simone giacomelli - Aroldo Governatori
Transcript
simone giacomelli - Aroldo Governatori
Simone Giacomelli Una stagione sconosciuta Mario Giacomelli e Aroldo Governatori a season unknown Mario Giacomelli and Aroldo Governatori Simone Giacomelli una stagione sconosciuta Quando Aroldo Governatori mi mostrò i provini le foto originali e quelle elaborate e stampate da Mario Giacomelli, sentii un’eco provenire da molto lontano, dalle origini d’una poetica ancora semi-sconosciuta ‘‘... il flusso traumatico del tempo’’; poche parole, ma sufficienti a convincermi che quel materiale portava in se qualcosa di importante. Pensai ad una piccola serie, forse la prima nata dal paesaggio, ‘‘Le stagioni’’. Mentre Aroldo mi parlava, tra le sue parole vi erano quelle di mio padre ‘‘Solo dopo la fine torneremo all’inizio e il tempo non avrà più maledizioni per me’’. Il tempo così lineare nella vita dell’uomo ora sta incurvandosi, come per realizzare la previsione, o l’ultimo desiderio espresso da Giacomelli per la grande retrospettiva romana del 2001, dove la prima immagine realizzata era l’ultima esposta e l’ultima era al principio. Non era solo un tentativo di ingannare il tempo che conduce alla morte. Ripeto, il tempo sta incurvandosi, ma nessuno può tornare indietro. Il progetto di Aroldo Governatori ci rivela momenti fondamentali all’interno di una delle più grandi sospensioni realizzate da Mario Giacomelli, un’epoca fotografica durata poco meno di cinquanta anni. Con segni, con graffi, con macchie d’uomo e madri di terra, Giacomelli ci narrò la Visione, ora gli stessi, per affetto e per forza di cose ci raccontano Mario Giacomelli. Quindi tutto quello che è in possesso di Governatori ci può aiutare, sarebbe un grave errore non crederci; i negativi, i provini, le prime stampe dall’intero negativo e poi le immagini dalla stampa inconfondibile, i tagli identificativi, ma soprattutto il trattamento chimico-alchemico della materia altrimenti puramente documentaria, attestano l’intervento del più importante artista-fotografo italiano nel mondo. Questi documenti attraverso un’analisi approfondita e aggiunti alla ricercastudio in corso (di cui una introduzione è consultabile sul sito www.mariogiacomelli.it), ci permetterebbero d’arrivare al nucleo del lavoro di Giacomelli e sotterraneamente potremmo assistere alla rinascita d’una stagione, purtroppo a molti sconosciuta, ma che Giacomelli ha sempre cercato come uomo e come artista. Se al lavoro di Giacomelli chiediamo un po’ di più ci parlerà di quella stagione che non urta l’uomo nella sua solitudine, ma una stagione in cui riappropriarci dell’umanità in un ciclo invisibile e naturale, per salvarci dalla morte. ‘‘Nella lotta del tempo tu muori’’ (dalla poesia ‘‘Perché’’ dello stesso Giacomelli). Così mi appare il lavoro di Aroldo Governatori; è chiaro che non è il doppio, la copia di qualcosa ed entriamo ancora in un ciclo: dall’esperienza unica ed irripetibile del viaggio, alla riproducibilità fotografica, per tornare all’unicità, quella artefatta del disegno. Volti, macchie, paesaggi, nei disegni di Governatori diventano filamenti della memoria, segni liberati di un linguaggio che si riavvolgono in nuove visioni dove il pretesto dei soggetti vela la volontà dell’artista. Le linee paiono fuori dallo stridore del mondo; ingannevolmente ferme sulla ruvidità della carta, lasciano intuire due movimenti, uno verso noi che guardiamo e l’altro verso la profondità del foglio come incisione. Se non abbassiamo lo sguardo di fronte alla sovranità del contesto, incontreremo particolari che si aggrappano ai nostri occhi, per richiamare l’attenzione verso l’amore e la poesia con cui Aroldo Governatori si confronta con un tempo imbizzarrito in cui dura un viaggio che sembrava terminato tanti anni fa, per di più con un compagno di viaggio scomparso da questo mondo il 25/11/2000. La cura per le cose piccole può far grande un artista; la luce scavata nel bianco del foglio accresce l’intensità del reale deprivandolo dal superfluo. Così l’invisibile rafforza la comunione tra Giacomelli e Governatori e rende vibrante l’intimo dialogo tra i due artisti, al di fuori del tempo materiale, di quello che Giacomelli chiamava il flusso traumatico del tempo, sospendendolo in un ciclo naturale che si conclude, ovvero si chiude, ma solo per assumere nuova linfa dalla vita di Aroldo. Nel nostro caso la creazione si esprime non solo con la rappresentazione, ma nella stessa vita dell’artefice, che è racconto, frammento di altre vite, documento di quel reale che, come il reale di Giacomelli non ha nulla di immaginario, ma è visto in un disegno che l’occhio comune può guardare solo da vicino, mentre l’artista vede attraverso l’immensità impercorribile, perché la lontananza, che sola rende la completezza dell’opera, ha origine nella percezione e casomai stimola l’immaginario di chi osserva l’opera. Chi si trova di fronte ai disegni di Governatori e alle immagini di Giacomelli, forse non lo sa ma è in un luogo dove l’invisibile diventa visibile e in cui - non trovo parola migliore - l’Arte crea il giusto ambiente vitale per la Verità. La Verità quotidiana d’estasi, terrore, lavoro, Amore e varie curiosità rivelate graficamente, perché assieme alla vita, è da sempre l’immagine che aiuta l’uomo a capire il tempo che è stato, che è e che sarà. E se mi è permesso, con la benedizione che spetta ad ogni uomo semplice, dico che il progetto di Aroldo è sostenibile anche perchè ci offre l’esempio di come immobile l’Artista, anche se assente, viaggia, conosce e racconta con l’insostituibile voce interiore del segno immortale. Simone Giacomelli a season unknown As soon as Aroldo Governatori showed me the negatives, the original photographs and the ones developed by Mario Giacomelli himself, a few words of a poetic nature from faraway ‘‘... the distressing flow of time’’, started echoing in my mind, convincing me that the material was important. I thought of a short photo series, perhaps the first one about landscape, ‘‘The Seasons’’. Aroldo’s words were woven with those of my father’s: ‘‘Only after the end there will be a way back, then time will no longer curse me’’. Time so linear in a man’s life is now curving, as to fulfil the last wish expressed by Giacomelli for the 2001 retrospective exhibition in Rome, where his last photograph opened the exhibition and his first photograph closed it. It was not just an attempt to while away the time leading to death. Again, time is curving, but no one can turn back. Aroldo Governatori‘s project unveils the fundamental moments in Mario Giacomelli’s photographic calling which spanned almost 50 years. Giacomelli revealed to us his Vision through signs, scratches, shadows of men and the domains of mothers of the earth, and now these same features are revealing Giacomelli himself to us. Hence, everything in Aroldo Governatori’s possession is extremely helpful; it would be foolish to think otherwise. The negatives, the proofs, the first prints from the negatives and then the unique photographs, the distinguishing cuts, but above all the chemical-alchemical treatment of the material testify to the commitment of the most outstanding Italian photographic artist in the world. A profound analysis of all the material together with the current research, (an introduction can be found at the site www.mariogiacomelli.it) could allow us to get to the nucleus of the work of Giacomelli and secretly witness the revival of a season, unfortunately unknown to many, which Giacomelli had always searched for as a man and an artist. Giacomelli’s work tells us about the time in a man’s life of regaining possession of humanity in an invisible and natural cycle to escape death. ‘‘In the struggle of the time you die’’ (from the poem ‘‘Why’’ by Mario Giacomelli). This is how I see Aroldo Governatori’s work; it is not a clone or a copy of something, but a full circle: from the exclusive experience of the journey to the photographic representation and back to the artistic uniqueness of drawing. In the drawings of Governatori, faces, marks and landscapes turn into filaments of the memory, unchained signs of a language which are rewound into new visions where the subject matter conceals the will of the artist. The lines don’t seem to belong to the screaming world; misleadingly still on the rough surface of the paper, they suggest two directions: one towards us who are looking and the other one towards the depths of the paper as an engraving. If we do not look away from the power of the context, some details may catch our eyes and draw our attention to the love and the poetry Aroldo Governatori experienced on a journey which seemed to have ended years ago with the death of his ‘‘travelling’’ companion on 25th November 2000. The attention to small things can make an artist great; the light carved on the white of the paper enhances the intensity of reality and removes any redundancy. So, the invisible strengthens the empathy between Giacomelli and Governatori and inspires the intimate dialogue between the two artists outside of time, ‘‘the distressing flow of time’’, suspending it in a natural cycle that comes to an end only to take on new energy from the life of Aroldo. Here creation is not only illustration, but the very life of the master himself, made of narrative fragments of other lives, a record of the real world, with nothing fictitious, but seen in a frame that the ordinary eye can only look at closely, whereas the artist looks through impenetrable immensities: because distance, which gives wholeness to an artwork, originates in the perception and stimulates the imagination of those looking at the artwork. Not everyone looking at Governatori’s drawings and Giacomelli’s photographs may be aware that they are in a place where the invisible turns into the visible and where art is the key to the truth. The everyday truth of ectasy, terror, work, love and inquisitiveness is revealed graphically because the image, along with life, has always helped man understand the time that was, is and will be. And if I may, I would like to say that Aroldo’s project is one to believe in and support as it offers us the perfect example of how the Artist, even if absent, still travels, makes encounters and speaks with his unique inner voice. Aroldo Governatori Itinerari dei fatti Nell’agosto 1971 feci un viaggio in Marocco, nel cuore dell’Alto Atlante. Seguii Ariane Bruneton, etnologa che era stata invitata a casa sua da Hassan Jouad, insegnante di berbero all’Istituto di Lingue Orientali a Parigi. Ella vi si recava per studiare le abitudini alimentari del popolo berbero. La fotografia era un prezioso strumento di cui ci siamo abbondantemente serviti. Ciò permetteva di fissare facilmente reperti etnografici e al tempo stesso la profonda bellezza che ogni cosa là sembrava emanare. Scoprii mitici paesaggi, un villaggio fuori dal tempo, una comunità di uomini e donne i cui volti erano come scolpiti, legati gli uni agli altri alla vegetazione arida, alle case di terra, agli animmali. Un anno più tardi, di passaggio d’estate a Senigallia, incrociando Mario Giacomelli, di cui ero amico, gli mostrammo alcune foto che lo affascinarono molto. Egli espresse subito il desiderio di poter eseguire nuove stampe nella sua camera oscura con i suoi personalissimi procedimenti mai visti prima. Ci propose che ciò poteva essere motivo di una mostra insieme a noi due. Ci chiese quindi i contatti e i negativi. Glieli spedimmo dalla Francia ove risiedevamo e qualche mese più tardi ricevemmo tre grandi buste ‘‘TENSI’’ (carta baritata che Mario era solito usare negli anni 1970) che contenevano 110 stampe originali da lui realizzate dei nostri paesaggi e ritratti berberi. In seguito non parlammo più di mostre occupati ambedue nelle nostre attività. Misi accuratamente nella biblioteca del mio studio le stampe di Mario e con il passar del tempo finii col dimenticare la loro esistenza. Più di trenta anni dopo, nel 2005, dovendo lasciare il mio luogo di vita e di lavoro nel Sud della Francia, preparando gli scatoloni per il trasloco, le stampe di Giacomelli da tanto tempo sepolte sotto pile di libri e cataloghi improvvisamente, come risvegliate dalla loro forza plastica, in un lampo mi riapparvero. Paragonando queste immagini alle foto che avevo fatto sviluppare per mio uso personale mi resi subito conto del rilievo che Mario Giacomelli aveva saputo incidere nella materia fotografica. L’impronta della forma e il rapporto di contrasto tessuti dal bianco astrale fino al nero ebano mi ispirarono immediatamente. Era da molto tempo che non disegnavo più occupato solo dalla pittura. Ebbi un forte desiderio di tradurre la magica luce fotografica di Mario con i miei mezzi di disegnatore. Realizzai in qualche mese una serie di disegni su grandi fogli di carta ‘‘ARCHE’’ ad inchiostro di China. Aroldo Governatori The road map of events In August 1971, I took a trip to the High Atlas, in the heart of Morocco, with ethnologist Ariane Bruneton, who had been invited there by Jouad Hassan, a teacher of Berber language at the lnstitute of Oriental Languages and Civilizations in Paris. Ariane often went to Morocco to study the eating habits of the Berber people. Photography was the precious tool we had relied on to capture the ethnographic findings and the powerful beauty which surrounded us. I discovered a mythical landscape, an out-of-time village with carved human faces bound to waterless vegetation, earthen houses and animals. A year later, during a brief visit to Senigallia, I showed my friend Mario Giacomelli some of the photographs. He was so fascinated that he expressed the desire to develop the negatives in his darkroom with his very personal technique. He suggested we organize an exhibition together and asked us for the negatives and contacts. We sent him the material from France, where we lived at the time, and after a few months we received from Mario three ‘‘tensi’’ envelopes (baryta paper that he used in the 1970s), containing 110 original photographs that he had developed from our negatives of the landscapes and Berber people. Both busy in our professions, we didn’t have much of a chance to talk about exhibitions any longer. I carefully put away Mario’s photographs in my library and forgot about them with the passing of time. More than thirty years later, in 2005, while packing to leave my hometown and workplace in the South of France, Giacomelli’s prints, so long buried under piles of books and catalogues, suddenly reappeared in a flash as if awakened by their plastic strength. Comparing his photographs to the ones that I had developed for my own personal use, I was immediately aware of Mario Giacomelli’s exceptional talent in working with photographic material. The form and the relationship between the contrast of the astral whites and deep blacks inspired me straight away. It had been a long time since I had made any drawings, as I was entirely devoted to painting. I had a strong desire to interpret Mario’s magical photographic light with my drawing skills. After a few months, I had a series of China ink drawings on large sheets of ‘‘ARCHE’’ paper. Charles-Henri Favrod Vice president of the Alinari museum of photography Florence Mario Giacomelli wasn’t very enthusiastic on travelling outside Italy. Pilgrimage to Lourdes and the images he brought from there was the only exception. He showed to me with repulsion the interventions he made on photos from Nepal and Ethiopia. In August 2008, Aroldo Governatori showed me the photographs that in 1972 Mario Giacomelli had printed from the negatives of the photos taken by both Aroldo Governatori and Ariane Bruneton during their sojourn in Morocco in the summer 1971. It doesn’t surprise me at all that Mario Giacomelli was fascinated by the photographs that Mr Governatori, during a return to Senigallia, had shown him. Giacomelli obtained permission to use those negatjves to develop his own prints, sensing that those images of a land drenched in sunshine could be material congenial to his art. Mario GiacomeIli’s work was then forgotten for years in the study of Mr Governatori. During a house move in 2005, the photographs accidentally reappeared. Governatori himself was amazed by the magical light that his friend Mario had been able to create with his personal way of framing and printing the images. These ‘‘new images’’ of Morocco, emotionally inspired Aroldo Governatori to make a series of highly professional China ink drawings of exceptional quality and pureness. Time has come to give these two artists their due appreciation. I thank Aroldo Governatori for making known to the public the re-discovery of a ‘‘new’’ Morocco. Charles-Henri Favrod Vice presidente museo Alinari della fotografia Firenze Mario Giacomelli non amava viaggiare fuori dall’Italia. Solo le immagini del pellegrinaggio a Lourdes facevano eccezione al suo sguardo. Con ripugnanza mi aveva già mostrato il suo lavoro sulle immagini del Nepal e dell’Etiopia. Aroldo Governatori mi mostrò, nell’agosto del 2008, le stampe che Mario Giacomelli aveva realizzato, nel 1972, dai suoi negativi e da quelli dell’etnologa Ariane Bruneton, fatti durante un loro soggiorno in Marocco nell’estate del 1971. Non mi stupisce il fatto che Mario Giacomelli fosse affascinato da quelle immagini che Governatori, di ritorno a Senigallia, l’anno dopo del suo soggiorno in Marocco, mostrò all’amico fotografo. Giacomelli ottenne il permesso di poter usare quei negativi per la stampa, avendo compreso che da quelle immagini di una terra inondata dal sole, poteva egli stesso trovare materia a lui piuttosto congeniale. Il lavoro di stampa di Mario Giacomelli fu poi per anni dimenticato nello studio di Governatori. In occasione di un trasferimento, nel 2005, le foto ricomparvero occasionalmente. Governatori stesso nel ritrovarle fu affascinato dalla magica luce che il suo amico Mario aveva saputo creare con la sua personalissima maniera di stampare e di inquadrare le immagini. Tali emozioni divennero per Aroldo Governatori motivo di ispirazione per realizzare da quelle ‘‘nuove immagini’’ del Marocco, una serie di disegni ad inchiostro di china d’una qualità eccezionale, molto puri e di alto livello. Oggi è giunto il momento di rendere giustizia al lavoro di questi due artisti, felicitandomi con Governatori che ce ne ha offerto l’occasione, di rendere pubblico questa riscoperta di un Marocco inedito. Jean-Claude Lemagny Conservatore generale onorario della biblioteca nazionale di Francia La ronde Questa mostra intreccia una danza in tre tempi: trascina fotografìa e disegno in un valzer comune. Fu un’avventura unica, che io sappia, di due artisti che portano il testimone delle medesime immagini ma ognuno con la propria arte. Ci furono, all’inizio, le riprese fotografiche del pittore Governatori, affascinato da un paese. Poi, l’intervento di un fotografo, Giacomelli, affascinato da quelle foto, che voleva fare proprie in vista di nuove inquadrature. Infine il ritorno del pittore-disegnatore Governatori che s’impossessa di quelle stampe per trasporle nel disegno. Non dimentichiamo che all’origine ci fu una forza sprigionata da un paese, il Marocco, straordinariamente bello. Paese rude e vero, selvaggio, dove la gente è rimasta legata alla terra e alle montagne. Un paese ancora biblico dove ogni uomo nella sua vicenda è partecipe della nobiltà del paesaggio. Paese del sole che segna profondamente i volti e ne scolpisce le pieghe. Paese di luci e dunque di ombre profonde, che si offre all’arte della luce: la fotografia. Venne, allora, il secondo fotografo, Giacomelli, che riprese la materia visiva offerta dal primo, e rimodellò nel profondo. A dire il vero un fotografo non compone ... fa le inquadrature. Non può disporre le cose a suo piacere nello spazio scelto ma può suggerire la forza di un campo di spazio limitandolo, tagliando dei piani di superficie e gettandoli nel nulla esterno all’immagine. Intensifica dunque i rapporti fra le forme orientando lo sguardo verso le confluenze plastiche che fanno volgere lo spazio su se stesso. Come il tagliatore di diamanti, rinuncia a parti della realtà per conservare solo ciò che può cristallizzare sotto un occhio consapevole della sua libertà di accogliere.Infine, il primo fotografo ritornò in figura di disegnatore. Capì come il suo amico aveva trasformato dei ricordi in opere d’arte, come aveva tagliato il flusso senza confini della realtà per costituire mondi separati e autonomi. E riprese la questione daccapo, facendo passare le forme da un’arte ad un’altra, la sua, quella di disegnatore. Paradossalmente si concentrò su un aspetto molto particolare delle stampe di Giacomelli: il modo con il quale costui utilizza i bianchi. Di solito i bianchi nella fotografia sono rischiosi. Non vibrano in se stessi ma nel contrasto con i neri. Troppo estesi, bucano lo spazio, disfano la coerenza dell’immagine. Ma Giacomelli non teme i bianchi. Sa soppesarli e trovare un giusto ritmo fra loro. E di fronte alle foto inondate di sole di Governatori, Giacomelli ha probabilmente provato come una sfida: fare tenere" le immagini con tante spiagge bianche, scogli, mantelli di lana, campi. Governatori, ripartendo dal disegno, apre nuovi orizzonti sui bianchi. In fotografia la luminosità viene dall’esterno, dallo spazio, quello cosmico, tingendo il negativo di un nero che si traduce in bianco, mentre nel disegno il bianco è ciò che irradia dalla carta non toccata dall’inchiostro o dalla grafite. Dalla fotografia al disegno si passa dalla luce alla materia, dal motivo incisivo al volume luminoso. Governatori che accarezza, che scolpisce le forme a piccoli colpi di penna, fa emergere il loro volume dallo spazio solare diffuso. Due specie di luci, separate poi ricongiunte ci trascinano nella loro danza. Jean-Claude Lemagny Honorary curator of the national library of France La ronde This exhibition weaves a dance in three movements where photography and drawing merge in a shared waltz: a unique experience of two artists witnessing the same images but interpreting them through their own artistic talent. In the beginning it was the photographs of a painter-drawer, Aroldo Governatori, enchanted by a country. Then the involvement of a photographer, Mario Giacomelli, fascinated by those photographs to the point that he wanted to get new images out of them. Finally, the return of the painterdrawer who revisited those ‘‘new’’ photographs in his drawings. The starting point was the driving energy of an extraordinarily beautiful country. Morocco: a rough and truly wild place where people are closely bonded to their land and mountains; a biblical country where every human being is part of the nobleness of the landscape; a country where the sun deeply marks faces and carves their folds; a country of bright lights and deep shadows offering themselves to the art of photography. It was then the second photographer, Giacomelli, who took up the visual material, offered by the former, and reshaped it in depth. Actually, a photographer does not create... he sets up the images. He cannot arrange things to his liking in the chosen space, but he can convey the strength of a field of space by edging it, by cutting out surface planes and throwing them into the void outside the image. In this way the links between forms are strengthened and our glance is oriented towards the plastic confluences that make the space revolve around itself. Like a diamond cutter, he drops parts of reality in order to focus only on what can be perceived by the eye. Finally, the first photographer returned as a drawer. He realized how his friend had turned memories into works of art, how he had cut off the boundless flow of reality to create distinctive and independent worlds. Hence, he reprocessed the material from one art form to another: the art of drawing. Strangely enough, Aroldo Governatori focused on a particular aspect of Mario Giacomelli’s photographs: his use of whites. Whites in photography are as a rule risky. They do not vibrate by themselves but in contrast to the blacks. Too extensive, they pierce the space, discarding the consistency of the image. But Giacomelli knew how to deal with whites and find the right rhythm between them. And in front of the sun-drenched photos of Governatori, Giacomelli probably experienced a challenge: ‘‘let the photographs breathe’’ with all the white beaches, rocks, wool cloaks, fields. Governatori, in his drawings, opens new horizons on whites. Light in photography comes from the outside, the cosmic space, and it paints the negative black which in turn changes to white, whereas in drawing light radiates from the paper untouched by ink or graphite. Shifting from photography to drawing is like moving from light to substance, from a sharp image to a luminous form. Governatori, by caressing and carving the forms with his tiny pen strokes, makes them emerge to the surface from the diffused luminous space. Two kinds of light, at first separate and then fused, draw us into their dance. Mario Giacomelli 1925 Mario Giacomelli nasce a Senigallia (Ancona) il 1° Agosto del 1925. 1934 Muore suo padre. Inizia a dipingere e a scrivere poesie. 1938 Entra in una stamperia e impara il mestiere del tipografo. A casa, la sera, organizzava la materia: il gesso, la terra, il grasso, su tavole di legno, in visioni vive nel presente, ma con un nucleo di passato e futuro in continuo attrito. 1946/47 Inizia a interessarsi di fotografia grazie a delle riviste specializzate, ritrovate tra le macerie della tipografia dove lavorava prima della guerra. 1953 Inizia ad usare la macchina fotografica, una Bencini Comet S (CMF), per fare arte. 1954 Giacomelli conosce Giuseppe Cavalli, ad Aprile si sposa con Anna Berluti e nello stesso anno è tra i fondatori dell’Associazione fotografica ‘‘Misa’’. Inizia la vasta serie dei Paesaggi di cui il primo conosciuto è ‘‘Fiamme sul campo’’. 1955 Realizza le prime foto all’Ospizio di Senigallia che saranno conosciute come ‘‘Verrà la morte e avrà i tuoi occhi’’ da una poesia di Cesare Pavese. Vince la mostra concorso di Castelfranco Veneto e viene riconosciuto come ‘‘l’uomo nuovo della fotografia’’. 1956 Aderisce al gruppo ‘‘La Bussola’’ che abbandonerà subito. Interviene sul paesaggio che poi fotografa, anticipando la Land-Art che dopo qualche anno nascerà negli Stati-Uniti. 1957 Realizza ‘‘Scanno’’ e va per la prima volta a Lourdes. 1958 ‘‘Puglia’’. Conquista la fiducia di una famiglia di nomadi che gli permette di creare la serie ‘‘Zingari’’. U.S. Camera lo cita come migliore fotografo italiano. 1960 Compone ‘‘Un uomo, una donna, un amore’’ primo racconto visivo progettato prima della realizzazione. 1961 ‘‘Mattatoio’’ e continua la serie dell’Ospizio. Inizia la frequentazione del Seminario di Senigallia per la serie ‘‘Pretini’’. 1963 Conclude la serie più conosciuta ‘‘Pretini’’ poi chiamata ‘‘Io non ho mani che mi accarezzino il volto’’ da una poesia di padre David Maria Turoldo. Grazie a Piero Racanicchi le fotografie di ‘‘Scanno’’ vengono acquisite dal MOMA di New York. 1964 ‘‘La buona Terra’’ serie sul lavoro e sulle abitudini contadine e il loro rapporto con la terra. 1966 La George Eastman House (Rochester, NY) acquisisce cento fotografie di Mario Giacomelli per un fondo permanente. Nello stesso anno inizia una grande serie a colori che porterà avanti fino al 1975, per poi riprenderla a metà anni ‘80: ‘‘Spazio Poetico’’. ‘‘Motivo suggerito dal taglio dell’albero’’ serie nata dalle suggestioni dei segni nelle sezioni dei tronchi. 1968 Nasco io, Simone Giacomelli. Inizia la serie a colori ‘‘il cantiere del paesaggio’’ foto scattate attorno al cantiere navale di Senigallia. Il soggetto è la materia corrosa, ruvida e rugginosa delle lastre di metallo usate per la costruzione o riparazione delle navi. Iniziò con la mia nascita e finì intorno agli anni ’80, io lo accompagnavo e l’osservavo intervenire a volte con gessi colorati, secchiate d’acqua e di vernice. Fu anche l’anno in cui conobbe di persona Alberto Burri. 1971 ‘‘Caroline Branson’’ serie ispirata dal libro di Edgar Lee Master ‘‘Spoon River’’. In questi anni Giacomelli provò qualche particolare collaborazione con fotografi non professionisti: un missionario in Etiopia, Enea Discepoli in Ladak (Tibet), Aroldo Governatori e Ariane Bruneton in Marocco. Solo nell’ultima delle tre collaborazioni, Giacomelli, interverrà con il suo taglio e un profondo lavoro di camera oscura. 1973 Apre il campeggio Summerland. 1975 Il Victoria & Albert Museum acquisisce alcune fotografie di Giacomelli. Alla fine degli anni ’70 inizia a fotografare il paesaggio da un piccolo aereo. 1983 Inizia a fotografare il mare dall’alto e compone la serie ‘‘Il mare dei miei racconti’’. 1984 Serie ‘‘Favola. Per un viaggio verso possibili significati interiori (ferri ritorti)’’ e ‘‘Il teatro della neve’’. Comincia a lavorare sulle sequenze usando anche vecchie immagini per nuove serie. 1985 Conclude la serie ‘‘Ho la testa piena mamma...’’ e inizia la serie ‘‘Ninna Nanna’’ ispirate alle poesie del poeta Francesco Permunian. 1986 Inizia a lavorare alla serie ‘‘Felicità raggiunta si cammina’’ dalla poesia di Eugenio Montale. Muore la madre Libera. 1987 In occasione delle celebrazioni leopardiane, compone la serie ‘‘L’Infinito’’. 1991 È tra i 54 fotografi contemporanei inseriti nella collezione Toppan destinata a formare il fondo del Tokyo Metropolitan Museum of Photography. 1992 Realizza le serie ‘‘Il pittore Bastari’’ e ‘‘Io sono Nessuno!’’, quest’ultima ispirata a una poesia di Emily Dickinson. 1994 Inizia a lavorare alla serie ‘‘La notte lava la mente’’ da una poesia di Mario Luzi. 1995 Compone la serie Bando su una poesia di Sergio Corazzini. Fotografa le macerie di una fabbrica realizzando la serie ‘‘Il territorio del linguaggio’’. 1997 Compone la serie ‘‘Diversi? Ti chiesi’’. Interpretando una poesia del figlio Simone Giacomelli. 1998 Serie ‘‘La mia vita intera’’ ispirata a una poesia di Jorge Louìs Borges. 1999 Inizia la serie ‘‘Ritorno’’ su una poesia di Giorgio Caproni. 2000 Il 18 gennaio viene ricoverato e operato d’urgenza. Tornato a casa, conclude la serie ‘‘Ritorno’’ e compone la sua ultima storia ‘‘Questo ricordo lo vorrei raccontare’’. Muore il 25 novembre. 2009 Retrospettiva a FORMA di Milano. L’archivio di Senigallia, in occasione dei 50 anni di esilio dona al Dalai Lama la prima foto scattata da Mario Giacomelli. 2011 ‘‘Una stagione sconosciuta. Aroldo Governatori e Mario Giacomelli’’. Esposizione a Senigallia dal 2 al 31 agosto. Mario Giacomelli 1925 Mario Giacomelli was born in Senigallia (Ancona) on 1st August. 1934 His father dies. He begins painting and writing poetry. 1938 He works in a print shop and learns the art of printing. At home in the evening, he organizes on wooden tables chalk, earth, and grease envisioning images alive in the present, but with a focus on the past and the future in constant conflict. 1946/47 He becomes interested in photography thanks to magazines found in the rubble of the print shop where he worked before the war. 1953 He starts taking photographs using a Bencini Comet S (CMF) camera. 1954 Giacomelli meets Giuseppe Cavalli. In April he marries Anna Berluti. He is one of the founders of the Misa Group, a photographic association. He starts production of a vast array of landscapes of which the first one known is ‘‘Fiamme sul campo’’ (‘‘Flames in the field’’). 1955 He takes his first photographs of the hospice in Senigallia which will be known as ‘’La morte verrà e avrà i tuoi occhi’’ (‘‘Death will come and will have your eyes’’) from a poem by Cesare Pavese. He wins the exhibition contest at Castelfranco Veneto and is recognized as the ‘’new man of photography’’. 1956 He joins the group ‘’La Bussola’’ which he will soon leave shortly after. He starts working with the landscape which he will then photograph, anticipating the Land-Art, an art movement which emerged in the USA in the late 1960s. 1957 He produces the ‘‘Scanno’’ photographs and goes to Lourdes for the first time. 1958 ‘‘Puglia’’ (‘‘Apulia’’). He gains the trust of a nomad family who allow him to create the series ‘‘Zingari’’ (‘‘Gypsies’’). U.S. Camera cites him as the best Italian photographer. 1960 He composes ‘’Un uomo, una donna, un amor (‘‘A man, a woman, a love’’), his first visual story planned prior to realization. 1961 ‘’Mattatoio’’ (‘‘Slaughterhouse’’) and he continues the hospice series. He begins visiting the Seminary of Senigallia for the series ‘‘Pretini’’ (‘‘Little Priests’’). 1963 He finishes his most famous series ‘’Pretini’’ (‘‘Little Priests’’) later called ‘’Io non ho mani che mi accarezzino il volto’’ (‘‘No hands to caress my face’’) from a poem by Father David Maria Turoldo. Thanks to Piero Racanicchi, the photographs of ‘‘Scanno’’ are acquire by MOMA in New York. 1964 ‘‘La buona Terra’’ (‘’The good Earth’’) series on peasant labour habits and their bonds with the land. 1966 The George Eastman House (Rochester, NY) acquires one hundred photographs by Mario Giacomelli for a permanent foundation. He works until 1975 on a large number of coloured series ‘‘Spazio Poetico’’ (‘’Poetic Space’’), which he then takes up again in mid 80’s. ‘‘Motivo suggerito dal taglio dell’albero’’ (‘‘Theme suggested by the cutting down of the tree’’), a series inspired by the tree rings from a cross section of a tree trunk. 1968 I was born, Simone Giacomelli. The coloured series ‘‘Il cantiere del paesaggio’’ (‘‘The shipyard of the landscape’’) is started, photos taken of the shipyard of Senigallia. The theme is the corroded, rough and rusty material of the metal plates used for ship building and repairing. It started with my birth and ended around the 80’s, I followed him and watch him sometimes use coloured chalk, buckets of water and paint. It was also the year he met Alberto Burri. 1971 ‘‘Caroline Branson’’ series inspired by Edgar Lee Masters’ Spoon River Anthology. Giacomelli collaborates with amateur photographers: a missionary in Ethiopia; Enea Discepoli in Ladakh (Tibet); and Aroldo Governatori and Ariane Bruneton in Morocco. Giacomelli contributes his unique technique and precise work in the darkroom only with Governatori and Bruneton. 1973 Summerland campsite opens up. 1975 The Victoria & Albert Museum acquires some photographs by Giacomelli. In the late 70’s he begins to take aerial photographs of the landscape from a small plane. 1983 He starts taking aerial photographs of the sea and creates the series ‘‘Il mare dei miei racconti’’ (‘‘The sea of my tales’’). 1984 Series ‘‘Favola. Per un viaggio verso possibili significati interiori- ferri ritorti’’ (‘‘Fairytale. Journey to potential inner meanings-twisted irons’’ and ‘‘Il Teatro della neve’’ (‘‘The Theatre of the snow’’). He starts working on sequences also using old images for new series. 1985 He finishes the series ‘‘Ho la testa piena mamma...’’ (‘‘My head is full, mom...’’) and begins the series ‘‘Ninna Nanna’’ (‘‘Lullaby’’) inspired by the poems of the poet Francesco Permunian. 1986 He starts working on the series ‘‘Felicità raggiunta, si cammina’’ (‘‘Happiness, for you we walk’’), from the poem by Eugenio Montale. His mother Libera dies. 1987 On occasion of the Giacomo Leopardi celebrations, he creates the series ‘‘L’infinito’’ (‘‘The Infinite’’). 1991 He is among the 54 contemporary photographers included in the Toppan collection destined to form the foundation of the Tokyo Metropolitan Museum of Photography. 1992 He produces the series ‘‘Il pittore Bastari’’ (‘‘Bastari the painter’’) and ‘‘Io sono Nessuno!’’ I’m Nobody!’’) the latter from a poem by Emily Dickinson. 1994 He works on the series ‘‘La notte lava la mente’’ (‘‘Night Washes Over The Mind’’) from a poem by Mario Luzi. 1995 He creates the series ‘‘Bando’’ (‘‘Ban’’) from a poem by Sergio Corazzini. He takes photographs of the ruins of a factory and produces the series ‘‘Il territorio del linguaggio’’ (‘‘The territory of language’’). 1997 He makes the series ’’Diversi? Ti chiesi.’’ (‘‘Different? I asked.’’), interpretation of a poem by his son Simone Giacomelli. 1998 Series ‘‘La mia vita intera’’ (‘‘My whole life’’), inspired by a poem by Jorge Louis Borges. 1999 He starts the series ‘‘Ritorno’’ (‘‘The Last Homecoming’’) from a poem by Giorgio Caproni. 2000 On January 18, he undergoes emergency surgery. Back home, he finishes up the series ‘‘Ritorno’’ (‘‘The Last Homecoming’’) and creates his last story ‘‘Questo ricordo lo vorrei raccontare’’ (‘‘This memory I would like to tell’’). He dies on November 25th. 2009 Retrospective exhibition at FORMA in Milan. Senigallia Archive has the pleasure to present Dalai Lama, on the occasion of his 50 years of exile, with the first photo taken by Mario Giacomelli. 2011 ‘‘Una stagione sconosciuta. Aroldo Governatori e Mario Giacomelli’’ (‘‘A season unknown. Aroldo Governatori and Mario Giacomelli’’). Exhibition in Senigallia from August 2nd to 31st. Aroldo Governatori Aroldo Governatori è nato nel 1937 a Senigallia. Si è diplomato all’istituto d’arte di Urbino, dal 1956 al 1962 è vissuto a Parigi. Ha poi compiuto numerosi viaggi e soggiorni negli Stati Uniti, in Alaska, In Messico. Dal 1967 al 1971 è vissuto a Roma. Poi si è trasferito nel sudovest della Francia, ai piedi dei Pirenei, mantenendo anche il suo atelier a Montmatre. Da Biarritz è tornato a Senigallia nel 2007. ...La sua pittura si interessa ancora a un segno sui muri, ad un frammento quasi insignificante; una stampa esotica, un’immagine di pietà popolare soffocate dai rampicanti: un grappolo d’uva appeso al soffitto, che s’indora alla prima luce del mattino; una soglia di porta o di finestra, oltre la quale la realtà esterna appare come un fondale di scena; a volte un ricordo di viaggio nell’Atlante, e allora le trame dei tappeti arabi richiamano la memoria delle vetrate di un tempo. Luigi Carluccio Dal cat. ‘‘GALLERIA PORTICI’’ Torino Gennaio 1973 ...Ciò che consente di distinguere gli ultimi paesaggi di Governatori è la particolare qualità della luce... Essa investe ormai tutto il quadro secondo un processo sinfonico che accarezza le vette dei monti, gioca con la cima degli alberi, accentua qua e là l’intonaco di una casa. Sotto la carezza della luce crepuscolare, il paesaggio acquista un riverbero onirico. I soli al tramonto rivestono i campi... canta Baudelaire nell’Invitation au Voyage. Ma è ad un altro viaggio, ugualmente di sogno e senza fatica, che la pittura di Aroldo Governatori ci invita. Philippe Comte Dal cat. Museo Nazionale d’Arte Moderna ‘‘Georges Pompidou’’ Parigi, febbraio-marzo 1979 L’audacia di certi soggetti non fa paura al pittore più di quanto l’antenato di Borgo San Sepolcro ebbe timore di raffigurare la Vergine come una magnifica contadina incinta (Monterchi). Il Trittico o il Dittico (Nascita di un giorno) non sono soltanto storie di una donna incinta, ma sono nella stessa misura glorificazione del volume e rispetto profondo dell’atto. E ci si può soltanto inchinare di fronte alla pittura che si è fatta carne. Pierre Granville Conservatore della Sezione d’Arte Moderna e Contemporanea del Musée des Beaux Arts di Digione Dal cat. Galleria Giulia Roma, ottobre-novembre 1983 Principali Mostre Personali 1966 Galleria di Corso Venezia, Milano 1968 Galleria Martano, Torino 1970 Galleria Goethe, Bolzano 1972 Galleria La Chiocciola, Padova 1972 Galleria Giulia, Roma 1973 Galleria i Portici, Torino 1975 Museo di Belle Arti, Pau 1976 Museo Hotel Sandelin, Saint-Omer 1976 Galleria Simone Boudet, Toulouse 1979 Museo Nazionale d’Arte Moderna, Georges Pompidou, Paris 1983 Museo di Belle Arti, Pau 1983 Galleria Giulia, Roma 1984 Galleria Protée, Toulouse 1986 Museo di Belle Arti, Grenier de Loèns, Chartres / Museo di St-Armand-les-Eaux Museo di La Chartreuse, Dovai 1987 Museo di Belle arti, Libourne 1988 Centro Culturale, Toulouse 1988 / 1989 / 1990 Galleria Jean Peyrole, Paris 1992 Galleria Besseiche ‘‘La Croisette’’, Courchevel, Ouverture du C.I.O. 1997 Museo di Belle Arti, Pau 1998 Centro Multimediale (CIM), Porte de Versailles, Paris 2000 Galleria Ciovasso, Milano 2000 Creazione per il festival della Poesia, Voix de la Mediterannée - Lodève 2002 Espace Chatelet Victoria, Parigi 2008 ‘‘Poesia per il gioco del pallone’’, Palazzo del Duca, Senigallia Principali Mostre Collettive 1968 Premio acquisto a Franca Villa, Premio Michetti 1969 Premio Varazze 1971 Per copia conforme, Rassegna d’Arte, Arezzo 1975 Premio della città di Montauban, Museo Ingres 1975 Le figure dell’enigma, Oiseaux nocturnes, Vasto 1976 Le désespoir du peintre, Maison de la Culture, Grenoble 1976 Trait pour trait, Galleria Jean Briance, Paris 1978 D’un éspace à l’autre: la fenétre, Museo de l’Annonciade, St.Tropez 1979 Le regard du peintre, Centre Pompidou, Museo d’arte Moderna, Paris 1982 ARCO, Madrid 1983 ARCO, Madrid 1983 FIAC, Paris 1986 Paesaggio senza Territorio, Castello Estense, Mesola 1986 Terza donazione Pierre Granville, Museo di Belle Arti, Dijon 1994 Mémories de Rivages, chàteau-Musée, Boulogne-sur-mer 1997 Biennale dello Sport, Barcelonne 1997 4 peintres: hommage a P. Granville, Galleria Raymondier, L’isle-Adam Collezioni pubbliche Museo di Vasto Fondo Nazionale d’Arte Contemporanea, Parigi Centro Georges Pompidou, Museo d’Arte Moderna Parigi Museo di Belle Arti di Digione, Donazione Pierre Granville Museo di Belle Arti di Chartres Museo di Belle Arti di Pau Museo internazionale dello sport, Parigi Federazione di Calcio di Francia (FFF), Parigi aroldo governatori Aroldo Governatori was born in Senigallia in 1937. He graduated from the Art Institute of Urbino and lived in Paris from 1956 to 1962 . He has made several trips to United States and Mexico. From 1967 to 1971 he lived in Rome. Then he moved to the south-west of France, at the foot of the Pyrenees, and also had a studio in Montmartre. He moved from Biarritz back to Senigallia in 2007. ...His painting can be just a sign on a wall, an irrelevant fragment; an exotic print, an image of a popular piety choked by vines: a bunch of grapes hanging from the ceiling and turning to golden at the morning light; ...a threshold of a door or a sill of window beyond which the outer reality looks like a backdrop of a scene; sometimes a memory of a journey to the High Atlas, and the patterns of Arabian carpets recalling old windowpanes . Luigi Carluccio From the Catalogue of the ‘‘Portici Art Gallery’’, Turin, January 1973 ...What makes Governatori’s landscapes distinctive is the particular quality of light... It floods the whole picture in a symphonic progression which caresses mountain tops, plays with tree tops, emphasizes here and there the facade of a house. Under the touch of twilight, the landscape takes on a dreamy glare. The setting suns adorn the fields ...Baudelaire says in his Invitation au Voyage. However, Aroldo Governatori’s painting is an invitation to a different kind of journey, yet dreaming and effortless. Philippe Comte From the Catalogue of the Centre ‘‘Georges Pompidou’’ National Museum of Modern Art, Paris, February-March 1979 The painter is not frightened by the audacity of some themes, no more than his illustrious ancestor was at Borgo Sansepolcro (in Monterchi) when painting the Virgin as a magnificent pregnant rural woman. The Triptych or Diptych (Birth of a day) are not only stories of a pregnant woman, but they are as well a glorification of the dimension and deep respect of the act. And one can only bow in front of the painting turned into flesh. Pierre Granville Curator of Modern and Contemporary Art Section of the Musée des Beaux Arts, Dijon From the Catalogue of the Giulia Art Gallery, Rome, October-November 1983 Major Solo Exhibitions 1966 Corso Venezia Art Gallery, Milano 1968 Martano Art Gallery, Torino 1970 Goethe Art Gallery, Bolzano 1972 La Chiocciola, Art Gallery Padova 1972 Giulia Art Gallery, Roma 1973 I Portici, Art Gallery Torino 1975 Museum of Fine Arts, Pau 1976 Hotel Sandelin Museum, Saint-Omer 1976 Simone Boudet Art Gallery, Toulouse 1979 Centre Georges Pompidou, National Museum of Modern Art, Paris 1983 Museum of Fine Arts, Pau 1983 Giulia Art Gallery, Roma 1984 Protée Art Gallery, Toulouse 1986 Museum of Fine Arts, Grenier de Loèns, Chartres / Museum of St-Armand-les-Eaux Museum of La Chartreuse, Dovai 1987 Museum of Fine Arts, Libourne 1988 Cultural Centre, Toulouse 1988 / 1989 / 1990 Jean Peyrole Art Gallery, Paris 1992 Besseiche ‘‘La Croisette’’ Art Gallery, Courchevel, opening of C.I.O. 1997 Museum of Fine Arts, Pau 1998 Multimedia Centre (CIM), Porte de Versailles, Paris 2000 Ciovasso Art Gallery, Milano 2000 Poetry Festival, Voix de la Mediterannée - Lodève 2002 Espace Chatelet Victoria, Paris 2008 ‘‘Poetry for the game of football’’, Palazzo del Duca, Senigallia Major Group Exhibitions 1968 Premio acquisto a Franca Villa, Premio Michetti 1969 Premio Varazze 1971 Per copia conforme, Rassegna d’Arte, Arezzo 1975 Premio della città di Montauban, Museo Ingres 1975 Le figure dell’enigma, Oiseaux nocturnes, Vasto 1976 Le désespoir du peintre, Maison de la Culture, Grenoble 1976 Trait pour trait, Galleria Jean Briance, Paris 1978 D’un éspace à l’autre: la fenétre, Museo de l’Annonciade, St.Tropez 1979 Le regard du peintre, Centre Georges Pompidou, National Museum of Modern Art, Paris 1982 ARCO, Madrid 1983 ARCO, Madrid 1983 FIAC, Paris 1986 Paesaggio senza Territorio, Castello Estense, Mesola 1986 Terza donazione Pierre Granville, Museum of fine Arts, Dijon 1994 Mémories de Rivages, chàteau-Musée, Boulogne-sur-mer 1997 Biennale dello Sport, Barcelona 1997 4 peintres: hommage a P. Granville, Raymondier Art Gallery, L’isle-Adam Public collections Museum of Vasto National Contemporary Art Fund Museum, Paris Centre Georges Pompidou”, National Museum of Modern Art, Paris Museum of Fine Arts, Dijon, Pierre Granville Foundation Museum of Fine Arts, Chartres Museum of Fine Arts, Pau International Museum of Sports, Paris French Football Federation (FFF), Paris