La Regia Marina nell`Adriatico

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La Regia Marina nell`Adriatico
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La Regia Marina nell’Adriatico: storie di uomini di mare nella Grande Guerra
di Maria Gabriella de Judicibus
( Si ringrazia per la consulenza militare l’Ammiraglio Ermelindo Collabolletta, Delegato Regionale ANMI Puglia)
La Regia Marina il cui emblema raffigurava lo stemma araldico dei Savoia e che sulle bandiere della Marina Militare della
Repubblica italiana è, oggi, rappresentato dalle quattro repubbliche marinare, è nata nel 1861, dall’unione della Marina
Pontificia, della Marina Sarda e della Marina Borbonica, “mosaico” militare marittimo rispondente al puzzle di culture e
lingue che l’ Italia stessa offriva in quegli anni; situazione complessa e drammatica ben rappresentata dalla famosa frase
attribuita al d’Azeglio “Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani". La Regia Marina, infatti, manifestò ben presto il
suo gap in occasione della battaglia di Lissa, scontro navale avvenuto nel 1866, nell'ambito della terza guerra di indipendenza
italiana contro la K.u.K Kriegsmarine, la Marina da Guerra dell'Impero austriaco. Fu la prima grande battaglia navale in cui
vennero impiegate navi a vapore corazzate e l'ultima nella quale vennero eseguite manovre deliberate di speronamento. La
battaglia rientrò nella guerra austro-prussiana, in quanto l'Italia all'epoca era alleata della Prussia contro l'Impero austriaco con
l'obiettivo di conquistare il Veneto e scalzare l'egemonia navale austriaca nell'Adriatico. Le flotte, composte da un insieme di
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navi di legno a vela e vapore e di navi corazzate che combinavano anch'esse vele e motori a vapore vedevano la flotta italiana,
costituita da 12 corazzate e 17 vascelli lignei, più numerosa rispetto alla flotta austriaca, composta da 7 navi corazzate e 11 in
legno. Ben presto si palesarono, però, i gravissimi problemi di coesione tra i comandanti della Regia Marina e lo scarso
addestramento degli equipaggi che spesso entravano in conflitto interno per differente mentalità, addestramento, linguaggio; a
ciò si unirono le difficoltà tecniche legate alla mancanza di personale specializzato in grado di gestire le unità costruite
prevalentemente in cantieri non italiani ( francesi, inglesi, americani) . L’assurdità della situazione oggi ci appare nelle
cronache del tempo, in quel gridare “Viva San Marco” da parte dell’equipaggio austro-veneto al momento della vittoria, un
equipaggio che, paradossalmente, nel dialetto veneto trovava quell’ unità che nella Regia Marina italiana mancava ancora.
Dal 1866 allo scoppio della prima guerra mondiale, la Regia Marina d’Italia ha quasi cinquant’anni di tempo per cercare e
trovare la coesione mancante. La Grande guerra ebbe sul mare, infatti, le stesse impreviste limitazioni verificatesi a terra.
Come a terra le grandi battaglie che vedevano avanzare la cavalleria alla carica avevano lasciato il posto ad una logorante
guerra di posizione, in cui i soldati marcivano tra il fango delle trincee e la neve dei campi scoperti degli assalti, così in mare le
battaglie che vedevano scontrarsi flotte poderose, cedettero il passo ai sommergibili nascosti, alle veloci torpediniere ed ai
fulminei MAS motoscafi armati siluranti. L’Adriatico divenne il teatro più intenso della guerra combattuta in mare: la costa tra
Rimini e Barletta fu sottoposta all’alba del 24maggio 1915 ad un pesante bombardamento da parte di sei squadre navali
austriache, costringendo l’Italia a reagire con treni armati di tre tipi, con cannoni di calibro compreso tra i 76 e 152 millimetri,
montati su normali carri ferroviari adattati. Le locomotive erano condotte da militari del Genio Ferrovieri ma il personale era
interamente costituito da militari della Regia Marina:60 ufficiali, 144 sottufficiali e 730 marinai. Accanto a questo potente
argine di difesa della costa, fu progettato ed attuato il blocco dell’accesso al Canale d'Otranto tra Brindisi in Italia e Corfù sul
lato albanese dell'Adriatico. Il blocco era mirato, infatti, a impedire alla Marina imperiale austro-ungarica l'accesso al
Mediterraneo per minacciare le operazioni alleate ed unirsi alla Osmanlı Donanması , la marina da guerra dell'Impero
ottomano. Il blocco si avvalse, inizialmente, di una flotta di navi da pesca a strascico, collocate nel punto più stretto del Canale
di Otranto, che misurava una larghezza di 70 km; ne vennero impiegate una ventina di pattuglia contemporaneamente,
equipaggiate con "reti rivelatrici" d'acciaio destinate a intrappolare i sottomarini o perlomeno ad avvisare della loro presenza i
vascelli di superficie. Le navi erano supportate da cacciatorpediniere e aerei. Nel 1917 e 1918 i rinforzi delle marine
australiane e statunitensi portarono la forza di blocco a 35 cacciatorpediniere, 52 pescherecci e più di un centinaio di altri
vascelli. Tuttavia i sottomarini austroungarici continuarono a scivolare tra le maglie del blocco fino a quando nel 1918 venne
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finalmente completato uno sbarramento fisico con reti e boe dell'intero canale.
Posizionamento delle due corazzate austriache nel teatro di guerra
Ciò indusse nel giugno 1918, il comandante in capo della marina austroungarica, Horthy,a lanciare un deciso attacco contro il
blocco con le quattro navi da battaglia della classe Viribus Unitis con base a Pola e a Fiume, le più moderne della flotta. Horthy
ignorava che di lì a poco sarebbe avvenuta la più ardita e valorosa azione navale condotta nell’ambito della prima Guerra
Mondiale;la notte fra il 9 e il 10 Giugno 1918, infatti, una sezione di due MAS al comando del Capitano di Corvetta Luigi
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Rizzo dal porto di Ancona si dirigeva verso l'isola di Premuda per un normale rastrellamento in zona di campi minati.
Al centro, Luigi Rizzo tra due colleghi M.M.
Le unità intercettarono la potente squadra navale austriaca composta da due corazzate, un cacciatorpediniere e sei torpediniere
che da Pola dirigeva verso il Canale di Otranto con un piano chiarissimo: attaccare all'improvviso le unità di vigilanza del
Canale di Otranto e le forze leggere di protezione italo-franco-inglesi distruggendole prima che la parte più consistente della
flotta alleata, concentrata a Taranto e a Corfù, potesse intervenire. Ma il Comandante RIZZO, accortosi della presenza di navi
nemiche dalla colonna di fumo generata dalla propulsione dei mezzi a carbone, diede vita a una delle più brillanti azioni navali
della prima guerra mondiale, affrontando con i due MAS italiani la corazzata "Santo Stefano" e riuscendo ad affondarla,
portandosi a poca distanza dalla stessa al fine di lanciare tempestivamente e precisamente gli unici due siluri a sua disposizione
Motoscafi Armati Siluranti – MAS ( in alto, a destra e sinistra dell’equipaggio, sono visibili i due siluri)
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Inseguito dal fuoco nemico, Rizzo riuscì a disimpegnarsi e rientrare in porto vittorioso mentre la corazzata austriaca, nave
ammiraglia e vanto della Marina austroungarica, si inabissava con il suo equipaggio insieme alla tracotante certezza di vittoria
del proprio Stato Maggiore che rinunciava definitivamente all'ambizioso progetto. L'azione di Premuda convinse inoltre
definitivamente gli alleati a lasciare il totale controllo dell'Adriatico all'Italia.
L'istituzione della "Giornata della Marina Militare" risale al 13 marzo 1939. All'epoca ogni singola Forza Armata ebbe
l'opportunità di scegliere il giorno in cui celebrare la propria festa: per la Marina Militare fu indicata la data del 10 giugno
quale ricordo di una delle più significative ed ardite azioni compiute sul mare nel corso della 1ª Guerra Mondiale: l'impresa di
Premuda.