Newsletter n.63 del 23 Dicembre 2010

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Newsletter n.63 del 23 Dicembre 2010
n.
19
Anno 4° - 23 dicembre 2010
E C O N O M I A , N O R M AT I V E , O P P O R T U N I T À E O B I E T T I V I A L L’ E S T E R O P E R L E I M P R E S E I TA L I A N E
Ecuador: sì ai privati ma con più equità
e maggiore rispetto dell’ambiente
Sommario
ECUADOR
Nel 2011 un nuovo
decollo per l’industria
mineraria
pag 5
10mila anni di storia
pag 8
Un Paese e un Governo intenzionati a utilizzare le consistenti risorse petrolifere
e minerarie di cui dispongono per diversificare la propria economia ed estendere
il benessere a strati più larghi della popolazione. Sulla svolta in atto nell’Ecuador
e sulle nuove opportunità che si aprono anche alle imprese del nostro Paese,
Diplomazia Economica Italiana ha intervistato l’Ambasciatore italiano a Quito,
Emanuele Pignatelli.
a pagina 2
Riprendono
le esportazioni,
Italia primo partner
commerciale
nell’Unione Europea
pag 9
Le zone franche
dell’Ecuador
pag 12
Il regime doganale
dell’Ecuador
pag 12
MESSICO
Al via primo stabilimento
pneumatici Pirelli
pag 13
Veduta di Quito, capitale dell’Ecuador, capoluogo della provincia di Pichincha e sede del Distrito Metropolitano de Quito.
COSTRUZIONI
Anche i piccoli possono
vincere all’estero
pag 15
MESSICO: COMPONENTISTICA AUTO
Al via primo stabilimento pneumatici Pirelli
Sarà localizzato nel distretto dell’auto dello Stato di Guanajuato. Obiettivo: rafforzare
la presenza e migliorare i margini sul mercato nordamericano. In Messico si producono
2,1 milioni di vetture all’anno destinate prevalentemente all’esportazione in USA.
Il Gruppo continua a crescere anche in Sudamerica dove è leader di mercato.
a pagina 13
Realizzata dal Sole 24Ore in collaborazione con la Direzione generale per la
promozione del sistema Paese della Farnesina – [email protected]
Il Presidente Correa lo ha definito come il
“Socialismo del XXI secolo”. Il termine è
legato alla volontà di affrontare la dimensione sociale del Paese in direzione di uno
sviluppo più sostenibile e di una distribuzione più equa della ricchezza. Per ottenerlo, le attese sono anche concentrate
sul coinvolgimento di capitali e investimenti privati, anche dall’estero, cercando
di creare adeguate regole del gioco. Il Governo ha infatti deciso di porre fine a decenni di ‘deregulation’ durante i quali, bisogna ammettere, la maggior parte delle
imprese, tra le quali anche le minerarie e
petrolifere, hanno fatto quello che volevano sotto lo sguardo tollerante delle Autorità. Ora è stata messa a punto una proposta di legge, recentemente approvata
dall’Assemblea Nazionale con limitate
modifiche, che prevede interessanti incentivi per i nuovi investimenti e facilitazioni
doganali, ma anche impegni molto più vincolanti in tema di salari e di tutela ambientale, specie per quanto riguarda le imprese a maggior rischio di inquinamento.
Molto comunque rimane da fare, soprattutto sotto il profilo delle procedure giudiziarie per garantire sicurezza agli investimenti privati. Fra l'Ecuador e l'Italia, comunque esiste un Accordo per la Protezione e la promozione degli investimenti del
2001 che peraltro, fino ad oggi, non è stato mai invocato.
L’Ambasciatore italiano a Quito, Emanuele Pignatelli
ECUADOR
Come si può definire il modello di sviluppo dell’Ecuador?
Rafael Vicente Correa Delgado, Presidente dell’Ecuador
L’interesse del capitale straniero e delle compagnie minerarie internazionali
per il Paese sta crescendo?
Oltre al petrolio, l’Ecuador, è notoriamente molto ricco di risorse minerarie, anche
se il loro sfruttamento è stato negli ultimi
decenni di carattere semi-artigianale, sostanzialmente locale e quindi piuttosto limitato. La nuova legge di regolamentazione, approvata dall’Assemblea Nazionale
lo scorso anno, dovrebbe aprire le porte
ad uno sfruttamento più efficace e anche
più sostenibile sotto il profilo ambientale,
anche se manca ancora dei necessari regolamenti applicativi. Non sarà un compito agevole definire le regole del gioco, in
quanto l’estrazione e la prima lavorazione dei metalli effettuate su base artigianale sono anche un’importante filiera di sostentamento delle popolazioni indigene
benché effettuata in condizioni di sicurezza inadeguate. Recentemente, ad esempio, c’è stato un grave incidente in cui diversi minatori hanno perso la vita per il
crollo di una galleria sotterranea inadeguatamente attrezzata. D’altra parte le
stesse popolazioni indigene sono ostili a
un intervento su larga scala delle grandi
compagnie minerarie che vengono accusate di inquinare le risorse idriche con un
impatto negativo sull’agricoltura e sull’economia locale.
La riforma è invece completata nel settore dell’estrazione del petrolio e del gas,
dove è ormai operante una nuova legislazione che sancisce e rafforza il principio
delle proprietà dello Stato su queste risorse, introducendo la formula dei cosiddet- Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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Accanto al petrolio e al settore minerario esistono anche altre opportunità?
Sì, uno degli obiettivi del Governo è di
uscire dal circolo chiuso di un’economia
che dipende, in misura consistente, dagli
introiti petroliferi e che rischia di far sottovalutare altre potenzialità economiche. In
questi anni lo Stato ha investito molto in
infrastrutture. Oggi nel Paese la situazione dei porti e della rete stradale è notevolmente migliore rispetto ad alcuni anni fa
e, grazie anche alla realizzazione di numerosi ponti, si sono ridotti i tempi degli spostamenti interni. A Quito è in costruzione
un nuovo aeroporto internazionale. Ora il
Governo intende anche diversificare le
fonti di reddito. In particolare, intende sviluppare le attività industriali e di trasformazione per allungare la catena di creazione del valore ed anche per evitare l’eccessiva dipendenza dalle importazioni che
gravano sul bilancio del Sistema Paese.
Un esempio di questo vincolo si è avuto
con il superamento da parte di questa economia della fase più acuta della crisi mondiale: nel corso dell’anno sono state vendute nel Paese quasi 130 mila nuove vetture di importazione. Non solo, ma molte
di queste sono suv e auto di grossa cilindrata che beneficiano di un prezzo della
benzina nel Paese fortemente sovvenzionato (con poco più di 2 dollari si comprano quasi 4 litri di Super) che grava sul bilancio dello Stato. Questo può sembrare
un paradosso per un Paese esportatore di
petrolio, ma bisogna tenere conto che in
Ecuador esiste una sola grande raffineria,
insufficiente per i crescenti consumi interni che deve soddisfare. I carburanti quindi, devono essere importati. Lo stesso avviene per molti beni che potrebbero esseri prodotti localmente. In questo contesto,
anche le misure di sostegno alle famiglie
meno abbienti promosse dal Governo, come i sussidi, si traducono paradossalmente in maggiori importazioni, con scarse ricadute sul resto dell’economia interna.
Ora, il Piano di Sviluppo economico del
Governo punta a far crescere, a valle del
settore primario, le attività di trasformazione dei prodotti della pesca, i sistemi di
acquicoltura, la filiera dei biocombustili e
dell’industria forestale, la floricoltura e la
trasformazione lattiera e ortofrutticola. Nel
settore manifatturiero si punta sulla metalmeccanica e, in quello dei servizi, su tra- ECUADOR
ti contratti di servizio con le compagnie petrolifere straniere. Questo tipo di contratti
prevede una remunerazione del capitale
e degli investimenti effettuati, in cambio
della cessione allo Stato degli idrocarburi estratti. Il Governo ha terminato in queste settimane il riesame dei contratti di
concessione pre-esistenti. In questo contesto, anche Eni ha ottenuto l’estensione
fino al 2023 dei diritti di sfruttamento del
campo di Villano e delle possibilità di nuove perforazioni.
Il Governo ha terminato in queste
settimane il riesame dei contratti di
concessione con le compagnie petrolifere straniere
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L’Ecuador è conosciuto come meta turistica solo grazie alle Isole Galapagos?
Non solo ed oggi c’è di più. Il Paese sta cercando di sviluppare formule innovative di
accoglienza che, accanto a quelle classiche dei grandi alberghi e dei villaggi turistici standardizzati, punta a valorizzare
l’immenso patrimonio naturalistico della foresta Amazzonica e delle montagne della
Regione Andina, caratterizzate da paesaggi spettacolari e da una ricchissima biodiversità. Queste formule innovative consentono ai turisti di entrare in contatto anche
con la popolazione locale accedendo con
mezzi privati o collettivi (jeep, aerei da turismo) a località difficilmente raggiungibili
che vengono attrezzate per un’accoglienza comunque confortevole. Ad aprire la
strada a queste formule ‘sostenibili’ di turismo sono state inizialmente alcune organizzazioni non governative, tra cui alcune
italiane, ma ora si sono inseriti anche operatori turistici stranieri, tra i quali, svizzeri
e francesi. E’ un’altra opzione interessante che indica come in Ecuador si stia facendo strada una mentalità particolarmente
sensibile al contesto ambientale. Rientra
in questa logica anche l’interessante proposta del Governo di lasciare intatte le risorse petrolifere localizzate nella grande
Parco naturale dello Yasuni - ITT dove esiste una grande bio-diversita’ e dove sono
state identificate, ad esempio, ben 644
specie diverse di piante, in cambio di un finanziamento internazionale che consenta
al Paese di sviluppare altre risorse e altre
attività in grado di sostituire gli introiti previsti dal petrolio.
ECUADOR
sporti e logistica, turismo, informatica,
bancario. Nella maggior parte di questi
comparti l’Italia può offrire, e in parte già
offre, tecnologie e know how. Esportiamo
infatti macchine tessili e macchinari per la
lavorazione del marmo e del legno.
L’Ecuador inoltre dispone di risorse umane con un costo ancora contenuto e offre
a chi è disposto a investire, la possibilità
di insediamento in aree industriali attrezzate (Free Trade Zone) posizionate strategicamente per le esportazioni nel resto
del sub-continente, che godono di alcuni
vantaggi fiscali e doganali. Ulteriori agevolazioni dovrebbero essere offerte dal
nuovo Codice della Produzione e dai suoi
Regolamenti di attuazione a chi deciderà
di investire nelle zone più svantaggiate del
Paese. Ci sono consistenti opportunità di
affari anche nel settore della raccolta e
trattamento dei rifiuti. Recentemente l’Ambasciata, assieme all’Associazione dei
Comuni dell’Ecuador, ha organizzato un
seminario per presentare le tecnologie italiane in questo settore. Sono intervenuti
un’ottantina di rappresentanti delle principali Amministrazioni municipali del Paese
e si prospettano interessanti sviluppi.
Il Paese sta cercando di
sviluppare formule innovative di accoglienza
che, accanto a quelle
classiche dei grandi alberghi e dei villaggi turistici standardizzati, punta a valorizzare l’immenso patrimonio naturalistico della foresta Amazzonica e delle montagne
della Regione Andina,
caratterizzate da paesaggi spettacolari e da
una ricchissima biodiversità.
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Nel 2011 un nuovo decollo
per l’industria mineraria
Oro, rame e altri metalli in aggiunta al petrolio: l’Ecuador rimette
in gioco le sue ricchezze. L’Amministrazione di Rafael Correa,
dopo aver introdotto una nuova legge mineraria e sottoposto a
revisione di centinaia di concessioni rilasciate con troppa
leggerezza, cerca di rilanciare il settore puntando su metodi di
estrazione più avanzati, ma anche rispettosi dell’ambiente,
superando resistenze sia degli ambienti industriali che delle
popolazioni indigene
Con il rilascio delle nuove concessioni per
una serie di promettenti giacimenti di oro,
rame e altri metalli in Ecuador, sta giungendo a una svolta il programma del Governo guidato da Rafael Correa di rilanciare e modernizzare l’attività mineraria
del Paese, che già oggi vale circa 4,3 miliardi di dollari di fatturato annuo. L’obiettivo è di riportarla su basi industriali (come era stato, almeno in parte, nel passato), rendendola però compatibile con una
maggiore tutela dell’ambiente e più utile
al contesto. Non è una battaglia facile.
ECUADOR
ECONOMIA
Già nel 2008 il Presidente aveva annunciato, sulla base di un mandato approvato dall'Assemblea Costituente, la volontà
di riprendere il controllo della maggior parte (circa il 75%) delle 4 mila concessioni
assegnate dai Governi precedenti a compagnie minerarie in prevalenza statunitensi e canadesi. La maggior parte di queste concessioni non aveva prodotto alcun
investimento. In cambio aveva consentito in molti casi agli assegnatari, di annunciare ritrovamenti inesistenti basati sulle
forti aspettative che da tempo circolano Il Governo intende rilanciare e modernizzare l’attività mineraria del Paese, riportandola su basi industriali, rendendola però compatibile con una maggiore tutela dell’ambiente e più utile al contesto.
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Attività sospesa
La sospensione però, si è tradotta anche
nel blocco di parte dell’attività di una serie di compagnie minerarie già impegnate in attività di esplorazione e produzione. Il successivo passo è stato la promulgazione della nuova “Ley de Minería”,
volta ad attuare una radicale riforma del
settore. La legge impegna lo Stato ad utilizzare il patrimonio minerario del Paese
ai fini di una maggiore ridistribuzione della ricchezza e lo responsabilizza anche
riguardo al controllo dell’impatto ambientale dell’attività di esplorazione ed estrazione. Prevede un trattamento differenziato delle diverse fasi (esplorazione iniziale, sviluppi successivi) e l’impegno ad
utilizzare il 60% delle royalties governative (fissate a partire da una percentuale
minima del 5%) a favore delle popolazioni coinvolte e delle loro organizzazioni locali. Separatamente il Governo ha annunciato una tassa speciale (windfall tax)
pari al 70% sugli extra-profitti che potrebbero derivare da forti aumenti nel prezzo
mondiale dei minerali estratti.
Contestualmente all’approvazione della
legge, che però manca ancora di molti
regolamenti attuativi, il Governo ha iniziato a rinegoziare i contratti “congelati”, imponendo alle compagnie minerarie la redazione di piani di impatto ambientale e
un comportamento responsabile sotto il
profilo sociale. Questa politica, indubbiamente coraggiosa, deve però confrontarsi con la netta ostilità delle imprese del
settore, riunite nella Cámara de Minería
de Ecuador, ma anche della popolazione indigena, che in una prima fase si era
invece dichiarata favorevole.
Meno poteri alla “Camara”
ECUADOR
sui mercati in merito alle ricchezze minerarie dell’Ecuador, con il risultato di alimentare soprattutto speculazioni finanziarie. Inoltre molte di queste concessioni erano rilasciate illegalmente, senza alcuna consultazione con le popolazioni indigene.
La Camara del Minerìa raggruppa attualmente circa 100 soci tra persone fisiche
e giuridiche. Tra queste figurano tutte le
principali compagnie minerarie nazionali ed internazionali che operano nel Paese in attività di ricerca, sfruttamento, raffinazione e commercializzazione dei minerali dando lavoro, si stima, a circa
120mila persone tra occupati diretti e indiretti. Finora era incaricata della maggior
parte dei compiti di regolamentazione e
di sviluppo industriale del settore.
La nuova legge prevede però di ridurne
drasticamente i poteri con l’ingresso in
campo di un ente statale (Agencia de
Regulación y Control Minero) con compiti di supervisione normativa nazionale
e di controllo delle imprese operanti nel
settore. Si aggiunge la creazione di una
Impresa Nacional Minera, incaricata di
valorizzare le risorse del Paese, in concorrenza con le compagnie minerarie private locali e straniere.
In questo contesto la Camara ha provveduto a coltivare l’allarme nel Paese pronosticando un rallentamento delle attività e dell’occupazione nel settore minerario, coinvolgendo anche le organizzazioni dei minatori impiegati con la minaccia
di un taglio dell’occupazione. E si tratta
di posti relativamente ben remunerati rispetto alle paghe concesse in altri comparti dell’economia. Le nuove disposizioni però stanno incontrando anche una
crescente ostilità da parte dei minatori indipendenti e delle piccole associazioni
informali di categoria che vedono nell’industrializzazione del settore e nelle normative ambientali, una minaccia per la
loro sopravvivenza che si basa su sistemi artigianali e spesso primitivi di estrazione.
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Progetti miliardari
Il settore, quindi, si trova in situazione di attesa dei prossimi sviluppi. La nuova fase di
sfruttamento minerario su scala industriale
e con regole più trasparenti e rigorose, su
cui punta il Presidente Correa, dovrebbe iniziare nel 2011 con l’avvio di alcuni grandi
progetti tra cui:
- lo sfruttamento dei giacimenti (rocce vulcaniche) di oro e argento ad alto tenore di
“Fruta del Norte” localizzati a sudest del Paese su una concessione (rinnovata a fine
ECUADOR
Non solo, contro la legge si è schierata, con
una serie di mobilitazioni locali, sfociate anche in una manifestazione nazionale, la
Confederazione delle Nazionalità Indigene
dell'Ecuador (CONAIE), che in un primo
tempo si era invece espressa a favore.
Ora invece CONAIE sostiene che la legge inficia la sovranità delle comunità indigene e non le tutela contro i danni provocati dalle grandi società minerarie accusate di contaminare le falde acquifere
e distruggere la vegetazione. Il problema, in realtà, è più complesso in quanto
minatori artigianali e cooperative locali,
che fanno anche parte della popolazione
indigena, non avendo le risorse economiche e le conoscenze tecniche necessarie, operano nella maggior parte dei casi
con una logica altrettanto predatoria sotto il profilo ambientale.
2009) di 95mila ettari, che fa capo alla canadese Kinross e che potrebbero rivelarsi,
stando ai primi sondaggi, tra i maggiori al
mondo.Alcune stime riguardanti i 9 siti identificati indicano i quantitativi contenuti in 11
milioni di once per l'oro e 14 milioni di argento. Lo studio di fattibilità completo, incluso impatto ambientale, è previsto per il 2011;
- lo sfruttamento del giacimento Mirador (rame, ma anche oro e argento) che fa capo ai
gruppi cinesi Tongling Nonferrous e China Railway Construction. Tongling prevede un investimento nell’ordine dei 3 miliardi
di dollari per arrivare a produrre, a regime,
350mila tonnellate annue di rame;
- i progetti di Andean Gold per il rilancio del
sito di San Bartolomé (argento e zinco) e lo
sfruttamento del giacimento polimetallico
(rame, zinco, oro, argento) di Molleturo e di
quello di Curiplaya (oro e rame);
- i progetti di Dynasty Mining and Metals di sfruttamento delle miniere d’oro
di Zaruma (già operativo), Jerusalem
(Provincia di Zamora) e di Papayal-Cola-Cerro Verde nella Provincia di Loya.
Per altre iniziative sono in corso le procedure di rinnovo delle concessioni. Tra queste i progetti della canadese IamGold per
lo sfruttamento del giacimento sotterraneo
di Quimsacocha, con una produzione prevista di 202mila once di oro e un milione di
once di argento in aggiunta a 9,3 milioni di
pound di rame anno nell’arco di sette anni,
quelli di International Minerals per i giacimenti (oro e argento) di Rio Blanco e di Gaby-Papa Grande.
www.ambquito.esteri.it
Foto AFP
CONAIE sul piede di guerra
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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L'attività mineraria in Ecuador risale all'antichità con
l’estrazione di ossidiana nell’ultimo periodo paleolitico e con la lavorazione di oro, argento, rame e
platino che erano trasformati in oggetti ornamentali, rituali e di scambio commerciale in epoca precoloniale sotto l’impero Inca. I minerali preziosi venivano estratti in prevalenza dalle sabbie dei fiumi e
dai depositi alluvionali lungo le catene montuose del
Paese.
Da allora questa attività non è mai cessata, sia pure con alti e bassi, in contesti diversi. Durante la colonizzazione spagnola si intensifica l’estrazione di
oro e argento con l’apertura di nuove miniere accompagnate dalla creazione di insediamenti urbani. Segue un periodo di decadenza fino all’inizio del
‘900 quando invece entrano in campo alcune grandi compagnie minerarie. In particolare SouthAmerican Development Company (SADCO) avvia
l'esplorazione, sviluppo e produzione della miniera
d’oro di Portovelo, che rimarrà in attività fino al 1950,
con una produzione stimata di 3.500 chili.
Successivamente il giacimento viene acquisito da
una compagnia (Cima) a capitale misto (pubblico
e privato) che continuerà ad operare per una quindicina di anni producendo 375.000 once di oro ma,
a partire dal 1965, la produzione comincia a diminuire e nel 1978 la miniera passa nelle mani dello Stato fino alla sua liquidazione nel 1992. Intanto nel 1941 un’altra filiale di SADCO, la Cotopaxi
Exploration Company, avvia l'esplorazione e lo
sfruttamento del giacimento di Macuchi. Anche
questo resterà attivo per una decina di anni producendo 3.000 kg di oro e 24mila tonnellate di rame, prima di cessare l’attività. Altri piccoli e medi
operatori minerari si attivano nel Paese. Tra questi, quelli di maggior successo sono Outokumpu,
a capo del consorzio (Compagnia Minerario Toachi) che tra il 1975 e il 1981 riesce a produrre
20.000 tonnellate di argento e concentrati di rame,
zinco, argento ed oro. Significativi quantitativi di
piombo ed argento vengono estratti e concentrati nel sito di San Bartolomeo il cui sfruttamento dura per tre anni, dal 1991 al 1994, ad opera di un
consorzio giapponese-canadese con lo scavo di
una vena sotterranea.
Passi indietro negli anni ‘80
A partire dagli anni ’80 la produzione aurifera su
scala industriale decade con l’impoverimento dei
giacimenti. Ma le miniere abbandonate di Portovelo e altre località continuano ad essere sfruttate da
piccole cooperative e famiglie che provvedono anche in qualche modo all’estrazione del metallo con
metodi rudimentali e altamente tossici (ad esempio
con largo impiego di mercurio). In alternativa conferiscono il materiale di scavo a piccoli impianti di
estrazione del metallo. Vengono scoperti anche alcuni piccoli e medi giacimenti con contenuti che
vanno dalle 100.000 alle 200.000 once di oro con
volumi di rocce estratte che vanno dalle 30 alle 130
tonnellate al giorno, sfruttati da piccole società minerarie. Nel 2009, la produzione aurifera di questi
giacimenti è stata di 15 tonnellate e si prevede che
possa salire a 17 tonnellate nel 2010.
Ma questa è solo una faccia della medaglia. Una
serie di esplorazioni effettuate negli anni ‘90 dai servizi geologici statunitensi e svedesi evidenzia la presenza di aree con un grosso potenziale (soprattutto oro, argento, zinco e rame) nel sud del Paese che
attraggono l’attenzione di una miriade di gruppi minerari stranieri. Il Governo decide di detassare chi
è disposto ad investire e di cedere centinaia di concessioni a bassissimo prezzo. Senza peraltro ottenere risultati di rilievo anche perché le aree più promettenti sono di difficile accesso e sono pochi gli
operatori realmente intenzionati ad accollarsi i costi di esplorazione e quelli connessi alla costruzione delle miniere.
Una nuova fase
Negli ultimi anni però, con il forte rialzo nel prezzo
delle materie prime, nel Paese tornano ad affacciarsi alcuni grandi gruppi minerari mondiali tra cui Kinross, Dynasty Metals & Mining, Iamgold (Canada), Tongling Nonferrous (Cina), International
Minerals (USA), Andean Gold (Australia) che hanno identificato una serie di grandi giacimenti di rame, oro e argento il cui sfruttamento dovrebbe essere avviato nei prossimi anni.
L’Ecuador (associato all’OPEC) è anche un importante produttore di idrocarburi, con un volume di
estrazione pari a 470mila barili di petrolio al giorno
che coprono il 60% delle esportazioni del Paese
(circa 350mila barili al giorno) mentre le royalties
coprono il 70% del bilancio dello Stato. Ma proprio
in questo settore ha fatto un’esperienza particolarmente negativa sotto il profilo ambientale a causa
dei danni provocati dalle compagnie internazionali. In particolare è tuttora in corso una battaglia legale con il gruppo Chevron-Texaco accusato di
avere provocato un vero e proprio disastro ambientale nei territori localizzati in prossimità dei suoi
giacimenti nella foresta amazzonica. Si tratta di
una class action per il valore di 27 miliardi di dollari promossa da un raggruppamento di 30mila abitanti locali.
ECUADOR
10mila anni di storia
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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Il rilancio dell’economia è stato agevolato dal rialzo del
prezzo del petrolio, ma sono in ripresa anche le vendite
all’estero dei prodotti agricoli e della filiera della pesca.
L’Ecuador prevede di chiudere il 2010 con
una crescita del PIL pari al 2,3%, guidata
da un recupero nella produzione petrolifera e nelle esportazioni.
L’economia del Paese è fortemente basata sulla vendita all’estero di materie prime:
il 92% si concentra su quattro prodotti base: petrolio, banane, gamberi e fiori naturali. Di questi prodotti il petrolio rappresenta la quota maggioritaria (62%).
Nel primo semestre del 2010 le esportazioni del Paese sono ammontate a 8,4 miliardi di dollari con un aumento rispetto allo
stesso periodo del 2009 del 41%. In parti-
ECUADOR
Riprendono le esportazioni, Italia primo
partner commerciale nell’Unione Europea
colare, gli introiti derivanti dall’esportazione di petrolio hanno registrato una crescita del 73%, come risultato dell’aumento dei
prezzi internazionali. Anche i prodotti non
petroliferi, hanno evidenziato una crescita
rilevante (+15,6%). Nello stesso periodo,
le importazioni hanno sommato 9 miliardi
di dollari, con un incremento superiore al
27%. Il deficit commerciale si è sostanzialmente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2009, anche in seguito a misure
mirate al contenimento delle importazioni
adottate dal Governo. Per le importazioni
è da rilevare la forte incidenza di combu- Le esportazioni dell’Equador in milioni di dollari
Petrolio e derivati
Altri prodotti
Banane
Gamberi
Altri prodotti derivati del pesce e
frutti di mare (trasformati
Fiori
Cacao ed elaborati
Manufatti di metallo
Tonno e pesce
Veicoli
Manufatti derivati dal tessile
Chimici e Farmaci
Frutta e succhi conservati
Legno
Caffè ed elaborati
Farina di pesce
Altri non tradizionali
Totale
TOTALE
8.328
2009
6 mesi
Gen.- Giu.
2.689
1.303
613
976
317
2007
12 mesi
686
469
239
304
169
383
84
116
150
149
123
61
1.144
5.993
14.321
337
283
150
120
121
127
85
59
78
63
49
35
471
3.271
5.960
2010
6 mesi
Gen.- Giu.
4.670
+ 73,67%
1.101
365
314
313
206
150
128
112
99
87
89
84
61
48
616
3.773
+ 15,35%
8.443
+ 41,66%
Fonte: Banca Centrale dell’Equador - Bollettino luglio 2010
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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si svantaggiato rispetto agli altri Paesi
della Comunità Andina che hanno già
sottoscritto un Accordo analogo con l’UE
e che nell’arco dei prossimi dieci anni
dovrebbero avvantaggiarsi di una progressiva riduzione dei dazi comunitari
sulle banane, con un’incidenza iniziale
di 3 euro per tonnellata nel primo anno,
per poi passare a 5 euro il terzo e raggiungere i 39 euro alla scadenza del decimo anno. Analogo interesse per la
conclusione dell’Accordo con la UE viene posto da parte dei produttori di tonno (una delle principali voci dell’export
del Paese con un importante polo di lavorazione localizzato nella città di Manta), di gamberi e di fiori. Allo stato attuale con l’Unione Europa risulta vigente il
Sistema Generalizzato di Preferenze
(SGP Plus) ed l’Accordo che regola la
cooperazione sia finanziaria che tecnica.
Gli Stati Uniti si collocano al primo posto nella classifica dei Paesi fornitori
dell’Ecuador con una quota pari a circa
il 26%, seguiti da Colombia (10,4%), Perù (5,5%), Brasile (4,4%), Messico (4%)
e Giappone (3,6%). L’Italia, con una
quota dell’1,4%, si colloca all’11º posto
a livello mondiale tra i Paesi fornitori, ECUADOR
stibili e carburanti. Uno dei progetti prioritari dell’Ecuador per la riduzione di questa
componente è la costruzione di una grande raffineria ed eventualmente anche di un
polo petrolchimico per lavorare il petrolio
estratto nel Paese ed esportarne i prodotti anche in direzione dei Paesi contigui.
Il principale Paese di destinazione delle esportazioni ecuadoriane sono gli
Stati Uniti, con una quota che è passata dal 36,6% del totale, registrata nel primo semestre 2009, al 33,7% dello stesso periodo del 2010.
Seguono, a distanza: Perú (7,2%), Venezuela (5,9%) e Colombia (4,3%).
L’Italia (3,9)% rappresenta il quinto
mercato in ordine d’importanza. All’inizio del 2011 è prevista la ripresa dei
negoziati per arrivare alla stipula di un
Trattato Commerciale con l’Unione Europea che dovrebbe prevedere anche
importanti contenuti di cooperazione. La
questione è seguita con particolare attenzione dall’Associazione dei Produttori di Banane, che prevede notevoli difficoltà nel mantenere l’attuale volume di vendite alla UE (pari a circa 80 milioni di tonnellate annue), qualora non si
giunga rapidamente alla firma dell’Accordo. Infatti, l’Ecuador rischia di trovar-
Le importazioni dell’Equador
Beni di consumo non durevoli
Beni di consumo durevoli
Totale beni di consumo
2.498,7
1.614,8
4.113,6
1.984,9
1.255,2
3.240,1
2010
6 mesi
Gen.- Giu.
1.047,1
881,4
1.928,6
Materie prime per l’agricoltura
Materie prime per l’industria
Materiali da costruzione
Totale materie prime
886,7
4.988,2
522,4
6.397,4
670,2
3.803,6
547,2
5.021,1
400,0
2.374,0
295,0
3.069,1
15,1
72,3
40,5
Combustibili e lubrificanti
Beni strumentali per l’agricoltura
Beni strumentali per l’industria
Attrezzature per trasporto
Totale beni strumentali
Altri prodotti
TOTALE
2008
12 mesi
3.391,6
92,9
2.991,1
1.683,5
4.767,6
18.685,5
2009
12 mesi
2.639,4
95,7
2.740,3
1.284,0
4.120,1
15.093,2
1.683,0
39,0
1.472,9
770,7
2.282,8
9.004,3
Fonte: Banca Centrale dell’Equador - Bollettino luglio 2010
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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Export FOB
Import CIF
Saldo Bilancia Commerciale
2009
12 mesi
217,8
577,2
- 359,4
2010
6 mesi
Gen.- Giu.
126,4
332,7
- 206,3
Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador
I principali prodotti esportati in Italia
dall’Ecuador (milioni di dollari)
Banane
Gamberi, pesce e conserve, frutti di mare
e altri prodotti
Rose
Cacao
Gypsophilia (Fiori)
Ananas
Altri
TOTALE
2010
Gen.- Giu.
229,8
67,2
8,3
5,7
3,6
1,2
169
332,7
Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador
I principali prodotti esportati dall’Italia
in milioni di dollari
Antibiotici e medicine diverse
per uso umano
Macchine e componenti lavorazione
plastica
Macchine per riempire bottiglie
Urea
Macchine per pasta alimentare
Lucchetti e sistemi di chiusura
Alcool etilico
Macchine per impacchettare a vuoto
Valvole
Totale principali 12 voci
Diversi
TOTALE
2010
Gen.- Giu.
8,2
6,5
5,0
8,4
3,3
3,2
1,9
1,7
1,4
41,3
85,1
126,4
Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador
mentre si trova al secondo posto tra i
paesi UE fornitori, dopo la Germania e
prima della Spagna.
Nel primo semestre 2010, le esportazioni della UE verso l’Ecuador hanno totalizzato 829 milioni di dollari con un incremento dell’11% rispetto al primo semestre 2009. Le esportazioni ecuadoriane
verso l’UE hanno totalizzato, nel primo
semestre 2010, 1.185 milioni di dollari,
con una crescita del 16%, rispetto allo
stesso periodo del 2009.
L’Italia si colloca al primo posto tra i
clienti europei dell’Ecuador e rimane
al primo posto per quanto riguarda il
volume totale dell’interscambio. Le
due componenti principali delle nostre
importazioni sono le banane e i prodotti
ittici. Nel semestre in esame, i rapporti
economici e commerciali tra Italia ed
Ecuador si sono consolidati, con un interscambio totale di USD 459,1 milioni ed un
incremento del 20,4% rispetto allo stesso periodo 2009. Le esportazioni italiane
verso l’Ecuador hanno registrato un totale di 126,4 milioni, presentando una
crescita del 15,2%, mentre le importazioni italiane sono state pari a USD 332,7
milioni, con un incremento del 16%.
Le esportazioni italiane verso l’Ecuador
sono invece molto più diversificate anche se prevalgono i prodotti della meccanica strumentale. Interessante anche
il dato riguardante medicinali e antibiotici. E’ da rilevare che nel predetto settore il Governo ecuadoriano ha anche
introdotto una serie di misure per l’ampliamento ed il potenziamento dell’industria locale attraverso sussidi ed agevolazioni creditizie e fiscali.
Questa volontà di consolidare e di fare
crescere il contesto produttivo locale
rappresenta una delle opportunità più interessanti anche per le imprese italiane
intenzionate ad estendere la loro presenza internazionale in questa area del
mondo. Si segnalano, ad esempio, le opportunità di forniture e di collaborazione
tecnica ed industriale che si offrono sia
nei settori individuati dal Piano di Sviluppo dell’Ecuador, sia in altri segmenti di
mercato, quali ad esempio: la filiera della fabbricazione dei mobili e più in generale del sistema casa (apparecchi d’illuminazione e articoli d’arredamento), le
filiere della gioielleria e degli accessori
di moda, i prodotti editoriali. Aperture interessanti si registrano anche nella produzione-assemblaggio e importazione
diretta di valvole, pompe, macchine tessili, per l'industria del cuoio, per le parti
in plastica per serre, attrezzature elettriche e per l'industria del cemento.
Rilevanti possibilità sono offerte anche ECUADOR
Interscambio Italia - Ecuador
in milioni di dollari
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
11
con cui, peraltro, è possibile stabilire
rapporti d’associazione. Si aggiungono
i diversi progetti del Paese nel settore
medico-ospedaliero che richiedono di
forniture specializzate ma anche di un
supporto tecnico di consulenza.
LE ZONE FRANCHE DELL’ECUADOR
Le aziende interessate a consolidare una presenza in Ecuador possono avvalersi dei vantaggi offerti dall’insediamento nelle diverse Zone Franche del Paese, tra cui citiamo:
- Zona Industriale di Esmeraldas (Zofree);
- Zona Commerciale e Industriale in Montecristi (Zoframa);
- Zona Franca Metropolitana (Metrozona) nel
Barrio San Vicente, Yaruquì, Provincia di Pichincha.
Tra i benefici tributari delle zone franche si evidenzia l’esonero con durata ventennale, eventualmente rinnovabile, dalle seguenti imposte:
• valore aggregato (IVA);
• imposta d’affitto;
• imposta provinciale e municipale;
• uso di brevetti e marchi per il trasferimento
tecnologico.
Le zone franche, sono amministrate da società private o a capitale misto sotto la vigilanza
del Consejo Nacional de Zonas Francas
(http://www.conazofra.gov.ec).
In parallelo, va segnalato che l’Assemblea Nazionale ha recentemente approvato un nuovo
“Codice della Produzione”, a seguito del quale
si attende l’emanazione di una serie di risoluzioni e regolamenti, che dovrebbero definire gli
sgravi fiscali non solo per chi investe nelle zone franche, ma anche in quelle più arretrate. Un
altro obiettivo del Codice è di semplificare e
rendere più trasparenti i rapporti del settore privato con le pubbliche amministrazioni.
ECUADOR
da contratti con il Governo, vista l’espansione della spesa Pubblica e la mancanza nel Paese d’infrastrutture. Il tutto tenendo però conto del fatto che le attuali disposizioni legislative favoriscono la
posizione delle imprese ecuadoriane
IL REGIME DOGANALE DELL’ECUADOR
La struttura delle tariffe doganali è mirata a proteggere l’economia locale ed a ridurre
lo squilibrio della bilancia commerciale. I dazi, quindi variano da prodotto a prodotto.
La struttura dei dazi per voce doganale può essere verificata nel sito Internet:
http://www.comexi.gov.ec/reforma_arancela
ria.shtml.
I dazi integrati possono essere consultati sul sito della Dogana ecuadoriana:
http://sice1.aduana.gov.ec/ied/arancel/index.jsp.
Allo scopo di promuovere lo sviluppo industriale lo Stato concede un trattamento speciale per
l’importazione di beni strumentali. Il medesimo
trattamento vale per le materie prime che non
sono prodotte nel Paese.
Le importazioni sono soggette anche al pagamento di una tassa di magazzinaggio e di imposizioni per la prestazione di servizi in dogana. A queste vanno aggiunte l’IVA e l’Imposta sui
Consumi Speciali, da cui sono però escluse le
importazioni dai Paesi della Comunità Andina.
Infine, va anche pagato un contributo all’Ente
Responsabile dello Sviluppo dell’Infanzia, sempre calcolato su una base percentuale. Nel 2009
è entrata in vigore una risoluzione che ha introdotto sovrattasse doganali (in parte ridotte nel
gennaio 2010) o imposizioni di quote su numerosi prodotti di consumo.
Per maggiori informazioni consultare:
http://www.comexi.gov.ec/resoluciones2009
.shtml.
Sui documenti d’importazione e sui certificati
d’origine, sulle analisi di laboratorio e sui certificati sanitari, soprattutto per l’ingresso dei beni di consumo e/o prodotti alimentari, sono esercitati controlli in dogana. Alcuni prodotti hanno
bisogno della Certificazione ISO (ad esempio la
ceramica). In generale, il sistema doganale
comporta ancora numerosi ostacoli dovuti principalmente ai tempi d’attesa per lo sdoganamento delle merci e al coinvolgimento della
competenza di diverse Entità amministrative.
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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Al via primo stabilimento
pneumatici Pirelli
Sarà localizzato nel distretto dell’auto dello Stato di
Guanajuato. Obiettivo: rafforzare la presenza e migliorare i
margini sul mercato nordamericano. In Messico si producono
2,1 milioni di vetture all’anno destinate prevalentemente
all’esportazione in USA. Il Gruppo continua a crescere anche
in Sudamerica dove è leader di mercato
Messico, ma soprattutto Stati Uniti: con
la costruzione di un nuovo stabilimento
localizzato nel parco logistico industriale di Silao, nello Stato di Guanajuato,
nel centro del Messico, Pirelli si accinge a rafforzare la sua posizione sul mercato nordamericano, con particolare riguardo agli Usa dove attualmente è presente nel segmento dei pneumatici di
gamma alta destinati a Suv e vetture di
elevate prestazioni commercializzati attraverso una rete (che sarà rafforzata)
di venditori specializzati. Attualmente la
produzione venduta negli Usa proviene
in gran parte dagli stabilimenti brasiliani di Bahia e Campinas, a cui si aggiungono gli pneumatici prodotti nello stabilimento americano localizzato a Rome in
Georgia e quelli importati dalle fabbriche in Europa e Cina.
L’importazione dal Brasile è però penalizzante, sotto il profilo dei margini e della competitività per due motivi: i costi logistici elevati e i dazi pari al 4% in media. Il primo obiettivo della nuova fabbrica messicana è quindi di annullare questo svantaggio. Il Messico, infatti, si è
affermato in questi anni come piattaforma produttiva (assemblaggio vetture e
produzione componenti) per il mercato
statunitense per una concomitanza di
fattori: gli accordi NAFTA (North America Free Trade Agreement) che consen-
MESSICO
COMPONENTISTICA AUTO
tono l’esportazione in esenzione di dazio, la vicinanza con gli Stati del Sud con
una riduzione dei tempi di consegna e i
costi industriali favorevoli. Attualmente
la produzione automobilistica messicana ammonta a circa 2,1 milioni di veicoli destinati per il 79% all’esportazione,
ma si prevede che entro il 2015, salirà
a 3 milioni. Nel Paese operano otto produttori di pneumatici con una produzione annua pari a circa 18 milioni di pezzi, a fronte di circa 25 milioni di pezzi
venduti sul mercato di prima installazione e dei ricambi. Tra le grandi multinazionali del settore sono presenti Michelin, che in passato aveva previsto di costruire un secondo stabilimento proprio
a Silao, Bridgestone Firestone, con
due fabbriche, Continental, Cooper Tyre in partnership con Corporacion de
Occidente e l’indiana JK (gruppo Singhania) con tre stabilimenti. Ma anche
le importazioni di pneumatici cinesi sono cresciute nelle stesse proporzioni.
Per questo motivo le autorità messicane hanno deciso di fissare un dazio del
15% sugli pneumatici provenienti dalla
Cina. E anche in Usa, dove le fabbriche
messicane possono esportare liberamente, le importazioni di pneumatici dalla Cina sono state colpite da dazi compensativi che per alcuni prodotti raggiungono il 35%.
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Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
13
La nuova fabbrica Pirelli, per la quale è
previsto un investimento di 210 milioni di
dollari, sorgerà su un’area di 120mila
m2, su un terreno disponibile di 600mila mq2, quindi con la possibilità di ulteriori ampliamenti. Il piano operativo prevede la produzione di 3,5 milioni di pneumatici di gamma alta (High-performance
e Ultra High-Performance) per auto e
Suv a partire dal 2013, per poi andare a
regime nel 2015 con una produzione di
5 milioni di pezzi l'anno. Nei piani della
società saranno destinati per circa il 75%
al mercato dei ricambi e per la quota restante al primo equipaggiamento. Gli
Stati Uniti sono il primo obiettivo, ma una
quota significativa sarà destinata anche
al mercato locale, che è in crescita e che
è caratterizzato da un parco vetture composto, per circa il 45% , da Suv e da vetture di cilindrata elevata importate dagli
Usa, oltre che da veicoli prodotti da
aziende locali, che richiedono l’uso di
pneumatici "premium", segmento di focalizzazione della produzione Pirelli. Lo
stabilimento dovrebbe impiegare, nella
prima fase, circa 700 dipendenti a cui si
aggiungono circa 300 posti di lavoro nell'indotto. La società ha anche annunciato l'intenzione di concludere un accordo
di collaborazione con Università e Centri di ricerca che entreranno a far parte
del nuovo polo tecnologico e scientifico
dello Stato di Guanajuato, che si sta affermando come uno dei principali ‘cluster’ dell’industria automobilistica messicana con 135 aziende operanti nel settore, per un investimento aggregato superiore ai 5 miliardi di dollari e un’occupazione valutata in 43mila unità.
In Brasile 5 stabilimenti
e un centro R&S
L’operazione messicana avrà un effetto
indiretto anche sull’attività di Pirelli Tyres in Sudamerica (Brasile, Argentina,
Cile, Colombia ecc.) dove il gruppo ope-
ra in posizione di leadership e ricava circa il 35 % del fatturato. Renderà infatti
disponibili i quantitativi attualmente
esportati in Usa per coprire la domanda
locale in forte aumento grazie ad un
mercato dell’auto che sta crescendo
mediamente con tassi annui superiori al
6%. In particolare Pirelli è leader sul
mercato di gran lunga più consistente,
quello brasiliano, dove ha in corso un
piano pluriennale di investimenti per 300
milioni di dollari. Nel Paese opera su 5
stabilimenti e copre tutte le fasce di mercato, incluso il settore cosiddetto T per
vetture di piccola cilindrata dove sta tornando a farsi sentire la concorrenza cinese agevolata dalla continua rivalutazione del Real, la moneta brasiliana. Ma
anche il mercato brasiliano sta cambiando, con una domanda crescente di
pneumatici high e ultrahigh performance per Suv e vetture di maggiore cilindrata. In Brasile, Pirelli prevede anche,
all'interno del piano d'investimento, di
creare un polo tecnologico specializzato per la ricerca e sviluppo negli pneumatici per veicoli speciali (agricoltura e
movimento terra) che consentono margini unitari mediamente superiori.
Gli altri stabilimenti in Sudamerica sono
localizzati in Argentina, dove Pirelli ha
avviato un piano di investimenti di 100
milioni di dollari per aumentare la capacità produttiva dello stabilimento di Merlo dagli attuali 5 milioni ad oltre sei milioni di pneumatici entro il 2013, e in Venezuela.
Questo Paese, fortemente protetto da
dazi e altre barriere doganali consente ai
produttori locali margini particolarmente
consistenti nonostante un costo del lavoro elevato. Pirelli è presente con uno stabilimento che ha una capacità produttiva di circa un milione di pezzi annui destinati esclusivamente al mercato interno. E’da rilevare che anche in Venezuela, grazie a un prezzo dei carburanti che
consiste di fare il pieno con circa un dollaro, c’è un vasto parco di vetture di seconda mano di cilindrata elevata.
www.ambcittadelmessico.esteri.it
MESSICO
Segmenti high e ultra-high
Leggi gli aggiornamenti su
www.notiziariofarnesina.ilsole24ore.com
Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
14
L’industria delle costruzioni, un settore
chiave per l’economia italiana, ha sofferto nel 2009 una forte crisi sul mercato interno con la perdita di 250mila posti di lavoro nel 2009, secondo i dati forniti dall’ANCE (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) agli inizi di dicembre in occasione degli Stati Generali dell’Edilizia.
Fa però eccezione l’attività estera, come documentato anche da un recente
rapporto presentato alla Farnesina.
(http://www.notiziariofarnesina.ilsole
24ore.com/archivio_newsletters/New
sletter_22112010.pdf).
L’esiguità del mercato interno dei lavori
pubblici, i ritardi di pagamento di molte
Amministrazioni, la stretta creditizia innescata dalla crisi finanziaria pongono,
almeno in apparenza, le imprese italiane in posizione di svantaggio rispetto a
molti competitor europei. Eppure i successi non mancano. Su questi temi, Diplomazia Economica Italiana ha intervistato Giandomenico Ghella, Presidente del Comitato Permanente per i lavori
all’estero di ANCE.
Le difficoltà di credito denunciate dai
costruttori italiani sono soltanto contingenti, o riguardano anche la possibilità di finanziare ad esempio le gare per concessioni stradali e altre operazioni a medio lungo termine?
Che ci sia una difficoltà congiunturale
delle Istituzioni Finanziarie nell’erogazione del credito è drammaticamente
evidente in questo terzo anno di terribile crisi mondiale. Se i Governi hanno fatto complessivamente la loro parte nell’immettere enormi liquidità nel sistema,
questa liquidità - anche per i nuovi requisiti patrimoniali imposti da Basilea 3
- si è in gran parte fermata nelle banche
per bilanciare e attutire le insolvenze,
non sempre e non interamente esplicitate, ereditate dalla bolla pre-crisi, quando il credito veniva erogato dalle banche
alle famiglie e alle imprese senza suffi-
cienti garanzie. Nello specifico caso delle concessioni, e ancora più nelle iniziative immobiliari, ciò che frena le banche
dall’investire a fianco delle nostre imprese è senz’altro la redditività attesa, che
in periodi così incerti non può non preoccupare. E’ pur vero che le imprese italiane, rispetto ai maggiori concorrenti europei, escono particolarmente indebolite patrimonialmente dalle avversità dell’ultimo decennio di mercato interno che
le ha viste sopravvivere (salvo l’Alta Velocità) in assenza di investimenti pubblici significativi, con una legislazione penalizzante, un sistema di assegnazione
al massimo ribasso, una Committenza
Pubblica pessima pagatrice e che si fa
addirittura finanziare dalle imprese. In
questo senso, le nostre imprese, spesso fragili patrimonialmente, hanno effettivamente un handicap rispetto ad altre
realtà europee nel concorrere in concessioni infrastrutturali.
COSTRUZIONI
Anche i piccoli possono vincere
all’estero
SISTEMA ITALIA
La scarsa presenza italiana nell’edilizia civile (all’estero) è dovuta al fatto
che il segmento è poco remunerativo?
Non è facile dare una risposta universale. E’ però vero che il mercato dell’edilizia, sostanzialmente a committenza privata, è generalmente frammentato e
quindi poco attraente per una nostra impresa che ha bisogno, per impiantarsi all’estero e garantirsi dall’inizio, di volumi
di lavoro significativi. Altrettanto vero è
che l’edilizia, il più delle volte, è a bassa
tecnologia ed è quindi naturale appannaggio delle imprese locali che praticano ovviamente prezzi più competitivi di
chi viene da fuori. Oltretutto in certi Paesi, le nostre imprese partono aggravate
da standard di qualità e sicurezza molto
superiori a quelli del Paese ospitante.
Per il futuro, non si può dire. A parte i
grandi progetti di edilizia tecnologica (come i grattacieli su cui però noi italiani abbiamo poca esperienza in casa nostra) Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
15
Mediamente le grandi imprese italiane sono più piccole di quelle tedesche
o francesi: il dato costituisce un handicap competitivo?
La risposta non è univoca. Se guardo alle statistiche europee non c’è dubbio che
in tutti i Paesi Europei sono le grandi imprese quelle che vanno all’estero e ottengono risultati rilevanti e di lungo periodo. D’altra parte è abbastanza intuitivo che ci vogliono fatturati (ed utili) rilevanti per investire in missioni, studi e promozioni all’estero. Se però guardo alle
nostre statistiche nazionali, noto con ammirazione quante piccole e medie imprese italiane, costrette dall’asfittico mercato domestico a cercare fatturati all’estero, hanno accresciuto significativamente la loro presenza all’estero con tassi di
crescita eccezionali come evidenziato
dalla recente indagine dell’ANCE (di cui
riproduco una significativa tabella). Questa incredibile capacità di adattamento
dei nostri imprenditori, anche piccoli in
termini di fatturato, è una ricchezza per
il nostro Paese.
Le difficoltà finanziarie delle imprese
italiane ad acquisire imprese locali all’estero sono un handicap competitivo?
Classi di
fatturato
(milioni
di euro)
Fino a 50
51 - 100
101 - 250
251 - 500
Oltre 500
Totale
Non credo sia un handicap, ma soprattutto non credo che ci sia una difficoltà
finanziaria dietro all’indubbia ritrosia del-
Crescita
cumulata
fatturato
nazionale
31,5%
- 13,2%
38,4%
- 24,15%
- 12,4%
- 8,8%
Tasso
Medio
Crescita
235,6%
1005,2%
155,1%
1,5%
154,6%
140,8%
Crescita
cumulata
fatturato
estero
5,6%
- 2,8%
6,7%
- 5,4%
- 2,6%
- 1,8%
Tasso
Medio
Crescita
27,4%
61,7%
20,6%
0,3%
20,6%
19,2%
le nostre imprese ad acquisire il controllo di imprese locali in mercati “ricchi” come negli Stati Uniti o “potenzialmente in
crescita” come quelli dell’Est Europeo,
dove francesi, tedeschi e anche spagnoli hanno acquisito partecipazioni in società locali. Credo invece che, semmai,
questa ritrosia si spieghi con la struttura
fortemente familiare che prevale ancora
oggi nelle imprese italiane e che fa prevalere gli aspetti industriali su quelli finanziari. Mi spiego meglio. Tutti sappiamo che per essere competitivi all’estero
bisogna essere “locali”. Su questo non
c’è dubbio. Ma questa caratterizzazione
non si raggiunge solo comperando dei
pacchetti azionari d’imprese esistenti
(operazione fondamentalmente finanziaria); si può fare anche creando una filiale o succursale della propria impresa italiana, assumendo quindi direttamente la
guida e la responsabilità delle operazioni all’estero: “mettendoci la faccia” come si suol dire (operazione fondamentalmente industriale). A me pare che i nostri imprenditori preferiscano questa seconda scelta (industriale).
COSTRUZIONI
credo che le nostre imprese, particolarmente le medio-piccole, potranno trovare nuovi spazi di competizione all’estero
nell’edilizia con il diffondersi della domanda di maggiori standard tecnologici
come il risparmio energetico e la domotica, in cui il nostro Paese ha certamente delle competenze.
La minore presenza italiana (rispetto
a imprese tedesche) in Asia, Australia e Nordamerica è strutturale?
La minor presenza è solo apparente. O
meglio, è legata ad una lettura eccessivamente finanziaria che si vuol dare ai
bilanci dei nostri grandi concorrenti europei, bilanci che andrebbero invece letti con occhio più industriale. In Germania, il leader del mercato Hochtief, ha
dichiarato oltre 20 miliardi di euro di fatturato nel 2009, di cui circa 7 realizzati
negli Stati Uniti e 9 in Australia. Ora
questi valori derivano dal consolidamento nel bilancio Hochtief dei fatturati di Turner in Usa e di Leigthon in Australia. Nessuno contesta la validità finanziaria di questi investimenti, ma cosa c’è di effettivamente tedesco in questi 16 miliardi di fatturati esteri di Hochtief? L’assurdo è che, come noto, è in
atto un take over aggressivo da parte
della spagnola ACS su Hochtief che ha
messo in fibrillazione il sistema industriale tedesco e costretto la stessa
cancelliera Merkel a promettere il suo
appoggio in difesa del campione nazio- Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010
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Nel 2011 su quali Paesi intende puntare per le missioni all’estero dell’ANCE?
COSTRUZIONI
nale. Eppure, se l’operazione riuscisse
con poco più di una firma dal notaio per
il passaggio delle azioni, ACS pianterebbe la bandiera spagnola su questi
stessi fatturati assumendo la leadership
europea delle imprese di costruzioni.
Ma in realtà, sul piano industriale, non
sarebbe cambiato molto: solo passaggi di carta. Con questo non voglio dire
che la nostra industria non deve accrescere le proprie quote di mercato estero: dico che lo deve fare con una vera
competizione e non con operazioni cartacee o di Borsa.
Sono gli organi associativi a decidere
sulla base delle puntuali indicazioni dei
nostri associati. Ma c’è anche un forte
coordinamento attraverso il Ministero
degli Esteri con le missioni governative e naturalmente con Confindustria,
di cui facciamo parte. Quello che posso
certificare è che stiamo costruendo con
serietà e determinazione una cosiddetta filiera italiana che veda le nostre imprese andare all’estero non singolarmente come in passato ma insieme alle società di ingegneria, ai concessionari, ai grandi operatori pubblici come le
FFSS e alle istituzioni finanziarie. Ed in
questo contesto, il ruolo della nostra rete diplomatica all’estero è prezioso ed
apprezzato.
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