Missione in Ecuador 2012 - BCC Filottrano
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Missione in Ecuador 2012 - BCC Filottrano
DAGLI APPENNINI ALLE ANDE Dal 21 al 30 settembre 2012 una delegazione di 7 elementi della BCC di Filottrano ha partecipato a un viaggio di studio in Ecuador, organizzato dalla Federazione Italiana delle BCC in occasione del decennale del progetto “Microfinanza Campesina”. Di seguito, proponiamo alcuni appunti relativi a un breve ma indimenticabile viaggio. 21/09/2012. Confuso dal fuso Quito, ore 23. In Italia sono le 6 del mattino seguente. Disteso sul letto, ripenso alle fatiche di una giornata logorante, in cui abbiamo effettuato un viaggio di circa 22 ore. Nonostante la stanchezza non riesco a riposare. Il mal di testa provocato dal fuso orario è amplificato dall’aria rarefatta (siamo a 2.800 metri) e dal sapore amarognolo dello smog, che mi assale la gola. Nella mente si affollano pensieri contraddittori. Gli stimoli e la curiosità della visita a un nuovo paese si scontrano con le perplessità tipiche di un ragazzo occidentale, convinto di aver già visto tutto in Tv o su Internet. Il Direttore Enzo Bianchi ha spesso espresso il suo entusiasmo per un viaggio che non può lasciare indifferenti ma a volte affiora lo scetticismo e il timore di vivere la classica esperienza intrisa di retorica e paternalismo. Cosa avrà mai l’Ecuador di così indimenticabile? Inghiotto un bicchiere d’acqua e mi corico, con la gola amara e la mente confusa. 22/09/2012. Sapori e colori Quito è un luogo di stridenti contraddizioni, di grattacieli che svettano di fronte a decrepite baracche e di auto lussuose che sfrecciano accanto a individui poverissimi. L’economia soffre di una grave carenza di liquidità (il tasso di interesse sui prestiti può raggiungere l’1% giornaliero), ma le banche continuano a indirizzare consistenti flussi finanziari a Miami. Nulla di nuovo per chi ha già seguito qualche servizio sulle favelas dell’America Latina, ma vedere dal vivo certe immagini desta sempre profondo turbamento. La giornata è segnata dalla visita al celebre mercato indigeno di Otavalo. La mia mente, ancora stremata dal fuso, viene travolta dal tripudio di colori, sapori e profumi provenienti da rumorose e variopinte bancarelle. Lo spirito del mercato si coglie però solo al momento dell’acquisto, che si perfeziona solo dopo una lunga contrattazione. Emerge il diverso concetto di tempo del popolo andino (abituato a ritmi meno frenetici) e il gusto dello scambio, visto come un acceso confronto di opinioni e valutazioni. Un piacere in via di estinzione nel nostro mondo, dominato dalla standardizzazione dei prodotti e da rapporti sempre più anonimi e artificiali. Le relazioni umane aiutano a capire il contesto in cui ci muoviamo. Ricordo vagamente i prodotti offerti, ma non dimentico la simpatica vecchina impegnata in una strenua quanto avvincente contrattazione con il nostro Direttore. Il sapore dell’Ecuador è celato nei lineamenti del suo volto, che esprime la fierezza e la sagacia di un’antica civiltà. 23/09/2012. Ladro di ombre La giornata è segnata dalla visita alla Capilla del Hombre, il museo dove sono esposte le opere di Oswaldo Guayasamin, un artista straordinario ma misconosciuto, come gran parte della cultura ecuadoriana. Non si può restare indifferenti di fronte alla capacità evocativa di questo autore, che raffigura i mali della nostra epoca: schiavismo, colonialismo, razzismo, diseguaglianza sociale, guerre e dittature. L’infernale miniera di Potosì (Bolivia), i volti asimmetrici e le forme antropomorfe degli schiavi, il dolore di una Quito ardente di rabbia e gelida di disperazione, il condor latinoamericano in lotta contro il possente toro coloniale: Guayasimin è un autentico “ladro di ombre”, capace di imprimere sulla tela il grido disperato di un’umanità dolente. Si esce dalla galleria con il cuore infranto, prostrati dalla spietata eloquenza di un murales che recita “Piangevo perchè non avevo scarpe, finchè vidi un bambino che non aveva piedi”. La tomba dell’artista offre però un inatteso messaggio di speranza. Guayasimin è sepolto sotto un albero lussureggiante, affacciato sull’imponente vallata di Quito, circondato da amuleti, ninnoli e girelle che vibrano rumorosi allo spirar del vento. Lo spirito di Guyasimin continuerà a vegliare sulla sua amata Quito, nella speranza che il vento cambi e le ombre si quietino. 24/09/2012. La valanga rosa Prima Giornata del Convegno dedicato a “giovani e donne, forze nuove della cooperazione”. Gli interventi evidenziano la nutrita e qualificata partecipazione di ragazze competenti, capaci, orgogliose. Le donne ecuadoriane sono divenute un importante vettore di cambiamento, perseguito con dignità e tenacia Instancabili lavoratrici, affidabili nei pagamenti e nel rispetto degli impegni, le donne costituiscono le migliori clienti delle cooperative di credito locali. La partecipazione ai processi economici non implica la rinuncia alle loro doti femminili: le ecuadoriane sono più vicine alla saggezza delle nostre antiche vergare che all’isterico machismo di alcune “lady di ferro”. Rifletto mestamente sulle recenti vicissitudini di alcune donne, spesso mercificate, bistrattate o ingannate dietro l’illusoria credenza di una parità di facciata. Dalle Ande scende una valanga rosa, che travolge logori stereotipi e rivitalizza uno scenario economico e sociale da tempo cristallizzato. 25/09/2012. L’Italiano vero Al termine del secondo giorno di Convegno visitiamo la sede di Codessarollo, l’organismo che associa le casse di credito ecuadoriane. Qui conosciamo Padre Pio, un missionario italiano che svolge la sua opera in condizioni estreme, su di un ampio territorio a 4000 metri di altezza. Un uomo brillante, arguto e generoso, che unisce l’eloquio e la simpatia veneta con la profonda dignità dei popoli andini. L’amicizia e il rispetto accordati in Ecuador agli italiani è alimentata dall’opera di alcuni splendidi ambasciatori come Padre Pio, Bepi Tonello (fondatore e animatore delle Casse Rurali locali) e molti missionari, come quello che nel villaggio di Machinguy ha celebrato una liturgia coinvolgente e gioiosa. Purtroppo le cronache si soffermano su loschi faccendieri e spudorati latitanti, case a Montecarlo e conti alle Cayman. Rifletto con amarezza sulle lacune di un’informazione che descrive dettagliatamente le tristi gesta di uomini piccini ed ignora una presenza utile e versatile, dotata di fantasia, generosità e rigore morale. Mentre Padre Pio inizia il lungo viaggio verso la sua sperduta parrocchia, carico di viveri e di speranza, mi trovo sorprendentemente a cantare, senza retorica ma con rinnovato orgoglio: “Lasciatemi cantare, perchè ne sono fiero, sono un Italiano, un Italiano vero”. 26/09/2012. Zero in geografia L’ultimo giorno a Quito è dedicato alla visita del “centro del mondo”, cioè del punto posto alla latitudine e longitudine Zero. Guardando la linea che divide le due metà del mondo provo un certo smarrimento, acuito in serata da un pluripremiato spettacolo teatrale sulla variopinta e ammaliante cultura andina. Il lungo viaggio nel Sud del globo ci ha fatto scoprire il vero centro del mondo. Emergono nitidamente i pregiudizi e le lacune di una geografia eurocentrica, fondata più sui rapporti di forza e sulle dinamiche commerciali che su oggettivi criteri fisici. Forse siamo stati disattenti, superficiali, o miopi. Forse siamo semplicemente egoisti. 27/09/2012. L’ospite d’onore Ci trasferiamo sulle Ande, nel paesino di Cacha Purwa (3600 metri di altezza), dove si trova la Cooperativa “Fernando D’Aquilema”, gemellata con la nostra BCC. Il direttore Pedro Khipo è un uomo gentile e orgoglioso, deciso a guidare il suo popolo sul sentiero di uno sviluppo economico moderno, ma rispettoso delle proprie radici. Pedro ci guida nelle terre del popolo Purwa, dove riceviamo una meravigliosa accoglienza. Notiamo soprattutto una sincera curiosità e la volontà di condividere interessi ed esperienze. Non siamo trattati come stranieri o semplici turisti ma come ospiti d’onore, da rendere partecipi della vita della comunità. La condivisione si estrinseca nella visita alle opere compiute grazie al supporto della nostra BCC, nel desiderio di giocare a calcio, cantare insieme o mangiare dallo stesso piatto, nella richiesta di divenire padrini di alcuni splendidi bambini locali. Purtroppo, non tutti gli ospiti sanno apprezzare queste offerte. Alcuni componenti della spedizione italiana evitano di mangiare cibi locali, “marinano” la visita di alcune cooperative o commentano con aria saccente e annoiata gli sforzi a volte ingenui ma appassionati della popolazione andina. Il gruppo filottranese fornisce invece un brillante esempio di partecipazione cooperativa, distinguendosi per l’apprezzamento riservato ai risultati esibiti con orgoglio dai locali, per l’interesse verso le tradizioni e la cucina locale e per lo spirito di adattamento a ogni inconveniente. Il detto locale “se voi andrete via felici, lo saremo anche noi” indica come il popolo ecuadoriano non chieda carità ma dignità; non cerchi turisti disincantati ma ospiti appassionati e amici sinceri. 28/09/2012. Lo specchio dell’anima L’Ecuador non è un paese per vecchi. La presenza di giovani è particolarmente evidente sulle Ande. Ieri, appena giunti a Cacha, siamo stati circondati da numerosi bambini, che ci scrutavano con curiosità e stupore. Questa mattina siamo invece sottoposti alle occhiate vivide e interrogative degli adolescenti iscritti a una scuola secondaria della zona. Poco dopo, ci spostiamo nella scuola elementare. Mentre aiutano gli insegnanti a dipingere muri scrostati e aggiustare aule fatiscenti, gli alunni ci osservano con occhi profondi, velati di tristezza. Non è facile restare indifferenti agli sguardi penetranti di quegli occhi grandi, che ci ringraziano per la visita e i regali offerti ma al contempo evidenziano con malinconico pudore le responsabilità della nostra società. Nelle gote rosse, nel viso rotondo, nello sguardo intenso e innocente dei ragazzi locali leggiamo le nostre virtù e debolezze, l’ipocrisia e la fatua vanità del mondo odierno. Gli occhi dei bambini ecuadoriani sono uno specchio limpido, in cui si riflette la nostra anima. 29/09/2012. Senza fiato E’ il giorno della partenza. La mattina ritorniamo a Quito e prendiamo la teleferica che conduce sulle vette sopra la capitale. L’essenza dell’Ecuador si coglie sulle montagne, ben diverse dai nostri Appennini. Qui regna una natura aspra e apparentemente matrigna, che offre panorami lunari, sferzati da un vento gelido. L’altitudine lascia senza fiato e rallenta i movimenti mentre il freddo intorpidisce le membra. Sulla sommità del pendio uno stanco lama china mestamente il capo, circondato da chiassosi turisti in attesa di una foto. Sembra che questi luoghi non permettano una vita libera e felice. Alzo gli occhi e scorgo in lontananza la bianca sagoma del Chimborazo, il monte più alto e magico dell’Ecuador. Ripenso all’ascesa effettuata 2 giorni fa. Inizialmente credevo di essere piombato su di un altro pianeta, ostile a qualunque forma di vita. Tra le rosse rocce emergevano però rade tracce di vegetazione. Improvvisamente è spuntato un piccolo branco di vigogne, che correvano libere in spazi sconfinati, sotto un cielo azzurro intenso. L’inattesa apparizione ha confortato e rallegrato il nostro gruppo. Nonostante uno spietato bracconaggio, la vigogna non è mai stata addomesticata (a differenza dell'alpaca e del lama) e si muove ancora libera e agile sul fianco di imponenti vulcani. Negli stessi luoghi lottano piccole ma caparbie cooperative, promotrici di un modello di sviluppo differente, che valorizza le capacità esistenti, rispetta le proprie radici e preserva la libertà di questi popoli. I ragazzi di Cacha mostrano che è possibile vivere liberamente a 4000 metri, con la schiena diritta, il cuore pulsante e il passo solido. Senza fiato, ma a testa alta. 30/09/2012. Ecuador e nuvole Siamo in volo sopra l’oceano. Il viaggio sta terminando e siamo tutti stanchi ma sereni. I dubbi dell’andata sono dissipati. Comprendo l’utilità della missione intrapresa dal Credito Cooperativo, promotore di sviluppo economico e di progresso sociale: dare credito non significa solo consegnare soldi ma anche donare dignità e speranza a un popolo che chiede collaboratori, non benefattori. La posa della prima pietra della sede della Cooperativa Fernando D’Aquilema, effettuata congiuntamente dai direttori della BCC di Filottrano e di Cacha, illustra l’essenza di un’amicizia che va oltre il mero contributo economico. Del resto il rapporto è biunivoco. In questo viaggio abbiamo ricevuto più di quanto dato. Abbiamo rivisto i sogni, le speranze, la passione dell’Italia dei nostri nonni, strenuamente protesi verso un riscatto morale, culturale e sociale. Abbiamo trovato nuovi amici e conosciuto persone interessanti, oneste, generose. Abbiamo toccato con mano la povertà, le sofferenze e i sacrifici della popolazione. Abbiamo ammirato le nuvole basse che compongono bizzarri arabeschi nel limpido cielo ecuadoriano. Potremmo parlare di “Ecuador e nuvole, la faccia triste dell’America” ma, a differenza della celebre canzone, non ho voglia di piangere perché ho potuto apprezzare l’ottimismo e la fiducia nel futuro di Pedro Khipo, Bepi Tonello e molte altre persone. Secondo Proust “la vera essenza del viaggio non è guardare nuovi luoghi ma guardare con nuovi occhi”. Spero che negli occhi dei partecipanti al viaggio i soci della BCC di Filottrano possano rintracciare i segni di un’esperienza differente, di una ricerca della felicità (il “buen vivir”) che rappresenta un argine al dilagante vuoto di valori. Spero inoltre che questi brevi appunti di viaggio possano testimoniare la validità e la vitalità dell’esperienza cooperativa, che rappresenta una singolare quanto ambiziosa risposta ai problemi attuali. L’Ecuador ha mostrato come la crisi si possa superare attraverso un modello che antepone la persona al capitale, che non chiede solo il quanto ma soprattutto il “come” delle nostre azioni. Come dice Bepi Tonello, “la solidarietà intelligente dà risorse a chi riceve e a chi dà”. Morettini Gabriele