La sicurezza degli impianti criogenici - Tecnica e

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La sicurezza degli impianti criogenici - Tecnica e
Dipartimento Tecnologie di Sicurezza
NUOVE ROTTE PER LA SICUREZZA
LA SCIENZA E LA TECNICA RENDONO SICURO IL LAVORO
LA SICUREZZA NEGLI
IMPIANTI CRIOGENICI
Tecnica e Normativa
Genova ,Palazzo San Giorgio 29 - 30 Ottobre 2009
Ing. Vittorio Mazzocchi
Genova, 29 Ottobre 2009
Schema semplificato di Impianto Criogenico
Tecnica
Serbatoio criogenico: formato essenzialmente
da due involucri inseriti uno dentro l’altro.
Quello esterno è realizzato in acciaio al
carbonio, mentre quello interno è realizzato in
materiale resiliente, cioè resistente alle basse
temperature; di solito si utilizza acciaio inox.
Tra i due involucri si crea il “vuoto” al fine di
evitare la trasmissione del “calore” esterno per
irraggiamento e conduzione.
Linea di adduzione criogenica con la valvola
V4 per l’erogazione al componente successivo.
Riscaldatore atmosferico, denominato più
come “evaporatore” che chiaramente serve a
trasformare il fluido liquido freddo in fluido
gassoso a temperatura prossima alla
temperatura ambiente.
La valvola VDS di sicurezza che permette al
gas ottenuto di non superare la pressione
massima di progetto del sistema.
La valvola d’intercettazione VI.
La valvola di non ritorno VNR per permettere il
continuo fluire del gas nell’unico verso
consentito.
Figura 1
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Schema semplificato di Impianto Criogenico
Il funzionamento del processo è di tipo “naturale” mediante l’utilizzo
opportuno di riduttori di pressione e di economizzatori appositamente
tarati per garantire la giusta pressione nel serbatoio criogenico. Quando
del fluido liquido freddo è prelevato dal basso del serbatoio mediante
l’apertura della valvola V4, la pressione della parte gassosa superiore
diminuisce. Se tale pressione diminuisce oltre il set di taratura del
suddetto riduttore, si preleva dal basso altro liquido freddo che
attraversando un evaporatore circolare situato sotto il serbatoio permette
l’evaporazione e l’aggiunta di “nuovo” gas nella parte superiore con
conseguente aumento della pressione e chiusura del riduttore.
In caso di utilizzo poco frequente, l’aumento di pressione è causato dalla
spontanea evaporazione del liquido in equilibrio con il proprio vapore,
pertanto all’atto dell’utilizzo se tale pressione supera quella di taratura
dell’economizzatore, questo si apre immettendo nell’impianto di
utilizzazione direttamente del gas, superando quindi tutta la fase di
evaporazione. Quando la pressione scende al di sotto di quella di taratura
dell’economizzatore, questo si chiude permettendo il ciclo completo con
l’intervento dell’evaporatore disposto sulla linea di distribuzione. .
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Pericoli del Recipiente
1.
Malfunzionamento della valvola di sicurezza: causa il superamento della pressione di progetto nel
recipiente interno con conseguente rottura. La rottura potrebbe momentaneamente essere
contenuta dall’involucro esterno che si infragilirebbe a contatto con il liquido freddo e sarebbe
velocemente portato a rottura violenta a causa della pressione a cui sarebbe sottoposto;
2.
Malfunzionamento del disco di rottura: causa la rottura dell’involucro esterno quando questo
casualmente è sottoposto a pressione interna;
3.
Perdita del recipiente interno in inox: metterebbe in pressione il recipiente esterno che non
permette più la funzione di isolamento a cui è preposto;
4.
Perdita del vuoto nella camicia: evaporazione del fluido criogenico con aumento improvviso della
pressione interna al recipiente inox;
5.
Malfunzionamento del riduttore di regolazione pressione: se bloccato, non permette la messa in
pressione del serbatoio con la mancata spinta al liquido criogenico verso l’impianto di
utilizzazione;
6.
Malfunzionamento
sovrappressioni;
7.
Malfunzionamento di valvole d’intercettazione e/o sottovalvole: causa di blocchi e problemi al
processo di esercizio e manutenzione;
8.
Fatica oligociclica innescata da variazioni di pressione eccessive: causa di rotture e cricche nelle
giunzioni permanenti saldate;
9.
Vibrazioni trasmesse dalla base di appoggio per fissaggio improprio: può causare fenomeni di
fatica e sforzi nelle giunzioni permanenti delle connessioni.
dell’economizzatore:
rallenta
l’intervento
del
riduttore
e
causa
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Pericoli dell’ evaporazione e distribuzione
1.
Malfunzionamento dell’evaporatore: causa infragilimento delle parti di impianto a valle costruite
con materiale non resiliente a causa del passaggio di fluido liquido freddo ( es. -196 C°);
2.
Malfunzionamento delle utilities dell’evaporatore ( se non è ad aria): causano le stesse
conseguenze del punto 1.;
3.
Malfunzionamento del sistema di rilevazione della bassa temperatura a valle: non permette
l’intervento dei dispositivi di sicurezza e blocco degli impianti a valle dell’evaporatore oppure il
blocco per fail-safe;
4.
Malfunzionamento delle valvole di blocco o del sistema d’intervento: in caso di blocco “chiuso”
possono provocare colpi d’ariete pericolosi ed in caso di blocco “aperto” passaggio di fluido
freddo con infragilimento;
5.
Elevata portata di fluido criogenico richiesto: parte del fluido liquido evapora e passerebbe in
tubazioni o recipienti costruiti in materiale non resiliente;
6.
Perdite sulle giunzioni o tubazioni: se avviene a monte dell’evaporatore si avrebbe il riversamento
esterno di fluido freddo, mentre se avviene a valle dello stesso si avrebbe un aumento di portata
con conseguenze del punto 5.;
7.
Malfunzionamento di eventuali pompe criogeniche: blocchi e probabili colpi d’ariete con probabili
rotture.
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Pericoli della gestione e manutenzione
1.
Riempimento eccessivo del serbatoio. Avviene solitamente quando l’autocisterna griogenica
effettua gli ultimi carichi con il fine di totale svuotamento e convenienza di trasporto a vuoto;
2.
Scarso utilizzo del fluido. Soprattutto nei periodi estivi il fluido liquido, in funzione dello stato del
vuoto e perlite nella camicia di separazione, tende ad evaporare maggiormente con
sovrappressioni frequenti a rischio di apertura vds;
3.
Evaporatore non proporzionato adeguatamente alle portate di utilizzo. Si genera un
congelamento diffuso dell’evaporatore con abbassamento della resa di scambio di calore e
passaggio di fluido freddo vicino al sistema di blocco con continui interventi dello stesso;
4.
Rapidi sistemi di scongelamento degli evaporatori mediante utilizzo di martelli o attrezzi similari.
L’urto dell’attrezzo provoca la piegatura e/o rottura delle ali dell’evaporatore con successivo
abbassamento del rendimento;
5.
Utilizzo di sistemi di monitoraggio in remoto con alimentazione elettrica collegata ad altri impianti
elettrici. L’intervento dell’interruttore differenziale dell’intero impianto elettrico blocca il
monitoraggio che in assenza di operatore di guardia produce una situazione altamente
pericolosa;
6.
Inesistenza della continuità di alimentazione elettrica ai sistemi di blocco antifragilimento con
logica integrata e principi di autodiagnosi.
7.
Mancanza di recinzione e di collegamento alla messa a terra dell’impianto. E’ importante
proteggere almeno il recipiente ed il vaporizzatore dagli urti e dalle intrusioni di personale non
autorizzato; così come risulta fondamentale non creare accumuli di elettricità statica per
dispersione di corrente. Non a caso gli impianti contenenti ossigeno liquido sono i più esposti
alle valutazioni ATEX.
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Verifiche e Controlli ante D.Lgs. n° 329/04
Già dal 1966 con l’attuazione della circolare n° 1957 2 dell’ ANCC ( Associazione Nazionale per il
Controllo sulla Combustione) denominata “ Apparecchi a pressione a bassa temperatura con
isolamento termico ed intercapedine sotto vuoto destinati a contenere ossigeno, azoto ed argon
liquefatti – Modalità di esecuzione delle verifiche di costruzione, sul luogo di impianto e
periodiche”, si tracciava una routine di verifiche atte a eliminare qualsiasi dubbio sul primo
elenco dei pericoli connessi al solo recipiente. Nell’ambito del relativo verbale di verifica di primo
impianto o decennale si poteva seguire la seguente traccia:
Identificazione del costruttore, matricola di costruzione, numero di fabbrica del costruttore, anno di
costruzione e la tipologia dell’apparecchio;
Identificazione dei parametri di progetto come pressione, temperatura, capacità e fluido;
Ditta Proprietaria;
Ditta installatrice;
Ditta utilizzatrice;
Tipo di verifica: a) ispezione generale+esercizio+completa; b) Ispezione generale + esercizio;
Controllo documentale;
Identificazione ed adeguatezza degli accessori in pressione e di sicurezza
( manometro, valvola
di sicurezza, riduttori, ecc.);
Prove di efficienza e funzionalità degli accessori di sicurezza e pressione e sicurezza dell’intervento (
convogliamento);
Eventuali dichiarazioni circa il calcolo degli accessori di sicurezza;
Prova di ermeticità con vuoto spinto fino a 1000 micron Hg con il recipiente interno alla pressione di
esercizio;
Piombatura delle valvole d’intercettazione relative alle valvole di sicurezza già richieste,o utilizzo di
sottovalvola con chiusura automatica;
Raccolta informazioni sul personale specializzato preposto all’esercizio;
Dati amministrativi relativi alla verifica.
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Normativa ante 12.02.2005
Verifiche e Controlli post D.Lgs. n° 329/04
Normativa dal 12.02.2005
Fermo restando che comunque nel periodo fra il 29.05.2002 e il 12.02.2005 si sono eseguite le verifiche
secondo il R.D. n° 824 del 12.05.1927, la “ Raccolta E” dell’Ispesl e la circolare n° 19572/66
dell’ANCC, incontrando non poche difficoltà circa le informazioni relative soprattutto a gli
apparecchi immessi in commercio sul mercato della Comunità Europea come “insiemi”, oggi il
D.M. 329/04 obbliga l’utilizzatore ad eseguire, o a far eseguire, una relazione tecnica che oltre a
considerare le pregresse certificazioni e Dichiarazioni di conformità alla Direttiva 97/23/CE ( PED)
di ogni singola attrezzatura o insieme, contenga l’elaborazione e l’intersezione dei rischi residui
dei componenti assemblati in impianto. Inoltre, in caso di “insiemi PED” è strettamente
necessario fornire un attento e specifico elenco di tutte le singole attrezzature che ne fanno parte,
allo scopo di:
dare maggior chiarezza anche per il rilascio delle eventuali matricole di esercizio;
distinguere gli “insiemi PED” dalle altre attrezzature certificate PED assemblate in impianto quali
tubazioni, accessori ecc.;
evidenziare quali sono le attrezzature prive di qualsiasi certificazione pregressa relativa al pericolo
“pressione”;
circoscrivere l’impianto criogenico sotto esame, escludendo le parti esistenti non rientranti nella verifica;
evidenziare le giunzioni permanenti o flangiate eseguite dall’utilizzatore;
rendere noto gli accessori e componenti conformi ad altre Direttive contemporaneamente rispettate (
Direttive ATEX, Direttiva Bassa Tensione, Direttiva Macchine, ecc.)
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Dopo un grave incidente avvenuto all’inizio del 2002, L’Ispesl ha emesso le circolari n° 53/2003 del
23.12.2003; la n° 03/2004 del 09.03.2004; la famosa 09/2004 del 19.07.2004 e la n° 11/2004 del
09.11.2004, occupandosi prevalentemente del solo rischio infragilimento.
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Verifiche e Controlli post D.Lgs. n° 329/04
In base alle circolari ISPESL nn° 14-15/05 tutti i d ati e la documentazione pervenuta presso i
dipartimenti periferici dell’ISPESL è vagliata dai funzionari che possono, ove fosse necessario,
richiedere integrazioni prima di procedere al lavoro di verifica sul posto.
Un aspetto importantissimo riguarda l’efficienza dei dispositivi di controllo, le valvole
d’intercettazione e gli accessori di sicurezza non solo alla luce dei pericoli del primo elenco ma
anche in virtù dei pericoli del secondo elenco e terzo elenco.
E’ chiaro quindi come la relazione tecnica richiesta nel punto b) dell’art. 6 del D.M. 329/04 è rivolta non
più al solo recipiente criogenico, ma a tutto l’impianto fornito e protetto, descrivendo anche i
rischi derivanti dagli impianti di utilizzazione aventi particolari connotazioni.
E’ questo particolare aspetto che rende difficile la pratica attuazione della completa esclusione dal
controllo della messa in servizio. Anche se le informazioni sull’efficienza dei dispositivi di
sicurezza degli insiemi eventualmente verificati risulta sufficiente, occorre sempre verificare che
l’installazione riproduca le stesse identiche condizioni interne ed esterne all’insieme che hanno
portato L’Organismo Notificato responsabile della certificazione PED ad ottenere i dati trasmessi.
In ciò non è sufficiente ribadire, come richiesto dalla lettera c) dell’art. 6 del D.M. 329/04 di aver
seguito in fase d’installazione pedissequamente quanto riportato sul manuale d’uso ed
installazione. Infatti, considerando le produzioni seriali ( di cui per i criogenici è fatta esplicita
menzione nel punto 2. della lettera e) dell’art. 6 del D.M. 329/04 a riguardo della presentazione di
unica dichiarazione di messa in servizio cumulativa semestrale) di insiemi PED e l’impossibilità
di rendere le informazioni universali e valide tutte allo stesso modo per ogni luogo ed impianto,
molti manuali premettono una serie di divieti e di prescrizioni il cui rispetto è demandato
all’utilizzatore e dichiarato nella sua relazione con apposita analisi dei rischi.
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Normativa dal 12.02.2005
E’ palese come un impianto criogenico sanitario comporta delle problematiche, pericoli e rischi
diversi da un impianto criogenico utilizzato in uno stabilimento dove si effettua ossitaglio, oppure
ove si esegue il semplice riempimento di bombole di gas liquefatto.
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Quindi il lavoro del funzionario Ispesl non inizia nel luogo d’installazione dell’apparecchio criogenico,
ma “approvando” a tavolino tutta la documentazione pervenuta in ufficio per eseguire
successivamente le verifiche ed i controlli.
In ufficio occorre riunire le informazioni pervenute sia in ossequio alla circolare n° 9/2004 con la
apposita valutazione dei rischi relativa al pericolo “infragilimento” e sia tutta la documentazione
in ossequio al D.M. 329/04 relativa al recipiente criogenico in pressione con tutti gli accessori di
sicurezza ed in pressione ( così come definiti dall’art. 1 del D.Lgs. 93 del 25.02.2000) e le
informazioni sull’impianto. Sotto l’aspetto prettamente teorico si tratta di eseguire una vera e
propria approvazione di un progetto.
In alcune relazioni già pervenute, si è fatto esplicito riferimento a norme tecniche, come ad esempio la
UNI EN 764-7 ed. 2004 circa i requisiti dei sistemi di sicurezza per la protezione dei recipienti,
sistemi di recipienti, tubazioni, insiemi ecc.; a norme tecniche di costruzione come la EN 13445-3;
oppure ad altre Direttive Europee e norme tecniche ad esse armonizzate in quanto i dispositivi
utilizzati fanno riferimento a catene integrate di sicurezza mediante l’applicazione di PLC e
relativi gruppi di continuità UPS, con i rischi residui annessi.
Ora, siccome il principio ispiratore deve essere quello di rendere attendibile i risultati dell’analisi dei
rischi, in fase di redazione del capitolo dell’analisi dei rischi sarebbe opportuno eseguire la:
Raccolta precisa delle informazioni sull’impianto di utilizzazione;
Elaborazione dei pericoli desumibili dal manuale operativo del fabbricante e quelli originati dall’impianto
esistente;
Analisi dei pericoli eseguita mediante uno dei metodi espressi dalle norme tecniche armonizzate ( es. EN
1050) e conseguente ottenimento dei rischi;
(Per i rischi residui) applicazione degli accorgimenti suggeriti dalle apposite norme tecniche armonizzate
alle Direttive Europee a cui si vuole rendere conforme l’impianto e/o redazione di una serie di prescrizioni
a cui l’utilizzatore deve fare riferimento e menzione.
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Verifiche e Controlli post D.Lgs. n° 329/04
Successivamente, il funzionario si reca in impianto e seguendo la traccia vista precedentemente
esegue le prove e verifiche confrontando i risultati con quelli ottenuti dall’analisi dei rischi
approvata. Eseguendo le prove con questo spirito e puntando l’attenzione anche al resto
dell’impianto, fino alle connessioni con quello esistente, e considerando anche il secondo elenco
dei pericoli relativi al sistema di utilizzazione , si ottiene una verifica “globale” dell’impianto
criogenico e non del “solo” recipiente criogenico.
La verbalizzazione delle suddette verifiche deve riportare oltre ai dati identificativi già menzionati in
precedenza, le risultanze delle verifiche di esercizio; di integrità; di efficienza; di funzionamento;
le prescrizioni eventuali e; infine, tutte le opportune osservazioni circa i rischi residui verificati ed
eventualmente quelli non presi in considerazione nella documentazione approvata .
Una particolare considerazione deve essere fatta per il ruolo dell’installatore. Così come avviene per le
altre Direttive di prodotto, quando si esegue l’installazione occorre rilasciare la dichiarazione di
corretta installazione secondo il manuale operativo rilasciato dal fabbricante del prodotto. Questa
dichiarazione è sicuramente probante al fine della redazione di quanto richiesto al punto c)
dell’art. 6 del D.M. 329/04 che obbliga l’utilizzatore a produrre “ una espressa dichiarazione,
redatta ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. del 20.10. 1998, n° 403, attestante che l’installazione è stata
eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d’uso” .
Quindi a tal proposito tutti gli installatori devono essere idonei - mediante la presentazione di attestati;
qualifiche di procedimenti di saldatura adatti ai materiali, spessori e dimensioni da saldare;
autorizzazioni speciali del gestore e proprietario dell’impianto; ecc.- ad eseguire:
le giunzioni saldate; le prove e verifiche di collaudo; gli impianti elettrici occorrenti al funzionamento
dei rilevatori ed attuatori; il corretto montaggio di tutti gli accessori di sicurezza e di esercizio; e
quanto occorre in fase d’installazione, il tutto debitamente certificato e documentato.
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Molti impianti criogenici sono costituiti da recipienti aventi una età medi di
20 anni, con punte di 40 anni.
Il rinnovo del parco recipienti non è quindi rapido ma, al contrario, molto
lento con logiche di dislocazione dei recipienti non sempre differenziata
in funzione del sistema di utilizzazione ( industria siderurgica, industria
alimentare, ospedali, centri di ricerca, ecc.).
E’ quindi ragionevole pensare che in situazioni del genere è il connubio tra
verifiche e manutenzione che garantisce la sicurezza degli impianti. A
tale combinata di interventi se ne aggiunge un’altra dettata dal D.lgs. n°
81.08 e s.m.i. a carico esclusivo dell’utilizzatore coincidente con il datore
di lavoro : formazione-addestramento.
L’errata manovra su impianti del genere provoca danni molto gravi sia alle
cose che alle persone.
Pertanto in aziende che utilizzano gli impianti criogenici nell’ambito del DVR
devono innanzitutto separare gli ambiti di competenza e responsabilità
dei gestori-manutentori da quelli degli operatori interni autorizzati ad
eseguire determinate manovre ( controllo diretto in caso di errore della
remotizzazione; apertura valvole di scarico in caso di sovrappressioni;
ecc.); e poi occorre una visione integrata dei rischi tra l’impianto di
stoccaggio e quello di utilizzazione.
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Conclusioni
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