Trekking verso il rifugio del futuro

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Trekking verso il rifugio del futuro
[progetto]
Trekking verso il rifugio del futuro
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Il nuovo bivacco Gervasutti, sul versante italiano del Monte Bianco,
rappresenta il prototipo per rifugi di montagna ecosostenibili,
che sfruttano prodotti e tecnologie sempre più avanzati e performanti
Lo stupendo paesaggio
che circonda il bivacco Gervasutti
00 biocasa
È arrivata trasportata da un elicottero, questa struttura che sembra un po’ una navicella
spaziale, approdata sulla vetta più alta dell’arco alpino per scrutare l’orizzonte come
un curioso cannocchiale.
Di sicuro il panorama che si gode dalla grande vetrata che si affaccia sul ghiacciaio del
Frèboudze è mozzafiato, ma ancora più stupefacente risulta essere l’ambiente interno,
efficiente ed ipertecnologico, che accoglie
chi ha l’ardire di spingersi fino a 2.835 metri
di altitudine.
La storia di questo strano bivacco comincia
quando il CAI di Torino e la sua sottosezione
universitaria (SUCAI), in occasione dei 60 anni della fondazione della Scuola Nazionale di
Scialpinismo, decidono di ristrutturare il vecchio bivacco, costruito dapprima in legno nel
1948 e successivamente sostituito da una
struttura in lamiera e legno nel 1961, e celebrare così il celebre alpinista, Giusto
Gervasutti, a cui è dedicato, che insieme a
Giuseppe Gagliardone, nel 1942, aprì per primo in arrampicata libera una pista di sesto
]
grado sul versante Est delle Grandes
Jorasses.
“A cinquant’anni di distanza dall’ultimo rifacimento del rifugio – dichiara Osvaldo
Marengo, Presidente del CAI Torino – ci siamo posti l’importante obiettivo di realizzare
questa nuova struttura, punto di incontro tra
la storia delle nostre montagne e le nuove
tecnologie, finalizzate all’ecosostenibilità.
Ringraziamo la Regione Valle D’Aosta, la
Fondazione CRT di Torino, l’azienda Gore
(produttrice della membrana Gore-Tex®) e
EDF ENR Solare per aver creduto, insieme a
noi, alla sua forte valenza innovativa”.
Il progetto, affidato agli architetti Luca
Gentilcore e Stefano Testa, rappresenta, come allora fu l’impresa dell’arrampicatore torinese, una sfida lanciata al futuro e come tale ha dato il via al Progetto Leap (Living
Ecological Alpine Pod), il cui scopo è appunto quello di realizzare bivacchi modulari, cioè
in quanto tali riproducibili in contesti differenti, ecosostenibili e più attenti all’impatto
sull’ambiente.
La struttura, adatta a resistere alle condizioni atmosferiche d’alta montagna, è costituita
da una scocca in materiale composito, un
sandwich di vetroresina e pvc ad alta densità, concepita sfruttando sofisticate conoscenze nautiche ed aeronautiche.
Per l’isolamento era importante trovare un
materiale altrettanto innovativo ed efficace,
ed è per questo che i progettisti si sono rivolti a un’azienda francese, la ACTIS, specializzata nella concezione e nella fabbricazione di
sempre nuovi sistemi isolanti, per l’edilizia
ma non solo. Un’azienda che investe nella ricerca per far progredire l’isolamento, proponendo soluzioni sempre più efficienti in termini di risparmio energetico e sempre più rispettose dell’uomo e dell’ambiente. Nel caso di questo piccolo "sommergibile”, 30 metri quadri dal peso di soli 1.980 kg, il requisito
indispensabile era che il materiale fosse
molto sottile, pur senza perdere le sue capacità isolanti.
Per questo è stato scelto il Triso Super 10,
non solo per i vantaggi che offre in termini di
guadagno di spazio, ma anche per la sua capacità di agire sulle perdite termiche, sia per
convezione, data la sua impermeabilità all’aria, che per conduzione, visto il suo basso
coefficiente di conducibilità.
Il rifugio, composto da moduli che sono stati
costruiti a valle e poi trasportati e assemblati
in quota in una sola giornata, è aggrappato
alla roccia con soli 6 punti di ancoraggio, così
da non modificare il suolo naturale con opere
permanenti; è alimentato grazie ad una serie
di pannelli fotovoltaici, dotati di accumulatori
di ultima generazione posizionati sotto il pa-
Il trasporto
di uno dei moduli
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[progetto]
Sopra
la vista dal grande oblò
aperto sulla zona pranzo.
A lato
la "zona notte".
vimento, che soddisfano i bisogni primari.
Se rispetto al rifugio originario, lo spazio è
sempre ridotto al minimo, con ingresso, locale pranzo e due camerate con 12 posti letto, l’energia elettrica consente di avere, oltre l’illuminazione e la cottura dei cibi, anche
un sistema di autodiagnosi e di rilevamento
di dati ambientali interni ed esterni, un sensore per il ricambio d’aria meccanizzato, così
da assicurare aria pulita e nuova anche senza
aprire le finestre, un punto di chiamata di
soccorso ed un collegamento internet che
permette di avere informazioni in tempo reale sul meteo, di gestire l’organizzazione delle presenze e di attivare uno scambio di informazioni tra gli utenti (il che non sostitui-
sce però lo storico libro delle firme che rimane al suo interno!).
Inutile dire, poi, che se le finiture interne rimangono ecologiche, in legno di betulla, le
brande sono ora realizzate con materiali ignifughi, idrofughi ed antibatterici.
Che dire? Qualcuno di sicuro rimpiange l’aspetto essenziale e spartano del vecchio rifugio, che più si addice allo spirito eroico di
chi si spinge fino lassù, ma è indubbio che
l’amore dell’uomo per la montagna e la spinta che lo porta a conquistarla vadano di pari
passo con lo stesso tentativo di andare
‘sempre oltre’ anche nella ricerca di nuove
tecnologie, sempre più sofisticate.
Anche questa è la conquista di una vetta!
SCHEDA PROGETTO
Committenti
CAI Sezione di Torino / Sottosezione SUCAI / Scuola di scialpinismo SUCAI
Progettisti
Architetti: Luca Gentilcore e Stefano Testa
Main sponsor
Regione Valle D’Aosta
Fondazione CRT, Torino
W.L. Gore&Associati Srl
EDF ENR Solare
Club Alpino Italiano/Fondo rifugi
Sponsor tecnici
Actis, GVM, Cleaf, LCM Mobili, Salt, Fiamm, Leap, Tector, gd test, Nord Compensati,
SASSO, Gerflor, Mark&Thing, NDA, GPTecno, Olivari Compositi Engineering, Solbian,
Poligamma.
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