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Danza
2012/2013
ce que j’appelle oubli
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2013
A cura dell’Area comunicazione ed editoria
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti
di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
Teatro Municipale Valli
9 febbraio 2013 ore 20.30
BALLET PRELJOCAJ
Ce que j’appelle oubli
Prima italiana. Creazione 2012
Testo Laurent Mauvignier, Ce que j’appelle oubli (Éditions de Minuit)
Coreografia / Regia Angelin Preljocaj
Musica 79D
Scenografia e costumi Angelin Preljocaj
Luci Cécile Giovansili-Vissière
Narratore Laurent Cazanave
Danzatori Aurélien Charrier, Fabrizio Clemente, Baptiste
Coissieu, Carlos Ferreira Da Silva, Liam Warren, Nicolas
Zemmour
Assistente, aggiunto alla direzione artistica Youri Van den Bosch
Coreologo Dany Lévêque
Direttore tecnico Luc Corazza
Responsabile tecnico e fonica Martin Lecarme
Responsabile luci Sébastien Dué
Responsabile scene Michel Carbuccia
Produzione Ballet Preljocaj
Coproduzione Biennale della danza di Lione, Théâtre de la Ville (Parigi),
Théâtre de Saint-Quentin-en-Yvelines
Il Ballet Preljocaj, Centre Chorégraphique National, è sovvenzionato da:
Ministero della Cultura e della Comunicazione – DRAC PACA, Regione ProvenceAlpes-Côte d’Azur, Dipartimento Bouches du-Rhône, Comunità Pays d’Aix e Città
di Aix-en-Provence.
Beneficia del sostegno del Groupe Partouche - Casino Municipal d’Aix-Thermal e
della Fondazione Total per lo sviluppo dei suoi progetti e del sostegno dell’Istituto
francese - Ministero degli Esteri per alcune delle sue tournée all’estero.
in collaborazione con ATER - Associazione Teatrale Emilia Romagna
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© J C Carbonne
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Ho scoperto Ce que j’appelle oubli di Laurent Mauvignier subito dopo la sua uscita con Éditions de Minuit. Anche la forma
stessa del testo mi ha appassionato. Si tratta di un’unica frase,
una lunga frase interminabile che intreccia il gioco dei corpi e la
struttura letteraria in modo radicale. Questa materializzazione
della carne rende il testo molto sensuale, animato dal corpo e
con consistenze molto diverse; il corpo diventa aggressivo, vivo,
violento, lascivo, sensuale, perverso, innamorato…
Il corpo per Mauvignier ha anche una valenza politica. Nel testo ci sono molte domande e si riflette a lungo sull’esclusione,
l’emarginazione, la società, il consumismo, tutto questo attraverso il dialogo silenzioso tra i corpi.
Ho pensato che la danza poteva impadronirsi del soggetto sviluppando una scrittura coreografica specifica.
Ovviamente, bisogna far sentire anche il testo, estremamente
pungente, nella sua inesorabilità, nella sua bellezza e nelle sue
emozioni.
Angelin Preljocaj
Nel 1996 Angelin Preljocaj crea L’Anoure, una coreografia tratta dal
racconto originale di Pascal Quignard, La voix perdue, appositamente
scritto per lo spettacolo su richiesta del coreografo. Il testo, su una colonna sonora, costituisce la drammaturgia della creazione. Il testo e la
danza coesistono senza che uno sia l’illustrazione dell’altro.
Recentemente, nel 2009, Angelin Preljocaj ha utilizzato il testo come
punto di partenza per la coreografia del suo primo assolo, Le funambule, creato a partire dalla poesia di Jean Genet, in cui intende “abbracciare il testo e incarnare le parole”.
Una nuova esperienza nel campo della letteratura per Angelin Preljocaj
che utilizza il testo di Laurent Mauvignier nella sua nuova creazione.
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Ce que j’appelle oubli di Laurent Mauvignier
(Éditions de Minuit, 2011; edizione italiana: traduzione di Yasmina Melaouah,
Feltrinelli)
Ci fu un’epoca antica, in cui gli uomini provenienti da un popolo
di cui non si comprendeva la lingua venivano detti «barbari». Col
cambiare delle abitudini avvenne uno slittamento semantico e i
barbari divennero gli stranieri che abitavano al di là delle frontiere. Trascorsero i secoli senza che cambiasse la natura profondamente brutale di una parte dell’umanità e dalla Grecia si passò
a Roma, così i giochi del circo lasciarono spazio alle guerre moderne senza che la noia degli uomini e il bisogno di divertimento
gratuito venissero mai saziate. Da quel momento si cominciò a
definire barbari le persone i cui valori differivano molto dai valori locali minacciando l’ordine prestabilito. Poi arrivò un’epoca in
cui, più di recente, il termine si applicò a degli individui spietati,
assetati di sangue. Ci si rende conto di quest’evoluzione durante
la lettura del breve e appassionante libro di Laurent Mauvignier,
in cui si trovano raccolte tutte le accezioni successive del termine, fino al XXI secolo.
Lo scrittore si è liberamente ispirato a un fatto di cronaca avvenuto a Lione nel 2009, nel supermercato Carrefour del centro
commerciale di La Part-Dieu. Michaël Blaise, un giovane di 25
anni, vi è morto per asfissia, ucciso da quattro guardie «per una
lattina di birra» bevuta senza pagarla. Le registrazioni della videosorveglianza testimoniano l’indicibile: la morte in diretta. Il
racconto fittizio di Laurent Mauvignier si allontana volontariamente dalla realtà dei fatti. Non si tratta più di Michaël ma di
un ragazzo in generale e il narratore si rivolge al fratello della
vittima diventata emblema della stupidità e della violenza. Per
mezzo di un’ampia serie di finzioni letterarie (di cui si è già detto), lo scrittore ha scelto di concentrare il libro in una sessantina di pagine. Un’unica frase scorre senza inizio né fine, come la
vita stessa che continua malgrado la morte; una frase violenta,
talvolta dolce, che gioca di digressioni e accelerazioni, però sempre con un acuto senso della punteggiatura tipico di Mauvignier.
Questo ragazzo morto ingiustamente e suo fratello sono bianchi? Sono neri? Arabi? Sono di origine straniera? Di estrazione
modesta? Vittime del razzismo? Dei pregiudizi? Non si sa, si sa
che il padre ha una macelleria e che suo figlio faceva dei piccoli
lavoretti nei periodi in cui era disoccupato, che si era appena
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innamorato, che stava forse per rivedere una ragazza, quella che
forse avrebbe potuto farlo uscire dall’oblio che Mauvignier utilizza come titolo per il suo libro. Molti “forse” che si sono spenti
con lui. I temi dell’isolamento, del rifiuto, dell’incomprensione
e delle relazioni fraterne rivivono sotto la penna dell’autore.
«Quali sono gli uomini in grado di fare una cosa del genere. Non
sono degli uomini. E pure. Degli uomini», scriveva l’autore nel
suo libro precedente1 circa la tortura durante la guerra d’Algeria.
La sua frase si intreccia lungo il testo, interpellando con empatia
quel fratello in lutto con una forza ammutolita dalla collera e dal
raziocinio. Lo scrittore immagina una vita, le promesse racchiuse, le speranze non nutrite; evoca i fatti stessi, lo stupore della
vittima e i pugni delle quattro guardie che hanno la sua stessa età, in quel magazzino del supermercato. Cosa avrà provato,
mentre i colpi gli piovevano addosso, cosa può aver pensato o
visto – il profumo di un deodorante? Risa beffarde? –, o di cosa
mai avrà potuto ricordarsi – le raccomandazioni di sua madre?
Un appuntamento preso per la serata? – Avrà avuto il tempo di
porsi la domanda: perché?
C’è stato il gesto barbaro, folle e gratuito di quattro guardie, c’è
stato il silenzio e poi ci sono stati i discorsi: quelli dei poliziotti,
del procuratore, dei giornalisti e presto anche dei clienti imbarazzati alla macelleria del padre. Più parole di quante gliene fossero mai state rivolte da vivo. Laurent Mauvignier gli offre le sue,
inventa una persona somigliante a tante altre persone dal destino meno tragico. E, nel tempo di una frase sospesa, come avrebbe potuto farlo un matrimonio, una paternità, un’amicizia o anche una carriera, l’autore estirpa il suo personaggio dall’oblio e
dall’indifferenza quotidiana, da “questo mondo con vigilantes e
persone che si ignorano in certe vite morte come questo pallore,
questa morte tutto il tempo, tutti i giorni, che finisca una volta
per tutte, ti assicuro non è triste come perdere il gusto del vino
e della birra, il gusto di baciare di inventare destini alle persone
nella metropolitana e il gusto di camminar ore e ore e un sacco di
cose che non farò mai, che comunque non avrei mai fatto ma che
mi piaceva così tanto sapere che erano qui, a portata di mano,
non si sa mai.”
1. Des Hommes, Éditions de Minuit
Sabine Audrerie (‘La Croix’, giovedì 3 marzo 2011)
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Una vita in una frase
Cinquantacinque pagine. L’unica frase del libro necessita di cinquantacinque pagine per dipanarsi. Una punteggiatura discreta
le dà respiro. Delle ripetizioni le conferiscono l’andamento di un
lamento. Laurent Mauvignier dopo Dans la foule (2006) e Des
hommes (2009), si è lanciato nell’impresa inversa: la scrittura a
partire da un fatto di cronaca accaduto nel dicembre 2009, gli
ultimi istanti di un uomo picchiato a morte dalle guardie di un
supermercato. Per questo fa parlare una persona vicina alla vittima, una sorta di narratore onnisciente, che allo stesso tempo
restituisce l’ultimo vissuto della vittima e porta il suo sguardo al
di là della scena del crimine. Per far sì che lo scatenamento di
questa ferocia si inserisca in un certo ordine delle cose. E’ passato del tempo. C’è stato un processo. Il narratore riprende la
questione. Il suo racconto viene colto al volo, nel bel mezzo del
suo incedere, quando è arrivata la requisitoria del procuratore.
Si rivolge al fratello minore, con un tono che denota molta famigliarità. Così si spiega la conoscenza del percorso dello scomparso, dal cerchio famigliare delle origini e gli anni del vagare, fino
al pomeriggio di sete in cui aveva bevuto una lattina di birra in
un supermercato. Lo spessore di questa vita si svela poco a poco,
e allo stesso tempo scorre la registrazione video dell’arresto da
parte delle guardie che lo hanno trascinato nel magazzino del supermercato, della pioggia di colpi sferrati in silenzio poi il crollo
e “il freddo del pavimento di cemento”.
Dei dettagli si fissano nella coscienza vacillante di colui che non
può ancora credere all’imminenza della propria morte. Il gel che
brilla sulla testa di uno dei tipi, “l’odore speziato” del deodorante di un altro. Si arriva qui dalla miseria e si approfitta tanto
dell’irrisorio potere conferito dal supermercato. Arrivano immagini da lontano. I genitori macellai al mercato in provincia, poi
l’esclusione, la fuga ai margini, la sessualità. Le rive della Loira,
Parigi, la periferia. Sequenze di una morte “a fuoco lento ogni
giorno” per il ragazzo ignorato e deriso, “ombra di un uomo”.
E i quattro, che si sono accaniti sul suo corpo sfogano sulla vittima i soprusi che hanno subito a loro volta. L’unica frase svela i momenti di un’esistenza e lascia intravedere un mondo dai
contorni ammaccati che si incarna nelle guardie. Non si avverte
nessun altro nel negozio, né nelle vicinanze, come se i boia e la
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loro preda rappresentassero delle allegorie dei disordini circostanti. Laurent Mauvignier in queste cinquantacinque pagine
racchiude una densità estrema. Il testo avanza sotto la pressione
di una forte spinta, che fa saltare le barriere della punteggiatura, rendendo inutili paragrafi e capitoli. E si carica anche di un
non detto che si avverte attraverso fughe furtive, in una elaborazione sapiente. La voce che racconta restituisce questo percorso
umano fino all’ultimo soffio di vita sul cemento. Tiene insieme
il ritmo dell’informazione continua e del riversarsi di un flusso
di coscienza. Uno stupefacente matrimonio del non-letterario e
della sofisticazione della scrittura. Un semplice trattino alla fine
lascia riprendere al flusso linguistico il suo corso sotterraneo.
Dopo questo sorprendente flusso.
Jean-Claude Lebrun (‘L’Humanité’, giovedì 3 marzo 2011)
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© J C Carbonne
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© Lucas Marquand-Perrier
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Angelin Preljocaj
Nato in Francia nel 1957 da genitori albanesi, Angelin Preljocaj
ha iniziato a studiare danza classica prima di rivolgere la propria
attenzione alla danza contemporanea con Karin Waehner. Nel
1990 si è trasferito a New York per lavorare con Zena Rommett
e Merce Cunningham; poi, ha continuato i suoi studi in Francia
con la coreografa americana Viola Farber e Quentin Rouillier.
Successivamente, ha lavorato con Dominique Bagouet fino alla
creazione della sua Compagnia nel dicembre 1984. Da allora ha
creato 45 coreografie.
Angelin Preljocaj ha lavorato spesso con altri artisti, quali Enki
Bilal (Romeo e Giulietta, 1990), Goran Vejvoda (Paysage après
la bataille, 1997), Air (Near Life Experience, 2003), Granular
Synthesis (N, 2004), Fabrice Hyber (Les 4 saisons…, 2005),
Karlheinz Stockhausen (Eldorado – Sonntags Abschied, 2007),
Jean Paul Gaultier (Biancaneve, 2008), Constance Guisset (Le
funambule, 2009), Claude Lévêque (Siddharta, 2010), Laurent
Garnier e Subodh Gupta (Suivront mille ans de calme, 2010)…
Le sue creazioni sono entrate nel repertorio di prestigiose
compagnie, dalle quali ha ricevuto anche delle commissioni, è il
caso del Ballet de l’Opéra National de Paris, del Teatro alla Scala
di Milano o del New York City Ballet.
Ha realizzato dei cortometraggi (Le poster, Idées Noires nel 1991)
e numerosi film, tra i quali Un Trait d’Union e Annonciation
(1992 e 2003) per i quali ha ricevuto il Grand Prix du Film d’Art
nel 2003, il primo “prix Vidéo-danse” nel 1992 e il premio da
parte del Festival del Video di Praga nel 1993. Nel 2009 realizza
Blanche Neige, mettendo in scena la sua propria creazione e
nel 2011 firma, per Air France, lo spot pubblicitario L’Envol che
riprende la coreografia Le Parc.
Ha anche collaborato a diverse produzioni cinematografiche
mettendo in scena le proprie coreografie: Les Raboteurs con
Cyril Collard dall’opera di Gustave Caillebotte nel 1988, Pavillon
Noir con Pierre Coulibeuf nel 2006, Eldorado/Preljocaj con
Olivier Assayas nel 2007.
Diversi testi sono stati scritti sulla sua attività artistica, tra
questi: Angelin Preljocaj (2003), Pavillon Noir (2006) e Angelin
Preljocal, Topologie de l’invisible (2008).
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Nel corso della sua carriera Angelin Preljocaj ha ricevuto diversi
premi, tra i quali il Grand Prix National de la Danse conferitogli
in Francia dal Ministero della Cultura nel 1992, il Benois de la
Danse per Le Parc nel 1995, il Bessie Award per Annonciation
nel 1997 e il Victoires de la Musique per Romeo e Giulietta nel
1997. È Ufficiale dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, Cavaliere
della Legion d’Onore ed è stato nominato Ufficiale dell’Ordine
Nazionale del Merito nel maggio 2006.
Attualmente la compagnia è composta da 26 ballerini.
Il Ballet Preljocaj si è stabilito da ottobre 2006 al Pavillon Noir
di Aix-en-Provence, un luogo interamente dedicato alla danza di
cui Angelin Preljocaj è il direttore artistico.
Laurent Mauvignier
Nato a Tours nel 1967, diplomato all’Accademia di Belle Arti
(1991), sceglie in seguito di dedicarsi alla passione della sua giovinezza, la scrittura. Il suo primo romanzo, Loin d’eux, edito da
Éditions de Minuit nel 1999, casa editrice a cui resta fedele e
che ha pubblicato anche le sue opere successive, tra le quali: Apprendre à finir (2000), Ceux d’à côté (2002), Seuls (2004), Le
Lien (2005). Lo scrittore definisce il suo lavoro come un tentativo di cogliere la realtà nella sua dimensione indicibile, di “mettere delle parole sulla sofferenza, l’amore o la mancanza”, s’ispira
a fatti di cronaca o storici. In questo modo, la tragedia avvenuta
allo stadio Heysel funge da punto di ancoraggio per la scrittura
di Dans la foule nel 2006, la guerra d’Algeria è fonte d’ispirazione per il romanzo Des hommes del 2009.
Molto apprezzato soprattutto per la sua capacità di orchestrare i diversi punti di vista, di far sentire molteplici voci, Laurent
Mauvignier e le sue opere sono spesso oggetto di ottime critiche.
Vincitore del Prix du Livre Inter e del Premio Wepler nel 2000
per Apprendre à finir, Laurent Mauvignier è stato inoltre insignito del Prix du roman Fnac nel 2006 per Dans la foule.
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© J C Carbonne
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GRUPPO BPER
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono
realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
Benemeriti dei Teatri
Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Corrado Spaggiari, Vando Veroni
Annalisa Pellini
Luigi Bartoli, Paola Benedetti Spaggiari, Bluezone Piscine, Franco Boni, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri,
Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo
Davide Addona, Giorgio Allari, Carlo Artioli, Maurizio Bonnici, Gianni Borghi, BST Studio Commercialisti Associati,
Andrea Capelli, Umberto Cicero, Francesca Codeluppi, Giuseppe Cupello, Emilia Giulia Di Fava, Ennio Ferrarini,
Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi,
Paolo Lusenti, Franca Manenti Valli, Silvana Manfredini, Graziano Mazza, Clizia Meglioli, Ramona Perrone,
Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Fulvio Staccia, Alberto Vaccari