Messa del giorno di Natale
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Messa del giorno di Natale
Natale, messa del giorno. LA FORZA DI DIVENTARE FIGLI Carissimi amici, il Natale dei cristiani – quello che qui vogliamo celebrare – non si impone subito con un'evidenza soggiogante. Ce lo ricorda già il profeta nella prima lettura. Della nascita del Messia, di Gesù Cristo, cominciamo a intuire la bellezza e la forza trasformante da particolari discreti, da elementi tutto sommato secondari. Per esempio, la camminata svelta e allegra di un annunciatore: "come sono belli sui monti i piedi di chi annuncia la pace". Poi, prima ancora delle parole distinte con il loro significato preciso, prima del fatidico messaggio, arriva la voce, il suo tono, la sua intensità, la sua inconfondibile sincerità. Solo a quel momento le sentinelle, un po' intorpidite dal lungo vegliare, si scuotono, esultano e si dischiude ai loro occhi la meravigliosa Realtà, l'Evento ineguagliato: il Signore qui, presente come mai prima, con la sua potenza di liberazione, l'irradiazione della sua gloria e l'impronta della sua sostanza. È nato nel cuore del suo popolo, lo consola, lo riempie di energia nuova. Sono preziose queste immagini antiche. Almeno per un motivo: ci permettono di sottolineare che il Natale di Gesù non è semplicemente una ricorrenza annuale su cui meditare in modo distaccato, ma ogni volta è la comunicazione di una forza, di una grazia o, per dirla con il vangelo di Giovanni, di un'exousia, di un potere speciale: "a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio". Per la verità, la prima parte del sublime prologo è come coperta da un velo di desolazione. Infatti, dopo aver delineato in maniera stupenda l'identità divina del Bambino di Betlemme, dopo aver ricordato tutto quello che è in lui e gli aiuti concreti che ci sono stati dati per riconoscerlo – l'affinità misteriosa con lui, l'intimità tra noi e lui, la profonda simpatia tra lui, "la luce vera che illumina ogni uomo", e ciascuno di noi – e dopo aver addirittura affermato il legame costitutivo tra lui e il mondo fatto per mezzo di lui, accade l'incomprensibile, l'assolutamente ingiustificato rifiuto: il mondo non lo ha riconosciuto, i suoi non lo hanno accolto. È lo spettacolo che sta ogni giorno sotto gli occhi di tutti, l'ambivalenza del nostro cuore, che ci fa soffrire e qualche volta ci esaspera: da una parte, l'intuizione insopprimibile di essere il frutto prezioso di un Pensiero e di una Volontà di amore primordiali, di una Parola indefettibile di bontà e di verità, di vita e di bellezza, che è il senso profondo di tutto ciò che esiste; dall'altra, la nostra resistenza, la nostra opacità, la nostra paura e il nostro sospetto. Non ci fidiamo ancora pienamente del Dio vivente che in Gesù di Nazaret ha voluto abitare da dentro la sua creazione e la nostra storia. E da questo rifiuto, tutte le guerre, le miserie, le violenze, le prevaricazioni e le tristezze che ogni giorno ci affliggono. Ora, però, proprio su questo sfondo buio, l'evangelista registra un fatto che nonostante tutto è avvenuto. È avvenuto e quindi rimane costantemente possibile. È vero: il bilancio globale della venuta del Figlio di Dio nell'umiltà della nostra condizione umana non è esaltante. Spesso ha l'aria del fallimento, dell'insuccesso. Ma le tenebre non l'hanno avuta vinta, non hanno potuto richiudersi sull'Evento di luce lasciando tutto come prima. Perché? Perché semplicemente qualcuno, qualcuno come noi, ha provato a reagire diversamente, qualcuno ha osato a non seguire la strada dell'ovvietà, della banalità, dello scontato. E lo ha semplicemente accolto, gli ha creduto. L'effetto ultimo del Natale di Gesù non può essere misurato esteriormente. Riceviamo qui e ora la possibilità di farne esperienza, non con un gesto di affermazione e di forza, ma di semplice apertura e accoglienza. Chi lo accoglie non ha premi materiali, non ha garanzie sul futuro e neppure certezze riguardo alla sua incolumità fisica o morale. Riceve però un potere che niente e nessuno potrà mai togliergli, quello di diventare figlio di Dio, di sottrarsi a un'esistenza prodotta da un processo naturale, pura conseguenza di un condizionamento, di una necessità, e diventare Volto, Nome, Sorgente di bellezza e di novità. È la grande provocazione del Natale di Gesù. Soprattutto per noi che ci illudiamo facilmente di potere tante cose, per noi che siamo intraprendenti, efficaci, abili, finché abbiamo risorse economiche e tecniche, finché giungiamo a creare condizioni favorevoli allo sviluppo dei nostri progetti. Riusciamo certo anche a raggiungere obiettivi notevoli, ottenere successo, conseguire posizioni di rilievo nel mondo. Su un punto però la nostra debolezza è messa a nudo: la possibilità di essere veri, di essere semplici, di essere figli. Qui, più ci sforziamo, più ci tendiamo, più ci affanniamo, più cerchiamo di accumulare motivi per essere riconosciuti e amati, e più ci aggrovigliamo, ci complichiamo, ci perdiamo in noi stessi. In realtà, il potere più grande non lo conquistiamo, lo riceviamo accogliendolo, lasciandoci rivestire dallo sguardo di quel Bambino che questa notte Maria ha deposto nella mangiatoia di Betlemme. La forza irresistibile, l'unica possibile per noi umani non è una conquista. Ci è data semplicemente lasciandoci incontrare. La dignità suprema ci riveste, quando concediamo a Dio di lasciarci amare nel suo Figlio Gesù. "Ha parlato a noi per mezzo del Figlio", "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto" . Non ragioniamo troppo sul Natale di Gesù, sul suo significato, sul modo più vero di celebrarlo. Il Natale è grazia e verità, bellezza e solidità. Torna a brillare sui nostri Volti questa mattina semplicemente con il nostro sì, con il nostro silenzioso e profondo consenso alla storia d'amore che Dio non si stanca di offrirci in Gesù Cristo, e di ricominciare da lui, in ogni istante della nostra vita, in ciascuno di noi. Buon Natale a tutti!