simone giacomelli - Aroldo Governatori

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simone giacomelli - Aroldo Governatori
Simone Giacomelli
Una stagione sconosciuta
Mario Giacomelli e Aroldo Governatori
a season unknown
Mario Giacomelli and Aroldo Governatori
Simone Giacomelli
una stagione sconosciuta
Quando Aroldo Governatori mi mostrò i provini le foto originali e quelle elaborate e
stampate da Mario Giacomelli, sentii un’eco provenire da molto lontano, dalle origini d’una
poetica ancora semi-sconosciuta ‘‘... il flusso traumatico del tempo’’; poche parole, ma
sufficienti a convincermi che quel materiale portava in se qualcosa di importante. Pensai
ad una piccola serie, forse la prima nata dal paesaggio, ‘‘Le stagioni’’. Mentre Aroldo mi
parlava, tra le sue parole vi erano quelle di mio padre ‘‘Solo dopo la fine torneremo
all’inizio e il tempo non avrà più maledizioni per me’’. Il tempo così lineare nella vita
dell’uomo ora sta incurvandosi, come per realizzare la previsione, o l’ultimo desiderio
espresso da Giacomelli per la grande retrospettiva romana del 2001, dove la prima
immagine realizzata era l’ultima esposta e l’ultima era al principio. Non era solo un
tentativo di ingannare il tempo che conduce alla morte. Ripeto, il tempo sta incurvandosi,
ma nessuno può tornare indietro. Il progetto di Aroldo Governatori ci rivela momenti
fondamentali all’interno di una delle più grandi sospensioni realizzate da Mario Giacomelli,
un’epoca fotografica durata poco meno di cinquanta anni. Con segni, con graffi, con
macchie d’uomo e madri di terra, Giacomelli ci narrò la Visione, ora gli stessi, per affetto e
per forza di cose ci raccontano Mario Giacomelli. Quindi tutto quello che è in possesso di
Governatori ci può aiutare, sarebbe un grave errore non crederci; i negativi, i provini, le
prime stampe dall’intero negativo e poi le immagini dalla stampa inconfondibile, i tagli
identificativi, ma soprattutto il trattamento chimico-alchemico della materia altrimenti
puramente documentaria, attestano l’intervento del più importante artista-fotografo italiano
nel mondo. Questi documenti attraverso un’analisi approfondita e aggiunti alla ricercastudio in corso (di cui una introduzione è consultabile sul sito www.mariogiacomelli.it), ci
permetterebbero d’arrivare al nucleo del lavoro di Giacomelli e sotterraneamente
potremmo assistere alla rinascita d’una stagione, purtroppo a molti sconosciuta, ma che
Giacomelli ha sempre cercato come uomo e come artista. Se al lavoro di Giacomelli
chiediamo un po’ di più ci parlerà di quella stagione che non urta l’uomo nella sua
solitudine, ma una stagione in cui riappropriarci dell’umanità in un ciclo invisibile e
naturale, per salvarci dalla morte. ‘‘Nella lotta del tempo tu muori’’ (dalla poesia ‘‘Perché’’
dello stesso Giacomelli). Così mi appare il lavoro di Aroldo Governatori; è chiaro che non è
il doppio, la copia di qualcosa ed entriamo ancora in un ciclo: dall’esperienza unica ed
irripetibile del viaggio, alla riproducibilità fotografica, per tornare all’unicità, quella artefatta
del disegno. Volti, macchie, paesaggi, nei disegni di Governatori diventano filamenti della
memoria, segni liberati di un linguaggio che si riavvolgono in nuove visioni dove il pretesto
dei soggetti vela la volontà dell’artista. Le linee paiono fuori dallo stridore del mondo;
ingannevolmente ferme sulla ruvidità della carta, lasciano intuire due movimenti, uno verso
noi che guardiamo e l’altro verso la profondità del foglio come incisione. Se non
abbassiamo lo sguardo di fronte alla sovranità del contesto, incontreremo particolari che si
aggrappano ai nostri occhi, per richiamare l’attenzione verso l’amore e la poesia con cui
Aroldo Governatori si confronta con un tempo imbizzarrito in cui dura un viaggio che
sembrava terminato tanti anni fa, per di più con un compagno di viaggio scomparso da
questo mondo il 25/11/2000. La cura per le cose piccole può far grande un artista; la luce
scavata nel bianco del foglio accresce l’intensità del reale deprivandolo dal superfluo. Così
l’invisibile rafforza la comunione tra Giacomelli e Governatori e rende vibrante l’intimo
dialogo tra i due artisti, al di fuori del tempo materiale, di quello che Giacomelli chiamava il
flusso traumatico del tempo, sospendendolo in un ciclo naturale che si conclude, ovvero si
chiude, ma solo per assumere nuova linfa dalla vita di Aroldo. Nel nostro caso la creazione
si esprime non solo con la rappresentazione, ma nella stessa vita dell’artefice, che è
racconto, frammento di altre vite, documento di quel reale che, come il reale di Giacomelli
non ha nulla di immaginario, ma è visto in un disegno che l’occhio comune può guardare
solo da vicino, mentre l’artista vede attraverso l’immensità impercorribile, perché la
lontananza, che sola rende la completezza dell’opera, ha origine nella percezione e
casomai stimola l’immaginario di chi osserva l’opera. Chi si trova di fronte ai disegni di
Governatori e alle immagini di Giacomelli, forse non lo sa ma è in un luogo dove l’invisibile
diventa visibile e in cui - non trovo parola migliore - l’Arte crea il giusto ambiente vitale per
la Verità. La Verità quotidiana d’estasi, terrore, lavoro, Amore e varie curiosità rivelate
graficamente, perché assieme alla vita, è da sempre l’immagine che aiuta l’uomo a capire
il tempo che è stato, che è e che sarà. E se mi è permesso, con la benedizione che spetta
ad ogni uomo semplice, dico che il progetto di Aroldo è sostenibile anche perchè ci offre
l’esempio di come immobile l’Artista, anche se assente, viaggia, conosce e racconta con
l’insostituibile voce interiore del segno immortale.
Simone Giacomelli
a season unknown
As soon as Aroldo Governatori showed me the negatives, the original photographs and the
ones developed by Mario Giacomelli himself, a few words of a poetic nature from faraway
‘‘... the distressing flow of time’’, started echoing in my mind, convincing me that the
material was important. I thought of a short photo series, perhaps the first one about
landscape, ‘‘The Seasons’’. Aroldo’s words were woven with those of my father’s: ‘‘Only
after the end there will be a way back, then time will no longer curse me’’. Time so linear in
a man’s life is now curving, as to fulfil the last wish expressed by Giacomelli for the 2001
retrospective exhibition in Rome, where his last photograph opened the exhibition and his
first photograph closed it. It was not just an attempt to while away the time leading to
death. Again, time is curving, but no one can turn back. Aroldo Governatori‘s project
unveils the fundamental moments in Mario Giacomelli’s photographic calling which
spanned almost 50 years. Giacomelli revealed to us his Vision through signs, scratches,
shadows of men and the domains of mothers of the earth, and now these same features
are revealing Giacomelli himself to us. Hence, everything in Aroldo Governatori’s
possession is extremely helpful; it would be foolish to think otherwise. The negatives, the
proofs, the first prints from the negatives and then the unique photographs, the
distinguishing cuts, but above all the chemical-alchemical treatment of the material testify
to the commitment of the most outstanding Italian photographic artist in the world. A
profound analysis of all the material together with the current research, (an introduction
can be found at the site www.mariogiacomelli.it) could allow us to get to the nucleus of the
work of Giacomelli and secretly witness the revival of a season, unfortunately unknown to
many, which Giacomelli had always searched for as a man and an artist. Giacomelli’s
work tells us about the time in a man’s life of regaining possession of humanity in an
invisible and natural cycle to escape death. ‘‘In the struggle of the time you die’’ (from the
poem ‘‘Why’’ by Mario Giacomelli). This is how I see Aroldo Governatori’s work; it is not a
clone or a copy of something, but a full circle: from the exclusive experience of the journey
to the photographic representation and back to the artistic uniqueness of drawing. In the
drawings of Governatori, faces, marks and landscapes turn into filaments of the memory,
unchained signs of a language which are rewound into new visions where the subject
matter conceals the will of the artist. The lines don’t seem to belong to the screaming
world; misleadingly still on the rough surface of the paper, they suggest two directions: one
towards us who are looking and the other one towards the depths of the paper as an
engraving. If we do not look away from the power of the context, some details may catch
our eyes and draw our attention to the love and the poetry Aroldo Governatori experienced
on a journey which seemed to have ended years ago with the death of his ‘‘travelling’’
companion on 25th November 2000. The attention to small things can make an artist
great; the light carved on the white of the paper enhances the intensity of reality and
removes any redundancy. So, the invisible strengthens the empathy between Giacomelli
and Governatori and inspires the intimate dialogue between the two artists outside of time,
‘‘the distressing flow of time’’, suspending it in a natural cycle that comes to an end only to
take on new energy from the life of Aroldo. Here creation is not only illustration, but the
very life of the master himself, made of narrative fragments of other lives, a record of the
real world, with nothing fictitious, but seen in a frame that the ordinary eye can only look at
closely, whereas the artist looks through impenetrable immensities: because distance,
which gives wholeness to an artwork, originates in the perception and stimulates the
imagination of those looking at the artwork. Not everyone looking at Governatori’s
drawings and Giacomelli’s photographs may be aware that they are in a place where the
invisible turns into the visible and where art is the key to the truth. The everyday truth of
ectasy, terror, work, love and inquisitiveness is revealed graphically because the image,
along with life, has always helped man understand the time that was, is and will be. And if I
may, I would like to say that Aroldo’s project is one to believe in and support as it offers us
the perfect example of how the Artist, even if absent, still travels, makes encounters and
speaks with his unique inner voice.
Aroldo Governatori
Itinerari dei fatti
Nell’agosto 1971 feci un viaggio in Marocco, nel cuore dell’Alto Atlante. Seguii Ariane
Bruneton, etnologa che era stata invitata a casa sua da Hassan Jouad, insegnante di
berbero all’Istituto di Lingue Orientali a Parigi. Ella vi si recava per studiare le abitudini
alimentari del popolo berbero. La fotografia era un prezioso strumento di cui ci siamo
abbondantemente serviti. Ciò permetteva di fissare facilmente reperti etnografici e al
tempo stesso la profonda bellezza che ogni cosa là sembrava emanare. Scoprii mitici
paesaggi, un villaggio fuori dal tempo, una comunità di uomini e donne i cui volti erano
come scolpiti, legati gli uni agli altri alla vegetazione arida, alle case di terra, agli animmali.
Un anno più tardi, di passaggio d’estate a Senigallia, incrociando Mario Giacomelli, di cui
ero amico, gli mostrammo alcune foto che lo affascinarono molto. Egli espresse subito il
desiderio di poter eseguire nuove stampe nella sua camera oscura con i suoi
personalissimi procedimenti mai visti prima. Ci propose che ciò poteva essere motivo di
una mostra insieme a noi due. Ci chiese quindi i contatti e i negativi. Glieli spedimmo dalla
Francia ove risiedevamo e qualche mese più tardi ricevemmo tre grandi buste ‘‘TENSI’’
(carta baritata che Mario era solito usare negli anni 1970) che contenevano 110 stampe
originali da lui realizzate dei nostri paesaggi e ritratti berberi. In seguito non parlammo più
di mostre occupati ambedue nelle nostre attività. Misi accuratamente nella biblioteca del
mio studio le stampe di Mario e con il passar del tempo finii col dimenticare la loro
esistenza. Più di trenta anni dopo, nel 2005, dovendo lasciare il mio luogo di vita e di
lavoro nel Sud della Francia, preparando gli scatoloni per il trasloco, le stampe di
Giacomelli da tanto tempo sepolte sotto pile di libri e cataloghi improvvisamente, come
risvegliate dalla loro forza plastica, in un lampo mi riapparvero. Paragonando queste
immagini alle foto che avevo fatto sviluppare per mio uso personale mi resi subito conto
del rilievo che Mario Giacomelli aveva saputo incidere nella materia fotografica. L’impronta
della forma e il rapporto di contrasto tessuti dal bianco astrale fino al nero ebano mi
ispirarono immediatamente. Era da molto tempo che non disegnavo più occupato solo
dalla pittura. Ebbi un forte desiderio di tradurre la magica luce fotografica di Mario con i
miei mezzi di disegnatore. Realizzai in qualche mese una serie di disegni su grandi fogli di
carta ‘‘ARCHE’’ ad inchiostro di China.
Aroldo Governatori
The road map of events
In August 1971, I took a trip to the High Atlas, in the heart of Morocco, with ethnologist
Ariane Bruneton, who had been invited there by Jouad Hassan, a teacher of Berber
language at the lnstitute of Oriental Languages and Civilizations in Paris. Ariane often went
to Morocco to study the eating habits of the Berber people. Photography was the precious
tool we had relied on to capture the ethnographic findings and the powerful beauty which
surrounded us. I discovered a mythical landscape, an out-of-time village with carved
human faces bound to waterless vegetation, earthen houses and animals. A year later,
during a brief visit to Senigallia, I showed my friend Mario Giacomelli some of the
photographs. He was so fascinated that he expressed the desire to develop the negatives
in his darkroom with his very personal technique. He suggested we organize an exhibition
together and asked us for the negatives and contacts. We sent him the material from
France, where we lived at the time, and after a few months we received from Mario three
‘‘tensi’’ envelopes (baryta paper that he used in the 1970s), containing 110 original
photographs that he had developed from our negatives of the landscapes and Berber
people. Both busy in our professions, we didn’t have much of a chance to talk about
exhibitions any longer. I carefully put away Mario’s photographs in my library and forgot
about them with the passing of time. More than thirty years later, in 2005, while packing to
leave my hometown and workplace in the South of France, Giacomelli’s prints, so long
buried under piles of books and catalogues, suddenly reappeared in a flash as if
awakened by their plastic strength. Comparing his photographs to the ones that I had
developed for my own personal use, I was immediately aware of Mario Giacomelli’s
exceptional talent in working with photographic material. The form and the relationship
between the contrast of the astral whites and deep blacks inspired me straight away. It had
been a long time since I had made any drawings, as I was entirely devoted to painting. I
had a strong desire to interpret Mario’s magical photographic light with my drawing skills.
After a few months, I had a series of China ink drawings on large sheets of ‘‘ARCHE’’
paper.
Charles-Henri Favrod
Vice president of the Alinari museum of photography Florence
Mario Giacomelli wasn’t very enthusiastic on travelling outside Italy. Pilgrimage to Lourdes
and the images he brought from there was the only exception. He showed to me with
repulsion the interventions he made on photos from Nepal and Ethiopia. In August 2008,
Aroldo Governatori showed me the photographs that in 1972 Mario Giacomelli had printed
from the negatives of the photos taken by both Aroldo Governatori and Ariane Bruneton
during their sojourn in Morocco in the summer 1971. It doesn’t surprise me at all that Mario
Giacomelli was fascinated by the photographs that Mr Governatori, during a return to
Senigallia, had shown him. Giacomelli obtained permission to use those negatjves to
develop his own prints, sensing that those images of a land drenched in sunshine could be
material congenial to his art. Mario GiacomeIli’s work was then forgotten for years in the
study of Mr Governatori. During a house move in 2005, the photographs accidentally
reappeared. Governatori himself was amazed by the magical light that his friend Mario had
been able to create with his personal way of framing and printing the images. These ‘‘new
images’’ of Morocco, emotionally inspired Aroldo Governatori to make a series of highly
professional China ink drawings of exceptional quality and pureness. Time has come to
give these two artists their due appreciation. I thank Aroldo Governatori for making known
to the public the re-discovery of a ‘‘new’’ Morocco.
Charles-Henri Favrod
Vice presidente museo Alinari della fotografia Firenze
Mario Giacomelli non amava viaggiare fuori dall’Italia. Solo le immagini del pellegrinaggio
a Lourdes facevano eccezione al suo sguardo. Con ripugnanza mi aveva già mostrato il
suo lavoro sulle immagini del Nepal e dell’Etiopia. Aroldo Governatori mi mostrò,
nell’agosto del 2008, le stampe che Mario Giacomelli aveva realizzato, nel 1972, dai suoi
negativi e da quelli dell’etnologa Ariane Bruneton, fatti durante un loro soggiorno in
Marocco nell’estate del 1971. Non mi stupisce il fatto che Mario Giacomelli fosse
affascinato da quelle immagini che Governatori, di ritorno a Senigallia, l’anno dopo del suo
soggiorno in Marocco, mostrò all’amico fotografo. Giacomelli ottenne il permesso di poter
usare quei negativi per la stampa, avendo compreso che da quelle immagini di una terra
inondata dal sole, poteva egli stesso trovare materia a lui piuttosto congeniale. Il lavoro di
stampa di Mario Giacomelli fu poi per anni dimenticato nello studio di Governatori. In
occasione di un trasferimento, nel 2005, le foto ricomparvero occasionalmente.
Governatori stesso nel ritrovarle fu affascinato dalla magica luce che il suo amico Mario
aveva saputo creare con la sua personalissima maniera di stampare e di inquadrare le
immagini. Tali emozioni divennero per Aroldo Governatori motivo di ispirazione per
realizzare da quelle ‘‘nuove immagini’’ del Marocco, una serie di disegni ad inchiostro di
china d’una qualità eccezionale, molto puri e di alto livello. Oggi è giunto il momento di
rendere giustizia al lavoro di questi due artisti, felicitandomi con Governatori che ce ne ha
offerto l’occasione, di rendere pubblico questa riscoperta di un Marocco inedito.
Jean-Claude Lemagny
Conservatore generale onorario della biblioteca nazionale di Francia
La ronde
Questa mostra intreccia una danza in tre tempi: trascina fotografìa e disegno in un valzer
comune. Fu un’avventura unica, che io sappia, di due artisti che portano il testimone delle
medesime immagini ma ognuno con la propria arte. Ci furono, all’inizio, le riprese
fotografiche del pittore Governatori, affascinato da un paese. Poi, l’intervento di un
fotografo, Giacomelli, affascinato da quelle foto, che voleva fare proprie in vista di nuove
inquadrature. Infine il ritorno del pittore-disegnatore Governatori che s’impossessa di
quelle stampe per trasporle nel disegno. Non dimentichiamo che all’origine ci fu una forza
sprigionata da un paese, il Marocco, straordinariamente bello. Paese rude e vero,
selvaggio, dove la gente è rimasta legata alla terra e alle montagne. Un paese ancora
biblico dove ogni uomo nella sua vicenda è partecipe della nobiltà del paesaggio. Paese
del sole che segna profondamente i volti e ne scolpisce le pieghe. Paese di luci e dunque
di ombre profonde, che si offre all’arte della luce: la fotografia. Venne, allora, il secondo
fotografo, Giacomelli, che riprese la materia visiva offerta dal primo, e rimodellò nel
profondo. A dire il vero un fotografo non compone ... fa le inquadrature. Non può disporre
le cose a suo piacere nello spazio scelto ma può suggerire la forza di un campo di spazio
limitandolo, tagliando dei piani di superficie e gettandoli nel nulla esterno all’immagine.
Intensifica dunque i rapporti fra le forme orientando lo sguardo verso le confluenze
plastiche che fanno volgere lo spazio su se stesso. Come il tagliatore di diamanti, rinuncia
a parti della realtà per conservare solo ciò che può cristallizzare sotto un occhio
consapevole della sua libertà di accogliere.Infine, il primo fotografo ritornò in figura di
disegnatore. Capì come il suo amico aveva trasformato dei ricordi in opere d’arte, come
aveva tagliato il flusso senza confini della realtà per costituire mondi separati e autonomi.
E riprese la questione daccapo, facendo passare le forme da un’arte ad un’altra, la sua,
quella di disegnatore. Paradossalmente si concentrò su un aspetto molto particolare delle
stampe di Giacomelli: il modo con il quale costui utilizza i bianchi. Di solito i bianchi nella
fotografia sono rischiosi. Non vibrano in se stessi ma nel contrasto con i neri. Troppo
estesi, bucano lo spazio, disfano la coerenza dell’immagine. Ma Giacomelli non teme i
bianchi. Sa soppesarli e trovare un giusto ritmo fra loro. E di fronte alle foto inondate di
sole di Governatori, Giacomelli ha probabilmente provato come una sfida: fare tenere" le
immagini con tante spiagge bianche, scogli, mantelli di lana, campi. Governatori,
ripartendo dal disegno, apre nuovi orizzonti sui bianchi. In fotografia la luminosità viene
dall’esterno, dallo spazio, quello cosmico, tingendo il negativo di un nero che si traduce in
bianco, mentre nel disegno il bianco è ciò che irradia dalla carta non toccata dall’inchiostro
o dalla grafite. Dalla fotografia al disegno si passa dalla luce alla materia, dal motivo
incisivo al volume luminoso. Governatori che accarezza, che scolpisce le forme a piccoli
colpi di penna, fa emergere il loro volume dallo spazio solare diffuso. Due specie di luci,
separate poi ricongiunte ci trascinano nella loro danza.
Jean-Claude Lemagny
Honorary curator of the national library of France
La ronde
This exhibition weaves a dance in three movements where photography and drawing
merge in a shared waltz: a unique experience of two artists witnessing the same images
but interpreting them through their own artistic talent. In the beginning it was the
photographs of a painter-drawer, Aroldo Governatori, enchanted by a country. Then the
involvement of a photographer, Mario Giacomelli, fascinated by those photographs to the
point that he wanted to get new images out of them. Finally, the return of the painterdrawer who revisited those ‘‘new’’ photographs in his drawings. The starting point was the
driving energy of an extraordinarily beautiful country. Morocco: a rough and truly wild place
where people are closely bonded to their land and mountains; a biblical country where
every human being is part of the nobleness of the landscape; a country where the sun
deeply marks faces and carves their folds; a country of bright lights and deep shadows
offering themselves to the art of photography. It was then the second photographer,
Giacomelli, who took up the visual material, offered by the former, and reshaped it in
depth. Actually, a photographer does not create... he sets up the images. He cannot
arrange things to his liking in the chosen space, but he can convey the strength of a field
of space by edging it, by cutting out surface planes and throwing them into the void outside
the image. In this way the links between forms are strengthened and our glance is oriented
towards the plastic confluences that make the space revolve around itself. Like a diamond
cutter, he drops parts of reality in order to focus only on what can be perceived by the eye.
Finally, the first photographer returned as a drawer. He realized how his friend had turned
memories into works of art, how he had cut off the boundless flow of reality to create
distinctive and independent worlds. Hence, he reprocessed the material from one art form
to another: the art of drawing. Strangely enough, Aroldo Governatori focused on a
particular aspect of Mario Giacomelli’s photographs: his use of whites. Whites in
photography are as a rule risky. They do not vibrate by themselves but in contrast to the
blacks. Too extensive, they pierce the space, discarding the consistency of the image. But
Giacomelli knew how to deal with whites and find the right rhythm between them. And in
front of the sun-drenched photos of Governatori, Giacomelli probably experienced a
challenge: ‘‘let the photographs breathe’’ with all the white beaches, rocks, wool cloaks,
fields. Governatori, in his drawings, opens new horizons on whites. Light in photography
comes from the outside, the cosmic space, and it paints the negative black which in turn
changes to white, whereas in drawing light radiates from the paper untouched by ink or
graphite. Shifting from photography to drawing is like moving from light to substance, from
a sharp image to a luminous form. Governatori, by caressing and carving the forms with
his tiny pen strokes, makes them emerge to the surface from the diffused luminous space.
Two kinds of light, at first separate and then fused, draw us into their dance.
Mario Giacomelli
1925 Mario Giacomelli nasce a Senigallia (Ancona) il 1° Agosto del 1925.
1934 Muore suo padre. Inizia a dipingere e a scrivere poesie.
1938 Entra in una stamperia e impara il mestiere del tipografo. A casa, la sera,
organizzava la materia: il gesso, la terra, il grasso, su tavole di legno, in visioni vive nel
presente, ma con un nucleo di passato e futuro in continuo attrito.
1946/47 Inizia a interessarsi di fotografia grazie a delle riviste specializzate, ritrovate tra le
macerie della tipografia dove lavorava prima della guerra.
1953 Inizia ad usare la macchina fotografica, una Bencini Comet S (CMF), per fare arte.
1954 Giacomelli conosce Giuseppe Cavalli, ad Aprile si sposa con Anna Berluti e nello
stesso anno è tra i fondatori dell’Associazione fotografica ‘‘Misa’’. Inizia la vasta serie dei
Paesaggi di cui il primo conosciuto è ‘‘Fiamme sul campo’’.
1955 Realizza le prime foto all’Ospizio di Senigallia che saranno conosciute come ‘‘Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi’’ da una poesia di Cesare Pavese. Vince la mostra concorso di
Castelfranco Veneto e viene riconosciuto come ‘‘l’uomo nuovo della fotografia’’.
1956 Aderisce al gruppo ‘‘La Bussola’’ che abbandonerà subito. Interviene sul paesaggio
che poi fotografa, anticipando la Land-Art che dopo qualche anno nascerà negli Stati-Uniti.
1957 Realizza ‘‘Scanno’’ e va per la prima volta a Lourdes.
1958 ‘‘Puglia’’. Conquista la fiducia di una famiglia di nomadi che gli permette di creare la
serie ‘‘Zingari’’. U.S. Camera lo cita come migliore fotografo italiano.
1960 Compone ‘‘Un uomo, una donna, un amore’’ primo racconto visivo progettato prima
della realizzazione.
1961 ‘‘Mattatoio’’ e continua la serie dell’Ospizio. Inizia la frequentazione del Seminario di
Senigallia per la serie ‘‘Pretini’’.
1963 Conclude la serie più conosciuta ‘‘Pretini’’ poi chiamata ‘‘Io non ho mani che mi
accarezzino il volto’’ da una poesia di padre David Maria Turoldo. Grazie a Piero
Racanicchi le fotografie di ‘‘Scanno’’ vengono acquisite dal MOMA di New York.
1964 ‘‘La buona Terra’’ serie sul lavoro e sulle abitudini contadine e il loro rapporto con la
terra.
1966 La George Eastman House (Rochester, NY) acquisisce cento fotografie di Mario
Giacomelli per un fondo permanente. Nello stesso anno inizia una grande serie a colori
che porterà avanti fino al 1975, per poi riprenderla a metà anni ‘80: ‘‘Spazio Poetico’’.
‘‘Motivo suggerito dal taglio dell’albero’’ serie nata dalle suggestioni dei segni nelle sezioni
dei tronchi.
1968 Nasco io, Simone Giacomelli. Inizia la serie a colori ‘‘il cantiere del paesaggio’’ foto
scattate attorno al cantiere navale di Senigallia. Il soggetto è la materia corrosa, ruvida e
rugginosa delle lastre di metallo usate per la costruzione o riparazione delle navi. Iniziò
con la mia nascita e finì intorno agli anni ’80, io lo accompagnavo e l’osservavo intervenire
a volte con gessi colorati, secchiate d’acqua e di vernice. Fu anche l’anno in cui conobbe
di persona Alberto Burri.
1971 ‘‘Caroline Branson’’ serie ispirata dal libro di Edgar Lee Master ‘‘Spoon River’’. In
questi anni Giacomelli provò qualche particolare collaborazione con fotografi non
professionisti: un missionario in Etiopia, Enea Discepoli in Ladak (Tibet), Aroldo
Governatori e Ariane Bruneton in Marocco. Solo nell’ultima delle tre collaborazioni,
Giacomelli, interverrà con il suo taglio e un profondo lavoro di camera oscura.
1973 Apre il campeggio Summerland.
1975 Il Victoria & Albert Museum acquisisce alcune fotografie di Giacomelli. Alla fine degli
anni ’70 inizia a fotografare il paesaggio da un piccolo aereo.
1983 Inizia a fotografare il mare dall’alto e compone la serie ‘‘Il mare dei miei racconti’’.
1984 Serie ‘‘Favola. Per un viaggio verso possibili significati interiori (ferri ritorti)’’ e ‘‘Il
teatro della neve’’. Comincia a lavorare sulle sequenze usando anche vecchie immagini
per nuove serie.
1985 Conclude la serie ‘‘Ho la testa piena mamma...’’ e inizia la serie ‘‘Ninna Nanna’’
ispirate alle poesie del poeta Francesco Permunian.
1986 Inizia a lavorare alla serie ‘‘Felicità raggiunta si cammina’’ dalla poesia di Eugenio
Montale. Muore la madre Libera.
1987 In occasione delle celebrazioni leopardiane, compone la serie ‘‘L’Infinito’’.
1991 È tra i 54 fotografi contemporanei inseriti nella collezione Toppan destinata a
formare il fondo del Tokyo Metropolitan Museum of Photography.
1992 Realizza le serie ‘‘Il pittore Bastari’’ e ‘‘Io sono Nessuno!’’, quest’ultima ispirata a una
poesia di Emily Dickinson.
1994 Inizia a lavorare alla serie ‘‘La notte lava la mente’’ da una poesia di Mario Luzi.
1995 Compone la serie Bando su una poesia di Sergio Corazzini. Fotografa le macerie di
una fabbrica realizzando la serie ‘‘Il territorio del linguaggio’’.
1997 Compone la serie ‘‘Diversi? Ti chiesi’’. Interpretando una poesia del figlio Simone
Giacomelli.
1998 Serie ‘‘La mia vita intera’’ ispirata a una poesia di Jorge Louìs Borges.
1999 Inizia la serie ‘‘Ritorno’’ su una poesia di Giorgio Caproni.
2000 Il 18 gennaio viene ricoverato e operato d’urgenza. Tornato a casa, conclude la
serie ‘‘Ritorno’’ e compone la sua ultima storia ‘‘Questo ricordo lo vorrei raccontare’’.
Muore il 25 novembre.
2009 Retrospettiva a FORMA di Milano. L’archivio di Senigallia, in occasione dei 50 anni
di esilio dona al Dalai Lama la prima foto scattata da Mario Giacomelli.
2011 ‘‘Una stagione sconosciuta. Aroldo Governatori e Mario Giacomelli’’. Esposizione a
Senigallia dal 2 al 31 agosto.
Mario Giacomelli
1925 Mario Giacomelli was born in Senigallia (Ancona) on 1st August.
1934 His father dies. He begins painting and writing poetry.
1938 He works in a print shop and learns the art of printing. At home in the evening, he
organizes on wooden tables chalk, earth, and grease envisioning images alive in the
present, but with a focus on the past and the future in constant conflict.
1946/47 He becomes interested in photography thanks to magazines found in the rubble
of the print shop where he worked before the war.
1953 He starts taking photographs using a Bencini Comet S (CMF) camera.
1954 Giacomelli meets Giuseppe Cavalli. In April he marries Anna Berluti. He is one of the
founders of the Misa Group, a photographic association. He starts production of a vast
array of landscapes of which the first one known is ‘‘Fiamme sul campo’’ (‘‘Flames in the
field’’).
1955 He takes his first photographs of the hospice in Senigallia which will be known as
‘’La morte verrà e avrà i tuoi occhi’’ (‘‘Death will come and will have your eyes’’) from a
poem by Cesare Pavese. He wins the exhibition contest at Castelfranco Veneto and is
recognized as the ‘’new man of photography’’.
1956 He joins the group ‘’La Bussola’’ which he will soon leave shortly after. He starts
working with the landscape which he will then photograph, anticipating the Land-Art, an art
movement which emerged in the USA in the late 1960s.
1957 He produces the ‘‘Scanno’’ photographs and goes to Lourdes for the first time.
1958 ‘‘Puglia’’ (‘‘Apulia’’). He gains the trust of a nomad family who allow him to create the
series ‘‘Zingari’’ (‘‘Gypsies’’). U.S. Camera cites him as the best Italian photographer.
1960 He composes ‘’Un uomo, una donna, un amor (‘‘A man, a woman, a love’’), his first
visual story planned prior to realization.
1961 ‘’Mattatoio’’ (‘‘Slaughterhouse’’) and he continues the hospice series. He begins
visiting the Seminary of Senigallia for the series ‘‘Pretini’’ (‘‘Little Priests’’).
1963 He finishes his most famous series ‘’Pretini’’ (‘‘Little Priests’’) later called ‘’Io non ho
mani che mi accarezzino il volto’’ (‘‘No hands to caress my face’’) from a poem by Father
David Maria Turoldo. Thanks to Piero Racanicchi, the photographs of ‘‘Scanno’’ are
acquire by MOMA in New York.
1964 ‘‘La buona Terra’’ (‘’The good Earth’’) series on peasant labour habits and their
bonds with the land.
1966 The George Eastman House (Rochester, NY) acquires one hundred photographs by
Mario Giacomelli for a permanent foundation. He works until 1975 on a large number of
coloured series ‘‘Spazio Poetico’’ (‘’Poetic Space’’), which he then takes up again in mid
80’s. ‘‘Motivo suggerito dal taglio dell’albero’’ (‘‘Theme suggested by the cutting down of
the tree’’), a series inspired by the tree rings from a cross section of a tree trunk.
1968 I was born, Simone Giacomelli. The coloured series ‘‘Il cantiere del paesaggio’’
(‘‘The shipyard of the landscape’’) is started, photos taken of the shipyard of Senigallia.
The theme is the corroded, rough and rusty material of the metal plates used for ship
building and repairing. It started with my birth and ended around the 80’s, I followed him
and watch him sometimes use coloured chalk, buckets of water and paint. It was also the
year he met Alberto Burri.
1971 ‘‘Caroline Branson’’ series inspired by Edgar Lee Masters’ Spoon River Anthology.
Giacomelli collaborates with amateur photographers: a missionary in Ethiopia; Enea
Discepoli in Ladakh (Tibet); and Aroldo Governatori and Ariane Bruneton in Morocco.
Giacomelli contributes his unique technique and precise work in the darkroom only with
Governatori and Bruneton.
1973 Summerland campsite opens up.
1975 The Victoria & Albert Museum acquires some photographs by Giacomelli. In the late
70’s he begins to take aerial photographs of the landscape from a small plane.
1983 He starts taking aerial photographs of the sea and creates the series ‘‘Il mare dei
miei racconti’’ (‘‘The sea of my tales’’).
1984 Series ‘‘Favola. Per un viaggio verso possibili significati interiori- ferri ritorti’’
(‘‘Fairytale. Journey to potential inner meanings-twisted irons’’ and ‘‘Il Teatro della neve’’
(‘‘The Theatre of the snow’’). He starts working on sequences also using old images for
new series.
1985 He finishes the series ‘‘Ho la testa piena mamma...’’ (‘‘My head is full, mom...’’) and
begins the series ‘‘Ninna Nanna’’ (‘‘Lullaby’’) inspired by the poems of the poet Francesco
Permunian.
1986 He starts working on the series ‘‘Felicità raggiunta, si cammina’’ (‘‘Happiness, for you
we walk’’), from the poem by Eugenio Montale. His mother Libera dies.
1987 On occasion of the Giacomo Leopardi celebrations, he creates the series ‘‘L’infinito’’
(‘‘The Infinite’’).
1991 He is among the 54 contemporary photographers included in the Toppan collection
destined to form the foundation of the Tokyo Metropolitan Museum of Photography.
1992 He produces the series ‘‘Il pittore Bastari’’ (‘‘Bastari the painter’’) and ‘‘Io sono
Nessuno!’’ I’m Nobody!’’) the latter from a poem by Emily Dickinson.
1994 He works on the series ‘‘La notte lava la mente’’ (‘‘Night Washes Over The Mind’’)
from a poem by Mario Luzi.
1995 He creates the series ‘‘Bando’’ (‘‘Ban’’) from a poem by Sergio Corazzini. He takes
photographs of the ruins of a factory and produces the series ‘‘Il territorio del linguaggio’’
(‘‘The territory of language’’).
1997 He makes the series ’’Diversi? Ti chiesi.’’ (‘‘Different? I asked.’’), interpretation of a
poem by his son Simone Giacomelli.
1998 Series ‘‘La mia vita intera’’ (‘‘My whole life’’), inspired by a poem by Jorge Louis
Borges.
1999 He starts the series ‘‘Ritorno’’ (‘‘The Last Homecoming’’) from a poem by Giorgio
Caproni.
2000 On January 18, he undergoes emergency surgery. Back home, he finishes up the
series ‘‘Ritorno’’ (‘‘The Last Homecoming’’) and creates his last story ‘‘Questo ricordo lo
vorrei raccontare’’ (‘‘This memory I would like to tell’’). He dies on November 25th.
2009 Retrospective exhibition at FORMA in Milan. Senigallia Archive has the pleasure to
present Dalai Lama, on the occasion of his 50 years of exile, with the first photo taken by
Mario Giacomelli.
2011 ‘‘Una stagione sconosciuta. Aroldo Governatori e Mario Giacomelli’’ (‘‘A season
unknown. Aroldo Governatori and Mario Giacomelli’’). Exhibition in Senigallia from August
2nd to 31st.
Aroldo Governatori
Aroldo Governatori è nato nel 1937 a Senigallia. Si è diplomato all’istituto d’arte di Urbino,
dal 1956 al 1962 è vissuto a Parigi. Ha poi compiuto numerosi viaggi e soggiorni negli Stati
Uniti, in Alaska, In Messico. Dal 1967 al 1971 è vissuto a Roma. Poi si è trasferito nel sudovest della Francia, ai piedi dei Pirenei, mantenendo anche il suo atelier a Montmatre. Da
Biarritz è tornato a Senigallia nel 2007.
...La sua pittura si interessa ancora a un segno sui muri, ad un frammento quasi
insignificante; una stampa esotica, un’immagine di pietà popolare soffocate dai rampicanti:
un grappolo d’uva appeso al soffitto, che s’indora alla prima luce del mattino; una soglia di
porta o di finestra, oltre la quale la realtà esterna appare come un fondale di scena; a volte
un ricordo di viaggio nell’Atlante, e allora le trame dei tappeti arabi richiamano la memoria
delle vetrate di un tempo.
Luigi Carluccio Dal cat. ‘‘GALLERIA PORTICI’’ Torino Gennaio 1973
...Ciò che consente di distinguere gli ultimi paesaggi di Governatori è la particolare qualità
della luce... Essa investe ormai tutto il quadro secondo un processo sinfonico che
accarezza le vette dei monti, gioca con la cima degli alberi, accentua qua e là l’intonaco di
una casa. Sotto la carezza della luce crepuscolare, il paesaggio acquista un riverbero
onirico. I soli al tramonto rivestono i campi... canta Baudelaire nell’Invitation au Voyage.
Ma è ad un altro viaggio, ugualmente di sogno e senza fatica, che la pittura di Aroldo
Governatori ci invita.
Philippe Comte Dal cat. Museo Nazionale d’Arte Moderna ‘‘Georges Pompidou’’ Parigi,
febbraio-marzo 1979
L’audacia di certi soggetti non fa paura al pittore più di quanto l’antenato di Borgo San
Sepolcro ebbe timore di raffigurare la Vergine come una magnifica contadina incinta
(Monterchi). Il Trittico o il Dittico (Nascita di un giorno) non sono soltanto storie di una
donna incinta, ma sono nella stessa misura glorificazione del volume e rispetto profondo
dell’atto. E ci si può soltanto inchinare di fronte alla pittura che si è fatta carne.
Pierre Granville Conservatore della Sezione d’Arte Moderna e Contemporanea del Musée
des Beaux Arts di Digione
Dal cat. Galleria Giulia Roma, ottobre-novembre 1983
Principali Mostre Personali
1966 Galleria di Corso Venezia, Milano
1968 Galleria Martano, Torino
1970 Galleria Goethe, Bolzano
1972 Galleria La Chiocciola, Padova
1972 Galleria Giulia, Roma
1973 Galleria i Portici, Torino
1975 Museo di Belle Arti, Pau
1976 Museo Hotel Sandelin, Saint-Omer
1976 Galleria Simone Boudet, Toulouse
1979 Museo Nazionale d’Arte Moderna, Georges Pompidou, Paris
1983 Museo di Belle Arti, Pau
1983 Galleria Giulia, Roma
1984 Galleria Protée, Toulouse
1986 Museo di Belle Arti, Grenier de Loèns, Chartres / Museo di St-Armand-les-Eaux
Museo di La Chartreuse, Dovai
1987 Museo di Belle arti, Libourne
1988 Centro Culturale, Toulouse
1988 / 1989 / 1990 Galleria Jean Peyrole, Paris
1992 Galleria Besseiche ‘‘La Croisette’’, Courchevel, Ouverture du C.I.O.
1997 Museo di Belle Arti, Pau
1998 Centro Multimediale (CIM), Porte de Versailles, Paris
2000 Galleria Ciovasso, Milano
2000 Creazione per il festival della Poesia, Voix de la Mediterannée - Lodève
2002 Espace Chatelet Victoria, Parigi
2008 ‘‘Poesia per il gioco del pallone’’, Palazzo del Duca, Senigallia
Principali Mostre Collettive
1968 Premio acquisto a Franca Villa, Premio Michetti
1969 Premio Varazze
1971 Per copia conforme, Rassegna d’Arte, Arezzo
1975 Premio della città di Montauban, Museo Ingres
1975 Le figure dell’enigma, Oiseaux nocturnes, Vasto
1976 Le désespoir du peintre, Maison de la Culture, Grenoble
1976 Trait pour trait, Galleria Jean Briance, Paris
1978 D’un éspace à l’autre: la fenétre, Museo de l’Annonciade, St.Tropez
1979 Le regard du peintre, Centre Pompidou, Museo d’arte Moderna, Paris
1982 ARCO, Madrid
1983 ARCO, Madrid
1983 FIAC, Paris
1986 Paesaggio senza Territorio, Castello Estense, Mesola
1986 Terza donazione Pierre Granville, Museo di Belle Arti, Dijon
1994 Mémories de Rivages, chàteau-Musée, Boulogne-sur-mer
1997 Biennale dello Sport, Barcelonne
1997 4 peintres: hommage a P. Granville, Galleria Raymondier, L’isle-Adam
Collezioni pubbliche
Museo di Vasto
Fondo Nazionale d’Arte Contemporanea, Parigi
Centro Georges Pompidou, Museo d’Arte Moderna Parigi
Museo di Belle Arti di Digione, Donazione Pierre Granville
Museo di Belle Arti di Chartres
Museo di Belle Arti di Pau
Museo internazionale dello sport, Parigi
Federazione di Calcio di Francia (FFF), Parigi
aroldo governatori
Aroldo Governatori was born in Senigallia in 1937. He graduated from the Art Institute of
Urbino and lived in Paris from 1956 to 1962 . He has made several trips to United States
and Mexico. From 1967 to 1971 he lived in Rome. Then he moved to the south-west of
France, at the foot of the Pyrenees, and also had a studio in Montmartre. He moved from
Biarritz back to Senigallia in 2007.
...His painting can be just a sign on a wall, an irrelevant fragment; an exotic print, an image
of a popular piety choked by vines: a bunch of grapes hanging from the ceiling and turning
to golden at the morning light; ...a threshold of a door or a sill of window beyond which the
outer reality looks like a backdrop of a scene; sometimes a memory of a journey to the
High Atlas, and the patterns of Arabian carpets recalling old windowpanes .
Luigi Carluccio From the Catalogue of the ‘‘Portici Art Gallery’’, Turin, January 1973
...What makes Governatori’s landscapes distinctive is the particular quality of light... It
floods the whole picture in a symphonic progression which caresses mountain tops, plays
with tree tops, emphasizes here and there the facade of a house. Under the touch of
twilight, the landscape takes on a dreamy glare. The setting suns adorn the fields
...Baudelaire says in his Invitation au Voyage. However, Aroldo Governatori’s painting is an
invitation to a different kind of journey, yet dreaming and effortless.
Philippe Comte From the Catalogue of the Centre ‘‘Georges Pompidou’’ National Museum
of Modern Art, Paris, February-March 1979
The painter is not frightened by the audacity of some themes, no more than his illustrious
ancestor was at Borgo Sansepolcro (in Monterchi) when painting the Virgin as a
magnificent pregnant rural woman. The Triptych or Diptych (Birth of a day) are not only
stories of a pregnant woman, but they are as well a glorification of the dimension and deep
respect of the act. And one can only bow in front of the painting turned into flesh.
Pierre Granville Curator of Modern and Contemporary Art Section of the Musée des Beaux
Arts, Dijon
From the Catalogue of the Giulia Art Gallery, Rome, October-November 1983
Major Solo Exhibitions
1966 Corso Venezia Art Gallery, Milano
1968 Martano Art Gallery, Torino
1970 Goethe Art Gallery, Bolzano
1972 La Chiocciola, Art Gallery Padova
1972 Giulia Art Gallery, Roma
1973 I Portici, Art Gallery Torino
1975 Museum of Fine Arts, Pau
1976 Hotel Sandelin Museum, Saint-Omer
1976 Simone Boudet Art Gallery, Toulouse
1979 Centre Georges Pompidou, National Museum of Modern Art, Paris
1983 Museum of Fine Arts, Pau
1983 Giulia Art Gallery, Roma
1984 Protée Art Gallery, Toulouse
1986 Museum of Fine Arts, Grenier de Loèns, Chartres / Museum of St-Armand-les-Eaux
Museum of La Chartreuse, Dovai
1987 Museum of Fine Arts, Libourne
1988 Cultural Centre, Toulouse
1988 / 1989 / 1990 Jean Peyrole Art Gallery, Paris
1992 Besseiche ‘‘La Croisette’’ Art Gallery, Courchevel, opening of C.I.O.
1997 Museum of Fine Arts, Pau
1998 Multimedia Centre (CIM), Porte de Versailles, Paris
2000 Ciovasso Art Gallery, Milano
2000 Poetry Festival, Voix de la Mediterannée - Lodève
2002 Espace Chatelet Victoria, Paris
2008 ‘‘Poetry for the game of football’’, Palazzo del Duca, Senigallia
Major Group Exhibitions
1968 Premio acquisto a Franca Villa, Premio Michetti
1969 Premio Varazze
1971 Per copia conforme, Rassegna d’Arte, Arezzo
1975 Premio della città di Montauban, Museo Ingres
1975 Le figure dell’enigma, Oiseaux nocturnes, Vasto
1976 Le désespoir du peintre, Maison de la Culture, Grenoble
1976 Trait pour trait, Galleria Jean Briance, Paris
1978 D’un éspace à l’autre: la fenétre, Museo de l’Annonciade, St.Tropez
1979 Le regard du peintre, Centre Georges Pompidou, National Museum of Modern Art,
Paris
1982 ARCO, Madrid
1983 ARCO, Madrid
1983 FIAC, Paris
1986 Paesaggio senza Territorio, Castello Estense, Mesola
1986 Terza donazione Pierre Granville, Museum of fine Arts, Dijon
1994 Mémories de Rivages, chàteau-Musée, Boulogne-sur-mer
1997 Biennale dello Sport, Barcelona
1997 4 peintres: hommage a P. Granville, Raymondier Art Gallery, L’isle-Adam
Public collections
Museum of Vasto
National Contemporary Art Fund Museum, Paris
Centre Georges Pompidou”, National Museum of Modern Art, Paris
Museum of Fine Arts, Dijon, Pierre Granville Foundation
Museum of Fine Arts, Chartres
Museum of Fine Arts, Pau
International Museum of Sports, Paris
French Football Federation (FFF), Paris