Newsletter n.63 del 23 Dicembre 2010
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Newsletter n.63 del 23 Dicembre 2010
n. 19 Anno 4° - 23 dicembre 2010 E C O N O M I A , N O R M AT I V E , O P P O R T U N I T À E O B I E T T I V I A L L’ E S T E R O P E R L E I M P R E S E I TA L I A N E Ecuador: sì ai privati ma con più equità e maggiore rispetto dell’ambiente Sommario ECUADOR Nel 2011 un nuovo decollo per l’industria mineraria pag 5 10mila anni di storia pag 8 Un Paese e un Governo intenzionati a utilizzare le consistenti risorse petrolifere e minerarie di cui dispongono per diversificare la propria economia ed estendere il benessere a strati più larghi della popolazione. Sulla svolta in atto nell’Ecuador e sulle nuove opportunità che si aprono anche alle imprese del nostro Paese, Diplomazia Economica Italiana ha intervistato l’Ambasciatore italiano a Quito, Emanuele Pignatelli. a pagina 2 Riprendono le esportazioni, Italia primo partner commerciale nell’Unione Europea pag 9 Le zone franche dell’Ecuador pag 12 Il regime doganale dell’Ecuador pag 12 MESSICO Al via primo stabilimento pneumatici Pirelli pag 13 Veduta di Quito, capitale dell’Ecuador, capoluogo della provincia di Pichincha e sede del Distrito Metropolitano de Quito. COSTRUZIONI Anche i piccoli possono vincere all’estero pag 15 MESSICO: COMPONENTISTICA AUTO Al via primo stabilimento pneumatici Pirelli Sarà localizzato nel distretto dell’auto dello Stato di Guanajuato. Obiettivo: rafforzare la presenza e migliorare i margini sul mercato nordamericano. In Messico si producono 2,1 milioni di vetture all’anno destinate prevalentemente all’esportazione in USA. Il Gruppo continua a crescere anche in Sudamerica dove è leader di mercato. a pagina 13 Realizzata dal Sole 24Ore in collaborazione con la Direzione generale per la promozione del sistema Paese della Farnesina – [email protected] Il Presidente Correa lo ha definito come il “Socialismo del XXI secolo”. Il termine è legato alla volontà di affrontare la dimensione sociale del Paese in direzione di uno sviluppo più sostenibile e di una distribuzione più equa della ricchezza. Per ottenerlo, le attese sono anche concentrate sul coinvolgimento di capitali e investimenti privati, anche dall’estero, cercando di creare adeguate regole del gioco. Il Governo ha infatti deciso di porre fine a decenni di ‘deregulation’ durante i quali, bisogna ammettere, la maggior parte delle imprese, tra le quali anche le minerarie e petrolifere, hanno fatto quello che volevano sotto lo sguardo tollerante delle Autorità. Ora è stata messa a punto una proposta di legge, recentemente approvata dall’Assemblea Nazionale con limitate modifiche, che prevede interessanti incentivi per i nuovi investimenti e facilitazioni doganali, ma anche impegni molto più vincolanti in tema di salari e di tutela ambientale, specie per quanto riguarda le imprese a maggior rischio di inquinamento. Molto comunque rimane da fare, soprattutto sotto il profilo delle procedure giudiziarie per garantire sicurezza agli investimenti privati. Fra l'Ecuador e l'Italia, comunque esiste un Accordo per la Protezione e la promozione degli investimenti del 2001 che peraltro, fino ad oggi, non è stato mai invocato. L’Ambasciatore italiano a Quito, Emanuele Pignatelli ECUADOR Come si può definire il modello di sviluppo dell’Ecuador? Rafael Vicente Correa Delgado, Presidente dell’Ecuador L’interesse del capitale straniero e delle compagnie minerarie internazionali per il Paese sta crescendo? Oltre al petrolio, l’Ecuador, è notoriamente molto ricco di risorse minerarie, anche se il loro sfruttamento è stato negli ultimi decenni di carattere semi-artigianale, sostanzialmente locale e quindi piuttosto limitato. La nuova legge di regolamentazione, approvata dall’Assemblea Nazionale lo scorso anno, dovrebbe aprire le porte ad uno sfruttamento più efficace e anche più sostenibile sotto il profilo ambientale, anche se manca ancora dei necessari regolamenti applicativi. Non sarà un compito agevole definire le regole del gioco, in quanto l’estrazione e la prima lavorazione dei metalli effettuate su base artigianale sono anche un’importante filiera di sostentamento delle popolazioni indigene benché effettuata in condizioni di sicurezza inadeguate. Recentemente, ad esempio, c’è stato un grave incidente in cui diversi minatori hanno perso la vita per il crollo di una galleria sotterranea inadeguatamente attrezzata. D’altra parte le stesse popolazioni indigene sono ostili a un intervento su larga scala delle grandi compagnie minerarie che vengono accusate di inquinare le risorse idriche con un impatto negativo sull’agricoltura e sull’economia locale. La riforma è invece completata nel settore dell’estrazione del petrolio e del gas, dove è ormai operante una nuova legislazione che sancisce e rafforza il principio delle proprietà dello Stato su queste risorse, introducendo la formula dei cosiddet- Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 2 Accanto al petrolio e al settore minerario esistono anche altre opportunità? Sì, uno degli obiettivi del Governo è di uscire dal circolo chiuso di un’economia che dipende, in misura consistente, dagli introiti petroliferi e che rischia di far sottovalutare altre potenzialità economiche. In questi anni lo Stato ha investito molto in infrastrutture. Oggi nel Paese la situazione dei porti e della rete stradale è notevolmente migliore rispetto ad alcuni anni fa e, grazie anche alla realizzazione di numerosi ponti, si sono ridotti i tempi degli spostamenti interni. A Quito è in costruzione un nuovo aeroporto internazionale. Ora il Governo intende anche diversificare le fonti di reddito. In particolare, intende sviluppare le attività industriali e di trasformazione per allungare la catena di creazione del valore ed anche per evitare l’eccessiva dipendenza dalle importazioni che gravano sul bilancio del Sistema Paese. Un esempio di questo vincolo si è avuto con il superamento da parte di questa economia della fase più acuta della crisi mondiale: nel corso dell’anno sono state vendute nel Paese quasi 130 mila nuove vetture di importazione. Non solo, ma molte di queste sono suv e auto di grossa cilindrata che beneficiano di un prezzo della benzina nel Paese fortemente sovvenzionato (con poco più di 2 dollari si comprano quasi 4 litri di Super) che grava sul bilancio dello Stato. Questo può sembrare un paradosso per un Paese esportatore di petrolio, ma bisogna tenere conto che in Ecuador esiste una sola grande raffineria, insufficiente per i crescenti consumi interni che deve soddisfare. I carburanti quindi, devono essere importati. Lo stesso avviene per molti beni che potrebbero esseri prodotti localmente. In questo contesto, anche le misure di sostegno alle famiglie meno abbienti promosse dal Governo, come i sussidi, si traducono paradossalmente in maggiori importazioni, con scarse ricadute sul resto dell’economia interna. Ora, il Piano di Sviluppo economico del Governo punta a far crescere, a valle del settore primario, le attività di trasformazione dei prodotti della pesca, i sistemi di acquicoltura, la filiera dei biocombustili e dell’industria forestale, la floricoltura e la trasformazione lattiera e ortofrutticola. Nel settore manifatturiero si punta sulla metalmeccanica e, in quello dei servizi, su tra- ECUADOR ti contratti di servizio con le compagnie petrolifere straniere. Questo tipo di contratti prevede una remunerazione del capitale e degli investimenti effettuati, in cambio della cessione allo Stato degli idrocarburi estratti. Il Governo ha terminato in queste settimane il riesame dei contratti di concessione pre-esistenti. In questo contesto, anche Eni ha ottenuto l’estensione fino al 2023 dei diritti di sfruttamento del campo di Villano e delle possibilità di nuove perforazioni. Il Governo ha terminato in queste settimane il riesame dei contratti di concessione con le compagnie petrolifere straniere Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 3 L’Ecuador è conosciuto come meta turistica solo grazie alle Isole Galapagos? Non solo ed oggi c’è di più. Il Paese sta cercando di sviluppare formule innovative di accoglienza che, accanto a quelle classiche dei grandi alberghi e dei villaggi turistici standardizzati, punta a valorizzare l’immenso patrimonio naturalistico della foresta Amazzonica e delle montagne della Regione Andina, caratterizzate da paesaggi spettacolari e da una ricchissima biodiversità. Queste formule innovative consentono ai turisti di entrare in contatto anche con la popolazione locale accedendo con mezzi privati o collettivi (jeep, aerei da turismo) a località difficilmente raggiungibili che vengono attrezzate per un’accoglienza comunque confortevole. Ad aprire la strada a queste formule ‘sostenibili’ di turismo sono state inizialmente alcune organizzazioni non governative, tra cui alcune italiane, ma ora si sono inseriti anche operatori turistici stranieri, tra i quali, svizzeri e francesi. E’ un’altra opzione interessante che indica come in Ecuador si stia facendo strada una mentalità particolarmente sensibile al contesto ambientale. Rientra in questa logica anche l’interessante proposta del Governo di lasciare intatte le risorse petrolifere localizzate nella grande Parco naturale dello Yasuni - ITT dove esiste una grande bio-diversita’ e dove sono state identificate, ad esempio, ben 644 specie diverse di piante, in cambio di un finanziamento internazionale che consenta al Paese di sviluppare altre risorse e altre attività in grado di sostituire gli introiti previsti dal petrolio. ECUADOR sporti e logistica, turismo, informatica, bancario. Nella maggior parte di questi comparti l’Italia può offrire, e in parte già offre, tecnologie e know how. Esportiamo infatti macchine tessili e macchinari per la lavorazione del marmo e del legno. L’Ecuador inoltre dispone di risorse umane con un costo ancora contenuto e offre a chi è disposto a investire, la possibilità di insediamento in aree industriali attrezzate (Free Trade Zone) posizionate strategicamente per le esportazioni nel resto del sub-continente, che godono di alcuni vantaggi fiscali e doganali. Ulteriori agevolazioni dovrebbero essere offerte dal nuovo Codice della Produzione e dai suoi Regolamenti di attuazione a chi deciderà di investire nelle zone più svantaggiate del Paese. Ci sono consistenti opportunità di affari anche nel settore della raccolta e trattamento dei rifiuti. Recentemente l’Ambasciata, assieme all’Associazione dei Comuni dell’Ecuador, ha organizzato un seminario per presentare le tecnologie italiane in questo settore. Sono intervenuti un’ottantina di rappresentanti delle principali Amministrazioni municipali del Paese e si prospettano interessanti sviluppi. Il Paese sta cercando di sviluppare formule innovative di accoglienza che, accanto a quelle classiche dei grandi alberghi e dei villaggi turistici standardizzati, punta a valorizzare l’immenso patrimonio naturalistico della foresta Amazzonica e delle montagne della Regione Andina, caratterizzate da paesaggi spettacolari e da una ricchissima biodiversità. Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 4 Nel 2011 un nuovo decollo per l’industria mineraria Oro, rame e altri metalli in aggiunta al petrolio: l’Ecuador rimette in gioco le sue ricchezze. L’Amministrazione di Rafael Correa, dopo aver introdotto una nuova legge mineraria e sottoposto a revisione di centinaia di concessioni rilasciate con troppa leggerezza, cerca di rilanciare il settore puntando su metodi di estrazione più avanzati, ma anche rispettosi dell’ambiente, superando resistenze sia degli ambienti industriali che delle popolazioni indigene Con il rilascio delle nuove concessioni per una serie di promettenti giacimenti di oro, rame e altri metalli in Ecuador, sta giungendo a una svolta il programma del Governo guidato da Rafael Correa di rilanciare e modernizzare l’attività mineraria del Paese, che già oggi vale circa 4,3 miliardi di dollari di fatturato annuo. L’obiettivo è di riportarla su basi industriali (come era stato, almeno in parte, nel passato), rendendola però compatibile con una maggiore tutela dell’ambiente e più utile al contesto. Non è una battaglia facile. ECUADOR ECONOMIA Già nel 2008 il Presidente aveva annunciato, sulla base di un mandato approvato dall'Assemblea Costituente, la volontà di riprendere il controllo della maggior parte (circa il 75%) delle 4 mila concessioni assegnate dai Governi precedenti a compagnie minerarie in prevalenza statunitensi e canadesi. La maggior parte di queste concessioni non aveva prodotto alcun investimento. In cambio aveva consentito in molti casi agli assegnatari, di annunciare ritrovamenti inesistenti basati sulle forti aspettative che da tempo circolano Il Governo intende rilanciare e modernizzare l’attività mineraria del Paese, riportandola su basi industriali, rendendola però compatibile con una maggiore tutela dell’ambiente e più utile al contesto. Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 5 Attività sospesa La sospensione però, si è tradotta anche nel blocco di parte dell’attività di una serie di compagnie minerarie già impegnate in attività di esplorazione e produzione. Il successivo passo è stato la promulgazione della nuova “Ley de Minería”, volta ad attuare una radicale riforma del settore. La legge impegna lo Stato ad utilizzare il patrimonio minerario del Paese ai fini di una maggiore ridistribuzione della ricchezza e lo responsabilizza anche riguardo al controllo dell’impatto ambientale dell’attività di esplorazione ed estrazione. Prevede un trattamento differenziato delle diverse fasi (esplorazione iniziale, sviluppi successivi) e l’impegno ad utilizzare il 60% delle royalties governative (fissate a partire da una percentuale minima del 5%) a favore delle popolazioni coinvolte e delle loro organizzazioni locali. Separatamente il Governo ha annunciato una tassa speciale (windfall tax) pari al 70% sugli extra-profitti che potrebbero derivare da forti aumenti nel prezzo mondiale dei minerali estratti. Contestualmente all’approvazione della legge, che però manca ancora di molti regolamenti attuativi, il Governo ha iniziato a rinegoziare i contratti “congelati”, imponendo alle compagnie minerarie la redazione di piani di impatto ambientale e un comportamento responsabile sotto il profilo sociale. Questa politica, indubbiamente coraggiosa, deve però confrontarsi con la netta ostilità delle imprese del settore, riunite nella Cámara de Minería de Ecuador, ma anche della popolazione indigena, che in una prima fase si era invece dichiarata favorevole. Meno poteri alla “Camara” ECUADOR sui mercati in merito alle ricchezze minerarie dell’Ecuador, con il risultato di alimentare soprattutto speculazioni finanziarie. Inoltre molte di queste concessioni erano rilasciate illegalmente, senza alcuna consultazione con le popolazioni indigene. La Camara del Minerìa raggruppa attualmente circa 100 soci tra persone fisiche e giuridiche. Tra queste figurano tutte le principali compagnie minerarie nazionali ed internazionali che operano nel Paese in attività di ricerca, sfruttamento, raffinazione e commercializzazione dei minerali dando lavoro, si stima, a circa 120mila persone tra occupati diretti e indiretti. Finora era incaricata della maggior parte dei compiti di regolamentazione e di sviluppo industriale del settore. La nuova legge prevede però di ridurne drasticamente i poteri con l’ingresso in campo di un ente statale (Agencia de Regulación y Control Minero) con compiti di supervisione normativa nazionale e di controllo delle imprese operanti nel settore. Si aggiunge la creazione di una Impresa Nacional Minera, incaricata di valorizzare le risorse del Paese, in concorrenza con le compagnie minerarie private locali e straniere. In questo contesto la Camara ha provveduto a coltivare l’allarme nel Paese pronosticando un rallentamento delle attività e dell’occupazione nel settore minerario, coinvolgendo anche le organizzazioni dei minatori impiegati con la minaccia di un taglio dell’occupazione. E si tratta di posti relativamente ben remunerati rispetto alle paghe concesse in altri comparti dell’economia. Le nuove disposizioni però stanno incontrando anche una crescente ostilità da parte dei minatori indipendenti e delle piccole associazioni informali di categoria che vedono nell’industrializzazione del settore e nelle normative ambientali, una minaccia per la loro sopravvivenza che si basa su sistemi artigianali e spesso primitivi di estrazione. Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 6 Progetti miliardari Il settore, quindi, si trova in situazione di attesa dei prossimi sviluppi. La nuova fase di sfruttamento minerario su scala industriale e con regole più trasparenti e rigorose, su cui punta il Presidente Correa, dovrebbe iniziare nel 2011 con l’avvio di alcuni grandi progetti tra cui: - lo sfruttamento dei giacimenti (rocce vulcaniche) di oro e argento ad alto tenore di “Fruta del Norte” localizzati a sudest del Paese su una concessione (rinnovata a fine ECUADOR Non solo, contro la legge si è schierata, con una serie di mobilitazioni locali, sfociate anche in una manifestazione nazionale, la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell'Ecuador (CONAIE), che in un primo tempo si era invece espressa a favore. Ora invece CONAIE sostiene che la legge inficia la sovranità delle comunità indigene e non le tutela contro i danni provocati dalle grandi società minerarie accusate di contaminare le falde acquifere e distruggere la vegetazione. Il problema, in realtà, è più complesso in quanto minatori artigianali e cooperative locali, che fanno anche parte della popolazione indigena, non avendo le risorse economiche e le conoscenze tecniche necessarie, operano nella maggior parte dei casi con una logica altrettanto predatoria sotto il profilo ambientale. 2009) di 95mila ettari, che fa capo alla canadese Kinross e che potrebbero rivelarsi, stando ai primi sondaggi, tra i maggiori al mondo.Alcune stime riguardanti i 9 siti identificati indicano i quantitativi contenuti in 11 milioni di once per l'oro e 14 milioni di argento. Lo studio di fattibilità completo, incluso impatto ambientale, è previsto per il 2011; - lo sfruttamento del giacimento Mirador (rame, ma anche oro e argento) che fa capo ai gruppi cinesi Tongling Nonferrous e China Railway Construction. Tongling prevede un investimento nell’ordine dei 3 miliardi di dollari per arrivare a produrre, a regime, 350mila tonnellate annue di rame; - i progetti di Andean Gold per il rilancio del sito di San Bartolomé (argento e zinco) e lo sfruttamento del giacimento polimetallico (rame, zinco, oro, argento) di Molleturo e di quello di Curiplaya (oro e rame); - i progetti di Dynasty Mining and Metals di sfruttamento delle miniere d’oro di Zaruma (già operativo), Jerusalem (Provincia di Zamora) e di Papayal-Cola-Cerro Verde nella Provincia di Loya. Per altre iniziative sono in corso le procedure di rinnovo delle concessioni. Tra queste i progetti della canadese IamGold per lo sfruttamento del giacimento sotterraneo di Quimsacocha, con una produzione prevista di 202mila once di oro e un milione di once di argento in aggiunta a 9,3 milioni di pound di rame anno nell’arco di sette anni, quelli di International Minerals per i giacimenti (oro e argento) di Rio Blanco e di Gaby-Papa Grande. www.ambquito.esteri.it Foto AFP CONAIE sul piede di guerra Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 7 L'attività mineraria in Ecuador risale all'antichità con l’estrazione di ossidiana nell’ultimo periodo paleolitico e con la lavorazione di oro, argento, rame e platino che erano trasformati in oggetti ornamentali, rituali e di scambio commerciale in epoca precoloniale sotto l’impero Inca. I minerali preziosi venivano estratti in prevalenza dalle sabbie dei fiumi e dai depositi alluvionali lungo le catene montuose del Paese. Da allora questa attività non è mai cessata, sia pure con alti e bassi, in contesti diversi. Durante la colonizzazione spagnola si intensifica l’estrazione di oro e argento con l’apertura di nuove miniere accompagnate dalla creazione di insediamenti urbani. Segue un periodo di decadenza fino all’inizio del ‘900 quando invece entrano in campo alcune grandi compagnie minerarie. In particolare SouthAmerican Development Company (SADCO) avvia l'esplorazione, sviluppo e produzione della miniera d’oro di Portovelo, che rimarrà in attività fino al 1950, con una produzione stimata di 3.500 chili. Successivamente il giacimento viene acquisito da una compagnia (Cima) a capitale misto (pubblico e privato) che continuerà ad operare per una quindicina di anni producendo 375.000 once di oro ma, a partire dal 1965, la produzione comincia a diminuire e nel 1978 la miniera passa nelle mani dello Stato fino alla sua liquidazione nel 1992. Intanto nel 1941 un’altra filiale di SADCO, la Cotopaxi Exploration Company, avvia l'esplorazione e lo sfruttamento del giacimento di Macuchi. Anche questo resterà attivo per una decina di anni producendo 3.000 kg di oro e 24mila tonnellate di rame, prima di cessare l’attività. Altri piccoli e medi operatori minerari si attivano nel Paese. Tra questi, quelli di maggior successo sono Outokumpu, a capo del consorzio (Compagnia Minerario Toachi) che tra il 1975 e il 1981 riesce a produrre 20.000 tonnellate di argento e concentrati di rame, zinco, argento ed oro. Significativi quantitativi di piombo ed argento vengono estratti e concentrati nel sito di San Bartolomeo il cui sfruttamento dura per tre anni, dal 1991 al 1994, ad opera di un consorzio giapponese-canadese con lo scavo di una vena sotterranea. Passi indietro negli anni ‘80 A partire dagli anni ’80 la produzione aurifera su scala industriale decade con l’impoverimento dei giacimenti. Ma le miniere abbandonate di Portovelo e altre località continuano ad essere sfruttate da piccole cooperative e famiglie che provvedono anche in qualche modo all’estrazione del metallo con metodi rudimentali e altamente tossici (ad esempio con largo impiego di mercurio). In alternativa conferiscono il materiale di scavo a piccoli impianti di estrazione del metallo. Vengono scoperti anche alcuni piccoli e medi giacimenti con contenuti che vanno dalle 100.000 alle 200.000 once di oro con volumi di rocce estratte che vanno dalle 30 alle 130 tonnellate al giorno, sfruttati da piccole società minerarie. Nel 2009, la produzione aurifera di questi giacimenti è stata di 15 tonnellate e si prevede che possa salire a 17 tonnellate nel 2010. Ma questa è solo una faccia della medaglia. Una serie di esplorazioni effettuate negli anni ‘90 dai servizi geologici statunitensi e svedesi evidenzia la presenza di aree con un grosso potenziale (soprattutto oro, argento, zinco e rame) nel sud del Paese che attraggono l’attenzione di una miriade di gruppi minerari stranieri. Il Governo decide di detassare chi è disposto ad investire e di cedere centinaia di concessioni a bassissimo prezzo. Senza peraltro ottenere risultati di rilievo anche perché le aree più promettenti sono di difficile accesso e sono pochi gli operatori realmente intenzionati ad accollarsi i costi di esplorazione e quelli connessi alla costruzione delle miniere. Una nuova fase Negli ultimi anni però, con il forte rialzo nel prezzo delle materie prime, nel Paese tornano ad affacciarsi alcuni grandi gruppi minerari mondiali tra cui Kinross, Dynasty Metals & Mining, Iamgold (Canada), Tongling Nonferrous (Cina), International Minerals (USA), Andean Gold (Australia) che hanno identificato una serie di grandi giacimenti di rame, oro e argento il cui sfruttamento dovrebbe essere avviato nei prossimi anni. L’Ecuador (associato all’OPEC) è anche un importante produttore di idrocarburi, con un volume di estrazione pari a 470mila barili di petrolio al giorno che coprono il 60% delle esportazioni del Paese (circa 350mila barili al giorno) mentre le royalties coprono il 70% del bilancio dello Stato. Ma proprio in questo settore ha fatto un’esperienza particolarmente negativa sotto il profilo ambientale a causa dei danni provocati dalle compagnie internazionali. In particolare è tuttora in corso una battaglia legale con il gruppo Chevron-Texaco accusato di avere provocato un vero e proprio disastro ambientale nei territori localizzati in prossimità dei suoi giacimenti nella foresta amazzonica. Si tratta di una class action per il valore di 27 miliardi di dollari promossa da un raggruppamento di 30mila abitanti locali. ECUADOR 10mila anni di storia Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 8 Il rilancio dell’economia è stato agevolato dal rialzo del prezzo del petrolio, ma sono in ripresa anche le vendite all’estero dei prodotti agricoli e della filiera della pesca. L’Ecuador prevede di chiudere il 2010 con una crescita del PIL pari al 2,3%, guidata da un recupero nella produzione petrolifera e nelle esportazioni. L’economia del Paese è fortemente basata sulla vendita all’estero di materie prime: il 92% si concentra su quattro prodotti base: petrolio, banane, gamberi e fiori naturali. Di questi prodotti il petrolio rappresenta la quota maggioritaria (62%). Nel primo semestre del 2010 le esportazioni del Paese sono ammontate a 8,4 miliardi di dollari con un aumento rispetto allo stesso periodo del 2009 del 41%. In parti- ECUADOR Riprendono le esportazioni, Italia primo partner commerciale nell’Unione Europea colare, gli introiti derivanti dall’esportazione di petrolio hanno registrato una crescita del 73%, come risultato dell’aumento dei prezzi internazionali. Anche i prodotti non petroliferi, hanno evidenziato una crescita rilevante (+15,6%). Nello stesso periodo, le importazioni hanno sommato 9 miliardi di dollari, con un incremento superiore al 27%. Il deficit commerciale si è sostanzialmente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2009, anche in seguito a misure mirate al contenimento delle importazioni adottate dal Governo. Per le importazioni è da rilevare la forte incidenza di combu- Le esportazioni dell’Equador in milioni di dollari Petrolio e derivati Altri prodotti Banane Gamberi Altri prodotti derivati del pesce e frutti di mare (trasformati Fiori Cacao ed elaborati Manufatti di metallo Tonno e pesce Veicoli Manufatti derivati dal tessile Chimici e Farmaci Frutta e succhi conservati Legno Caffè ed elaborati Farina di pesce Altri non tradizionali Totale TOTALE 8.328 2009 6 mesi Gen.- Giu. 2.689 1.303 613 976 317 2007 12 mesi 686 469 239 304 169 383 84 116 150 149 123 61 1.144 5.993 14.321 337 283 150 120 121 127 85 59 78 63 49 35 471 3.271 5.960 2010 6 mesi Gen.- Giu. 4.670 + 73,67% 1.101 365 314 313 206 150 128 112 99 87 89 84 61 48 616 3.773 + 15,35% 8.443 + 41,66% Fonte: Banca Centrale dell’Equador - Bollettino luglio 2010 Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 9 si svantaggiato rispetto agli altri Paesi della Comunità Andina che hanno già sottoscritto un Accordo analogo con l’UE e che nell’arco dei prossimi dieci anni dovrebbero avvantaggiarsi di una progressiva riduzione dei dazi comunitari sulle banane, con un’incidenza iniziale di 3 euro per tonnellata nel primo anno, per poi passare a 5 euro il terzo e raggiungere i 39 euro alla scadenza del decimo anno. Analogo interesse per la conclusione dell’Accordo con la UE viene posto da parte dei produttori di tonno (una delle principali voci dell’export del Paese con un importante polo di lavorazione localizzato nella città di Manta), di gamberi e di fiori. Allo stato attuale con l’Unione Europa risulta vigente il Sistema Generalizzato di Preferenze (SGP Plus) ed l’Accordo che regola la cooperazione sia finanziaria che tecnica. Gli Stati Uniti si collocano al primo posto nella classifica dei Paesi fornitori dell’Ecuador con una quota pari a circa il 26%, seguiti da Colombia (10,4%), Perù (5,5%), Brasile (4,4%), Messico (4%) e Giappone (3,6%). L’Italia, con una quota dell’1,4%, si colloca all’11º posto a livello mondiale tra i Paesi fornitori, ECUADOR stibili e carburanti. Uno dei progetti prioritari dell’Ecuador per la riduzione di questa componente è la costruzione di una grande raffineria ed eventualmente anche di un polo petrolchimico per lavorare il petrolio estratto nel Paese ed esportarne i prodotti anche in direzione dei Paesi contigui. Il principale Paese di destinazione delle esportazioni ecuadoriane sono gli Stati Uniti, con una quota che è passata dal 36,6% del totale, registrata nel primo semestre 2009, al 33,7% dello stesso periodo del 2010. Seguono, a distanza: Perú (7,2%), Venezuela (5,9%) e Colombia (4,3%). L’Italia (3,9)% rappresenta il quinto mercato in ordine d’importanza. All’inizio del 2011 è prevista la ripresa dei negoziati per arrivare alla stipula di un Trattato Commerciale con l’Unione Europea che dovrebbe prevedere anche importanti contenuti di cooperazione. La questione è seguita con particolare attenzione dall’Associazione dei Produttori di Banane, che prevede notevoli difficoltà nel mantenere l’attuale volume di vendite alla UE (pari a circa 80 milioni di tonnellate annue), qualora non si giunga rapidamente alla firma dell’Accordo. Infatti, l’Ecuador rischia di trovar- Le importazioni dell’Equador Beni di consumo non durevoli Beni di consumo durevoli Totale beni di consumo 2.498,7 1.614,8 4.113,6 1.984,9 1.255,2 3.240,1 2010 6 mesi Gen.- Giu. 1.047,1 881,4 1.928,6 Materie prime per l’agricoltura Materie prime per l’industria Materiali da costruzione Totale materie prime 886,7 4.988,2 522,4 6.397,4 670,2 3.803,6 547,2 5.021,1 400,0 2.374,0 295,0 3.069,1 15,1 72,3 40,5 Combustibili e lubrificanti Beni strumentali per l’agricoltura Beni strumentali per l’industria Attrezzature per trasporto Totale beni strumentali Altri prodotti TOTALE 2008 12 mesi 3.391,6 92,9 2.991,1 1.683,5 4.767,6 18.685,5 2009 12 mesi 2.639,4 95,7 2.740,3 1.284,0 4.120,1 15.093,2 1.683,0 39,0 1.472,9 770,7 2.282,8 9.004,3 Fonte: Banca Centrale dell’Equador - Bollettino luglio 2010 Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 10 Export FOB Import CIF Saldo Bilancia Commerciale 2009 12 mesi 217,8 577,2 - 359,4 2010 6 mesi Gen.- Giu. 126,4 332,7 - 206,3 Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador I principali prodotti esportati in Italia dall’Ecuador (milioni di dollari) Banane Gamberi, pesce e conserve, frutti di mare e altri prodotti Rose Cacao Gypsophilia (Fiori) Ananas Altri TOTALE 2010 Gen.- Giu. 229,8 67,2 8,3 5,7 3,6 1,2 169 332,7 Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador I principali prodotti esportati dall’Italia in milioni di dollari Antibiotici e medicine diverse per uso umano Macchine e componenti lavorazione plastica Macchine per riempire bottiglie Urea Macchine per pasta alimentare Lucchetti e sistemi di chiusura Alcool etilico Macchine per impacchettare a vuoto Valvole Totale principali 12 voci Diversi TOTALE 2010 Gen.- Giu. 8,2 6,5 5,0 8,4 3,3 3,2 1,9 1,7 1,4 41,3 85,1 126,4 Fonte: Banca Centrale dell’Ecuador mentre si trova al secondo posto tra i paesi UE fornitori, dopo la Germania e prima della Spagna. Nel primo semestre 2010, le esportazioni della UE verso l’Ecuador hanno totalizzato 829 milioni di dollari con un incremento dell’11% rispetto al primo semestre 2009. Le esportazioni ecuadoriane verso l’UE hanno totalizzato, nel primo semestre 2010, 1.185 milioni di dollari, con una crescita del 16%, rispetto allo stesso periodo del 2009. L’Italia si colloca al primo posto tra i clienti europei dell’Ecuador e rimane al primo posto per quanto riguarda il volume totale dell’interscambio. Le due componenti principali delle nostre importazioni sono le banane e i prodotti ittici. Nel semestre in esame, i rapporti economici e commerciali tra Italia ed Ecuador si sono consolidati, con un interscambio totale di USD 459,1 milioni ed un incremento del 20,4% rispetto allo stesso periodo 2009. Le esportazioni italiane verso l’Ecuador hanno registrato un totale di 126,4 milioni, presentando una crescita del 15,2%, mentre le importazioni italiane sono state pari a USD 332,7 milioni, con un incremento del 16%. Le esportazioni italiane verso l’Ecuador sono invece molto più diversificate anche se prevalgono i prodotti della meccanica strumentale. Interessante anche il dato riguardante medicinali e antibiotici. E’ da rilevare che nel predetto settore il Governo ecuadoriano ha anche introdotto una serie di misure per l’ampliamento ed il potenziamento dell’industria locale attraverso sussidi ed agevolazioni creditizie e fiscali. Questa volontà di consolidare e di fare crescere il contesto produttivo locale rappresenta una delle opportunità più interessanti anche per le imprese italiane intenzionate ad estendere la loro presenza internazionale in questa area del mondo. Si segnalano, ad esempio, le opportunità di forniture e di collaborazione tecnica ed industriale che si offrono sia nei settori individuati dal Piano di Sviluppo dell’Ecuador, sia in altri segmenti di mercato, quali ad esempio: la filiera della fabbricazione dei mobili e più in generale del sistema casa (apparecchi d’illuminazione e articoli d’arredamento), le filiere della gioielleria e degli accessori di moda, i prodotti editoriali. Aperture interessanti si registrano anche nella produzione-assemblaggio e importazione diretta di valvole, pompe, macchine tessili, per l'industria del cuoio, per le parti in plastica per serre, attrezzature elettriche e per l'industria del cemento. Rilevanti possibilità sono offerte anche ECUADOR Interscambio Italia - Ecuador in milioni di dollari Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 11 con cui, peraltro, è possibile stabilire rapporti d’associazione. Si aggiungono i diversi progetti del Paese nel settore medico-ospedaliero che richiedono di forniture specializzate ma anche di un supporto tecnico di consulenza. LE ZONE FRANCHE DELL’ECUADOR Le aziende interessate a consolidare una presenza in Ecuador possono avvalersi dei vantaggi offerti dall’insediamento nelle diverse Zone Franche del Paese, tra cui citiamo: - Zona Industriale di Esmeraldas (Zofree); - Zona Commerciale e Industriale in Montecristi (Zoframa); - Zona Franca Metropolitana (Metrozona) nel Barrio San Vicente, Yaruquì, Provincia di Pichincha. Tra i benefici tributari delle zone franche si evidenzia l’esonero con durata ventennale, eventualmente rinnovabile, dalle seguenti imposte: • valore aggregato (IVA); • imposta d’affitto; • imposta provinciale e municipale; • uso di brevetti e marchi per il trasferimento tecnologico. Le zone franche, sono amministrate da società private o a capitale misto sotto la vigilanza del Consejo Nacional de Zonas Francas (http://www.conazofra.gov.ec). In parallelo, va segnalato che l’Assemblea Nazionale ha recentemente approvato un nuovo “Codice della Produzione”, a seguito del quale si attende l’emanazione di una serie di risoluzioni e regolamenti, che dovrebbero definire gli sgravi fiscali non solo per chi investe nelle zone franche, ma anche in quelle più arretrate. Un altro obiettivo del Codice è di semplificare e rendere più trasparenti i rapporti del settore privato con le pubbliche amministrazioni. ECUADOR da contratti con il Governo, vista l’espansione della spesa Pubblica e la mancanza nel Paese d’infrastrutture. Il tutto tenendo però conto del fatto che le attuali disposizioni legislative favoriscono la posizione delle imprese ecuadoriane IL REGIME DOGANALE DELL’ECUADOR La struttura delle tariffe doganali è mirata a proteggere l’economia locale ed a ridurre lo squilibrio della bilancia commerciale. I dazi, quindi variano da prodotto a prodotto. La struttura dei dazi per voce doganale può essere verificata nel sito Internet: http://www.comexi.gov.ec/reforma_arancela ria.shtml. I dazi integrati possono essere consultati sul sito della Dogana ecuadoriana: http://sice1.aduana.gov.ec/ied/arancel/index.jsp. Allo scopo di promuovere lo sviluppo industriale lo Stato concede un trattamento speciale per l’importazione di beni strumentali. Il medesimo trattamento vale per le materie prime che non sono prodotte nel Paese. Le importazioni sono soggette anche al pagamento di una tassa di magazzinaggio e di imposizioni per la prestazione di servizi in dogana. A queste vanno aggiunte l’IVA e l’Imposta sui Consumi Speciali, da cui sono però escluse le importazioni dai Paesi della Comunità Andina. Infine, va anche pagato un contributo all’Ente Responsabile dello Sviluppo dell’Infanzia, sempre calcolato su una base percentuale. Nel 2009 è entrata in vigore una risoluzione che ha introdotto sovrattasse doganali (in parte ridotte nel gennaio 2010) o imposizioni di quote su numerosi prodotti di consumo. Per maggiori informazioni consultare: http://www.comexi.gov.ec/resoluciones2009 .shtml. Sui documenti d’importazione e sui certificati d’origine, sulle analisi di laboratorio e sui certificati sanitari, soprattutto per l’ingresso dei beni di consumo e/o prodotti alimentari, sono esercitati controlli in dogana. Alcuni prodotti hanno bisogno della Certificazione ISO (ad esempio la ceramica). In generale, il sistema doganale comporta ancora numerosi ostacoli dovuti principalmente ai tempi d’attesa per lo sdoganamento delle merci e al coinvolgimento della competenza di diverse Entità amministrative. Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 12 Al via primo stabilimento pneumatici Pirelli Sarà localizzato nel distretto dell’auto dello Stato di Guanajuato. Obiettivo: rafforzare la presenza e migliorare i margini sul mercato nordamericano. In Messico si producono 2,1 milioni di vetture all’anno destinate prevalentemente all’esportazione in USA. Il Gruppo continua a crescere anche in Sudamerica dove è leader di mercato Messico, ma soprattutto Stati Uniti: con la costruzione di un nuovo stabilimento localizzato nel parco logistico industriale di Silao, nello Stato di Guanajuato, nel centro del Messico, Pirelli si accinge a rafforzare la sua posizione sul mercato nordamericano, con particolare riguardo agli Usa dove attualmente è presente nel segmento dei pneumatici di gamma alta destinati a Suv e vetture di elevate prestazioni commercializzati attraverso una rete (che sarà rafforzata) di venditori specializzati. Attualmente la produzione venduta negli Usa proviene in gran parte dagli stabilimenti brasiliani di Bahia e Campinas, a cui si aggiungono gli pneumatici prodotti nello stabilimento americano localizzato a Rome in Georgia e quelli importati dalle fabbriche in Europa e Cina. L’importazione dal Brasile è però penalizzante, sotto il profilo dei margini e della competitività per due motivi: i costi logistici elevati e i dazi pari al 4% in media. Il primo obiettivo della nuova fabbrica messicana è quindi di annullare questo svantaggio. Il Messico, infatti, si è affermato in questi anni come piattaforma produttiva (assemblaggio vetture e produzione componenti) per il mercato statunitense per una concomitanza di fattori: gli accordi NAFTA (North America Free Trade Agreement) che consen- MESSICO COMPONENTISTICA AUTO tono l’esportazione in esenzione di dazio, la vicinanza con gli Stati del Sud con una riduzione dei tempi di consegna e i costi industriali favorevoli. Attualmente la produzione automobilistica messicana ammonta a circa 2,1 milioni di veicoli destinati per il 79% all’esportazione, ma si prevede che entro il 2015, salirà a 3 milioni. Nel Paese operano otto produttori di pneumatici con una produzione annua pari a circa 18 milioni di pezzi, a fronte di circa 25 milioni di pezzi venduti sul mercato di prima installazione e dei ricambi. Tra le grandi multinazionali del settore sono presenti Michelin, che in passato aveva previsto di costruire un secondo stabilimento proprio a Silao, Bridgestone Firestone, con due fabbriche, Continental, Cooper Tyre in partnership con Corporacion de Occidente e l’indiana JK (gruppo Singhania) con tre stabilimenti. Ma anche le importazioni di pneumatici cinesi sono cresciute nelle stesse proporzioni. Per questo motivo le autorità messicane hanno deciso di fissare un dazio del 15% sugli pneumatici provenienti dalla Cina. E anche in Usa, dove le fabbriche messicane possono esportare liberamente, le importazioni di pneumatici dalla Cina sono state colpite da dazi compensativi che per alcuni prodotti raggiungono il 35%. Per iscriversi a questa newsletter compilate il modulo all’indirizzo www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Imprese/ DiplomaziaEconomica/Newsletter/ Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 13 La nuova fabbrica Pirelli, per la quale è previsto un investimento di 210 milioni di dollari, sorgerà su un’area di 120mila m2, su un terreno disponibile di 600mila mq2, quindi con la possibilità di ulteriori ampliamenti. Il piano operativo prevede la produzione di 3,5 milioni di pneumatici di gamma alta (High-performance e Ultra High-Performance) per auto e Suv a partire dal 2013, per poi andare a regime nel 2015 con una produzione di 5 milioni di pezzi l'anno. Nei piani della società saranno destinati per circa il 75% al mercato dei ricambi e per la quota restante al primo equipaggiamento. Gli Stati Uniti sono il primo obiettivo, ma una quota significativa sarà destinata anche al mercato locale, che è in crescita e che è caratterizzato da un parco vetture composto, per circa il 45% , da Suv e da vetture di cilindrata elevata importate dagli Usa, oltre che da veicoli prodotti da aziende locali, che richiedono l’uso di pneumatici "premium", segmento di focalizzazione della produzione Pirelli. Lo stabilimento dovrebbe impiegare, nella prima fase, circa 700 dipendenti a cui si aggiungono circa 300 posti di lavoro nell'indotto. La società ha anche annunciato l'intenzione di concludere un accordo di collaborazione con Università e Centri di ricerca che entreranno a far parte del nuovo polo tecnologico e scientifico dello Stato di Guanajuato, che si sta affermando come uno dei principali ‘cluster’ dell’industria automobilistica messicana con 135 aziende operanti nel settore, per un investimento aggregato superiore ai 5 miliardi di dollari e un’occupazione valutata in 43mila unità. In Brasile 5 stabilimenti e un centro R&S L’operazione messicana avrà un effetto indiretto anche sull’attività di Pirelli Tyres in Sudamerica (Brasile, Argentina, Cile, Colombia ecc.) dove il gruppo ope- ra in posizione di leadership e ricava circa il 35 % del fatturato. Renderà infatti disponibili i quantitativi attualmente esportati in Usa per coprire la domanda locale in forte aumento grazie ad un mercato dell’auto che sta crescendo mediamente con tassi annui superiori al 6%. In particolare Pirelli è leader sul mercato di gran lunga più consistente, quello brasiliano, dove ha in corso un piano pluriennale di investimenti per 300 milioni di dollari. Nel Paese opera su 5 stabilimenti e copre tutte le fasce di mercato, incluso il settore cosiddetto T per vetture di piccola cilindrata dove sta tornando a farsi sentire la concorrenza cinese agevolata dalla continua rivalutazione del Real, la moneta brasiliana. Ma anche il mercato brasiliano sta cambiando, con una domanda crescente di pneumatici high e ultrahigh performance per Suv e vetture di maggiore cilindrata. In Brasile, Pirelli prevede anche, all'interno del piano d'investimento, di creare un polo tecnologico specializzato per la ricerca e sviluppo negli pneumatici per veicoli speciali (agricoltura e movimento terra) che consentono margini unitari mediamente superiori. Gli altri stabilimenti in Sudamerica sono localizzati in Argentina, dove Pirelli ha avviato un piano di investimenti di 100 milioni di dollari per aumentare la capacità produttiva dello stabilimento di Merlo dagli attuali 5 milioni ad oltre sei milioni di pneumatici entro il 2013, e in Venezuela. Questo Paese, fortemente protetto da dazi e altre barriere doganali consente ai produttori locali margini particolarmente consistenti nonostante un costo del lavoro elevato. Pirelli è presente con uno stabilimento che ha una capacità produttiva di circa un milione di pezzi annui destinati esclusivamente al mercato interno. E’da rilevare che anche in Venezuela, grazie a un prezzo dei carburanti che consiste di fare il pieno con circa un dollaro, c’è un vasto parco di vetture di seconda mano di cilindrata elevata. www.ambcittadelmessico.esteri.it MESSICO Segmenti high e ultra-high Leggi gli aggiornamenti su www.notiziariofarnesina.ilsole24ore.com Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 14 L’industria delle costruzioni, un settore chiave per l’economia italiana, ha sofferto nel 2009 una forte crisi sul mercato interno con la perdita di 250mila posti di lavoro nel 2009, secondo i dati forniti dall’ANCE (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) agli inizi di dicembre in occasione degli Stati Generali dell’Edilizia. Fa però eccezione l’attività estera, come documentato anche da un recente rapporto presentato alla Farnesina. (http://www.notiziariofarnesina.ilsole 24ore.com/archivio_newsletters/New sletter_22112010.pdf). L’esiguità del mercato interno dei lavori pubblici, i ritardi di pagamento di molte Amministrazioni, la stretta creditizia innescata dalla crisi finanziaria pongono, almeno in apparenza, le imprese italiane in posizione di svantaggio rispetto a molti competitor europei. Eppure i successi non mancano. Su questi temi, Diplomazia Economica Italiana ha intervistato Giandomenico Ghella, Presidente del Comitato Permanente per i lavori all’estero di ANCE. Le difficoltà di credito denunciate dai costruttori italiani sono soltanto contingenti, o riguardano anche la possibilità di finanziare ad esempio le gare per concessioni stradali e altre operazioni a medio lungo termine? Che ci sia una difficoltà congiunturale delle Istituzioni Finanziarie nell’erogazione del credito è drammaticamente evidente in questo terzo anno di terribile crisi mondiale. Se i Governi hanno fatto complessivamente la loro parte nell’immettere enormi liquidità nel sistema, questa liquidità - anche per i nuovi requisiti patrimoniali imposti da Basilea 3 - si è in gran parte fermata nelle banche per bilanciare e attutire le insolvenze, non sempre e non interamente esplicitate, ereditate dalla bolla pre-crisi, quando il credito veniva erogato dalle banche alle famiglie e alle imprese senza suffi- cienti garanzie. Nello specifico caso delle concessioni, e ancora più nelle iniziative immobiliari, ciò che frena le banche dall’investire a fianco delle nostre imprese è senz’altro la redditività attesa, che in periodi così incerti non può non preoccupare. E’ pur vero che le imprese italiane, rispetto ai maggiori concorrenti europei, escono particolarmente indebolite patrimonialmente dalle avversità dell’ultimo decennio di mercato interno che le ha viste sopravvivere (salvo l’Alta Velocità) in assenza di investimenti pubblici significativi, con una legislazione penalizzante, un sistema di assegnazione al massimo ribasso, una Committenza Pubblica pessima pagatrice e che si fa addirittura finanziare dalle imprese. In questo senso, le nostre imprese, spesso fragili patrimonialmente, hanno effettivamente un handicap rispetto ad altre realtà europee nel concorrere in concessioni infrastrutturali. COSTRUZIONI Anche i piccoli possono vincere all’estero SISTEMA ITALIA La scarsa presenza italiana nell’edilizia civile (all’estero) è dovuta al fatto che il segmento è poco remunerativo? Non è facile dare una risposta universale. E’ però vero che il mercato dell’edilizia, sostanzialmente a committenza privata, è generalmente frammentato e quindi poco attraente per una nostra impresa che ha bisogno, per impiantarsi all’estero e garantirsi dall’inizio, di volumi di lavoro significativi. Altrettanto vero è che l’edilizia, il più delle volte, è a bassa tecnologia ed è quindi naturale appannaggio delle imprese locali che praticano ovviamente prezzi più competitivi di chi viene da fuori. Oltretutto in certi Paesi, le nostre imprese partono aggravate da standard di qualità e sicurezza molto superiori a quelli del Paese ospitante. Per il futuro, non si può dire. A parte i grandi progetti di edilizia tecnologica (come i grattacieli su cui però noi italiani abbiamo poca esperienza in casa nostra) Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 15 Mediamente le grandi imprese italiane sono più piccole di quelle tedesche o francesi: il dato costituisce un handicap competitivo? La risposta non è univoca. Se guardo alle statistiche europee non c’è dubbio che in tutti i Paesi Europei sono le grandi imprese quelle che vanno all’estero e ottengono risultati rilevanti e di lungo periodo. D’altra parte è abbastanza intuitivo che ci vogliono fatturati (ed utili) rilevanti per investire in missioni, studi e promozioni all’estero. Se però guardo alle nostre statistiche nazionali, noto con ammirazione quante piccole e medie imprese italiane, costrette dall’asfittico mercato domestico a cercare fatturati all’estero, hanno accresciuto significativamente la loro presenza all’estero con tassi di crescita eccezionali come evidenziato dalla recente indagine dell’ANCE (di cui riproduco una significativa tabella). Questa incredibile capacità di adattamento dei nostri imprenditori, anche piccoli in termini di fatturato, è una ricchezza per il nostro Paese. Le difficoltà finanziarie delle imprese italiane ad acquisire imprese locali all’estero sono un handicap competitivo? Classi di fatturato (milioni di euro) Fino a 50 51 - 100 101 - 250 251 - 500 Oltre 500 Totale Non credo sia un handicap, ma soprattutto non credo che ci sia una difficoltà finanziaria dietro all’indubbia ritrosia del- Crescita cumulata fatturato nazionale 31,5% - 13,2% 38,4% - 24,15% - 12,4% - 8,8% Tasso Medio Crescita 235,6% 1005,2% 155,1% 1,5% 154,6% 140,8% Crescita cumulata fatturato estero 5,6% - 2,8% 6,7% - 5,4% - 2,6% - 1,8% Tasso Medio Crescita 27,4% 61,7% 20,6% 0,3% 20,6% 19,2% le nostre imprese ad acquisire il controllo di imprese locali in mercati “ricchi” come negli Stati Uniti o “potenzialmente in crescita” come quelli dell’Est Europeo, dove francesi, tedeschi e anche spagnoli hanno acquisito partecipazioni in società locali. Credo invece che, semmai, questa ritrosia si spieghi con la struttura fortemente familiare che prevale ancora oggi nelle imprese italiane e che fa prevalere gli aspetti industriali su quelli finanziari. Mi spiego meglio. Tutti sappiamo che per essere competitivi all’estero bisogna essere “locali”. Su questo non c’è dubbio. Ma questa caratterizzazione non si raggiunge solo comperando dei pacchetti azionari d’imprese esistenti (operazione fondamentalmente finanziaria); si può fare anche creando una filiale o succursale della propria impresa italiana, assumendo quindi direttamente la guida e la responsabilità delle operazioni all’estero: “mettendoci la faccia” come si suol dire (operazione fondamentalmente industriale). A me pare che i nostri imprenditori preferiscano questa seconda scelta (industriale). COSTRUZIONI credo che le nostre imprese, particolarmente le medio-piccole, potranno trovare nuovi spazi di competizione all’estero nell’edilizia con il diffondersi della domanda di maggiori standard tecnologici come il risparmio energetico e la domotica, in cui il nostro Paese ha certamente delle competenze. La minore presenza italiana (rispetto a imprese tedesche) in Asia, Australia e Nordamerica è strutturale? La minor presenza è solo apparente. O meglio, è legata ad una lettura eccessivamente finanziaria che si vuol dare ai bilanci dei nostri grandi concorrenti europei, bilanci che andrebbero invece letti con occhio più industriale. In Germania, il leader del mercato Hochtief, ha dichiarato oltre 20 miliardi di euro di fatturato nel 2009, di cui circa 7 realizzati negli Stati Uniti e 9 in Australia. Ora questi valori derivano dal consolidamento nel bilancio Hochtief dei fatturati di Turner in Usa e di Leigthon in Australia. Nessuno contesta la validità finanziaria di questi investimenti, ma cosa c’è di effettivamente tedesco in questi 16 miliardi di fatturati esteri di Hochtief? L’assurdo è che, come noto, è in atto un take over aggressivo da parte della spagnola ACS su Hochtief che ha messo in fibrillazione il sistema industriale tedesco e costretto la stessa cancelliera Merkel a promettere il suo appoggio in difesa del campione nazio- Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 16 Nel 2011 su quali Paesi intende puntare per le missioni all’estero dell’ANCE? COSTRUZIONI nale. Eppure, se l’operazione riuscisse con poco più di una firma dal notaio per il passaggio delle azioni, ACS pianterebbe la bandiera spagnola su questi stessi fatturati assumendo la leadership europea delle imprese di costruzioni. Ma in realtà, sul piano industriale, non sarebbe cambiato molto: solo passaggi di carta. Con questo non voglio dire che la nostra industria non deve accrescere le proprie quote di mercato estero: dico che lo deve fare con una vera competizione e non con operazioni cartacee o di Borsa. Sono gli organi associativi a decidere sulla base delle puntuali indicazioni dei nostri associati. Ma c’è anche un forte coordinamento attraverso il Ministero degli Esteri con le missioni governative e naturalmente con Confindustria, di cui facciamo parte. Quello che posso certificare è che stiamo costruendo con serietà e determinazione una cosiddetta filiera italiana che veda le nostre imprese andare all’estero non singolarmente come in passato ma insieme alle società di ingegneria, ai concessionari, ai grandi operatori pubblici come le FFSS e alle istituzioni finanziarie. Ed in questo contesto, il ruolo della nostra rete diplomatica all’estero è prezioso ed apprezzato. Newsletter quindicinale realizzata da Il Sole 24 Ore Radiocor in collaborazione con la Direzione generale per la promozione del sistema Paese della Farnesina: [email protected] www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Imprese Direttore Responsabile: Fabio Tamburini Proprietario ed Editore: Il Sole 24 ORE S.p.A. Radiocor Agenzia d’informazione Redazione: Via Monte Rosa, 91 20149 Milano Tel: 02.30221 - Fax: 02.3022.481 Pubblicazione quindicinale in formato elettronico Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 2 Maggio 2007 Sede Legale: Via Monte Rosa, 91 20149 Milano Progetto editoriale e grafico: Il Sole 24 ORE S.p.A. - Radiocor Agenzia d’informazione Copyright 2010 - Il Sole 24 ORE S.p.A Radiocor Agenzia d’informazione È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno con qualsiasi mezzo, non autorizzata. Diplomazia Economica Italiana - n. 19 - 23 dicembre 2010 17