secondo esigenze spirituali.
L’uomo volle che anche l’architettura gli parlasse, e
naturalmente, che gli parlasse nel suo linguaggio, dei suoi
sentimenti, delle sue passioni, delle sua aspirazioni. Ecco in
che senso anche l’architettura è un’arte, cioè un’espressione
diretta dell’uomo, che in quella si esprime.
***
Quando si parla di architettura aria-luce, non si pensa
che codesta architettura andrebbe bene per un ipotetico
uomo primitivo; e dico ipotetico, perché l’uomo primitivo
molto probabilmente sentì l’impulso di limitare l’aria e la
luce, se è vero che si costruì una capanna. Ai bisogni fisici
del calore e delle luce, l’uomo aggiunge quelli, anche più
importanti della intimità e del raccoglimento.
image courtesy: Edizioni Polistampa
Lo studio di Piero Bargellini a Firenze
Per l’uomo il calore spirituale dell’intimità e la luce
intellettuale del raccoglimento sono più necessari che non
il calore e la luce fisica.
L’igiene è indubbiamente benefica, ma non c’è solamente
un’igiene fisica. C’è anche e soprattutto un’igiene
sentimentale e spirituale, che ha spinto e spinge l’uomo a
crearsi intorno un ambiente rispondente ai suoi sentimenti
e alle sue passioni.
Un uomo dentro una sfera di vetro non corre il rischio
di battere la testa in uno spigolo, ma gli accade qualcosa
di peggio. Egli smarrisce la sua ragione inseguendo sulle
pareti lisce i fantasmi della sua fantasia senza più appiglio
nel reale. Così la sfera della Esposizione mondiale
americana (1), invece di essere un simbolo di perfezione,
si presta a simbolo di una civiltà disumana, dove il destino
dell’uomo è l’ebetudine e la pazzia.
Ma se l’uomo nel suo raccoglimento o nella intimità della
sua vita domestica ha bisogno di veder espressi e quasi
riecheggiati nella cordiale architettura i suoi affetti e i
suoi sentimenti; nella vita civile e in quella religiosa vuole
esprimere altri sentimenti e altri affetti.
L’architettura non può restare muta dinanzi ai sogni di
grandezza, di potenza e di adorazione dell’uomo.
“L’architettura – scriveva il Milizia – è l’arte più interessante
per la conservazione, per la comodità, per le delizie e per
la grandezza del genere umano”.
Non basta dunque assicurare la “conservazione del genere
umano”; non basta procurargli le “delizie”. Bisogna anche
soddisfare la grandezza del genere umano.
Tra le capanne o tra le casupole, l’uomo ha sentito il
bisogno di innalzare il tempio o il palazzo. Eppure, ai fini
della sua esistenza fisiologica la capanna gli era più che
sufficiente. Ma c’era qualcosa di più grande, che superava
la necessità primordiale e quotidiana della vita materiale.
C’era una necessità, altrettanto primordiale e quotidiana,
che doveva trovare la sua soddisfazione e la sua espressione.
Il sentimento civile e religioso voleva la sua manifestazione
a prezzo di qualsiasi sacrificio. L’uomo che non poteva
mirare il suo Dio faccia a faccia, o non poteva comunicare
sempre col potente, volle leggere sul tempio o nel palazzo i
suoi sentimenti di ammirazione e di devozione.
La città dell’uomo, non è e non può essere la città cellulare,
la città uguale per tutti. Una tale città potrebbe essere la città
di infelici uomini; non mai quella dell’uomo, dell’uomo
completo, armonico nella sua composizione corporale e
spirituale, dell’uomo che può vivere in una capanna, ma
che per pregare ha bisogno di un tempio; dell’uomo che
traduce ogni suo sentimento in opera d’arte.
L’amore pei figli gli si concreta in una casa; l’uomo civico
gli si traduce in un palazzo; la preghiera stessa gli si esprime
in una chiesa.
1
L’Esposizione mondiale di New York, del 1939-40
43
150° UNITÀ D'ITALIA
In Jesi dal 1860
Istituto tecnico
“Pietro Cuppari”
e le Esposizioni
universali
Re Vittorio Emanuele II, il 12 settembre 1860, nomina
Lorenzo Valerio Commissario Straordinario nelle Provincie
delle Marche.
Il Commissario in quattro mesi, durata del suo incarico
operativo, emanerà ben 840 decreti che trasformeranno
profondamente le Marche da ex pontificie a piemontesi.
Il n. 583 recita: “è creata nella città di Jesi la sezione
Agronomica dell’istituto tecnico co’ seguenti insegnamenti:
Lettere italiane, Storia e Geografia; Chimica generale ed
Agricola; Fisica; Storia Naturale; Agronomia; Computisteria
Agraria; Elementi di Agrimensura; Disegno.”
A motivare la scelta di introdurre scuole tecniche in un
territorio dallo spiccato profilo umanistico, il Commissario
Valerio evidenzia che, se la cultura umanistica “nobilita le
intelligenze e ringagliardisce le virtù cittadine nello stesso
tempo che fa gentile il costume” tuttavia “non è bastevole
a svolgere e mettere in moto tutte le forze vive del paese…
quando ancora le molteplici, e svariate applicazioni
della scienza non sono rese famigliari all’industriale, al
commerciante, all’imprenditore, all’amministratore,
all’artiere stesso.”
Quello che nel tempo diventerà l’Istituto Tecnico
Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” deve la
sua nascita ad una tradizione che si radica in tempi assai
lontani. Una tradizione mai smentita della quale è possibile
rintracciare i primi segni fin dal 1650, con l’istituzione
dell’Accademia dei Reverenti, che qualche anno dopo si
trasformerà in quella dei Disposti.
A tale tradizione pare riferirsi anche il Commissario
Valerio quando, illustrando la scelta di Jesi, sostiene che
questa si “raccomandava in modo peculiare all’attenzione
del Governo per la grande convenienza di promovere
44
sempre più e migliorare quant’è possibile le buone pratiche
d’agricoltura, in cui vanno già così segnalati gli abitanti del
suo distretto.”
Se il Decreto istituisce la sezione agronomica, l’anno
dopo, però, inopinatamente, si tenta di far cominciare
i corsi della sezione commerciale in luogo di quelli di
agronomia e di conseguenza, in realtà, i corsi hanno inizio
solo nel gennaio del 1863. L’anno successivo, a capo
dell’istituzione viene nominato il preside e professore di
agraria Ruggero Rosi che ripristina l’originaria vocazione
agronomica dell’Istituto Tecnico che assumerà il nome di
“Regia Scuola Speciale di Agronomia ed Agrimensura”.
Nei decenni successivi ed in particolare tra la metà
degli anni ‘70 dell’Ottocento e i primissimi anni del
Novecento, l’Istituto fu tra i protagonisti delle Esposizioni
internazionali e nazionali.
Erano gli anni della grande crisi. L’Europa subiva il
contraccolpo economico e finanziario della recente guerra
franco-prussiana. Ma oltre a questa crisi congiunturale,
c’era anche una crisi strutturale, che riguardava i fenomeni
complessi legati alla nuova fase di industrializzazione su
base mondiale.
Le Esposizioni universali rappresentavano, in questo
scenario, l’occasione per tentare di rilanciare l’economia
mondiale risultando di conseguenza potenti stimoli
per l’avanzamento dell’industria nazionale e locale dei
Paesi partecipanti e importanti occasioni per le scuole
che vi partecipavano per fare un bilancio dell’attività
didattica, per mettersi al corrente delle più avanzate
esperienze dell’istruzione tecnica, per competere con gli
istituti più progrediti, in quello spirito di emulazione che
contraddistingue la scuola italiana dell’epoca.
Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi
Il Diploma dell’Esposizione universale di Parigi del 1900
Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi
In alto, a sinistra la sede “storica” dell’Istituto dal 1899 al 2000. A destra un rilievo del Ricovero “Vittorio Emanuele II” datato 1905.
Sotto il rilievo di due poderi in contrada Monte Latiere (località nella campagna jesina) del Signor Cavaliere Giuseppe Honorati
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Foto, Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Pietro Cuppari” di Jesi
ANNO III
Aula di Topografia, primi decenni del ‘900
È in questo contesto che si inserisce l’Istituto che, pur
situato in una piccola località di provincia e con appena
quindici anni di vita, dopo alcune prestigiose visite
ministeriali meritò, su sollecitazione del Ministero della
Pubblica Istruzione, la partecipazione all’Esposizione
universale di Parigi del 1878.
La scuola partecipa all’importante esposizione con
progetti, “maquette” e ricerche realizzate dagli studenti,
conseguendo il diploma rilasciato il 15 giugno 1879 e
contribuendo così all’ottimo risultato dell’Italia che portò
al Ministero una medaglia d’oro.
La partecipazione all’Esposizione universale di Parigi e
le lusinghiere affermazioni internazionali dell’Istituto,
oltre a riempire di orgoglio i cittadini, suscitarono anche
l’apprezzamento delle Autorità locali ed in particolare del
Municipio che consegna all’Istituto il podere sperimentale,
già patrimonio scientifico del comizio agrario, per i propri
esperimenti e come prezioso sussidio alla didattica.
Nel 1898, in una situazione sociale e politica molto
tesa, Torino apre la vetrina nazionale dell’Esposizione
generale italiana. L’Istituto partecipa alla manifestazione
conseguendo anche in questa occasione lusinghieri e
meritati riconoscimenti.
L’esposizione di Torino divenne l’occasione buona
per riportare l’Istituto alla ribalta della considerazione
ministeriale. Nel 1899, memore delle giornate torinesi,
il Ministero invita l’Istituto a partecipare all’Esposizione
universale di Parigi del 1900 a cui l’Istituto aderisce.
Vitaliano Cinti, nel volume I 120 anni del “Cuppari”.
Una scuola nella storia di una città (edito dal Centro Studi
Jesini nel 1980, in prossimità delle celebrazioni per il 120°
anniversario della fondazione dell’Istituto) scrive: “vi si
presenta con molti e decorosi documenti della sua attività,
tra i quali un album di fotografie sulla scuola e sul podere
modello, le opere didattiche e scientifiche degli insegnanti e
46
i lavori degli alunni. Tra questi, quelli di lettere italiane che,
a ritrovarli, costituirebbero un bello squarcio sul concetto
di ottimo nella valutazione del compito di composizione
italiana. La qual cosa desta anche una curiosità, cioè cosa
potessero rappresentare gli elaborati dei nostri alunni e in
lingua italiana nella esposizione universale di Parigi. […]
La partecipazione all’esposizione universale di Parigi del
1900 fu un avvenimento storico per il Cuppari; per essa
erano stati fatti minuziosi preparativi che avevano fatto
vivere in ansia tutti i collaboratori dell’iniziativa. In questa
esposizione parigina del 1900, il nostro istituto conseguì la
medaglia d’argento.”
Dopo quella grande occasione di Parigi che inaugurava
il nuovo secolo, l’Istituto va attenuando gli impegni su
questo versante, riducendo vistosamente anche la propria
esposizione “mediatica”.
Nel 1903, il prof. Felcini inaugura la serie delle conferenze
domenicali di agraria, dirette ai coloni del Mandamento
di Jesi. Un’attività più nascosta e silente, ma assai più
produttiva, forse, sul piano dell’efficacia reale e più diretta
ad incidere sul tormentato tessuto socio-economico della
Vallesina.
Nel 1904 l’Istituto partecipa alla Mostra nazionale di
Ragioneria, indetta dalla società degli agricoltori a Roma.
Ma sul fronte delle mostre e delle esposizioni cala il silenzio.
L’Istituto seguirà tutti gli avvenimenti che segneranno la
storia del Paese, con il Ministero che segue le istituzioni
scolastiche fin nelle minuzie. Preoccupato di tutto ciò che
anima il mondo scolastico e giovanile, in anni turbolenti
e drammatici, segue con attenzione i fremiti repubblicani
tra gli studenti e gli insegnanti che vengono seguiti passo
passo nella loro attività politica. Non va dimenticato che
Jesi, per lunghi decenni, fu uno dei centri più vivaci e
intraprendenti del repubblicanesimo storico mazziniano.
Po la Grande Guerra, la storia continua...
GEOMATICA
Una riflessione
sulla Geomatica
di Luigi Mussio, Valentina Forcella
del Politecnico di Milano – DIIAR
DE FALSO CREDITE … (LORENZO VALLA)
Consigli sottotraccia1
Oggigiorno va di moda parlare di credenziali scientifiche,
in termini di autorevolezza della sede editoriale che ha
permesso la pubblicazione di un certo lavoro scientifico.
Il problema è certamente rilevante e la risposta data è non
infondata, almeno parzialmente. Tuttavia l’uso spicciolo
che ne fanno i più è addirittura assurdo. Nessuno legge
più nulla, i lavori si contano, suddivisi per categorie, come
al mercato si pesano le varie merci, suddivise per qualità
nominali. Eppure così come un mercato, dominato dalla
logica: usa e getta, non è più in grado di valutare le qualità
reali, ma si affida ai marchi, ai loghi ed alle griffe, altrettanto
nessun lavoro è più letto, ma solo contato, suddiviso per
categorie.
È vero, esistono i revisori, ma un revisore è pur sempre
un lettore cieco (e giustamente cieco) che non conosce il
percorso della ricerca, la storia personale del ricercatore
e del suo gruppo di lavoro. Essi vanno bene per una
comunicazione al mondo, non per una vera valutazione
della crescita di un singolo ricercatore e/o un gruppo di
ricerca. Per questo compito, servono i maestri che lavorano
1
48
Chi scrive ricorda bene come, tra la fine delle scuole medie e l’inizio
delle superiori, un prezioso consiglio, ricevuto gratuitamente, abbia
sentenziato autorevolmente di non preoccuparsi per come e cosa
uno scrive, ma di leggere moltissimo ... poi uno avrebbe anche
imparato a scrivere. L’importanza del consiglio è davvero capitale.
Per saper scrivere, leggere è indispensabile e fondamentale, per
quanto riguarda tanto lo stile, quanto i contenuti. L’autore crede
di saper scrivere abbastanza bene e gli piace scrivere con una certa
libertà, ma soprattutto ha fatto tesoro dei consigli ricevuti. Ha letto,
legge e continuerà a leggere molto: quello che scrive è una minima
parte di quello che impara e serve a mettere insieme quello che sa
con quello che fa, soprattutto per lasciare testimonianza per sé e per
tutti gli altri volonterosi. Leggere è uno stimolo pressante, uscire
dalla propria routine, provare il gusto della ricerca, scoperta e novità,
ed una sfida continua, rischiando le proprie meschine sicurezze.
in osmosi (come nelle antiche botteghe artigianali) e possono
aiutare. A tale proposito, bisogna essere chiarissimi: se non
lo fanno, sono tromboni e devono essere cacciati (bastando
un giudizio dal basso). Inoltre occorre non solo una bella
carriera accademica, ma anche un’anzianità anagrafica
adeguata che fa vera esperienza.
Per contro, è altresì necessario denunciare il mondo
degli affari, a volte non troppo adiamantini, che corrono
parallelamente alla presunta fama delle migliori sedi editoriali.
Infatti così come un’istruzione di base deve essere pressoché
gratuita, mentre corre parallelo un mercato clandestino di
lezioni private, ed anche un’istruzione universitaria deve
essere abbordabile a costi moderati, mentre ancora corre
parallelo un mercato losco di offerte para universitarie (in
sedi discutibili e/o in reti telematiche), altrettanto sedi
editoriali d’eccellenza dovrebbero offrire spazi alle cose
migliori (in questo caso specifico, scientifico-tecnologiche),
liberamente selezionate (e non auto-proposte) dal mondo
della diffusione editoriale comune.
Così purtroppo invece non è e, a fronte di cifre modeste
chieste dalle normali sedi universitarie e/o dalle più
comuni associazioni scientifiche, cifre almeno dieci
volte maggiori sono spesso richieste dalle sedi editoriali
dichiarate d’eccellenza. È la riproposizione della selezione
sul censo, già odiosamente diffusa fin dai gradini più bassi
dell’istruzione e via, via riproposta negli ambiti superiori.
Allora un’opera di mera corruzione è messa in atto, non
occorre essere bravi, occorre avere padri o padroni (con
scambi di favori), oppure padrini (ad es., un coautore
famoso) ricchi e potenti, così da accedere ai circuiti più
ricchi. Chiunque altro, seppure bravissimo, non può
esistere o deve affrontare fatiche inenarrabili, con sforzi
incomparabili.
A parte il rischio non trascurabile che la standardizzazione
produca uniformità di pensiero e vere e proprie mode
culturali2, resta da osservare, come proprio la formazione
2
Il rischio dell’appiattimento culturale, come conseguenza della
standardizzazione e dell’uniformità di pensiero, non è affatto
secondario, e può comportare la chiusura totale verso strade
minori, i cui sbocchi sono comunque imprevedibili. Il caso
Galileo è una prova eclatante. A quel tempo, i modelli forniti dalla
cosmologia tolemaica davano risultati più attendibili dell’allora
modernissima teoria copernicana (e le maree, citate a prova, non
provano nulla, perché non dipendono dalla rotazione terrestre,
ma dai moti congiunti di sole e luna). Eppure in meno di un
scientifico-tecnologica abbia fatto incontrare a tutti, quali
migliori modelli, quelli espressi da funzioni gradualmente
variate, mentre la presenza di discontinuità generi
condizioni di ben maggiore difficoltà. Allora non è difficile
trasporre l’osservazione sul piano della crescita individuale
e collettiva delle conoscenze. Credere a poche punte
d’eccellenza è credere al mito del superuomo, un’idea
forse errata e certamente pericolosa, come la storia e, in
particolare, quella del secolo appena concluso, ha avuto
modo di mostrare in tutta la sua tragicità.
Infatti la crescita individuale e collettiva delle conoscenze
ha successo, se e solo se alcune svolte (talvolta solo
frutto del caso) avvengono in un clima di generale cura
ed attenzione preparatorie. Diversamente rimangono
sommerse e solo il tempo, a decenni o secoli di distanza,
dà loro il giusto valore. A mo’ d’esempio, si confrontino
il medioevo europeo (in abbazie e monasteri) ed il
rinascimento italiano (delle botteghe artigianali). Il primo
visse di molte paure, il secondo di grandi aperture, ma arti
e scienze crebbero maggiormente nel secondo3. Del resto,
anche la gelata controriformista del tardo ‘500 e del ‘600,
contribuì a separare l’Italia dal progredire dell’Europa
nord-occidentale, sulla scorta del rinascimento italiano.
Un ultimo discorso verte invece sulla libertà e neutralità
della ricerca ed i condizionamenti cui la scienza è
sottoposta. Infatti la scienza, libera nelle sue premesse, è
giocoforza sottoposta a condizionamenti di natura storica
e culturale, ideologica e/o religiosa, sociale ed economica,
ecc. perdendo così buona parte della sua teorica libertà e
neutralità. Certi studi si fanno, in un dato periodo ed in
una certa regione, perché sono da farsi, e certi altri non si
fanno per altrettanto ovvi motivi. Eppure proprio la libertà
del singolo ricercatore e del gruppo di ricerca è la garanzia
che la scienza e la tecnologia collegata possano accrescersi,
in modo neutro, lasciando ad altri il compito di fare
mercato ed affari, sulla scorta delle conquiste ottenute.
Invece una logica miope del profitto immediato porta a
privilegiare la ripetizione stanca di sole applicazioni della
ricerca e soprattutto costruire una pericolosa commistione
d’interessi e talvolta anche di persone tra chi studia e chi
vende, come incentivato con direttive dall’alto, perché
altrimenti mancano i mezzi. È questa la strada sicura per
abbandonare la ricerca di base, la sola che dà frutti di
lungo periodo ed uscire dal confronto effettivo con altri
nel mondo, in cammino sulla stessa via o su vie vicine che
3
secolo, la seconda teoria ha definitivamente sconfitto la prima,
dimostrandola infondata.
Umanesimo ante litteram sono anche la Sicilia di Federico II e
soprattutto Firenze tra la fine del ‘200 ed il ‘300, fino alla peste
nera.
possono incontrarsi. Circa una relativa sicurezza contro
possibili abusi, occorre un misto d’elegante etichetta,
liberamente contrattata e condivisa, e di pubbliche denunce,
senza troppi vergognosi compromessi.
La sapienza è collettiva e l’amicizia tra persone sagge permette
loro di completarsi reciprocamente
(Seneca, dalle Lettere a Lucilio, come riportato in Paul Veyne:
Seneca).
Con un po’ d’ottimismo, si può procedere ad estendere
l’utilità dell’aiuto reciproco anche alle persone incolte
(portatrici di altre esperienze e culture, spesso a torto
considerate minori). All’epoca di Seneca invece esistevano
ancora gli schiavi. Sono poi esistiti a lungo e, insieme
alle donne, non avevano molti diritti. Oggi dovrebbe
essere ben diverso, ma non è sempre così. Qui ed ora,
sembrano comunque interessanti le due parole: collettività
e reciprocità, in particolare, nel dibattito attuale sul
merito. Quando in modo fascistoide, si saranno infine
identificati pochissimi supereroi, tutti saranno più
poveri, perché la circolazione sarà impedita ed il pensiero
unico sicuro vincitore. L’uniformità genera disaffezioni e
banalizzazioni, oltre tanta noia. Inoltre quando la frenesia
d’apparire eccellente farà correre rischi eccessivi e non
controllati ai prodotti scientifici (come già oggi accade,
in ambito economico, con le scatole cinesi, le catene di
Sant’Antonio, ecc.), quanti vorranno ancora uniformarsi
ai dettami della seguente autorevolissima frase di Isaac
Newton.
In verità, non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la
ragione di queste proprietà … e non invento ipotesi
(Isaac Newton, dai Philosophiae Naturalis Principia
Mathematica, brevemente noti come Principia).
L’umana solidarietà e solo essa è capace di concepire, mettere
in atto e consolidare qualcosa di positivo, in un mondo
complesso, caotico e contraddittorio, e purtroppo spesso
capace di generare situazioni negative. Tuttavia questa felice
condizione non si attua spontaneamente, ma deriva da
scelte coraggiose e responsabili di singoli uomini e di loro
gruppi. Pertanto nonostante tante fondate speranze, spesso
accade proprio il contrario di quanto sarebbe altrimenti
auspicabile. Infatti alcune cose proprio non vanno, non
solo nel mondo travagliato contemporaneo ed in questo
paese, così poco normale, ma anche dentro il mondo
universitario, dove protervia, fellonia ed ignavia la fanno
spesso da padrone, a discapito di tante persone perbene che
ivi lavorano, operano e s’impegnano. Allora la connivenza
sia detestabile, la denuncia debba essere ferma ed il giudizio
sia severissimo.
49
ANNO III
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MAGGIO - GIUGNO 2011
Forse voi che pronunciate questa sentenza avete più paura di
me che la subisco4.
(Giordano Bruno, Roma 1600).
Confederazione od impero
Oltre al rischio dell’appiattimento culturale, inevitabilmente
connesso all’uniformità di pensiero ed alla standardizzazione
della cultura, ed alla vergogna della prostituzione culturale,
con il servaggio e/o la rincorsa di/a padri, padroni e
padrini, un’altra considerazione attiene alla questione,
se sia preferibile per il futuro prossimo venturo: una
confederazione o l’impero. Infatti la scelta non è neutra ed
anzi è carica di gravose conseguenze. L’impero è il trionfo
della dominazione tecnologica (come già nel mondo antico
di quella militare) con la costruzione di un simulacro di
democrazia, dove gli inclusi appartengono ad una casta di
ottimati, mentre gli esclusi sono paria. Una confederazione
lascia isole di autonomia (ciascuna con le proprie capacità
di auto-organizzazione, crescita e controllo), con la fondata
speranza che la crescita inviti a costruire ponti con le isole
più vicine (dove le potenzialità della rete fanno sì che la
nozione di vicinanza non sia più semplicemente solo quella
della contiguità geografica).
La storia si è ben occupata di dimostrare come tutti gli imperi,
quando hanno raggiunto la loro massima fase d’espansione
e dominio, abbiano iniziato una fase decadente, talvolta
arrivando rapidamente allo sfacelo ed altre volte avviandosi
ad un lento disfacimento. Comunque tutto è disdicevole:
l’aggressività dell’espansione e della conquista, la tragedia
del crollo improvviso e il languore esausto della decadenza
senza fine. In ogni caso, dalle ceneri di nessun impero è mai
nata una condizione di vero progresso e sicuro sviluppo.
4
50
Questa è la frase lapidaria, indirizzata ai giudici del tribunale
dell’inquisizione cattolico-romana, che pronuncia Giordano
Bruno (eretico impenitente, così scrivono le cronache dell’epoca),
prima di essere messo al rogo (giovedì 17 febbraio 1600, in
piazza Campo dei Fiori a Roma), e serve a commentare un
lavoro, scritto tra immaginazione e razionalità, con pensieri di
minoranza sul trattamento delle osservazioni, la geostatistica e la
geomatica. Per correttezza e completezza (ma ovviamente senza
alcuna giustificazione da ambo le parti), occorre ricordare come
anche i calvinisti mettono al rogo (Ginevra, 27 ottobre 1553)
Michele Serveto, teologo eretico, medico-umanista, scienziato e
matematico spagnolo. Solo nel ‘900, la città calvinista di Ginevra
riconosce l’errore compiuto, mentre solo dopo l’unità d’Italia,
Roma laica costruisce una memoria tangibile per il crimine
commesso verso Giordano Bruno. Discorsi analoghi e comunque
sempre esecrabili possono parallelamente essere fatti nei riguardi
della crociata cattolica contro gli albigesi in Provenza (o quella
più sommessa, ma ugualmente crudele, contro la pataria nel nord
Italia), e dello sterminio degli anabattisti a Münster (successivo
all’altrettanto feroce guerra contro la rivolta dei contadini nel
centro-nord della Germania) da parte dei luterani.
… Il forte si mesce col vinto nemico,
col novo signore rimane l’antico;
l’un popolo e l’altro sul collo vi sta …
(Alessandro Manzoni, Adelchi, coro dell’atto III).
Anche la circolazione culturale deve rispondere alla
domanda confederazione od impero? Infatti una piccola
comunità scientifica può stare unita sulla scena mondiale
pseudo-globalmente. Tuttavia allorquando proprio la
globalizzazione espande questa comunità immensamente,
respingendo la tesi reazionaria di una democrazia per
un’élite, si assiste alla formazione dell’impero, dove una
casta di ottimati domina e tutti gli altri sono paria (a
conferma, basta contare il numero di contributi per nazioni
o gruppi di nazioni).
Al contrario, una confederazione permette isole
d’autonomia, al loro interno e tra loro, organizzate talvolta
in forma reticolare, altre volte in modo gerarchico ed
altre ancora secondo schemi misti. In tutti i casi, l’idea
è quella delle botteghe artigianali, con maestri ed allievi,
dove la gerarchia serve a fare scuola e la rete ad aprire
alla benevola e cooperante concorrenza (dove qualche
sfida ed addirittura qualche dispetto è ricambiato, quasi
sempre, con il raggiungimento di traguardi maggiori e
migliori). In ogni caso, proprio l’essere misto del sistema
globale permette la circolazione dell’informazione, dalle
tante novità positive alle poche, ma necessarie, denunce di
negatività. Anche la pretesa di correggere tutti gli errori è
un falso problema. A parte il fatto che un imperatore può
impazzire ed allora occorre discutere sulla legittimità del
tirannicidio, un arcipelago di isole è capace di mettere in
circolazione la correzione degli errori, insieme agli errori
stessi (che sperimentalmente si sa essere in numero piuttosto
contenuto).
La formazione di linguaggi differenti e di specie distinte, e le
prove che si sono andati sviluppando con un processo graduale,
sono stranamente parallele. In questo contesto, l’evoluzione
delle teorie, come l’evoluzione delle specie, non è retta da un
progetto e non tende ad uno scopo
(Charles Darwin).
Tutta la capacità d’adattamento si basa su un patrimonio di
conoscenze (organizzazione statica in struttura dell’adattabilità)
cui si contrappone lo smantellamento di certe strutture
preesistenti (processo dinamico dell’adattamento). Mantenere
una certa cultura sempre adattabile all’ambiente circostante,
sempre mutante, consiste nella coesistenza equilibrata di questi
meccanismi, ma purtroppo non è detto che il problema (della
coesistenza equilibrata di questi meccanismi) abbia soluzione,
sempre e dovunque
(Konrad Lorenz).
Concorrenza esasperata e ricerca del massimo profitto
Oltre alle possibili degenerazioni gestionali, dovute
a disdicevoli disavventure, ed ai sopraccitati rischi di
monotematicità ed uniformità culturale, resta il fatto che
il mercato, necessario per garantire la democrazia, non
è capace di autoregolarsi e provvedere ad uno sviluppo
omogeneo ed uguale, come la storia degli ultimi due
secoli si è ormai ben impegnata a dimostrare. Non si
vuole certamente invocare un grande fratello (ed è questo
il senso dell’affermazione che il mercato garantisce la
democrazia), ma spiegare come le cosiddette leggi del libero
mercato siamo un’illusione, perché non tengono conto
dell’incertezza e degli errori. Allora appellarsi al mercato ed
alla concorrenza come criterio di regolazione è un’illusione,
perché corruzione, concussione, collusione, connivenza e
mafiosità sono tipiche degenerazioni, più o meno gravi, di
una concorrenza sempre più sfrenata e sfacciata che altera
vistosamente i risultati, perché non garantisce neppure
uguali condizioni di partenza.
La cronaca odierna, così come la cronaca passata e
probabilmente quella futura, sono fedeli testimoni di
quanto affermato, cosicché proprio quanto affermato
resta sempre attuale. Eppure basta solo un po’ riflettere
serenamente per capire, come quando il solo criterio di
valutazione è il successo, economico, politico, accademico
o professionale (come pure in altri luoghi diplomatico,
militare od ecclesiastico), allora qualsiasi mezzo, lecito od
illecito, diventa utilissimo a conseguire il fine prefisso. La
concorrenza esasperata finalizzata ad una estremamente
asimmetrica distribuzione delle risorse, in termini di
uomini e finanziamenti, è il migliore veicolo per innescare
tutti i sopraccitati fenomeni degenerativi, mentre un clima
di pacata collaborazione e cooperazione facilita crescite
omogenee e costanti. Questo non significa affatto che
tutto sia equivalente, ma che solo il tempo e la storia, nel
lungo periodo, sono capaci di dirimere e valutare varie tesi
contrastanti e prodotti radicalmente differenti e diversi.
La storia della scienza aiuta a capire, perché queste
affermazioni siano corrette. Infatti il processo a Galileo
potrebbe addirittura essere considerato corretto, nei
limiti delle conoscenze del primo ‘600 (se i revisori sono
considerati depositari della verità), mentre dopo Newton
e maggiormente con la scoperta di Urano, il caso Galileo
diventa una pietra al collo per l’ottusa ortodossia cattolica
romana. A metà dell’ ‘800, l’algebra binaria di Boole è
un gioco matematico, come le geometrie non euclidee
da Giovanni Girolamo Saccheri (ancora in pieno ‘700) e
Georg Friedrich Bernhard Riemann. Eppure la costruzione
dei calcolatori, a partire dalla cibernetica di Norbert Wiener
e dalla macchina universale di Alan Mathison Turing, ha
dato un posto di primo piano alla prima, come lo sviluppo
della fisica moderna trova, nelle seconde, fondamenti
matematici essenziali, a partire dalla teoria della relatività
generale di Albert Einstein, per giungere alla modernissima
ed ancora controversa teoria delle stringhe, quali elementi
base costitutivi dell’universo.
Tuttavia tutto ciò è oggigiorno terribilmente surclassato da
nuovissime e gravissime emergenze su scala mondiale. Negli
anni ’70 del Novecento, il Club di Roma ha promosso
lo studio della stabilità dell’equilibrio globale mondiale
nell’allora celebre Rapporto MIT. Esso ha individuato
nella sovrappopolazione mondiale, nella sovrapproduzione
industriale, nell’esaurimento delle risorse energetiche e delle
materie prime, nella penuria di cibo e nell’inquinamento
globale, i cinque principali fattori di rischio. Allora i limiti
dello sviluppo sono stati derisi ed attaccati dai cantori dello
sviluppo indefinito capitalista, così come dalle ortodossie
religiose, nonché dalle oligarchie comuniste. Infatti i
profitti di un capitalismo acefalo ed anarchico, una lettura
fondamentalista di testi sacri (vecchi di millenni e scritti in
ben altri contesti) ed una propaganda ideologica dogmatica
ed inconcludente (il cui collasso sarebbe poi giunto in meno
di venti anni) hanno avuto buon gioco a fare, tutti insieme,
la voce grossa contro gli inaspettati profeti di sventura.
Dopo circa trent’anni, il risorgere del fondamentalismo
islamico con l’esplodere del terrorismo stragista, la guerra
infinita, insensatamente scatenata, e l’emergere quasi
improvviso di nuove realtà economiche, nel mondo in via
di sviluppo (a partire da paesi sovrappopolati come Cina ed
India, ma non solo), hanno presentato nuove e ben più gravi
emergenze politiche, completamente ignorate, dal rapporto
di allora. Infatti mentre la sovrappopolazione è un problema
effettivo (di cui quasi nessuno sembra preoccuparsi),
lo sviluppo imprevisto di nuove grandi realtà ha fatto
esplodere il problema dell’approvvigionamento energetico
(al momento soprattutto con l’impennata dei prezzi), ma
ha anche generato una gravissima crisi alimentare mondiale
(che ha effetti drammatici in paesi in via di sviluppo, per
lo più, tra i più poveri e sovrappopolati), guerre locali per
l’acqua fredde e/o guerreggiate (di cui non si è ancora in
grado di valutare entità, portata ed effetti) e migrazioni
incontrollate di vastissima portata di poveri e poverissimi.
Collaborazione e cooperazione sono capaci di depotenziare i
conflitti. A riguardo, non si vuole minimamente enfatizzare il
loro ruolo e le loro capacità. Contrasti ed anche scontri sono
stati presenti e sono occorsi anche nelle botteghe artigianali
e nei gabinetti e/o negli istituti universitari (a tale proposito,
è ben famoso ed irrisolto lo storico contrasto tra Gottfried
Wilhelm von Leibniz e Isaac Newton sull’invenzione delle
derivate). Eppure quando tutto questo non trascende i limiti
della civile convivenza e non diventa il mezzo con il quale
prevalere, a qualsiasi costo, tutto può essere tollerato, anche
con un pizzico di divertita ironia. Invece quando l’esasperata
concorrenza e la ricerca del massimo profitto distruggono
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i limiti della civile convivenza e sono devastanti, perché
la distruzione dei colleghi di lavoro, dei compagni di
strada e forse anche dei vecchi amici è l’occasione per un
maggiore successo, allora nulla può permettere sviluppi
plurimi ragionati e curiosi, ma solo una china pericolosa,
dall’appiattimento progressivo al più bieco servilismo.
Chi saprà opporsi a questa tristissima deriva? Forse
nessuno o solo qualche isolato maestro (sostenuto dalla
memoria di suoi maestri, certamente ben più autorevoli,
da cui gratuitamente ha ricevuto). Tuttavia come potrà
indicare a qualche giovane una via alternativa a clientele e
nepotismi, quando altre cordate sono comunque e sempre
vincenti? Come potrà formare sicuri perdenti? Chi scrive
non ha risposte! Una cosa sola resta da dire: i revisori (pur
necessari, ma nel modo più leggero possibile), se usati come
criterio assoluto di verità, ricordano gli inquisitori delle
guerre di religione e dei roghi, i giacobini del terrore e della
ghigliottina, i tribunali speciali delle moderne dittature nere
e rosse, ecc. Un mercato che trascina libertà e democrazia
a queste condizioni ricorda i suk e le mafie. L’unica seria
alternativa sono ancora i maestri, così da promuovere
sviluppi aperti che qualche revisore possa poi giudicare,
per segnalare cosa il tempo e la storia ha messo in evidenza
(sempre e comunque con tutti i necessari dubbi del caso).
Ancora dubbi ed incertezze, ma i momenti alti della cultura
(l’età di Pericle e quella di Augusto, l’umanesimo ed il
rinascimento, l’illuminismo ed il positivismo) ne sono pieni.
Oggigiorno poi il portato dell’enunciazione del teorema
di indecidibilità di Kurt Gödel, della teoria della relatività
(ristretta e generale) di Albert Einstein e del principio di
indeterminazione/complementarità di Werner Heisenberg
/Niels Henrik David Borh li pone a fondamento di ogni
attività di studio e ricerca, ed al centro dell’intera vita
vissuta quotidianamente. Allora un’alternativa praticabile
al sanfedismo delle certezze e dell’arroganza è eliminare
le poche mele marce e forse pensionare anticipatamente
qualche vecchio trombone. Perché chi ha lungamente
combattuto la degenerazione affaristica, riconosce volentieri
gli effetti perversi e devastanti dell’esasperata concorrenza
accademica (per conquistare piccoli e/o grandi benefici,
a scapito di chiunque altro sia d’ostacolo), in luoghi dove
dovrebbe essere bandita, pena un punto di non ritorno,
quale la disgrezione di contesti civili minimi.
Chi più sa, sa che non sa
(Socrate).
Uguaglianza, democrazia e regime
La qualificazione e la distinzione dei regimi politici, nella
loro natura più profonda e nel passaggio dall’uno all’altro,
è l’atteggiamento di fronte all’uguaglianza (secondo la
lezione di Norberto Bobbio). Esso è il valore politico
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più importante ed oggi, tra tutti, il più negletto. Perché
dall’uguaglianza dipendono tutti gli altri valori; anzi da essa
dipende addirittura il rovesciamento nel loro contrario.
• Senza uguaglianza, la libertà vale come garanzia di
prepotenza dei forti e di oppressione dei deboli
• Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro
che stanno in alto diventano privilegi e per quelli che
stanno in basso concessioni e carità
• Senza uguaglianza, la società, dividendosi in strati,
forma gerarchie
• Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i primi è
ingiustizia per i secondi, perché: non c’è nulla di più
ingiusto che fare parti uguali tra disuguali (Lorenzo
Milani)
• Senza uguaglianza, la solidarietà si trasforma in
ingiustizia sociale
• Senza uguaglianza, le istituzioni, da luogo di protezione
ed integrazione, diventano strumenti di oppressione e
divisione
• Senza uguaglianza, il merito e le capacità sono sostituite
dal conformismo e la sottomissione
Nell’essenziale, senza uguaglianza, la società è un regime
castale, la dignità prostituzione e la democrazia oligarchia.
Allora quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le
forme di quest’ultima possono anche non scomparire, ma
si trasformano e rovesciano. I diritti politici diventano armi
nelle mani di gruppi di potere, per regolare conti della cui
natura, da fuori, non si è nemmeno consapevoli.
Oggigiorno si osserva una società, ormai divisa in strati,
non più comunicanti tra loro e diffusi fenomeni di
impoverimento e precarietà di una parte non piccola della
popolazione.
• Al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e
d’interesse, per i quali non c’è legge, perché è tutto
permesso e, se la legge è d’ostacolo, la si piega o si
cambia, oppure non la si applica.
• In mezzo, una società stratificata e sclerotica, tipo
Ancien Régime, dove la mobilità è sempre più scarsa e
la condizione sociale di nascita, sempre più, determina
il destino.
• Più in basso di tutti, stanno gli invisibili (e gli intoccabili),
senza diritti, obbligati a subire tutto, perché senza
protezione di legge che non li considera.
Se si accetta tutto questo, con un misto perverso di indifferenza
o rassegnazione, oppure sterile ribellismo, il resto viene di
conseguenza. Allora la coercizione dello stato è inegualmente
distribuita: maggiore quanto più si scende, nella scala
sociale, e minore quanto più si sale. Il diritto penale, di fatto,
è un diritto classista e, per i potenti, il processo penale non
esiste affatto. I diritti sociali e la garanzia pubblica sono
progressivamente sostituiti dall’intervento privato, dove chi
più ha più può. Non sorprende, se il lavoro, primo diritto
di cittadinanza, in base alla Costituzione, si riduca ad una
merce di cui fare mercato. È difficile dire, se quello attuale
sia un regime totalitario. Nel senso classico delle dittature
novecentesche: certamente no, tuttavia l’abbacinamento
della pubblicità ed il senso d’impotenza invitano a riflettere
seriamente (liberamente tratto da un autorevole intervento di
Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte Costituzionale).
Il labirinto della conoscenza e del sapere
(parzialmente tratto da una lezione di Umberto Eco)
Il mondo è suddiviso e ritagliato dalle astrazioni, e questi
frammenti parziali appaiono così aerei e privi di sostanza
da insinuare il dubbio, se sia ancora possibile reincollare il
mondo (Ernst Waldfried Josef Wenzel Mach). Forse è qui
che va cercata l’origine di un malessere che oggi si chiama
con molti nomi: modernità liquida, pensiero debole, paura
della scienza, relativismo, morte dell’arte e angoscia della
tecnica. Eppure è stato l’abbandono dei fondamenti che
ha permesso al pensiero di conquistare orizzonti nuovi e
sconfinati. Per quelle fondamenta si può provare qualche
forma di nostalgia, ma tale passione, alla fine, diventa
tensione verso il nuovo, ricerca del senso stesso del percorso
e della volontà di costruire forme. È dallo spregiudicato
riconoscimento di questa nostra condizione che può oggi
muovere un rinnovato illuminismo. Dopodiché, come
dicevano i personaggi del Dialogo galileiano, finito di
discutere come vanno i cieli (o di come si può algebrizzare
il lancio dei dadi), si può gustare, per un po’, il bello in
attesa.
Se i fatti non sono pensabili, a prescindere dalla struttura
proposizionale del linguaggio, e se opinioni ed asserzioni
risultano correggibili, solo a partire da altre opinioni ed
asserzioni, allora l’idea di una corrispondenza, tra i pensieri
e le cose che stanno fuori nel mondo, appare un’idea
fuorviante ed insostenibile. Non si può descrivere la natura,
usando un linguaggio unico ed immutabile. Di conseguenza,
nella prospettiva del pragmatismo, conoscere la realtà non
significa fotocopiarla, ma venire a capo delle sue sfide.
Si arriva a conoscere i fatti, solo imparando ad elaborare
costruttivamente un ambiente imprevedibile e complesso.
Le risposte che dà la natura sono sempre indirette, in
quanto restano legate alla struttura delle domande. Tutto
ciò che si chiama mondo non è la totalità dei dati di fatto,
ma l’insieme delle limitazioni cognitivamente significative
che sono imposte agli sforzi d’imparare dalle reazioni
della natura e di avere il controllo sulle stesse, a partire da
previsioni attendibili.
Una seconda e più radicale spinta dell’illuminismo deve
rinnovare le ragioni autentiche di una modernità che non
ha tenuto fede alle sue promesse. La modernità deve ricavare
Simbolo a forma di labirinto nella Domus de Jana di Luzzanas in
Sardegna, 6.000 a.C. circa
ogni normativa solo dal proprio interno. Non esiste nessuna
autorità, né un punto fermo, al di là dell’impenetrabile
vortice della contingenza. Nessuno può sottrarsi al proprio
contesto locale, senza ricadere immediatamente in un altro
contesto. D’altro canto, la condizione umana è caratterizzata
dal fatto che il realistico riconoscimento della finitezza
e dell’essere corruttibile della persona umana (fallibilità
della ragione, vulnerabilità del corpo e conflittualità della
convivenza) può trasformarsi nell’impulso creativo, a
migliorare società e cultura. In questa luce, si deve imparare
a considerarsi partecipi di una modernità consapevole,
affinché non si debba rinunciare alla speranza in un futuro
migliore che invoca inclusiva e fraterna convivenza, seppure
in questa società mondiale lacerata sul piano politico, sociale
ed economico, ed in modo precario ed indebolito.
A riguardo, una delle rappresentazioni più significative
della vastità e complessità della realtà, dove l’umanità si
trova immersa, è data dal labirinto. Infatti esso concepito,
costruito e rappresentato, fin da epoche antichissime,
mostra chiaramente la difficoltà di prendere decisioni, di
fronte a conoscenze, incomplete e incerte, da cui derivano
frequentemente condizioni di provvisorietà e precarietà.
Considerazioni strutturali sono poste ad ulteriore
dimostrazione delle difficoltà enunciate, in quanto è
certamente possibile uscire da un labirinto piano, anche se il
tempo di percorrenza può essere molto lungo. Al contrario,
se il labirinto è spaziale (e per ottenere questo bastano già
ponti e gallerie) ed esso è strutturato per corridoi (e non
per sale nel qual caso, trattandosi di una forma a cipolla, è
possibile ridursi ad una sua opportuna sezione piana), non
è mai possibile sapere, se un corridoio si ritorce su se stesso,
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ANNO III
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rientrando dall’esterno all’interno del labirinto (come un
filo spinto da un ago dentro un gomitolo).
Ritornando all’alternativa tra reincollare il mondo e
modernità liquida, relativamente ai modi di fare ricerca
scientifica e didattica conseguente, occorre ribadire
l’importanza di avere conoscenze ed interessi a largo
spettro, seppure in forma critica. Infatti se queste stesse sono
investigate scientificamente e didatticamente impartite,
allora è possibile evitare il rischio di ricerche monotematiche,
rincorrendo le mode del momento, e soprattutto una loro
prematura obsolescenza, dovuta agli inevitabili cambiamenti
delle esigenze ed attese sulla scena mondiale. Un primo
esempio è dato dalle tappe della formazione matematica
che deve partire nella scuola materna dalla conoscenza
dei numeri, crescere in quella elementare con le tabelline
(anche rovesce) e le frazioni, per giungere nella scuola
media alle potenze ed all’algebra, ed in quella superiore alle
disequazioni, alla trigonometria ed alla geometria analitica.
Solo così la modellazione matematica, tipica delle scienze
applicate, sarà davvero un habitus mentale acquisito.
Un altro grande esempio è dato invece dalla scoperta
fortuita della penicillina (in una coltura batterica uccisa
dalla muffa) che non sarebbe stata neppure apprezzata, se
non fosse stata lungamente cercata, nello stesso periodo.
Infatti essa è seguita all’epidemia della spagnola, alla fine
della prima guerra mondiale, che ha cancellato un decimo
della popolazione europea, tre secoli dalla peste bubbonica,
di manzoniana memoria, che ne ha cancellato il venti per
cento. In tre secoli, la società europea aveva fatto passi da
gigante (dalle carrozze ai veicoli a motore, anche aerei,
come pure dai piccioni viaggiatori ai telefoni ed alla radio),
ma la cura delle infezioni non aveva progredito altrettanto
(seppure l’Ottocento abbia studiato varie malattie e scoperto
importanti vaccini). Tutto ciò per dimostrare come solo una
conoscenza orizzontale permetta di conoscere ed apprezzate
le punte d’eccellenza e le svolte significative (entrambe
riconosciute, quasi sempre, a posteriori), evitando false,
assurde e pericolose mitologie di superuomini e/o supereroi.
Essere affamati di consolazione non consola affatto, perché una
fede compiacente non crede a ciò che crede, anche se non ha il
coraggio di smettere di credere; al contrario, bisogna disimparare
a sperare a vuoto, proprio da ciò che si rivela disperante
(Montaigne).
Esempi preclari di una conoscenza orizzontale sono i
dibattiti, tra scienziati e scienziati sociali e/o filosofi come,
ad esempio, quello su struttura della materia, le concezioni
cosmologiche e linguaggio matematico-statistico, tra
Wolfgang Pauli, un fisico teorico, e Carl Gustav Jung, uno
psicanalista.
54
L’esperienza ha mostrato che, sia la luce, sia la materia si
comportano, da un lato, come particelle granulari, dall’altro,
come onde. Questo risultato paradossale ha reso necessario
rinunciare ad una descrizione causale della natura, nel
consueto continuum spazio-temporale, sostituendola con
invisibili campi di probabilità, in spazi pluri-dimensionali,
che rappresentano propriamente lo stato raggiunto dalle
attuali conoscenze in materia
(C.G. Jung, Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche).
La riduzione della simmetria, ecco il cuore della bestia! Del resto,
la divisione è un antico attributo del Diavolo. … Il vecchio tipo
di spiegazione della natura, con il presupposto di un osservatore
indipendente, assume un decorso totalmente determinato dei
fenomeni naturali; invece la scienza odierna è giunta ad un
nuovo tipo di spiegazione. Il caso cieco, privo di finalità, e la
probabilità primaria, senza leggi deterministiche, con forza,
sottolineano l’elemento della libertà nei processi naturali
(W. Pauli, Psiche e natura).
Un altro dibattito, altrettanto fecondo, anche se non così
assonante, è avvenuto tra il linguista (genetista) Noam
Chomsky ed il filosofo (strutturalista) Michel Foucault,
sulla natura innata e biologica e/o sociale e culturale del
linguaggio. Infatti tutti gli assunti, grandi o piccoli, si
basano su un comune substrato biologico, una determinata
costruzione storica e convenzioni civili (a loro volta, per lo
più, basate su certi portati culturali).
Oggigiorno alcuni giovani filosofi analitici parlano di una
nuova metafisica, nel senso letterale del termine (cioè andando
“oltre le cose fisiche”), perché gli assunti sono convenzioni
non-verificabili sperimentalmente, ma invece regole di
comportamento comunque necessarie per procedere. A tale
proposito, per chi è meno giovane, non è facile nascondere
una certa perplessità di fronte ad una parola che richiama
ortodossie ed inquisizioni. Tuttavia poiché non è mai bene
essere bacchettoni in ogni direzione, è altrettanto doveroso
riconoscere come queste siano state perverse degenerazioni,
mentre nel mondo antico, la parola in sé abbia significato
solamente quanto il suo etimo esprime, senza pericolosi
fraintendimenti o strane forzature.
Di conseguenza, gli assunti per un certo tipo di pensiero,
linguaggio e/o comportamento sono una caratteristica
umana e hanno permesso una comunicazione aperta
ad ogni tipo di contenuto che, con svariate modalità e
differenti situazioni, ha favorito la costruzione di relazioni
sociali diverse. Allora l’informazione, da sempre essenziale, è
diventata via, via sempre più importante, perché supportata
dall’odierno sviluppo impetuoso dei media. In questo
contesto, prodotti scientifico-tecnologici, come:
• il mondo dei sistemi informativi a referenza spaziale
(geografici e/o territoriali, cioè aventi la referenza
spaziale forte, indotta dalle coordinate, oppure debole,
in quanto solo descrittiva, come pure tempo-varianti
e non, ovvero operanti su basi di dati dinamiche o
meno);
• la galassia delle immagini (dall’elaborazione delle
immagini digitali all’informatica grafica dei modelli
3D e delle mappe pluridimensionali di colore);
• lo sviluppo delle infrastrutture dell’informazione, con il
loro ruolo attivo nello spazio, perché queste autostrade
(fatte di reti di autostrade dedicate, come Internet, dove
contributi importanti sono dati anche dalla telefonia
mobile e dal Sistema Gnss: Global Navigation Satellite
SistemS, a loro volta, sempre più integrati), oltre alle reti
di servizi tecnologici, seguono le ferrovie ottocentesche
e le autostrade novecentesche,
devono essere studiati, comprendendo la loro complessità
postmoderna, con gli strumenti culturali propri delle
scienze umane, portando i loro contributi a sostegno
delle tecnologie dell’informazione, dando senso e
significato a metodologie e procedure, spesso semplici,
ma non riducibili a fatui giochetti, e concependo insieme
produttori e consumatori, in una negoziazione partecipata
di contenuti e valori.
OLTRE LE TRADIZIONALI ANALISI STATISTICHE GLOBALI
Centralità marginalità e circolarità5
Gli studiosi di teoria della comunicazione, da tempo,
hanno studiato bene i modelli di comportamento dei
media e gli stessi modelli possono essere utilizzati anche per
quel particolare settore che è la comunicazione scientificotecnologica, muovendosi dall’ambito dell’alta ricerca fino
alle applicazioni vere e proprie, come pure dalla didattica più
specialistica fino alla divulgazione di massa. La circolarità
tra produzione e consumo è messa bene in evidenza dalle
categorie di centro e margine che continuano a scambiarsi
vicendevolmente posizioni e ruoli. Pertanto il concetto di
margine e l’idea di marginalità si contrappongono a quella
di libertà creativa ed integrazione culturale. Infatti:
• la trasformazione burocratica del lavoro intellettuale
crea nuovi vincoli;
• la pratica critica si muove solo all’interno del contesto
5 Nella raccolta di documentazione da strutturare nei sistemi
informativi geografici e/o territoriali, il racconto delle storie
di vita, da un punto di vista geomatico, è uno strumento utile
per recuperare l’esperienza individuale, per riflettere e parlare a
riguardo, dove lo scienziato sociale si colloca dentro la comunità
(e non al di fuori). Oggigiorno poi a meno di accettare un mondo
acefalo, prigioniero della tecnica, è molto difficile ammettere
una separazione netta tra scienze umane e scienze fisiche, cosa
che mette tutti quanti in gioco, senza alcun punto di vista
privilegiato.
•
•
produttivo, a differenza di studi classici ormai antichi,
e può determinare, anche se non necessariamente,
appiattimento e standardizzazione;
la percezione dei vincoli (imposti o supposti), propria
della fase matura della modernità, da parte degli stessi
produttori di cultura, costituisce un limite alla propria
creatività;
il sapere comune si presenta ambivalente tra ammirazione
divistica e condanna per il successo.
La seguente tabella a doppia entrata mostra dove conducono
o cosa mantengono i processi, a partire da un’origine interna
od esterna, per giungere ad un destino di compatibilità od
estraneità.
ORIGINE-DESTINO
COMPATIBILITÀ
ESTRANEITÀ
INTERNA
mantenimento
espulsione
ESTERNA
assorbimento
interdizione
Origine è il punto di nascita di un elemento dell’industria
culturale, in senso lato, (interno od esterno, rispetto
all’industria stessa), mentre destino è il movimento
assunto rispetto al sistema (compatibile od estraneo, così
come l’elemento è compreso, costruito e trasformato,
indipendentemente dalla propria origine). Allora:
• il mantenimento è la conseguenza di un’origine
interna ed una compatibilità rispetto al sistema, perché
l’elemento è giudicato non conflittuale;
• l’assorbimento (è la conseguenza) di un’origine esterna
ed una compatibilità che causa un’accoglienza almeno
potenziale (ad es., verso l’innovazione culturale e/o
tecnologica);
• l’espulsione (è la conseguenza) di un’origine interna,
ma sentita estranea, perché l’elemento è diventato non
gradito (ad es., la spirale del silenzio);
• l’interdizione (è la conseguenza) di un’origine esterna
ed ancora estranea che può permettere vita propria,
in altri circuiti, senza entrare nel sistema (ad es., scelte
consapevoli di marginalità).
Tutte e quattro le situazioni sono concrete, dove i meccanismi
interni determinano avanzate e ritirate, mostrando le
caratteristiche proprie della dinamica della cultura. Del resto,
la circolarità culturale è ben rappresentata da un modello
di circuito culturale a diamante che si scompone in quattro
elementi: produzione e consumo, mondo sociale ed oggetto
culturale. Alcuni fattori agiscono sui processi.
• La selezione ideologico-culturale spiega, attraverso la
circolarità, perché alcuni contenuti, prima rifiutati,
tendano poi a diventare compatibili ed essere assorbiti.
• La centralizzazione produttiva comporta una selezione
55
ANNO III
•
•
•
•
•
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preventiva e determina la marginalizzazione di pur
interessanti elementi locali, anche se talvolta può
avvenire un recupero. In questo caso, pur non essendo
l’industria culturale a fare da traino, certe tematiche,
circolanti sotto-traccia nella società e nella sua cultura,
sono ugualmente inglobate.
L’ottimizzazione produttiva segue linee dettate dalla
specializzazione professionale: standardizzazione dei
processi e serialità dei prodotti (senza necessariamente
vedere uno scadimento della qualità, se si ha capacità
di attrarre autori provenienti da diverse esperienze),
nonché centralizzazione burocratica e finanziaria
(anche se la rete ha relativizzato il problema della
centralizzazione produttiva).
L’ordinamento e l’organizzazione dell’offerta integrano
ogni prodotto, in un catalogo, e lo valutano sulla base
della possibile risposta.
L’integrazione nell’offerta ha lo scopo di relazionare
un prodotto con altri prodotti analoghi o differenti,
al fine di formare un circuito appetibile, ed allora la
compatibilità con il consumo è un criterio di valutazione
della qualità, misurata in termini di successo, dove un
forte insuccesso determina la sparizione del prodotto.
La costruzione del consumo può servire / rispondere
per / ad un consumo spontaneo o auto-indotto (in
casi abbastanza rari), oppure etero-indotto (grazie alla
promozione dell’offerta).
L’adeguatezza culturale consiste nella capacità di
adeguarsi alla sensibilità del periodo, evitando di
far sentire esclusi, cosicché un collegamento leghi
produttori, editori e fruitori.
Non esiste alcun oggetto culturale non collegato al proprio
mondo sociale e, di conseguenza, gli oggetti culturali
svolgono sempre ruoli definitori nel mondo sociale. Pertanto
da un lato, il mainstream dell’industria culturale è connesso
alla galassia che lo attornia, dall’altro ciascun elemento ha al
suo interno una dialettica che può far emergere un qualsiasi
aspetto come dominante, grazie anche alla consapevolezza
di alcuni attori-intermediari culturali.
Per comprendere pienamente il mondo dei media ed i
suoi effetti, occorre parlare di comportamenti e giudizi
fortemente oscillanti, con apocalittici che attribuiscono
ai media ogni potere di manipolazione ed integrati che
celebrano l’utilità dei media. A loro volta, i media sono
divisi tra potenti, secondo la teoria ipodermica o critica, e
deboli o limitati, secondo la teoria a due stadi o di usi e
gratificazioni, e poi ancora di effetti su scala collettiva ed
effetti a scala limitata, come pure sul medio-lungo termine
ed a breve termine.
• Il modello dei differenziali o scarti di conoscenza
attribuisce effetti potenti ai media nel medio-lungo
56
•
•
•
periodo, perché la diffusione dei media è un fattore
d’aumento delle disuguaglianze sociali tra gruppi
sociali ricchi e poveri d’informazione, dovuto ad effetti
di retroazione ed alla capacità di far fronte al divario
informativo, come pure al sovraccarico.
La teoria della coltivazione si rivolge agli effetti a
lungo temine, perché un mezzo, più potente di altri
mezzi, agisce come costruttore della realtà, inducendo
ad assorbire, gradualmente e cumulativamente,
rappresentazioni della realtà che tendono a sostituire la
realtà stessa.
L’ipotesi moderna dell’agenda setting non costruisce
teorie o modelli ed indaga in modo non deterministico. Il
punto di partenza è la constatazione del divario tra realtà
vissuta e realtà presentata. Tuttavia il differente potere di
agenda su diversi argomenti (a riguardo, basti pensare
all’impaginazione dei temi o all’organizzazione di un
ordine del giorno) crea una dipendenza cognitiva e fa sì
che l’agenda dei media influenzi l’agenda del pubblico.
Il modello della spirale del silenzio riscontra, nelle
novità dei media, consonanza e cumulatività, dovute
a rappresentazioni omogenee ed addirittura unanimi,
ed alle caratteristiche pervasive del mezzo. La paura
dell’isolamento spinge al conformismo e ad aderire
all’opinione dominante, dando avvio ad una, davvero
catastrofica, spirale del silenzio, dove chi dubita o
dissente finisce zittito ed isolato. Tuttavia tale teoria, pur
utile in sé, ha un’intrinseca debolezza, testimoniata dalla
progressiva differenziazione delle modalità tecniche e
dei contenuti, e dal ruolo comunque alternativo, svolto
da minoranze attive.
L’egemonia culturale si esplica dapprima nel concetto
gramsciano d’egemonia delle classi dominanti, contro cui
combattono le classi subalterne, e successivamente in quello
del potere delle multinazionali che riducono il ventaglio delle
opzioni e presentano le proprie come le uniche possibili,
contro cui combattono i movimenti anti-globalizzazione (a
tale proposito, basta citare la protesta / proposta no-logo).
In quest’ottica, anche i media tendono ad amplificare la
cultura dominante, così chi non ha opinioni tende ad
accettare acriticamente le opinioni vincenti, mentre chi è
portatore di una cultura diversa tende ad isolarsi, nella spirale
del silenzio, anche se minoranze attive possono svolgere un
efficace ed efficiente ruolo alternativo.
• Leggere recensioni di opere, per poter essere aggiornato
sul dibattito culturale e, in particolare, scientificotecnologico;
• scegliere liberamente parecchie opere, per leggere testi
originali ed innovativi, oppure saggi a compendio di
una o più opere del passato, da quello più lontano a
quello recente, oltreché letteratura;
•
usare strumenti, anche minimi, di appuntazione,
riassunto e sintesi di quanto letto, con lo scopo precipuo
di avere una documentazione permanente personale;
• conoscere le più moderne direzioni della ricerca
scientifica e tecnologica attuale, comprese quelle
considerate secondarie e minori, valutandone
liberamente l’interesse personale;
• costruire una o meglio più propria/e linea/e di ricerca,
dove alternare formulazioni teoriche a verifiche
sperimentali, confrontandosi con altri interessati e
disponibili;
• documentare quanto svolto in lunghi e dettagliati
rapporti, dove nessuno possa dire di continuare così, se
l’intenzione reale è mantenere un qualche segreto;
• riassumere quanto svolto in lavori di sintesi,
destinati ad una maggiore circolazione, validazione e
dibattito, compatibilmente con le proprie capacità di
autopromozione,
sono i compiti possibili, particolarmente raccomandabili,
per queste minoranze attive6.
Scopo della scienza non è tanto quello di aprire
una porta all’infinito sapere, quanto quello di porre
una barriera all’ignoranza (liberamente tratto da
Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno e Max Horkheimer)
Non solo diritti ma anche doveri
Esiste una bella differenza tra fare scuola e fare feudo o
forse solo corte (ma è solo una differenza di potere e non
di stile), nonché e peggio famiglia, oppure addirittura
cosca. Una prima misura a conferma della bontà della
direzione intrapresa è data dalla presenza di donne,
rispettate sempre come persone e mai ridotte ad oggetto
(come di altre categorie, a torto, considerate marginali, ad
es., extracomunitari e portatori di handicap) e della relativa
importanza del ruolo svolto nel gruppo di lavoro. Infatti
esigue presenze o ruoli comunque subalterni denotano una
6
Ancora come già detto in precedenza, una relativa sicurezza,
contro possibili abusi, richiede un misto d’elegante etichetta,
liberamente contrattata e condivisa, e di pubbliche denunce,
senza troppi vergognosi compromessi. D’altra parte, chi non deve
farsi perdonare, da alcuno, azioni disdicevoli giovanili (e forse non
solo giovanili), quali il ribellismo estremista (talvolta addirittura
armato), il disfacimento della droga (dalla cui china senza ritorno
si ha avuto la fortuna di uscire per tempo, essendo tutto ciò forse
solo il portato di una diversa ricchezza patrimoniale familiare,
rispetto alla deriva dei più) e la prostituzione carrieristica (talvolta
proprio in senso volgarmente letterale), può ora permettersi una
totale libertà di pensiero, anche se deve tristemente constatare
di aver, nel tempo, subito eccessivi tentativi di contrazione
della libertà personale, così da sentirsi ormai privato della reale
possibilità di autopromozione in grande.
configurazione feudale o di casta del gruppo di lavoro, né
vale alcun richiamo a supposte tradizioni passate per le quali
esistono chiare e fondate spiegazioni.
A tale proposito, proprio l’uso della statistica (demografica)
permette di interpretare il passato, pur non potendolo
condividere. Nei secoli passati e, tanto più, quanto si risale
indietro nel tempo, la speranza di vita delle donne è stata,
di gran lunga inferiore, a quella degli uomini. Prova provata
è, ad esempio, la mancanza della figura della vecchia in
opere letterarie od artistiche, quasi con la sola eccezione
delle streghe (verso cui si è minacciosamente rivolto tutto
l’armamentario repressivo dei vari poteri costituiti) e delle
monache. Una spiegazione razionale individua quali cause
della mortalità (anche di donne della nobilità): matrimonio
precoce, numerose maternità ed assoluta mancanza d’igiene
e di una medicina sicura.
Del resto, le prime cinque lettere dell’alfabeto greco (risalente
al IX secolo a.C. e probabilmente derivato da precedenti
scritture sillabiche e/o ideografiche semite e camite) hanno
un antico legame con l’ordine parentale / gerarchico
di gruppi familiari / tribali (sociali) medio-orientali,
mediterranei ed indo-europei. Per primo viene il maschio
adulto (paragonato al toro a), secondo il maschio anziano7
(… al bue b) e terzo il maschio giovane (… all’ariete g),
solo quarta la donna (senza distinzione d’età, intesa come
fattrice di figli d o meglio D), infine ultimo il/la bambino/a
(paragonato ad una cosa piccola e: un bambino senza
genitori non è più nessuno e non esiste una parola contraria
di orfano8, perché perdere figli piccoli era irrilevante).
Allora occorre rilevare come la composizione sociale degli
studenti universitari e degli allievi del dottorato presenti,
sempre più, una presenza significativa di ceti popolari
e categorie più deboli (come le donne nei cui confronti
massimo deve sempre essere il rispetto, anche se purtroppo
si hanno esempi contrari).
Per tutti questi, il merito deve valere più delle
raccomandazioni di padri, padroni e padrini (con nepotismi,
clientele ed altre, poco edificanti, cordate), dove il merito
deve essere attentamente valutato, entrando nella sostanza,
caso per caso, e non derivare dall’applicazione automatica di
formulette risibili (spesso costruite, ad hoc, per dimostrare
fintamente tesi precostituite, di fatto, ad ulteriore conferma
delle suddette raccomandazioni).
7
8
Un’interpretazione alternativa propende per la casa, ma a ben
riflettere i vecchi e la casa non sono “cose” troppo lontane.
Questa ultima affermazione può un po’ stupire, non essendo
improbabile, anche in età antica, la perdita di un figlio adulto
da parte di un padre anziano (si pensi, ad esempio, nell’Iliade di
Omero: Priamo supplicante Achille per il corpo di Ettore, ucciso
in duello), ma così è evidentemente.
57
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Alcune semplicissime considerazioni permettono di dare
enfasi al merito, senza incorrere in crociate sanfediste che
hanno solo lo scopo di far volare gli stracci, affinché tutto
rimanga sostanzialmente invariato.
• Una prima raccomandazione generale, contro
tutte le clientele, suggerisce che chiunque vinca un
posto a concorso debba cambiare sede universitaria.
Un’eccezione può essere prevista solo per un concorso
dopo 15 (o forse 20) anni di servizio, nel ruolo
inferiore, in una stessa sede.
• Una seconda raccomandazione particolare, contro il
nepotismo, suggerisce che nessuno possa vincere un
posto a concorso nel settore scientifico-disciplinare di
un parente od affine fino al quarto grado9.
• Una terza raccomandazione particolare, contro tutte
le cordate, suggerisce che, se qualcuno (che ha parenti
od affini fino al quarto grado in un certo settore
scientifico-disciplinare) ha vinto un posto a concorso
in un altro settore scientifico-disciplinare, nessuna
persona (con parenti od affini fino al quarto grado
in questo secondo settore scientifico-disciplinare)
può concorrere a posti del primo settore scientificodisciplinare.
La terza raccomandazione è più laboriosa, ma impedendo
scambi, obbliga quantomeno a triangolazioni, togliendo
forza a cordate che hanno la loro forza in veloci corti
circuiti, pochi controlli ed omesse denuncie.
Non solo un filo rosso
Un filo rosso è il ricamo su una tela chiara, così come
un filo giallo è il ricamo su una tela scura. Allora quasi
identicamente, un segno rosso può essere una scritta
colorata su un foglio bianco (od uno schermo chiaro), così
come un segno giallo può essere una scritta colorata su
una lavagna nera (od uno schermo scuro). Gli altri colori
complementari (verde e blu, rispettivamente del rosso e
del giallo), per la non-equatorialità dei quattro colori base
(a due, a due complementari), possono svolgere funzioni
di supporto (ai primi due), ma sono meno adatti a formare
un ricamo e/o una scritta colorata, risultando troppo
pallido (il verde sul bianco) e quasi invisibile (il blu sul
nero).
Tutto ciò per spiegare il perché di un nome che è di
uso frequente, quando si vuole mettere in evidenza il
filo conduttore di un discorso prolungato od un’azione
continuata. In modo analogo, si può mettere in evidenza il
9
58
La scelta di controllare parentele ed affinità fino al quarto grado è
già presente nella formazione delle commissioni concorsuali e, di
conseguenza, così è stata ripresa, nulla vietando una sua estensione
a gradi più lontani, ove se ne ravvisi l’opportunità.
motivo conduttore di una scena rappresentata, rifacendosi
proprio al ricamo su una tela. In tal caso, la tela più
utilizzata (almeno nelle epoche più antiche) è la tela grezza
il cui colore chiaro è certamente più vicino al bianco che al
nero. Di conseguenza, il motivo del ricamo è di colore rosso
e non giallo (come su una tela scura), contribuendo bene
a spiegare ulteriormente il perché di un nome abbastanza
frequente ed altrettanto importante.
Eppure nonostante l’importanza del filo rosso per decorare
con un ricamo, esso non potrebbe essere messo in atto,
senza il supporto di una tela (grezza o chiara) che, con la
trama e l’ordito, costituisce il supporto indispensabile e
fondamentale, costitutivo del tessuto su cui si appoggia la
decorazione del ricamo. Allora anche qualsiasi discorso e
qualsiasi azione non possono esistere se non sono inserite
in un determinato contesto (geografico, ambientale,
antropico, storico, economico, sociale e culturale) che
li rendono possibili. Saper riconoscere l’importanza
del contesto, della sua relativa contingenza e della sua
possibile fragilità è un punto importante per dare la giusta
valutazione a quanto da questo deriva e consegue.
A tale proposito, il valore di tante collaborazioni, a partire
dalle persone più importanti ed in vista, per giungere a
quelle più umili e quasi-invisibili, si fonda su alcuni
semplici meccanismi di comportamento:
• svolgere un compito assegnato, con sollecitudine,
senza attendere richiami e soprattutto senza cercare di
farsi dimenticare dalla struttura di riferimento;
• adoperarsi per superare le inevitabili difficoltà
impreviste, invece di arrendersi alle prime difficoltà,
invocando aiuti che spesso portano ad una
sostituzione;
• sentirsi parte della struttura di riferimento ed operare
utilmente per essa, non comportandosi da estraneo
per diventare via, via sempre più inutile, perché una
struttura è un luogo di produzione e/o servizio, e non
un ente assistenziale per i dipendenti, come intesa da
qualcuno (evidentemente inadatto).
Tutto ciò per riconoscere l’importanza di moltissime
persone umili che, in modo davvero poco visibile,
permettono lo svolgimento di tutte le varie attività. Infatti
dagli impiegati di segretaria ai commessi, dagli addetti alla
sicurezza a quelli alla pulizia, dai tecnici dei vari laboratori
agli operai dei servizi tecnologici, qualcuno ha un ruolo
poco visibile e moltissimi sono pressoché invisibili. Eppure
certamente, senza di loro, non sarebbe possibile la vita
associata e, in questo caso specifico, gli studi, la ricerca e la
didattica, tutti i lavori che, da queste (e dagli studi a monte
ed anche a valle), derivano e conseguono.
Solo una falsa concezione solipsistica può far ignorare
Giuseppe Pelizza da Volpedo, Il quarto stato
(Museo del ‘900, Milano)*.
tali contributi10, così come i contributi di quanti hanno
affiancato l’autore negli studi, vissuto insieme le attività di
ricerca e partecipato (da discenti e/o docenti collegati) alle
attività didattiche. L’idea solipsistica di qualcuno (quasi
fosse un semidio) che assurge alle vette inesplorate del
sapere (così come del fare e/o del potere), quando tutti gli
altri sono persi nella palude dell’ignoranza (dell’inazione
e/o della condizione servile) è totalmente errata, oltre
che particolarmente odiosa. Solo l’umana solidarietà
è capace di concepire, mettere in atto e consolidare
qualcosa di positivo, in un mondo complesso, caotico e
contraddittorio, e purtroppo spesso capace di generare
situazioni negative.
Non esistono le razze (Dacia Maraini)
Le razze non esistono. Si può parlare solo di popoli e di
culture diverse, non di razze.
Allora negli anni ’40 (del ‘900), non era una cosa scontata.
L’Europa intera era invasa da ideologie razziste. Non credere
alle divisioni dovute al colore della pelle, alla forma del naso
o dei capelli era cosa che pochi osavano affermare. … (Solo
un serio) antropologo non poteva pensare altrimenti, ma
pure andava contro corrente e ne era consapevole, … (data
la sua) profonda antipatia del principio di superiorità di un
popolo sugli altri.
Poi la guerra è finita, molti hanno capito quanti guai e
catastrofi abbia portato il razzismo. Sembrava che la grande
maggioranza degli europei fosse stata vaccinata contro la
malattia. E invece ecco qui, di nuovo con le teorie della
diversità che regolarmente si accompagnano al concetto
di superiorità di una cultura, di una religione, di una
nazionalità sulle altre. Idee che affascinano soprattutto i
giovani, sedotti da intolleranze che a loro appaiono nuove
ed alla moda, mentre sono antichissime e prevedibili.
10 Fra questi meritano rispetto e menzione anche quelli più umili, fino
agli addetti alle pulizie, in realtà indispensabili e fondamentali.
* Non è difficile, né irriverente, identificare gli odierni precari,
come un moderno e tristissimo quarto stato!
La pratica della cancellazione dalla memoria naturalmente
peggiora le cose. … Ma la cultura del mercato diffida della
memoria e fa di tutto per offuscarla. Anche le affascinanti
prospettive di una revisione storica che azzera le responsabilità
delle scelte storiche non aiutano certo a capire.
Come dice, con saggezza popolare, Sancho Panza: “nel
mondo ci sono solo due razze, quella di chi ha e quella di
chi non ha”. Sono sempre quelli che hanno (potere, soldi,
proprietà, cittadinanza, diritti, voce in capitolo) a stabilire
cosa debbano fare e dire quelli che non hanno. I quali, quasi
sempre, per poter lavorare, per avere una casa e vivere in
pace, si adeguano. Salvo poi, alla goccia fatidica, prendersela
col più debole, la moglie, i figli.
Eppure l’Europa conosce bene i patimenti dell’emigrazione.
Mi pare che, mentre siamo stati bravissimi nello sviluppare
una cultura dell’emigrazione, non abbiamo finora saputo
creare una cultura dell’immigrazione, dell’accoglienza, del
buon esempio e delle regole.
Fra l’altro tutti ammirano gli Stati Uniti per la loro energia
e la loro potenza, e non tengono conto che sono il paese al
modo che più ha saputo accogliere e fare sue culture anche
lontane, con le loro religioni, le loro abitudini sociali, le loro
filosofie, le loro tradizioni. Ed è stata proprio la capacità di
trasformare tanti stranieri in ferventi americani che fa la
forza del paese più potente del mondo.
Io non chiedo a che razza appartiene un uomo, basta che
sia un essere umano, nessuno può essere qualcosa di peggio
(Dacia Maraini, Il sale sulla coda)11.
11 Quanto segue è un esempio, semplice e piccolo, ma buono che chi
scrive ha avuto modo di mettere in atto, pur tuttavia senza alcuna
presunzione di merito. È facile pensare all’Africa nera come un
posto dove nulla di buono possa esistere, niente possa funzionare,
nessuna positiva prospettiva possa essere concepita, ma è falso! In
un mare di contraddizioni (che sarebbe ugualmente falso negare),
persone educatissime, volonterose e competenti hanno contribuito
per un ottimo simposio di un livello dignitosissimo. Come ovunque
nel mondo, si sono alternati momenti alti a testimonianze di un
onesto lavoro, senza tuttavia mai cadere nella banalità. Infatti
dal 1996 al 2000, chi scrive ha avuto l’onore di servire la Società
Internazionale di Fotogrammetria e Telerivamento (ISPRS),
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ANNO III
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Senza memoria, non c’è coscienza
(Henri Louis Bergson).
Bologna, 12 Agosto – … tanti indigenti che giacciono per le
strade, e gridano pane; non so se per loro colpa, o d’altri – so
che domandano pane. Oggi tornandomi dalla posta mi sono
abbattuto in due sciagurati menati al patibolo: ne ho chiesto
a quei che mi si affollavano addosso; e mi è stato risposto, che
uno avea rubato una mula, e l’altro cinquantasei lire per fame.
Ahi Società! E se non vi fossero leggi protettrici di coloro che
per arricchire col sudore e col pianto de’ proprj concittadini li
sospingo al bisogno e al delitto, sarebbero poi sì necessarie le
prigioni e i carnefici? …
(Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)12.
Libertà vo cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta
(Dante Alighieri, Divina Commedia).
Da tutto ciò, si noti come la modernità, contenendo già
in se stessa il pericolo del totalitarismo, faccia sì che, ad
esempio, i media (compresi quelli geomatici) diventino
potenti strumenti di controllo sociale e politico. Infatti tutti
i media possono diventare pericolosi, non di per sé, ma a
causa della loro modernità. Come ben evidente, è sempre
un problema di misura ed opportunità. L’avverbio “sempre”
è volutamente scritto, per sottolineare problemi antichissimi
e sempre nuovi, poiché da “c’è tempo e tempo” (Qohelet)
a “c’è modo e modo” (di un’etica estetizzante come una
semplice etichetta, liberamente contrattata e condivisa),
corre un intervallo di tempo di oltre 2000 anni di storia.
Pur nella compressione di tempi antichissimi, circa
altrettanti ne sono corsi dalle prime saghe sumeriche ed
accadiche, sulla creazione, al sopraccitato libro sapienziale
biblico, poi nel corso del medioevo d’oriente, ripreso dalla
tradizione ebraica dalla Qabbalah. Allora con un ben preciso
riferimento alla teoria dei numeri, è interessante notare la
presenza molto antica di numeri cosiddetti geomatici: 7
come responsabile del Gruppo di Lavoro della Commissione
Tecnica n. 6: Cooperazione Internazionale e Trasferimento di
Tecnologie. In questa veste, quattro simposi sono stati organizzati
in differenti parti del mondo (Argentina, Indonesia, Africa subsahariana ed Est-europeo), cosicché i vari corrispondenti (quasi
400 persone, sparse circa 60 paesi diversi) potessero, almeno una
volta, partecipare direttamente, presentando il contributo del loro
lavoro e contribuendo, con la discussione, a mettere in comune
e confrontare con gli altri esperienze, problemi e prospettive.
Fra questi incontri, il terzo merita di essere citato, perché la sua
organizzazione e messa in atto a Cotonou nel Benin, dal 6 al 10
dicembre 1999, è stata certamente una scommessa vinta, una sfida
riuscita ed un pieno successo.
12 Anche ai giorni d’oggi, la politica del primo colpo e la guerra
permanente sono certamente risposte gravemente sbagliate.
60
(questo primo numero anche astronomico), 17 e 32 (accanto
ad altri numeri, biologi od astronomici, rispettivamente
come: 2, 5 e 10, come pure 12 e 14, mentre 3 è soprattutto
un numero teologico), dal racconto mitico della creazione,
in sette giorni, fino alle trentadue vie della sapienza13.
Qui merda che cola da tutte le parti e fifa generale
(Leo Longanesi).
I libri sono pieni delle parole dei saggi, degli esempi degli antichi,
dei costumi, delle leggi, della religione. Vivono, discorrono,
parlano con noi, ci insegnano, ci ammaestrano, ci consolano,
ci fanno presenti ponendole sotto gli occhi cose remotissime
nella nostra memoria. Tanto grande è la loro dignità, la loro
maestà, e infine la loro santità che se non ci fossero i libri
noi saremmo tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo del
passato, senza alcun esempio; non avremmo conoscenza alcuna
delle cose umane e divine; la stessa urna che raccoglie i corpi,
cancellerebbe anche la memoria degli uomini (da una lettera
del cardinale Basilio Bessarione14 al doge di Venezia Cristoforo
Moro, Viterbo, 31 maggio 1468).
È probabilmente vero in linea di massima che della storia del
pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai
punti d’intersezione tra due diverse linee di pensiero
(Werner Karl Heisenberg).
Ogni volta che un oppresso pone mano alle armi in nome della
giustizia, muove un passo nel campo dell’ingiustizia
(Albert Camus).
LA STIMA ED IL RISPETTO
Stima è un termine bivalente, anche se i due significati sono
fra loro collegati. Infatti stima è insieme valutare ed essere
valutato. Così la stima effettuata è connessa alle operazioni
di misura, mentre la stima concessa e/o ricevuta si collega al
rispetto. Questo ultimo è certamente necessario e dovuto,
per il mantenimento di buoni rapporti di relazione tra
gli esseri umani, e si perde a fronte di comportamenti
considerati illegittimi. L’assassinio, la menzogna, la frode
e gli abusi sessuali sono alcune delle tante forme, facenti
13 Il numero trentadue deriva dalla somma di ventidue consonanti
dell’alfabeto ebraico e dieci cifre (da uno a dieci). A loro volta, le
ventidue consonanti possono essere raggruppate in 17 consonanti
(simili alle consonanti indoeuropee) ed altre cinque consonanti.
Queste ultime sono: due semiconsonanti, due consonanti mute ed
una consonante che raddoppia l’aspirazione della consonante h.
14 Basilio Bessarione (detto anche Giovanni Bessarione), filologo
umanista ed filosofo neoplatonico, è d’origine balcanica, scuola
greco-bizantina ed a lungo ha vissuto in Europa occidentale, per
missioni diplomatiche, svolte con spirito conciliatore ed unitario.
sì che il rispetto venga perso, tanto verso se stessi, quanto
riferendosi a quello concesso agli altri e/o ricevuto da
questi. Tralasciando discorsi ovvi sulla menzogna e la
frode, purtroppo discorsi sensati devono essere fatti, ancora
oggigiorno, sulla gestione della sessualità.
Infatti sembra quasi assurdo15, ma si oscilla spesso tra
tesi, cosiddette puritane o perbeniste (talvolta solo
fintamente, come nel caso di vizi privati e pubbliche virtù),
e l’esaltazione del libertinaggio che riduce donne16, da
membri di una propria corte dei miracoli fino a semplici
oggetti del proprio divertimento. Tutto ciò è purtroppo
cosa non infrequente anche negli ambienti accademici17,
dove si trova chi, forte del suo ruolo (perché ad altri
subalterni non sarebbero concessi, né tollerati), disturba
giovanissime/i, oppure intrattiene rapporti ambigui (anche
se forse consenzienti, quando ostentati pubblicamente) che
inducono menti deboli al pettegolezzo. Per quanto riguarda
invece il superamento delle tesi puritane, la storia del
quadro della Natività di Filippo Lippi e dello stesso pittore
sono altamente eloquenti.
Infatti Filippo Lippi, orfano in tenera età (la madre muore
di parto e perde precocemente il padre e la zia paterna) ed
in convento da ragazzo, assiste all’affresco della Cappella
Brancacci, da parte di Fra Masolino e del suo grande
allievo Masaccio. Cappellano, a Prato, dipinge la suddetta
Maternità, avendo per modella della Madonna una giovane
e bellissima suora (Lucrezia Buti). Dalla loro unione, nasce
Filippino Lippi e, otto anno più tardi, Alessandra. Lo
scandalo, bigotto e codino, è risolto da Cosimo il Vecchio
de’ Medici che scrive al Papa umanista Pio II (al secolo,
Enea Silvio Piccolomini, nato a Pienza, già Corsignano, nel
senese), affinché i due ottengano una dispensa dai voti che è
accordata. L’epoca è il tardo medioevo: ecco la differenza tra
un umanista ed un inquisitore, come tragicamente, poco più
tardi, davanti alla Riforma e per tutta la Controriforma.
Anche la storia di Filippino Lippi è significativa. Infatti al
lavoro, già da ragazzo, come garzone di bottega, dapprima
con il padre, nei lavori per la decorazione del Duomo di
Spoleto, e successivamente, rimasto orfano, con il Botticelli,
acquista infine uno stile personale che lo fa antesignano del
manierismo, praticato poi dagli allievi di Michelangelo
fino a Caravaggio. Rimarchevole è la continuità e la
collaborazione, pur tra rivalità e contrasti, tra questi artisti,
ovvero Fra Masolino, Masaccio, Filippo Lippi, Botticelli
e Filippino Lippi. Da qui, un insegnamento, affatto
secondario, porta a considerare la collaborazione (ed il
rispetto) superiori alla competizione (ed al dileggio). D’altra
parte, mentre è insensato stabilire classifiche tra i migliori,
spiace non aver mai visto alcuna censura, verso le poche
mele marce (cioè i peggiori, di gran lunga).
Due pensieri di René Descartes (italianizzato in Cartesio)
ed Immanuel Kant, tratti rispettivamente dal Discorso del
metodo e da Per la pace perpetua, prendono in considerazione
i problemi collegati a quelli della stima e del rispetto nei
confronti del metodo scientifico e della democrazia.
Al posto del gran numero di regole della logica, pensai che
sarebbero bastate le quattro seguenti:
• La prima, non accettare mai per vera nessuna cosa che
non conoscessi con evidenza come tale: ovvero evitare la
precipitazione e la prevenzione, e non accogliere nei giudizi
niente che non si presentasse alla mente, in modo così chiaro
e distinto, da escludere ogni motivo di metterlo in dubbio.
• La seconda, dividere ciascuna delle difficoltà che avrei
esaminato, in quante più parti fosse possibile e richiesto,
per risolverle meglio.
• La terza, svolgere con ordine i pensieri, cominciando dagli
oggetti più semplici, per risalire, poco a poco, come per
gradi, fino alla conoscenza dei più complessi.
• La quarta, fare dappertutto rassegne così generali, da essere
certo di non omettere nulla
(Cartesio).
La costituzione, fondata sul principio della libertà dei membri
di una società, sul principio della dipendenza di tutti da
un’unica legislazione e sulla legge dell’uguaglianza, è l’unica
costituzione che derivi dal contratto originario su cui deve essere
fondata ogni legislazione giuridica ed è repubblicana. Ora
la costituzione repubblicana ha anche la prospettiva del fine
desiderato, cioè della pace perpetua
(Kant).
Bibliografia
15 Fortunatamente si può considerare l’assassinio un caso rarissimo,
tra le persone perbene che, se incorrenti, cessano di esserlo.
16 I cambi di genere sono dovuti e certamente reali, ma occorre
constatare, forti anche di una ben diversa distribuzione del
potere, come gli abusi perpetrati da uomini siano di gran lunga
più numerosi di quelli perpetrati dalle donne.
17 Del fatto che situazioni analoghe si verifichino anche in altri
ambienti, ad esempio, politici, militari, ecclesiastici, ecc., non
sminuisce la gravità della cosa, anzi …
Bellone E. 2008. Molte nature – Saggio sull’evoluzione culturale.
R. Cortina Ed., Milano.
Gallino L. 2007. Tecnologia e democrazia – Conoscenze tecniche
e scientifiche come beni pubblici. Einaudi, Torino.
Stiglitz J.E. 2006. La globalizzazione che funziona – Un mondo
migliore è possibile. Gli struzzi Einaudi, Torino.
Habermas J. 2005. L’Occidente diviso. Ed. Laterza, Bari.
61
FORMAZIONE
Solai
di legno
di Franco Laner
Prosegue la pubblicazione della serie di 6 dispense sul tema
dell’impiego del legno strutturale in edilizia. Materiale
legittimato dalle recenti Norme tecniche per le costruzioni
(NTC), D.M. 14 genn. 2008. L’insieme delle dispense sarà
strumento utile per i tecnici progettisti. Un vero vademecum
per l’utilizzo del legno. Franco Laner, prof. ordinario di
tecnologia dell’architettura all’Università Iuav, da anni tiene
un corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”.
Legno solo a vista?
Immediatamente, alla parola solai di legno, il pensiero
corre agli splendidi cassettonati rinascimentali o al serrato
ritmo di un solaio veneto con travi unidirezionali a stretto
interasse oppure ancora ai decorati e intarsiati motivi delle
stube tirolesi: comunque la parola solaio di legno evoca il
legno a vista (figure 1, 2, 3).
Il legno dunque, se si usa per un solaio, deve necessariamente
vedersi?
Non pretendo di smentire questa regola, ma voglio
brevemente considerare anche l’idea di un solaio di legno
che non sia a vista, ovvero che il legno, come altri materiali
strutturali, possa svolgere questa sola funzione, senza
esibirsi.
Né voglio semplicemente riesumare un concetto che, sotto
la spinta del Razionalismo del secondo dopoguerra, portò
a nascondere solai – concepiti a vista – con controsoffitti
intonacati, per sottolineare pulizia, asetticità, geometria e
perfezione che i locali d’abitazione dovevano avere e che
ora, nelle ristrutturazioni, si tornano a mettere a vista.
Nascondere travi di legno e mattoni a vista negli anni
62
della ricostruzione postbellica, fu anche un tentativo di
cancellare i segni della cultura contadina e sottolineare la
trionfale entrata dell’industrializzazione nel nostro Paese.
Se ora si tolgono i controsoffitti e intonaci per mostrare solai
e mattoni a vista, è per perseguire un altro atteggiamento
culturale: nostalgia dell’arcadia perduta, voglia di sottrarsi
all’imbuto alienante della caotica realtà odierna o di illudersi
di vivere in un luogo, sano, protetto, naturale, che il legno
ed il mattone evocano.
Cercando di superare questi condizionamenti, che più
o meno consapevolmente sono congelati nel modo di
intendere la nostra abitazione, il legno – secondo me –
avrà raggiunto una sua piena maturità di impiego quando
non sarà necessariamente posto a vista. Una struttura di
legno potrà allora essere nascosta dietro pannelli acustici,
finiture metalliche grigliate o lamellari, a strati antincendio,
a rivestimenti ceramici o laterizi, a colorate lastre di
cartongesso o simili.
Niente da fare! Chi impiega il legno per un solaio, lo vuole
vedere! Anche quando il suo scopo principale è strutturale,
il legno va esibito! Ovvio, il legno è bello e va mostrato
(figure 4 e 5)!
Eppure sono convinto che il legno sarà davvero alternativa
strutturale quando sarà indifferentemente esibito o
nascosto.
Nel leggere gli annunci economici per la vendita di case,
ultimamente noto spesso un plus di persuasione: locali con
travi di legno a vista. Legno dunque indicatore di prestigio,
capace di valorizzare una parete della stanza, troppo a lungo
ridotta a una superficie assolutamente piana, intonacata,
In senso orario
Figura 1. Il cassettonato è elegante, classico, forbito. (Dipinto
di Melozzo da Forlì, Sisto IV e il Platina, Musei Vaticani).
Figura 2. Il solaio a vista del palazzo del Lionello a Udine. Le
travi principali sono su tre appoggi, ovvero continuano nel
locale adiacente allo scopo di legare i muri, considerato che
siamo in zona sismica (Archivio Laner).
Figura 3. Bellissimo decoro del solaio di legno a vista,
realizzato per una villa nel trevigiano da Barel Legnami
(Archivio Laner).
Figura 4. Legno, legno e ancora legno! Ricordiamo che il
legno è protagonista anche quando non è onnipresente!
Figura 5. Legno, mattone, ferro sono i materiali capaci di
evocare l’arcadia perduta.
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liscia senza nessun arricchimento, se non un lampadario.
E pensare che prima del solaio in ferro-cemento o laterocemento o solo cemento armato (in pratica prima degli
anni ‘30 dello scorso secolo) il soffitto era la parete più
articolata, curata, bella. Ora, non so perché – trascorsa
l’enfasi razionalista – si torna a guardare in su ed il legno
sembra poter appagare questa nuova aspettativa.
Un’altra piccola osservazione preliminare: un solaio in legno
è costituito da travi, più o meno distanziate, comunque
appoggiate e incastrate ai muri, con la più ovvia delle
soluzioni. Eppure, non solo le varianti sono moltissime,
ma addirittura c’è ancora spazio per l’invenzione, specie
per le possibilità offerte dall’ibridazione del legno col c.a. o
altri materiali, dai nuovi possibili incastri con le macchine
a controllo numerico per la realizzazione di cassettonati
bidirezionali, o ancora innovazione può essere offerta
speculando su soluzioni storiche, aggiornandole con le
moderne tecnologie e sistemi di unione del legno.
Se si escludono gli orizzontamenti di grande luce (>10-12
m), considerato il carattere di questa nota che privilegia
l’edilizia abitativa, le tipologie più impiegate sono
riconducibili ai solai unidirezionali e solai bidirezionali.
Voglio fare un’ultima annotazione sul destino del legno
negli interni abitativi.
Nell’interno della casa di montagna, sudtirolese in
particolare, c’è il legno sopra, sotto, sulle pareti. Di legno è
l’arredo, gli strumenti per il lavoro, fino agli utensili (figura
6). Il legno qui non è esibito, è! Risponde alla categoria della
necessità, piegata a comfort e intima, vissuta, bellezza!
Poi magari, considerate le forti caratteristiche del legno
di assorbimento della luce e suono, si cerca di riscattarne
il caloroso avvolgimento e per non soccombere al suo
stringente abbraccio si introducono colori vivaci, delle
tovaglie, delle decorazioni, dei fiori!
Penso che il legno possa essere protagonista nei nostri
ambienti, anche se non è onnipresente. Le pareti intonacate
e bianche, la presenza di materiali freddi, vetro, acciaio,
pietra possono ancor più far risaltare la presenza del legno.
Basta poco, appunto un solaio a vista. L’umiltà e la sobrietà
pagano più della prepotenza.
Solaio a travetti unidirezionali con vari interposti
È la tipologia più diffusa, perché ovvia ed immediata.
Eppure le varianti sono molte di più di quanto la semplice
regola presupponga. Posare un tronco d’albero fra due
appoggi per passarvi sopra, credo sia un gesto istintivo,
come avvicinare con l’aiuto di un bastone un frutto su un
ramo troppo lontano. Sono “atti tecnici” – ci ricorda il
famoso antropologo André Leroi-Gourhan – di cui sono
capaci anche altri animali. Invece, quando il tronco è più
corto della luce da superare, c’è bisogno di “intelligenza”
per progettare il modo di congiungere il tronco con altri
per rendere comodo e sicuro il passaggio. Se all’utilitas e
alla firmitas, aggiungiamo venustas, ecco che l’istintivo
gesto tecnico diventa atto mentale, progetto, architettura.
In altre parole non è sufficiente, per realizzare un solaio di
legno, appoggiare travi da un muro all’altro!
Trascurerei allora i solai composti da semplici tronchi o travi
uso Trieste, a meno di non voler dare un effetto rusticopioneristico al solaio. Fra l’altro, considerato che la sezione
della trave è variabile, perché segue la rastremazione troncoconica dell’albero, per ottenere un minimo di planarità del
piano del solaio, bisogna avere l’avvertenza di appoggiare le
travi alternativamente, di testa e di coda, oppure spessorare
gli appoggi.
L’unico vantaggio di lavorare con tronchi scortecciati,
a parte il particolare risultato formale, è che le fibre non
vengono interrotte da squadrature o tagli: perciò, a parità
di sezione, la resistenza del tondame è sempre superiore allo
squadrato, ovviamente a parità di area della sezione.
Generalmente le travi vengono posate unidirezionalmente
sui muri principali e portanti, con vari interassi, che
dipendono dall’interposto progettato, dalle sezioni
disponibili, dalle luci e dai carichi. Se l’interasse fra le travi
è nullo – travi accostate – si ha un “solaio pieno”, a cui
si può ricorrere in caso di carichi eccezionali (figura 7).
Figura 6. Stube tirolese.
L’abbraccio caldo del legno è totale.
Quasi soffocante! Si capisce però
che non è ostentato.
Figura 7. Solaio con travetti
accostati per sopperire al notevole
carico di carta d’archivio del
tribunale di Verona.
64
In senso orario
Figura 8. Prove di rottura sul travetto prefabbricato Stek dell’Habitat legno con interposta lana di legno o polistirolo (Archivio Laner).
Figure 9a, 9b. L’interasse fra i travetti di questi solai unidirezionali è dettato dalle dimensioni dell’interposto laterizio.
Figura 10. Particolare di un solaio “alla Sansovino”, caratterizzato dal fatto che le tavole interposte sono ordite parallelamente alle travi
(Archivio Laner). Altra interpretazione di un solaio unidirezionale con tavoloni sovrapposti.
Questa tipologia è tipica degli impalcati per ponti di legno
nel Nordamerica. L’aggiunzione della precompressione
trasversale degli elementi accostati potrebbe portare
innovazione anche nell’edilizia civile ed industriale, specie
per partizioni molto caricate.
Anche l’innovativo travetto Stek, dell’Habitat Legno,
formato da tavole esterne che contengono a sandwich
l’isolamento di poliuretano o lana di roccia, con predisposto
il maschio-femmina e capace di notevoli interassi fra gli
appoggi intermedi appartiene alla tipologia dei travetti
accostati (figura 8).
La recente diffusione sul mercato di pannelli ad elevato
spessore, fino a 16 cm e 125 cm di larghezza, di tavole
sovrapposte e incrociate, vero e proprio compensato di
tavole, ormai comunemente chiamato Xlam, è un’alternativa
per costruire solai, di cui si parlerà a proposito di solai
bidirezionali.
Quando invece le travi semplicemente appoggiate sono fra
loro distanziate, l’interasse è stabilito principalmente dal
tipo di interposto.
Ad esempio, se decidiamo che l’interposto sia la pianella
(chiamata anche altinella o tavella, a seconda dei luoghi) in
laterizio (figure 9a, 9b), la sua misura determina l’interasse,
tenendo conto che l’appoggio del laterizio deve essere ≥ 2-3
cm.
Invece, qualora l’interposto sia costituito da tavole di
legno (accostate, immaschiate, distanziate), se sono poste
ortogonalmente, l’interasse è variabilissimo, da pochi cm a
qualche metro, potendo giocare sullo spessore delle tavole.
Qualora le tavole siano poste parallelamente (“a correre”),
l’interasse è limitato dalla massima larghezza (non più di
25cm, eccezionalmente fino a 30cm, perché non è facile
trovare tavole di 35cm di larghezza). Questo solaio è detto
anche “alla Sansovino” (figura 10).
Tale ultima tipologia, che impone stretti interassi fra le travi
principali (un pieno/un vuoto, un pieno/un vuoto e mezzo,
un pieno/due vuoti) è tipica della villa veneta e del palazzo
veneziano: la scansione ed il ritmo che restituisce, conferisce
armonia e bellezza all’intradosso del solaio, suscettibile anche
di trattamento superficiale, con pitture o delicati motivi, più
spesso solo smaltato.
C’è anche un motivo tecnologico alla base del serrato ritmo
di questi solai: devono infatti sopportare il forte carico
permanente del “terrazzo veneziano” (15 cm di conglomerato
di calce = 250 kg/mq) finito col famoso seminato, trattato
a cera. Ci si accorgerebbe infatti di entrare in una villa o
palazzo veneziano anche bendati – dico esagerando ai miei
studenti – sia per il profumo delle onnipresenti rose nel
giardino, ma soprattutto per l’odore di cera dei solai e per la
loro vibrazione, specie del salone nobile, dovuta al semplice
calpestio, per la scarsa rigidezza del solaio in legno rispetto
alla luce e ai forti pesi propri.
Quando, come interposto, si useranno – ora sono ancora
poco presi in considerazione – pannelli di legno, multistrati,
compensati, l’interasse sarà del tutto discrezionale e
modulare.
Siccome tale uso è tecnologicamente conforme, sia per la
rigidezza che i pannelli possono aggiungere ai solai, sia per
la loro stabilità igrometrica, sia per la possibilità di scelta a
seconda delle prestazioni previste (la statica è solo una fra le
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Figura 11. Impiego di plywood per la costruzione di una scala (da Puu, n. 1/2002)
Figura 12. Disegni di orditura di solai di celebri trattatisti ed architetti, ordinati
cronologicamente: a V. de Honnecourt (inizio sec.XIII); b D. Barbaro (1567); c S. Serlio
(1584); d J.B. Rondelet (1831); e R. Emy (1856); f Da Holzbau Atlas (1978)
Figura 13. Alcuni modi per formare travi composte con due o più travi. Le biette cilindriche
-anche da prove sperimentali (Laner, 1992)- si sono dimostrate le più efficaci, perché meglio
ripartiscono lo sforzo di taglio longitudinale senza concentrare le tensioni. (da G. Giordano,
La moderna tecnica delle costruzioni di legno, Hoepli, 1964)
tante prestazioni oggi richieste ad un solaio), sia per le finiture
possibili, non passerà, a mio avviso, molto tempo per il loro
massiccio impiego, anche se occorrerà risolvere il problema
dell’interfaccia col muro (ammorsamento del solaio) e
superare sciocchi luoghi comuni che assegnano ai pannelli di
vario tipo il ruolo di surrogato del legno (figura 11).
Non so se tornerò su questo argomento, ma si ponga tutta
l’attenzione a questo accenno sui pannelli a base di legno, di
cui prevedo un larghissimo successo in edilizia, non solo per le
eccezionali caratteristiche isotrope ed igrotermiche, ma anche
per velocità esecutiva che consentono (ovviamente “a secco”),
per il contenimento dei costi e per il controventamento
che inducono alle varie partizioni, orizzontali, verticali ed
inclinate.
Come interposti dei solai in legno unidirezionali sono stati
impiegati i più svariati materiali edili. Oltre al legno, al
laterizio, l’interposto può essere di elementi di calcestruzzo,
con tutte le sue derivazioni (armato, fibrorinforzato, alveolato,
alveolare, alleggerito in vari modi, ecc.) a seconda dei requisiti
chiesti ai solai (isolamento acustico, termico, antisismico,
antincendio…) e la tradizione è ricca di soluzioni legate ai
luoghi, all’invenzione.
Nuove soluzioni di interposti, ad esempio pannelli in legno
arricchiti di ornato e colore o carichi di plus tecnologico
(per gli impianti) renderanno questa tipologia di partizione
orizzontale ancora suscettibile di innovazione, nonostante la
quasi banale soluzione di base, data dalle travi appoggiate sui
muri opposti.
66
Ma la stagione è pronta per un cambio epocale che sarà quello
dei solai di legno prefabbricati, da completarsi “a secco” o con
getti di calcestruzzo collaborante.
Solai a travi bidirezionali
Il solaio a travi bidirezionali, ovvero il solaio che scarica
il peso sui quattro muri del vano da coprire penso abbia
origine dalla necessità di coprire vani di luce notevole, da
interrompere con grosse travi rompitratta o con intrecci di
travi.
La manualistica del passato infatti non si sofferma sui solai
unidirezionali, di scarso interesse tecnico, quanto piuttosto
sul suggerire modi per interrompere vani di luce notevole o
di confermazione geometrica inusuale (figura 12)
Le travi rompitratta sono generalmente composte dalla
sovrapposizione di due o più travi, proprio perché non ci
sono sezioni naturali sufficienti (figura 13). Oggi la massima
sezione massiccia commerciale – legno di abete o di larice
– è di 30 x 40 cm, sufficiente fino a 7-8 m di lunghezza.
Si possono, ordinando con largo anticipo, trovare anche
misure maggiori, ma considerando che i tempi fra l’ordine
e la posa sono sempre stretti, si ricorra alla trave composta,
che si dimensiona come una trave di sezione omogenea,
se la sovrapposizione è tale da impedire ogni scorrimento
longitudinale.
Fra le travi rompitratta, che hanno interasse fra 1,5 m e 3,
massimo 4 m, si ordisce la struttura secondaria. L’interfaccia
fra la trave rompitratta e la secondaria si può ottenere in
vario modo come si vede nei disegni 14. Anche se i grandi
vani non ci sono nelle normali case di abitazione, ma
sono propri dei palazzi e degli edifici di rappresentanza
sociale e civile, questa articolazione del solaio si presta
all’arricchimento formale, all’ornato e alle più raffinate
decorazioni, che hanno portato il cassettonato all’apice
della bellezza dei solai in legno, assai diffuso nell’Italia
centrale, ma presente anche al Nord.
Il cassettonato dunque è quasi l’archetipo di bellezza
del solaio in legno, che suggerisce una interpretazione
strutturale bidirezionale, di cui sono state date diverse
soluzioni come la sequenza di immagini 15 e 16.
Il vantaggio di realizzare una effettiva piastra ortotropa è
di duplice natura: diminuire il momento flettente e quindi
aumentare la rigidezza del solaio e secondariamente caricare
uniformemente i quattro muri del vano, con evidenti
vantaggi statici per l’intero edificio.
Questa non facile tipologia strutturale, in cui non si
deve distinguere fra travi principali e secondarie potrà a
mio avviso trovare soluzione con l’aiuto delle macchine
a controllo numerico che renderà possibile, veloce ed
economica la realizzazione degli incroci a quattro o a tre
vie, con minimi indebolimenti della sezione resistente
(figura 17).
Altra considerazione. C’è una forte tendenza a mettere in
mostra la struttura (travi a vista). Ma, se differenziassimo,
“stratificassimo” le varie funzioni del solaio, così come
alla funzione portante di un solaio in latero-cemento
aggiungiamo lo strato di finitura e protezione (intonaco)
perché non pensare ad una aggiunzione – ovviamente
lignea – che si interfacci, totalmente o parzialmente allo
strato portante, considerata anche la facile applicabilità
e smontabiltà di “cose” col legno? Ciò consentirebbe di
superare una difficoltà, oggetto di continuo contenzioso,
che si ha quando oltre alla funzione statica si pretende dal
legno anche la bellezza visiva, che sono due cose diverse:
si studi formalmente ciò che si desidera che rimanga in
mostra, la pelle, senza che essa necessariamente coincida
con la struttura. In fin dei conti, il rivestimento di perline,
applicato all’intradosso delle travi, è la prima banalissima
risposta a questa idea, che potrebbe essere di molto
migliorata.
Ripeto il concetto in un altro modo. Se allo strato portante
del solaio assegnassi solo la funzione statica, senza pormi
alcun problema se sia bello o meno, riuscirei a ridurre i
costi? Sicuramente, se non altro, potrei costruirlo con
legno ricomposto, oppure con travi di sezione alta e stretta,
staticamente efficienti. Se mi posso svincolare dal fatto
Figura 14. Le travi secondarie possono essere semplicemente
sovrapposte alla principale, oppure essere poste “in spessore”. Esempi.
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estetico e concentrarmi solo su quello strutturale penso che
ne deriverebbe innovazione!
E quindi procedere al rivestimento. Insomma, dove è scritto
che ciò che vedo debba riportami alla verità strutturale?
E la menzogna è sempre meno bella del vero?
Nella calda ed intima “stua” ampezzana o “stube” tirolese, il
rivestimento di legno delle pareti e del soffitto non mostra
ciò che sta dietro, ma non incuriosisce saperlo, perché ciò
che mostra è totalmente appagante!
Oggi, grazie ad alcuni interessanti prodotti, come pannelli
di tavole incrociate di forte spessore, si possono realizzare
delle vere e proprie solette ortotrope, ovvero un’unica
lastra che scarica sui 4 muri, con grandi vantaggi, non solo
esecutivi, ma anche dal punto di vista della concezione
scatolare degli edifici, assai indicata in zone sismiche, dove
queste tipologie costruttive potranno avvalersi di fattori di
duttilità assai favorevoli. La figura 18 fa vedere un solaio
presollecitato trasversalmente con barre poste nel cuore
dei conci e sottoposta a rottura per verificarne l’effettivo
comportamento biassiale. A questi ed altri tipi di solai, privi
di travi sottosporgenti, si applicherà lo strato di finitura,
che darà “il carattere” agli ambienti. Conclusione questa
assai simile a quella del precedente paragrafo, ma visto che
sono convinto, la ripeto!
Dall'alto:
Figura 15. Malcesine (Vr). Particolare del solaio ligneo del Palazzo dei
Capitani restaurato 15 anni fa da Peter Cox, progetto arch. F. Laner.
Figura 16. Cassettonato di una sala voltata nel veronese
(Archivio Laner).
Figura 17. Solaio bidirezionale da realizzarsi con macchine cnc
(Tesi di laurea R. Liberali, relatori Laner-Gasparini, con assistenza
gruppo Uniteam/R. Borriero, Ve, 2004).
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Sulla rigidezza dei solai
Le prestazioni oggi richieste ad un solaio sono assai
numerose: esso deve essere barriera per suoni e rumori,
isolante alla trasmissione del calore. Non devono dar luogo a
manifestazioni di condensa. Lo strato strutturale e portante
deve prestarsi ad essere facilmente completato da strati
di finitura all’intradosso e all’estradosso ed agevolmente
devono poter trovar sede gli impianti e le canalizzazioni,
oggi assai numerosi ed ingombranti.
Un solaio deve resistere al fuoco ed avere bassa reazione
alla fiamma. Deve essere bello, ma questa, per il legno, è
la minor difficoltà. Inoltre si deve poter ben ammorsare ai
muri portanti ed ai loro cordoli – non solo per questioni
sismiche – ma anche per la durabilità: si sa che proprio le
teste delle travi sono le parti maggiormente vulnerabili e
facilmente marcescibili se a contatto con umidità di risalita,
o di pioggia battente o semplicemente perché non aerate.
Di un ulteriore requisito voglio dire più specificatamente,
appunto della rigidezza che, per le strutture sottoposte a
flessione, non è altro che il prodotto EJ del modulo di
elasticità (E) per il momento di inerzia (J) della sua sezione
trasversale rispetto all’asse neutro. Se si vuole, la rigidezza
è l’attitudine di resistere alle sollecitazioni con piccole
deformazioni.
Si sa che il modulo di elasticità del legno è relativamente
basso. Varia fra 70.000 e 110.000 Kg/cm2 a seconda delle
specie legnose che normalmente si impiegano e risente
Figura 18. Prova a rottura di un solaio componibile di legno lamellare presollecitato trasversalmente (Laner, 1990).
Figura 19. Parete fessurata perché appoggiata su di un solaio di legno poco rigido.
anche del tenore di umidità. Ad esempio il legno fresco
ha modulo E più basso di quando avrà perso l’acqua di
costituzione (“stagionato”) e pertanto la rigidezza deve
essere suffragata da più alti valori del modulo di inerzia,
ovvero da caratteristiche geometriche della sezione.
I tradizionali solai in cemento armato, latero-cemento, in
acciaio, facilmente sono rigidi, proprio per l’alto modulo
E dei materiali che li costituiscono. Anche a pieno carico
hanno deformazioni (frecce elastiche) assai contenute,
in pratica inferiori al millesimo della luce (ad esempio la
freccia di un solaio di 5 m di luce non supera il mezzo
centimetro).
Essi garantiscono, anche nel tempo, la rettilineità
dell’intradosso e le tramezze che gravano sui solai
tradizionali non si fessurano, né si distaccano intonaci o
quant’altro è ad essi appiccagliato.
Chi vive in una casa con solai di legno – penso ora a tutte
le ville venete o ai palazzi veneziani – sa di essere su di un
solaio di legno, anche se non lo vede, perché esso è poco
rigido e si mette a vibrare solo se si salta. Il trattamento
con la cera del terrazzo (pavimento alla veneziana) aveva
anche la funzione, oltre che di dar lucentezza e profumo,
di chiudere le esili fessure e le piccole crepe che le reiterate
deformazioni provocavano.
Verrebbe da dire che queste vibrazioni e deformazioni sono
fisiologicamente intrinseche al solaio di legno e come tali
le si devono accettare, anzi ricercarle: che senso avrebbe un
solaio veneziano assolutamente rigido?
Invece ad un nuovo solaio di legno oggi si chiede di
comportarsi, anche dal punto di vista della rigidezza, come
uno tradizionale, realizzato con altri materiali. Perciò si
deve pretendere dal calcolatore o dal fornitore di un solaio
di legno che la freccia sia contenuta in 1/1000 della luce.
Saremo così sicuri di avere quella necessaria rigidezza che
evita ogni tipo di futura patologia (figura 19).
Le Norme tecniche per le costruzioni, finalmente,
introducendo le verifiche agli Stati Limiti di Esercizio,
prescrivono di tener conto delle deformazioni differite.
Così, facendo ben attenzione e tenendo conto del basso
modulo di elasticità del legno, ci si avvicina al millesimo
sopra auspicato.
Ma un solaio di legno è in grado di contenere e limitare così
drasticamente la freccia?
I sistemi ci sono e con spesa contenuta. Basta attentamente
adottare le nuove tecnologie, in particolare quelle miste
legno-calcestruzzo, che oggi si mostrano con giusto orgoglio
nelle fiere e sul mercato, come il Flap e l’LPR della Peter
Cox. Oppure si consumi un po’ più legno!
Gli unici che non hanno capito la necessità di contenere la
freccia sono i prescrittori e normatori che ancora pensano
che sia sufficiente contenere la freccia ammissibile in
1/300- -1/500 della luce. Da questo punto di vista, il già
citato DM 14 genn. 2008, sia l’Eurocodice 5, dovrebbero
essere più “rigidi”, poiché il contenimento deformativo è
un obiettivo che va perseguito da chi ha eletto il legno a
materiale strutturale.
Interfaccia solaio-muro
Finora ho parlato di tipologie. Non vorrei che si pensasse
che mi piacciono solo le descrizioni e allora concludo il
capitolo rispondendo ad una domanda che viene spesso
fatta, constatando che i solai in legno sono vulnerabili
proprio nell’appoggio al muro. Come fare in modo che tale
interfaccia sia ben eseguito?
Per comodità dividerei la questione in due risposte, l’una
riguarda l’esecuzione in modo da garantire l’efficienza statica
dell’ammorsamento, l’altra la durabilità. Per quest’ultima
l’imperativo è uno solo, fare in modo che la testa delle
travi sia sempre asciutta. E ciò si ottiene non facendo
mai arrivare l’acqua o se arriva (per umidità ascendente,
per pioggia battente, per vapore ambientale, per ponte
termico…) fare almeno in modo che sparisca in fretta, cosa
che si ottiene con la ventilazione. Perciò meglio di tutto
è permettere l’areazione staccando la testa dal contatto col
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Sopra - figura 20. Ancoraggi tradizionali delle travi di legno dei solai alla muratura.
Sotto - figure 21 a, b. Attacco al cordolo del Solaiopronto della Peter Cox di Verona. Il getto del cordolo viene eseguito in due fasi. La prima
per l’appoggio del travetto e la seconda dopo la posa del travetto. Il solaio rappresenta un nuovo concetto di prodotto per solai misti legnocalcestruzzo per una edilizia sempre più veloce e di qualità tecnologica.
muro ed interponendo un appoggio isolante o comunque
di “sacrificio”.
Se l’appoggio è sicuramente asciutto, non importa che il
legno sia staccato.
Nemmeno proteggere le teste con trattamenti preservanti
(es. carbolineum, bruciatura, cuffie) serve granché, perché
né si elimina la causa (la presenza di umidità) né si rimedia
significativamente alla presenza.
Dal punto di vista statico, è necessario che solaio e muro
siano fra loro ben ammorsati. Questa condizione deve
essere sempre perseguita, sia in zona sismica, sia normale,
70
perché l’ammorsamento è la condizione di funzionamento
della scatola muraria. Guai se l’interfaccia fra la partizione
verticale ed orizzontale sia indebolita (figura 20).
Generalmente la muratura a livello di imposta di solaio si
conclude con un cordolo ed in questo il solaio va annegato.
Se il solaio è misto (figure 21a, 21b) l’operazione è facile;
è facile anche quando non ci sono problemi di umidità
poiché le travi possono essere “affogate” nel getto. Si
possono anche predisporre delle sedi. In caso di restauro
di solai si può ricorrere a sistemi suggeriti dall’esistente,
oppure “staccare”, con dormienti, mensole, scarpe, il solaio
Dall'alto:
Figura 22. a) trave semplicemente appoggiata; b) trave in continuità;
c) trave incastrata.
dal muro, oppure ancora ammorsarlo tramite sedi a coda
di rondine o protesi metalliche. Il progetto del solaio di
legno dunque, non può limitarsi alla campata, ma deve
comprendere il suo appoggio al muro. La soluzione di
questo dettaglio rivela l’abilità del costruttore, perché è
davvero il punto più delicato ed importante, non solo per
il funzionamento del solaio, ma dell’intero edificio.
Raccomando sempre, negli edifici in muratura, che siano
cerchiati a livello di solaio. Ci sono diversi modi per
realizzare ciò, ma il cordolo in c.a. è tutt’ora il principe di
tali apparecchi.
Sulla superficie minima di appoggio, ci si regoli sulla
constatazione che la compressione trasversale del legno
(sz) è assai bassa (25-30 kg/ cm2), ma anche il materiale
di appoggio potrebbe essere poco resistente, esempio
la muratura può avere resistenza alla compressione di
8-10 kg/cm2 per cui, con riferimento alla figura 22a
viene, ammettendo che la ripartizione del carico T sia
triangolare:
c = 2T / asz
c = lunghezza di appoggio
a = base dell’appoggio
T = reazione
sz = resistenza massima ammissibile o del muro o della
trave
Nel caso di appoggio intermedio (figura 22 b), la relazione
appena scritta va ancora bene.
Se non si eseguono calcoli una regola pratica è che la
lunghezza di appoggio c sia almeno uguale ad a.
Nel caso di incastro, la reazione agisce al di sotto della
trave in un primo tratto e al di sopra nel tratto estremo.
Se si ammette che la ripartizione sia lineare e si considera il
diagramma delle pressioni come risultante dei due dovuti
alla reazione T ed al momento M, risulta:
sz = 2T/axc + 6M/ac2
Ad esempio si voglia calcolare per quanti cm (c) debba
essere infilata una trave a sbalzo di legno di abete (20x25)
in un muro di mattoni con sz = 8 kg/ cm2
Con riferimento alla figura 22c, viene:
M = 300x1,30/2 = 250 kgm = 25000 kgcm
T = 300x1,3 = 390 Kg
sz = 2T/axc + 6M/ac2 per sz = 8 kg/ cm2
8 = 2x390/20c + 6x25000/20c2
8c2 – 39c – 7500 = 0 e risolvendo l’equazione
c = 33 cm
La trave va infissa dunque per 33 cm. Se fosse stata
incastrata nel c.a., allora il problema è da guardare con
riferimento alla resistenza a compressione della trave e per
una tensione di compressione di 25 kg/cm2, la profondità
minima c verrebbe di 12 cm, che si porterebbero a 20 cm
per rispettare la regola pratica che la lunghezza di infissione
c sia almeno uguale alla larghezza della trave.
71
COSTRUZIONI
Lavori Pubblici:
verifica e validazione
del progetto,
procedure
di aggiudicazione
per la selezione
dell'operatore
economico
e varie garanzie di rito
di Mauro Cappello
GEOCENTRO/magazine pubblica, di Mauro Cappello,
Ingegnere e Ispettore Verificatore del Ministero dello Sviluppo
Economico, la terza delle sei lezioni del corso “Normativa e
procedure alla base della realizzazione delle opere pubbliche”
tenute nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma
“La Sapienza”.
La versione video della lezione è visionabile gratuitamente
sul sito www.filotecna.it, sezione “e-learning”.
La fase di aggiudicazione dell’appalto ha lo scopo di
selezionare l’operatore economico che dovrà realizzare
l’opera pubblica.
Da un punto di vista generale l’aggiudicazione comincia
solamente dopo che il progetto oggetto di gara è stato
validato dalla Stazione Appaltante ed è quindi stato
sottoposto ad una serie di verifiche che mirano ad
accertarne la correttezza, l’aderenza alle indicazioni date
dall’Amministrazione ed infine l’immediata eseguibilità
(spesso denominata anche “cantierabilità”).
La verifica della progettazione prima dell’inizio dei
lavori
Il tema delle verifiche cui deve essere sottoposta la
72
progettazione è trattato all’art. 112 del Codice dei
contratti, che riprende molte delle disposizioni
originariamente introdotte dalla Legge 109/1994 agli
articoli 30 e 19, integrandole con nuove norme.
Il Codice prevede che tutti i livelli di progettazione
(preliminare - definitivo - esecutivo) debbano essere
sottoposti a verifica.
Le operazioni di verifica sono governate dagli articoli
da 44 a 59 del Regolamento di attuazione del Codice
dei contratti (D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), debbono
accertare che il progetto sia aderente alla normativa
vigente, che sia completo relativamente all’insieme degli
atti autorizzativi.
L’articolo 52 del Regolamento detta i principali criteri
generali di verifica dei progetti e prevede una ricognizione
generale degli elaborati al fine di stabilire che il progetto
sia adeguato per essere fondamento della successiva
procedura di aggiudicazione.
Il D.Lgs. 163/2006 prevede che il soggetto incaricato
delle attività di verifica sia munito di apposita polizza
di responsabilità civile professionale, estesa al danno
all’opera, dovuto ad errori od omissioni nello svolgimento
delle attività di verifica, le cui caratteristiche sono definite
all’art. 57 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
Qualora le citate attività fossero svolte da personale
interno all’Amministrazione, l’onere di pagamento della
polizza deve essere a carico dell’Amministrazione stessa
e deve comparire nel quadro economico del progetto,
sotto la voce delle somme a disposizione.
Il comma 5 dell’articolo 112 del Codice individua la
soglia, per l’importo dei lavori, pari a 20 milioni di
euro al di sotto della quale le attività di verifica possono
essere svolte dagli Uffici tecnici delle stazioni appaltanti
se la progettazione è stata svolta da progettisti esterni
ovvero se le Amministrazioni dispongono di un sistema
interno di controllo di qualità, ovvero da altri soggetti
autorizzati.
Se invece l’importo dei lavori è uguale o supera la soglia
di importo di 20 milioni di euro, allora le citate verifiche
debbono essere effettuate da organismi di controllo
accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN
ISO/IES 17020
Per quanto riguarda la polizza di garanzia del soggetto
verificatore, essa deve avere durata specifica fino alla data
di emissione del certificato di collaudo definitivo o di
regolare esecuzione.
Art. 52 D.P.R. 207/2010 - Criteri generali della verifica
1. Le verifiche sono condotte sulla documentazione progettuale per ciascuna fase, in relazione al livello di progettazione, con riferimento ai seguenti aspetti del
controllo:
a) affidabilità;
b) completezza ed adeguatezza;
c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità;
d) compatibilità;
intendendosi per:
a) affidabilità:
1. verifica dell’applicazione delle norme specifiche e delle regole tecniche di riferimento adottate per la redazione del progetto;
2. verifica della coerenza delle ipotesi progettuali poste a base delle elaborazioni tecniche ambientali, cartografiche, architettoniche, strutturali, impiantistiche e
di sicurezza;
b) completezza ed adeguatezza:
1. verifica della corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell’affidamento e verifica della sottoscrizione dei documenti per l’assunzione delle
rispettive responsabilità;
2. verifica documentale mediante controllo dell’esistenza di tutti gli elaborati previsti per il livello del progetto da esaminare;
3. verifica dell’esaustività del progetto in funzione del quadro esigenziale;
4. verifica dell’esaustività delle informazioni tecniche ed amministrative contenute nei singoli elaborati;
5. verifica dell’esaustività delle modifiche apportate al progetto a seguito di un suo precedente esame;
6. verifica dell’adempimento delle obbligazioni previste nel disciplinare di incarico di progettazione;
c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità:
1. verifica della leggibilità degli elaborati con riguardo alla utilizzazione dei linguaggi convenzionali di elaborazione;
2. verifica della comprensibilità delle informazioni contenute negli elaborati e della ripercorribilità delle calcolazioni effettuate;
3. verifica della coerenza delle informazioni tra i diversi elaborati;
d) compatibilità:
1. la rispondenza delle soluzioni progettuali ai requisiti espressi nello studio di fattibilità ovvero nel documento preliminare alla progettazione o negli elaborati
progettuali prodotti nella fase precedente;
2. la rispondenza della soluzione progettuale alle normative assunte a riferimento ed alle eventuali prescrizioni, in relazione agli aspetti di seguito specificati:
a. inserimento ambientale;
b. impatto ambientale;
c. funzionalità e fruibilità;
d. stabilità delle strutture;
e. topografia e fotogrammetria;
f. sicurezza delle persone connessa agli impianti tecnologici;
g. igiene, salute e benessere delle persone;
h. superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche;
i. sicurezza antincendio;
l. inquinamento;
m. durabilità e manutenibilità;
n. coerenza dei tempi e dei costi;
o. sicurezza ed organizzazione del cantiere.
LAVORI ORDINARI
IMPORTO DEI LAVORI
SOMMA GARANTITA DALLA POLIZZA DEL VERIFICATORE
I minore di euro 4.845.000,00
5% dell'importo lavori con limite di euro 500.000,00
I maggiore o uguale a euro 4.845.000,00
10% dell'importo lavori con limite di euro 1.500.000,00
LAVORI DI PARTICOLARE COMPLESSITÀ
IMPORTO DEI LAVORI
SOMMA GARANTITA DALLA POLIZZA DEL VERIFICATORE
Può essere richiesto un massimale superiore ad euro 1.500.000,00 fino al 20% dell'importo lavori con un limite di euro 2.500.000,00
Qualora il soggetto verificatore sia coperto da una polizza generale allargata all'intera attività, allora la citata polizza deve essere integrata attraverso idonea
dichiarazione della compagnia che attesti la volontà di coprire anche le attività di verifica
Tabella 1 – Caratteristiche della polizza del soggetto verificatore – (Art. 57 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207)
73
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
La validazione del progetto
La validazione del progetto posto a base di gara è l’atto
formale che recepisce gli esiti delle verifiche, è sottoscritta
dal responsabile del procedimento e fa esplicito riferimento
al rapporto conclusivo del soggetto verificatore ed alle
eventuali contro deduzioni del progettista.
Nel caso in cui il Responsabile del Procedimento dovesse
essere in disaccordo rispetto alle risultanze delle verifiche,
dovrà esporre le proprie motivazioni all’interno dell’atto
di validazione o mancata validazione, sarà quindi
l’Amministrazione aggiudicatrice a prendere la decisione
finale in accordo con le proprie disposizioni regolamentari
interne.
I contratti pubblici di lavori – Art. 53 D.Lgs. 163/2006
I lavori pubblici possono essere realizzati solamente tramite
due tipologie di procedimento:
• contratto di appalto;
• contratto di concessione.
Per definire la concessione di lavori pubblici, si potrebbe
dire che essa è un contratto concluso in forma scritta fra un
imprenditore ed un’amministrazione aggiudicatrice, aventi
ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione
esecutiva e l’esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica
utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente
collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica.
La controprestazione a favore del concessionario, che
finanzia la realizzazione delle opere, consiste nel diritto di
gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti
i lavori realizzati.
Per quanto riguarda invece l’appalto di lavori pubblici, esso
concerne nella sottoscrizione di un contratto tra un soggetto
pubblico ed un operatore economico (soggetto privato) che
realizza, a fronte di un prezzo pagato dal soggetto pubblico,
un lavoro od opera.
Nell’ambito dei contratti di lavori pubblici, il decreto o la
determina a contrarre definiscono le modalità esecutive del
contratto, ovvero:
•
•
solo lavori;
progetto esecutivo + lavori, sulla base di un progetto
definitivo redatto dall’Amministrazione;
• previa acquisizione del progetto definitivo in sede di
offerta (sulla base di un progetto preliminare redatto
dall’Amministrazione), esecutivo + lavori .
Gli stessi contratti sono sempre stipulati a corpo, le
Amministrazioni hanno facoltà di stipulare a misura i
contratti, solamente nei seguenti casi:
• appalto di sola esecuzione di importo inferiore ad euro
500.000,00;
• contratti d’appalto relativi a manutenzione, restauro e
scavi archeologici;
• opere in sotterraneo, ivi comprese le opere in fondazione
e quelle di consolidamento dei terreni
Quando il contratto è stipulato a misura, il prezzo
convenuto può variare, in aumento o in diminuzione,
secondo la quantità effettiva della prestazione.
In questi casi, il capitolato fissa i prezzi invariabili per unità
di misura e per ogni tipologia di prestazione.
In un medesimo contratto possono essere comprese
prestazioni da eseguire a corpo e a misura.
Le procedure per l’individuazione degli offerenti – Art.
54 D.Lgs. 163/2006
L’argomento delle procedure da utilizzare per l’individuazione
dei soggetti offerenti è trattato all’articolo 54 del Codice dei
contratti pubblici, dove il legislatore richiama ben quattro
tipologie di procedura:
• procedure aperte;
• procedure ristrette;
• procedure negoziate;
• dialogo competitivo.
Procedure aperte
Nelle procedure aperte, tutti gli operatori economici
interessati possono presentare offerta per concorrere
all’assegnazione dell’appalto.
Procedure ristrette
Nelle procedure ristrette gli operatori economici presentano
la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini
fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie
offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella
lettera invito.
Alle procedure ristrette, sono invitati tutti i soggetti che ne
abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti
di qualificazione previsti dal bando.
Figura 1 – Tipologia di contratti pubblici – appalto – concessione.
74
Procedure negoziate
Le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti
pubblici mediante procedura negoziata, previa
Dialogo competitivo
Le stazioni appaltanti possono avvalersi del dialogo
competitivo, nel caso di appalti particolarmente complessi,
qualora ritengano che il ricorso alla procedura aperta o
ristretta non permetta l’aggiudicazione dell’appalto.
Figura 3 – Procedure per l’individuazione degli offerenti
pubblicazione di un bando di gara, solamente quando
ricorrono le seguenti ipotesi:
a. quando, in esito all’esperimento di una procedura
aperta o ristretta o di un dialogo competitivo,
tutte le offerte presentate sono irregolari ovvero
inammissibili, in ordine a quanto disposto dal
presente codice in relazione ai requisiti degli
offerenti e delle offerte. Nella procedura negoziata
non possono essere modificate in modo sostanziale
le condizioni iniziali del contratto. Le stazioni
appaltanti possono omettere la pubblicazione del
bando di gara se invitano alla procedura negoziata
tutti i concorrenti in possesso dei requisiti di cui agli
articoli da 34 a 45 che, nella procedura precedente,
hanno presentato offerte rispondenti ai requisiti
formali della procedura medesima. Le disposizioni
di cui alla presente lettera si applicano ai lavori di
importo inferiore a un milione di euro;
b. nel caso di appalti pubblici di lavori, per lavori realizzati
unicamente a scopo di ricerca, sperimenta-zione o
messa a punto, e non per assicurare una redditività o
il recupero dei costi di ricerca e sviluppo.
Il ricorso al dialogo competitivo per lavori è consentito
previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Ai fini del ricorso al dialogo competitivo un appalto
pubblico è considerato «particolarmente complesso»
quando la stazione appaltante:
• non è oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici
atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi,
• non è oggettivamente in grado di specificare
l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto.
Possono essere considerati particolarmente complessi, gli
appalti per i quali la stazione appaltante non dispone, a
causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi
in merito alla identificazione e quantificazione dei propri
bisogni o all’individuazione dei mezzi strumentali al
soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche
funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie
degli stessi e all’analisi dello stato di fatto e di diritto di
ogni intervento nelle sue eventuali componenti storicoartistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle
componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche,
amministrative e tecniche.
La seduta di gara
La prima seduta di gara deve essere adeguatamente
pubblicizzata, infatti il Regolamento prevede che il bando
rechi l’indicazione del giorno e dell’ora di inizio della
seduta, inoltre essa può essere interrotta ed aggiornata
Il Consiglio Superiore dei lavori pubblici è il massimo Organo tecnico consultivo dello Stato, cui è garantita l’indipendenza
di giudizio e di valutazione; ha autonomia funzionale, organizzativa e tecnico-scientifica.
Le competenze istituzionali del Consiglio Superiore si esplicano attraverso le seguenti attività:
•
attività consultiva, che consiste essenzialmente nell’emissione, da parte dell’Assemblea Generale o delle Sezioni, di pareri obbligatori sui progetti di lavori
pubblici di competenza statale o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo superiore a 25 milioni di euro, nonché di pareri richiesti da
altre amministrazioni pubbliche centrali e locali;
•
attività normativa che consiste nell’elaborazione ed aggiornamento di norme tecniche e di indirizzo (circolari, linee guida, capitolati tipo) in materia di
sicurezza delle costruzioni e di opere speciali;
•
rappresentanza presso Enti ed Organismi nazionali ed internazionali competenti in materia di qualificazione e sicurezza dei materiali e prodotti da
costruzione;
•
attività di certificazione, ispezione e vigilanza, attraverso il Servizio Tecnico Centrale, per il rilascio di benestare tecnico europeo dei prodotti e dei sistemi
destinati alle opere di ingegneria strutturale e geotecnica, relativamente al requisito essenziale n.1 “Resistenza meccanica e stabilità”;
•
attività di abilitazione di organismi di certificazione, ispezione e prova;
•
rilascio della concessione ai laboratori di prove materiali ed ai laboratori di prove geotecniche;
•
qualificazione dei prodotti siderurgici;
•
deposito della documentazione ed autorizzazione di manufatti prefabbricati;
•
certificazione di idoneità tecnica di sistemi costruttivi.
•
qualificazioni di prodotti di legno.
•
qualificazione di centri di trasformazione.
L’attività consultiva del Consiglio Superiore si svolge nell’ambito delle Adunanze dell’Assemblea Generale e delle Sezioni.
Nell’ambito della Presidenza Generale del Consiglio Superiore è, inoltre, incardinato il Servizio Tecnico Centrale, Organo che opera alle dipendenze funzionali del
Presidente del Consiglio Superiore nei settori della certificazione dei materiali da costruzione e abilitazione degli organismi di ispezione, certificazione e prova.
75
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
salvo che nella fase di apertura delle offerte economiche.
Va detto che una voluminosa giurisprudenza prevede che,
durante la sospensione, la documentazione di gara sia
adeguatamente custodita, con la citazione delle misure di
protezione che l’Amministrazione porrà in essere già in
sede di verbale di sospensione.
Criteri di aggiudicazione: massimo ribasso
Quando l’Amministrazione decide di adottare il criterio
del massimo ribasso, l’autorità che presiede la gara, aperti
i plichi ricevuti e verificata la documentazione presentata,
aggiudica l’appalto al concorrente che ha presentato il
massimo ribasso percentuale:
a. sull’elenco prezzi unitari per i contratti da stipulare a
misura;
b. sull’importo dei lavori per i contratti da stipulare a
corpo.
Per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può
essere modificato sulla base della verifica della quantità o
della qualità della prestazione, per cui il computo metrico
estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo
studio dell’intervento, non ha valore negoziale.
Prima della formulazione dell’offerta, il concorrente ha
l’obbligo di controllarne le voci e le quantità attraverso
l’esame degli elaborati progettuali e pertanto di formulare
l’offerta medesima tenendo conto di voci e relative quantità
che ritiene eccedenti o mancanti.
L’offerta va inoltre accompagnata, a pena di inammissibilità,
dalla dichiarazione di aver tenuto conto delle eventuali
discordanze nelle indicazioni qualitative e quantitative
delle voci rilevabili dal computo metrico estimativo nella
formulazione dell’offerta, che, riferita all’esecuzione dei
lavori secondo gli elaborati progettuali posti a base di gara,
resta comunque fissa ed invariabile.
Criteri di aggiudicazione: offerta economicamente più
vantaggiosa
Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
viene utilizzato di preferenza dalle Amministrazioni
quando la gara abbia ad oggetto lavori complessi, per i
quali si voglia valutare non soltanto l’aspetto economico,
ma anche quello tecnico, eventuali componenti artistiche
ed impiantistiche, ed altri particolari aspetti.
Per dare un’idea dell’applicazione del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, riportiamo per estratto
alcune delle informazioni che il relativo bando dovrà
contenere, in particolare:
1. Prezzo;
2. Qualità;
3. Pregio tecnico;
4. Caratteristiche estetiche e funzionali;
5. Caratteristiche ambientali e contenimento del
76
consumo energetico e delle risorse ambientali;
6. Costo di utilizzazione e manutenzione;
7. Redditività
8. Servizio successivo alla vendita;
9. Assistenza tecnica;
10. Data di consegna ovvero termine di consegna e di
esecuzione;
11. Sicurezza di approvvigionamento
Il bando di gara dovrà inoltre fissare il peso ponderale
di ciascun criterio, indicando un valore assoluto oppure
una soglia in cui il rapporto tra il valore minimo e quello
massimo siano appropriati.
L’aspetto più delicato nell’applicazione del criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa riguarda
l’attribuzione dei punteggi, in quanto ciò implica la
costituzione di una specifica commissione giudicatrice in
cui siano presenti figure di esperti riconosciuti nei settori
(previsti da bando) cui attribuire i punteggi.
Le garanzie del contratto: cauzione definitiva
Per tutelare l’Amministrazione, l’articolo 113 del Codice
dei contratti prevede che l’esecutore del contratto è
obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per
cento dell’importo contrattuale.
In caso di aggiudicazione con ribasso d’asta superiore al 10
per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti
percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento;
ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l’aumento è di
due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore
al 20 per cento.
Il progressivo inasprirsi della soglia di garanzia
all’aumentare della percentuale di ribasso offerta dal
concorrente, costituisce una misura preventiva finalizzata
al contenimento del fenomeno denominato “ribassi
temerari”.
Osservando il mercato degli appalti ed i numerosi studi
elaborati sul tema, per dovere di cronaca si deve concludere
che il solo istituto della cauzione definitiva fino ad oggi è
risultato insufficiente a limitare i ribassi temerari, potendo
le imprese rifugiarsi nelle maglie dell’istituto delle riserve.
Uno spiraglio di luce in questo senso è rappresentato dal
Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70 “Decreto sviluppo”,
recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale e che all’art.
4 “Costruzione di opere pubbliche” introduce una serie di
modifiche al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei
contratti pubblici di lavori servizi e forniture) ed al relativo
Regolamento.
Una delle disposizioni del Decreto Sviluppo introduce
una integrazione all’art. 240-bis del Codice, prevedendo
un limite massimo pari al 20% dell’importo lavori per
l’iscrizione delle riserve.
FISCALITÀ
Cedolare secca
sulle locazioni:
quando conviene?
di Stefano Setti
Questa rubrica è curata con il gruppo editoriale Wolters
Kluwer Italia, leader nel settore dell’editoria e dei servizi per i
professionisti, che in Italia opera con i marchi UTET Scienze
Tecniche e Ipsoa-Indicitalia.
Esperti del mondo professionale tratteranno tra i vari temi
di interesse per i geometri Fiscalità, Appalti, Costruzioni,
Responsabilità, Ambiente, Energia, con approccio pratico e
attento alla loro attività professionale.
L’autore dell’articolo, Stefano Setti, Dottore Commercialista
in Milano, ha svolto attività di consulenza fiscale in materia
di imposte indirette per studi di primaria importanza, sia
nazionali che internazionali. Attualmente svolge funzioni di
assistenza e rappresentanza in materia tributaria per svariate
società, nonché per professionisti che operano nel settore edile
(e-mail: [email protected]).
Ha curato, tra l’altro, le voci relativa alla Fiscalità nel volume
“Codice Tecnico Edilizia e Urbanistica” (UTET Scienze
Tecniche, 2a ed., 2010) e il volume “Edilizia e immobili.
D.l. 78/2010 convertito in l. 122/2010”, con A. Tomasi
(Ipsoa, 2010).
Cos’è la “cedolare secca”
La “cedolare secca” sui contratti di locazione è stata
introdotta dall’art. 3 del D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23
(pubblicato in G.U. 23 marzo 2011, n. 67) e, con il
successivo Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate del 7 aprile 2011 Prot. 2011/55394, sono state
stabilite le modalità di opzione e approvati i nuovi modelli
da utilizzare per optare a tale regime. Inoltre, l’Agenzia
delle Entrate - con la C.M. 1.6.2011, n. 26/E - ha fornito
importanti chiarimenti riguardo alla disciplina fiscale
della “cedolare secca” sui redditi da locazione abitativa.
Più nel dettaglio, a decorrere dal periodo d’imposta 2011,
i locatori (persone fisiche, proprietari o titolari di diritto
reale di godimento) di immobili abitativi nonché relative
pertinenze potranno optare per la “cedolare secca”, che
rappresenta un’imposta sostitutiva delle imposte dirette ed
indirette (Irpef, imposta di registro ed imposta di bollo)
applicate ai contratti di locazione in regime ordinario di
tassazione.
Con il presente intervento si vuole analizzare, brevemente,
la disciplina generale nonché l’eventuale convenienza
economica nel caso in cui il locatore “opti” per tale nuovo
regime fiscale.
Ambito soggettivo ed oggettivo della “cedolare secca”
I soggetti che possono optare per la “cedolare secca”
sono unicamente le persone fisiche, soggette ad Irpef,
che percepiscono canoni di locazione di immobili ad
uso abitativo ed eventualmente, insieme all’immobile, le
relative pertinenze.
Si tenga presente che l’opzione alla “cedolare secca” potrà
essere effettuata unicamente per i contratti di locazione di
immobili ad uso abitativo (categoria catastale A, escluso
A10) locati per finalità abitative e le relative pertinenze,
anche se di durata inferiore a 30 giorni nell’anno. Pertanto
sono esclusi gli immobili che, pur avendo i requisiti di
fatto per essere destinati ad uso abitativo, sono iscritti in
una categoria catastale diversa (ad esempio come uffici o
negozi), nonché le unità adibite ad uso promiscuo. Inoltre,
sono compresi gli immobili per i quali sia stata presentata
domanda di accatastamento nella categoria catastale A
(escluso A10).
77
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
Soggetti che possono “optare” per la “cedolare secca”
Le persone fisiche che percepiscono redditi derivanti dalla locazione di
Soggetti esclusi dall’opzione
•
Le società di persone;
professioni.
•
i soggetti IRES;
E più precisamente:
•
enti non commerciali.
•
Attenzione: Per la società edile che effettui la locazione di un immobile
immobili ad uso abitativo non effettuate nell’esercizio dell’impresa arti e
il proprietario,
abitativo (anche ai propri dipendenti) è esclusa dalla possibilità di optare per
•
il titolare del diritto reale di godimento (es. superficie, enfiteusi,
la cedolare secca.
usufrutto) delle unità immobiliari ad uso abitativo.
Persone fisiche che concedono in locazione un immobile a uso abitativo
Attenzione: così come stabilito dal Provvedimento Direttoriale del 7 aprile
nell’esercizio di impresa arti e professioni.
2011, nell’art. 1 (punto 1.2), “l’opzione può essere esercitata relativamente
Esempio: un imprenditore individuale che concede in locazione un immobile
a ciascun immobile ad uso abitativo locato per finalità abitative e relative
A2 considerato un patrimonio di cui all’art. 90 del TUIR non può optare per la
pertinenze locate congiuntamente all’abitazione”.
cedolare secca.
Attenzione: oltre alla tipologia abitativa è richiesta anche la “finalità”
Non è possibile optare per la cedolare secca per gli immobili ad uso abitativo
abitativa
oggetto di proprietà condominiale.
L’Amministrazione è giunta a tale conclusione vista la particolarità delle
regole di gestione delle parti comuni e al fatto che i contratti sono usualmente
stipulati e registrati dall’amministratore utilizzando il codice fiscale del
condominio.
Nessun chiarimento è stato fornito circa la possibilità di accedere al
nuovo regime da parte delle società semplici.
Ma, partendo dalla considerazione che la circolare n. 26/E ha affermato
che l’opzione per il regime della cedolare secca è riservata alle sole
persone fisiche, ne deriva che le società semplici non vi possono aderire.
Fonte: S. Setti, Le locazioni abitative e la cedolare secca, Buffetti, 2011
Le aliquote della “cedolare secca” e le imposte sostituite
Nel caso in cui il locatore possa optare per l’applicazione della
“cedolare secca”, il canone annuo di locazione sarà soggetto a
tassazione con le seguenti aliquote:
21% per i contratti di locazione a canone “libero”;
19% per i contratti di locazione a canone “concordato”,
relativi a immobili siti nei Comuni con carenze di disponibilità
abitative (che sono individuati dall’art. 1, lett. a) e b) D.L.
551/1998) ed in quelli ad alta tensione abitativa.
Nei casi in cui il locatore opti per la “cedolare secca” (che,
come anticipato, è un’imposta sostitutiva) verranno eliminate
le altre imposte, e per meglio dire:
• Irpef e relative addizionali regionali e comunali (nel
caso in cui siano dovute);
• imposta di registro dovuta sulla registrazione del
contratto (pari al 2% del canone annuo, tenendo
78
comunque presente che normalmente tale imposta
viene poi addebitata al 50% al locatario);
• imposta di bollo (applicata su due copie del contratto
di locazione e pari ad Euro 14,62 ogni 100 righe o
frazione di esse), nonché:
• imposta di registro e bollo sulle risoluzioni e proroghe
del contratto quando:
- alla data della risoluzione anticipata sia in corso
l’annualità per la quale è esercitata l’opzione per la
“cedolare secca”;
- venga esercitata l’opzione per la “cedolare secca”
per il periodo di durata della proroga.
L’opzione a favore della “cedolare secca” non fa venire meno
l’obbligo di registrazione del contratto di locazione e di
dichiarazione del reddito corrispondente nella dichiarazione
dei redditi. La registrazione del contratto in tali casi fa
venire meno la formalità della “comunicazione di cessione di
fabbricato” da presentare al commissario di polizia in ipotesi
di “nuova occupazione” dell’immobile. Riguardo invece
alla dichiarazione del reddito corrispondente, si rileva che
il reddito fondiario soggetto alla “cedolare secca” rileva con
riferimento alla “spettanza o anche per la determinazione
di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche
di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali”.
Inoltre, tale reddito rileva anche con riferimento alla
situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al D.Lgs.
31 marzo 1998, n. 109.
Nei casi in cui il locatore “opti” per il nuovo regime
fiscale, lo stesso non avrà più la possibilità di poter operare
l’aumento del canone agganciato all’aumento ISTAT (anche
nel caso in cui sia previsto contrattualmente). Al riguardo,
il locatore dovrà (è un obbligo e non una facoltà) darne
informazione, tramite raccomandata con ricevuta di
ritorno, al conduttore.
L'acconto della “cedolare secca”
La cedolare secca deve essere versata separatamente dall’Irpef
(con un apposito codice tributo), ma con le stesse modalità
ed entro gli stessi termini (quindi in acconto e a saldo).
Misura dell’acconto
• 85% per il 2011;
• 95% a partire dal 2012.
• I codici tributo da utilizzare con il Modello F24 sono
stati istituiti con la risoluzione Agenzia Entrate 25
maggio 2011, n. 59/E e sono:
• acconto prima rata: codice 1840;
• acconto seconda rata o acconto in unica soluzione:
codice 1841;
• saldo: codice 1842.
Opzione per l'applicazione della “cedolare secca”
Opzione in sede di registrazione del contratto
Il Provvedimento Direttoriale del 7 aprile 2011 ha stabilito
che i soggetti che intendono avvalersi della “cedolare
secca” (ricorrendone i presupposti di cui sopra) dovranno
optare per tale regime utilizzando il nuovo modello
“SIRIA” (utilizzando il software presente sul sito www.
agenziaentrate.it), allegato al provvedimento stesso, da
presentare esclusivamente in via telematica (da parte dei
soggetti incaricati di cui all’art. 3, comma 3 del D.P.R.
332/1998). Nei casi in cui la registrazione del contratto
di locazione non avvenga in via telematica si dovrà
utilizzare il modello 69 (disponibile sempre sul sito www.
agenziaentrate.it).
Opzione in caso di proroga del contratto di locazione
Nei casi di proroga, anche tacita, l’opzione dovrà essere
operata utilizzando esclusivamente il Modello 69, così
come aggiornato dal Provvedimento Direttoriale del 7
aprile scorso.
Opzione in caso di contratti che nel corso dell’anno non
hanno una durata complessiva superiore a 30 giorni
Per tali contratti di locazione (per i quali viene meno
l’obbligo di registrazione obbligatoria) il locatore potrà
optare per la “cedolare secca” direttamente in sede di
dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel
quale è prodotto il reddito. Nei casi in cui tali contratti
vengano registrati si dovrà optare in sede di registrazione
(modello SIRIA ovvero 69).
Aspetti sanzionatori
Nel caso di mancata od omessa registrazione del contratto
di locazione, torneranno applicabili le sanzioni previste
dall’articolo 69 del D.P.R. 131/1986. In tali ipotesi, il
contribuente sarà tenuto al pagamento di un importo dal
120 al 240% dell’imposta dovuta.
Disciplina transitoria per l'anno 2011
Il regime della cedolare secca può essere applicato a partire dal periodo di imposta 2011, ai contratti in corso al 1° gennaio 2011, anche se scaduti o oggetto
di risoluzione prima del 7 aprile 2011.
L’imposta di registro e l’imposta di bollo già versate non possono comunque essere rimborsate.
Per tali contratti, se già registrati, non deve essere presentata l’opzione: il regime speciale potrà essere applicato in sede di dichiarazione dei redditi 2012
(redditi 2011).
Ovviamente nel 2011 dovrà essere stato versato l’acconto della cedolare secca.
Attenzione: La stessa regola vale per le proroghe dei contratti intervenute prima del 7 aprile 2011 e per le quali a tale data sia già stata versata l’imposta di
registro.
Contratti registrati a partire dal 7 aprile 2011. L’opzione per la cedolare secca deve essere esercitata nei modi ordinari, come illustrato sopra: in sede di
registrazione del contratto con il modello SIRIA oppure con il modello 69.
Contratti per i quali il termine di registrazione scade tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011. La registrazione, con l’eventuale esercizio dell’opzione, può essere
effettuata entro il 6 giugno 2011. Gli stessi termini valgono anche per le proroghe per le quali il termine di pagamento dell’imposta di registro scade tra il 7
aprile e il 6 giugno 2011.
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ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
Contratti a canone "libero"
Contratti a canone "concordato"
Scaglioni IRPEF
Regime
ordinario*
Cedolare secca
Differenza
Regime
ordinario**
Cedolare secca
Differenza
Fino a 15.000
19,55%
21%
1,45%
13,68%
19%
5,32%
Da 15.000 a 28.000
22,95%
21%
-1,95%
16,09%
19%
2,94%
Da 28.000 a 55.000
32,30%
21%
-11,30%
22,61%
19%
-3,61%
Da 55.000 a 75.000
34,85%
21%
-13,85%
24,39%
19%
-5,39%
36,55%
21%
-15,55%
25,58%
19%
-6,58%
Oltre 75.000
* Il calcolo dell’aliquota nasce tenendo conto della deduzione del 15% per i contratti a canone “libero” (es 23*0,85)
* * Il calcolo dell’aliquota nasce tenendo conto della deduzione del 15% e dell’ulteriore deduzione del 30% per i contratti a canone “concordato” (es 23*0,85; 19,55*0,7)
Comparazione carico fiscale IRPEF: regime ordinario e cedolare secca1
Inoltre, per i contratti di locazione in esame che non sono
stati registrati nei termini di legge:
• la durata della locazione è stabilita in 4 anni a
decorrere dalla data di registrazione (volontaria o
d’ufficio);
• al rinnovo si applica la disciplina prevista per i
contratti a canone libero;
• si stabilisce che l’importo del canone di locazione
dovuto dal locatario sia il più basso tra quello
indicato nel contratto stipulato e quello pari al
triplo della rendita catastale dell’immobile, oltre
all’adeguamento annuale pari al 75% dell’indice
ISTAT dei prezzi al consumo delle famiglie che,
tuttavia, deve decorrere dal secondo anno.
Medesime considerazioni valgono anche per i contratti di
locazione registrati:
• in cui l’importo dei canoni dichiarato in sede di
registrazione risulti inferiore a quello effettivo;
• di comodato fittizio.
Analisi economica della convenienza o meno della
"cedolare secca"
Al fine di calcolare la convenienza o meno, considerato
che la cedolare secca sostituisce le altre imposte, in primis
l’Irpef (nonché relative addizionali), si dovranno prendere
a riferimento:
• le diverse aliquote Irpef previste per scaglione di
reddito;
• eventuali oneri deducibili/detraibili (che, se si opta
per la “cedolare secca”, vengono meno);
• se si opta per la “cedolare secca” vengono meno
anche le addizionali regionali e comunali (ove
sussistano);
• se si opta per la “cedolare secca” verranno meno
80
imposta di registro, pari al 2% sul canone annuale,
ed imposta di bollo;
• optando per la “cedolare secca” il canone rimane
vincolato/fisso senza poter beneficiare dell’aumento
ISTAT;
• optando per la “cedolare secca” non si potrà
beneficiare della deduzione forfettaria sul canone
di affitto previsto nel regime ordinario e più
precisamente:
- per i contratti di locazione a canone “libero”,
nel regime ordinario, spetta una deduzione
forfettaria del 15% sul canone annuo che risulta
dal contratto di locazione (25% per i fabbricati
situati nella città di Venezia centro e nelle isole
della Giudecca, di Murano e di Burano);
- per l’immobile situato in un Comune ad alta
densità abitativa e concesso in locazione in
base agli accordi definiti in sede locale tra le
organizzazioni dei proprietari e quelle degli
inquilini (legge 431/1998, articoli 2, comma 3, e
5, comma 2), dove oltre alla deduzione del 15%
(25% per i fabbricati situati nella città di Venezia
centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e
di Burano) tale fattispecie comporta un’ulteriore
riduzione del 30% del reddito imponibile.
Sulla base di quanto sopra si evince che, per i locatori che
sottoscrivono un contratto di locazione a canone “libero”,
conviene optare per la “cedolare secca” nel caso in cui gli
stessi abbiano dei redditi superiori ad Euro 15.000,00 (il
successivo esempio pratico chiarirà meglio il vantaggio
fiscale).
Invece, in caso di contratti a canone “concordato”, sembra
che per il locatore convenga optare per la “cedolare secca”
solo in presenza di redditi superiori ad Euro 28.000,00.
Esempio
Reddito di lavoro dipendente locatore (residente a Padova): Euro 30.000,00
Canone “libero” annuale: Euro 6.000,00
Addizionale regionale regime ordinario: 0,9
Imposta di registro regime ordinario: 2% sul canone annuale
Imposta di bollo su due copie: Euro 58,48 (4 marche da bollo)
ISTAT in caso di regime ordinario aumento canone del 2%
Cedolare secca canone “libero”: 21%
Calcolo della cedolare secca
6.000,00 x 21% = Euro 1.260,00
Quindi, con la “cedolare secca”, il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad Euro 4.740,00 (dato dalla differenza tra Euro 6.000,00 ed Euro
1.260,00 - cedolare secca)
Calcolo tassazione in regime ordinario
Considerato che il locatore ha un reddito complessivo superiore ad Euro 28.000,00, il cumulo sarà soggetto all’aliquota del 38%, dalla quale sarà
decurtata la percentuale del 15%.
Va da sé che il canone sarà soggetto all’aliquota del 32,30%.
Inoltre, senza cedolare secca, il canone di locazione sarà aumentato del coefficiente ISTAT del 2% (quindi, Euro 6.000 * 102% = Euro 6.120).
Sulla base di quanto sopra la tassazione del canone sarà pari:
Euro 6.120,00 * 32,30% = Euro 1.976,76
In regime ordinario, vi sarà anche l’imposta di registro del 2% sul canone annuale (di cui la metà nella generalità dei casi viene addebitata al locatario,
quindi, in capo al locatore rimane unicamente l’1%):
Euro 6.120,00 * 1% = Euro 61,20
In regime ordinario, vi sarà anche l’addizionale regionale (nel caso prospettato non vi sono anche quelle comunali, da considerare comunque, se vi
fossero)
0,9% * (6.120,00 * 85%) = Euro 46,82
Quindi in regime ordinario il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad Euro 4.035,22 (dato dalla differenza tra Euro 6.120,00 - Euro 1.976,76 Euro 61,20 - Euro 46,82).
Sulla base dell’esempio effettuato, si nota che - per un reddito superiore ad Euro 28.000,00 - nella generalità dei casi conviene la “cedolare secca”:
infatti, nell’esempio fatto con la “cedolare secca” il locatore percepisce un canone netto pari ad Euro 4.740 contro un canone netto in regime ordinario
pari ad Euro 4.035,22.
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EDILIZIA
La “casa passiva”
benessere termico
senza riscaldamento
convenzionale
Il Geometra Gian Piero Marchiori ha, in provincia di
Padova, progettato e realizzato una “casa passiva” che si
avvicina agli standard qualitativi della “Passivhaus” (secondo
il termine originale di lingua tedesca è un’abitazione
che assicura il benessere termico senza alcun impianto di
riscaldamento “convenzionale”).
Significativi i risultati raggiunti. A partire dai costi
complessivi di edificazione che sono risultati equiparabili
a quelli di una costruzione “in muratura” grazie alla
82
compensazione dei costi elevati dei materiali con un
utilizzo di ridotta manodopera impiegata per circa 15
giorni lavorativi.
Vista la tipologia di edificio, insieme alle caratteristiche
costruttive descritte di seguito, grande importanza
hanno rivestito le scelte e le soluzioni adottate in termini
progettuali e realizzativi per quanto riguarda i consumi e
l’efficienza energetica della casa.
Grazie allo studio attento sulla esposizione solare delle
finestre tutte rigorosamente dotate di vetri termici, la casa
risulta molto luminosa e ben ventilata, consentendo di
evitare l’installazione di condizionatori.
All’esterno della casa, l’impianto di illuminazione del
giardino è alimentato da batterie che si ricaricano durante
il giorno tramite pannelli fotovoltaici, considerando che
solo due assicurano all’incirca 100W.
Le cisterne interrate raccolgono l’acqua piovana utilizzata
per annaffiare il giardino.
Caratteristiche costruttive della casa
Cappotto termico
Lastre da 6-10 cm agganciate maschio/femmina incollate
con colla e rete a cappotto e successivamente intonacate
con intonachino idrorepellente.
Platea di fondazione
Platea areata su “igloo” dell’altezza totale di 70cm. Platea
che garantisce una aerazione naturale assicurata dalle
aperture Nord/Sud per lo smaltimento del “Radon”, gas
sprigionato dal sottosuolo.
Tetto
Murali in legno lamellare di abete su perline rigorosamente
trattato con prodotti ad acqua, guaina traspirante, pannello
“sandwich” dell’altezza 20cm, manto di copertura in
lastre grecate di Aluzink su supporto materiale isolante di
12cm.
Struttura metallica
La stabilità della costruzione da eventuali calamità
atmosferiche è assicurata da una struttura portante
in acciaio zincata a fuoco composta da IPE e tiranti,
conforme alla normativa antisismica classe1 ed agli agenti
atmosferici.
Impiantistica
Non è presente nessun tipo di riscaldamento “tradizionale”
(termosifoni, risc. a pavimento) il riscaldamento è assicurato
dalla presenza di una stufa a pellet/legno/cippato che ne
assicura il confort invernale.
Pareti esterne
Le pareti perimetrali tipo “sandwich” sono composte da:
murali in legno lamellare di abete trattato con prodotti
ad acqua, pannelli di legno da 3cm e da materiale
termoisolante di elevate prestazioni.
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ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
Terrazza con giardino
Sopra la cucina è presente una terrazza con giardino,
accuratamente isolata, coibentata e drenata, dovranno
essere impiantate una specifica essenza di pianta grassa.
Pavimento - Solaio
Al piano terra il massetto poggia su “igloo” areato da 5cm
mentre il solaio è in legno con murali in legno lamellare
su perline, pannello fonoassorbente e rifinitura a listoni di
parquet.
Areazione
La casa è dotata di impianto di ventilazione forzata che
ne assicura il continuo riciclo dell’aria (l’aria calda del
primo piano viene portata al piano terra), in estate facilita
la ventilazione ed un discreto benessere interno senza
condizionatore.
Parasole
Le pareti a Sud sono sprovviste di finestre mentre quelle a
Est sono riparate dalla luce diretta del sole da una persiana
in ferro.
Scarichi reflui
Le acque meteoriche vengono raccolte su cisterne interrate
che serviranno successivamente per irrigare il giardino,
lavare la macchina ecc. Le acque degli scarichi domestici,
opportunamente depurate, vengono dilavate nel sottosuolo
del giardino.
Vetrate
Tutte le vetrate hanno vetri termici ad alto potere
termoisolante, le poche esposte al sole hanno speciali
tende microforate riflettenti.
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photo©shutterstock.com/Gorin
VALUTAZIONI
Linee Guida
per la rilevazione
dei dati del mercato
immobiliare
Prima parte
di Marco Simonotti e Marina Ciuna
La rilevazione dei dati e delle informazioni del mercato
immobiliare è alla base delle stime degli immobili secondo
gli standard valutativi. Più in generale la raccolta e l’analisi
statistica dei dati consentono di descrivere, di prevedere e
di interpretare il mercato immobiliare nella sua diversità e
complessità.
Il professionista che opera nel campo delle stime
immobiliari si trova nella necessità di rilevare i dati di
mercato, accumulando nel tempo un patrimonio di dati e
di informazioni, spesso generatosi spontaneamente, sotto
forma di appunti, di schede, di ritagli, di annotazioni
a margine e di elaborati. La raccolta di questi dati può
essere episodica e frammentaria e la loro archiviazione
incompleta, ma le indicazioni che riportano sono veridiche e
circostanziate. È probabile che il professionista conservi più
dati del mercato locale che quelli del mercato nazionale, più
appunti numerici che letterari, ed è certo che un valutatore
che applica gli standard estimativi dispone di dati dettagliati
e finalizzati alla stima oltre che di un archivio ordinato.
Il professionista che opera prevalentemente in campi diversi
da quello delle stime nella pratica quotidiana si può trovare
dinanzi a contratti, a patti e ad accordi tra venditore e
compratore o tra locatore e locatario, che non rivestono al
presente un interesse diretto ma che possiedono una valenza
intrinseca se raccolti e conservati.
Nei paesi di più avanzata cultura estimativa, i dati immobiliari
sono raccolti e messi a disposizione dagli stessi professionisti
e dalle loro banche dati a condizioni commerciali.
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In Italia la rilevazione dei dati di mercato è nel complesso
laboriosa tenuto conto che può esistere una divergenza tra
i prezzi di mercato e i valori riportati negli atti ufficiali,
che costituiscono una fonte informativa solo quando
riportano dati veritieri, ossia fedeli alla realtà del mercato
immobiliare. La divergenza tra i prezzi e i valori dichiarati
è un fenomeno diffuso anche in altri paesi, e nella nostra
realtà è determinato in gran parte dal sistema fiscale, dalla
struttura catastale e dallo scarso interesse degli investitori,
delle famiglie e dell’opinione pubblica per le statistiche sul
mercato immobiliare. Anche la nostra tradizione estimativa,
basata sull’expertise, ha trascurato la rilevazione dei dati
perché non ha posto l’indagine di mercato come requisito
indispensabile della stima.
Le “Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato
immobiliare” propongono una serie di norme uniformi e
condivisibili da parte dei valutatori e dei professionisti volte
a fornire un comune strumento di rilevazione con il quale
raccogliere, archiviare e scambiare i dati e le informazioni
del mercato immobiliare.
Il documento è diviso in due parti. La prima parte riporta i
seguenti paragrafi: 1. Introduzione; 2. Mercato immobiliare;
3. Finalità della rilevazione; 4. Definizioni; 5. Scale di
misura; 6. Elaborazione dei dati. La seconda parte (che
verrà pubblicata nel prossimo numero di GEOCENTRO/
magazine) riporta i paragrafi: 7. Scheda di rilevazione; 8.
Fonti dei dati; 9. Informazioni utili; 10. Dati in entrata; 11.
Dati non validi; 12. Norme di condotta.
1. Introduzione
1.1 Nel mercato immobiliare si generano dati di natura
tecnico-economica che hanno interesse per le
valutazioni degli immobili e per l’elaborazione di
statistiche immobiliari dettagliate. Nel nostro Paese
tale messe di dati al momento giace in massima parte
inutilizzata, rappresentando una risorsa che non aiuta
nelle stime, non fornisce un orientamento e non
sostiene le decisioni.
1.2 Lo sviluppo dell’attività di rilevazione, raccolta ed
elaborazione dei dati del mercato immobiliare, svolta
in modo sistematico e scientifico, mira principalmente
a promuovere la trasparenza del mercato, con il fine di
concorrere a modernizzarlo e a renderlo più efficiente.
Da ciò discende la proposta di una serie di norme
uniformi e condivisibili per la rilevazione dei dati e
delle informazioni del mercato immobiliare.
1.3 La raccolta dei dati e delle informazioni immobiliari
deve rappresentare una pratica diffusa presso i valutatori
e gli operatori del mercato immobiliare e non essere
considerata un fatto episodico e specialistico.
1.4 Occorre preliminarmente prendere atto che:
a.il mercato immobiliare è segmentato in numerosi
e diversificati sottomercati con caratteri di
individualità e spesso di unicità;
b.può esistere una divergenza tra i prezzi e i canoni
contrattati sul mercato e i valori dichiarati nei
contratti;
c. i dati da accettare nell’analisi estimativa si compongono
anche di riferimenti di natura confidenziale;
d.i valutatori e gli operatori del settore immobiliare
hanno maturato una vasta esperienza pur agendo
spesso con criteri empirici e praticistici.
1.5 La proposta delle Linee guida per la rilevazione dei dati
del mercato immobiliare discende dall’applicazione
degli standard valutativi nelle stime immobiliari, che
si fondano sulla rilevazione dei dati.
1.6 Non esiste nel nostro Paese una best practice
generalmente condivisa riferita alla rilevazione dei
dati del mercato immobiliare. Per questo motivo è
necessario fare riferimento alle esperienze maturate in
altri paesi in questo genere di indagini.
1.7 In Italia parte delle valutazioni immobiliari è ancora
svolta con una pratica professionale che stima il
valore di mercato degli immobili con un giudizio
sintetico, basato sull’esperienza e sulla competenza del
valutatore (expertise). Questa stima non si fonda sulla
rilevazione diretta ed esplicita dei dati e per questo
non è dimostrabile, né verificabile né riproducibile.
1.8 A differenza dell’expertise, gli standard valutativi e
la metodologia estimativa scientifica si basano sulla
rilevazione campionaria dei prezzi di mercato delle
compravendite e dei canoni di mercato delle locazioni
e delle caratteristiche immobiliari che li influenzano.
1.9 La differenza essenziale tra le stime empiriche
dell’expertise e le stime razionali risiede nella rilevazione,
nella misura, nell’analisi quantitativa dei dati rilevati.
1.10 Nel settore immobiliare, il problema principale della
valutazione consiste dunque nella disponibilità dei
prezzi e dei canoni effettivamente contrattati, sui quali
basare le previsioni dei prezzi e dei canoni futuri. Per
compiere stime veritiere non esiste altra via che quella
della rilevazione e della rac­colta dei prezzi veri laddove
si formano. Ciò concorre a favorire la conoscenza del
mercato immobiliare, anche se può richiedere un costo
di accesso alle informazioni.
1.11 Le Linee guida per la rilevazione dei dati del mercato
immobiliare intendono:
a.promuovere la rilevazione e la raccolta di dati e di
informazioni relativi al mercato immobiliare;
b.favorire l’interscambio di dati e di informazioni
immobiliari;
c. formulare proposte per elevare il livello di qualità
delle rilevazioni;
d.sostenere la diffusione di standard valutativi.
1.12 Le presenti Linee guida per la rilevazione dei dati del
mercato immobiliare sono formate da definizioni,
limiti e regole proposte come strumento metodologico
aggiornato.
1.13 L’utilizzazione delle linee guida per la rilevazione
non è cogente ma volontaria e mira a qualificare il
processo di rilevazione in un’ottica di armonizzazione
delle procedure valutative e di trasparenza del mercato
immobiliare.
1.14 Le norme presentate sono di natura consultiva e
l’utilizzo o la conformità con tali norme è puramente
volontario.
2. Mercato immobiliare
2.1 Il riferimento al mercato immobiliare è fondamentale
nel processo di valutazione del valore di mercato e del
canone di mercato.
2.2 Le rilevazioni del prezzo e del canone di mercato, delle
caratteristiche degli immobili e delle altre informazioni
precedono: la valutazione degli immobili da stimare
tramite gli immobili presi a confronto (immobili
comparabili); l’analisi degli investimenti immobiliari;
e le analisi economiche e statistiche del mercato
immobiliare.
2.3 Il mercato immobiliare si presenta segmentato per la
diversità, l’atipicità e la complessità degli immobili.
2.4 Il segmento di mercato immobiliare è definito come
l’unità elementare non ulteriormente scindibile del
mercato immobiliare.
87
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
2.4.1 Un segmento di mercato immobiliare è
classificato: dal tipo di contratto (affitto,
acquisto, ecc.); dalla localizzazione; dalla
destinazione; dalla tipologia immobiliare; dalla
tipologia edilizia; dai caratteri della domanda e
dell’offerta; dalla forma di mercato e dal livello
del prezzo.
2.4.2 I segmenti di mercato sono definiti da una
serie di parametri, di indicatori, di rapporti e di
indici mercantili.
2.4.3 Un segmento di mercato comprende un
immobile, un gruppo di immobili, un isolato
o un quartiere definiti in base ai confini entro
i quali gli immobili sono soggetti nello stesso
modo alle forze economiche che in gran
parte ne determinano il prezzo e il canone di
mercato.
2.4.4 Gli immobili componenti il segmento di
mercato possono presentare una discontinuità
spaziale anche nell’ambito di ristrette aree
geografiche.
2.5 Il mercato immobiliare presenta dinamiche proprie
legate alla congiuntura, ai cicli di mercato e alle tendenze
di fondo.
3. Finalità della rilevazione
3.1 Le finalità delle rilevazioni dei dati e delle informazioni
del mercato immobiliare sono molteplici.
3.1.1 Le finalità generali riguardano principalmente
(Tecnoborsa, 7; 3.9):
3.1.1.1 la descrizione e la rappresentazione del
mercato immobiliare;
3.1.1.2 le prospettive di evoluzione del mercato
e delle sue grandezze;
3.1.1.3 l’interpretazione degli aspetti causativi
e genetici dei parametri del mercato e
dei prezzi e dei canoni;
3.1.1.4 le indicazioni per le scelte di
investimento;
3.1.1.5 le indicazioni per la politica economica
e la pianificazione territoriale.
3.1.2 Le finalità particolari riguardano principalmente
(Tecnoborsa, 7; 3.9):
3.1.2.1 le stime del valore e del canone di
mercato di singoli immobili e di
gruppi di immobili nelle valutazioni
su larga scala (mass appraisal);
3.1.2.2 l’elaborazione
di
statistiche
campionarie, di indici di mercato, di
parametri di segmento, ecc.;
3.1.2.3 lo svolgimento di studi e di ricerche
nel settore immobiliare.
88
3.2 Le rilevazioni del mercato immobiliare si svolgono in
funzione:
a.degli obiettivi dell’indagine;
b.degli strumenti e dei modelli di analisi;
c. del tempo e dei mezzi a disposizione;
d.delle condizioni concrete della rilevazione;
e. delle richieste della committenza.
3.3 La rilevazione dei dati e delle informazioni immobiliari
può riguardare un ampio spettro di finalità applicative,
che possono essere definite di volta in volta.
3.4 La rilevazione del dato e dell’informazione di mercato
deve possedere alcuni requisiti (Tecnoborsa, 7; 2.2):
3.4.1 la veridicità del dato immobiliare, in presenza
di un diffuso comportamento a occultare i
prezzi e i canoni effettivamente contrattati;
3.4.2 la completezza relativa alla presenza di tutti
gli elementi costitutivi del dato immobiliare,
o ritenuti tali, con assoluta mancanza di
omissioni;
3.4.2.1 il dato immobiliare è costituito da
una parte economica relativa al
prezzo o al canone effettivamente
corrisposti e da una parte tecnica
relativa alle caratteristiche posizionali,
strutturali, tipologiche e tecnologiche
dell’immobile rilevato (4.1);
3.4.3 l’accuratezza relativa alla diligenza, alla
competenza e alla precisione della rilevazione.
3.5 Alcune circostanze concorrono al raggiungimento delle
finalità di indagine e all’assolvimento dei precedenti
requisiti:
a.il reperimento, la fruizione, il controllo e la rotazione
delle fonti di dati e delle informazioni;
b.la definizione delle procedure di controllo di qualità
dei dati con riscontri incrociati e controlli diretti;
c. la predisposizione di una scheda di rilevazione con il
compito di porre in diretta relazione le operazioni
di rilevazione con i modi di elaborazione statisticoestimativa e le finalità dell’indagine medesima (7.);
d.la predisposizione di un questionario volto a
raccogliere informazioni sulle operazioni di
mercato in modo standardizzato e su campioni di
dati (10.6.1);
e. il rispetto delle regole sulla privacy e della massima
riservatezza;
f. la preliminare definizione di misure di difettosità e
di soglie di ammissibilità dei dati (10.10.2);
g. l’applicazione di regole di rilevazione condivise.
3.6 La rilevazione del mercato immobiliare deve essere
preceduta dalla definizione (Tecnoborsa, 7; 2.0, 2.3):
a.del tipo di rilevazione con la chiara e definita finalità
dell’indagine medesima;
photo©shutterstock.com/Susan Law Cain
b.delle fonti di rilevazione e di informazione e della
loro composizione;
c. del modello di scheda di rilevazione, del modello del
questionario e dello schema delle interviste;
d.dei modi di elaborazione estimativa e statisticoeconomica dei dati;
e. del sistema di verifica dei dati in entrata;
f. di norme uniformi per la rilevazione;
g. dei modi di archiviazione dei dati.
3.7 La rilevazione dei dati e delle informazioni del mercato
immobiliare deve preferibilmente preludere alla raccolta
sistematica dei dati e alla costituzione di banche dati.
4. Definizioni
4.1 Il dato immobiliare è un dato puntuale costituito dal
prezzo o dal canone di mercato veri, riferiti alla data
in cui si sono formati, e dalle caratteristiche tecnicoeconomiche dell’immobile.
4.1.1 Il dato immobiliare è un dato puntuale,
completo e veridico.
4.2 Il prezzo e il canone di mercato degli immobili sono
legati alle caratteristiche esterne, relative al contesto ove è
sito l’immobile, e alle caratteristiche interne relative alla
dimensione, alle condizioni e allo stato dell’immobile.
4.3 Per prezzo di mercato si intende l’importo pagato (e
incassato) per un immobile scambiato nel mercato. Il
prezzo di mercato è un dato storico, indipendentemente
dal fatto che sia reso pubblico o sia mantenuto riservato
(IVS, GAVP, 4.2).
4.4 Per canone di mercato si intende l’importo pagato
(e incassato) periodicamente per la concessione in
locazione di un immobile. Il canone di mercato è un
dato storico ricorrente.
4.5 La caratteristica immobiliare è ciascuna definita qualità
peculiare costituente la nota distintiva di un immobile
ai fini della rilevazione e della valutazione.
4.6 Le caratteristiche immobiliari possono essere classificate
in: caratteristiche locazionali, caratteristiche posizionali,
caratteristiche tipologiche, caratteristiche economiche e
caratteristiche istituzionali.
4.6.1 Le caratteristiche locazionali riguardano
l’ubicazione dell’immobile nel contesto urbano
(in rapporto alle infrastrutture, ai servizi, ecc.),
territoriale e ambientale.
4.6.2 Le caratteristiche posizionali riguardano la
collocazione dell’immobile nel contesto
edilizio (livello piano, esposizione, ecc.) o nella
ripartizione di un’area in lotti.
4.6.3 Le caratteristiche tipologiche riguardano il
quadro classificatorio delle proprietà edilizie
dell’immobile (stato di manutenzione, impianti,
ecc.).
4.6.4 Le caratteristiche economiche riguardano le
condizioni e le limitazioni di uso dell’immobile
e le condizioni di finanziamento.
4.6.5 Le caratteristiche istituzionali riguardano il
quadro normativo.
4.7 Avuto riguardo alla misura, le caratteristiche
si distinguono in caratteristiche quantitative e
caratteristiche qualitative.
4.7.1 Le caratteristiche quantitative possono essere
misurate in una scala cardinale mediante unità
tecniche ed economiche (superficie, impianti,
ecc.)(5.5).
89
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
4.7.2 Le caratteristiche qualitative possono essere
misurate nella scala nominale e nella scala
ordinale (livello di piano, inquinamento, ecc.)
(5.3; 5.4).
4.7.2.1 Le caratteristiche qualitative assumono
particolare rilievo nella stima del
patrimonio immobiliare con valenze
architettoniche, storiche, culturali e
ambientali.
5. Scale di misura
5.1 La rilevazione dei dati immobiliari richiede l’uso di
scale di misura quali-quantitative per i prezzi e i canoni
di mercato e le caratteristiche immobiliari.
5.2 La moderna teoria della misura stabilisce che un
definito set di dati relativi a un fenomeno può soddisfare
(ammesso un suo valido uso) un definito livello di
misura e non altri.
5.3 La scala di misura nominale è in via principale
rappresentativa e descrittiva della caratteristica
immobiliare. La scala nominale si presenta con la
relazione ‘eguale a’ o ‘non eguale a’ esistente tra le
categorie della caratteristica osservata.
5.3.1 La scala nominale nei problemi di inferenza
statistica è espressa numericamente con una
variabile dicotomica (dummy variable). Il suo
significato analitico può riguardare la presenza
o l’assenza della caratteristica immobiliare
indicata rispettivamente con il numero 1 e il
numero 0.
5.3.2 Nell’analisi estimativa, quando nel campione di
dati rilevato la caratteristica è presente in alcuni
dati e assente nei rimanenti, le categorie sono
rappresentate dalla presenza o dall’assenza della
caratteristica (1 o 0).
5.3.3 Nell’analisi estimativa, quando per la stessa
caratteristica vi sono due o più categorie
distinte, la misurazione è rappresentata dalla
combinazione dei numeri binari (5.12).
5.3.4 Ciascuna categoria della caratteristica è
designata con un nome, in modo che possa
essere perfettamente individuata e distinta
(5.10).
5.3.5 Queste condizioni possono riferirsi ad alcune
caratteristiche degli immobili (inquinamento,
zona, posizione, ecc.).
5.4 La scala di misura ordinale esprime le classi della
caratteristica ponendole in una serie ordinata. Tale
successione è raffigurata con i numeri ordinali. La scala
ordinale naturale si presenta con le relazioni ‘maggiore
di’ o ‘minore di’ tra le classi.
5.4.1 La misura svolta con la scala ordinale si
90
presenta con un indice che esprime l’intensità
non misurabile della caratteristica. Questo
indice può essere rappresentato dai termini:
sufficiente, buono, ottimo, oppure minimo,
medio, consigliabile, superiore, e altri
ancora. Questi termini possono attribuirsi
a molte caratteristiche degli immobili (stato
di conservazione, prestazioni fun­
zionali,
luminosità, ecc.).
5.4.2 La scala di misura a intervalli esprime la
distanza tra le classi della caratteristica. Per le
classi per le quali esiste la relazione a>b>c> ...
y>z la scala a intervalli fornisce le distanze o
intervalli ab, bc, ..., yz.
5.4.2.1 In una scala a intervalli si può
esprimere la distanza tra le classi in
un ordine metrico con la costruzione
di una “funzione di distanza” che
assegna un numero reale alle classi
(punteggio). I punteggi assegnati
devono essere comparabili, o essere
posti in condizioni di comparabilità,
con l’uso di una comune e costante
unità di misura. In tal caso i numeri
possono essere associati agli intervalli
tra le classi, e le distanze possono
essere misurate dalle differenze tra i
numeri progressivi.
5.4.2.2 In genere il punteggio massimo
è assegnato alla classe considerata
migliore; ci si riferisce ai numeri
reali po­sitivi anche per attribuire le
penalità, così un punteggio nullo è
assegnato come punteggio massimo
alla classe che non presenta penalità.
5.4.2.3 Nella scala a intervalli sono consentite
le operazioni di somma e di sottrazione:
così un numero può essere aggiunto
(o sottratto) a tutti i gradini della
scala non modificando le distanze
relative degli intervalli. Similmente
tutti i valori della scala possono essere
moltiplicati per un dato numero senza
che gli intervalli della scala subiscano
variazioni.
5.4.3 Ciascuna classe della caratteristica immobiliare
misurata con la scala ordinale è designata con un
nome, in modo che possa essere perfettamente
individuata, distinta e classificata (5.10).
5.4.4 Nella scala cardinale il numero e l’ampiezza
delle classi di una caratteristica immobiliare è
funzione delle sue peculiarità, come percepite
5.5
5.6
5.7
5.8
dall’osservatore, del grado di dettaglio richiesto
dall’indagine e delle finalità della rilevazione.
La scala di misura cardinale pone una corrispondenza
biunivoca tra le classi della caratteristica e i numeri
reali (scala continua) o i numeri interi (scala discreta).
L’unità di misura può essere di natura fisica, tecnica,
economica, ecc.
5.5.1 La scala cardinale permette l’impiego delle
quattro operazioni fondamentali e degli
strumenti di analisi quantitativa.
Nel linguaggio statistico le caratteristiche og­getto di
rilevazione possono essere classificate in:
a.mutabili se ottenute dalla rile­vazione di fenomeni
non ordinabili (zona, stile architettonico, ecc.);
b.variabili se ottenute dalla rilevazione di fenomeni
ordinabili e particolarmente misurabili con una
scala cardinale.
Una tra le più importanti relazioni tra i livelli
di misura può essere rappresentata attraverso
la scala standardizzata. Il processo statistico di
standardizzazione delle variabili mira a offrire misure
uniformi e confrontabili delle caratteristiche oggetto
di indagine. Il processo consiste infatti:
a.nel cambiamento dell’origine (traslazione degli
assi) in base a un criterio che fissa uno zero
arbitrario rispetto a quello assoluto (dato medio,
dati dell’immobile da stimare, ecc.);
b.nell’eliminazione dell’unità di misura;
c. nell’eventuale riduzione dell’ordine di grandezza
in cui varia la caratteristica con l’impiego di una
misura di variabilità;
d.nell’eventuale cambiamento del segno per
ammontari negativi della caratteristica.
5.7.1 La scala standardizzata trova impiego nella fase
di analisi estimativa del processo di valutazione
su larga scala degli immobili (6.6.5).
5.7.2 Per la scala standardizzata valgono tutte le
proprietà formali della scala cardinale.
Nei passaggi da una scala qualitativa (nominale
e ordinale) a una scala quantitativa (a intervalli e
cardinale) si ha una perdita di contenuto qualitativo
delle informazioni rilevate, mentre si consegue
un più elevato livello di sintesi che consente di
impiegare le misure quantitative in operazioni di
calcolo complesse. Di conseguenza per l’osservatore si
pone una situazione di conflitto nella misura di una
caratteristica, per la quale alla perdita di contenuto
qualitativo dell’informazione grezza si contrappone
la possibilità di applicare gli strumenti di calcolo e
l’inferenza estimativa e statistica.
5.8.1 L’analisi quantitativa delle caratteristiche
qualitative impone la necessità di riportare
le rilevazioni dalla scala nominale e dalla scala
ordinale alla scala cardinale.
5.8.2 Il passaggio dalla scala nominale a quella
cardinale
avviene
generalmente
con
l’attribuzione dei valori zero e uno alle categorie
della caratteristica qualitativa.
5.8.3 Il passaggio dalla scala ordinale a quella
cardinale si ottiene con l’assegnazione di
punteggi relativi ai posti occupati dalle diverse
classi della caratteristica.
5.9 Ai fini della misurazione e nel passaggio di scala si
ricorre ai nomenclatori.
5.10 I nomenclatori hanno il compito di descrivere e
catalogare in modo sistematico le classi di una
caratteristica immobiliare qualitativa, attribuendo
loro un nome e descrivendole in modo univoco. A
ciascuna categoria o classe è attribuita una definizione
volta a caratterizzare e circoscrivere la categoria
o la classe sul piano concettuale. Per esigenze di
comunicazione il nomenclatore deve essere appropriato
e immediatamente intelligibile.
5.10.1 La formulazione del nomenclatore traduce in
parole le proprietà tecniche di una categoria o
di una classe, ponendole in relazione con le altre
categorie o classi della stessa caratteristica.
5.10.2 Nelle misure ordinali il nomenclatore esprime
quindi un giudizio sulle classi della caratteristica
con un criterio tecnico ed estimativo.
5.10.3 La stesura della parte letteraria dei nomenclatori
estimativi si basa sui termini e sulle locuzioni
adottate localmente nella pratica immobiliare.
5.10.4 Il nomenclatore è finalizzato alla stima dei
prezzi marginali delle caratteristiche e alla
calibrazione dei parametri dei modelli di stima
su larga scala (6.6.6).
5.10.5 Il nomenclatore attribuisce una descrizione
completa e sintetica delle categorie o delle classi
della caratteristica qualitativa, permettendo la
traduzione di queste etichette di contenuto
letterale e descrittivo in una scala numerica.
5.11 L’assegnazione di una misura alle caratteristiche
qualitative prevede due livelli.
5.11.1 Il primo livello di misura delle caratteristiche
qualitative stabilisce:
a.il numero delle categorie o delle classi;
b.l’ordine gerarchico delle classi;
c. il nome e il nomenclatore di ciascuna
categoria o classe.
5.11.2 Il secondo livello di misura delle caratteristiche
qualitative riguarda:
a.per la scala nominale l’assegnazione dei
numeri binari alle categorie;
91
ANNO III
| n. 15 |
MAGGIO - GIUGNO 2011
b.per la scala ordinale l’assegnazione dei
singoli punteggi alle classi.
5.12 Nell’ambito del segmento di mercato il problema di
misurazione delle caratteristiche qualitative su scala
nominale prevede:
a.la misura dicotomica;
b.la definizione in termini letterari e tecnici dei
nomenclatori (primo livello);
c. l’attribuzione di 0 (assenza) e di 1 (presenza)
(secondo livello) (schema 1).
5.13 Nell’ambito del segmento di mercato il problema di
misurazione della caratteristica qualitativa su scala
ordinale prevede:
a.la definizione del numero e del nome delle classi e il
loro ordine gerarchico secondo la scala ordinale (ad
esempio max, medio, min);
b.la definizione dei termini letterari e tecnici dei
nomenclatori (primo livello);
c. l’attribuzione di un punteggio crescente (secondo
livello) (ad esempio min=1, medio=2, max=3)
(schema 2).
5.14 Per la diversità e complessità degli immobili e per la
segmentazione del mercato immobiliare, le categorie
e le classi delle caratteristiche qualitative variano da
segmento a segmento di mercato, così come variano
i loro nomenclatori.
5.15 La misurazione della consistenza degli immobili
riguarda in genere le misure metriche di superficie e
di volume.
5.15.1 Per la misura della superficie reale si può
prefigurare un insieme di criteri uniformi,
generalmente validi e condivisi dagli operatori
del mercato, dai tecnici e dai contraenti.
5.15.2 Le Linee guida per la rilevazione dei dati del
mercato immobiliare propugnano l’applicazione
di standard di misura metrica degli immobili.
6. Elaborazione dei dati
6.1 Nell’analisi quantitativa si ritiene che i risultati attesi da
un modello statistico-matematico non possano essere
migliori della qualità dei dati utilizzati.
6.2 L’analisi numerica afferma che difficilmente
l’informazione in ingresso è esatta, poiché usualmente
nasce da processi di misura di qualche tipo, e inoltre
si aggiunge l’errore introdotto dall’algoritmo di calcolo
impiegato.
6.3 La raccolta e l’analisi dei dati immobiliari e delle
informazioni di mercato mirano a descrivere, a
interpretare e a prevedere il mercato immobiliare, nella
sua diversità e complessità e nei futuri andamenti.
6.4 Ai fini estimativi, la rilevazione dei dati immobiliari
mira primariamente alla stima del valore di mercato di
una o più unità immobiliari.
6.5 Il rilevatore deve avere conoscenze sui modelli e i metodi
applicati nelle elaborazioni dei dati, sulle principali
statistiche campionarie e sui modelli di stima su larga
scala.
6.6 Il processo di valutazione su larga scala include (IVS, GN
13; 1.4):
6.6.1 l’identificazione dell’insieme degli immobili da
valutare e di ciascun immobile;
6.6.2 la definizione dell’ambito di mercato, costituito da
uno o da due o più segmenti di mercato prescelti
ai fini dell’analisi estimativa e statistica (2.4);
6.6.3 l’identificazione delle caratteristiche della
domanda e dell’offerta che influenzano la
formazione del valore nel definito ambito di
mercato;
Schema 1 - Misura della caratteristica qualitativa su scala nominale
Caratteristica immobiliare
Acronimo
Nomenclatore
Caratteristica
CRN
Descrizione
Categoria
Numero
Assenza
0
Presenza
1
Classe
Punto
min
1
medio
2
max
3
Schema 2 - Misura della caratteristica qualitativa su scala ordinale
Caratteristica immobiliare
Caratteristica
92
Acronimo
CRO
Nomenclatore
Descrizione
6.6.4 la rilevazione dei dati e delle informazioni di
mercato;
6.6.5 l’analisi estimativa dei dati rilevati attraverso:
6.6.5.1 l’applicazione dei procedimenti e dei
metodi estimativi; oppure
6.6.5.2 lo sviluppo di un modello che riflette
la relazione fra le caratteristiche
immobiliari e il valore di mercato o il
canone di mercato;
6.6.6 la calibrazione del modello per determinare i
parametri specifici che operano in un modello
valutativo (IVS, GN 13, 3.2);
6.6.7 la convalida del processo di valutazione su
larga scala adottato, incluse le misure di
performance;
6.6.8 il processo di verifica attraverso diagnostiche
statistiche e lo studio dei rapporti (ratio study),
nei quali i valori calcolati sono comparati ai prezzi
osservati (prezzi di mercato e canoni di affitto).
6.6.9 l’applicazione dei risultati ottenuti con il
modello alle caratteristiche degli immobili da
valutare;
6.6.10 la rassegna dei risultati della valutazione su
larga scala (IVS, GN 13, 1.4; 3.4).
6.7 Il processo di verifica mira a testare i risultati del
modello per assicurarsi che abbiano raggiunto gli
standard richiesti per il loro utilizzo. Il processo di
verifica include i test svolti su un campione separato
rappresentato da un gruppo di immobili che non
sono stati utilizzati nel processo di calibrazione e
che presentano prezzi o canoni di mercato noti. Il
campione rilevato per la verifica è composto da
dati immobiliari estratti separatamente dai dati del
campione utilizzato per la costruzione del modello e
per la valutazione.
6.8 L’affidabilità di qualsiasi modello di valutazione o di
verifica dipende dalla qualità e dalla quantità dei dati
rilevati.
Bibliografia
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Edition. Appraisal Institute. Chicago 2008.
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THE EUROPEAN GROUP OF VALUERS’ ASSOCIATIONS:
European valuation standards 2009. 6th Edition. TEGoVA.
Belgium 2009.
THE ROYAL INSTITUTION OF CHARTERED
SURVEYORS: Valuation standards. 6th Edition. Rics Book.
Coventry 2009.
93
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Autori: Associazione Geometri Italiani
Topografi (AGIT)
con il contributo di A. d’Angelis,
M. Foderà, A. Goso, M. Goso, A.
Grembiale, G. Mangione, L. Marchi,
P. Radice, B. Suliani
Piano opera
Topografia
Catasto terreni
Catasto fabbricati
Diritto e attività del geometra
topografo e catastale
1 volume, 180 pagine, prezzo
copertina 18,00 euro, formato 16x24
brossura, codice prodotto: 61302380,
codice ISBN: 978-88-598-0620-2
MANUALI
2
Manuale del GEOMETRA MEDIATORE e CONCILIATORE
Contenuti :
1
9 788859 806202
Manuale
delNazionale
Consiglio
Geometri e Geometri Laureati
geometra mediatore
e conciliatore
5 000613 024078
MANUALI
Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati
Manuale del
GEOMETRA
MEDIATORE
e CONCILIATORE
1. Elementi di topografia e catasto
2. Manuale del geometra mediatore e conciliatore
I.V.A. INCLUSA
€ 18,00 I.V.A. INCLUSA
Disponibili su shop.wki.it/utet_scienze_tecniche/default.aspx
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Autori: Carlo Alberto Calcagno
(Avvocato in Genova), Filippo Vircillo
(Geometra in Genova)
Piano opera
La normativa sulla mediazione
Come condurre la mediazione. Guida
pratica
Normativa di riferimento generale
1 volume, 180 pagine, prezzo
copertina 18,00 euro, formato 16x24
brossura, codice prodotto: 61302407,
codice ISBN: 978-88-598-0702-5
“Manuali del Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati”:
una collana di volumi che affrontano con
taglio pratico-operativo temi di interesse
per la professione di Geometra e per
quanti preparano l’esame di abilitazione.
Esperti ed Autori sono individuati
anche dalle diverse Associazioni dei
Geometri, che hanno il compito di
predisporre studi, ricerche, contributi,
linee guida ed iniziative di formazione
su diversi Temi: Edilizia e lavori pubblici,
Topografia, Ambiente e territorio,
Valutazione, Sicurezza, Impianti sportivi,
Conciliazione, Amministrazione immobili.
Volumi pubblicati :
1. Elementi di topografia e catasto
2. Manuale del geometra mediatore e conciliatore
NEWS
EVENTI
“Rassegna internazionale
del Paesaggio e del Giardino”
A Gardone Riviera, 17- 18 settembre
Nella meravigliosa cornice di Gardone Riviera e nell’ambito
della manifestazione “I Giardini del Benaco”, sabato 17
e domenica 18 settembre 2011 si svolgerà nella nuova
sede di Villa Alba la seconda edizione della “Rassegna
Internazionale del Paesaggio e del Giardino”.
L’iniziativa, che quest’anno ha per titolo “Nuovi giardininuovi paesaggi”, si pone l’obiettivo di approfondire
il quadro di sviluppo del paesaggismo in Italia da tre
angolazioni: la riqualificazione urbanistica dei quartieri
marginali, il ruolo della natura, sempre più sentito come
dominante non solo dai progettisti ma anche dall’utente
finale dello spazio pubblico, e il ruolo sociale, attribuibile
al giardino e ancor più al paesaggio.
L’analisi si connoterà attraverso la lettura delle esperienze
di noti paesaggisti italiani e stranieri. Questi ultimi con
la caratteristica comune di avere recentemente lavorato in
Italia e quindi di aver conosciuto sul campo le condizioni
operative. L’ipotesi è di confrontarsi sul piano concreto
delle esperienze per trovare delle linee comuni e di
originalità nazionale.
In questo modo il ruolo internazionale della Rassegna
assume un valore aggiunto che va aldilà della semplice
presentazione di figure di spicco del paesaggismo nazionale
ed internazionale, creando una rete di collaborazione
attraverso un costruttivo confronto.
La formazione, universitaria e non, dello studente che
intende specializzarsi in questo settore avrà uno spazio
privilegiato di riflessione attraverso la Mostra, aperta per
tutto il periodo della Rassegna, che offre una selezione
delle principali scuole di paesaggismo in Italia ed anche
in Europa oltre alla presentazione delle Associazioni che
hanno come scopo di offrire un punto di riferimento
attivo.
Sempre per il settore della formazione saranno poste le basi
e raccolte le adesioni per un successivo workshop a numero
chiuso della durata di due giorni per sviluppare esperienze
di progettazione sul tema del recupero di un giardino di
tradizione con uno sguardo alla contemporaneità e sul
tema della fruibilità artistica di un parco.
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Il programma della Rassegna
SABATO 17 SETTEMBRE
Ore 9.30 Premessa alla Rassegna
Darko Pandakovic architetto paesaggista, Politecnico di
Milano
Ore 10 “Riqualificazione urbana e tessuto storico”
Parole chiave: ricostruire, reinterpretare, restaurare
Modera Lucia Valerio, giornalista
Franco Zagari, architetto paesaggista, Università di Reggio
Calabria
Elisabetta Cereghini, architetto-storica, École nationale
supérieure du paysage (ENSP), FR
Ore 13.30 Pranzo
Ore 14.30 “La Società e il paesaggio”
Parole chiave: luoghi di socialità, bellezza sostenibile, meccanismi
di empatia
Modera Matteo Thun, architetto, Studio Thun &Partners
Andreas Kipar, architetto paesaggista, Studio Land IT/D
Anthony Paul, architetto paesaggista, UK
“Riflessioni su nuovi modi di vivere il paesaggio”
Enzo Enea architetto paesaggista, CH
Michela Pasquali paesaggista e botanica, CH
Ricciarda Belgioioso architetto Politecnico di Milano
“Sperimentazione di metodi classici di indagine per nuovi
argomenti”
Ricerca VerDiSegni sulla figura del paesaggista
Ore 19 Chiusura lavori
Ore 20.30 Cena di gala per i partecipanti alla Rassegna
DOMENICA 18 SETTEMBRE
Ore 9 “Nuovi ambienti per nuove nature”
Parole chiave: paesaggio sostenibile, dinamicità riorganizzativa,
nuovi scenari urbani
Modera Alessandro Rocca, architetto, Politecnico di Milano
Domenico Luciani, architetto paesaggista, Fondazione
Benetton Studi Ricerche
AIAPP Lombardia – Slow Food (Francesca Neonato /
Maurizio Ori, paesaggista )
A confronto con l’esperienza francese
Gruppo COLOCO paesaggisti della scuola di G.Clément, FR
Jacqueline Osty, paesaggista École nationale supérieure du
paysage (ENSP), FR
Fabienne Giboudeaux, comune di Parigi, FR
Ettore Favini, artista con una mostra video su Gilles Clément
Ore 13.30 Chiusura della Rassegna
AZIENDE
Micropali a pressione
per il consolidamento
di platee di fondazione
in cemento armato
Nei casi di possibile realizzazione, la platea viene considerata
da gran parte dei tecnici progettisti una fondazione ideale. Il
motivo di tale considerazione è essenzialmente da attribuirsi
al fatto che una platea di fondazione distribuisce in modo
uniforme i carichi sul terreno sottostante e conferisce
all’intero fabbricato un’apprezzabile rigidità strutturale.
Tale tipologia di fondazione molto spesso diventa una
scelta quasi obbligata, determinata dalle caratteristiche
della struttura che dovrà essere sostenuta. In fase di
progettazione è necessario verificare attentamente le
caratteristiche del terreno sul quale verrà realizzata la platea
in quanto la stessa presenta un bulbo delle pressioni, ovvero
il volume di terreno maggiormente sollecitato dai carichi
della struttura, molto ampio e profondo.
In presenza di carichi non uniformi e di terreni con
scadenti caratteristiche geotecniche si corre il rischio che la
platea possa subire un cedimento differenziato, perdendo
così la propria planarità. In tali casi, l’edificio soprastante
non subisce alcuna lesione, ma si inclina in corrispondenza
di un lato o di un angolo, provocando enormi disagi e forte
deprezzamento del valore della struttura.
Per ovviare a tale problematica Novatek ha sviluppato una
tecnologia molto rapida, economica e poco invasiva, per
trasferire in profondità tutto o parte del peso dell’edificio
mediante micropali a pressione. Questa metodologia si
può agevolmente applicare in fase costruttiva oppure
anche in tempi successivi ed è utilizzabile in diversi
ambiti (case prefabbricate in legno e in cemento armato,
basamenti di macchinari, pavimenti, piscine, silos, vasche
di decantazione).
Il consolidamento della platea di fondazione con i
micropali a pressione conferisce al fabbricato la totale ed
assoluta sicurezza di solidità e di durabilità nel tempo. I
micropali a pressione in acciaio sono ad aderenza migliorata
e sono costituiti da tubi giuntabili in acciaio Fe 510, della
lunghezza generalmente di un metro. Il diametro dei
tubi è mediamente di 60 millimetri, con uno spessore di
8 millimetri. A richiesta vengono forniti e posti in opera
anche diametri superiori. La giunzione dei diversi moduli
avviene mediante filetto conico. Il processo di rullatura
conferisce una rugosità su tutta la lunghezza del palo che,
una volta infisso nel terreno, aumenta enormemente la sua
aderenza per attrito laterale.
Il micropalo rullato viene infisso a pressione sotto
le fondazioni, senza asportazione di terreno grazie
all’utilizzo di martinetti idraulici montati su macchinari
ad ingombro ridotto. Una volta completata l’infissione, il
micropalo rullato in acciaio viene ultimato e sigillato con
la cementazione della cavità centrale mediante malte per
inghisaggi tipo Emaco S55. Va ricordato che la portata
del micropalo, misurata dal sistema di infissione, risulta
inferiore rispetto a quella che si sviluppa a lungo termine e
che la portata offerta dal micropalo infisso risulta, a parità
di diametro, nettamente superiore rispetto alla portata
offerta da un palo perforato, in quanto l’infissione del
micropalo nel terreno determina un addensamento del
terreno circostante. Tutto questo assicura chiari vantaggi
tecnico-economici.
Maggiori informazioni sul sito www.micropalo.it
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NEL PROSSIMO NUMERO
photo©shutterstock.com/topora
150° UNITA’ D’ITALIA
I Tecnici
protagonisti:
Giuseppe Maioli
L’ Istituto Tecnico
“Sallustio Bandini”
di Siena
CONVENZIONE
CNGeGL con
“Libera”, Associazione
di promozione sociale
riconosciuta dal Ministero del Lavoro
della Salute e della Solidarietà Sociale
GEOTERMIA
Integrazione di impianti
di generazione energetica
rinnovabile a sistemi
a zero emissioni
VALUTAZIONI
Linee Guida
per la rilevazione
dei dati
del mercato immobiliare
Seconda parte
… e tanti altri interessanti articoli anche sul contributo
che i Geometri hanno dato nei diversi periodi dei
150 anni alla storia d’Italia, al suo sviluppo e alla
formazione di un’identità nazionale
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