Alcune soluzioni esatte del modello di Ising
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Alcune soluzioni esatte del modello di Ising
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Matematica Tesina del corso di Meccanica Statistica Alcune soluzioni esatte del modello di Ising Docente: Prof. Francesco GUERRA Studentessa: Silvia GHINASSI Matricola 1270394 Anno Accademico 2012-2013 Introduzione Le parole chiave di questa tesina sono due: ‘modello di Ising’ e ‘risolubile’. Prima di entrare nel dettagli della tesina, diamo dei cenni storici sulla prima, e delle motivazioni alla seconda. Il modello di Ising, che prende il nome da Ernst Ising, fisico tedesco del ‘900, è un modello ferromagnetico a prossimi vicini della meccanica statistica. Molto interessante è la sua storia; nel 1920, tale modello fu infatti ideato non da Ising, ma dal suo relatore Wilhelm Lenz all’Università di Rostalk. Lenz però non ritenne tale modello interessante e lasciò fare i conti ad Ising, che nel caso unidimensionale scoprı̀ che il modello non presentava transizioni di fase a temperature nonnulle [Isi25]; a causa di alcune considerazioni errate sull’eccessiva semplicità dell’interazione tra gli spin, ipotizzò che tale modello non ne presentasse nemmeno in dimensione più alta (e che quindi non potesse descrivere efficacemente un modello ferromagnetico), e quindi finı̀ per considerare di poco interesse il modello stesso. Nel 1939 si trasferı̀ in Lussemburgo, a causa delle persecuzioni naziste contro gli ebrei e da lı̀ non ebbe alcun contatto con la comunità fisica fino al suo rientro in Germania nel 1947, quando scoprı̀ che il suo nome era diventato celeberrimo proprio per questo modello, e grazie al lavoro di altri. Infatti, grazie anche ad approssimazioni con il modello di campo medio e all’argomento sulla magnetizzazione spontanea di Peierls [Pei36], si scoprı̀ che tale modello aveva effettivamente una rottura della simmetria a temperature sufficientemente basse (trovando la temperatura critica). Nonostante gli enormi progressi non fu subito trovata una soluzione esatta di tale modello, che trovò Onsager; nel 1942 annunciò ad una conferenza di aver risolto il modello di Ising a due dimensioni su un reticolo quadrato in assenza di un campo magnetico esterno. Tuttavia il mondo dovette aspettare ulteriori due anni per poter leggere tale soluzione, perché Onsager pubblicò tale risultato solo due anni dopo in [Ons44] (effettivamente Onsager non era nuovo a comportamenti simili). Per apprezzare l’importanza della soluzione di Onsager è bene osservare che al giorno d’oggi ancora non esistono soluzioni esatte del modello bidimensionale sotto l’azione di un campo magnetico nonnullo, o del modello tridimensionale. i La dimostrazione di Onsager è piuttosto lunga ed articolata, e si basa sulla diagonalizzazione della matrice di trasferimento guardando alle rappresentazioni irriducibili di un’algebra di matrici; sebbene si possano seguire i conti passo passo, tale soluzione è da un punto di vista globale piuttosto oscura. Negli anni successivi alla sua soluzione, ne seguirono molte altre più semplici, che utilizzavano metodi differenti, tra cui metodi di combinatoria, fino ad arrivare a quella di Baxter ed Enting nel 1978. [BG78], in cui viene usata ripetutamente la relazione stella-triangolo. Di grande interesse matematico e fisico sono i modelli risolubili in meccanica statistica: matematico, nel procedimento; fisico, nei risultati. Grazie alla soluzioni di questi modelli si hanno infatti informazioni interessanti (come gli esponenti critici) sui modelli reali corrispondenti. Presentiamo soluzioni di modelli di Ising a una e due dimensioni (gli unici a essere stati risolti). Passiamo ora a dettaglio della tesina: è strutturata in quattro capitoli, in ognuno dei quali viene risolto un modello di Ising su un differente reticolo, e con tecniche sempre diverse. I modelli studiati sono: modello di Ising unidimensionale, modello di Ising, a campo medio, modello di Ising sul reticolo di Bethe, modello di Ising su reticolo quadrato, triangolare ed esagonale. Se vogliamo dare un nome alle tecniche invece, rispettivamente, abbiamo: matrice di trasferimento, formalismo hamiltoniano, ricorsione, relazione stella-triangolo. Nel primo capitolo ricordiamo alcuni concetti di base della meccanica statistica, per poi passare a presentare il modello di Ising generale. Viene infine presentata una soluzione del modello di Ising unidimensionale che sfrutta la matrice di trasferimento e la sua diagonalizzazione (in questo caso di facile gestione, essendo una matrice 2 × 2), metodo che, come abbiamo detto è importante in quanto fu generalizzato da Onsager per risolvere il modello bidimensionale. Sebbene non vedremo la soluzione di Onsager del modello bidimensionale, è interessante vedere il modello unidimensionale, semplicemente in quanto uno dei più semplici modelli esattamente risolubili. Nel secondo capitolo passiamo a trattare il modello di campo medio, seguendo la trattazione di [Bar08]. Prima di risolvere il modello, vediamo delle semplici stime (dall’alto e dal basso) per l’energia libera, che assicurano un limite termodinamico non banale. Passando poi alla soluzione, utilizzeremo un metodo molto interessante, poiché sfrutta tecniche che sono state formulate per problemi di vetri di spin. In questo capitolo, oltre alla soluzione del modello in sé, è quindi molto interessante il metodo stesso; essendo applicato a un ferromagnete piuttosto che a un vetro di spin, risulta quindi di più facile comprensione. Utilizzando solo metodi di meccanica analitica vediamo come tale modello può essere risolto in maniera piuttosto semplice ed elegante. ii Il terzo capitolo è invece dedicato al modello di Ising a prossimi vicini sul reticolo di Bethe (visto come ‘interno’ di un albero di Cayley). Tale modello viene risolto utilizzando metodi ricorsivi, sfruttando la struttra del reticolo stesso. Osserviamo poi che tale metodo si applica anche al modello anisotropo sul reticolo di Bethe, ottenendo cosı̀ risultati confrontabili con quelli del capitolo successivo. Tale modello è molto interessante in quanto può essere considerato una buona approssimazione di modelli quadrati o cubici. Nel quarto e ultimo capitolo viene discussa la cosiddetta ‘trecentonovantanovesima soluzione del modello di Ising’, seguendo la sua derivazione originale in [BG78]. Utilizzando solo proprietà locali dei reticoli e un uso ricorsivo della relazione stella-triangolo, tale metodo risolve in un sol colpo il modello di Ising anisotropo su reticoli quadrati, triangolari ed esagonali, in modo facile e diretto. iii Indice Introduzione i 1 Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale 1 1.1 1.2 1.3 Qualche preliminare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.1.1 Esponenti critici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Il modello di Ising generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.2.1 Il modello di Ising a prossimi vicini . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1.2.2 Magnetizzazione spontanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Il modello di Ising unidimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.3.1 Energia libera e magnetizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.3.2 Correlazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 2 Il modello di campo medio 13 2.1 Definizione del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.2 Stime sull’energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.3 2.2.1 Stima dall’alto per l’energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.2.2 Stima dal basso per l’energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Formalismo hamiltoniano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.3.1 La struttura dell’equazione hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . 16 2.3.2 Soluzione dell’equazione hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . 17 3 Modello di Ising sul reticolo di Bethe 19 3.1 Dimensionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.2 Relazioni di ricorrenza per la magnetizzazione centrale . . . . . . . . . . 21 3.3 Il limite n → ∞ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.4 La magnetizzazione come una funzione di H . . . . . . . . . . . . . . . . 24 3.5 Energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 3.6 Risultati a bassa temperatura e campo esterno nullo . . . . . . . . . . . 27 3.7 Modello anisotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 v 4 399esima soluzione del modello di Ising 4.1 31 Relazione stella-triangolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 4.1.1 Il reticolo esagonale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 4.1.2 Il reticolo triangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 4.1.3 Relazione tra le due funzioni di partizione . . . . . . . . . . . . . 32 4.1.4 Relazione tra i coefficienti di interazione . . . . . . . . . . . . . . 34 4.2 Reticolo esagonale e reticolo quadrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 4.3 Relazione locale nel reticolo esagonale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 4.4 Equazione funzionale per le correlazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 4.5 Soluzione dell’equazione funzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 4.6 Determinazione delle correlazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 4.6.1 Caso a bassa temperatura: κ < 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 4.6.2 Caso ad alta temperatura: κ > 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 4.6.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Bibliografia 46 vi Capitolo 1 Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale 1.1 Qualche preliminare È bene ricordare innanzitutto che “risolvere un modello” significa riuscire a calcolare esplicitamente l’energia libera di tale modello. Ricordiamo velocemente alcuni concetti di base dei modelli di meccanica statistica (visti nel corso) che ci saranno utili nel seguito. Se esponiamo un materiale paramagnetico ad un campo magnetico H esso si magnetizzerà; se ora supponiamo di far decrescere a zero il campo, esso non si smagnetizzerà completamente, quindi ad H = 0 avremo una magnetizzazione non nulla che chiamiamo magnetizzazione spontanea. Si può vedere che la magnetizzazione M (H) deve essere una funzione crescente dispari di H, con una discontinuità ad H = 0 (si veda la Figura 1.1(a)). La discontinuità nella magnetizzazione è molto simile a quella di una transizione di fase da stato liquido a gassoso. Quanto detto è vero se la temperatura del sistema è una temperatura sufficientemente bassa, cioè nel caso che T < Tc , dove Tc è detta la temperatura critica. Si vede che se T = Tc allora non abbiamo più una discontinuità in H = 0 e se T > Tc allora M è una funzione analitica di H anche in H = 0, come rappresentato nelle Figure 1.1(a) e 1.1(b). Con T indichiamo quindi la temperatura del sistema, con H l’intensità del campo magnetico esterno, con k la costante di Boltzmann. 1 2 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale Se E(s) è l’energia del sistema definiamo la funzione di partizione come Z= X exp[−E(s)/kT ] s e l’energia libera come F = −kT ln Z. La probabilità per il sistema di trovarsi in uno stato s è Z −1 exp[−E(s)/kT ]. L’energia interna è data da Z −1 X s E(s) exp[−E(s)/kT ] = kT 2 ∂ ∂ ln Z = −T 2 (F/T ). ∂T ∂T Come abbiamo detto all’inizio quindi il problema principale della meccanica statistica è quello di calcolare esplicitamente Z e F , che saranno funzioni dipendenti dal tempo e da ogni variabile contenuta nell’energia E(s) (come un campo magnetico esterno). Figura 1.1: Magnetizzazione come funzione di H, se T < Tc (a), T = Tc (b) e T > Tc (c). 1.2. Il modello di Ising generale 1.1.1 3 Esponenti critici È possibile definire degli esponenti critici di un sistema, guardando il comportamento delle funzioni termodinamiche (magnetizzazione e suscettibilità magnetica, cioè la derivata della magnetizzazione rispetto ad H) intorno a H = t = 0, dove abbiamo definito t= T − Tc . Tc Non tratteremo gli esponenti critici in questa tesina, essendo essi di un’importanza principalmente fisica, ed essendo noi invece principalmente interessati ai metodi matematici per la risoluzione di modelli di meccanica statistica. Nonostante ciò è importante osservare (anche per dare un senso a ciò che faremo) che se un modello è esattamente risolubile, cioè se sappiamo calcolare esplicitamente la sua funzione di partizione e la sua energia libera, allora siamo in grado di calcolare anche gli esponenti critici del modello reale che ha la stessa dimensionalità e la stessa simmetria del modello matematico. 1.2 Il modello di Ising generale I modelli che discuteremo di seguito possono essere visti come casi particolari del modello ferromagnetico di Ising. Supponiamo che le molecole di un magnete possano essere viste come punti di un reticolo regolare, ed etichettiamo tali siti da 1 a N . Se ora guardiamo ogni molecola come un magnete microscopico, ad essa possiamo associare uno spin σi , positivo (+1) o negativo (−1). Sia quindi σ = {σ1 , . . . , σN } l’insieme di tutti gli spin. Ovviamente abbiamo 2N possibili configurazioni del sistema. L’energia del sistema è data da una funzione E(σ) che possiamo scrivere come E(σ) = E0 (σ) + E1 (σ), dove con E0 indichiamo il contributo dato dalle forze intermolecolari, mentre con E1 quello dato dalle interazioni tra gli spin e un campo magnetico esterno. Poiché σi è effettivamente il momento magnetico del sito i, abbiamo E1 (σ) = −H X σi i dove H è la componente del campo magnetico che interagisce con il sistema. Ci riferiamo ad H, come abbiamo già fatto, semplicemente come al ‘campo magnetico’. In un sistema fisico ci aspettiamo che le interazioni siano invarianti rispetto a riflessioni nel tempo, quindi E deve essere invariante riflettendo il campo e le magne- 4 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale tizzazioni, cioè cambiando segno ad H e a σ. Allora E0 deve essere una funzione pari di σ. La funzione di partizione, che dipenda da N , H e T può quindi essere scritta come ZN (H, T ) = X exp{−[E0 (σ) − H σ X σi ]/kT }. i Fisicamente, ci aspettiamo che l’energia libera di un sistema molto grande sia proporzionale alla dimensione del sistema, cioè ci aspettiamo che esista il limite termodinamico f (H, T ) = −kT lim N −1 ln ZN (H, T ) (1.1) N →∞ dove con f indichiamo l’energia libera per sito. Ci aspettiamo inoltre che tale limite non dipenda dal modo in cui è preso, cioè se vanno ad infinito la lunghezza, altezza o ampiezza del sistema contemporaneamente o una dopo l’altra. La magnetizzazione del sistema è la media dei momenti magnetici dei siti, cioè M (H, T ) = N −1 hσ1 + · · · + σN i = (1.2) ( " −1 = N −1 ZN # X X (σ1 + · · · + σN ) exp − E0 (σ) − H σi /kT σ ) . (1.3) i Derivando la funzione di partizione rispetto ad H e usando la (1.1) vediamo che nel limite termodinamico M (H, T ) = − ∂ f (H, T ). ∂H Poichè ZN e f sono funzioni pari di H, M è una funzioni dispari di H. La correlazione tra gli spin i e j è data da gij = hσi σj i − hσi ihσj i Se E0 è invariante per traslazioni, come supporremo di solito, hσi i è uguale per tutti i siti e quindi M (H, T ) = hσi i e quindi gij dipende solo dalla distanza tra i siti i e j, cioè gij = g(rij ), dove g è la funzione di correlazione. Lontano dalla temperatura critica, ci aspettiamo che g decresca esponenzialmente a 0 al crescere di r. Più precisamente, se k è un vettore unitario fissato, ci aspettiamo che g(xk) ∼ x−τ e−x/ξ (1.4) 1.2. Il modello di Ising generale 5 per un certo numero τ e dove ξ è la lunghezza di correlazione nella direzione k. 1.2.1 Il modello di Ising a prossimi vicini La più semplice energia che possiamo considerare nel modello di Ising è quella dove le interazioni sono presenti solo tra siti tra loro vicini, cioè se E0 (σ) = −J X σi σj (i,j) dove la somma è fatta sui siti prossimi vicini. Se J > 0, l’energia è più bassa se tutti gli spin sono concordi, quindi abbiamo un modello ferromagnetico. La funzione di partizione è data da ZN = X σ exp K X (i,j) σi σj + h X σi , (1.5) i dove K = J/kT , h = H/kT . Pensando ZN come una funzione di h e K, la magnetizzazione per sito è data da M= 1.2.2 ∂ lim N −1 ln ZN (h, K). ∂h N →∞ (1.6) Magnetizzazione spontanea Vediamo di seguito un modo facile (ma non rigoroso) per vedere che effettivamente M ha un grafico come quelli che abbiamo visto all’inizio e che ha una magnetizzazione spontanea ad H = 0 e ad una temperatura critica Tc > 0. Per semplicità consideriamo un reticolo quadrato ma la stessa argomentazione vale anche per reticoli cubici e multidimensionali (osserveremo che invece non vale nel caso unidimensionale). Il membro destro della (1.5) si può espandere in serie di potenze di K, ottenendo ZN = (2 cosh)N {1 + 2N Kt2 + N K 2 [(2N − 7)t4 + 6t2 + 1] + O(K 3 )}, dove t = tanh h. Sostituendo nella (1.6), abbiamo quindi M = tanh h{1 + 4 sech2 h[K + (3 − 7t2 )K 2 + O(K 3 )]}. Tutti i termini in tale espansione sono funzioni analitiche limitate dispari di h. Assumendo che tali espansioni convergano per K sufficientemente piccolo, cioè per temperature abbastanza grandi, abbiamo che M (H, T ) ha un grafico come quello della 6 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale Figura 1.1(c), cioè con T > Tc . In particolare è continua ad H = 0 e M0 (T ) = M (0, T ) = 0, per T sufficientemente grande. A basse temperature invece, K è grande e il membro destro della (1.5) può essere espanso in serie di u = e−4K . Il termine dominante in questa espansione è il contributo a Z dato dallo stato in cui gli spin sono tutti positivi o tutti negativi. Il termine successivo viene dagli N possibili stati in cui tutti gli spin tranne uno sono positivi (rispettivamente negativi) e il rimanente è negativo (rispettivamente positivo), il successivo dai 2N stati in cui due spin adiacenti sono positivi (rispettivamente negativi), quello ancora successivo da stati o con due spin non adiacenti o con uno spin e due suoi vicini o con quattro spin attorno a un quadrato discordi, e cosı̀ via. Otteniamo dunque 1 ZN = e2N K+N h {1 + N u2 e−2h + 2N u3 e−4h + N (N − 5)u4 e−4h + 2 4 −6h 4 −8h + 6N u e + Nu e + O(u5 )} + e2N K−N h {1+ 1 + N u2 e2h + 2N u3 e4h + N (N − 5)u4 e4h + 2 + 6N u4 e6h + N u4 e8h + O(u5 )} dove la prima serie fra parentesi graffe è il contributo degli stati con la maggior parte degli spin positivi, mentre il secondo è quello degli stati con la maggior parte degli spin negativi. Possiamo scrivere questa ultima equazione come ZN = eN ψ(h,K) + eN ψ(−h,K) , (1.7) con ψ(h, K) = 2K + h + u2 e−2h + 2u3 e−4h + u4 (−e−4h + 6e−6h + e−8h ) + O(u5 ). Ad ogni ordine dell’espansione in u, ψ(h, K) non dipende da N se N è sufficientemente grande. Se h > 0 allora il primo termine del membro destro della della (1.7) è più grande del secondo. Nel limite per N grande, sarà quindi il contributo principale a ZN , e quindi dalla (1.6) otteniamo ∂ ψ(h, K) = 1 − 2u2 e−2h − 8u3 e−4h + ∂h − u4 (−10e−4h + 36e−6h + 8e−8h ) − O(u5 ), M= se h > 0. 1.3. Il modello di Ising unidimensionale 7 La magnetizzazione spontanea è quindi M0 (T ) = lim M = 1 − 2u2 − 8u3 − 34u4 − O(u5 ). h→0+ Se tale espansione converge per u abbastanza piccolo (cioè per temperature abbastanza basse), allora M0 è positiva se u è sufficientemente piccolo. Ricordando che M (H, T ) è una funzione dispari di H, abbiamo che a basse temperature, M (H, T ) ha un grafico con una discontinuità in H = 0 (si veda la Figura 1.1(a)). La funzione M (H, T ) è quindi identicamente 0 se T è sufficientemente grande, ma strettamente positiva per T piccolo. Ad una certa temperatura intermedia Tc deve quindi passare da nulla a nonnulla e in tale punto non può essere una funzione analitica di T . Allora c’è un punto critico a H = 0, T = Tc dove le funzioni termodinamiche diventano non analitiche. Questa argomentazione non esclude ulteriori singolarità nel piano (H, T ), ma i grafici a cui facciamo riferimento sono i più semplici possibili consistenti con tali risultati. Alcune parti (o varianti) di tale argomentazione possono essere rese rigorose, come è ad esempio l’argomentazione di Peierls che M0 (T ) è positiva a temperature sufficientemente basse (si veda [Pei36]) che abbiamo trattato nell’ambito del corso. Osserviamo infine che quanto appena detto non vale nel caso del modello di Ising unidimensionale. Questo perché il termine successivo a quello dominante nell’espansione in serie di u a basse temperature è dato dagli stati in cui un segmento di stati adiacenti sono ‘al contrario’, invece che un singolo spin come nel caso che abbiamo visto. Questi stati sono 21 N (N − 1) invece che N e quindi a questo ordine ZN non è della forma (1.7). Questo è ovviamente consistente con il fatto che il modello unidimensionale non ha transizioni di fase a temperature nonnulle, come vedremo risolvendolo. 1.3 1.3.1 Il modello di Ising unidimensionale Energia libera e magnetizzazione Come abbiamo ricordato nell’introduzione, tale modello venne risolto da Ising nel 1925 [Isi25]. La soluzione che presenteremo è interessante per la sua generalizzazione al caso dei modelli bidimensionali perché introduce la tecnica della matrice di trasferimento (non vedremo tale approccio), ma a priori è anche interessante vedere la soluzione di tale modello, in quanto una delle più semplici in assoluto. Il modello di Ising unidimensionale non ha transizioni di fase a temperature nonnulle, ma vedremo che ha un punto critico in H = T = 0, per cui ha senso definire esponenti critici. 8 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale Consideriamo un modello di Ising su una linea con N siti che etichettiamo come {1, . . . , N }. Abbiamo quindi visto che l’energia del modello è data da E(σ) = −J N X σj σj+1 − H j=1 N X σj . j=1 Qui stiamo in realtà immaginando che il modello sia “periodico”, dove l’ultimo sito è un prossimo vicino del primo, quindi σN +1 va interpretato nella formula come σ1 . Questa ipotesi di periodicità viene spesso usata perché rende il sistema invariante per traslazioni rigide, rendendo tutti i siti tra loro identici. In particolare, abbiamo quindi hσ1 i = hσ2 i = · · · = hσN i. Allora la magnetizzazione è M (H, T ) = hσ1 i, dove 1 è un qualsiasi sito del modello. Osserviamo che tale risultato è vero per ogni modello invariante per traslazioni (come è evidente dalla definizione). La funzione di partizione del modello è ZN = X σ N N X X exp K σj σj+1 + h σj , j=1 j=1 dove K = J/kT , h = H/kT . L’osservazione fondamentale è la seguente: l’esponenziale nella funzione di partizione può essere fattorizzato in termini che coinvolgono ognuno solo due siti, ottenendo dunque ZN = X V (σ1 , σ2 )V (σ2 , σ3 ) · · · V (σN −1 , σN )V (σN , σ1 ), (1.8) σ dove V (σ, σ 0 ) = exp[Kσσ 0 + 21 h(σ + σ 0 )]. La scelta di V non è però unica, infatti può essere moltiplicata per un fattore exp[a(σ − σ 0 )] per ogni a. Con questa scelta, otteniamo che V è simmetrica nelle due variabili, cioè che V (σ, σ 0 ) = V (σ 0 , σ), una proprietà che ci sarà utile in seguito. Ogni V (σ, σ 0 ) può essere pensata come un elemento della matrice 2 × 2, V= V (+, +) V (+, −) V (−, +) V (−, −) ! = eK+h e−K e−K e−K−h ! e quindi il membro destro della (1.8) può essere pensato nel seguente modo: le somme su σ2 , . . . , σN possono essere viste come moltiplicazioni successive di matrici, mentre 1.3. Il modello di Ising unidimensionale 9 la somma su σ1 può essere vista come una traccia, cioè ZN = Tr(VN ). (1.9) Ad ogni passo quindi, moltiplicare per V corrisponde a sommare sulle configurazioni di un ulteriore sito del reticolo. La matrice V si dice matrice di trasferimento. Vedremo nel seguito che matrici di trasferimento posso essere definite anche nel caso bidimensionale, grazie alle quali la relazione (1.9) è ancora verificata, ma sfortunatamente con V matrice molto grande. Siano x1 , x2 due autovettori di V , con relativi autovalori λ1 e λ2 . Sia P la matrice 2 × 2 che ha come colonne i vettori x1 e x2 . Allora abbiamo VP = P λ1 0 0 λ2 ! . Poiché V è una matrice simmetrica i suoi due autovettori possono essere scelti in modo da essere ortogonali e quindi P è una matrice invertibile. Allora possiamo scrivere V=P λ1 0 0 λ2 ! P−1 . Sostituendo quest’ultima espressione nella formula (1.9) otteniamo dunque ZN = Tr P λ1 0 0 λ2 !N −1 P = Tr λ1 0 0 λ2 !N N = λN 1 + λ2 , essendo la traccia invariante per permutazioni cicliche. Supponiamo ora che λ1 > λ2 e scriviamo l’ultima formula come N −1 ln ZN = ln λ1 + N −1 ln[1 + (λ2 /λ1 )N ]. Poiché |λ2 /λ1 | < 1, il secondo termine del membro a destra tende a 0 per N → ∞, l’energia libera per sito ammette un limite, cioè f (H, T ) = −kT lim N −1 ln ZN == kT ln λ1 = N →∞ 1 = −kT ln[eK cos h + (e2K sinh2 h + e−2K ) 2 ]. 10 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale ∂ f (H, T ) e che Derivando tale risultato rispetto ad h, ricordando che M (H, T ) = − ∂H H e h sono legati dalla relazione h = H/kT , otteniamo M (H, T ) = eK sinh h 1 [e2K sinh2 h + e−2K ] 2 . (1.10) Quindi l’energia libera è una funzione analitica di H e T , per ogni H ∈ R e per ogni T ∈ R+ ; la magnetizzazione è una funzione analitica di H e quindi il sistema non ha transizioni di fase a nessuna temperatura positiva. 1.3.2 Correlazioni Per quanto abbiamo visto nel caso generale, la propobabilità del sistema di trovarsi in uno stato σ = {σ1 , . . . , σN } è data da −1 V (σ1 , σ2 ) · · · V (σN , σ1 ). ZN Allora il valore medio di σ1 σ3 (ad esempio) è −1 hσ1 σ3 i = ZN X σ1 V (σ1 , σ2 )V (σ2 , σ3 )σ3 V (σ3 , σ4 ) · · · V (σN , σ1 ). (1.11) σ Possiamo esprimere questo anche in termini di matrici: sia S la matrice diagonale S= 1 0 ! 0 −1 , cioè gli elementi di S sono S(σ, σ 0 ) = σδ(σ, σ 0 ). Allora il membro di destra della (1.11) −1 Tr(SVVSVV · · · V) e quindi può essere scritto come ZN −1 hσ1 σ3 i = ZN Tr(SV2 SVN −2 ). Analogamente, se 0 ≤ j − i ≤ N , abbiamo −1 hσi σj i = ZN Tr(SVj−1 SVN +i−j ), hσi i = −1 ZN Tr(SVN ). (1.12) (1.13) Notiamo che da queste equazione è lampante l’invarianza per traslazione del modello; infatti, la media di σi è indipendente da i, mentre la media di σi σj dipende solo dalla loro posizione relativa, cioè dalla differenza i − j. 1.3. Il modello di Ising unidimensionale 11 Definiamo un numero φ tramite l’equazione cot 2φ = e2K sinh h, 0<φ< π ; 2 allora tramite il calcolo diretto degli autovettori di V, si vede che la matrice P può essere scelta ortogonale come P= cos φ − sin φ sin φ ! . cos φ Le formule (1.12) e (1.13) continuano a valere se rimpiazziamo S e V con le loro coniugate tramite P, cioè con P−1 VP = λ1 0 0 λ2 ! P−1 SP = , − sin 2φ cos 2φ − sin 2φ − cos 2φ ! . Sostituendo quindi queste espressioni nelle (1.12) e (1.13) e facendone il limite per N → ∞ mantenendo fissa la differenza i − j, otteniamo 2 2 hσi σj i = cos 2φ + sin 2φ λ2 λ1 j−i (1.14) hσi i = cos 2φ. (1.15) Insieme alla (1.10), la (1.15) fornisce un altro modo per ricavare a magnetizzazione (ricordiamo che M (H, T ) = hσi i); ovviamente le due espressioni coincidono. Possiamo ora calcolare esplicitamente le funzioni di correlazione gij . Infatti si ha 2 gij = hσi σj i − hσi ihσj i = sin 2φ λ2 λ1 j−i , se j ≥ i.Poiché |λ2 /λ1 | < 1, è evidente che gij tende esponenzialmente a 0 se la differenza j − i diventa grande e quindi la lunghezza di correlazione ξ, dalla formula (1.4), è data (usando come unità la spaziatura del reticolo) da ξ = [ln(λ1 /λ2 )]−1 . È vero che |λ2 /λ1 | < 1 per tutte le temperature positive T e per tutti gli H reali, ma se H = 0, allora lim T →0+ λ2 =1 λ1 e quindi ξ è infinita a H = T = 0. Ricordiamo che un punto critico può essere definito 12 1. Nozioni di base e il modello di Ising unidimensionale come un punto in cui ξ = ∞ e quindi in questo senso H = T = 0 può essere considerato come un punto critico del modello di Ising unidimensionale. Con questo punto di vista, è possibile calcolare gli esponenti critici per il modello unidimensionale (e confrontarle con quelle del modello bidimensionale), argomento però va oltre agli argomenti che intendiamo trattare in questa tesina. Capitolo 2 Il modello di campo medio In questo capitolo presentiamo una soluzione del modello di Ising a campo medio; l’idea è quella di sfruttare tecniche che sono state sviluppate nell’ambito dei vetri di spin per un modello molto più semplice come è quello di cui intendiamo parlare. Per una trattazione completa, si veda [Bar08]. 2.1 Definizione del modello L’hamiltoniana (cioè l’energia) del modello di Ising a campo medio su N spin σi , i = 1, . . . , N assegnati agli N siti etichettati con 1, . . . , N è definita come EN (σ) = − 1 N X σi σj . (2.1) 1≤i≤j≤N Supponiamo che non ci sia un campo magnetico esterno che interagisce con il sistema, quindi l’energia del sistema è data dalla (2.1). La funzione di partizione è quindi data da ZN = X σ exp 1 N kT X σi σj = 1≤i≤j≤N X exp(−EN /kT ) σ e quindi l’energia libera è data da FN = −kT ln ZN . Consideriamo poi la densità di energia libera, data da fN = FN /N . Osserviamo che, per uniformità di notazione con il resto della tesina, non utilizzeremo qui, la beta termodinamica β = 1 kT , ma lasceremo esplicita la dipendenza dalla temperatura e dalla costante di Boltzmann. Per convenienza, consideriamo, invece di fN , la pressione termodinamica α definita da α = lim αN = lim − N to∞ N →∞ 13 fN 1 = lim ln ZN . N →∞ kT N 14 2. Il modello di campo medio Introduciamo infine la magnetizzazione mN , le sue fluttuazioni e i suoi momenti magnetici come mN = N 1 X σi , N −1 hmN i = ZN X i=1 2.2 mN exp(−EN /kT ). σ Stime sull’energia libera Prima di passare a risolvere il modello, vediamo alcune stime sull’energia libera che garantiscono di avere un modello ben definito, con un limite termodinamico non banale. Poiché stiamo trattando il modello di Ising (che è molto semplice) possiamo ottenere una prima stima sull’energia semplicemente allineando gli spin fra di loro; in generale ottenere stime non è facilissimo, e questo metodo funziona solo in questo semplice modello che non presenta interazioni competitive (si veda, ad esempio [Guea]). Abbiamo, banalmente ZN ≤ X 1 e kT N e N (N −1) 2 N −1 ≤ 2N e 2kT , σ e quindi 1 1 ln ZN ≤ ln 2 + N 2kT 1 1− N che implica α ≤ ln 2 + 1 . 2kT Seguendo questo approccio vogliamo ora trovare una stima dall’alto e una dal basso per l’energia libera, che corrispondono rispettivamente a una stima dal basso e una stima dall’alto per la pressione termodinamica, essendo αN = 2.2.1 1 N ln ZN = −fN /kT . Stima dall’alto per l’energia libera Iniziamo considerando, per ogni magnetizzazione di prova fissata M , la banale disuguaglianza m2 ≥ 2mM − M 2 . 2.2. Stime sull’energia libera 15 Usiamo ora questa stima nella definizione della funzione di partizione, ignorando i termini che si annullano al limite termodinamico; otteniamo quindi ZN X 1 N m2 ≥ = exp σi σj = exp N kT 2kT σ σ 1≤i≤j≤N X mM N M 2N exp ≥ exp − . kT 2kT σ X X Ora la somma è facile da calcolare, perché la magnetizzazione compare linearmente e quindi la somma fattorizza sugli spin. Fisicamente parlando, abbiamo rimpiazzato un’interazione a due corpi, con cui è difficile trattare, con un’interazione a un corpo. Poi abbiamo compensato questa sostituzione correggendo il campo agente su ogni spin con termini dipendenti dalla magnetizzazione di priva M . Il risultato è quindi 1 M2 ln ZN ≥ sup ln 2 + ln cosh(M/kT ) − , N 2kT M che vale per ogni N . Il risultato ottenuto è piuttosto tipico, il termine ln 2 compare perché la somma sugli spin di un fattore di Boltzmann lineare negli spin è due volte il coseno iperbolico, che appare nel secondo termine (che è sostanzialmente l’entropia); il terzo termine rappresenta l’energia interna (moltiplicata per la beta termodinamica). 2.2.2 Stima dal basso per l’energia libera Per ottenere la stima opposta, osserviamo innanzitutto che la magnetizzazione m può assumere solo 2N + 1 valori distinti. Possiamo quindi spezzare la funzione di partizione in somme sulle configurazioni con magnetizzazione costante (si veda [Guea]). Questo può essere fatto nel seguente modo ZN = XX σ δmM exp M N m2 2kT , usando la banale identità X δmM = 1. M All’interno della somma quindi, m = M e in particolare m2 = 2mM −M 2 . Sostituendo quest’ultima identità in ZN e utilizzando la banale disuguaglianza δmM ≤ 1, 16 2. Il modello di campo medio otteniamo ZN ≤ XX M exp σ N mM kT NM2 exp − . 2kT Possiamo ora calcolare la somma su σ stimando l’altra somma su M con 2N + 1 il suo massimo valore e quindi ZN ≤ X M da cui M2 sup ln 2 + ln cosh(M/kT ) − , 2kT M 1 M2 2N − 1 . ln ZN ≤ ln + sup ln 2 + ln cosh(M/kT ) − N N 2kT M Quindi, quest’ultima stima, insieme alla stima dal basso ci dà un’ottima stima per il valore esatto dell’energia libera per sito nel limite termodinamico. 2.3 Formalismo hamiltoniano Come anticipato, questo metodo è stato riadattato dalla sua formulazione originale per modelli a campo medio di vetri di spin (si veda [Gue01]). Vogliamo risolvere il modello di Ising a campo medio. Questo può essere fatto in molti modi, anche con tecniche di interpolazione (ma anche con metodi molto più semplici); presentiamo qui una tecnica molto elegante che si basa su due parametri d’interpolazione. 2.3.1 La struttura dell’equazione hamiltoniana Consideriamo una funzione di partizione generalizzata che dipende da due parametri t, x (pensiamo ad essi come al tempo e allo spazio generalizzati), in modo tale che l’energia libera possa essere scritta come 1 1 X t αN (t, x) = ln ZN (t, x) = ln exp N N 2N σ X 1≤i,j≤N σi σj + x N X σi . i=1 I parametri x e t giocano il ruolo di spazio e tempo, ma solo formalmente; trattiamo infatti il sistema come se fosse un sistema hamiltoniano dipendente da x e t e infine sostituiremo opportuni valori (t = 1 kT , x = 0) a tali parametri per recuperare l’energia 1 P del nostro modello. Osserviamo che il coefficiente di t è 2N 1≤i,j≤N σi σj , invece di 2.3. Formalismo hamiltoniano 17 −EN (σ), come ci saremmo aspettati. Ma è evidente che −EN (σ) = 1 N X σi σj = 1≤i≤j≤N 1 2N X σi σj − N 1 X 2 1 σi = N 2N i=1 1≤i,j≤N X σi σj − 1, 1≤i,j≤N e poiché siamo interessati al limite termodinamico (N → ∞), possiamo trascurare la costante. Se andiamo a calcolare le derivate di αN rispetto a x e a t abbiamo che ∂αN 1 −1 (x, t) = − ZN (x, t) ∂t 2 X m2N exp σ t 2N X σi σj + x N X i=1 1≤i,j≤N 1 σi = − hm2N it,x , 2 (2.2) X ∂αN t −1 (x, t) = ZN (x, t) mN exp ∂x 2N σ X σi σj + x N X σi = hmN it,x . (2.3) i=1 1≤i,j≤N Definiamo un potenziale VN (t, x) come la varianza della magnetizzazione in queste medie, cioè 1 VN (t, x) = (hm2N it,x − hmN i2t,x ) 2 e introduciamo l’hamiltoniana HN (t, x) definita come HN (t, x) = −αN (t, x). Abbiamo quindi che vale ∂HN (x, t) 1 + ∂t 2 ∂HN (x, t) ∂x 2 + VN (t, x) = 0, (2.4) che con la terminologia introdotta altro non è che un’equazione hamiltoniana. Nella sezione successiva ritroveremo la nota soluzione del modello di Ising a campo medio con campo magnetico esterno nullo (si veda [Bar08]), α = ln 2 + ln cosh( p hm2 i/kT ) − 1 p 2 2 hm i . 2kT (2.5) nell’ipotesi in cui limN →∞ VN (x, t) limN →∞ 12 (hm2N it,x − hmN i2t,x ) = 0, che è verificata, poiché la magnetizzazione (essendo nel caso ferromagnetico) ha la proprietà di automedia. 2.3.2 Soluzione dell’equazione hamiltoniana Stiamo quindi supponendo in questo caso di risolvere l’equazione hamiltoniana con potenziale nullo. Poiché è il potenziale a dipendere da t allora l’energia è una costante del moto tale che la lagrangiana L non dipenda da t (ricordiamo che in questo parallelo 18 2. Il modello di campo medio con la meccanica classica, t è un parametro che ha lo stesso significato del tempo) e quindi le traiettorie del moto sono tutte rette del tipo x(t) = x0 +hmit. Banalmente, la 2 lagrangiana del sistema è 12 ∂HN∂x(x,t) , cioè solo l’energia cinetica. Allora, la soluzione dell’equazione hamiltoniana al limite termodinamico è Z H(x, t) = H(t0 , x0 ) + L(t0 , x) dt0 . Ma come abbiamo appena osservato, essendo nel caso di campo nullo, la lagrangiana non dipende dal tempo e quindi l’integrale si riduce a una banale moltiplicazione. Se inoltre, come punto iniziale scegliamo un x0 qualsiasi, ma t0 = 0, questo ci permette di non considerare l’interazione a due corpi nella funzione di partizione e il problema diventa di facile soluzione. Abbiamo dunque ∂HN (x, t) 1 + ∂t 2 ∂HN (x, t) ∂x 2 =0 sulle traiettorie x = x0 + hmit. Per rendere ora la funzione di partizione generalizzata introdotta una della meccanica statistica, e ricordando che H(t, x) = −α(t, x) e quindi H = −α, dobbiamo valutare la soluzione in t = 1 kT , x = 0 come abbiamo precedentemente osservato. La soluzione è immediata ed è Z t L(t0 , x) dt0 = − ln 2 − ln cosh(hmit) + hm2 i, 2 1 α = ln 2 + ln cosh(hmi/kT ) − hm2 i , 2kT H(t, x) = H(0, x0 ) + (2.6) (2.7) dove abbiamo usato il fatto di essere sulle traiettorie rettilinee, ponendo x0 = x − hmit. Per concludere, la (2.7) coincide con la soluzione (2.5) se assumiamo che lim N →∞ q hm2N i = hmi, che si accorda perfettamente con la nostra ipotesi che V (t, x) = 0. Capitolo 3 Modello di Ising sul reticolo di Bethe Un altro semplice modello che può essere risolto in modo esatto è il modello di Ising (o qualunque altro modello con interazioni a prossimi vicini) sul reticolo di Bethe. Sostanzialmente tale modello è un approccio locale al modello su un albero di Cayley. Si può vedere come un trattamento approssimato di un modello su un reticolo quadrato o cubico, ma a noi interessa definirlo come un modello esattamente risolubile. Consideriamo un grafo costruito come segue: partiamo da un nodo centrale 0 e aggiungiamo q nodi, ognuno con un arco che lo collega al nodo centrale. Chiamiamo questi q nodi la ‘prima conchiglia’. Creiamo ora altre conchiglie connettendo un nodo nella conchiglia r ad altri q − 1 nodi, ripetendo per ogni nodo della conchiglia r, e chiamiamo questi nuovi nodi ‘conchiglia r +1’. Procedendo in questo modo costruiamo le conchiglie 2, 3, . . . , n, che insieme costituiscono un grafo. Nella conchiglia r ci sono q(q − 1)r punti e quindi il numero totale di nodi del grafo è q[(q − 1)n − 1]/(q − 2). I nodi nell’ultima conchiglia, cioè la conchiglia n vengono chiamati punti di bordo. Sono punti eccezionali del grafo, perchè hanno grado 1 (sono cioè connessi ad un solo altro nodo) mentre tutti gli altri nodi del grafo (che chiamiamo punti interni) hanno grado q. Un esempio di questo grafo si può vedere in Figura 3.1. Un grafo di questo tipo non contiene circuiti chiusi ed è noto come albero di Cayley. Dal nostro punto di vista tale grafo può essere visto come un reticolo regolare con numero di coordinazione q (cioè in cui ogni punto ha q vicini), ignorando i punti di bordo. Abbiamo però un problema: tipicamente il rapporto tra il numero del numero dei 19 20 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe Figura 3.1: Un grafo di Cayley con q = 3 e n = 4. siti di bordo e il numero dei siti interni di un reticolo diventa tanto più piccolo quanto più cresce il reticolo, cioè nel suo limite termodinamico. Nel nostro caso però questo non succede, perché tale rapporto cresce esponenzialmente come (q −1)n . Per superare questo problema, dobbiamo quindi considerare solo proprietà locali di siti che siano ‘molto dentro’ al grafo (cioè infinitamente lontani dal bordo se n → ∞). Tutti questi siti saranno equivalenti, con numero di coordinazione q, e possiamo considerarli come il reticolo di Bethe. Osserviamo che è anche possibile considerare il modello di Ising sull’intero albero di Cayley, in cui la funzione di partizione Z contiene contributi sia dai punti interni al grafo che da quelli di bordo. Il contributo di bordo però non è trascurabile, nemmeno nel limite teromodinamico. Se si considera la funzione di partizione totale, allora si sta considerando il “modello di Ising sull’albero di Cayley”, che è stato anch’esso risolto (per la prima volta da Runnels nel 1967, [Run67]). Comunque, noi non considereremo questo modello, limitandoci a considerare i contributi dei nodi interni al grafo. Questa scelta può essere motivata dal fatto che se si fa un’estensione a bassa temperatura, come nel caso del modello a prossimi vicini, allora al secondo ordine le proprietà del reticolo che interessano sono solo il numero di nodi e il numero di coordinazione. Al terzo ordine, invece serve sapere il numero di triangoli nel reticolo e cosı̀ via. Un caso interessante e semplice è quello in cui non ci sono circuiti, cioè il modello di Ising sul reticolo di Bethe che stiamo considerando in questa sezione. 3.1 Dimensionalità Consideriamo un reticolo regolare qualsiasi, e sia m1 il numero di vicini per ogni sito, m2 il numero di vicini dei vicini di ogni sito e cosı̀ via. Allora cn = m1 + · · · + mn è il numero di siti che si trovano ad n passi da un dato sito. Per i reticoli ipercubici si 3.2. Relazioni di ricorrenza per la magnetizzazione centrale vede che 21 ln cn = d, n→∞ ln n lim dove d è la dimensione dello spazio in cui si trova il reticolo. Tale formula vale anche per tutti i reticoli regolari bidimensionali e tridimensionali e può essere vista come una definizione sella dimensionalità (d) del reticolo. Se consideriamo il reticolo di Bethe, cn = q[(q − 1)n − 1]/(q − 2) e quindi tale formula dà d = ∞, quindi in questo senso il reticolo di Bethe può essere considerato come infinitodimensionale. 3.2 Relazioni di ricorrenza per la magnetizzazione centrale Consideriamo il modello di Ising su su un albero di Cayley completo (ignoreremo però i termini di bordo, riducendoci quindi al reticolo di Bethe). La funzione di partizione è data da Z= X P (σ), (3.1) σ dove P (σ) = exp K X σi σj + h X σi , i (i,j) in cui la prima somma è fatta su tutti gli archi del grafo, mentre la seconda su tutti i suoi nodi. P (σ) può essere considerata come una distribuzione di probabilità non normalizzata: in particolare, se σ0 è lo spin nel sito centrale 0, la magnetizzazione locale in 0 è M = hσ0 i = X σ0 P (σ)/Z. σ Se tagliamo il grafo nel punto 0 (come in Figura 3.1), allora è ovvio che esso si divide in q sottografi sconnessi identici al grafo di partenza. Questo implica che la funzione di partizione si fattorizza come P (σ) = exp(hσ0 ) q Y Qn (σ0 |s(j) ), j=1 dove s(j) indica tutti gli spin (tanne σ0 ) del j-esimo sottoalbero, e Qn (σ0 |s(j) ) = exp K X (i,j si sj + Ks1 σ0 + h X i si , 22 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe in cui si indica lo spin dell’i-esimo sito del sottoalbero (fatta eccezione per la radice 0 che ha spin σ0 ).La prima somma è fatta su tutti gli archi del sottoalbero tranne che su (0, 1), la seconda su tutti i siti escluso 0. Il pedice n sta ad indicare il fatto che il sottoalbero ha n conchiglie, cioè n passi dalla radice al bordo. Consideriamo ora il nodo 1, che sta in uno dei sottoalberi che abbiamo considerato. Se tagliamo il sottoalbero nel nodo 1, allora esso si divide in q pezzi: uno è il ‘tronco’ dell’albero, cioè l’arco (0, 1), gli altri rami sono sottografi identici a quello di partenza, ognuno dei quali ha n − 1 conchiglie. Allora Qn (σ0 |s) = exp(Kσ0 s1 + hs1 ) q−1 Y Qn−1 (s1 |t(j) , (3.2) j=1 dove t(j) sono gli spin (tranne s1 ) del j-esimo ramo. Grazie a queste fattorizzazioni è P facile calcolare M . Sia gn (σ0 ) = s Qn (σ0 |s). Allora, dalla (3.1) e dalle fattorizzazioni ottenute, abbiamo Z= X exp(hσ0 )[gn (σ0 )]q . σ0 Analogamente otteniamo M = Z −1 X σ0 exp(hσ0 )[gn (σ0 )]q . σ0 Sia ora xn = gn (−)/gn (+). Con questa definizione otteniamo M= eh − e−h xqn . eh + e−h xqn Quindi, se riusciamo a calcolare xn riusciamo a calcolare anche la magnetizzazione centrale. Sommiamo ora la (3.2) su tutti gli spin s, cioè su s1 e su tutti i t(j) , ottenendo, dalla definizione di gn , gn (σ0 ) = X exp(Kσ0 s1 + hs1 )[gn−1 (s1 )]q−1 . s1 Ricordando che σ0 e s1 possono assumere come valori ±1, calcolando la somma nell’ultima espressione e usando la definizione di xn otteniamo xn = y(xn−1 ), 3.3. Il limite n → ∞ 23 dove la funzione y(x) è definita da y(x) = e−K+h + eK−h xq−1 . eK+h + e−K−h xq−1 (3.3) Abbiamo dunque ottenuto una relazione di ricorrenza per xn e poiché x0 = g0 (σ0 ) = 1, la relazione xn = y(xn−1 ) definisce xn e quindi M . 3.3 Il limite n → ∞ Per quello che ci interessa, cioè il caso ferromagnetico, K > 0. Quindi y(x) è una funzione monotona crescente, che va da e−2K a e2K con x che va da zero a infinito. La relazione di ricorrenza trovata può essere immaginata graficamente disegnando il grafico delle funzioni y = y(x) e y = x. Sia Pn−1 il punto (xn−1 , y(xn−1 ) nel piano (x, y). Per trovare il punto Pn tracciamo la retta orizzontale passante per Pn−1 e chiamiamo Qn il punto d’intersezione di tale retta con il grafico di y = x. Tracciando ora la linea verticale passante per Qn e il punto in cui essa interseca il grafico di y(x) è proprio Pn . Figura 3.2: Tipici grafici della funzione y(x). Abbiamo però due casi da considerare: il caso in cui la retta y = x interseca una sola volta il grafico di y(x) e il caso in cui la interseca tre volte (vedi Figura 3.2). Nel primo caso Pn tenderà al punto di intersezione tra i due grafici A se n → ∞, quindi xn e M ammettono limite se n → ∞, come ci aspettavamo. Tale M è quindi la magnetizzazione locale di un sito ‘molto interno’ all’albero di Cayley, cioè la magnetizzazione per sito del reticolo di Bethe. Se invece abbiamo tre punti di intersezione, allora quelli più esterni (A e C) sono punti di equilibrio stabili della successione ricorsiva, mentre quello centrale (B) è un 24 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe punto instabile. Quindi, se P0 si trova a destra di B la successione tenderà a C, mentre se si trova alla sua sinistra tenderà ad A. Quindi anche in questo caso M ammette limite, e quindi ci dà la magnetizzazione M per il reticolo di Bethe. Abbiamo però bisogni di capire, in un modo conveniente, a quale limite tenda, se A o C. Il caso limite è quando P0 coincide con B, cioè il caso in cui x = 1 è un punto fisso di y. Dall’espressione esplicita di y vediamo che questo avviene se e solo se h = 0; se h > 0, allora P0 si trova sulla sinistra di B è quindi Pn converge ad A; al contrario, se h < 0, Pn tenderà a C. Riassumendo, se n → ∞, la magnetizzazione è data da M= e2h − xq , e2h + xq (3.4) con x punto fisso di y(x). Se l’equazione x = y(x) (3.5) ha tre soluzioni, dobbiamo considerare la più piccola se h > 0, la più grande se h < 0. Queste equazioni possono essere scritte in modo più conveniente, definendo z = e−2K , µ = e−2h , µ1 = µxq−1 . Con queste notazioni l’equazione di punto fisso per y diventa x = (z + µ1 )(1 + µ1 z) e quindi µ1 /µ = [(z + µ1 )(1 + µ1 z)]q−1 , M = (1 − µ21 )/(1 + µ21 + 2µ1 z)). (3.6) (3.7) La penultima formula definisce µ1 , la seconda ci dà un’espressione per la magnetizzazione M . 3.4 La magnetizzazione come una funzione di H Supponiamo ora che T , e quindi K, sia fissato e consideriamo x e M al variare di h = H/kT . Scrivendo l’equazione x = y(x) usando la definizione di y, vediamo che 3.4. La magnetizzazione come una funzione di H 25 questa può essere riscritta come e2h = xq−1 (e2K − x)/(e2K x − 1). (3.8) Tutti gli xn sono positivi e quindi lo è anche il loro limite x; affinché il membro destro della (3.8) sia positivo è necessario che e−2K < x < e2K . Ovviamente la (3.8) definisce h come funzione di x, a K fissato. Facendo la derivata logaritmica della (3.8), otteniamo 2x dh 2 sinh 2K =q−1− . dx 2 cosh 2K − x − x−1 Allora, se e−2K < x < e2K , il membro destro di tale equazione ha il suo massimo a 1 2 ln[q/(q − 2)], allora e2K . Allora, per ogni h x = 1. Se questo massimo è negativo, cioè se K < Kc , dove Kc = h decresce monotonamente da ∞ a 0, se x cresce da e−2K a reale, la (3.8) ha una e una sola soluzione positiva per x, e x è una funzione analitica di h per ogni h ∈ R. Se invece K > Kc , allora dh dx > 0 se x è sufficientemente vicino a 1. Allora dalla (3.8), h = 0 quando x = 1 e quindi h(x) ha un grafico simile a quello mostrato in Figura 1.1(a). Se h è sufficientemente piccolo, la (3.8) ha tre soluzioni per x. Per quanto detto precedentemente, se h > 0, il punto limite della successione corrisponde alla più piccola soluzione per x e se h < 0 corrisponde alla maggiore. Consideriamo quindi il comportamento quando h decresce da +∞ a −∞. Dalla Figura 1.1(a) è evidente che x è una funzione analitica di h, tranne quando h = 0 in cui x ha un salto di discontinuità dalla soluzione più piccola a quella più grande. In tutti i casi x è una funzione decrescente di h che soddisfa x(−h) = 1/x(h). Dalla (3.4) si vede che M è una funzione dispari di h che è monotona crescente da −1 a 1 se h va da −∞ a +∞ ed è analitica se K < Kc . Se K > Kc invece, è analitica a meno di un salto di discontinuità ad h = 0. Questo è proprio il comportamento tipico di un ferromagnete e quindi il modello di Ising sul reticolo di Bethe descrive un comportamento ferromagnetico, con un punto critico a H = 0, T = Tc , dove J/kTc = 1 ln[q/(q − 2)]. 2 26 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe 3.5 Energia libera L’energia libera totale dell’albero di Cayley è F = −kT ln Z dove Z è la funzione di partizione introdotta nelle precedenti sezioni. Derivando quest’equazione rispetto a H = hkT otteniamo − X ∂F = Mi ∂H (3.9) i dove la somma è fatta su tutti i siti e Mi = hσi i è la magnetizzazione locale del sito i. Ogni Mi è una funzione di H, e quindi di h, fissata una temperatura T . Per esplicitare questa dipendenza, scriveremo a volte Mi (h). Se H è positiva e abbastanza grande, allora il terminde dominante della somma in (3.1) è dato dallo stato in cui tutti gli spin sono positivi e quindi al limite otteniamo F/kT = −KNe − hN, (3.10) dove Ne è il numero di archi e N il numero di siti. Inoltre, al limite hσi i = 1 per ogni i = 1, . . . , N . Possiamo ora integrare la (3.9) rispetto ad H, usando la (3.10) per ottenere la costante d’integrazione. Otteniamo dunque F/kT = −KNe = hN + XZ ∞ [Mi (h0 ) − 1] dh0 . (3.11) P = 2Ne e quindi h i Se con qi indichiamo il numero di siti adiacenti al sito i, allora i qi possiamo riscrivere la (3.11) come F = X fi , i dove 1 fi = kT − Kqi − h + 2 Z ∞ 0 0 [Mi (h ) − 1] dh . (3.12) h Possiamo pensare ad ogni fi come l’energia libera del sito i. Per un reticolo omogeneo, le fi coincidono tutte con l’energia libera f e derivando riotteniamo l’usuale relazione ∂f M = − ∂H . Come abbiamo già notato, la difficoltà nel trattare il modello sull’albero di Cayley 3.6. Risultati a bassa temperatura e campo esterno nullo 27 sta nella non omogeneità del reticolo, essendoci un buon numero di punti di bordo che hanno proprietà differenti da quelli interni. Comunque, tutti i siti ‘molto interni’ al reticolo hanno stessa magnetizzazione locale M e quindi stessa energia locale libera f data da (3.12). Questa energia libera è quindi l’energia libera del modello di Ising sul reticolo di Bethe. Possiamo scriverla ponendo qi = q, Mi = M e usando le formule per M e x come funzioni di h. Osservando che x è una funzione monotona derivabile di h per h > 0, possiamo fare una sostituzioni nell’integrale, cambiando variabile d’integrazione da h0 a x0 = x0 (h0 ). Ricordando che z = e−2K , otteniamo dunque 1 f /kT = − Kq − h − 2 Z x 0 [M (x ) − 1] z dh dx dx0 (3.13) x=x0 se h > 0 (o K < Kc ). Sostituendo l’espressione per e2h (3.8) nella (3.4), otteniamo M= xq−1 (e2K − x)/(e2K x − 1) − xq xq−1 (e2K − x)/(e2K x − 1) + xq e quindi l’integrando nella (3.13) può essere scritto (dopo qualche aggiustamento), come z x0 − z − (q − 2) . 1 − zx0 1 + x02 − 2x0 z Adesso possiamo quindi facilmente calcolare l’integrale, eliminando h sempre grazie alla (3.8), ottenendo dunque 1 1 1 1 f /kT = − Kq− ln(1−z 2 )+ ln[z 2 +1−z(x+x−1 )]+ (q−2) ln(x+x−1 −2z). (3.14) 2 2 2 2 Se consideriamo invece h < 0 (o K > Kc ), quello che otteniamo è che la x si inverte, e quindi la (3.14) rimane invariata. Poiché f deve essere una funzione pari di h, la (3.14) rimane vera per ogni h. Allora, insieme alla (3.8) per x, la (3.14) ci dà l’enerigia libera per sito del modello di Ising sul reticolo di Bethe. 3.6 Risultati a bassa temperatura e campo esterno nullo Con ogni modello ferromagnetico di Ising, i problemi si presentano quando H = 0 e T < Tc . In questo caso gli spin non sanno se devono assumere valore positivo o negativo. Se gli spin di bordo sono fissati positivi, allora ogni spin ha una probabilità più alta di essere positivo che negativo. In un certo senso il limite termodinamico non esiste, perché la maggior parte delle proprietà dipende dalle condizioni al bordo. 28 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe Questo è molto evidente nel modello che stiamo considerando: se H = 0, allora dalle formule della successione ricorsiva è ovvio che xn = 1 per ogni n. Se T < Tc , questo significa che tutti i punti Pn = (xn , yn ) coincidono con il punto B della Figura 3.2. Ma abbiamo già visto che B è un punto fisso instabile di y, cioè se x0 non è 1, ma poco meno di 1, la successione {Pn } converge al punto stabile A. Ci sono due modi per superare questa difficioltà: uno è di prendere H = 0 e fissare gli spin di bordo positivo; l’altro è di prendere H > 0, poi fare il limite n → ∞ e soltando dopo far convergere H → 0+ . In entrambi i casi {Pn } converge ad A e il limite x è la soluzione più piccola dell’equazione z = e−2J/kT = x 1 − xq−2 . 1 + xq−2 Se T < Tc il valore di x è minore di 1. Allora la magnetizzazione spontanea e l’energia libera sono date da e−f /kT 1 − xq M= , 1 + xq q/4 (1 − xq )(1 − x2q−2 )2 q = (1 + x ) . x(1 − xq−2 )(1 − x2q )2 (3.15) (3.16) Calcolando gli esponenti critici di questo modello, si vede che coincidono con quelli del modello a campo medio. Nonostante ciò, questo modello è molto più ‘rispettabile’ di quello a campo medio: le sue interazioni non dipendono dalla dimensione del reticolo e ogni spin interagisce solo con i suoi prossimi vicini. 3.7 Modello anisotropo Le equazioni chiave del lavoro fatto finora, (3.3), (3.5), (3.4) e (3.14), possono essere riassunte (usando le prime due per eliminare z dall’ultima) come x − µxq−1 , 1 − µxq 1 − µxq M= , 1 + µxq 1 1 1 − µ2 x2q−2 −f /kT = h + qK + ln(1 + µxq ) + ln . 2 2 1 − µ2 x2q z = exp(−2K) = (3.17) (3.18) (3.19) Gli archi del reticolo di Bethe possono essere raggruppati in classi 1, . . . , q in modo tale che ogni sito sia raggiunto da un solo archi di ogni classe. Allora al coefficiente d’interazione K possono essere dati differenti valori, uno per ogni classe. Se chiamiamo 3.7. Modello anisotropo 29 Kr il coefficiente d’interazione della classe r, con r = 1, . . . , q, allora anche il modello anisotropo può essere risolto con lo stesso metodo usato in questo capitolo. Le equazioni (3.17), (3.18) e (3.19) possono essere generalizzate a zr = exp(−2Kr ) = xr − tx−1 r , 1−t r = 1, . . . , q, t , x1 · · · xq 1−t M= , 1+t q 1 1 − t2 x−2 1X r −f /kT = h + (K1 + . . . Kq ) + ln(1 + t) + ln . 2 2 1 − t2 µ = exp(−2h) = (3.20) (3.21) (3.22) (3.23) r=1 Queste equazioni definiscono M e f come funzioni di K1 , . . . , Kq , h; i parametri x1 , . . . , xq , t sono definiti dalle (3.20) e (3.21). Il modello ha un punto critico quando h = 0 e x1 , . . . , xq , t sono infinitesimamente differenti da 1. Dalle (3.20) e (3.21) questo implica che exp(−2K1 ) + · · · + exp(−2Kq ). Abbiamo introdotto il modello anisotropo, perché nel capitolo successivo ci occuperemo di modelli anisotropi su reticoli quadrati, triangolari o esagonali; è dunque interessante confrontare metodi e risultati delle due trattazioni. 30 3. Modello di Ising sul reticolo di Bethe Capitolo 4 399esima soluzione del modello di Ising La soluzione del modello di Ising bidimensionale che presentiamo in questo capitolo è, come abbiamo detto nell’introduzione, una delle più semplici possibili, poiché usa soltanto una proprietà locale del modello di Ising, cioè la relazione stella-triangolo, assieme ad alcune assunzioni naturali che riguardano la differenziabilità e il limite termodinamico. Tale risultato si trova in [BG78]. Contrariamente alla soluzione originale di Onsager [Ons44], tale soluzione non coinvolge la matrice di trasferimento (strumento che abbiamo visto nel primo capitolo) o argomenti combinatorici. Questa derivazione si basa su due idee fondamentali che vedremo nelle sezioni successive, per poi metterle assieme ed eliminare, usando argomenti di simmetria, le incognite rimaste. Una volta note le correlazioni tra i vari modelli, avremo di fatto risolto in un sol colpo il modello di Ising su un reticolo triangolare, esagonale o quadrato. 4.1 Relazione stella-triangolo Esistono vari tipo di relazioni tra reticoli piani, ad esempio quella di dualità per reticoli quadrati (trattata anche nell’ambito del corso) o quella di dualità tra il reticolo esagonale e quello triangolare. Grazie alla relazione di dualità per il reticolo quadrato si possono localizzare i punti critici mentre quello di dualità tra il reticolo esagonale e quello quadrato questo non è sufficiente, essendo necessaria invece la relazione stellatriatngolo. Noi tratteremo solo quest’ultima, rimandando a [Bax82] per le prime due. 31 32 4. 399esima soluzione del modello di Ising Tale relazione era già nota a Onsager che la accenna nell’introduzione dell’articolo in cui risolve il modello di Ising sul reticolo quadrato ([Ons44]). 4.1.1 Il reticolo esagonale Consideriamo ora il modello di Ising su un reticolo esagonale composto di N siti. I suoi lati possono essere divisi in tre classi (si veda la Figura 4.1): quelli verticali (L3 ), quelli con pendenza positiva (L1 ) e quelli con pendenza negativa (L2 ). Supponiamo che l’energia tra due spin σ e σ 0 sia −kT Lr σσ 0 , se il lato fra di essi è del tipo Lr . Allora in un campo magnetico nullo la funzione di partizione è H ZN {L} = X h X i X X exp L1 σi σl + L2 σj σl + L3 σk σl . (4.1) σ In questa formula con L indichiamo l’insieme dei tre coefficienti di interazione L1 , L2 , L3 ; le tre somme dentro l’esponenziale sono fatte su tutti i lati del tipo L1 , L2 ed L3 rispettivamente. 4.1.2 Il reticolo triangolare Allo stesso modo, per il reticolo triangolare con N siti dividiamo i lati in tre classi K1 , K2 e K3 , che sono i lati del triangolo con pendenza negativa, con pendenza positiva e orizzontali, rispettivamente (si veda la Figura 4.1). La funzione di partizione è data da T SN {K} = X exp K1 σ X +K2 X σk σi + K3 X σi σj (4.2) σj σk dove le tre somme interne all’esponenziale sono fatti sui lati delle rispettive classi K1 , K2 e K3 . 4.1.3 Relazione tra le due funzioni di partizione Per derivare la relazione stella-triangolo, osserviamo innanzitutto che il reticolo esagonale è ‘bipartito’, cioè i suoi siti possono essere divisi in due classi A e B tali che tutti i vicini dei siti nella classe A siano in B e viceversa. Il sommando in (4.1) può quindi essere scritto come Y W (σl | σi , σj , σk ), l dove W (σl | σi , σj , σk ) = exp[σl (L1 σi + L2 σj + L3 σk )] (4.3) 4.1. Relazione stella-triangolo 33 ed il prodotto in (4.3) è fatto sui siti l nella classe B, e i, j, k sono i siti in A vicini di l (si veda la Figura 4.1). Figura 4.1: Una stella ijkl sul reticolo esagonale e il corrispondente triangolo (tratteggiato). La questione importante riguardo alla (4.3) è che ogni spin in B compare in uno ed un solo fattore. Usando quindi la (4.3) possiamo sommare i siti in B e possiamo quindi riscrivere la (4.1) come H ZN {L} = XX Y W (σl | σi , σj , σk ) = X Y w(σi , σj , σk ), (4.4) σA (i,j,k) σA σB l∈B dove la somma è fatta sui siti in A e il prodotto sui triangoli (i, j, k) dei siti in B vicini al∈Ae w(σi , σj , σk ) = X W (σl | σi , σj , σk ) = 2 cosh(L1 σi + L2 σj + L3 σk ). (4.5) σl Poiché w(σi , σj , σk ) rimane invariata se cambiamo segno a σi , σj e σk e poiché σi , σj e σk assumono solo i valori ±1, devono esistere dei parametri R, K1 , K2 , K3 tali che w(σi , σj , σk ) = R exp(K1 σj σk + K2 σk σi + K3 σi σj ). (4.6) Sostituendo questa espressione di w nella (4.4) otteniamo H ZN {L} = RN/2 X exp(K1 σj σk + K2 σk σi + K3 σi σj ), (4.7) σA dove la somma è fatta sugli N/2 spin della classe A del reticolo esagonale, che formano un reticolo triangolare. Il prodotto in (4.7) è su tutti i triangoli (con la punta verso il 34 4. 399esima soluzione del modello di Ising basso) di questo reticolo. La somma in (4.7) è quindi esattamente la funzione di partizione di un reticolo triangolare con N/2 siti. Sostituendo N/2 con N otteniamo dunque H T Z2N {L} = RN ZN {K}. (4.8) Questa relazione tra le funzioni di partizione è conosciuta come relazione stella-triangolo poiché è ottenuta sommando rispetto allo spin centrale di una stella per ottenere un triangolo. 4.1.4 Relazione tra i coefficienti di interazione Dati L1 , L2 , L3 , i parametri R, K1 , K2 , K3 sono definiti dalle quattro equazioni che si ottengono uguagliando la (4.5) e la (4.6) per tutti i valori di σi , σj , σk , cioè 2 cosh(L1 + L2 + L3 ) = R exp(K1 + K2 + K3 ), (4.9) 2 cosh(−L1 + L2 + L3 ) = R exp(K1 − K2 − K3 ), (4.10) 2 cosh(L1 − L2 + L3 ) = R exp(−K1 + K2 − K3 ), (4.11) 2 cosh(L1 + L2 − L3 ) = R exp(−K1 − K2 + K3 ). (4.12) Dividendo la prima equazione per la seconda otteniamo quindi cosh(L1 + L2 + L3 ) = exp(2K1 + 2K2 ) cosh(L1 + L2 − L3 ) (4.13) e altre due equazioni analoghe che si ottengono dividendo la prima per la terza e per la quarta, che sono della stessa forma, con una permutazione degli indici 1, 2, 3. Se L1 , L2 , L3 sono reali (e positivi), allora lo sono anche K1 , K2 , K3 . Viceversa, se K1 , K2 , K3 sono positivi, allora anche L1 , L2 , L3 possono essere scelti positivi. 4.2 Reticolo esagonale e reticolo quadrato Consideriamo un modello di Ising anisotropo sul reticolo esagonale. Abbiamo visto che l’energia di interazione tra due spin σ e σ 0 è data da −kT Lr σσ 0 e che abbiamo tre coefficienti di interazione L1 , L2 , L3 . Nella sezione precedente abbiamo visto la relazione stella-triangolo che mette in relazione il reticolo esagonale e quello triangolare (vedi Figura 4.1). I coefficienti Ki sono legati agli Li tramite la formula (4.13) e le analoghe due che si ottengono permutando gli indici. 4.2. Reticolo esagonale e reticolo quadrato 35 Nella sezione precedente abbiamo considerato nel reticolo esagonale le stelle con la punta rivolta verso il basso, ma è anche possibile considerare stelle con la punta rivolta verso l’alto e ottenere una relazione stella-triangolo analoga. Applicando quindi la trasformazione stella-triangolo su un reticolo esagonale con coefficienti di interazione L1 , L2 , L3 a tutte le stelle con la punta rivolta verso il basso (o verso l’alto) trasformiamo questo reticolo in uno triangolare, con coefficienti di interazione K1 , K2 , K3 . Facciamo ora qualcosa di un poco diverso. Consideriamo un reticolo esagonale (linee Figura 4.2: L’effetto di ripetute trasformazioni stella-triangolo su un reticolo esagonale continue della Figura 4.2(a)). Sia R la riga centrale di lati verticali, contentente i siti i, j, m, n. Supponiamo che il reticolo sia ‘periodico’, come se giacente sulla superficie di un cilindro (in modo tale che i siti a destra siano collegati a quelli a sinistra). Facciamo ora le seguenti operazioni: (1) Applichiamo una trasformazione stella-triangolo sommando sugli spin centrali di tutte le stelle con la punta rivolta verso l’alto che stanno sopra ad R, e la stessa trasformazione sui triangoli con la punta verso il basso che stanno sotto ad R. Questo procedimento lascia invariati i siti i, j, m, n e modifica il reticolo esagonale nel reticolo che consiste nelle linee tratteggiate in Figura 4.2(a), più le linee piene verticali in R e le linee piene (non verticali) in cima e in fondo al reticolo. Lati paralleli hanno stessa energia di interazione che è la stessa dei lati a cui sono paralleli in Figura 4.1. Questo nuovo reticolo misto ha un struttura triangolare sopra e sotto a R. 36 4. 399esima soluzione del modello di Ising (2) Applichiamo ora una trasformazione inversa rispetto alla precedente, diciamo ‘triangolo-stella’ stavolta a tutti i triangoli con la punta rivolta verso il basso che stanno sopra ad R e a tutti quello con la punta rivolta verso l’alto che stanno sotto R. Anche questa trasformazione lascia invariati i siti i, j, m, n ma porta il modello sul reticolo disegnato in Figura 4.2(b). Osserviamo che questo reticolo contiene una fascia centrale contenente R che altro non è che un reticolo quadrato. Sopra e sotto a questa regione ci sono regioni esagonali. Ripetiamo ora i passi (1) e (2), e continuiamo finché ci sono stelle (o triangoli) a cui applicare tali trasfomazioni. Il risultato finale è il reticolo in Figura 4.2(c). Tale reticolo ha una regione centrale che è un reticolo quadrato con coefficienti di interazione L3 sui lati verticali e K3 su quelli orizzontali. Le regioni in cima e in fondo sono invece fatte da un reticolo quadrangolare non quadrato con coefficienti K1 , K2 , L1 , L2 sui vari lati. Nel limite termodinamico però il reticolo esagonale è molto grande e cosı̀ lo sarà anche la regione a reticolo quadrato che otteniamo. Nonostante le regioni a forma di aquilone diventino anch’esse piuttosto estese, influiscono sul reticolo solo come spin di bordo, quindi possiamo immaginare che siano equivalenti a particolari condizioni al bordo sul reticolo quadrato. Poiché L1 , L2 , K1 e K2 sono tutti positivi la condizione al bordo introduce solo pesi positivi e quindi al limite termodinamico non influisce sulle correlazioni tra gli spin ‘molto interni’ al reticolo quadrato. Allora la correlazione tra gli spin σi , σj , σm , σn deve essere quella di un reticolo quadrato e in particolare hσi , σj i = g(K3 , L3 ), (4.14) hσi , σm i = g(L3 , K3 ), (4.15) dove g(K, L) è la correlazione orizzontale di un reticolo quadrato a prossimi vicini con coefficiente di interazione K e L sui lati orizzontali e verticali, rispettivamente. Abbiamo quindi ridotto le correlazioni (per primi e secondi vicini) del reticolo esagonale da funzioni di tre variabili L1 , L2 , L3 a funzioni di due sole variabili L3 e K3 . 4.3 Relazione locale nel reticolo esagonale Passiamo ora a vedere che sussiste una relazione tra le correlazioni a primi vicini e quelle a secondi vicini nel reticolo esagonale. Useremo poi questo fatto, assieme a quanto visto poco fa per ottenere un’equazione funzionale per queste correlazioni. 4.3. Relazione locale nel reticolo esagonale 37 Consideriamo quindi la stella in Figura 4.1. Sia P (α, β, γ) la probabilità che gli spin ai siti i, j, k abbiano valori α, β, γ (come al solito questa probabilità si ottiene sommando Z −1 exp(−H/kT ) su tutti gli spin tranne i, j, k). Sia P (α, β, γ, δ) l’analoga probabilità per gli spin i, j, k, l. Allora queste probabilità sono legate dalla relazione P (α, β, γ, δ) = P (δ | α, β, γ)P (α, β, γ) Se fissiamo gli spin i, j, k, lo spin l è isolato dal resto del reticolo esagonale; lo spin l vede solo un campo magnetico (L1 α + L2 β + L3 γ)kT e quindi 1 P (δ | α, β, γ) = [1 + δ tanh(L1 α + L2 β + L3 γ)]. 2 (4.16) Poiché α, β e γ assumono solo i valori ±1, la (4.16) può essere riscritta come 1 P (δ | α, β, γ) = [1 + δ(w1 α + w2 β + w3 γ − wαβγ)]. 2 (4.17) I coefficienti w, w1 , w2 , w3 possono essere ottenuti dalle formule (4.16) e (4.17) moltiplicando rispettivamente per αβγδ, αδ, βδ, γδ, rispettivamente, e sommando su α, β, γ, δ. Facendo ciò e usando le relazioni stella-triangolo (4.13), dopo facili conti algebrici, otteniamo w = sinh 2K1 sinh 2K2 / sinh 2L3 , wr /w = coth 2Kr , r = 1, 2, 3. Sostituiamo ora l’espressione (4.17) nell’equazione per P (α, β, γ, δ), ottenendo 1 P (α, β, γ, δ) = [1 + δ(w1 α + w2 β + w3 γ − wαβγ)]P (α, β, γ). 2 Moltiplichiamo ora entrambi i membri dell’equazione per γδ e sommiamo su α, β, γ, δ = ±1. Poiché α, β, γ, δ sono, rispettivamente, i valori degli spin σi , σj , σk , σl abbiamo hσk σl i = w1 hσi σk i + σw2 hσj σk i + w3 − whσi σj i. (4.18) Quest’ultima è una relazione lineare tra le correlazioni a primi e a secondi vicini nel reticolo esagonale. 38 4. 399esima soluzione del modello di Ising 4.4 Equazione funzionale per le correlazioni Vogliamo ora combinare i risultati ottenuti, cioè le formule (4.14) e (4.18). Usando anche gli analoghi simmetrici di queste due formule, otteniamo g(L3 , K3 ) = w1 g(K2 , L2 ) + L1 w2 g(K1 , L1 ) + w3 − wg(K3 , L3 ). (4.19) In quest’ambito possiamo considerare K1 , K2 , K3 come variabili indipendenti e L1 , L2 , L3 definite da (4.13). Quindi l’equazione (4.19) è un’equazione in tre variabili per una funzione a due variabili (cioè g(K, L)). Quello che vogliamo mostrare ’‘e quest’equazione determina univocamente g. Cambiando segno agli spin su righe o colonne alternate del reticolo quadrato, è facile vedere che g è una funzione pari di L e dispari di K, cioè g(K, L) = −g(−K, L) = g(K, −L) = −g(−K, −L). Quindi è sufficiente determinare g per K ed L positivi; d’ora in poi considereremo solo il caso in cui K1 , K2 , K3 , L1 , L2 , L3 sono positivi. Invece della funzione di due variabili g(K, L) è conveniente usare una funzione f (K, κ), definira in termini di g(K, L) da g(K, L) = coth 2Kf (K, κ), κ = (sinh 2K sinh 2L)−1 . Chiameremo K l’argomento di f (K, κ), e κ il modulo. Eliminando L1 e L2 dalle relazioni stella-triangolo (4.13), si trova che cosh 2K1 cosh 2K2 sinh 2K3 + sinh 2K1 sinh 2K2 cosh 2K3 = sinh 2K3 cosh 2L3 . (4.20) Inoltre, eliminando K1 e L1 , o K2 e L2 , dalle relazioni (4.13), otteniamo sinh 2K1 sinh 2L1 = sinh 2K2 sinh 2L2 = sinh 2K3 sinh 2L3 , (4.21) che è un’importante proprietà della trasformazione stella-triangolo. Sostituendo ora l’espressione per g in termini di f nell’equazione (4.19), la funzione f appare quattro volte. Il suo argomento è diverso, ogni volta, ma grazie alla (4.21), il suo modulo è sempre uguale. Ricordando la definizione di w e Wr , r = 1, 2, 3 e usando la (4.20) possiamo quindi scrivere l’equazione ottenuta come κ−1 b sech 2K1 sech 2K2 sech 2K3 = f (K1 , κ) + f (K2 , κ) + f (K3 , κ) − 1. (4.22) 4.5. Soluzione dell’equazione funzionale 39 dove b = coth 2K3 coth 2L3 [f (K3 , κ) + f (L3 , κ) − 1] (4.23) e sottolineamo che κ−1 ha un valore costante, κ−1 = sinh 2Kr sinh 2Lr per ogni r = 1, 2, 3. Eliminando L3 dalla (4.20) e da κ−1 = sinh 2K3 sinh 2L3 , (4.24) otteniamo un’espressione di k in termini dei coefficienti di interazione del reticolo triangolare K1 , K2 , K3 , cioè (1 − v12 )(1 − v22 )(1 − v32 ) κ= 1 , (4.25) 4[(1 + v1 v2 v3 )(v1 + v2 v3 )(v2 + v3 v1 )(v3 + v1 v2 )] 2 dove vr = tanh Kr , r = 1, 2, 3. Allora κ è il parametro che appare nelle precedenti soluzioni del modello di Ising sul reticolo triangolare, per le quali rimandiamo ad esempio a [Ste64]. Riassumendo, l’equazione (4.22) deve valere per tutti i K1 , K2 , K3 positivi; κ è dato dalla (4.25); L3 è dato dall’equazione (4.20) o equivalentemente dalla (4.24). Il nostro obiettivo è quello di risolvere l’equazione (4.22) per la funzione f (K, κ). 4.5 Soluzione dell’equazione funzionale Dalla (4.24), L3 è una funzione solo di K3 e κ. Dalla definizione di b, vediamo che anche b è una funzione di K3 e κ, e per esplicitare questa dipendenza scriveremo di seguito b(K3 , κ). D’altra parte dalla (4.22) è evidente che b è una funzione simmetrica di K1 , K2 , K3 . Poiché anche κ è simmetrica, questo implica in particolare che b(K2 , κ) = b(K3 , κ). (4.26) In ogni caso, fissati i valori di K3 e κ è ancora possibile variare K2 . Quindi b(K, κ) deve essere indipendente dal valore del suo argomento, cioè b(K, κ) = b(κ). (4.27) Quindi, dato κ, b è fissato. Abbiamo detto che stiamo studiando il modello solo per valori positivi dei coefficienti di interazione, quindi quanto appena detto vale per valori positivi di K. 40 4. 399esima soluzione del modello di Ising Deriviamo ora l’equazione (4.22) lungo una retta nello spazio (K1 , K2 , K3 ) sulla quale K3 e κ siano fissati (e quindi anche L3 ). L’equazione (4.13) può essere usata per mettere in relazione gli incrementi infinitesimali in K1 e K2 , e suoi analoghi simmetrici possono essere usati per semplificare il risultato. Dopo aver fatto questo, la derivata dell’equazione (4.22) può essere scritta come a(K1 , κ) = a(K2 , κ), (4.28) dove, per r = 1, 2, a(Kr , κ) = b(κ) tanh2 2Kr + in cui abbiamo posto f 0 = 1 coth 2Lr f 0 (Kr , κ), 2 (4.29) ∂f ∂K . Cosı̀ come la (4.26) implica la (4.27), la (4.28) implica che a non dipende da K, cioè a(K, κ) = a(κ). (4.30) Usando l’equazione (4.29) e il fatto che κ−1 = sinh 2Kr sinh 2Lr per ogni r = 1, 2, 3 otteniamo un’espressione per la derivata di f , cioè f 0 (K, κ) = 2 a(κ) − b(κ) tanh2 2K 1 (1 + κ2 sinh2 2K) 2 . (4.31) Poiché la correlazione g(K, K 0 ) è limitata, la definizione di f implica che f (0, κ) = 0. Integrando la (4.31), per K da zero a infinito, otteniamo f (K, κ) = a(κ)A(K, κ) − b(κ)B(K, κ), (4.32) dove 2K Z 1 A(K, κ) = 0 Z B(K, κ) = 2K (1 + 1 κ2 sinh2 x) 2 tanh2 x 1 0 (1 + κ2 sinh2 x) 2 dx (4.33) dx. (4.34) Fissato κ, f è dunque una combinazione lineare delle funzioni A(K, κ), B(K, κ). Queste funzioni possono essere espresse in termini di integrali ellittici non completi, per alcune formule di questo tipo rimandiamo a [BG78]. Poiché L3 → ∞ se K3 → 0, a κ fissato, dalla definizione di b e dal fatto che dipende solo da κ segue che f (∞, κ) = 1. Dalla (4.32) questo implica che a(κ) e b(κ) soddisfano 4.5. Soluzione dell’equazione funzionale 41 la relazione lineare a(κ)A(∞, κ) − b(κ)B(∞, κ) = 1. (4.35) Usando questo, si può verificare che la relazione funzionale (4.22) è soddisfatta dalla soluzione (4.32), quindi abbiamo estratto da essa quante più informazioni possibili. Non rimane altro che calcolare una tra le due funzioni di una variabile a(κ) e b(κ). Per determinare a(κ) e b(κ) iniziamo osservando che g(K, L) = − ∂ψ(K, L) ∂K dove kT ψ è l’energia libera per sito di un modello di Ising su un reticolo quadrato con coefficienti di interazione K e L per i lati orizzontali e verticali, rispettivamente. La funzione ψ(K, L) deve essere una funzione simmetrica in K ed L. Derivando l’ultima equazione rispetto ad L e usando la definizione di f , otteniamo che la funzione f (K, κ) deve soddisfare la seguente relazione di simmetria: ∂f (K, κ) ∂κ = K ∂f (L, κ) ∂κ . (4.36) L La f (L, κ) nel membro destro dell’equazione può essere espresso in termini di f (K, κ) usando la definizione di b (4.23), tolto il pedice 3. Facendo questo, e usando la definizione di κ, la (4.27) e la (4.31), la relazione (4.36) diventa κ ∂f (K, κ) 1 = [a(κ) − b(κ) + κb0 (κ)]C(K, κ), ∂κ 2 dove C(K, κ) = tanh 2K 1 (1 + κ2 sinh2 2K) 2 . (4.37) (4.38) D’ora in poi, nel membro sinistro della (4.37) la derivazione rispetto a κ va intesa fatta a K fissato. Le funzioni A(K, κ) e B(K, κ) sono analitiche per ogni K positivo e per ogni κ. Ponendo κ02 = 1 − κ2 (4.39) A e B soddisfano le seguenti equazioni differenziali ∂ A(K, κ) = B(K, κ) − A(K, κ) + C(K, κ), ∂κ (4.40) ∂ 02 [κ B(K, κ)] = κ02 B(K, κ) − A(K, κ) + C(K, κ). ∂κ (4.41) κ κ Queste ultime si possono verificare direttamente derivando rispetto a K. Sosti- 42 4. 399esima soluzione del modello di Ising tuendo l’espressione (4.32) per f nella (4.37) e usando le (4.40), (4.41), la (4.37) diventa 1 [−κb0 + a − (1 + κ2 )c][B(K, κ) + C(K, κ)] + (ka0 − a + c)A(K, κ) = 0, 2 (4.42) dove c = c(κ) = b(κ)/κ02 . (4.43) Fissato κ le funzioni A, B e C sono linearmente indipendenti, quindi la (4.42) implica che κa0 = a − c, (4.44) κb0 = a − (1 + k 2 )c. (4.45) Eliminando a e b dalla (4.43) e dalle (4.44) e (4.45), abbiamo quindi d dκ 02 dc κκ − κc = 0. dκ (4.46) Questa è un’equazione differenziale lineare omogenea del secondo ordine per c(κ). Una volta che c(κ) è noto, a(κ) e b(κ) possono essere pttenuti usando la (4.43) e la (4.45) 4.6 Determinazione delle correlazioni Le equazioni che abbiamo trovato valgono per ogni κ positivo, ma l’equazione differenziale (4.46) è singolare per κ = 1, quindi dobbiamo considerare distintamente i casi κ < 1 e κ > 1. 4.6.1 Caso a bassa temperatura: κ < 1 Siano F (κ), E(κ) gli integrali ellittici completi del primo e del secondo tipo di modulo κ (si veda [GR65]), cioè Z F (κ) = 0 Z E(κ) = π/2 1 p 1 − κ2 sin2 α dα π/2 p 1 − κ2 sin2 α dα. 0 Per κ < 1 sia F (κ) che F (κ0 ) sono soluzioni di (4.46) (sempre grazie a [GR65]), 4.6. Determinazione delle correlazioni 43 quindi, essendo linearmente indipendenti, la sua soluzione generale dell’equazione è c(κ) = λF (κ) + µF (κ0 ), (4.47) con λ, µ costanti. se κ → 0, allora F (κ) → π/2, mentre F (κ0 ) → ∞. Se µ 6= 0, dalle equazioni (4.43), (4.44), (4.45) e (4.32) segue che a(κ), b(κ) e f (K, κ) diventano infinite (a K fissato). Ma essendo f definita in termini della g, che è una funzione di correlazione, segue che f (K, κ)| < 1 e quindi f è limitata. Allora µ = 0. Dalle equazioni (4.43), (4.44), (4.45) e da un risultato contenuto in [GR65], segue che b(κ) = λκ0 F (κ). a(κ) = λE(κ), (4.48) Cambiando variabile d’integrazione alla (4.32) da x ad α, con tan α = sinh x, si vede che A(∞, κ) = F (κ0 )B(∞, κ) = [F (κ0 ) − E(κ0 )]/κ02 . (4.49) Possiamo quindi calcolare la costante λ sostituendo le espressioni (4.48) e (4.49) nella condizione (4.35). Usando l’identità (da [GR65]) E(κ)F (κ0 ) + E(κ0 )F (κ) − F (κ)F (κ0 ) = troviamo λ= 4.6.2 π , 2 (4.50) 2 . π Caso ad alta temperatura: κ > 1 In questo caso la soluzione generale dell’equazione (4.46) è c(κ) = `[λF (`) + µF (`0 )], (4.51) dove λ, µ sono costanti e ` = κ−1 , 1 `0 = (1 − `2 ) 2 . (4.52) Se k → ∞, allora F (`) → π/2 e F (`0 ) → ∞. Se µ 6= 0, allora dalle equazioni (4.43), (4.44), (4.45) e (4.32) segue che f (K, κ) diventa infinita a K fissato e questo non è possibile. Quindi, anche stavolta, µ = 0. Dalle equazioni (4.43) e (4.44), (4.45) abbiamo quindi a(κ) = λ[E(`) − `02 F (`)]/`, (4.53) b(κ) = −λ`02 F (`)/`. (4.54) 44 4. 399esima soluzione del modello di Ising Cambiando la variabile d’integrazione in (4.32) da x ad α, con tan α = κ sinh x, otteniamo A(∞, κ) = `F (`0 ), 0 2 (4.55) 0 02 B(∞, κ) = `[E(` ) − ` F (` )]/` . (4.56) Sostituendo le (4.53), (4.54), (4.55) e (4.56) in (4.35) e usando l’identità (4.50) con ` al posto di κ, troviamo ancora che λ = 2/π. Allora, λ e µ nell’equazione (4.51) hanno, di fatto, lo stesso valore che nell’equazione (4.47). 4.6.3 Conclusioni Gli integrali ellittici di modulo κ, κ0 sono legati, tramite una determinata trasformazione, detta di Landen (si veda [GR65]), a quelli di modulo 1 κ1 = 2κ 2 /(1 + κ). Usando questo fatto, i risultati trovati per a e b possono essere scritti in modo unico che vale per ogni valore di κ, a(κ) = [(1 + κ)E(κ1 ) + (1 − κ)F (κ1 )]/π, (4.57) b(κ) = 2(1 − κ)F (κ)/π. (4.58) Insieme alle equazioni hσi , σj i = g(K3 , L3 ), hσi , σm i = g(L3 , K3 ), g(K, L) = coth 2Kf (K, κ), κ = (sinh 2K sinh 2L)−1 , e f (K, κ) = a(κ)A(K, κ) − b(κ)B(K, κ), Z 2K 1 A(K, κ) = 1 dx 0 (1 + κ2 sinh2 x) 2 Z 2K tanh2 x B(K, κ) = 1 dx. 0 (1 + κ2 sinh2 x) 2 4.6. Determinazione delle correlazioni 45 questo ci dà le correlazioni del modello si Ising a prossimi vicini sul reticolo triangolare, esagonale e quadrato (e quindi siamo in grado di calcolarne la funzione di partizione e l’energia libera). Un’interessante caratteristica di questa derivazione è che rende molto evidente come interviene la non-analiticità a κ = 1. Eliminando a(κ) dalle equazioni, otteniamo dalla (4.35) f (K, κ) = A(K, κ) B(∞, κ)A(K, κ) − b(κ) B(K, κ) − . A(∞, κ) A(∞, κ) (4.59) Tutte le funzioni che compaiono nel membro destro sono analitiche per κ = 1, eccezion fatta per il ‘coefficiente’ b(κ). Esso è indipendente da K e quindi sia il reticolo triangolare, che quello esagonale, che quello quadrato hanno la stessa singolarità nella loro energia interna, cioè quella di b(κ). A κ = 1 b(κ) è continua ma non analitica, e vicino a tale punto è data da b(κ) ∼ = π −1 (1 − κ2 ) ln[16/|1 − κ2 |]. (4.60) La divergenza simmetrica logaritmica del calore specifico segue dalla formula (4.60). Scrivendo (4.32), (4.57) e (4.58), f può essere scritta in modo semplice in termini delle funzioni ellittiche. Il risultato ottenuto coincide con quello ottenuto da Onsager in [Ons44]. 46 Bibliografia [Bar08] Adriano Barra. The Mean Field Ising Model trough Interpolating Techniques. Journal of Statistical Physics, 132(5):787–809, 2008. [Bax82] Rodne J. Baxter. Exactly solvable models in statistical mechanics. Academic Press, London, 1982. [BG78] Rodne J. 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