Info - ParrocchieBra
Transcript
Info - ParrocchieBra
ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 Anno 6 - numero 16 Dicembre 2016 Editoriale 17:54 Pagina 1 Il Bisbiglio è anche on-line www.parrocchiebra.it A Natale puoi... Mi risuona nella mente, pensando a questo articolo, il motivetto di una famosa pubblicità natalizia: A Natale puoi… Davanti alle tragedie del terremoto, delle alluvioni, delle bombe che cadono su inermi civili, con tanti bambini, di cui Aleppo è città simbolo; davanti alle famiglie che abitano forse a pochi metri da casa mia, nello stesso quartiere e vivono la difficoltà della vita cercando di dare ai propri figli un futuro quotidiano fatto di cibo, vestiti, materiale scolastico, quel a Natale puoi … mi interroga davanti alle corse ai regali e al problema del Menù da fare per i vari pranzi e cene del periodo natalizio. Questo numero de Il Bisbiglio vuole contribuire, nel suo piccolo, a provare a farci entrare nel Natale da un’altra prospettiva, facendoci conoscere delle “Stelle di Natale”. Tre personaggi dello scorso secolo che hanno in qualche modo lasciato un’impronta indelebile nella storia. Due uomioni: Charles de Foucauld, Giorgio La Pira e una figura di donna, Etty Hillesum, che quel puoi… lo hanno vissuto nello straordinario della loro quotidianità. Tre personaggi con le loro storie, da conoscere tramite tre serate presso l’Auditorium CRB. Puoi toccare il cuore della gente condividendo e vivendo tra i più poveri, portando il respiro e il profumo della vita quotidiana di Nazareth: Charles de Foucauld. Puoi testimoniare portando lo stile di una vita evangelica, essere apostolo laico facendo addirittura politica: Giorgio La Pira. Puoi stupire credendo alla vita, essendo fino all’ultimo, anche in un campo di concentramento, considerata una persona “luminosa”, pur vivendo il dramma della guerra e della prigionia: Etty Hillesum. Scrive Etty nel suo Diario del 20 giugno 1942, in piena occupazione tedesca dei Paesi Bassi: « Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è dif- ficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare sé stessi” non è proprio una forma di individualismo malaticcio. Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra. » Troverete a pagina 10 un articolo su testimoni di quanto le stelle siano belle. Personaggi sconosciuti che non sono ancora nell’Al di Là, nella vita senza tramonto, ma vivono un Al di qua spesso faticoso e le stelle le pos- sono vedere perché costretti dalla vita a dormire all’aperto. Rivedo i loro volti e le parole dal film AL DI QUA presentato a Bra in occasione della festa patronale di Sant’Andrea. Questo periodo è propizio per regalare un’opera realizzata da questi artisti “scoperti” dal cappellano dell’ospedale Martini di Torino Don Gian Paolo Pauletto che con loro ha creato il Laboratrio d’Arte “Materiali di scarto” . Infine troverete all’interno del giornale il progetto Caritas, che non ha chiuso ma si è trasferita in Via Vittorio Emanuele 107, FIANCO A FIANCO. Un modo anche questo diverso, una nuova prospettiva per “fare” un regalo di Natale speciale, per accendere una stella di speranza a famiglie di Bra. Perché a Natale puoi…scoprire “la gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (Evangelii gaudium di Papa Francesco). Buon Natale e Buon Anno. Giorgio Fissore ALL’INTERNO: Vivere l’Unità Pastorale Rubrica “Il ramo del mandorlo” e All’ombra del Santuario Speciale Caritas interparrocchiale e l’intervista Architettura e liturgia Storia delle nostre Comunità “Stelle di Natale” Festa dell’Apparizione e Adorazione a S.Antonino Un libro per Bescurone Presepi viventi a Bra Laurea a Enzo Bianchi e rubrica “Letti per voi” Tempo di Natale 2016 pag. 2 pag. 3 pag. 4, 5 pag. 6 pag. 7 pag.8,9,10 pag. 11 pag. 12,13 pag. 14 pag. 15 pag. 16 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 2 Attualità Vivere l’Unità Pastorale L’Arcivescovo Cesare Nosiglia scrive alla nostra Unità Pastorale per fornire nuova linfa alla vita delle nostre comunità Vivere l’Unità Pastorale Grande interesse e partecipazione ha suscitato la presentazione alla nostra Unità Pastorale della lettera dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia a seguito della visita pastorale svoltasi tra febbraio e marzo 2016. Lettera che accompagna gli orientamenti diocesani per le Sante Messe festive sui quali siamo invitati a confrontarci in questo anno liturgico. L’obiettivo è quello di individuare le forme ideali di partecipazione alla vita della comunità e di identificare come la comunità può mettere a disposizione e a servizio tutte le forze e risorse di cui ha disposizione. Tre i capisaldi su cui si poggia la lettera. La formazione Una comunità che cresce è una comunità che educa e ha sete di formazione. Il periodo storico che viviamo è contraddistinto da un’autentica emergenza educativa dove a prevalere è lo scaricabarile e la mancanza di responsabilità. L’unica risposta possibile è quella di far rinascere una passione educativa in cui tutti si riscoprono persone nuove accomunate da una duplice necessità: formare ed essere formati. Spetta a tutti fare la pro- pria parte, sia a coloro che devono avanzare e promuovere le proposte, sia a coloro che sentono il desiderio di maturare nella fede e di viverla nei tempi moderni. L’unità della comunità Una comunità che cresce è una comunità che si apre all’incontro con gli altri. I modelli “vincenti” che abbiamo sotto gli occhi poggiano il loro successo sulla volontà Il Vicario Generale della Diocesi Mons. Valter D’Anna con i Parroci dell’UP50 e i partecipanti di sollevare muri piutalla presentazione della Lettera del Vescovo. tosto che sul desiderio di abbatterli. Sta a noi decidere mente sulla condivisione e sul- teriali di quel riequilibrio delle rida che parte stare. L’Arcivesco- l’incontro. sorse che è unica soluzione alle vo, nel suo messaggio, invita in diseguaglianze sociali. Il coordimodo fermo e deciso ad aprire le La carità namento Caritas che sta camporte delle nostre comunità in biando la gestione delle opere di senso non solo spirituale ma an- Una comunità che cresce è una carità deve essere stimolo di camche fisico e a non arroccarsi nei comunità che ha attenzione agli biamento e non di allontanamenpropri castelli dorati. Don Loren- ultimi. La nostra Unità Pastorale to. zo Milani amava ricordare che è espressione di un territorio ric- La vera carità è semplice e umile avere le mani pulite non serve a co. Il benessere che ciascuno di servizio, come sistematicamente nulla se si tengono in tasca. Il si- noi mediamente percepisce ri- ricorda Papa Francesco. gnificato di quanto l’Arcivesco- schia seriamente di non farci vo invita a fare rappresenta esat- prendere coscienza di quanto ci Il futuro della nostra Unità Pastotamente questo: uscire dalla pro- accade intorno. L’Arcivescovo rale (e su larga scala della Chiesa pria comunità per ricreare una ve- esorta a fare della carità, uno stile e della nostra fede) passa proprio ra comunità, basata esclusiva- di vita e a diventare i fautori ma- da qui. E l’invito è rivolto a tutti. Dobbiamo mettere da parte le resistenze del passato e riscoprire il gusto di reincontrarsi, di non chiudersi solo con chi la pensa come noi ma di aprirsi al diverso, di confrontare il nostro punto di vista con visioni diverse. In un’epoca in cui tendiamo a isolarci sempre più e a godere di ciò che abbiamo, è proprio questo il momento in cui andare controtendenza. La strada che l’Arcivescovo tenta di tracciare si trova proprio in questa urgenza di discontinuità con il passato e con un modello che non lascia spazio alle relazioni. La sfida è quella di intraprendere questo cammino per far rinascere una Chiesa apparentemente nuova, ma che in sostanza torna a preoccuparsi di recuperare il senso vero del messaggio di Gesù e di ristabilire una gerarchia delle priorità in cui è l’uomo a occupare il centro. Christian Damasco 2 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 3 Rubrica Il Ramo del Mandorlo - Parole utili per l’anno della Misericordia Dialogare ancora Si narra che Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù e protagonista della vita ecclesiale nei complessi anni della Controriforma (XVI sec.), nonché “inventore” degli Esercizi Spirituali, all’inizio della sua vita apostolica, abbia incontrato non poche difficoltà a farsi comprendere e accettare, soprattutto dalle autorità ecclesiastiche. In quei tempi travagliati, come sappiamo, non andare d’accordo con il Tribunale della Santa (?) Inquisizione, poteva voler dire finire dritti filati su qualche bel rogo o in qualche sala di tortura! Perciò Ignazio, già ampiamente dotato di quella santa astuzia che sarà così copiosamente trasmessa ai suoi figli ed eredi gesuiti, quando nel suo peregrinare di città in città, vivendo da mendicante, si accingeva a invitare le persone a intraprendere i suoi Esercizi Spirituali, si preoccupava innanzitutto di presentarsi al Tribunale dell’Inquisizione per autodenunciare le sue intenzioni. Alle domande incalzanti dei teologi inquisitori in merito alla dottrina che stava annunciando, e in merito ai contenuti del suo insegnamento religioso, egli rispondeva, con disarmante semplicità: “Non ho nulla da insegnare. Soltanto mi propongo di aiutare le persone a dialogare familiarmente con Dio”. Dialogare familiarmente con Dio: Ignazio aveva ragione, nell’insegnamento dei suoi esercizi non si trovava nulla di nuovo e, tuttavia, nulla di così tanto dimenticato e disatteso, dalle persone credenti di allora e da noi, credenti di oggi. Come è facile fare della fede cristiana solo un culto, una ritualità vuota. Come è facile, ridurre il vangelo a un codice etico di astratti valori, una tradizione fatta di vuote forme, aride di vita. Come è facile, lasciarsi sedurre dal fare per fare e strafare, quasi come se fossimo noi i creatori della storia e i salvatori del popolo. Come è difficile, invece, dialoga- re familiarmente con Dio, come un amico parla con un amico. Come è difficile fare di se stessi un terreno fertile, umile e umido come la madre terra. Una persona che accoglie la Parola, come una terreno accoglie un seme che in esso porta frutto: dove trenta, dove sessanta, dove cento per uno. Un terreno che risponde, un terreno in cui si realizza ancora il dialogo tra Dio e la sua creatura preferita: l’essere umano. Come è complicato essere semplici, essere liberi, essere uomini. Eppure, è questo il dialogo che rende feconda la nostra vita. Il dialogo di fondo che fa da sfondo ai nostri incontri, alle nostre iniziative, al nostro amore. Per questo, ancora oggi, vale la pena provare a dialogare ancora. don Giorgio All’ombra del Santuario Da sempre abbiamo visto al Santuario della Madonna dei Fiori un gran numero di presenze che, con la loro collaborazione lo hanno reso funzionale e accogliente oltre che gradevole luogo di preghiera. Ricordiamo alcuni di loro che, sicuramente, in Paradiso ricevono la ricompensa di una vita laboriosa e pregano per noi. Giovanni Milanesio è nato accanto al Santuario e all’ombra della stele della Vergine dei Fiori ha vissuto tutti i momenti felici e tristi della sua vita. Davanti al Santuario antico è stato nel 1944, a soli 18 anni, prelevato dai tedeschi e internato in campo di concentramento e poco più di un anno dopo la felicità del suo ritorno è stata offuscata dall’apprendere che il fratello Andrea, partigiano, era stato fucilato in sua assenza. Da allora la sua vita si è divisa fra la sua attività di operaio e custode della segheria Zuretti e quella di factotum della fabbrica del Santuario. Aiutante del Teologo Cravero nelle sue molteplici attività di allevatore ad attento spazzino degli ampli spazi antistanti le Giovanni Milanesio Giovanni Costantino chiese. Sempre attivo, felice di scambiare qualche parola con passanti e pellegrini che, superando la menomazione uditiva che il soggiorno tedesco gli aveva lasciato, si fermavano un attimo con lui. La sua collaborazione è stata ininterrotta, mentre i rettori si sono alternati lui ha continuato fino al 2007 e nel 2009 la Vergine lo ha voluto con sé. Al tempo del rettore don Dallorto Giovanni Costantino inizia la sua collaborazione con il Santuario. Lui, nato contadino e contadino per tutta la vita, si tuffa in una attività nuova e anche preoccupante quando oltre ad occupar- Marco Gastaldi si della coltivazione dell’orto e del roseto di fronte al pruneto, passa alla funzione di sacrestano. I primi momenti sono imbarazzanti per lui, servire Messa quando non c’erano chierichetti (le sue mani invalide tremavano ), raccogliere la colletta, maneggiare turibolo e calici lo riempiva di emozione. Col tempo si impratichì e il Santuario divenne la sua seconda casa. Quanto lavoro per raccogliere il riso dopo i matrimoni e la grande novena di settembre!!! Spesso si ammalava dopo l’8 settembre per le sudate di fatica nella calca della folla, ma era sempre soddisfatto delle sue mansioni. Marco Gastaldi era una persona gioviale, gentile, molto socievole e loquace. E’ stato per tanti anni al servizio del Santuario con i rettori don Dallorto, don Fava e, infine don Michele, con il quale aveva un rapporto di fiducia e di amicizia. Il suo compito principale era “raccogliere l’elemosina”.La sua figura distinta, alta e snella passava fra i banchi tenendo con eleganza il lungo bastone fra le mani, lo faceva scorrere davanti ai fedeli scrollando con discrezione il sacchetto tintinnante di monete. Durante la novena, a partire dalle 6 del mattino, era presente a tutte le sante Messe. Si fermava volentieri a chiacchierare, a dare informazioni, ad esaudire le richieste di coloro che si rivolgevano a lui. Aveva solo 70 anni quando il Signore lo chiamò a sé ed il suo funerale fu il primo ad essere celebrato in Santuario nel periodo in cui ciò era possibile. Il sacrestano Marco e i suoi amici Giovanni Milanesio e Costantino hanno lasciato un ricordo buono e vivo presso la comunità della Madonna dei Fiori. Angela Massa Bertolo numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 3 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 4 Caritas interparrocchiale Housing sociale Inaugurati tre nuovi appartamenti nell’ex canonica della parrocchia di Bandito “Bra ora ha tre nuovi alloggi da adibire all’emergenza abitativa in frazione Bandito, dietro alla chiesa, grazie al recupero dell’edificio che ospitava l’ex canonica”. Lo ha detto il sindaco Bruna Sibille annunciando la realizzazione di queste nuove unità abitative per famiglie in difficoltà inaugurati l’8 novembre scorso. Il progetto, al quale hanno aderito la Caritas interparrocchiale, il Comune e la Soc socioassistenziale dell’Asl Cn2, è stato finanziato dalla Fondazione Crc, dalla Caritas interparrocchiale e dalla parrocchia di Bandito. Gruppo volontari San Giovanni B. Associazione Gruppo Volontari Comunità Parrocchiale San Giovanni Battista L'Associazione nasce in Bra nel mese di marzo 1986 quando un gruppo di parrocchiani guidati e ispirati da Don Renato e da Suor Annunziata firmano l'atto notarile con Statuto allegato il giorno venti del mese. L'attività è continuata con don Lino, con don Enzo, con don Claudio ed attualmente prosegue con don Gilberto. In data 28 dicembre 1992 tramite Decreto Presidenza Giunta Regionale avviene l'iscrizione al Registro Regionale Organizzazioni di Volontariato. 1986 Tre n ta n n i i n s i e m e 2016 Impegni di presenza attuali: - nel sostegno verso nuclei familiari e singole persone in condizione di disagio, iniziativa che abbiamo chiamato Adozione di Vicinanza; - nell'animazione liturgica e nell'accompagnamento presso le Residenze Sanitarie Assistenziali locali; - nel servizio integrazione persone diversamente abili con il progetto Free Way e con la presenza presso il centro diurno Il Girasole di Narzole; - un piccolo nucleo di Volontari si occupa di Amministrazione di Sostegno. Per informazioni: [email protected] Nel corso degli anni si sono sviluppate poi diverse forme di partecipazione e di collaborazione patrimonio non solo nostro ma anche di numerose realtà del Volontariato locale: - la partecipazione ai lavori della Consulta del Volontariato - l'adesione al Centro Servizi per il Volontariato Società Solidale - l'adesione alla Scuola di Pace di Bra - la stipula di Convenzioni con il Comune e con i Servizi Sociali - la collaborazione con il Banco Alimentare e con il Banco Farmaceutico - l'adesione all'attività della Cooperativa La Tenda di Fossano sul disagio abitativo - la partecipazione alle iniziative nate ultimamente nei locali della Parrocchia di San Giovanni Battista; Cittadella della Carità L'Associazione, pubblica annualmente Bilancio Sociale e Bilancio Economico. Ricava le risorse che contribuiscono alla formazione del Fondo Sociale dalle donazioni ed erogazioni dei sostenitori, dall'autotassazione mensile proposta la prima domenica di ogni mese in parrocchia, dai contributi di Gruppi, Associazioni, Enti Pubblici e Privati, dalle Fondazioni Bancarie, dagli Istituti di Credito, Aziende e attività commerciali. Vige il criterio della deducibilità e si evidenzia come nessuno sia autorizzato a raccogliere fondi per l'Associazione con modalità diverse da quelle indicate, ovvero autotassazione mensile, utilizzo conto corrente bancario o postale. Fianco a Fianco “Fianco a Fianco” è un progetto di vicinanza e accompagnamento tra famiglie che donano e rivicinanza Un progetto di cevono cibo, dignità, ento am gn pa m e acco za. dignità, speran o, cib o speranza. Nel 2015 on ev donano e ric tra famiglie che l’Emporio Sociale 20 € nasce da un accordo a e Tu! e la sua spesa! X 1 settiman ch an a n o D tra Caritas, Comune a far ia igl fam a Aiuterai un di Bra, Servizi Sociali, Coop, OrtoBra e l’Associazione Terzasettimana. È un negozio in cui si trovano prodotti alimentari, frutta e verdura, generi per l’igiene personale e per la casa: le famiglie possono scegliere e acquistare ciò di cui hanno bisogno versando un piccolo contributo. L’invio da parte di enti riconosciuti sul territorio garantisce un circuito limitato alle persone in reale stato di bisogno. Ogni donazione di 20 euro aiuta una famiglia a fare la spesa. I contributi si possono versare presso il Centro di Ascolto della Caritas cittadina in via Vittorio Emanuele II 107 dal martedì al venerdì dalle 9 alle 12 oppure con bonifico sull’IBAN: IT 53U0503446040000000003334 presso Banca popolare di Novara intestato a Parrocchia San Giovanni – Mensa – Emporio. 4 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 LA CARITAS SI È TRASFERITA in Via Vittorio Emanuele, 109 a Bra PER DONAZIONE ABITI RIVOLGERSI presso “LA GRUCCIA” Tel 0172 637464 Vicolo SERGENTE TESTA 2a (angolo Via Umberto) PER DONAZIONE o RITIRO MOBILI RIVOLGERSI alla PARROCCHIA “SANTA PAOLA” CINZANO Via STATALE 74 Tel 0172 479104 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 5 a cura di Gianni Fogliato “Ali Spiegate” Nel sociale Associazione di volontariato delle Parrocchie braidesi Intervista ad Alessandra Fissore, Cristiano Fissore e Francesca Dellavalle Ali spiegate è un'associazione che opera nella nostra città con diverse finalità. Potete illustrare le caratteristiche ed i compiti della parte che si occupa di attività educative? L’associazione Ali Spiegate ha tra le sue finalità la promozione umana, la lotta all’emarginazione sociale e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi della solidarietà e della giustizia sociale. Da aprile 2016 Ali Spiegate è divenuta il braccio operativo delle Parrocchie braidesi, facendosi carico della gestione di tutti i servizi che si caratterizzano come risposta più immediata ed efficace alle situazioni di vulnerabilità sociale, non solo economica, ma anche relazionale. Gli interventi più propriamente educativi si realizzano nell’oratorio di Sant’Andrea con il centro aggregativo “La Terra di Mezzo”. L’esperienza parte nel 2014 con l’idea di provare a offrire alla città un altro spazio dedicato ai ragazzi in un’età difficile come quella dell’adolescenza in particolare rivolgendosi a minori che frequentano la scuola media inferiore e il biennio della scuola media superiore. Il centro è espressione della volontà delle Parrocchie braidesi di implementare le tradizionali offerte da “oratorio” coinvolgendo ragazzi, che spesso vivono al margine, in un’esperienza di vita normale accompagnati da un supporto costante di operatori non solo adeguatamente preparati sul piano professionale, ma anche su quello umano e relazionale. Le attività che si svolgono nel Centro Aggregativo per Minori hanno come finalità la prevenzione di quella povertà intesa come deprivazione di capacità individuali che impediscono all’individuo di funzionare in maniera adeguata e lo spingono ai margini della società in cui vive. Lavorare con i ragazzi che vivono in situazioni di marginalità e di disagio sociale, significa agire come supporto educativo e come rinforzo di quella rete di relazioni primarie che sentono come inadeguata. L’obiettivo diventa riportare i ragazzi dentro la comunità, facendoli sentire parte di un qualcosa che non tende ad escludere chi è portatore di problemi, difficoltà e sofferenze, ma che lo ingloba per farne tesoro al suo interno, riconoscendo a ciascun individuo il suo valore di essere umano unico e irripetibile. Portiamo avanti il centro ogni giorno sotto la supervisione di Don Giorgio: Cristiano e Francesca, animatori socioeducativi laureandi in Scienze dell’Educazione, si occupano dell’attività con i ragazzi nel pomeriggio; Alessandra , assistente sociale laureanda in Sociologia, coordina il servizio e tiene i rapporti con l’esterno; Simone ed Eleonora supportano il lavoro dell’èquipe educativa nelle attività all’esterno dell’oratorio, come il progetto antidispersione “Oltre la media”. Il progetto antidispersione in essere da questa primavera, vede diversi “attori” agire insieme: voi, il Comune, i quartieri, ecc... ce lo potete illustrare? Le attività proposte sono un’estensione del Centro Aggregativo “Terra di Mezzo”, l’idea è quella di rendere le attività itineranti per essere a contatto con le realtà e con i ragazzi nel loro quartiere. Il progetto “Oltre la media” è frutto di una collaborazione con il Comune e il quartiere Bescurone, ha come obiettivo la lotta alla dispersione scolastica dei ragazzi frequentanti le scuole medie inferiori. La nostra attività si concretizza con cadenza settimanale (il venerdì pomeriggio) in piazza Beppe Fenoglio, piccola area verde incastonata tra edifici di edilizia popolare, con il coinvolgimento sia dei volontari del comitato di quartiere che degli abitanti della zona. In una prima fase i ragazzi sono stati avvicinati attraverso un’attenta e ponderata serie di stimoli per conoscersi e prendere confidenza con gli adulti presenti (riconoscibili dalla particolare ma- glietta gialla) ricordando di volta in volta l’appuntamento settimanale. Formato un gruppo consistente e abbastanza costante di ragazzi si sono strutturati maggiormente gli spazi e i tempi. Il grande evento, lanciato a metà progetto, è stato l’organizzazione di un Gran Premio di Go-Kart a pedali il 5 giugno 2016, il pomeriggio è stato caratterizzato da una grande partecipazione di ragazzi e adulti che si sono lanciati nell’impresa di sfidare il cronometro in un clima festoso amichevole. Dopo il periodo estivo le attività sono riprese a fine ottobre negli spazi del centro polifunzionale Arpino, messi a disposizione dal Comune per tutto il periodo invernale, il venerdì pomeriggio dalle ore 15,30 alle 17,30. Sono coinvolti circa una trentina di ragazzi frequentanti le scuole medie e una quindicina di bambini delle elementari. Che idea vi siete fatti della realta' adolescenti/giovanissimi che voi incontrate tutte le settimane? Lavorando a contatto con i ragazzi ci siamo resi conto di numerosi casi di fragilità non solo economica, ma anche sociale e culturale che priva di punti di riferimen- to, rischia di rallentare la loro naturale e sana crescita. Notiamo pero’ una grande voglia di fare e partecipare alle attività soprattutto sportive, ma non solo. I ragazzi che incontriamo dimostrano una forza innata nel sorridere alle avversità che colpiscono alcuni di loro, insegnandoci a dare il giusto peso agli avvenimenti della vita. Alcuni sono ragazzi provenienti da famiglie con diverse problematiche relazionali o appartenenti alla cosidetta “seconda generazione”, nati in Italia da famiglie straniere e con il peso di sentirsi sospesi tra due culture. Colpisce la totale mancanza di senso di appartenenza che provano i ragazzi, l’assenza di punti di riferimento positivi e la ricerca costante di attenzioni. Il tentativo è di creare un terreno fertile in cui offrire loro la possibilità di prendere coscienza delle proprie potenzialità e aiutarli a gettare le basi per costruirsi un futuro. Riteniamo importante la prosecuzione di questo progetto per poter dare continuità alla crescita educativa e sociale dei ragazzi. Il vostro impegno vi permette di calarvi nei bisogni educativi presenti nella nostra città'. Quali ritene prioritari ed avete delle proposte da lanciare? Il bisogno prioritario dei ragazzi con cui lavoriamo è una necessità di ascolto, in un mondo che li spinge a crescere sempre più in fretta e con sempre meno strumenti a disposizione, dove tutto va veloce e non c’è spazio per riflettere su di sè; avvertiamo in loro la necessità di figure di riferimento capaci di ascoltarli, consolarli e educarli al valore della vita e del rispetto reciproco. Proporre attività come quella che portiamo avanti in Bescurone è un primo passo, dobbiamo valorizzare questi interventi: andare a cercare i ragazzi nei loro spazi per portarli a conoscere una normalità diversa dalla loro quotidianità fatta di piccoli espedienti e dalla necessità di affermare il proprio valore con aggressività e violenza. È fondamentale non solo lavorare con i ragazzi, ma anche far conoscere la condizione di disagio presente in certe zone della nostra città ed intervenire tutti insieme con e per i ragazzi per dare loro una chance di vita diversa. numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 5 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 Architettura e Liturgia 17:54 Pagina 6 a cura di Francesca e Dario Zorgniotti La chiesa di Santa Caterina e l’Iconostasi La chiesa di Bra un tempo dedicata a San Rocco fu costruita probabilmente nella prima metà del Cinquecento. In origine aveva dimensioni inferiori alle attuali e possedeva un solo altare dedicato ai Santi Rocco e Sebastiano. La facciata attuale venne realizzata nel 1890 su disegno di Carlo Reviglio della Veneria. Il portale d’ingresso in legno, probabilmente del 1715, riporta diciotto riquadri sagomati ad altorilievo mentre le decorazioni interne furono rifatte a metà dell’Ottocento. (foto 1) Dal 2014 la chiesa è stata lasciata alla comunità romena e trasformata in chiesa ortodossa dedicata a Santa Caterina d’Alessandria le cui preziose reliquie sono conservate all’interno della parrocchia (foto 2). La comunità, guidata da Padre Vasile che vive e lavora a Torino, qui si ritrova per la Celebrazione Eucaristica ogni Domenica mattina e per le Confessioni al mercoledì ed al sabato sera. Entrando nel presbiterio della chiesa, favoriti dall’assenza di posti a sedere, si rimane estasiati 6 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2015 Foto 2 Foto 1 di fronte all’Iconostasi (foto 3), posta come velo di fronte all’altare, luogo del Santissimo, a separare il visibile dall’invisibile. L’Iconostasi è impostata su quattro ordini e presenta tre porte di ingresso, una centrale e due laterali denominate diaconesse. Sulle diaconesse sono riportati gli Arcangeli Michele e Gabriele. Dalla porta centrale può avere accesso solo il parroco. Sulla bella porta di legno intarsiato sono scritte le icone dell’arcangelo Gabriele e di Maria. Sopra sono riportati l’Ultima Cena, la Trinità, il Mandylion e la Croce. (foto 4) Foto 3 Le porte sono sempre aperte solo a Pasqua. Per il resto dell’anno rimangono chiuse e vengono aperte solo durante l’Eucarestia, quando si legge il Vangelo, quando si recita il simbolo della Fede e quando si dà la benedizione all’ingresso ed all’uscita. Il primo ordine dell’Iconostasi raffigura la Theotokos e Gesù con ai lati San Giovanni Battista e Santa Caterina. Il secondo ordine descrive 12 episodi della vita di Gesù e di Maria, il terzo raffigura i 12 apostoli ed il quarto riporta 12 Profeti. L’apparato iconografico che ne deriva è un’opera di immenso valore artistico ma primariamente è un potente mezzo attraverso il quale si sperimenta la realtà del Regno celeste sulla terra in modo vivo e intenso. Didascalie Foto 1: Chiesa ortodossa di Santa Caterina, Bra Foto 2: Reliquie di Santa Caterina Foto 3: Iconostasi Foto 4: Porta centrale dell’Iconostasi Foto 4 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 7 a cura di Emanuele Forzinetti Storia delle nostre comunità La chiesa del Corpus Domini Per tutto il Settecento, la sede ufficiale della parrocchia di Sant’Andrea continua ad essere situata nella parte alta della città, dove era sorta per iniziativa dei Canonici regolari di Mortara, presumibilmente all’inizio del XII secolo. L’ultima testimonianza superstite è, oggi, il campanile. Su impulso dei Gesuiti, a seguito della Missione guidata da padre Girolamo Maria Cattaneo, di illustre casato genovese, figura di primo piano all’interno dell’ordine, ben introdotto negli ambienti romani, compresa l’Arcadia di Cristina di Svezia, si intraprende dal 1672 la costruzione della nuova chiesa del Corpus Domini, finanziata dalla comunità. Essa sorge sulla piazza centrale a fianco del palazzo comunale. Padre Cattaneo richiede a Lorenzo Bernini un disegno per la facciata, che sarà ulteriormente adattato. I lavori per la posa delle fondamenta sono seguiti dall’architetto di corte Guarino Guarini. Intanto, con lo sviluppo urbanistico della città, la parrocchiale appare sempre più emarginata. Per circa un secolo la chiesa del Corpus Domini, denominata sovente “Chiesa Nuova”, svolge così la funzione di succursale di Sant’Andrea, secondo gli accordi sanciti di fronte all’arcivescovo Vibò, nel corso della visita pastorale del 1698, tra Comune, Compagnia del Santissimo Sacramento e priore di Sant’Andrea. A fine Settecento la re- quisizione per esigenze militari costringe il priore a trovare un’altra sede. Così dal 1793 Santissimo e battistero sono trasferiti nella vicina chiesa della Trinità, sede della confraternita dei Battuti Bianchi. Intanto il degrado dell’edificio è velocissimo, come denuncia all’inizio del nuovo secolo il priore Emanuele Amerano: la chiesa “nel tempo della passata guerra è stata destinata al servizio militare e si trova nell’interno tutta devastata, rovinati li sacri altari, pavimento, porte, finestre, e per renderla officiabile resterebbe necessaria una spesa considerevole”. La precarietà della situazione spinge il priore Amerano a inta- volare una lunga e complessa trattativa con l’amministrazione comunale e il governo di Parigi, dopo che il Piemonte è stato inglobato nello Stato francese. Si concretizza il rischio che il Corpus Domini venga definitivamente destinato ad usi profani. Dopo oltre dieci anni di abbandono le condizioni generali della chiesa sono assai precarie; serve provvisoriamente a più usi, da sede del mercato del grano a quello dei bachi da seta. L’edificio è particolarmente appetibile per la sua centralità, anche perché Bra non dispone in quel momento di un mercato coperto. Il priore rivendica però che, sin dall’esistenza della chiesa, il parroco di Sant’Andrea ne ha sempre avuto il diritto esclusivo di officiatura, diritto che non può più esercitare da tempo, ma al quale non ha mai rinunciato. L’amministrazione della chiesa spetta, invece, alla Compagnia del Santissimo Sacramento, presieduta alternativamente dal Sindaco e da un rettore. Nel 1808, il Ministro dei Culti concede provvisoriamente il Corpus Domini per uso liturgico. Si apre, però, il contenzioso con il Comune che non intende rinunciare ai diritti sulla chiesa della comunità. Mantiene, inoltre, viva la possibilità di trasformarla in magazzino-deposito di sale e tabacchi, dirottando la sede parrocchiale presso l’ex convento domenicano. È evidente che, nonostante le decisioni di Parigi, il Comune continua a considerare il Corpus Domini prima di tutto un edificio di proprietà comunale, di cui disporre a proprio piacimento. Non intende inoltre accollarsi le consistenti spese per il restauro. Intanto, una perizia dichiara Sant’Andrea vecchio inagibile e irrecuperabile; causa “diverse scosse di terremoto che si sono sentite in città”, la chiesa è orami vicina a cadere in rovina. Finalmente il Consiglio comunale trova un accordo che impegna il Comune a mettere in atto i restauri, secondo il progetto dell’architetto Luisetti. Il trasferimento renderebbe così possibile l’utilizzo del sito di Sant’Andrea vecchio per il nuovo cimitero cittadino, conformemente alla nuova legislazione francese. Le aste per l’appalto dei lavori vanno, però, deserte. La sistemazione definitiva del Corpus Domini e il trasferimento della sede parrocchiale sono così ancora rimandati. Le condizioni di degrado dell’edificio non possono che peggiorare, sino a renderne impossibile l’utilizzo per attività pubbliche, come avveniva in passato, quali le assemblee cantonali. Quando gli interventi di recupero sono in atto siamo ormai in prossimità della caduta dell’Impero napoleonico. Per il trasferimento della parrocchiale occorrerà attendere la Restaurazione, dopo un altro contenzioso con gli enti pubblici. Nella foto si riconosce la Chiesa di Sant’Andrea, ma in passato era intitolata al Corpus Domini. numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 7 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 8 Stelle di Natale A cento anni dalla morte di Charles De Foucauld Venerdì 1 dicembre 1916, Tamanrasset – Hoggar nell’Algeria francese: verso sera un uomo bussa alla porta del fortino dove da qualche settimana vive fratel Carlo di Gesù. Quell’uomo è conosciuto e fratel Carlo gli apre. Ma ecco che subito sbucano altri uomini, che afferrano fratel Carlo, lo fanno inginocchiare e gli legano le mani dietro alla schiena. Saccheggiano il locale, rovesciano carte e libri. All’improvviso compaiono due meharisti che vengono a salutare il marabutto cristiano. Nell’agitazione del momento il ragazzo, messo a guardia di fratel Carlo, spara e colpisce a morte fratel Carlo. Charles Eugène visconte de Foucauld nacque a Strasburgo il 15 settembre del 1858. Orfano di padre e madre ad appena sei anni, viene cresciuto, con la sorellina Maria, dal nonno materno de Morlet. A causa della guerra franco-prussiana la famiglia si stabilì a Nancy. Educato cristianamente, durante il liceo Carlo perse la fede. Frequenta la scuola militare di Saint-Cyr e poi la scuola di cavalleria di Saumur. Carlo è pigro, svogliato, eccentrico, spendaccione (alla morte del nonno aveva ereditato una bella fortuna). Si lega sentimentalmente ad una ragazza di dubbia reputazione e si presenta con lei in Algeria, quando nel 1880 il suo contingente è colà trasferito e per questo è espulso dall’esercito. Tornato in Francia, dopo poco tempo viene a sapere che i suoi commilitoni sono inviati a sedare una sommossa. Licenza la ragazza, chiede di essere riammesso nell’esercito e parte per l’Algeria. Terminata la missione, si congeda dall’esercito e decide di darsi ai viaggi, affascinato dall’Africa. Si prepara per mesi con lo studio delle lingue e parte per un avventuroso e pericoloso viaggio di esplorazione del Marocco, con la guida Mardocheo. Il viaggio dura dal giugno 1883 al maggio del 1884. Tornato a Parigi, presso i parenti, mentre attende alla stesura del suo rapporto sull’esplorazione del Marocco, qualcosa va cambiando nell’animo di Carlo: il duro viaggio attraverso il Marocco, il contatto con la fede mussulma- 8 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 na, il deserto, l’ambiente caldo della famiglia che l’ha riaccolto dopo le traversie precedenti lo fanno tornare in sé e prega nelle chiese di Parigi: “Mio Dio, se esistete, fate che vi conosca “. Gli parlano di un prete, l’abbé Henri Huvelin. Carlo si reca da lui per avere delle spiegazioni sulla religione: L’abbé Huvelin gli dice: “Si inginocchi e si confessi”. Carlo cede alla grazia di Dio. Si inginocchia; si confessa e poi, dietro l’invito del sacerdote, va far la comunione. Scriverà: “Appena io ebbi creduto che un Dio esiste, capii che non potevo far altro che vivere per lui solo: la mia vocazione religiosa è nata nello stesso istante della mia fede: Dio è tanto grande! C’è tanta differenza tra Dio e tutto ciò che non è Lui”. Un pellegrinaggio in Terra Santa, dove è particolarmente colpito da Nazareth, e una frase dell’abbé Huvelin (“Gesù ha preso l’ultimo posto in modo tale che nessuno ha potuto portarglielo via) lo convincono a imitare la vita di Gesù a Nazareth: questo appello lo guiderà d’ora in poi. Alla ricerca dello stile di Nazareth si fa trappista a Notre Dame des Nieges, nell’Ardech e poi ad Akbes in Libano. Ma dopo qualche tempo sente che quello non è la Nazareth desiderata e chiede la dispensa dai voti. Appena gli è accordata, va a Nazareth dove, per tre anni, vive in un capanno nell’orto del convento delle clarisse, pregando, meditando per scritto i vangeli, vivendo molto poveramente. La pagina evangelica della visita di Maria ad Elisabetta gli apre nuovi scenari di vita: portare Gesù agli altri (in particolare pensa al Marocco) nello stile umile di Nazareth. Aiutato dalle clarisse e dall’abbé Huvelin, decide di diventare prete. Viene ordinato sacerdote a Viviers in Francia il 9 giugno 1901 e si stabilisce a Beni-Abbes in Algeria, nei pressi della frontiera con il Marocco, poiché non è possibile entrare in questo paese. Costruisce un piccolo romitorio (una cappella e qualche cameretta); prega lunghe ore, assiste i soldati francesi della guarnigione, riceve passanti, schiavi, mercanti, curiosi e scrive: “Voglio abituare tutti gli abitanti della terra, a considerarmi come loro fratello, il fratello universale… Iniziano a chiamare la mia casa la “Fraternità”, e questo è dolce…”. Nel 1905, incoraggiato dal vescovo del Sahara e dall’amico, il comandante Laperrine, si spinge a sud tra le popolazioni tuareg, recentemente sottomesse alla Francia e si ferma a Tamanrasset nell’Hoggar. Qui svolge una intensa attività di pre-evangelizzazione: diventa amico dall’amenokal (capo), stringe relazioni di cordiale amicizia con la popolazione, studia la lingua tuareg, compila un dizionario tuareg-francese, traduce i vangeli, raccoglie poesie e proverbi. A Tamanrasset Charles cercò di diventare tuareg fino al midollo delle ossa, facendo proprie la lingua, la mentalità, le usanze e le sofferenze di quel popolo, donando la vita perché Gesù Cristo potesse incarnarsi, attraverso di lui, in quelle tribù, come un tempo Gesù stesso aveva fatto a Nazareth. Il suo è l’apostolato della bontà. Nel 1909 scrive nel diario: “Il mio apostolato deve essere quello della bontà. Vedendomi, si deve dire: ‘Poiché quest’uomo è così buono, la sua religione deve essere buona’ se si chiede perché io sono mite e buono, devo dire: ‘Perché io sono il servo di uno più buono di me. Se sapeste come è buono il mio padrone Gesù! vorrei essere abbastanza buono perché si dica: ‘Se tale è il servo, com’è dunque il padrone?’” In Europa intanto è scoppiata la prima guerra mondiale,che ha i suoi riflessi anche in Africa, dove tedeschi e turchi, alleati, cercano di contrastare la potenza coloniale francese, armando bande di ribelli. È in una di queste azioni che fratel Carlo, il marabutti cristiano, viene ucciso: «Quando il chicco di grano che cade in terra non muore, resta solo; se muore porta molto frutto... » Fratel Carlo durante la sua vita ha desiderato compagni che condividessero il suo ideale, ma è morto solo. Dopo la sua morte qualcuno ha preso la sua eredità e l’ha rilanciata. Oggi sono una ventina le congregazioni maschili e femminili, i gruppi e le associazioni che si ispirano a lui. Ratzinger nel 1976 scrisse: “Nazareth è un messaggio permanente per la Chiesa. La nuova alleanza non ha inizio nel tempio o sul monte santo, bensì nella casupola della Vergine, nella casa dell’Operaio, in una località dimenticata della Galilea dei pagani, da cui nessuno si attendeva qualcosa di buono. La Chiesa può iniziare di continuo solo da qui, solo da qui può riprendere. Essa non riuscirà a dare una risposta corretta a chi, nel nostro secolo, si ribella al potere della ricchezza, fin quando non vivrà in se stessa la realtà di Nazareth”. Don Sergio Boarino ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 9 Stelle di Natale Apostolo nel mondo: Giorgio La Pira “Apostoli nel mondo, senza essere del mondo, senza essere riconosciuti dal mondo”. Semplice, ma forte. Giorgio La Pira è così. Dal 1904 in cui nasce a Ragusa, (profeticamente la sponda più vicina all’Africa dei barconi), alla Firenze di cui è sindaco, al ’48, quando, deputato scrive, con gli altri, la Costituzione. “Instaurare omnia in Christo”, è il file rouge della sua vita. Coerente in una società in cui le distanze (ieri ed oggi) tra ciò che si dice e ciò che si fa sono enormi. Professore d’università, ma “certosino sulle strade”. Insomma Marta e Maria insieme. Una fede consapevole, la sua. L’approfondisce nella lettura della Bibbia, i padri della Chiesa, San Tommaso, la trasforma nella ricerca per le strade di Firenze dei più poveri che porta per mano ai dormitori e alle mense. Scelte e gesti che lega alla messa di San Procolo, una costante delle sue giornate, la sua stella polare: quando sta nelle stanze di chi è in difficoltà, nel lungo peregrinare nelle campagne del Pistoiese, nelle parrocchie, nell’azione Cattolica. È lui a dirlo quando disegna la vita come “cerchi concentrici intorno all’altare, a partire dai più poveri fino ai responsabili, piccoli e grandi, con al centro Gesù Cristo, sull’altare”. È un personaggio straordinario Giorgio La Pira, maestro per chi crede, per chi coniuga la preghiera con la polvere delle strade. È un personaggio incredibilmente moderno: un laico che raccoglie la sua vita nella preghiera contemplativa, ma contribuisce a modellare e gestire una società più giusta. Sta con la gente, cerca per gli altri casa e lavoro, rilegge la storia di Firenze, sogna la pace e l’incontro dei popoli. Va in Russia, in Vietnam, in Medio Oriente. Nel 48 è sottosegretario al lavoro. Ha un progetto. Per questo combatte, entra ed esce dal go- verno. Battagliero e deciso, professorone e uomo di strada. Un grande esempio per i cattolici che fanno politica. Accetta incarichi d’ogni genere, sempre con l’obiettivo di unire, mai di dividere. Nei suoi giorni c’è una data precisa: il 6 gennaio 1951. In ginocchio davanti all’altare di San Filippo Neri a Roma, La Pira capisce che la sua “mission” più forte è quella di dedicarsi alla pace. Si alza. Scrive lettere ai responsabili della terra come Stalin, ai Papi, ai patriarchi, ai capi di Stato. La Pira è il “visionario” che avanza, è il Giuseppe della Bibbia, anche se nel discredito generale e in un mare di indifferenza. La sua genialità sta nell’essere così immerso nella realtà e potere intervenire senza interrompere o rompere l’unione con Dio e la totale donazione a Lui. Per il suo disegno di salvezza, il Signore gioca più carte, usa tutti, Etty Hillesum La ragazza che non voleva inginocchiarsi Etty Hillesum, nasce il 15 gennaio 1914 a Middelburg in Olanda, e muore il 30 novembre 1943, in una camera a gas di Auschwitz, all’età di 29 anni. Nasce quando in Europa scoppia il Primo conflitto mondiale e muore durante il secondo, dunque in un clima di tragedia e di disgrazie. Eppure, nelle 797 pagine del suo voluminoso diario, così come nelle 47 lettere, non si trova un traccia di violenza, di rivendicazione e, tantomeno, di odio. La conclusione del suo diario, probabilmente inconsapevole, “si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite”, dice di una persona capace di occuparsi delle ferite altrui, di uno sguardo estroverso e attento alla cura piuttosto che alla vendetta. Come ci è arrivata? Come è stato possibile che l’odio in lei non abbia prevalso? Cosa le ha permesso di disinnescare la bomba di odio e di giusta recriminazione che l’efferatezza nazista hanno così abbondantemente alimentato? La risposta a questi interrogativi si trova nel racconto del viaggio interiore descritto nel corpus dei suoi scritti, soprattutto in quel capolavoro che è il suo Diario, una sorta di sismografo interiore, in cui ella, in otto fitti quaderni scritti a mano, ha riportato la risonanza personale degli eventi mondiali e sciagurati che si è trovata a vivere. Il punto di partenza del suo racconto autobiografico non è, come legittimamente si potrebbe pensare, caratterizzato dalla narrazione della tragicità degli eventi bellici e della persecuzione razziale, che proprio in quegli anni raggiunge il suo vertice di crudeltà ed efferatezza. Sin dalle prime pagine si intuisce come la preoccupazione principale di Etty sia di comprendere se stessa, di capirsi e conoscersi meglio. Nel suo diario Etty si rivela come una persona in ricerca: in ricerca di se stessa, della vita, del significato delle cose e degli avvenimenti. Ogni incontro, ogni lettura, ogni esperienza, lasciano una traccia, un segno, nella sua esistenza intima. Questa ragazza che “non voleva inginocchiarsi” e sentiva di essere in uno stato di “costipazione spirituale” tale da spingerla a rivolgersi a Julius Spier, psicochirologo allievo di C.G. Jung, vive una vera e propria esperienza di crescita spirituale e d’incontro con Dio. Il suo Diario, registro di un viaggio alla ricerca di se stessa e della verità di se stessa, giunge infine a Lui. “Percorri l’uomo e troverai Dio”: la celebre espressione di sant’Agostino, tra gli autori più amati da Etty, trova una conferma reale nella sua breve ma intensa vita. Il senso dell’uno e del tutto, delle membra e del corpo e della loro reciproca relazione, il considerare l’umanità non come una categoria astratta, bensì come un corpo vivo, un corpo unico, avvicinano Etty alla visione di Paolo (cf 1Cor 12) sulla chiesa e sul suo ruolo, all’interno della famiglia umana. Una chiesa che, in virtù dell’Incarnazione, nasce in Dio e si manifesta nel popolo, e di questo ne convoglia le energie migliori, per essere in esso come il lievito all’interno della pasta. Etty non sarà mai battezzata e perciò non entrerà a far parte di una chiesa cristiana ufficiale. Ma, così come i martiri ricevettero il battesimo del sangue e i mistici il battesimo delle lacrime, forse per Etty si credenti e non credenti, buoni e cattivi, per diritto e per rovescio. E infatti Giorgio La Pira è poliedrico: professore d’università, sindaco, amico e compagno dei poveri, uomo di preghiera e d’azione, politico locale che chiama i grandi della terra per fermare le guerre e tessere la tela della convivenza. Ce ne fossero così, oggi, a spegnere i quaranta fuochi che dilaniano la terra e, come dice papa Francesco, fanno la terza guerra mondiale a pezzetti; ce ne fossero così nel desolante scenario che ci regala e fa diventare insostenibile, la disuguaglianza e l’ingiustizia sociale. Il 22 ottobre del 1936 scriveva: “Il solo fine della vita è amare, conoscere, servire il buon Dio”. E’ un laico che parla, anzi è un “apostolo” che lavora alla creazione di una città che abbia al centro la dignità della persona e i valori della vita e, lavorando, non si allontana, ma testimonia ed allarga gli spazi della carità. Il suo è un originalissimo “ora et labora” permeato dalla tenerezza e dalla autenticità che trasparivano, ogni giorno, dai suoi occhi. Gian Mario Ricciardi potrebbe parlare di un battesimo del dolore umano, di una consapevole discesa negli inferi del lager, senza esser consumata dall’odio e dalla sete di vendetta. Un battesimo del dolore umano, cioè una immersione nella tragedia del popolo ebraico e dell’intera umanità. Un fiume di dolore e di sangue che non ha travolto la giovane Etty, che in lei non ha avuto la meglio, non ha potuto offuscarne la percezione della bellezza e la forza inarrestabile della vita. Etty ha continuato ad amare la vita, anche ad Auschwitz. Ha continuato a considerarla meravigliosa e a non avere paura che la morte potesse offuscarne la bellezza. Il 27 giugno 1942 così annota nel suo Diario: “…secondo la radio inglese, dall’aprile scorso sono morti 700.000 ebrei, in Germania e nei territori occupati. Se rimarremo vivi, queste saranno altrettante ferite che dovremo portarci dentro per sempre. Eppure non riesco a trovare assurda la vita… sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto”. Etty Hillesum: una vera stella di Natale, una luce nel buio della fitta notte dell’Olocausto. Vale la pena conoscerla, lasciarci accompagnare anche da lei, nelle piccole e grandi notti, della nostra vita. don Giorgio numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 9 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 10 Stelle di Natale Materiali di scarto Un laboratorio di Arte speciale Uomini che hanno vissuto, e alcuni ancora ci vivono, sotto il cielo e per questo sono veri testimoni di quanto le stelle siano belle quando si riesce a vederle senza alcun inquinamento. Esse brillano di luce propria, si vedono da molto lontano, sono lì per tutti, nessuno escluso, chiunque voglia ammirarle e incantarsi della loro luce palpitante. Sono magiche le stelle: riescono a schiarire notti nere, a riflettersi sul mare e sull’umore. Gli uomini senza fissa dimora sono speciali perché sono stati costretti dalla vita a rendersene conto di questa misteriosa bellezza. Materiali di scarto è un piccolo laboratorio artistico che utilizza materiali poveri e li trasforma in opere d’arte. Un percorso lavorativo e creativo che ridonando vita a materiali di scarto ridona dignità e speranza a “vite di scarto”. Ogni singola opera è ideata, progettata, costruita, colorata, contemplata e verificata rispetto al risultato immaginato, infine viene presentata al mondo con un suo nome. Dopo una sorta di gestazione essa nasce, come una creatura vera e propria, portando in sé traccia degli uomini contemporanei che le hanno dato vita. È un esempio ben riuscito di percorsi d’arte e di vita, che raccoglie consensi ed entusiasmo nel pubblico, testimoniati anche da diversi articoli scritti e interviste televisive su questa bella storia dei tempi moderni di crisi sociale ed conomica. Il progetto Materiali di scarto è nato, nel mese di novembre 2013, nella cappella dell'ospedale Martini di Torino. Nell’Ospedale, soprattutto d’inverno, aumenta il numero di persone che hanno perso casa e lavoro e permangono per l’intera giornata all’interno della struttura ospedaliera, nelle sale di attesa, nei punti ristoro, cercando riparo per il freddo e per la notte. Dopo una serie di incontri e di chiacchierate è emerso da alcuni di essi il desiderio di potersi impegnare nel fare qualcosa di utile per uscire dal senso di noia e di inutilità in cui si cade passando giornate intere nell’inattività, sentendosi dire, come un ritornello, che nessuno ha bisogno di te. È nata così l’idea di occupare in modo differente la giornata, impegnandosi in un piccolo servizio come l’allestimento del 10 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 presepio. Intorno a questa semplice iniziativa si è formato un piccolo gruppo di persone, che poi ha continuato a lavorare in un progetto più ampio e impegnativo: la risistemazione degli arredi di tutta la cappella, che era in una situazione piuttosto degradata. “Abbiamo costituito un piccolo laboratorio nei locali della Parrocchia Gesù Buon Pastore, abbiamo acquistato alcune attrezza- Nella foto, il primo a destra don Gian Paolo ideatore del progetto con due artisti del laboratorio artistico ture e coinvolto in questo progetto alcuni professionisti: un falegname mobiliere, un verniciatore, un architetto e una ragazza esperta di scultura su legno”. A sostegno di questa idea si è rapidamente attivata sul territorio una rete di solidarietà che supporta queste persone (ad es. attraverso la preparazione di un pasto caldo fornito a turno da alcuni parrocchiani). L'entusiasmo delle persone coinvolte è cresciuto giorno dopo giorno, nel vedere che gli oggetti creati erano belli e apprezzati. Scoprirsi capaci di imparare nuove tecniche di lavoro e di creare qualcosa di bello ha ridato fiducia e speranza. Attraverso questo percorso lavorativo-creativo le persone riacquistano dignità: creare qualcosa di bello aiuta a vivere meglio, rende più bella la vita. Le relazioni che nascono tra quelli che lavorano nel laboratorio, e tra di essi e tutti quelli che con loro interagiscono, fanno sì che ogni “artigiano” prenda sempre più consapevolezza delle proprie capacità, dei valori di cui è portatore. “La nostra idea è di ingrandire ulteriormente il laboratorio, di puntare a nuovi traguardi, perché materiali poveri e “vite di scarto” si trasformino sempre più in vere opere d’arte”. Per contatti : http://www.materialidiscarto.it/ Giovedì 15 dicembre 2016 “Mi possono arrestare: ma non tradirò mai i poveri, gli indifesi, gli oppressi; non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l’oblio o il disinteresse dei cristiani”. Giorgio La Pira (Pozzallo, 9 gennaio 1904 - Firenze, 5 novembre 1977) Relatore: Mario Primicerio, già Sindaco di Firenze, Presidente Fondazione “Giorgio La Pira” di Firenze. Giovedì 26 gennaio 2017 In occasione del “Giorno della Memoria” “Tutte le volte che mi mostrai pronta ad accettarle, le prove si cambiarono in bellezza”. Etty Hillesum (Middelburg, 15 gennaio 1914 - Auschwitz, 30 novembre 1943) Relatrice: Anna Bissi, Guida della Fraternità della Trasfigurazione di Vercelli. ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 11 Appuntamenti Festa dell’Apparizione Santuario Madonna dei Fiori Adorazione nella cripta di Sant’Antonino Lunedì 26 dicembre Santuario nuovo, messe ore 9,00 - 10,30 - 17,30 Con grande gioia per tanti cuori il 19 Settembre 2016 è partita a Bra l’Adorazione Continua al Santissimo Sacramento, nella Cripta dell’Oratorio della Parrocchia di Sant’Antonino. Per ora l’Adorazione si svolge dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 21 e il sabato dalle ore 9 alle ore 16. Sarà sospesa nelle Solennità (a partire dalle ore 18 del prefestivo) e nel periodo natalizio, anche per sottolineare l’importanza della presenza alla Messa domenicale e durante le Feste nelle proprie Parrocchie. Ad oggi sono 78 le persone (clero, religiosi e laici) iscritte ad un turno fisso di Adorazione personale silenziosa settimanale, senza contare le innumerevoli persone che passano anche solo alcuni minuti per stare alla Presenza di Gesù. La porta della cappella è aperta per TUTTI e chiunque può aggiungersi nei turni chiamando i numeri : Emanuela 3408563727 - Maria 3291413654 TRIDUO Martedì 27 dicembre Santuario antico, Messe ore 8,00 - 9,00 - 10,30 Santuario nuovo, Messa ore 17,30 Mercoledì 28 dicembre Santuario antico, Messe ore 8,00 - 9,00 Santuario nuovo Pellegrinaggio Federvita Ore 10,30 preghiera delle lodi Ore 11,00 messa 14,30 adorazione eucaristica con rosario 17,30 Messa FESTA DELL’APPARIZIONE Giovedì 29 dicembre Mattino Santuario antico messe ore 8,00 - 9,00 Santuario nuovo ore 10,30 Concelebrazione presieduta dal Vescovo di Cuneo e Fossano, Mons. Piero Delbosco. “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13,8). Egli sa come parlare al cuore di ciascuno. Diamo lode a Dio per questa meraviglia che ha compiuto fra noi. Durante il triduo e la festa del 29 dicembre alla messa delle 17,30 proclameranno la parola di Dio i sacerdoti salesiani. FRA CHIESA LOCALE E TERRITORIO METROPOLITANO Pomeriggio Santuario nuovo 15,00 Messa 16,45 Rosario meditato 17,30 Messa per i benefattori del santuario vivi e defunti e per gli ultimi rettori defunti Emanuela Iannaccone Alberto Riccadonna Direttore Responsabile Periodico - Anno VI Dicembre 2016 - Numero 16 numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 11 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 12 Eventi Un libro per Bescurone Comunità di Bescurone: un libro raccoglie e racconta la sua storia Una storia ha sempre un inizio e una evoluzione. Questo vale anche per la Comunità di Bescurone. Andando a ritroso negli anni, si riscoprono momenti significativi e passaggi cronologici, che identificano e qualificano la comunità ed il quartiere. Nella memoria di coloro che hanno vissuto e abitato nel quartiere e che ancora ci vivono e ci abitano, persistono tanti ricordi. Vivere e abitare infatti sono la cifra della realtà. Si può abitare come si abita in un albergo o in una città dormitorio, tanto per avere un indirizzo e un recapito. Ma per vivere occorre avere il senso dell’appartenenza e dello starci. Come stare a casa, con le attenzioni, con le preoccupazioni e con le cure che essa richiede. Le testimonianze raccolte in questo libro, le notizie trovate nei diversi archivi, le vecchie fotografie e le più recenti immagini tengono viva la memoria e rafforzano la coesione della gente che abita e vive in Bescurone. Un nome strano, quello di Bescurone. Pare derivi dalla denominazione di un rigagnolo, che raccoglieva le acque defluenti dalla collina verso i prati di quella zona bassa. Quella zona e tutti gli avamposti abitati di qua e di là della ferrovia e del canale Naviglio hanno poi acquisito progressivamente l’identità di un quartiere, che negli anni sessanta, alle connotazioni agresti, ha aggiunto velocemente quelle dell’insediamento industriale dell’Abet, fabbrica di laminati plastici, dando così inizio a due storie intersecate. Da una parte gli innegabili vantaggi economici, dall’altra le fatali ed ineludibili ricadute negative sull’ambiente. La fabbrica rientrava fra le industrie “a rilevante rischio ambientale”. La situazione del quartiere era dunque molto diversa dalle altre realtà cittadine e, tuttavia, l’Amministrazione Pubblica di allora riservava poca attenzione ai problemi di un quartiere, in forte espansione abitativa, carente di infrastrutture e 12 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 cessi, un modus vivendi, risolvendo progressivamente molte criticità. La realtà odierna è sotto gli occhi di tutti. opere primarie di urbanizzazione, come una adeguata rete fognaria. Ma, grazie alla nascita di un comitato spontaneo di quartiere, primo in assoluto a Bra eletto a suffragio universale, si è cercato, con alterni suc- La Comunità Cristiana La gente ha fatto un lungo cammino nella ricerca di coesione sociale. Naturalmente senza debordare dalle specifiche competenze e senza confondere i ruoli laici con quelli religiosi. La linea seguita è quella del rispetto e della collaborazione. In questo contesto è nata, si è formata, è cresciuta, vive ed opera la Comunità Cristiana di Bescurone. Al primo posto fra i suoi impegni c’è quello di mantenere il radicamento territoriale, di continuare a sentirsi parte viva e inscindibile del quartiere, oltre che della Chiesa, ancor più in questi anni in cui la sua popolazione è diventata multietnica, multiculturale e multi confessionale. L’alto concentramento nella zona di case popolari, ha aumentato massicciamente la presenza di immigrati. Ciò richiede una attenzione più motivata e un approccio più profondo ai nuovi problemi, proprio per consolidare la coesione raggiunta. La Comunità, che si ritrova per la Messa domenicale, per la catechesi, per i momenti forti della liturgia e per tutte le altre celebrazioni nella sua Chiesa “Beata Vergine del Rosario”, si sente im- ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:54 Pagina 13 Musica a cura di Mattia Savigliano La musica sveglia i sensi Con questo articolo possiamo trovare degli spunti di riflessione per cercare di “Cantare la Messa”. A mio avviso non esistono “canti adeguati” [= corretti, giusti] ma canti “adatti” [= che hanno i requisiti neccessari, idonei]; Solo la conoscenza dei vari argomenti, l’umiltà e il servizio disinteressato ci potranno far comprendere quell’immenso repertorio musicale a cui attingere in modo dignitoso e mai banale, per cantare le nostre liturgie. pegnata a testimoniare concretamente la fede nella libertà. Cerca cioè di dare continuità alle ispirazioni iniziali, suggerite e vissute da padre Stefano, suo primo animatore e pastore. E si sente oggi sostenuta e stimolata dalle catechesi di Papa Francesco, dall’incoraggiamento del Vescovo Cesare Nosiglia e dal dialogo costante con il Parroco don Giorgio. Le tensioni, le incomprensioni e anche i conflitti, che la Comunità ha vissuto e sofferto, nella sua storia, hanno fatto maturare e consolidare i legami tra tutti quelli che si considerano fratelli nella fede. Questo è quanto vuole raccontare e testimoniare il libro, che viene pubblicato nei cinquant’anni della Comunità e nei quarant’anni della Chiesa, dedicata alla “Beata Vergine del Rosario” dal Cardinale Michele Pellegrino nel 1976. Con il libro, che sarà disponibile per Natale, si intende anche offrire una concreta proposta di condivisione a tutta l’unità pastorale. Raimondo Testa In questo numero voglio parlarvi della prima parte della Celebrazione. Uno dei momenti fondamentali per l’inizio della S. Messa è la PREPARAZIONE dove si crea un clima familiare. Ci si incointra la domenica, si scambiano due parole ordinate e il coro può proporre dei brani da ascolto prima di far provare i canti della Liturgia all’Assemblea. È tutto pronto, possiamo iniziare con i RITI D’INTRODUZIONE: l’Introito: ha 4 funzioni (o.g.m.r. n°47) “Dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, accompagnare la processione del sacerdote e dei ministranti” (con canti conosciuti da tutti). Il Saluto all’altare e al popolo radunato. L’Atto penitenziale e il Kirie. Il Gloria (inno antichissimo dove la Chiesa glorifica e supplica Dio e l’Agnello). La Colletta. Per il canto di oggi vi invito ad andare a leggere “Si accende una luce” al numero 458 dei libretti rossi. È un canto che sottolinea l’accensione di una lampada (Lucernario). Le quattro strofe ci aiutano ad entrare nel tempo di Avvento, settimana dopo settimana. Ci lasciamo con una piccola curiosità: forse pochi di noi sanno che nella Cappella dedicata a S. Lorenzo alla Riva di Bra, “nel 1855, fra il corridoio della sacrestia ed il campanile, i “contadini” costruirono un’aula per la scuola locale: più di vent’anni prima della Legge Coppino”. Ascoltiamo, Tocchiamo, Osserviamo, Respiriamo, Gustiamo… svegliamo i sensi!!! numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 13 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:55 Presepi viventi e Festa Oratori 14 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2016 Pagina 14 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 17:55 Pagina 15 a cura di Christian Damasco Letti per voi Laurea Non piangere honoris causa a Enzo Bianchi Fotografie: Gazzetta d’Alba Giovedì 6 ottobre ore 18, presso la Chiesa Parrocchiale di Sant’Andrea, l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha conferito la Laurea Honoris Causa a Enzo Bianchi. Presenti il nostro Vescovo Cesare Nosiglia, il Vescovo di Alba Marco Brunetti e molte autorità. Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, ha tenuto una Lectio Magistralis dal titolo “Cibo e vita spirituale”, preceduta A conferire la laurea al religioso sono stati il Rettore Piercarlo Grimaldi e il fondatore Carlin Petrini. In quanto “Uno dei più prestigiosi studiosi che stanno a fondamento delle scienze gastronomiche”. E ancora: “Ha contribuito al definirsi della gastronomia come scienza, dando grande contributo ai tratti fondativi della disciplina”. Può un libro essere allo stesso tempo romanzo drammatico e saggio storico? Difficile. Ma Non piangere, romanzo vincitore del premio Goncourt nel 2014, riesce in modo encomiabile in questo obiettivo. E lo fa tracciando uno spaccato drammaticamente reale della Spagna al tempo della guerra civile. Un pezzo di storia del quale poco si conosce in Italia e nulla si insegna a scuola, ma che rappresenta un mondo tanto passato quanto attuale. Un romanzo forte e sensibile che denuncia l'alleanza tra la Chiesa cattolica e il regime franchista in un paese dominato dalla paura e dall'autoconservazione in cui è scomparsa l'attenzione al povero e al debole. Denuncia che si traduce nell'intreccio tra il romanzo storico che pone al centro la figura di George Bernanos, scrittore cattolico, integralista e nazionalista ma capace di denunciare l'appoggio della Chiesa al regime e la storia di Montsè, madre dell'autrice e della sua vita durante quegli anni. La storia di una vita vissuta a cavallo tra Spagna e Francia, alla ricerca di quel senso di libertà effimero e visionario che solo i giovani riescono a vivere. La storia d'amore vissuta un'estate da Montsè con un affascinante sconosciuto sembra lasciar intendere che, nonostante tutto, la possibilità di vivere rapporti liberi fosse possibile. Sembra essere veramente così e Montsè vive una libertà straordinaria perchè aveva il diritto di parlare, di baciare, di vivere. Un diritto che solo chi non accettava imposizioni poteva permettersi. Un diritto che darà forma a un ruolo fondamentale della donna nella rivolta al regime. Il franchismo segnerà la Spagna per oltre trent'anni e ancora oggi si trascina i residui di una fase buia della sua storia. I risvolti peggiori sono quelli sociali che continuano a far riemergere periodicamente le posizioni più radicali e chiuse che non riescono a immaginare una società capace di operare per il bene comune e nel rispetto reciproco. Anche in questo, Non piangere è un romanzo che ha molto da raccontare alla nostra società moderna (o presunta tale). Non piangere Lydie Salvayre (2014) Edizioni L'Asino d'Oro Una foto storica della Guerra civile spagnola: alcune donne, in fuga verso nord da Barcellona, cercano di recuperare i loro bagagli da un camion rovesciato (foto Archivio Corsera) numero 16 - 2016 - Il Bisbiglio • 15 ilBisbiglio_16_2016:Layout 1 5-12-2016 16 • Il Bisbiglio - numero 16 - 2015 17:55 Pagina 16