ATTI DEL CONVEGNO rifugi_in_divenire 2013

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ATTI DEL CONVEGNO rifugi_in_divenire 2013
RIFUGI IN
DIVENIRE
E s p e r i e n z e
ARCHITETTURA,
FUNZIONI
E AMBIENTE
a l p i n e
a
c o n f r o n t o
RIFUGI IN
DIVENIRE
E s p e r i e n z e
ARCHITETTURA,
FUNZIONI
E AMBIENTE
a l p i n e
a
c o n f r o n t o
Atti del Convegno
22-23 marzo 2013
Tr e n t o , S a l a d e l l a C o o p e r a z i o n e
Progetto grafico:
– www.paissan.eu
Stampa:
Grafiche Stile – www.grafichestile.com
Coordinamento scientifico e cura degli atti:
Associazione Cantieri d‘Alta Quota – www.cantieridaltaquota.eu
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INTERVENTO
DI SALUTO
Porto a tutti voi il saluto di Accademia della Monta-
Oggi parliamo di rifugi. Il rifugio alpino, prima d’es-
gna del Trentino un istituto nato per valorizzare gli
sere “tetto-riparo-ristoro” è un concetto culturale, è
aspetti storici, ambientali, economici, antropologi-
il tentativo di rendere abitabile un luogo che non lo
ci della montagna. Nostro compito è anche quello di
è per destinazione. Con i primi rifugi dell’ultimo de-
favorire l’identità territoriale dei giovani attraverso
cennio dell’Ottocento nasce la prima forma di turismo
una rialfabetizzazione ambientale, l’appropriazione
in Trentino e nelle Alpi in generale. Dobbiamo esse-
di conoscenze specifiche riguardo alla montagna,una
re grati a quegli uomini che tra mille difficoltà, e con i
montagna da amare e da vivere. Il Trentino è caratte-
mezzi del tempo edificarono tali strutture. Il rifugio è
rizzato dalla presenza nelle terre alte dei rifugi alpini
stato per decenni il punto di partenza dei frequenta-
testimonianza di quell’alpinismo nato già 150 anni fa
tori della montagna. Oggi si è trasformato nel punto
che ha individuato la montagna alta delle rocce eterne
d’arrivo per la gran maggioranza degli escursionisti.
come luogo di grandi emozioni sportive, ambientali e
Questo diverso approccio ha modificato nel giro di
di ricerca.
pochi anni il ruolo e il senso del rifugio.
Il rifugio Torquato Taramelli nella Valle dei Monzoni (Pozza di Fassa, Trento, 2046 m), in un‘immagine d‘epoca (inaugurato nel 1904)
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Il rifugio Torquato Taramelli nella Valle dei Monzoni in un’immagine attuale
La sfida che oggi noi abbiamo di fronte è come conci-
Il tempo scorre, la società cambia la montagna conti-
liare innovazione con tradizione. Tornando indietro di
nua ad attrarre ed in questo contesto solo il confronto
cento anni pensiamo ai celebri “cubi” ancora peraltro
può definire linee comuni di riflessioni ed interventi
esistenti (i rifugi Taramelli e Segantini), costruzioni
sulle quali impostare le caratteristiche del rifugio del
che sono un vero monumento alla razionalità. Oggi i
terzo millennio.
rifugi sono in continuo aggiornamento strutturale e
Accademia della Montagna con il convegno Rifugi in
tecnologico, con attenzione a pratiche virtuose come
divenire si è posta l’obiettivo del confronto invitando i
sostenibilità, riduzione dell’impatto ambientale, ener-
protagonisti della catena alpina che fa da corona all’I-
gie rinnovabili, filiera corta.
talia per definire modalità di intervento che sappiano
Una figura importante caratterizza queste strutture: il
coniugare conservazione e innovazione.
gestore. Il gestore è l’anima del rifugio, custode delle
tradizioni e dell’ospitalità montanara, che si distingue
per quel rapporto diretto che riesce a creare con l’ alpinista/escursionista. Ogni rifugio ha la sua storia,
ogni rifugio racconta la propria identità; ne consegue
che ogni rifugio è diverso da un altro, anche se facente
parte dello periodo e dello stesso gruppo montuoso.
Nell’eventuale rifacimento/ristrutturazione è necessario tenere conto di questo, conoscere e capire prima
di intervenire quali sono le caratteristiche specifiche
date dalla storia e dai protagonisti della stessa.
Il rifugio deve emozionare, solo così è possibile attrarre e trasmettere cultura e identità della montagna nei
nuovi frequentatori. Più difficile il rispetto del limite;
quel confine che sappia comunicare un messaggio di
semplicità e funzionalità.
Egidio Bonapace
presidente di Accademia della Montagna del Trentino
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INTERVENTO
DI SALUTO
Ringrazio Accademia della Montagna per questo suo
sempre un laboratorio di sperimentazione di pratiche di
specifico interesse a una tematica che è di assoluta im-
adattamento. Sulle montagne gli uomini non sono stati
portanza e che continua i ragionamenti iniziati due anni
succubi della forza della natura ma ne hanno plasma-
fa con il convegno “I rifugi tra tradizione ed innovazione:
to le forme dando origine a paesaggi di grande fascino.
quale rapporto con la montagna”. Ora la ricerca si fa più
Hanno tratto dalle risorse disponibili soluzioni di rara in-
approfondita, allargata e attuale. Ringrazio Cantieri d’Alta
gegnosità. Hanno fatto del concetto del limite la misura
Quota per l’intelligenza e la passione con la quale lavora
del proprio rapporto con la natura. I rifugi hanno rappre-
per fornire contributi importanti. Noi come SAT abbiamo
sentato l’espressione di questa misura. Rappresentano
aderito all’iniziativa, perché riconosciamo la valenza di
ancora adesso in molti casi l’esempio di un presidio cul-
una riflessione e la necessità di una visione.
turale e ambientale, a fronte di fenomeni di aggressione
Per chi non sapesse cos’è SAT e a quale titolo è qui rap-
della montagna che non tengono conto dei contesti, della
presentata, ricordo che è la più grande sezione del CAI,
finitezza e dell‘irripetibilità ma forzano, cambiano, stra-
nel quale è confluita alla fine del primo conflitto mondia-
volgono. Governare i cambiamenti che sono quelli socia-
le. È proprietaria di 35 rifugi a cui si devono aggiungere
li delle nuove frequentazioni, quelli climatici, quelli legati
le 4 capanne sociali, i 14 bivacchi e altre 20 strutture di
legati alle urgenze ambientali; governare tenendo insie-
appoggio affidate direttamente alle sezioni, oltre a ge-
me qualità e cultura del limite, tradizione e innovazione.
stire direttamente una rete sentieristica che si snoda per
Esiste un punto di equilibrio? Risposta non facile. In con-
5.000 km.
siderazione anche del fatto che ogni rifugio ha una sua
SAT ha aderito all’iniziativa e lo ha fatto nella convinzione
dimensione, collocazione, identità. Ma credo vadano cer-
che occorra governare il cambiamento. Le Alpi sono da
cate linee guida comuni. Un pensiero comune, di caratte-
I rifugi Quintino Sella e Tuckett nelle Dolomiti di Brenta (Ragoli, Trento, 2271 m), durante l’inaugurazione nel 1906 e oggi
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re generale, e poi la capacità di tradurre localmente, nel
struire o ricostruire per accogliere senza però compro-
concreto. Una sfida stimolante ma tutt’altro che semplice.
mettere una sobrietà di fondo, senza trasformare in altro;
La si deve affrontare con tutti gli attori, ognuno consape-
che rimanga, come ricorda Reinhold Stecher, “una lezio-
vole del proprio ruolo e della propria responsabilità: pro-
ne utile sulla propria limitatezza”.
prietari, gestori, politici, progettisti. La riqualificazione,
Ma accanto alla progettazione occorre coerenza anche
la ristrutturazione, il rifacimento devono essere coerenti
negli altri attori. Proprietari e gestori. Lo stile di conduzio-
con le scelte che si vanno a fare in termini di pianificazio-
ne contempla l’accoglienza, la comunicazione, l’educa-
ne e uso del territorio, delle risorse ambientali, della pro-
zione del frequentatore sull’importanza del rifugio come
mozione, della memoria storica, del significato culturale.
presidio e punto di esperienza e formazione. Le scelte
Una libertà del progettista quindi “condizionata”, che non
gestionali ne sono la logica conseguenza e si riflettono
significa limitata bensì capace di sintesi. Una scelta di
anche sull’offerta culinaria e la valorizzazione dei carat-
fondo riguarda l’attenzione a preservare orizzonti liberi,
teri di tipicità e genuinità provenienti dal territorio in cui
aperti, da percorrere ritrovando una dimensione propria,
si trova il rifugio. Le buone pratiche lo sono quando sono
personale.
innovative, ovvero hanno sviluppato soluzioni nuove e
Le Alpi, forse più di altri territori, sono uno spazio finito.
creative al problema che affrontano; hanno un impatto
Occorre quindi massima cura a non addomesticare trop-
concreto e dimostrabile nel migliorare la qualità del rifu-
po la montagna con infrastrutture che ne consentono
gio, dei suoi ospiti, di chi ci lavora e dell’ambiente in cui è
un accesso fin troppo facile e ne tolgono fascino e qua-
inserito; sono il risultato di collaborazioni fra società pro-
lità emozionale. Se necessario, libera anche da rifugi (ad
prietaria, gestore e comunità locale; sono sostenibili dal
esempio, il Lagorai). Scelte che tengano conto delle carat-
punto di vista sociale, culturale, economico e ambientale;
teristiche ambientali e paesaggistiche del contesto in cui
sono potenzialmente riproducibili in altri rifugi. E coerenti
sono inserite. Che tengano conto dei limiti delle risorse e
devono essere le risposte di chi ha la responsabilità poli-
dei fattori fisici condizionanti.
Scelte che siano funziona-
tica e ha in carico la decisione di favorire la realizzazione,
li nel rendere i rifugi sempre più autonomi dal punto di
con le competenze degli organi tecnici pubblici ma anche
vista energetico, sempre meno impattanti nell’uso delle
attraverso l’intervento finanziario. Aspetto, questo, non
risorse (in particolare quella idrica) e sempre più attenti
secondario. Le strutture che possiamo vantare in Trenti-
alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti; sempre più
no sono il frutto dell‘attenzione dedicata finora a questo
modelli innovativi del rapporto fra l‘uomo e un ambiente
settore da parte dell’amministrazione.
difficile come quello dell’alta montagna. Qui sta la sfida
In tempi di crisi economica ognuno comprende le attuali
dell’innovazione. Ma le scelte risiedono anche nel mes-
difficoltà; ma al contempo la partita rifugi non può essere
saggio culturale che vanno a trasmettere, e qui cito Anni-
demandata ai soli proprietari; molte strutture alpinistiche
bale Salsa: “La grande sfida culturale per un modo nuovo
svolgono compiti reali di servizio pubblico e non sono in
di ripensare i rifugi, soprattutto quelli di media monta-
grado di produrre gli utili necessari alla manutenzione
gna, resta quella di farne presìdi del territorio, vetrine dei
spesso straordinaria di cui abbisognano; sono compiti
luoghi in cui sono insediati, spazi sociali dell’accoglienza
importantissimi e che, particolare non trascurabile, de-
per far dialogare la storia del luogo con la sua geografia,
finiscono redditi soprattutto per il contesto in cui sono
l’ambiente naturale con il paesaggio costruito, il genius
inserite. Concludo questo breve intervento augurando un
loci con l’altrove”. Scelte che tengano conto dei nuovi stili
ottimo convegno a tutti.
di frequentazione, della pratica sempre più diffusa dello
scialpinismo e dell’escursionismo invernale, dell’allungamento della stagionalità (e penso qui anche all‘iniziativa
denominata “Rifugi del gusto”), degli sforzi per pensare
modi nuovi per trasmettere il fascino della montagna al
di là dei calendari istituzionali ormai superati. Come co-
Claudio Bassetti
presidente Società Alpinisti Tridentini
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Prima sessione
QUALI UTENTI
PER QUALI RIFUGI?
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PER UN OSSERVATORIO
DEI RIFUGI E BIVACCHI ALPINI
Con Accademia della Montagna si sta ragionando
in merito ad un progetto che per valenza territoriale
non può che interessare una progettualità Europea in
termini di finanziamento. Si tratta di un progetto ambizioso che vuole creare, su criteri comuni, una rete
alpina caratterizzata dalla presenza delle strutture
alpinistiche. La Provincia di Trento è il territorio tra i
più ricchi di rifugi sulle Alpi e con la stessa attraverso
Accademia della Montagna si ragiona sulla realizzazione del progetto.
Rifugio Vittorio Sella al Lauson (Cogne, Aosta, 2588 m)
Si tratta di realizzare l’Osservatorio Rifugi, con l’obiettivo d’incentivare la ricerca, divulgazione e condivisione delle informazioni storiche, progettuali,
delle strutture esistenti in grado d’incentivare paral-
geografiche, sociali ed economiche sulla realtà dei
lelamente uno sviluppo turistico diversificato e inte-
punti d’appoggio in alta montagna. In particolare, il
grato con le peculiarità del territorio.
progetto nasce con l’intento di avviare un processo di
Tale “osservatorio” si configurerebbe come una piat-
conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico e
taforma transfrontaliera d’interscambio sul tema dei
architettonico delle costruzioni in quota.
rifugi e dei bivacchi rivolta a tutti i soggetti che opera-
Gli innumerevoli rifugi e bivacchi diffusi sul territorio
no in montagna, così come per coloro che la frequen-
delle Alpi costituiscono un’importante risorsa di ca-
tano o se ne interessano da un punto di vista pretta-
rattere storico-culturale di cui non si ha ancora piena
mente culturale.
consapevolezza. Purtroppo non esiste una forma di
Obiettivo è dunque quello di costituire un supporto
conoscenza strutturata in grado di stabilire il nume-
informativo agli enti e ai soggetti che hanno il com-
ro esatto delle strutture esistenti, la loro collocazione
pito di gestire e manutenere le strutture, sia quello di
geografica, il loro stato, così come non esistono – se
promuovere la fruizione diretta sul territorio di tale
non in forma puntuale e frammentaria – tentativi di
patrimonio, al fine di sostenere uno sviluppo turisti-
sistematizzazione della documentazione storico-ar-
co diversificato nelle località interessate, integrando
chivistica e delle testimonianze orali e scritte. La re-
l’offerta ricettiva tradizionale con quella di carattere
alizzazione di un osservatorio transfrontaliero in con-
culturale.
tinuo aggiornamento è il primo passo per avviare un
In primo luogo s’intende avviare un’operazione di
processo di conoscenza di tale patrimonio al fine di
sistematizzazione di tutte le informazioni di natura
promuovere un’azione coordinata di valorizzazione
storica, edilizia, progettuale, socio-economica riguar-
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timo stadio prevede un sopralluogo in sito e l’osservazione diretta – interna ed esterna – del manufatto,
utile anche per provvedere a una mirata documentazione fotografica.
Roberto Dini
Cantieri d‘Alta Quota
Rifugio Chabod al Gran Paradiso (Valsavarenche, Aosta, 2750 m)
danti il tema della realizzazione e della gestione dei
rifugi e dei bivacchi nelle Alpi. In particolare, in relazione alle finalità attese, il progetto prevede il censimento delle strutture esistenti attraverso la schedatura, la mappatura e la messa a punto di un database
che raccolga tutte le informazioni (immagini, dati, documenti d’archivio, elaborati tecnici, fonti orali, testimonianze, ecc.) e le renda accessibili attraverso una
piattaforma web a disposizione non solo degli interessati ma anche delle istituzioni, degli enti e degli attori che operano sul territorio. A tali attività potranno
in futuro venire affiancate altre progettualità, come
l’elaborazione di buone pratiche per l’interpretazione,
la tutela, il riuso e la gestione del patrimonio esistente;
o, ancora, la predisposizione di percorsi didattico-tematici per la divulgazione e la fruizione del patrimonio edilizio: itinerari a uso di escursionisti e alpinisti, al
fine d’integrare l’offerta culturale con quella turistica.
Il lavoro di rilevazione analitica e censimento critico
dei manufatti è concepito per fasi da compenetrare e
integrare progressivamente. Una prima, di raccolta di
tutte le informazioni desumibili attraverso il web e il
materiale bibliografico e archivistico (guide turistiche
d’escursionismo-alpinismo sull’area, pubblicazioni
di settore e monografie tematiche sul soggetto specifico dei rifugi). Una seconda, di contatto con la gestione e/o proprietà (sezioni CAI locali, enti pubblici o
privati) per ottenere informazioni circostanziate, i dati
ancora mancanti e verifica ulteriore di quelli raccolti,
nonché eventuale materiale storico e d’archivio. L’ul-
La scheda di rilevazione inerente il rifugio Pocchiola-Meneghello nel
Vallone di Valsoera (Locana, Torino, 2440 m)
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IL PATRIMONIO
DEI RIFUGI ALPINI
Che i rifugi alpini costituiscano un prezioso patrimo-
qui a interrogarci in un momento di trasformazioni
nio è un dato da tempo acquisito con consapevolezza
profonde riguardo al loro futuro. Agli albori dell’al-
e orgoglio, sia da parte delle associazioni alpinistiche,
pinismo gli euforici primi frequentatori delle Alpi si
sia dai vecchi e nuovi utenti di queste strutture. Pos-
appoggiavano alle strutture abitative presenti nei
siamo anche scomodare le ormai obsolete etimologie
villaggi. Gli abitanti, ormai consci delle potenzialità in
latine, spesso dimenticate nell’attuale società post-u-
progress del neonato turismo alpino, incominciano
manistica e tecnocratica, ricordandoci che “il patri-
a edificare i primi alberghetti di montagna o a prati-
monio è il dono dei padri” (Patrum munus).
care quello che oggi, con un neologismo ispirato alla
I padri dell’alpinismo ottocentesco hanno inaugurato,
eco-sostenibilità, chiamiamo “albergo diffuso”.
in tal senso, una prassi costruttiva sulla quale siamo
Ma l’esigenza di ricoveri che garantissero agli alpini-
Il primo rifugio ai Grands Mulets del Monte Bianco (Chamonix, Francia, 3050 m), edificato nel 1853
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sti una maggiore prossimità alle vie di salita spingeva
nella direzione di costruire vere e proprie strutture dedicate all’accoglienza di quei particolari touristes che
l’alpinista francese Lyonel Terray definirà Conquerants de l’inutile. Tale definizione di “conquistatori dell’inutile” rende bene l’idea che i nuovi ricoveri d’alta quota non erano destinati ad accogliere i lavoratori della
montagna (minatori o pastori), come invece accadeva
per le prime “capanne”. Si pensi alla Capanna Vincent,
costruita nel 1785 per essere di supporto ai lavoratori
delle miniere aurifere del Monte Rosa o, sempre nel
medesimo comprensorio, al ricovero del Colle Indren
realizzato nel 1851. Nell’anno 1907, non lontano da qui,
nei pressi del Passo dei Salati sorgerà l’Istituto “Angelo Mosso”, destinato alla ricerca scientifica nel campo
della fisiologia umana d’alta quota. Questa realizzazione sarà la prima ad avere il supporto e il sostegno
finanziario di molti paesi europei e, addirittura, degli
Stati Uniti. Nell’Istituto, ormai di proprietà dell’Università di Torino, verrà avviata la preparazione scientifica della spedizione italiana al K2 del 1954. La sua
operatività nella ricerca sarà strettamente collegata
alla Capanna-osservatorio Regina Margherita del
Il rifugio dell’Alpetto al Monviso (Oncino, Cuneo, 2268 m), edificato nel
1866
CAI (Club alpino italiano). Tale avveniristica struttura è stata collocata sulla Punta Gnifetti (Signal Kuppe) al Monte Rosa, a 4554 m di altitudine, sul confine
nello stesso sito in cui fin dal 1853 era stato allestito
italo-svizzero. L’opera, inaugurata nel 1893, aveva lo
un ricovero attrezzato – il rifugio dei Grands Mulets
scopo di: «consentire ad alpinisti e scienziati maggior
al Monte Bianco, ai piedi della via percorsa dai primi
agio ai loro intenti in un ricovero elevatissimo», come
salitori Balmat e Paccard. In tutti gli otto paesi dell’ar-
si legge nella relativa delibera del Consiglio direttivo.
co alpino dalla Francia alla Slovenia – passando per
Con tale delibera, del 14 luglio 1889, il CAI diventerà il
Svizzera, Austria e Germania – si moltiplicano le ini-
gestore del rifugio più alto delle Alpi e d’Europa. Ma,
ziative edificatorie allo scopo di fornire agli alpinisti
già nel lontano 1866, l’associazione alpinistica italiana
punti d’appoggio sempre più numerosi. Anche al di
aveva inaugurato il suo primo ricovero per alpinisti in
fuori dell’associazionismo, nelle località a più forte
località Alpetto a 2268 m (Comune di Oncino, Provin-
richiamo turistico, si affiancano nuovi progetti di ri-
cia di Cuneo) ai piedi del Monviso, montagna simbolo
fugio per iniziativa di albergatori, comuni, parchi na-
del sodalizio.
turali e altri.
In Trentino la SAT (Società degli alpinisti tridentini),
Esempio paradigmatico, nelle Alpi centro-occiden-
nata a Madonna di Campiglio in Val Rendena nel 1872
tali italiane (Val Sesia), saranno i fratelli Gugliermina,
e con un forte radicamento nelle Giudicarie – la terra
vecchi albergatori dell’alto novarese e fra i primi im-
elettiva della cooperazione trentina – costruirà il suo
prenditori turistici in Italia. Alla quota di oltre 2800 m
primo rifugio nel 1881 sotto Cima Tosa (Dolomiti di
sul Col d’Olen, sotto il Monte Rosa, essi costruiranno
Brenta).
un albergo-rifugio per una clientela particolarmente
Nello stesso anno il Club alpino francese inaugura –
raffinata. Dapprima, i nuovi rifugi recupereranno e
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Il rifugio Tosa nelle Dolomiti di Brenta (San Lorenzo in Banale, Trento, 2439 m), edificato nel 1881
riadatteranno edifici pre-esistenti dismessi dal loro
ta “tipicità” paesistica dimenticandosi che il rifugio è,
principale uso pastorale. Tuttavia, la tendenza che
comunque, un corpo estraneo rispetto al tessuto del
emergerà sarà quella di costruire manufatti realizza-
paesaggio culturale.
ti ex novo con l’impiego di materiali del luogo (pietra,
Si tratta, infatti, di un elemento precario che non può
legno, pietra-legno).
inserirsi totalmente nel contesto socioculturale di cia-
Il rifugio acquisirà sempre più una fisionomia omo-
scuna valle o regione storica. Un’impostazione di tal
genea all’ambiente e al paesaggio circostante. Anche
genere finisce per rappresentare un “tipo ideale” di ri-
la componente estetica, unita a una rappresentazio-
fugio pensato alla stregua di una forma architettonica
ne romantica dell’epoca impadronitasi diffusamente
immutabile nel tempo, fissata e cristallizzata secondo
dell’immaginario degli amanti della montagna, farà
stilemi del tutto de-storificati.
pensare al rifugio come a un tutt’uno con la montagna
Se tradizione significa “innovazione riuscita”, si com-
stessa. Si viene così a creare e/o inventare una tradi-
prende allora che spesso rischiamo di associare la
zione che contribuirà a esaltare i valori di una presun-
tradizione al passatismo, all’immutabilità, a una di-
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La capanna-osservatorio Regina Margherita sulla Punta Gnifetti al Monte Rosa (Alagna Valsesia, Vercelli, 4554 m): il cantiere nel 1892 e la visita
della regina il 18 agosto 1893 poco prima dell’inaugurazione. Foto Vittorio Sella © Fondazione Sella, Biella
scutibile coazione a ripetere. Il grande musicista au-
potrà vivificare la tradizione. L’attuale dibattito, anche
striaco Gustav Mahler, abituale frequentatore delle
acceso, fra conservatori e innovatori in materia di ri-
montagne di Dobbiaco/Toblach in Val Pusteria, an-
fugi ricorda un po’ quello fra “apocalittici” e “integrati”
notava finemente: “La tradizione è salvaguardia del
che aveva acceso gli animi degli intellettuali negli anni
fuoco, non adorazione della cenere”. Se facciamo te-
Sessanta. Tradizione e innovazione non sono termini
soro di questa massima, la tradizione costruttiva del
opposti o contrapposti. Essi possono aiutare, se cor-
nostro patrimonio di rifugi potrà essere esaltata. Non
rettamente declinati, ad attivare circoli virtuosi in gra-
già riproponendo, sic et simpliciter, gli stessi schemi
do di aprire la montagna al futuro e di ricapitalizzare
costruttivi, bensì iniettando idee nuove nel solco del-
un patrimonio di alto valore materiale e immateriale,
la tradizione. Soltanto in questo modo l’innovazione
reale e simbolico.
Annibale Salsa
Past President Club Alpino Italiano
Antropologo e presidente del comitato scientifico di
Accademia della Montagna del Trentino
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COME CAMBIANO
GLI UTENTI DEI RIFUGI
Di rifugi su “Montagne360” ci siamo occupati più volte. Ogni volta il tema ha acceso un forte dibattito tra
i lettori, non sono solo tra quelli soci CAI ma anche
tra quelli che acquistano la rivista in edicola. Il mio
contributo sarà condividere ciò che su questo argomento ci restituisce il rapporto con i lettori, ma anche
più in generale con gli appassionati di attività e sport
all’aria aperta immersi nella natura, con i quali veniamo in contatto per varie ragioni. Non si tratta di dati
strutturati ottenuti dall’analisi realizzata tramite una
Rifugio Contrin (Canazei, Trento, 2016 m)
ricerca, pertanto non vi è alcuna pretesa scientifica,
ma di osservazioni di un giornalista in qualche modo
privilegiato. Per prima cosa mi sento di affermare che
montagna, per trovare uno stile di vita più sano, per
i rifugi sono molto amati dai nostri lettori, per molti
curiosità, per trovare un luogo pubblico dove non ci
di essi, quasi al pari della vetta, i rifugi rappresentano
sia la televisione sempre accesa, ecc. Così, ci chiedo-
la montagna e i suoi valori. Potrei azzardare che una
no consigli su quale rifugio sia più adatto alle famiglie.
montagna senza rifugi sarebbe percepita un po’ meno
Sono convinto di poter affermare che il rifugio – e la
montagna.
montagna – resta comunque un luogo “controcorren-
Dunque perché si frequenta un rifugio, e che cosa ci
te”, un elemento di attrazione per chi cerca un’alter-
si aspetta di trovare? In linea generale credo si pos-
nativa alla frenesia. Per questo sono d’accordo con
sa affermare che oggi nel rifugio si vorrebbe trovare,
quanto diceva Egidio Bonapace, che il rifugio di mon-
o si trova “qualcosa” che non si vive facilmente nel-
tagna non deve diventare un albergo, perché sono
la vita quotidiana, in particolare nelle città. Questo
mondi diversi. Le attese sono altre. Quando si deci-
“qualcosa” è legato all’atmosfera, alla convivialità, alla
de di fermarsi qualche giorno in un rifugio vi è quasi
relazione. Anche solo dividere il tavolo con chi non si
sempre un desiderio di esperienza.
conosce. Il rifugio non è percepito come un “non luo-
Quello che invece si osserva è un progressivo cambia-
go” dove passare il tempo, ma come un luogo denso,
mento della modalità di frequentazione. In primo luo-
esperienziale e di relazione. A questo proposito credo
go il rifugio è sempre più meta, punto d’arrivo. I rifugi
sia significativo il fatto che riceviamo diverse e-mail
meta sono quelli di più facile accessibilità, ad esempio
da parte di genitori che, pur affermando di non essere
quelli di bassa e media montagna, o serviti da mezzi
appassionati di montagna in senso stretto, hanno de-
meccanici. Parallelamente il rifugio è sempre meno
ciso di trascorrere insieme ai loro figli un weekend in
tappa. Il rifugio tappa, che per me comprende anche
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Rifugio Francesco Pastore all’Alpe Pile (Alagna Valsesia, Vercelli, 1575 m)
quelli utilizzati come base per ascensioni alpinistiche,
con certezza se ciò porta con sé un aumento consi-
è intimamente connesso al modo, diciamo classico, di
stente del numero di presenze, né un reale incremento
frequentare la montagna. E in genere è in alta monta-
economico per i rifugi.
gna o raggiungibile con un certo grado di fatica.
Naturalmente vi sono anche i tanti appassionati di
In questa riflessione mi concentrerò sul rifugio meta.
montagna che vivono quasi settimanalmente lo stes-
A mio giudizio una delle ragioni che fa del rifugio una
so rifugio, e fanno ormai parte della famiglia allarga-
meta è connessa all’aumento delle persone che pra-
ta del rifugista. Questo tipo di frequentazione è direi
ticano attività all’aria aperta e in parte al turismo di
tradizionale. Il risultato, se le mie impressioni sono
prossimità. I rifugi sono diventati elementi, o meglio
corrette, è che la fisionomia del frequentatore del rifu-
luoghi, funzionali al modello più generale delle attivi-
gio di bassa e media montagna è mutata, è fatta di un
tà outdoor e del turismo di prossimità. Uso il termine
mix di escursionisti, amanti dell’attività all’aria aperta
outdoor in senso generale perché, e qui estremizzo
(outdoor family) e gitanti occasionali.
per semplificare, per alcuni raggiungere un rifugio è
Che cosa succede invece in alta montagna, dove si
quasi equivalente a fare una biciclettata lungo l’argine
trova la maggior parte di quelli che ho definito rifugi
di un fiume: l’importante è fare attività all’aria aperta
tappa? Vi è anche qui un cambiamento che indiret-
più o meno in mezzo alla natura, lo specifico quindi
tamente conferma quanto dicevo prima. I rifugi d’al-
non è l’escursionismo in montagna. Vengo all’altro
ta quota, in particolare quelli base di accesso alle vie
elemento. La crisi economica ha portato un aumento
d’alpinismo, sono decisamente meno frequentati. In
del turismo di prossimità e delle gite giornaliere. Per
particolare dagli italiani. Questo dato, a mio giudizio, è
osservazione diretta e per la lettura di qualche dato,
legato al tema più generale della frequentazione alpi-
ho inoltre notato che è in corso un ritorno alla vacanza,
nistica ed escursionistica dell’alta montagna. Lo scor-
o al weekend, trascorso nella seconda casa in monta-
so anno, dopo aver ricevuto una serie di segnalazioni
gna (anche se non ci piacciono tanto). Tendenza che
sulla montagna vuota d’estate, mi sono incuriosito e
riguarda specialmente l’Appennino. Dunque i rifugi
ho dedicato al tema un editoriale aprendo un dibattito
più accessibili sono diventati meta di una gita, che in
su “Montagne360”. Grazie anche a molte segnalazioni
una buona parte dei casi dura un giorno, meno fre-
successive, è emerso che in generale l’alta montagna
quentemente un weekend. Non sono in grado di dire
(e quindi i rifugi) è frequentata soprattutto da alpini-
17
sti ed escursionisti provenienti da altri paesi, in par-
ne dire che andavano a mangiare al rifugio X (di solito
ticolare dall’Europa dell’Est. La presenza di alpinisti
raggiungibile molto facilmente) perché c’era uno chef
di altri paesi è per me importante e da incrementare,
molto bravo che spesso è anche il proprietario. In que-
ma dobbiamo invece continuare a interrogarci sulla
sto caso gli altri elementi restano, ma come accessori.
ragione che sta dietro a quella che sembra una forte
A mio giudizio, se prevalesse questa tendenza fareb-
diminuzione della frequentazione da parte dei nostri
be nel tempo perdere attrattività ai rifugi.
connazionali. Ma ciò sarebbe tema per un altro conve-
Dal punto di vista alberghiero, si sente, in partico-
gno. Infine mi risulta che sia in flessione anche l’utiliz-
lare dalle famiglie con bambini piccoli, l’esigenza di
zo del rifugio come posto tappa di trekking, indipen-
disporre di camerette perché più adeguate alla dina-
dentemente dalla quota e dal grado di difficoltà dello
mica famigliare. Inoltre la cameretta è cercata da chi
stesso.
intende fermarsi più di una notte al rifugio. Scontata,
Cambiano le modalità di frequentazione, quindi è ra-
ma molto presente, la richiesta della possibilità di un
gionevole aspettarsi che cambino anche le aspettati-
accesso wi-fi per collegarsi alla rete internet (anche
ve su che cosa si vorrebbe trovare al rifugio. Da quello
in alta montagna). Vi propongo un altro paio di de-
che posso vedere dal mio piccolo osservatorio, oggi
siderata tra i più “gettonati” dai nostri lettori. Diver-
per la maggior parte ci si aspetta ancora di trovare ri-
si cicloescursionisti, mountainbiker, ci scrivono che
fugisti capaci di offrire accoglienza e ospitalità senza
sarebbe bello trovare una rastrelliera portabiciclette.
fronzoli, coniugata a qualche miglioramento e a qual-
Ad alcuni piacerebbe che il rifugio fosse attrezzato
che servizio in più. In linea generale non dispiacerebbe
per fare una piccola manutenzione della bicicletta: un
una miglior qualità nell’offerta enogastronomica, con
lettore ci scrisse di essere rimasto sbalordito per aver
prodotti locali e di filiera corta. Ritengo che la maggio-
trovato una pompa per gonfiare le ruote. Questo tipo
ranza non cerchi – passatemi il termine – la “ristoran-
di richiesta riguarda in particolare i rifugi appenninici.
tizzazione” tout court del rifugio. Tuttavia, per quello
Negli ultimi anni, come sappiamo, è sempre più dif-
che dicevo prima, mi pare d’intravedere l’insorgere di
fusa, specialmente tra i giovani, la scelta di vivere con
una tendenza che va verso tale modello, dove ciò che
un animale domestico, soprattutto cani. Il tempo libe-
importa è l’offerta enogastronomica. Lo dico perché
ro non fa eccezione. Riceviamo tante sollecitazioni af-
mi è capitato in più d’un’occasione sentire delle perso-
finché i rifugi si attrezzino per poter ospitare i cani, ma
Rifugio Città di Mantova al Garstelet (Gressoney La Trinité, Aosta, 3498 m)
18
ci sono anche tanti che esprimono la loro contrarietà.
30 anni fa, per me c’erano il rifugio e il rifugista, poi
Poi, un’osservazione a latere. Tra i nostri lettori è for-
nel tempo il rifugista è stato chiamato gestore. Per-
te l’attenzione alla sostenibilità: sia ambientale sia ri-
sonalmente trovo che tra rifugista e gestore vi siano
spetto all’uso di prodotti green, preferibilmente locali
delle differenze. Non è passatismo. La parola gestore
in quanto supporto dell’economia delle terre alte. La
è aspecifica, pesa meno. Non mi parla di montagna,
sostenibilità ambientale, in particolare quando il ri-
di quota, di vento, di fuoco, di minestrone, di tavolata
fugio diventa luogo di permanenza, è spesso un ele-
comune, d’indumenti ad asciugare attorno alla stufa.
mento che orienta la scelta.
Di scelta di vita. Se poi da gestore diventa ristoratore
Vorrei chiudere il mio intervento con qualche rifles-
o albergatore, per il mio sentire è ancora peggio. In-
sione generale. Come dicevo, credo che oggi il rifugio
tendiamoci, la lingua è viva e per fortuna cambia; va
sia ancora cercato in quanto elemento di esperienza,
benissimo usare gestore ma l’importante è che cosa
perché arrivarci comporta quasi sempre una dispo-
c’è dentro una parola.
sizione alla fatica, grande o piccola che sia, ripagata
In conclusione, a mio modo di vedere occorre non irri-
dall’ambiente in cui ci s’immerge. E questo è un ele-
gidirsi contro il cambiamento, che è un atteggiamen-
mento attrattivo. Per quanto riguarda in particolare i
to di poco costrutto e dannoso. Il mutamento va però
rifugi di bassa e media montagna, se è vero che stan-
accolto senza seguire per forza modelli che nel tempo
no cambiando le persone che li frequentano, se la ten-
farebbero dei rifugi di media e bassa montagna un
denza è sempre più quella del rifugio come meta, e se
luogo come tanti. Ovvero dei non luoghi. In un mondo
è ipotizzabile che tutto ciò andrà consolidandosi, allo-
in continua evoluzione bisogna cercare di governare il
ra, a mio giudizio, bisogna prestare attenzione a non
cambiamento armonizzandolo con la propria specifi-
cedere a un modello di offerta che snaturi il rifugio di
cità, rifiutando quelle istanze che cozzano con essa e
montagna.
che propongono un modello di rifugio che sganciato
Faccio un esempio molto personale legato al lessico:
dalla dimensione socio-culturale lo porterebbe verso
quando ho cominciato ad andare in montagna più di
la sua folklorizzazione.
Luca Calzolari
direttore “Montagne360”
19
GESTORI E FREQUENTATORI
DEI RIFUGI IN TRENTINO
Caratteristiche dell’offerta e flussi della
domanda nell’ultimo decennio
tati da stranieri, in crescita più sostenuta rispetto alla
Sono 78 i rifugi trentini alpinistici e 68 quelli cosid-
esempio nel 2005 la quota di stranieri ammontava
detti escursionistici, cioè raggiungibili su strade car-
al 35%), come mostra l’andamento dei numeri indici
rozzabili. A questi andrebbero aggiunti oltre una qua-
dal 2000. La quota di posti letto si riflette in misura
rantina di bivacchi, strutture di uso pubblico, ubicate
analoga sia sulla quota del totale arrivi certificati che
in luoghi isolati di montagna, non gestite né custodite,
sul solo extralberghiero, dove rappresenta quasi il 12%
appositamente allestite in modo essenziale ai fini del
del totale. Mentre risulta più contenuta la quota im-
riparo di fortuna degli alpinisti.
putabile ai rifugi sulle presenze, perché la durata dei
Quanto pesano i rifugi sull’offerta ricettiva del Tren-
pernottamenti è molto bassa (1,5 notti di permanenza
tino? Essi presentano un’incidenza contenuta ma
media). Da rilevare che la quota di stranieri presenti
non irrisoria sia sui posti letto totali delle struttu-
nei rifugi è seconda solamente a quella registrata nei
re ricettive (2,9% del totale) che soprattutto sul solo
campeggi (grazie soprattutto ai campeggi sui laghi di
extralberghiero. Poco meno del 40% degli arrivi e
Garda, Levico e Caldonazzo, frequentati in larga mag-
delle presenze registrate nei rifugi sono rappresen-
gioranza da stranieri).
componente italiana soprattutto negli ultimi anni (ad
→→ 152 rifugi
→→ circa 4.752 posti letto
(78 alpinistici e 68 escursionistici)
2,9% posti letto certificati
(+41 bivacchi)
7,0% extralberghiero
→→ 1,5 gg permanenza media
→→ 89.226 arrivi
2,6% del certificato
→→ 7,7% grado di utilizzo lordo
11,9% extralberghiero
posti letto
→→ 26% utilizzo netto
→→ 133.666 presenze
0,8% del certificato
→→ Anni 2000 – 2012
3,4% extralberghiero
+ 72,2% arrivi
→→ 62% arrivi italiani
+ 73,7 presenze
→→ 38% arrivi stranieri
Tabella 1: I rifugi in Trentino (2012)
20
La crescita nell’ultimo decennio di arrivi e presenze è
interessati a un’offerta più simile a quella dei rifugi. Ad
stata sostenuta. La crescita dei pernottamenti nei ri-
esempio, gli ospiti del club Dolomiti Walking Hotel, un
fugi è particolarmente evidente se confrontata con gli
club di prodotto della ricettività partecipato soprat-
andamenti dell’alberghiero e dell’extralberghiero. Ov-
tutto da strutture alberghiere che si sono specializza-
viamente l’entità assoluta degli incrementi è qui note-
te in un’offerta di carattere escursionistico. Anche qui,
volmente più elevata rispetto ai rifugi. Il grado di uti-
stando alle indagini condotte sistematicamente negli
lizzo dei posti letto è basso: sia quello lordo calcolato
ultimi anni, le motivazioni di vacanza non si discosta-
su tutto l’anno (e questo appare ovvio, data l’apertura
no troppo da quelle riscontrate per l’insieme dei tu-
concentrata nei soli mesi estivi), ma è basso anche
risti: una vacanza in mezzo alla natura possibilmente
quello netto, riferito al solo periodo di apertura, che ri-
in una dimensione riposante piuttosto che marcata-
sulta pari al 26%. La permanenza media è rimasta so-
mente sportiva.
stanzialmente stabile dai primi anni duemila, anche se
E il pubblico dei rifugi? Nel 2005 è stata effettuata
sul finire del decennio c’era stata una leggera crescita,
una specifica ricerca su un campione di frequentato-
in controtendenza rispetto a quanto si sta verificando
ri dei rifugi da parte dell’Osservatorio del turismo del
per l’alberghiero e l’extralberghiero, entrambi in calo.
Trentino. Quanto emerso in quella ricerca, stando a
Si potrebbero riassumere questi dati statistici afferman-
quanto affermano alcuni testimoni privilegiati, sem-
do che i rifugi rappresentano una componente importan-
brerebbe essersi ulteriormente accentuato negli anni
te dell’offerta ricettiva e godono di buona salute e che al
successivi. Per questa ragione i risultati emersi allora
rifugio arrivano in molti, ma si fermano poco.
rivestono ancora un certo interesse.
Le interviste sono state condotte presso i rifugi. Tra
le principali motivazioni di vacanza si registra la cre-
Le caratteristiche della domanda.
I frequentatori dei rifugi
scita, rispetto all’insieme dei turisti estivi del Trenti-
Prima di analizzare le motivazioni di vacanza e le ca-
(praticare sport e trekking in montagna). Pur essendo
ratteristiche di chi frequenta i rifugi è opportuno evi-
questa risposta indotta dalla circostanza e dal luogo
denziare alcuni tratti della domanda turistica che fre-
dell’intervista (è come riscontrare in un pubblico che
quenta il Trentino.
visita un Museo una forte motivazione di caratte-
Le principali motivazioni di vacanza del turista tren-
re culturale), è indubbio che i rifugi intercettano con
tino in estate, con la possibilità di due risposte, ve-
maggiore probabilità quel segmento di turisti pre-
dono al primo posto la dimensione di riposo e relax,
senti in Trentino interessato anche a una dimensione
più evidente per la componente italiana e meno per
attiva della vacanza. Peraltro alcuni accessi risultano
gli stranieri. Riposo che non esclude affatto una mo-
facilitati e poco impegnativi, pure nel caso di rifugi
derata attività fisica. Infatti questa motivazione è ben
cosiddetti alpinistici, che per questa ragione intercet-
associata a una seconda risposta riferita a una vacan-
tano anche una parte di pubblico interessato priori-
za naturalistica.
tariamente a una vacanza all’insegna del riposo e del
Al secondo posto, per numero di preferenze, la va-
relax e a una moderata attività fisica.
canza attiva, qui intesa come vacanza che impegna
L’ospite intercettato presso i rifugi risulta in due terzi
soprattutto il fisico, dato che nella letteratura si par-
dei casi un turista e non un escursionista di giorna-
la di vacanza attiva anche riferendosi a una vacanza
ta. Ecco perché si afferma che i rifugi rappresentano
esperienziale che impegna la mente, intendendosi il
una componente importante dell’offerta turistica del
termine attivo dal punto di vista psicologico.
Trentino. Solo il 14% dei frequentanti risulta un resi-
Se queste motivazioni valgono per l’insieme dei tu-
dente in provincia. Quasi un quinto degli intervistati
risti presenti in Trentino nella stagione estiva, può
sono invece escursionisti di giornata provenienti da
essere interessante analizzare quei segmenti di turisti
fuori provincia.
no, della motivazione riconducibile alla vacanza attiva
21
Gli intervistati sono in prevalenza maschi, che si muoFrequentatori dei rifugi in Trentino
vono preferibilmente con gli amici, oltre che in coppia
e con la famiglia. Si tratta di giovani adulti. Gli alpinisti
→→ 65% turisti (molti escursionisti di rimbalzo)
e trekker abituali (più di dieci uscite l’anno) rappre-
→→ 19% escursioni di giornata da fuori provincia
sentano solamente poco meno di un terzo del totale
→→ 14% escursioni residenti in provincia
intervistati.
Sulla concezione di rifugio: preferiscono la semplicità
Il cliente
“confortevole” (solo il 13% richiede il comfort della città in quota). Ma su questo concetto di comfort si ritor-
→→ 66% non iscritto ad un’associazione alpinistica
→→ 61% prima ascesa ad un rifugio età < 15 anni
nerà successivamente.
Cosa chiedevano e cosa avrebbero apprezzato maggiormente di un rifugio questi turisti intervistati? Soprattutto servizi igienici più accessibili, possibilmente
→→ Solo il 24% pernotta in un
evitando di accedervi uscendo all’aperto. Sembrereb-
rifugio durante la vacanza.
bero invece prestare minore attenzione alla presenza
Il 42% in albergo
di docce. Richiedono una ristorazione non da gourmet
→→ Un terzo del tempo vacan-
ma si dichiarano curiosi e interessati ai prodotti loca-
za è dedicato alle escursio-
li. Anche da queste sollecitazioni dopo qualche anno
ni in montagna
è stato messo a punto in Trentino il progetto “Rifugi
del gusto”. Esprimono l’esigenza di dormire bene, con
Tabella 2: Frequentatori dei rifugi in Trentino
letti e materassi confortevoli, e pretendono pulizia.
In definita si tratta di richieste molto simili a quanto
evidenziato anche in ricerche precedenti condotte in
Tra i turisti la maggior parte non dorme nei rifugi e
altri contesti, ad esempio nei rifugi delle Alpi del Sole
pernotta in strutture ricettive di valle (dal punto di
a metà anni Novanta.
vista dei rifugi potrebbero quindi essere considerati
Relativamente scarsa importanza è assegnata agli
degli “escursionisti di rimbalzo”).
aspetti tecnologici e tuttavia la delusione più alta ri-
Coloro che dormono in un rifugio rappresentano
scontrata tra gli intervistati (con un 20% di delusi) è
meno di un quarto del campione, mentre ad esempio
proprio sui limiti riscontrati nella possibilità d’impie-
chi dorme in un albergo rappresenta il 42%. Vale a
gare le nuove tecnologie.
dire che il turista in vacanza che frequenta un rifugio
Si tratta di un’esigenza che è cresciuta quasi espo-
sale preferibilmente da valle e non rimane in quota,
nenzialmente negli anni successivi a questa ricerca
ma ritorna in valle. Per questo turista che frequenta i
e non a caso in parecchie regioni – dal Piemonte al
rifugi le escursioni in montagna sono importanti ma
Trentino – ci si è conseguentemente attrezzati per la
non esaustive del tempo vacanza. Solo un terzo del
connessione dei rifugi alla banda larga e garantire una
tempo vacanza è dedicato alle escursioni. Quindi chi
copertura wi-fi.
frequenta un rifugio non fa solo escursioni in monta-
In sintesi i risultati di questa ricerca confermerebbero
gna.
che i rifugi si sono resi più accessibili. Sono diventa-
La frequentazione del rifugio è un’attitudine che nella
ti per lo più un punto di arrivo e non di partenza per
maggior parte dei casi si è appresa da piccoli, seppure
un’arrampicata. I frequentatori occasionali, in partico-
con consistenti eccezioni. Infatti più di un terzo è arri-
lare i turisti, rappresentano la quota maggioritaria. La
vato in un rifugio per la prima volta in età adulta. Inol-
spinta per un maggiore comfort si registra soprattutto
tre la maggior parte dei frequentanti un rifugio non fa
nei rifugi escursionistici e in quelli più facilmente rag-
parte del “mondo della montagna”.
giungibili.
22
I gestori dei rifugi
tenenza nazionale. Ad esempio certe trasformazio-
Nel rifugio è esemplificato il conflitto che vede da un
ni in direzione di maggior comfort nei rifugi italiani,
lato le richieste avanzate dai sempre più numerosi
diversamente da quelli dell’Alpenverein, risalgono
frequentatori e dall’altro l’esigenza di porre un freno
al ventennio fascista. I gestori intervistati risultano
all’eccessiva antropizzazione e al degrado ambienta-
combattuti tra le richieste di maggior comfort per
le derivante da consistenti flussi turistici. “Nati come
rispondere alle presunte richieste di una clientela in
case degli alpinisti, sono diventati punto nevralgico
larga misura mutata e il desiderio di non snaturare i
del turismo montano estivo”. Tuttavia i rifugi con-
rifugi rafforzando la tendenza a farne degli alberghet-
tinuano a svolgere una funzione di filtro, funzionale
ti in quota.
per stoppare l’afflusso verso le vette, ambienti ancora
Il rischio di omologazione dei rifugi con le altre strut-
più fragili, e sono per questo investiti da un compito
ture ricettive esistenti non data da oggi. Guido Piove-
gravoso: quello di diventare, oltre alla testimonianza
ne, nel suo monumentale “Viaggio in Italia”, commis-
dell’attività umana in alta quota, anche la frontiera più
sionato inizialmente nel 1953 dalla RAI come servizi
avanzata di protezione dell’ambiente e della cultura
radiofonici sulle diverse regioni italiane e trasformato
dell’alpinismo e della montagna. Da questo punto di
in un resoconto di viaggio durato tre anni dal 1953
vista la figura del gestore assume un ruolo centrale
al 1956, riporta questa interessante testimonianza a
nella gestione positiva di questo conflitto.
proposito dei rifugi alpini che già nei primi anni Cin-
La ricerca prevedeva anche un approfondimento nei
quanta a suo parere avevano cambiato pelle: «Il rifu-
confronti dei gestori con una serie d’interviste di ca-
gio romantico della mia giovinezza, nel quale mi sten-
rattere qualitativo. I gestori sono pienamente consa-
devo battendo i denti e aspettando il primo mattino
pevoli dei mutamenti in atto dal lato della domanda.
su dure tavole di legno, gomito a gomito con i com-
Nelle opinioni raccolte, l’ubicazione e l’accessibilità del
pagni di arrampicata, cede il passo al rifugio-albergo,
rifugio fanno la differenza. Peraltro questi aspetti pe-
con camere, letto e bagni. Vi si accede con l’automo-
sano anche in termini di frequentazione e numeri di
bile, o si giunge a poca distanza. I “progressi” numerici
presenze.
dell’alpinismo sono dunque fittizi. Qui si vede la crisi
Come pure nei gestori c’è consapevolezza che i rifugi
portata nell’alpinismo dai mutati costumi della bor-
risentono della loro storia, anche in termini di appar-
ghesia italiana. Declina l’alpinismo inteso come fatica,
Frequentatori dei rifugi in Trentino – Il cliente
Come considera un rifugio
→→ 87% punto di appoggio essenziale
→→ 11% struttura ricettiva di medio comfort
→→ 2% struttura ricettiva a comfort elevato
Età
Tipologie dei clienti dei rifugi
→→ oltre la metà ha tra i 26 ed i 45 anni
→→ 11,0% alpinista occasionale
→→ 4,7% alpinista abituale
Genere
→→ 57,4% trekker occasionale
→→ 68% maschio
→→ 26,9% trekker abituale
→→ 32% femmina
Tabella 3: Frequentatori dei rifugi in Trentino
23
legata alla disciplina morale e ai piaceri contemplati-
vaguardarne la semplicità e il comfort essenziale
vi. La gente che affluisce nelle montagne si divide in
per difenderne l’alterità rispetto a un modello ur-
due schiere, i pigri vincolati al mezzo meccanico, e
bano, da cui inevitabilmente riceve contaminazio-
gli acrobati senza gusto per la natura, attratti dall’ar-
ni. In caso contrario verrebbe meno il suo ruolo di
rampicata prodezza. Funicolari, teleferiche, sbrigative
“medium della cultura della civiltà alpina” (Bruno
ascensioni che si fanno a sedere. La gioventù non ama
Sanguanini), e presumibilmente anche la sua at-
la fatica e il rischio, ad eccezione del grande rischio
trattività specifica fondata sulla non omologazione
delegato ai campioni».
ad altre strutture ricettive.
Una ricerca condotta dall’Osservatorio del turismo
→→ Attenzione alla sostenibilità ambientale, scelta resa
trentino nel 2008 aveva analizzato la dotazione di
più stringente dai cambiamenti climatici (basti pen-
servizi in un numero significativo di rifugi dell’arco al-
sare alla disponibilità d’acqua), limitando le forme
pino di Austria (195 rifugi), Francia (62) e Italia (356).
d’inquinamento e d’impatto a causa di un eccessivo
La dotazione risultava molto più elevata nei rifugi ita-
carico antropico, evidente nei periodi di maggiore
liani rispetto a quelli austriaci, rispondendo a conce-
frequentazione.
zioni diverse, molto più improntate all’essenzialità in
→→ Ripensare e riattualizzare alcuni obiettivi già og-
quelli austriaci.
getto di attenzione ancora una ventina di anni
Prendiamo ad esempio le docce: la quota di rifugi ita-
fa. Ci si riferisce in particolare alle conclusioni del
liani dotati di docce (74,4% del totale) risulta tre volte
Convegno CAI a Trento nel 1991 e a quello di Trieste
superiore a quelli austriaci (24,6%) e notevolmente
dell’anno successivo che indicavano come obiettivi
superiore ai francesi (41,9%). E soprattutto più della
prioritari la manutenzione costante dell’esistente
metà dei rifugi CAI italiani (51,3%) garantisce contem-
con divieto di nuove costruzioni, come pure il no a
poraneamente acqua calda, elettricità, doccia, riscal-
tecnologie spinte. Contemporaneamente i club alpi-
damento e ristorazione.
ni di Austria e Germania ribadivano il no all’aumento di comfort e ponevano grande attenzione alla tu-
Conclusioni
tela ambientale e ai programmi di corretta gestione
Senza alcuna pretesa di dare delle indicazioni che
ambientale, facendosi interpreti di questi obiettivi
emergeranno dall’insieme del convegno, ecco alcuni
anche con alcune realizzazioni che potremmo defi-
spunti di riflessione:
nire “coraggiose” rispetto a una presunta tradizione
→→ Il rifugio rimane porta su due mondi. Si tratta di sal-
fossilizzata.
Gianfranco Betta
Osservatorio provinciale per il turismo
24
“IL LUSSO DELLA MONTAGNA”
UN DOCUMENTARIO TRA I RIFUGI
DELLE DOLOMITI BELLUNESI
Il lusso è etimologicamente cosa rara, per pochi eletti,
tura Belluno Dolomiti e dall’Ordine Architetti PPC della
esperienza di alta qualità, esclusiva per il prezzo. Oggi
Provincia di Belluno sul tema del lusso e del confort in
sembra che in alcuni casi il concetto di lusso perda
alta montagna ha svelato come la richiesta e l’offerta del-
la sua più comune sfumatura elitaria per potenziare
la ricettività nelle terre alte stia cambiando.
la componente di unicità dell’esperienza. Infatti, se il
Come architetti che vivono in un ambiente montano
quotidiano è tappezzato di lussi, un lusso spesso di-
e che nella propria ricerca progettuale si confrontano
venta la semplicità. In un mondo asettico e individua-
con un ambiente speciale, quale quello delle Dolomiti,
lista, l’eccezione è la solidarietà umana.
abbiamo cercato di analizzare questo tema seguendo
Se l’urbanizzazione, la presenza antropica e la si-
un percorso alternativo, ricorrendo alle metodologie
curezza rendono prevedibile e banale la nostra vita,
della ricerca socio-antropologica e raccogliendo i
un’esperienza in balia della natura può essere una
punti di vista e le esperienze di chi la montagna la vive
condizione unica per tornare ad apprezzare l’essenza
e la frequenta, a diversi livelli.
delle cose. E così scopriamo che la montagna nascon-
Il risultato del lavoro, accompagnato e supportato
de, tra le sue pieghe più recondite, nella bellezza dei
dalle competenze di Valentina De Marchi, antropo-
paesaggi, nei suoi ambienti selvaggi e nell’ospitalità
loga, regista e amante della montagna, è un filmato
dei rifugi, un lusso prezioso.
dal taglio documentaristico e al contempo divulga-
Per molti è un lusso immergersi nella natura, lasciare
tivo. L’area presa in analisi è la Provincia di Belluno,
cellulare e computer spenti ascoltando il silenzio, rice-
regno delle Dolomiti Unesco. Le interviste e le riprese
vere un’ospitalità sobria ma genuina avvertendo quel
sono state girate in una quindicina di rifugi selezio-
rapporto di solidarietà tra gli uomini che pare scom-
nati secondo i criteri di: altitudine superiore ai 2000
parso a valle ma che si può ancora trovare in qualche
m, appartenenza a differenti gruppi montuosi, diverso
angolo ad alta quota.
livello di accessibilità, eccellenza nel territorio e infine
seguendo i consigli e le preferenze degli intervistati.
Il lavoro di ricerca presentato all’International Mountain
È stata data la parola a gestori di rifugi, escursionisti
Summit 2012 di Bressanone dalla Fondazione Architet-
italiani e stranieri, alpinisti, guide alpine, architetti e
25
persone con professionalità e competenze legate alla
condizioni climatiche-ambientali meno estreme, pone
montagna. L’indagine ha interrogato la storia delle
l’attenzione più sulla ristorazione che sul pernotta-
strutture ricettive ad alta quota e della loro funzio-
mento degli escursionisti.
nalità, il significato di rifugio, quello che si ricerca in
Nelle Dolomiti non serve essere molto esperti per
questo ambiente, le esigenze di comfort, la ricerca del
godere dei paesaggi tra i più belli al mondo, per im-
lusso e infine la percezione dell’architettura contem-
mergersi in pascoli e boschi ricchi di biodiversità, per
poranea.
calpestare ghiaioni e toccare la dolomia. Si possono
La Fondazione e l’Ordine hanno intrapreso una vera e
affrontare sentieri di varie difficoltà per passeggiate
propria esperienza di common ground, cercando opi-
o escursioni in mountain bike, ferrate, pareti di roccia,
nioni e risposte nella condivisione di conoscenze, in-
piste da sci, pendii per lo sci alpinismo. Tutto questo
teressi, sguardi calati, ideali, stereotipi e punti di vista
legato a un turismo che cambia continuamente e che
sul presente e sul futuro architettonico, di un’umanità
oggi, grazie al marchio Patrimonio dell’umanità Une-
quanto mai variopinta e sfaccettata. Così l’ascolto e il
sco, richiama appassionati da tutto il mondo.
dialogo si fanno strumento creativo per l’architetto.
La risposta architettonica si adatta alle trasformazioni
del turismo ad alta quota. Da concetto di riparo, assi-
La funzione dei rifugi dolomitici dalle origini a oggi è
milabile alle residenze temporanee legate alla pratica
cambiata, così come sono cambiati il concetto di alpi-
dell’alpeggio, si passa a quello di struttura ricettiva
nismo e dell’andare in montagna; l’utilizzo delle strut-
complessa che richiede dimensioni e spazi più defi-
ture ricettive ad alta quota si è allargato a un pubblico
niti, elettricità, acqua corrente, impianti tecnologici
sempre più vasto e con svariate esigenze, con conse-
e soluzioni adatte a soddisfare esigenze di privacy e
guente mutazione dell’offerta e della risposta archi-
comfort. La sfida architettonica è resa ulteriormen-
tettonica.
te complessa dal delicato inserimento nell’ambiente
Nati come luoghi di riparo e ristoro per alpinisti im-
montano e dal fatto che l’esperienza del rifugio si lega
pegnati in lunghe ascensioni e costretti a permanen-
intimamente con quella del paesaggio alpino, della
ze prolungate in quota, oggi i rifugi sono frequentati
bellezza naturale (talvolta vissuta come assoluta) e
soprattutto da chi li vede come meta dell’escursione
della fatica del cammino.
giornaliera e, quando raggiungibili con strade e funi-
Ascoltando le voci, i pensieri e le opinioni di chi la
vie, sono stati talvolta trasformati in ristoranti e alber-
montagna la vive e la frequenta ne deriva un parere
ghi d’alta quota.
quasi unanime: il rifugio è un luogo di essenzialità,
Caratteristica rilevante delle Dolomiti, a confronto con
dove si cerca la semplicità. Priva di tutti gli orpelli e
le Alpi Occidentali, sono le quote relativamente bas-
surplus di cui ci circondiamo nella vita quotidiana,
se, gli avvicinamenti alle cime mediamente brevi e
l’esperienza in rifugio è per molti inscindibile dall’e-
una maggiore accessibilità generale della montagna.
sperienza nell’ambiente, unita alla riscoperta di biso-
Se i rifugi su Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino
gni primordiali: protezione, cibo, calore. In rifugio ci si
sono strutture di appoggio necessarie per il numero
aspetta soprattutto l’ospitalità e l’accoglienza familia-
crescente di coloro che cercano esperienze alpinisti-
re, i preziosi consigli del gestore, l’incontro di persone
che sopra i 4000 m, il rifugio dolomitico, sorgendo in
con cui condividere interessi e situazioni, un sorri-
26
so schietto e sincero. Il rifugio è luogo dove sentirsi
essenzialità della montagna. La semplicità è spesso
uomo tra gli uomini, uniti da un tetto e quattro mura
descritta come l’utilizzo di materiali e soluzioni tipi-
che separano da una natura non sempre ospitale. In
che: il legno, la pietra, l’arredamento che richiama la
questo spazio così umano si cercano, e spesso si tro-
tradizione del luogo. I ricami sulle tende, sulle tova-
vano, alcuni valori del passato: il rifugio dunque deve
glie o scolpiti sullo schienale delle sedie, gli oggetti di
offrire sicurezze, sia fisiche sia morali.
lavoro della montagna e perfino l’abito tradizionale
In montagna, complice l’eccezionalità dei luoghi e
dei gestori soddisfano quell’idea di semplicità, che ri-
l’impegno richiesto per raggiungere la meta, la mag-
schia di essere una proiezione dell’identità del luogo
gior parte delle persone si dichiara disponibile ad
e la ricerca di una sicurezza. Dietro al concetto di es-
adattarsi, ad accettare compromessi, a rinunciare ai
senzialità a volte, infatti, può nascondersi una visione
comfort della vita di tutti i giorni, consci che comun-
pittoresca e stereotipata della montagna e dell’iden-
que si tratti di una parentesi di tempo limitata e di un
tità alpina come qualcosa di sempre uguale, stabile e
contesto estremo. Adattarsi quindi a una camerata, a
immutabile.
un bagno in comune e a una cucina rustica è gene-
Scavando sotto l’idea dell’essenzialità, si scopre che
ralmente considerato parte integrante dell’esperienza
un determinato apporto di comfort non è poi così
in rifugio, un’occasione per misurarsi con le proprie
disprezzato neppure ad alta quota. Due cose in par-
capacità fisiche e di adattamento. Al contrario, l’espe-
ticolare sono gradite: le camere doppie o quadruple,
rienza del lusso ad alta quota viene definita dai più
che garantiscano notti tranquille, lontano da rumori e
come fuori luogo, contrastante con le aspettative.
odori poco piacevoli, e le docce calde, soprattutto per
Anche secondo gli escursionisti più esigenti e ri-
chi prolunga la permanenza. Una buona cucina, fami-
cercati, il lusso può rimanere tranquillamente a
liare e legata ai sapori tradizionali, è sempre gradita,
valle, dove, dopo un’escursione e il piacere del
soprattutto dagli ospiti italiani.
paesaggio alpino, non deve mancare la cena
I gestori dei rifugi osservano che la richiesta e l’aspet-
in un buon ristorante, il relax in un centro
tativa di comfort stanno crescendo tra i frequentatori
benessere e il pernottamento in un hotel
della montagna e quindi si pone loro il problema di
d’eccellenza. In quota, anche gli amanti
adeguare o meno la propria offerta. I rifugi che vengo-
del lusso dicono di ricercare l’esperienza
no rinnovati tendono a essere ampliati e i vani abitati
della semplicità.
dai gestori separati da quelli della clientela. Dove c’è
La semplicità del rifugio è tuttavia
spazio le camerate collettive vengono divise per ga-
un concetto molto relativo. Se per
rantire maggiore privacy e i rifugi che più si aprono a
qualcuno significa letteralmen-
un pubblico ricercato prevedono la disponibilità di ca-
te un riparo dalle piogge, un
mere con bagno privato. Dalle interviste emerge che
piatto caldo, una stufa su cui
se un rifugio offre questo tipo di servizio e comfort,
stendere i vestiti bagnati, per
può essere vissuto come un luogo dove prolungare la
altri significa uno stile, un
propria permanenza, magari con la famiglia. L’offerta
design d’interni, la cura
di una camera privata quindi è capace di trasformare
particolare nell’accosta-
il rifugio da luogo funzionale a cui si chiede di soddi-
re i materiali: un’icona.
sfare i bisogni fondamentali, a spazio dove rilassar-
Un tavolo di legno,
si e godere di un’esperienza appagante in termini di
con il suo profumo
benessere. In generale è apprezzata dai frequentatori
e la piacevolezza al
d’alta quota un’atmosfera accogliente e un focolare
tatto può essere
acceso attorno a cui sedersi, sorseggiare un bicchiere
vissuto
come
di vino, leggere o incontrare persone. Se il rifugio si
esperienza di
trova in un luogo panoramico è gradita una terrazza
27
con vista e finestre ampie per godere al massimo del
servizio. Alla luce dell’importanza che attualmente
paesaggio.
rivestono le problematiche relative alla gestione del-
Quando interrogati sui canoni ideali dell’architettura
le risorse energetiche, un accento di pari importanza
in montagna, la maggior parte degli intervistati ri-
viene inoltre posto sulla necessità che gli edifici in alta
propone il modello tradizionale di rifugio dolomitico:
quota siano dotati di sistemi tecnologici avanzati ed
l’utilizzo dei materiali naturali presenti sul territorio
efficienti che consentano l’approvvigionamento ener-
(legno e pietra) e la forma a baita. La descrizione del
getico attraverso l’uso di fonti rinnovabili, la creazione
rifugio viene spesso accompagnata da un gesto delle
di riserve d’acqua e la corretta gestione dei rifiuti.
mani che mima la forma archetipica del tetto a capan-
La sintesi delle voci dei frequentatori della montagna
na: è il riparo, la casa. Molti amano una struttura pic-
evidenzia il superamento di argomenti e tematiche
cola, ben integrata con l’ambiente, a volte mimetizzata
che riportano la discussione a una banale contrappo-
nel paesaggio circostante.
sizione dialettica tra il nuovo e l’antico. L’idea di sem-
Tuttavia, astraendo da questo ideale architettonico,
plicità, quasi all’unanimità invocata dagli intervistati,
spesso frutto di una visione romantica, emergono dif-
non viene reclamata come atteggiamento nostalgico
fusamente considerazioni importanti. È riconosciuta
che mira alla conservazione di un tempo passato, ma
l’efficienza dei nuovi materiali costruttivi dal punto di
come condizione da perseguire per poter stabilire un
vista della sostenibilità, tanto più ad alta quota, dove
rapporto esclusivo con la straordinaria bellezza di
le condizioni ambientali sono particolarmente severe
questi luoghi. All’architettura viene demandato l’im-
e le problematiche di cantiere accentuate. Per gli in-
portante compito di ricercare e di rinnovare questo
tervistati, se invitati a una riflessione più approfondi-
requisito basilare attraverso gli strumenti della con-
ta, la tradizione non sembra più essere un imperativo
temporaneità e della tecnica.
assoluto. Molti si scoprono favorevoli all’innovazione
edilizia in montagna e auspicano che l’architettura conduca ricerche sulla forma e sulla funzione ed
esplori le possibilità offerte da materiali e tecnologie
insoliti e inattesi.
L’architettura contemporanea mediamente piace agli
intervistati, ma non quando viene percepita come
esaltazione della forza dell’uomo sulla natura. La volontà architettonica di porsi in contrasto con l’ambiente naturale, l’esaltazione della tecnologia e dell’ingegno umano contrapposto alle forze della natura (quali
il vento, la pendenza, la forza di gravità) sono percepiti
come pericolosi atti di prevaricazione. L’uomo deve rispettare la montagna e mantenere comunque un atteggiamento di ascolto e rispetto perché in quei luoghi
è pur sempre un ospite.
Tra tutte, le parole dei gestori – ricche di conoscenze
e saperi frutto dell’esperienza – offrono uno sguardo
lucido sulle problematiche che l’alta quota e il contesto alpino pongono all’architettura. Il loro accento
cade in primo luogo sulla funzionalità: il rifugio è una
macchina complessa che deve funzionare in modo efficiente. Solo così può sostenersi e garantire un buon
Valentina De Marchi
Antropologa e regista
Francesca Bogo
Presidente Fondazione Architettura Belluno Dolomiti
Alessandro Sacchet
Presidente Ordine Architetti PPC della Provincia di Belluno
28
Situazioni a confronto/1
COME SI ADEGUANO
I GESTORI E I RIFUGI
Mathieu Vallet
e sono da considerarsi ancora appoggio per le salite
gestore del rifugio Benevolo (in rappresentanza
classiche. Abbiamo poi un’ampia fetta di rifugi che si
dell’Associazione gestori rifugi e della Società
colloca a quote più basse e risente maggiormente del-
delle guide della Valle d’Aosta)
le problematiche di apertura e snaturamento parziale
alle richieste del turismo, come in Trentino Alto Adige;
Innanzitutto alcuni dati che riguardano i rifugi del-
tuttavia, anche grazie alla conformazione orografica
la Valle d’Aosta, per caratterizzarli anche rispetto a
della Valle d’Aosta, rimane forte la componente del
quelli del Trentino: Le regione conta 55 rifugi, che co-
pernottamento. Negli ultimi anni è molto cresciuta la
prono le quote da 1700 a 3600 m. La fetta più grossa
richiesta di ristorazione, di turismo alla giornata, del
è localizzata dai 2300 m in su ed esiste ancora una
rifugio come meta, ma i rifugi rimangono alla sera
buona parte di essi che conserva una connotazione
molto frequentati, in quanto possono contare su di-
alpinistica. È necessario osservare infatti che alcuni di
versi percorsi, trekking e traversate (Alte vie, Tour del
essi si collocano sui grandi massicci di confine come
Gran Paradiso, Tour del Monte Rosa, Tour del Monte
Monte Bianco, Monte Rosa, Cervino e Gran Paradiso
Bianco, ecc.) che collegano le varie strutture. Questa
impostazione fa trasformare il rifugio più volte lungo
l’arco della giornata. A pranzo abbiamo ad esempio
richieste più turistiche e ci specializziamo sui prodotti
tipici, sull’enogastronomia, su una maggiore flessibilità delle necessità; dalle quattro di pomeriggio invece
la struttura si svuota e cambia la clientela con l’arrivo
degli escursionisti che fanno i trekking e pernottano
in rifugio e lo vivono come spazio comune di aggregazione e condivisione.
Secondo statistiche Istat, i rifugi valdostani nel 2012
hanno contato oltre 154.000 presenze, di cui il 40%
estere (soprattutto francesi); un’utenza generalmente
più abituata a rifugi spartani e che spesso si stupisce
e si affascina per i comfort elargiti dai rifugi italiani.
In Valle d’Aosta, per qualificare il prodotto e per sottolineare il connubio indissolubile tra edificio, territorio
e gestore, esiste (sancita da una legge regionale del
Rifugio Alessandro Nacamuli al Col Collon (Bionaz, Aosta, 2818 m)
1996) la figura professionale del rifugista; per poter
29
Rifugio Pier Giorgio Frassati al Lac des Merdeux (Saint-Rhémy-en-Bosses, Aosta, 2542 m)
gestire una struttura si è obbligati a iscriversi a un
mettere a punto una serie d’iniziative che hanno va-
albo, partecipare a un particolare corso che forma la
lorizzato e accolto le richieste di ogni tipo di clientela:
persona su tutti gli aspetti che possono riguardare
dai certificati di qualità sull’utilizzo di prodotti tipici
questo tipo di vita professionale: accoglienza, econo-
valdostani, sulla qualità della gestione del rifugio, ma
mia, gestione e conoscenza del territorio, ristorazione,
anche certificazioni ambientali e normative.
soccorso (fattore importantissimo per il presidio d’al-
Nei nostri rifugi alpinistici generalmente la clientela
ta quota), questioni costruttive, ecc. Questa prepara-
rimane una notte e accetta una serie di problemati-
zione specifica del rifugista ha permesso negli anni di
che intrinseche; nei rifugi di media quota, frequentati
invece da una clientela di escursionisti impegnati nei
trekking che quindi vi passano molte notti, si è assistito negli anni a un progressivo miglioramento degli
standard qualitativi: ad esempio dal 2008 al 2012 i
bagni sono aumentati di 128 unità.
Le strutture si adeguano a questi cambi di necessità
della clientela attraverso le pratiche di ampliamento,
che non significa necessariamente un aumento della
capacità ricettiva, ma magari anche solo una riorganizzazione degli spazi comuni per evitare pratiche ormai difficoltose o inaccettabili come la turnazione dei
coperti durante i pasti. Negli ultimi vent’anni le istituzioni regionali hanno fortemente sostenuto la riqualificazione; infatti i rifugi valdostani d’alta quota sono
sostanzialmente di un buon livello. Si verificheranno
probabilmente negli anni a venire difficoltà nel mantenimento di questi standard a causa degli importanti tagli portati alle sovvenzioni istituzionali in questa
Rifugio degli Angeli ai Laghi del Morion (Valgrisenche, Aosta, 2916 m)
materia.
30
Anna Toffol
gestrice del rifugio Velo della Madonna
La mia storia di rifugista è decisamente breve perché
sono trascorsi solo tre anni – questo è il quarto –, ma
è molto intensa e profondamente connessa alla mia
storia personale; cinque anni fa perdevo mio marito
proprio in un incidente in montagna, quindi mai e poi
mai pensavo che avrei potuto gestire un rifugio alpino d’alta quota. Lancio però la sfida della gestione alla
SAT, che la accoglie in breve tempo. Così nel 2010 con
i miei figli ancora piccoli comincia la nostra esperienza
al rifugio; qualcosa di cui avevamo bisogno per staccare, per fare una vita diversa, che ci togliesse dal baratro dove eravamo finiti.
Il rifugio Velo della Madonna è una perla e un’eccellenza del territorio dolomitico, alle Pale di San Martino,
sotto l’omonimo spigolo del Velo, una via molto conosciuta e importante; anche se si trova a una quo-
Rifugio Velo della Madonna alle Pale di San Martino
(San Martino di Castrozza, Trento, 2358 m)
ta non elevatissima (2400 m), si tratta di un rifugio
prettamente alpinistico. L’utenza arriva decisamente
scremata, dal momento che l’accesso più semplice è
un rifugio dal difficile accesso, frequentato da un’u-
a oltre tre ore dal paese più vicino e il tratto finale è
tenza scelta che si accontenta di poco, ma che vuole
comunque difficoltoso, mentre tutte le altre vie sono
trovare un’anima e un’accoglienza originale; qualcosa
ferrate. La clientela è soprattutto composta da alpi-
che si può fare solo se ami la montagna, se hai una
nisti stranieri, che solitamente sono molto meno esi-
vera passione dentro.
genti degli avventori italiani: non hanno problemi con
camerata o camere singole, assenza o presenza della
doccia. Piuttosto che i comfort abitativi basilari generalmente preferiscono una connessione a internet, un
Angelo Iellici
ponte che lo tenga in contatto ai suoi interessi.
gestore del rifugio La Rezila (in rappresentanza
Il nostro è un rifugio dalle caratteristiche spartane, a
dell’Associazione gestori rifugi del Trentino)
cui la parola lusso non è assolutamente accostabile; se
c’è maltempo i rifornimenti non arrivano o basta una
Gestisco un rifugio storico, di oltre 120 anni, gestito da
nuvola per non far arrivare la gente. È vero anche però
generazioni dalla stessa famiglia. Uno dei miei pen-
che chi va in un rifugio isolato d’alta quota sa che quel
sieri ricorrenti – una cosa molto sentita da noi rifugisti
poco che trova è vero, domestico, originale. Tutte noi
– è riuscire un giorno a poter dire ai miei figli di andare
rifugiste donne siamo poi particolarmente attente a
avanti con questa attività, perché ti dà la possibilità di
questo tipo di cura: siamo cuoche, donne delle pulizie,
vivere. Abbiamo a cuore che anche questi ricordi sto-
siamo tecniche della teleferica, siamo l’anima vera.
rici possano essere perpetuati, cosa che a oggi o nel
Quando arriva un ospite deve sentire di essere arri-
futuro non appare assolutamente facile. Anche es-
vato in un rifugio; deve sentire il silenzio, l’odore; deve
sendo un culture della “ortodossia” del rifugio – il mio
percepire che lì si ferma il tempo, che non c’è bisogno
ha solo arredi storici, quadri d’epoca – sento ormai il
di qualcosa in più. Mi riferisco alla mia esperienza, in
bisogno dell’apertura: apertura a Facebook, a variare
31
acqua pulita, purezza del paesaggio e del panorama,
solitudine e filosofia. Sono sempre stato un cultore di
questi valori ma oggi mi accorgo che per certi versi
stiamo esagerando.
Chi non cambia idea non ha idee: il risultato è stato
infatti la comunicazione di una montagna un po’ cupa,
malinconica, non allegra, noiosa, bacchettona; questo
è qualcosa che va sfatato.
Stiamo avvertendo che i giovani – anche giustamente
– non vengono da noi, nemmeno quelli del posto; è
necessario sconvolgere un po’, reinventare; è una cosa
di estrema importanza. Gran parte dei frequentatori
della montagna di oggi è in età avanzata, ma la gran
parte è composta da chi veniva con le colonie, chi veniva a fare il militare, con i gruppi o con la famiglia,
gente che ha voglia di ritornare.
L’immagine stucchevole della montagna di oggi è
molto diversa da quella che veniva trasmessa in passato – io sono un collezionista, non dovete fraintendermi. Esistono poster pubblicitari di montagna degli
anni Quaranta e Cinquanta sui quali è rappresentata
Rifugio La Rezila all’Alpe di Lusia (Moena, Trento, 1800 m)
un’immagine sensuale e attrattiva che oggi non abbiamo; il mondo gira attorno al bello e non è solo il
bello della natura, l’acqua e le rocce, ma il bello delle
i piatti, a dare la possibilità di scelta, a eliminare il ca-
persone, le donne in particolare.
merone con i letti, e tante altre cose ancora.
È dunque necessario cambiare, aprirsi a richieste
La tecnologia vuol dire anche solo in quelle quattro ore
nuove, al bello, alla tecnologia, superare le chiusure
di servizio al giorno essere veloci, organizzati; avere il
locali.
computer per sveltire. All’inizio mi piaceva l’idea del
ristoratore che arriva al tavolo con la matita e il foglio,
un modo un po’ arcaico e romantico, che però non è
più percorribile. La tecnologia è ormai indispensabile
anche per migliorare la qualità del servizio; ad esempio al posto di farmi correre per la sala, il giardino e la
cucina, posso rimanere con il mio ospite parlandoci e
stando insieme, ed è una ricchezza.
Per colui che arriva in quota e vince una sua piccola
sfida è importante avere un dialogo con il rifugista.
Il rifugista è infatti un tuttologo che deve sapere fare
tutto; e il tempo non lo ha, a fine giornata è davvero
stremato e se la tecnologia lo aiuta ad avere più risorse, ciò è un bene assoluto.
Noi gente di montagna siamo stati efficaci e organizzati nella trasmissione di un messaggio: aria buona,
32
Situazioni a confronto/2
VERSO IL RIFUGIO DI DOMANI:
POLITICHE E STRATEGIE TRA ITALIA,
FRANCIA, SVIZZERA, AUSTRIA
Samuele Manzotti
Il nuovo indirizzo scaturisce da due parole inserite nel
presidente Commissione centrale rifugi e opere
nuovo testo. Così recita l’articolo 1 (Finalità – Defini-
alpine del CAI
zioni – Identificazione): “[...] in relazione alle specifiche
caratteristiche costruttive e funzionali connesse alla
Ascoltando gli interventi che mi hanno preceduto, ho
funzionalità alpinistica, escursionistica, naturalistica
constatato che le problematiche dei rifugi sono “inter-
e di presidio al territorio”. Caro al nostro past presi-
nazionali”. Il futuro della Commissione rifugi del CAI è
dent Annibale Salsa, compare il concetto di “presidio
cominciato circa un anno fa, quando è stato approvato
del territorio”, già implicito nelle direttive del vecchio
il nuovo Regolamento rifugi in sostituzione del prece-
regolamento ma ora espresso in modo più preciso ed
dente, vecchio di una ventina d’anni (la prima edizione
evidente. Ciò comprende una vastità d’intendimenti
risale al 1992, aggiornata poi nel 1997). Il vecchio re-
ed attività, ma certamente codifica meglio l’orienta-
golamento necessitava di un aggiornamento, condi-
mento della nostra Commissione per i prossimi anni.
zionato da tutte le problematiche che abbiamo sentito
Il CAI da anni conduce la politica della non costruzione
sinora, anche per dare un nuovo indirizzo alla politica
di nuove strutture a vantaggio della ristrutturazione,
del CAI per i prossimi anni.
adeguamento e manutenzione di quelle esistenti, poi-
Rifugio Piero Garelli al Pian del Lupo (Chiusa Pesio, Cuneo, 1970 m)
33
ché ritiene che il fabbisogno ricettivo sull’arco alpino,
considerando anche la presenza di strutture private,
sia più che sufficiente. Essendo inoltre molto limitata
la potenzialità finanziaria delle singole sezioni, sarebbe quindi impensabile affrontare progetti di nuove
costruzioni. Tutti gli sforzi sono indirizzati al mantenimento tecnico-strutturale, migliorando la funzionalità
ricettiva dettata dalle nuove esigenze dei fruitori, ma
soprattutto tendono a ridurre al massimo “l’offesa”
al territorio circostante, con nuovi impianti di produzione di energie alternative e di depurazione di reflui.
Un esempio di miglioramento della ricettività è stato
quello di promuovere la cameretta a quattro posti, in-
Rifugio Quintino Sella al Monviso (Crissolo, Cuneo, 2640 m)
contrando le esigenze delle famiglie con bambini, al
fine di fornire un minimo di privacy, impossibile da
trovare nei grandi cameroni tipici dei rifugi tradizio-
grosso è l’eventuale pernottamento degli animali. Ci
nali. Naturalmente queste trasformazioni comporta-
vorrebbero degli spazi specifici, cosa spesso impos-
no non poche difficoltà finanziarie da parte delle se-
sibile. Liberalizzare l’accesso significherebbe avere, in
zioni proprietarie dei rifugi.
casi particolari, la presenza di razze diverse con pos-
Un altro problema affrontato, anche se sembra mar-
sibilità di conflitti tra animali, specialmente durante le
ginale, è la presenza di animali nei rifugi, come ha
ore notturne, se non separati.
accennato nel precedente intervento Luca Calzolari.
Una nuova problematica che la Commissione deve
Nel vecchio regolamento si proibiva in modo cate-
affrontare in questi ultimi tempi, come è già sta-
gorico l’accesso di animali, in modo particolare i cani.
to più volte accennato anche in questo simposio, è
Una decina di anni fa ebbi occasione di rispondere
la difficoltà di gestire le numerose direttive relative
sulla stampa sociale a una lettera di un socio circa
alle strutture ricettive in quota, emanate dalle varie
l’argomento. Il divieto di accesso di animali nei rifugi,
Regioni. Attualmente ogni Regione ha emanato nor-
come in molti esercizi pubblici, è dettato da diverse
mative e leggi, inerenti a specifiche igienico sanitarie,
problematiche, non ultime le normative igienico sa-
regolamentazione, corsi per gestori, elenchi rifugi ri-
nitarie. La tipologia logistica dei rifugi è molto ampia:
conosciuti, erogazione contributi pubblici, presenza
c’è il rifugio grande con ingresso disimpegnato dalla
di associazioni di rifugisti. Tali situazioni variano da
zona bar/pranzo e quelli piccoli dove si entra diretta-
Regione a Regione, e la Commissione centrale trova
mente nella zona soggiorno /pranzo. Già allora veni-
non poche difficoltà a gestirle. Alla luce di ciò la Com-
va suggerito di avere un poco di buon senso da parte
missione centrale demanderà alle Commissioni regio-
del gestore e del proprietario dell’animale e trovare
nali un attento esame delle leggi e normative locali. Da
quindi degli accomodamenti che andassero bene ad
qui nasce un nuovo ruolo delle Commissioni regionali:
entrambe le parti. Ultimamente, nell’aggiornamento
non più “periferiche” ma elemento portante della rifu-
del regolamento, abbiamo dato la possibilità di acco-
gistica regionale e complessivamente nazionale.
glimento di animali secondo disposizioni concordate
Un esempio emblematico riguarda la domanda che
tra la sezione proprietaria e il gestore. Resta comun-
spesso mi si rivolge in merito ai requisiti per fare il
que il divieto assoluto di accesso agli animali nei locali
gestore di un rifugio. La mia risposta è ormai codifi-
adibiti al pernottamento. La grande differenza tipo-
cata. 1) Passione per la montagna: motivazione che
logica e logistica delle strutture alpine non permette
non ha necessità di commenti. 2) Spirito di sacrificio:
di generalizzare l’accesso di animali. Il problema più
anche se in generale l’attività si svolge nell’arco di po-
34
Infine, sollecitato anche da alcune argomentazioni
sollevate dall’interessante film “Il lusso della montagna” proiettato poc’anzi, iper quanto concerne la sicurezza nei rifugi desidero comunicare che il CAI è in
contatto col Ministero degli Interni, in particolare con
l’Istituto superiore antincendio (ISA) per aggiornare
le normative del D.M. 9-4-94. Scopo della revisione
del decreto, al di là dell’aggiornamento delle normative alle nuove realtà logistiche, è soprattutto quello di
semplificare le norme e renderle di più facile lettura.
Rifugio Marinelli Bombardieri al Bernina (Lanzada, Sondrio, 2813 m)
Foto ClickAlps
Jean Mazas
Federazione francese dei club alpini di montagna
chi mesi, la vita in quota, in completo isolamento nella
La FFCAM è un’associazione polisportiva di 84.000
maggior parte dei giorni di apertura del rifugio, richie-
membri che riunisce 380 club di sport di montagna:
de buona stabilità psicologica. 3) Buona salute: l’atti-
alpinismo, scalata, escursionismo alpino, mountain
vità si svolge prevalentemente a quote anche elevate;
bike, speleologia, torrentismo, parapendio, cascata
bandite ipertensione e patologie cardiache. L’attività e
di ghiaccio, scialpinismo, sci alpino e sci nordico, rac-
la conduzione (spesso faticosa) del rifugio riguardano
chette da neve. La FFCAM è anche molto impegnata
persone giovani e robuste. Le richieste del CAI sono
sul versante della difesa ambientale e opera secondo
di preferenza per guide alpine o persone di prova-
i valori dello sviluppo sostenibile delle alte valli, che
ta competenza alpinistica, residenti in aree montane
applica nella gestione dei 127 rifugi e chalet delle Alpi,
con conoscenza della zona territorialmente interes-
del Massiccio del Giura e dei Pirenei, 8 dei quali sono
sata dal rifugio. Le richieste burocratiche riguardano
destinati alla formazione.
invece il possesso dei requisiti previsti dalle leggi e
I bivacchi dei pionieri dell’alpinismo sono stati sosti-
regolamenti vigenti, anche locali (permessi sanitari,
tuti a partire dall’inizio del XX secolo da rifugi modesti
ecc.) per attività commerciali e di ristorazione. At-
in legno, costruiti con materiali facilmente trasporta-
tualmente alcune Regioni, sulla base di proprie leggi
bili a spalle o con l’ausilio di un mulo. In seguito, negli
specifiche sui rifugi, richiedono particolari caratteri-
anni Cinquanta, il Club alpino francese (CAF, poi con-
stiche ai potenziali gestori. La Regione Piemonte, per
fluito nel FFCAM) ha costruito nuovi rifugi, in genere
esempio, organizza corsi per gestori da inserire in un
in pietra e cemento, in grado di accogliere un numero
proprio albo professionale. Ogni regione ha specifici
maggiore di alpinisti che talvolta superava il centina-
regolamenti. È quindi consigliabile informarsi presso
io. Si possono vedere ancora oggi rifugi di questo tipo
gli uffici competenti dove si vorrà svolgere l’attività
come l’Albert 1er, il Couvercle nel massiccio del Monte
per meglio conoscere quali “titoli ed esami” si dovran-
Bianco, o la Pilatte nel massiccio dell’Oisans. Si trat-
no affrontare. Spesso le sezioni proprietarie dei rifugi,
tava di tappe obbligate per raggiungere le alte vette,
in caso di ricerca di un nuovo gestore, emanano rego-
manufatti spesso situati al fondo dei sentieri e alle
lari bandi di concorso pubblicati sulla stampa locale o
porte dell’alta montagna. Le comodità in questi edifici
anche su quella sociale CAI. Nel bando, solitamente,
erano ridotte e la promiscuità nella sala comune e nei
vengono elencate tutte le caratteristiche personali ri-
dormitori contribuiva se non altro a facilitarne il “ri-
chieste per poter partecipare alla gara.
scaldamento”. A questi rifugi si aggiungono una cin-
35
quantina di chalet, situati nei massicci prealpini, che
razione degli attori locali: il club alpino locale, senza
servivano come base per le attività dei club del CAF,
dubbio, ma anche i Comuni, gli uffici del turismo, le
soprattutto in inverno.
compagnie delle guide, i parchi nazionali, le orga-
All’inizio degli anni duemila ci si è resi conto che le
nizzazioni di soccorso alpino (PGHM) e, ovviamente,
pratiche, le esigenze di comodità, le norme di sicurez-
i gestori dei rifugi. Anche gli enti territoriali vengo-
za e igiene da un lato, e il progresso tecnologico (in
no interpellati e coinvolti al fine di trovare un punto
particolare per quanto riguarda l’autonomia energe-
d’incontro con le politiche turistiche regionali. Questa
tica) dall’altro, rendevano l’insieme dei rifugi ormai
collaborazione avviene grazie al ricorso a comitati di
obsoleto. Era necessario un enorme lavoro di rinno-
pilotaggio e inizia già dall’avvio della programmazio-
vamento. Fu quindi eseguita una diagnosi puramente
ne per proseguire ben oltre il termine dei lavori. Ciò
tecnica per una sessantina di edifici e fu avviato un
è già avvenuto per il rifugio del Goûter e ha permes-
progetto ambizioso di ristrutturazione con il sostegno
so di migliorarne diversi aspetti come il controllo e la
degli enti territoriali, dai Comuni alle Regioni, dallo
sicurezza dell’edificio, la gestione delle prenotazioni
Stato all’Unione europea. Fino a oggi sono stati realiz-
(oggi on line), e infine il suo accesso (messa in sicu-
zati circa trenta rifugi di cui l’ultimo è il nuovo Goûter.
rezza della traversata del canalone sotto l’Aiguille du
Per i prossimi cinque anni e fino al 2016, saremo im-
Goûter).
pegnati in otto progetti che sono in corso d’opera o
La prima domanda che ci poniamo quando valutia-
in fase di studio. Rimarranno ancora una decina di
mo la ristrutturazione di un rifugio è: per chi lo stiamo
edifici con dei problemi da risolvere. Dovremo quindi
facendo? Originariamente la maggior parte dei rifugi
promuovere delle indagini sull’intero patrimonio dei
era pensata per gli alpinisti. Oggi costoro sono diven-
nostri rifugi prendendo in considerazione anche gli
tati la porzione più piccola dell’utenza di un rifugio,
aspetti socioeconomici, la nuova tipologia di pubbli-
anche di quelli d’alta quota. Dobbiamo dunque pen-
co, le nuove pratiche e le politiche dei comuni e delle
sare a una nuova clientela costituita in inverno da co-
regioni. Questo ci porterà inoltre a rimettere in discus-
loro che praticano lo sci escursionismo e le racchette
sione il futuro di alcuni dei nostri rifugi.
da neve mentre in estate si tratta per lo più di amanti
Contrariamente al passato, la programmazione dei
dell’escursionismo itinerante o delle gite in giornata.
nostri progetti si avvale dell’appoggio e della collabo-
Ci sono coloro per cui il rifugio è il fine stesso dell’e-
I tre rifugi del Col de la Vanoise (Pragnolan-la-Vanoise, Francia, 2515 m): a sinistra il rifugio Félix Faure del 1902; a destra quello del 1972; al centro
quello in ultimazione nel 2014
36
scursione, i contemplativi, gli amanti del turismo eno-
niche come la gestione dell’acqua, del territorio, delle
gastronomico, le famiglie con bambini. Per i giovani,
energie rinnovabili, ecc. In Svizzera la maggior parte
il rifugio è da considerarsi anche uno strumento pe-
delle capanne appartiene alle sezioni del CAS, le quali
dagogico per la formazione e la scoperta della mon-
si occupano della gestione e manutenzione, nonché
tagna, senza dimenticare infine le esigenze legate alle
del finanziamento degli interventi. Io stesso sono
persone diversamente abili.
membro ordinario, e nella sezione Monte Rosa sono
L’altra domanda da porsi è: perché ristrutturare? Le
il responsabile dei rifugi. La CCC si occupa anche della
risposte a questa domanda sono molteplici: perché il
ripartizione fondi secondo un complicato principio di
rifugio è diventato troppo piccolo e mal si adatta alle
perequazione finanziaria che permette alle sezioni di
esigenze della nuova utenza al fine di offrire maggiori
costruire e ampliare le strutture. I finanziamenti sono
comodità (ma senza per questo trasformare il rifu-
assegnati sulla base degli introiti che le singole sezio-
gio in un hotel d’alta quota); perché vi è la necessità
ni riescono a garantire al CAS.
di mettere a norma l’edificio in termini di sicurezza e
Il lavoro della CCC è quello di controllare e di verifica-
igiene; per garantirne l’autonomia energetica nel ri-
re tutti i progetti di nuova costruzione – sempre più
spetto dell’ambiente.
rari -, di ampliamento e trasformazione. Si forniscono
È però fondamentale che, grazie soprattutto all’aiuto
consulenze alle sezioni in merito alle nuove esigen-
e all’esperienza dei gestori, i rifugi conservino la loro
ze a seconda della tipologia di lavori da svolgere. Si
anima, in poche parole che restino “rustici” e convi-
controlla la conformità di tutti i progetti e si verifica
viali.
il rispetto delle linee guida del CAS. Stiamo ora lavorando alla redazione di nuove linee guida per i rifugi,
per cercare di definire meglio le tipologie e le categorie di rifugio. Si lavora inoltre per mettere in piedi un
Philippe de Kalbermatten
efficiente sistema di gestione delle prenotazioni at-
Commissione centrale rifugi Club alpino svizzero
traverso internet. La prenotazione è diventata infatti
obbligatoria: se non si riserva il posto letto si rischia
La CCC (Commission centrale des cabanes) fa parte
di dormire fuori. Ciò per garantire il funzionamento
dell’associazione centrale del CAS ed è formata da15
ottimale del rifugio. La linea dunque che si persegue
membri volontari, tutti professionisti legati al CAS.
è quella di far combaciare i posti letto con i posti per
La CCC è co-presieduta attualmente da due persone:
la ristorazione, in modo da evitare affollamenti e un
architetti e ingegneri che si occupano di questioni tec-
carico eccessivo sulla struttura e sul territorio.
Il primo rifugio del Club alpino svizzero, costruito nel primo anno di
fondazione del sodalizio, il 1863: la Grünhornhütte in Canton Glarona
(2448 m); oggi il ricovero è conservato come museo di se stesso
37
Altra iniziativa è di attivare un corso per rifugisti, in
quanto riteniamo importante migliorare l’accoglienza
e la qualità del servizio. Non si tratta tanto di fare dei
corsi per piccoli ristoratori e di ampliare il servizio con
carte e menù diversi quanto, mantenendo l’idea del
menu unico, aumentare il livello di qualità della cucina e del servizio, impartendo inoltre quelle nozioni
di base che dovrebbe possedere un rifugista: fornire
informazioni per la sicurezza e la migliore conoscenza
della montagna.
Altro tema importante riguarda la riqualificazione de-
Oberwalderhütte negli Alti Tauri (Austria, 2973 m). Foto OeAV
gli accessi alle strutture. Si pensi ai problemi connessi
con il riscaldamento climatico: alcuni accessi sono diventati impraticabili per il ritiro dei ghiacciaio: si pensi
sta. Il nostro problema principale, oggi e domani, è un
ad esempio ai 18 metri di spessore persi sotto la Mon-
problema di tipo finanziario, i volumi d’investimento
te Rosa Hutte. In tal caso si è dovuto ricorrere all’in-
(nel 2013 dall’ÖAV 11 milioni, con sussidi alle sezioni
stallazione di scale e passerelle. Ciò comporta dunque
per 2,5 milioni e sovvenzioni per 1,8 milioni) diminu-
ingenti costi per la manutenzione e l’allestimento dei
iscono costantemente; sempre più rifugi (che spesso
percorsi.
superano i cent’anni) vengono venduti, le spese di ri-
In conclusione, le politiche della CCC perseguono l’o-
sanamento invece crescono, le questioni burocratiche
biettivo di non trasformare i rifugi in piccoli ristoranti
riguardanti protezione antincendio, acqua potabile,
o in hotel ma, pur adattandosi alla nuova domanda e
impianti di depurazione, e non ultima la fornitura elet-
alla nuova clientela, si desidera mantenere l’idea di ri-
trica, implicano sempre maggiori spese e sono sem-
fugio alpino con dormitori e menu fisso.
pre meno finanziabili.
Ne derivano ripercussioni su eventuali nuove costruzioni e sul mantenimento di quelle esistenti. A questo
proposito, oggi, e ancora di più in futuro, devono es-
Helmut Ohnmacht
sere prese misure di tipo ancora più professionale ri-
vicepresidente Österreichischen Alpenvereins
guardo al finanziamento, alla progettazione architettonica, alla logistica e alla realizzazione dell’edificio.
Rappresento in veste ufficiale l’ÖAV, con i suoi 238 ri-
La progettazione deve partire dalla funzione e deve
fugi, 195 sezioni (proprietarie di rifugi), circa 26.000
mirare a raggiungere una sorta di simbiosi con l’am-
km di sentieri montani e 450.000 membri; tuttavia, in
modo ufficioso, il contenuto del mio intervento odierno riguarda anche il DAV, Associazione alpinistica
tedesca, con un milione di associati, e l’AVS, Associazione alpinistica dell’Alto Adige, in totale quindi circa
1.500.000 associati, 570 rifugi e 40.000 km di sentieri; con loro esiste una costante collaborazione su
ogni livello, mentre buoni rapporti intercorrono anche
con il CAS, Club alpino svizzero.
Quando parlo di rifugi mi riferisco a quelli della categoria I (che sono la maggior parte), raggiungibili in
un’ora di camminata e che offrono ricovero all’alpini-
Seethalerhütte in Dachstein (Austria, 2740 m). Foto OeAV
38
biente alpino, senza tenere conto dei cliché in voga.
mativi e d’intervento nel settore che hanno consentito
Ecco quindi la nostra richiesta, condivisa anche dai
di realizzare politiche di sostegno agli investimenti e,
finanziatori: i rifugi siano semplici, ma con uno stan-
in generale, all’ordinato sviluppo delle strutture al-
dard di livello superiore al passato, laddove sia neces-
pinistiche sul nostro territorio. In particolare, la Pro-
sario e fattibile. Niente rifugi high tech, case passive la
vincia autonoma di Trento è dotata di una norma di
cui cura richieda troppo ai gestori stessi. Per esempio,
settore che è la L.P. 8/93, che è una legge che possia-
nei rifugi con scarsità d’acqua ed elettricità, chiedia-
mo dire “di definizioni” e “di intervento finanziario”. Le
mo docce solo se possibili e sostenibili; locali più pic-
definizioni sono riprese da quelle nazionali, ma sono
coli e meno numerosi; miglioramento degli impianti
importanti perché consentono anche di organizzare i
sanitari. Questi sono i nostri desideri.
pensieri, dopo aver sentito tutte queste relazioni.
Occorre rafforzare il significato originario del rifugio
Che cos’è il rifugio alpino? Per la nostra legge i rifugi
come ricovero per alpinisti, scalatori ed escursionisti,
alpini sono “strutture ricettive che assicurano presi-
non vogliamo rifugi di lusso per ospiti di passaggio
dio di sobria ospitalità in zone di montagna non rag-
che vi arrivano con la funivia, l’auto o il taxi; l’ambien-
giungibili da strade aperte al traffico ordinario. […].
te alpino deve essere protetto, altrimenti rischiamo
La provincia sostiene i rifugi alpini nei limiti e con la
che gli alpinisti, per i quali e dai quali i rifugi sono stati
validità stabiliti dalla Giunta provinciale, garantendo
costruiti, ci passino davanti evitandoli. Non dimenti-
la fornitura di servizi per la comunicazione, il rifor-
chiamo gli antichi valori e apportiamo cambiamenti
nimento con elicottero e altri servizi generali definiti
solo dove essi siano ragionevoli e fattibili. L’esperien-
dalla Giunta provinciale”. Quindi lo stesso articolo di
za alpina che viviamo sui sentieri, che sono più im-
legge indica quali strumenti generali e per quali ragio-
portanti dei rifugi, deve poter essere provata anche in
ni debbano esistere.
un rifugio dall’ambiente adeguato.
Un altro articolo della legge individua e riconosce
a tutte le strutture alpinistiche l’interesse pubblico
(quindi non solo ai rifugi ma anche ai sentieri, alle vie
ferrate, ai tracciati alpini in generale). Questo concetto
Romano Stanchina
è molto importante perché consente di usare le leve
Conferenza provinciale trentina per le strutture
pubbliche in modo molto esteso rispetto ad altri com-
alpinistiche
parti dell’economia. La nostra legge dà quindi queste
definizioni, prevede degli strumenti d’intervento ma
Quale dirigente del Servizio Turismo della Provincia au-
si pone anche il problema dell’orientamento delle po-
tonoma di Trento, che coordina tutte le politiche pubbli-
litiche. Qualche anno fa essa è stata infatti modificata
che di settore, mi occupo anche della Conferenza provin-
con l’introduzione della Conferenza per le strutture
ciale delle strutture alpinistiche; non sono uno specialista
alpinistiche. Si tratta di un organismo consultivo della
dei rifugi, a differenza di quelli che hanno parlato prima
Provincia; in particolare, secondo la nostra legge, “è
di me. È stato estremamente interessante sentire questa
costituita per orientare il corretto sviluppo delle strut-
carrellata sulle problematiche dei rifugi nell’arco alpino;
ture alpinistiche e l’utilizzo della montagna; è nomi-
questo ci fa pensare come, nonostante le differenze degli
nata con deliberazione della Giunta provinciale che
ordinamenti e delle organizzazioni locali, alla fine i pro-
ne stabilisce la sua composizione, prevedendo la par-
blemi siano comuni.
tecipazione di rappresentanti della SAT, del Collegio
Abbiamo tante differenze di ordinamento, come ha
provinciale delle Guide alpine, dell’Associazione dei
detto il presidente della Commissione rifugi del CAI.
gestori dei rifugi e degli enti di promozione turistica”.
Ne abbiamo tante in Italia ma in particolare noi, in una
Alla Conferenza partecipa sempre anche Accademia
provincia autonoma con competenze esclusive molto
della Montagna, Fondazione che è nata solo successi-
vaste, per cui da diversi anni abbiamo strumenti nor-
vamente a questa modifica normativa.
39
Tutta questa introduzione serve per sviluppare tale
vari paesi siano attenti a quel che dice il mercato, ma
ragionamento: dato un quadro normativo e grandi
che non siano del tutto disposti ad accettare ogni in-
spazi di autonomia anche nell’uso delle leve pubbliche
dicazione o richiesta. Questo è il grande dibattito che
come quelli che ha la Provincia autonoma di Trento,
abbiamo nel nostro settore. La stessa Conferenza
quali politiche realizzare per questo settore?
provinciale per le strutture alpinistiche si trova spes-
Chi come noi si occupa di politica economica è abitua-
so a discutere di temi di questo genere: quali orienta-
to a guardare al mercato: negli altri comparti di que-
menti dare alle politiche, perché il mercato ci chiede
sto articolato settore, come ad esempio la ricettività
di andare velocemente in una direzione, mentre altre
alberghiera, extralberghiera, le piste da sci, impian-
considerazioni di politiche ambientali o legate alla
ti a fune, le professioni turistiche, quel che ci viene
tradizione ci dicono invece di fare attenzione, perché
chiesto anche in qualità di tecnici è di supportare le
la montagna va fruita in un certo modo, perché l’alpi-
decisioni politiche attraverso un’attenta analisi delle
nismo non è un’attività solo economica, ma possiede
tendenze del mercato, da mettere in relazione, natu-
anche un’importante valenza sociologica. Credo sia
ralmente, con le potenzialità che il nostro territorio ha
questo il tema centrale di un simile convegno, visto in
sui diversi fronti. Perciò la buona politica economica
tal caso sotto il profilo dei rifugi come struttura.
di solito è quella che garantisce un adeguato incontro
Per riallacciarmi alle bellissime citazioni che sono
tra potenzialità del settore e del territorio ed esigenze
state fatte, relativamente ai concetti di tradizione e
del mercato.
innovazione, è come se facessimo fatica nelle politi-
Nel campo del turismo, rispetto ad altri settori, sap-
che pubbliche a inquadrare quel “fuoco” di cui parlava
piamo che sarebbe opportuno tentare di orientare
Annibale Salsa nella citazione di Gustav Mahler (che
tale mercato. Nell’ambito delle politiche per il settore
diceva che “la tradizione è la salvaguardia del fuoco,
alpinistico (e per i rifugi in particolare), ci troviamo di
non l’adorazione della cenere”). A noi toccherebbe,
fronte a qualche dubbio: il mercato ci dà dei segna-
come policy maker, andare a vedere dentro quel fuo-
li, ma tutti quanti ci stiamo chiedendo se sia corretto
co, per rispondere a quella parte di esigenze che non è
ascoltarli tutti, reagire di fronte a tutti, dare una rispo-
prettamente di mercato. È questa la grande difficoltà:
sta a tutti. Credo che la risposta giusta non sia ascol-
capire cosa c’è dentro quel fuoco: cosa possiamo fare,
tarli tutti. Credo che prevalentemente i club alpini dei
come orientare queste politiche? Questa è un’occasione di confronto fondamentale da questo punto di
vista.
Aspetto esemplificativo è quello del concetto di “sobria ospitalità”, che c’è nella definizione di rifugio della
nostra legge. Questo è stato tradotto nel regolamento
di esecuzione della legge in tre parametri: non più di
dieci metri cubi di aria per persona nelle camere dei
rifugi (di solito nel caso di alberghi o altre strutture ricettive si dice “non meno di…”); almeno il 50% dei posti
letto dei rifugi siano collocati in stanze con almeno 4
posti letto; non è possibile nei rifugi alpini avere camere con bagno. La “sobria ospitalità” è un concetto
su cui c’interroghiamo continuamente, anche perché,
se è giusto mantenerlo, la domanda continua a essere
“qual è la sobria ospitalità?”
Altri esempi di domande che ci poniamo, sulle politi-
Rifugio Pradidali alle Pale di San Martino (Primiero, Trento, 2278 m)
che da attuare, possono venire dall’attività della no-
40
stra Conferenza per le strutture alpinistiche, che ha
affrontato tanti argomenti nei suoi cinque anni di vita.
In particolare, si è occupata degli orientamenti da dare
alla Giunta rispetto alla possibilità di riconoscere nuovi rifugi alpini in Trentino (dove sappiamo essercene
già tanti). Le amministrazioni comunali si rivolgono
alla Giunta provinciale per richiedere un finanziamento per la ristrutturazione, o talvolta per realizzare
ex novo un rifugio alpino. Finora la risposta è quasi
sempre stata negativa. Ad esempio, la Conferenza ha
Capanna Punta Penia alla Marmolada (Canazei, Trento, 3343 m)
fornito questi orientamenti: la nuova struttura non
dev’essere comunque raggiunta da strade, anche
chiuse al traffico; la nuova struttura deve distare almeno venti minuti dal rifugio o bivacco più vicino.
La Conferenza si è poi espressa sulla distinzione tra
rifugi “alpini” ed “escursionistici”, sulle classi di appartenenza dei rifugi (in particolare per cercare di dare
un’agevolazione di classe a quelli che aprono anche
d’inverno), su un tema molto importante come quello delle teleferiche, prevedendo che a fronte della richiesta da parte dei proprietari del singolo rifugio di
realizzare una teleferica, questa domanda sia portata
davanti alla Conferenza che valuti caso per caso, per
dare un’indicazione, un parere obbligatorio, sebbene
Rifugio Passo Principe al Catinaccio d’Antermoia
(Pozza di Fassa, Trento, 2601 m)
non vincolante; ci si è espressi anche sui parametri
da considerare per effettuare queste valutazioni. Si
è espressa anche su un tema che mi ha fatto piacere
sentire citato precedentemente anche dal Club alpino svizzero, in relazione all’opportunità di attrezzare
tratti di sentieri che raggiungono rifugi, per consentire il collegamento tra rifugi o consentire l’accesso a
vette, in conseguenza del ritiro dei ghiacciai.
La testimonianza che posso portare io, come responsabile di politiche economiche, è che è importante
avere un organo di supporto aperto alle principali voci
del settore, sia ai club alpini, sia ai gestori dei rifugi,
tenendo conto anche della posizione del mercato turistico e degli enti di promozione turistica.
Rifugio ai Caduti dell’Adamello alla Lobbia Alta
(Spiazzo, Trento, 3040 m)
41
IL QUADRO NORMATIVO
IN RAPPORTO AI PROBLEMI DELLA
GESTIONE AMBIENTALE
L’attività di gestione di un rifugio alpino si articola in
Allora l’insieme diventa sistema, in grado di erogare
vari processi, indipendenti o collegati fra loro con mo-
un servizio di accoglienza turistica, generare reddito
dalità variabili, che contribuiscono all’erogazione di
e quindi sviluppo, assorbendo e trasformando risor-
un servizio il cui livello qualitativo mira a incontrare i
se. I casi esaminati nel corso degli anni hanno messo
desideri degli ospiti.
in evidenza come l’ottimizzazione del rapporto uo-
Trasporto dei materiali, produzione di energia elet-
mo-montagna abbia introdotto nell’operatività del
trica e termica, captazione di risorse idriche e pota-
gestore condotte volte a ottimizzare l’uso di risorse
bilizzazione, somministrazione di alimenti e bevan-
e materiali ben prima che le leggi imponessero tali
de, fornitura di servizi igienici, pulizia dei locali sono
comportamenti.
processi da cui originano flussi di materia ed energia,
La gestione di un rifugio ha l’obiettivo d’individuare,
combinati e trasformati da conoscenza, impianti e at-
controllare e migliorare nel tempo gli aspetti ambienta-
trezzature. Dai processi derivano anche impatti am-
li, a partire dal rispetto dei vincoli ambientali, sociali ed
bientali (suolo, aria, acqua, ecc...).
economici. Per far questo si articola in tre livelli: tecnico,
Il rifugio e le dotazioni tecnico-impiantistiche sareb-
normativo e organizzativo, sistemicamente connessi.
bero elementi indipendenti di un insieme se non vi
Le prescrizioni normative riguardano tutti i processi
fossero gli ospiti e il gestore, ovvero coloro che giun-
sopra elencati. Incidono, dunque, sull’attività di ge-
gono in un luogo con delle attese, espresse o sottin-
stione di un rifugio alpino, determinando la necessità
tese, e imprenditori che lavorano al meglio in quel
di governare attentamente le trasformazioni. Talvolta
luogo per offrire i servizi che la clientela si aspetta.
è difficile rispettare le norme poiché non sempre sono
Rifugio Myriam in Val Vannino (Formazza, Verbano Cusio Ossola, 2050 m)
42
formulate considerando i vincoli posti dall’ambiente
montano. Possiamo ritenere le norme come il raccordo tra l’attività di gestione di un rifugio e il grado di
sensibilità alle tematiche ambientali e sociali (incluse igiene degli alimenti, salute e sicurezza sul luogo
di lavoro, ecc...) espresso da un contesto “medio”. Le
norme stabiliscono i termini (qualitativi e quantitativi) entro i quali il rifugio deve dialogare con l’ambiente
circostante e i “meccanismi” amministrativi (autorizzazioni) cui sono soggette le relazioni con l’ambiente.
Come Università di Torino, tra il 1997 e il 2013 abbiamo avuto modo d’ideare e attuare progetti che hanno
coinvolto un centinaio di rifugi alpini, principalmente
Rifugio della Balma in Val Sangone (Coazze, Torino, 1986 m)
tra Valle d’Aosta e Piemonte (vedi allegato).
Sono emerse difficoltà d’individuazione e applicazione di un panorama articolato di norme nazionali che
Pur immaginando omogenea la volontà dei gestori dei
derivano da adozioni di disposizioni comunitarie e
rifugi e orientata ad adempiere alle norme, le realtà in-
norme regionali le quali, in linea di principio, sono vol-
dividuali sollevano quesiti in merito all’appropriatez-
te ad adattare le disposizioni generali alle peculiarità
za delle disposizioni ovvero pertinenza e applicabilità
dei territori.
del dispositivo alla realtà rifugistica e in relazione al
Le ricerche, condotte per caratterizzare il rapporto tra
rapporto costi-benefici, economici e ambientali.
modalità gestionali e aspetti ambientali al fine di pro-
Le trasformazioni hanno effetti ambientali e questi
gettare efficaci sistemi di gestione, si sono occupate
possono esser ammessi entro limiti ben definiti sul
in primo luogo di costituire una base di conoscenza
piano normativo, per preservare la qualità di un luogo
completa e di formalizzare modalità operative per ag-
desiderato dai turisti. Il raggiungimento dei limiti può
giornarla nel tempo .
implicare l’adozione di appropriate tecnologie.
Definire il quadro normativo significa costruire cer-
Da questa affermazione discendono due considera-
tezze per il gestore, in relazione agli adempimenti e
zioni: 1) Data la struttura e gli impianti in un certo pe-
alle tecnologie per il trattamento degli aspetti am-
riodo, sono le modalità gestionali che fanno incontra-
bientali. Recentemente, nella redazione di un quadro
re domanda e offerta di ospitalità a produrre impatti
normativo aggiornato, da introdurre in un nuovo si-
ambientali. Dunque, operare sulla formazione dei
stema di qualificazione dell’offerta turistica , abbiamo
gestori e sull’educazione degli ospiti significa control-
quantificato in circa 60 gli adempimenti la cui osser-
lare nel tempo gli impatti ambientali per prevenirli o
vanza può toccare i rifugi, in vario modo in relazione al
ridurli. Un gestore informato e formato, che conosca
contesto. Tuttavia, più che il numero in sé, è l’ordine di
le dotazioni tecnologiche, può progettare un’offerta
grandezza che esprime il “peso” del quadro normativo
turistica in grado di rispondere alla domanda, orien-
per i gestori. Se le norme coinvolgono, praticamente
tandola verso le specificità del rifugio, in termini di
identiche, tutti i rifugi, non è detto che esse siano ef-
disponibilità di risorse e capacità di controllo delle
ficaci ed efficienti allo stesso livello in ogni situazione.
emissioni.
1
2
R. Beltramo, S. Duglio (a cura di), I rifugi alpini del Verbano-Cusio-Ossola verso un turismo sostenibile. Una lettura sistemica della ricettività in alta
quota, Edizioni Ambiente, Collana FreeBook, Milano 2012 (download gratuito su www.freebookambiente.it).
2
R. Beltramo, E. Pandolfi, Qualità-Ambiente-Turismo. Strumenti di valorizzazione dell’offerta turistico-ricettiva, Università degli Studi di Torino
2013 (download gratuito su www.regione.piemonte.it/retescursionistica).
1
43
2) Le tecnologie, anche le più sofisticate, necessitano
di un operatore informato e formato che le metta in
azione nel modo più appropriato.
La dinamica del quadro di riferimento riguarda anche
le tecnologie, suscettibili di cambiamenti grazie all’innovazione in chiave ambientale: “eco-innovation is
defined as any form of innovation aiming at significant and demonstrable progress towards the goal of
sustainable development, through reducing impacts
on the environment or achieving a more efficient and
responsible use of resources”3. Un impulso alla traduzione sul piano pratico dei risultati della ricerca è stato impresso dall’impegno internazionale per la green
economy (UNEP 2008): “As one that results in impro-
Rifugio Franco Monzino allo Châtelet (Courmayeur, Aosta, 2561 m)
ved human well-being and social equity, while significantly reducing environemntal risks and ecological
scarcities. In its simplest expression, a green eco-
tà turistica (periodo di apertura annuale, affluenza dei
nomy can be thought of as one which is low carbon,
turisti, domanda di acqua per vari scopi, ecc...) e situa-
resource efficient and socially inclusive”4. Per quanto
zione geomorfologica, impartendo disposizioni che
riguarda il rifugio, le innovazioni ambientali possono
assicurino il livello desiderato di qualità delle acque di
essere incorporate a vari livelli: nella struttura, negli
scarico in relazione al suolo, considerando le intera-
impianti, nelle apparecchiature, nelle attrezzature.
zioni spontanee, volte a depurare i reflui e diverse di
Si configura, tuttavia, una terza possibilità, ovvero
caso in caso. I limiti potrebbero esser diversi da luogo
quella di agire sulle norme, che va percorsa quando,
a luogo, comportando dunque investimenti diversi,
allo stato attuale delle conoscenze, non esistano im-
ma l’obiettivo è comune: preservare la qualità della
pianti in grado di ottemperare ai limiti di legge. Per
risorsa idrica. In questo senso, una buona indicazione
quanto concerne il tema del trattamento delle acque
potrebbe esser quella di limitare l’intervento tecnolo-
di scarico, mentre si ricercano nuove e più efficaci
gico alla realizzazione d’impianti semplici, di pretrat-
tecnologie, è opportuno intervenire sulle norme per
tamento, e d’individuare fasi di trattamento naturali,
adeguarle alle effettive possibilità d’intervento. Così
portando i reflui lungo un percorso obbligato che ne
facendo si può armonizzare l’orizzonte temporale de-
agevoli l’ossigenazione e la cessione d’inquinanti per
gli interventi: nel breve termine sul piano normativo,
percolazione nel suolo. Qualora le norme imponesse-
nel medio termine su quello tecnologico. Ma l’inter-
ro comunque investimenti elevati, il gestore potrebbe
vento tecnologico deve poter avvenire all’interno di
riformulare l’offerta di ospitalità, alla ricerca dell’otti-
un quadro normativo certo, che apra spazi alla spe-
mo economico e ambientale.
rimentazione.
I sistemi di gestione ambientale hanno l’obiettivo di
Se il quadro normativo è suscettibile di variazioni, oc-
rendere sistematico l’approccio alla gestione, identi-
corre modificare le norme per considerare le peculia-
ficando e disciplinando, attraverso procedure e istru-
rità dei territori montani: analizzare i siti sui quali sono
zioni operative, i collegamenti tra i processi e le mo-
eretti i rifugi, studiare l’effettiva interazione tra attivi-
dalità di esecuzione, in condizioni normali, anomale
3
4
http://ec.europa.eu/environment/ecoinnovation2012/2nd_forum/inspiring_0.html
www.unep.org/greeneconomy/AboutGEI/WhatisGEI/tabid/29784/Default.aspx
44
Produzione di energia da micro idroelettrico presso il rifugio Levi Molinari in Val di Susa (Exilles, Torino, 1850 m)
Scatol8 presso il rifugio Enrico Castiglioni all’Alpe Devero (Baceno,
Verbano Cusio Ossola, 1640 m)
e di emergenza. Coinvolgono aspetti materiali e im-
di una sensibilità ambientale, oggi viene prescritta dalla
materiali (informazione, formazione, comunicazione)
legge per le nuove costruzioni. Se, in passato, si trattava
e si basano sull’informazione che viene ordinata e or-
di applicazioni esterne al rifugio, nuovi materiali e nuo-
ganizzata ovvero rilevata, controllata, elaborata, resa
ve tecniche di progettazione portano a un’inclusione,
disponibile secondo modalità stabilite dall’organiz-
per meglio armonizzare edificio e impianti. Si assiste alla
zazione stessa. Gli standard diffusi a livello interna-
cristallizzazione di un’offerta di nuove tecnologie che ac-
zionale sono modelli a cui riferirsi perché provati per
celera più intensamente se le stesse tecnologie vengono
efficacia ed efficienza, che vanno adeguati al contesto
applicate in contesti non montani.
ambientale, sociale ed economico per il quale vengo-
Per impostare un processo gestionale occorre definire
no progettati e attuati.
obiettivi e struttura organizzativa che operi secondo
Man mano che evolve l’analisi condotta sui rifugi, emer-
modalità di azione prestabilite e che, periodicamen-
ge con chiarezza il rapporto che il “contenitore” ha con
te, controlli i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi,
l’uso delle risorse: nuove norme urbanistiche configu-
eventualmente agendo per apportare aggiustamenti
rano nuovi margini di azione, come la caratterizzazione
qualora vi siano scostamenti negativi. Affinché que-
dei materiali in funzione delle prestazioni energetiche e
sto processo virtuoso possa esser innescato, è ne-
l’integrazione con tecnologie ecoefficienti, e s’impongo-
cessario disporre di dati pertinenti, completi, precisi
no anche in alta quota perché gettano le basi per un uso
e a questa esigenza ci siamo proposti di fornire una
più efficiente delle risorse. Esse, inoltre, considerano il
risposta col progetto del Sistema di telerilevamento di
rapporto tra il rifugio e il paesaggio5. Il quadro norma-
variabili ambientali e gestionali6.
tivo si amplia, soprattutto per quanto concerne le nuove
costruzioni, e un elemento che era considerato statico, il
“costruito”, e che non interveniva nelle valutazioni, viene
Conclusioni
ad assumere un ruolo attivo. Ad esempio, se un tempo
Il turismo montano è d’importanza strategica per le
nell’ambito dell’approvvigionamento energetico la dota-
regioni alpine. La definizione di strategie di sviluppo
zione di pannelli fotovoltaici era suggerita dall’adozione
da parte degli enti pubblici contempera obiettivi di
di criteri di ridondanza oppure necessaria per la scarsi-
carattere ambientale, economico e sociale. Disporre
tà di altre risorse o, ancora, voluta dal gestore, in nome
di un quadro dettagliato e aggiornato consente di as-
R. Beltramo, S. Duglio, C. Botto Poala, Characterization of Mountain Huts and proposed method of assessment of environmental impact, in G.
Ioppolo (a cura di), Environment and Energy, Franco Angeli Editore, Milano 2012.
6
R. Beltramo, Scatol8®: A path to sustainability, download gratuito su http://scatol8.net/
5
45
sumere decisioni e di valutare l’efficacia delle azioni
Un elevato livello di qualità ambientale costituisce uno
intraprese, programmando investimenti materiali e
degli elementi della qualità percepita dall’ospite, la
immateriali. I dati rendono possibile la costruzione di
quale può esser assicurata attraverso vari strumenti
modelli previsionali volti a quantificare costi e benefi-
di gestione volontari. Il Marchio Q – Ospitalità italia-
ci, economici e ambientali, degli interventi volti a mi-
na è il più recente: nasce grazie alle sinergie svilup-
gliorare l’offerta turistica. Anche in alta quota, o forse
pate fra l’ente che lo amministra, ISNART, e le attività
proprio in alta quota, vista la fragilità degli ecosistemi,
svolte dall’Università di Torino nell’ambito del Pro-
è doveroso utilizzare tutti gli strumenti computazio-
getto VETTA (Valorizzazione delle Esperienze e dei
nali di cui si dispone per evitare di trovarsi impreparati
prodotti Turistici Transfrontalieri alle medie ed Alte
di fronte a una concorrenza internazionale agguerrita.
quote), con la Regione Piemonte capofila, che ha visto
Affrontare la concorrenza internazionale delle desti-
nel territorio del Verbano-Cusio-Ossola i primi rifugi
nazioni turistiche comporta la necessità di un’azione
ottenere tale riconoscimento. Il marchio considera, in
pianificata per metter in risalto le caratteristiche ec-
primo luogo, la conformità alle prescrizioni norma-
cezionali di un territorio in grado di accogliere i propri
tive, proponendo una scheda di autovalutazione e
turisti, e le attività svolte per renderli consapevoli del-
prendendo in esame anche aspetti legati all’involucro
le peculiarità culturali.
edilizio. Le implicazioni tecniche e organizzative deri-
Il quadro normativo può esser arricchito anche dei
vanti dalle prescrizioni di legge pongono di fronte alla
rapporti disciplinati dal diritto privato per quanto
scelta di costruire nuovi rifugi o adattare e ampliare
concerne il rapporto tra ente proprietario e gestore.
quelli esistenti. Il lavoro presenta un percorso decisio-
Questa sottolineatura viene operata per evidenziare
nale alla definizione del quale ha contribuito il citato
come anche nel piano di conduzione di una struttura
Progetto VETTA.
possano esser introdotte clausole affinché la gestione
Riccardo Beltramo
sia coerente con la politica ambientale della proprietà.
Università di Torino – Dipartimento di Management
Questo è particolarmente vero per quanto concerne il
CAI, il quale ha tra i suoi scopi statutari la diffusione
della cultura della montagna, fatta di sedimentate conoscenze per ottimizzare l’uso delle risorse.
Allegato
Dipartimento di Scienze merceologiche dell’Univer-
Progetti per la qualificazione del turismo montano
sità di Torino per la realizzazione di attività tecniche
condotti dal Dipartimento di Scienze merceologiche
nell’ambito del Progetto strategico IT – CH 2007-
dell’Università degli studi di Torino
2013 “V.E.T.T.A. – Valorizzazione delle Esperienze
e dei prodotti Turistici Trasfrontalieri delle medie e
2010-2013
alte quote”.
R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio, E. Vesce, Sergio
Margarita, C. Botto Poala, P. Cantore, A. Rostagno, S.
2007
Piccolo
R. Beltramo, S. Duglio
Convenzione tra la Regione Piemonte – Direzione
Incarico di consulenza con l’Ente Parco Monte Anto-
opere pubbliche, Difesa del suolo, Economia mon-
la, per la realizzazione della certificazione Ecolabel
tana e foreste – Struttura flessibile per l’attuazione
del nuovo rifugio Parco Monte Antola
dei progetti di valorizzazione della montagna – e il
46
R. Beltramo, S. Duglio
2003
Partecipazione al concorso bandito dal CAI – Sezio-
R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio
ne Torino per la progettazione del nuovo rifugio To-
“Valorizzazione e promozione del turismo monta-
rino, con Studio INART, Studio Giacopelli (progetto
no attraverso la qualificazione ambientale di una
2° classificato).
rete di rifugi”, promosso dal Dipartimento di Scienze
merceologiche dell’Università di Torino e realizzato
2006
dall’Associazione gestori rifugi Valle d’Aosta con il
R. Beltramo, S. Duglio
contributo del FSE, del Ministero del Lavoro e delle
Partecipazione con Studio Giacopelli al concorso
politiche sociali ufficio centrale OCFPL e della Re-
bandito dall’Ente Parco Monte Antola per la realizza-
gione autonoma Valle d’Aosta, Bando Montagna,
zione del nuovo rifugio Parco Monte Antola (proget-
Obiettivo 3, misura D3, anno 2003.
to 1° classificato).
2002
2005-2008
R. Beltramo, B. Cuzzolin, E. Pandolfi, S. Duglio
R. Beltramo, E. Vesce, S. Duglio, E. Pandolfi, A. Gio-
“Modelli gestionali per la qualificazione dei gestori
vinazzo, A. Leonardi
dei rifugi verso un turismo sostenibile” promosso
“Osservatorio tecnologico, gestionale e formativo
dal Dipartimento di Scienze merceologiche dell’U-
per la sicurezza in montagna, per la tutela dell’am-
niversità e dalla Grivel Mont Blanc s.r.l. e realizzato
biente montano e delle strutture ricettive alpine”,
dall’Associazione gestori rifugi Valle d’Aosta con il
promosso dalla Fondazione Montagna Sicura di
contributo del FSE, del Ministero del Lavoro e delle
Courmayeur, attuato dall’Università di Torino con
politiche sociali ufficio centrale OCFPL e della Re-
il contributo della Compagnia San Paolo di Tori-
gione autonoma Valle d’Aosta – Obiettivo 3 Misura
no e dell’Assessorato Territorio, Ambiente e Opere
D 3 anno 2000–2001 Invito 2/2001.
pubbliche della Regione autonoma Valle d’Aosta
nell’ambito del programma Interreg III A ALCOTRA.
2001
R. Beltramo, B. Cuzzolin, E. Pandolfi, S. Duglio
R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio, A. Giovinazzo
“Ricerca-intervento per la realizzazione di sistemi
Progetto “Qualification de l’offre des refuges de hau-
di gestione ambientale nei rifugi di montagna” pro-
te montagne pour un tourisme durable dans la Vallée
mosso dal Dipartimento di Scienze merceologiche
d’Aoste et les Pays de Savoie – Refuges” nell’ambi-
dell’Università di Torino e dalla Grivel Mont Blanc
to del Programma Interreg III A Italia-Francia (ALPI)
s.r.l. di Courmayeur e realizzato dall’Associazione
2000/06, attraverso una Convenzione con l’Asses-
gestori rifugi Valle d’Aosta con il contributo del FSE,
sorato turismo, sport, commercio, trasporti e affari
del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale e
europei della Regione Valle d’Aosta.
della Regione autonoma Valle d’Aosta – Obiettivo 3
Misura D 3 anno 2000–2001.
2003-2004
R. Beltramo, S. Duglio
1997 – 2000
Certificazione secondo la norma ISO 14001 del rifu-
R. Beltramo, R. Pes, B. Cuzzolin
gio Viòz Mantova, in collaborazione con la SAT e la
CRESTA 2000 – Capanna Regina Margherita Si-
Commissione centrale Tutela e ambiente montano
sTema di gestione ambientale “Turismo, Ambiente,
del CAI. Progetto finanziato dal Ministero dell’Am-
Strutture ricettive – Sistema di gestione ambientale
biente.
per il rifugio Regina Margherita”, Convenzione tra
l’Università di Torino e il CAI.
47
ASPETTI IGIENICO-SANITARI
NEI RIFUGI ALPINI IN TRENTINO
Scopo della presente relazione è illustrare le proble-
d’igiene e sanità pubblica nella zona alpina di Tione.
matiche igienico-sanitarie dei rifugi, partendo da una
Gli aspetti igienico-sanitari applicati ai rifugi sono
panoramica dell’attuale situazione normativa urba-
una parte di nicchia del lavoro che faccio tutti i giorni.
nistico-edilizia e giungendo alle tematiche inerenti le
In questi anni ho avuto la possibilità di vedere rifugi
fonti energetiche, l’approvvigionamento di acqua po-
in tutto l’arco alpino (e di sentire esperienze anche
tabile e materie prime, l’igiene degli alimenti e bevan-
extra-alpine, importanti perché il tema si possa am-
de e del personale, l’applicazione del sistema HACCP,
pliare verso altri orizzonti). Il lavoro che presento si
lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti, la formazione
riferisce principalmente a rifugi trentini, però si nu-
igienistica dei gestori.
tre dell’esperienza maturata su rifugi di tutte le Alpi.
Questo mio lavoro è iniziato circa 15 anni fa, con Egi-
È una rapida carrellata su quali siano i problemi igie-
dio Bonapace, che ringrazio particolarmente. È un la-
nico-sanitari dei rifugi alpini e di come si potrebbero
voro che nasce dalla passione che ho sempre avuto
affrontare (e come di fatto molti siano stati affrontati
per la montagna come guida alpina, che poi negli anni
dall’Azienda sanitaria del Trentino).
si è concretizzato nella mia occupazione nel servizio
Sulla normativa non mi soffermo più di tanto: abbia-
Sistema di smaltimento dei rifiuti solidi ancora insuperato
48
mo visto nelle relazioni precedenti che essa pone ad-
molto interessante capire come ci si è organizzati a
dirittura fino a più di 50 norme specifiche per i rifugi
seconda della situazione.
(pensiamo anche a quanto questo sia fonte di difficol-
Alcuni anni fa in tutti i rifugi del Trentino sono stati
tà per i gestori).
installati o il disoliatore o (più raramente) il grigliato-
La problematica principale dal punto di vista am-
re. Sullo smaltimento dei rifiuti solidi le modalità sono
bientale riguarda le fonti energetiche, su cui si sono
tantissime, ma forse il sistema ancora insuperato è
registrati anche i maggiori sforzi di progettazione
quello di riportarsi i rifiuti a valle.
in questi ultimi anni, anche perché le esigenze sono
Infine un piccolo cenno alla formazione igienico-sa-
completamente cambiate. Anche da un punto di vista
nitaria. Noi riteniamo che la formazione sia lo stru-
squisitamente tecnico, le richieste degli utenti sono
mento migliore, soprattutto nella fase iniziale in cui
ormai cambiate tantissimo (come ad esempio il fatto
si sente la voce del gestore per capire quali siano le
di ritrovarsi la corda asciutta alla mattina), presuppo-
problematiche (perché se si arriva già con la soluzione
nendo requisiti tecnici assolutamente impensabili 20
in tasca, senza aver sentito chi poi ci vive tutti i gior-
anni fa.
ni, si commettono gli errori più grossi). Quindi questi
Un altro problema importante è l’approvvigionamen-
momenti di formazione, che sono stati condotti negli
to di acqua potabile e merci. Ciò diventa rilevante nel
anni con i gestori, mi sono personalmente serviti per
momento in cui si va a considerare la sicurezza del
capire quali fossero le esigenze specifiche, per cercare
cliente, ancora prima della sua soddisfazione. Ormai
poi delle soluzioni partendo da esse.
c’è un’attenzione molto alta sulla qualità e sulla sicurezza di ciò che mangiamo e beviamo.
In un rifugio di altissima quota sulle Alpi occidentali,
dove l’approvvigionamento di acque potabili per via
naturale è praticamente impossibile, il turista pretende comunque che si possa mangiare e bere qualcosa
di assolutamente sano. Questo non è sempre facilmente possibile in alcune strutture ancora operanti
sulle nostre montagne. Il binomio tra tecnico dell’igiene pubblica e progettista è in tal caso molto importante.
Il problema che viene subito appresso riguarda l’igiene delle bevande (è stato già citato il sistema di autocontrollo del HACCP – Analisi del pericolo e controllo
dei punti critici – che è caduto sulla testa dei rifugi alpini). Su questo l’azienda sanitaria si è impegnata per
cercare delle semplificazioni; ho personalmente fatto
dei lavori con diversi rifugi per rendere minimo l’impatto burocratico-legislativo, mantenendo tuttavia la
garanzia più completa per il consumatore.
L’altro grande problema ambientale concerne il trattamento delle acque e dei rifiuti solidi; infatti, il dover
dotare i rifugi di strumenti per trattare come a bassa
quota le acque e i reflui impone dei costi economici,
ma soprattutto ambientali, veramente alti. Anche qui
le soluzioni su tutte le Alpi sono molto diverse ed è
Antonio Prestini
Dirigente medico ASL Provincia autonoma di Trento
49
Seconda sessione
RIQUALIFICAZIONE O
DEMOLIZIONE/RICOSTRUZIONE?
51
INTRODUZIONE
A tutt’oggi, in montagna, e in particolare sulle Alpi,
to della città, una protesi della cultura metropolitana,
bisogna fare i conti con almeno due nemici del “buon
ma anche nell’interpretarne le costruzioni come vere
progetto”, altrettanto subdoli e pericolosi.
e proprie progettazioni urbane: non tanto perché i
Il primo nemico si può riassumere nel sentimento
progetti nascono in città, come logico che sia, quanto
della nostalgia, che a partire dalla scoperta romantica
perché si uniformano alla visione di pianura dimen-
delle Alpi di fine Settecento ha pervaso fino ai nostri
ticando che la montagna, soprattutto quella più alta
giorni quasi ogni sguardo cittadino sulla montagna e
– dunque il territorio del rifugio – presenta un am-
paradossalmente ha influenzato, e oggi influenza più
biente eccezionale, fragile e severo allo stesso tempo
che mai, anche gli sguardi valligiani, di chi la monta-
ed esige soluzioni adeguate ai luoghi, prima ancora
gna la abita e la amministra.
che ai tempi.
Nostalgia significa quel continuo ricondurre i modelli
Molte brutture, molti abusi, molte degenerazioni, sia
culturali (dunque anche architettonici) alla Montagna
nella dimensione del singolo fabbricato che del pae-
con la emme maiuscola, l’intramontabile icona del
se-città destinato al turismo di massa, sono il risul-
mondo rustico e rurale ottocentesco che, traslata al
tato di questa in-cultura del leggere e dell’abitare le
costruire, equivale a materiali e forme “tradizionali”
terre alte, che affianca l’acritico e ipocrita legame a un
perché sublimate dal passato: la pietra, il legno, lo stile
modello costruttivo “antico”, con il legno che ingialli-
del rascard, lo chalet, la “baita alpina”, il rifugio-bivac-
sce e secca sui terrazzi e negli infissi, a un altrettanto
co “tradizionale” in stile capanna o simile.
semplicistico “stile tecno” che, per un sillogismo as-
Sono tutte varianti dello stesso intramontabile pre-
surdo, dovrebbe soddisfare i gusti dei cittadini in va-
giudizio, che assegna al divenire delle alte quote un
canza, anche a due o tremila metri di quota.
diretto e inevitabile discendere dalla presunta civiltà
Il grande assente è quell’altro sguardo, o terza via, che
alpina, contadina e pastorale, oppure dal classicismo
liberandosi dai lacci del passato e dalla sudditanza
alpinistico nel caso dei rifugi, anche là dove ormai
culturale verso la città, riesca innanzi tutto a pensare
prevale il turismo intensivo o dove l’industria delle
le Alpi come un luogo, un ambiente, un territorio, e di
vette ha spianato per sempre i campi coltivati, i ter-
conseguenza sappia immaginarvi delle opere capaci
razzamenti, le capanne di pietra, gli antichi bivacchi,
di rispettarne e valorizzarne le forme.
l’avventura della notte. Oggi sono gli stessi escursio-
Ma quali forme? Non per forza quelle della civiltà al-
nisti e alpinisti che chiedono a gran voce sicurezza e
pina e alpinistica di ieri, inevitabilmente superata, ma
comfort, non pranzi frugali, pernottamenti spartani o
neppure l’acritica trasposizione della tecnologia co-
emozioni d’antan.
struttiva (urbana) di oggi.
Il secondo nemico si chiama “periferia”, ed equivale
In questo dibattito s’inserisce anche il tema dei rifugi,
non solo a considerare le Alpi come un prolungamen-
che esprimono quanto di più sperimentale si possa
52
immaginare e fare in montagna, perché si collocano
battere quelli vecchi, oppure ristrutturarli? Non esiste
in luoghi e condizioni estreme e rappresentano una
una risposta unica, naturalmente, perché ogni caso è
sfida per progettisti e costruttori. La sfida va raccol-
diverso dall’altro, ma in ogni caso l’architettura pre-
ta adattandola ai luoghi, tra i più belli e incontaminati
esistente va salvaguardata come un pezzo di storia,
del pianeta, e rispettando quanto è stato fatto prima
sempre unica, talvolta eccezionale. Il progresso vero e
dall’architettura pionieristica d’alta quota. Spesso si
capace di futuro non cancella i segni del passato, ma li
pone il problema delle eredità storiche dei rifugi: ab-
adatta con rispetto ai tempi nuovi.
Enrico Camanni
Dislivelli
53
Tavola rotonda/1. Costruire ancora? Tra impatti e impronte ambientali
IL DILEMMA DI FRONTE
ALL‘ESISTENTE
Da circa due anni sono diventato proprietario e ge-
restare aperto perché non possedeva l’agibilità, né
stisco il rifugio Benevolo, a 2285 m nella Valle di
soddisfaceva più i requisiti igienico-sanitari. Ci siamo
Rhêmes, in Valle d’Aosta. Costruito negli anni Trenta
quindi trovati nella situazione di emergenza d’instal-
dal CAI Torino, negli anni Ottanta è stato leggermen-
lare delle strutture temporanee per potere operare.
te rimaneggiato, con piccoli ampliamenti volumetrici
Immaginerete il mio approccio nel momento in cui da
nell’intorno. Ogni piano misura circa 160 mq. È molto
gestore arrivo in un rifugio che è fermo agli anni Tren-
frequentato, sia nel periodo primaverile per lo scialpi-
ta dal punto di vista delle strutture e agli anni Ottanta
nismo, sia in estate con un turismo che fondamental-
da un punto di vista dell’impiantistica: si stava quasi
mente lo considera una meta, sia la sera come rifugio
pensando a un discorso demolizione-ricostruzio-
per i trekking.
ne. Essendo però l’eventuale chiusura del rifugio un
I limitati adeguamenti negli anni sono dovuti a un
danno non solo ai gestori ma all’intera valle, alle valli
contenzioso tra i proprietari del terreno circostante e
vicine e ai rifugi laterali, siamo riusciti a trovare con
il CAI Torino. Così, quando ne ho assunto la gestio-
le amministrazioni comunale e regionale una soluzio-
ne, si è scoperto che in realtà non poteva neanche più
ne temporanea, con l’urgenza però di risolvere alcuni
Rifugio Gian Federico Benevolo all’Alpe Lavassey (Rhêmes-Notre-Dame, Aosta, 2287 m)
54
problemi entro la fine dell’anno. Ci siamo chiesti cosa
liberatrice, in seguito non me la sono più sentita di
fare: costruire un rifugio nuovo di fianco? riqualificare
perseguire l’ipotesi di demolire per ricostruire. Questo
l’esistente? La situazione era delicata.
valore storico-culturale che intravedo ormai dentro al
I punti su cui abbiamo riflettuto erano che la costru-
rifugio, nelle scritte degli alpini sulle pareti, nella per-
zione di un nuovo rifugio di fianco non era possibile;
fetta funzionalità (quasi come in una barca a vela, con
non per mancanza di spazio ma perché il rifugio esi-
ogni cosa al suo posto), mi ha dissuaso dall’idea del
stente sorge nella posizione strategicamente migliore,
costruire ex novo.
su un promontorio da cui il gestore ha sotto controllo
Ora però, da gestori, abbiamo bisogno di un rifugio
tutta la valle e può vedere gli escursionisti che stanno
estremamente funzionale, perché avere ad esempio
arrivando: questo è abbastanza importante nelle sta-
problemi tecnologici o l’acqua che gela, mentre ma-
gioni un po’ più delicate, come quella primaverile. Nel-
gari ci sono ospiti, può essere un dramma; dev’esse-
la ricollocazione di un rifugio bisogna sempre tenere
re funzionale ma al contempo semplice, affinché si
conto di questi aspetti.
possa riparare facilmente. La nostra sfida è dunque
Vivendo il rifugio ho però imparato a conoscerlo e a
quella di utilizzare la vecchia fabbrica, senza demo-
comprenderne i pregi, anche tramite coloro che lo fre-
lirla, come base per poter fare un ampliamento, in cui
quentavano e lo conoscevano da ormai 60 o 70 anni.
le due strutture saranno legate da un punto di vista
Così, mentre all’inizio avrei voluto innescare una pira
distributivo.
Mathieu Vallet
Gestore rifugio Benevolo
55
ARCHITETTURA D’ALTA QUOTA.
IL CONCORSO PER LA RICOSTRUZIONE DI
TRE RIFUGI IN PROVINCIA DI BOLZANO
Quando camminiamo in alta quota, sarà per la bellezza del panorama che possiamo ammirare o anche
per la fatica che facciamo camminando, spesso non
notiamo che le nostre montagne sono costellate di
strutture e infrastrutture di diverse forme e di vario
tipo. Partenze e arrivi d’impianti di risalita con depositi per le attrezzature e per i mezzi, strutture tecniche
per la raccolta dell’acqua o per l’approvvigionamento energetico, infine rifugi e bivacchi comprensivi di
ampliamenti, annessi e ripari per generatori elettrici
o bombole di gas necessari per alimentare le strutture. Solamente in rari casi questa complessa varietà di
manufatti è frutto di un progetto consapevole e ben
ideato per un corretto inserimento nel contesto. Nella
maggior parte dei casi si tratta invece di opere realizzate, in un ampio arco di tempo, per rispondere alle
singole esigenze funzionali con modalità eterogenee.
In questo quadro si inserisce la “storia” dei rifugi, che
presidiano un territorio naturale di particolare estensione e qualità ma caratterizzato da numerosi interventi dell’uomo.
Volendo effettuare un’analisi dei rifugi, osservando
con attenzione quelli dell’arco alpino, possiamo notare che molti sono stati realizzati con mezzi limitati e
con materiali e forme molto diverse tra loro. La “tradizione” della costruzione dei rifugi c’insegna infatti
che nella maggior parte dei casi si tratta di edifici autocostruiti o realizzati in tempi e condizioni che imponevano di attuare interventi aventi come primo obiettivo quello di riuscire a costruire appunto un “rifugio”,
quindi un riparo, per chi frequentava la montagna.
Non vi è stata pertanto una particolare ricerca tipolo-
Rifugio Ponte di ghiaccio / Edelrauthütte al passo Ponte di ghiaccio /Edelraut (Selva dei Molini/Mühlwald, Bolzano, 2545 m): stato attuale, plastici
degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Modus Architects)
56
gica e architettonica, se non in rari casi, e non è stato
comunque qualche cosa di alieno rispetto alla grande
posto come primo obiettivo la ricerca di una qualità
dimensione degli spazi alpini. In questo senso un con-
estetica dei manufatti. La tipologia di riferimento è
testo estremo come quello dell’alta quota, dove ogni
stata semplicemente mutuata dalla tradizione co-
intervento costituisce comunque una violenza, è in
struttiva del fondovalle o degli alpeggi della zona, non
grado di ospitare anche un’architettura che esprime in
essendovi infatti all’inizio del secolo scorso una tradi-
modo coraggioso la propria contemporaneità. Questo
zione costruttiva in alta quota. Le strutture costruite
vale per i rifugi d’alta quota come, allo stesso modo,
perlopiù nella prima metà del Novecento, nel momen-
per le strutture degli impianti di risalita o per le infra-
to di maggiore sviluppo del turismo alpino, hanno
strutture tecniche di ogni genere.
quindi dato luogo a una “tradizione” non consolidata
Occorre invece ragionare sulla possibile reversibilità
che è però successivamente diventata riferimento.
di questi manufatti. Costruire in alta montagna do-
Con la modernità e la possibilità d’impiegare nuovi
vrebbe spingerci a rispettare l’ambiente, nel senso di
mezzi per la costruzione in alta quota, giungendo nei
rinunciare agli interventi che modificano l’andamento
luoghi prima quasi inaccessibili con elicotteri e mezzi
meccanici di vario genere, le condizioni sono cambiate radicalmente. A quel punto ogni cosa è stata possibile. Alcuni rifugi sono stati ristrutturati o sostituiti
e altri costruiti ex novo secondo le disponibilità economiche, ma anche secondo le possibilità tecniche del
momento.
Seguendo quindi l’approccio dei pionieri dell’alpinismo che hanno realizzato i primi ricoveri utilizzando
al meglio le tecniche e le modalità d’intervento dell’epoca, oggi noi dovremmo costruire nuove strutture
o intervenire nella ristrutturazione o ampliamento di
quelle esistenti utilizzando l’avanguardia della tecnica
e del linguaggio architettonico. Questa modernizzazione è evidente anche nella pratica dell’alpinismo: i
pionieri effettuavano le proprie ascensioni con corde
di canapa, pesanti scarponi di pelle, vestiti scomodi e
zaini pesanti; oggi gli alpinisti utilizzano le attrezzature più innovative, vestono indumenti ultra leggeri e
protettivi ed effettuano le stesse vie in tempi estremamente brevi rispetto a quelli dei loro predecessori.
Ogni epoca ha il proprio linguaggio e l’evoluzione del
gusto va di pari passo con ciò che di fatto costituisce
la tradizione, ovvero non qualche cosa di fermo, di
statico, ma una cosa in movimento, in continua evoluzione.
Realizzare oggi un nuovo rifugio, pensando di recuperare una tipologia che riproduca banalmente le
“baite” e le “capanne” in legno, significa costruire un
falso storico. Inoltre, è necessario evidenziare che in
alta quota qualsiasi elemento costruito è sempre e
Rifugio Vittorio Veneto/Schwarzensteinhütte al Sasso Nero/Schwarzenstein (Valle Aurina/Ahrntal, Bolzano, 2923 m): stato attuale, plastici degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Helmut Stifter, Angelika Bachmann)
57
naturale del terreno, limitandosi a costruire il neces-
natura dev’essere essenziale. Si può ritenere quin-
sario senza compromettere il contesto. Ciò significa
di più coerente modificare le norme più che i rifugi,
che, esaurita la vita dell’edificio e venuta meno la sua
ovvero definire specifici parametri per strutture che
necessità, dev’essere possibile un ripristino del sito
vengono utilizzate in un periodo limitato dell’anno, a
senza lasciare eccessive tracce. Credo che questo si-
volte solo alcuni mesi nella stagione estiva.
gnifichi rispettare la montagna indipendentemente
dall’aspetto esteriore, dalla forma o dal linguaggio uti-
Consapevole del ruolo esercitato dal rifugio, che svol-
lizzato nella costruzione dei rifugi. È necessario evi-
ge infatti una funzione di presidio culturale oltre che
denziare, inoltre, che per i rifugi non esistono norme
di semplice riparo, la Provincia autonoma di Bolzano
specifiche e che quindi gli interventi sul patrimonio
ha colto l’occasione della ricostruzione di tre rifugi in
esistente, come anche le nuove realizzazioni, devono
Alto Adige per dare un concreto contributo al dibat-
sottostare a norme, igienico-sanitarie e di prestazione
tito relativo alle costruzioni in alta quota. Seguendo
energetica, poco attinenti a una struttura che per sua
una prassi ormai consolidata per garantire la qualità
dei progetti architettonici, la Provincia ha indetto tre
concorsi a inviti.
Per ogni rifugio sono stati coinvolti otto studi altoatesini di chiara fama, generando in questo modo un
“patrimonio” d’idee contenuto in ventiquattro progetti che non rappresentano solamente una risposta alle
esigenze tecniche e funzionali della committenza ma
costituiscono un importante momento di ricerca per
tutto l’arco alpino.
Edelrauthütte/rifugio Ponte di ghiaccio (2545 m),
Schwarzensteinhütte/rifugio Vittorio Veneto (2923
m), Weisskugelhütte/rifugio Pio XI (2544 m): sono i
tre rifugi, posti al confine tra l’Alto Adige-Südtirol e
l’Austria, per i quali è stata prevista la demolizione e
ricostruzione a causa delle precarie condizioni delle
strutture attuali (vedi “Turrisbabel” n.91, numero speciale della rivista dedicato al concorso).
La giuria composta da tecnici e da rappresentanti
delle diverse associazioni alpine, tutti appassionati
frequentatori della montagna, ha valutato i progetti partendo dal bisogno di soddisfare il programma
funzionale della struttura e cercando, al contempo,
un equilibrio tra gli aspetti pratici e quelli estetici e
formali, senza che questi ultimi potessero prevalere.
I progetti presentati corrispondono ad approcci progettuali eterogenei che riflettono un concetto di “eccezionalità” di un manufatto costruito in un contesto
drammatico e impervio come l’alta quota.
Vi sono quindi soluzioni più rassicuranti e legate a
Rifugio Pio XI/Weisskugelhütte a Vallelunga/Maseben (Curon Venosta/Graun im Vinschgau, Bolzano, 2544 m): stato attuale, plastici
degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Höller & Klotzner)
una modalità costruttiva e formale che costituisce
una naturale evoluzione dei modelli esistenti. Altri in-
58
vece hanno declinato questo compito come possibile
in condizioni meteorologiche avverse. L’approvvigio-
occasione di ricerca capace di definire una nuova in-
namento energetico diventa tema di progetto che de-
terpretazione di rifugio alpino. Vi sono delle costanti
finisce spazi e superfici necessari a ospitare pannelli
nei progetti dei tre rifugi che, ispirandosi al paesaggio
fotovoltaici e impianti che per loro natura non posso-
circostante, propongono strutture che riproducono
no essere “mimetizzati” ma che al contrario possono
massi erratici, volumi spigolosi e cristalli che tentano
diventare elemento caratterizzante dei nuovi edifici.
un dialogo con la morfologia delle rocce. In altri casi
Confrontando i plastici delle diverse soluzioni pro-
è l’architettura che prevale e si mostra, non solo per
gettuali risulta evidente l’assenza di una “tradizione
fare sfoggio di sé, ma anche per rispondere a una re-
tipologica” di riferimento per gli architetti altoatesini.
ale esigenza del rifugio, ovvero la necessità di essere
I progetti raccontano ognuno una storia diversa e te-
visibile e fungere da riferimento anche da lontano, per
stimoniano una vitalità espressiva che denuncia l’uni-
chi si trova a transitare lungo i sentieri alpini a volte
cità del costruire in alta quota.
Alberto Winterle
Presidente Ordine Architetti PPC
della Provincia autonoma di Trento
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BIVACCO:
L‘ABITARE MINIMO NELLE ALPI
Il concorso
Il Distretto culturale di Valle Camonica, in collabora-
del bivacco alpino. Nel concetto di bivacco è infatti
zione con il Parco dell’Adamello, nel 2012 ha indetto
presente l’essenza dell’abitare: progettarlo significa
il concorso internazionale “Abitare minimo nelle Alpi”,
penetrare il tema, toccando il senso della presenza
aperto a giovani architetti, designer e ingegneri sul
dell’uomo sulla terra e nella Natura, individuabile tra
tema del bivacco come cellula abitativa minima, au-
il dimorare e l’errare.
tonoma e reversibile. Il bando richiedeva minimo
ingombro e semplicità formale, durabilità all’uso e
L’erranza
agli agenti atmosferici, economicità, autosufficienza
La montagna, e in particolar modo la catena alpina,
energetica e idrica, comfort minimo, coibentazione,
è stata letta e interpretata sino all’Ottocento come
visibilità, sicurezza e reversibilità, oltre a un limite vo-
sinonimo d’impervio, inaccessibile e inospitale, più
lumetrico. Il bando, costruito con il gruppo di ricerca
ostacolo da superare che entità in sé. La presenza
‘Abitare minimo’, ha proposto ai giovani progettisti di
dell’uomo sulle terre alte iniziò però molto lontano nel
disegnare un bivacco da realizzare all’interno del Par-
tempo, con gli spostamenti e le esplorazioni finalizza-
co dell’Adamello, in sostituzione di una struttura ob-
te alla ricerca di risorse alimentari e materiali. Già dal
soleta non più riparabile; ai progettisti è stato richie-
Paleolitico l’uomo imparò a muoversi in montagna,
sto d’ideare una struttura analoga, adatta a svolgere
istintivamente e adeguatamente, usando le forme fi-
funzioni di supporto, presidio e soccorso. Un bivac-
siche come segni di orientamento geografico e fon-
co infatti, a differenza di un rifugio, è un riparo mo-
dando la propria sopravvivenza sullo spostamento
mentaneo e provvisorio, usato per proteggersi dalle
e lo sfruttamento di situazioni, materie e luoghi. Nel
condizioni meteorologiche avverse o per passare la
suo vivere il territorio abitandolo nell’erranza, indi-
notte al sicuro prima di rimettersi in cammino. Oggi
viduò come riferimenti fondamentali le percorrenze,
solitamente in legno o lamiera, è uno spazio minimo
i passaggi e i valichi. Gli snodi obbligati dei percorsi,
autogestito e gratuito da lasciare in ordine e dotato di
i luoghi di appostamento, i ripari e i siti delle risorse
qualche risorsa alimentare; in antitesi coi modelli pre-
primarie, determinati da esigenze pratiche e aumen-
valenti della società contemporanea, s’identifica con
tati di significato mediante prese di possesso simboli-
un’idea di stretto indispensabile ed essenzialità.
che, diventarono i caratteri ambientali del suo abitare.
La giuria del concorso ha selezionato 16 tra i circa 200
L’abitare dei territori alpini d’alta quota ha sempre
lavori presentati, premiando il progetto del gruppo
presupposto provvisorietà e temporaneità, stagiona-
LAMA+ di Roma che, insieme a quelli giudicati mi-
le e climatica, determinate dalle condizioni ambientali
gliori, contiene caratteri architettonicamente e tec-
estreme ma anche dalle mobilità. Lo stereotipo della
nicamente significativi per cogliere gli aspetti propri
montagna come sede di vita statica e chiusa è ormai
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superato dalla storia. In epoche molto diverse le Alpi
Durante l’epopea della Guerra bianca in Adamello
sono state un laboratorio di vita e scambio, di tecni-
sono state costruite, attorno ai tremila metri, posta-
che e idee: furono infatti i gruppi e le popolazioni più
zioni di presidio, accampamenti e strutture logistiche;
intelligenti e inventive ad abitare le alte quote, poiché
tende e baracche hanno ospitato in condizioni proibi-
le condizioni ambientali estreme richiesero capacità
tive i militari impegnati nelle operazioni belliche. L’in-
di adattamento e stili di vita più raffinati. Gli uomini
gegno e lo spirito di sacrificio, l’impianto logistico e il
di montagna sono da sempre esploratori di modalità
coraggio ai confini con la spregiudicatezza hanno reso
insediative al limite della vivibilità, dovendosi con-
possibile l’insediamento di cellule abitative minime
frontare con un territorio difficile fatto di altitudini,
su creste, fianchi, crinali e passi, lungo tutto il fronte
ostacoli, mutazioni climatiche, sempre in una condi-
che attraversava il ghiacciaio e l’intera catena. Questo
zione esistenziale di oscillazione tra il fragile equili-
imponente dispositivo, oltre a rivelare la pervasività
brio raggiunto e nuovi adattamenti. La storia lunga
della tecnica nelle forme della “mobilitazione totale”
delle popolazioni alpine e delle incessanti mutazioni
anche alle alte quote, ha evidenziato sia le straordina-
antropiche è intrisa di grandi sconosciuti ingegni: più
rie capacità di adattamento degli uomini che il senso
si sale più diventa importante la capacità di farsi av-
di precarietà delle vite, custodite dalle labili ma tenaci
venturosi nei confronti delle avversità.
strutture. Da quella esperienza maturò il prototipo del
Con queste premesse, è possibile indagare il signi-
bivacco fisso alpinistico, prima in legno con struttura
ficato del bivacco entro un orizzonte che richiede un
in ferro e poi in lamiera.
avvicinamento sensibile e una disposizione interro-
La necessità di assumere luoghi come punti di riferi-
gante. Da tempi antichissimi il concetto di luogo nelle
mento, nella preistoria come oggi, è strettamente le-
terre alte si è strutturato in modo diverso e per certi
gata alla natura dinamica dell’abitare; anche lo spazio
versi opposto a quello delle regioni urbanizzate. Lo
vitale contemporaneo non è solo quello della sosta,
stare e lo spostarsi dell’uomo hanno segnato il ter-
ma comprende le relazioni e gli spostamenti. Nella
ritorio; i suoi spostamenti hanno depositato tracce e
loro radicale diversità, le figure mitologiche di Hestia
segni leggeri, mutevoli e simbolici, mentre nella no-
e Hermes dimostrano come per gli antichi lo spazio
stra società desacralizzata i luoghi hanno perso i va-
dell’abitare fosse caratterizzato da due polarità qua-
lori rituali, sostituiti da canoni estetici e individuali.
litative non separabili: la necessità di avere un punto
La montagna richiede predisposizione al colloquio,
fisso di riferimento, in diretto rapporto con il suolo,
un’apertura di pensiero, scelte meditate e verificate.
e la possibilità/necessità di coltivare l’apertura verso
Grande esperienza di presenza abitativa ad altissime
l’esterno e l’altrove. La relazione dialettica tra radica-
quote è stato il fronte della prima guerra mondiale.
mento e movimento appare significativa in quanto da
un lato rinvia direttamente ad un concetto di abitare originario, dall’altra riconduce al tema dell’abitare
temporaneo e apre a nuove prospettive d’incontro
con l’altro da sé, compreso il paesaggio. L’uomo è l’aperto, in quanto è caratterizzato non solamente da bisogni ma anche dal desiderio, il fattore generativo di
un’inquietudine che induce all’interminabile erranza.
Il bivacco
L’opposizione complementare fra lo spazio chiuso e
protetto del bivacco e lo spazio aperto del circostante
Bivacco Giannantonj al Passo Salarno
(Saviore dell’Adamello, Brescia, 3168 m): stato attuale
(il paesaggio alpino) evidenzia il tema dell’abitare nei
suoi aspetti fondativi. Abitare è un habitus, un modo
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d’essere che nasce da una disposizione, uno stare al
in vallate, discontinuità, orizzonti delimitati, profondità.
mondo che prevede un luogo di cui appropriarsi e da
Il camminare in montagna è caratterizzato da continue
coltivare, di cui prendersi cura riconoscendosi in esso;
variazioni che orientano costantemente lo spostamento
l’abitare è, con Heidegger, un “trattenersi nella custo-
per chi ha attitudine o famigliarità, ma determinano uno
dia”, di sé e del proprio contesto.
spaesamento in chi non riconosce segni e riferimenti,
Il bivacco è una particolare accezione dell’abitare mi-
ambientali e meteorologici. Le percorrenze esperienzia-
nimo, tappa temporanea di un cammino in relazione
li del paesaggio compiute dai camminatori confermano
all’arrivo e alla ripartenza, concepito per la sola fun-
quanto sia importante ritrovare nella lentezza il senso del
zionalità di riparare il corpo. Solitamente piccola co-
rapporto elementare e autentico con la montagna. Il bi-
struzione in legno e lamiera con tetto di forma curva,
vacco è punto centrale di questa pratica: immerso nella
è fornito di posti letto e materiale per il pernottamen-
vastità e nell’altitudine, forma-limite nella collocazione
to di poche persone ed è situato generalmente alla
oltre la fascia altimetrica di presenza umana, lontano da
partenza per itinerari impegnativi o ascensioni. È un
ogni dimensione sociale o di sicurezza collettiva.
riparo in cui avvertire il senso dell’alloggiare temporaneo dato dal volume contenuto e dai pochi oggetti
presenti; tutto vi evoca sensazioni di provvisorietà e
incompiutezza e proprio per questo è luogo autentico
ed esistenziale che lascia spogli di fronte alla sussistenza, esperienza che le popolazioni alpine hanno
ben conosciuto, anche nel Novecento.
Il bivacco è originariamente extraterritoriale, non
pensato per un luogo specifico e concepito per essere ovunque; la baracca in legno o lamiera facilmente
montabile ne è perfetta interpretazione. È concetto e
archetipo di una struttura da collocare in un ambito
estraneo, in un sito che non può essere costantemente abitato e che, per ragioni di visibilità, uso e accesso,
è collocato in una situazione esposta dove non esistono ripari naturali. È un manufatto pensato altrove
rispetto al luogo in cui è situato, con materiali e forme
diverse dai materiali locali. Poiché ogni possibile conquista della montagna è già avvenuta, il bivacco è un
avamposto determinato dall’azione del camminare in
alta quota; la sua ragione è legata al transito, al proteggersi per il breve tempo della permanenza, metafora della nostra epoca nomadica e paradigma di un
pensiero di sobrietà.
Transitare e raccogliersi
L’Alpe è una frontiera mobile allo sguardo di chi la transita, con pochi confini precisabili e molti limiti, caratterizzata da una continua incidenza del fattore altimetrico. Per
comprendere il paesaggio verticale bisogna considerarne i caratteri costitutivi di altitudine e altezza, percepibili
Bivacco Giannantonj, fotomontaggi del progetto vincitore del concorso
“Abitare minimo nelle Alpi” (gruppo LAMA+: Alessandro Felici, Rocco
Cammarota, Alessio Santamaria, Dario Rossi, Ermanno D’amico)
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Per giungervi bisogna camminare salendo, compiere l’a-
al Passo Salarno nell’estate 2014, in accesso al ghiac-
scesa a una terra inabitata che fa sentire l’uomo straniero
ciaio dell’Adamello sostituendo la fatiscente struttura
e lo pone, positivamente, di fronte ai propri limiti. Salen-
del bivacco Giannantonj, grazie allo sforzo economico
do, egli si allontana dai territori antropizzati e immergen-
e organizzativo di enti pubblici (Comunità montana di
dosi nella solitudine del camminare è indotto a riorien-
Valle Camonica con Distretto culturale e Parco Ada-
tare il sistema percettivo di riferimento fondandolo sul
mello, Unione dei Comuni di Valsaviore) e la volontà
proprio passo e sulla meta di riferimento, punto di tran-
cooperativa delle sezioni CAI di Brescia e Valle Camo-
sito naturale o rifugio artificiale in cui trovare accoglienza
nica. La realizzazione rappresenta il compimento di
e raccogliersi. Riparo è luogo in cui si custodisce se stessi
un percorso di ricerca iniziato all’interno del progetto
nel gesto prenatale del racchiudersi; mettere al sicuro il
aperto_2012 art on the border, come campo di appli-
proprio corpo preservandolo dalle intemperie è il primo
cazione dei nuovi linguaggi dell’arte contemporanea
atto di difesa, istinto naturale e primario. Il bivacco offre
in ambito montano e la collaborazione del laboratorio
giaciglio, è provvisorio involucro tecnico che consente
“Abitare minimo” del Politecnico di Milano. Le ricer-
all’uomo un equilibrio momentaneo tra l’interno e l’ester-
che architettoniche in ambito alpino indicano infatti
no, tra il suo bisogno di sicurezza e l’apertura alla vastità
come la montagna continui a essere un ambiente di
del teatro montano che lo attende. Se il corpo è il primo
sperimentazione, dove verificare concretamente idee
luogo dell’abitare, il raccogliersi è anche un atto d’intro-
e soluzioni utili nel dirigere la società contemporanea
spezione e meditazione; chi ha trascorso una notte nel
a una maggiore responsabilità nei confronti della ter-
bivacco non potrà non amare la montagna per sempre,
ra che temporaneamente ci ospita. Questo, insieme
poiché in esso è racchiusa l’essenza dell’abitare alpino.
alla corretta individuazione del tema da parte della
committenza e la coerente interpretazione da parte
Il progetto
dei progettisti, conferisce significato e valore al nuovo
Il concorso “Abitare minimo nelle Alpi” ha verificato
costruire, al ri-costruire.
le possibilità di realizzare un’architettura in una si-
Se l’abitare è il tratto fondamentale della natura uma-
tuazione estrema. Molti partecipanti hanno risposto
na, l’uomo ha possibilità e responsabilità di edifica-
con progetti adeguati, affrontando il tema con serietà
re forme e relazioni mediante un agire disciplinato.
e proponendo idee forti e problematiche. I tre lavori
Compito fondamentale del pensiero è reimmaginare
premiati, diversi tra loro per caratteri e tipologia, si
gli orizzonti di un’armonia tra uomo e Natura, mentre
adattano a situazioni ambientali diverse. Se il bivacco
il ruolo positivo dell’architettura risiede nell’organiz-
è un presidio esposto dell’abitare minimo, il progetto
zare forme limitando l’azione umana, configurando
vincitore, del gruppo LAMA+, ne interpreta lo spirito
spazi difesi nella vastità del paesaggio e donando luo-
mediante un volume che fronteggia la valle e si as-
ghi di sobrietà, come il bivacco, affidati alla responsa-
sottiglia verso monte. Disponendo il volume in dia-
bilità solidale.
logo con l’andamento del versante e poggiandolo su
Per una trattazione più estesa di alcuni argomenti qui
un basamento geometrico di pietrame che lo stacca
proposti, si rimanda al saggio Terre, luoghi e vie. L’a-
e lo pro-tende, la costruzione dichiara la propria ge-
bitare minimo nelle Alpi. contenuto in: Giorgio Azzoni,
ometria elementare. Il manufatto non teme gli agenti
Paolo Mestriner (a cura di), Abitare minimo nelle Alpi,
atmosferici ma, in un certo senso, li sfida tagliandoli
LetteraVentidue, Siracusa 2013, pp. 54-67.
con spigoli acuti e alzando il profilo oltre le possibili
coperture di neve. Il protendersi a sbalzo e l’ancorarsi
Per informazioni sul concorso:
si contrappongono; la forma coraggiosa si oppone al
www.vallecamonicacultura.it/aperto2012
senso di precarietà.
Il progetto vincitore è in corso di realizzazione presso
la ditta Albertani Corporates di Edolo e verrà collocato
Giorgio Azzoni
direttore artistico Distretto culturale di Valle Camonica
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LA NUOVA MONTE ROSA HÜTTE
ALLA PROVA DELL‘USO
Il primo rifugio in legno costruito ai piedi del Mon-
L’anno 2005 è segnato dal 150° anniversario della
te Rosa è edificato nel 1894-95 grazie a un lascito
Scuola politecnica federale (ETH) di Zurigo. Oltre a
dell’ingegnere François Bétemps, da cui prende il
organizzare numerose manifestazioni in occasione
nome. Il rifugio contava 25 posti letto e apparteneva
della ricorrenza, l’ETH investe in progetti di ampio
al Comitato centrale del CAS. Nel 1918 un ampliamen-
respiro che intendono dimostrare la sua leadership
to consente di ospitare altre 20 persone e nel 1929 il
nella ricerca scientifica, tecnica e architettonica.
Comitato centrale offre generosamente il rifugio alla
L’ETH apprezza in modo particolare le grandi sfide,
sezione Monte Rosa, che in cambio s’impegna a tra-
e la costruzione del nuovo rifugio del Monte Rosa,
sformarlo nell’arco di un anno rivestendolo in pietra.
collocato su un sito unico nel suo genere, lontano da
Nel 1939-40 viene costruita una nuova struttura da
qualsiasi forma di civilizzazione e da fonti di approv-
86 posti letto; nel 1972 è quasi raddoppiata con 146
vigionamento di energia, era proprio una di queste.
posti e un ultimo ampliamento, nel 1984, porta la sua
L’obiettivo dell’ETH in collaborazione col CAS, era di
capienza massima a 160 ospiti. All’inizio degli anni
rendere il progetto rappresentativo dei propri indirizzi
duemila il rifugio stava diventando desueto, era già
di ricerca; un’opera capace di aprire prospettive future
stato oggetto di numerosi ampliamenti e la sua orga-
e di durare nel tempo, sia a livello energetico sia eco-
nizzazione e l’uso erano ormai complicati e poco ra-
logico. Il rifugio doveva essere innovativo nell’idea di
zionali.
progetto e nelle tecniche utilizzate, in modo da dare
Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner (Zermatt, Svizzera, 2883 m)
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nuovo respiro all’ambito della costruzione. La sezione Monte Rosa, proprietaria del rifugio, e il CAS, uniti nell’apertura all’innovazione, si sono associati per
portare a termine questo progetto ambizioso.
Il progetto architettonico del nuovo rifugio è stato elaborato dagli studenti del Dipartimento di Architettura
dell’ETH, sotto la supervisione del professor Andrea
Deplazes (studio Bearth & Deplazes). Il rifugio è stato costruito tra l’agosto 2008 e il settembre 2009. Un
tempo così breve per la costruzione di un nuovo rifugio è il risultato di rigorosissimi studi preliminari e di
una fase preparatoria finalizzata alla prefabbricazione
di tutti gli elementi dell’edificio. I trasporti sono stati
effettuati in treno, mentre nella tratta finale del trasporto e nel montaggio è ovviamente subentrato l’elicottero. Il rifugio ha aperto il 26 settembre 2009 ed è
Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner
(Zermatt, Svizzera, 2883 m)
stato inaugurato ufficialmente nel luglio 2010.
Edificio modello o limite?
to per garantire la massima autonomia. La priorità
Il processo di progettazione e realizzazione è consi-
è stata data all’energia solare e a un approvvigiona-
derato un modello per la costruzione di edifici di qua-
mento attivo piuttosto che passivo. La facciata sud è
lità in un ambiente ostile. Lo studio di ogni soluzione
interamente coperta di pannelli fotovoltaici in modo
nei minimi dettagli prima della costruzione e l’elevato
da produrre il 90% dell’energia necessaria al proprio
grado di prefabbricazione degli elementi ha consenti-
funzionamento. Solo il 10% del consumo, quello della
to di evitare scelte improvvisate in cantiere. Il contri-
cucina, è coperto dal gas.
buto dell’ETH è stato fondamentale in questa fase di
Il rifugio è dotato di un impianto di riscaldamento ad
pianificazione e sarebbe stato impossibile realizzare il
aria che utilizza l’acqua dei sensori termici. L’acqua
rifugio senza il loro supporto.
riscaldata nei pannelli riempie i boiler. L’acqua riscal-
La forma complessa del rifugio non è dettata soltanto
data nei pannelli passa in uno scambiatore e rilascia il
da esigenze estetiche ma è anche frutto di un proces-
proprio calore all’aria che viene distribuita da un ap-
so di ottimizzazione del rapporto tra volume e super-
parecchio di ventilazione.
ficie per diminuire le dispersioni di calore e migliorare
Tutti gli apparecchi sono concepiti per limitare il con-
la resistenza al vento. La pianta centrale consente di
sumo d’acqua, mentre le acque reflue che possono es-
raggruppare i locali di servizio e la distribuzione nel
sere recuperate sono poi impiegate per alimentare lo
nucleo dell’edificio e di adibire la zona in prossimità
scarico degli sciacquoni.
delle facciate alle camere e alla scala “scenografica”
Tutto questo complesso sistema impiantistico è con-
che caratterizza il percorso verticale. Dal punto di vi-
trollato da un software che consente il pilotaggio dei
sta della costruzione e dei materiali è stata prestata
sistemi in base alle previsioni meteorologiche e al nu-
grande attenzione alle problematiche connesse all’e-
mero dei visitatori. Il rifugio garantisce inoltre un otti-
nergia grigia e alla provenienza dei materiali utilizzan-
mo livello di comfort grazie ai dormitori, che contano
do quelli di riciclo (come la lana di vetro), di provenien-
solo 8 cuccette ciascuno e sono facilmente accessibili
za locale (come il legno) e di produzione a “km zero”
e ben ventilati. È stato inoltre sviluppato un sistema di
(l’alluminio è prodotto nel Cantone Vallese).
prenotazione on-line che consente di gestire con faci-
Dal punto di vista energetico il rifugio è stato pensa-
lità l’accoglienza.
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La frequentazione durante i primi tre anni è stata, an-
Questo imprevedibile flusso turistico ha naturalmen-
che grazie a queste caratteristiche, ampiamente al di
te avuto un notevole impatto sulla struttura. Innan-
sopra delle aspettative e il rifugio è diventato un pun-
zitutto si sono verificati consumi d’acqua più elevati
to di riferimento per quanto riguarda la ricettività in
del previsto (fino a 4.000 litri al giorno!) sollecitando
alta montagna.
inoltre l’impianto di depurazione oltre le sue possibi-
Il rifugio Monte Rosa può essere però analogamente
lità. A ciò si aggiunge naturalmente un aumento del
considerato un “limite”. Innanzitutto non si tratta di un
consumo di energia elettrica – non rendendo più suf-
prototipo in quanto tutte le tecnologie sono già sta-
ficiente l’energia solare – un aumento della quantità
te adottate altrove. La novità – ed è in questo senso
di gas necessaria per la cucina, della quantità di rifiuti
che può essere considerato un prototipo – è che per
da evacuare a valle, dei voli in elicottero per l’approv-
la prima volta vengono tutte concentrate assieme in
vigionamento del rifugio, delle spese di gestione del
un unico edificio in alta quota facendolo diventare una
gestore e dunque un aumento inevitabile dell’impatto
macchina estremamente complessa. Le interazioni
ambientale.
tra le diverse tecnologie compresenti sono infatti numerose e il loro utilizzo richiede risorse considerevoli,
Le sfide del domani
obbligando il gestore a diventare un tecnico, a disca-
A valle di questa esperienza, le domande da porsi ri-
pito della sua funzione primaria che sarebbe quella di
guardano che tipo di rifugio vogliamo mettere a di-
accogliere gli alpinisti e gli escursionisti.
sposizione, quale clientela ospitare, che genere di ac-
Inoltre, a causa di una sovraesposizione mediatica, la
coglienza offrire e che livelli di comfort è opportuno
nuova capanna Monte Rosa è stata meta di flussi di
raggiungere. Le sezioni e i club alpini si devono adat-
escursionisti curiosi di visitarlo e di trascorrere una
tare alla clientela costruendo dei rifugi sempre più
notte in quello che viene considerato “il rifugio” delle
confortevoli ed “energivori”, oppure sono i visitatori
Alpi per eccellenza. In questo senso si può parlare di
che si devono adattare all’offerta e accettare il fatto
vero e proprio turismo di massa, di marketing della
che il rifugio non sia la trasposizione di ciò che si trova
montagna, dove i valori del Basso hanno contaminato
in pianura?
l’Alto. Ciò a conferma di un fenomeno già percepito nel
Come oggetto di studio e riflessione, il senso di un ri-
caso di altri rifugi ma di cui non si era ancora piena-
fugio è difficile da afferrare. Ciascun rifugio è un mon-
mente consapevoli.
do a sé, con le sue peculiarità in termini di sito, accesso, gestione, utenza, spazi, architettura e materiali. È
quindi difficile fare delle generalizzazioni. Un rifugio
rimane innanzitutto un luogo di convivialità con dei
dormitori, un refettorio comune con delle panche e
vista sulla cucina. Si tratta in sostanza di una struttura comunitaria in cui è fondamentale l’interazione tra
il rifugista – che ci vive e abita ma per cui il rifugio
è anche il luogo di lavoro – e gli ospiti che vengono
durante il loro tempo libero e vi soggiornano solo per
brevi periodi.
Dal punto di vista umano è dunque importante ricalibrare i rifugi montani sulla centralità dell’uomo, sulla
convivialità, sulle relazioni tra l’utenza e il gestore e
fare della qualità dell’accoglienza una priorità, ritor-
Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner
(Zermatt, Svizzera, 2883 m). Foto Giorgio Masserano
nando ai valori fondamentali dei rifugi montani, adattandoli alla nostra società.
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Dal punto di vista ambientale significa fare delle scel-
ed efficace. Non deve essere una complicazione per
te, anche più radicali, volte al risparmio energetico e
il rifugista, né deve essere impiegata esclusivamen-
alla riduzione dell’impatto sul territorio. Prevedere
te per soddisfare le esigenze degli ospiti ma dovreb-
ad esempio le docce solo se l’approvvigionamento
be essere commisurata e adattata alle specificità del
dell’acqua è sufficiente o solo per il personale del rifu-
contesto di una struttura in quota.
gio e per le guide alpine oppure il WC senza impianto
In conclusione, la capanna Monte Rosa è ormai un
di depurazione e senz’acqua, prevedendo un tratta-
edificio modello e un importante punto di riferimen-
mento separato di urine e feci.
to nell’ambito dei moderni rifugi alpini ma l’alto grado
Dal punto di vista tecnologico bisogna sottolineare
di complessità e i costi elevati fanno sì che non siano
che l’alta tecnologia in materia di energie rinnovabili
possibili confronti. Probabilmente ci si è spinti al limi-
non è per forza una garanzia di sostenibilità dal punto
te e dunque nonostante la nuova domanda di mag-
di vista ambientale. Bisogna avere il coraggio di fer-
gior comfort l’insegnamento che se ne trae è che la
mare la spirale della rincorsa al rifugio sempre più so-
semplicità e la praticità devono rimanere all’ordine del
fisticato e magari prendere in considerazione anche
giorno.
una possibile forma di decrescita.
L’approvvigionamento passivo dell’energia solare non
è stato esplorato perché costituisce un’incompatibilità
tra la realizzazione di un’ampia vetrata e le problematiche legate al suo impiego in alta quota. Fatta eccezione per il gas per la cottura dei cibi, il legno rimane
una fonte importante. È necessaria una sua integrazione in un sistema energetico coerente per il riscaldamento e per la produzione di acqua dalla neve con
un sistema di recupero del calore. Il suo trasporto può
essere perfettamente integrato nei viaggi con l’elicottero legati alla gestione del rifugio. La tecnologia non
deve dunque essere un fine ma un aiuto intelligente
Nuova Monte Rosa Hütte al Ghiacciaio del Gorner
(Zermatt, Svizzera, 2883 m)
Philippe de Kalbermatten
Commissione centrale rifugi Club alpino svizzero
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DIBATTITO
Nilo Pravisano
Rappresento, in qualità di presidente, il Coordina-
Trentino è molto diverso dal Gran Sasso, la Val d’Aosta è
mento nazionale dei gestori rifugi alpini ed escursio-
molto diversa dalla Carnia) e troviamo ancora delle gros-
nistici appartenenti alle associazioni alpinistiche e ai
se contraddizioni per le quali io vorrei lanciare una solle-
privati. Ci siamo riformati da poco. Abbiamo iniziato i
citazione in questo convegno.
lavori del secondo coordinamento da un anno e rap-
Si è parlato poco fa di un quadro di 60 normative: ecco
presentiamo otto associazioni: due negli Appennini,
che la mia passione di rifugista finisce sotto i tacchi. Ho
quella valdostana, piemontese, lombarda, trentina,
molta paura di quelle normative, quando non chiarisco-
altoatesina, friulana e una parte dei veneti. Pertanto
no la chiave di distinzione fra le strutture di quota, volte
sono rappresentati circa 400 rifugi che hanno trovato
a supportare le esigenze del turismo alpino, e le strutture
sponda di parternariato in Federalberghi.
di valle (oppure urbane), tese a risolvere ben diverse esi-
Volevo richiamare l’attenzione su alcuni punti di perples-
genze di ricettività.
sità che in questo interessante convegno non ho visto
Ma non temiamo tali norme, se danno modo di affrontare
sviluppati, soprattutto in merito alla valutazione che ci
una politica di professionalizzazione e di formazione dei
compete come associazione rifugisti, ovvero al rifugio
miei colleghi, tale che possa garantire al nostro ambito di
come ambiente faticoso di lavoro. Abbiamo visto sta-
lavoro anche una forza economica che lo faccia soprav-
mattina come il rifugio sia anche un luogo in cui si espri-
vivere, nonché spunti di crescita e confronto degli opera-
me la bellezza e la nostra passione (riprendo le parole di
tori; perché se il gestore a fine giornata o stagione non ha
Angelo Iellici). Alcuni aspetti però si presentano ancora
la dignità di avere un reddito, non c’è speranza di avere
molto difficili poiché la nostra è una realtà multiforme e
le risorse né per la logistica immediata del rifugio né per
molto differenziata. Per esprimere questa difficoltà, pro-
seguire tutti i costi delle normative, cui si aggiungono gli
viamo a fornire un po’ di numeri.
oneri di corsi e adeguamenti da ripetere periodicamente.
Nell’arco alpino e negli Appennini più o meno si contano
Conseguentemente, le associazioni rifugisti e il Coordi-
1.800 strutture appartenenti alle associazioni alpinisti-
namento sono operativi per organizzare corsi tematici e
che (tra rifugi del CAI, del CAF, del CAS, rifugi tedeschi
iniziative promozionali, oltre che per armonizzare ai vari
austriaci e sloveni). Si dimentica una grossa realtà. In
livelli gli aspetti di criticità vessatoria.
Italia la maggior parte delle strutture gestite appartiene
Il carico di lavoro è spesso insostenibile, soprattutto per
a privati o a strutture che non appartengono alle asso-
la logistica dei rifugi alti, per via di mille adempimenti e
ciazioni alpinistiche (comunità montane, comuni e varie
mille fatiche quanto alla differenziazione dei rifiuti e il loro
entità), per cui arriviamo a circa 2.800 realtà e in Italia a
conferimento a valle, quanto alla gestione dell’acqua dei
non meno di 1.500. In questo senso abbiamo una gran-
reflui, quanto alla frustrazione di vedere testare nelle no-
de difficoltà sia per differenze territoriali geografiche (il
stre strutture delle apparecchiature assolutamente all’a-
68
vanguardia delle quali non si valuta fino in fondo l’im-
ca il progetto qualità è impossibile da praticare. Senza le
patto ambientale (può essere solo la temperatura o solo
risorse il gestore non può investire nelle strutture. Senza
il disuso di otto mesi di chiusura stagionale), il cui carico
le risorse non sono plausibili gli affitti che ci vengono ri-
viene imputato al gestore.
chiesti.
Sapete per scherzare che cosa diciamo noi di una pecu-
Io provengo dalla regione del Nord-Est, dove si regi-
liarità del nostro lavoro? Che con una mano prepariamo
stra un turnover di gestori del circa 15% ogni stagione.
canederli e con l’altra misciamo reflui. La capacità del ge-
Questo vuol dire che il mio lavoro come coordinatore
store del rifugio è esattamente quella di portare via i resti
nazionale è difficilissimo.
della presenza delle persone all’interno della sua strut-
I gestori che se ne vanno sono immediatamente so-
tura. Pagare sulla sua persona questa forma di “giocat-
stituiti in virtù della bellezza del territorio, delle mo-
tolazione”, ovvero di far sembrare la struttura semplice,
tivazioni facili da trovare perché è bello stare in mon-
gradevole alla vista. Al suo interno però la tecnologia è
tagna. È bello vedere dei ragazzi appassionati ma è
importante quanto difficile da mantenere, e qualche volta
brutto vederli andarsene dopo due anni con il taccu-
non esprime le esigenze di funzionalità che il nostro tem-
ino vuoto. È questo che sta succedendo in molti dei
po di lavoro ci consente. A questo manca pertanto una
nostri rifugi più problematici.
maggiore possibilità di discussione tra gli interlocutori.
Vorremmo parlare di più ad esempio con le associazioni
alpinistiche che, se non rappresentano la maggioranza
delle proprietà, ne rappresentano la maggioranza relati-
Samuele Manzotti
va che determina il comparto, in quanto il resto delle pro-
Riprendo il progetto di concorso per il bivacco in Valle
prietà è molto frammentato e non fa rete.
Camonica perché lo conosco abbastanza bene essendo
Quando un club alpino esprime una normativa o una po-
io lombardo; muovo ora le stesse critiche che ho già fatto
litica di prezzi, evidentemente s’impone sul mercato con
in commissione lombarda anche se Enrico Villa [membro
dei meccanismi che vanno a incidere sul territorio con
della Commissione regionale rifugi, deceduto in monta-
interlocutori e operatori che con quella normativa non
gna nell’ottobre 2013; n.d.r.] non le ha recepite diretta-
avrebbero nulla a che fare ma alla quale sono costretti ad
mente.
adeguarsi, pena il rimanere fuori mercato. Il gioco diven-
Io sono rappresentante del CAI nella reciprocità. Inter-
ta pesante, in questa doppia posizione nella quale il CAI
nazionalmente, come UIAA, i bivacchi sono riconosciuti
centrale rappresenta un ente di diritto pubblico, mentre
solo con otto posti letto.
le sezioni proprietarie delle strutture rappresentano delle
In questi ultimi anni mi è capitato di essere correlatore di
proprietà di diritto privato; il gestore si trova così in mez-
alcuni studenti che hanno progettato strutture le quali
zo a questa forbice divaricata dove il proprietario mate-
sarebbero potute diventare bivacchi. Li ho tutti corretti.
riale aumenta sempre più la forbice degli affitti. Eppure il
Non obbligatoriamente il bivacco deve esser di otto posti
CAI centrale propone una politica sempre più stretta per
ma storicamente i bivacchi del CAI sono sempre stati da
ovvi motivi di adesione.
sei. Successivamente alcuni sono diventati da otto tant’è
Ricordo con un sorriso amaro l’operazione fatta sui gio-
che nel conteggio di quelli che noi diamo e riceviamo si
vani fino ai 18 anni con pernotti di 5,5-6 euro, lo ricordia-
contabilizzano soltanto i bivacchi da otto posti. In Italia ce
mo, non hanno portato affatto a una politica di sviluppo
ne sono parecchi.
della gioventù nelle nostre strutture; hanno solamente
Inoltre sono molte le richieste che arrivano in commissio-
chiesto ai gestori che già pagano esosi affitti (siamo a
ne centrale da parte di diverse sezioni: chiedono la possi-
una media di 2-3.000 euro al mese in Italia) un ulteriore
bilità di sostituire i loro bivacchi e un indirizzo per poten-
sforzo, a fronte di prezzi che non permettono di affron-
ziare le strutture. Questa potrebbe essere l’occasione per
tare con serenità un programma di tutela lavorativa e di
dare un’immagine nuova, per poter sostituire quelli che
formazione del personale. Senza la plausibilità economi-
lo necessitano.
69
Il secondo mio argomento riguarda l’intervento di Nilo
Pino Scaglione
Pravisano.
Esiste un altro atteggiamento che oggi sta prendendo
Io sono qui come rappresentante del CAI e quindi non
piede nel dibattito sul cosa fare dei nostri edifici nelle no-
ho il potere decisionale dei vertici. Prometto però di
stre città. Un po’ di tempo fa a Riva del Garda il consorzio
portare questo vostro richiamo in sede centrale e vi
Habitec ha organizzato un seminario nazionale in cui ha
chiederei anche di farci pervenire un documento, una
dimostrato che ci sono milioni di metri cubi da utilizzare
nota, in maniera tale da poterne parlare concretamen-
e da riciclare nei prossimi anni. Credo che la stessa cosa
te. Potrebbe essere utile un incontro anche se la cosa
possa valere per i rifugi. A novembre dello scorso anno
non è molto facile. Purtroppo il CAI consta di un insie-
il MAXXI di Roma ha inaugurato un’interessante mostra
me di soci che hanno diritti che noi dobbiamo cercare
intitolata “Re-cycle”. Ne è scaturito – ne parlo da docen-
di assecondare.
te universitario – un progetto Prin che vede coinvolte
oggi dodici università italiane, impegnate a lavorare su
nuovi cicli di vita per edifici, pezzi di città, infrastrutture.
Quindi non c’è nessun preconcetto di natura progettua-
Alberto Winterle
le sul tema demolire o ricostruire. Faccio solo però una
Rispetto a quanto illustrato da Mathieu Vallet in re-
precisazione: quanto costa dal punto di vista energetico
lazione al rifugio Benevolo, credo che, rispetto alle
riscaldare quel vecchio edificio? Quanto costa una per-
imposizioni normative a volte inapplicabili per un ri-
formance energetica di un vecchio edificio e quanto costa
fugio, il nostro impegno dovrebbe essere volto alla
la Monte Rosa-Hütte? Sono due elementi opposti in cui
modifica delle normative e non all’assurdo adegua-
la vittoria va al versante svizzero-francese. Quanto costa
mento dei rifugi a parametri definiti per strutture ri-
oggi riformare un edificio e portarlo a una performance
cettive generiche.
di classe B? Vale la pena rispetto all’introito finanziario?
È sicuramente urgente e opportuno alleggerire l’ap-
Esiste inoltre un problema di natura estetica. La tanto de-
parato normativo per la realizzazione dei rifugi. Per
cantata sostenibilità non è solo un problema di processo.
fare un esempio concreto relativo ai parametri ener-
Non si tratta solo di mettere quattro pannelli fotovoltai-
getici, ritengo assurdo imporre coibentazioni con alte
ci, due pale eoliche e rendere l’edificio più performante
prestazioni per strutture che durante l’inverno non
energeticamente. Si tratta di rendere sostenibile un inte-
sono utilizzate, se non come semplice riparo.
ro percorso che da questo momento in poi ci obbligherà
Per la ristrutturazione del patrimonio esistente, nel
ad avere stili di vita differenti. Siccome sinora abbiamo
caso di strutture che non rispondono più a determi-
costruito orrori e brutture, perché dobbiamo continuare a
nate esigenze funzionali, è possibile intervenire modi-
costruire così? Possiamo permetterci di costruire cose di
ficandole senza costruire falsi storici ma agendo con
qualità architettonica con un valore estetico straordinario
lo stesso coraggio con cui costruiamo il nuovo.
ed è quello che porta (lo dimostrano i numeri svizzeri) i
Vi possono essere esempi avanzati come la Monte
visitatori da 4.000 a 15.000.
Rosa Hütte, che tra l’altro pur essendo particolarmente innovativa sia dal punto di vista linguistico che tecnologico, è stata molto apprezzata, o anche soluzioni
più semplici e modeste.
Philippe de Kalbermatten
Ciò che ritengo comunque fondamentale è che qualsi-
Non voglio ora parlare da “committente” della Monte
asi tipo d’intervento dev’essere affrontato con la con-
Rosa Hütte bensi da responsabile dei quattro rifugi ap-
sapevolezza che un rifugio non è un semplice riparo
partenenti alla sezione del Monte Rosa. In particolare,
né una banale struttura tecnica; è una costruzione che
m’interessa riprendere il tema del rifugista. Constato che
rispecchia la nostra cultura e il nostro modo di ap-
in Italia non c’è il medesimo ordinamento ovunque, ma
procciarsi con la montagna.
suggerisco quello da noi adottato. In Svizzera abbiamo
70
uniformato a livello contrattuale il rapporto con il rifugi-
È un cambio di mentalità che s’impone e questa so-
sta, il quale ci versa una percentuale dei suoi guadagni;
brietà deve diventare un luogo comune. Per avere
quindi diventa egli stesso un imprenditore e non più un
un’esperienza vera bisogna rinunciare a qualcosa.
impiegato del CAS. Il mio ruolo riveste allora anche la na-
È giusto investire nella sicurezza ma ridurre il super-
tura di un supporto quasi psicologico, sicuramente molto
fluo.
umano, al fine di sostenere una persona che può trascorrere anche lunghi periodi isolato, considerando che i rifugi della sezione Monte Rosa sono aperti anche durante la
stagione scialpinistica.
Stefano Testa
Vorrei raccogliere i molti spunti e qualche elemento di
riflessione in merito al ruolo del bivacco e del rifugio.
Il contesto della montagna è sicuramente prezioso
Mathieu Vallet
nell’atto di costruire o ricostruire nel momento in cui
In Valle d’Aosta si è tutti degli imprenditori. Noi affit-
c’è una rarefazione di tutte le regole che ci accompa-
tiamo dei rifugi che appartengono o ai privati o al CAI
gnano nella vita di fondo valle.
ma si è tutti degli imprenditori. Per certi rifugi bisogna
C’è una natura che s’impone e abbiamo delle condi-
però cominciare a ragionare sulla possibilità di un im-
zioni ambientali molto estreme. Questa può esser
piego fisso.
una sorta di palestra per sperimentare l’innovazione
Per esempio il rifugio Boccalatte alle Grandes Joras-
tecnologica. Rispetto a ciò, penso che disquisire di ri-
ses non è sorvegliato in quanto non c’è una conve-
qualificazione o demolizione/ricostruzione, così come
nienza economica; tuttavia, sarebbe utile che vi fosse
di tradizione e innovazione sia quasi sofistico. Sfido
un guardiano stipendiato.
chiunque a dare una definizione esaustiva di queste
Per tornare al discorso energetico, condivido appieno
parole.
quanto è stato detto prima.
Ogni momento storico ha le sue prerogative e si tratta
Il vantaggio che il rifugio Benevolo trarrà una volta ri-
solo di capire che cosa è buono rispetto agli obietti-
strutturato raggiungendo la classe B è il fatto che noi
vi. Bisogna comprendere qual è la modalità operativa
disponiamo di una quantità d’acqua abbondante. Questa
prima ancora di discutere su che cosa si debba tenere
consentirà l’installazione di centrali idroelettriche e gene-
o modificare. La questione ambientale sicuramente
ratori micro che soddisferanno i fabbisogni.
oggi è essenziale e ridurre il peso, l’impronta di qual-
Credo che una ricetta universale non esista. Bisogna
siasi azione è un obiettivo condivisibile.
valutare caso per caso e scegliere la giusta soluzione da
L’ambiente è tartassato, è bisognoso di maggior at-
portare avanti in base alle singole sensibilità.
tenzione, lassù come nelle città in cui la maggior parte
di noi vive.
È interessante la dicotomia rifugio/bivacco perché mi
pare congeli una situazione storica non chiara tra rifugi
Giorgio Azzoni
che diventano alberghi di lusso e bivacchi in cui si conta-
La chiave è cambiare gli stili di vita – è evidente – e
no i posti letto. Ma se consideriamo un bivacco di emer-
deve diventarlo sempre più.
genza, che cos’è un posto letto? È un letto o è un tavola-
Non so esattamente quali temperature debba man-
to? Anche in questo caso, a volte, ci si perde. In questo
tenere un rifugio ma è evidente che, anche dal punto
senso il bivacco Gervasutti ne ha sostituito uno storico
di vista educativo (non mi riferisco agli alpinisti bensì
che aveva nel suo progetto originale del 1954 una gran-
a chi sale per vedere il paesaggio), bisogna avere la
de innovazione: era un manufatto straordinario destina-
consapevolezza che in alta quota non si può preten-
to a essere portato a spalla sul ghiacciaio del Fréboudze
dere il comfort di casa propria.
che non è a una quota molto alta (sfiora i 3000 m) ma
71
è difficilmente raggiungibile. Allora venne pensata una
Luca Gibello
struttura in legno totalmente prefabbricata in moduli
Quando si parla di ricostruire sono assolutamente
preassemblati per un test a fondo valle e poi assemblati
d’accordo di dimostrarci artefici del nostro tempo, in
in un contesto difficile su uno sperone roccioso esposto.
ossequio a uno zeitgeist; non possiamo certo rico-
Poi quell’esposizione ha fatto sì che più volte il rifugio ve-
struire pensando all’abbigliamento “tecnico” dei no-
nisse distrutto dalle slavine. In realtà abbiamo scoperto
stri predecessori alpinisti. Però dobbiamo riuscire a
che il problema derivava da un accumulo di neve dovuta
mantenere lo spirito del rifugio che credo sia emerso
da vento mostruoso. Quindi si è costruito qualcosa che
nella sessione di stamane. Si tratta di qualcosa di di-
assomiglia nell’intento generale a ciò che fu costruito
verso rispetto all’ospitalità pur sempre di montagna
nel 1954 ma che di fatto ha individuato una dimensione
ma che si esperisce nelle vallate alpine.
d’uso diversa. Ha in comune con quello originale il fatto
Quanto al modo in cui si costruisce il nuovo, pur-
di non avere un gestore presente sul luogo. Ovviamen-
troppo non sono così ottimista come Pino Scaglione.
te un gestore – remoto – ce l’ha (la SUCAI di Torino) ma
Fino a oggi molte cose le abbiamo costruite nuove ma
la dimensione, il numero di funzioni offerte è un po’ più
male. Ancora oggi per molti rifugi ex novo non vedo
grande, va oltre quello di qualunque bivacco tradizionale.
quello spirito che un alpinista deve ritrovare. Lo trovo
Ci par di aver intuito che una riflessione sulla dimen-
nella Monte Rosa Hütte ma apprezzo molto Philippe
sione di un punto di appoggio per la frequentazione
de Kalbermatten: non è venuto qui a dirci che è tutto
dell’ambiente alpino possa essere interessante ri-
oro quello che luccica bensì è venuto a dirci che la so-
spetto a un’attività escursionistica, alpinistica e a
luzione sta nel mezzo, non sta nell’high tech (piutto-
volte di massa che deve ridurre il suo impatto sulla
sto nel right tech). E apprezzo molto Matteo Vallet che
natura. Oggi la scelta di gestire o lasciare incustodita
dice: «Io arrivo al Benevolo e prenderei la motosega,
una struttura rimane molto importante per l’aspetto
accenderei una bella pira e brucerei tutto»; poi sente
del calore umano e dell’accoglienza, ma in termini di
quanto ne pensano frequentatori e dice «forse è me-
gestione pratica può trovare molteplici soluzioni da
glio riqualificare». Anche questo è zeitgeist.
remoto che le nuove tecnologie forniscono anche lad-
Non sono invece molto d’accordo sul concetto di “Re-
dove l’impianto non è così complesso come la Monte
cycle” applicato tout court ai fatiscenti rifugi. Quasi
Rosa Hütte.
tutti sono testimonianze culturali patrimoniali di va-
In realtà le stesse tipologie di controllo permettono a
lore.
una sezione del CAI che sta a chilometri di distanza di
Pur sapendo che ne sono privi dal punto di vista ar-
avere sotto controllo quanto accade in termini di salu-
chitettonico, bisogna tuttavia valutare caso per caso
te di una struttura e del suo intorno.
se davvero quei rifugi non incarnano altri tipi di valori.
Da questo punto di vista non ho sentito disquisire del
Allora solo a quel punto possiamo demolirli.
ruolo economico che il punto di appoggio può avere in
Perché qui a volte parliamo di veri e propri esemplari
montagna. A mio parere se si escludono le zone bla-
che una volta demoliti non ci sono più. Al limite, si può
sonate di grande frequentazione – che sono comun-
considerare l’ipotesi di conservarli come musei di se
que minoritarie nell’ambito generale dell’intero arco
stessi.
alpino -, oggi il punto di appoggio per un turismo a
Per rimanere in Valle d’Aosta, porto il caso della storica
basso impatto, con attenzione alla natura, ha un river-
capanna Quintino Sella e dei Rochers del Monte Bian-
bero sulla gestione di un territorio in cui sempre più
co. Costruita nel 1885, versa in condizioni pietose ma la
spesso il problema è l’abbandono del fondo valle.
scocca di legno originaria è ancora quella quella origina-
In questo caso non è solo importante la gestione eco-
ria, recante porta all’interno le incisioni degli alpinisti.
nomica della struttura ricettiva ma il suo significato in
Il CAI Torino, proprietario, invece di optare per la sua
un bilancio economico d’area in cui un’attività escur-
sostituzione, sta cercando i fondi per effettuare un’ope-
sionistica nuova può esercitarsi.
razione più sofisticata nonché filologicamente corretta:
72
smurare i blocchi di pietre che negli anni successivi l’han-
sa, lunga e costosa quasi come per una centrale idro-
no rivestita al fine di applicare un cappotto ligneo e poi
elettrica; per noi in cima all’Adamello deve interveni-
ricollocare in opera i blocchi.
re l’ufficio del magistrato del Po, l’acqua della conca
Così, il risanamento ambientale sarebbe garantito, per-
dove si trova il rifugio è appaltata per la produzione
mettendo al contempo ai pochi frequentatori – ci trovia-
di energia, per cui abbiamo dovuto trovare escamota-
mo in un ambiente davvero selvaggio, lungo la prima via
ge per poterne captare il quantitativo necessario, con
italiana al Monte Bianco – di “dialogare” nel tempo con
aggravio di spese per un impianto di pompaggio più
tutti coloro che sono passati di lì.
a valle.
Mi rendo conto che sono un po’ fuori tema rispetto
l’argomento del convegno, ma mi preme comunicare
le nostre difficoltà: o cambiano le regole o noi in mon-
Gino Baccanelli
tagna non ci viviamo più. Una volta bastava il buon
Questo convegno è molto interessante. Chi mi ha pre-
senso. Si facciano delle leggi che siano adatte per la
ceduto ha illustrato tecnologie eccezionali applicate
montagna, per far sopravvivere la gente in montagna.
alle strutture in quota. Subito mi chiedo, vista la deli-
C’è un lavoro di cultura del risparmio delle risorse
catezza di questi impianti, fino a quando possono du-
naturali da portare avanti. (Riesce difficile convince-
rare e quali costi comporta il mantenerli funzionanti.
re l’escursionista che ci si può far la doccia con 15 li-
Per la mia esperienza posso dire che a noi serve un
tri di acqua, che non è necessario tenere tutte le luci
ambiente che consenta una gestione semplificata, per
accese...). Per esigenze di sopravvivenza, di povertà
dare un servizio essenziale e regolare ai nostri ospiti.
di risorse, il gestore del rifugio è da sempre più che
Colgo l’occasione per rilevare come le normative non
attento a uno sfruttamento ecosostenibile del territo-
ci aiutino: noi abbiamo ancora una legge in Italia che
rio. A volte la gente parla e non conosce; viene dalla
impone nei rifugi le porte antipanico. Quanto tempo
città e non riconosce il valore di quello che facciamo.
abbiamo impiegato per far capire ai funzionari dell’A-
L’intenzione pare essere quella di venire a insegnare a
SL che è un controsenso? Quando c’è una tormenta
chi vive in montagna come gestire il territorio, appli-
di neve bisogna uscire dalla finestra! Abbiamo dovuto
cando modalità studiate per la pianura.
mostrare delle fotografie (con l’accumulo di neve all’e-
Contiamo che convegni come questo siano occasione
sterno) affinché non si montassero.
di confronto fra le esperienze collaudate e quelle inno-
Per quanto riguarda le volumetrie delle camere dei
vative, volte a migliorare la vita di chi sta in quota e di
rifugi dovrebbero essere quasi come nei treni letto:
chi la montagna la può godere solo nelle vacanze. Vi
da noi, come sui vagoni letto, si soggiorna per poche
ringrazio dell’opportunità datami di esprimere il pen-
notti. Le volumetrie devono essere ridotte, aumen-
siero di molti rifugisti.
tarle significa modificare la sicurezza di quel rifugio,
esporlo a valanghe, creare impatti ambientali esagerati. A volte basterebbe guardare alle opere di chi ci
ha preceduto. Il mio caso è emblematico: gestisco un
Enrico Camanni
rifugio costruito nel 1992, posto su un dosso esposto a
Quest’ultimo intervento fotografa che in Italia la
tutte le bufere senza alcun isolamento, mentre i ruderi
montagna è una sconosciuta nella cultura naziona-
del vecchio rifugio, costruito negli anni venti, era po-
le. Tuttavia, al di là di questa triste constatazione che
sizionato in zona riparata e già aveva doppi muri d’i-
accomuna la conclusioni di quasi tutti i convegni or-
solamento. Ecco perché dico che il nuovo deve tener
ganizzati sul tema della montagna, oggi è emerso un
conto del vecchio, dell’esperienza fatta dai nostri pa-
tema nuovo. Facendo un passo indietro, infatti, se ri-
dri. Vogliamo parlare della captazione dell’acqua per il
percorriamo le vicende storiche, ci accorgiamo che la
rifugio? La procedura per la richiesta è tanto comples-
prima frase di costruzione dei rifugi nella prima metà
73
del Novecento è stata spartana. Noi la valutiamo con
con il pullman seguendo quella strada enorme che è
sguardo romantico ma per forza di cose quello era l’u-
stata costruita. Non è un’esperienza di montagna...
nico modo con cui si poteva costruire. Quindi noi ab-
Dall’incontro di oggi è emerso questo concetto fon-
biamo proiettato una visione romantica su quella che
damentale: sia che venga rifatto da capo, sia che lo si
era una necessità assoluta. Non c’era scelta estetica
conservi, il rifugio dev’essere – almeno per i prossimi
ma funzionale. Nel secondo dopoguerra, gli anni Set-
cento anni – il luogo della sperimentazione, in funzio-
tanta e Ottanta sono stati i più disastrosi dal punto di
ne del trasferimento delle esperienze.
vista dell’impatto e della progettazione. Così come si è
La sperimentazione architettonica in alta quota può
costruito malissimo in molti centri invernali portando
avere ricadute etiche anche sulla città.
il peggio della città in montagna così si è fatto per i
Se non riusciamo a farlo a 3000 metri non riusciamo
rifugi. Vi era l’idea che la modernità corrispondesse a
a farlo certamente a Torino, Milano, Venezia, Aosta o
fare degli alberghi, delle cose grosse e lussuose. Come
in Valtournenche.
si serviva il pesce a 2000 metri perché si pensava che
Il rifugio come palestra in cui si sperimenta l’austerità.
la gente cercasse di mangiare come a Rimini così si
Non l’austerità stupida ma quella intelligente, medi-
facevano gli alberghi perché si pensava che la gente
tata. Rinunciamo a tutto quello che non ci serve. La
cercasse questo in alta quota. Si andava a dissociare la
tecnologia dev’esser finalizzata a questo. Rifugi come
pratica della montagna. Pensate all’esperienza di uno
laboratorio di un modello di sviluppo che tra un po’
che raggiunge il rifugio sotto le Tre Cime di Lavaredo
sarà necessario ovunque.
74
Tavola rotonda/2. Come riqualificare, ampliare, ricostruire?
IL NUOVO RIFUGIO
DEL GOÛTER AL MONTE BIANCO
Nel settembre 2012, dopo tre stagioni di lavori in con-
persona stabilito dalla Federazione francese dei club
dizioni estreme, il nuovo rifugio del Goûter ha aperto
alpini di montagna (FFCAM) che è di 6 mq. L’edificio si
le porte ai primi visitatori. Il più alto edificio abitato di
articola su quattro livelli: il piano terra costituito da in-
Francia lungo la via che porta alla sommità del Monte
gresso, spogliatoio, dispensa e sala macchine, il primo
Bianco, energeticamente autonomo grazie al solare, è
piano costituito dagli spazi condivisi, sala da pranzo
un concentrato di nuove tecnologie che porta a 3835
panoramica e cucina, il secondo piano che ospita in-
m d’altitudine i valori dello sviluppo sostenibile.
fermeria, dormitori e appartamenti del personale e il
Se è possibile realizzare a queste altezze un edificio
terzo piano dove sono alloggiati i dormitori. Su cia-
simile, allora non ci sono ragioni per non costruirne
scun piano i bagni dotati di lavandini e WC sono una
altri più in basso, in pianura, nelle valli e nelle città.
comodità molto apprezzata dagli alpinisti e dal perso-
Situato sulle sporgenze vertiginose dell’Aiguille du
nale.
Goûter, il rifugio accoglie gli alpinisti per l’ultima tap-
Il disegno armonioso della facciata risponde innanzi-
pa prima della conquista del tetto delle Alpi. L’edificio
tutto al compito d’inserire l’edificio in un sito protet-
con struttura in legno e rivestimento metallico rap-
to d’interesse europeo come il massiccio del Monte
presenta una vera e propria sfida alle leggi della natu-
Bianco. L’attenzione per tre aspetti fondamentali quali
ra sul piano costruttivo e tecnico.
la struttura, le tecniche di costruzione e le condizioni
Il rifugio ospita 120 persone, ha una superficie cal-
meteorologiche ha portato a una pianta ellittica che ha
pestabile di 720 mq rispettando così la standard per
consentito la realizzazione di un ovoide perfetto. L’as-
Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m). Foto a destra: Pascal Tournaire
75
se principale dell’ellisse è stato posizionato in direzio-
che sono stati assemblati sul sito come se fossero
ne del vento dominante, proveniente da Ovest, al fine
dei mattoncini di Lego. La sfida più ardua è stata il
di accelerare le masse d’aria sui fianchi dell’edificio e
montaggio degli elementi trasportati con l’elicotte-
generare un turbine sulla parte posteriore, facilitan-
ro che non dovevano superare i 550 kg per limitare
do così il deposito naturale della neve sull’impianto di
i voli stazionari. Al termine dell’installazione l’utilizzo
fusione. Il guscio dell’edificio, realizzato con 128 lastre
dell’elicottero è stato ridotto del 30%. La realizzazione
trapezoidali o rettangolari a seconda del piano, è in
delle facciate e della copertura ha segnato la fine della
acciaio inox satinato. Come le pendici circostanti, l’in-
seconda tappa del cantiere nel novembre 2011.
volucro s’illumina progressivamente in base al corso
Il rifugio è stato concepito per funzionare in totale
del sole. Dal punto di vista strutturale, le fondazioni
autonomia grazie alla massimizzazione delle risorse
sono concepite per consentire al rifugio di resistere a
e delle energie disponibili ed è stato certificato HQE
venti anche superiori ai 300 km/h e si compongono
(Haute Qualité Environmentale – Alta qualità am-
di 69 pali ancorati a una profondità media di 12 metri
bientale). L’energia termica, destinata alla produzione
su roccia dura. Fissato su questa struttura complessa,
di acqua calda ottenuta con appositi macchinari di fu-
il pavimento di base consiste in una griglia solida di
sione della neve, proviene da 50 mq di pannelli sola-
travi e d’impalcature orizzontali in lamellare incollato
ri termici, mentre l’elettricità è prodotta da 95 mq di
di abete Douglas. La sua costruzione si è conclusa con
pannelli solari fotovoltaici disposti sulla facciata e sul
la fine della prima stagione del cantiere nell’ottobre
tetto del rifugio. Un impianto di cogenerazione a bio-
2010.
massa funzionante con l’olio di colza viene utilizzato
Cuore del progetto, la struttura in legno di abete, rap-
come gruppo di emergenza per la produzione ter-
presenta un volume di circa 400 mc. Per contenere
mica ed elettrica. Il trattamento dell’aria è assicurato
le emissioni di anidride carbonica legate al trasporto,
da un sistema di ventilazione a doppio flusso ad alto
il legno è stato tagliato nelle foreste limitrofe, in par-
rendimento. Il flusso varia automaticamente in base
ticolare nel sottostante Comune di Saint Gervais. La
al numero dei visitatori. Associato al rivestimento al-
struttura in legno lamellare e gli assemblaggi sono
tamente isolante dell’edificio, tale dispositivo consen-
realizzati tramite aste incollate con resine sigillanti, i
te di soddisfare i bisogni termici per il riscaldamento
pavimenti sono costituiti da cassettoni cavi, leggeri
del rifugio utilizzando di fatto il calore emanato dagli
e facili da manutenere. L’isolamento delle facciate è
ospiti stessi.
realizzato con pannelli di fibre di legno riciclato. Il ri-
La depurazione dell’aria è stata una delle questioni più
vestimento è in acciaio inox satinato a basso potere
complesse da progettare tenendo conto dell’altitudi-
riflettente, mentre i serramenti esterni Velux sono do-
ne e della scarsità d’ossigeno (40% in meno rispetto
tati di tripli vetri con lamine di argon.
al livello del mare). Dotati di un sistema di deflusso
Il metodo costruttivo è basato su moduli prefabbri-
per depressione, i servizi igienici usano soltanto 1,2
cati in laboratorio di dimensioni adatte al trasporto,
litri d’acqua per ciascuno scarico dello sciacquone.
Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m)
76
Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m)
La tecnologia del trattamento utilizzata è quella dei
Costruire un edificio di tali dimensioni, con tecnologie
sottomarini: aspirazione sottovuoto dei WC, tratta-
d’avanguardia, richiede un committente visionario,
mento biologico, ossigenazione e filtrazione a mem-
degli architetti e ingegneri competenti e creativi, degli
brana, passaggio su carboni attivi e trattamento con
operai specializzati volitivi e appassionati e ciò contri-
raggi UV che consente il riciclo dell’acqua dei WC e
buisce a fare di questa esperienza una vera e propria
degli orinatoi e lo scarico nella natura di acqua priva
avventura umana.
di batteri. L’unica eccezione al principio delle fonti rin-
L’altitudine rende gli uomini vulnerabili, forgia l’ami-
novabili è una riserva di gas utilizzata in cucina per la
cizia e nobilita la volontà. Il rifugio del Goûter diventa
cottura degli alimenti e un supplemento di nafta per il
così una di quelle opere emblematiche e unificatrici
cogeneratore.
che segneranno la storia.
Hervé Dessimoz
Studio Groupe H
Thomas Buchi
Studio Charpente Concept
77
IL NUOVO BIVACCO GERVASUTTI,
UN PRIMO BILANCIO
Obiettivo di questo intervento è fornire un bilancio sul
nuovo bivacco Gervasutti a due anni dalla sua installazione, avvenuta nell’estate del 2011, senza entrare
nel merito della sua iconicità architettonica che ha
portato disparati media – anche lontani da quelli specialistici – a occuparsene diffusamente.
Innanzitutto, una delle principali peculiarità del bivacco è data dallo straordinario ambiente che lo ospita:
il bacino glaciale del Fréboudze in Val Ferret (Courmayeur), sotto il versante est delle Grandes Jorasses.
Una zona tradizionalmente poco frequentata, ancora
selvaggia e dal grande valore paesaggistico all’interno dell’invece trafficatissimo comprensorio del Monte
Bianco, “parco giochi” alpinistico tra i più noti al mondo. Nonostante sia uno dei temi più dibattuti, l’impatto ambientale della struttura risulta sostanzialmente
irrisorio, figurando come un punto impercettibile
dalla difficile individuazione all’interno del contesto
complessivo; i suoi colori appariscenti sono stati infatti scelti appositamente per una facile identificabili-
Nuovo bivacco Giusto Gervasutti al Fréboudze
(Courmayeur, Aosta, 2835 m). Foto Francesco Mattuzzi
tà da parte dei visitatori in caso di maltempo.
L’operatività tecnica del nuovo bivacco è simile a quella delle nuove e più avanzate costruzioni d’alta quota
uscire a coniugare adeguatamente le possibilità della
del panorama alpino; trattandosi però di un edificio
tecnica (in termini di sviluppo sostenibile ed energia,
di piccole dimensioni, la cui frequentazione libera e
ormai praticamente senza limiti) e la propensione o la
gratuita non genererà mai profitto rispetto all’inve-
possibilità nell’investire le risorse disponibili in obiet-
stimento del proprietario (il CAI sezione di Torino –
tivi virtuosi, rispetto ad altri più legati alla gestione
scuola di scialpinismo SUCAI), la contrazione estrema
economica nel tempo di ciò che si va a realizzare.
di costi e tempi è stata fattore imprescindibile lungo
La passione generatasi intorno a un tema così intrigante
tutto l’iter dalla progettazione al completamento in
ha dimostrato di essere il collante e il motore di molti e
sito. Uno dei maggiori discriminanti nella produzione
generosi approcci al progetto durante tutto il lungo lavo-
di un simile oggetto architettonico risiedeva poi nel ri-
ro di ricerca. Tale percorso d’indagine e riflessione tec-
78
nica ha partorito infine una struttura in sandwich composito di vetroresina e PVC, sofisticata oltre il livello della
nautica da competizione; la costruzione risulta composta
di cinque anelli modulari prefabbricati, completamente
allestiti a valle, assemblati in due giorni di lavoro in quota,
connessi e funzionanti immediatamente dopo. A ulteriore conferma che il leitmotiv della ricerca – nonché principale fonte di complessità – è stata la costante tensione
verso il riduzionismo e verso la sintesi nella semplificazione, uno dei maggiori fini perseguiti è stata la massima
limitazione del numero di rotazioni di elicottero, importante fattore di costo e d’impronta ambientale, soprattutto in un cantiere nel comprensorio del Monte Bianco,
dove i voli in elicottero sono vietati se non necessari.
Proseguendo con il bilancio, si può affermare che
dopo due inverni in condizioni d’innevamento probanti la verifica strutturale sia superata con successo:
la situazione ambientale del versante è praticamente
sconosciuta e difficilmente monitorabile in inverno,
quando l’accumulo nevoso lo rende pressoché inaccessibile. La neve che scende spinta dal vento dai
versanti soprastanti provoca infatti straordinari accumuli che formano un unico “lenzuolo” di 2.000 m
di sviluppo che scivola e spinge verso il fondovalle; la
capanna originaria molte volte è stata infatti distrutta
o danneggiata sotto l’effetto dello scivolamento o di
Nuovo bivacco Giusto Gervasutti al Fréboudze
(Courmayeur, Aosta, 2835 m). Foto Francesco Mattuzzi
valanghe. Il nuovo bivacco, la cui forma e disposizione sono state ottimizzate in relazione alla resistenza
meccanica, si colloca come prosecuzione ideale della
stione degli impianti, dotato di connessione satellitare a
dorsale spartiacque del versante, ponendosi perpen-
internet. Quest’ultimo strumento risulta molto utile sia
dicolarmente alla parete e discostato dal terreno, an-
al fruitore che al gestore (sebbene non esista un custode
dando così a sgravarsi delle azioni di spinta prepon-
permanente, la cura dell’edificio è affidata a un gruppo di
deranti del manto nevoso in scioglimento.
persone), che grazie a un sistema di controllo remoto di
Le alte performance tecniche della struttura travalicano
autodiagnosi interna viene informato sullo stato di sa-
la concezione di protezione primaria rappresentata per
lute della struttura e dei suoi impianti, oltre che sui dati
antonomasia dal bivacco, e arricchiscono la permanen-
ambientali locali, disponibili sempre e a distanza. Grazie a
za dell’utilizzatore di una serie di comfort e funzionalità
questo utilizzo della tecnologia nell’ordine della semplifi-
permesse dalla produzione e dallo stoccaggio locale di
cazione del lavoro umano, conoscendo in anticipo le ne-
energia elettrica attraverso l’impianto fotovoltaico, for-
cessità dell’edificio, gli interventi di manutenzione diven-
nito di batterie ecologiche sperimentali; in particolare la
tano così mirati, organizzabili e di conseguenza molto più
dotazione conta una piastra di cottura elettrica (pertan-
economici e veloci. È bene infatti ricordare che l’impianto
to non una fiamma libera, fonte di pericolo e di consumo
lavora completamente in modalità stand-alone come da
d’ossigeno), un sistema di ricambio d’aria semi-mecca-
definizione per un bivacco non custodito. L’affidabilità del
nizzato, luce elettrica, un PC per il monitoraggio e la ge-
sistema isolato è pertanto la più importante nonché la più
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difficile caratteristica da conseguire: quando si affronta-
agire in tempi molto brevi e avere la certezza assoluta
no problematiche di questo genere l’aspetto maggior-
del risultato a livello funzionale. In un’area geografica
mente delicato e difficile da ottimizzare è la messa a pun-
remota a tale altitudine e in condizioni ambientali re-
to di una formula combinatoria per cui funzioni l’insieme
almente estreme dal punto di vista meteo-climatico,
di tante tecniche, soluzioni e tecnologie. Per quanto con-
con un’organizzazione inesistente a livello di supporto
solidate e note, esse non sono di fatto quasi mai concepite
logistico, l’adozione di altre tipologie costruttive non
come dialoganti con gli altri fattori del sistema, tanto più
è risultata infatti un’ipotesi percorribile o efficace. Il
in un oggetto singolare e fuori dai comuni canoni: ciascu-
campo base LEAPrus si configura come primo passo
na filiera è molto attenta a sviluppare esclusivamente il
di un’azione di riorganizzazione del turismo alpinisti-
proprio sistema senza interfaccia con l’esterno, andando
co sull’Elbrus, che dalla caduta dell’Unione Sovietica
a definire un problema di ordine propriamente merceolo-
è entrato nel circuito delle “Seven Summits”; lo studio
gico. È al contempo vero che rispetto ad un tradizionale
per una reinfrastrutturazione globale di questo terri-
ricovero come semplice involucro, una struttura di tale
torio prevede anche la possibilità della qualificazione
complessità tecnologica implica un cospicuo numero di
di diversi punti nodali della salita e della ricostruzione
variabili da monitorare e mantenere in efficienza; tuttavia
dello storico rifugio Priut 11, avveniristica costruzione
è necessario considerare anche che ormai tutti i frequen-
risalente agli anni Trenta, posta a circa metà strada
tatori della montagna sono abituati a un livello di dotazio-
sulla via normale. La struttura bruciò negli anni No-
ne tecnologica in termini di attrezzatura e abbigliamento
vanta e non fu ripristinata, lasciando di fatto la mon-
che non è lontanamente paragonabile a quello dei gusci
tagna priva di costruzioni permanenti ma dotata solo
spartani concepiti decine di anni fa: la contemporaneità
di punti d’appoggio minori per la sicurezza di cui è
dell’edificio è quella che già concretizziamo tutti i giorni
necessaria una riorganizzazione, a contrastare il gran
in montagna in prima persona.
numero di vittime che oggi si registrano lungo questa
Il grande volume di lavoro svolto per il Gervasutti
facile salita alpinistica.
– sicuramente sovradimensionato rispetto all’esito, perlomeno quantitativo – è concepito per essere
opportunamente proseguibile. LeapFactory ha infatti
Stefano Testa
LeapFactory
portato avanti un’intensa ricerca progettuale con l’interesse di sviluppare una serie di modalità, sistemi,
infrastrutture e soluzioni di vario genere e risposte
a molteplici problemi propri degli ambienti naturali
(nella fattispecie quello montano, in quanto buon laboratorio di sperimentazione), in modo da proporre
soluzioni facilmente declinabili e utilizzabili per individuare al meglio possibili cambiamenti nelle modalità di costruire e trasformare la realtà che ci circonda.
In tal senso, con sistemi costruttivi simili e implementati rispetto a quelli adottati per il Gervasutti, nel
settembre 2013 è stata completata, a oltre 4000 m
d’altitudine, la stazione alpina LEAPrus per la salita al
Monte Elbrus, un isolato ed esposto vulcano spento
dalla conformazione di conoide detritico, alto 5642
m, all’interno della catena del Caucaso, in Russia meridionale. La soluzione tecnica della prefabbricazione totale è stata scelta per la necessità ineludibile di
Campo base LEAPrus al Monte Elbrus (Russia, 4000 m)
80
LA RISTRUTTURAZIONE E
L‘AMPLIAMENTO DEL RIFUGIO
BAITA TONDA
Intervenire su un edificio in quota esistente, con una
I temi fondamentali di progetto si possono così rias-
particolare conformazione planimetrica come il ri-
sumere:
fugio Baita Tonda, ha portato a confrontarsi su temi
APPROCCIO. Pur prestando attenzione all’evoluzio-
interdipendenti con gerarchie e obiettivi ben stabiliti.
ne tipologica dei rifugi in atto, si è tuttavia puntato a
Ci si è approcciati al tema valorizzando gli aspetti ti-
non snaturare l’impianto di una struttura particolare
pici delle strutture alpinistiche che contraddistinguo-
come quella esistente. Ci si è confrontati quindi con
no l’architettura di montagna, ovvero l’inserimento
attenzione rispetto al tema di confine tra tradizione e
nel paesaggio, il confrontarsi con condizioni limite ed
innovazione per ripensare il rifugio nei prossimi de-
estreme, sperimentare l’uso di tecnologie avanzate,
cenni, valorizzando al massimo le potenzialità nel sito.
plasmare un luogo che condensa le condizioni e le ca-
La Baita Tonda (1640 m) è un punto di riferimento nel-
pacità di socializzazione tipiche dei rifugi, ed essere
la zona dell’altopiano di Folgaria e Terragnolo (Tren-
un punto di presenza umana nel territorio in quota.
to), forte nell’immaginario collettivo dell’area e luogo
Il progetto architettonico è stato quindi un momento
di grande panoramicità che ha condensato nel tempo
di sintesi che ha fatto convivere esigenze di vario tipo,
eventi sportivi, di costume, successivi ampliamenti,
ragionando sull’evoluzione della tipologia dei rifugi
gestori carismatici, diventando punto di aggregazio-
in atto nell’ultimo decennio: da luoghi introversi pro-
ne consolidato in quota. Essendo in zona di altopiani,
tettivi a edifici aperti e proiettati verso il paesaggio,
non è famoso per le ascensioni alpinistiche alle vette
sfruttando nuovi materiali ad alto risparmio energeti-
ma come meta di escursioni medio facili e punto pa-
co e proponendo nuove relazioni con il contesto.
noramico per percorsi turistici e sportivi di montagna,
La vecchia struttura presentava evidenti problemi di
sia estivi che invernali, nella zona dei forti della Gran-
vetustà, stabilità statica e di dotazione, con rilevanti
de guerra.
consumi energetici annui.
PAESAGGIO E IMPIANTO. Ripensare con la nuova
La ristrutturazione e ampliamento ha quasi triplicato
struttura le relazioni con il paesaggio, è tema di fon-
la superficie utilizzabile, aumentando in misura mini-
damentale importanza per dare al tutto una forma
ma il volume fuori terra e recuperando gran parte del
appropriata, un’architettura che sia strettamente ne-
nuovo volume nel livello seminterrato sotto il sedime
cessaria, selezionando elementi utili per relazionarsi
dell’edificio.
con territori così delicati, senza stravolgere la natura e
Si è puntato a un involucro fortemente isolato e a un
l’impianto di “dominio” nel territorio dell’edificio sto-
sistema integrato impiantistico con fonti rinnovabili
rico, già particolarmente attento nel suo inserimento.
e recupero degli apporti energetici “gratuiti” (al mo-
La particolare posizione dell’edificio sui dossi tondeg-
mento i consumi sono più che dimezzati rispetto alla
gianti della Martinella nella zona degli altipiani di Fol-
vecchia struttura).
garia, permette infatti di godere di un paesaggio a 360°
81
Rifugio Baita Tonda sul Monte Martinella (Folgaria, Trento, 1640 m)
sul panorama dalle Dolomiti venete e trentine, fino
magazzini e vani tecnici; livello terra con il bar, sala ri-
alle vette lombarde e dell’Alto Adige, con l’emergere
storante, servizi igienici, cucina, distribuzione ai piani
in primo piano del Pasubio, delle Dolomiti di Brenta e
e doppio accesso con collegamento alla terrazza pa-
del Gruppo dell’Adamello. Il progetto ha cercato così
noramica.; livello sottotetto dove è stata ricavata una
di reinterpretare il vecchio impianto, potenziarlo, am-
camerata da 8-10 posti letto e bagno comune. Sono
pliarlo, per dare coerente sviluppo alle relazioni con
stati definiti una serie di settori incastonati rispetto al
gli affacci e gli orientamenti, proiettando i vari settori
fulcro del camino che si proiettano in modo differen-
e la terrazza su determinati coni visuali, mantenendo
ziato verso il paesaggio nei tre livelli.
però la centralità dell’impianto in un ambiente più ac-
SOSTENIBILITÀ. Le scelte di carattere energeti-
cogliente attorno allo storico camino, vero fulcro del
co-ambientale costituiscono una parte essenziale
sistema. Le scelte sono dunque state conseguenti la
dell’intervento per concepire l’edificio in modo consa-
naturale evoluzione d’impianto della vecchia struttura
pevole e attento agli equilibri ambientali, senza però
all’interno dei limiti di proprietà, sfruttando i dislivelli
superare un limite pratico nelle soluzioni (impiantisti-
del terreno per ottenere i tre livelli in base all’altezza
che e costruttive) che avrebbe reso più complessa la
concessa dagli strumenti urbanistici. La presenza
gestione con manutenzioni costose, visto anche l’uso
della nuova seggiovia sul fronte nord-est ha spinto a
stagionale della struttura. Queste scelte hanno per-
riorganizzare su questo lato i punti di accesso visibili
messo di abbattere sensibilmente i consumi e quin-
dai percorsi di arrivo al rifugio, concentrando su tutte
di il carico inquinante dell’edificio, accrescendone il
le restanti esposizioni l’apertura degli ambienti verso
comfort interno e la vivibilità, con una superficie utile
il paesaggio. Oltre al mantenimento del camino cen-
superiore di tre volte rispetto alla situazione preesi-
trale come fulcro, le caratteristiche della distribuzione
stente. Con questa impostazione si sono anche abbat-
del nuovo impianto hanno riguardato sia l’ottimizza-
tuti i costi di gestione della struttura, utilizzando fonti
zione e separazione dei percorsi dei clienti e del per-
energetiche rinnovabili.
sonale, sia la differenziazione per livelli tra zona gior-
COSTRUZIONE. La gestione del progetto è stata
no e zona notte, nonché tra zone di chi sosta o di chi è
finalizzata a ottimizzare il cantiere, riducendo i pro-
solo passaggio.
blemi legati all’accessibilità all’area, concentrando i
L’impianto circolare del rifugio, adagiato sui dossi di
tempi di esecuzione in funzione delle condizioni cli-
sommità della punta Martinella, sfrutta un salto di
matiche in quota (neve per sei mesi) e riducendo i co-
quota del terreno, individuando tre livelli: seminter-
sti. Le scelte adottate hanno permesso di concentrare
rato dove trovano posto le camere e la sala ristoro
la fase realizzativa tra maggio e novembre del 2010,
per chi pernotta, servizi per i clienti e per il personale,
tenendo chiusa la struttura di fatto solo nella stagione
82
estiva. L’intervento è stato organizzato con un accura-
DOTAZIONI. La concezione impiantistica è ad alta
to programma lavori, puntando alla prefabbricazione
efficienza energetica e forte sostenibilità ambientale,
strutturale per rispondere a quattro problematiche
attraverso un sistema integrato di più fonti rinnovabili
principali: rapidità di montaggio; ottimizzazione dei
per produzione di acqua calda sanitaria e riscalda-
trasporti per le difficoltà di accesso all’area di cantie-
mento costituito da due pompe di calore a sei sonde
re in quota, utilizzando mezzi di dimensioni ridotte,
geotermiche, un impianto solare termico a pannelli, un
passando attraverso strade forestali/militari e tratti
sistema di recupero del calore aria/acqua del caminet-
di piste da sci; organizzare con massima efficienza il
to centrale attraverso uno scambiatore. Il trattamento
turnover delle squadre e la contemporaneità d’esecu-
aria utilizza un impianto di ventilazione interna ad alta
zione di specifiche lavorazioni interdipendenti, per la
efficienza con recupero del calore, per gli ambienti
necessità di non rallentare le fasi di montaggio con gli
pubblici e cucine. Il sistema di gestione delle acque si
impianti; seguire una filosofia di filiera corta per una
basa su un doppio circuito a doppia cisterna: una per
riduzione dei costi e tempi d’intervento delle ditte lo-
il recupero delle acque meteoriche utilizzate per le va-
cali, puntando alla valorizzazione delle eccellenze lo-
schette dei wc, una per le acque potabili collegata alla
cali, con un’immediata ricaduta positiva nel territorio.
linea dell’acquedotto, garantendo un’autonomia alla
Strutturalmente, per la parte fuori terra si è optato
struttura anche per eventuali periodi d’interruzione di
per un pacchetto portante in pannelli prefabbricati in
fornitura. I due sistemi sono gestiti con compensazio-
legno Xlam coibentati e rivestiti, nella pelle ventilata
ne per quello meteorico nel caso di carenza di precipi-
esterna, con pannelli in pasta di vetro intonacati (per
tazioni, nonché con regolatori di flusso. Il trattamento
resistere all’effetto di gelo e disgelo) e con doghe in la-
degli scarichi beneficia di una nuova linea di collega-
rice; la parte seminterrata è invece in cemento armato
mento alla rete fognaria comunale. Il sistema è munito
a doppia lastra. L’involucro risulta altamente isolato e
di de-grassatore per gli scarichi delle cucine e sistema
ventilato anche nella copertura, con un rivestimento
di triturazione e doppio pompaggio per i reflui al fine
in alluminio decappato ad alta resistenza. Le scelte co-
di evitare problemi di ostruzioni e ristagni sulla linea
struttive si possono quindi così riassumere: involucro
fino a fondo valle. Il carico inquinante della struttura
fortemente isolato; stratigrafie con pacchetti ventilati
in quota è stato quasi completamente abbattuto.
e intonaci su pannelli in pasta di vetro idrorepellenti;
murature e solaio controterra coibentato e impermeabilizzato; lattonerie di copertura ad alta resistenza.
Rifugio Baita Tonda sul Monte Martinella (Folgaria, Trento, 1640 m)
Marcello Lubian
LA-studio
83
L’AMPLIAMENTO
DEL RIFUGIO BOÈ
La SAT è il più grande gestore di rifugi in Trentino, con 31
zato in val di Fassa, si trova al centro del Gruppo Sella a
alpini, 4 escursionistici e 15 bivacchi, oltre a varie strut-
2873 m d’altitudine, sulle Dolomiti orientali. Il contesto
ture minori. Ruolo dell’ufficio tecnico è la progettazione
in cui sorge è isolato e lunare, dato l’ambiente calcareo
di ristrutturazioni e nuovi edifici e la risoluzione di varie
che peraltro provoca difficoltà nell’approvvigionamento
problematiche edilizie, soprattutto legate alle questioni
idrico, un tempo facilitato dall’oggi scomparso ghiaccia-
gestionali pratiche e quotidiane, dato lo stretto contatto
io limitrofo. Il rifugio è stato devastato durante la Grande
con i gestori delle strutture. Tale interazione diretta nella
guerra, successivamente alla quale è stato acquisito dalla
soluzione di problemi spiccioli costituisce un consistente
SAT che nel 1924 lo ha ristrutturato e reso nuovamente
bagaglio di esperienze che si rivela molto utile nella pro-
agibile. Negli anni ci sono stati diversi lavori di aggiorna-
gettazione. Negli ultimi 25 anni la SAT ha effettuato 18
mento e ampliamento (spesso autogestiti dai soci), come
ampliamenti o risanamenti e 8 ricostruzioni; la scelta tra
nel 1967 quando fu aggiunto a integrazione del salone un
la via del mantenimento della preesistenza o della riedi-
corpo in legno e metallo il cui tetto collassò nell’inverno
ficazione ex novo dipende dalla valenza storico-culturale
seguente, a dimostrazione delle difficoltà costruttive in
del nucleo originario. È evidente che i nuovi interventi
alta quota. Nel 1992 viene dotato di un importante ed
possono contare su una migliore qualità estetica e su più
efficiente impianto sperimentale per la depurazione dei
elevate performance energetiche e tecnologiche; è però
reflui che oggi consente il riutilizzo delle acque depurate
difficile ricreare nel moderno quell’atmosfera di calore
come acque grigie.
propria di una vecchia stanza in legno.
L’attuale scelta progettuale del Boè va nella direzione del
Qui presentiamo il progetto per l’ampliamento e l’ade-
mantenimento e della valorizzazione di tale nucleo sto-
guamento del rifugio Boè, il cui impianto originario risale
rico originario e dell’abbattimento e rimozione delle ag-
al 1894 per mano del Deutscher Alpenverein; localiz-
giunte susseguitesi nel tempo per tornare alla situazio-
Rifugio Boè sul Gruppo Sella (Canazei, Trento, 2871 m): foto d’epoca e attuale
84
ne volumetrica del 1924. Vi si accosta un nuovo volume,
presenze. In particolare, in un ampio piano seminterrato
costruito con caratteristiche e tipologie attuali, collegato
molto coibentato e discostato dalla struttura sono sta-
alla preesistenza da un corpo vetrato che funge da “cu-
ti concentrati i servizi e i locali tecnici “fastidiosi” come
scinetto” e da serra di captazione solare. Fino agli anni
i depositi, i cogeneratori termici (per elettricità e acqua
Sessanta il rifugio ha conservato un’impronta soprattut-
calda), il locale immondizie, il deposito del gas; il fine di
to alpinistica; in seguito, la realizzazione della funivia ha
un locale di deposito e servizio ben organizzato è quello
considerevolmente ampliato la gamma e i numeri d’u-
di ridurre i viaggi in elicottero necessari alla gestione ge-
tenza, snaturando in parte la funzione originaria. Durante
nerale. Sotto il rifugio, per ragioni d’isolamento termico,
l’estate il rifugio – comodamente raggiungibile in un’ora
sono invece posti i serbatoi dell’acqua. All’ingresso del-
di cammino dalla stazione a monte della funivia – è di-
la struttura si trova il locale asciugatoio e deposito zaini;
ventato sostanzialmente un bar ristornante frequentato
successivamente una sala da pranzo compartimentata in
da frotte di turisti, per recuperare solo alla sera i ritmi più
tre sottospazi, per ragioni di risparmio nel riscaldamen-
caratteristici di un ricovero in quota.
to dei locali. Ci sono poi le stanze, nella parte storica per
Un’altra necessità, spesso sperimentata nei rifugi SAT, è
l’utenza e nella parte nuova gli appartamenti del gestore
l’adeguamento delle strutture a un uso anche invernale,
e del personale. Anche se le richieste dei frequentatori
data la sempre più pressante richiesta di fruizione della
vanno sempre più verso le camerette singole, si è deciso
montagna (ciaspole e scialpinismo, in forte crescita); ma
di riproporre la camerata, come tipologia tipica del rifu-
in inverno si verificano diversi problemi gestionali, legati
gio. Come materiale da costruzione principale del nuovo
ovviamente alla disponibilità idrica e al gelo. Le sue ca-
volume si è scelto il larice naturale che, anche se si ossida,
ratteristiche di utilizzazione non sono poi costanti bensì
non riscontra problemi di manutenzione continua. Verso
schizofreniche, legate al meteo o alle corse della funivia:
sud l’ampliamento è dotato di una copertura in alluminio
la nuova struttura deve essere concepita e dimensiona-
rivestita da un impianto fotovoltaico; a causa delle cospi-
ta anche rispetto a tutte queste situazioni. Attraverso la
cue esigenze energetiche, il rifugio non riesce però a es-
collaborazione tra tecnici della SAT, della Provincia au-
sere totalmente autonomo energeticamente e l’impianto
tonoma di Trento e del consorzio Habitech, ma soprat-
necessita di un’integrazione tramite i cogeneratori. La
tutto grazie alla costante e imprescindibile presenza del
scelta della politica di fondo della SAT va in direzione del-
gestore si è potuta attivare una progettazione integrata
la spartanità, affinché sia la montagna a educare il fondo-
della nuova struttura che spaziasse dal risanamento
valle con la sua umiltà e semplicità.
dell’edificio storico, alla gestione energetica, all’aggiornamento normativo, al miglioramento degli standard
abitativi e energetici, all’adeguamento a un uso invernale,
alla possibilità compartimentare l’edificio in relazione alle
Rifugio Boè sul Gruppo Sella (Canazei, Trento, 2871 m): progetto di ampliamento
Livio Noldin
Ufficio tecnico SAT
85
L’AMPLIAMENTO
DEL RIFUGIO ALIMONTA
Io sono sia il progettista dell’ampliamento del rifugio
nata un’indagine storico-tipologica del luogo: com’e-
Alimonta ma anche il gestore, figlio e nipote di coloro
ra nato, come si è sviluppato negli anni, quali sono le
che lo realizzarono. Tale progetto è il naturale com-
sfide che l’attendono nel futuro. Elemento basilare,
pletamento di un iter iniziato nel 2004, comprenden-
lo studio dell’orografia. Se da un lato non possiamo
te il rifacimento della teleferica e la ristrutturazione
infatti realizzare nuovi scavi nella roccia, dall’altro è
dell’intero rifugio, compreso l’intero apparato tecno-
giocoforza sfruttare i dislivelli. Accorgimenti che ci
logico. Il lavoro è stato ispirato da due principi: cerca-
permettono di ottimizzare i costi e ridurre l’impatto
re di accorpare il più possibile tutti i servizi (in primis
ambientale. Ma nel frangente ci siamo occupati anche
quelli idrico ed elettrico), nell’intento di garantire fun-
d’indagare gli ombreggiamenti, perché siamo all’in-
zionalità e semplicità. Già, perché nei rifugi i tecnici
terno di una conca tutta circondata da montagne. Ne
non sono a portata di mano ma possono ritardare il
è scaturita una precisa mappa che ci ha indicato dove
loro arrivo anche diversi giorni. Così, le nuove opere
posizionare i pannelli sulle falde del tetto esistente.
consentono di assicurare la funzionalità della “mac-
Era importante non realizzare nuove superfici: sareb-
china rifugio” per tutti coloro che ne devono fruire.
bero state difficilmente raggiungibili e dotate di un
Il rifugio si trova nel cuore del Brenta, a 2600 metri.
non trascurabile impatto ambientale.
È privato, fin dall’origine appartenente alla mia fa-
La situazione di partenza non era propriamente ot-
miglia che lo realizzò nel 1964. Il progetto non pote-
timale. Come si faceva una volta, nell’avvallamento
va non tener conto di queste caratteristiche. Da qui è
della roccia trovavano posto le vasche dell’acqua, nel
Rifugio Alimonta alla Vedretta degli Sfulmini (Ragoli, Trento, 2580 m): foto d’epoca e attuale
86
3.000 litri portato a temperatura attraverso quattro
stati diversi “a cascata”. Il primo è rappresentato dalla
cogenerazione dei gruppi elettrogeni, che collaborano con i pannelli solari. In questo modo l’ultimo stato,
quello che prevedrebbe l’utilizzo della caldaia a gas,
raramente trova operatività. Ma è pur sempre presente, qualora per diversi giorni le condizioni meteo impediscano la generazione dell’energia solare. Il tutto,è
“protetto” e ottimizzato dal posizionamento di resistenze: un commutatore elettronico valuta il consumo
istantaneo del cogeneratore e ricerca un equilibrio di
consumo. Ne conseguono la continuità di percorso
dell’energia e l’ottimizzazione del consumo dei gruppi
elettrogeni. Ma non solo: anche la riduzione dei picchi
che non giovano all’operatività dei motori e un ulteriore apporto termico alla nostra acqua. Ulteriore dettaglio, il fatto che questo sistema operi su una dopRifugio Alimonta alla Vedretta degli Sfulmini
(Ragoli, Trento, 2580 m): l’ampliamento tecnico con un interno
pia tecnologia: fotovoltaica e solare. Ciò per garantire
anche l’utilizzo invernale. L’impianto non verrà infatti
spento ma continuerà a operare per scongiurare il
congelamento dei locali.
nostro caso ricoperte da una tettoia. I gruppi elettro-
ACQUA CORRENTE. Prima dei lavori, disponeva-
geni venivano posizionati lontani, perché non ancora
mo di una vasca da 30.000 litri ma spesso, verso fine
silenziati. E poi, le cisterne del gasolio e i depositi di
stagione (dai primi di settembre) l’apporto idrico ces-
legna. Sparpagliati qua e là. Insomma, vedere in un
sava. Appare ovvio come l’acqua sia un servizio indi-
contesto così suggestivo una serie di manufatti disor-
spensabile e non potevamo certo dire ai nostri clienti:
dinati e per di più di qualità non eccelsa, non era un
“Non potete utilizzare i servizi igienici, le docce non
bello spettacolo. Ecco allora l’idea dell’accorpamento
funzionano, la cucina opera in modalità ridotte”. Così,
e dell’ampliamento. Sulla premessa che grazie a una
più di una volta abbiamo dovuto chiudere in anticipo,
legge provinciale già avevamo predisposto la “griglia-
interrompendo anche anzitempo la rassegna “I rifugi
tura” per il trattamento dei reflui di bagni e cucina. Eb-
del gusto”.
bene, le nuove opere sono state integrate con questo
Proprio per scongiurare il ripetersi di tali inconvenien-
lavoro. La domanda di base era sempre la stessa: “Che
ti, abbiamo posizionato una nuova vasca da 70.000
cosa fare per aumentare la funzionalità e la tranquilli-
litri che, speriamo, sia sufficiente per il nostro inte-
tà gestionale del rifugio”? Ed ecco le risposte.
grale fabbisogno. A tal proposito non si può dimenticare che il nevaio sovrastante il rifugio, verso la Boc-
ACQUA CALDA. Possedevamo un impianto foto-
ca d’Armi, è in continua fase di ritiro. Questo nuovo
voltaico da 7kW, dotato di un parco batterie che ci
punto di raccolta trova posto a livello del suolo ed è
consentiva l’utilizzo dell’energia d’emergenza 24 ore
totalmente integrato nell’orografia del luogo. Sopra di
su 24. Ma quando la cucina è in funzione dobbiamo
esso si aprono nuovi locali tecnologici. A tal riguardo
obbligatoriamente disporre di gruppi elettrogeni. Ab-
giova precisare come tale porzione di terreno non sia
biamo dunque pensato d’installare dei cogeneratori
di nostra proprietà ma ricompresa nella titolarità delle
che recuperano l’energia in eccesso e l’impiegano per
Regole di Spinale e Manez. Su di essa, noi beneficia-
riscaldare l’acqua. Si è così realizzato un accumulo di
mo di un diritto di superficie. Tale stato giuridico ha
87
imposto che qualsiasi intervento non potesse com-
sima energia elettrica. Quest’ultima, solo per azionare
portare un aumento della capacità ricettiva ma solo
i ventilatori; sistema che permette il funzionamento
l’edificazione di ambienti tecnici. In essi trovano posto
anche a gruppi elettrogeni spenti. In ogni caso, i tempi
anche l’autoclave a doppio motore, per evitare che l’a-
di asciugatura dovrebbero essere rapidi. Noi abbia-
varia di uno interrompa il flusso idrico. Il tutto regola-
mo una ricettività di 90 persone ed è ovvio come non
to da una particolare centralina che alterna l’uso dei
fosse possibile realizzare stanze che le contenessero
due motori istantaneamente litro per litro, garantendo
tutte simultaneamente. È dunque giocoforza che i be-
anche l’equilibrio di mandata e il richiamo dell’acqua
nefici portati da queste scelte avvengano nel più bre-
solo quando serve.
ve tempo possibile, in modo da assicurare una celere
TROCKENRAUM. L’ottimizzazione funzionale ha
turnazione.
visto anche la realizzazione di due stanze d’asciu-
Ecco riassunta nei vari interventi la “filosofia” enun-
gatura per gli indumenti dei clienti (spesso sorpresi
ciata all’inizio: ottimizzare la funzionalità del rifugio
da estemporanei temporali), i cosiddetti “Trocken-
nel pieno rispetto ambientale. Così, dal “cubetto sassi
räume”: una vera e propria installazione pilota. Basti
e pietra” del 1968, struttura molto complessa a livello
pensare che, prima della nostra adozione, era stata te-
di gestione e praticità, siamo arrivati nel 2013 a una
stata solo a livello informatico: speriamo funzioni! La
costruzione esteticamente non molto diversa, sebbe-
sua tecnologia è mutuata dagli impianti di deumidifi-
ne più ampia. Ma con dotazioni decisamente all’avan-
cazione delle piscine: utilizzano acqua calda e pochis-
guardia ed ecosostenibili.
Raffaele Alimonta
Architetto
88
LA PROTEZIONE DELL’INVOLUCRO
EDILIZIO IN ALTA QUOTA
Siamo lieti d’intervenire in questo convegno in qualità
con una piccola base in calcestruzzo di 6 m di diame-
di partner tecnico portando un contributo nel merito,
tro, la struttura del bivacco, completamente realizzata
legato al costante impegno della nostra azienda nei
in legno, racchiude un volume di circa 60 mc.
confronti della ricerca, sperimentazione e applicazio-
Dopo 30 anni di esposizione alle intemperie la coper-
ne di soluzioni di rivestimento in grado di rispondere
tura in tegole bituminose ardesiate è stata oggetto di
idoneamente alla sfida posta dalle costruzioni estre-
risanamento nell’estate 2009: è stato realizzato un
me, nella fattispecie rifugi e bivacchi alpini.
nuovo involucro onde fasciare la copertura esistente,
Al di là del contributo alla ricostruzione del rifugio
con una sottostruttura ventilata in legno rivestita con
Baita Tonda, illustrato prima, per quanto concerne il
le scandole PREFA nel colore antracite.
manto di copertura, ecco due esempi di ristrutturazio-
Tale prodotto, insieme al rivestimento per faccia-
ni in alta quota che hanno visto l’utilizzo di elementi in
ta PREFA nello stesso colore, è stato scelto per la
alluminio PREFA, nell’obiettivo di coniugare tradizio-
sua elevata qualità, le performance di resistenza agli
ne e innovazione, mantenendo il carattere peculiare
agenti atmosferici e soprattutto per la sua leggerezza
dello straordinario ambiente circostante.
e maneggevolezza, dato che tutti i materiali sono stati
Il primo caso riguarda il bivacco Igloo, installato nel
trasportati sul posto in elicottero.
1975 sul versante svizzero delle Alpi Pennine (Canton
Il secondo caso riguarda il rifugio Arciduca Giovan-
Vallese) a 3280 m, sulla sommità del ghiacciaio Pan-
ni (Erzherzog Johann Hütte), situato al confine fra i
talons Blancs. Dalla caratteristica forma ottagonale,
Länder austriaci del Tirolo, del Salisburghese e della
Bivacco Igloo al ghiacciaio dei Pantalons Blancs (Arolla, Svizzera, 3280 m) prima e dopo la ristrutturazione
89
Carinzia. Costruito nel 1879 e inaugurato l’anno suc-
L’elevata resistenza è coniugata alla leggerezza (ele-
cessivo sul versante sud-est del Grossglockner, la
mento importante per le ristrutturazioni): un tetto
vetta più alta dell’Austria (3798 m), della cui via nor-
PREFA pesa circa 2,5 kg/mq, mentre uno tradizionale
male è il punto d’appoggio, nei successivi 125 anni il
pesa circa 45 kg/mq. Gli elementi per coperture in al-
rifugio è stato oggetto di continui ampliamenti per il
luminio PREFA sono garantiti 40 anni contro rottura,
costante e massiccio aumento dei frequentatori.
corrosione, ruggine e congelamento, nelle condizioni
Nel 2006 si è reso necessario intervenire anche sulla
indicate nel certificato di garanzia e nel caso di colori
copertura: occorreva disporre di un manto resistente e
P.10 anche contro la scheggiatura, la sfaldatura, la for-
leggero, i cui elementi fossero facilmente trasportabili
mazione di bolle e la rottura della verniciatura.
in quota e si potessero montare anche in condizioni
ambientali estreme.
Vi era inoltre da affrontare il problema principale che
si riscontra nei progetti di recupero del costruito: riuscire a tessere un legame tra l’identità del passato e
l’intervento presente che guarda verso il futuro.
Si è optato per la tegola in alluminio PREFA, passando
così da un manto esistente e di valore “riconosciuto”
(scandole in legno), a uno dal design innovativo e di
alta qualità tecnica che rendesse la nuova copertura
adatta al fabbricato preesistente.
I sistemi per coperture PREFA in alluminio sono estremamente leggeri ma al contempo offrono un’elevata
resistenza alle intemperie. Gli elementi di copertura
come le Tegole, le Scandole o le Scaglie PREFA sono
dotati di un particolare sistema di fissaggio a scomparsa con graffette brevettate che, assieme all’opportuna posa sfasata e alla collaudata tecnica ad aggraffatura doppia, permette al tetto di resistere a raffiche
di vento fino a 235 km/h.
Erzhezog Johann Hütte al Grossglockner (Austria, 3798 m) dopo il
rifacimento del manto di copertura
Stefano Nardelli
PREFA
90
COSTRUZIONI IN LEGNO
PER L‘EDILIZIA MONTANA
ARCA (acronimo di ARchitettura Comfort Ambiente;
www.arcacert.com), la certificazione di qualità per le
costruzioni in legno, è nata dalla volontà della Provincia autonoma di Trento di promuovere la filiera strategica foresta-legno-energia. ARCA certifica costruzioni, sopraelevazioni e ampliamenti oltre a prodotti,
sempre in legno, quali porte finestre e pannelli X-Lam,
secondo quattro livelli: Green, Silver, Gold, Platinum.
ARCA valorizza gli edifici con struttura portante in legno attraverso un regolamento tecnico che ne misura
in maniera chiara e puntuale le prestazioni – in termini di sicurezza contro il sisma e il fuoco -, il comfort,
l’efficienza energetica e la sostenibilità.
Secondo il regolamento tecnico, gli edifici che possono fregiarsi del marchio ARCA devono rispondere a
un set di tredici requisiti raggruppati in tre categorie:
prestazioni tecniche (sicurezza antisismica, resistenza al fuoco, efficienza energetica, isolamento acustico, permeabilità all’aria, ventilazione/comfort con recupero del calore); gestione dell’edificio (regole della
qualità costruttiva, piano di manutenzione, polizza
assicurativa postuma decennale); sostenibilità (legno
certificato, programma di progettazione integrata,
bassa emissione di componenti organici volatili, produzione locale).
Fulcro strategico per il sistema di certificazione ARCA
è ARCA Academy, Centro di formazione continua per
gli operatori della filiera edile. ARCA intende favorire,
diffondere e consolidare le competenze che consentano al sistema di proporsi al mercato del legno con
risorse coerenti ai propri principi: qualità, buone pratiche, identità.
Rifugio Viòz Mantova in Val di Sole (Peio, Trento, 3535 m): foto d’epoca, di cantiere e attuale
91
Il legno ben si presta alla realizzazione di baite e rifu-
zie al partner costruttore ARCA Rossaro Costruzioni
gi, per le sue potenzialità espressive a livello proget-
di Tione fu portato a termine – dopo 10 mesi effettivi
tuale, per la sua leggerezza che offre la possibilità di
di lavori distribuiti su 4 anni – un intervento all’epoca
movimentazione su luoghi più difficili da raggiungere,
pionieristico nell’ambito della costruzione ecososte-
per la sostenibilità che caratterizza sia il materiale sia
nibile, tanto più in alta quota: il rifugio Mantova presso
la cultura del costruire con una rinnovata attenzione
la Cima Viòz, in Val di Sole (Comune di Peio). Situato
all’ambiente. In tal modo il rifugio si armonizza con il
all’interno del Parco nazionale dello Stelvio nel grup-
contesto montano circostante, mentre il naturale ab-
po Ortles Cevedale, con i suoi 3535 m è il più alto dei
braccio del legno garantisce comfort abitativo e acu-
rifugi della SAT, nonché il più elevato delle Alpi Orien-
stico, salubrità e calore.
tali. Risalente al 1911 e più volte ristrutturato, negli anni
ARCA accredita partner costruttori di edifici civili e
Novanta necessitava di essere ricostruito.
residenziali ma anche di baite e rifugi, che diventano
Il progetto dell’ingegner Valter Paoli (per 60 posti let-
esempio di qualità a livello architettonico e prestazio-
to) vide la realizzazione di una struttura in legno la-
nale. In questo convegno è stato presentato dal pro-
mellare rivestita in rame.
gettista Marcello Lubian il caso della ristrutturazione
Minimi gli impatti ambientali grazie a un sistema di
del rifugio Baita Tonda, la cui struttura in legno si deve
purificazione delle acque e di raccolta e smaltimento
al partner costruttore ARCA Rasom (azienda della Val
dei rifiuti, nonché a un generatore a gas gpl – messo
di Fassa che già annovera, tra gli interventi analoghi,
a punto dal Centro ricerche Fiat – in grado di produr-
la ricostruzione/ristrutturazione dei rifugi Contrin e
re contemporaneamente 15 kilocalorie/ora di acqua a
Roda di Vaèl in Trentino, CAI Aprica a Sondrio, So-
80° e 7,5 KW di corrente, integrato da 30 pannelli fo-
reghes a San Cassiano in Badia, Belvedere a Selva di
tovoltaici disposti in copertura.
Cadore e Nordio a Tarvisio).
Tali caratteristiche permisero all’opera di aggiudicarsi
L’impegno per la valorizzazione dell’edilizia in legno
l’edizione 1996 del Premio di architettura “Costruire in
si può far risalire all’ormai lontano 1996 quando, gra-
Trentino”.
Stefano Menapace
ARCA
92
DIBATTITO
Vinicio Ruggeri
Vorrei rivolgere una domanda ai progettisti del Goûter
Duca degli Abruzzi che negli anni Sessanta era costi-
ai quali va la mia ammirazione per le qualità tecniche. È
tuito da una baracca in metallo a sezione pentagonale
stato necessario proteggere il cantiere durante i mesi
leggermente svasata, coibentata in amianto, resisten-
invernali prima che l’edificio venisse completato? L’al-
te ai venti e ai carichi di umidità. Il vecchio rifugio non
tra osservazione che volevo fare riguarda i linguaggi
era più adeguato per comfort e ricettività: era dotato
architettonici di rifugi in alta quota che propongono
di sala da pranzo con una ventina di posti letto, cucina,
forme nuove e che escono dallo schema della malga
bancone bar e, sul retro, una camera da letto con letti
alpina. Mentre invece i rifugi a quote inferiori sareb-
a castello per un totale di 15-16 posti. Una quindicina
bero ancora molto legati a questo schema (la casa con
d’anni fa la sezione decise di demolirlo e ricostruirlo.
tetto a due falde, pietre e legno...).
Credo che la qualità edilizia dei rifugi dipenda sicuramen-
La motivazione vera credo risieda nelle condizioni
te dalla disponibilità finanziarie del proprietario ma molto
meteorologiche molto più severe che impongono a
anche dalle cariche innovative e dal coraggio di tutti gli
strutture come il Gervasutti e il Goûter un altro ap-
attori locali. Quando abbiamo presentato in commis-
proccio. Questa è un po’ la chiave d’interpretazione.
sione edilizia il progetto del nuovo rifugio, l’ente parco,
Credo che una baita in pietra nel sito dove si trova il
i gruppi territoriali e quelli ambientalisti hanno imposto
Goûter non avrebbe vita lunga.
una tipologia edilizia che assomiglia a una bella casina di
La seconda parte del mio intervento interessa un’e-
montagna con la pianta rettangolare, il tetto a due falde,
sperienza negativa di ricostruzione in Appennino
fondazioni in calcestruzzo, mattoni Poroton per le mu-
dove una cultura architettonica dei rifugi dal punto di
rature e rivestimento in pietra. Abbiamo riscontrato che
vista ingegneristico ed edilizio si deve ancora affer-
l’edificio non era adeguato a quelle condizioni climatiche.
mare.
Durante l’inverno il cantiere è rimasto incustodito e non
La sezione di Bologna, di cui sono presidente [fino
protetto. Le murature si sono ammalorate già in fase di
all’estate 2013; n.d.r.] è proprietaria di due rifugi. Uno
costruzione e oggi c’è un problema continuo di manu-
è il Franco Cavazza al Pisciadù, nel Gruppo del Sella
tenzione, deumidificazione e isolamento. Inoltre le pareti
(2585 m), a un paio d’ore dal rifugio Boè, di cui si è
verticali rivestite in pietra subiscono una forte pressione
parlato poco fa. L’altro è a 1800 m, sul crinale appen-
del vento che favorisce la penetrazione dell’umidità e la
ninico tra il Corno alle Scale e il Monte Cimone. Quel
copertura in lamiera del tetto deve essere continuamente
crinale vede il passaggio delle perturbazioni atlanti-
ripresa.
che e la velocità del vento arriva a 180 km/h. Nel sito,
Se ci fosse stata una carica innovativa e più coraggio
sulle rive di un laghetto, dove s’incontrano le province
avremmo forse potuto costruire un edificio più adeguato
di Modena, Bologna e Pistoia noi abbiamo il rifugio
al sito.
93
Alberto Winterle
Claudio Fabbro
Vedendo gli esempi delle realizzazioni presentate nel-
Da funzionario della Provincia autonoma di Trento
le diverse relazioni, emerge l’importanza di trovare un
mi occupo di strutture alpinistiche e nutro un’ammi-
equilibrio tra tradizione e innovazione.
razione sconfinata per i rifugi d’alta quota delle Alpi
Tuttavia, vedendo l’esempio proposto dalla SAT per
Occidentali. I nostri rifugi sono qualcosa di diverso. In
il Boè, sento l’esigenza e la necessità di chiedere alla
un rifugio c’è il momento in cui si entra e in cui si esce.
SAT più coraggio quando mette mano a un rifugio con
Se un nostro ospite ne esce senza il pensiero conscio
interventi sostanziali.
o inconscio di tornarci appena possibile, vuol dire che
Ciò non vuol dire seguire banalmente la ricerca di un
qualcosa non ha funzionato. È un dato di fatto. Gli al-
linguaggio iper contemporaneo o iper tecnologico,
pinisti non tornano nei rifugi. Anzi, in molti interventi
bensì trasformare tali opportunità in occasioni di la-
di questo convegno si sostiene che gli alpinisti hanno
voro e confronto tra progettisti e gestori per definire
abbandonato i rifugi e sono in calo vertiginoso. Ma
insieme quale possa essere il futuro dei rifugi e più in
siamo sicuri che non sia avvenuto il viceversa? Che
generale della nostra montagna.
non siano i rifugi che hanno abbandonato gli alpinisti
Lo strumento del concorso di progettazione, che noi
per rincorrere il cliente “mordi e fuggi” a cui sommi-
caldeggiamo, permette un confronto aperto e trasfor-
nistrare una ristorazione veloce? Lancio poi una pro-
ma un’occasione progettuale in occasione di confron-
vocazione. Ricordate l’adagio “la guerra è cosa tropo
to culturale.
seria per lasciarla in mano ai generali”? I nostri rifugi
sono troppo importanti per lasciarli in mano solo agli
architetti, agli architetti di città.
Altro argomento è la classificazione dei rifugi: pro-
Carlo Piccoli
pongo una distinzione tra quelli raggiungibili esclusi-
Sono architetto socio della sezione universitaria della
vamente a piedi e gli altri.
SAT (SUSAT).
Quanto al concetto di lusso, è un termine che non
In gioventù ho collaborato alla gestione estiva che la SU-
amo; preferirei mutarlo in “aumento delle dotazioni”,
SAT faceva del rifugio Torquato Taramelli.
sebbene ciò comporti un’enorme crescita delle pra-
Da neoarchitetto fui impegnato in una proposta di am-
tiche burocratiche da adempiere. Sono giusti 70/80
pliamento mai realizzata, forse proprio per le ragioni che
kW in un rifugio d’oggi? Dove stiamo andando? Lan-
il collega Winterle ha appena enunciato.
cio allora una proposta alla SAT: sperimentiamo un ri-
Il Taramelli risale al 1904.
fugio “francescano” minimale, essenziale, che diventi
Ogni momento culturale (perché architettura vuol dire
il luogo – nell’immaginario – di una sobrietà solenne.
far cultura anche se in montagna) è legato al linguaggio
di quel momento.
Credo che la presentazione degli ultimi interventi in Trentino sia assai interessante sotto il profilo tecnico ma que-
Hervé Dessimoz, Thomas Buchi
sti dicono assai poco sotto il profilo architettonico.
In merito all’aspetto estetico dei rifugi, notiamo che
Il cubetto della SAT era un prototipo ed è stato proposto
finalmente la gente si pone il problema. Non si tratta
in ambienti dai 1300 ai 1800 metri in ambienti come la
della querelle tra gli antichi e i moderni al fine di sa-
Presanella, i Monzoni... All’epoca una costruzione in pie-
pere perché ci siano dei rifugi che assomigliano agli
tra a tetto piano standardizzata era avveniristica.
chalet o altri, come il nostro del Goûter, che invece pa-
Credo che il linguaggio architettonico in media e alta
iono alieni. Io penso che l’architetto, quando approccia
montagna dovrebbe essere consono a esprimere la cul-
il tema del progetto, si deve comportare un po’ come
tura in generale (non solo architettonica) del proprio tem-
l’alpinista di oggi: quando siete in un rifugio escursio-
po.
nistico avete un abbigliamento e un comportamento
94
adatti alla situazione e all’altitudine; ma più si sale e
Vogliamo decidere da che parte stare come uomini su
più conta l’attrezzatura tecnica. Ebbene, anche il no-
questo pianeta? In tale ottica, la questione della forma
stro rifugio si adatta a questa situazione ambientale
diventa veramente relativa. Vi fornisco solo quattro
che si fa più estrema, con un involucro tecnico che
dati: la tipologia del Gervasutti, rispetto a una costru-
funziona come un carapace evoluto in funzione dei
zione analoga delle stesse dimensioni e prestazioni,
materiali e delle tecnologie a disposizione. Tuttavia,
realizzata con le migliori tecnologie di prefabbricazio-
quando l’alpinista entra nel rifugio, si toglie il suo “gu-
ne in legno disponibili oggi in Europa, pesa 40 volte
scio tecnico” per ritrovare il suo aspetto più pretta-
meno. Cercate d’immaginare che cosa ciò significhi in
mente umano; così il rifugio all’interno vuol riprodur-
termini di cantiere. È vero che ci sono delle questioni
re un luogo accogliente, un ambiente completamente
di carattere economico da risolvere ma ci sono anche
naturale che richiama la ragione profonda del termi-
delle questioni generali che prima o poi andranno af-
ne rifugio, ovvero “protezione”, al fine di recuperare
frontate. Con tecnologie che derivano da questi studi
le proprie energie. Poi, quando uscirà, egli indosserà
e obiettivi di performance, oggi in 10 cm si può rea-
nuovamente il suo carapace per affrontare il clima
lizzare una parete in legno che definisce un involucro
esterno, così come fa il rifugio col suo involucro per
passivo il quale non consuma energia se si utilizzano
proteggersi.
i saperi che già possediamo industrialmente a patto
In rapporto al nostro impegno in questo progetto, vor-
che iniziamo un dialogo finalizzato a obiettivi condi-
remmo far passare anche un messaggio più globale:
visi. Anche in merito alle filiere commerciali: oggi cia-
se abbiamo deciso d’investire e affrontare la sfida di
scuna ragiona sulle proprie possibilità individuali. È
un lavoro molto duro anche fisicamente, è per portare
un limite che non mi vergogno a chiamare colpa.
un messaggio al mondo della costruzione in generale.
Il mio invito da appassionato di montagna è che l’aria
Perché sapendo che il 50% dell’energia proveniente
rarefatta ci aiuti a ragionare in maniera più lucida. La
da fonti fossili del pianeta è inghiottito dagli edifici,
montagna non ha bisogno di rifugi, non ha bisogno di
e che la sfida è dunque quella di ridurre le emissioni
noi e saprà anche come scrollarsi di dosso vecchie e
(pensando alla qualità della vita delle generazioni fu-
nuove forme dell’architettura. Abbiamo anche ragio-
ture), ecco che il rifugio del Goûter vuole essere esem-
nato della possibilità di porci nuovi obiettivi riguardo
plare nell’approccio: costruiamo in un altro modo;
al modo in cui vogliamo gestire la nostra presenza fi-
utilizziamo materiali di prossimità come il legno;.ma
sica sul pianeta.
soprattutto, costruiamo edifici che non sfruttino affatto energie fossili, al fine di conservarle per altri usi.
Se è stato possibile lassù, tanto più dev’essere un imperativo nelle nostre città
Stefano Testa
Non posso che associarmi completamente da quanto
dai colleghi progettisti del rifugio Goûter. Vorrei anzi
sottolineare le condizioni di questa distanza. Mi pare
che troppo spesso continuiamo a lasciare le questioni
sepolte da uno strato troppo spesso di cenere e muffa.
La differenza tra il miglior costruire commercializzato oggi e le prestazioni di questi tentativi dispendiosi
dal punto di vista umano e intellettuale sono enormi.
95
Contributi
RIFUGI: IDENTITÀ ARCHITETTONICHE
FRA TRADIZIONI E TRADIMENTI
1
Alcune polemiche su recenti architetture di rifugi sulle
mente continua modificazione, “continuo fluire dell’e-
Alpi sono alimentate dal continuo ricorso alla molto
sperienza di una generazione nelle esperienze delle
praticata contrapposizione tra tradizione e innovazio-
generazioni successive”5, tra un presente e un altro
ne. Considerati come poli opposti portatori d’istanze
presente, nella costante pratica della sua ininterrotta
incapaci di trovare una sintesi, vengono contrapposte
modificazione e innovazione. Considerare la tradi-
nel solco di una pratica che vede nelle avanguardie
zione come qualcosa d’incapace di accogliere l’inno-
artistiche del Novecento e nel Movimento moderno3
vazione è dunque un errore, mentre concepirla come
una fase di particolare fortuna. Da quel momento la
qualcosa d’idealtipico e cristallizzato significa ridurla
tradizione diventa definitivamente sinonimo di fissità,
a stereotipo6 fisso, immutabile, monodimensionale;
passatismo e localismo, mentre l’innovazione di mu-
un’archeologia da adorare e conservare anche nelle
tazione, novità e universalità.
sue meno genuine derive folkloristiche e spettacola-
Tradizione tuttavia deriva dal latino traditio, il cui si-
rizzazioni commerciali.
gnificato può essere tradotto con “consegna” secondo
Così oggi in architettura la “tradizione” diventa spesso
Cicerone, o con “narrazione” secondo Tacito ; in en-
un catalogo di puri espedienti retorici linguistici, un
trambi gli usi vi è dunque l’idea di un passaggio da un
repertorio di forme che, senza attenzione alcuna alle
antecedente a un conseguente attraverso un’azione.
motivazioni che ne giustificano la permanenza, viene
Un’azione che, nel caso esemplificativo del racconto,
declassato a repertorio dialettale immutabile. Questo
non si limita a traslare nel tempo una vicenda ma la
tradimento della tradizione permea l’intero campo
pratica, la svolge e pertanto la modifica nell’atto del
d’azione e indagine dell’architettura contemporanea
racconto stesso. La tradizione è dunque etimologica-
sulle Alpi e affiora in maniera lampante, con tutte le
2
4
Tradizione e tradimento hanno la stessa radice etimologica, come ricordato da Ernesto Nathan Rogers in Tradizione e attualità (cfr. E. N. Rogers,
Esperienza dell’architettura, Skira, Milano, 1997).
2
Ci si riferisce ad alcuni celebri progetti contemporanei di rifugi, discussi anche nel convegno, ma soprattutto all’interessante proposta della Provincia autonoma di Bolzano di bandire nel 2012 un concorso per la sostituzione di tre rifugi con conseguenti aspre polemiche su forme e linguaggi
dei progetti presentati.
3
Le avanguardie artistiche e letterarie del Novecento Cubismo, Metafisica, Dadaismo e soprattutto Futurismo pongono il superamento della tradizione e del classico come obiettivo principale della loro ricerca. Il Movimento moderno ha inoltre sfruttato l’avvento e il consolidamento della cultura
industriale come indizio e occasione della necessità di smarcarsi dalla tradizione costruttiva e formale precedente.
4
C. Prandi, voce “Tradizioni”, in Enciclopedia Einaudi, Torino 1981, vol. 14, p. 415.
5
E. N. Rogers, op. cit., p. 252.
6
“L’insidia maggiore che sta erodendo oggi gli ultimi residui mitici (‘folklorici’, autodiretti, praticati dai residenti solo per se stessi) va ricercata piuttosto in sempre più frequenti strumentalizzazioni “folkloristiche” (eterodirette, praticate per il consumo da parte dei turisti) che accelerano la trasformazione dei miti in stereotipi. […] In questo senso, si determina la mutazione antropologica del mito che, da grande narrazione cosmogonica
primordiale, si trasforma in Ideal-Typus, stereotipo artificioso, strumento pseudo-turistico, pseudo-redditizio e consumistico” (A. Salsa, Il tramonto
delle identità tradizionali. Spaesamento e disagio esistenziale nelle Alpi, Priuli & Verlucca, Torino 2007, p.60).
1
96
Planimetria e vista del rifugio Luigi Amedeo di Savoia al Cervino (Valtournenche, Aosta, 3480 m): costruito nel 1893, dal 2004 è stato smontato e
rimontato a Cervinia come museo di se stesso
sue contraddizioni e incoerenze, nel contemporaneo
Architettura efficace e facilmente realizzabile dun-
dibattito sull’architettura dei rifugi.
que, il rifugio si evolve in un processo che procede per
La storia dei rifugi è piuttosto recente e nasce con la
tentativi, per errori, per mezzo di una continua ridefi-
violazione delle inospitali terre alte per fini non utili-
nizione dei metodi di localizzazione e di costruzione,
taristici bensì culturali, verso la fine del Settecento .
attraverso un’innovazione continua, sperimentata e
Luoghi inabitabili diventano abitati in questo momen-
verificata. Basti pensare a come è cambiata la relazio-
to: senza nessuna tradizione insediativa e formale
ne con il suolo9 o alle tecniche di costruzione che, mu-
precedente, i rifugi nascono con forme semplici e tec-
tuate dalle edificazioni temporanee militari come gli
niche accessibili.
schutzhütten austriaci, si spingono sempre più verso
In questo modo è da intendere l’iniziale ricorso al pro-
la prefabbricazione e la standardizzazione, dai primi
filo “a capanna” che, pur essendo considerato l’arche-
esempi dell’Ottocento fino agli esperimenti pionieri-
tipo della costruzione, soprattutto nel clima culturale
stici degli anni Settanta.
che fa da sfondo alla scoperta delle Alpi , viene mutua-
Viene dunque da dire che la tradizione dei rifugi è la
to dalle costruzioni degli alpeggi che non costituisco-
continua innovazione. Innovazione che si spinge ver-
no il riferimento morfologico della tradizione edifica-
so criteri di reversibilità e mobilità, con manufatti che,
toria rurale ma più che altro forniscono un riferimento
smontati e rimontati in luoghi diversi, si sganciano dal
metodologico improntato all’efficacia e all’economia.
legame assoluto col contesto, rendendosi autonomi
7
8
“A partire dall’illuminismo […] s’assiste all’emergere simultaneo d’un interesse scientifico per i ghiacciai, d’un entusiasmo tutto morale per il modo
di vivere dei montanari e d’un fascino estetico per la morfologia eroica delle vette. Tuttavia si sviluppano allora due concezioni antagoniste; determinano la prima le scienze in via di costituzione, che considerano “la Natura” come oggetto, cioè un bene comune di cui l’umanità può e deve disporre
a proprio piacimento: essa annuncia il positivismo e toccherà il suo culmine dopo la rivoluzione tecnologica. L’altra vede nella medesima “Natura”
una sorta di soggetto, che dialoga con l’uomo quasi un essere mistico capace di guidare e salvare l’anima umana” (A. Corboz, Geologia estrapolata:
da Viollet-le-Duc a Bruno Taut, in Ordine sparso. Saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio, Urbanistica Franco Angeli, Milano 1998, p.125).
8
Si pensi alla capanna primitiva di Marc Antoine Laugier comparsa sul frontespizio del suo Essai sur l’architecture del 1753, trattato di teoria architettonica fondamentale nell’epoca dei Lumi.
9
“L’uomo razionalmente affronta l’alta montagna e ‘osa’ impiantarvi un cantiere, ma lo fa cercando di ‘ingraziarsi’ la Natura; al di là dei problemi tecnici di messa in opera, infatti, la scelta della quarta parete naturale di solito non si rivela felice. Tale esito poteva essere razionalmente dedotto, eppure
l’idea di addossarsi alla roccia rivela un’istintiva ricerca di protezione, contro il rischio – mentale e non solo reale – di esporre la costruzione ai quattro
venti” (L. Gibello, Cantieri d’alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi, Lineadaria Editore, Biella, 2011, p. 25).
7
97
ficazione che comunque esiste. Perché dove c’è progetto, c’è sempre modificazione.
Così soprattutto per quanto riguarda i rifugi, che sono
sempre stati un laboratorio d’innovazione e sperimentazione, tentare di nascondere il nuovo facendo
riferimento alla categoria della “tradizione” costituisce un doppio tradimento che nega la profonda identità di architettura eroica e pionieristica del rifugio e al
tempo stesso svuota di senso le forme tradizionali applicandole ad architetture le cui ragioni e nature sono
molto diverse. Per voler seguire la tradizione si finisce
insomma per compierne il più alto tradimento, si finisce per tradire l’idea stessa di tradizione dimenticandosi che è prima di tutto “un’innovazione riuscita”11.
Mauro Marinelli
Bivacco Pelino al Monte Amaro (Sulmona, L’Aquila, 2790 m)
dottorando di ricerca in Progettazione architettonica
e urbana, Politecnico di Milano
oggetti autoregolati10 tra sperimentazioni tecniche e
formali che, pur sfiorando talvolta un’eccessiva estetizzazione della tecnologia, riescono in altri casi a raggiungere esiti interessanti.
Ma allora perché oggi, a prescindere, ci si oppone così
tanto a forme schiettamente contemporanee? È forse
perché si ha paura di non confermare l’immagine eterodiretta del paesaggio alpino che il turista si attende?
O è forse una risposta consolatoria a quella “nostalgia
senza memoria”, come la definirebbe Appadurai, che
ci muove a reinventare le nostre radici storiche immaginando, anche dove non ci sono, tracce del passato, rinnegando però il presente (eppure noi, quando
frequentiamo la montagna, ci guardiamo bene dal
rinunciare a capi tecnici e tessuti contemporanei...).
Potrebbe dunque trattarsi del sintomo di un senso di
colpa per la violazione delle alte montagne che spinge
a tentare di nascondere, dietro quel repertorio formale stereotipato, astorico e inventato, che Antonio De
Rossi definirebbe “rustico internazionale”, una modi-
Per dirla con Giorgio Grassi, “ogni architettura ci riporta sempre all’oggetto” (in Architettura lingua morta, Quaderni di Lotus, Electa, Milano 1988,
p.19).
11
A. Salsa, Montagna da vivere tra passato e futuro: il ruolo del CAI a 150 anni dalla sua nascita, in M. Varotto (a cura di), La montagna torna a vivere.
Testimonianze e progetti per la rinascita delle Terre Alte, Nuova dimensione, Portogruaro 2013, p. 137.
10
98
CONCLUSIONI
Annibale Salsa
Come rappresentante della componente scientifi-
rifugio. Per me la montagna è sempre stata una que-
co-culturale di Accademia della montagna del Tren-
stione di vita e cerco di portare in Accademia quella
tino, desidero esprimere la mia soddisfazione per
che è un’esperienza vissuta. Normalmente, incontri
questo evento culturale che ricolloca Accademia al
simili a questo vengono organizzati per dirci quanto
centro di un’attenzione avanzata all’interno dello spa-
siamo bravi. Per la prima volta ci siamo incontrati per
zio alpino come luogo di confronto e dibattito. Spesso
dirci come stanno veramente le cose. Solo attraverso
si dice che i trentini sono autoreferenziali; io credo che
questo riusciremo a crescere. I relatori sono arrivati
Accademia abbia dimostrato esattamente il contrario.
qui non per parlar bene di loro stessi ma per dire che
Chi vi parla viene dalle Alpi occidentali e, anzi, vorrei
cosa pensano debba esser fatto in montagna. Ciò che
ringraziare i nostri amici svizzeri, francesi e austriaci
ne è uscito (e di cui sono orgoglioso) è che ogni rifugio
per i loro interessanti contributi. Accademia ha come
è diverso da un altro, ogni rifugio ha una sua storia,
intento quello di far interagire idee. Le idee non sono
ogni rifugio trasmette emozioni diverse e ogni rifugio
mai troppe: ben vengano posizioni diverse. Guai se
dev’esser preso in considerazione (sia nella ristruttu-
noi caldeggiassimo la tesi del pensiero unico che ri-
razione che nel rifacimento) in maniera singolare. Non
schia di essere una prospettiva inquietante per oggi e
esiste un modus operandi che vada bene per tutti i ri-
per domani. Questa attenzione al pluralismo d’idee e
fugi o anche solo per determinate categorie. Ogni ri-
ai contributi sia dei tecnici che hanno ruoli strumenta-
fugio necessita di una valutazione propria.
li, sia di chi svolge un ruolo culturale di stimolo, è fondamentale per ricollocare lo spazio alpino, il quale non
è solo uno spazio montano. Le Alpi sono la cerniera, il
cuore dell’Europa e credo che, fuori da ogni retorica,
siano e debbano diventare il laboratorio d’Europa, il
Roberto Dini, Luca Gibello,
Stefano Girodo
Cantieri d’alta quota
laboratorio delle idee, l’antidoto alle chiusure localistiche e nazionalistiche, la pedana per ripensare una
A giudicare dalla partecipazione (circa 240 persone
nuova Europa all’insegna della montagna.
registrate, senza contare i relatori), dall’entusiasmo e
dal livello del dibattito, il convegno internazionale di
Trento sembra avere segnato un’importante tappa, su
molti fronti.
Egidio Bonapace
In primis, ha ribadito come il dialogo fertile sia possi-
Al di là del mio ruolo di presidente di Accademia del-
bile solo laddove non si autoconfina nei diversi recinti:
la Montagna, sono anche guida alpina e gestore di un
proprietari, gestori, progettisti, aziende, guide, ope-
99
ratori e frequentatori della montagna devono trova-
tradizione è un’innovazione riuscita e che nulla c’en-
re terreni comuni di confronto. Ma ha anche ribadito,
tra col passatismo e la coazione a ripetere; una pa-
qualora ce ne fosse bisogno (e soprattutto nelle Alpi
rafrasi dell’aforisma di Gustav Mahler: “La tradizione
orientali c’è bisogno), che il rifugio è una realtà altra
è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cene-
rispetto alle varie forme di ospitalità alberghiera; che
re”. Ma gli usi vanno poi verificati nel tempo, perché
deve adeguarsi alle esigenze attuali senza “perdere
non è tutto oro quel che luccica: come nel caso della
l’anima”. E quell’anima è fatta di due aspetti.
celebratissima Monte Rosa Hütte, passata ai raggi x
Da un lato – concetto che oggi va per la maggiore,
da Philippe de Kalbermatten per rivelare pregi e di-
vuoi per le restrizioni imposte dalla crisi, vuoi per il
fetti di un’opera simbolica che deve la sua fortuna al
vento fresco che spira dalla nomina papale – una sor-
fatto di essere un unicum. Mentre l’esperienza legata
ta di “francescanesimo” evocato direttamente (Clau-
alla realizzazione del bivacco Gervasutti ne ha positi-
dio Fabbro) o declinato in varie maniere: adattamento
vamente scalfito l’iconica aura per presentarlo come
(Giorgio Azzoni), spartanità e semplicità (Claudio Bas-
lezione di metodo e modello replicabile (in Russia, alle
setti, Egidio Bonapace, Livio Noldin, Helmuth Ohn-
pendici dell’Elbrus). Ed è alla prova dell’uso che andrà
macht), rusticità e convivialità (Jean Mazas), sobrietà
verificato un altro gioiello d’alta quota, il nuovo rifugio
(Romano Stanchina). Dall’altro, la figura del rifugista
del Goûter, tanto vicino all’immaginario aerospaziale
(o del “rifugiato”, secondo Angelo Iellici), persona che
quanto inatteso debitore di una filosofia dei materiali
fa la differenza trasmettendo lo spirito dell’accoglien-
a km (quasi) zero (il 90% del legname proviene dalle
za in alta quota e il cui impegno (come ci hanno dimo-
foreste ai piedi del massiccio del Monte Bianco, nello
strato Anna Toffol, Nilo Pravisano, Gino Baccanelli,
stesso Comune di Saint Gervais, sotto la cui giurisdi-
Bepi Monti nell’apprezzatissimo filmato sui rifugi bel-
zione sorge il rifugio).
lunesi o ancora lo stesso Iellici) pare rispondere a una
Infine, anche rispetto al tema della demolizione e ri-
vera e propria vocazione (che spesso oggi assume an-
costruzione, non esistono ricette universalmente va-
che i contorni dell’educazione civica).
lide. Di fronte alla fatiscenza delle strutture, prima di
In numerosi frangenti è stato sottolineato come l’in-
optare per la logica del piccone, occorre considerare
tervento edilizio sul rifugio, così come la sua gestione,
(come ha testimoniato Mathieu Vallet in merito alla
siano ancora e sempre un’occasione di sperimenta-
ricostruzione del rifugio Benevolo, poi declinata in
zione: di tecniche costruttive e soluzioni tecnologiche
“ristrutturazione e ampliamento”), il valore immate-
(in alta quota, il problema dello scioglimento del per-
riale legato alla storia del rifugio e alle memorie che
mafrost è purtroppo la nuova sfida da affrontare), ma
racchiude. Perché i nostri rifugi sono un patrimonio
anche di organizzazione nell’offerta del servizio (con
(Patrum munus, ovvero “dono dei padri”, ce lo ha ri-
aperture sempre più richieste, soprattutto a Est, in in-
cordato ancora Salsa) collettivo. E di questo dobbia-
verno).
mo avere coscienza.
È emerso poi il tema delle funzioni, e di come esse
Entrando nel merito delle questioni, nelle due gior-
si materializzino attraverso lo spazio. Come cioè an-
nate di studio è stata tracciata una vasta panoramica
che a livello d’immagine il rifugio sappia restituire la
dei numerosi progetti recentemente realizzati in tutto
sua peculiarità. Che non deve affatto rifarsi al rassi-
l’arco alpino, dai meno conosciuti ai più importanti e
curante esempio della baita (o del baito), desueto e
discussi. Non si è trattata però di una banale carrel-
frutto di un equivoco ideologico scaturito dalle dot-
lata di esempi virtuosi. I progettisti intervenuti hanno
trine dell’Heimatschutz, ma che neppure deve asse-
infatti tracciato un articolato quadro in merito a che
condare il protagonismo dei progettisti, ancor meno
cosa significhi concepire e realizzare un rifugio e quali
quando questi non siano avvezzi a frequentare la
sono le caratteristiche che contraddistinguono il pro-
montagna. Annibale Salsa ha ricordato che tradizione
getto di una struttura in alta quota. È emerso infatti
e innovazione non sono termini antitetici, ma che la
in modo evidente come in tale ambito non vi siano
100
delle ricette preconfezionate ma come tale progetto si
gole realtà locali, con le esigenze e le necessità che via
caratterizzi in modo specifico a seconda della singola
via si presentano.
situazione geografica, orografica, economica e anche
4. I recenti progetti di rifugi alpini sembrano, dal pun-
culturale.
to di vista architettonico, riflettere sul superamento
Proviamo ora a tirare le somme e a esplicitare alcuni
della questione dell’inserimento paesaggistico spo-
temi di discussione che sono stati enunciati.
stando invece l’attenzione su quella che potremmo
1. Il rifugio alpino, e in particolar modo la sua proget-
chiamare una “reinvenzione” del paesaggio alpestre,
tazione e realizzazione, può essere letto come il punto
in cui le strutture antropiche provano a ricercare una
d’incontro tra la cultura progettuale e la cultura del-
dialettica con l’ambiente circostante. Proprio per que-
la montagna. Il progetto di un rifugio è un processo
sto sembra ormai superato il dibattito, talvolta sterile
profondamente radicato nella montagna e che non
e banalizzante, che vede contrapposte forme archi-
può prescindere da un’approfondita conoscenza del
tettoniche “avveniristiche” (generalmente associate
contesto e dell’ambiente alpino. Una forma di cono-
all’alta quota) con quelle più “tradizionali” (più comuni
scenza che non avviene a priori ma che è strettamen-
invece nei rifugi dolomitici o di bassa/media quota).
te connessa con il “fare”, che si realizza con un’assidua
5. Infine, anche per il progetto di un rifugio, come nel
frequentazione del contesto montano e attraverso l’e-
rapportarsi più in generale con la montagna, è neces-
sperienza diretta.
sario un ripensamento sul ruolo della responsabilità
2. Il rifugio, alla luce delle estreme condizioni al con-
individuale – in particolar modo di progettisti e co-
torno, diventa la “materializzazione” vera e propria del
struttori – che deve guidare, in modo più forte che in
concetto di limite. Ciò significa che il progetto del rifu-
altri contesti, le scelte progettuali. In questo ambito,
gio può diventare un tema “laboratorio” anche per la
più che altrove, è infatti richiesta capacità di adatta-
pianura e la città, acquisendo un’attitudine fortemen-
mento alle sempre diverse condizioni di lavoro, ma
te pedagogica. Ogni rifugio non è solo l’esito di una
soprattutto sobrietà e senso della misura.
corretta progettazione tecnica e architettonica ma
I numerosi temi trasversali che sono emersi nelle due
diventa, proprio per le differenti problematiche che
giornate non fanno che confermare l’importante ruo-
caratterizzano le singole strutture, esemplificativo di
lo di momenti di scambio come questo, che è proprio
una certa modalità d’intendere la sostenibilità, il rap-
quello di cercare di arricchire e ampliare gli immagi-
porto con il sito o con la preesistenza. Se tutti questi
nari di progettisti e utenti, talvolta cristallizzati su fa-
aspetti vengono affrontati con grande coerenza e ca-
cili stereotipi.
pacità critica in alta quota allora, a maggior ragione,
possono tornare a essere oggetto di riflessione anche
più in basso.
3. L’idea di rifugio ottimale, in quanto esito di stratificazioni successive frutto dell’interazione tra progettisti e costruttori, rifugisti e utenze, ecc., nasce proprio
dal continuo scambio e confronto tra tutte queste figure. Non ha senso dunque inseguire la chimera della “macchina perfetta” senza riflettere però su quelle
che sono le modalità d’interazione tra la struttura, il
suo gestore e tutte le utenze. Il progetto prende forma
anche e soprattutto durante la realizzazione stessa
e ancora durante la fase gestionale, con continui aggiustamenti dovuti al confronto continuo con l’ostilità
dell’ambiente circostante, con le specificità delle sin-
101
INDICE
Intervento di saluto di Accademia della Montagna del Trentino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
Intervento di saluto della SAT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Prima Sessione | Quali utenti per quali rifugi?
Per un osservatorio dei rifugi e bivacchi alpini | Roberto Dini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Il patrimonio dei rifugi alpini | Annibale Salsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12
Come cambiano gli utenti dei rifugi | Luca Calzolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15
Gestori e frequentatori dei rifugi in Trentino | Gianfranco Betta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
“Il lusso della montagna”. Un documentario tra i rifugi delle Dolomiti bellunesi
Valentina De Marchi, Francesca Bogo, Alessandro Sacchet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Situazioni a confronto/1.
Come si adeguano i gestori e i rifugi | Mathieu Vallet, Anna Toffol, Angelo Iellici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
Situazioni a confronto/2.
Verso il rifugio di domani: politiche e strategie tra Italia, Francia, Svizzera, Austria
Samuele Manzotti, Jean Mazas, Philippe de Kalbermatten, Helmut Ohnmacht, Romano Stanchina . . . . . . . . 32
Il quadro normativo in rapporto ai problemi della gestione ambientale | Riccardo Beltramo . . . . . . . . . . . . . 41
Aspetti igienico-sanitari nei rifugi alpini in Trentino | Antonio Prestini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
102
Seconda Sessione | Riqualificazione o demolizione/ricostruzione?
Introduzione | Enrico Camanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
Tavola rotonda/1. Costruire ancora? Tra impatti e impronte ambientali
Il dilemma di fronte all’esistente | Mathieu Vallet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
Architetture d’alta quota. Il concorso per la ricostruzione di tre rifugi in Provincia di Bolzano
Alberto Winterle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
Bivacco: l’abitare minimo nelle Alpi | Giorgio Azzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
La nuova Monte Rosa Hütte alla prova dell’uso | Philippe de Kalbermatten . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
Dibattito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
Tavola rotonda/2. Come riqualificare, ampliare, ricostruire?
Il nuovo rifugio del Goûter al Monte Bianco | Hervé Dessimoz, Thomas Buchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
Il nuovo bivacco Gervasutti, un primo bilancio | Stefano Testa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
La ristrutturazione e ampliamento del rifugio Baita Tonda | Marcello Lubian . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
L’ampliamento del rifugio Boè | Livio Noldin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
L’ampliamento del rifugio Alimonta | Raffaele Alimonta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
La protezione dell’involucro edilizio in alta quota | Stefano Nardelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
Costruzioni in legno per l’edilizia montana | Stefano Menapace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Dibattito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
Contributi
Rifugi: identità architettoniche fra tradizioni e tradimenti | Mauro Marinelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
Conclusioni
Annibale Salsa, Egidio Bonapace, Roberto Dini, Luca Gibello, Stefano Girodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
Via Romagnosi, 5 - 38122 Trento
[email protected] - www.accademiamontagna.tn.it
PROVINCIA
AUTONOMA
DI TRENTO