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Il Jolly Roger e le piratesse / 24.10.2016 di Cesare Poppi Dieci o quindici anni or sono un piccolo cabinato a vela navigava tranquillo nello Stretto di Messina dalla parte calabrese diretto verso Scilla – quella di Scilla e Cariddi, per intenderci. A bordo quattro amici allegri e felici per la giornata, bella come solo ce ne sono in quella parte del mondo. Tutto a un tratto si scorge una vedetta della Capitaneria di Porto puntare dritto dritto sul natante. Guai in vista: per quanto uno s’impegni ad avere tutto in regola, qui oltralpe si sa, la Capitaneria troverà sempre qualcosa che non va – se non sopra sarà la linea di galleggiamento. A bordo si trepida. La vedetta accosta e, motore al minimo, si mette di conserva. «Chi è lo skipper di questa barca?», grida l’ufficiale comandante al megafono. Tre indici si puntano spietati «Lui!». Dalla trepidazione al panico: «Bene, Comandante – riprende l’ufficiale – Ammaini immediatamente quella stupida bandiera da pirati sullo strallo di dritta che altrimenti devo farle un verbale da milleduecento euro!». Dovevate vedere lo skipper: rosso di vergogna come un bambino beccato dalla mamma con le dita nella marmellata. Anzi, peggio: vergognoso e imbarazzato come un generale di corpo d’armata sorpreso dall’attendente a gattoni mentre gioca a soldatini… Quale maschietto delle classi medie coevo all’Altropologo non ha mai sognato da grande di fare il pirata? Dopo il pompiere era certo la vocazione più popolare. Fascinazione strana e un po’ misteriosa, se ci si pensa un attimo: la carriera di chi più spesso che no proveniva dai margini della società, godeva di qualche anno di libertà fra violenza e gozzoviglie per poi finire sulla forca elevata dalla cultura popolare di massa a curriculum romanzesco consacrato nella letteratura e nei media – in un mito fra i più durevoli della modernità. Di certo aveva altro in mente Calico Jack – al secolo John «Jack» Rackham (26 dicembre 1682-18 novembre 1720) al momento del suo arresto il 20 ottobre 1720. Così chiamato per il vezzo di vestire tessuti di calico, fu questi uno degli ultimi grandi pirati dell’epoca d’oro della pirateria caraibica, convenzionalmente datata fra il 1650 ed il 1730. La sua ascesa fu fulminea quanto la sua caduta. Iniziata nel modo più classico con la deposizione del comandante Charles Vane della nave pirata Ranger con l’acclamazione dell’intero equipaggio, Calico Jack scorrazzò per alcuni anni fra le Isole di Sottovento, il Canale di Giamaica e le Isole Sopravento. Ammassata una discreta fortuna – cosa che succedeva a pochi dei suoi colleghi, più pronti a dissipare il bottino fra rum e prostitute – nel 1719 decise di andare in pensione e si ritirò nell’isola di New Providence, noto covo di pirati a vari stadi della propria carriera. Qui incontrò Anne Bonny, al tempo sposata, e ne fece la sua compagna. Ma la vocazione piratesca finì per prevalere sugli allori della vita coniugale: nel 1720 rubò una nave inglese, si portò a bordo Anne Bonny e riprese ad arrembare. Non durò molto: catturato da Jonathan Barnet, un «cacciatore di pirati», poco dopo il ritorno sulla scena, fu processato a Port Royal, in Giamaica, e qui impiccato il 18 novembre dello stesso anno. Calico Jack è passato alla storia per due motivi: il primo è che fu l’inventore di una delle varianti più famose del Jolly Roger, la bandiera nera dei pirati. La sua versione prevedeva due sciabole d’arrembaggio incrociate al posto delle tibie «classiche». Disegnata per incutere terrore, veniva issata spesso all’ultimo minuto per favorire la sorpresa prima dell’arrembaggio con lo scopo di terrorizzare gli equipaggi e indurli alla resa. Più di frequente, tuttavia, il Jolly Roger – macabro scherzo sullo «scheletro felice» (Jolly) che campeggiava danzante magari con un boccale di rum in mano su molte varianti dello stendardo – veniva issato quando la nave pirata era ben lontana dalla sua preda e fuori dal tiro dei suoi eventuali cannoni per scoraggiare la resistenza e chiudere la partita senza versamento di sangue, tattica preferita dai pirati che certo non erano tutti quelle belve sanguinarie che ci ha consegnato la storia. Ma la seconda e forse più importante «qualità» del Nostro è che aveva a bordo con sé due donne piratesse: la prima era la sua compagna Anne Bonny, più versata – o così ci dicono le cronache – a menare la sciabola che i ferri da calza. La seconda, forse più fascinosa, era Mary Read. Calico se la trovò fra l’equipaggio del suo ultimo comando travestita da uomo – e come tale si comportava in tutto e per tutto, specie nelle azioni di guerra. È tramandato come Anne Bonny e Mary Read fossero «più realiste del re», se mi si passa l’espressione. Di fronte alla volontà dei compagni di fare prede col minimo rischio (vedi sopra), li arringavano insultandoli come codardi e vigliacchi. Si dice che in prigione e in attesa della sentenza, Anne Bonny continuasse a dirne in quel tono a Calico Jack: «Se tu ti fossi battuto come un uomo, ora non moriresti impiccato come un cane». Fattostà che né Anne Bonny né Mary Read pagarono pegno per la loro carriera di piratesse: furono perdonate perché al tempo del processo erano entrambe incinte. Chi fosse lo skipper dell’episodio iniziale è destinato a rimanere un mistero. Ma – confesso – un Jolly Roger di un metro per settanta è nascosto bene bene nel profondo di un gavone di CèMare, la barca a vela del vostro Altropologo preferito, /pronto a garrire/allo scirocco e agli alisei/ Oh! Oh!