Corriere della Sera

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Corriere della Sera
12 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA
Orizzonti Umanesimo
DOMENICA 15 MAGGIO 2016
Note blu
di Claudio Sessa
{
Il jazz di Shakespeare e Cervantes
Fra i due grandissimi scomparsi quattro
secoli fa, Shakespeare è vicino al mondo del
jazz: Ellington gli ha dedicato la famosa suite
Such Sweet Thunder e il meno noto Timon of
Athens; All Night Long, film britannico ispirato
a Otello, vide in scena Mingus e Brubeck; il
batterista finlandese Edward Vesala guidava
la band Sound And Fury. E Cervantes?
Ricordiamo almeno l’altra suite incisa nel
1968 da Kenny Wheeler, Windmill Tilter.
Ricerca La scoperta di due studiosi italiani: il termine che indica la «scienza dell’essere in quanto
essere» fu coniato non in Germania nel 1613 ma nella Confederazione sette anni prima. E oggi gli
elvetici investono in programmi di indagine filosofica nove volte quello che stanzia il nostro Paese
L’ontologia è svizzera e vale milioni
pa più delle realtà che stanno al di là di
quelle fisiche, come avviene anche ai nostri giorni, in che cosa si distingue dalla
«fisica»? Non sarebbe l’ontologia, alla fin
fine, una specie di fisica di serie B, meno
affidabile e più aleatoria? A questa obiezione si deve rispondere in due modi.
Anzitutto: è proprio vero che le uniche
realtà non fisiche siano quelle divine? E
le idee, gli ideali, i valori, i numeri, dove li
mettiamo? E quale scienza si occupa di
queste cose e, insieme, di quelle fisiche?
In secondo luogo: quando non si limita a
misurare e fare esperimenti, ma utilizza
termini come «materia», «funzione»,
«causa», «esistenza», «elemento» e simili, la fisica non sta forse utilizzando di
fatto termini filosofici senza essersi data
la briga di definirli con precisione?
Insomma la fisica presuppone sempre
un’ontologia (o «meta-fisica») e spesso
lo fa in modo inconsapevole. Non è dunque l’ontologia a essere una scienza aleatoria, è la fisica a essere una filosofia un
po’ incosciente. O forse si dovrebbe dire
meglio: quando non dialoga con la fisica,
l’ontologia rischia di essere una fisica aleatoria; e d’altra parte, quando non dialoga con l’ontologia, la fisica rischia di essere un’ontologia incosciente.
di GIOVANNI
VENTIMIGLIA
Mandla Reuter (Nqutu,
Sudafrica, 1975)
The Agreement (2011,
installazione, mixed media),
dal catalogo della mostra
The registry of promise.
The promise of moving things
al Centre d’art contemporain
/ le Crédac, Ivry-sur-Seine,
Francia: le opere dell’artista
tedesco, da tempo
impegnato nella definizione
di un nuovo concetto di
spazio (interno e esterno),
fanno parte della collezione
del Castello di Rivoli, Torino
L’
italiano parlato in Canton Ticino sorprende non poco per
la presenza di termini nuovi e
del tutto incomprensibili per
un italiano. Alcuni esempi:
natel per dire «cellulare», tiptop per dire
«impeccabile», piccadilly al posto di
«autogrill», jacky boy invece di «decespugliatore», rüt (o rutto, sic) per indicare il secchio della spazzatura. Interessante è il caso di azione per dire «offerta speciale» (onde l’esilarante «patate in azion e » c h e u n a vo l t a m i i n d u s s e a
immaginare strane patate svizzere semoventi). Il termine deriva dal tedesco Aktion ed è un esempio chiaro di «elvetismo» ossia di lingua tedesca così come
essa è parlata in Svizzera.
Suggerisco, prima di abbandonarsi alla canzonatura dei vicini ticinesi, di
ascoltare la storia della parola «ontologia», che designa una importante disciplina filosofica. Studi recenti, infatti,
hanno dimostrato che si tratta, come le
parole appena menzionate, di un «elvetismo», ossia in quel caso del latino parlato in Svizzera agli inizi del XVII secolo. Fino a qualche anno fa, infatti, tutti gli studi e i manuali erano soliti riportare l’informazione secondo cui la prima
occorrenza del termine «ontologia» fosse da rinvenire in Germania nel 1613 (precisamente nel Lexicon philosophicum di
Rudolph Goclenius pubblicato a Francoforte). Tuttavia, anche grazie ai suggerimenti di Joseph Freedman e JeanFrançois Courtine, che già avevano individuato una «pista svizzera», gli italiani
Raul Corazzon (nel 2005) e Marco Lamanna (nel 2006) hanno fatto una scoperta importante: il termine «ontologia»
è nato in Svizzera nel 1606 nel Ginnasio
riformato di San Gallo a opera del riformato Jacob Lorhardus (precisamente nel
manuale Ogdoas scholastica). Insomma
«ontologia» (un grecismo composto da
logos, discorso, e ontos, dell’essere) non
è termine nato nella Grecia antica e nemmeno in Germania, ma in Svizzera, nel latino parlato da alcuni professori di filosofia.
Il lettore non specialista si chiederà a
questo punto giustamente che cosa mai
sia questa «ontologia». Si tratta del nome
attribuito a una misteriosa «scienza dell’essere in quanto essere» di cui parlava
Aristotele nella sua Metafisica: «C’è una
scienza che considera l’essere in quanto
essere e le proprietà che gli competono
in quanto tale. Essa non si identifica con
nessuna delle scienze particolari: infatti
nessuna delle altre scienze considera l’essere in quanto essere in universale ma,
dopo aver delimitato una parte di esso,
ciascuna studia le caratteristiche di questa parte». La botanica studia gli esseri
vegetali, la zoologia gli esseri animali, la
biologia gli esseri viventi, mentre la
«scienza dell’essere in quanto essere»
studia gli esseri e basta, ossia tutti gli esseri in generale: una disciplina, diciamo,
all inclusive.
Ora, che ne è oggi, al tempo del dominio delle scienze e della tecnica, di questa
antica forma di sapere? Sarà scomparsa
dalla scena della cultura? Nient’affatto.
Data per morta nell’Europa «continentale» per diversi anni nel XX secolo, sorprendentemente essa conosce ai nostri
giorni, soprattutto nei Paesi di lingua inglese, una rinascita che ha dell’incredibile. Su Amazon i libri che contengono la
parola ontology sono a oggi 2.435 e la
Oxford University Press ha in catalogo 617
titoli con questa parola. Insomma, piano
con la presa in giro degli elvetismi: metti
che tiptop diventa fra qualche anno famoso in tutto il mondo, mentre «impeccabile» cade nel dimenticatoio!
Perché mai, tuttavia, in Svizzera si sentì a un certo punto l’esigenza di coniare
un termine nuovo, visto che per designare quella disciplina esisteva già da secoli
la parola «metafisica»? Il fatto è che, fin
dai tempi di Aristotele, e poi nei secoli
appresso, il termine «metafisica» veniva
utilizzato nello stesso tempo per indicare
sia la scienza all inclusive che studia tutti
gli esseri in universale sia quella che indaga la causa prima di tutti gli esseri, ossia Dio.
Ora, nell’ordinatissima Svizzera questa
ambivalenza, suscettibile di generare
una certa confusione, dovette sembrare
fuori luogo, sicché si decise di designare
con il neologismo «ontologia» la scienza
che si occupa di tutti gli esseri (attuali o
anche solo pensabili). Questa scelta a sua
volta porterà in seguito a riservare il termine «metafisica» perlopiù a quella
scienza, più teologica, che tratta della
Causa prima degli esseri.
La domanda di fondo che tutti si pongono da allora, legittimamente, è però
questa: ma se l’«ontologia» non si occu-
SSS
Tesi
LA REPUBBLICA
IMMAGINATA
di ANTONIO CARIOTI
P
er Nadia Urbinati e David Ragazzoni, autori del libro La vera
Seconda Repubblica (Raffaello
Cortina, pp. 202, e 15), la riforma
costituzionale è stata per decenni una
«potentissima costruzione ideologica», una «macchina immaginifica»
che ha indotto i partiti a mettere in
discussione l’ordinamento dello Stato,
«falcidiando la legittimità di quella
Repubblica che pure avevano fondato». Una tesi che sembra trascurare la
profondità delle trasformazioni sociali
e culturali che l’Italia ha vissuto dal
1948 a oggi: esse, ben prima e ben più
dell’inconcludente dibattito sulla riforma della Costituzione, hanno eroso le
basi del nostro modello istituzionale.
La Seconda Repubblica è stata senza
dubbio anche una suggestione ideologica, agitata spesso strumentalmente,
ma a generarla hanno contribuito
robusti fattori materiali, cui hanno
finito per arrendersi anche molti ex
adoratori della «Costituzione più bella
del mondo». Tipo Walter Veltroni, al
quale Urbinati e Ragazzoni attribuiscono giustamente la responsabilità di
aver spianato la strada alla stagione
renziana, facendo del Pd «un partito
dall’appartenenza debole e dalle frontiere labili». L’analisi è fondata, ma
viene da chiedersi se oggi in Italia
esista una qualche formazione politica, a parte forse la Lega, dotata di
un’appartenenza forte e di frontiere
ben marcate. È vero che la Seconda
Repubblica, se la riforma Boschi supererà la prova del referendum di ottobre, nascerà dallo «svuotamento» dei
partiti «quali corpi strutturati», come
scrivono i due autori. Ma a svuotarli
sono stati innanzitutto i cittadini,
ritirando loro la delega a rappresentarli. C’entra l’ideologia, come in tutte
le vicende politiche, però da sola non
sarebbe bastata.
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Sarà — obietterà l’immancabile uomo-con-i-piedi-per-terra — ma mentre
la fisica conosce applicazioni utilissime
nella vita concreta, questa osannata «ontologia» alla fin fine a che cosa serve? A
niente, si deve rispondere. E meno male.
Se «utile» è solo ciò che risponde ai bisogni primari, come mangiare, bere e accoppiarsi, allora l’ontologia rivendica orgogliosamente la sua inutilità. D’altra
parte inutili sono anche le poesie d’amore dedicate a donne impossibili (o addirittura già morte) o la letteratura, che si
abbandona a narrazioni inventate, o ancora la musica e la pittura.
Eppure, per distinguere i resti di una
scimmia da quelli di un essere umano,
gli scienziati vanno alla ricerca di disegni
rupestri: se vi sono tracce di attività oziose e inutili, come la pittura, si può star
certi che si tratta di esseri umani. Perché
l’uomo si distingue dagli animali proprio
perché fa cose inutili. Per questo, un Paese che investe in ricerca anche nell’ambito delle discipline umanistiche inutili è
un Paese che investe in umanità. Lo ha
fatto di recente il Fondo nazionale svizzero per la ricerca, finanziando due giovani
eccellenti ricercatori, italiani, ennesimi
cervelli in fuga, di cui uno è di nuovo l’ottimo Marco Lamanna, per un progetto di
ricerca sulla nascita dell’ontologia in
Svizzera nell’età della Riforma. Cifra stanziata dopo durissima selezione competitiva: mezzo milione di franchi (poco meno di mezzo milione di euro). D’altra parte la Svizzera finanzia ogni anno progetti
di ricerca in filosofia di giovani ricercatori per circa 20 milioni di franchi (circa 18
milioni di euro) mentre in Italia siamo a
circa un nono di questa cifra (senza contare che la Svizzera conta 8 milioni di abitanti mentre l’Italia 60).
Forse il Paese del cioccolato e degli
orologi è più consapevole dell’Italia —
che pure ha dato i natali al padre dell’ontologia, ossia a Parmenide! — di quello
che Aristotele scriveva nella Metafisica:
«Tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa ma nessuna le sarà superiore». Forse, infine, quel piccolo Paese
che molti italiani guardano dall’alto della
loro immensa storia culturale non ha dimenticato, come ha fatto l’Italia, il valore
di una scienza che è espressione della capacità, squisitamente umana, di pensare
il tutto: «Con lo spazio — scriveva Pascal
— l’universo mi contiene e m’inghiotte
come un punto, con il pensiero lo contengo io».
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