ATTI DEL CONVEGNO rifugi_in_divenire 2013
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ATTI DEL CONVEGNO rifugi_in_divenire 2013
RIFUGI IN DIVENIRE E s p e r i e n z e ARCHITETTURA, FUNZIONI E AMBIENTE a l p i n e a c o n f r o n t o RIFUGI IN DIVENIRE E s p e r i e n z e ARCHITETTURA, FUNZIONI E AMBIENTE a l p i n e a c o n f r o n t o Atti del Convegno 22-23 marzo 2013 Tr e n t o , S a l a d e l l a C o o p e r a z i o n e Progetto grafico: – www.paissan.eu Stampa: Grafiche Stile – www.grafichestile.com Coordinamento scientifico e cura degli atti: Associazione Cantieri d‘Alta Quota – www.cantieridaltaquota.eu 3 INTERVENTO DI SALUTO Porto a tutti voi il saluto di Accademia della Monta- Oggi parliamo di rifugi. Il rifugio alpino, prima d’es- gna del Trentino un istituto nato per valorizzare gli sere “tetto-riparo-ristoro” è un concetto culturale, è aspetti storici, ambientali, economici, antropologi- il tentativo di rendere abitabile un luogo che non lo ci della montagna. Nostro compito è anche quello di è per destinazione. Con i primi rifugi dell’ultimo de- favorire l’identità territoriale dei giovani attraverso cennio dell’Ottocento nasce la prima forma di turismo una rialfabetizzazione ambientale, l’appropriazione in Trentino e nelle Alpi in generale. Dobbiamo esse- di conoscenze specifiche riguardo alla montagna,una re grati a quegli uomini che tra mille difficoltà, e con i montagna da amare e da vivere. Il Trentino è caratte- mezzi del tempo edificarono tali strutture. Il rifugio è rizzato dalla presenza nelle terre alte dei rifugi alpini stato per decenni il punto di partenza dei frequenta- testimonianza di quell’alpinismo nato già 150 anni fa tori della montagna. Oggi si è trasformato nel punto che ha individuato la montagna alta delle rocce eterne d’arrivo per la gran maggioranza degli escursionisti. come luogo di grandi emozioni sportive, ambientali e Questo diverso approccio ha modificato nel giro di di ricerca. pochi anni il ruolo e il senso del rifugio. Il rifugio Torquato Taramelli nella Valle dei Monzoni (Pozza di Fassa, Trento, 2046 m), in un‘immagine d‘epoca (inaugurato nel 1904) 4 Il rifugio Torquato Taramelli nella Valle dei Monzoni in un’immagine attuale La sfida che oggi noi abbiamo di fronte è come conci- Il tempo scorre, la società cambia la montagna conti- liare innovazione con tradizione. Tornando indietro di nua ad attrarre ed in questo contesto solo il confronto cento anni pensiamo ai celebri “cubi” ancora peraltro può definire linee comuni di riflessioni ed interventi esistenti (i rifugi Taramelli e Segantini), costruzioni sulle quali impostare le caratteristiche del rifugio del che sono un vero monumento alla razionalità. Oggi i terzo millennio. rifugi sono in continuo aggiornamento strutturale e Accademia della Montagna con il convegno Rifugi in tecnologico, con attenzione a pratiche virtuose come divenire si è posta l’obiettivo del confronto invitando i sostenibilità, riduzione dell’impatto ambientale, ener- protagonisti della catena alpina che fa da corona all’I- gie rinnovabili, filiera corta. talia per definire modalità di intervento che sappiano Una figura importante caratterizza queste strutture: il coniugare conservazione e innovazione. gestore. Il gestore è l’anima del rifugio, custode delle tradizioni e dell’ospitalità montanara, che si distingue per quel rapporto diretto che riesce a creare con l’ alpinista/escursionista. Ogni rifugio ha la sua storia, ogni rifugio racconta la propria identità; ne consegue che ogni rifugio è diverso da un altro, anche se facente parte dello periodo e dello stesso gruppo montuoso. Nell’eventuale rifacimento/ristrutturazione è necessario tenere conto di questo, conoscere e capire prima di intervenire quali sono le caratteristiche specifiche date dalla storia e dai protagonisti della stessa. Il rifugio deve emozionare, solo così è possibile attrarre e trasmettere cultura e identità della montagna nei nuovi frequentatori. Più difficile il rispetto del limite; quel confine che sappia comunicare un messaggio di semplicità e funzionalità. Egidio Bonapace presidente di Accademia della Montagna del Trentino 5 INTERVENTO DI SALUTO Ringrazio Accademia della Montagna per questo suo sempre un laboratorio di sperimentazione di pratiche di specifico interesse a una tematica che è di assoluta im- adattamento. Sulle montagne gli uomini non sono stati portanza e che continua i ragionamenti iniziati due anni succubi della forza della natura ma ne hanno plasma- fa con il convegno “I rifugi tra tradizione ed innovazione: to le forme dando origine a paesaggi di grande fascino. quale rapporto con la montagna”. Ora la ricerca si fa più Hanno tratto dalle risorse disponibili soluzioni di rara in- approfondita, allargata e attuale. Ringrazio Cantieri d’Alta gegnosità. Hanno fatto del concetto del limite la misura Quota per l’intelligenza e la passione con la quale lavora del proprio rapporto con la natura. I rifugi hanno rappre- per fornire contributi importanti. Noi come SAT abbiamo sentato l’espressione di questa misura. Rappresentano aderito all’iniziativa, perché riconosciamo la valenza di ancora adesso in molti casi l’esempio di un presidio cul- una riflessione e la necessità di una visione. turale e ambientale, a fronte di fenomeni di aggressione Per chi non sapesse cos’è SAT e a quale titolo è qui rap- della montagna che non tengono conto dei contesti, della presentata, ricordo che è la più grande sezione del CAI, finitezza e dell‘irripetibilità ma forzano, cambiano, stra- nel quale è confluita alla fine del primo conflitto mondia- volgono. Governare i cambiamenti che sono quelli socia- le. È proprietaria di 35 rifugi a cui si devono aggiungere li delle nuove frequentazioni, quelli climatici, quelli legati le 4 capanne sociali, i 14 bivacchi e altre 20 strutture di legati alle urgenze ambientali; governare tenendo insie- appoggio affidate direttamente alle sezioni, oltre a ge- me qualità e cultura del limite, tradizione e innovazione. stire direttamente una rete sentieristica che si snoda per Esiste un punto di equilibrio? Risposta non facile. In con- 5.000 km. siderazione anche del fatto che ogni rifugio ha una sua SAT ha aderito all’iniziativa e lo ha fatto nella convinzione dimensione, collocazione, identità. Ma credo vadano cer- che occorra governare il cambiamento. Le Alpi sono da cate linee guida comuni. Un pensiero comune, di caratte- I rifugi Quintino Sella e Tuckett nelle Dolomiti di Brenta (Ragoli, Trento, 2271 m), durante l’inaugurazione nel 1906 e oggi 6 re generale, e poi la capacità di tradurre localmente, nel struire o ricostruire per accogliere senza però compro- concreto. Una sfida stimolante ma tutt’altro che semplice. mettere una sobrietà di fondo, senza trasformare in altro; La si deve affrontare con tutti gli attori, ognuno consape- che rimanga, come ricorda Reinhold Stecher, “una lezio- vole del proprio ruolo e della propria responsabilità: pro- ne utile sulla propria limitatezza”. prietari, gestori, politici, progettisti. La riqualificazione, Ma accanto alla progettazione occorre coerenza anche la ristrutturazione, il rifacimento devono essere coerenti negli altri attori. Proprietari e gestori. Lo stile di conduzio- con le scelte che si vanno a fare in termini di pianificazio- ne contempla l’accoglienza, la comunicazione, l’educa- ne e uso del territorio, delle risorse ambientali, della pro- zione del frequentatore sull’importanza del rifugio come mozione, della memoria storica, del significato culturale. presidio e punto di esperienza e formazione. Le scelte Una libertà del progettista quindi “condizionata”, che non gestionali ne sono la logica conseguenza e si riflettono significa limitata bensì capace di sintesi. Una scelta di anche sull’offerta culinaria e la valorizzazione dei carat- fondo riguarda l’attenzione a preservare orizzonti liberi, teri di tipicità e genuinità provenienti dal territorio in cui aperti, da percorrere ritrovando una dimensione propria, si trova il rifugio. Le buone pratiche lo sono quando sono personale. innovative, ovvero hanno sviluppato soluzioni nuove e Le Alpi, forse più di altri territori, sono uno spazio finito. creative al problema che affrontano; hanno un impatto Occorre quindi massima cura a non addomesticare trop- concreto e dimostrabile nel migliorare la qualità del rifu- po la montagna con infrastrutture che ne consentono gio, dei suoi ospiti, di chi ci lavora e dell’ambiente in cui è un accesso fin troppo facile e ne tolgono fascino e qua- inserito; sono il risultato di collaborazioni fra società pro- lità emozionale. Se necessario, libera anche da rifugi (ad prietaria, gestore e comunità locale; sono sostenibili dal esempio, il Lagorai). Scelte che tengano conto delle carat- punto di vista sociale, culturale, economico e ambientale; teristiche ambientali e paesaggistiche del contesto in cui sono potenzialmente riproducibili in altri rifugi. E coerenti sono inserite. Che tengano conto dei limiti delle risorse e devono essere le risposte di chi ha la responsabilità poli- dei fattori fisici condizionanti. Scelte che siano funziona- tica e ha in carico la decisione di favorire la realizzazione, li nel rendere i rifugi sempre più autonomi dal punto di con le competenze degli organi tecnici pubblici ma anche vista energetico, sempre meno impattanti nell’uso delle attraverso l’intervento finanziario. Aspetto, questo, non risorse (in particolare quella idrica) e sempre più attenti secondario. Le strutture che possiamo vantare in Trenti- alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti; sempre più no sono il frutto dell‘attenzione dedicata finora a questo modelli innovativi del rapporto fra l‘uomo e un ambiente settore da parte dell’amministrazione. difficile come quello dell’alta montagna. Qui sta la sfida In tempi di crisi economica ognuno comprende le attuali dell’innovazione. Ma le scelte risiedono anche nel mes- difficoltà; ma al contempo la partita rifugi non può essere saggio culturale che vanno a trasmettere, e qui cito Anni- demandata ai soli proprietari; molte strutture alpinistiche bale Salsa: “La grande sfida culturale per un modo nuovo svolgono compiti reali di servizio pubblico e non sono in di ripensare i rifugi, soprattutto quelli di media monta- grado di produrre gli utili necessari alla manutenzione gna, resta quella di farne presìdi del territorio, vetrine dei spesso straordinaria di cui abbisognano; sono compiti luoghi in cui sono insediati, spazi sociali dell’accoglienza importantissimi e che, particolare non trascurabile, de- per far dialogare la storia del luogo con la sua geografia, finiscono redditi soprattutto per il contesto in cui sono l’ambiente naturale con il paesaggio costruito, il genius inserite. Concludo questo breve intervento augurando un loci con l’altrove”. Scelte che tengano conto dei nuovi stili ottimo convegno a tutti. di frequentazione, della pratica sempre più diffusa dello scialpinismo e dell’escursionismo invernale, dell’allungamento della stagionalità (e penso qui anche all‘iniziativa denominata “Rifugi del gusto”), degli sforzi per pensare modi nuovi per trasmettere il fascino della montagna al di là dei calendari istituzionali ormai superati. Come co- Claudio Bassetti presidente Società Alpinisti Tridentini 7 Prima sessione QUALI UTENTI PER QUALI RIFUGI? 9 PER UN OSSERVATORIO DEI RIFUGI E BIVACCHI ALPINI Con Accademia della Montagna si sta ragionando in merito ad un progetto che per valenza territoriale non può che interessare una progettualità Europea in termini di finanziamento. Si tratta di un progetto ambizioso che vuole creare, su criteri comuni, una rete alpina caratterizzata dalla presenza delle strutture alpinistiche. La Provincia di Trento è il territorio tra i più ricchi di rifugi sulle Alpi e con la stessa attraverso Accademia della Montagna si ragiona sulla realizzazione del progetto. Rifugio Vittorio Sella al Lauson (Cogne, Aosta, 2588 m) Si tratta di realizzare l’Osservatorio Rifugi, con l’obiettivo d’incentivare la ricerca, divulgazione e condivisione delle informazioni storiche, progettuali, delle strutture esistenti in grado d’incentivare paral- geografiche, sociali ed economiche sulla realtà dei lelamente uno sviluppo turistico diversificato e inte- punti d’appoggio in alta montagna. In particolare, il grato con le peculiarità del territorio. progetto nasce con l’intento di avviare un processo di Tale “osservatorio” si configurerebbe come una piat- conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico e taforma transfrontaliera d’interscambio sul tema dei architettonico delle costruzioni in quota. rifugi e dei bivacchi rivolta a tutti i soggetti che opera- Gli innumerevoli rifugi e bivacchi diffusi sul territorio no in montagna, così come per coloro che la frequen- delle Alpi costituiscono un’importante risorsa di ca- tano o se ne interessano da un punto di vista pretta- rattere storico-culturale di cui non si ha ancora piena mente culturale. consapevolezza. Purtroppo non esiste una forma di Obiettivo è dunque quello di costituire un supporto conoscenza strutturata in grado di stabilire il nume- informativo agli enti e ai soggetti che hanno il com- ro esatto delle strutture esistenti, la loro collocazione pito di gestire e manutenere le strutture, sia quello di geografica, il loro stato, così come non esistono – se promuovere la fruizione diretta sul territorio di tale non in forma puntuale e frammentaria – tentativi di patrimonio, al fine di sostenere uno sviluppo turisti- sistematizzazione della documentazione storico-ar- co diversificato nelle località interessate, integrando chivistica e delle testimonianze orali e scritte. La re- l’offerta ricettiva tradizionale con quella di carattere alizzazione di un osservatorio transfrontaliero in con- culturale. tinuo aggiornamento è il primo passo per avviare un In primo luogo s’intende avviare un’operazione di processo di conoscenza di tale patrimonio al fine di sistematizzazione di tutte le informazioni di natura promuovere un’azione coordinata di valorizzazione storica, edilizia, progettuale, socio-economica riguar- 10 timo stadio prevede un sopralluogo in sito e l’osservazione diretta – interna ed esterna – del manufatto, utile anche per provvedere a una mirata documentazione fotografica. Roberto Dini Cantieri d‘Alta Quota Rifugio Chabod al Gran Paradiso (Valsavarenche, Aosta, 2750 m) danti il tema della realizzazione e della gestione dei rifugi e dei bivacchi nelle Alpi. In particolare, in relazione alle finalità attese, il progetto prevede il censimento delle strutture esistenti attraverso la schedatura, la mappatura e la messa a punto di un database che raccolga tutte le informazioni (immagini, dati, documenti d’archivio, elaborati tecnici, fonti orali, testimonianze, ecc.) e le renda accessibili attraverso una piattaforma web a disposizione non solo degli interessati ma anche delle istituzioni, degli enti e degli attori che operano sul territorio. A tali attività potranno in futuro venire affiancate altre progettualità, come l’elaborazione di buone pratiche per l’interpretazione, la tutela, il riuso e la gestione del patrimonio esistente; o, ancora, la predisposizione di percorsi didattico-tematici per la divulgazione e la fruizione del patrimonio edilizio: itinerari a uso di escursionisti e alpinisti, al fine d’integrare l’offerta culturale con quella turistica. Il lavoro di rilevazione analitica e censimento critico dei manufatti è concepito per fasi da compenetrare e integrare progressivamente. Una prima, di raccolta di tutte le informazioni desumibili attraverso il web e il materiale bibliografico e archivistico (guide turistiche d’escursionismo-alpinismo sull’area, pubblicazioni di settore e monografie tematiche sul soggetto specifico dei rifugi). Una seconda, di contatto con la gestione e/o proprietà (sezioni CAI locali, enti pubblici o privati) per ottenere informazioni circostanziate, i dati ancora mancanti e verifica ulteriore di quelli raccolti, nonché eventuale materiale storico e d’archivio. L’ul- La scheda di rilevazione inerente il rifugio Pocchiola-Meneghello nel Vallone di Valsoera (Locana, Torino, 2440 m) 11 IL PATRIMONIO DEI RIFUGI ALPINI Che i rifugi alpini costituiscano un prezioso patrimo- qui a interrogarci in un momento di trasformazioni nio è un dato da tempo acquisito con consapevolezza profonde riguardo al loro futuro. Agli albori dell’al- e orgoglio, sia da parte delle associazioni alpinistiche, pinismo gli euforici primi frequentatori delle Alpi si sia dai vecchi e nuovi utenti di queste strutture. Pos- appoggiavano alle strutture abitative presenti nei siamo anche scomodare le ormai obsolete etimologie villaggi. Gli abitanti, ormai consci delle potenzialità in latine, spesso dimenticate nell’attuale società post-u- progress del neonato turismo alpino, incominciano manistica e tecnocratica, ricordandoci che “il patri- a edificare i primi alberghetti di montagna o a prati- monio è il dono dei padri” (Patrum munus). care quello che oggi, con un neologismo ispirato alla I padri dell’alpinismo ottocentesco hanno inaugurato, eco-sostenibilità, chiamiamo “albergo diffuso”. in tal senso, una prassi costruttiva sulla quale siamo Ma l’esigenza di ricoveri che garantissero agli alpini- Il primo rifugio ai Grands Mulets del Monte Bianco (Chamonix, Francia, 3050 m), edificato nel 1853 12 sti una maggiore prossimità alle vie di salita spingeva nella direzione di costruire vere e proprie strutture dedicate all’accoglienza di quei particolari touristes che l’alpinista francese Lyonel Terray definirà Conquerants de l’inutile. Tale definizione di “conquistatori dell’inutile” rende bene l’idea che i nuovi ricoveri d’alta quota non erano destinati ad accogliere i lavoratori della montagna (minatori o pastori), come invece accadeva per le prime “capanne”. Si pensi alla Capanna Vincent, costruita nel 1785 per essere di supporto ai lavoratori delle miniere aurifere del Monte Rosa o, sempre nel medesimo comprensorio, al ricovero del Colle Indren realizzato nel 1851. Nell’anno 1907, non lontano da qui, nei pressi del Passo dei Salati sorgerà l’Istituto “Angelo Mosso”, destinato alla ricerca scientifica nel campo della fisiologia umana d’alta quota. Questa realizzazione sarà la prima ad avere il supporto e il sostegno finanziario di molti paesi europei e, addirittura, degli Stati Uniti. Nell’Istituto, ormai di proprietà dell’Università di Torino, verrà avviata la preparazione scientifica della spedizione italiana al K2 del 1954. La sua operatività nella ricerca sarà strettamente collegata alla Capanna-osservatorio Regina Margherita del Il rifugio dell’Alpetto al Monviso (Oncino, Cuneo, 2268 m), edificato nel 1866 CAI (Club alpino italiano). Tale avveniristica struttura è stata collocata sulla Punta Gnifetti (Signal Kuppe) al Monte Rosa, a 4554 m di altitudine, sul confine nello stesso sito in cui fin dal 1853 era stato allestito italo-svizzero. L’opera, inaugurata nel 1893, aveva lo un ricovero attrezzato – il rifugio dei Grands Mulets scopo di: «consentire ad alpinisti e scienziati maggior al Monte Bianco, ai piedi della via percorsa dai primi agio ai loro intenti in un ricovero elevatissimo», come salitori Balmat e Paccard. In tutti gli otto paesi dell’ar- si legge nella relativa delibera del Consiglio direttivo. co alpino dalla Francia alla Slovenia – passando per Con tale delibera, del 14 luglio 1889, il CAI diventerà il Svizzera, Austria e Germania – si moltiplicano le ini- gestore del rifugio più alto delle Alpi e d’Europa. Ma, ziative edificatorie allo scopo di fornire agli alpinisti già nel lontano 1866, l’associazione alpinistica italiana punti d’appoggio sempre più numerosi. Anche al di aveva inaugurato il suo primo ricovero per alpinisti in fuori dell’associazionismo, nelle località a più forte località Alpetto a 2268 m (Comune di Oncino, Provin- richiamo turistico, si affiancano nuovi progetti di ri- cia di Cuneo) ai piedi del Monviso, montagna simbolo fugio per iniziativa di albergatori, comuni, parchi na- del sodalizio. turali e altri. In Trentino la SAT (Società degli alpinisti tridentini), Esempio paradigmatico, nelle Alpi centro-occiden- nata a Madonna di Campiglio in Val Rendena nel 1872 tali italiane (Val Sesia), saranno i fratelli Gugliermina, e con un forte radicamento nelle Giudicarie – la terra vecchi albergatori dell’alto novarese e fra i primi im- elettiva della cooperazione trentina – costruirà il suo prenditori turistici in Italia. Alla quota di oltre 2800 m primo rifugio nel 1881 sotto Cima Tosa (Dolomiti di sul Col d’Olen, sotto il Monte Rosa, essi costruiranno Brenta). un albergo-rifugio per una clientela particolarmente Nello stesso anno il Club alpino francese inaugura – raffinata. Dapprima, i nuovi rifugi recupereranno e 13 Il rifugio Tosa nelle Dolomiti di Brenta (San Lorenzo in Banale, Trento, 2439 m), edificato nel 1881 riadatteranno edifici pre-esistenti dismessi dal loro ta “tipicità” paesistica dimenticandosi che il rifugio è, principale uso pastorale. Tuttavia, la tendenza che comunque, un corpo estraneo rispetto al tessuto del emergerà sarà quella di costruire manufatti realizza- paesaggio culturale. ti ex novo con l’impiego di materiali del luogo (pietra, Si tratta, infatti, di un elemento precario che non può legno, pietra-legno). inserirsi totalmente nel contesto socioculturale di cia- Il rifugio acquisirà sempre più una fisionomia omo- scuna valle o regione storica. Un’impostazione di tal genea all’ambiente e al paesaggio circostante. Anche genere finisce per rappresentare un “tipo ideale” di ri- la componente estetica, unita a una rappresentazio- fugio pensato alla stregua di una forma architettonica ne romantica dell’epoca impadronitasi diffusamente immutabile nel tempo, fissata e cristallizzata secondo dell’immaginario degli amanti della montagna, farà stilemi del tutto de-storificati. pensare al rifugio come a un tutt’uno con la montagna Se tradizione significa “innovazione riuscita”, si com- stessa. Si viene così a creare e/o inventare una tradi- prende allora che spesso rischiamo di associare la zione che contribuirà a esaltare i valori di una presun- tradizione al passatismo, all’immutabilità, a una di- 14 La capanna-osservatorio Regina Margherita sulla Punta Gnifetti al Monte Rosa (Alagna Valsesia, Vercelli, 4554 m): il cantiere nel 1892 e la visita della regina il 18 agosto 1893 poco prima dell’inaugurazione. Foto Vittorio Sella © Fondazione Sella, Biella scutibile coazione a ripetere. Il grande musicista au- potrà vivificare la tradizione. L’attuale dibattito, anche striaco Gustav Mahler, abituale frequentatore delle acceso, fra conservatori e innovatori in materia di ri- montagne di Dobbiaco/Toblach in Val Pusteria, an- fugi ricorda un po’ quello fra “apocalittici” e “integrati” notava finemente: “La tradizione è salvaguardia del che aveva acceso gli animi degli intellettuali negli anni fuoco, non adorazione della cenere”. Se facciamo te- Sessanta. Tradizione e innovazione non sono termini soro di questa massima, la tradizione costruttiva del opposti o contrapposti. Essi possono aiutare, se cor- nostro patrimonio di rifugi potrà essere esaltata. Non rettamente declinati, ad attivare circoli virtuosi in gra- già riproponendo, sic et simpliciter, gli stessi schemi do di aprire la montagna al futuro e di ricapitalizzare costruttivi, bensì iniettando idee nuove nel solco del- un patrimonio di alto valore materiale e immateriale, la tradizione. Soltanto in questo modo l’innovazione reale e simbolico. Annibale Salsa Past President Club Alpino Italiano Antropologo e presidente del comitato scientifico di Accademia della Montagna del Trentino 15 COME CAMBIANO GLI UTENTI DEI RIFUGI Di rifugi su “Montagne360” ci siamo occupati più volte. Ogni volta il tema ha acceso un forte dibattito tra i lettori, non sono solo tra quelli soci CAI ma anche tra quelli che acquistano la rivista in edicola. Il mio contributo sarà condividere ciò che su questo argomento ci restituisce il rapporto con i lettori, ma anche più in generale con gli appassionati di attività e sport all’aria aperta immersi nella natura, con i quali veniamo in contatto per varie ragioni. Non si tratta di dati strutturati ottenuti dall’analisi realizzata tramite una Rifugio Contrin (Canazei, Trento, 2016 m) ricerca, pertanto non vi è alcuna pretesa scientifica, ma di osservazioni di un giornalista in qualche modo privilegiato. Per prima cosa mi sento di affermare che montagna, per trovare uno stile di vita più sano, per i rifugi sono molto amati dai nostri lettori, per molti curiosità, per trovare un luogo pubblico dove non ci di essi, quasi al pari della vetta, i rifugi rappresentano sia la televisione sempre accesa, ecc. Così, ci chiedo- la montagna e i suoi valori. Potrei azzardare che una no consigli su quale rifugio sia più adatto alle famiglie. montagna senza rifugi sarebbe percepita un po’ meno Sono convinto di poter affermare che il rifugio – e la montagna. montagna – resta comunque un luogo “controcorren- Dunque perché si frequenta un rifugio, e che cosa ci te”, un elemento di attrazione per chi cerca un’alter- si aspetta di trovare? In linea generale credo si pos- nativa alla frenesia. Per questo sono d’accordo con sa affermare che oggi nel rifugio si vorrebbe trovare, quanto diceva Egidio Bonapace, che il rifugio di mon- o si trova “qualcosa” che non si vive facilmente nel- tagna non deve diventare un albergo, perché sono la vita quotidiana, in particolare nelle città. Questo mondi diversi. Le attese sono altre. Quando si deci- “qualcosa” è legato all’atmosfera, alla convivialità, alla de di fermarsi qualche giorno in un rifugio vi è quasi relazione. Anche solo dividere il tavolo con chi non si sempre un desiderio di esperienza. conosce. Il rifugio non è percepito come un “non luo- Quello che invece si osserva è un progressivo cambia- go” dove passare il tempo, ma come un luogo denso, mento della modalità di frequentazione. In primo luo- esperienziale e di relazione. A questo proposito credo go il rifugio è sempre più meta, punto d’arrivo. I rifugi sia significativo il fatto che riceviamo diverse e-mail meta sono quelli di più facile accessibilità, ad esempio da parte di genitori che, pur affermando di non essere quelli di bassa e media montagna, o serviti da mezzi appassionati di montagna in senso stretto, hanno de- meccanici. Parallelamente il rifugio è sempre meno ciso di trascorrere insieme ai loro figli un weekend in tappa. Il rifugio tappa, che per me comprende anche 16 Rifugio Francesco Pastore all’Alpe Pile (Alagna Valsesia, Vercelli, 1575 m) quelli utilizzati come base per ascensioni alpinistiche, con certezza se ciò porta con sé un aumento consi- è intimamente connesso al modo, diciamo classico, di stente del numero di presenze, né un reale incremento frequentare la montagna. E in genere è in alta monta- economico per i rifugi. gna o raggiungibile con un certo grado di fatica. Naturalmente vi sono anche i tanti appassionati di In questa riflessione mi concentrerò sul rifugio meta. montagna che vivono quasi settimanalmente lo stes- A mio giudizio una delle ragioni che fa del rifugio una so rifugio, e fanno ormai parte della famiglia allarga- meta è connessa all’aumento delle persone che pra- ta del rifugista. Questo tipo di frequentazione è direi ticano attività all’aria aperta e in parte al turismo di tradizionale. Il risultato, se le mie impressioni sono prossimità. I rifugi sono diventati elementi, o meglio corrette, è che la fisionomia del frequentatore del rifu- luoghi, funzionali al modello più generale delle attivi- gio di bassa e media montagna è mutata, è fatta di un tà outdoor e del turismo di prossimità. Uso il termine mix di escursionisti, amanti dell’attività all’aria aperta outdoor in senso generale perché, e qui estremizzo (outdoor family) e gitanti occasionali. per semplificare, per alcuni raggiungere un rifugio è Che cosa succede invece in alta montagna, dove si quasi equivalente a fare una biciclettata lungo l’argine trova la maggior parte di quelli che ho definito rifugi di un fiume: l’importante è fare attività all’aria aperta tappa? Vi è anche qui un cambiamento che indiret- più o meno in mezzo alla natura, lo specifico quindi tamente conferma quanto dicevo prima. I rifugi d’al- non è l’escursionismo in montagna. Vengo all’altro ta quota, in particolare quelli base di accesso alle vie elemento. La crisi economica ha portato un aumento d’alpinismo, sono decisamente meno frequentati. In del turismo di prossimità e delle gite giornaliere. Per particolare dagli italiani. Questo dato, a mio giudizio, è osservazione diretta e per la lettura di qualche dato, legato al tema più generale della frequentazione alpi- ho inoltre notato che è in corso un ritorno alla vacanza, nistica ed escursionistica dell’alta montagna. Lo scor- o al weekend, trascorso nella seconda casa in monta- so anno, dopo aver ricevuto una serie di segnalazioni gna (anche se non ci piacciono tanto). Tendenza che sulla montagna vuota d’estate, mi sono incuriosito e riguarda specialmente l’Appennino. Dunque i rifugi ho dedicato al tema un editoriale aprendo un dibattito più accessibili sono diventati meta di una gita, che in su “Montagne360”. Grazie anche a molte segnalazioni una buona parte dei casi dura un giorno, meno fre- successive, è emerso che in generale l’alta montagna quentemente un weekend. Non sono in grado di dire (e quindi i rifugi) è frequentata soprattutto da alpini- 17 sti ed escursionisti provenienti da altri paesi, in par- ne dire che andavano a mangiare al rifugio X (di solito ticolare dall’Europa dell’Est. La presenza di alpinisti raggiungibile molto facilmente) perché c’era uno chef di altri paesi è per me importante e da incrementare, molto bravo che spesso è anche il proprietario. In que- ma dobbiamo invece continuare a interrogarci sulla sto caso gli altri elementi restano, ma come accessori. ragione che sta dietro a quella che sembra una forte A mio giudizio, se prevalesse questa tendenza fareb- diminuzione della frequentazione da parte dei nostri be nel tempo perdere attrattività ai rifugi. connazionali. Ma ciò sarebbe tema per un altro conve- Dal punto di vista alberghiero, si sente, in partico- gno. Infine mi risulta che sia in flessione anche l’utiliz- lare dalle famiglie con bambini piccoli, l’esigenza di zo del rifugio come posto tappa di trekking, indipen- disporre di camerette perché più adeguate alla dina- dentemente dalla quota e dal grado di difficoltà dello mica famigliare. Inoltre la cameretta è cercata da chi stesso. intende fermarsi più di una notte al rifugio. Scontata, Cambiano le modalità di frequentazione, quindi è ra- ma molto presente, la richiesta della possibilità di un gionevole aspettarsi che cambino anche le aspettati- accesso wi-fi per collegarsi alla rete internet (anche ve su che cosa si vorrebbe trovare al rifugio. Da quello in alta montagna). Vi propongo un altro paio di de- che posso vedere dal mio piccolo osservatorio, oggi siderata tra i più “gettonati” dai nostri lettori. Diver- per la maggior parte ci si aspetta ancora di trovare ri- si cicloescursionisti, mountainbiker, ci scrivono che fugisti capaci di offrire accoglienza e ospitalità senza sarebbe bello trovare una rastrelliera portabiciclette. fronzoli, coniugata a qualche miglioramento e a qual- Ad alcuni piacerebbe che il rifugio fosse attrezzato che servizio in più. In linea generale non dispiacerebbe per fare una piccola manutenzione della bicicletta: un una miglior qualità nell’offerta enogastronomica, con lettore ci scrisse di essere rimasto sbalordito per aver prodotti locali e di filiera corta. Ritengo che la maggio- trovato una pompa per gonfiare le ruote. Questo tipo ranza non cerchi – passatemi il termine – la “ristoran- di richiesta riguarda in particolare i rifugi appenninici. tizzazione” tout court del rifugio. Tuttavia, per quello Negli ultimi anni, come sappiamo, è sempre più dif- che dicevo prima, mi pare d’intravedere l’insorgere di fusa, specialmente tra i giovani, la scelta di vivere con una tendenza che va verso tale modello, dove ciò che un animale domestico, soprattutto cani. Il tempo libe- importa è l’offerta enogastronomica. Lo dico perché ro non fa eccezione. Riceviamo tante sollecitazioni af- mi è capitato in più d’un’occasione sentire delle perso- finché i rifugi si attrezzino per poter ospitare i cani, ma Rifugio Città di Mantova al Garstelet (Gressoney La Trinité, Aosta, 3498 m) 18 ci sono anche tanti che esprimono la loro contrarietà. 30 anni fa, per me c’erano il rifugio e il rifugista, poi Poi, un’osservazione a latere. Tra i nostri lettori è for- nel tempo il rifugista è stato chiamato gestore. Per- te l’attenzione alla sostenibilità: sia ambientale sia ri- sonalmente trovo che tra rifugista e gestore vi siano spetto all’uso di prodotti green, preferibilmente locali delle differenze. Non è passatismo. La parola gestore in quanto supporto dell’economia delle terre alte. La è aspecifica, pesa meno. Non mi parla di montagna, sostenibilità ambientale, in particolare quando il ri- di quota, di vento, di fuoco, di minestrone, di tavolata fugio diventa luogo di permanenza, è spesso un ele- comune, d’indumenti ad asciugare attorno alla stufa. mento che orienta la scelta. Di scelta di vita. Se poi da gestore diventa ristoratore Vorrei chiudere il mio intervento con qualche rifles- o albergatore, per il mio sentire è ancora peggio. In- sione generale. Come dicevo, credo che oggi il rifugio tendiamoci, la lingua è viva e per fortuna cambia; va sia ancora cercato in quanto elemento di esperienza, benissimo usare gestore ma l’importante è che cosa perché arrivarci comporta quasi sempre una dispo- c’è dentro una parola. sizione alla fatica, grande o piccola che sia, ripagata In conclusione, a mio modo di vedere occorre non irri- dall’ambiente in cui ci s’immerge. E questo è un ele- gidirsi contro il cambiamento, che è un atteggiamen- mento attrattivo. Per quanto riguarda in particolare i to di poco costrutto e dannoso. Il mutamento va però rifugi di bassa e media montagna, se è vero che stan- accolto senza seguire per forza modelli che nel tempo no cambiando le persone che li frequentano, se la ten- farebbero dei rifugi di media e bassa montagna un denza è sempre più quella del rifugio come meta, e se luogo come tanti. Ovvero dei non luoghi. In un mondo è ipotizzabile che tutto ciò andrà consolidandosi, allo- in continua evoluzione bisogna cercare di governare il ra, a mio giudizio, bisogna prestare attenzione a non cambiamento armonizzandolo con la propria specifi- cedere a un modello di offerta che snaturi il rifugio di cità, rifiutando quelle istanze che cozzano con essa e montagna. che propongono un modello di rifugio che sganciato Faccio un esempio molto personale legato al lessico: dalla dimensione socio-culturale lo porterebbe verso quando ho cominciato ad andare in montagna più di la sua folklorizzazione. Luca Calzolari direttore “Montagne360” 19 GESTORI E FREQUENTATORI DEI RIFUGI IN TRENTINO Caratteristiche dell’offerta e flussi della domanda nell’ultimo decennio tati da stranieri, in crescita più sostenuta rispetto alla Sono 78 i rifugi trentini alpinistici e 68 quelli cosid- esempio nel 2005 la quota di stranieri ammontava detti escursionistici, cioè raggiungibili su strade car- al 35%), come mostra l’andamento dei numeri indici rozzabili. A questi andrebbero aggiunti oltre una qua- dal 2000. La quota di posti letto si riflette in misura rantina di bivacchi, strutture di uso pubblico, ubicate analoga sia sulla quota del totale arrivi certificati che in luoghi isolati di montagna, non gestite né custodite, sul solo extralberghiero, dove rappresenta quasi il 12% appositamente allestite in modo essenziale ai fini del del totale. Mentre risulta più contenuta la quota im- riparo di fortuna degli alpinisti. putabile ai rifugi sulle presenze, perché la durata dei Quanto pesano i rifugi sull’offerta ricettiva del Tren- pernottamenti è molto bassa (1,5 notti di permanenza tino? Essi presentano un’incidenza contenuta ma media). Da rilevare che la quota di stranieri presenti non irrisoria sia sui posti letto totali delle struttu- nei rifugi è seconda solamente a quella registrata nei re ricettive (2,9% del totale) che soprattutto sul solo campeggi (grazie soprattutto ai campeggi sui laghi di extralberghiero. Poco meno del 40% degli arrivi e Garda, Levico e Caldonazzo, frequentati in larga mag- delle presenze registrate nei rifugi sono rappresen- gioranza da stranieri). componente italiana soprattutto negli ultimi anni (ad →→ 152 rifugi →→ circa 4.752 posti letto (78 alpinistici e 68 escursionistici) 2,9% posti letto certificati (+41 bivacchi) 7,0% extralberghiero →→ 1,5 gg permanenza media →→ 89.226 arrivi 2,6% del certificato →→ 7,7% grado di utilizzo lordo 11,9% extralberghiero posti letto →→ 26% utilizzo netto →→ 133.666 presenze 0,8% del certificato →→ Anni 2000 – 2012 3,4% extralberghiero + 72,2% arrivi →→ 62% arrivi italiani + 73,7 presenze →→ 38% arrivi stranieri Tabella 1: I rifugi in Trentino (2012) 20 La crescita nell’ultimo decennio di arrivi e presenze è interessati a un’offerta più simile a quella dei rifugi. Ad stata sostenuta. La crescita dei pernottamenti nei ri- esempio, gli ospiti del club Dolomiti Walking Hotel, un fugi è particolarmente evidente se confrontata con gli club di prodotto della ricettività partecipato soprat- andamenti dell’alberghiero e dell’extralberghiero. Ov- tutto da strutture alberghiere che si sono specializza- viamente l’entità assoluta degli incrementi è qui note- te in un’offerta di carattere escursionistico. Anche qui, volmente più elevata rispetto ai rifugi. Il grado di uti- stando alle indagini condotte sistematicamente negli lizzo dei posti letto è basso: sia quello lordo calcolato ultimi anni, le motivazioni di vacanza non si discosta- su tutto l’anno (e questo appare ovvio, data l’apertura no troppo da quelle riscontrate per l’insieme dei tu- concentrata nei soli mesi estivi), ma è basso anche risti: una vacanza in mezzo alla natura possibilmente quello netto, riferito al solo periodo di apertura, che ri- in una dimensione riposante piuttosto che marcata- sulta pari al 26%. La permanenza media è rimasta so- mente sportiva. stanzialmente stabile dai primi anni duemila, anche se E il pubblico dei rifugi? Nel 2005 è stata effettuata sul finire del decennio c’era stata una leggera crescita, una specifica ricerca su un campione di frequentato- in controtendenza rispetto a quanto si sta verificando ri dei rifugi da parte dell’Osservatorio del turismo del per l’alberghiero e l’extralberghiero, entrambi in calo. Trentino. Quanto emerso in quella ricerca, stando a Si potrebbero riassumere questi dati statistici afferman- quanto affermano alcuni testimoni privilegiati, sem- do che i rifugi rappresentano una componente importan- brerebbe essersi ulteriormente accentuato negli anni te dell’offerta ricettiva e godono di buona salute e che al successivi. Per questa ragione i risultati emersi allora rifugio arrivano in molti, ma si fermano poco. rivestono ancora un certo interesse. Le interviste sono state condotte presso i rifugi. Tra le principali motivazioni di vacanza si registra la cre- Le caratteristiche della domanda. I frequentatori dei rifugi scita, rispetto all’insieme dei turisti estivi del Trenti- Prima di analizzare le motivazioni di vacanza e le ca- (praticare sport e trekking in montagna). Pur essendo ratteristiche di chi frequenta i rifugi è opportuno evi- questa risposta indotta dalla circostanza e dal luogo denziare alcuni tratti della domanda turistica che fre- dell’intervista (è come riscontrare in un pubblico che quenta il Trentino. visita un Museo una forte motivazione di caratte- Le principali motivazioni di vacanza del turista tren- re culturale), è indubbio che i rifugi intercettano con tino in estate, con la possibilità di due risposte, ve- maggiore probabilità quel segmento di turisti pre- dono al primo posto la dimensione di riposo e relax, senti in Trentino interessato anche a una dimensione più evidente per la componente italiana e meno per attiva della vacanza. Peraltro alcuni accessi risultano gli stranieri. Riposo che non esclude affatto una mo- facilitati e poco impegnativi, pure nel caso di rifugi derata attività fisica. Infatti questa motivazione è ben cosiddetti alpinistici, che per questa ragione intercet- associata a una seconda risposta riferita a una vacan- tano anche una parte di pubblico interessato priori- za naturalistica. tariamente a una vacanza all’insegna del riposo e del Al secondo posto, per numero di preferenze, la va- relax e a una moderata attività fisica. canza attiva, qui intesa come vacanza che impegna L’ospite intercettato presso i rifugi risulta in due terzi soprattutto il fisico, dato che nella letteratura si par- dei casi un turista e non un escursionista di giorna- la di vacanza attiva anche riferendosi a una vacanza ta. Ecco perché si afferma che i rifugi rappresentano esperienziale che impegna la mente, intendendosi il una componente importante dell’offerta turistica del termine attivo dal punto di vista psicologico. Trentino. Solo il 14% dei frequentanti risulta un resi- Se queste motivazioni valgono per l’insieme dei tu- dente in provincia. Quasi un quinto degli intervistati risti presenti in Trentino nella stagione estiva, può sono invece escursionisti di giornata provenienti da essere interessante analizzare quei segmenti di turisti fuori provincia. no, della motivazione riconducibile alla vacanza attiva 21 Gli intervistati sono in prevalenza maschi, che si muoFrequentatori dei rifugi in Trentino vono preferibilmente con gli amici, oltre che in coppia e con la famiglia. Si tratta di giovani adulti. Gli alpinisti →→ 65% turisti (molti escursionisti di rimbalzo) e trekker abituali (più di dieci uscite l’anno) rappre- →→ 19% escursioni di giornata da fuori provincia sentano solamente poco meno di un terzo del totale →→ 14% escursioni residenti in provincia intervistati. Sulla concezione di rifugio: preferiscono la semplicità Il cliente “confortevole” (solo il 13% richiede il comfort della città in quota). Ma su questo concetto di comfort si ritor- →→ 66% non iscritto ad un’associazione alpinistica →→ 61% prima ascesa ad un rifugio età < 15 anni nerà successivamente. Cosa chiedevano e cosa avrebbero apprezzato maggiormente di un rifugio questi turisti intervistati? Soprattutto servizi igienici più accessibili, possibilmente →→ Solo il 24% pernotta in un evitando di accedervi uscendo all’aperto. Sembrereb- rifugio durante la vacanza. bero invece prestare minore attenzione alla presenza Il 42% in albergo di docce. Richiedono una ristorazione non da gourmet →→ Un terzo del tempo vacan- ma si dichiarano curiosi e interessati ai prodotti loca- za è dedicato alle escursio- li. Anche da queste sollecitazioni dopo qualche anno ni in montagna è stato messo a punto in Trentino il progetto “Rifugi del gusto”. Esprimono l’esigenza di dormire bene, con Tabella 2: Frequentatori dei rifugi in Trentino letti e materassi confortevoli, e pretendono pulizia. In definita si tratta di richieste molto simili a quanto evidenziato anche in ricerche precedenti condotte in Tra i turisti la maggior parte non dorme nei rifugi e altri contesti, ad esempio nei rifugi delle Alpi del Sole pernotta in strutture ricettive di valle (dal punto di a metà anni Novanta. vista dei rifugi potrebbero quindi essere considerati Relativamente scarsa importanza è assegnata agli degli “escursionisti di rimbalzo”). aspetti tecnologici e tuttavia la delusione più alta ri- Coloro che dormono in un rifugio rappresentano scontrata tra gli intervistati (con un 20% di delusi) è meno di un quarto del campione, mentre ad esempio proprio sui limiti riscontrati nella possibilità d’impie- chi dorme in un albergo rappresenta il 42%. Vale a gare le nuove tecnologie. dire che il turista in vacanza che frequenta un rifugio Si tratta di un’esigenza che è cresciuta quasi espo- sale preferibilmente da valle e non rimane in quota, nenzialmente negli anni successivi a questa ricerca ma ritorna in valle. Per questo turista che frequenta i e non a caso in parecchie regioni – dal Piemonte al rifugi le escursioni in montagna sono importanti ma Trentino – ci si è conseguentemente attrezzati per la non esaustive del tempo vacanza. Solo un terzo del connessione dei rifugi alla banda larga e garantire una tempo vacanza è dedicato alle escursioni. Quindi chi copertura wi-fi. frequenta un rifugio non fa solo escursioni in monta- In sintesi i risultati di questa ricerca confermerebbero gna. che i rifugi si sono resi più accessibili. Sono diventa- La frequentazione del rifugio è un’attitudine che nella ti per lo più un punto di arrivo e non di partenza per maggior parte dei casi si è appresa da piccoli, seppure un’arrampicata. I frequentatori occasionali, in partico- con consistenti eccezioni. Infatti più di un terzo è arri- lare i turisti, rappresentano la quota maggioritaria. La vato in un rifugio per la prima volta in età adulta. Inol- spinta per un maggiore comfort si registra soprattutto tre la maggior parte dei frequentanti un rifugio non fa nei rifugi escursionistici e in quelli più facilmente rag- parte del “mondo della montagna”. giungibili. 22 I gestori dei rifugi tenenza nazionale. Ad esempio certe trasformazio- Nel rifugio è esemplificato il conflitto che vede da un ni in direzione di maggior comfort nei rifugi italiani, lato le richieste avanzate dai sempre più numerosi diversamente da quelli dell’Alpenverein, risalgono frequentatori e dall’altro l’esigenza di porre un freno al ventennio fascista. I gestori intervistati risultano all’eccessiva antropizzazione e al degrado ambienta- combattuti tra le richieste di maggior comfort per le derivante da consistenti flussi turistici. “Nati come rispondere alle presunte richieste di una clientela in case degli alpinisti, sono diventati punto nevralgico larga misura mutata e il desiderio di non snaturare i del turismo montano estivo”. Tuttavia i rifugi con- rifugi rafforzando la tendenza a farne degli alberghet- tinuano a svolgere una funzione di filtro, funzionale ti in quota. per stoppare l’afflusso verso le vette, ambienti ancora Il rischio di omologazione dei rifugi con le altre strut- più fragili, e sono per questo investiti da un compito ture ricettive esistenti non data da oggi. Guido Piove- gravoso: quello di diventare, oltre alla testimonianza ne, nel suo monumentale “Viaggio in Italia”, commis- dell’attività umana in alta quota, anche la frontiera più sionato inizialmente nel 1953 dalla RAI come servizi avanzata di protezione dell’ambiente e della cultura radiofonici sulle diverse regioni italiane e trasformato dell’alpinismo e della montagna. Da questo punto di in un resoconto di viaggio durato tre anni dal 1953 vista la figura del gestore assume un ruolo centrale al 1956, riporta questa interessante testimonianza a nella gestione positiva di questo conflitto. proposito dei rifugi alpini che già nei primi anni Cin- La ricerca prevedeva anche un approfondimento nei quanta a suo parere avevano cambiato pelle: «Il rifu- confronti dei gestori con una serie d’interviste di ca- gio romantico della mia giovinezza, nel quale mi sten- rattere qualitativo. I gestori sono pienamente consa- devo battendo i denti e aspettando il primo mattino pevoli dei mutamenti in atto dal lato della domanda. su dure tavole di legno, gomito a gomito con i com- Nelle opinioni raccolte, l’ubicazione e l’accessibilità del pagni di arrampicata, cede il passo al rifugio-albergo, rifugio fanno la differenza. Peraltro questi aspetti pe- con camere, letto e bagni. Vi si accede con l’automo- sano anche in termini di frequentazione e numeri di bile, o si giunge a poca distanza. I “progressi” numerici presenze. dell’alpinismo sono dunque fittizi. Qui si vede la crisi Come pure nei gestori c’è consapevolezza che i rifugi portata nell’alpinismo dai mutati costumi della bor- risentono della loro storia, anche in termini di appar- ghesia italiana. Declina l’alpinismo inteso come fatica, Frequentatori dei rifugi in Trentino – Il cliente Come considera un rifugio →→ 87% punto di appoggio essenziale →→ 11% struttura ricettiva di medio comfort →→ 2% struttura ricettiva a comfort elevato Età Tipologie dei clienti dei rifugi →→ oltre la metà ha tra i 26 ed i 45 anni →→ 11,0% alpinista occasionale →→ 4,7% alpinista abituale Genere →→ 57,4% trekker occasionale →→ 68% maschio →→ 26,9% trekker abituale →→ 32% femmina Tabella 3: Frequentatori dei rifugi in Trentino 23 legata alla disciplina morale e ai piaceri contemplati- vaguardarne la semplicità e il comfort essenziale vi. La gente che affluisce nelle montagne si divide in per difenderne l’alterità rispetto a un modello ur- due schiere, i pigri vincolati al mezzo meccanico, e bano, da cui inevitabilmente riceve contaminazio- gli acrobati senza gusto per la natura, attratti dall’ar- ni. In caso contrario verrebbe meno il suo ruolo di rampicata prodezza. Funicolari, teleferiche, sbrigative “medium della cultura della civiltà alpina” (Bruno ascensioni che si fanno a sedere. La gioventù non ama Sanguanini), e presumibilmente anche la sua at- la fatica e il rischio, ad eccezione del grande rischio trattività specifica fondata sulla non omologazione delegato ai campioni». ad altre strutture ricettive. Una ricerca condotta dall’Osservatorio del turismo →→ Attenzione alla sostenibilità ambientale, scelta resa trentino nel 2008 aveva analizzato la dotazione di più stringente dai cambiamenti climatici (basti pen- servizi in un numero significativo di rifugi dell’arco al- sare alla disponibilità d’acqua), limitando le forme pino di Austria (195 rifugi), Francia (62) e Italia (356). d’inquinamento e d’impatto a causa di un eccessivo La dotazione risultava molto più elevata nei rifugi ita- carico antropico, evidente nei periodi di maggiore liani rispetto a quelli austriaci, rispondendo a conce- frequentazione. zioni diverse, molto più improntate all’essenzialità in →→ Ripensare e riattualizzare alcuni obiettivi già og- quelli austriaci. getto di attenzione ancora una ventina di anni Prendiamo ad esempio le docce: la quota di rifugi ita- fa. Ci si riferisce in particolare alle conclusioni del liani dotati di docce (74,4% del totale) risulta tre volte Convegno CAI a Trento nel 1991 e a quello di Trieste superiore a quelli austriaci (24,6%) e notevolmente dell’anno successivo che indicavano come obiettivi superiore ai francesi (41,9%). E soprattutto più della prioritari la manutenzione costante dell’esistente metà dei rifugi CAI italiani (51,3%) garantisce contem- con divieto di nuove costruzioni, come pure il no a poraneamente acqua calda, elettricità, doccia, riscal- tecnologie spinte. Contemporaneamente i club alpi- damento e ristorazione. ni di Austria e Germania ribadivano il no all’aumento di comfort e ponevano grande attenzione alla tu- Conclusioni tela ambientale e ai programmi di corretta gestione Senza alcuna pretesa di dare delle indicazioni che ambientale, facendosi interpreti di questi obiettivi emergeranno dall’insieme del convegno, ecco alcuni anche con alcune realizzazioni che potremmo defi- spunti di riflessione: nire “coraggiose” rispetto a una presunta tradizione →→ Il rifugio rimane porta su due mondi. Si tratta di sal- fossilizzata. Gianfranco Betta Osservatorio provinciale per il turismo 24 “IL LUSSO DELLA MONTAGNA” UN DOCUMENTARIO TRA I RIFUGI DELLE DOLOMITI BELLUNESI Il lusso è etimologicamente cosa rara, per pochi eletti, tura Belluno Dolomiti e dall’Ordine Architetti PPC della esperienza di alta qualità, esclusiva per il prezzo. Oggi Provincia di Belluno sul tema del lusso e del confort in sembra che in alcuni casi il concetto di lusso perda alta montagna ha svelato come la richiesta e l’offerta del- la sua più comune sfumatura elitaria per potenziare la ricettività nelle terre alte stia cambiando. la componente di unicità dell’esperienza. Infatti, se il Come architetti che vivono in un ambiente montano quotidiano è tappezzato di lussi, un lusso spesso di- e che nella propria ricerca progettuale si confrontano venta la semplicità. In un mondo asettico e individua- con un ambiente speciale, quale quello delle Dolomiti, lista, l’eccezione è la solidarietà umana. abbiamo cercato di analizzare questo tema seguendo Se l’urbanizzazione, la presenza antropica e la si- un percorso alternativo, ricorrendo alle metodologie curezza rendono prevedibile e banale la nostra vita, della ricerca socio-antropologica e raccogliendo i un’esperienza in balia della natura può essere una punti di vista e le esperienze di chi la montagna la vive condizione unica per tornare ad apprezzare l’essenza e la frequenta, a diversi livelli. delle cose. E così scopriamo che la montagna nascon- Il risultato del lavoro, accompagnato e supportato de, tra le sue pieghe più recondite, nella bellezza dei dalle competenze di Valentina De Marchi, antropo- paesaggi, nei suoi ambienti selvaggi e nell’ospitalità loga, regista e amante della montagna, è un filmato dei rifugi, un lusso prezioso. dal taglio documentaristico e al contempo divulga- Per molti è un lusso immergersi nella natura, lasciare tivo. L’area presa in analisi è la Provincia di Belluno, cellulare e computer spenti ascoltando il silenzio, rice- regno delle Dolomiti Unesco. Le interviste e le riprese vere un’ospitalità sobria ma genuina avvertendo quel sono state girate in una quindicina di rifugi selezio- rapporto di solidarietà tra gli uomini che pare scom- nati secondo i criteri di: altitudine superiore ai 2000 parso a valle ma che si può ancora trovare in qualche m, appartenenza a differenti gruppi montuosi, diverso angolo ad alta quota. livello di accessibilità, eccellenza nel territorio e infine seguendo i consigli e le preferenze degli intervistati. Il lavoro di ricerca presentato all’International Mountain È stata data la parola a gestori di rifugi, escursionisti Summit 2012 di Bressanone dalla Fondazione Architet- italiani e stranieri, alpinisti, guide alpine, architetti e 25 persone con professionalità e competenze legate alla condizioni climatiche-ambientali meno estreme, pone montagna. L’indagine ha interrogato la storia delle l’attenzione più sulla ristorazione che sul pernotta- strutture ricettive ad alta quota e della loro funzio- mento degli escursionisti. nalità, il significato di rifugio, quello che si ricerca in Nelle Dolomiti non serve essere molto esperti per questo ambiente, le esigenze di comfort, la ricerca del godere dei paesaggi tra i più belli al mondo, per im- lusso e infine la percezione dell’architettura contem- mergersi in pascoli e boschi ricchi di biodiversità, per poranea. calpestare ghiaioni e toccare la dolomia. Si possono La Fondazione e l’Ordine hanno intrapreso una vera e affrontare sentieri di varie difficoltà per passeggiate propria esperienza di common ground, cercando opi- o escursioni in mountain bike, ferrate, pareti di roccia, nioni e risposte nella condivisione di conoscenze, in- piste da sci, pendii per lo sci alpinismo. Tutto questo teressi, sguardi calati, ideali, stereotipi e punti di vista legato a un turismo che cambia continuamente e che sul presente e sul futuro architettonico, di un’umanità oggi, grazie al marchio Patrimonio dell’umanità Une- quanto mai variopinta e sfaccettata. Così l’ascolto e il sco, richiama appassionati da tutto il mondo. dialogo si fanno strumento creativo per l’architetto. La risposta architettonica si adatta alle trasformazioni del turismo ad alta quota. Da concetto di riparo, assi- La funzione dei rifugi dolomitici dalle origini a oggi è milabile alle residenze temporanee legate alla pratica cambiata, così come sono cambiati il concetto di alpi- dell’alpeggio, si passa a quello di struttura ricettiva nismo e dell’andare in montagna; l’utilizzo delle strut- complessa che richiede dimensioni e spazi più defi- ture ricettive ad alta quota si è allargato a un pubblico niti, elettricità, acqua corrente, impianti tecnologici sempre più vasto e con svariate esigenze, con conse- e soluzioni adatte a soddisfare esigenze di privacy e guente mutazione dell’offerta e della risposta archi- comfort. La sfida architettonica è resa ulteriormen- tettonica. te complessa dal delicato inserimento nell’ambiente Nati come luoghi di riparo e ristoro per alpinisti im- montano e dal fatto che l’esperienza del rifugio si lega pegnati in lunghe ascensioni e costretti a permanen- intimamente con quella del paesaggio alpino, della ze prolungate in quota, oggi i rifugi sono frequentati bellezza naturale (talvolta vissuta come assoluta) e soprattutto da chi li vede come meta dell’escursione della fatica del cammino. giornaliera e, quando raggiungibili con strade e funi- Ascoltando le voci, i pensieri e le opinioni di chi la vie, sono stati talvolta trasformati in ristoranti e alber- montagna la vive e la frequenta ne deriva un parere ghi d’alta quota. quasi unanime: il rifugio è un luogo di essenzialità, Caratteristica rilevante delle Dolomiti, a confronto con dove si cerca la semplicità. Priva di tutti gli orpelli e le Alpi Occidentali, sono le quote relativamente bas- surplus di cui ci circondiamo nella vita quotidiana, se, gli avvicinamenti alle cime mediamente brevi e l’esperienza in rifugio è per molti inscindibile dall’e- una maggiore accessibilità generale della montagna. sperienza nell’ambiente, unita alla riscoperta di biso- Se i rifugi su Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino gni primordiali: protezione, cibo, calore. In rifugio ci si sono strutture di appoggio necessarie per il numero aspetta soprattutto l’ospitalità e l’accoglienza familia- crescente di coloro che cercano esperienze alpinisti- re, i preziosi consigli del gestore, l’incontro di persone che sopra i 4000 m, il rifugio dolomitico, sorgendo in con cui condividere interessi e situazioni, un sorri- 26 so schietto e sincero. Il rifugio è luogo dove sentirsi essenzialità della montagna. La semplicità è spesso uomo tra gli uomini, uniti da un tetto e quattro mura descritta come l’utilizzo di materiali e soluzioni tipi- che separano da una natura non sempre ospitale. In che: il legno, la pietra, l’arredamento che richiama la questo spazio così umano si cercano, e spesso si tro- tradizione del luogo. I ricami sulle tende, sulle tova- vano, alcuni valori del passato: il rifugio dunque deve glie o scolpiti sullo schienale delle sedie, gli oggetti di offrire sicurezze, sia fisiche sia morali. lavoro della montagna e perfino l’abito tradizionale In montagna, complice l’eccezionalità dei luoghi e dei gestori soddisfano quell’idea di semplicità, che ri- l’impegno richiesto per raggiungere la meta, la mag- schia di essere una proiezione dell’identità del luogo gior parte delle persone si dichiara disponibile ad e la ricerca di una sicurezza. Dietro al concetto di es- adattarsi, ad accettare compromessi, a rinunciare ai senzialità a volte, infatti, può nascondersi una visione comfort della vita di tutti i giorni, consci che comun- pittoresca e stereotipata della montagna e dell’iden- que si tratti di una parentesi di tempo limitata e di un tità alpina come qualcosa di sempre uguale, stabile e contesto estremo. Adattarsi quindi a una camerata, a immutabile. un bagno in comune e a una cucina rustica è gene- Scavando sotto l’idea dell’essenzialità, si scopre che ralmente considerato parte integrante dell’esperienza un determinato apporto di comfort non è poi così in rifugio, un’occasione per misurarsi con le proprie disprezzato neppure ad alta quota. Due cose in par- capacità fisiche e di adattamento. Al contrario, l’espe- ticolare sono gradite: le camere doppie o quadruple, rienza del lusso ad alta quota viene definita dai più che garantiscano notti tranquille, lontano da rumori e come fuori luogo, contrastante con le aspettative. odori poco piacevoli, e le docce calde, soprattutto per Anche secondo gli escursionisti più esigenti e ri- chi prolunga la permanenza. Una buona cucina, fami- cercati, il lusso può rimanere tranquillamente a liare e legata ai sapori tradizionali, è sempre gradita, valle, dove, dopo un’escursione e il piacere del soprattutto dagli ospiti italiani. paesaggio alpino, non deve mancare la cena I gestori dei rifugi osservano che la richiesta e l’aspet- in un buon ristorante, il relax in un centro tativa di comfort stanno crescendo tra i frequentatori benessere e il pernottamento in un hotel della montagna e quindi si pone loro il problema di d’eccellenza. In quota, anche gli amanti adeguare o meno la propria offerta. I rifugi che vengo- del lusso dicono di ricercare l’esperienza no rinnovati tendono a essere ampliati e i vani abitati della semplicità. dai gestori separati da quelli della clientela. Dove c’è La semplicità del rifugio è tuttavia spazio le camerate collettive vengono divise per ga- un concetto molto relativo. Se per rantire maggiore privacy e i rifugi che più si aprono a qualcuno significa letteralmen- un pubblico ricercato prevedono la disponibilità di ca- te un riparo dalle piogge, un mere con bagno privato. Dalle interviste emerge che piatto caldo, una stufa su cui se un rifugio offre questo tipo di servizio e comfort, stendere i vestiti bagnati, per può essere vissuto come un luogo dove prolungare la altri significa uno stile, un propria permanenza, magari con la famiglia. L’offerta design d’interni, la cura di una camera privata quindi è capace di trasformare particolare nell’accosta- il rifugio da luogo funzionale a cui si chiede di soddi- re i materiali: un’icona. sfare i bisogni fondamentali, a spazio dove rilassar- Un tavolo di legno, si e godere di un’esperienza appagante in termini di con il suo profumo benessere. In generale è apprezzata dai frequentatori e la piacevolezza al d’alta quota un’atmosfera accogliente e un focolare tatto può essere acceso attorno a cui sedersi, sorseggiare un bicchiere vissuto come di vino, leggere o incontrare persone. Se il rifugio si esperienza di trova in un luogo panoramico è gradita una terrazza 27 con vista e finestre ampie per godere al massimo del servizio. Alla luce dell’importanza che attualmente paesaggio. rivestono le problematiche relative alla gestione del- Quando interrogati sui canoni ideali dell’architettura le risorse energetiche, un accento di pari importanza in montagna, la maggior parte degli intervistati ri- viene inoltre posto sulla necessità che gli edifici in alta propone il modello tradizionale di rifugio dolomitico: quota siano dotati di sistemi tecnologici avanzati ed l’utilizzo dei materiali naturali presenti sul territorio efficienti che consentano l’approvvigionamento ener- (legno e pietra) e la forma a baita. La descrizione del getico attraverso l’uso di fonti rinnovabili, la creazione rifugio viene spesso accompagnata da un gesto delle di riserve d’acqua e la corretta gestione dei rifiuti. mani che mima la forma archetipica del tetto a capan- La sintesi delle voci dei frequentatori della montagna na: è il riparo, la casa. Molti amano una struttura pic- evidenzia il superamento di argomenti e tematiche cola, ben integrata con l’ambiente, a volte mimetizzata che riportano la discussione a una banale contrappo- nel paesaggio circostante. sizione dialettica tra il nuovo e l’antico. L’idea di sem- Tuttavia, astraendo da questo ideale architettonico, plicità, quasi all’unanimità invocata dagli intervistati, spesso frutto di una visione romantica, emergono dif- non viene reclamata come atteggiamento nostalgico fusamente considerazioni importanti. È riconosciuta che mira alla conservazione di un tempo passato, ma l’efficienza dei nuovi materiali costruttivi dal punto di come condizione da perseguire per poter stabilire un vista della sostenibilità, tanto più ad alta quota, dove rapporto esclusivo con la straordinaria bellezza di le condizioni ambientali sono particolarmente severe questi luoghi. All’architettura viene demandato l’im- e le problematiche di cantiere accentuate. Per gli in- portante compito di ricercare e di rinnovare questo tervistati, se invitati a una riflessione più approfondi- requisito basilare attraverso gli strumenti della con- ta, la tradizione non sembra più essere un imperativo temporaneità e della tecnica. assoluto. Molti si scoprono favorevoli all’innovazione edilizia in montagna e auspicano che l’architettura conduca ricerche sulla forma e sulla funzione ed esplori le possibilità offerte da materiali e tecnologie insoliti e inattesi. L’architettura contemporanea mediamente piace agli intervistati, ma non quando viene percepita come esaltazione della forza dell’uomo sulla natura. La volontà architettonica di porsi in contrasto con l’ambiente naturale, l’esaltazione della tecnologia e dell’ingegno umano contrapposto alle forze della natura (quali il vento, la pendenza, la forza di gravità) sono percepiti come pericolosi atti di prevaricazione. L’uomo deve rispettare la montagna e mantenere comunque un atteggiamento di ascolto e rispetto perché in quei luoghi è pur sempre un ospite. Tra tutte, le parole dei gestori – ricche di conoscenze e saperi frutto dell’esperienza – offrono uno sguardo lucido sulle problematiche che l’alta quota e il contesto alpino pongono all’architettura. Il loro accento cade in primo luogo sulla funzionalità: il rifugio è una macchina complessa che deve funzionare in modo efficiente. Solo così può sostenersi e garantire un buon Valentina De Marchi Antropologa e regista Francesca Bogo Presidente Fondazione Architettura Belluno Dolomiti Alessandro Sacchet Presidente Ordine Architetti PPC della Provincia di Belluno 28 Situazioni a confronto/1 COME SI ADEGUANO I GESTORI E I RIFUGI Mathieu Vallet e sono da considerarsi ancora appoggio per le salite gestore del rifugio Benevolo (in rappresentanza classiche. Abbiamo poi un’ampia fetta di rifugi che si dell’Associazione gestori rifugi e della Società colloca a quote più basse e risente maggiormente del- delle guide della Valle d’Aosta) le problematiche di apertura e snaturamento parziale alle richieste del turismo, come in Trentino Alto Adige; Innanzitutto alcuni dati che riguardano i rifugi del- tuttavia, anche grazie alla conformazione orografica la Valle d’Aosta, per caratterizzarli anche rispetto a della Valle d’Aosta, rimane forte la componente del quelli del Trentino: Le regione conta 55 rifugi, che co- pernottamento. Negli ultimi anni è molto cresciuta la prono le quote da 1700 a 3600 m. La fetta più grossa richiesta di ristorazione, di turismo alla giornata, del è localizzata dai 2300 m in su ed esiste ancora una rifugio come meta, ma i rifugi rimangono alla sera buona parte di essi che conserva una connotazione molto frequentati, in quanto possono contare su di- alpinistica. È necessario osservare infatti che alcuni di versi percorsi, trekking e traversate (Alte vie, Tour del essi si collocano sui grandi massicci di confine come Gran Paradiso, Tour del Monte Rosa, Tour del Monte Monte Bianco, Monte Rosa, Cervino e Gran Paradiso Bianco, ecc.) che collegano le varie strutture. Questa impostazione fa trasformare il rifugio più volte lungo l’arco della giornata. A pranzo abbiamo ad esempio richieste più turistiche e ci specializziamo sui prodotti tipici, sull’enogastronomia, su una maggiore flessibilità delle necessità; dalle quattro di pomeriggio invece la struttura si svuota e cambia la clientela con l’arrivo degli escursionisti che fanno i trekking e pernottano in rifugio e lo vivono come spazio comune di aggregazione e condivisione. Secondo statistiche Istat, i rifugi valdostani nel 2012 hanno contato oltre 154.000 presenze, di cui il 40% estere (soprattutto francesi); un’utenza generalmente più abituata a rifugi spartani e che spesso si stupisce e si affascina per i comfort elargiti dai rifugi italiani. In Valle d’Aosta, per qualificare il prodotto e per sottolineare il connubio indissolubile tra edificio, territorio e gestore, esiste (sancita da una legge regionale del Rifugio Alessandro Nacamuli al Col Collon (Bionaz, Aosta, 2818 m) 1996) la figura professionale del rifugista; per poter 29 Rifugio Pier Giorgio Frassati al Lac des Merdeux (Saint-Rhémy-en-Bosses, Aosta, 2542 m) gestire una struttura si è obbligati a iscriversi a un mettere a punto una serie d’iniziative che hanno va- albo, partecipare a un particolare corso che forma la lorizzato e accolto le richieste di ogni tipo di clientela: persona su tutti gli aspetti che possono riguardare dai certificati di qualità sull’utilizzo di prodotti tipici questo tipo di vita professionale: accoglienza, econo- valdostani, sulla qualità della gestione del rifugio, ma mia, gestione e conoscenza del territorio, ristorazione, anche certificazioni ambientali e normative. soccorso (fattore importantissimo per il presidio d’al- Nei nostri rifugi alpinistici generalmente la clientela ta quota), questioni costruttive, ecc. Questa prepara- rimane una notte e accetta una serie di problemati- zione specifica del rifugista ha permesso negli anni di che intrinseche; nei rifugi di media quota, frequentati invece da una clientela di escursionisti impegnati nei trekking che quindi vi passano molte notti, si è assistito negli anni a un progressivo miglioramento degli standard qualitativi: ad esempio dal 2008 al 2012 i bagni sono aumentati di 128 unità. Le strutture si adeguano a questi cambi di necessità della clientela attraverso le pratiche di ampliamento, che non significa necessariamente un aumento della capacità ricettiva, ma magari anche solo una riorganizzazione degli spazi comuni per evitare pratiche ormai difficoltose o inaccettabili come la turnazione dei coperti durante i pasti. Negli ultimi vent’anni le istituzioni regionali hanno fortemente sostenuto la riqualificazione; infatti i rifugi valdostani d’alta quota sono sostanzialmente di un buon livello. Si verificheranno probabilmente negli anni a venire difficoltà nel mantenimento di questi standard a causa degli importanti tagli portati alle sovvenzioni istituzionali in questa Rifugio degli Angeli ai Laghi del Morion (Valgrisenche, Aosta, 2916 m) materia. 30 Anna Toffol gestrice del rifugio Velo della Madonna La mia storia di rifugista è decisamente breve perché sono trascorsi solo tre anni – questo è il quarto –, ma è molto intensa e profondamente connessa alla mia storia personale; cinque anni fa perdevo mio marito proprio in un incidente in montagna, quindi mai e poi mai pensavo che avrei potuto gestire un rifugio alpino d’alta quota. Lancio però la sfida della gestione alla SAT, che la accoglie in breve tempo. Così nel 2010 con i miei figli ancora piccoli comincia la nostra esperienza al rifugio; qualcosa di cui avevamo bisogno per staccare, per fare una vita diversa, che ci togliesse dal baratro dove eravamo finiti. Il rifugio Velo della Madonna è una perla e un’eccellenza del territorio dolomitico, alle Pale di San Martino, sotto l’omonimo spigolo del Velo, una via molto conosciuta e importante; anche se si trova a una quo- Rifugio Velo della Madonna alle Pale di San Martino (San Martino di Castrozza, Trento, 2358 m) ta non elevatissima (2400 m), si tratta di un rifugio prettamente alpinistico. L’utenza arriva decisamente scremata, dal momento che l’accesso più semplice è un rifugio dal difficile accesso, frequentato da un’u- a oltre tre ore dal paese più vicino e il tratto finale è tenza scelta che si accontenta di poco, ma che vuole comunque difficoltoso, mentre tutte le altre vie sono trovare un’anima e un’accoglienza originale; qualcosa ferrate. La clientela è soprattutto composta da alpi- che si può fare solo se ami la montagna, se hai una nisti stranieri, che solitamente sono molto meno esi- vera passione dentro. genti degli avventori italiani: non hanno problemi con camerata o camere singole, assenza o presenza della doccia. Piuttosto che i comfort abitativi basilari generalmente preferiscono una connessione a internet, un Angelo Iellici ponte che lo tenga in contatto ai suoi interessi. gestore del rifugio La Rezila (in rappresentanza Il nostro è un rifugio dalle caratteristiche spartane, a dell’Associazione gestori rifugi del Trentino) cui la parola lusso non è assolutamente accostabile; se c’è maltempo i rifornimenti non arrivano o basta una Gestisco un rifugio storico, di oltre 120 anni, gestito da nuvola per non far arrivare la gente. È vero anche però generazioni dalla stessa famiglia. Uno dei miei pen- che chi va in un rifugio isolato d’alta quota sa che quel sieri ricorrenti – una cosa molto sentita da noi rifugisti poco che trova è vero, domestico, originale. Tutte noi – è riuscire un giorno a poter dire ai miei figli di andare rifugiste donne siamo poi particolarmente attente a avanti con questa attività, perché ti dà la possibilità di questo tipo di cura: siamo cuoche, donne delle pulizie, vivere. Abbiamo a cuore che anche questi ricordi sto- siamo tecniche della teleferica, siamo l’anima vera. rici possano essere perpetuati, cosa che a oggi o nel Quando arriva un ospite deve sentire di essere arri- futuro non appare assolutamente facile. Anche es- vato in un rifugio; deve sentire il silenzio, l’odore; deve sendo un culture della “ortodossia” del rifugio – il mio percepire che lì si ferma il tempo, che non c’è bisogno ha solo arredi storici, quadri d’epoca – sento ormai il di qualcosa in più. Mi riferisco alla mia esperienza, in bisogno dell’apertura: apertura a Facebook, a variare 31 acqua pulita, purezza del paesaggio e del panorama, solitudine e filosofia. Sono sempre stato un cultore di questi valori ma oggi mi accorgo che per certi versi stiamo esagerando. Chi non cambia idea non ha idee: il risultato è stato infatti la comunicazione di una montagna un po’ cupa, malinconica, non allegra, noiosa, bacchettona; questo è qualcosa che va sfatato. Stiamo avvertendo che i giovani – anche giustamente – non vengono da noi, nemmeno quelli del posto; è necessario sconvolgere un po’, reinventare; è una cosa di estrema importanza. Gran parte dei frequentatori della montagna di oggi è in età avanzata, ma la gran parte è composta da chi veniva con le colonie, chi veniva a fare il militare, con i gruppi o con la famiglia, gente che ha voglia di ritornare. L’immagine stucchevole della montagna di oggi è molto diversa da quella che veniva trasmessa in passato – io sono un collezionista, non dovete fraintendermi. Esistono poster pubblicitari di montagna degli anni Quaranta e Cinquanta sui quali è rappresentata Rifugio La Rezila all’Alpe di Lusia (Moena, Trento, 1800 m) un’immagine sensuale e attrattiva che oggi non abbiamo; il mondo gira attorno al bello e non è solo il bello della natura, l’acqua e le rocce, ma il bello delle i piatti, a dare la possibilità di scelta, a eliminare il ca- persone, le donne in particolare. merone con i letti, e tante altre cose ancora. È dunque necessario cambiare, aprirsi a richieste La tecnologia vuol dire anche solo in quelle quattro ore nuove, al bello, alla tecnologia, superare le chiusure di servizio al giorno essere veloci, organizzati; avere il locali. computer per sveltire. All’inizio mi piaceva l’idea del ristoratore che arriva al tavolo con la matita e il foglio, un modo un po’ arcaico e romantico, che però non è più percorribile. La tecnologia è ormai indispensabile anche per migliorare la qualità del servizio; ad esempio al posto di farmi correre per la sala, il giardino e la cucina, posso rimanere con il mio ospite parlandoci e stando insieme, ed è una ricchezza. Per colui che arriva in quota e vince una sua piccola sfida è importante avere un dialogo con il rifugista. Il rifugista è infatti un tuttologo che deve sapere fare tutto; e il tempo non lo ha, a fine giornata è davvero stremato e se la tecnologia lo aiuta ad avere più risorse, ciò è un bene assoluto. Noi gente di montagna siamo stati efficaci e organizzati nella trasmissione di un messaggio: aria buona, 32 Situazioni a confronto/2 VERSO IL RIFUGIO DI DOMANI: POLITICHE E STRATEGIE TRA ITALIA, FRANCIA, SVIZZERA, AUSTRIA Samuele Manzotti Il nuovo indirizzo scaturisce da due parole inserite nel presidente Commissione centrale rifugi e opere nuovo testo. Così recita l’articolo 1 (Finalità – Defini- alpine del CAI zioni – Identificazione): “[...] in relazione alle specifiche caratteristiche costruttive e funzionali connesse alla Ascoltando gli interventi che mi hanno preceduto, ho funzionalità alpinistica, escursionistica, naturalistica constatato che le problematiche dei rifugi sono “inter- e di presidio al territorio”. Caro al nostro past presi- nazionali”. Il futuro della Commissione rifugi del CAI è dent Annibale Salsa, compare il concetto di “presidio cominciato circa un anno fa, quando è stato approvato del territorio”, già implicito nelle direttive del vecchio il nuovo Regolamento rifugi in sostituzione del prece- regolamento ma ora espresso in modo più preciso ed dente, vecchio di una ventina d’anni (la prima edizione evidente. Ciò comprende una vastità d’intendimenti risale al 1992, aggiornata poi nel 1997). Il vecchio re- ed attività, ma certamente codifica meglio l’orienta- golamento necessitava di un aggiornamento, condi- mento della nostra Commissione per i prossimi anni. zionato da tutte le problematiche che abbiamo sentito Il CAI da anni conduce la politica della non costruzione sinora, anche per dare un nuovo indirizzo alla politica di nuove strutture a vantaggio della ristrutturazione, del CAI per i prossimi anni. adeguamento e manutenzione di quelle esistenti, poi- Rifugio Piero Garelli al Pian del Lupo (Chiusa Pesio, Cuneo, 1970 m) 33 ché ritiene che il fabbisogno ricettivo sull’arco alpino, considerando anche la presenza di strutture private, sia più che sufficiente. Essendo inoltre molto limitata la potenzialità finanziaria delle singole sezioni, sarebbe quindi impensabile affrontare progetti di nuove costruzioni. Tutti gli sforzi sono indirizzati al mantenimento tecnico-strutturale, migliorando la funzionalità ricettiva dettata dalle nuove esigenze dei fruitori, ma soprattutto tendono a ridurre al massimo “l’offesa” al territorio circostante, con nuovi impianti di produzione di energie alternative e di depurazione di reflui. Un esempio di miglioramento della ricettività è stato quello di promuovere la cameretta a quattro posti, in- Rifugio Quintino Sella al Monviso (Crissolo, Cuneo, 2640 m) contrando le esigenze delle famiglie con bambini, al fine di fornire un minimo di privacy, impossibile da trovare nei grandi cameroni tipici dei rifugi tradizio- grosso è l’eventuale pernottamento degli animali. Ci nali. Naturalmente queste trasformazioni comporta- vorrebbero degli spazi specifici, cosa spesso impos- no non poche difficoltà finanziarie da parte delle se- sibile. Liberalizzare l’accesso significherebbe avere, in zioni proprietarie dei rifugi. casi particolari, la presenza di razze diverse con pos- Un altro problema affrontato, anche se sembra mar- sibilità di conflitti tra animali, specialmente durante le ginale, è la presenza di animali nei rifugi, come ha ore notturne, se non separati. accennato nel precedente intervento Luca Calzolari. Una nuova problematica che la Commissione deve Nel vecchio regolamento si proibiva in modo cate- affrontare in questi ultimi tempi, come è già sta- gorico l’accesso di animali, in modo particolare i cani. to più volte accennato anche in questo simposio, è Una decina di anni fa ebbi occasione di rispondere la difficoltà di gestire le numerose direttive relative sulla stampa sociale a una lettera di un socio circa alle strutture ricettive in quota, emanate dalle varie l’argomento. Il divieto di accesso di animali nei rifugi, Regioni. Attualmente ogni Regione ha emanato nor- come in molti esercizi pubblici, è dettato da diverse mative e leggi, inerenti a specifiche igienico sanitarie, problematiche, non ultime le normative igienico sa- regolamentazione, corsi per gestori, elenchi rifugi ri- nitarie. La tipologia logistica dei rifugi è molto ampia: conosciuti, erogazione contributi pubblici, presenza c’è il rifugio grande con ingresso disimpegnato dalla di associazioni di rifugisti. Tali situazioni variano da zona bar/pranzo e quelli piccoli dove si entra diretta- Regione a Regione, e la Commissione centrale trova mente nella zona soggiorno /pranzo. Già allora veni- non poche difficoltà a gestirle. Alla luce di ciò la Com- va suggerito di avere un poco di buon senso da parte missione centrale demanderà alle Commissioni regio- del gestore e del proprietario dell’animale e trovare nali un attento esame delle leggi e normative locali. Da quindi degli accomodamenti che andassero bene ad qui nasce un nuovo ruolo delle Commissioni regionali: entrambe le parti. Ultimamente, nell’aggiornamento non più “periferiche” ma elemento portante della rifu- del regolamento, abbiamo dato la possibilità di acco- gistica regionale e complessivamente nazionale. glimento di animali secondo disposizioni concordate Un esempio emblematico riguarda la domanda che tra la sezione proprietaria e il gestore. Resta comun- spesso mi si rivolge in merito ai requisiti per fare il que il divieto assoluto di accesso agli animali nei locali gestore di un rifugio. La mia risposta è ormai codifi- adibiti al pernottamento. La grande differenza tipo- cata. 1) Passione per la montagna: motivazione che logica e logistica delle strutture alpine non permette non ha necessità di commenti. 2) Spirito di sacrificio: di generalizzare l’accesso di animali. Il problema più anche se in generale l’attività si svolge nell’arco di po- 34 Infine, sollecitato anche da alcune argomentazioni sollevate dall’interessante film “Il lusso della montagna” proiettato poc’anzi, iper quanto concerne la sicurezza nei rifugi desidero comunicare che il CAI è in contatto col Ministero degli Interni, in particolare con l’Istituto superiore antincendio (ISA) per aggiornare le normative del D.M. 9-4-94. Scopo della revisione del decreto, al di là dell’aggiornamento delle normative alle nuove realtà logistiche, è soprattutto quello di semplificare le norme e renderle di più facile lettura. Rifugio Marinelli Bombardieri al Bernina (Lanzada, Sondrio, 2813 m) Foto ClickAlps Jean Mazas Federazione francese dei club alpini di montagna chi mesi, la vita in quota, in completo isolamento nella La FFCAM è un’associazione polisportiva di 84.000 maggior parte dei giorni di apertura del rifugio, richie- membri che riunisce 380 club di sport di montagna: de buona stabilità psicologica. 3) Buona salute: l’atti- alpinismo, scalata, escursionismo alpino, mountain vità si svolge prevalentemente a quote anche elevate; bike, speleologia, torrentismo, parapendio, cascata bandite ipertensione e patologie cardiache. L’attività e di ghiaccio, scialpinismo, sci alpino e sci nordico, rac- la conduzione (spesso faticosa) del rifugio riguardano chette da neve. La FFCAM è anche molto impegnata persone giovani e robuste. Le richieste del CAI sono sul versante della difesa ambientale e opera secondo di preferenza per guide alpine o persone di prova- i valori dello sviluppo sostenibile delle alte valli, che ta competenza alpinistica, residenti in aree montane applica nella gestione dei 127 rifugi e chalet delle Alpi, con conoscenza della zona territorialmente interes- del Massiccio del Giura e dei Pirenei, 8 dei quali sono sata dal rifugio. Le richieste burocratiche riguardano destinati alla formazione. invece il possesso dei requisiti previsti dalle leggi e I bivacchi dei pionieri dell’alpinismo sono stati sosti- regolamenti vigenti, anche locali (permessi sanitari, tuti a partire dall’inizio del XX secolo da rifugi modesti ecc.) per attività commerciali e di ristorazione. At- in legno, costruiti con materiali facilmente trasporta- tualmente alcune Regioni, sulla base di proprie leggi bili a spalle o con l’ausilio di un mulo. In seguito, negli specifiche sui rifugi, richiedono particolari caratteri- anni Cinquanta, il Club alpino francese (CAF, poi con- stiche ai potenziali gestori. La Regione Piemonte, per fluito nel FFCAM) ha costruito nuovi rifugi, in genere esempio, organizza corsi per gestori da inserire in un in pietra e cemento, in grado di accogliere un numero proprio albo professionale. Ogni regione ha specifici maggiore di alpinisti che talvolta superava il centina- regolamenti. È quindi consigliabile informarsi presso io. Si possono vedere ancora oggi rifugi di questo tipo gli uffici competenti dove si vorrà svolgere l’attività come l’Albert 1er, il Couvercle nel massiccio del Monte per meglio conoscere quali “titoli ed esami” si dovran- Bianco, o la Pilatte nel massiccio dell’Oisans. Si trat- no affrontare. Spesso le sezioni proprietarie dei rifugi, tava di tappe obbligate per raggiungere le alte vette, in caso di ricerca di un nuovo gestore, emanano rego- manufatti spesso situati al fondo dei sentieri e alle lari bandi di concorso pubblicati sulla stampa locale o porte dell’alta montagna. Le comodità in questi edifici anche su quella sociale CAI. Nel bando, solitamente, erano ridotte e la promiscuità nella sala comune e nei vengono elencate tutte le caratteristiche personali ri- dormitori contribuiva se non altro a facilitarne il “ri- chieste per poter partecipare alla gara. scaldamento”. A questi rifugi si aggiungono una cin- 35 quantina di chalet, situati nei massicci prealpini, che razione degli attori locali: il club alpino locale, senza servivano come base per le attività dei club del CAF, dubbio, ma anche i Comuni, gli uffici del turismo, le soprattutto in inverno. compagnie delle guide, i parchi nazionali, le orga- All’inizio degli anni duemila ci si è resi conto che le nizzazioni di soccorso alpino (PGHM) e, ovviamente, pratiche, le esigenze di comodità, le norme di sicurez- i gestori dei rifugi. Anche gli enti territoriali vengo- za e igiene da un lato, e il progresso tecnologico (in no interpellati e coinvolti al fine di trovare un punto particolare per quanto riguarda l’autonomia energe- d’incontro con le politiche turistiche regionali. Questa tica) dall’altro, rendevano l’insieme dei rifugi ormai collaborazione avviene grazie al ricorso a comitati di obsoleto. Era necessario un enorme lavoro di rinno- pilotaggio e inizia già dall’avvio della programmazio- vamento. Fu quindi eseguita una diagnosi puramente ne per proseguire ben oltre il termine dei lavori. Ciò tecnica per una sessantina di edifici e fu avviato un è già avvenuto per il rifugio del Goûter e ha permes- progetto ambizioso di ristrutturazione con il sostegno so di migliorarne diversi aspetti come il controllo e la degli enti territoriali, dai Comuni alle Regioni, dallo sicurezza dell’edificio, la gestione delle prenotazioni Stato all’Unione europea. Fino a oggi sono stati realiz- (oggi on line), e infine il suo accesso (messa in sicu- zati circa trenta rifugi di cui l’ultimo è il nuovo Goûter. rezza della traversata del canalone sotto l’Aiguille du Per i prossimi cinque anni e fino al 2016, saremo im- Goûter). pegnati in otto progetti che sono in corso d’opera o La prima domanda che ci poniamo quando valutia- in fase di studio. Rimarranno ancora una decina di mo la ristrutturazione di un rifugio è: per chi lo stiamo edifici con dei problemi da risolvere. Dovremo quindi facendo? Originariamente la maggior parte dei rifugi promuovere delle indagini sull’intero patrimonio dei era pensata per gli alpinisti. Oggi costoro sono diven- nostri rifugi prendendo in considerazione anche gli tati la porzione più piccola dell’utenza di un rifugio, aspetti socioeconomici, la nuova tipologia di pubbli- anche di quelli d’alta quota. Dobbiamo dunque pen- co, le nuove pratiche e le politiche dei comuni e delle sare a una nuova clientela costituita in inverno da co- regioni. Questo ci porterà inoltre a rimettere in discus- loro che praticano lo sci escursionismo e le racchette sione il futuro di alcuni dei nostri rifugi. da neve mentre in estate si tratta per lo più di amanti Contrariamente al passato, la programmazione dei dell’escursionismo itinerante o delle gite in giornata. nostri progetti si avvale dell’appoggio e della collabo- Ci sono coloro per cui il rifugio è il fine stesso dell’e- I tre rifugi del Col de la Vanoise (Pragnolan-la-Vanoise, Francia, 2515 m): a sinistra il rifugio Félix Faure del 1902; a destra quello del 1972; al centro quello in ultimazione nel 2014 36 scursione, i contemplativi, gli amanti del turismo eno- niche come la gestione dell’acqua, del territorio, delle gastronomico, le famiglie con bambini. Per i giovani, energie rinnovabili, ecc. In Svizzera la maggior parte il rifugio è da considerarsi anche uno strumento pe- delle capanne appartiene alle sezioni del CAS, le quali dagogico per la formazione e la scoperta della mon- si occupano della gestione e manutenzione, nonché tagna, senza dimenticare infine le esigenze legate alle del finanziamento degli interventi. Io stesso sono persone diversamente abili. membro ordinario, e nella sezione Monte Rosa sono L’altra domanda da porsi è: perché ristrutturare? Le il responsabile dei rifugi. La CCC si occupa anche della risposte a questa domanda sono molteplici: perché il ripartizione fondi secondo un complicato principio di rifugio è diventato troppo piccolo e mal si adatta alle perequazione finanziaria che permette alle sezioni di esigenze della nuova utenza al fine di offrire maggiori costruire e ampliare le strutture. I finanziamenti sono comodità (ma senza per questo trasformare il rifu- assegnati sulla base degli introiti che le singole sezio- gio in un hotel d’alta quota); perché vi è la necessità ni riescono a garantire al CAS. di mettere a norma l’edificio in termini di sicurezza e Il lavoro della CCC è quello di controllare e di verifica- igiene; per garantirne l’autonomia energetica nel ri- re tutti i progetti di nuova costruzione – sempre più spetto dell’ambiente. rari -, di ampliamento e trasformazione. Si forniscono È però fondamentale che, grazie soprattutto all’aiuto consulenze alle sezioni in merito alle nuove esigen- e all’esperienza dei gestori, i rifugi conservino la loro ze a seconda della tipologia di lavori da svolgere. Si anima, in poche parole che restino “rustici” e convi- controlla la conformità di tutti i progetti e si verifica viali. il rispetto delle linee guida del CAS. Stiamo ora lavorando alla redazione di nuove linee guida per i rifugi, per cercare di definire meglio le tipologie e le categorie di rifugio. Si lavora inoltre per mettere in piedi un Philippe de Kalbermatten efficiente sistema di gestione delle prenotazioni at- Commissione centrale rifugi Club alpino svizzero traverso internet. La prenotazione è diventata infatti obbligatoria: se non si riserva il posto letto si rischia La CCC (Commission centrale des cabanes) fa parte di dormire fuori. Ciò per garantire il funzionamento dell’associazione centrale del CAS ed è formata da15 ottimale del rifugio. La linea dunque che si persegue membri volontari, tutti professionisti legati al CAS. è quella di far combaciare i posti letto con i posti per La CCC è co-presieduta attualmente da due persone: la ristorazione, in modo da evitare affollamenti e un architetti e ingegneri che si occupano di questioni tec- carico eccessivo sulla struttura e sul territorio. Il primo rifugio del Club alpino svizzero, costruito nel primo anno di fondazione del sodalizio, il 1863: la Grünhornhütte in Canton Glarona (2448 m); oggi il ricovero è conservato come museo di se stesso 37 Altra iniziativa è di attivare un corso per rifugisti, in quanto riteniamo importante migliorare l’accoglienza e la qualità del servizio. Non si tratta tanto di fare dei corsi per piccoli ristoratori e di ampliare il servizio con carte e menù diversi quanto, mantenendo l’idea del menu unico, aumentare il livello di qualità della cucina e del servizio, impartendo inoltre quelle nozioni di base che dovrebbe possedere un rifugista: fornire informazioni per la sicurezza e la migliore conoscenza della montagna. Altro tema importante riguarda la riqualificazione de- Oberwalderhütte negli Alti Tauri (Austria, 2973 m). Foto OeAV gli accessi alle strutture. Si pensi ai problemi connessi con il riscaldamento climatico: alcuni accessi sono diventati impraticabili per il ritiro dei ghiacciaio: si pensi sta. Il nostro problema principale, oggi e domani, è un ad esempio ai 18 metri di spessore persi sotto la Mon- problema di tipo finanziario, i volumi d’investimento te Rosa Hutte. In tal caso si è dovuto ricorrere all’in- (nel 2013 dall’ÖAV 11 milioni, con sussidi alle sezioni stallazione di scale e passerelle. Ciò comporta dunque per 2,5 milioni e sovvenzioni per 1,8 milioni) diminu- ingenti costi per la manutenzione e l’allestimento dei iscono costantemente; sempre più rifugi (che spesso percorsi. superano i cent’anni) vengono venduti, le spese di ri- In conclusione, le politiche della CCC perseguono l’o- sanamento invece crescono, le questioni burocratiche biettivo di non trasformare i rifugi in piccoli ristoranti riguardanti protezione antincendio, acqua potabile, o in hotel ma, pur adattandosi alla nuova domanda e impianti di depurazione, e non ultima la fornitura elet- alla nuova clientela, si desidera mantenere l’idea di ri- trica, implicano sempre maggiori spese e sono sem- fugio alpino con dormitori e menu fisso. pre meno finanziabili. Ne derivano ripercussioni su eventuali nuove costruzioni e sul mantenimento di quelle esistenti. A questo proposito, oggi, e ancora di più in futuro, devono es- Helmut Ohnmacht sere prese misure di tipo ancora più professionale ri- vicepresidente Österreichischen Alpenvereins guardo al finanziamento, alla progettazione architettonica, alla logistica e alla realizzazione dell’edificio. Rappresento in veste ufficiale l’ÖAV, con i suoi 238 ri- La progettazione deve partire dalla funzione e deve fugi, 195 sezioni (proprietarie di rifugi), circa 26.000 mirare a raggiungere una sorta di simbiosi con l’am- km di sentieri montani e 450.000 membri; tuttavia, in modo ufficioso, il contenuto del mio intervento odierno riguarda anche il DAV, Associazione alpinistica tedesca, con un milione di associati, e l’AVS, Associazione alpinistica dell’Alto Adige, in totale quindi circa 1.500.000 associati, 570 rifugi e 40.000 km di sentieri; con loro esiste una costante collaborazione su ogni livello, mentre buoni rapporti intercorrono anche con il CAS, Club alpino svizzero. Quando parlo di rifugi mi riferisco a quelli della categoria I (che sono la maggior parte), raggiungibili in un’ora di camminata e che offrono ricovero all’alpini- Seethalerhütte in Dachstein (Austria, 2740 m). Foto OeAV 38 biente alpino, senza tenere conto dei cliché in voga. mativi e d’intervento nel settore che hanno consentito Ecco quindi la nostra richiesta, condivisa anche dai di realizzare politiche di sostegno agli investimenti e, finanziatori: i rifugi siano semplici, ma con uno stan- in generale, all’ordinato sviluppo delle strutture al- dard di livello superiore al passato, laddove sia neces- pinistiche sul nostro territorio. In particolare, la Pro- sario e fattibile. Niente rifugi high tech, case passive la vincia autonoma di Trento è dotata di una norma di cui cura richieda troppo ai gestori stessi. Per esempio, settore che è la L.P. 8/93, che è una legge che possia- nei rifugi con scarsità d’acqua ed elettricità, chiedia- mo dire “di definizioni” e “di intervento finanziario”. Le mo docce solo se possibili e sostenibili; locali più pic- definizioni sono riprese da quelle nazionali, ma sono coli e meno numerosi; miglioramento degli impianti importanti perché consentono anche di organizzare i sanitari. Questi sono i nostri desideri. pensieri, dopo aver sentito tutte queste relazioni. Occorre rafforzare il significato originario del rifugio Che cos’è il rifugio alpino? Per la nostra legge i rifugi come ricovero per alpinisti, scalatori ed escursionisti, alpini sono “strutture ricettive che assicurano presi- non vogliamo rifugi di lusso per ospiti di passaggio dio di sobria ospitalità in zone di montagna non rag- che vi arrivano con la funivia, l’auto o il taxi; l’ambien- giungibili da strade aperte al traffico ordinario. […]. te alpino deve essere protetto, altrimenti rischiamo La provincia sostiene i rifugi alpini nei limiti e con la che gli alpinisti, per i quali e dai quali i rifugi sono stati validità stabiliti dalla Giunta provinciale, garantendo costruiti, ci passino davanti evitandoli. Non dimenti- la fornitura di servizi per la comunicazione, il rifor- chiamo gli antichi valori e apportiamo cambiamenti nimento con elicottero e altri servizi generali definiti solo dove essi siano ragionevoli e fattibili. L’esperien- dalla Giunta provinciale”. Quindi lo stesso articolo di za alpina che viviamo sui sentieri, che sono più im- legge indica quali strumenti generali e per quali ragio- portanti dei rifugi, deve poter essere provata anche in ni debbano esistere. un rifugio dall’ambiente adeguato. Un altro articolo della legge individua e riconosce a tutte le strutture alpinistiche l’interesse pubblico (quindi non solo ai rifugi ma anche ai sentieri, alle vie ferrate, ai tracciati alpini in generale). Questo concetto Romano Stanchina è molto importante perché consente di usare le leve Conferenza provinciale trentina per le strutture pubbliche in modo molto esteso rispetto ad altri com- alpinistiche parti dell’economia. La nostra legge dà quindi queste definizioni, prevede degli strumenti d’intervento ma Quale dirigente del Servizio Turismo della Provincia au- si pone anche il problema dell’orientamento delle po- tonoma di Trento, che coordina tutte le politiche pubbli- litiche. Qualche anno fa essa è stata infatti modificata che di settore, mi occupo anche della Conferenza provin- con l’introduzione della Conferenza per le strutture ciale delle strutture alpinistiche; non sono uno specialista alpinistiche. Si tratta di un organismo consultivo della dei rifugi, a differenza di quelli che hanno parlato prima Provincia; in particolare, secondo la nostra legge, “è di me. È stato estremamente interessante sentire questa costituita per orientare il corretto sviluppo delle strut- carrellata sulle problematiche dei rifugi nell’arco alpino; ture alpinistiche e l’utilizzo della montagna; è nomi- questo ci fa pensare come, nonostante le differenze degli nata con deliberazione della Giunta provinciale che ordinamenti e delle organizzazioni locali, alla fine i pro- ne stabilisce la sua composizione, prevedendo la par- blemi siano comuni. tecipazione di rappresentanti della SAT, del Collegio Abbiamo tante differenze di ordinamento, come ha provinciale delle Guide alpine, dell’Associazione dei detto il presidente della Commissione rifugi del CAI. gestori dei rifugi e degli enti di promozione turistica”. Ne abbiamo tante in Italia ma in particolare noi, in una Alla Conferenza partecipa sempre anche Accademia provincia autonoma con competenze esclusive molto della Montagna, Fondazione che è nata solo successi- vaste, per cui da diversi anni abbiamo strumenti nor- vamente a questa modifica normativa. 39 Tutta questa introduzione serve per sviluppare tale vari paesi siano attenti a quel che dice il mercato, ma ragionamento: dato un quadro normativo e grandi che non siano del tutto disposti ad accettare ogni in- spazi di autonomia anche nell’uso delle leve pubbliche dicazione o richiesta. Questo è il grande dibattito che come quelli che ha la Provincia autonoma di Trento, abbiamo nel nostro settore. La stessa Conferenza quali politiche realizzare per questo settore? provinciale per le strutture alpinistiche si trova spes- Chi come noi si occupa di politica economica è abitua- so a discutere di temi di questo genere: quali orienta- to a guardare al mercato: negli altri comparti di que- menti dare alle politiche, perché il mercato ci chiede sto articolato settore, come ad esempio la ricettività di andare velocemente in una direzione, mentre altre alberghiera, extralberghiera, le piste da sci, impian- considerazioni di politiche ambientali o legate alla ti a fune, le professioni turistiche, quel che ci viene tradizione ci dicono invece di fare attenzione, perché chiesto anche in qualità di tecnici è di supportare le la montagna va fruita in un certo modo, perché l’alpi- decisioni politiche attraverso un’attenta analisi delle nismo non è un’attività solo economica, ma possiede tendenze del mercato, da mettere in relazione, natu- anche un’importante valenza sociologica. Credo sia ralmente, con le potenzialità che il nostro territorio ha questo il tema centrale di un simile convegno, visto in sui diversi fronti. Perciò la buona politica economica tal caso sotto il profilo dei rifugi come struttura. di solito è quella che garantisce un adeguato incontro Per riallacciarmi alle bellissime citazioni che sono tra potenzialità del settore e del territorio ed esigenze state fatte, relativamente ai concetti di tradizione e del mercato. innovazione, è come se facessimo fatica nelle politi- Nel campo del turismo, rispetto ad altri settori, sap- che pubbliche a inquadrare quel “fuoco” di cui parlava piamo che sarebbe opportuno tentare di orientare Annibale Salsa nella citazione di Gustav Mahler (che tale mercato. Nell’ambito delle politiche per il settore diceva che “la tradizione è la salvaguardia del fuoco, alpinistico (e per i rifugi in particolare), ci troviamo di non l’adorazione della cenere”). A noi toccherebbe, fronte a qualche dubbio: il mercato ci dà dei segna- come policy maker, andare a vedere dentro quel fuo- li, ma tutti quanti ci stiamo chiedendo se sia corretto co, per rispondere a quella parte di esigenze che non è ascoltarli tutti, reagire di fronte a tutti, dare una rispo- prettamente di mercato. È questa la grande difficoltà: sta a tutti. Credo che la risposta giusta non sia ascol- capire cosa c’è dentro quel fuoco: cosa possiamo fare, tarli tutti. Credo che prevalentemente i club alpini dei come orientare queste politiche? Questa è un’occasione di confronto fondamentale da questo punto di vista. Aspetto esemplificativo è quello del concetto di “sobria ospitalità”, che c’è nella definizione di rifugio della nostra legge. Questo è stato tradotto nel regolamento di esecuzione della legge in tre parametri: non più di dieci metri cubi di aria per persona nelle camere dei rifugi (di solito nel caso di alberghi o altre strutture ricettive si dice “non meno di…”); almeno il 50% dei posti letto dei rifugi siano collocati in stanze con almeno 4 posti letto; non è possibile nei rifugi alpini avere camere con bagno. La “sobria ospitalità” è un concetto su cui c’interroghiamo continuamente, anche perché, se è giusto mantenerlo, la domanda continua a essere “qual è la sobria ospitalità?” Altri esempi di domande che ci poniamo, sulle politi- Rifugio Pradidali alle Pale di San Martino (Primiero, Trento, 2278 m) che da attuare, possono venire dall’attività della no- 40 stra Conferenza per le strutture alpinistiche, che ha affrontato tanti argomenti nei suoi cinque anni di vita. In particolare, si è occupata degli orientamenti da dare alla Giunta rispetto alla possibilità di riconoscere nuovi rifugi alpini in Trentino (dove sappiamo essercene già tanti). Le amministrazioni comunali si rivolgono alla Giunta provinciale per richiedere un finanziamento per la ristrutturazione, o talvolta per realizzare ex novo un rifugio alpino. Finora la risposta è quasi sempre stata negativa. Ad esempio, la Conferenza ha Capanna Punta Penia alla Marmolada (Canazei, Trento, 3343 m) fornito questi orientamenti: la nuova struttura non dev’essere comunque raggiunta da strade, anche chiuse al traffico; la nuova struttura deve distare almeno venti minuti dal rifugio o bivacco più vicino. La Conferenza si è poi espressa sulla distinzione tra rifugi “alpini” ed “escursionistici”, sulle classi di appartenenza dei rifugi (in particolare per cercare di dare un’agevolazione di classe a quelli che aprono anche d’inverno), su un tema molto importante come quello delle teleferiche, prevedendo che a fronte della richiesta da parte dei proprietari del singolo rifugio di realizzare una teleferica, questa domanda sia portata davanti alla Conferenza che valuti caso per caso, per dare un’indicazione, un parere obbligatorio, sebbene Rifugio Passo Principe al Catinaccio d’Antermoia (Pozza di Fassa, Trento, 2601 m) non vincolante; ci si è espressi anche sui parametri da considerare per effettuare queste valutazioni. Si è espressa anche su un tema che mi ha fatto piacere sentire citato precedentemente anche dal Club alpino svizzero, in relazione all’opportunità di attrezzare tratti di sentieri che raggiungono rifugi, per consentire il collegamento tra rifugi o consentire l’accesso a vette, in conseguenza del ritiro dei ghiacciai. La testimonianza che posso portare io, come responsabile di politiche economiche, è che è importante avere un organo di supporto aperto alle principali voci del settore, sia ai club alpini, sia ai gestori dei rifugi, tenendo conto anche della posizione del mercato turistico e degli enti di promozione turistica. Rifugio ai Caduti dell’Adamello alla Lobbia Alta (Spiazzo, Trento, 3040 m) 41 IL QUADRO NORMATIVO IN RAPPORTO AI PROBLEMI DELLA GESTIONE AMBIENTALE L’attività di gestione di un rifugio alpino si articola in Allora l’insieme diventa sistema, in grado di erogare vari processi, indipendenti o collegati fra loro con mo- un servizio di accoglienza turistica, generare reddito dalità variabili, che contribuiscono all’erogazione di e quindi sviluppo, assorbendo e trasformando risor- un servizio il cui livello qualitativo mira a incontrare i se. I casi esaminati nel corso degli anni hanno messo desideri degli ospiti. in evidenza come l’ottimizzazione del rapporto uo- Trasporto dei materiali, produzione di energia elet- mo-montagna abbia introdotto nell’operatività del trica e termica, captazione di risorse idriche e pota- gestore condotte volte a ottimizzare l’uso di risorse bilizzazione, somministrazione di alimenti e bevan- e materiali ben prima che le leggi imponessero tali de, fornitura di servizi igienici, pulizia dei locali sono comportamenti. processi da cui originano flussi di materia ed energia, La gestione di un rifugio ha l’obiettivo d’individuare, combinati e trasformati da conoscenza, impianti e at- controllare e migliorare nel tempo gli aspetti ambienta- trezzature. Dai processi derivano anche impatti am- li, a partire dal rispetto dei vincoli ambientali, sociali ed bientali (suolo, aria, acqua, ecc...). economici. Per far questo si articola in tre livelli: tecnico, Il rifugio e le dotazioni tecnico-impiantistiche sareb- normativo e organizzativo, sistemicamente connessi. bero elementi indipendenti di un insieme se non vi Le prescrizioni normative riguardano tutti i processi fossero gli ospiti e il gestore, ovvero coloro che giun- sopra elencati. Incidono, dunque, sull’attività di ge- gono in un luogo con delle attese, espresse o sottin- stione di un rifugio alpino, determinando la necessità tese, e imprenditori che lavorano al meglio in quel di governare attentamente le trasformazioni. Talvolta luogo per offrire i servizi che la clientela si aspetta. è difficile rispettare le norme poiché non sempre sono Rifugio Myriam in Val Vannino (Formazza, Verbano Cusio Ossola, 2050 m) 42 formulate considerando i vincoli posti dall’ambiente montano. Possiamo ritenere le norme come il raccordo tra l’attività di gestione di un rifugio e il grado di sensibilità alle tematiche ambientali e sociali (incluse igiene degli alimenti, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, ecc...) espresso da un contesto “medio”. Le norme stabiliscono i termini (qualitativi e quantitativi) entro i quali il rifugio deve dialogare con l’ambiente circostante e i “meccanismi” amministrativi (autorizzazioni) cui sono soggette le relazioni con l’ambiente. Come Università di Torino, tra il 1997 e il 2013 abbiamo avuto modo d’ideare e attuare progetti che hanno coinvolto un centinaio di rifugi alpini, principalmente Rifugio della Balma in Val Sangone (Coazze, Torino, 1986 m) tra Valle d’Aosta e Piemonte (vedi allegato). Sono emerse difficoltà d’individuazione e applicazione di un panorama articolato di norme nazionali che Pur immaginando omogenea la volontà dei gestori dei derivano da adozioni di disposizioni comunitarie e rifugi e orientata ad adempiere alle norme, le realtà in- norme regionali le quali, in linea di principio, sono vol- dividuali sollevano quesiti in merito all’appropriatez- te ad adattare le disposizioni generali alle peculiarità za delle disposizioni ovvero pertinenza e applicabilità dei territori. del dispositivo alla realtà rifugistica e in relazione al Le ricerche, condotte per caratterizzare il rapporto tra rapporto costi-benefici, economici e ambientali. modalità gestionali e aspetti ambientali al fine di pro- Le trasformazioni hanno effetti ambientali e questi gettare efficaci sistemi di gestione, si sono occupate possono esser ammessi entro limiti ben definiti sul in primo luogo di costituire una base di conoscenza piano normativo, per preservare la qualità di un luogo completa e di formalizzare modalità operative per ag- desiderato dai turisti. Il raggiungimento dei limiti può giornarla nel tempo . implicare l’adozione di appropriate tecnologie. Definire il quadro normativo significa costruire cer- Da questa affermazione discendono due considera- tezze per il gestore, in relazione agli adempimenti e zioni: 1) Data la struttura e gli impianti in un certo pe- alle tecnologie per il trattamento degli aspetti am- riodo, sono le modalità gestionali che fanno incontra- bientali. Recentemente, nella redazione di un quadro re domanda e offerta di ospitalità a produrre impatti normativo aggiornato, da introdurre in un nuovo si- ambientali. Dunque, operare sulla formazione dei stema di qualificazione dell’offerta turistica , abbiamo gestori e sull’educazione degli ospiti significa control- quantificato in circa 60 gli adempimenti la cui osser- lare nel tempo gli impatti ambientali per prevenirli o vanza può toccare i rifugi, in vario modo in relazione al ridurli. Un gestore informato e formato, che conosca contesto. Tuttavia, più che il numero in sé, è l’ordine di le dotazioni tecnologiche, può progettare un’offerta grandezza che esprime il “peso” del quadro normativo turistica in grado di rispondere alla domanda, orien- per i gestori. Se le norme coinvolgono, praticamente tandola verso le specificità del rifugio, in termini di identiche, tutti i rifugi, non è detto che esse siano ef- disponibilità di risorse e capacità di controllo delle ficaci ed efficienti allo stesso livello in ogni situazione. emissioni. 1 2 R. Beltramo, S. Duglio (a cura di), I rifugi alpini del Verbano-Cusio-Ossola verso un turismo sostenibile. Una lettura sistemica della ricettività in alta quota, Edizioni Ambiente, Collana FreeBook, Milano 2012 (download gratuito su www.freebookambiente.it). 2 R. Beltramo, E. Pandolfi, Qualità-Ambiente-Turismo. Strumenti di valorizzazione dell’offerta turistico-ricettiva, Università degli Studi di Torino 2013 (download gratuito su www.regione.piemonte.it/retescursionistica). 1 43 2) Le tecnologie, anche le più sofisticate, necessitano di un operatore informato e formato che le metta in azione nel modo più appropriato. La dinamica del quadro di riferimento riguarda anche le tecnologie, suscettibili di cambiamenti grazie all’innovazione in chiave ambientale: “eco-innovation is defined as any form of innovation aiming at significant and demonstrable progress towards the goal of sustainable development, through reducing impacts on the environment or achieving a more efficient and responsible use of resources”3. Un impulso alla traduzione sul piano pratico dei risultati della ricerca è stato impresso dall’impegno internazionale per la green economy (UNEP 2008): “As one that results in impro- Rifugio Franco Monzino allo Châtelet (Courmayeur, Aosta, 2561 m) ved human well-being and social equity, while significantly reducing environemntal risks and ecological scarcities. In its simplest expression, a green eco- tà turistica (periodo di apertura annuale, affluenza dei nomy can be thought of as one which is low carbon, turisti, domanda di acqua per vari scopi, ecc...) e situa- resource efficient and socially inclusive”4. Per quanto zione geomorfologica, impartendo disposizioni che riguarda il rifugio, le innovazioni ambientali possono assicurino il livello desiderato di qualità delle acque di essere incorporate a vari livelli: nella struttura, negli scarico in relazione al suolo, considerando le intera- impianti, nelle apparecchiature, nelle attrezzature. zioni spontanee, volte a depurare i reflui e diverse di Si configura, tuttavia, una terza possibilità, ovvero caso in caso. I limiti potrebbero esser diversi da luogo quella di agire sulle norme, che va percorsa quando, a luogo, comportando dunque investimenti diversi, allo stato attuale delle conoscenze, non esistano im- ma l’obiettivo è comune: preservare la qualità della pianti in grado di ottemperare ai limiti di legge. Per risorsa idrica. In questo senso, una buona indicazione quanto concerne il tema del trattamento delle acque potrebbe esser quella di limitare l’intervento tecnolo- di scarico, mentre si ricercano nuove e più efficaci gico alla realizzazione d’impianti semplici, di pretrat- tecnologie, è opportuno intervenire sulle norme per tamento, e d’individuare fasi di trattamento naturali, adeguarle alle effettive possibilità d’intervento. Così portando i reflui lungo un percorso obbligato che ne facendo si può armonizzare l’orizzonte temporale de- agevoli l’ossigenazione e la cessione d’inquinanti per gli interventi: nel breve termine sul piano normativo, percolazione nel suolo. Qualora le norme imponesse- nel medio termine su quello tecnologico. Ma l’inter- ro comunque investimenti elevati, il gestore potrebbe vento tecnologico deve poter avvenire all’interno di riformulare l’offerta di ospitalità, alla ricerca dell’otti- un quadro normativo certo, che apra spazi alla spe- mo economico e ambientale. rimentazione. I sistemi di gestione ambientale hanno l’obiettivo di Se il quadro normativo è suscettibile di variazioni, oc- rendere sistematico l’approccio alla gestione, identi- corre modificare le norme per considerare le peculia- ficando e disciplinando, attraverso procedure e istru- rità dei territori montani: analizzare i siti sui quali sono zioni operative, i collegamenti tra i processi e le mo- eretti i rifugi, studiare l’effettiva interazione tra attivi- dalità di esecuzione, in condizioni normali, anomale 3 4 http://ec.europa.eu/environment/ecoinnovation2012/2nd_forum/inspiring_0.html www.unep.org/greeneconomy/AboutGEI/WhatisGEI/tabid/29784/Default.aspx 44 Produzione di energia da micro idroelettrico presso il rifugio Levi Molinari in Val di Susa (Exilles, Torino, 1850 m) Scatol8 presso il rifugio Enrico Castiglioni all’Alpe Devero (Baceno, Verbano Cusio Ossola, 1640 m) e di emergenza. Coinvolgono aspetti materiali e im- di una sensibilità ambientale, oggi viene prescritta dalla materiali (informazione, formazione, comunicazione) legge per le nuove costruzioni. Se, in passato, si trattava e si basano sull’informazione che viene ordinata e or- di applicazioni esterne al rifugio, nuovi materiali e nuo- ganizzata ovvero rilevata, controllata, elaborata, resa ve tecniche di progettazione portano a un’inclusione, disponibile secondo modalità stabilite dall’organiz- per meglio armonizzare edificio e impianti. Si assiste alla zazione stessa. Gli standard diffusi a livello interna- cristallizzazione di un’offerta di nuove tecnologie che ac- zionale sono modelli a cui riferirsi perché provati per celera più intensamente se le stesse tecnologie vengono efficacia ed efficienza, che vanno adeguati al contesto applicate in contesti non montani. ambientale, sociale ed economico per il quale vengo- Per impostare un processo gestionale occorre definire no progettati e attuati. obiettivi e struttura organizzativa che operi secondo Man mano che evolve l’analisi condotta sui rifugi, emer- modalità di azione prestabilite e che, periodicamen- ge con chiarezza il rapporto che il “contenitore” ha con te, controlli i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi, l’uso delle risorse: nuove norme urbanistiche configu- eventualmente agendo per apportare aggiustamenti rano nuovi margini di azione, come la caratterizzazione qualora vi siano scostamenti negativi. Affinché que- dei materiali in funzione delle prestazioni energetiche e sto processo virtuoso possa esser innescato, è ne- l’integrazione con tecnologie ecoefficienti, e s’impongo- cessario disporre di dati pertinenti, completi, precisi no anche in alta quota perché gettano le basi per un uso e a questa esigenza ci siamo proposti di fornire una più efficiente delle risorse. Esse, inoltre, considerano il risposta col progetto del Sistema di telerilevamento di rapporto tra il rifugio e il paesaggio5. Il quadro norma- variabili ambientali e gestionali6. tivo si amplia, soprattutto per quanto concerne le nuove costruzioni, e un elemento che era considerato statico, il “costruito”, e che non interveniva nelle valutazioni, viene Conclusioni ad assumere un ruolo attivo. Ad esempio, se un tempo Il turismo montano è d’importanza strategica per le nell’ambito dell’approvvigionamento energetico la dota- regioni alpine. La definizione di strategie di sviluppo zione di pannelli fotovoltaici era suggerita dall’adozione da parte degli enti pubblici contempera obiettivi di di criteri di ridondanza oppure necessaria per la scarsi- carattere ambientale, economico e sociale. Disporre tà di altre risorse o, ancora, voluta dal gestore, in nome di un quadro dettagliato e aggiornato consente di as- R. Beltramo, S. Duglio, C. Botto Poala, Characterization of Mountain Huts and proposed method of assessment of environmental impact, in G. Ioppolo (a cura di), Environment and Energy, Franco Angeli Editore, Milano 2012. 6 R. Beltramo, Scatol8®: A path to sustainability, download gratuito su http://scatol8.net/ 5 45 sumere decisioni e di valutare l’efficacia delle azioni Un elevato livello di qualità ambientale costituisce uno intraprese, programmando investimenti materiali e degli elementi della qualità percepita dall’ospite, la immateriali. I dati rendono possibile la costruzione di quale può esser assicurata attraverso vari strumenti modelli previsionali volti a quantificare costi e benefi- di gestione volontari. Il Marchio Q – Ospitalità italia- ci, economici e ambientali, degli interventi volti a mi- na è il più recente: nasce grazie alle sinergie svilup- gliorare l’offerta turistica. Anche in alta quota, o forse pate fra l’ente che lo amministra, ISNART, e le attività proprio in alta quota, vista la fragilità degli ecosistemi, svolte dall’Università di Torino nell’ambito del Pro- è doveroso utilizzare tutti gli strumenti computazio- getto VETTA (Valorizzazione delle Esperienze e dei nali di cui si dispone per evitare di trovarsi impreparati prodotti Turistici Transfrontalieri alle medie ed Alte di fronte a una concorrenza internazionale agguerrita. quote), con la Regione Piemonte capofila, che ha visto Affrontare la concorrenza internazionale delle desti- nel territorio del Verbano-Cusio-Ossola i primi rifugi nazioni turistiche comporta la necessità di un’azione ottenere tale riconoscimento. Il marchio considera, in pianificata per metter in risalto le caratteristiche ec- primo luogo, la conformità alle prescrizioni norma- cezionali di un territorio in grado di accogliere i propri tive, proponendo una scheda di autovalutazione e turisti, e le attività svolte per renderli consapevoli del- prendendo in esame anche aspetti legati all’involucro le peculiarità culturali. edilizio. Le implicazioni tecniche e organizzative deri- Il quadro normativo può esser arricchito anche dei vanti dalle prescrizioni di legge pongono di fronte alla rapporti disciplinati dal diritto privato per quanto scelta di costruire nuovi rifugi o adattare e ampliare concerne il rapporto tra ente proprietario e gestore. quelli esistenti. Il lavoro presenta un percorso decisio- Questa sottolineatura viene operata per evidenziare nale alla definizione del quale ha contribuito il citato come anche nel piano di conduzione di una struttura Progetto VETTA. possano esser introdotte clausole affinché la gestione Riccardo Beltramo sia coerente con la politica ambientale della proprietà. Università di Torino – Dipartimento di Management Questo è particolarmente vero per quanto concerne il CAI, il quale ha tra i suoi scopi statutari la diffusione della cultura della montagna, fatta di sedimentate conoscenze per ottimizzare l’uso delle risorse. Allegato Dipartimento di Scienze merceologiche dell’Univer- Progetti per la qualificazione del turismo montano sità di Torino per la realizzazione di attività tecniche condotti dal Dipartimento di Scienze merceologiche nell’ambito del Progetto strategico IT – CH 2007- dell’Università degli studi di Torino 2013 “V.E.T.T.A. – Valorizzazione delle Esperienze e dei prodotti Turistici Trasfrontalieri delle medie e 2010-2013 alte quote”. R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio, E. Vesce, Sergio Margarita, C. Botto Poala, P. Cantore, A. Rostagno, S. 2007 Piccolo R. Beltramo, S. Duglio Convenzione tra la Regione Piemonte – Direzione Incarico di consulenza con l’Ente Parco Monte Anto- opere pubbliche, Difesa del suolo, Economia mon- la, per la realizzazione della certificazione Ecolabel tana e foreste – Struttura flessibile per l’attuazione del nuovo rifugio Parco Monte Antola dei progetti di valorizzazione della montagna – e il 46 R. Beltramo, S. Duglio 2003 Partecipazione al concorso bandito dal CAI – Sezio- R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio ne Torino per la progettazione del nuovo rifugio To- “Valorizzazione e promozione del turismo monta- rino, con Studio INART, Studio Giacopelli (progetto no attraverso la qualificazione ambientale di una 2° classificato). rete di rifugi”, promosso dal Dipartimento di Scienze merceologiche dell’Università di Torino e realizzato 2006 dall’Associazione gestori rifugi Valle d’Aosta con il R. Beltramo, S. Duglio contributo del FSE, del Ministero del Lavoro e delle Partecipazione con Studio Giacopelli al concorso politiche sociali ufficio centrale OCFPL e della Re- bandito dall’Ente Parco Monte Antola per la realizza- gione autonoma Valle d’Aosta, Bando Montagna, zione del nuovo rifugio Parco Monte Antola (proget- Obiettivo 3, misura D3, anno 2003. to 1° classificato). 2002 2005-2008 R. Beltramo, B. Cuzzolin, E. Pandolfi, S. Duglio R. Beltramo, E. Vesce, S. Duglio, E. Pandolfi, A. Gio- “Modelli gestionali per la qualificazione dei gestori vinazzo, A. Leonardi dei rifugi verso un turismo sostenibile” promosso “Osservatorio tecnologico, gestionale e formativo dal Dipartimento di Scienze merceologiche dell’U- per la sicurezza in montagna, per la tutela dell’am- niversità e dalla Grivel Mont Blanc s.r.l. e realizzato biente montano e delle strutture ricettive alpine”, dall’Associazione gestori rifugi Valle d’Aosta con il promosso dalla Fondazione Montagna Sicura di contributo del FSE, del Ministero del Lavoro e delle Courmayeur, attuato dall’Università di Torino con politiche sociali ufficio centrale OCFPL e della Re- il contributo della Compagnia San Paolo di Tori- gione autonoma Valle d’Aosta – Obiettivo 3 Misura no e dell’Assessorato Territorio, Ambiente e Opere D 3 anno 2000–2001 Invito 2/2001. pubbliche della Regione autonoma Valle d’Aosta nell’ambito del programma Interreg III A ALCOTRA. 2001 R. Beltramo, B. Cuzzolin, E. Pandolfi, S. Duglio R. Beltramo, E. Pandolfi, S. Duglio, A. Giovinazzo “Ricerca-intervento per la realizzazione di sistemi Progetto “Qualification de l’offre des refuges de hau- di gestione ambientale nei rifugi di montagna” pro- te montagne pour un tourisme durable dans la Vallée mosso dal Dipartimento di Scienze merceologiche d’Aoste et les Pays de Savoie – Refuges” nell’ambi- dell’Università di Torino e dalla Grivel Mont Blanc to del Programma Interreg III A Italia-Francia (ALPI) s.r.l. di Courmayeur e realizzato dall’Associazione 2000/06, attraverso una Convenzione con l’Asses- gestori rifugi Valle d’Aosta con il contributo del FSE, sorato turismo, sport, commercio, trasporti e affari del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale e europei della Regione Valle d’Aosta. della Regione autonoma Valle d’Aosta – Obiettivo 3 Misura D 3 anno 2000–2001. 2003-2004 R. Beltramo, S. Duglio 1997 – 2000 Certificazione secondo la norma ISO 14001 del rifu- R. Beltramo, R. Pes, B. Cuzzolin gio Viòz Mantova, in collaborazione con la SAT e la CRESTA 2000 – Capanna Regina Margherita Si- Commissione centrale Tutela e ambiente montano sTema di gestione ambientale “Turismo, Ambiente, del CAI. Progetto finanziato dal Ministero dell’Am- Strutture ricettive – Sistema di gestione ambientale biente. per il rifugio Regina Margherita”, Convenzione tra l’Università di Torino e il CAI. 47 ASPETTI IGIENICO-SANITARI NEI RIFUGI ALPINI IN TRENTINO Scopo della presente relazione è illustrare le proble- d’igiene e sanità pubblica nella zona alpina di Tione. matiche igienico-sanitarie dei rifugi, partendo da una Gli aspetti igienico-sanitari applicati ai rifugi sono panoramica dell’attuale situazione normativa urba- una parte di nicchia del lavoro che faccio tutti i giorni. nistico-edilizia e giungendo alle tematiche inerenti le In questi anni ho avuto la possibilità di vedere rifugi fonti energetiche, l’approvvigionamento di acqua po- in tutto l’arco alpino (e di sentire esperienze anche tabile e materie prime, l’igiene degli alimenti e bevan- extra-alpine, importanti perché il tema si possa am- de e del personale, l’applicazione del sistema HACCP, pliare verso altri orizzonti). Il lavoro che presento si lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti, la formazione riferisce principalmente a rifugi trentini, però si nu- igienistica dei gestori. tre dell’esperienza maturata su rifugi di tutte le Alpi. Questo mio lavoro è iniziato circa 15 anni fa, con Egi- È una rapida carrellata su quali siano i problemi igie- dio Bonapace, che ringrazio particolarmente. È un la- nico-sanitari dei rifugi alpini e di come si potrebbero voro che nasce dalla passione che ho sempre avuto affrontare (e come di fatto molti siano stati affrontati per la montagna come guida alpina, che poi negli anni dall’Azienda sanitaria del Trentino). si è concretizzato nella mia occupazione nel servizio Sulla normativa non mi soffermo più di tanto: abbia- Sistema di smaltimento dei rifiuti solidi ancora insuperato 48 mo visto nelle relazioni precedenti che essa pone ad- molto interessante capire come ci si è organizzati a dirittura fino a più di 50 norme specifiche per i rifugi seconda della situazione. (pensiamo anche a quanto questo sia fonte di difficol- Alcuni anni fa in tutti i rifugi del Trentino sono stati tà per i gestori). installati o il disoliatore o (più raramente) il grigliato- La problematica principale dal punto di vista am- re. Sullo smaltimento dei rifiuti solidi le modalità sono bientale riguarda le fonti energetiche, su cui si sono tantissime, ma forse il sistema ancora insuperato è registrati anche i maggiori sforzi di progettazione quello di riportarsi i rifiuti a valle. in questi ultimi anni, anche perché le esigenze sono Infine un piccolo cenno alla formazione igienico-sa- completamente cambiate. Anche da un punto di vista nitaria. Noi riteniamo che la formazione sia lo stru- squisitamente tecnico, le richieste degli utenti sono mento migliore, soprattutto nella fase iniziale in cui ormai cambiate tantissimo (come ad esempio il fatto si sente la voce del gestore per capire quali siano le di ritrovarsi la corda asciutta alla mattina), presuppo- problematiche (perché se si arriva già con la soluzione nendo requisiti tecnici assolutamente impensabili 20 in tasca, senza aver sentito chi poi ci vive tutti i gior- anni fa. ni, si commettono gli errori più grossi). Quindi questi Un altro problema importante è l’approvvigionamen- momenti di formazione, che sono stati condotti negli to di acqua potabile e merci. Ciò diventa rilevante nel anni con i gestori, mi sono personalmente serviti per momento in cui si va a considerare la sicurezza del capire quali fossero le esigenze specifiche, per cercare cliente, ancora prima della sua soddisfazione. Ormai poi delle soluzioni partendo da esse. c’è un’attenzione molto alta sulla qualità e sulla sicurezza di ciò che mangiamo e beviamo. In un rifugio di altissima quota sulle Alpi occidentali, dove l’approvvigionamento di acque potabili per via naturale è praticamente impossibile, il turista pretende comunque che si possa mangiare e bere qualcosa di assolutamente sano. Questo non è sempre facilmente possibile in alcune strutture ancora operanti sulle nostre montagne. Il binomio tra tecnico dell’igiene pubblica e progettista è in tal caso molto importante. Il problema che viene subito appresso riguarda l’igiene delle bevande (è stato già citato il sistema di autocontrollo del HACCP – Analisi del pericolo e controllo dei punti critici – che è caduto sulla testa dei rifugi alpini). Su questo l’azienda sanitaria si è impegnata per cercare delle semplificazioni; ho personalmente fatto dei lavori con diversi rifugi per rendere minimo l’impatto burocratico-legislativo, mantenendo tuttavia la garanzia più completa per il consumatore. L’altro grande problema ambientale concerne il trattamento delle acque e dei rifiuti solidi; infatti, il dover dotare i rifugi di strumenti per trattare come a bassa quota le acque e i reflui impone dei costi economici, ma soprattutto ambientali, veramente alti. Anche qui le soluzioni su tutte le Alpi sono molto diverse ed è Antonio Prestini Dirigente medico ASL Provincia autonoma di Trento 49 Seconda sessione RIQUALIFICAZIONE O DEMOLIZIONE/RICOSTRUZIONE? 51 INTRODUZIONE A tutt’oggi, in montagna, e in particolare sulle Alpi, to della città, una protesi della cultura metropolitana, bisogna fare i conti con almeno due nemici del “buon ma anche nell’interpretarne le costruzioni come vere progetto”, altrettanto subdoli e pericolosi. e proprie progettazioni urbane: non tanto perché i Il primo nemico si può riassumere nel sentimento progetti nascono in città, come logico che sia, quanto della nostalgia, che a partire dalla scoperta romantica perché si uniformano alla visione di pianura dimen- delle Alpi di fine Settecento ha pervaso fino ai nostri ticando che la montagna, soprattutto quella più alta giorni quasi ogni sguardo cittadino sulla montagna e – dunque il territorio del rifugio – presenta un am- paradossalmente ha influenzato, e oggi influenza più biente eccezionale, fragile e severo allo stesso tempo che mai, anche gli sguardi valligiani, di chi la monta- ed esige soluzioni adeguate ai luoghi, prima ancora gna la abita e la amministra. che ai tempi. Nostalgia significa quel continuo ricondurre i modelli Molte brutture, molti abusi, molte degenerazioni, sia culturali (dunque anche architettonici) alla Montagna nella dimensione del singolo fabbricato che del pae- con la emme maiuscola, l’intramontabile icona del se-città destinato al turismo di massa, sono il risul- mondo rustico e rurale ottocentesco che, traslata al tato di questa in-cultura del leggere e dell’abitare le costruire, equivale a materiali e forme “tradizionali” terre alte, che affianca l’acritico e ipocrita legame a un perché sublimate dal passato: la pietra, il legno, lo stile modello costruttivo “antico”, con il legno che ingialli- del rascard, lo chalet, la “baita alpina”, il rifugio-bivac- sce e secca sui terrazzi e negli infissi, a un altrettanto co “tradizionale” in stile capanna o simile. semplicistico “stile tecno” che, per un sillogismo as- Sono tutte varianti dello stesso intramontabile pre- surdo, dovrebbe soddisfare i gusti dei cittadini in va- giudizio, che assegna al divenire delle alte quote un canza, anche a due o tremila metri di quota. diretto e inevitabile discendere dalla presunta civiltà Il grande assente è quell’altro sguardo, o terza via, che alpina, contadina e pastorale, oppure dal classicismo liberandosi dai lacci del passato e dalla sudditanza alpinistico nel caso dei rifugi, anche là dove ormai culturale verso la città, riesca innanzi tutto a pensare prevale il turismo intensivo o dove l’industria delle le Alpi come un luogo, un ambiente, un territorio, e di vette ha spianato per sempre i campi coltivati, i ter- conseguenza sappia immaginarvi delle opere capaci razzamenti, le capanne di pietra, gli antichi bivacchi, di rispettarne e valorizzarne le forme. l’avventura della notte. Oggi sono gli stessi escursio- Ma quali forme? Non per forza quelle della civiltà al- nisti e alpinisti che chiedono a gran voce sicurezza e pina e alpinistica di ieri, inevitabilmente superata, ma comfort, non pranzi frugali, pernottamenti spartani o neppure l’acritica trasposizione della tecnologia co- emozioni d’antan. struttiva (urbana) di oggi. Il secondo nemico si chiama “periferia”, ed equivale In questo dibattito s’inserisce anche il tema dei rifugi, non solo a considerare le Alpi come un prolungamen- che esprimono quanto di più sperimentale si possa 52 immaginare e fare in montagna, perché si collocano battere quelli vecchi, oppure ristrutturarli? Non esiste in luoghi e condizioni estreme e rappresentano una una risposta unica, naturalmente, perché ogni caso è sfida per progettisti e costruttori. La sfida va raccol- diverso dall’altro, ma in ogni caso l’architettura pre- ta adattandola ai luoghi, tra i più belli e incontaminati esistente va salvaguardata come un pezzo di storia, del pianeta, e rispettando quanto è stato fatto prima sempre unica, talvolta eccezionale. Il progresso vero e dall’architettura pionieristica d’alta quota. Spesso si capace di futuro non cancella i segni del passato, ma li pone il problema delle eredità storiche dei rifugi: ab- adatta con rispetto ai tempi nuovi. Enrico Camanni Dislivelli 53 Tavola rotonda/1. Costruire ancora? Tra impatti e impronte ambientali IL DILEMMA DI FRONTE ALL‘ESISTENTE Da circa due anni sono diventato proprietario e ge- restare aperto perché non possedeva l’agibilità, né stisco il rifugio Benevolo, a 2285 m nella Valle di soddisfaceva più i requisiti igienico-sanitari. Ci siamo Rhêmes, in Valle d’Aosta. Costruito negli anni Trenta quindi trovati nella situazione di emergenza d’instal- dal CAI Torino, negli anni Ottanta è stato leggermen- lare delle strutture temporanee per potere operare. te rimaneggiato, con piccoli ampliamenti volumetrici Immaginerete il mio approccio nel momento in cui da nell’intorno. Ogni piano misura circa 160 mq. È molto gestore arrivo in un rifugio che è fermo agli anni Tren- frequentato, sia nel periodo primaverile per lo scialpi- ta dal punto di vista delle strutture e agli anni Ottanta nismo, sia in estate con un turismo che fondamental- da un punto di vista dell’impiantistica: si stava quasi mente lo considera una meta, sia la sera come rifugio pensando a un discorso demolizione-ricostruzio- per i trekking. ne. Essendo però l’eventuale chiusura del rifugio un I limitati adeguamenti negli anni sono dovuti a un danno non solo ai gestori ma all’intera valle, alle valli contenzioso tra i proprietari del terreno circostante e vicine e ai rifugi laterali, siamo riusciti a trovare con il CAI Torino. Così, quando ne ho assunto la gestio- le amministrazioni comunale e regionale una soluzio- ne, si è scoperto che in realtà non poteva neanche più ne temporanea, con l’urgenza però di risolvere alcuni Rifugio Gian Federico Benevolo all’Alpe Lavassey (Rhêmes-Notre-Dame, Aosta, 2287 m) 54 problemi entro la fine dell’anno. Ci siamo chiesti cosa liberatrice, in seguito non me la sono più sentita di fare: costruire un rifugio nuovo di fianco? riqualificare perseguire l’ipotesi di demolire per ricostruire. Questo l’esistente? La situazione era delicata. valore storico-culturale che intravedo ormai dentro al I punti su cui abbiamo riflettuto erano che la costru- rifugio, nelle scritte degli alpini sulle pareti, nella per- zione di un nuovo rifugio di fianco non era possibile; fetta funzionalità (quasi come in una barca a vela, con non per mancanza di spazio ma perché il rifugio esi- ogni cosa al suo posto), mi ha dissuaso dall’idea del stente sorge nella posizione strategicamente migliore, costruire ex novo. su un promontorio da cui il gestore ha sotto controllo Ora però, da gestori, abbiamo bisogno di un rifugio tutta la valle e può vedere gli escursionisti che stanno estremamente funzionale, perché avere ad esempio arrivando: questo è abbastanza importante nelle sta- problemi tecnologici o l’acqua che gela, mentre ma- gioni un po’ più delicate, come quella primaverile. Nel- gari ci sono ospiti, può essere un dramma; dev’esse- la ricollocazione di un rifugio bisogna sempre tenere re funzionale ma al contempo semplice, affinché si conto di questi aspetti. possa riparare facilmente. La nostra sfida è dunque Vivendo il rifugio ho però imparato a conoscerlo e a quella di utilizzare la vecchia fabbrica, senza demo- comprenderne i pregi, anche tramite coloro che lo fre- lirla, come base per poter fare un ampliamento, in cui quentavano e lo conoscevano da ormai 60 o 70 anni. le due strutture saranno legate da un punto di vista Così, mentre all’inizio avrei voluto innescare una pira distributivo. Mathieu Vallet Gestore rifugio Benevolo 55 ARCHITETTURA D’ALTA QUOTA. IL CONCORSO PER LA RICOSTRUZIONE DI TRE RIFUGI IN PROVINCIA DI BOLZANO Quando camminiamo in alta quota, sarà per la bellezza del panorama che possiamo ammirare o anche per la fatica che facciamo camminando, spesso non notiamo che le nostre montagne sono costellate di strutture e infrastrutture di diverse forme e di vario tipo. Partenze e arrivi d’impianti di risalita con depositi per le attrezzature e per i mezzi, strutture tecniche per la raccolta dell’acqua o per l’approvvigionamento energetico, infine rifugi e bivacchi comprensivi di ampliamenti, annessi e ripari per generatori elettrici o bombole di gas necessari per alimentare le strutture. Solamente in rari casi questa complessa varietà di manufatti è frutto di un progetto consapevole e ben ideato per un corretto inserimento nel contesto. Nella maggior parte dei casi si tratta invece di opere realizzate, in un ampio arco di tempo, per rispondere alle singole esigenze funzionali con modalità eterogenee. In questo quadro si inserisce la “storia” dei rifugi, che presidiano un territorio naturale di particolare estensione e qualità ma caratterizzato da numerosi interventi dell’uomo. Volendo effettuare un’analisi dei rifugi, osservando con attenzione quelli dell’arco alpino, possiamo notare che molti sono stati realizzati con mezzi limitati e con materiali e forme molto diverse tra loro. La “tradizione” della costruzione dei rifugi c’insegna infatti che nella maggior parte dei casi si tratta di edifici autocostruiti o realizzati in tempi e condizioni che imponevano di attuare interventi aventi come primo obiettivo quello di riuscire a costruire appunto un “rifugio”, quindi un riparo, per chi frequentava la montagna. Non vi è stata pertanto una particolare ricerca tipolo- Rifugio Ponte di ghiaccio / Edelrauthütte al passo Ponte di ghiaccio /Edelraut (Selva dei Molini/Mühlwald, Bolzano, 2545 m): stato attuale, plastici degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Modus Architects) 56 gica e architettonica, se non in rari casi, e non è stato comunque qualche cosa di alieno rispetto alla grande posto come primo obiettivo la ricerca di una qualità dimensione degli spazi alpini. In questo senso un con- estetica dei manufatti. La tipologia di riferimento è testo estremo come quello dell’alta quota, dove ogni stata semplicemente mutuata dalla tradizione co- intervento costituisce comunque una violenza, è in struttiva del fondovalle o degli alpeggi della zona, non grado di ospitare anche un’architettura che esprime in essendovi infatti all’inizio del secolo scorso una tradi- modo coraggioso la propria contemporaneità. Questo zione costruttiva in alta quota. Le strutture costruite vale per i rifugi d’alta quota come, allo stesso modo, perlopiù nella prima metà del Novecento, nel momen- per le strutture degli impianti di risalita o per le infra- to di maggiore sviluppo del turismo alpino, hanno strutture tecniche di ogni genere. quindi dato luogo a una “tradizione” non consolidata Occorre invece ragionare sulla possibile reversibilità che è però successivamente diventata riferimento. di questi manufatti. Costruire in alta montagna do- Con la modernità e la possibilità d’impiegare nuovi vrebbe spingerci a rispettare l’ambiente, nel senso di mezzi per la costruzione in alta quota, giungendo nei rinunciare agli interventi che modificano l’andamento luoghi prima quasi inaccessibili con elicotteri e mezzi meccanici di vario genere, le condizioni sono cambiate radicalmente. A quel punto ogni cosa è stata possibile. Alcuni rifugi sono stati ristrutturati o sostituiti e altri costruiti ex novo secondo le disponibilità economiche, ma anche secondo le possibilità tecniche del momento. Seguendo quindi l’approccio dei pionieri dell’alpinismo che hanno realizzato i primi ricoveri utilizzando al meglio le tecniche e le modalità d’intervento dell’epoca, oggi noi dovremmo costruire nuove strutture o intervenire nella ristrutturazione o ampliamento di quelle esistenti utilizzando l’avanguardia della tecnica e del linguaggio architettonico. Questa modernizzazione è evidente anche nella pratica dell’alpinismo: i pionieri effettuavano le proprie ascensioni con corde di canapa, pesanti scarponi di pelle, vestiti scomodi e zaini pesanti; oggi gli alpinisti utilizzano le attrezzature più innovative, vestono indumenti ultra leggeri e protettivi ed effettuano le stesse vie in tempi estremamente brevi rispetto a quelli dei loro predecessori. Ogni epoca ha il proprio linguaggio e l’evoluzione del gusto va di pari passo con ciò che di fatto costituisce la tradizione, ovvero non qualche cosa di fermo, di statico, ma una cosa in movimento, in continua evoluzione. Realizzare oggi un nuovo rifugio, pensando di recuperare una tipologia che riproduca banalmente le “baite” e le “capanne” in legno, significa costruire un falso storico. Inoltre, è necessario evidenziare che in alta quota qualsiasi elemento costruito è sempre e Rifugio Vittorio Veneto/Schwarzensteinhütte al Sasso Nero/Schwarzenstein (Valle Aurina/Ahrntal, Bolzano, 2923 m): stato attuale, plastici degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Helmut Stifter, Angelika Bachmann) 57 naturale del terreno, limitandosi a costruire il neces- natura dev’essere essenziale. Si può ritenere quin- sario senza compromettere il contesto. Ciò significa di più coerente modificare le norme più che i rifugi, che, esaurita la vita dell’edificio e venuta meno la sua ovvero definire specifici parametri per strutture che necessità, dev’essere possibile un ripristino del sito vengono utilizzate in un periodo limitato dell’anno, a senza lasciare eccessive tracce. Credo che questo si- volte solo alcuni mesi nella stagione estiva. gnifichi rispettare la montagna indipendentemente dall’aspetto esteriore, dalla forma o dal linguaggio uti- Consapevole del ruolo esercitato dal rifugio, che svol- lizzato nella costruzione dei rifugi. È necessario evi- ge infatti una funzione di presidio culturale oltre che denziare, inoltre, che per i rifugi non esistono norme di semplice riparo, la Provincia autonoma di Bolzano specifiche e che quindi gli interventi sul patrimonio ha colto l’occasione della ricostruzione di tre rifugi in esistente, come anche le nuove realizzazioni, devono Alto Adige per dare un concreto contributo al dibat- sottostare a norme, igienico-sanitarie e di prestazione tito relativo alle costruzioni in alta quota. Seguendo energetica, poco attinenti a una struttura che per sua una prassi ormai consolidata per garantire la qualità dei progetti architettonici, la Provincia ha indetto tre concorsi a inviti. Per ogni rifugio sono stati coinvolti otto studi altoatesini di chiara fama, generando in questo modo un “patrimonio” d’idee contenuto in ventiquattro progetti che non rappresentano solamente una risposta alle esigenze tecniche e funzionali della committenza ma costituiscono un importante momento di ricerca per tutto l’arco alpino. Edelrauthütte/rifugio Ponte di ghiaccio (2545 m), Schwarzensteinhütte/rifugio Vittorio Veneto (2923 m), Weisskugelhütte/rifugio Pio XI (2544 m): sono i tre rifugi, posti al confine tra l’Alto Adige-Südtirol e l’Austria, per i quali è stata prevista la demolizione e ricostruzione a causa delle precarie condizioni delle strutture attuali (vedi “Turrisbabel” n.91, numero speciale della rivista dedicato al concorso). La giuria composta da tecnici e da rappresentanti delle diverse associazioni alpine, tutti appassionati frequentatori della montagna, ha valutato i progetti partendo dal bisogno di soddisfare il programma funzionale della struttura e cercando, al contempo, un equilibrio tra gli aspetti pratici e quelli estetici e formali, senza che questi ultimi potessero prevalere. I progetti presentati corrispondono ad approcci progettuali eterogenei che riflettono un concetto di “eccezionalità” di un manufatto costruito in un contesto drammatico e impervio come l’alta quota. Vi sono quindi soluzioni più rassicuranti e legate a Rifugio Pio XI/Weisskugelhütte a Vallelunga/Maseben (Curon Venosta/Graun im Vinschgau, Bolzano, 2544 m): stato attuale, plastici degli otto progetti in concorso e proposta vincitrice (Höller & Klotzner) una modalità costruttiva e formale che costituisce una naturale evoluzione dei modelli esistenti. Altri in- 58 vece hanno declinato questo compito come possibile in condizioni meteorologiche avverse. L’approvvigio- occasione di ricerca capace di definire una nuova in- namento energetico diventa tema di progetto che de- terpretazione di rifugio alpino. Vi sono delle costanti finisce spazi e superfici necessari a ospitare pannelli nei progetti dei tre rifugi che, ispirandosi al paesaggio fotovoltaici e impianti che per loro natura non posso- circostante, propongono strutture che riproducono no essere “mimetizzati” ma che al contrario possono massi erratici, volumi spigolosi e cristalli che tentano diventare elemento caratterizzante dei nuovi edifici. un dialogo con la morfologia delle rocce. In altri casi Confrontando i plastici delle diverse soluzioni pro- è l’architettura che prevale e si mostra, non solo per gettuali risulta evidente l’assenza di una “tradizione fare sfoggio di sé, ma anche per rispondere a una re- tipologica” di riferimento per gli architetti altoatesini. ale esigenza del rifugio, ovvero la necessità di essere I progetti raccontano ognuno una storia diversa e te- visibile e fungere da riferimento anche da lontano, per stimoniano una vitalità espressiva che denuncia l’uni- chi si trova a transitare lungo i sentieri alpini a volte cità del costruire in alta quota. Alberto Winterle Presidente Ordine Architetti PPC della Provincia autonoma di Trento 59 BIVACCO: L‘ABITARE MINIMO NELLE ALPI Il concorso Il Distretto culturale di Valle Camonica, in collabora- del bivacco alpino. Nel concetto di bivacco è infatti zione con il Parco dell’Adamello, nel 2012 ha indetto presente l’essenza dell’abitare: progettarlo significa il concorso internazionale “Abitare minimo nelle Alpi”, penetrare il tema, toccando il senso della presenza aperto a giovani architetti, designer e ingegneri sul dell’uomo sulla terra e nella Natura, individuabile tra tema del bivacco come cellula abitativa minima, au- il dimorare e l’errare. tonoma e reversibile. Il bando richiedeva minimo ingombro e semplicità formale, durabilità all’uso e L’erranza agli agenti atmosferici, economicità, autosufficienza La montagna, e in particolar modo la catena alpina, energetica e idrica, comfort minimo, coibentazione, è stata letta e interpretata sino all’Ottocento come visibilità, sicurezza e reversibilità, oltre a un limite vo- sinonimo d’impervio, inaccessibile e inospitale, più lumetrico. Il bando, costruito con il gruppo di ricerca ostacolo da superare che entità in sé. La presenza ‘Abitare minimo’, ha proposto ai giovani progettisti di dell’uomo sulle terre alte iniziò però molto lontano nel disegnare un bivacco da realizzare all’interno del Par- tempo, con gli spostamenti e le esplorazioni finalizza- co dell’Adamello, in sostituzione di una struttura ob- te alla ricerca di risorse alimentari e materiali. Già dal soleta non più riparabile; ai progettisti è stato richie- Paleolitico l’uomo imparò a muoversi in montagna, sto d’ideare una struttura analoga, adatta a svolgere istintivamente e adeguatamente, usando le forme fi- funzioni di supporto, presidio e soccorso. Un bivac- siche come segni di orientamento geografico e fon- co infatti, a differenza di un rifugio, è un riparo mo- dando la propria sopravvivenza sullo spostamento mentaneo e provvisorio, usato per proteggersi dalle e lo sfruttamento di situazioni, materie e luoghi. Nel condizioni meteorologiche avverse o per passare la suo vivere il territorio abitandolo nell’erranza, indi- notte al sicuro prima di rimettersi in cammino. Oggi viduò come riferimenti fondamentali le percorrenze, solitamente in legno o lamiera, è uno spazio minimo i passaggi e i valichi. Gli snodi obbligati dei percorsi, autogestito e gratuito da lasciare in ordine e dotato di i luoghi di appostamento, i ripari e i siti delle risorse qualche risorsa alimentare; in antitesi coi modelli pre- primarie, determinati da esigenze pratiche e aumen- valenti della società contemporanea, s’identifica con tati di significato mediante prese di possesso simboli- un’idea di stretto indispensabile ed essenzialità. che, diventarono i caratteri ambientali del suo abitare. La giuria del concorso ha selezionato 16 tra i circa 200 L’abitare dei territori alpini d’alta quota ha sempre lavori presentati, premiando il progetto del gruppo presupposto provvisorietà e temporaneità, stagiona- LAMA+ di Roma che, insieme a quelli giudicati mi- le e climatica, determinate dalle condizioni ambientali gliori, contiene caratteri architettonicamente e tec- estreme ma anche dalle mobilità. Lo stereotipo della nicamente significativi per cogliere gli aspetti propri montagna come sede di vita statica e chiusa è ormai 60 superato dalla storia. In epoche molto diverse le Alpi Durante l’epopea della Guerra bianca in Adamello sono state un laboratorio di vita e scambio, di tecni- sono state costruite, attorno ai tremila metri, posta- che e idee: furono infatti i gruppi e le popolazioni più zioni di presidio, accampamenti e strutture logistiche; intelligenti e inventive ad abitare le alte quote, poiché tende e baracche hanno ospitato in condizioni proibi- le condizioni ambientali estreme richiesero capacità tive i militari impegnati nelle operazioni belliche. L’in- di adattamento e stili di vita più raffinati. Gli uomini gegno e lo spirito di sacrificio, l’impianto logistico e il di montagna sono da sempre esploratori di modalità coraggio ai confini con la spregiudicatezza hanno reso insediative al limite della vivibilità, dovendosi con- possibile l’insediamento di cellule abitative minime frontare con un territorio difficile fatto di altitudini, su creste, fianchi, crinali e passi, lungo tutto il fronte ostacoli, mutazioni climatiche, sempre in una condi- che attraversava il ghiacciaio e l’intera catena. Questo zione esistenziale di oscillazione tra il fragile equili- imponente dispositivo, oltre a rivelare la pervasività brio raggiunto e nuovi adattamenti. La storia lunga della tecnica nelle forme della “mobilitazione totale” delle popolazioni alpine e delle incessanti mutazioni anche alle alte quote, ha evidenziato sia le straordina- antropiche è intrisa di grandi sconosciuti ingegni: più rie capacità di adattamento degli uomini che il senso si sale più diventa importante la capacità di farsi av- di precarietà delle vite, custodite dalle labili ma tenaci venturosi nei confronti delle avversità. strutture. Da quella esperienza maturò il prototipo del Con queste premesse, è possibile indagare il signi- bivacco fisso alpinistico, prima in legno con struttura ficato del bivacco entro un orizzonte che richiede un in ferro e poi in lamiera. avvicinamento sensibile e una disposizione interro- La necessità di assumere luoghi come punti di riferi- gante. Da tempi antichissimi il concetto di luogo nelle mento, nella preistoria come oggi, è strettamente le- terre alte si è strutturato in modo diverso e per certi gata alla natura dinamica dell’abitare; anche lo spazio versi opposto a quello delle regioni urbanizzate. Lo vitale contemporaneo non è solo quello della sosta, stare e lo spostarsi dell’uomo hanno segnato il ter- ma comprende le relazioni e gli spostamenti. Nella ritorio; i suoi spostamenti hanno depositato tracce e loro radicale diversità, le figure mitologiche di Hestia segni leggeri, mutevoli e simbolici, mentre nella no- e Hermes dimostrano come per gli antichi lo spazio stra società desacralizzata i luoghi hanno perso i va- dell’abitare fosse caratterizzato da due polarità qua- lori rituali, sostituiti da canoni estetici e individuali. litative non separabili: la necessità di avere un punto La montagna richiede predisposizione al colloquio, fisso di riferimento, in diretto rapporto con il suolo, un’apertura di pensiero, scelte meditate e verificate. e la possibilità/necessità di coltivare l’apertura verso Grande esperienza di presenza abitativa ad altissime l’esterno e l’altrove. La relazione dialettica tra radica- quote è stato il fronte della prima guerra mondiale. mento e movimento appare significativa in quanto da un lato rinvia direttamente ad un concetto di abitare originario, dall’altra riconduce al tema dell’abitare temporaneo e apre a nuove prospettive d’incontro con l’altro da sé, compreso il paesaggio. L’uomo è l’aperto, in quanto è caratterizzato non solamente da bisogni ma anche dal desiderio, il fattore generativo di un’inquietudine che induce all’interminabile erranza. Il bivacco L’opposizione complementare fra lo spazio chiuso e protetto del bivacco e lo spazio aperto del circostante Bivacco Giannantonj al Passo Salarno (Saviore dell’Adamello, Brescia, 3168 m): stato attuale (il paesaggio alpino) evidenzia il tema dell’abitare nei suoi aspetti fondativi. Abitare è un habitus, un modo 61 d’essere che nasce da una disposizione, uno stare al in vallate, discontinuità, orizzonti delimitati, profondità. mondo che prevede un luogo di cui appropriarsi e da Il camminare in montagna è caratterizzato da continue coltivare, di cui prendersi cura riconoscendosi in esso; variazioni che orientano costantemente lo spostamento l’abitare è, con Heidegger, un “trattenersi nella custo- per chi ha attitudine o famigliarità, ma determinano uno dia”, di sé e del proprio contesto. spaesamento in chi non riconosce segni e riferimenti, Il bivacco è una particolare accezione dell’abitare mi- ambientali e meteorologici. Le percorrenze esperienzia- nimo, tappa temporanea di un cammino in relazione li del paesaggio compiute dai camminatori confermano all’arrivo e alla ripartenza, concepito per la sola fun- quanto sia importante ritrovare nella lentezza il senso del zionalità di riparare il corpo. Solitamente piccola co- rapporto elementare e autentico con la montagna. Il bi- struzione in legno e lamiera con tetto di forma curva, vacco è punto centrale di questa pratica: immerso nella è fornito di posti letto e materiale per il pernottamen- vastità e nell’altitudine, forma-limite nella collocazione to di poche persone ed è situato generalmente alla oltre la fascia altimetrica di presenza umana, lontano da partenza per itinerari impegnativi o ascensioni. È un ogni dimensione sociale o di sicurezza collettiva. riparo in cui avvertire il senso dell’alloggiare temporaneo dato dal volume contenuto e dai pochi oggetti presenti; tutto vi evoca sensazioni di provvisorietà e incompiutezza e proprio per questo è luogo autentico ed esistenziale che lascia spogli di fronte alla sussistenza, esperienza che le popolazioni alpine hanno ben conosciuto, anche nel Novecento. Il bivacco è originariamente extraterritoriale, non pensato per un luogo specifico e concepito per essere ovunque; la baracca in legno o lamiera facilmente montabile ne è perfetta interpretazione. È concetto e archetipo di una struttura da collocare in un ambito estraneo, in un sito che non può essere costantemente abitato e che, per ragioni di visibilità, uso e accesso, è collocato in una situazione esposta dove non esistono ripari naturali. È un manufatto pensato altrove rispetto al luogo in cui è situato, con materiali e forme diverse dai materiali locali. Poiché ogni possibile conquista della montagna è già avvenuta, il bivacco è un avamposto determinato dall’azione del camminare in alta quota; la sua ragione è legata al transito, al proteggersi per il breve tempo della permanenza, metafora della nostra epoca nomadica e paradigma di un pensiero di sobrietà. Transitare e raccogliersi L’Alpe è una frontiera mobile allo sguardo di chi la transita, con pochi confini precisabili e molti limiti, caratterizzata da una continua incidenza del fattore altimetrico. Per comprendere il paesaggio verticale bisogna considerarne i caratteri costitutivi di altitudine e altezza, percepibili Bivacco Giannantonj, fotomontaggi del progetto vincitore del concorso “Abitare minimo nelle Alpi” (gruppo LAMA+: Alessandro Felici, Rocco Cammarota, Alessio Santamaria, Dario Rossi, Ermanno D’amico) 62 Per giungervi bisogna camminare salendo, compiere l’a- al Passo Salarno nell’estate 2014, in accesso al ghiac- scesa a una terra inabitata che fa sentire l’uomo straniero ciaio dell’Adamello sostituendo la fatiscente struttura e lo pone, positivamente, di fronte ai propri limiti. Salen- del bivacco Giannantonj, grazie allo sforzo economico do, egli si allontana dai territori antropizzati e immergen- e organizzativo di enti pubblici (Comunità montana di dosi nella solitudine del camminare è indotto a riorien- Valle Camonica con Distretto culturale e Parco Ada- tare il sistema percettivo di riferimento fondandolo sul mello, Unione dei Comuni di Valsaviore) e la volontà proprio passo e sulla meta di riferimento, punto di tran- cooperativa delle sezioni CAI di Brescia e Valle Camo- sito naturale o rifugio artificiale in cui trovare accoglienza nica. La realizzazione rappresenta il compimento di e raccogliersi. Riparo è luogo in cui si custodisce se stessi un percorso di ricerca iniziato all’interno del progetto nel gesto prenatale del racchiudersi; mettere al sicuro il aperto_2012 art on the border, come campo di appli- proprio corpo preservandolo dalle intemperie è il primo cazione dei nuovi linguaggi dell’arte contemporanea atto di difesa, istinto naturale e primario. Il bivacco offre in ambito montano e la collaborazione del laboratorio giaciglio, è provvisorio involucro tecnico che consente “Abitare minimo” del Politecnico di Milano. Le ricer- all’uomo un equilibrio momentaneo tra l’interno e l’ester- che architettoniche in ambito alpino indicano infatti no, tra il suo bisogno di sicurezza e l’apertura alla vastità come la montagna continui a essere un ambiente di del teatro montano che lo attende. Se il corpo è il primo sperimentazione, dove verificare concretamente idee luogo dell’abitare, il raccogliersi è anche un atto d’intro- e soluzioni utili nel dirigere la società contemporanea spezione e meditazione; chi ha trascorso una notte nel a una maggiore responsabilità nei confronti della ter- bivacco non potrà non amare la montagna per sempre, ra che temporaneamente ci ospita. Questo, insieme poiché in esso è racchiusa l’essenza dell’abitare alpino. alla corretta individuazione del tema da parte della committenza e la coerente interpretazione da parte Il progetto dei progettisti, conferisce significato e valore al nuovo Il concorso “Abitare minimo nelle Alpi” ha verificato costruire, al ri-costruire. le possibilità di realizzare un’architettura in una si- Se l’abitare è il tratto fondamentale della natura uma- tuazione estrema. Molti partecipanti hanno risposto na, l’uomo ha possibilità e responsabilità di edifica- con progetti adeguati, affrontando il tema con serietà re forme e relazioni mediante un agire disciplinato. e proponendo idee forti e problematiche. I tre lavori Compito fondamentale del pensiero è reimmaginare premiati, diversi tra loro per caratteri e tipologia, si gli orizzonti di un’armonia tra uomo e Natura, mentre adattano a situazioni ambientali diverse. Se il bivacco il ruolo positivo dell’architettura risiede nell’organiz- è un presidio esposto dell’abitare minimo, il progetto zare forme limitando l’azione umana, configurando vincitore, del gruppo LAMA+, ne interpreta lo spirito spazi difesi nella vastità del paesaggio e donando luo- mediante un volume che fronteggia la valle e si as- ghi di sobrietà, come il bivacco, affidati alla responsa- sottiglia verso monte. Disponendo il volume in dia- bilità solidale. logo con l’andamento del versante e poggiandolo su Per una trattazione più estesa di alcuni argomenti qui un basamento geometrico di pietrame che lo stacca proposti, si rimanda al saggio Terre, luoghi e vie. L’a- e lo pro-tende, la costruzione dichiara la propria ge- bitare minimo nelle Alpi. contenuto in: Giorgio Azzoni, ometria elementare. Il manufatto non teme gli agenti Paolo Mestriner (a cura di), Abitare minimo nelle Alpi, atmosferici ma, in un certo senso, li sfida tagliandoli LetteraVentidue, Siracusa 2013, pp. 54-67. con spigoli acuti e alzando il profilo oltre le possibili coperture di neve. Il protendersi a sbalzo e l’ancorarsi Per informazioni sul concorso: si contrappongono; la forma coraggiosa si oppone al www.vallecamonicacultura.it/aperto2012 senso di precarietà. Il progetto vincitore è in corso di realizzazione presso la ditta Albertani Corporates di Edolo e verrà collocato Giorgio Azzoni direttore artistico Distretto culturale di Valle Camonica 63 LA NUOVA MONTE ROSA HÜTTE ALLA PROVA DELL‘USO Il primo rifugio in legno costruito ai piedi del Mon- L’anno 2005 è segnato dal 150° anniversario della te Rosa è edificato nel 1894-95 grazie a un lascito Scuola politecnica federale (ETH) di Zurigo. Oltre a dell’ingegnere François Bétemps, da cui prende il organizzare numerose manifestazioni in occasione nome. Il rifugio contava 25 posti letto e apparteneva della ricorrenza, l’ETH investe in progetti di ampio al Comitato centrale del CAS. Nel 1918 un ampliamen- respiro che intendono dimostrare la sua leadership to consente di ospitare altre 20 persone e nel 1929 il nella ricerca scientifica, tecnica e architettonica. Comitato centrale offre generosamente il rifugio alla L’ETH apprezza in modo particolare le grandi sfide, sezione Monte Rosa, che in cambio s’impegna a tra- e la costruzione del nuovo rifugio del Monte Rosa, sformarlo nell’arco di un anno rivestendolo in pietra. collocato su un sito unico nel suo genere, lontano da Nel 1939-40 viene costruita una nuova struttura da qualsiasi forma di civilizzazione e da fonti di approv- 86 posti letto; nel 1972 è quasi raddoppiata con 146 vigionamento di energia, era proprio una di queste. posti e un ultimo ampliamento, nel 1984, porta la sua L’obiettivo dell’ETH in collaborazione col CAS, era di capienza massima a 160 ospiti. All’inizio degli anni rendere il progetto rappresentativo dei propri indirizzi duemila il rifugio stava diventando desueto, era già di ricerca; un’opera capace di aprire prospettive future stato oggetto di numerosi ampliamenti e la sua orga- e di durare nel tempo, sia a livello energetico sia eco- nizzazione e l’uso erano ormai complicati e poco ra- logico. Il rifugio doveva essere innovativo nell’idea di zionali. progetto e nelle tecniche utilizzate, in modo da dare Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner (Zermatt, Svizzera, 2883 m) 64 nuovo respiro all’ambito della costruzione. La sezione Monte Rosa, proprietaria del rifugio, e il CAS, uniti nell’apertura all’innovazione, si sono associati per portare a termine questo progetto ambizioso. Il progetto architettonico del nuovo rifugio è stato elaborato dagli studenti del Dipartimento di Architettura dell’ETH, sotto la supervisione del professor Andrea Deplazes (studio Bearth & Deplazes). Il rifugio è stato costruito tra l’agosto 2008 e il settembre 2009. Un tempo così breve per la costruzione di un nuovo rifugio è il risultato di rigorosissimi studi preliminari e di una fase preparatoria finalizzata alla prefabbricazione di tutti gli elementi dell’edificio. I trasporti sono stati effettuati in treno, mentre nella tratta finale del trasporto e nel montaggio è ovviamente subentrato l’elicottero. Il rifugio ha aperto il 26 settembre 2009 ed è Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner (Zermatt, Svizzera, 2883 m) stato inaugurato ufficialmente nel luglio 2010. Edificio modello o limite? to per garantire la massima autonomia. La priorità Il processo di progettazione e realizzazione è consi- è stata data all’energia solare e a un approvvigiona- derato un modello per la costruzione di edifici di qua- mento attivo piuttosto che passivo. La facciata sud è lità in un ambiente ostile. Lo studio di ogni soluzione interamente coperta di pannelli fotovoltaici in modo nei minimi dettagli prima della costruzione e l’elevato da produrre il 90% dell’energia necessaria al proprio grado di prefabbricazione degli elementi ha consenti- funzionamento. Solo il 10% del consumo, quello della to di evitare scelte improvvisate in cantiere. Il contri- cucina, è coperto dal gas. buto dell’ETH è stato fondamentale in questa fase di Il rifugio è dotato di un impianto di riscaldamento ad pianificazione e sarebbe stato impossibile realizzare il aria che utilizza l’acqua dei sensori termici. L’acqua rifugio senza il loro supporto. riscaldata nei pannelli riempie i boiler. L’acqua riscal- La forma complessa del rifugio non è dettata soltanto data nei pannelli passa in uno scambiatore e rilascia il da esigenze estetiche ma è anche frutto di un proces- proprio calore all’aria che viene distribuita da un ap- so di ottimizzazione del rapporto tra volume e super- parecchio di ventilazione. ficie per diminuire le dispersioni di calore e migliorare Tutti gli apparecchi sono concepiti per limitare il con- la resistenza al vento. La pianta centrale consente di sumo d’acqua, mentre le acque reflue che possono es- raggruppare i locali di servizio e la distribuzione nel sere recuperate sono poi impiegate per alimentare lo nucleo dell’edificio e di adibire la zona in prossimità scarico degli sciacquoni. delle facciate alle camere e alla scala “scenografica” Tutto questo complesso sistema impiantistico è con- che caratterizza il percorso verticale. Dal punto di vi- trollato da un software che consente il pilotaggio dei sta della costruzione e dei materiali è stata prestata sistemi in base alle previsioni meteorologiche e al nu- grande attenzione alle problematiche connesse all’e- mero dei visitatori. Il rifugio garantisce inoltre un otti- nergia grigia e alla provenienza dei materiali utilizzan- mo livello di comfort grazie ai dormitori, che contano do quelli di riciclo (come la lana di vetro), di provenien- solo 8 cuccette ciascuno e sono facilmente accessibili za locale (come il legno) e di produzione a “km zero” e ben ventilati. È stato inoltre sviluppato un sistema di (l’alluminio è prodotto nel Cantone Vallese). prenotazione on-line che consente di gestire con faci- Dal punto di vista energetico il rifugio è stato pensa- lità l’accoglienza. 65 La frequentazione durante i primi tre anni è stata, an- Questo imprevedibile flusso turistico ha naturalmen- che grazie a queste caratteristiche, ampiamente al di te avuto un notevole impatto sulla struttura. Innan- sopra delle aspettative e il rifugio è diventato un pun- zitutto si sono verificati consumi d’acqua più elevati to di riferimento per quanto riguarda la ricettività in del previsto (fino a 4.000 litri al giorno!) sollecitando alta montagna. inoltre l’impianto di depurazione oltre le sue possibi- Il rifugio Monte Rosa può essere però analogamente lità. A ciò si aggiunge naturalmente un aumento del considerato un “limite”. Innanzitutto non si tratta di un consumo di energia elettrica – non rendendo più suf- prototipo in quanto tutte le tecnologie sono già sta- ficiente l’energia solare – un aumento della quantità te adottate altrove. La novità – ed è in questo senso di gas necessaria per la cucina, della quantità di rifiuti che può essere considerato un prototipo – è che per da evacuare a valle, dei voli in elicottero per l’approv- la prima volta vengono tutte concentrate assieme in vigionamento del rifugio, delle spese di gestione del un unico edificio in alta quota facendolo diventare una gestore e dunque un aumento inevitabile dell’impatto macchina estremamente complessa. Le interazioni ambientale. tra le diverse tecnologie compresenti sono infatti numerose e il loro utilizzo richiede risorse considerevoli, Le sfide del domani obbligando il gestore a diventare un tecnico, a disca- A valle di questa esperienza, le domande da porsi ri- pito della sua funzione primaria che sarebbe quella di guardano che tipo di rifugio vogliamo mettere a di- accogliere gli alpinisti e gli escursionisti. sposizione, quale clientela ospitare, che genere di ac- Inoltre, a causa di una sovraesposizione mediatica, la coglienza offrire e che livelli di comfort è opportuno nuova capanna Monte Rosa è stata meta di flussi di raggiungere. Le sezioni e i club alpini si devono adat- escursionisti curiosi di visitarlo e di trascorrere una tare alla clientela costruendo dei rifugi sempre più notte in quello che viene considerato “il rifugio” delle confortevoli ed “energivori”, oppure sono i visitatori Alpi per eccellenza. In questo senso si può parlare di che si devono adattare all’offerta e accettare il fatto vero e proprio turismo di massa, di marketing della che il rifugio non sia la trasposizione di ciò che si trova montagna, dove i valori del Basso hanno contaminato in pianura? l’Alto. Ciò a conferma di un fenomeno già percepito nel Come oggetto di studio e riflessione, il senso di un ri- caso di altri rifugi ma di cui non si era ancora piena- fugio è difficile da afferrare. Ciascun rifugio è un mon- mente consapevoli. do a sé, con le sue peculiarità in termini di sito, accesso, gestione, utenza, spazi, architettura e materiali. È quindi difficile fare delle generalizzazioni. Un rifugio rimane innanzitutto un luogo di convivialità con dei dormitori, un refettorio comune con delle panche e vista sulla cucina. Si tratta in sostanza di una struttura comunitaria in cui è fondamentale l’interazione tra il rifugista – che ci vive e abita ma per cui il rifugio è anche il luogo di lavoro – e gli ospiti che vengono durante il loro tempo libero e vi soggiornano solo per brevi periodi. Dal punto di vista umano è dunque importante ricalibrare i rifugi montani sulla centralità dell’uomo, sulla convivialità, sulle relazioni tra l’utenza e il gestore e fare della qualità dell’accoglienza una priorità, ritor- Nuova Monte Rosa Hütte al ghiacciaio del Gorner (Zermatt, Svizzera, 2883 m). Foto Giorgio Masserano nando ai valori fondamentali dei rifugi montani, adattandoli alla nostra società. 66 Dal punto di vista ambientale significa fare delle scel- ed efficace. Non deve essere una complicazione per te, anche più radicali, volte al risparmio energetico e il rifugista, né deve essere impiegata esclusivamen- alla riduzione dell’impatto sul territorio. Prevedere te per soddisfare le esigenze degli ospiti ma dovreb- ad esempio le docce solo se l’approvvigionamento be essere commisurata e adattata alle specificità del dell’acqua è sufficiente o solo per il personale del rifu- contesto di una struttura in quota. gio e per le guide alpine oppure il WC senza impianto In conclusione, la capanna Monte Rosa è ormai un di depurazione e senz’acqua, prevedendo un tratta- edificio modello e un importante punto di riferimen- mento separato di urine e feci. to nell’ambito dei moderni rifugi alpini ma l’alto grado Dal punto di vista tecnologico bisogna sottolineare di complessità e i costi elevati fanno sì che non siano che l’alta tecnologia in materia di energie rinnovabili possibili confronti. Probabilmente ci si è spinti al limi- non è per forza una garanzia di sostenibilità dal punto te e dunque nonostante la nuova domanda di mag- di vista ambientale. Bisogna avere il coraggio di fer- gior comfort l’insegnamento che se ne trae è che la mare la spirale della rincorsa al rifugio sempre più so- semplicità e la praticità devono rimanere all’ordine del fisticato e magari prendere in considerazione anche giorno. una possibile forma di decrescita. L’approvvigionamento passivo dell’energia solare non è stato esplorato perché costituisce un’incompatibilità tra la realizzazione di un’ampia vetrata e le problematiche legate al suo impiego in alta quota. Fatta eccezione per il gas per la cottura dei cibi, il legno rimane una fonte importante. È necessaria una sua integrazione in un sistema energetico coerente per il riscaldamento e per la produzione di acqua dalla neve con un sistema di recupero del calore. Il suo trasporto può essere perfettamente integrato nei viaggi con l’elicottero legati alla gestione del rifugio. La tecnologia non deve dunque essere un fine ma un aiuto intelligente Nuova Monte Rosa Hütte al Ghiacciaio del Gorner (Zermatt, Svizzera, 2883 m) Philippe de Kalbermatten Commissione centrale rifugi Club alpino svizzero 67 DIBATTITO Nilo Pravisano Rappresento, in qualità di presidente, il Coordina- Trentino è molto diverso dal Gran Sasso, la Val d’Aosta è mento nazionale dei gestori rifugi alpini ed escursio- molto diversa dalla Carnia) e troviamo ancora delle gros- nistici appartenenti alle associazioni alpinistiche e ai se contraddizioni per le quali io vorrei lanciare una solle- privati. Ci siamo riformati da poco. Abbiamo iniziato i citazione in questo convegno. lavori del secondo coordinamento da un anno e rap- Si è parlato poco fa di un quadro di 60 normative: ecco presentiamo otto associazioni: due negli Appennini, che la mia passione di rifugista finisce sotto i tacchi. Ho quella valdostana, piemontese, lombarda, trentina, molta paura di quelle normative, quando non chiarisco- altoatesina, friulana e una parte dei veneti. Pertanto no la chiave di distinzione fra le strutture di quota, volte sono rappresentati circa 400 rifugi che hanno trovato a supportare le esigenze del turismo alpino, e le strutture sponda di parternariato in Federalberghi. di valle (oppure urbane), tese a risolvere ben diverse esi- Volevo richiamare l’attenzione su alcuni punti di perples- genze di ricettività. sità che in questo interessante convegno non ho visto Ma non temiamo tali norme, se danno modo di affrontare sviluppati, soprattutto in merito alla valutazione che ci una politica di professionalizzazione e di formazione dei compete come associazione rifugisti, ovvero al rifugio miei colleghi, tale che possa garantire al nostro ambito di come ambiente faticoso di lavoro. Abbiamo visto sta- lavoro anche una forza economica che lo faccia soprav- mattina come il rifugio sia anche un luogo in cui si espri- vivere, nonché spunti di crescita e confronto degli opera- me la bellezza e la nostra passione (riprendo le parole di tori; perché se il gestore a fine giornata o stagione non ha Angelo Iellici). Alcuni aspetti però si presentano ancora la dignità di avere un reddito, non c’è speranza di avere molto difficili poiché la nostra è una realtà multiforme e le risorse né per la logistica immediata del rifugio né per molto differenziata. Per esprimere questa difficoltà, pro- seguire tutti i costi delle normative, cui si aggiungono gli viamo a fornire un po’ di numeri. oneri di corsi e adeguamenti da ripetere periodicamente. Nell’arco alpino e negli Appennini più o meno si contano Conseguentemente, le associazioni rifugisti e il Coordi- 1.800 strutture appartenenti alle associazioni alpinisti- namento sono operativi per organizzare corsi tematici e che (tra rifugi del CAI, del CAF, del CAS, rifugi tedeschi iniziative promozionali, oltre che per armonizzare ai vari austriaci e sloveni). Si dimentica una grossa realtà. In livelli gli aspetti di criticità vessatoria. Italia la maggior parte delle strutture gestite appartiene Il carico di lavoro è spesso insostenibile, soprattutto per a privati o a strutture che non appartengono alle asso- la logistica dei rifugi alti, per via di mille adempimenti e ciazioni alpinistiche (comunità montane, comuni e varie mille fatiche quanto alla differenziazione dei rifiuti e il loro entità), per cui arriviamo a circa 2.800 realtà e in Italia a conferimento a valle, quanto alla gestione dell’acqua dei non meno di 1.500. In questo senso abbiamo una gran- reflui, quanto alla frustrazione di vedere testare nelle no- de difficoltà sia per differenze territoriali geografiche (il stre strutture delle apparecchiature assolutamente all’a- 68 vanguardia delle quali non si valuta fino in fondo l’im- ca il progetto qualità è impossibile da praticare. Senza le patto ambientale (può essere solo la temperatura o solo risorse il gestore non può investire nelle strutture. Senza il disuso di otto mesi di chiusura stagionale), il cui carico le risorse non sono plausibili gli affitti che ci vengono ri- viene imputato al gestore. chiesti. Sapete per scherzare che cosa diciamo noi di una pecu- Io provengo dalla regione del Nord-Est, dove si regi- liarità del nostro lavoro? Che con una mano prepariamo stra un turnover di gestori del circa 15% ogni stagione. canederli e con l’altra misciamo reflui. La capacità del ge- Questo vuol dire che il mio lavoro come coordinatore store del rifugio è esattamente quella di portare via i resti nazionale è difficilissimo. della presenza delle persone all’interno della sua strut- I gestori che se ne vanno sono immediatamente so- tura. Pagare sulla sua persona questa forma di “giocat- stituiti in virtù della bellezza del territorio, delle mo- tolazione”, ovvero di far sembrare la struttura semplice, tivazioni facili da trovare perché è bello stare in mon- gradevole alla vista. Al suo interno però la tecnologia è tagna. È bello vedere dei ragazzi appassionati ma è importante quanto difficile da mantenere, e qualche volta brutto vederli andarsene dopo due anni con il taccu- non esprime le esigenze di funzionalità che il nostro tem- ino vuoto. È questo che sta succedendo in molti dei po di lavoro ci consente. A questo manca pertanto una nostri rifugi più problematici. maggiore possibilità di discussione tra gli interlocutori. Vorremmo parlare di più ad esempio con le associazioni alpinistiche che, se non rappresentano la maggioranza delle proprietà, ne rappresentano la maggioranza relati- Samuele Manzotti va che determina il comparto, in quanto il resto delle pro- Riprendo il progetto di concorso per il bivacco in Valle prietà è molto frammentato e non fa rete. Camonica perché lo conosco abbastanza bene essendo Quando un club alpino esprime una normativa o una po- io lombardo; muovo ora le stesse critiche che ho già fatto litica di prezzi, evidentemente s’impone sul mercato con in commissione lombarda anche se Enrico Villa [membro dei meccanismi che vanno a incidere sul territorio con della Commissione regionale rifugi, deceduto in monta- interlocutori e operatori che con quella normativa non gna nell’ottobre 2013; n.d.r.] non le ha recepite diretta- avrebbero nulla a che fare ma alla quale sono costretti ad mente. adeguarsi, pena il rimanere fuori mercato. Il gioco diven- Io sono rappresentante del CAI nella reciprocità. Inter- ta pesante, in questa doppia posizione nella quale il CAI nazionalmente, come UIAA, i bivacchi sono riconosciuti centrale rappresenta un ente di diritto pubblico, mentre solo con otto posti letto. le sezioni proprietarie delle strutture rappresentano delle In questi ultimi anni mi è capitato di essere correlatore di proprietà di diritto privato; il gestore si trova così in mez- alcuni studenti che hanno progettato strutture le quali zo a questa forbice divaricata dove il proprietario mate- sarebbero potute diventare bivacchi. Li ho tutti corretti. riale aumenta sempre più la forbice degli affitti. Eppure il Non obbligatoriamente il bivacco deve esser di otto posti CAI centrale propone una politica sempre più stretta per ma storicamente i bivacchi del CAI sono sempre stati da ovvi motivi di adesione. sei. Successivamente alcuni sono diventati da otto tant’è Ricordo con un sorriso amaro l’operazione fatta sui gio- che nel conteggio di quelli che noi diamo e riceviamo si vani fino ai 18 anni con pernotti di 5,5-6 euro, lo ricordia- contabilizzano soltanto i bivacchi da otto posti. In Italia ce mo, non hanno portato affatto a una politica di sviluppo ne sono parecchi. della gioventù nelle nostre strutture; hanno solamente Inoltre sono molte le richieste che arrivano in commissio- chiesto ai gestori che già pagano esosi affitti (siamo a ne centrale da parte di diverse sezioni: chiedono la possi- una media di 2-3.000 euro al mese in Italia) un ulteriore bilità di sostituire i loro bivacchi e un indirizzo per poten- sforzo, a fronte di prezzi che non permettono di affron- ziare le strutture. Questa potrebbe essere l’occasione per tare con serenità un programma di tutela lavorativa e di dare un’immagine nuova, per poter sostituire quelli che formazione del personale. Senza la plausibilità economi- lo necessitano. 69 Il secondo mio argomento riguarda l’intervento di Nilo Pino Scaglione Pravisano. Esiste un altro atteggiamento che oggi sta prendendo Io sono qui come rappresentante del CAI e quindi non piede nel dibattito sul cosa fare dei nostri edifici nelle no- ho il potere decisionale dei vertici. Prometto però di stre città. Un po’ di tempo fa a Riva del Garda il consorzio portare questo vostro richiamo in sede centrale e vi Habitec ha organizzato un seminario nazionale in cui ha chiederei anche di farci pervenire un documento, una dimostrato che ci sono milioni di metri cubi da utilizzare nota, in maniera tale da poterne parlare concretamen- e da riciclare nei prossimi anni. Credo che la stessa cosa te. Potrebbe essere utile un incontro anche se la cosa possa valere per i rifugi. A novembre dello scorso anno non è molto facile. Purtroppo il CAI consta di un insie- il MAXXI di Roma ha inaugurato un’interessante mostra me di soci che hanno diritti che noi dobbiamo cercare intitolata “Re-cycle”. Ne è scaturito – ne parlo da docen- di assecondare. te universitario – un progetto Prin che vede coinvolte oggi dodici università italiane, impegnate a lavorare su nuovi cicli di vita per edifici, pezzi di città, infrastrutture. Quindi non c’è nessun preconcetto di natura progettua- Alberto Winterle le sul tema demolire o ricostruire. Faccio solo però una Rispetto a quanto illustrato da Mathieu Vallet in re- precisazione: quanto costa dal punto di vista energetico lazione al rifugio Benevolo, credo che, rispetto alle riscaldare quel vecchio edificio? Quanto costa una per- imposizioni normative a volte inapplicabili per un ri- formance energetica di un vecchio edificio e quanto costa fugio, il nostro impegno dovrebbe essere volto alla la Monte Rosa-Hütte? Sono due elementi opposti in cui modifica delle normative e non all’assurdo adegua- la vittoria va al versante svizzero-francese. Quanto costa mento dei rifugi a parametri definiti per strutture ri- oggi riformare un edificio e portarlo a una performance cettive generiche. di classe B? Vale la pena rispetto all’introito finanziario? È sicuramente urgente e opportuno alleggerire l’ap- Esiste inoltre un problema di natura estetica. La tanto de- parato normativo per la realizzazione dei rifugi. Per cantata sostenibilità non è solo un problema di processo. fare un esempio concreto relativo ai parametri ener- Non si tratta solo di mettere quattro pannelli fotovoltai- getici, ritengo assurdo imporre coibentazioni con alte ci, due pale eoliche e rendere l’edificio più performante prestazioni per strutture che durante l’inverno non energeticamente. Si tratta di rendere sostenibile un inte- sono utilizzate, se non come semplice riparo. ro percorso che da questo momento in poi ci obbligherà Per la ristrutturazione del patrimonio esistente, nel ad avere stili di vita differenti. Siccome sinora abbiamo caso di strutture che non rispondono più a determi- costruito orrori e brutture, perché dobbiamo continuare a nate esigenze funzionali, è possibile intervenire modi- costruire così? Possiamo permetterci di costruire cose di ficandole senza costruire falsi storici ma agendo con qualità architettonica con un valore estetico straordinario lo stesso coraggio con cui costruiamo il nuovo. ed è quello che porta (lo dimostrano i numeri svizzeri) i Vi possono essere esempi avanzati come la Monte visitatori da 4.000 a 15.000. Rosa Hütte, che tra l’altro pur essendo particolarmente innovativa sia dal punto di vista linguistico che tecnologico, è stata molto apprezzata, o anche soluzioni più semplici e modeste. Philippe de Kalbermatten Ciò che ritengo comunque fondamentale è che qualsi- Non voglio ora parlare da “committente” della Monte asi tipo d’intervento dev’essere affrontato con la con- Rosa Hütte bensi da responsabile dei quattro rifugi ap- sapevolezza che un rifugio non è un semplice riparo partenenti alla sezione del Monte Rosa. In particolare, né una banale struttura tecnica; è una costruzione che m’interessa riprendere il tema del rifugista. Constato che rispecchia la nostra cultura e il nostro modo di ap- in Italia non c’è il medesimo ordinamento ovunque, ma procciarsi con la montagna. suggerisco quello da noi adottato. In Svizzera abbiamo 70 uniformato a livello contrattuale il rapporto con il rifugi- È un cambio di mentalità che s’impone e questa so- sta, il quale ci versa una percentuale dei suoi guadagni; brietà deve diventare un luogo comune. Per avere quindi diventa egli stesso un imprenditore e non più un un’esperienza vera bisogna rinunciare a qualcosa. impiegato del CAS. Il mio ruolo riveste allora anche la na- È giusto investire nella sicurezza ma ridurre il super- tura di un supporto quasi psicologico, sicuramente molto fluo. umano, al fine di sostenere una persona che può trascorrere anche lunghi periodi isolato, considerando che i rifugi della sezione Monte Rosa sono aperti anche durante la stagione scialpinistica. Stefano Testa Vorrei raccogliere i molti spunti e qualche elemento di riflessione in merito al ruolo del bivacco e del rifugio. Il contesto della montagna è sicuramente prezioso Mathieu Vallet nell’atto di costruire o ricostruire nel momento in cui In Valle d’Aosta si è tutti degli imprenditori. Noi affit- c’è una rarefazione di tutte le regole che ci accompa- tiamo dei rifugi che appartengono o ai privati o al CAI gnano nella vita di fondo valle. ma si è tutti degli imprenditori. Per certi rifugi bisogna C’è una natura che s’impone e abbiamo delle condi- però cominciare a ragionare sulla possibilità di un im- zioni ambientali molto estreme. Questa può esser piego fisso. una sorta di palestra per sperimentare l’innovazione Per esempio il rifugio Boccalatte alle Grandes Joras- tecnologica. Rispetto a ciò, penso che disquisire di ri- ses non è sorvegliato in quanto non c’è una conve- qualificazione o demolizione/ricostruzione, così come nienza economica; tuttavia, sarebbe utile che vi fosse di tradizione e innovazione sia quasi sofistico. Sfido un guardiano stipendiato. chiunque a dare una definizione esaustiva di queste Per tornare al discorso energetico, condivido appieno parole. quanto è stato detto prima. Ogni momento storico ha le sue prerogative e si tratta Il vantaggio che il rifugio Benevolo trarrà una volta ri- solo di capire che cosa è buono rispetto agli obietti- strutturato raggiungendo la classe B è il fatto che noi vi. Bisogna comprendere qual è la modalità operativa disponiamo di una quantità d’acqua abbondante. Questa prima ancora di discutere su che cosa si debba tenere consentirà l’installazione di centrali idroelettriche e gene- o modificare. La questione ambientale sicuramente ratori micro che soddisferanno i fabbisogni. oggi è essenziale e ridurre il peso, l’impronta di qual- Credo che una ricetta universale non esista. Bisogna siasi azione è un obiettivo condivisibile. valutare caso per caso e scegliere la giusta soluzione da L’ambiente è tartassato, è bisognoso di maggior at- portare avanti in base alle singole sensibilità. tenzione, lassù come nelle città in cui la maggior parte di noi vive. È interessante la dicotomia rifugio/bivacco perché mi pare congeli una situazione storica non chiara tra rifugi Giorgio Azzoni che diventano alberghi di lusso e bivacchi in cui si conta- La chiave è cambiare gli stili di vita – è evidente – e no i posti letto. Ma se consideriamo un bivacco di emer- deve diventarlo sempre più. genza, che cos’è un posto letto? È un letto o è un tavola- Non so esattamente quali temperature debba man- to? Anche in questo caso, a volte, ci si perde. In questo tenere un rifugio ma è evidente che, anche dal punto senso il bivacco Gervasutti ne ha sostituito uno storico di vista educativo (non mi riferisco agli alpinisti bensì che aveva nel suo progetto originale del 1954 una gran- a chi sale per vedere il paesaggio), bisogna avere la de innovazione: era un manufatto straordinario destina- consapevolezza che in alta quota non si può preten- to a essere portato a spalla sul ghiacciaio del Fréboudze dere il comfort di casa propria. che non è a una quota molto alta (sfiora i 3000 m) ma 71 è difficilmente raggiungibile. Allora venne pensata una Luca Gibello struttura in legno totalmente prefabbricata in moduli Quando si parla di ricostruire sono assolutamente preassemblati per un test a fondo valle e poi assemblati d’accordo di dimostrarci artefici del nostro tempo, in in un contesto difficile su uno sperone roccioso esposto. ossequio a uno zeitgeist; non possiamo certo rico- Poi quell’esposizione ha fatto sì che più volte il rifugio ve- struire pensando all’abbigliamento “tecnico” dei no- nisse distrutto dalle slavine. In realtà abbiamo scoperto stri predecessori alpinisti. Però dobbiamo riuscire a che il problema derivava da un accumulo di neve dovuta mantenere lo spirito del rifugio che credo sia emerso da vento mostruoso. Quindi si è costruito qualcosa che nella sessione di stamane. Si tratta di qualcosa di di- assomiglia nell’intento generale a ciò che fu costruito verso rispetto all’ospitalità pur sempre di montagna nel 1954 ma che di fatto ha individuato una dimensione ma che si esperisce nelle vallate alpine. d’uso diversa. Ha in comune con quello originale il fatto Quanto al modo in cui si costruisce il nuovo, pur- di non avere un gestore presente sul luogo. Ovviamen- troppo non sono così ottimista come Pino Scaglione. te un gestore – remoto – ce l’ha (la SUCAI di Torino) ma Fino a oggi molte cose le abbiamo costruite nuove ma la dimensione, il numero di funzioni offerte è un po’ più male. Ancora oggi per molti rifugi ex novo non vedo grande, va oltre quello di qualunque bivacco tradizionale. quello spirito che un alpinista deve ritrovare. Lo trovo Ci par di aver intuito che una riflessione sulla dimen- nella Monte Rosa Hütte ma apprezzo molto Philippe sione di un punto di appoggio per la frequentazione de Kalbermatten: non è venuto qui a dirci che è tutto dell’ambiente alpino possa essere interessante ri- oro quello che luccica bensì è venuto a dirci che la so- spetto a un’attività escursionistica, alpinistica e a luzione sta nel mezzo, non sta nell’high tech (piutto- volte di massa che deve ridurre il suo impatto sulla sto nel right tech). E apprezzo molto Matteo Vallet che natura. Oggi la scelta di gestire o lasciare incustodita dice: «Io arrivo al Benevolo e prenderei la motosega, una struttura rimane molto importante per l’aspetto accenderei una bella pira e brucerei tutto»; poi sente del calore umano e dell’accoglienza, ma in termini di quanto ne pensano frequentatori e dice «forse è me- gestione pratica può trovare molteplici soluzioni da glio riqualificare». Anche questo è zeitgeist. remoto che le nuove tecnologie forniscono anche lad- Non sono invece molto d’accordo sul concetto di “Re- dove l’impianto non è così complesso come la Monte cycle” applicato tout court ai fatiscenti rifugi. Quasi Rosa Hütte. tutti sono testimonianze culturali patrimoniali di va- In realtà le stesse tipologie di controllo permettono a lore. una sezione del CAI che sta a chilometri di distanza di Pur sapendo che ne sono privi dal punto di vista ar- avere sotto controllo quanto accade in termini di salu- chitettonico, bisogna tuttavia valutare caso per caso te di una struttura e del suo intorno. se davvero quei rifugi non incarnano altri tipi di valori. Da questo punto di vista non ho sentito disquisire del Allora solo a quel punto possiamo demolirli. ruolo economico che il punto di appoggio può avere in Perché qui a volte parliamo di veri e propri esemplari montagna. A mio parere se si escludono le zone bla- che una volta demoliti non ci sono più. Al limite, si può sonate di grande frequentazione – che sono comun- considerare l’ipotesi di conservarli come musei di se que minoritarie nell’ambito generale dell’intero arco stessi. alpino -, oggi il punto di appoggio per un turismo a Per rimanere in Valle d’Aosta, porto il caso della storica basso impatto, con attenzione alla natura, ha un river- capanna Quintino Sella e dei Rochers del Monte Bian- bero sulla gestione di un territorio in cui sempre più co. Costruita nel 1885, versa in condizioni pietose ma la spesso il problema è l’abbandono del fondo valle. scocca di legno originaria è ancora quella quella origina- In questo caso non è solo importante la gestione eco- ria, recante porta all’interno le incisioni degli alpinisti. nomica della struttura ricettiva ma il suo significato in Il CAI Torino, proprietario, invece di optare per la sua un bilancio economico d’area in cui un’attività escur- sostituzione, sta cercando i fondi per effettuare un’ope- sionistica nuova può esercitarsi. razione più sofisticata nonché filologicamente corretta: 72 smurare i blocchi di pietre che negli anni successivi l’han- sa, lunga e costosa quasi come per una centrale idro- no rivestita al fine di applicare un cappotto ligneo e poi elettrica; per noi in cima all’Adamello deve interveni- ricollocare in opera i blocchi. re l’ufficio del magistrato del Po, l’acqua della conca Così, il risanamento ambientale sarebbe garantito, per- dove si trova il rifugio è appaltata per la produzione mettendo al contempo ai pochi frequentatori – ci trovia- di energia, per cui abbiamo dovuto trovare escamota- mo in un ambiente davvero selvaggio, lungo la prima via ge per poterne captare il quantitativo necessario, con italiana al Monte Bianco – di “dialogare” nel tempo con aggravio di spese per un impianto di pompaggio più tutti coloro che sono passati di lì. a valle. Mi rendo conto che sono un po’ fuori tema rispetto l’argomento del convegno, ma mi preme comunicare le nostre difficoltà: o cambiano le regole o noi in mon- Gino Baccanelli tagna non ci viviamo più. Una volta bastava il buon Questo convegno è molto interessante. Chi mi ha pre- senso. Si facciano delle leggi che siano adatte per la ceduto ha illustrato tecnologie eccezionali applicate montagna, per far sopravvivere la gente in montagna. alle strutture in quota. Subito mi chiedo, vista la deli- C’è un lavoro di cultura del risparmio delle risorse catezza di questi impianti, fino a quando possono du- naturali da portare avanti. (Riesce difficile convince- rare e quali costi comporta il mantenerli funzionanti. re l’escursionista che ci si può far la doccia con 15 li- Per la mia esperienza posso dire che a noi serve un tri di acqua, che non è necessario tenere tutte le luci ambiente che consenta una gestione semplificata, per accese...). Per esigenze di sopravvivenza, di povertà dare un servizio essenziale e regolare ai nostri ospiti. di risorse, il gestore del rifugio è da sempre più che Colgo l’occasione per rilevare come le normative non attento a uno sfruttamento ecosostenibile del territo- ci aiutino: noi abbiamo ancora una legge in Italia che rio. A volte la gente parla e non conosce; viene dalla impone nei rifugi le porte antipanico. Quanto tempo città e non riconosce il valore di quello che facciamo. abbiamo impiegato per far capire ai funzionari dell’A- L’intenzione pare essere quella di venire a insegnare a SL che è un controsenso? Quando c’è una tormenta chi vive in montagna come gestire il territorio, appli- di neve bisogna uscire dalla finestra! Abbiamo dovuto cando modalità studiate per la pianura. mostrare delle fotografie (con l’accumulo di neve all’e- Contiamo che convegni come questo siano occasione sterno) affinché non si montassero. di confronto fra le esperienze collaudate e quelle inno- Per quanto riguarda le volumetrie delle camere dei vative, volte a migliorare la vita di chi sta in quota e di rifugi dovrebbero essere quasi come nei treni letto: chi la montagna la può godere solo nelle vacanze. Vi da noi, come sui vagoni letto, si soggiorna per poche ringrazio dell’opportunità datami di esprimere il pen- notti. Le volumetrie devono essere ridotte, aumen- siero di molti rifugisti. tarle significa modificare la sicurezza di quel rifugio, esporlo a valanghe, creare impatti ambientali esagerati. A volte basterebbe guardare alle opere di chi ci ha preceduto. Il mio caso è emblematico: gestisco un Enrico Camanni rifugio costruito nel 1992, posto su un dosso esposto a Quest’ultimo intervento fotografa che in Italia la tutte le bufere senza alcun isolamento, mentre i ruderi montagna è una sconosciuta nella cultura naziona- del vecchio rifugio, costruito negli anni venti, era po- le. Tuttavia, al di là di questa triste constatazione che sizionato in zona riparata e già aveva doppi muri d’i- accomuna la conclusioni di quasi tutti i convegni or- solamento. Ecco perché dico che il nuovo deve tener ganizzati sul tema della montagna, oggi è emerso un conto del vecchio, dell’esperienza fatta dai nostri pa- tema nuovo. Facendo un passo indietro, infatti, se ri- dri. Vogliamo parlare della captazione dell’acqua per il percorriamo le vicende storiche, ci accorgiamo che la rifugio? La procedura per la richiesta è tanto comples- prima frase di costruzione dei rifugi nella prima metà 73 del Novecento è stata spartana. Noi la valutiamo con con il pullman seguendo quella strada enorme che è sguardo romantico ma per forza di cose quello era l’u- stata costruita. Non è un’esperienza di montagna... nico modo con cui si poteva costruire. Quindi noi ab- Dall’incontro di oggi è emerso questo concetto fon- biamo proiettato una visione romantica su quella che damentale: sia che venga rifatto da capo, sia che lo si era una necessità assoluta. Non c’era scelta estetica conservi, il rifugio dev’essere – almeno per i prossimi ma funzionale. Nel secondo dopoguerra, gli anni Set- cento anni – il luogo della sperimentazione, in funzio- tanta e Ottanta sono stati i più disastrosi dal punto di ne del trasferimento delle esperienze. vista dell’impatto e della progettazione. Così come si è La sperimentazione architettonica in alta quota può costruito malissimo in molti centri invernali portando avere ricadute etiche anche sulla città. il peggio della città in montagna così si è fatto per i Se non riusciamo a farlo a 3000 metri non riusciamo rifugi. Vi era l’idea che la modernità corrispondesse a a farlo certamente a Torino, Milano, Venezia, Aosta o fare degli alberghi, delle cose grosse e lussuose. Come in Valtournenche. si serviva il pesce a 2000 metri perché si pensava che Il rifugio come palestra in cui si sperimenta l’austerità. la gente cercasse di mangiare come a Rimini così si Non l’austerità stupida ma quella intelligente, medi- facevano gli alberghi perché si pensava che la gente tata. Rinunciamo a tutto quello che non ci serve. La cercasse questo in alta quota. Si andava a dissociare la tecnologia dev’esser finalizzata a questo. Rifugi come pratica della montagna. Pensate all’esperienza di uno laboratorio di un modello di sviluppo che tra un po’ che raggiunge il rifugio sotto le Tre Cime di Lavaredo sarà necessario ovunque. 74 Tavola rotonda/2. Come riqualificare, ampliare, ricostruire? IL NUOVO RIFUGIO DEL GOÛTER AL MONTE BIANCO Nel settembre 2012, dopo tre stagioni di lavori in con- persona stabilito dalla Federazione francese dei club dizioni estreme, il nuovo rifugio del Goûter ha aperto alpini di montagna (FFCAM) che è di 6 mq. L’edificio si le porte ai primi visitatori. Il più alto edificio abitato di articola su quattro livelli: il piano terra costituito da in- Francia lungo la via che porta alla sommità del Monte gresso, spogliatoio, dispensa e sala macchine, il primo Bianco, energeticamente autonomo grazie al solare, è piano costituito dagli spazi condivisi, sala da pranzo un concentrato di nuove tecnologie che porta a 3835 panoramica e cucina, il secondo piano che ospita in- m d’altitudine i valori dello sviluppo sostenibile. fermeria, dormitori e appartamenti del personale e il Se è possibile realizzare a queste altezze un edificio terzo piano dove sono alloggiati i dormitori. Su cia- simile, allora non ci sono ragioni per non costruirne scun piano i bagni dotati di lavandini e WC sono una altri più in basso, in pianura, nelle valli e nelle città. comodità molto apprezzata dagli alpinisti e dal perso- Situato sulle sporgenze vertiginose dell’Aiguille du nale. Goûter, il rifugio accoglie gli alpinisti per l’ultima tap- Il disegno armonioso della facciata risponde innanzi- pa prima della conquista del tetto delle Alpi. L’edificio tutto al compito d’inserire l’edificio in un sito protet- con struttura in legno e rivestimento metallico rap- to d’interesse europeo come il massiccio del Monte presenta una vera e propria sfida alle leggi della natu- Bianco. L’attenzione per tre aspetti fondamentali quali ra sul piano costruttivo e tecnico. la struttura, le tecniche di costruzione e le condizioni Il rifugio ospita 120 persone, ha una superficie cal- meteorologiche ha portato a una pianta ellittica che ha pestabile di 720 mq rispettando così la standard per consentito la realizzazione di un ovoide perfetto. L’as- Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m). Foto a destra: Pascal Tournaire 75 se principale dell’ellisse è stato posizionato in direzio- che sono stati assemblati sul sito come se fossero ne del vento dominante, proveniente da Ovest, al fine dei mattoncini di Lego. La sfida più ardua è stata il di accelerare le masse d’aria sui fianchi dell’edificio e montaggio degli elementi trasportati con l’elicotte- generare un turbine sulla parte posteriore, facilitan- ro che non dovevano superare i 550 kg per limitare do così il deposito naturale della neve sull’impianto di i voli stazionari. Al termine dell’installazione l’utilizzo fusione. Il guscio dell’edificio, realizzato con 128 lastre dell’elicottero è stato ridotto del 30%. La realizzazione trapezoidali o rettangolari a seconda del piano, è in delle facciate e della copertura ha segnato la fine della acciaio inox satinato. Come le pendici circostanti, l’in- seconda tappa del cantiere nel novembre 2011. volucro s’illumina progressivamente in base al corso Il rifugio è stato concepito per funzionare in totale del sole. Dal punto di vista strutturale, le fondazioni autonomia grazie alla massimizzazione delle risorse sono concepite per consentire al rifugio di resistere a e delle energie disponibili ed è stato certificato HQE venti anche superiori ai 300 km/h e si compongono (Haute Qualité Environmentale – Alta qualità am- di 69 pali ancorati a una profondità media di 12 metri bientale). L’energia termica, destinata alla produzione su roccia dura. Fissato su questa struttura complessa, di acqua calda ottenuta con appositi macchinari di fu- il pavimento di base consiste in una griglia solida di sione della neve, proviene da 50 mq di pannelli sola- travi e d’impalcature orizzontali in lamellare incollato ri termici, mentre l’elettricità è prodotta da 95 mq di di abete Douglas. La sua costruzione si è conclusa con pannelli solari fotovoltaici disposti sulla facciata e sul la fine della prima stagione del cantiere nell’ottobre tetto del rifugio. Un impianto di cogenerazione a bio- 2010. massa funzionante con l’olio di colza viene utilizzato Cuore del progetto, la struttura in legno di abete, rap- come gruppo di emergenza per la produzione ter- presenta un volume di circa 400 mc. Per contenere mica ed elettrica. Il trattamento dell’aria è assicurato le emissioni di anidride carbonica legate al trasporto, da un sistema di ventilazione a doppio flusso ad alto il legno è stato tagliato nelle foreste limitrofe, in par- rendimento. Il flusso varia automaticamente in base ticolare nel sottostante Comune di Saint Gervais. La al numero dei visitatori. Associato al rivestimento al- struttura in legno lamellare e gli assemblaggi sono tamente isolante dell’edificio, tale dispositivo consen- realizzati tramite aste incollate con resine sigillanti, i te di soddisfare i bisogni termici per il riscaldamento pavimenti sono costituiti da cassettoni cavi, leggeri del rifugio utilizzando di fatto il calore emanato dagli e facili da manutenere. L’isolamento delle facciate è ospiti stessi. realizzato con pannelli di fibre di legno riciclato. Il ri- La depurazione dell’aria è stata una delle questioni più vestimento è in acciaio inox satinato a basso potere complesse da progettare tenendo conto dell’altitudi- riflettente, mentre i serramenti esterni Velux sono do- ne e della scarsità d’ossigeno (40% in meno rispetto tati di tripli vetri con lamine di argon. al livello del mare). Dotati di un sistema di deflusso Il metodo costruttivo è basato su moduli prefabbri- per depressione, i servizi igienici usano soltanto 1,2 cati in laboratorio di dimensioni adatte al trasporto, litri d’acqua per ciascuno scarico dello sciacquone. Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m) 76 Nuovo rifugio dell’Aiguille du Goûter (Saint-Gervais-les-Bains, Francia, 3817 m) La tecnologia del trattamento utilizzata è quella dei Costruire un edificio di tali dimensioni, con tecnologie sottomarini: aspirazione sottovuoto dei WC, tratta- d’avanguardia, richiede un committente visionario, mento biologico, ossigenazione e filtrazione a mem- degli architetti e ingegneri competenti e creativi, degli brana, passaggio su carboni attivi e trattamento con operai specializzati volitivi e appassionati e ciò contri- raggi UV che consente il riciclo dell’acqua dei WC e buisce a fare di questa esperienza una vera e propria degli orinatoi e lo scarico nella natura di acqua priva avventura umana. di batteri. L’unica eccezione al principio delle fonti rin- L’altitudine rende gli uomini vulnerabili, forgia l’ami- novabili è una riserva di gas utilizzata in cucina per la cizia e nobilita la volontà. Il rifugio del Goûter diventa cottura degli alimenti e un supplemento di nafta per il così una di quelle opere emblematiche e unificatrici cogeneratore. che segneranno la storia. Hervé Dessimoz Studio Groupe H Thomas Buchi Studio Charpente Concept 77 IL NUOVO BIVACCO GERVASUTTI, UN PRIMO BILANCIO Obiettivo di questo intervento è fornire un bilancio sul nuovo bivacco Gervasutti a due anni dalla sua installazione, avvenuta nell’estate del 2011, senza entrare nel merito della sua iconicità architettonica che ha portato disparati media – anche lontani da quelli specialistici – a occuparsene diffusamente. Innanzitutto, una delle principali peculiarità del bivacco è data dallo straordinario ambiente che lo ospita: il bacino glaciale del Fréboudze in Val Ferret (Courmayeur), sotto il versante est delle Grandes Jorasses. Una zona tradizionalmente poco frequentata, ancora selvaggia e dal grande valore paesaggistico all’interno dell’invece trafficatissimo comprensorio del Monte Bianco, “parco giochi” alpinistico tra i più noti al mondo. Nonostante sia uno dei temi più dibattuti, l’impatto ambientale della struttura risulta sostanzialmente irrisorio, figurando come un punto impercettibile dalla difficile individuazione all’interno del contesto complessivo; i suoi colori appariscenti sono stati infatti scelti appositamente per una facile identificabili- Nuovo bivacco Giusto Gervasutti al Fréboudze (Courmayeur, Aosta, 2835 m). Foto Francesco Mattuzzi tà da parte dei visitatori in caso di maltempo. L’operatività tecnica del nuovo bivacco è simile a quella delle nuove e più avanzate costruzioni d’alta quota uscire a coniugare adeguatamente le possibilità della del panorama alpino; trattandosi però di un edificio tecnica (in termini di sviluppo sostenibile ed energia, di piccole dimensioni, la cui frequentazione libera e ormai praticamente senza limiti) e la propensione o la gratuita non genererà mai profitto rispetto all’inve- possibilità nell’investire le risorse disponibili in obiet- stimento del proprietario (il CAI sezione di Torino – tivi virtuosi, rispetto ad altri più legati alla gestione scuola di scialpinismo SUCAI), la contrazione estrema economica nel tempo di ciò che si va a realizzare. di costi e tempi è stata fattore imprescindibile lungo La passione generatasi intorno a un tema così intrigante tutto l’iter dalla progettazione al completamento in ha dimostrato di essere il collante e il motore di molti e sito. Uno dei maggiori discriminanti nella produzione generosi approcci al progetto durante tutto il lungo lavo- di un simile oggetto architettonico risiedeva poi nel ri- ro di ricerca. Tale percorso d’indagine e riflessione tec- 78 nica ha partorito infine una struttura in sandwich composito di vetroresina e PVC, sofisticata oltre il livello della nautica da competizione; la costruzione risulta composta di cinque anelli modulari prefabbricati, completamente allestiti a valle, assemblati in due giorni di lavoro in quota, connessi e funzionanti immediatamente dopo. A ulteriore conferma che il leitmotiv della ricerca – nonché principale fonte di complessità – è stata la costante tensione verso il riduzionismo e verso la sintesi nella semplificazione, uno dei maggiori fini perseguiti è stata la massima limitazione del numero di rotazioni di elicottero, importante fattore di costo e d’impronta ambientale, soprattutto in un cantiere nel comprensorio del Monte Bianco, dove i voli in elicottero sono vietati se non necessari. Proseguendo con il bilancio, si può affermare che dopo due inverni in condizioni d’innevamento probanti la verifica strutturale sia superata con successo: la situazione ambientale del versante è praticamente sconosciuta e difficilmente monitorabile in inverno, quando l’accumulo nevoso lo rende pressoché inaccessibile. La neve che scende spinta dal vento dai versanti soprastanti provoca infatti straordinari accumuli che formano un unico “lenzuolo” di 2.000 m di sviluppo che scivola e spinge verso il fondovalle; la capanna originaria molte volte è stata infatti distrutta o danneggiata sotto l’effetto dello scivolamento o di Nuovo bivacco Giusto Gervasutti al Fréboudze (Courmayeur, Aosta, 2835 m). Foto Francesco Mattuzzi valanghe. Il nuovo bivacco, la cui forma e disposizione sono state ottimizzate in relazione alla resistenza meccanica, si colloca come prosecuzione ideale della stione degli impianti, dotato di connessione satellitare a dorsale spartiacque del versante, ponendosi perpen- internet. Quest’ultimo strumento risulta molto utile sia dicolarmente alla parete e discostato dal terreno, an- al fruitore che al gestore (sebbene non esista un custode dando così a sgravarsi delle azioni di spinta prepon- permanente, la cura dell’edificio è affidata a un gruppo di deranti del manto nevoso in scioglimento. persone), che grazie a un sistema di controllo remoto di Le alte performance tecniche della struttura travalicano autodiagnosi interna viene informato sullo stato di sa- la concezione di protezione primaria rappresentata per lute della struttura e dei suoi impianti, oltre che sui dati antonomasia dal bivacco, e arricchiscono la permanen- ambientali locali, disponibili sempre e a distanza. Grazie a za dell’utilizzatore di una serie di comfort e funzionalità questo utilizzo della tecnologia nell’ordine della semplifi- permesse dalla produzione e dallo stoccaggio locale di cazione del lavoro umano, conoscendo in anticipo le ne- energia elettrica attraverso l’impianto fotovoltaico, for- cessità dell’edificio, gli interventi di manutenzione diven- nito di batterie ecologiche sperimentali; in particolare la tano così mirati, organizzabili e di conseguenza molto più dotazione conta una piastra di cottura elettrica (pertan- economici e veloci. È bene infatti ricordare che l’impianto to non una fiamma libera, fonte di pericolo e di consumo lavora completamente in modalità stand-alone come da d’ossigeno), un sistema di ricambio d’aria semi-mecca- definizione per un bivacco non custodito. L’affidabilità del nizzato, luce elettrica, un PC per il monitoraggio e la ge- sistema isolato è pertanto la più importante nonché la più 79 difficile caratteristica da conseguire: quando si affronta- agire in tempi molto brevi e avere la certezza assoluta no problematiche di questo genere l’aspetto maggior- del risultato a livello funzionale. In un’area geografica mente delicato e difficile da ottimizzare è la messa a pun- remota a tale altitudine e in condizioni ambientali re- to di una formula combinatoria per cui funzioni l’insieme almente estreme dal punto di vista meteo-climatico, di tante tecniche, soluzioni e tecnologie. Per quanto con- con un’organizzazione inesistente a livello di supporto solidate e note, esse non sono di fatto quasi mai concepite logistico, l’adozione di altre tipologie costruttive non come dialoganti con gli altri fattori del sistema, tanto più è risultata infatti un’ipotesi percorribile o efficace. Il in un oggetto singolare e fuori dai comuni canoni: ciascu- campo base LEAPrus si configura come primo passo na filiera è molto attenta a sviluppare esclusivamente il di un’azione di riorganizzazione del turismo alpinisti- proprio sistema senza interfaccia con l’esterno, andando co sull’Elbrus, che dalla caduta dell’Unione Sovietica a definire un problema di ordine propriamente merceolo- è entrato nel circuito delle “Seven Summits”; lo studio gico. È al contempo vero che rispetto ad un tradizionale per una reinfrastrutturazione globale di questo terri- ricovero come semplice involucro, una struttura di tale torio prevede anche la possibilità della qualificazione complessità tecnologica implica un cospicuo numero di di diversi punti nodali della salita e della ricostruzione variabili da monitorare e mantenere in efficienza; tuttavia dello storico rifugio Priut 11, avveniristica costruzione è necessario considerare anche che ormai tutti i frequen- risalente agli anni Trenta, posta a circa metà strada tatori della montagna sono abituati a un livello di dotazio- sulla via normale. La struttura bruciò negli anni No- ne tecnologica in termini di attrezzatura e abbigliamento vanta e non fu ripristinata, lasciando di fatto la mon- che non è lontanamente paragonabile a quello dei gusci tagna priva di costruzioni permanenti ma dotata solo spartani concepiti decine di anni fa: la contemporaneità di punti d’appoggio minori per la sicurezza di cui è dell’edificio è quella che già concretizziamo tutti i giorni necessaria una riorganizzazione, a contrastare il gran in montagna in prima persona. numero di vittime che oggi si registrano lungo questa Il grande volume di lavoro svolto per il Gervasutti facile salita alpinistica. – sicuramente sovradimensionato rispetto all’esito, perlomeno quantitativo – è concepito per essere opportunamente proseguibile. LeapFactory ha infatti Stefano Testa LeapFactory portato avanti un’intensa ricerca progettuale con l’interesse di sviluppare una serie di modalità, sistemi, infrastrutture e soluzioni di vario genere e risposte a molteplici problemi propri degli ambienti naturali (nella fattispecie quello montano, in quanto buon laboratorio di sperimentazione), in modo da proporre soluzioni facilmente declinabili e utilizzabili per individuare al meglio possibili cambiamenti nelle modalità di costruire e trasformare la realtà che ci circonda. In tal senso, con sistemi costruttivi simili e implementati rispetto a quelli adottati per il Gervasutti, nel settembre 2013 è stata completata, a oltre 4000 m d’altitudine, la stazione alpina LEAPrus per la salita al Monte Elbrus, un isolato ed esposto vulcano spento dalla conformazione di conoide detritico, alto 5642 m, all’interno della catena del Caucaso, in Russia meridionale. La soluzione tecnica della prefabbricazione totale è stata scelta per la necessità ineludibile di Campo base LEAPrus al Monte Elbrus (Russia, 4000 m) 80 LA RISTRUTTURAZIONE E L‘AMPLIAMENTO DEL RIFUGIO BAITA TONDA Intervenire su un edificio in quota esistente, con una I temi fondamentali di progetto si possono così rias- particolare conformazione planimetrica come il ri- sumere: fugio Baita Tonda, ha portato a confrontarsi su temi APPROCCIO. Pur prestando attenzione all’evoluzio- interdipendenti con gerarchie e obiettivi ben stabiliti. ne tipologica dei rifugi in atto, si è tuttavia puntato a Ci si è approcciati al tema valorizzando gli aspetti ti- non snaturare l’impianto di una struttura particolare pici delle strutture alpinistiche che contraddistinguo- come quella esistente. Ci si è confrontati quindi con no l’architettura di montagna, ovvero l’inserimento attenzione rispetto al tema di confine tra tradizione e nel paesaggio, il confrontarsi con condizioni limite ed innovazione per ripensare il rifugio nei prossimi de- estreme, sperimentare l’uso di tecnologie avanzate, cenni, valorizzando al massimo le potenzialità nel sito. plasmare un luogo che condensa le condizioni e le ca- La Baita Tonda (1640 m) è un punto di riferimento nel- pacità di socializzazione tipiche dei rifugi, ed essere la zona dell’altopiano di Folgaria e Terragnolo (Tren- un punto di presenza umana nel territorio in quota. to), forte nell’immaginario collettivo dell’area e luogo Il progetto architettonico è stato quindi un momento di grande panoramicità che ha condensato nel tempo di sintesi che ha fatto convivere esigenze di vario tipo, eventi sportivi, di costume, successivi ampliamenti, ragionando sull’evoluzione della tipologia dei rifugi gestori carismatici, diventando punto di aggregazio- in atto nell’ultimo decennio: da luoghi introversi pro- ne consolidato in quota. Essendo in zona di altopiani, tettivi a edifici aperti e proiettati verso il paesaggio, non è famoso per le ascensioni alpinistiche alle vette sfruttando nuovi materiali ad alto risparmio energeti- ma come meta di escursioni medio facili e punto pa- co e proponendo nuove relazioni con il contesto. noramico per percorsi turistici e sportivi di montagna, La vecchia struttura presentava evidenti problemi di sia estivi che invernali, nella zona dei forti della Gran- vetustà, stabilità statica e di dotazione, con rilevanti de guerra. consumi energetici annui. PAESAGGIO E IMPIANTO. Ripensare con la nuova La ristrutturazione e ampliamento ha quasi triplicato struttura le relazioni con il paesaggio, è tema di fon- la superficie utilizzabile, aumentando in misura mini- damentale importanza per dare al tutto una forma ma il volume fuori terra e recuperando gran parte del appropriata, un’architettura che sia strettamente ne- nuovo volume nel livello seminterrato sotto il sedime cessaria, selezionando elementi utili per relazionarsi dell’edificio. con territori così delicati, senza stravolgere la natura e Si è puntato a un involucro fortemente isolato e a un l’impianto di “dominio” nel territorio dell’edificio sto- sistema integrato impiantistico con fonti rinnovabili rico, già particolarmente attento nel suo inserimento. e recupero degli apporti energetici “gratuiti” (al mo- La particolare posizione dell’edificio sui dossi tondeg- mento i consumi sono più che dimezzati rispetto alla gianti della Martinella nella zona degli altipiani di Fol- vecchia struttura). garia, permette infatti di godere di un paesaggio a 360° 81 Rifugio Baita Tonda sul Monte Martinella (Folgaria, Trento, 1640 m) sul panorama dalle Dolomiti venete e trentine, fino magazzini e vani tecnici; livello terra con il bar, sala ri- alle vette lombarde e dell’Alto Adige, con l’emergere storante, servizi igienici, cucina, distribuzione ai piani in primo piano del Pasubio, delle Dolomiti di Brenta e e doppio accesso con collegamento alla terrazza pa- del Gruppo dell’Adamello. Il progetto ha cercato così noramica.; livello sottotetto dove è stata ricavata una di reinterpretare il vecchio impianto, potenziarlo, am- camerata da 8-10 posti letto e bagno comune. Sono pliarlo, per dare coerente sviluppo alle relazioni con stati definiti una serie di settori incastonati rispetto al gli affacci e gli orientamenti, proiettando i vari settori fulcro del camino che si proiettano in modo differen- e la terrazza su determinati coni visuali, mantenendo ziato verso il paesaggio nei tre livelli. però la centralità dell’impianto in un ambiente più ac- SOSTENIBILITÀ. Le scelte di carattere energeti- cogliente attorno allo storico camino, vero fulcro del co-ambientale costituiscono una parte essenziale sistema. Le scelte sono dunque state conseguenti la dell’intervento per concepire l’edificio in modo consa- naturale evoluzione d’impianto della vecchia struttura pevole e attento agli equilibri ambientali, senza però all’interno dei limiti di proprietà, sfruttando i dislivelli superare un limite pratico nelle soluzioni (impiantisti- del terreno per ottenere i tre livelli in base all’altezza che e costruttive) che avrebbe reso più complessa la concessa dagli strumenti urbanistici. La presenza gestione con manutenzioni costose, visto anche l’uso della nuova seggiovia sul fronte nord-est ha spinto a stagionale della struttura. Queste scelte hanno per- riorganizzare su questo lato i punti di accesso visibili messo di abbattere sensibilmente i consumi e quin- dai percorsi di arrivo al rifugio, concentrando su tutte di il carico inquinante dell’edificio, accrescendone il le restanti esposizioni l’apertura degli ambienti verso comfort interno e la vivibilità, con una superficie utile il paesaggio. Oltre al mantenimento del camino cen- superiore di tre volte rispetto alla situazione preesi- trale come fulcro, le caratteristiche della distribuzione stente. Con questa impostazione si sono anche abbat- del nuovo impianto hanno riguardato sia l’ottimizza- tuti i costi di gestione della struttura, utilizzando fonti zione e separazione dei percorsi dei clienti e del per- energetiche rinnovabili. sonale, sia la differenziazione per livelli tra zona gior- COSTRUZIONE. La gestione del progetto è stata no e zona notte, nonché tra zone di chi sosta o di chi è finalizzata a ottimizzare il cantiere, riducendo i pro- solo passaggio. blemi legati all’accessibilità all’area, concentrando i L’impianto circolare del rifugio, adagiato sui dossi di tempi di esecuzione in funzione delle condizioni cli- sommità della punta Martinella, sfrutta un salto di matiche in quota (neve per sei mesi) e riducendo i co- quota del terreno, individuando tre livelli: seminter- sti. Le scelte adottate hanno permesso di concentrare rato dove trovano posto le camere e la sala ristoro la fase realizzativa tra maggio e novembre del 2010, per chi pernotta, servizi per i clienti e per il personale, tenendo chiusa la struttura di fatto solo nella stagione 82 estiva. L’intervento è stato organizzato con un accura- DOTAZIONI. La concezione impiantistica è ad alta to programma lavori, puntando alla prefabbricazione efficienza energetica e forte sostenibilità ambientale, strutturale per rispondere a quattro problematiche attraverso un sistema integrato di più fonti rinnovabili principali: rapidità di montaggio; ottimizzazione dei per produzione di acqua calda sanitaria e riscalda- trasporti per le difficoltà di accesso all’area di cantie- mento costituito da due pompe di calore a sei sonde re in quota, utilizzando mezzi di dimensioni ridotte, geotermiche, un impianto solare termico a pannelli, un passando attraverso strade forestali/militari e tratti sistema di recupero del calore aria/acqua del caminet- di piste da sci; organizzare con massima efficienza il to centrale attraverso uno scambiatore. Il trattamento turnover delle squadre e la contemporaneità d’esecu- aria utilizza un impianto di ventilazione interna ad alta zione di specifiche lavorazioni interdipendenti, per la efficienza con recupero del calore, per gli ambienti necessità di non rallentare le fasi di montaggio con gli pubblici e cucine. Il sistema di gestione delle acque si impianti; seguire una filosofia di filiera corta per una basa su un doppio circuito a doppia cisterna: una per riduzione dei costi e tempi d’intervento delle ditte lo- il recupero delle acque meteoriche utilizzate per le va- cali, puntando alla valorizzazione delle eccellenze lo- schette dei wc, una per le acque potabili collegata alla cali, con un’immediata ricaduta positiva nel territorio. linea dell’acquedotto, garantendo un’autonomia alla Strutturalmente, per la parte fuori terra si è optato struttura anche per eventuali periodi d’interruzione di per un pacchetto portante in pannelli prefabbricati in fornitura. I due sistemi sono gestiti con compensazio- legno Xlam coibentati e rivestiti, nella pelle ventilata ne per quello meteorico nel caso di carenza di precipi- esterna, con pannelli in pasta di vetro intonacati (per tazioni, nonché con regolatori di flusso. Il trattamento resistere all’effetto di gelo e disgelo) e con doghe in la- degli scarichi beneficia di una nuova linea di collega- rice; la parte seminterrata è invece in cemento armato mento alla rete fognaria comunale. Il sistema è munito a doppia lastra. L’involucro risulta altamente isolato e di de-grassatore per gli scarichi delle cucine e sistema ventilato anche nella copertura, con un rivestimento di triturazione e doppio pompaggio per i reflui al fine in alluminio decappato ad alta resistenza. Le scelte co- di evitare problemi di ostruzioni e ristagni sulla linea struttive si possono quindi così riassumere: involucro fino a fondo valle. Il carico inquinante della struttura fortemente isolato; stratigrafie con pacchetti ventilati in quota è stato quasi completamente abbattuto. e intonaci su pannelli in pasta di vetro idrorepellenti; murature e solaio controterra coibentato e impermeabilizzato; lattonerie di copertura ad alta resistenza. Rifugio Baita Tonda sul Monte Martinella (Folgaria, Trento, 1640 m) Marcello Lubian LA-studio 83 L’AMPLIAMENTO DEL RIFUGIO BOÈ La SAT è il più grande gestore di rifugi in Trentino, con 31 zato in val di Fassa, si trova al centro del Gruppo Sella a alpini, 4 escursionistici e 15 bivacchi, oltre a varie strut- 2873 m d’altitudine, sulle Dolomiti orientali. Il contesto ture minori. Ruolo dell’ufficio tecnico è la progettazione in cui sorge è isolato e lunare, dato l’ambiente calcareo di ristrutturazioni e nuovi edifici e la risoluzione di varie che peraltro provoca difficoltà nell’approvvigionamento problematiche edilizie, soprattutto legate alle questioni idrico, un tempo facilitato dall’oggi scomparso ghiaccia- gestionali pratiche e quotidiane, dato lo stretto contatto io limitrofo. Il rifugio è stato devastato durante la Grande con i gestori delle strutture. Tale interazione diretta nella guerra, successivamente alla quale è stato acquisito dalla soluzione di problemi spiccioli costituisce un consistente SAT che nel 1924 lo ha ristrutturato e reso nuovamente bagaglio di esperienze che si rivela molto utile nella pro- agibile. Negli anni ci sono stati diversi lavori di aggiorna- gettazione. Negli ultimi 25 anni la SAT ha effettuato 18 mento e ampliamento (spesso autogestiti dai soci), come ampliamenti o risanamenti e 8 ricostruzioni; la scelta tra nel 1967 quando fu aggiunto a integrazione del salone un la via del mantenimento della preesistenza o della riedi- corpo in legno e metallo il cui tetto collassò nell’inverno ficazione ex novo dipende dalla valenza storico-culturale seguente, a dimostrazione delle difficoltà costruttive in del nucleo originario. È evidente che i nuovi interventi alta quota. Nel 1992 viene dotato di un importante ed possono contare su una migliore qualità estetica e su più efficiente impianto sperimentale per la depurazione dei elevate performance energetiche e tecnologiche; è però reflui che oggi consente il riutilizzo delle acque depurate difficile ricreare nel moderno quell’atmosfera di calore come acque grigie. propria di una vecchia stanza in legno. L’attuale scelta progettuale del Boè va nella direzione del Qui presentiamo il progetto per l’ampliamento e l’ade- mantenimento e della valorizzazione di tale nucleo sto- guamento del rifugio Boè, il cui impianto originario risale rico originario e dell’abbattimento e rimozione delle ag- al 1894 per mano del Deutscher Alpenverein; localiz- giunte susseguitesi nel tempo per tornare alla situazio- Rifugio Boè sul Gruppo Sella (Canazei, Trento, 2871 m): foto d’epoca e attuale 84 ne volumetrica del 1924. Vi si accosta un nuovo volume, presenze. In particolare, in un ampio piano seminterrato costruito con caratteristiche e tipologie attuali, collegato molto coibentato e discostato dalla struttura sono sta- alla preesistenza da un corpo vetrato che funge da “cu- ti concentrati i servizi e i locali tecnici “fastidiosi” come scinetto” e da serra di captazione solare. Fino agli anni i depositi, i cogeneratori termici (per elettricità e acqua Sessanta il rifugio ha conservato un’impronta soprattut- calda), il locale immondizie, il deposito del gas; il fine di to alpinistica; in seguito, la realizzazione della funivia ha un locale di deposito e servizio ben organizzato è quello considerevolmente ampliato la gamma e i numeri d’u- di ridurre i viaggi in elicottero necessari alla gestione ge- tenza, snaturando in parte la funzione originaria. Durante nerale. Sotto il rifugio, per ragioni d’isolamento termico, l’estate il rifugio – comodamente raggiungibile in un’ora sono invece posti i serbatoi dell’acqua. All’ingresso del- di cammino dalla stazione a monte della funivia – è di- la struttura si trova il locale asciugatoio e deposito zaini; ventato sostanzialmente un bar ristornante frequentato successivamente una sala da pranzo compartimentata in da frotte di turisti, per recuperare solo alla sera i ritmi più tre sottospazi, per ragioni di risparmio nel riscaldamen- caratteristici di un ricovero in quota. to dei locali. Ci sono poi le stanze, nella parte storica per Un’altra necessità, spesso sperimentata nei rifugi SAT, è l’utenza e nella parte nuova gli appartamenti del gestore l’adeguamento delle strutture a un uso anche invernale, e del personale. Anche se le richieste dei frequentatori data la sempre più pressante richiesta di fruizione della vanno sempre più verso le camerette singole, si è deciso montagna (ciaspole e scialpinismo, in forte crescita); ma di riproporre la camerata, come tipologia tipica del rifu- in inverno si verificano diversi problemi gestionali, legati gio. Come materiale da costruzione principale del nuovo ovviamente alla disponibilità idrica e al gelo. Le sue ca- volume si è scelto il larice naturale che, anche se si ossida, ratteristiche di utilizzazione non sono poi costanti bensì non riscontra problemi di manutenzione continua. Verso schizofreniche, legate al meteo o alle corse della funivia: sud l’ampliamento è dotato di una copertura in alluminio la nuova struttura deve essere concepita e dimensiona- rivestita da un impianto fotovoltaico; a causa delle cospi- ta anche rispetto a tutte queste situazioni. Attraverso la cue esigenze energetiche, il rifugio non riesce però a es- collaborazione tra tecnici della SAT, della Provincia au- sere totalmente autonomo energeticamente e l’impianto tonoma di Trento e del consorzio Habitech, ma soprat- necessita di un’integrazione tramite i cogeneratori. La tutto grazie alla costante e imprescindibile presenza del scelta della politica di fondo della SAT va in direzione del- gestore si è potuta attivare una progettazione integrata la spartanità, affinché sia la montagna a educare il fondo- della nuova struttura che spaziasse dal risanamento valle con la sua umiltà e semplicità. dell’edificio storico, alla gestione energetica, all’aggiornamento normativo, al miglioramento degli standard abitativi e energetici, all’adeguamento a un uso invernale, alla possibilità compartimentare l’edificio in relazione alle Rifugio Boè sul Gruppo Sella (Canazei, Trento, 2871 m): progetto di ampliamento Livio Noldin Ufficio tecnico SAT 85 L’AMPLIAMENTO DEL RIFUGIO ALIMONTA Io sono sia il progettista dell’ampliamento del rifugio nata un’indagine storico-tipologica del luogo: com’e- Alimonta ma anche il gestore, figlio e nipote di coloro ra nato, come si è sviluppato negli anni, quali sono le che lo realizzarono. Tale progetto è il naturale com- sfide che l’attendono nel futuro. Elemento basilare, pletamento di un iter iniziato nel 2004, comprenden- lo studio dell’orografia. Se da un lato non possiamo te il rifacimento della teleferica e la ristrutturazione infatti realizzare nuovi scavi nella roccia, dall’altro è dell’intero rifugio, compreso l’intero apparato tecno- giocoforza sfruttare i dislivelli. Accorgimenti che ci logico. Il lavoro è stato ispirato da due principi: cerca- permettono di ottimizzare i costi e ridurre l’impatto re di accorpare il più possibile tutti i servizi (in primis ambientale. Ma nel frangente ci siamo occupati anche quelli idrico ed elettrico), nell’intento di garantire fun- d’indagare gli ombreggiamenti, perché siamo all’in- zionalità e semplicità. Già, perché nei rifugi i tecnici terno di una conca tutta circondata da montagne. Ne non sono a portata di mano ma possono ritardare il è scaturita una precisa mappa che ci ha indicato dove loro arrivo anche diversi giorni. Così, le nuove opere posizionare i pannelli sulle falde del tetto esistente. consentono di assicurare la funzionalità della “mac- Era importante non realizzare nuove superfici: sareb- china rifugio” per tutti coloro che ne devono fruire. bero state difficilmente raggiungibili e dotate di un Il rifugio si trova nel cuore del Brenta, a 2600 metri. non trascurabile impatto ambientale. È privato, fin dall’origine appartenente alla mia fa- La situazione di partenza non era propriamente ot- miglia che lo realizzò nel 1964. Il progetto non pote- timale. Come si faceva una volta, nell’avvallamento va non tener conto di queste caratteristiche. Da qui è della roccia trovavano posto le vasche dell’acqua, nel Rifugio Alimonta alla Vedretta degli Sfulmini (Ragoli, Trento, 2580 m): foto d’epoca e attuale 86 3.000 litri portato a temperatura attraverso quattro stati diversi “a cascata”. Il primo è rappresentato dalla cogenerazione dei gruppi elettrogeni, che collaborano con i pannelli solari. In questo modo l’ultimo stato, quello che prevedrebbe l’utilizzo della caldaia a gas, raramente trova operatività. Ma è pur sempre presente, qualora per diversi giorni le condizioni meteo impediscano la generazione dell’energia solare. Il tutto,è “protetto” e ottimizzato dal posizionamento di resistenze: un commutatore elettronico valuta il consumo istantaneo del cogeneratore e ricerca un equilibrio di consumo. Ne conseguono la continuità di percorso dell’energia e l’ottimizzazione del consumo dei gruppi elettrogeni. Ma non solo: anche la riduzione dei picchi che non giovano all’operatività dei motori e un ulteriore apporto termico alla nostra acqua. Ulteriore dettaglio, il fatto che questo sistema operi su una dopRifugio Alimonta alla Vedretta degli Sfulmini (Ragoli, Trento, 2580 m): l’ampliamento tecnico con un interno pia tecnologia: fotovoltaica e solare. Ciò per garantire anche l’utilizzo invernale. L’impianto non verrà infatti spento ma continuerà a operare per scongiurare il congelamento dei locali. nostro caso ricoperte da una tettoia. I gruppi elettro- ACQUA CORRENTE. Prima dei lavori, disponeva- geni venivano posizionati lontani, perché non ancora mo di una vasca da 30.000 litri ma spesso, verso fine silenziati. E poi, le cisterne del gasolio e i depositi di stagione (dai primi di settembre) l’apporto idrico ces- legna. Sparpagliati qua e là. Insomma, vedere in un sava. Appare ovvio come l’acqua sia un servizio indi- contesto così suggestivo una serie di manufatti disor- spensabile e non potevamo certo dire ai nostri clienti: dinati e per di più di qualità non eccelsa, non era un “Non potete utilizzare i servizi igienici, le docce non bello spettacolo. Ecco allora l’idea dell’accorpamento funzionano, la cucina opera in modalità ridotte”. Così, e dell’ampliamento. Sulla premessa che grazie a una più di una volta abbiamo dovuto chiudere in anticipo, legge provinciale già avevamo predisposto la “griglia- interrompendo anche anzitempo la rassegna “I rifugi tura” per il trattamento dei reflui di bagni e cucina. Eb- del gusto”. bene, le nuove opere sono state integrate con questo Proprio per scongiurare il ripetersi di tali inconvenien- lavoro. La domanda di base era sempre la stessa: “Che ti, abbiamo posizionato una nuova vasca da 70.000 cosa fare per aumentare la funzionalità e la tranquilli- litri che, speriamo, sia sufficiente per il nostro inte- tà gestionale del rifugio”? Ed ecco le risposte. grale fabbisogno. A tal proposito non si può dimenticare che il nevaio sovrastante il rifugio, verso la Boc- ACQUA CALDA. Possedevamo un impianto foto- ca d’Armi, è in continua fase di ritiro. Questo nuovo voltaico da 7kW, dotato di un parco batterie che ci punto di raccolta trova posto a livello del suolo ed è consentiva l’utilizzo dell’energia d’emergenza 24 ore totalmente integrato nell’orografia del luogo. Sopra di su 24. Ma quando la cucina è in funzione dobbiamo esso si aprono nuovi locali tecnologici. A tal riguardo obbligatoriamente disporre di gruppi elettrogeni. Ab- giova precisare come tale porzione di terreno non sia biamo dunque pensato d’installare dei cogeneratori di nostra proprietà ma ricompresa nella titolarità delle che recuperano l’energia in eccesso e l’impiegano per Regole di Spinale e Manez. Su di essa, noi beneficia- riscaldare l’acqua. Si è così realizzato un accumulo di mo di un diritto di superficie. Tale stato giuridico ha 87 imposto che qualsiasi intervento non potesse com- sima energia elettrica. Quest’ultima, solo per azionare portare un aumento della capacità ricettiva ma solo i ventilatori; sistema che permette il funzionamento l’edificazione di ambienti tecnici. In essi trovano posto anche a gruppi elettrogeni spenti. In ogni caso, i tempi anche l’autoclave a doppio motore, per evitare che l’a- di asciugatura dovrebbero essere rapidi. Noi abbia- varia di uno interrompa il flusso idrico. Il tutto regola- mo una ricettività di 90 persone ed è ovvio come non to da una particolare centralina che alterna l’uso dei fosse possibile realizzare stanze che le contenessero due motori istantaneamente litro per litro, garantendo tutte simultaneamente. È dunque giocoforza che i be- anche l’equilibrio di mandata e il richiamo dell’acqua nefici portati da queste scelte avvengano nel più bre- solo quando serve. ve tempo possibile, in modo da assicurare una celere TROCKENRAUM. L’ottimizzazione funzionale ha turnazione. visto anche la realizzazione di due stanze d’asciu- Ecco riassunta nei vari interventi la “filosofia” enun- gatura per gli indumenti dei clienti (spesso sorpresi ciata all’inizio: ottimizzare la funzionalità del rifugio da estemporanei temporali), i cosiddetti “Trocken- nel pieno rispetto ambientale. Così, dal “cubetto sassi räume”: una vera e propria installazione pilota. Basti e pietra” del 1968, struttura molto complessa a livello pensare che, prima della nostra adozione, era stata te- di gestione e praticità, siamo arrivati nel 2013 a una stata solo a livello informatico: speriamo funzioni! La costruzione esteticamente non molto diversa, sebbe- sua tecnologia è mutuata dagli impianti di deumidifi- ne più ampia. Ma con dotazioni decisamente all’avan- cazione delle piscine: utilizzano acqua calda e pochis- guardia ed ecosostenibili. Raffaele Alimonta Architetto 88 LA PROTEZIONE DELL’INVOLUCRO EDILIZIO IN ALTA QUOTA Siamo lieti d’intervenire in questo convegno in qualità con una piccola base in calcestruzzo di 6 m di diame- di partner tecnico portando un contributo nel merito, tro, la struttura del bivacco, completamente realizzata legato al costante impegno della nostra azienda nei in legno, racchiude un volume di circa 60 mc. confronti della ricerca, sperimentazione e applicazio- Dopo 30 anni di esposizione alle intemperie la coper- ne di soluzioni di rivestimento in grado di rispondere tura in tegole bituminose ardesiate è stata oggetto di idoneamente alla sfida posta dalle costruzioni estre- risanamento nell’estate 2009: è stato realizzato un me, nella fattispecie rifugi e bivacchi alpini. nuovo involucro onde fasciare la copertura esistente, Al di là del contributo alla ricostruzione del rifugio con una sottostruttura ventilata in legno rivestita con Baita Tonda, illustrato prima, per quanto concerne il le scandole PREFA nel colore antracite. manto di copertura, ecco due esempi di ristrutturazio- Tale prodotto, insieme al rivestimento per faccia- ni in alta quota che hanno visto l’utilizzo di elementi in ta PREFA nello stesso colore, è stato scelto per la alluminio PREFA, nell’obiettivo di coniugare tradizio- sua elevata qualità, le performance di resistenza agli ne e innovazione, mantenendo il carattere peculiare agenti atmosferici e soprattutto per la sua leggerezza dello straordinario ambiente circostante. e maneggevolezza, dato che tutti i materiali sono stati Il primo caso riguarda il bivacco Igloo, installato nel trasportati sul posto in elicottero. 1975 sul versante svizzero delle Alpi Pennine (Canton Il secondo caso riguarda il rifugio Arciduca Giovan- Vallese) a 3280 m, sulla sommità del ghiacciaio Pan- ni (Erzherzog Johann Hütte), situato al confine fra i talons Blancs. Dalla caratteristica forma ottagonale, Länder austriaci del Tirolo, del Salisburghese e della Bivacco Igloo al ghiacciaio dei Pantalons Blancs (Arolla, Svizzera, 3280 m) prima e dopo la ristrutturazione 89 Carinzia. Costruito nel 1879 e inaugurato l’anno suc- L’elevata resistenza è coniugata alla leggerezza (ele- cessivo sul versante sud-est del Grossglockner, la mento importante per le ristrutturazioni): un tetto vetta più alta dell’Austria (3798 m), della cui via nor- PREFA pesa circa 2,5 kg/mq, mentre uno tradizionale male è il punto d’appoggio, nei successivi 125 anni il pesa circa 45 kg/mq. Gli elementi per coperture in al- rifugio è stato oggetto di continui ampliamenti per il luminio PREFA sono garantiti 40 anni contro rottura, costante e massiccio aumento dei frequentatori. corrosione, ruggine e congelamento, nelle condizioni Nel 2006 si è reso necessario intervenire anche sulla indicate nel certificato di garanzia e nel caso di colori copertura: occorreva disporre di un manto resistente e P.10 anche contro la scheggiatura, la sfaldatura, la for- leggero, i cui elementi fossero facilmente trasportabili mazione di bolle e la rottura della verniciatura. in quota e si potessero montare anche in condizioni ambientali estreme. Vi era inoltre da affrontare il problema principale che si riscontra nei progetti di recupero del costruito: riuscire a tessere un legame tra l’identità del passato e l’intervento presente che guarda verso il futuro. Si è optato per la tegola in alluminio PREFA, passando così da un manto esistente e di valore “riconosciuto” (scandole in legno), a uno dal design innovativo e di alta qualità tecnica che rendesse la nuova copertura adatta al fabbricato preesistente. I sistemi per coperture PREFA in alluminio sono estremamente leggeri ma al contempo offrono un’elevata resistenza alle intemperie. Gli elementi di copertura come le Tegole, le Scandole o le Scaglie PREFA sono dotati di un particolare sistema di fissaggio a scomparsa con graffette brevettate che, assieme all’opportuna posa sfasata e alla collaudata tecnica ad aggraffatura doppia, permette al tetto di resistere a raffiche di vento fino a 235 km/h. Erzhezog Johann Hütte al Grossglockner (Austria, 3798 m) dopo il rifacimento del manto di copertura Stefano Nardelli PREFA 90 COSTRUZIONI IN LEGNO PER L‘EDILIZIA MONTANA ARCA (acronimo di ARchitettura Comfort Ambiente; www.arcacert.com), la certificazione di qualità per le costruzioni in legno, è nata dalla volontà della Provincia autonoma di Trento di promuovere la filiera strategica foresta-legno-energia. ARCA certifica costruzioni, sopraelevazioni e ampliamenti oltre a prodotti, sempre in legno, quali porte finestre e pannelli X-Lam, secondo quattro livelli: Green, Silver, Gold, Platinum. ARCA valorizza gli edifici con struttura portante in legno attraverso un regolamento tecnico che ne misura in maniera chiara e puntuale le prestazioni – in termini di sicurezza contro il sisma e il fuoco -, il comfort, l’efficienza energetica e la sostenibilità. Secondo il regolamento tecnico, gli edifici che possono fregiarsi del marchio ARCA devono rispondere a un set di tredici requisiti raggruppati in tre categorie: prestazioni tecniche (sicurezza antisismica, resistenza al fuoco, efficienza energetica, isolamento acustico, permeabilità all’aria, ventilazione/comfort con recupero del calore); gestione dell’edificio (regole della qualità costruttiva, piano di manutenzione, polizza assicurativa postuma decennale); sostenibilità (legno certificato, programma di progettazione integrata, bassa emissione di componenti organici volatili, produzione locale). Fulcro strategico per il sistema di certificazione ARCA è ARCA Academy, Centro di formazione continua per gli operatori della filiera edile. ARCA intende favorire, diffondere e consolidare le competenze che consentano al sistema di proporsi al mercato del legno con risorse coerenti ai propri principi: qualità, buone pratiche, identità. Rifugio Viòz Mantova in Val di Sole (Peio, Trento, 3535 m): foto d’epoca, di cantiere e attuale 91 Il legno ben si presta alla realizzazione di baite e rifu- zie al partner costruttore ARCA Rossaro Costruzioni gi, per le sue potenzialità espressive a livello proget- di Tione fu portato a termine – dopo 10 mesi effettivi tuale, per la sua leggerezza che offre la possibilità di di lavori distribuiti su 4 anni – un intervento all’epoca movimentazione su luoghi più difficili da raggiungere, pionieristico nell’ambito della costruzione ecososte- per la sostenibilità che caratterizza sia il materiale sia nibile, tanto più in alta quota: il rifugio Mantova presso la cultura del costruire con una rinnovata attenzione la Cima Viòz, in Val di Sole (Comune di Peio). Situato all’ambiente. In tal modo il rifugio si armonizza con il all’interno del Parco nazionale dello Stelvio nel grup- contesto montano circostante, mentre il naturale ab- po Ortles Cevedale, con i suoi 3535 m è il più alto dei braccio del legno garantisce comfort abitativo e acu- rifugi della SAT, nonché il più elevato delle Alpi Orien- stico, salubrità e calore. tali. Risalente al 1911 e più volte ristrutturato, negli anni ARCA accredita partner costruttori di edifici civili e Novanta necessitava di essere ricostruito. residenziali ma anche di baite e rifugi, che diventano Il progetto dell’ingegner Valter Paoli (per 60 posti let- esempio di qualità a livello architettonico e prestazio- to) vide la realizzazione di una struttura in legno la- nale. In questo convegno è stato presentato dal pro- mellare rivestita in rame. gettista Marcello Lubian il caso della ristrutturazione Minimi gli impatti ambientali grazie a un sistema di del rifugio Baita Tonda, la cui struttura in legno si deve purificazione delle acque e di raccolta e smaltimento al partner costruttore ARCA Rasom (azienda della Val dei rifiuti, nonché a un generatore a gas gpl – messo di Fassa che già annovera, tra gli interventi analoghi, a punto dal Centro ricerche Fiat – in grado di produr- la ricostruzione/ristrutturazione dei rifugi Contrin e re contemporaneamente 15 kilocalorie/ora di acqua a Roda di Vaèl in Trentino, CAI Aprica a Sondrio, So- 80° e 7,5 KW di corrente, integrato da 30 pannelli fo- reghes a San Cassiano in Badia, Belvedere a Selva di tovoltaici disposti in copertura. Cadore e Nordio a Tarvisio). Tali caratteristiche permisero all’opera di aggiudicarsi L’impegno per la valorizzazione dell’edilizia in legno l’edizione 1996 del Premio di architettura “Costruire in si può far risalire all’ormai lontano 1996 quando, gra- Trentino”. Stefano Menapace ARCA 92 DIBATTITO Vinicio Ruggeri Vorrei rivolgere una domanda ai progettisti del Goûter Duca degli Abruzzi che negli anni Sessanta era costi- ai quali va la mia ammirazione per le qualità tecniche. È tuito da una baracca in metallo a sezione pentagonale stato necessario proteggere il cantiere durante i mesi leggermente svasata, coibentata in amianto, resisten- invernali prima che l’edificio venisse completato? L’al- te ai venti e ai carichi di umidità. Il vecchio rifugio non tra osservazione che volevo fare riguarda i linguaggi era più adeguato per comfort e ricettività: era dotato architettonici di rifugi in alta quota che propongono di sala da pranzo con una ventina di posti letto, cucina, forme nuove e che escono dallo schema della malga bancone bar e, sul retro, una camera da letto con letti alpina. Mentre invece i rifugi a quote inferiori sareb- a castello per un totale di 15-16 posti. Una quindicina bero ancora molto legati a questo schema (la casa con d’anni fa la sezione decise di demolirlo e ricostruirlo. tetto a due falde, pietre e legno...). Credo che la qualità edilizia dei rifugi dipenda sicuramen- La motivazione vera credo risieda nelle condizioni te dalla disponibilità finanziarie del proprietario ma molto meteorologiche molto più severe che impongono a anche dalle cariche innovative e dal coraggio di tutti gli strutture come il Gervasutti e il Goûter un altro ap- attori locali. Quando abbiamo presentato in commis- proccio. Questa è un po’ la chiave d’interpretazione. sione edilizia il progetto del nuovo rifugio, l’ente parco, Credo che una baita in pietra nel sito dove si trova il i gruppi territoriali e quelli ambientalisti hanno imposto Goûter non avrebbe vita lunga. una tipologia edilizia che assomiglia a una bella casina di La seconda parte del mio intervento interessa un’e- montagna con la pianta rettangolare, il tetto a due falde, sperienza negativa di ricostruzione in Appennino fondazioni in calcestruzzo, mattoni Poroton per le mu- dove una cultura architettonica dei rifugi dal punto di rature e rivestimento in pietra. Abbiamo riscontrato che vista ingegneristico ed edilizio si deve ancora affer- l’edificio non era adeguato a quelle condizioni climatiche. mare. Durante l’inverno il cantiere è rimasto incustodito e non La sezione di Bologna, di cui sono presidente [fino protetto. Le murature si sono ammalorate già in fase di all’estate 2013; n.d.r.] è proprietaria di due rifugi. Uno costruzione e oggi c’è un problema continuo di manu- è il Franco Cavazza al Pisciadù, nel Gruppo del Sella tenzione, deumidificazione e isolamento. Inoltre le pareti (2585 m), a un paio d’ore dal rifugio Boè, di cui si è verticali rivestite in pietra subiscono una forte pressione parlato poco fa. L’altro è a 1800 m, sul crinale appen- del vento che favorisce la penetrazione dell’umidità e la ninico tra il Corno alle Scale e il Monte Cimone. Quel copertura in lamiera del tetto deve essere continuamente crinale vede il passaggio delle perturbazioni atlanti- ripresa. che e la velocità del vento arriva a 180 km/h. Nel sito, Se ci fosse stata una carica innovativa e più coraggio sulle rive di un laghetto, dove s’incontrano le province avremmo forse potuto costruire un edificio più adeguato di Modena, Bologna e Pistoia noi abbiamo il rifugio al sito. 93 Alberto Winterle Claudio Fabbro Vedendo gli esempi delle realizzazioni presentate nel- Da funzionario della Provincia autonoma di Trento le diverse relazioni, emerge l’importanza di trovare un mi occupo di strutture alpinistiche e nutro un’ammi- equilibrio tra tradizione e innovazione. razione sconfinata per i rifugi d’alta quota delle Alpi Tuttavia, vedendo l’esempio proposto dalla SAT per Occidentali. I nostri rifugi sono qualcosa di diverso. In il Boè, sento l’esigenza e la necessità di chiedere alla un rifugio c’è il momento in cui si entra e in cui si esce. SAT più coraggio quando mette mano a un rifugio con Se un nostro ospite ne esce senza il pensiero conscio interventi sostanziali. o inconscio di tornarci appena possibile, vuol dire che Ciò non vuol dire seguire banalmente la ricerca di un qualcosa non ha funzionato. È un dato di fatto. Gli al- linguaggio iper contemporaneo o iper tecnologico, pinisti non tornano nei rifugi. Anzi, in molti interventi bensì trasformare tali opportunità in occasioni di la- di questo convegno si sostiene che gli alpinisti hanno voro e confronto tra progettisti e gestori per definire abbandonato i rifugi e sono in calo vertiginoso. Ma insieme quale possa essere il futuro dei rifugi e più in siamo sicuri che non sia avvenuto il viceversa? Che generale della nostra montagna. non siano i rifugi che hanno abbandonato gli alpinisti Lo strumento del concorso di progettazione, che noi per rincorrere il cliente “mordi e fuggi” a cui sommi- caldeggiamo, permette un confronto aperto e trasfor- nistrare una ristorazione veloce? Lancio poi una pro- ma un’occasione progettuale in occasione di confron- vocazione. Ricordate l’adagio “la guerra è cosa tropo to culturale. seria per lasciarla in mano ai generali”? I nostri rifugi sono troppo importanti per lasciarli in mano solo agli architetti, agli architetti di città. Altro argomento è la classificazione dei rifugi: pro- Carlo Piccoli pongo una distinzione tra quelli raggiungibili esclusi- Sono architetto socio della sezione universitaria della vamente a piedi e gli altri. SAT (SUSAT). Quanto al concetto di lusso, è un termine che non In gioventù ho collaborato alla gestione estiva che la SU- amo; preferirei mutarlo in “aumento delle dotazioni”, SAT faceva del rifugio Torquato Taramelli. sebbene ciò comporti un’enorme crescita delle pra- Da neoarchitetto fui impegnato in una proposta di am- tiche burocratiche da adempiere. Sono giusti 70/80 pliamento mai realizzata, forse proprio per le ragioni che kW in un rifugio d’oggi? Dove stiamo andando? Lan- il collega Winterle ha appena enunciato. cio allora una proposta alla SAT: sperimentiamo un ri- Il Taramelli risale al 1904. fugio “francescano” minimale, essenziale, che diventi Ogni momento culturale (perché architettura vuol dire il luogo – nell’immaginario – di una sobrietà solenne. far cultura anche se in montagna) è legato al linguaggio di quel momento. Credo che la presentazione degli ultimi interventi in Trentino sia assai interessante sotto il profilo tecnico ma que- Hervé Dessimoz, Thomas Buchi sti dicono assai poco sotto il profilo architettonico. In merito all’aspetto estetico dei rifugi, notiamo che Il cubetto della SAT era un prototipo ed è stato proposto finalmente la gente si pone il problema. Non si tratta in ambienti dai 1300 ai 1800 metri in ambienti come la della querelle tra gli antichi e i moderni al fine di sa- Presanella, i Monzoni... All’epoca una costruzione in pie- pere perché ci siano dei rifugi che assomigliano agli tra a tetto piano standardizzata era avveniristica. chalet o altri, come il nostro del Goûter, che invece pa- Credo che il linguaggio architettonico in media e alta iono alieni. Io penso che l’architetto, quando approccia montagna dovrebbe essere consono a esprimere la cul- il tema del progetto, si deve comportare un po’ come tura in generale (non solo architettonica) del proprio tem- l’alpinista di oggi: quando siete in un rifugio escursio- po. nistico avete un abbigliamento e un comportamento 94 adatti alla situazione e all’altitudine; ma più si sale e Vogliamo decidere da che parte stare come uomini su più conta l’attrezzatura tecnica. Ebbene, anche il no- questo pianeta? In tale ottica, la questione della forma stro rifugio si adatta a questa situazione ambientale diventa veramente relativa. Vi fornisco solo quattro che si fa più estrema, con un involucro tecnico che dati: la tipologia del Gervasutti, rispetto a una costru- funziona come un carapace evoluto in funzione dei zione analoga delle stesse dimensioni e prestazioni, materiali e delle tecnologie a disposizione. Tuttavia, realizzata con le migliori tecnologie di prefabbricazio- quando l’alpinista entra nel rifugio, si toglie il suo “gu- ne in legno disponibili oggi in Europa, pesa 40 volte scio tecnico” per ritrovare il suo aspetto più pretta- meno. Cercate d’immaginare che cosa ciò significhi in mente umano; così il rifugio all’interno vuol riprodur- termini di cantiere. È vero che ci sono delle questioni re un luogo accogliente, un ambiente completamente di carattere economico da risolvere ma ci sono anche naturale che richiama la ragione profonda del termi- delle questioni generali che prima o poi andranno af- ne rifugio, ovvero “protezione”, al fine di recuperare frontate. Con tecnologie che derivano da questi studi le proprie energie. Poi, quando uscirà, egli indosserà e obiettivi di performance, oggi in 10 cm si può rea- nuovamente il suo carapace per affrontare il clima lizzare una parete in legno che definisce un involucro esterno, così come fa il rifugio col suo involucro per passivo il quale non consuma energia se si utilizzano proteggersi. i saperi che già possediamo industrialmente a patto In rapporto al nostro impegno in questo progetto, vor- che iniziamo un dialogo finalizzato a obiettivi condi- remmo far passare anche un messaggio più globale: visi. Anche in merito alle filiere commerciali: oggi cia- se abbiamo deciso d’investire e affrontare la sfida di scuna ragiona sulle proprie possibilità individuali. È un lavoro molto duro anche fisicamente, è per portare un limite che non mi vergogno a chiamare colpa. un messaggio al mondo della costruzione in generale. Il mio invito da appassionato di montagna è che l’aria Perché sapendo che il 50% dell’energia proveniente rarefatta ci aiuti a ragionare in maniera più lucida. La da fonti fossili del pianeta è inghiottito dagli edifici, montagna non ha bisogno di rifugi, non ha bisogno di e che la sfida è dunque quella di ridurre le emissioni noi e saprà anche come scrollarsi di dosso vecchie e (pensando alla qualità della vita delle generazioni fu- nuove forme dell’architettura. Abbiamo anche ragio- ture), ecco che il rifugio del Goûter vuole essere esem- nato della possibilità di porci nuovi obiettivi riguardo plare nell’approccio: costruiamo in un altro modo; al modo in cui vogliamo gestire la nostra presenza fi- utilizziamo materiali di prossimità come il legno;.ma sica sul pianeta. soprattutto, costruiamo edifici che non sfruttino affatto energie fossili, al fine di conservarle per altri usi. Se è stato possibile lassù, tanto più dev’essere un imperativo nelle nostre città Stefano Testa Non posso che associarmi completamente da quanto dai colleghi progettisti del rifugio Goûter. Vorrei anzi sottolineare le condizioni di questa distanza. Mi pare che troppo spesso continuiamo a lasciare le questioni sepolte da uno strato troppo spesso di cenere e muffa. La differenza tra il miglior costruire commercializzato oggi e le prestazioni di questi tentativi dispendiosi dal punto di vista umano e intellettuale sono enormi. 95 Contributi RIFUGI: IDENTITÀ ARCHITETTONICHE FRA TRADIZIONI E TRADIMENTI 1 Alcune polemiche su recenti architetture di rifugi sulle mente continua modificazione, “continuo fluire dell’e- Alpi sono alimentate dal continuo ricorso alla molto sperienza di una generazione nelle esperienze delle praticata contrapposizione tra tradizione e innovazio- generazioni successive”5, tra un presente e un altro ne. Considerati come poli opposti portatori d’istanze presente, nella costante pratica della sua ininterrotta incapaci di trovare una sintesi, vengono contrapposte modificazione e innovazione. Considerare la tradi- nel solco di una pratica che vede nelle avanguardie zione come qualcosa d’incapace di accogliere l’inno- artistiche del Novecento e nel Movimento moderno3 vazione è dunque un errore, mentre concepirla come una fase di particolare fortuna. Da quel momento la qualcosa d’idealtipico e cristallizzato significa ridurla tradizione diventa definitivamente sinonimo di fissità, a stereotipo6 fisso, immutabile, monodimensionale; passatismo e localismo, mentre l’innovazione di mu- un’archeologia da adorare e conservare anche nelle tazione, novità e universalità. sue meno genuine derive folkloristiche e spettacola- Tradizione tuttavia deriva dal latino traditio, il cui si- rizzazioni commerciali. gnificato può essere tradotto con “consegna” secondo Così oggi in architettura la “tradizione” diventa spesso Cicerone, o con “narrazione” secondo Tacito ; in en- un catalogo di puri espedienti retorici linguistici, un trambi gli usi vi è dunque l’idea di un passaggio da un repertorio di forme che, senza attenzione alcuna alle antecedente a un conseguente attraverso un’azione. motivazioni che ne giustificano la permanenza, viene Un’azione che, nel caso esemplificativo del racconto, declassato a repertorio dialettale immutabile. Questo non si limita a traslare nel tempo una vicenda ma la tradimento della tradizione permea l’intero campo pratica, la svolge e pertanto la modifica nell’atto del d’azione e indagine dell’architettura contemporanea racconto stesso. La tradizione è dunque etimologica- sulle Alpi e affiora in maniera lampante, con tutte le 2 4 Tradizione e tradimento hanno la stessa radice etimologica, come ricordato da Ernesto Nathan Rogers in Tradizione e attualità (cfr. E. N. Rogers, Esperienza dell’architettura, Skira, Milano, 1997). 2 Ci si riferisce ad alcuni celebri progetti contemporanei di rifugi, discussi anche nel convegno, ma soprattutto all’interessante proposta della Provincia autonoma di Bolzano di bandire nel 2012 un concorso per la sostituzione di tre rifugi con conseguenti aspre polemiche su forme e linguaggi dei progetti presentati. 3 Le avanguardie artistiche e letterarie del Novecento Cubismo, Metafisica, Dadaismo e soprattutto Futurismo pongono il superamento della tradizione e del classico come obiettivo principale della loro ricerca. Il Movimento moderno ha inoltre sfruttato l’avvento e il consolidamento della cultura industriale come indizio e occasione della necessità di smarcarsi dalla tradizione costruttiva e formale precedente. 4 C. Prandi, voce “Tradizioni”, in Enciclopedia Einaudi, Torino 1981, vol. 14, p. 415. 5 E. N. Rogers, op. cit., p. 252. 6 “L’insidia maggiore che sta erodendo oggi gli ultimi residui mitici (‘folklorici’, autodiretti, praticati dai residenti solo per se stessi) va ricercata piuttosto in sempre più frequenti strumentalizzazioni “folkloristiche” (eterodirette, praticate per il consumo da parte dei turisti) che accelerano la trasformazione dei miti in stereotipi. […] In questo senso, si determina la mutazione antropologica del mito che, da grande narrazione cosmogonica primordiale, si trasforma in Ideal-Typus, stereotipo artificioso, strumento pseudo-turistico, pseudo-redditizio e consumistico” (A. Salsa, Il tramonto delle identità tradizionali. Spaesamento e disagio esistenziale nelle Alpi, Priuli & Verlucca, Torino 2007, p.60). 1 96 Planimetria e vista del rifugio Luigi Amedeo di Savoia al Cervino (Valtournenche, Aosta, 3480 m): costruito nel 1893, dal 2004 è stato smontato e rimontato a Cervinia come museo di se stesso sue contraddizioni e incoerenze, nel contemporaneo Architettura efficace e facilmente realizzabile dun- dibattito sull’architettura dei rifugi. que, il rifugio si evolve in un processo che procede per La storia dei rifugi è piuttosto recente e nasce con la tentativi, per errori, per mezzo di una continua ridefi- violazione delle inospitali terre alte per fini non utili- nizione dei metodi di localizzazione e di costruzione, taristici bensì culturali, verso la fine del Settecento . attraverso un’innovazione continua, sperimentata e Luoghi inabitabili diventano abitati in questo momen- verificata. Basti pensare a come è cambiata la relazio- to: senza nessuna tradizione insediativa e formale ne con il suolo9 o alle tecniche di costruzione che, mu- precedente, i rifugi nascono con forme semplici e tec- tuate dalle edificazioni temporanee militari come gli niche accessibili. schutzhütten austriaci, si spingono sempre più verso In questo modo è da intendere l’iniziale ricorso al pro- la prefabbricazione e la standardizzazione, dai primi filo “a capanna” che, pur essendo considerato l’arche- esempi dell’Ottocento fino agli esperimenti pionieri- tipo della costruzione, soprattutto nel clima culturale stici degli anni Settanta. che fa da sfondo alla scoperta delle Alpi , viene mutua- Viene dunque da dire che la tradizione dei rifugi è la to dalle costruzioni degli alpeggi che non costituisco- continua innovazione. Innovazione che si spinge ver- no il riferimento morfologico della tradizione edifica- so criteri di reversibilità e mobilità, con manufatti che, toria rurale ma più che altro forniscono un riferimento smontati e rimontati in luoghi diversi, si sganciano dal metodologico improntato all’efficacia e all’economia. legame assoluto col contesto, rendendosi autonomi 7 8 “A partire dall’illuminismo […] s’assiste all’emergere simultaneo d’un interesse scientifico per i ghiacciai, d’un entusiasmo tutto morale per il modo di vivere dei montanari e d’un fascino estetico per la morfologia eroica delle vette. Tuttavia si sviluppano allora due concezioni antagoniste; determinano la prima le scienze in via di costituzione, che considerano “la Natura” come oggetto, cioè un bene comune di cui l’umanità può e deve disporre a proprio piacimento: essa annuncia il positivismo e toccherà il suo culmine dopo la rivoluzione tecnologica. L’altra vede nella medesima “Natura” una sorta di soggetto, che dialoga con l’uomo quasi un essere mistico capace di guidare e salvare l’anima umana” (A. Corboz, Geologia estrapolata: da Viollet-le-Duc a Bruno Taut, in Ordine sparso. Saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio, Urbanistica Franco Angeli, Milano 1998, p.125). 8 Si pensi alla capanna primitiva di Marc Antoine Laugier comparsa sul frontespizio del suo Essai sur l’architecture del 1753, trattato di teoria architettonica fondamentale nell’epoca dei Lumi. 9 “L’uomo razionalmente affronta l’alta montagna e ‘osa’ impiantarvi un cantiere, ma lo fa cercando di ‘ingraziarsi’ la Natura; al di là dei problemi tecnici di messa in opera, infatti, la scelta della quarta parete naturale di solito non si rivela felice. Tale esito poteva essere razionalmente dedotto, eppure l’idea di addossarsi alla roccia rivela un’istintiva ricerca di protezione, contro il rischio – mentale e non solo reale – di esporre la costruzione ai quattro venti” (L. Gibello, Cantieri d’alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi, Lineadaria Editore, Biella, 2011, p. 25). 7 97 ficazione che comunque esiste. Perché dove c’è progetto, c’è sempre modificazione. Così soprattutto per quanto riguarda i rifugi, che sono sempre stati un laboratorio d’innovazione e sperimentazione, tentare di nascondere il nuovo facendo riferimento alla categoria della “tradizione” costituisce un doppio tradimento che nega la profonda identità di architettura eroica e pionieristica del rifugio e al tempo stesso svuota di senso le forme tradizionali applicandole ad architetture le cui ragioni e nature sono molto diverse. Per voler seguire la tradizione si finisce insomma per compierne il più alto tradimento, si finisce per tradire l’idea stessa di tradizione dimenticandosi che è prima di tutto “un’innovazione riuscita”11. Mauro Marinelli Bivacco Pelino al Monte Amaro (Sulmona, L’Aquila, 2790 m) dottorando di ricerca in Progettazione architettonica e urbana, Politecnico di Milano oggetti autoregolati10 tra sperimentazioni tecniche e formali che, pur sfiorando talvolta un’eccessiva estetizzazione della tecnologia, riescono in altri casi a raggiungere esiti interessanti. Ma allora perché oggi, a prescindere, ci si oppone così tanto a forme schiettamente contemporanee? È forse perché si ha paura di non confermare l’immagine eterodiretta del paesaggio alpino che il turista si attende? O è forse una risposta consolatoria a quella “nostalgia senza memoria”, come la definirebbe Appadurai, che ci muove a reinventare le nostre radici storiche immaginando, anche dove non ci sono, tracce del passato, rinnegando però il presente (eppure noi, quando frequentiamo la montagna, ci guardiamo bene dal rinunciare a capi tecnici e tessuti contemporanei...). Potrebbe dunque trattarsi del sintomo di un senso di colpa per la violazione delle alte montagne che spinge a tentare di nascondere, dietro quel repertorio formale stereotipato, astorico e inventato, che Antonio De Rossi definirebbe “rustico internazionale”, una modi- Per dirla con Giorgio Grassi, “ogni architettura ci riporta sempre all’oggetto” (in Architettura lingua morta, Quaderni di Lotus, Electa, Milano 1988, p.19). 11 A. Salsa, Montagna da vivere tra passato e futuro: il ruolo del CAI a 150 anni dalla sua nascita, in M. Varotto (a cura di), La montagna torna a vivere. Testimonianze e progetti per la rinascita delle Terre Alte, Nuova dimensione, Portogruaro 2013, p. 137. 10 98 CONCLUSIONI Annibale Salsa Come rappresentante della componente scientifi- rifugio. Per me la montagna è sempre stata una que- co-culturale di Accademia della montagna del Tren- stione di vita e cerco di portare in Accademia quella tino, desidero esprimere la mia soddisfazione per che è un’esperienza vissuta. Normalmente, incontri questo evento culturale che ricolloca Accademia al simili a questo vengono organizzati per dirci quanto centro di un’attenzione avanzata all’interno dello spa- siamo bravi. Per la prima volta ci siamo incontrati per zio alpino come luogo di confronto e dibattito. Spesso dirci come stanno veramente le cose. Solo attraverso si dice che i trentini sono autoreferenziali; io credo che questo riusciremo a crescere. I relatori sono arrivati Accademia abbia dimostrato esattamente il contrario. qui non per parlar bene di loro stessi ma per dire che Chi vi parla viene dalle Alpi occidentali e, anzi, vorrei cosa pensano debba esser fatto in montagna. Ciò che ringraziare i nostri amici svizzeri, francesi e austriaci ne è uscito (e di cui sono orgoglioso) è che ogni rifugio per i loro interessanti contributi. Accademia ha come è diverso da un altro, ogni rifugio ha una sua storia, intento quello di far interagire idee. Le idee non sono ogni rifugio trasmette emozioni diverse e ogni rifugio mai troppe: ben vengano posizioni diverse. Guai se dev’esser preso in considerazione (sia nella ristruttu- noi caldeggiassimo la tesi del pensiero unico che ri- razione che nel rifacimento) in maniera singolare. Non schia di essere una prospettiva inquietante per oggi e esiste un modus operandi che vada bene per tutti i ri- per domani. Questa attenzione al pluralismo d’idee e fugi o anche solo per determinate categorie. Ogni ri- ai contributi sia dei tecnici che hanno ruoli strumenta- fugio necessita di una valutazione propria. li, sia di chi svolge un ruolo culturale di stimolo, è fondamentale per ricollocare lo spazio alpino, il quale non è solo uno spazio montano. Le Alpi sono la cerniera, il cuore dell’Europa e credo che, fuori da ogni retorica, siano e debbano diventare il laboratorio d’Europa, il Roberto Dini, Luca Gibello, Stefano Girodo Cantieri d’alta quota laboratorio delle idee, l’antidoto alle chiusure localistiche e nazionalistiche, la pedana per ripensare una A giudicare dalla partecipazione (circa 240 persone nuova Europa all’insegna della montagna. registrate, senza contare i relatori), dall’entusiasmo e dal livello del dibattito, il convegno internazionale di Trento sembra avere segnato un’importante tappa, su molti fronti. Egidio Bonapace In primis, ha ribadito come il dialogo fertile sia possi- Al di là del mio ruolo di presidente di Accademia del- bile solo laddove non si autoconfina nei diversi recinti: la Montagna, sono anche guida alpina e gestore di un proprietari, gestori, progettisti, aziende, guide, ope- 99 ratori e frequentatori della montagna devono trova- tradizione è un’innovazione riuscita e che nulla c’en- re terreni comuni di confronto. Ma ha anche ribadito, tra col passatismo e la coazione a ripetere; una pa- qualora ce ne fosse bisogno (e soprattutto nelle Alpi rafrasi dell’aforisma di Gustav Mahler: “La tradizione orientali c’è bisogno), che il rifugio è una realtà altra è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cene- rispetto alle varie forme di ospitalità alberghiera; che re”. Ma gli usi vanno poi verificati nel tempo, perché deve adeguarsi alle esigenze attuali senza “perdere non è tutto oro quel che luccica: come nel caso della l’anima”. E quell’anima è fatta di due aspetti. celebratissima Monte Rosa Hütte, passata ai raggi x Da un lato – concetto che oggi va per la maggiore, da Philippe de Kalbermatten per rivelare pregi e di- vuoi per le restrizioni imposte dalla crisi, vuoi per il fetti di un’opera simbolica che deve la sua fortuna al vento fresco che spira dalla nomina papale – una sor- fatto di essere un unicum. Mentre l’esperienza legata ta di “francescanesimo” evocato direttamente (Clau- alla realizzazione del bivacco Gervasutti ne ha positi- dio Fabbro) o declinato in varie maniere: adattamento vamente scalfito l’iconica aura per presentarlo come (Giorgio Azzoni), spartanità e semplicità (Claudio Bas- lezione di metodo e modello replicabile (in Russia, alle setti, Egidio Bonapace, Livio Noldin, Helmuth Ohn- pendici dell’Elbrus). Ed è alla prova dell’uso che andrà macht), rusticità e convivialità (Jean Mazas), sobrietà verificato un altro gioiello d’alta quota, il nuovo rifugio (Romano Stanchina). Dall’altro, la figura del rifugista del Goûter, tanto vicino all’immaginario aerospaziale (o del “rifugiato”, secondo Angelo Iellici), persona che quanto inatteso debitore di una filosofia dei materiali fa la differenza trasmettendo lo spirito dell’accoglien- a km (quasi) zero (il 90% del legname proviene dalle za in alta quota e il cui impegno (come ci hanno dimo- foreste ai piedi del massiccio del Monte Bianco, nello strato Anna Toffol, Nilo Pravisano, Gino Baccanelli, stesso Comune di Saint Gervais, sotto la cui giurisdi- Bepi Monti nell’apprezzatissimo filmato sui rifugi bel- zione sorge il rifugio). lunesi o ancora lo stesso Iellici) pare rispondere a una Infine, anche rispetto al tema della demolizione e ri- vera e propria vocazione (che spesso oggi assume an- costruzione, non esistono ricette universalmente va- che i contorni dell’educazione civica). lide. Di fronte alla fatiscenza delle strutture, prima di In numerosi frangenti è stato sottolineato come l’in- optare per la logica del piccone, occorre considerare tervento edilizio sul rifugio, così come la sua gestione, (come ha testimoniato Mathieu Vallet in merito alla siano ancora e sempre un’occasione di sperimenta- ricostruzione del rifugio Benevolo, poi declinata in zione: di tecniche costruttive e soluzioni tecnologiche “ristrutturazione e ampliamento”), il valore immate- (in alta quota, il problema dello scioglimento del per- riale legato alla storia del rifugio e alle memorie che mafrost è purtroppo la nuova sfida da affrontare), ma racchiude. Perché i nostri rifugi sono un patrimonio anche di organizzazione nell’offerta del servizio (con (Patrum munus, ovvero “dono dei padri”, ce lo ha ri- aperture sempre più richieste, soprattutto a Est, in in- cordato ancora Salsa) collettivo. E di questo dobbia- verno). mo avere coscienza. È emerso poi il tema delle funzioni, e di come esse Entrando nel merito delle questioni, nelle due gior- si materializzino attraverso lo spazio. Come cioè an- nate di studio è stata tracciata una vasta panoramica che a livello d’immagine il rifugio sappia restituire la dei numerosi progetti recentemente realizzati in tutto sua peculiarità. Che non deve affatto rifarsi al rassi- l’arco alpino, dai meno conosciuti ai più importanti e curante esempio della baita (o del baito), desueto e discussi. Non si è trattata però di una banale carrel- frutto di un equivoco ideologico scaturito dalle dot- lata di esempi virtuosi. I progettisti intervenuti hanno trine dell’Heimatschutz, ma che neppure deve asse- infatti tracciato un articolato quadro in merito a che condare il protagonismo dei progettisti, ancor meno cosa significhi concepire e realizzare un rifugio e quali quando questi non siano avvezzi a frequentare la sono le caratteristiche che contraddistinguono il pro- montagna. Annibale Salsa ha ricordato che tradizione getto di una struttura in alta quota. È emerso infatti e innovazione non sono termini antitetici, ma che la in modo evidente come in tale ambito non vi siano 100 delle ricette preconfezionate ma come tale progetto si gole realtà locali, con le esigenze e le necessità che via caratterizzi in modo specifico a seconda della singola via si presentano. situazione geografica, orografica, economica e anche 4. I recenti progetti di rifugi alpini sembrano, dal pun- culturale. to di vista architettonico, riflettere sul superamento Proviamo ora a tirare le somme e a esplicitare alcuni della questione dell’inserimento paesaggistico spo- temi di discussione che sono stati enunciati. stando invece l’attenzione su quella che potremmo 1. Il rifugio alpino, e in particolar modo la sua proget- chiamare una “reinvenzione” del paesaggio alpestre, tazione e realizzazione, può essere letto come il punto in cui le strutture antropiche provano a ricercare una d’incontro tra la cultura progettuale e la cultura del- dialettica con l’ambiente circostante. Proprio per que- la montagna. Il progetto di un rifugio è un processo sto sembra ormai superato il dibattito, talvolta sterile profondamente radicato nella montagna e che non e banalizzante, che vede contrapposte forme archi- può prescindere da un’approfondita conoscenza del tettoniche “avveniristiche” (generalmente associate contesto e dell’ambiente alpino. Una forma di cono- all’alta quota) con quelle più “tradizionali” (più comuni scenza che non avviene a priori ma che è strettamen- invece nei rifugi dolomitici o di bassa/media quota). te connessa con il “fare”, che si realizza con un’assidua 5. Infine, anche per il progetto di un rifugio, come nel frequentazione del contesto montano e attraverso l’e- rapportarsi più in generale con la montagna, è neces- sperienza diretta. sario un ripensamento sul ruolo della responsabilità 2. Il rifugio, alla luce delle estreme condizioni al con- individuale – in particolar modo di progettisti e co- torno, diventa la “materializzazione” vera e propria del struttori – che deve guidare, in modo più forte che in concetto di limite. Ciò significa che il progetto del rifu- altri contesti, le scelte progettuali. In questo ambito, gio può diventare un tema “laboratorio” anche per la più che altrove, è infatti richiesta capacità di adatta- pianura e la città, acquisendo un’attitudine fortemen- mento alle sempre diverse condizioni di lavoro, ma te pedagogica. Ogni rifugio non è solo l’esito di una soprattutto sobrietà e senso della misura. corretta progettazione tecnica e architettonica ma I numerosi temi trasversali che sono emersi nelle due diventa, proprio per le differenti problematiche che giornate non fanno che confermare l’importante ruo- caratterizzano le singole strutture, esemplificativo di lo di momenti di scambio come questo, che è proprio una certa modalità d’intendere la sostenibilità, il rap- quello di cercare di arricchire e ampliare gli immagi- porto con il sito o con la preesistenza. Se tutti questi nari di progettisti e utenti, talvolta cristallizzati su fa- aspetti vengono affrontati con grande coerenza e ca- cili stereotipi. pacità critica in alta quota allora, a maggior ragione, possono tornare a essere oggetto di riflessione anche più in basso. 3. L’idea di rifugio ottimale, in quanto esito di stratificazioni successive frutto dell’interazione tra progettisti e costruttori, rifugisti e utenze, ecc., nasce proprio dal continuo scambio e confronto tra tutte queste figure. Non ha senso dunque inseguire la chimera della “macchina perfetta” senza riflettere però su quelle che sono le modalità d’interazione tra la struttura, il suo gestore e tutte le utenze. Il progetto prende forma anche e soprattutto durante la realizzazione stessa e ancora durante la fase gestionale, con continui aggiustamenti dovuti al confronto continuo con l’ostilità dell’ambiente circostante, con le specificità delle sin- 101 INDICE Intervento di saluto di Accademia della Montagna del Trentino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Intervento di saluto della SAT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Prima Sessione | Quali utenti per quali rifugi? Per un osservatorio dei rifugi e bivacchi alpini | Roberto Dini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Il patrimonio dei rifugi alpini | Annibale Salsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12 Come cambiano gli utenti dei rifugi | Luca Calzolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 Gestori e frequentatori dei rifugi in Trentino | Gianfranco Betta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 “Il lusso della montagna”. Un documentario tra i rifugi delle Dolomiti bellunesi Valentina De Marchi, Francesca Bogo, Alessandro Sacchet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Situazioni a confronto/1. Come si adeguano i gestori e i rifugi | Mathieu Vallet, Anna Toffol, Angelo Iellici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 Situazioni a confronto/2. Verso il rifugio di domani: politiche e strategie tra Italia, Francia, Svizzera, Austria Samuele Manzotti, Jean Mazas, Philippe de Kalbermatten, Helmut Ohnmacht, Romano Stanchina . . . . . . . . 32 Il quadro normativo in rapporto ai problemi della gestione ambientale | Riccardo Beltramo . . . . . . . . . . . . . 41 Aspetti igienico-sanitari nei rifugi alpini in Trentino | Antonio Prestini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 102 Seconda Sessione | Riqualificazione o demolizione/ricostruzione? Introduzione | Enrico Camanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Tavola rotonda/1. Costruire ancora? Tra impatti e impronte ambientali Il dilemma di fronte all’esistente | Mathieu Vallet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Architetture d’alta quota. Il concorso per la ricostruzione di tre rifugi in Provincia di Bolzano Alberto Winterle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Bivacco: l’abitare minimo nelle Alpi | Giorgio Azzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 La nuova Monte Rosa Hütte alla prova dell’uso | Philippe de Kalbermatten . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 Dibattito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Tavola rotonda/2. Come riqualificare, ampliare, ricostruire? Il nuovo rifugio del Goûter al Monte Bianco | Hervé Dessimoz, Thomas Buchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 Il nuovo bivacco Gervasutti, un primo bilancio | Stefano Testa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 La ristrutturazione e ampliamento del rifugio Baita Tonda | Marcello Lubian . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 L’ampliamento del rifugio Boè | Livio Noldin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 L’ampliamento del rifugio Alimonta | Raffaele Alimonta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 La protezione dell’involucro edilizio in alta quota | Stefano Nardelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 Costruzioni in legno per l’edilizia montana | Stefano Menapace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 Dibattito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 Contributi Rifugi: identità architettoniche fra tradizioni e tradimenti | Mauro Marinelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Conclusioni Annibale Salsa, Egidio Bonapace, Roberto Dini, Luca Gibello, Stefano Girodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Via Romagnosi, 5 - 38122 Trento [email protected] - www.accademiamontagna.tn.it PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO