Teseo

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Teseo
FILOSOFIX
Sono la stessa persona di sempre?
L'esperimento mentale: Teseo
Chi sono? Perché sono io? E come posso rimanere me stesso se cambio in continuazione? A questi interrogativi è dedicato l'esperimento mentale della nave di
Teseo. L'esperimento mostra perché rimaniamo noi stessi anche quando ci trasformiamo completamente.
Una volta il nostro aspetto era diverso, non solo pensavamo, ma sentivamo anche diversamente. Quindi, quasi tutto in noi è cambiato nel corso del tempo. La
domanda sorge spontanea: come posso rimanere me stesso se cambio in continuazione? C'è qualcosa di me che rimane uguale quando invecchio? Ed è necessario che qualcosa rimanga uguale affinché io continui ad essere negli anni sempre la stessa persona?
La nave di Teseo
Attorno a questi interrogativi ruota l'esperimento mentale della nave di Teseo.
Con il passare degli anni occorre sostituire regolarmente i pezzi di una nave. Dopo aver sostituito una sola tavola, si tratta sempre della stessa nave. Nessuno
affermerebbe il contrario. Sebbene sia cambiata un po', rimane sempre la nave
di Teseo. Ma cosa succede se dopo tanto tempo, a furia di sostituire i pezzi, la
nave sarà composta interamente da nuovi materiali? E immagina che si ricomponga la nave mettendo insieme i vecchi pezzi: ci saranno allora due navi di Teseo?
Per certi aspetti, noi siamo come la nave di Teseo: cambiamo costantemente, sia
esteriormente che interiormente. Tuttavia, siamo rimasti quelli di una volta, anche se siamo praticamente del tutto cambiati. La nostra identità non cambia.
Come è possibile?
Tutto con calma
Secondo alcuni filosofi, non occorre che in noi qualcosa rimanga immutato perché restiamo gli stessi. Tutto può trasformarsi. La sola condizione è che questa
trasformazione non sia brusca. Ne sono una dimostrazione i casi di cambiamenti
di personalità repentini e radicali in seguito, per esempio, a un incidente o a un
colpo apoplettico. Tendiamo quindi ad affermare: "Lui non è più quello di una
volta" – non in senso figurato, bensì in senso proprio. Generalmente si tratta di
persone la cui memoria è stata notevolmente danneggiata.
John Locke: senza memoria non c'è identità
Di fatto, la memoria svolge un ruolo decisivo per la nostra identità. Lo sapeva già
nel XVII secolo il filosofo inglese John Locke. Secondo Locke, ciò che ci rende noi
stessi è la nostra coscienza. Indipendentemente da quello che stiamo facendo in
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questo momento, per noi è chiaro che siamo noi a farlo. In qualsiasi momento
possiamo riflettere non solo su di noi, ma anche sul nostro io passato. Abbiamo
dei ricordi. Il fatto che determinati momenti rimangano impressi nella nostra
memoria e che possiamo rievocarli permette al nostro io cosciente di prendere
forma. Sono proprio i nostri ricordi a fare di noi ciò che siamo.
Scambio di ricordi
Immagina di scambiare i tuoi ricordi con quelli di un amico. Tutta la tua memoria
sarebbe cancellata e sostituita da quella del tuo amico. Non ricorderesti quindi
più la tua infanzia, ma quella dell'altro. Il tuo intero bagaglio di esperienze sarebbe allora diverso. Hai proprio l'impressione che tu e il tuo amico vi siate
scambiati non soltanto i ricordi, ma anche l'identità.
Un io senz'anima
John Locke rompe radicalmente con l'idea secondo cui ci vuole qualcosa di immutabile in noi affinché rimaniamo nel tempo quelli di sempre. Locke ritiene che
tutto di noi può cambiare, purché ne conserviamo la memoria. L'io non è una sostanza ma un processo di coscienza. Il filosofo può fare a meno dell'idea di un'anima immutabile.
Siete d'accordo con Locke? Quanto è importante il ricordo per la nostra identità?
Perché siete ciò che eravate?