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n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 I soldi di Apple (e degli altri) per ridurre le tasse La riconfermata amicizia tra Apple, rappresentata dal suo CEO Tim Cook, e il nostro Governo, impersonato dal premier Matteo Renzi, ha riportato sotto i riflettori dell’attualità la questione della fiscalità dei colossi dell’hi-tech. Non solo Apple, ma anche Google, Amazon e così via, sono spesso considerati da buona parte della politica, da molti osservatori e anche da molti cittadini, veri e propri evasori. In effetti, quello che queste aziende lasciano come tasse nel nostro Paese è spesso irrisorio rispetto al giro d’affari che generano in Italia. Gli annunci, come quello del recente accordo che ha messo fine al contenzioso tra Apple e fisco italiano, vengono generalmente letti secondo due punti di vista diametralmente opposti: chi dice che 318 milioni di transazione su quasi 900 contestati sia un’elemosina; di parere opposto i “realisti”, che festeggiano l’incasso di quattrini che non sarebbero mai entrati (o comunque non presto) nelle casse dello Stato. Il punto nodale, su cui in pochi si soffermano, è le certezze, in quest’ambito, sono poche: Apple e gli altri non sono evasori, nel senso stretto del termine. Al massimo elusori: cercano, tra le regole fiscali differenti e non armonizzate dei diversi Paesi del mondo (ma anche solo dell’Unione Europea), le condizioni per pagare il meno possibile, in alcuni casi con qualche “forzatura”. Il Fisco dal canto suo tende a interpretare ogni norma in maniera da massimizzare il proprio introito. Purtroppo – ma questo lo sanno anche i cittadini a cui il fisco ha contestato qualcosa – spesso le regole fiscali sono proprio da interpretare o comunque da applicare a contesti per i quali non erano state pensate, come per esempio la tariffazione dei servizi eseguiti da server esteri ma venduti a clienti italiani. Fanno bene i cittadini a indignarsi: se si vedono comminare una sanzione da parte del fisco, non sono mai in condizione di impostare una trattativa. Dovrebbero però farlo allo stesso modo quando a transare, con non pochi risparmi, è il cantante, l’attore o il calciatore di turno. E ancora: da un lato è vero che i colossi dell’hi-tech fanno grandi fatturati riconducibili all’Italia; ma è anche vero che il trasferimento degli utili verso l’estero non è un fenomeno limitato al settore dell’hi-tech ma riguarda, con molta meno enfasi mediatica, le multinazionali di tutti i settori: da questo punto di vista le “crociate” di alcuni contro lo società dell’hitech sono quantomeno miopi, se non addirittura in cattiva fede. Bisognerebbe guardare a questi accordi tra fisco e multinazionali dell’hi-tech con un po’ più di laicità: nel breve termine sono soldi recuperati che probabilmente non si sarebbero incassati altrimenti, almeno con facilità. Nel medio termine, rappresentano un precedente importante per fissare un principio di maggior rispetto della fiscalità locale. Nel lungo termine – però – devono preludere alla piena armonizzazione fiscale almeno comunitaria: senza un intervento da questo punto di vista si perpetra questa sorta di “fiscal divide” che non può che aumentare la nostra distanza dai Paesi che sono fiscalmente più attraenti di noi e che quindi non ci permettono di giocare ad armi pari. Ci piace pensare che accordi come quello tra Apple e il Governo siano la premessa di una rinnovata convenienza per le multinazionali a non premere troppo forte sulla leva fiscale transnazionale: tanto una parte del risparmio fiscale se ne va tra concordati e danni di immagine. Il Governo, però, in attesa di una politica fiscale europea unica, deve usare questi fondi per realizzare obiettivi di riduzione della pressione fiscale, senza i quali resterebbero vive le premesse che hanno generato le storture di oggi. Gianfranco GIARDINA MAGAZINE Tim Cook incontra Esclusivo: Ultra HD Chi vende più auto ancora Matteo Renzi Blu-ray Warner elettriche? Non Tesla Oramai è amicizia 02 in Italia a marzo 11 e nemmeno Nissan 28 Numeri, dati e segreti del vinile Quanto vendono LP e giradischi? Complice la crescita del mercato dei dischi in vinile abbiamo deciso di fare il punto della situazione ascoltando il parere di appassionati e operatori 04 Confusione HDR: cosa c’è da sapere per scegliere il TV 13 Arrivano i TV HDR insieme ai primi film HDR ma esistono diversi standard. Vediamo quali sono i prodotti compatibili tra loro e perché Tutte le serie TV in arrivo Sarà un 2016 spettacolare 16 Importanti adattamenti letterari, qualche gradito ritorno e progetti originali: la nuova stagione si annuncia molto interessante IN PROVA IN QUESTO NUMERO 30 32 LG 65EF950, l’OLED Huawei Mate 8 finalmente è piatto Autonomia super 35 Moto X Force 5,4” a prova d’urto n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Tim Cook, CEO di Apple, ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Matteo Renzi Tim Cook incontra Renzi: oramai è amicizia L’incontro arriva subito dopo l’accordo fiscale e l’annunciata scuola di coding Apple a Napoli di Gianfranco GIARDINA P er la seconda volta in poche settimane Tim Cook si rivede con Matteo Renzi. La prima occasione, che risale allo scorso 10 novembre, era stata un pranzo a Milano, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi, a cui il CEO di Apple aveva partecipato come speaker d’onore. L’incontro di sabato scorso, invece, lè avvenuto a Roma, a “casa” di Matteo Renzi: Tim Cook è arrivato per pranzo a Palazzo Chigi, dopo essere andato in visita da Papa Francesco. In mezzo a questi due incontri, due eventi notevoli, e di certo correlati: dapprima l’annuncio dell’accordo da oltre 300 milioni di euro tra Apple e il fisco italiano per sanare alcune situazioni contestate; e quindi – annuncio più recente – la prospettata creazione di una scuola di coding finanziata da Apple a Napoli, operazione che dovrebbe garantire, oltre ad un auspicato miglioramento delle competenze sullo sviluppo software dei giovani italiani, anche 600 posti di lavoro, che da quelle parti non guastano di certo. Matteo Renzi è apparso cordiale e in sintonia con Cook: singolare anche la somiglianza dei vestiti, forse addirittura coordinata dagli uffici stampa. Un amore, quello sbocciato tra Apple e il Governo, che sicuramente farà bene all’Italia, non foss’altro perché potrebbe far uscire allo scoperto, ingelositi, altri colossi dell’hi-tech, come Google, che invece sembrano meno vicini, come anche ha evidenziato una nostra inchiesta. Peraltro il premier Renzi non ha mai nascosto la sua passione per Apple, diventandone quasi involontario testimonial, presentandosi spesso in pubblico con iPhone e Mac e citando spesso nei suoi discorsi i prodotti Apple come archetipo di semplicità di utilizzo. Tim Cook ha incontrato, a margine del meeting con Renzi (che gli ha regala- Renzi incontra Tim Cook torna al sommario to, tra le altre cose, una Moka Bialetti), anche alcuni rappresentati del Governo: le ministre Stefania Giannini (Istruzione, Università e Rierca) e Maria Anna Madia (Semplificazione e Pubblica Amministrazione) e Paolo Barberis, consigliere per l’Innovazione Un giovane Matteo Renzi in visita alla sede di Apple del premier. Interessante la presenza del Ministro Madia, gestisce in maniera elettronica docualmeno per gli amanti delle dietrologie: menti cartacei ed eventuali scadenziari ci sono forse possibilità che la Pubblica semplicemente fotografandoli. VeroneAmministrazione passi al Mac? se ha un passato da imprenditore e ha Insieme a loro 5 giovani sviluppatori collaborato alla realizzazione di diverse italiani (selezionati da Apple) hanno mo- app, prima di Quokky, come quella della strato la propria soluzione a Tim Cook, Milano City Marathon, Ferrari Tribute e alcuni anche con uno strategico e ben 1000 Miglia, in collaborazione con Acbrandito iPhone. Ecco quelli che secon- centure. do Apple sono gli sviluppatori di app più Francesco Marino, co-fondatore di Gapromettenti e innovativi in Italia: niza, una app che facilita l’organizzazioStefano Portu, co-fondatore dell’app ne delle uscite serali con gli amici, sugDove conviene, sicuramente la realtà gerendo i migliori posti vicini e inviando, più conosciuta del pool. Portu è laureato secondo i principi “social” le convocain scienze della Comunicazione a Bolo- zioni in maniera automatica. Marino è un gna e con precedenti in Buongiorno e giovane siciliano, laureato in economia l’Espresso, forse anche da non annove- a Catania e con un master a Venezia in rare più tra i “super-giovani” visto che si Digital Economics & Entrepreneurship. Roberto Macina, Ceo e co-fondatore di approssima alla quarantina… Alessandro Petazzi, Ceo di Musement, Qurami, app che permette di gestire in app (e sito web) lanciato nel 2013 che maniera intelligente e dematerializzata suggerisce attrazioni turistiche in tutto il le code, meglio del classico “bigliettino” mondo, gestendo anche la biglietteria. del supermercato. Macina è un ingePetazzi è un bocconiano con master a gnere informatico che ha ideato l’app Copenhagen con trascorsi in Bain e Fa- ancora da studente, nel 2010, e l’ha reastweb e con gli ultimi anni passati in On lizzata, con alcuni co-fondatori, nel 2011. Cubed, società di sviluppo di app per Smart TV. Foto e Video Credits: Tiberio Barchielli Filippo Veronese, Ceo e co-fondatore e Filippo Attili - Presidenza del Consiglio di Quokky, una app nata nel 2013 che dei Ministri Quanto costa essere il motore di ricerca di iOS? 1 miliardo di dollari All’interno dell’iter giudiziario che vede Oracle contro Google è stata svelata la cifra che Big G avrebbe corrisposto ad Apple per rimanere il motore di ricerca di default di iOS: addirittura 1 miliardo di dollari di Gaetano MERO 1 miliardo di dollari: è questa la cifra che Google sembra aver erogato ad Apple per rimanere il motore di ricerca di default su iPhone e sugli altri dispositivi della Mela nel 2014, secondo quando riportato da Bloomberg. L’informazione è trapelata durante una sessione del processo giudiziario, iniziato nel 2010, che vede Oracle contro Google a seguito dell’uso non autorizzato della tecnologia Java per lo sviluppo di Android. Secondo l’avvocato Annette Hurst, che difende in aula Oracle, Apple e Google avrebbero successivamente siglato un ulteriore accordo sul 34% del fatturato generato dal motore di ricerca (su dispositivi iOS), cifra che non è chiaro dalle trascrizioni se trattenuta direttamente da Apple in base al traffico generato dai propri dispositivi o se corrisposta da Google sul totale. Secondo l’avvocato di Big G, i numeri dichiarati dalla controparte sono del tutto ipotetici in quanto i dati non sono di dominio pubblico. Il fatto che Google avesse preso accordi con Apple era noto da tempo, tuttavia i due portavoce delle rispettive aziende hanno preferito non commentare la notizia che ha comunque messo in luce le dinamiche attuate dalle due società e il giro d’affari da cui restano inevitabilmente fuori i altri competitor del colosso di Mountain View. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Come aveva annunciato, la Rai ha iniziato a trasmettere in HD sul quarto canale Rai 4 in onda in alta definizione sul satellite I programmi sono visibili sulla piattaforma TivùSat al numero 110 e su Sky con numerazione 104 L Il manufacturer di Taiwan pronto a rilevare Sharp Offerta doppia rispetto alla concorrenza fa gola il know-how nella produzione di display di Roberto FAGGIANO a Rai inizia il processo di introduzione di nuovi canali in alta definizione, come già annunciato nello scorso ottobre, durante un convegno dedicato agli installatori TivùSat. Il primo canale disponibile per il nuovo corso di trasmissioni via satellite in alta definizione è Rai 4 HD, già visibile sulla piattaforma TivùSat al numero 110. Anche gli abbonati Sky potranno seguire il nuovo canale in HD nell’ambita posizione 104, andando quindi a sostituire Retequattro, da tempo non più disponibile sul satellite sulla piattaforma di Sky. Secondo il piano annunciato dalla Rai dovrebbero a breve termine partire anche i canali Rai Premium HD e Movie HD, ma al momento non ci sono ancora comunicazioni ufficiali. di Dario RONZONI Nel mese di agosto poi dovrebbe essere la volta del secondo canale sportivo Sport 2, in occasione delle Olimpiadi di Rio. Sport 2, in occasione delle Olimpiadi di Rio. MERCATO I dati arrivano dal report economico relativo all’ultimo trimestre del 2015 Netflix continua a crescere, su ricavi e sottoscrizioni Netflix comunica un incremento dei ricavi in linea con quanto previsto dagli analisti Sono state addirittura superate le stime in termini di nuovi utenti e di utili per azione di Simone SANVITTI empo di trimestrali negli Stati Uniti: il 19 gennaio è stato il turno di Netflix, che ha reso noti i propri fondamentali relativi al Q4 2015, oltre alle stime per il primo trimestre del 2016. Nel report leggiamo dell’attestazione dei ricavi trimestrali a 1,82 mld di dollari, ovvero in incremento del 4,9% rispetto al trimestre precedente, e di un consistente più 22,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. I ricavi totali del 2015 hanno raggiunto i 6,77 miliardi di dollari. L’azienda ha rispettato le stime degli analisti in quanto a crescita di fatturato, ma ciò che ha scaldato il cuore degli investitori del NASDAQ, lanciando il titolo a un temporaneo +8% nella seduta di qualche giorno fa, è stato il dato sugli utili per azione che hanno raggiunto i 10 cent, superando di gran lunga la previsione di 2 cent per azione. Ancora più interessante il dato sull’aumento delle sottoscrizioni totali: nel periodo considerato Netflix ha guadagnato T torna al sommario Sharp sull’orlo della bancarotta La rileverà Foxconn? 5,59 milioni di nuovi utenti (di cui 4 all’esterno degli Stati Uniti), superando di quasi mezzo milione la previsione, raggiungendo il numero globale di 75 milioni di sottoscrizioni. A fine 2014 gli utenti totali erano 57 milioni, per cui durante il 2015 Netflix ha incrementato la propria platea di oltre il 30%, e si pone oggi l’obiettivo di sfondare il muro degli 80 milioni non più tardi del 31 marzo 2016. La politica di espansione di Netflix non si ferma, e nella nota di accompagnamento al report Hastings e Wells (CEO e CFO di Netflix) hanno potuto felicemente annunciare di essere presenti ormai in 180 Paesi. La Cina resta off-limits, ma l’azienda californiana sta consolidando il proprio modello di business anche e soprattutto fuori dalla propria terra natìa, mostrando tassi di crescita da New Economy. Che gli affari vadano bene ce lo conferma anche l’andamento del titolo al NASDAQ, che nell’ultimo anno è passato da 50 dollari a oltre 100 dollari, e oggi veleggia attorno ai 110 dollari per azione. Così, mentre nonostante tutto gli operatori TV tradizionali ostentano serenità (vero NBC?) noi ci possiamo sistemare in poltrona a goderci le nostre serie preferite in streaming, consci che Netflix ci farà compagnia ancora per un bel po’. Tempi bui per uno dei marchi storici della grande elettronica di consumo: soffocata dai debiti, Sharp è sull’orlo della bancarotta e necessita di un salvataggio a suon di miliardi di yen. La salvezza potrebbe venire dall’estero, nello specifico da Taiwan. Si sta concretizzando l’offerta d’acquisto di Foxconn, società impegnata nell’assemblaggio dei device Apple. Stando a quanto riportato dal Wall Street Journal, Foxconn sarebbe pronta a sborsare 625 miliardi di yen (5,3 miliardi di dollari) per rilevare l’azienda, offerta doppia rispetto a quanto messo sul piatto dall’Innovation Network Corp. of Japan, fondo di investimento appoggiato dal governo nipponico. Acquisendo Sharp e il suo consolidato know-how nella produzione di display, Foxconn potrebbe riproporsi sul mercato come un manufacturer a tutto tondo, sia come partner di Apple sia come attore indipendente. D’altro canto, il Giappone non sarebbe felice di lasciare in mani straniere uno dei fiori all’occhiello della propria industria nazionale. La situazione finanziaria di Sharp è tuttavia insostenibile, e Foxconn è pronta anche a ripianare il debito della società, che ammonta a circa 4,4 miliardi di dollari. Una decisione sulla vendita è prevista entro marzo, alla chiusura del prossimo trimestre fiscale. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Complice la crescita costante del mercato dei dischi in vinile, abbiamo deciso di fare il punto della situazione Numeri, dati e segreti della musica in vinile LP e giradischi in Italia si vendono davvero? Abbiamo ascoltato il parere di appassionati, dei negozianti e degli operatori. Chi compra la musica sul vecchio vinile? di Emanuele VILLA a classifica dei vinili si aggiunge ufficialmente alla Top Of The Music by FIMI / GfK Italia da gennaio 2016. In questo modo il primo comunicato stampa FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) del 2016 pone l’accento sull’inarrestabile ritorno del vinile, che dopo un silenzio totale durato più di un decennio ha ricominciato a crescere nel 2007 e da lì non si è più fermato. Dopo un approfondimento sugli album e i giradischi disponibili e la visita all’ultima fabbrica italiana superstite, torniamo sull’argomento per soddisfare alcune curiosità: possibile che in un mondo che ha quasi completamente smaterializzato la musica si parli ancora di vinile? Qual è la percezione degli acquirenti e quale quella degli addetti ai lavori? L Il vinile è una nicchia, ma si sente Chi vive di pane e tecnologia non ha armi, non ha proprio la forma mentis per comprendere i fondamenti del ritorno in auge del vinile: come si fa a spendere 40 euro per lo stesso contenuto, per di più scomodo, che si trova in Spotify a 9 euro al mese? Chissà quante volte il teenager di turno si è posto questa domanda osservando il quarantenne acquistare The Dark Side of the Moon in doppio vinile. Eppure gli LP esistono, ci sono e fanno numeri non trascurabili in ogni parte del mondo: le grosse catene come Media World, Trony o La Feltrinelli hanno tutte un’area dedicata agli LP e i pochissimi negozi di dischi sopravvissuti alla musica liquida hanno deciso di dedicare ai cari e vecchi dischi un bel po’ di spazio, nella speranza di tornare ai fasti del passato. Ovviamente i dati di mercato ci dicono che il vinile non sarà più quello di una volta, ma questo è scontato: stiamo parlando di un 4% del mercato discografico italiano (che comprende supporti fisici e digital download) ma con percentuali di crescita costanti e un’attenzione crescente da parte di appassionati e operatori. A novembre 2015 il vinile ha fatto registrare solo in Italia un notevole +74% rispetto allo scorso anno e non ci stupiremo se raggiungesse in qualche anno il 10% del mercato. In altre parti del mondo la situazione è analoga o migliore: negli USA, mercato che genera numeri ben superiori ai nostri, il vinile è al 9% delle vendite totali di supporti fisici. Difficile confrontarlo al nostro 4% che comprende anche i download, ma i dati sono quanto meno paragonabili. Nielsen ha appena fatto uscire il suo rapporto annuale, dove a fronte di una crescita dello streaming del 93% rispetto allo scorso anno (non c’è dubbio che la musica del presente e del futuro sia quella, con 317 miliardi di canzoni ascoltate), il vinile ha fatto un +30% e, come dichiara la stessa Nielsen, stayed strong (è rimasto forte) durante l’anno con 12 milioni di album venduti. Il rock è l’assoluto dominatore con il 68% di tutte le vendite di LP, e chi ne ha giovato di più sono i piccoli negozi di dischi indipendenti che hanno ottenuto il 45% di tutte le vendite. Tra il 10% e il 15% del fatturato di un negozio italiano di dischi Dando un’occhiata alle classifiche del 2015 (qui sotto) è chiaro che l’acquirente tipo di vinili non è propriamente un quindicenne: se al secondo posto generale troviamo Lorenzo 2015 cc, è peral- torna al sommario tro vero che la classifica è dominata da artisti del calibro dei Pink Floyd e dei Led Zeppelin. I primi, in particolare, hanno letteralmente conquistato il mercato italiano con The Dark Side of the Moon, The Wall, Wish you were here, The Endless River e The Division Bell. Piuttosto istantaneo concludere che il target primario del vinile nel 2015/2016 siano le stesse persone che già compravano dischi all’epoca e che continuano (giustamente) a coltivare la propria passione. Abbiamo parlato con tante persone in questo periodo, tanti acquirenti di LP e letto centinaia di opinioni su forum e blog. Siamo giunti alla conclusione che non può esistere un solo motivo che spinge le persone a comprare un disco in vinile all’alba del 2016: tra i più gettonati c’è il senso del possesso, che è stato completamente eliminato con la musica liquida, ma anche il fatto che il disco in vinile, in quanto tangibile, dà un valore concreto alla musica che contiene. “I dischi danno valore alla musica, e per questo la gente li compra” ci dice un amico appassionato che li colleziona da anni e ha riempito intere stanze con i suoi amati LP, ma vorremmo anche riportare questa affermazione trovata su web, che potrebbe spiegare (quanto meno superficialmente e in parte) perché il ritorno del vinile coinvolga anche i più giovani: “Ho 19 anni e ho sempre e solo ascoltato Mp3, il che significa che non ho niente di concreto da tenere in mano, solo dei freddi file inconsistenti pieni di 1 e 0”. Poi c’è chi dice (giustamente) che il vinile è più bello, con le sue maxi-copertine e i suoi booklet, chi colleziona da decenni e non ha nessuna intenzione di smettere, chi vive la sessione d’ascolto segue a pagina 05 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Mediaset porta in tribunale Sky: chiede 45 milioni di euro per la trasmissione dei canali Mediaset sul satellite Mediaset e Sky, accordi sui diritti e scontri in tribunale Ma secondo l’inchiesta sui diritti TV le due società si sono mangiate la torta dei diritti senza aggiungere posti a tavola U di Roberto PEZZALI n giorno amici, poche ore dopo nemici: difficile trovare una chiave di lettura per quello che sta accedendo sull’asse Sky – Mediaset, ma ci abbiamo provato. Come ha infatti riportato il quotidiano Repubblica, Sky e Mediaset, pizzicate dall’Antitrust, si sarebbero sparite la torta dei diritti TV del campionato di calcio di serie A ostacolando la concorrenza e trasformando quella che doveva essere un’asta in una sorta di gioco a due magistralmente diretto da Bogarelli e da Infront, l’advisor che doveva essere super partes e che invece ha svolto un ruolo attivo nell’assegnazione dei vari pacchetti. Nelle mani dell’Antistrust ci sarebbe un corposo faldone con 56 pagine di relazione e più di 182 documenti che dimostrano come l’asta dei diritti TV sia stata tutt’altro che una operazione basata sui principi della libera concorrenza, e su come si sia fatto di tutto per attribuire a Mediaset il pacchetto di diritti del digitale terrestre che, buste alla mano, era finito nelle mani di Sky. Leggendo il contenuto delle mail recuperate dai finanzieri durante le perquisizioni nelle sedi delle società, non sembrerebbe affatto di trovarsi di fronte a due aziende in lotta: “Questa è stata più dura del solito ma ce l’abbiamo fatta. Ci sentiamo domani” – esultano gli avvocati di Mediaset al termine dell’accordo. “Anche stavolta ci siamo arrivati!” – replica Sky. Ecco perché, nella stessa ottica, non può essere così credibile la richiesta di 40/45 milioni di euro di risarcimento fatta da Mediaset a Sky con una denuncia al Tribunale di Milano. La notizia è di oggi e la riporta sempre Repubblica: Mediaset chiede a Sky un compenso per i diritti di ritrasmissione dei canali free Canale 5, Italia 1 e Rete 4, canali che Sky ha trasmesso sulla piattaforma satellitare fino a quando Mediaset ha deciso di criptarli. Una causa questa che difficilmente Mediaset riuscirà a vincere: da parte di Sky infatti non c’è mai stata una “ritrasmissione” del segnale, l’operatore satellitare si è sempre limitato a sintonizzare un canale che chiunque con un decoder satellitare poteva vedere in chiaro. Mediaset e Sky di nuovo nemici? Forse si, forse no: crediamo che la causa in tribunale serva a entrambe le aziende per riequilibrare la bilancia in vista del processo per i diritti TV che inizierà il prossimo 16 febbraio: secondo l’Agcom Sky e Mediaset sono pappa e ciccia, ma se ci sono un po’ di processi di mezzo… MERCATO Numeri e segreti della musica in vinile segue Da pagina 04 come una sorta di rituale (“Quando voglio godermi davvero la musica, vado verso la mia collezione di vinili. Ascoltare un vinile richiede la giusta predisposizione e attenzione, non puoi semplicemente premere “play” e fare altro...”) e un piccolo esercito di appassionati che sostiene che il vinile offra una sessione d’ascolto più piacevole, coinvolgente, dinamica, calda. In una parola, che suoni meglio. Per quanto riguarda l’identikit dell’acquirente ci ha aiutato Mario Buscemi, titolare dell’omonimo negozio che è una vera e propria istituzione nel mercato milanese: la maggior parte degli acquirenti supera i quarant’anni e non ha mai smesso di acquistarli, alimentando così la propria collezione. Ma ci viene detto che c’è anche una discreta fetta di giovani che, attratti dal fascino “vintage” dello strumento, non acquistano altro che vinili: nessun CD, zero file e di streaming neanche a parlarne. Solo il caro e vecchio vinile. Cerchiamo anche di capire la visione del fenomeno da parte di chi lo vive quotidianamente vendendo dischi da decenni. Buscemi ci conferma che, in una situazione pressoché stabile di vendita di supporti fisici (tra cui vinili, CD, DVD e Blu-ray), il vinile sta effettivamente crescendo con costanza e, complice il fatto che costa di più degli altri, oggi pesa sul fatturato del negozio tra il 10% e il 15% anche perché il mercato dell’usato è molto importante (mercato che la musica liquida ha completamente azzerato) e numericamente molto difficile da quantificare. Una nicchia sì, ma niente male per un supporto che era dato per morto e sepolto ormai da anni. torna al sommario Si vendono molti più giradischi che CD Player Anche i produttori di hardware (giradischi, puntine & co) sembrano soddisfatti dell’andamento del mercato. Per avere un’opinione e qualche dato interessante abbiamo sentito Giancarlo Valletta di Audiogamma, distributore di importanti marchi audio come Denon, B&W e Rotel, oltre a Ortofon, Musical Fidelity, Pro-ject e altri attivi proprio nel mercato della musica in vinile. Ci viene detto che non solo il mercato è effettivamente in crescita di anno in anno, cosa peraltro ovvia considerando il lancio di nuovi modelli da parte di aziende come Sony e Technics, ma che sta raggiungendo numeri di tutto rispetto: la sola Pro-ject produce 120.000 giradischi al mese e anche le case discografiche sembrano davvero interessate a investire nel vinile non solo perchè il mercato è in crescita, ma anche perché esente da quello che loro considerano il problema N.1, la pirateria. Inoltre, scopriamo che i numeri diffusi circa la vendite di dischi non possono che essere parziali perché non tengono conto del grande mercato dell’usato. E che dire del rapporto tra CD e vinile all’alba del 2016? Difficile quantificare in numeri, nel senso che l’installato CD è estremamente più ampio, ma va detto che in questo momento il rapporto tra il venduto delle due categorie è impietoso: su 10 apparecchi, 7 sono giradischi e 3 lettori CD. Al punto da ipotizzare che in futuro sopravviveranno 2 strumenti di fruizione musicale, quello “liquido” (lo streaming) che ovviamente avrà il 90% del mercato, e il vinile, mentre del CD si saranno ormai perse le tracce. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO L’adesione al CONAI è obbligatoria, per esempio, per tutti i commercianti che in Italia vogliono aprire un’attività Il Consorzio Imballaggi ancora nel secolo scorso Adesioni solamente via fax. E la PEC non vale… Per aderire al CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, le uniche strade realmente percorribili sono fax e raccomandata La procedura di adesione online non funziona e la PEC non viene accettata. Retroguardia tecnologica all’italiana T di Gianfranco GIARDINA ra i tanti adempimenti di chi in Italia vuole aprire un’attività commerciale di qualsiasi tipo, c’è l’adesione al CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi. Il costo è irrisorio, 5.16 euro una tantum, e aderire è obbligatorio, pena multe da 10mila a 60mila euro. Ma per farlo è ancora (incredibilmente) necessario inviare un fax o una raccomandata A.R.. E per pagare non sono ammessi, ovviamente, transazioni online con carta di credito né PayPal, ma è necessario fare un bonifico bancario o un bollettino postale, con costi aggiuntivi che rischiano di sfiorare il costo della tariffa di adesione. La procedura online ci sarebbe ma CONAI la sconsiglia In realtà le premesse per chi, nella necessità di aderire al CONAI, si inizia a interessare sembrano buone: sul sito del CONAI c’è scritto chiaramente che dall’ottobre 2015 è attiva la procedura di adesione online, attraverso il portale governativo impresainungiorno.gov.it, anche se – come dice il sito - “è possibile continuare ad utilizzare anche i canali tradizionali (fax – posta)”. Provando ad attivare la procedura di adesione online, però, ci si scontra con i malfunzionamenti del portale “Impresa in un giorno”: abbiamo provato e farlo funzionare è infatti davvero un’impresa. Sul portale del Governo vengono infatti riportate due modalità di registrazione: con smartcard (che non abbiamo) o senza, con unsername e password. Ci registriamo senza smartcard e la procedura va a buon fine: il nostro account viene attivato e riconosciuto in pochi passaggi. Ma non appena proviamo a passare alla procedura di adesione online al CONAI ci viene restituito un errore di autenticazione. online, è molto complicata, serve la smartcard. Guardi – prosegue l’operatrice -, la cosa più semplice è quella di scaricare il modulo dal nostro sito, compilarlo e inviarcelo via fax”. A far montare il nostro stupore contribuisce l’ulteriore chiarimento datoci, alle nostre richieste di poter utilizzare la PEC (peraltro ben pubblicizzata nella sezione “Contattaci” del sito del CONAI): “No, non può usare la PEC: le domande tramite posta certificata non vengono accettate. E mi raccomando – conclude l’operatrice – aspetti qualche giorno a inviare il fax: questi sono giorni di dichiarazioni periodiche che intasano il fax”. L’operatrice ha (tristemente) ragione: proviamo a chiamare a diverse ore del giorno ma il numero di fax del CONAI è costantemente occupato: altro tempo da perdere. Tra l’altro, non ci risulta che il ricorso alla PEC possa essere rifiutato, dato che la legge la omologa alla raccomandata. Tanto tempo perso dei cittadini e degli operatori CONAI Nel 2016 c’è di che restare a bocca aperta: non solo le richieste di adesione, che si fanno una volta nella vita, devono essere inviate via fax (o peggio ancora per Raccomandata, ma non per PEC), ma lo stesso sistema “analogico” va utilizzato anche per le dichiarazioni periodiche, con tanto di numero intasato, cosa che ovviamente con una procedura online non accadrebbe. CONAI: “Mandi un fax No, la PEC non la accettiamo...” Dopo ripetuti test e tentativi (che utenti meno esperti non avrebbero neppure intrapreso), tutti inutili, desistiamo e chiamiamo il numero verde del CONAI. Un’operatrice molto gentile, risponde senza indugio alla nostra richiesta di chiarimenti: “No, lasci stare la procedura torna al sommario Risultato: da questa parte del fax qualcuno deve compilare i moduli a mano e dall’altra parte qualcuno deve reimputare i dati scritti a penna, con i conseguenti costi e gli inevitabili errori. Peggio ancora: il PDF per l’adesione scaricabile dal sito CONAI non è un modulo elettronico, compilabile con il PC, ma un PDF immodificabile protetto da password. È quindi necessario stampare il modulo su carta, compilarlo a penna e quindi inviarlo via fax; presumibilmente alla sede CONAI il fax verrà ristampato, moltiplicando, oltre al tempo perso e agli errori, anche i consumi di carta. Carta, tempo e costi di personale che, con una semplice procedura online, avrebbero potuto essere del tutto risparmiati. Mettere al bando il fax (esclusivo) Una vicenda che ha dell’incredibile: nel 2016, con la diffusione di Internet oramai completa, almeno tra gli operatori economici, il fatto di non avere una procedura online valida, accessibile e funzionante, soprattutto per gli adempimenti obbligatori, non può più essere catalogata come un semplice dimenticanza. La questione CONAI, che riguarda in Italia centinaia di migliaia di imprese e negozi, è solo una delle tante in questa Italia “nostalgica” che non riesce a fare a meno del fax e delle procedure manuali. Il fax, se deve continuare a far parte del panorama dei canali di comunicazione, deve diventare sempre più marginale e comunque far parte di un ventaglio di opzioni in cui le modalità digitali devono essere favorite. Questo caso si affianca a quello relativo ai dati TARI gestiti via fax dal Comune di Milano (e dallo stesso comune risolto con l’attivazione della procedura online dopo una ventina di giorni dalla nostra segnalazione): non mancheremo di segnalare altri casi analoghi, rilanciando anche eventuali segnalazioni dovessero arrivarci dai nostri lettori, che sono invitati a scriverci a [email protected]. I T S TA R T S W I T H NUOVO TV 4K ULED 65XT910 ASSOLUTA PROFONDITÀ E MASSIMA BRILLANTEZZA PER UNA SORPRENDENTE QUALITÀ DELL’IMMAGINE. Tecnologia ULED con controllo dinamico della retroilluminazione. Neri profondi, ampliata gamma di colori e massima fluidità delle immagini in movimento. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Nonostante il primo posto in classifica, è stato un 2015 in lieve calo per Samsung 2015, venduti 1.3 miliardi di smartphone Samsung sempre in vetta, crescono i cinesi I dati di vendita del settore mobile registrano nel 2015 un incremento del 10,3% globale Samsung prima, ottimi i risultati di Apple e Huawei sale al terzo posto per la prima volta di Gaetano MERO I l 2015 è stato un ulteriore anno di crescita per gli smartphone secondo i dati diffusi dall’autorevole istituto di ricerca e statistica TrendForce. Le vendite globali hanno registrato un incremento del 10,3% rispetto al 2014 raggiungendo 1,293 miliardi di unità distribuite, numeri destinati a crescere di un ulteriore 8% nel 2016 secondo le prime proiezioni. Ciò che rileva TrendForce è l’avanzare inarrestabile dei produttori cinesi, molto forti nella fascia media del settore, che raggiungono complessivamente una quota di mercato superiore al 40% pari a 539 milioni di smartphone venduti, contro i 547 milioni di Samsung ed Apple. Il sorpasso avverrà quest’anno, in base alle stime della società di ricerca, in cui uno smartphone su due venduto sarà cinese. Se Huawei ha registrato un anno fatto di grossi numeri in cui è diventato leader tra i produttori cinesi e terzo a livello mondiale superando le 100 milioni di unità distribuite e scavalcando un colosso come Lenovo, lo stesso non si può affermare di Samsung che ha avuto un 2015 difficile non raggiungendo gli obiettivi prefissati. La società coreana ha visto una diminuzione delle vendite su base annua dell’1,8% e un calo della propria quota di mercato globale dal 28% del 2014 al 25%, pur mantenendo la posizione di leader mondiale con 320 milioni di smartphone venduti. Ottimi i risultati di Apple che si conferma secondo produttore nel mondo con la cifra di 227 milioni di iPhone venduti che si traducono in un +17,7% annuo rispetto ai circa 192 milioni del 2014 consolidando una quota di mercato pari al 17,5%. Lieve discesa su mercato globale per LG, che aveva fatto molto bene nel 2014, dovuta probabilmente a vendite di G4 meno brillanti del previsto. L’asso nella manica pare essere stato il V10 lo smartphone dal doppio display sovrapposto che ha fatto impennare le vendite nel secondo semestre del 2015. Esaminando la tabella dei dati su mercato cinese salta all’occhio il balzo di Huawei che ha venduto 108 milioni di unità contro i 73 milioni dell’anno precedente, diventando leader in patria con una fetta di mercato che passa dal 15,6% al 20%. Buona anche la performance di Xiaomi che con la linea Mi pur non raggiungendo l’obiettivo di 100 milioni di unità, si ferma a quota 72 milioni assumendo comunque il secondo posto tra i connazionali e quarto a livello globale. Lenovo ha subìto un calo delle vendite annue del 24% scendendo al terzo posto tra i produttori cinesi e al quinto su scala globale dovuto, probabilmente, a una fase di assestamento dopo l’acquisizione di Motorola. I droni Amazon consegneranno pacchi in mezz’ora Amazon spiega come funzionano i droni che è pronta a usare per le consegne a domicilio A di Franco AQUINI torna al sommario Nell’ultimo trimestre 2015 GoPro avrebbe totalizzato ricavi inferiori rispetto a quanto previsto tanto da tagliare il 7% della forza lavoro Mercato saturo o concorrenza agguerrita? di Franco AQUINI MERCATO Dettagli rilasciati in un’intervista a Yahoo Tech dal vice presidente Paul Misener mazon procede con Amazon Prime Air, il progetto che riguarda l’impiego dei droni per la consegna a domicilio. In un’intervista a Yahoo Tech, il vice presidente Paul Misener spiega come gestiranno le varie problematiche. Il drone che consegna in città sarà diverso da quello che consegna in periferia, dove i clienti potranno ricevere i pacchi nel proprio giardino entro mezz’ora dall’ordine. Sulla questione condomini Misener afferma che stanno lavorando su un tipo di drone adatto a questo tipo di GoPro licenzia il 7% della forza lavoro: mercato ormai saturo? consegne, ma nulla si sa sull’operatività pratica. Per quanto concerne gli ostacoli, Misener ha paragonato i propri droni a cavalli: come è poco probabile che un cavallo si vada a schiantare contro un albero, pur ordinandoglielo, così un drone saprà quando aggirare un ostacolo. Questo riguarda gli ostacoli fermi, per quelli volanti Amazon ha studiato un sistema che ha già sottoposto alla FAA e NASA per la gestione dello spazio aereo:gli aeromobili con equipaggio volerebbero sopra i 500 piedi, tra i i 400 e i 500 piedi ci sarebbe una zona di sicurezza, e tra i 200 e i 400 piedi ci sarebbe lo strato dove far volare i propri droni. L’idea è al vaglio degli enti preposti alla regolamentazione. Ma Misener sostiene che Amazon, se i droni fossero pronti prima delle regolamentazioni negli Stati Uniti, potrebbe decidere di partire con questo servizio altrove. Il mercato delle action cam, dopo la scalata degli ultimi anni, comincia a diventare affollato e probabilmente si sta avvicinando alla saturazione, al punto che GoPro ha recentemente rivisto al ribasso il prezzo della Hero4 Session. Ma il quarto trimestre 2015 ha affondato il coltello nella piaga, tanto da costringere l’azienda ad annunciare un taglio del 7% della forza lavoro, circa 105 persone. Numeri certi li avremo in occasione dei risultati finanziari ufficiali, attesi per il 3 febbraio, tuttavia GoPro ha affermato sul suo sito di aver realizzato approssimativamente 435 milioni di dollari di ricavi nel quarto trimestre, al di sotto dei 510 milioni che si aspettavano gli investitori e GoPro stessa. Quello delle action cam è un mercato che probabilmente sta raggiungendo la saturazione, non essendo né dispositivi di largo consumo né indossabili in senso stretto. Non è trascurabile nemmeno il problema della concorrenza che comincia a essere agguerrita, soprattutto dal punto di vista del prezzo. Per questo GoPro ha recentemente svelato progetti paralleli interessanti, come il drone Karma che riprenderà a 360 gradi e il canale di streaming per console, per fare streaming dalla GoPro a uno speciale canale per PS3 o PS4. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Nel 2015 GE si era accordata con Electrolux ma l’Antitrus non aveva dato il consenso Elettrodomestici General Electric ad Haier Haier rileva la divisione elettrodomestici di General Electric per 5,4 miliardi di dollari Chiusura dell’operazione per metà anno. Si attende l’ok delle autorità sulla concorrenza di Alvise SALICE È la più mastodontica acquisizione all’estero mai effettuata da una multinazionale cinese nel settore dell’elettronica e delle apparecchiature. Rilevando la divisione elettrodomestici di General Electric per 5.4 miliardi di dollari, Haier si assicura un gigantesco salto di qualità soprattutto nel mercato americano dei frigoriferi, dove fino ad oggi la sua penetrazione era stata alquanto modesta in rapporto alle percentuali medie di cui gode sul mercato mondiale, essendo la prima compagnia al mondo con uno share medio del 10%. Negli States Haier è attualmente conosciuta come un buon produttore di elettrodomestici a costo contenuto, laddove General Electric vende maxi-frigoriferi di lusso che costano anche più di 8000 dollari. Per la verità, il colosso a stelle e strisce aveva già trovato nel 2015 l’accordo per cedere la divisione Appliances ad Electrolux, ma in quel caso è intervenuta l’Authority per l’Antitrus, abortendo l’affare sul nascere. Tutto sommato una fortuna per General Electric, dato che la somma pattuita col gigante svedese si “fermava” a 3.3 miliardi. Ora, dai cinesi, ne intascherà quasi il doppio. Tre offre 100 GB di traffico con smartphone “top” La nuova iniziativa di 3 Italia offre uno smartphone top con minuti, SMS e 100 GB all’anno Altra novità, i piani ALL-IN Extra si rinnovano nel 2016 premiando i clienti più fedeli T torna al sommario Il gruppo TIM ha presentato il logo che connoterà società e prodotti Tra gli obiettivi servizi innovativi per gli utenti e investimento di 10 miliardi in Italia per reti e infrastrutture di Gaetano MERO MERCATO Interessante promozione per chi attiva una SIM in abbonamento o ricaricabile di Pierfrancesco PETRUZZELLI empo di novità per i gestori telefonici nostrani con 3 Italia che lancia la promozione 100 Giga, per chi attiva una sim in abbonamento o ricaricabile con smartphone top di gamma avrà a disposizione 100 GB di traffico 4G LTE per 12 mesi. Chi acquista un abbonamento FREE avrà uno smartphone top (attualmente sono iPhone 6s, iPhone 6s Plus, Galaxy S6 edge e Galaxy S6 edge+) che potrà sostituire ogni 15 mesi, con SMS e minuti a partire da 30 euro al mese, nello specifico: • FREE 400 – 400 minuti, 400 sms, uno smartphone top di gamma e 100 GB per 12 mesi tutto incluso a 30 euro al mese. • FREE Unlimited – minuti e SMS illimitati, uno smartphone top di gamma e 100 GB per 12 mesi tutto incluso a 35 euro al mese. • FREE Unlimited Plus – minuti e SMS illimitati in Italia e all’estero, uno smartphone top di gamma e 100 GB per 12 mesi tutto incluso a 40 euro al mese. Al termine della promo 100 Giga il traf- TIM, nuovo logo e nuova sede fico dati incluso sarà quello previsto dal piano sottoscritto. Gli abbonamenti FREE prevedono anche 100 MB di traffico dati in roaming nazionale ed il servizio Recupera che offre in caso di furto, smarrimento o danneggiamento, la possibilità di riacquistare lo stesso modello di smartphone a un prezzo scontato. Per quanto riguarda le ricaricabili, con Scegli 30 avremo per 30 euro al mese, oltre i 100 GB annuali, uno smartphone a scelta tra iPhone 6s Plus, iPhone 6s, iPhone 6, iPhone 6 Plus, Galaxy S6 edge, Galaxy S6 edge+, Samsung Galaxy S6, Huawei Mate S e SMS e minuti illimitati. Mentre con Scegli 15, al costo di 15 euro al mese, sono previsti 100 GB annuali, 400 minuti, 400 SMS, e un iPhone 5s. L’anticipo per lo smartphone varia a seconda del modello scelto. Per il momento non sono disponibili informazioni su eventuali vincoli ma è presumibile che ci siano delle soglie settimanali da rispettare. Novità anche per chi attiva ALL-IN Extra che vedrà raddoppiati minuti ed SMS ogni 6 mesi , con dei limiti massimi a seconda del piano scelto, e dopo un anno avrà a disposizione 4 GB al mese. Il gruppo TIM, sotto il quale sono riunite rete fissa e mobile, ha presentato il suo nuovo logo. Un marchio essenziale, dalle linee pulite, che riprende i medesimi colori del precedente ma è più squadrato, rigido, essenzialmente moderno. Il logo rosso che accompagna il brand TIM richiama la “T” del marchio e sarà presente su tutta la futura comunicazione e i prodotti. In sede di presentazione, Marco Patuano ha affermato che al logo seguirà un importante cambiamento dell’operatore il cui obiettivo è essere un player industriale e tecnologico sempre più all’avanguardia. A livello di comunicazione, il cambio d’identità sarà accompagnato da una serie di spot che vedranno protagonisti Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web, il presentatore Fabio Fazio e l’attore Pif. Il progetto prevede la nascita di una nuova sede societaria a Roma, nelle Torri anni Cinquanta di Ligini che diventeranno il nuovo quartier generale TIM grazie a un piano di risanamento che trasformerà il complesso edilizio in una struttura all’avanguardia. TIM ha approfittato dell’evento per ricordare il piano di investimenti e l’obiettivo che si è posta: 10 miliardi di euro, di cui 5 dedicati alla realizzazione di datacenter e infrastrutture cloud entro il 2017 e l’implementazione delle reti mobili e fisse con il raggiungimento del 95% della popolazione con la tecnologia LTE e il 75% con la fibra ottica. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MERCATO Avrebbero usato il cobalto del Congo estratto in condizioni lavorative disumane Lavoro minorile e sfruttamento in Congo Amnesty contro Apple, Samsung & Co Un report di Amnesty International coinvolge colossi dell’industria dell’hi-tech e dell’auto di Giulio MINOTTI al Congo, uno dei principali produttori di minerali chiave per i cellulari e dispositivi elettronici, arrivano notizie riguardo le condizioni degli operai delle miniere di cobalto, costretti a lavorare in condizioni disastrose per uno o due dollari al giorno. Secondo un report di Amnesty International e dell’organizzazione non governativa Afrewatch, varie aziende tra cui Apple, Samsung, Microsoft, Volkswagen e Daimler/Mercedes avrebbero utilizzato il cobalto, estratto nelle miniere congolesi, all’interno delle batterie inserite in vari prodotti, smartphone e auto elettriche e ibride. Non si tratta di un coinvolgimento diretto, ma di una catena complessa che, partendo da aziende locali e passando da fornitori più o meno diretti dei colossi dell’elettronica, finisce nei prodotti di uso comune. 16 multinazionali sarebbero coinvolte nello scandalo che D avrebbe avuto origine da una società cinese, la Huayou Cobalt, che si sarebbe approvvigionata del materiale attraverso una sua sussidiaria in Congo, la Dongfang Mining International per poi passare a tre aziende che producono batterie per smartphone e auto elettriche: L&F Materials, Ningbo Shanshan e Tianjin Bamo. Il processo di estrazione del cobalto, nel Paese africano che è il maggior produttore mondiale (quota prossima al 50%), avviene in miniere che sfruttano anche bambini di sette anni, in pessime condizioni lavorative. Nel rapporto di Amnesty si parla di abu- si fisici, trasporti di carichi pesantissimi e continue esposizioni a sostanze chimiche pericolose che possono causare anche malattie polmonari fatali. Molte aziende hanno già risposto in merito, ma la situazione che si prospetta è di una complessità epocale: alcune hanno dichiarato di non avere legami con le aziende coinvolte, altre che è impossibile verificare che l’origine del cobalto usato sia proprio il Congo, altre ancora hanno promesso indagini approfondite, ma in ogni caso nessuna è stata in grado di fornire informazioni dettagliate sulla questione. MERCATO A salvarsi, in controdendenza, è solamente Apple che conquista un +6,2% globale Windows 10 non frena il crollo del PC: -10% nel 2015 Secondo i dati IDC, il 2015 è stato l’anno peggiore per i PC: -10,6% nell’ultimo trimestre I di Gaetano MERO l 2015 non sarà di certo ricordato come l’anno del Personal Computer. Secondo i dati diffusi da IDC il calo di vendite registrato nell’ultimo trimestre dell’anno si attesta al 10,6% rispetto allo stesso periodo del 2014. È il primo anno dal 2008 in cui la distribuzione di unità complessive è scesa al di sotto dei 300 milioni, il declino più consistente nella storia del PC. Poco più rassicuranti i dati diffusi da Gartner secondo cui il calo nell’ultimo trimestre del 2015 sarebbe dell’8,3%. Qualcosa non ha funzionato. Ci si aspettava un’impennata nelle vendite durante il periodo natalizio che non si è verificata, probabilmente “colpa” anche dell’aggiornamento gratuito a Windows 10 che ha visto coinvolti milioni di computer e che ha forse fatto desistere dall’acquisto di un nuovo PC la maggior parte dei consumatori, oltre alla diffusione di tablet e smartphone che hanno rimpiazzato il torna al sommario computer desktop nelle operazioni di tutti i giorni. C’è comunque da considerare che nel calcolo sono compresi PC desktop, notebook e ultrabook, rimangono invece esclusi i dispositivi 2 in 1 che da soli potrebbero risollevare la percentuale trimestrale di 6 punti. Tranne Apple, in controtendenza con una crescita annuale del 6,2%, tutti i produttori hanno registrato una riduzione vendite nel 2015 che porta il dato complessivo a -10,4% (per Gartner -8%). Lenovo si conferma leader mondiale detenendo il 20,7% del settore, dopo si collocano HP e Dell i quali registrano entrambi una diminuzione del 5,9%, stando ai dati di IDC, troviamo quindi Apple al quarto po- sto tra i produttori mondiali con una fetta di mercato del 7,5%, caduta libera invece per Acer che, pur rimanendo tra i primi cinque, registra un calo del 18,1%. Difficili le previsioni per il 2016, secondo Gartner si avrà un ulteriore calo dell’1% essendo il mercato del PC nel bel mezzo di un cambiamento strutturale. IDC pensa invece a una ripresa del settore dettata dalla necessità di aggiornamento hardware di PC obsoleti e da prezzi interessanti per i consumatori. Carte di credito violate negli Hotel Hyatt Un malware nel sistema di pagamento dei POS degli hotel Hyatt ha sottratto i dati della carta di credito dei clienti di 318 hotel su 627. Tra questi il Park Hyatt di Milano di Roberto PEZZALI Un malware nel sistema di pagamento degli alberghi Hyatt, capace di sottrarre i dati delle carte di credito e i dettagli delle transazioni: la nota catena di alberghi il 23 dicembre ha ammesso di aver scoperto il codice fraudolento nel suo sistema di pagamento e di aver prontamente provveduto a risolvere il problema. Hyatt ha diramato la lista degli hotel colpiti e sono 318 su un totale di 627 del gruppo, lussuosi alberghi a 5 stelle. Tra questi c’è anche il Park Hyatt di Milano in Galleria. Chuck Floyd, Global President of Operations della catena Hyatt, nel comunicato diramato chiede ai clienti degli hotel del gruppo di far attenzione agli estratti conto della carta di credito, soprattutto se questa è stata usata negli hotel colpiti per il pagamento di servizi accessori come Spa, parcheggio e per i conti dei ristoranti. Il malware ha sottratto nome, cognome, data di scadenza e codice di verifica interno, quanto basta per effettuare transazioni non autorizzate. La catena Hyatt ha attivato un servizio antifrode gratuito per un anno a tutte le persone che, nei periodi incriminati, hanno visitato uno degli hotel della catena. Nel caso di Milano le date a rischio sono quelle che vanno dal 13 agosto all’8 di dicembre. Al momento sono in corso le indagini per capire chi sono i responsabili della frode. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Barbara Pavone (Warner Bros Italia) ci ha conferma l’arrivo degli UHD Blu-ray Ultra HD Blu-ray Warner in Italia da marzo I primi titoli arriveranno contemporaneamente al lancio dei lettori di Samsung e Panasonic A di Roberto PEZZALI bbiamo fatto quattro chiacchere con Barbara Pavone, Vice President of Group Marketing Warner Bros Entertainment Italia, per fare il punto sull’arrivo del formato Blu-ray 4K nel nostro Paese. Siamo infatti tornati da Las Vegas con la certezza che Samsung e Panasonic avrebbero lanciato anche in Europa i lettori all’inizio del secondo trimestre (marzo – aprile), ma senza alcuna idea sull’effettiva commercializzazione, anche in Italia, dei film. “Il lancio dell’Ultra HD Blu-ray è un evento di importanza primaria per rivitalizzare il supporto fisico”. Inizia così la nostra chiacchierata, che prosegue con l’importante conferma che quando arriveranno i lettori nel nostro Paese si potranno trovare nei negozi anche i primi titoli, ovviamente doppiati e localizzati in italiano. La versione del disco sarà la stessa che abbiamo avuto modo di vedere al CES di Las Vegas, un package che conterrà le due versioni dell’opera Lo storico e versatile player (legge anche il web streaming) arriva su Apple TV rendendola un media player ancora migliore di Franco AQUINI su Blu-ray e Ultra HD Blu-ray e permetterà anche il download digitale del film per la visione su tablet e smartphone. “In America usciranno dai 35 ai 60 titoli nel corso del 2016” - ci conferma Barbara Pavone - “ma anche in Italia avremo una buona line up, magari con un leggero ritardo sulle release dovuto soprattutto a tempi tecnici”. I dischi, infatti, saranno tutte versioni da 100 GB con video Ultra HD e HDR, mentre per l’audio la traccia sarà in Dolby Atmos. Tra i primi titoli alcuni best seller degli ultimi mesi come Lego The Movie e Mad Max, ma arriverà anche American Sniper così come arriveranno anche alcuni blockbuster in uscita che si prestano particolarmente ad un rilascio sull’avveniristico formato, ad esempio Batman V Superman. Manca ancora una indicazione di prezzo, ma sicuramente costeranno leggermente di più degli attuali Blu-ray: pesano la presenza del doppio disco e il costo di produzione più alto. ENTERTAINMENT Nel 2016 di Netflix ci sono importanti conferme ed esclusive prime TV Netflix, ecco cosa ci riserva il nuovo anno Tornano Jessica Jones e Orange is the New Black, ma non mancano i nuovi contenuti N di Michele LEPORI etflix alza il sipario su quello che ci attenderà in un 2016 che si prospetta davvero interessante. Le prime certezze arrivano da due nomi importanti che si guadagnano senza troppa fatica il rinnovo. Stiamo parlando di Orange is the New Black, che nonostante abbia lasciato per strada la verve della prima stagione continua a riscuotere un buon successo di pubblico e che dal 17 giugno vedrà la trasmissione della quarta stagione, e di Jessica Jones, la serie TV con protagonista la bellissima Krysten Ritter che cavalca l’onda del successo che si porta dietro qualunque cosa porti il logo Marvel. Per gli amanti delle agonizzanti comedy, due date da segnare sul calendario: il 15 aprile ritorna Kimberly “Kimmy” Schmidt, la baby sitter più determinata di New York mentre il 6 maggio sarà la volta del ritorno di Grace and Frankie. Per entrambe le torna al sommario VLC, il media player definitivo, finalmente su Apple TV serie è il secondo rinnovo. Il calendario delle novità propone però serie TV per tutti i gusti: si parte il primo di aprile con il family drama The Ranch, che promette di portare le atmosfere di Dallas nel nuovo anno, seguito dalla serie TV per adolescenti Lost & Found Music Studios. Due settimane dopo, il 15, troveremo ai nastri di partenza una serie TV animata, Kong; gli amanti del political drama dovranno aspettare il 5 maggio per l’uscita di Marseille, prima produzione francese di Netflix con un cast importante fra cui spicca la presenza di Gérard Depardieu. I mesi estivi, infine, vedranno le prime del supernatural drama Stringer Things il 15 luglio ed il musical drama The get down il 12 agosto. Direttamente dal sito del VLC team, è arrivato l’annuncio ufficiale: Il player arriverà anche su Apple TV, andando a colmare qualche gap dell’extender di Apple che spingeva i potenziali utenti a cercare soluzioni alternative. VLC è capace di leggere praticamente tutti i formati video (l’elenco completo di media e formati supportati si trova qui), i capitoli, le tracce audio multiple e i sottotitoli. Può, sopratutto, leggere file dalla rete grazie al supporto a protocolli come DLNA/UPnP, alle condivisioni di rete Windows (SMB), all’FTP o direttamente da un server Plex. E’ capace inoltre di scaricare automaticamente dalla rete sottotitoli (da OpenSubtitles. org) e altre informazioni come copertine o biografie. Il player, oltre a permettere la visione di contenuti locali o dalla rete domestica, ha una funzione chiamata Remote Playback che permette di fruire di contenuti remoti tramite un web browser. Basta copiare l’URL dello stream direttamente nel browser e il gioco è fatto. l team assicura inoltre che sono già previste le future evoluzioni, che prevedono l’integrazione con i più popolari servizi di cloud-storage come Dropbox, OneDrive o Box. Grazie a VLC, la Apple TV diventa sicuramente un dispositivo ancor più interessante. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Siglata la partnership tra Sky e CBS per la distribuzione dei contenuti in Europa Tutta l’offerta Showtime arriverà su Sky Siete pronti per il seguito di Twin Peaks? Il network satellitare si assicura l’esclusiva delle serie TV, tra cui l’atteso sequel di Twin Peaks di Michele LEPORI uello che prima era un accordo di distribuzione limitato a singoli titoli da contrattare individualmente è diventata una partnership tout court che coinvolgerà tutte le produzioni Showtime: ecco quindi che Sky diventa il partner ufficiale del network americano CBS per la distribuzione delle proprie produzioni su territorio britannico, irlandese, tedesco, austriaco e naturalmente italiano. Dopo quella con HBO e Netflix per parte del loro catalogo, ecco l’ultimo colpo del colosso satellitare di Murdoch che si aggiudica così i diritti per portare al di qua dell’Atlantico titoli come l’avvincente Billions, nuovo progetto con protagonista Damian Lewis già andato in onda le che ha subito attirato l’attenzione del pubblico con 3 milioni di spettatori (più fredda la critica). Oltre al Q nuovo drama, la partnership con il canale che ha dato i natali a Dexter, Ray Donovan e Masters of Sex permetterà al pubblico italiano di essere in prima fila quando - nel 2017 - ci sarà l’attesissima messa in onda del sequel di Twin Peaks su progetto originale dello stesso David Lynch e Mark Frost. Per ingannare l’attesa, i clienti Sky avranno l’accesso completo ai cofanetti completi di grandi successi del passato quali Brotherhood, Dexter, I Borgia e lo stesso Twin Peaks per quanto riguarda le prime due stagione del 1990 e 1991. Disney posticipa di 7 mesi Star Wars Episodio VIII Dal Memorial Day si passa a Natale, al suo posto arrivano i galeoni di Pirates of the Caribbean I di Michele LEPORI torna al sommario Philips presenta un proiettore “all in one” Full HD a tiro ultra-corto È compatto, ha audio Dolby Digital 2.1 integrato ed estese opzioni di connettività di Emanuele GHELFI ENTERTAINMENT Il successo ai botteghini di Episodio VII allontana la release dell’atteso seguito galeoni dei pirati e i Tie Fighter spaziali hanno sfiorato la collisione cinematografica: no, non è la trama di un improbabile crossover ma la nuova tabella di marcia che Disney ha imposto a due dei suoi titoli di maggior interesse attesi per il prossimo anno. Il successo al botteghino di Star Wars Episode VII ha fatto si che in quel di Burbank venissero modificate le tabelle di marcia, e la già fissata data di uscita sul grande schermo di Star Wars Episode VIII originariamente in programmazione il weekend del Memorial Day statunitense il 29 maggio 2017, verrà posticipata di ben 7 mesi. Stesso timeframe del prequel, quindi, che monopolizzerà le sale a cavallo di Natale e che - sempre negli uffici di Burbank - si augurano possa superare i finora 1.8 miliardi di dollari incassati, di cui 852.3 milioni nei soli Stati Uniti. Lo slot così liberatosi viene subito rimpiazzato da altre navi, stavolta non 120’’ a 40 cm dalla parete È il nuovo Philips Screeneo spaziali, capitanate dal grande ritorno di Jack Sparrow e della sua nuova avventura Pirates of the Caribbean: Dead Men Tell No Tales che il 26 maggio si farà carico di far felici la ciurma di milioni di fan sparsi per il mondo. Le avventure del Capitano e della Black Pearl appena recuperata avrebbero dovuto arrembare le sale il weekend del 7 luglio. L’inversione di rotta dei vascelli Disney impatterà anche sulle rivali cinematografiche di sempre, Sony su tutte: pochi minuti dopo l’annuncio, il nuo- vo film di Spider Man viene anticipato dal 28 al 7 luglio 2017, mentre il film di Jumanji slitta dal 25 dicembre 2016 al 28 luglio 2017. Decisamente contrariati anche Steven Spielberg e Warner Bros, che andranno testa a testa il 15 dicembre con Ready Player One e che il 22 della settimana successiva rilasceranno Croods 2 e The Six-Million Dollar Man. Lo spinoff di Star Wars in uscita questo Natale, Rogue One, non sembra sia stato affetto dal domino di prime visioni. Philips Screeneo HDP2510 è la nuova proposta dedicata alla videoproiezione domestica “ravvicinata”: nuovo design con maniglia integrata, compatto e facilmente installabile in ambiente, un sistema audio Dolby Digital 2.1 posizionato alla base del dispositivo con una potenza di uscita di 26 Watt e possibilità, se posizionato a 10 cm dalla superficie di proiezione, di produrre un’immagine con diagonale 50’’ (127 cm) che può arrivare fino a 120’’ (3 metri) se posizionato a soli 42 cm dalla parete. L’obiettivo principale resta la qualità video, per il quale si può avvalere di diverse tecnologie come LuminAce per il trattamento d’immagine, una nuova generazione di lampade UHP che promettono una luminosità di 2000 lumen per 10.000 ore, la risoluzione Full HD che lo distanzia dalle soluzioni precedenti rendendolo un vero prodotto per Home Theater, il FlowMotion che si “esalta” nelle scene di azione e programmi sportivi e via dicendo. L’ultimo arrivato tra i proiettori in casa Philips è dotato di varie tipologie di connessione (HDMI, VGS, attacco audio e cuffie, USB ecc.) che consentono di collegarlo a qualsiasi tipo di dispositivo. Il prezzo di vendita dovrebbe aggirarsi intorno ai 1.600 euro. Niente male per godersi 120’’ in HD. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Arrivano i TV HDR e i primi contenuti HDR, ma sul mercato esistono molti standard. Saranno compatibili tra loro? Confusione HDR: come scegliere il nuovo TV Cos’è il Dolby Vision e che rapporto c’è con l’HDR? Quali sono i prodotti compatibili? Facciamo il punto della situazione T di Roberto PEZZALI utti parlano di HDR ma non c’è un solo HDR: attualmente ci sono almeno quattro diversi standard, ma i nomi che tutti devono considerare sono sostanzialmente due: HDR-10 e Dolby Vision. Di HDR abbiamo già parlato a lungo in questo articolo, ma quello che fino ad oggi non era chiaro è il modo in cui l’HDR potrà essere fruito con i TV di nuova generazione, con i TV di quest’anno che già hanno a bordo la tecnologia HDR e con i servizi di streaming e i nuovi blu-ray Ultra HD. La buona notizia è che esiste uno standard “mandatory” denominato l’HDR-10: questo standard, certificato dalla Ultra HD Alliance, sarà utilizzato praticamente da ogni tipo di contenuto HDR e potrà essere letto e riprodotto da ogni tipo di dispositivo HDR. E’ uno standard tutto sommato semplice, con una serie di metadati aggiuntivi in grado di garantire comunque una buona qualità con luminosità di picco fino a 4000 nits, anche se al momento i contenuti saranno realizzati per gestire picchi di 1000 nits. L’altro standard è il Dolby Vision, che è uno standard più sofisticato e complesso, ma anche migliore per diversi motivi: le informazioni HDR infatti viaggiano su un layer aggiuntivo con risoluzione Full HD che viene sovrapposto, frame per frame, al segnale 4K. Questo permette di avere, nello stesso flusso, anche una versione non Dolby Vision del contenuto, ad esempio una versione Ultra HD fruibile senza problemi sui TV non HDR. Inoltre, il Dolby Vision gestisce master fino a 12 bit con luminosità di picco che vanno fino a 10.000 nits, limitati al momento a 4000 nits non essendoci display consumer in grado di spingersi oltre. Gli altri standard (Philips e Technicolor) al momento non li consideriamo: diciamo che ad oggi il mondo consumer ha uno standard di base, l’HDR-10, e uno standard che promette qualità più elevata fatto dalla Dolby, il Dolby Vision. Cosa succede con i TV Di HDR nei TV si è iniziato a parlare lo scorso anno, alcuni modelli dello scorso anno sono già in grado di gestire contenuti HDR. Stiamo parlando ad esempio dei modelli Samsung SUHD, di alcuni TV OLED LG come il modello piatto provato da noi recentemente e dei Sony Bravia dello scorso anno che hanno ricevuto un update tramite rete per gestire questa funzionalità (S85, X85, X90, X91, X93 e X94). Tutti questi TV sono compatibili con il formato HDR-10, quindi sono già pronti per ogni tipo di contenuto HDR allo stesso identico modo dei modelli di quest’anno. Alcuni modelli nuovi, tuttavia, sono compatibili anche con il Dolby Vision: è il caso dei modelli OLED di LG del 2016, che possono quindi gestire entrambi i tipi di HDR: se il contenuto sarà HDR-10 useranno l’HDR-10, se invece sarà Dolby Vision useranno i dati e il layer aggiuntivo per visualizzare il formato più evoluto. Ad oggi quasi tutti i produttori hanno abbracciato solo l’HDR-10: LG, Hisense, Philips e altri produttori avranno però in gamma prodotti che gestiscono anche il Dolby Vision. Streaming e HDR Amazon e Netflix sono già pronti Amazon ha iniziato lo scorso anno a fare streaming di contenuti HDR: questi contenuti sono codificati utilizzando HDR-10 e quindi sono compatibili con ogni TV HDR in commercio. Per Netflix la questione è leggermente più complessa: Netflix ha codificato i contenuti HDR sia in HDR-10 sia in Dolby Vision: una versione HDR di Marco Polo Stagione 1 codificata in entrambi i formati (oltre al tradizionale Ultra HD) è già live sui server di Netflix per lo streaming (e richiede almeno 22 Mbps). Purtroppo però nessuno può ancora vederla: Netflix infatti richiede la certificazione dei televisori, e ad oggi non ha ancora certificato nessun TV come HDR. Se guardiamo quindi Marco Polo in Ultra HD con un TV OLED LG o un SUHD Samsung HDR vedremo solo la versione Ultra HD standard: il client Netflix non fornirà lo stream HDR (che esiste) fino a quando i produttori non saranno certificati dai laboratori Netflix. Neil Hunt, a Las Vegas, ci ha fatto sapere che servirà qualche mese. La certificazione sarà relativa sia ai nuovi TV che ai modelli già in commercio con a bordo l’HDR, ma non è dato sapere oggi quali TV saranno coinvolti. HDR e Blu-ray Ultra HD, tutto semplice I Blu-ray Ultra HD potranno avere a bordo contenuti HDR. Al momento attuale, l’unica certezza è l’HDR-10, torna al sommario quello universalmente riconosciuto da tutti. Nessun produttore ad oggi ha sviluppato un chip Dolby Vision per i blu-ray pertanto nessuno dei modelli che arriveranno sul mercato, siano Samsung che Panasonic, saranno compatibili Dolby Vision. La stessa cosa vale per i dischi: i dischi Warner ad esempio useranno HDR-10 e saranno compatibili con ogni TV HDR. Da segnalare che su un disco Ultra HD Blu-ray sarà presente solo la versione HDR del contenuto: saranno i player a effettuare una conversione da HDR a versione standard comprimendo la gamma dinamica. HDR e broadcasting Un affare complesso ancora da chiarire Più complessa la questione legata al broadcasting: su un canale infatti si può trasmettere solo un flusso. Un problema che è già stato affrontato ai tempi del 3D: Sky ha dovuto creare un canale ad hoc per il 3D perché non è possibile trasmettere insieme 2D e 3D lasciando che siano i decoder, a volte vecchissimi, a gestire una eventuale conversione. Una situazione questa che rende la trasmissione TV molto più complessa da gestire dello streaming, dove un film può essere codificato in diverse versioni e al Blu-ray Ultra HD, dove i player dispongono come detto sopra di un sistema per comprimere la dinamica trasformando l’HDR in una immagini godibile anche su un TV tradizionale. Nel caso del broadcasting l’HDR-10 è il formato in assoluto meno indicato: un contenuto codificato in HDR-10, visto su un TV tradizionale (che ignora i metadati aggiuntivi), sarà totalmente sbilanciato sulle alte e sulle basse luci. Dolby sta cercando di proporre il Dolby Vision: grazie ai due layer si può usare un layer base codificato con la curva standard, quindi adatto a tutte le TV non HDR, lasciando il layer aggiuntivo per l’HDR. Così facendo però sarebbero solo le TV Dolby Vision a godere dell’HDR, per tutte le altre TV il segnale sarebbe quello standard, poco importa se il TV è HDR o non HDR. segue a pagina 14 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Il Tribunale impone a Fastweb il blocco degli IP di Rojadirecta tramite firewall Lotta al calcio gratis: blocco totale per Rojadirecta Mediaset impugnerà la sentenza davanti a tutti gli operatori, che botta per il calcio gratis I di Roberto PEZZALI l classico blocco tramite DNS che solitamente gli operatori italiani utilizzano per impedire l’accesso a siti che violano le regole di copyright non è più sufficiente. Il giudice Paola Gandolfi del Tribunale di Milano ha stabilito infatti in un provvedimento del 13 gennaio 2016 che l’ordine di blocco deve “comprendere ogni attività di disabilitazione dell’accesso al sito internet in questione, sia ai DNS sia agli indirizzi IP associati”. Una sentenza storica che chiude così una diatriba lunghissima, quella che vedeva opposta Mediaset ad alcuni operatori di telefonia che non avevano inibito per i propri clienti l’accesso al noto portale Rojadirecta. Dopo una prima vittoria contro Fastweb datata 18 novembre e dopo l’arrivo del provvedimento di attuazione scattato il 22 dicembre, arriva ora con una ulteriore sentenza il chiarimento su come dev’essere implementato questo blocco, e secondo il giudice deve trattarsi di un blocco assoluto. Mediaset, nel comunicato stampa, esulta perché “mai prima d’ora, infatti, la magistratura civile aveva imposto a un fornitore di connessione internet di inibire ai propri clienti l’accesso a tutti gli indirizzi IP collegati a un sito, “Rojadirecta” nel caso in oggetto. Il provvedimento del Tribunale di Milano - prosegue Mediaset - fornisce una tutela effettiva ai diritti esclusivi degli editori, individuando nei fornitori di connettività gli operatori più idonei a contrastare la pirateria digitale.” Una bella gatta da pelare: fino ad oggi gli operatori si sono limitati a eliminare i siti dai loro server DNS evitando così che gli utenti potessero raggiungerli. Un blocco leggero, come molti ormai sanno: se si utilizzano server di altri paesi o pubblici, come quelli noti di Google, i siti bloccati tornano raggiungibili. Mediaset, a margine della sentenza, conferma che “farà valere questa decisione anche presso le Autorità regolamentari dove il tema del blocco degli IP è fondamentale per evitare che i provvedimenti del Garante possano essere facilmente aggirati”. Si chiude quindi l’epoca del DNS e si apre l’epoca del firewall, quasi impossibile da saltare senza una VPN, e in grado di colpire anche servizi con server privi di dominio (Acestream e Sopcast) utilizzati per vedere partite in diretta anche in qualità HD. Per la pirateria legata agli eventi in diretta questo potrebbe il KO. ENTERTAINMENT Netflix Stop all’accesso via proxy Netflix ha l’intenzione di bloccare la fruizione di contenuti non region free da parte di utenti che utilizzino proxy e unblocker vari per aggirare le limitazioni territoriali. La motivazione è palese: onde evitare problemi legali con fornitori di contenuti di terze parti, Netflix intende far rispettare al massimo gli accordi regionali stipulati, con buona pace di chi vorrebbe una diffusione senza confini delle trasmissioni. I contenuti prodotti direttamente da Netflix, precisano da Los Gatos, continueranno invece ad essere trasmessi generalmente worldwide, senza particolari limitazioni territoriali. L’auspicio di Netflix è quello di arrivare a un servizio realmente globale, nel quale proxy e VPN non saranno più necessari. Fino ad allora, però, bisognerà scendere a compromessi con licenze territoriali che per il momento limitano la filosofia improntata alla massima diffusione. TV E VIDEO Confusione HDR Come scegliere il TV giusto segue Da pagina 13 L’altra soluzione è quella studiata da BBC e NHK chiamato Hybrid Log-Gamma, usato dal Centro Televisivo Vaticano per la diretta da San Pietro in occasione dell’apertura della Porta Santa. Questo formato permette di usare un solo flusso per TV HDR e non HDR, è royalty free e promette bene: i TV Sony Bravia del 2015 e i TV LG sono già in grado di gestire anche questo formato. HDR-10 basta e avanza Dopo aver chiarito quello che succede nei vari settori possiamo dire tranquillamente che l’HDR-10, quello di base, basta e avanza per ogni tipo di cosa (tranne le trasmissioni TV). Il Dolby Vision è invece una sorta di HDR di nicchia, migliore come resa ma con un piccolo difetto di fondo: Dolby vuole soldi per la licenza. E proprio per questo motivo al momento Samsung, Sony, Panasonic, Amazon e chi produce gli Ultra HD Blu-ray hanno de- torna al sommario La serie TV Marco Polo di Netflix in HDR, riprodotta sullo schermo di un nuovo TV LG 2016 ciso di optare per la soluzione che non costa affatto. Qualcuno sicuramente lo adotterà, usciranno Blu-ray (sia dischi che player) che avranno anche il Dolby Vision oltre all’HDR-10 ma come abbiamo detto ad oggi è una “chicca” per appassionati che non deve in alcun modo impattare la scelta di un prodotto. Non è il caso di farsi troppi problemi neppure per il broadcasting: ancora non c’è l’Ultra HD, figuriamoci l’HDR. NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE NERO PERFETTO, COLORI PERFETTI LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo. OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno regalandoti il contrasto infinito e colori veri come in natura , per immagini che non temono nessun confronto. www.lg.com/it n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE ENTERTAIMENT Da American Crime Stories a Westworld: per gli appassionati delle serie TV si prospetta un anno spettacolare Tutte le serie in arrivo e da non perdere nel 2016 Un’invasione di supereroi, qualche adattamento letterario importante e progetti originali, tutti pronti per i prossimo Emmy L’ di Roberto PEZZALI anno che si è appena chiuso ha visto un totale netto di nuove serie TV che si ferma all’impressionante quota di 450 progetti. Certo, nel totale bisogna includere anche i prodotti di canali minori quali Disney TV e Nick / TeenNick, ma il dato è facilmente visibile sulla rete: una cosa è certa, negli ultimi anni la quantità di serie TV meritevoli di essere viste, amate e consigliate sfonda il limite di quelle che si possono oggettivamente seguire senza ridurre le ore di sonno o prepensionare la nostra vita sociale. Il 2016 promette di “far soffrire” gli appassionati di serie TV con un’altra ondata di progetti che non si possono perdere e che invece non si avrà probabilmente il tempo di seguire: per rendere meno dolorosa la scelta, ecco la nostra lista del meglio in arrivo sui canali (inizialmente americani e britannici). Sarà come essere al San Diego ComiCon, tutto l’anno D’accordo, l’immagine forse è un po’ esagerata e accorpa piccolo e grande schermo ma il 2016, lo possiamo dire, sarà l’anno dei supereroi e di chi ama il mondo dei fumetti: la calzamaglia potrà non accontentare tutti ma l’offerta televisiva di Netflix prima e soprattutto AMC poi, raccoglierà numerosi consensi. Il rinnovo di Jessica Jones di cui abbiamo parlato pochi giorni fa è infatti solo il primo passo di questo freddo inizio di 2016 in direzione di Marvel e affini: aprile dovrebbe essere, infatti, il mese della messa in onda di Luke Cage con protagonista il Mike Colter già visto nelle scene hardcore della serie TV con Krysten Ritter. Cheo Hodari Coker sarà lo showrunner del nuovo supereroe Marvel in arrivo, e promette di non voler toccare la malcelata sessualità che tanto ha fatto parlare del progetto originale Netflix. Gli altri due nomi grossi del panorama “comics” sono targati AMC e FOX, che rilanciano l’offerta Netflix e vanno all-in con gli attesissimi Preacher (trailer video) e Outcast. Il primo è ad oggi giustamente considerato come uno dei migliori fumetti di tutti i tempi, e Seth Rogen giura di essere riuscito a trovare l’alchimia perfetta per portare la dose di commedia, dramma, violenza inaudita e temi decisamente forti del prodotto cartaceo sul piccolo schermo. E noi gli vogliamo credere, perché la serie TV figlia del progetto e disegno di Garth Ennis la aspettiamo da quando HBO torna al sommario sembrava ad un passo dall’annuncio nel 2006. Su Outcast c’è poco da dire: dovrebbe bastare sapere che AMC ha opzionato la serie TV del lavoro di Kirkman dopo il primo albo uscito nelle edicole americane. La storia: Kyle Barnes è un uomo del West Virginia posseduto dai demoni fin da ragazzino. Da ragazzo vivrà la possessione della madre, da adulto quella della moglie che ferirà anche la loro figlia e da quel momento Kyle deciderà di isolarsi dal mondo fino a che non ritroverà il reverendo che lo aiutò da ragazzino e che ora sembra in grado di aiutarlo a capire cos’ha di diverso dagli altri. Il nome di Robert Kirkman ormai è una garanzia di successo e “la mia prima vera storia horror”, per usare la descrizione dell’autore stesso al New York Comicon del 2013, ha qualcosa che da sempre i fan delle serie TV vorrebbero che i produttori avessero ben chiaro in testa: un finale già pronto. Tutti per i drama, un drama per tutti FX, Hulu, HBO e Amazon hanno in serbo un bel po’ di suspence per questo 2016, nelle forme di progetti originali e adattamenti letterari. Lo diciamo solo per dovere di cronaca, ma anche stavolta è HBO ad avere le migliori frecce, con FX subito dietro e le altre due contendenti a strettissimo giro di boa: i nomi da tenere d’occhio per gli appassionati delle storie di spessore iniziano ad essere tanti e vanno da Vinyl, Westworld, The Path, 11.22.63 e American Crime Sto- ries: the people V. O.J. Simpson”. Ma c’è anche un gradito ritorno: l’inverno di FX negli ultimi anni ci vedeva spettatori della spy story negli anni della guerra fredda fra i coniugi Jennings e le superpotenze Russia e Stati Uniti. La bellissima Keri Russell e l’enigmatico Matthew Rhys entreranno in scena con il loro The Americans (qui il trailer) il 9 marzo, data attorno alla quale, negli anni precedenti, salutavano il proprio pubblico: tutto il rumore e le perplessità sulla terza stagione e come potesse arrivare ad un finale tanto esaustivo quanto in grado di tenere alta la tensione per l’anno successivo sono state spazzate via nel quasi poetico finale March 8th, 1983. The Americans resta una delle serie TV più belle degli ultimi anni e la quarta stagione ha talmente tanto da dire che non può proprio sbagliare. Non contento, il network via cavo raddoppia la presenza televisiva rimpiazzando lo slot di inizio anno con un nuovo progetto: American Horror Story è una serie in crisi di identità ed alla deriva di idee, ma il duo Murphy-Falchuk ha ancora qualcosa da dire ed il candidato ideale per farlo è American Crime Stories: the people V. O.J. Simpson. Gli ingredienti della coppia di produttori ci sono tutti: narrazione antologica, cast importante, storia potenzialmente accattivante che in questa prima stagione ci farà ripercorrere la storia del runningback dei San Francisco 49ers O.J. Simpson e dell’omicidio della moglie il cui eco arrivò anche in Italia a metà anni 80. In virtù di ciò Sarah Paulson (la pupilla di Falchuk), Cuba Gooding Jr. ed un irriconoscibile John Travolta daranno vita dal 2 febbraio ad un legal drama pronto a cavalcare l’onda mediatica del successo di tutto quello che è ascrivibile alla categoria true crime. Hulu, l’altro nome nuovo dopo l’ormai affermato Amazon Prime Studios, attaccherà il palinsesto a metà febbraio (il 15) con uno dei titoli più attesi di tutto l’anno: 11.22.63. Il romanzo di King è ben noto ai più, ma un breve riassunto per tutti gli altri suonerebbe come “… la storia di un insegnate di liceo che cercherà evitare l’assassinio di John F. Kennedy viaggiando indietro nel tempo”. C’è della fantascienza e sappiamo bene quanto poco sforzo ci voglia per mandare all’aria un progetto potenzialmente interessante (Helix, Extant) ma confidiamo nel buon cuore di James Fransegue a pagina 17 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Le nuove serie TV 2016 segue Da pagina 16 co e Chris Cooper nel non voler lasciar cadere nella mediocrità la trama di un romanzo così interessante. A fine marzo, per la precisione il 30, toccherà invece a The Path. Inizialmente “The Way” e poi cambiato per motivi legali, il drama punta sul fervore religioso ed i conflitti di potere per portare a nuove vette i temi già visti ed apprezzati in Hand of God: prodotto da Jason Katim e Jessica Goldberg, il cast scelto da Hulu vede fra gli altri un nome noto ai fan di Breaking Bad come Aaron Paul e Michelle Monaghan. Last but (mai come in questo caso) not least, HBO. Il network ha disperatamente bisogno di una serie TV che conquisti il palinsesto: Game of Thrones è alla sesta stagione, i fan dei romanzi sono in rivolta perché questo sarà l’anno della materializzazione del loro incubo peggiore (la serie supererà i romanzi, sacrilegio). e se aggiungiamo un True Detective season 3 rimandato a settembre e un Girl che ha perso da un pezzo la vena ispirata della prima stagione, abbiamo un quadro abbastanza chiaro della situazione. A rimettere le cose a posto sono chiamati Westworld e Vinyl. Il primo arriverà durante l’anno: ambientato nel futuristico parco divertimenti a tema Selvaggio West in cui vivono dei robot senzienti che inizieranno a dettare la legge del West a suon di revolver e sfide all’O.K. Corral, Westworld è la riedizione per il piccolo schermo del capolavoro cinematografico di Michael Crichton dal titolo omonimo. Se il tema di fondo sembra un incrocio tra Jurassic Park e Firefly, il cast stellare fra cui Anthony Hopkins, Evan Rachel Wood, Ed Harris e Jeffrey Wright dovrebbe appianare ogni dubbio. Dovrebbe… Su Vinyl, invece, zero dubbi e una valanga di certezze: è probabilmente la serie più attesa dell’anno. Progetto a 6 mani Winter - Scorsese - Jagger, la serie raccoglie i fasti di Boardwalk Empire e ci catapulta nella New York di fine anni ’70 ed inizio ’80 in cui il trittico sesso, droga e rock’n’roll sono l’unica cosa che conta. Non necessariamente in quest’ordine. Più che le parole, mai come in questo caso il trailer parla da solo. E suona, soprattutto. E l’Europa? È tutta in costume d’epoca Come tralasciare la sontuosa tradizione televisiva della TV europea? Impossibile, ecco quindi che dai Reali Studi Televisivi di Sua Maestà (via Netflix) arriva The Crown, serie TV definita senza mezzi termini torna al sommario “epic” sulla vita della sovrana più longeva della storia d’Europa, quella Regina Elisabetta II che ancora oggi detiene le redini del trono d’Inghilterra. Il ruolo più importante va a Claire Foy, che dopo la superba interpretazione di Anna Bolena in Wolf Hall su BBC 2 la scorsa estate, rispolvera dall’armadio il costume da regina; al suo fianco John Lithgow nel complesso ruolo di Winston Churchill e Jared Harris come Giorgio VI. La sintesi perfetta di drama, costume e history arriva sempre da BBC ma nella forma di War & Peace: il capolavoro indiscusso di Tolstoj ritorna oggetto del desiderio per la produzione televisiva britannica, che dopo la serie TV del ’72 riporta in auge la Storia dell’Europa e quella degli uomini in un format di 6 puntate da 1 ora l’una in cui il disegno narrativo si intreccia indissolubilmente alla campagna di Napoleone in Russia. Per gli amanti di questo genere sicuramente di nicchia ma in grado di dare grandi soddisfazioni, un cast stellare: Paul Dano e Lily James nei ruoli chiave di Pierre Bezukhov e Natasha Rostova, la bellissima Tuppence Middleton nel ruolo di Helene Kuragina, Mathieu Kassovitz nel ruolo di Napoleone e l’ormai onnipresente (o quasi) Gillian Anderson nel ruolo di Anna Pavlovna Scherer. Le prime due puntate, già andate in onda nel Regno Unito con plauso unanime di pubblico e critica, arriveranno a brevissimo anche oltreoceano su ben 3 network: A&E, Lifetime e History Channel. Non è esattamente una serie TV in costume nel senso stretto della terminologia televisiva ma è certamente adattabile con un po’ di buona volontà: stiamo parlando di The Young Pope, co produzione HBO/Sky/Canal+ diretta dal nostro Paolo Sorrentino in cui si narrano le vicende di Lenny Belardo, il Papa più giovane mai eletto che passerà alla storia come Pio XIII. Ridley Scott diresse un paio d’anni fa un pilot per Showtime sul Vaticano e i suoi segreti ma il progetto non vide la luce del giorno: questa nuova fatica di Sorrentino con Jude Law protagonista assieme all’eterea Diane Keaton, James Cromwell e Cécile de France dovrebbe avere un taglio decisamente più introspettivo sulla disamina del rapporto fra uomo e Fede. Non c’è ancora una data di messa in onda, ma una release tardo estiva è altamente probabile. Senza dimenticare l’esercito dei sequel Da Gotham a House of Cards Non di sole serie nuove vive l’appassionato, ecco quindi una veloce carrellata su cosa ritornerà nel corso dell’anno. Abbiamo parlato di 2016 anno dei supereroi, non possiamo quindi non citare Gotham e Agents of S.H.I.E.L.D. su Fox, così come i vari Daredevil, Costantine e Arrow: piacciano o meno, le calzamaglie saranno onnipresenti e l’azione non mancherà mai. Manca pochissimo, poi, al ritorno del fenomeno Vikings, la serie che ha lanciato History Channel nel rodeo televisivo senza venire disarcionata dalle più blasonate rivali: le vicende di Ragnar Lothbrok e del popolo vichingo ripartiranno il 18 febbraio. Altro nome grosso in arrivo, per la precisione il 4 marzo, è la nuova stagione di House of Cards sempre su Netflix, per la quale bisogna ancora capire se in Italia sarà distribuita in esclusiva su Sky o prenderà la via dello streaming su Netflix. È datata 7 marzo, invece, la riapertura del Bates Motel: A&E ha rinnovato la serie nel 2015 per le stagioni 4 e 5, e l’inquietante teaser appena distribuito dal network via cavo riporta subito i toni disturbati della scorsa season finale, con Norman ormai lanciato sui binari della follia. Inquietante plot twist televisivo che va a braccetto con la vita reale anche in Nashville: il musical drama di ABC tornerà il 16 marzo per la seconda parte di stagione, e continuerà a non vedere protagonista Juliette Barnes (Hayden Panettiere) alle prese con la depressione post-parto. Stessa sindrome che ha colto l’attrice nella vita reale e che la terrà lontana dai palchi del country almeno fino alla prossima stagione. Gli amanti della musica hanno però di che essere felici con il Vinyl di HBO, ma è bene tengano d’occhio anche Roadies: il progetto segna l’ingresso di Showtime nel segmento con una dramedy a 4 mani di Cameron Crowe ed il solito J.J. Carla Gugino e Luke Wilson impersoneranno i responsabili di un team al lavoro per una rock band itinerante che li farà sentire professionalmente soddisfatti ma metterà a dura prova le loro vite private. Sponsor del progetto Kelly Curtis, la manager dei Pearl Jam. Basterà? Sicuramente è un buon inizio. Per un gradito ritorno, un addio che farà male: il 2016 sarà l’anno dei saluti per il cast di Person of Interest. Giunge al termine l’epopea a firma Jonathan Nolan che si è rivelata essere probabilmente la miglior serie TV degli ultimi 10 anni su un network generalista: non c’è ancora una data, si sa solo che la stagione sarà da 13 episodi e non i canonici 22. Il teaser di presentazione è una delle cose più belle ed ispirate viste negli ultimi anni. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MOBILE Un aggiornamento abbastanza corposo con funzionalità dedicate a salute e istruzione Novità iOS 9.3, da Night Shift all’iPad condiviso Interessante la feature che limita l’emissione della luce blu nelle ore serali per facilitare il sonno di Roberto PEZZALI OS 9.3 è quasi pronto: Apple ha rilasciato l’ultima beta del suo sistema operativo dedicato a iPad, iPhone e iPod Touch per permettere agli sviluppatori di provare le loro applicazioni e correggere eventuali problematiche. Siamo di fronte a un aggiornamento abbastanza corposo, dove insieme alla risoluzione di alcuni bug e al miglioramento delle prestazioni su iPhone di ultima generazione, Apple ha inserito anche alcune funzionalità dedicate soprattutto alla salute e all’istruzione. In primo piano c’è senza dubbio Night Shift, una feature che aiuterà chi si corica abitualmente a letto con un iPhone o un iPad tra le mani a dormire meglio e a svegliarsi più riposato. Night Shift, utilizzando informazioni come la geolocalizzazione e l’orario, riuscirà a capire esattamente quando il sole sta per tramontare nel luogo in cui ci troviamo e progressivamente regolerà lo schermo del dispositivo passando da tinte più fredde a toni più caldi. Una scelta che mira a ridurre le emissioni di luce blu, una componente luminosa dello spettro compresa tra i 380 e i 500 nanometri che può aumentare la concentrazione limitando la produzione di melatonina, ormone secreto dalla ghiandola pineale che consente al corpo di rilassarsi al punto di addormentarsi. Le radiazioni emesse dalla luce blu, in pratica, impediscono al corpo di seguire il naturale ritmo circadiano: il nostro organismo non riesce a distinguere la luce blu emessa dallo schermo di un tablet alle 11 di sera dalla luce emessa dal sole di giorno. Night Shift non è una novità assoluta: esistono già applicazioni per Android che fanno questo da tempo (Twilight) e lo stesso vale per il PC, dove tutti possono provare gratis l’ottima utility gratuita f.lux. Night Shift tuttavia non sarà disponibile per tutti coloro che aggiorneranno a iOS 9.3: servirà un dispositivo con processore a 64 bit, quindi iPhone 5 e 5C, iPad Mini e iPad 2, iPad 3 e iPad 4 saranno privi di questa funzionalità. Restando nell’ambito della persona Apple ha rivisto interamente anche l’interfaccia dell’applicazione Salute: look più moderno, pannelli di più facile comprensione e un focus su alcuni aspetti come peso, allenamenti e sonno. La scelta non sembra casuale, con Apple che prepara I torna al sommario Stile al top per i nuovi Galaxy A A breve in Italia Smartphone di fascia media dal design curato nei dettagli e con un rapporto qualità/prezzo interessante di Gaetano MERO il terreno per la prossima generazione di Apple Watch, dotata di un numero ancora maggiore di sensori e nuove funzionalità legate al benessere e all’allenamento. Spulciando le altre novità di iOS 9.3 troviamo anche il Monitor Dati per la funzione Assistenza Wi-Fi: questa funzione, introdotta su iOS 9, commuta automaticamente il traffico dati dal WiFi alla connessione cellulare quando la rete Wi-Fi è eccessivamente lenta, una soluzione utile ma che ha portato, secondo alcuni utenti, anche a un consumo anomalo del piano dati in alcune situazioni. Apple, con il Monitor Dati, mostrerà direttamente quanti dati 3G o LTE ha consumato effettivamente per permettere, a chi la utilizza, di regolarsi di conseguenza. Cambiamenti anche in ottica sicurezza: l’applicazione Note, totalmente rivista in iOS 9, viene finalmente utilizzata da molti utenti come un blocco appunti e spesso ci finiscono anche dati sensibili come password, numeri di telefono e codici pin. Apple ha quindi introdotto in iOS 9.3 la possibilità di bloccare le Note con una password o tramite TouchID, aggiungendo anche l’opzione di ordinamento delle note per data di creazione, di modifica o per ordine alfabetico. L’ultima novità riguarda l’istruzione: Apple sta per inaugurare una suite di applicazioni dedicate alle scuole e in iOS 9.3 si può già vedere la traccia di un grosso lavoro che punta a rivoluzionare l’istruzione digitale. La feature più sorprendente è Shared iPad, ovvero la possibilità, come dice il nome stesso, di condividere lo stesso tablet tra più studenti: non tutti possono permettersi un iPad, e con Shared iPad una scuola potrebbe utilizzare un set di iPad per più classi e ogni alunno, tramite account, potrebbe accedere ai suoi documenti, ai suoi compiti e alle lezioni. I professori, con un’altra applicazione chiamata Classroom, potranno gestire tutti gli iPad della classe in remoto e accedere in tempo reale allo schermo di ogni studente per controllare quello che sta facendo e bloccare, eventualmente, l’accesso ad app esterne. Non è dato sapere se la suite Educational verrà però rilasciata anche in Italia. Samsung ha annunciato l’arrivo sul mercato italiano della famiglia di smartphone Galaxy A 2016, terminali di fascia medio-alta caratterizzati da materiali premium, quali vetro e metallo, e specifiche di tutto rispetto. Al momento saranno solo due i modelli commercializzati nel nostro Paese, A3 e A5. È stato effettuato un grande lavoro per ridurre al minimo la cornice così da garantire una migliore esperienza visiva, si nota un’accurata rifinitura della scocca in metallo racchiusa tra due Gorilla Glass che dona all’insieme un maggiore senso di robustezza. Entrambi hanno ricevuto un upgrade del comparto fotografico, montano una fotocamera principale da 13 MP e una frontale da 8 MP con lenti f/1.9 che assicurano buona resa anche in situazioni di oscurità; A5 è corredato di stabilizzatore ottico d’immagine OIS anteriore e posteriore. Diverse le dimensioni dei display, entrambi Super Amoled, così come la risoluzione: A5 monta un 5,2’’ Full HD da 1.920 x 1.080 mentre A3 un 4,7’’ con risoluzione 1.280 x 720. Un processore octa core da 1,6 GHz e 2 GB di RAM costituiscono il cuore pulsante dell’A5, A3 invece può contare su un quad core da 1,5 GHz e 1,5 GB di RAM. Entrambi dispongono della connettività LTE, cat.6 per l’A5 e cat.4 per l’A3, Bluetooth 4.1, NFC e Wi-Fi, storage interno da 16 GB e supporto a memorie esterne microSD fino a 128 GB. A5 monta una batteria da 2.900 mAh ed è dotato di funzionalità di ricarica rapida e lettore di impronte digitali e pesa 155 gr. Il Galaxy A3 possiede una batteria da 2.300 mAh e pesa solo 130 gr. Sono equipaggiati con sistema operativo Android Lollipop 5.1 e saranno disponibili in tre colorazioni, bianco, nero e oro, a un prezzo di 329 € per A3 e 429 € per A5. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MOBILE Il nuovo smartphone LG di fascia premium verrà presentato non prima del prossimo MWC LG G5 sarà più ampio ma anche più sottile Un leak proveniente da fonte affidabile svela importanti dettagli sul nuovo smartphone LG A di Dario RONZONI d un mese circa dal Mobile World Congress di Barcellona, dove presumibilmente LG svelerà i dettagli sul suo nuovo top di gamma, trapelano in rete nuove importanti indiscrezioni sul G5, lo smartphone col quale il marchio coreano intende dare battaglia alla connazionale Samsung nel segmento premium. Merito di Shai Mizrachi, il leaker israeliano già autore in passato di alcune succose soffiate sul mondo mobile. Lo schema tecnico protagonista del leak ci consente di apprezzare nel dettaglio gli elementi di novità del G5, che per design si discosta in maniera decisa dai predecessori della serie G, a conferma dei rumor rimbalzati in rete nei mesi scorsi. Il nuovo top di gamma sarà più sottile e ampio del G4, con misure che parlano di 149.4 x 73.9 x 8.2mm. I controlli del volume sembrano migrati sul lato sinistro, mentre il tasto di accensione/spegnimento dovrebbe rimanere nella sua ormai classica posizione, sul retro sotto la fotocamera, e molto probabilmente disporrà di uno scanner per impronte digitali. Tra le altre indiscrezioni, da sottolineare il passaggio a una scocca interamente metallica, una novità assoluta per LG. Il display edge to edge dovrebbe misurare approssimativamente 5,6” con risoluzione QHD. Per la dotazione hardware si parla di 4 GB di RAM, 64 GB di memoria flash e pro- cessore Snapdragon 820. Dati ovviamente da prendere con le pinze, per quanto plausibili. iPhone OLED più vicino grazie a Samsung Per garantire gli elevati volumi richiesti, Samsung è pronta a investire 10 miliardi di dollari di Pierfrancesco PETRUZZELLI U torna al sommario Microsoft ha depositato il brevetto di una penna provvista di batteria che si ricarica quando collegata ad una dock di Alvise SALICE MOBILE Samsung vicina a un accordo miliardario con Apple per fornitura di schermi OLED ltimamente si parla con una certa insistenza di un potenziale iPhone 7 con schermo OLED, e a tal fine arriva dalla Corea notizia di un accordo miliardario stretto dai due inossidabili nemici-amici Apple e Samsung per la fornitura di schermi OLED. Secondo quanto riportato da etnews il colosso coreano sarebbe pronto ad investire fino a 10 miliardi di dollari per garantire ad Apple gli elevati volumi richiesti. Secondo la fonte si prevede una richiesta (che pare un po’ scarsina) che potrà andare dai 30mila pannelli al mese fino ai 45mila pannelli, con un investimento per quest’anno di 3,32 miliardi di dollari, in impianti e attrezzature, somma a cui si potrebbero aggiungere altri 7,47 miliardi di dollari Surface Pro 5 avrà un pennino ricaricabile nel 2017. Tutto questo sebbene Apple sia in contatto anche con altre società specializzate in questo campo tra le quali citiamo AU Optronics, LG e Japan Display che hanno già lavorato con la società di Cupertino per la realizzazione dei display LCD. La produzione di questi pannelli da parte di Samsung dovrebbe partire già dal primo trimestre di quest’anno quindi - qualora la notizia si dovesse rivelare fondata - difficilmente la prossima generazione di iPhone porterà con sé in dotazione questo nuovo tipo di display. Se la penna delSurface Pro 4 funziona con le più classiche pile ministilo AAA usa-e-getta (rendendo consigliabile averne sempre con sé una scorta, oppure portarsi dietro un caricabatterie), sembra che il pennino del modello 2016 potrà ricaricarsi in maniera autonoma. All’Ufficio Brevetti americano, infatti, Microsoft ha registrato una nuova stilo che non soltanto evita la sostituzione della batteria, ma che si ricarica tramite dock magnetica separabile dal device principale. Soluzione, quest’ultima, che permetterebbe di caricare la nuova Surface Pen in modo assai più confortevole, anche rispetto alla proposta Apple, il cui pennino va invece direttamente connesso allo chassis dell’iPad Pro tramite connettore lightning.Piccola e leggera, la dock fungerà inoltre da alloggiamento meno precario per la nuova penna, che sull’odierno Surface Pro 4 viene collegata al display mediante agganci magnetici. Al momento non è dato sapere con certezza se il nuovo brevetto verrà effettivamente impiegato nei prossimi Surface Pro 5 e Surface Book 2; certo è che in questo momento storico Microsoft, anche sul fronte hardware, non smette di mostrarsi aggressiva per innovare un mercato che continua a riproporre le medesime idee. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MOBILE Google ha rilasciato una dichiarazione che è a metà tra la conferma e la smentita Per Google il bug di Android non è grave Confermato il bug, ma non riguarderebbe molti dispositivi. Già rilasciata la patch ai partner di Pierfrancesco PETRUZZELLI A sorpresa, Microsoft avrebbe posticipato per l’ennesima volta il rilascio del nuovo OS per i vecchi Lumia che resteranno fermi a Denim almeno fino a febbraio/marzo E ra circolata la notizia secondo la quale Red Hat e Perception Point, due società di sicurezza, avevano rilevato una vulnerabilità grave, 0-day, su tutti i dispositivi che utilizzano la versione 3.8 del kernel di Linux, tra cui il 66 % dei dispositivi Android, sempre secondo una stima delle due società. La rispsota da parte di Google non si è fatta attendere, “Big G” si è detta rammaricata per non aver avuto un preavviso da parte delle due società, in maniera tale da permette al team di sicurezza di studiare la questione, e comunque ha minimizzato l’accaduto, ritenendo che i dispositivi affetti da questa vulnerabilità sono molto meno rispetto a quanto riportato inizialmente. Il colosso di Mountain View ha assicurato che i dispositivi che utilizzano Android 5.0 o successivi, di Alvise SALICE compresi i suoi smartphone Nexus, sono al sicuro grazie ad un nuovo livello di sicurezza chiamato SELinux che impedisce ad applicazioni di terze parti di accedere al codice in questione. Inoltre, non tutti i dispositivi che utilizzano Android 4.4 sono affetti da questo problema. Google ha comunque rilasciato una patch per il bug a tutti i suoi partner invitandoli a pubblicarla sotto forma di aggiornamento entro e non oltre il primo marzo. MOBILE Il celebre marchio di chitarre scende in campo nel combattuto settore degli auricolari Da Fender gli auricolari per chi “vive” di musica Definiti “in-ear monitor”, offrono molta tecnologia esclusiva e una costruzione accurata di Roberto FAGGIANO ender, il produttore delle celeberrime chitarre Telecaster e Stratocaster entra nel mercato di cuffie e auricolari. Per farlo ha acquistato il costruttore specializzato Aurosonics, un marchio USA di auricolari di alto livello, e ne ha sfruttato esperienza e laboratori di ricerca per realizzare cinque nuovi auricolari con caratteristiche tecniche di tutto rispetto e con prezzi di listino che partono dai 99 dollari per arrivare a 499 dollari. I nuovi auricolari nascono come monitor personali per i musicisti sul palco ma sono ottimi per l’ascolto individuale da smartphone e tablet. Tra le caratteristiche tecniche spiccano i trasduttori in titanio appositamente F torna al sommario Ancora un rinvio per il roll out di Windows 10 Mobile realizzati, cavo di collegamento staccabile e la costruzione con stampanti 3D del guscio dei modelli della serie FX; questi gusci secondo Fender sono stati studiati accuratamente per adattarsi alla maggior parte dei padiglioni auricolari e per giungere a questi risultati sono state analizzate le orecchie di migliaia di persone. Il modello di ingresso della nuova serie è il DXA1 (99$), con trasduttore in titanio da 8,5 mm per una risposta in frequenza da 14 a 22.000 Hz, impedenza di 16 ohm e sensibilità di 116 dB/mW; il cuscinetto isolante assicura una diminuzione di 18 dB dei rumori esterni. Il modello FXA2 ha il guscio azzurro realizzato con tecnologia 3D, ha un trasdut- tore in titanio da 9,25 mm con magnete in terre rare e tecnologia Groove tuned per le migliori prestazioni. La sensibilità è di 112dB/mW, l’impedenza è di 16 ohm mentre la risposta in frequenza va da 6 a 23.000 Hz. Il modello FXA5 ha il guscio 3D in colore argento e la tecnologia Hybrid driver di Aurisonics per ottenere una risposta in frequenza compresa tra 19 e 21.000 Hz con impedenza di 16 ohm e sensibilità molto elevata, pari a 120 dB/mW. Il modello FXA6 con guscio rosso ha sempre il trasduttore ibrido HDBA (Hybrid Dynamic Balanced Armature) in grado di riprodurre le frequenze comprese tra 6 e 22.000 Hz, impedenza sempre a 16 ohm e sensibilità di 109 dB/mW. Infine il top di gamma FXA7 con il suo guscio 3D dorato e un prezzo di 499$ per mettersi in competizione con i migliori concorrenti di apri blasone; anche questo modello utilizza la tecnologia HDBA con trasduttore tweeter da 9,25 mm per una risposta in frequenza compresa tra 6 e 24.000 Hz, impedenza di 16 ohm e sensibilità di 110 dB/mW. I nuovi auricolari saranno in commercio dal mese di marzo. Nel mondo Microsoft Lumia tutto lasciava pensare che fosse la volta buona per il balzo a Windows 10 Mobile dei vecchi telefoni compatibili col nuovo sistema operativo, che è già installato nei Lumia 950, 950 XL o 550. Mentre cresceva spasmodicamente l’attesa, è piombato invece un tweet di Bouygues Telecom a rovinare la festa: l’operatore francese delle telecomunicazioni infatti, ha appena corretto il tiro rispetto a quanto annunciato la settimana scorsa, rinviando l’update a fine febbraio. Una notizia davvero inaspettata non solo alla luce delle molteplici conferme che erano circolate nell’ultimo periodo, ma anche perché una build sostanzialmente definitiva di Windows 10 Mobile è ormai da tempo disponibile per tutti gli utenti Insider Preview in possesso di uno smartphone compatibile. In ogni caso, ricordiamo che Microsoft non ha mai comunicato una data di rilascio ufficiale, ma solo la precisazione che il (sospirato) roll-out verrà eseguito in tre distinte tranche, interessando all’inizio uno spettro di telefoni ben ristretto (fra cui sicuramente i Microsoft Lumia 640 e 640 XL, e il Nokia Lumia 830). Non ci resta che attendere ancora un po’... n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE MOBILE Secondo gli ultimi rumors, il nuovo Lumia 650 sarà presentato agli inizi di Febbraio Lumia 650 arriva il 1 febbraio. Sarà l’ultimo? Prezzo intorno ai 150 euro, potrebbe trattarsi dell’ultimo dispositivo con il brand Lumia S di Roberto PEZZALI econdo alcune indiscrezioni, il prossimo dispositivo Microsoft Lumia 650 sarà presentato il prossimo 1 febbraio con un comunicato stampa all’interno del blog ufficiale dell’azienda, e andrà probabilmente a sostituire il Lumia 640 come dispositivo di fascia media. Nessun evento ad hoc, nessuna particolare enfasi su questa nuova uscita che però potrebbe segnare un cambio di rotta nella strategia mobile di Microsoft. Non si hanno ancora conferme ufficiali circa le caratteristiche tecniche del nuovo dispositivo che però dovrebbe distinguersi dagli altri modelli della famiglia Lumia per la scocca in metallo, il sistema operativo sarà ovviamente Windows 10 Mobile mentre per quanto riguarda la parte hardware dovremmo Presto su iPhone La tastiera Word Flow La tastiera predittiva Word Flow è uno degli elementi che caratterizzano Windows Mobile e finora è rimasta un’esclusiva degli utenti Windows Phone. Ma la situazione potrebbe presto cambiare con l’arrivo di Word Flow anche su piattaforma iOS e Android, stando ad una mail inviata ad alcuni iscritti del programma Windows Insider dove Microsoft invita i possessori di un iPhone 5, o superiore, a provare la nuova tastiera. Word Flow si distingue per accuratezza nel suggerire le parole o correggere gli errori di ortografia, funziona a trascinamento e riconosce anche molti nomi propri, luoghi e altre parole che iniziano con la lettera maiuscola. Per il momento non si conosce ancora la data di arrivo della tastiera di Microsoft nei vari app store digitali ma sembra proprio che arriverà a breve. torna al sommario Risolto il “pengate” di Galaxy Note 5 Vittoria per i distratti Samsung ha modificato l’alloggiamento della S-Pen del Note 5 per rendere sicura l’espulsione del pennino anche se inserito al contrario trovare processore Snapdragon 212 da 1,3 GHz, GPU Adreno 304, schermo da 5” con risoluzione 720p, 1 GB di RAM, fotocamera posteriore da 8 MP con Flash Led e anteriore da 5MP, modem X5 LTE, supporto dual SIM e HD Voice. Da diverse parti si vocifera che questo possa essere l’ultimo e unico dispositivo Lumia presentato da Microsoft per quest’anno per permettere all’azienda di concentrarsi sullo sviluppo di Surface Phone che dovrebbe essere pronto entro la fine del 2016. Per quanto riguarda invece Il Lumia 650 non si conosce data di commercializzazione e prezzo tuttavia è lecito aspettarsi un posizionamento simile a quello del Lumia 550 quindi intorno ai 150 Euro. MOBILE Il codice di iOS9 rivela l’interesse di Apple per il Li-Fi iPhone 7 (o 8) supporterà il Li-Fi? È 100 volte più veloce del Wi-Fi di Dario RONZONI T alvolta gli indizi bisogna andare a scovarli in profondità, magari tra le fitte stringhe di un codice. È quanto successo al jailbreaker Chase Fromm, che spulciando il codice di iOS 9.1 ha scoperto un dettaglio, subito twittato e ripreso da Appleinsider, riguardante una futura compatibilità dei device mobili Apple con la tecnologia Li-Fi. Per chi non lo sapesse, la connettività Li-Fi sfrutta la luce per il trasferimento dati. Fino a 100 volte più veloce del Wi-Fi, necessità tuttavia di un continuo contatto visivo tra la fonte luminosa e il dispositivo. Per questo motivo, non può essere considerata al momento una tecnologia sostitutiva del più lento Wi-Fi, semmai un’integrazione in vista di sviluppi futuri. La necessità di un contatto visivo, e quindi di una vicinanza tra device, potrebbe però rappresentare anche un vantaggio in termini di sicurezza, oltre che una possibile alternativa al Bluetooth. Sebbene si parli già di un’implementazione su iPhone 7, ben difficilmente vedremo il Li-Fi integrato sugli smartphone Apple della prossima generazione. La tecnologia è ancora acerba, ma quella singola menzione nel codice di iOS rende già palese la direzione intrapresa dagli ingegneri di Cupertino. Non ci resta che attendere. di Roberto PEZZALI Il Galaxy Note 5, lanciato ad agosto da Samsung e commercializzato sui soli mercati nordamericano ed asiatico, è ricordato anche per un piccolo ma fastidioso problema riscontrato con l’alloggiamento del pennino, ribattezzato PenGate. Se sbadatamente si inserisce al contrario, con la punta rivolta verso l’esterno, la S-Pen può incastrarsi nel meccanismo di blocco e al successivo utilizzo causare la rottura del congegno invalidando anche il funzionamento del sensore con cui la penna interagisce. La risposta della società coreana fu quella di invitare semplicemente gli utenti a leggere il manuale d’istruzioni oltre all’aggiunta di informazioni all’interno della confezione di vendita. A quanto pare, in base ad alcuni scatti spuntati in rete sul sito Phandroid, Samsung ha risolto la svista attraverso una modifica alla scocca interna che permette la fuoriuscita del pennino anche in caso di inserimento sbagliato. Samsung ha effettivamente confermato la piccola correzione hardware quale soluzione definitiva al problema consigliando di fare comunque fede al manuale per un corretto utilizzo dell’S-Pen. Nessuna informazione però sarà fornita ai consumatori circa i modelli con modifica, sarà dunque praticamente impossibile distinguerli. Television Philips Android TV™ Gli unici al mondo con Ambilight Android, Google Play e gli altri loghi sono marchi di fabbrica di Google Inc. Il robot Android è riprodotto o modificato dal lavoro creato e condiviso da Google ed è usato in base ai termini descritti in Creative Commons 3.0 Attribution License. Scopri tutti i vantaggi di Philips Android Tv™ Ultra Hd, gli unici Tv al mondo che abbinano alla magia di Ambilight il potere ed i molteplici contenuti di Google Play™. Immagini 4 volte più definite ed interazione smart al massimo: la televisione va al di là dell’ordinario. Experience at www.philips.it/tv - /PhilipsTVItalia n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE PC Un nuovo display AOC curvo per videogiocatori: risoluzione Wide Full HD (2560 x 1080 pixel) Da AOC il monitor “ultra curvo” per gamer Altre caratteristiche: refresh rate a 160 Hz, supporto FreeSync e contrasto dichiarato di 2.000:1 di Francesco FIORILLO A OC, azienda specializzata nella produzione dei display per PC, ha divulgato tutte le specifiche, compreso prezzo di vendita e data d’uscita nel nostro Paese, del suo nuovo monitor da 35 pollici dedicato al gaming. L’AOC C3583FQ, grazie a un raggio di 2.000 mm, non solo sarà uno dei pannelli maggiormente curvi presenti sul mercato, ma potrà fare affidamento su tutta una serie di caratteristiche che lo renderanno un ottimo acquisto per tutti i giocatori poco inclini al 4K. Un refresh rate estremamente veloce, parliamo di 160 Hz, unito alla tecnologia Adaptive-Sync (compatibile con FreeSync) e alla risoluzione Wide Full HD (2.560 x 1.080), sono pensati per garantire un’esperienza di gioco fluida e sprovvista del fastidioso effetto tearing (le situazioni in cui l’immagine appare divisa in 2 o più parti per colpa del refresh rate). AOC assicura poi che l’Adaptive-Sync eliminerà anche qualsivoglia rallentamento legato allo stuttering, mentre un input lag di 4ms garantirà una risposta adeguata in ogni circostanza. Il nuovo display offre un Microsoft cambia la policy sul supporto hardware: i futuri processori Intel, AMD o Qualcomm supporteranno solo Windows 10 Vale anche per Skylake ma è pronta una lista di “eccezioni” pannello MVA da 35 pollici con angolo di visuale di 178° e capace di un contrasto (dichiarato) di 2.000:1; inoltre, attivando la modalità Game, il monitor modificherà in automatico brillantezza e contrasto al fine di ottimizzare l’esperienza. L’AOC C3583FQ potrà contare su due porte HDMI (MHL), una DVI, un ingresso VGA, l’immancabile uscita audio e su due entrate DisplayPort, rispondendo così agli standard di connettività odierni. Il monitor sarà disponibile a partire da febbraio 2016, a un prezzo al pubblico di 799 €. di Pierfrancesco PETRUZZELLI GADGET Il dispositivo sta nel palmo di una mano e si collega allo smartphone tramite micro USB II laser NutriRay 3D scansiona il cibo e mette a dieta Lo scanner sfrutta i raggi laser per mappare in 3D il cibo e misurare le calorie e altri valori L di Gaetano MERO o sappiamo da tempo, una corretta alimentazione è il primo fondamentale passo per il benessere fisico, tuttavia le esigenze nutrizionali cambiano, a volte anche radicalmente, da individuo ad individuo. L’elemento comune ad ogni regime alimentare risiede nella misurazione dei valori nutrizionali dei cibi assunti al fine di assicurare un corretto apporto calorico al proprio fabbisogno quotidiano. Negli anni sono apparse diverse applica- torna al sommario zioni per smartphone in grado di aiutarci nell’individuazione del valore nutritivo dei cibi attraverso, ad esempio, la lettura del codice a barre o con la ricerca e l’inserimento manuale dell’alimento, sistemi dunque poco intuitivi e macchinosi. Due ricercatori dell’Università di Washington intendono semplificarci la vita, e migliorala, grazie a NutriRay 3D, uno scanner laser dalle dimensioni ridotte che analizzerà il nostro pasto e determinerà in tempo reale e con precisione le calorie e gli altri valori del cibo che stiamo per ingerire. Il progetto era inizialmente rivolto a nutrizionisti ed esperti del settore alimentare, ora, invece, NutriRay 3D è alla ricerca di fondi attraverso il metodo collaudato del crowdfunding e sarà disponibile da settembre, se l’obiettivo del finanziamento sarà rag- Microsoft supporta le nuove CPU solo su Windows 10 giunto, per tutti i dispositivi Android, iOs e Windows Phone. Lo scanner si collega allo smartphone attraverso la porta micro USB o Lightning, che funge anche da alimentazione, e attraverso i laser genererà una mappa 3D del cibo calcolandone volume e consistenza. Al laser il dispositivo combina le immagini della fotocamera per riconoscere il tipo di alimento e tramite un’app dedicata analizzerà le informazioni restituendo i valori nutrizionali che saranno di volta in volta memorizzati sul telefono. I prototipi già funzionanti sono riusciti ad operare con oltre 9.000 tipi di prodotti diversi fornendo risultati con un livello di precisione tra l’87,5% e il 91%. Il team di sviluppo è attualmente al lavoro sull’ottimizzazione del software applicativo e sull’adattabilità del dispositivo ad un numero sempre maggiore di telefoni. Ci si può assicurare un NutriRay 3D a partire da 199 dollari. Microsoft ha annunciato un cambiamento della sua politica di supporto per i processori di prossima generazione, (Intel Kaby Lake, il Qualcomm 8996 e i chip AMD Bristol Ridge) che richiederanno di fatto l’ultima piattaforma Windows disponibile al momento dell’uscita. Nel caso delle CPU di prossima generazione si tratterà ovviamente di Windows 10. Windows 7 e 8.1 comunque saranno regolarmente supportati fino al 14 gennaio 2020 e al 10 gennaio 2023 per quanto riguarda le piattaforme precedenti (non “pensate” per Windows 10, in pratica), mentre per venire incontro alla fascia business, Microsoft rilascerà a breve un elenco con i modelli basati su Skylake ancora in grado di eseguire perfettamente una versione antecedente a Windows 10. Tuttavia Microsoft avverte che a partire dal 17 luglio 2017 smetterà in ogni caso di fornire aggiornamenti specifici e si potrà incorrere in problemi di prestazioni, consumi e di instabilità: in pratica, le aziende hanno fino a metà 2017 per aggiornare i PC al nuovo sistema operativo. Questa nuova politica contribuirà sicuramente a creare un integrazione più profonda tra sistema Windows e hardware ma l’obiettivo non dichiarato di Microsoft è sicuramente quello di spingere le grandi aziende ad aggiornare i loro sistemi con il fine ultimo di ottenere il maggiore supporto possibile. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE GADGET I droni sono divertenti ma hanno un lato oscuro: possono essere impiegati per violare la privacy o commettere reati Tutti i modi (anche bizzarri) per difendersi dai droni Vediamo come i privati, le aziende e le istituzioni possono difendersi dai droni oggi e come potranno farlo in futuro di Alvise SALICE eno affascinanti di un agente segreto, ma anche più silenziosi, instancabili e incorruttibili. Saliti alla ribalta negli ultimi anni come arma tattica militare, i droni trovano oggi applicazione anche in campo civile: dall’aerofotogrammetria ludica e professionale fino all’agricoltura e alla vigilanza di sicurezza. Il mercato degli UAV (Unmanned Aerial Vehicle) cresce ormai vertiginosamente, con nuovi modelli presentati ad ogni pie’ sospinto e via via sempre più accessibili: un esempio l’ultimo Bepop 2 della Parrot, che costa quanto uno smartphone e si controlla mediante app. Naturalmente, esiste anche l’altro lato della medaglia. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, diceva qualcuno che non sarebbe proprio impazzito d’amore per questi gioiellini volanti. I droni hanno infatti dischiuso le porte dei cieli alla fantasia di diverse tipologie d’utenza, attirando pure le inevitabili attenzioni del sottobosco criminale hi-tech. Sono così nate modalità inedite non solo di terrorismo, ma anche di spionaggio (militare, industriale, privato), violazione della privacy, contrabbando e altre forme d’illecito: caso eclatante quello del drone atterrato sull’ufficio del Premier giapponese, teleguidato probabilmente dagli attivisti anti-nucleari di Tokyo. Non a caso, in moltissime nazioni sono da tempo in vigore apposite normative disciplinanti l’impiego di UAV (in Italia, è notizia recente l’inasprimento del Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, ad opera dell’ENAC, che ha inasprito le sanzioni e introdotto - tra l’altro l’obbligo dei paraeliche per i droni al di sotto dei 300 grammi). Ma accanto alle contromisure normative non mancano quelle tecnologiche. M Il detector casalingo che tutela la privacy Partiamo con un oggettino alla portata di tutti e non solo delle star che vogliono proteggersi dai robo-paparazzi volanti. Al prezzo di poche centinaia di euro, si possono ordinare equipaggiamenti casalinghi tipo il Personal Drone Detection System della DDC (Domestic Drone Countermeasures). Costituiti da un controller centrale più un paio di scanner che vengono collocati in zone-cardine dell’abitazione, queste unità risultano tanto semplici da installare quanto efficaci nel triangolare lo spazio aereo di riferimento, rilevando i velivoli di passaggio e segnalandoli su apposito monitor collegato via HDMI. Non hanno capacità di disturbo ma quanto meno segnalano la presenza degli ospiti indesiderati, anche i più silenziosi. te impiegato nella difesa anti-radar di edifici militari ad alto rischio d’incursione segreta, questo modulo multifrequenza è da anni facilmente reperibile sul mercato mainstream, in forma di trasmittente portatile o di accattivante fucile. Il drone che cattura il drone Per chi vuole esagerare Sulla falsariga degli apparecchi volanti anti-drone già impiegati dalla polizia di Tokyo, un’equipe di studenti della Michigan Tech University, guidata dal professore associato dr. Rastgaar, ha presentato un prototipo di Octocottero radiocomandato in grado di individuare e disinnescare la minaccia dei droni che si siano introdotti nel proprio spazio aereo. Ribattezzando questa caccia all’intruso come “falconeria robotica”, Rastgaar e i suoi collaboratori hanno mostrato come l’Octocottero possa catturare qualunque drone nel raggio di oltre 12 metri lanciandogli una rete che lo intrappola, facendolo precipitare al suolo. Il video è eloquente (e anche divertente). Ecco come si difendono gli stadi e i penitenziari Per completezza passiamo in rassegna anche le soluzioni di tipo industriale/militare. Con l’avvento della robo-criminalità volante (specie negli Stati Uniti e in Il drone che catturagli altri droni Manovre di disturbo con un jammer La soluzione più diffusa tra le tecnologie anti-drone è senz’altro il jammer, che tra l’altro può avere applicazione anche consumer come strumento di protezione della privacy. Una volta attivato, questo dispositivo anti-UAV emette migliaia di onde-radio che disturbano le comunicazioni fra drone e controller. Originariamen- torna al sommario segue a pagina 25 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE GADGET Avanzati algoritmi consentono ai droni di volare da soli in ambienti ricchi di ostacoli Il drone del MIT schiva gli ostacoli da solo Possibili applicazioni nelle missioni di ricerca e soccorso in ambienti e situazioni difficoltose F di Emanuele VILLA ar svolazzare i droni senza che urtino contro ciò che gli si para davanti è tutt’altro che un’impresa semplice. La localizzazione degli ostacoli e la pianificazione di volo sono due delle sfide più difficili che oggi l’informatica si trova ad affrontare, perché l’elaborazione deve essere in tempo reale per tenere conto di fenomeni con prevedibili come il vento e le condizioni atmosferiche avverse. In un paio di progetti, i ricercatori dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT) hanno mostrato un software che permette ai droni di arrestare la propria corsa in pochissimo spazio e di effettuare manovre sopra, sotto e intorno a 26 distinti ostacoli in una foresta simulata. Il video mostra un piccolo drone che disegna traiettorie circolari ed a forma di 8 in un percorso a ostacoli, costituiti da cavi e tubi in PVC. La cosa sorprendente è che il drone riesce a raggiungere una velocità di un metro al secondo in Il volo del drone del MIT uno spazio di poco inferiore al metro quadrato senza impattare rovinosamente su ciò che dovrebbe rappresentare i tronchi ed i rami degli alberi. Gli algoritmi utilizzati per questo progetto si basano su quelli impiegati dal robot umanoide Atlas per pianificare i passi da seguire in occasione della DARPA Robotics Challenge dell’anno scorso. Tuttavia, il drone anziché programmare il proprio tracciato sugli ostacoli incontrati, lo fa mappando gli spazi liberi (un approccio molto più adatto a questo tipo di veicoli). Per determinare correttamente la posizione del drone è stato utilizzato un sensore ottico di rilevamento del movimento (fuori bordo) e un’unità di misurazione inerziale a bordo. Questo sistema, seppure ingegnoso, non è stato ancora ottimizzato per la pianificazione di volo in tempo reale ed impiega fino a 10 minuti per creare un ventaglio di possibili percorsi. Il secondo progetto, invece, mostra un aeroplanino ad ala fissa che riesce a evitare gli ostacoli senza alcuna notizia pregressa dello spazio in cui si trova a districarsi, anche in presenza di vento ed altre dinamiche particolari. L’approccio in questo caso è totalmente diverso: il veicolo è dotato di un archivio di possibili manovre, calcolate attraverso un algoritmo di verifica rigoroso, che rappresentano lo scenario peggiore per il sistema. In volo, il drone scansiona continuamente il proprio archivio alla ricerca di quelle manovre che, eseguite in successione, gli consentano di evitare gli ostacoli incontrati. La pianificazione del volo, in questo caso, avviene in tempo reale, ma l’aspetto ancora più interessante è un altro. A differenza di quanto farebbe un pilota esperto, questo sistema è in grado di scegliere la manovra più sicura tra due possibili alternative, anche se potrebbe apparire più rischiosa. Il mondo dei droni sta compiendo dei passi da gigante. A beneficiarne saremo tutti noi, perché questi sistemi potranno essere utilizzati per esplorare cave o caverne oppure, ancora, per raggiungere posti difficilmente accessibili a seguito di eventi catastrofici. Il futuro della ricerca e delle missioni di soccorso oggi appare più radioso, perché potrà raggiungere un nuovo livello di efficacia e sicurezza. GADGET Adidas lancia le scarpe “avvolgenti” Adidas torna a far parlare di sé per le scarpe da calcio hi-tech: le Ace 16+ Pure Control sono le prima scarpe da calcio Adidas che calzano in maniera totalmente avvolgente senza necessità di lacci, grazie a uno speciale tipo di poliuretano impiegato nella realizzazione di cover per smartphone. Il poliuretano termoplastico, conosciuto come TPU, è un materiale ormai caro alla nuova generazione di scarpe da corsa, dove viene usato normalmente per la suola, essendo in grado di assicurare grandissime doti di resistenza pur essendo molto elastico. In questo caso Adidas l’ha usato per la tomaia della scarpa, andando poi a completare con un tessuto proprietario denominato PrimeKnit, che favorisce l’ingresso della pianta del piede senza l’impiego di cuciture. Le Ace 16+ arriveranno nei negozi ufficiali Adidas di Parigi, Marsilia, Londra, Barcellona, Manchester e in altri non specificati “rivenditori selezionati”. TEST Tutti i modi per difendersi dai droni Ma lo scudo è un po’ meno invasivo Al recente London Defence and Security Equipment International Exhibition, la Selex ES ha tolto i veli dal triennale progetto Falcon Shield. Facendo ampio uso di radar, videocamere e sensori elettronici a profusione, il nuovo scudo è in grado di tenere sotto controllo l’intero spettro elettromagnetico, monitorando qualunque scambio-dati intercorra fra il drone e il suo pilota a distanza, onde tracciarne il percorso ed identificarne in anticipo gli eventuali bersagli. segue Da pagina 24 Giappone), molte aziende non hanno tardato ad investire nel neonato business della sicurezza hi-tech a prova di drone. La Drone Shield ha sviluppato una piattaforma di monitoraggio basata su percettori acustici ad altissima sensibilità, che si attivano all’avvicinarsi di un drone, avvertendo il personale di sorveglianza. Già di largo impiego nei penitenziari americani, negli stadi e negli uffici governativi, questi speciali sensori sono stati recentemente utilizzati per vigilare sulla Maratona di Boston. Per mali estremi c’è la cannonata Costerà almeno un milione di Euro a pezzo. Ma quando sarà pronto, c’è da scommettere che ogni Ministero della Difesa si metterà in fila per averlo, onde non re- torna al sommario stare indietro nella lotta al terrorismo. L’ultima frontiera della controffensiva tecnologica militare è un cannone radio a quadrupla frequenza in sviluppo presso 3 aziende britanniche (Chess Dynamics, Blighter ed Enterprise Control System), che può intercettare qualunque Aeromobile a Controllo Remoto si muova nel raggio di ben 8 km, e rilasciare un’ondata di interferenze che ne disattiva il funzionamento. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE GADGET Arriva in America un dispositivo dedicato agli amanti delle due ruote: BP100 di WI-MM Il portaborraccia che rende smart la bici Monitora in tempo reale le prestazioni durante la corsa e invia i dati sul cloud autonomamente di Gaetano MERO I gadget hi-tech rivolti al mondo dello sport stanno letteralmente invadendo il mercato, tra dispositivi superflui e poco pratici e strumenti, al contrario, molto validi e precisi. In ogni caso bisogna riconoscere loro il merito di far avvicinare sempre più persone a uno stile di vita sano grazie anche a funzioni di monitoraggio che accompagnano l’utente passo dopo passo nel raggiungimento degli obiettivi. Arriva sul mercato statunitense il primo portaborraccia smart per tutti gli amanti del ciclismo. Il BP100 prodotto dalla neonata WI-MM è un dispositivo capace di rilevare in tempo reale le prestazioni durante la pedalata tra cui velocità di marcia, calorie bruciate e distanza percorsa, e di trasferirle in maniera autonoma, senza l’ausilio di uno smartphone collegato, ad un cloud accessibile da qualsiasi PC. Tutto ciò è reso possibile da un modem integrato nel device che sfrutta la connessione dell’operatore americano Verizon, partner del progetto. Il BP100 è dotato inoltre di GPS che oltre a mappare il nostro percorso ha anche il compito di aiutarci in caso di incidenti inviando automaticamente la nostra posizione, se i sensori rilevano movimenti bruschi, ad alcuni contatti da noi precaricati e di farci ritrovare il nostro mezzo se qualcuno ce lo ruba. Il BP100 è costruito con materiali impermeabili, va alloggiato direttamente sul telaio al posto del classico portaborraccia ed è compatibile con la maggior parte delle bici in commercio. Tra le altre funzioni dispone di un cicalino antifurto che può essere attivato manualmente quando abbiamo necessità di lasciare per qualche tempo la bici incustodita e si attiva se la stessa viene mossa in nostra assenza. È dotato in ogni caso di bluetooth che rende semplice la comunicazione con il nostro smartphone tramite un’app dedicata. La batteria del BP100 ha una durata di circa 10 ore durante le sessioni di allenamento, grazie al sensore di movimento il dispositivo si spegne automaticamente quando ci si ferma. BP100 è in vendita sul sito del costruttore, disponibile in colore nero o grigio, ad un prezzo di 199$. Ci sono però da aggiungere ulteriori 4$ al mese per il servizio mobile di Verizon senza dimenticare il telaio per borraccia non incluso. Debutta a febbraio la nuova top di gamma della serie X Spiccano il nuovo sensore, sensibilità ISO notevole e il mirino ibrido elettronico-ottico migliorato N torna al sommario Debutta la nuova Leica dedicata all’avventura e al tempo libero Grande attenzione per i materiali, prestazioni top e prezzo in linea coi prodotti del marchio tedesco di Dario RONZONI FOTOGRAFIA La Fujifilm X-Pro2 sarà in vendita da febbraio al prezzo indicativo di 1829,99 euro di Dario RONZONI e avevamo già parlato quando erano uscite di soppiatto le prime immagini della nuova mirrorless giapponese, erede della fortunata XPro1. Ora Fujifilm annuncia l’imminente lancio della X-Pro2, il top di gamma della serie X, dedicata nello specifico a professionisti e fotoamatori avanzati. La X-Pro2 si propone come massima evoluzione del concetto mirrorless secondo Fujifilm, forte di una filosofia realizzata che negli ultimi anni ha portato il marchio giapponese ai vertici del mercato delle “senza specchio”. All’interno di un corpo in lega di magnesio tropicalizzato, pulsano un sensore X-Trans CMOS III da 24,3 Megapixel e un processore di immagine X-Processor Pro. Il sistema di autofocus può contare su Leica X-U Prima extralusso da maltrattare 77 punti e la gamma ISO si spinge fino al ragguardevole valore di 12.800. Riproposto e migliorato il mirino Multi Hybrid, ovvero un mirino in grado di combinare modalità elettronica e ottica. Dotato della funzione Multi-Magnification, passa automaticamente all’ingrandimento ottimale a seconda dell’obiettivo in uso. Può inoltre essere utilizzato il telemetro elettronico che mostra un piccolo mirino elettronico sopra quello ottico, per controllare in tempo reale la messa a fuoco, la parallasse, l’esposizione e il bilanciamento del bianco. Sul versante video, niente 4K, ma solo un classico 1080p, a dimostrazione di un’anima spiccatamente fotografica. La versatilità della X-Pro2 è poi garantita da un parco ottiche Fujinon che può contare su ben 21 obiettivi, da un ultra wide a un super tele, oltre a cinque luminose lenti prime. La Fujifilm X-Pro2 sarà in vendita da febbraio al prezzo indicativo di 1829,99 euro. Leica lancia sul mercato la nuova X-U, la risposta del marchio tedesco al segmento delle fotocamere rugged, destinate a un uso intensivo, in condizioni estreme. Non siamo di fronte a una “semplice” compatta waterproof, ma a una fotocamera tecnologicamente allo stato dell’arte, realizzata con materiali di prim’ordine e, di conseguenza, dal prezzodecisamentepocopopolare. Tecnicamente, si notano le parentele con la sorella più educata, la Leica X: dalla compatta premium la X-U mutua il sensore, un CMOS APS-C da 16,2 Megapixel, e l’obiettivo, il luminosissimo Summilux 23mm f/1.7 ASPH, equivalente a un 35mm su full frame. Il comparto video, come per la X, prevede filmati in Full HD. La qualità sta nei dettagli e nella cura certosina per assemblaggio, design minimalista (opera di Audi Design) e scelta dei materiali: il corpo, resistente all’acqua fino a 15 metri, è in alluminio rivestito in TPE ad alta presa. Le ghiere di comando sono in alluminio anodizzato e il flash integrato è in asse con l’obiettivo. La finitura antisdrucciolo, una copertura temprata per il monitor e un doppio sistema di bloccaggio del vano batteria e dello slot SD sono tutti elementi introdotti per carrozzare al meglio una macchina destinata a resistere alle condizioni più avverse. Prezzo al pubblico: 3.300 euro. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE APP WORLD Il servizio sarà totalmente gratis per crescere e incrementare il numero di utenti Whatsapp: sparisce il canone di 0.89 cent. Per far rendere l’app ci sarebbero in progetto soluzioni diverse dalla classica pubblicità di Roberto PEZZALI hatsapp diventa gratuito: il fondatore Jan Koum durante la conferenza DLD di Monaco ha annunciato l’abolizione del canone annuale di 0.89 euro richiesto, per tutte le piattaforme, dopo il primo anno di utilizzo. Nonostante si tratti di una cifra tutto sommato irrisoria, soprattutto in rapporto al servizio che la piattaforma offre ogni giorno ai suoi 900 milioni di utilizzatori, Whatsapp crede che il canone sia ormai solo un ostacolo alla futura espansione del servizio. Non tutti hanno una carta di credito, e soprattutto ci sono applicazioni di messaggistica gratuite, come Facebook Messenger, che hanno ormai avvicinato Whatsapp nella classifica delle app di messaggistica più utilizzate, 800 milioni di utenti attivi l’ultimo mese e un trend in crescita (vedi scheda). La scelta di togliere il canone tuttavia W crea un problema non da poco a Whatsapp, che ancora non ha trovato un metodo per monetizzare il servizio: Facebook Messenger ha Facebook che macina soldi, Whatsapp, che appartiene sempre alla galassia Facebook, tolto il canone non ha più alcun introito. Ecco perché l’azienda sta studiando soluzioni diverse dalla classica pubblicità, che sarebbe malvista da molti utenti: in progetto ci sono molte idee, come ad esempio la possibilità di utilizzare Whatsapp anche come piattaforma business. Si può pensare, ad esempio, a call center che rispondono tramite Whatsapp ai problemi degli utenti o a notifiche per servizi e pagamenti che, al posto di arrivare tramite SMS tradizionale, arrivano senza costi tramite l’app di messaggistica. Le possibilità in fase di studio sono tante, ma lo stesso Jan Koum, nel corso della conferenza, ha ammesso che attualmente non è ancora stata scritta una sola riga di codice per esplorare queste nuove opzioni. Nessuna novità neppure sul fronte delle videochiamate: potrebbero arrivare tra qualche mese così come potrebbero non arrivare mai. AUTOMOTIVE Tesla ha realizzato una versione di interni tutta vegana per il nuovo SUV model X Tesla presenta Model X, l’auto perfetta per i vegani Tesla si è meritata il plauso di PETA, organizzazione no profit che sostiene i diritti degli animali N di Emanuele GHELFI on sarà magari un problema cui tutti rivolgono un pensiero quotidianamente, ma in effetti per chi ha fatto la scelta vegan l’acquisto di una automobile di fascia alta può risultare “complicato”: nel caso di vetture di fascia premium l’opzione di scelta per gli interni è la pelle naturale per la maggior parte dei produttori. Proprio per questo PETA si è complimentata con Tesla, il noto produttore di auto elettriche, per la proposta a catalogo di interni vegan-friendly per il suo nuovo modello, il SUV Model X. Il noto gruppo per i diritti degli animali (People for the Ethical Treatment of Animals), che è tra le altre cose azionista di Tesla stessa, aveva fatto pressioni per l’utilizzo di materiali non di origine animale già lo scorso torna al sommario anno stimolando Elon Musk, CEO della società californiana, circa la possibilità di utilizzare pelle sintetica per gli interni delle proprie auto elettriche e da allora PETA stessa ha lavorato con Tesla su questo progetto. Tuttavia, questa non è la prima automobile vegan-friendly di Tesla. L’azienda ha sempre offerto interni in tessuto per i clienti che non desiderassero utilizzare pelle, sotto forma di posti a sedere stoffa sintetica, inserti in ecopelle e un volante non in pelle ma l’organizzazione no profit ha voluto celebrare in questo caso la realizzazione della più eccellente opzione di finta pelle. PETA fa notare anche che - così come le preoccupazioni etiche sulle uccisioni di animali - lo stesso processo produttivo della pelle utilizza una significativa quantità di risorse naturali - con quasi 60.000 litri di acqua per tonnellata di pelle - e svariati prodotti chimici tossici. Per questo motivo, si potrebbe soddisfare appieno l’immagine eco-friendly delle auto elettriche passando ad interni in pelle sintetica. In un rapporto del New York Times un portavoce di Tesla ha dichiarato che i clienti apprezzano entrambe le opzioni - in vera pelle e in pelle sintetica - e che l’impegno di Tesla sarà sempre rivolto a dare ai clienti la possibilità di acquistare l’automobile che risponda al meglio alle loro esigenze e al loro stile di vita. Vegani compresi. Minecraft insegnerà scienze, arte e musica ai nostri figli Gli insegnanti potranno dare vita a una visita interattiva delle Grandi Piramidi di Giza o dedicarsi alla Pixel Art e alla distruzione dei rifugi antiaerei nella Seconda Guerra Mondiale. Tutto con i blocchi di Mojang di Francesco FIORILLO Giusto qualche mese fa l’AD di Microsoft, Satya Nadella, dichiarò che il fenomeno Minecraft avrebbe potuto e dovuto aiutare gli studenti nell’apprendimento dei principi di programmazione e non solo. Molti passi sono stati fatti e Microsoft, insieme a Mojang, ha presentato Minecraft: Education Edition: una nuova versione del famoso gioco pensata per le scuole di tutto il mondo. Gli sviluppatori hanno ampliato il programma MinecraftEdu, rendendolo più completo. Gli insegnanti potranno così utilizzare il gioco per qualsiasi materia, per poi salvare i mondi creati e condividerli all’occorrenza. Il nuovo software, inizialmente previsto anche in versione gratuita per 12 mesi, includerà funzionalità non presenti nella versione attualmente in commercio di Minecraft, come l’implementazione di un secondo schermo per gli insegnanti o la presenza di mappe con sistema di coordinate. Sarà possibile comporre musica, risolvere problemi di logica o ammirare il Tempio di Artemide. Gli insegnanti potranno dare vita ad una visita interattiva delle Grandi Piramidi di Giza, o dedicarsi alla Pixel Art e alla visione dei rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale. Microsoft ha intenzione di proporre Minecraft: Education Edition a scuole, biblioteche e musei, mentre il sito ufficiale offre già qualche aiuto ai docenti interessati a questo metodo di insegnamento videoludico. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE AUTOMOTIVE Nel 2015 le vendite di auto elettriche e ibride plug-in hanno avuto un forte incremento Chi vende più auto elettriche nel mondo? La risposta non è così scontata, non è né Tesla e nemmeno Nissan come si potrebbe pensare di Massimiliano ZOCCHI ebbene il numero di unità vendute sia ancora marginale per un mercato enorme come quello automotive, le auto “con la spina” stanno diventando sempre più diffuse. I pionieri si buttano già oggi sul 100% elettrico, mentre altri preferiscono la strada sicura dell’ibrido, che in versione plugin permette di ricaricare le batterie da una presa di corrente e percorrere alcune decine di Km in modalità solo elettrica. Per alcuni costruttori i numeri iniziano ad essere interessanti. Tesla Motors proprio sul filo di lana del 2015 S ha annunciato di aver raggiunto i traguardi prefissati, superandoli leggermente, con 50.557 veicoli consegnati tra Model S e la nuova Model X. In casa Nissan come sempre le cose procedono bene, e la Leaf mantiene la palma d’oro di auto elettrica più venduta al mondo con oltre 200.000 unità. Nel solo 2015 le vendite combinate della Leaf, e del van elettrico e-NV200 hanno sfiorato anche in questo caso quota 50.000. Dietro i leader del mercato ci sono altre case che da meno tempo si stanno impegnando ma che possono portare risultati interessanti. BMW con la ibrida supersport i8 e le due versioni dell’elettrica i3 pare abbia raggiunto 30.000 vendite in tutto lo scorso anno. Appena sotto Ford, che ha buoni risultati negli Stati Uniti con Focus Electric, oltre alle ibride Fusion e C-Max, ma quasi latita in Europa. Risultato: solo 20.000 vetture in mano ai clienti. Infine General Motors, che con il marchio Chevrolet sarà uno dei protagonisti dei prossimi anni grazie alla attesissima Bolt, ma che per ora si deve accontentare delle 20.000 unità vendute tra Volt e Spark EV. Ma il record di vendite per il 2015 se l’è assicurato BYD, casa cinese che già dal 2008 ha puntato sui torna al sommario Tanto “social” nel prossimo aggiornamento di Xbox One Per tutti gli iscritti al programma Preview l’update arriverà entro la fine di gennaio e porterà con sé diverse migliorie e qualche attesa novità motori elettrici, producendo la prima ibrida plug-in, la F3DM. Da allora non si sono più fermati e hanno realizzato diversi modelli, sia completamente elettrici come la E6, sia ibridi come Qin o il SUV Tang. Considerando che BYD vende quasi esclusivamente sul mercato cinese, con piccole esportazioni in mercati selezionati, i numeri raggiunti fanno impressione: 61.722 veicoli eco-friendly in un solo anno. La politica del governo cinese ha sicuramente influito, incentivando fortemente i veicoli a basse emissioni per contrastare i cronici problemi di inquinamento del paese asiatico, ma BYD ci ha messo del suo realizzando auto dal buon design e discrete dotazioni. E il business di BYD non è solo consumer, produce anche bus elettrici per il trasporto pubblico, con ben 549 kWh di batterie. A quando lo sbarco in Europa? GADGET Numerose le funzioni per la pesca e la navigazione Garmin lancia sul mercato Quatix 3 Lo smartwatch per i lupi di mare S di Dario RONZONI i chiama Quatix 3 il nuovo smartwatch di Garmin, pensato espressamente per l’attività in mare. Derivato dal “terrestre” Fenix 3, il nuovo wearable del marchio svizzero affianca al GPS integrato numerose funzioni dedicate alla pesca e alla navigazione a motore e a vela. Lo schermo da 1,2” in vetro zaffiro antiriflesso e un design moderno fanno da cornice a uno smartwatch dalla dotazione completa: funzione LiveTrack, visualizzazione delle Smart Notification del proprio smartphone e compatibilità con Connect IQ consentono di personalizzare i quadranti dell’orologio, i campi dati, i widget e le attività. Collegato via wireless alla rete NMEA 2000 dell’imbarcazione, consente all’utente di tenere sotto controllo direttamente dal polso numerosi sensori di bordo, dalla velocità alla profondità, fino alla temperatura e al vento. Inoltre, Quatix 3 può controllare l’action-cam Garmin VIRB e il sistema multimediale di bordo FUSION. Sul versante sicurezza, in caso di incidente la funzione Man Overboard (MOB) permette di creare un waypoint sul chartplotter Garmin e facilitare le operazioni di recupero. Disponibili anche funzioni specifiche per la pesca (timer per le competizioni e sistema di registro delle catture) e la vela. Il Quatix 3 è resistente all’acqua fino a 100 metri e dispone di un’autonomia fino a 6 settimane in modalità orologio, 50 ore in modalità UltraTrac e 16 ore in modalità GPS acceso. Lo smartwatch di Garmin sarà in vendita da febbraio al prezzo di 599 euro. di Francesco FIORILLO Saranno i membri iscritti al programma Preview a sperimentare per primi le nuove implementazioni, mentre gli altri dovranno attendere qualche settimana prima di poter aggiornare la console. La nuova versione del software di sistema offrirà la possibilità di vedere i partecipanti ai party chat prima di decidere se prenderne parte, estenderà le classifiche Gamerscore (gli obiettivi sbloccabili) a livello mondiale e semplificherà le operazioni per raggiungere le trasmissioni su Twitch attraverso il Game Hub. La possibilità di riorganizzare le icone nella Home, unita alla tanto attesa opzione finalizzata alla rimozione dei titoli indesiderati presenti nella lista dei giochi da reinstallare, dovrebbe garantire un nuovo livello di personalizzazione. In ambito social, il nuovo update porterà la segnalazione degli aggiornamenti nell’Activity Feed, diversi miglioramenti applicati alla sezione Amici consigliati nell’area Community e introdurrà una serie di modifiche all’Avatar Store. Cercare possibili conoscenti sarà dunque una pratica più snella, grazie all’utilizzo congiunto di gamertag, del vero nome (se condiviso), della Gamerpic e dell’immagine Xbox Avatar, mentre il nuovo negozio pieno di accessori garantirà un look nuovo al nostro io virtuale. Microsoft ha annunciato che quest’ultima implementazione sarà presente anche su PC Windows 10 e su smartphone, tramite app Avatar Store. L’aggiunta dell’opzione Xbox News, utile per tenere sott’occhio tutte le ultime notizie legate al mondo Xbox, e varie modifiche all’app ufficiale Xbox chiudono le novità. Serie S78 / Ultra HD 50” / 58” Immergetevi in una nuova esperienza ! Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz. ww.tcl.eu/it n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Finalmente la migliore tecnologia di TV sul mercato è disponibile anche nel formato “piatto”, per molti ancora il più amato LG 65EF950 in prova: finalmente l’OLED è piatto È la prima occasione per un raffronto tra OLED curvo e piatto e per scoprire se ci sono nuovi sviluppi nella tecnologia OLED di Paolo CENTOFANTI F inalmente piatto! In quale altro modo si può iniziare un articolo sull’attesa gamma EF950 di TV OLED LG? Sembra incredibile, ma una delle funzionalità più attese dagli appassionati per i nuovi OLED di LG con l’elettronica aveva a poco a che fare: l’OLED era nato curvo, ma sono tanti gli utenti a cui questa moda non è mai andata giù, e finalmente anche per loro la tecnologia che si sta imponendo come l’erede di quella al plasma sul fronte della qualità di immagine è disponibile in un formato “tradizionale”. La serie EF950, che ormai appartiene all’anno appena conclusosi, è la prima di TV OLED con schermo piatto, e come abbiamo visto dal recente CES di Las Vegas, si tratta di una gamma che presto andrà ad arricchirsi di nuovi modelli. La curiosità è però tanta perché è l’occasione per capire se ci sono differenze tra curvo e piatto ed eventualmente scoprire quali sono. L’OLED è ancora una tecnologia all’avanguardia in ambito consumer e ogni prodotto porta sempre qualcosa di nuovo da imparare. Con un pannello da 5 mm è facile fare un bel TV Grazie al pannello OLED da soli 5 mm di spessore non è difficile per LG realizzare un bel TV: basta abbinare una base e il gioco è fatto, anche perché la cornice è davvero ridotta all’osso. LG ha curato comunque le finiture in modo particolare, preoccupandosi anche del lato B con un pannello chiaro lavorato con un motivo a scacchi appena pronunciato. Unico appunto, ma è sempre una questione di gusti, la base un po’ pesante: la base a foglia di altri modelli OLED era senza dubbio molto più convincente e più “leggera” alla vista. Come per il modello curvo anche questo modello piatto è completissimo sotto il profilo degli ingressi, tuner doppio sat / DVB-T2 e possibilità di sintonizzare il canale demo HEVC su Eultelsat. In dotazione, come sempre, il bellissimo e pratico telecomando con giroscopio e un kit di occhiali 3D, per ricordarsi che il TV può anche riprodurre contenuti stereoscopici. Funzionalità complete con WebOS Il 65EF950 si differenza dai precedenti modelli usciti nel 2015 esclusivamente sul fronte del design, della base e naturalmente per la mancanza di curvatura dello schermo. Questo vuol dire che la piattaforma hardware video lab LG 65EF950V 5.999,00 € UN OTTIMO TV, MA CHE COSTA ANCORA MOLTO Sul fronte della qualità di immagine siamo già ai vertici del mercato, pur con alcuni margini di miglioramento importanti sul fronte dell’uniformità e della pulizia sulle basse luci. A livello di funzionalità è sicuramente un TV completo, quanto lo era la serie curva EG960 e tutte le altre che si sono avvicendate sul mercato nel 2015 appena conclusosi. Purtroppo rimane molto elevato il prezzo di listino, soprattutto alla luce di ciò che ha annunciato LG al CES 2016: nel giro di 5/6 mesi arriverà sul mercato la nuova generazione di TV OLED, con certificazione Ultra HD Premium, nuovi pannelli e supporto migliorato per i contenuti HDR. Viste le cifre in gioco, aspettare è quasi d’obbligo. 8.4 Qualità 9 Longevità 7 Qualità immagine sbalorditiva COSA CI PIACE È piatto Funzioni complete Design 9 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE e software non presenta alcuna differenza rispetto alla serie EG960 che avevamo testato a settembre. Il TV è dunque sempre basato su WebOS, con la semplice interfaccia animata, colorata e piacevole da utilizzare, e presenta le stesse medesime funzionalità già viste sul 55 pollici Ultra HD curvo (a cui vi rimandiamo per tutti i dettagli). Vale dunque la pena giusto segnalare la presenza di app per i servizi sicuramente più importanti (Netflix, Infinity, Premium Play, YouTube, Chili, Google Play, Wuaki e molti altri), il lettore multimediale integrato con supporto per server DLNA, browser internet, screen mirroring via Miracast, timeshift e registrazione PVR su periferiche USB. Insomma un TV completo sotto ogni punto di vista. D-Factor 9 Prezzo 8 Uniformità su basse luci migliorabile Prezzo ancora molto elevato Modelli più evoluti sono già in arrivo Si vede ancora meglio del curvo Che già si vedeva benissimo Con questo modello non ci troviamo di fronte a un TV con un pannello del tutto nuovo. Certo è piatto, ma la generazione è essenzialmente la medesima dell’ultimo modello curvo da noi testato. Ma comunque, a ogni nuovo OLED di LG che arriva sul mercato, rimane la curiosità per eventuali cambiamenti/miglioramenti sul fronte della già elevata qualità di immagine. Nonostante tutti gli aspetti sbalorditivi della tecnologia OLED di LG, sono essenzialmente due i punti su cui sono focalizzati gli occhi di tutti gli appassionati in questo momento: l’uniformità dell’immagine e la precisione sui livelli di segnali prossimi al nero. Sul primo aspetto, il modello “piatto” introduce un leggero miglioramento: c’è ancora quella leggera vignettatura ai bordi che in alcune situazioni può diventare evidente, ma, curiosamente, si manifesta maggiormente su un solo lato, il che lascia supporre che in qualche modo la curvatura dello schermo va in qualche modo a impattare sull’uniformità. Con un segnale tra l’1 e il 5% di grigio si notano poi alcune bande verticali di differente luminosità, cosa questa che nella visione di normali filmati però non si nota mai. Sul versante invece della precisione, anche questo nuovo segue a pagina 31 torna al sommario n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Nuovi dettagli sull’LSPX-P1, proiettore portatile a tiro ultra corto già visto al CES Il proiettore a tiro corto Sony è Wi-Fi e “portatile” Il piccolo proiettore Sony è dotato di speaker interni e può riprodurre immagini fino a 80” di Giulio MINOTTI A arrivano ora nuovi dettagli sul proiettore domestico (ma anche portatile) Sony SPX-P1, già visto al CES 2016. Stiamo parlando di un proiettore a tiro ultra corto, dalle dimensioni compatte (81 X 131 X 131 millimetri e peso di 930 grammi) in grado di produrre immagini da 22 a 80 pollici, praticamente su ogni superficie. Orientabile a piacimento, può essere posizionato a pochissima distanza da una parete o può addirittura proiettare immagini su una scrivania, sfruttando anche le sue funzionalità wireless. Il LSPX-P1 ha al suo interno una batteria con un’autonomia di circa 2 ore e due piccoli speaker da 2 W. Sony fornisce anche un piccolo trasmettitore wire- less con un ingresso HDMI, fino a 1080p, capace di inviare segnali al proiettore in modalità senza fili, tramite connessione IEEE802.11an a 5 GHz. Il proiettore supportale connessioni Bluetooth 4.0, il WiFi (b/g/n 2.4GHz, 5GHz) e Miracast. Inoltre è in grado di riprodurre foto JPEG, GIF, PNG, BMP e video MPEG-2, H.264, MPEG-4, H.263. Tra le caratteristiche più curiose, la possibilità di visualizzare sulla parete un’immagine diversa a seconda delle condizioni meteo e l’attivazione automatica a distanza da smartphone e tablet, via Bluetooth (BLE). Il LSPX-P1 può essere controllato tramite telecomando, attraverso un’apposita App per iOS ed Android o via mouse. Al suo interno troviamo una memoria da 4GB e sensori di posizione e di luminosità. Il MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca sistema di proiezione adottato è un LCD SXRD con una risoluzione di 1366 × 768 pixel e sorgente di luce laser (luminosità 100 lm) con auto focus. L’arrivo sul mercato giapponese è previsto a metà febbraio con un prezzo, tasse escluse, di 730 Euro circa. Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] TEST TV OLED LG 65EF950V segue Da pagina 30 65 pollici, nonostante i neri strabilianti, tende un po’ ad accentuare rumore e artefatti di compressione sulle scene più scure: un effetto minimo con i dischi Blu-ray, più evidente con sorgenti come i servizi di streaming in cui la compressione digitale è più sostenuta. Fatta questa doppia premessa, per il resto abbiamo solo cose positive da dire sul nuovo 65EF950 di LG. Come per gli altri OLED del produttore coreano, il primo impatto è semplicemente clamoroso, in senso positivo, soprattutto per chi è abituato all’immagine degli schermi LCD: contrasto elevatissimo, neri perfetti, colori caldi e vibranti, ottimo dettaglio. L’OLED è su un livello del tutto superiore, e solo il plasma e i migliori LCD full LED con local dimming possono avvicinarsi. LG sta migliorando anche l’elettronica di controllo di generazione in generazione di prodotto, e la buona notizia è che il 65EF950 non esce di fabbrica con una calibrazione così lontana dal riferimento, anche se qualche aggiustamento è necessario sul bilanciamento del bianco e il contrasto. In particolare l’efficienza luminosa, rimane uno dei nodi da risolvere di questo tipo di tecnologia, un aspetto evidenziato dal grafico che mostra come quasi le componenti cromatiche principali, al 100% di saturazione non riescono a mantenere il livello di luminosità necessario. Il grafico che vi propniamo è stato ottenuto effettuando misure su una finestra grande circa il 20% dello schermo e dopo aver aggiustato la luminosità massima su circa 120 cd/mq. Con le impostazioni di default il calo di luminosità è molto più deciso e introduce un errore deltaE sui primari e secondari più elevato. Contenendo invece la luminosità massima, si ottiene una colorimetria del pannello sufficientemente precisa e nella norma per un TV consumer. Il TV è dotato di torna al sommario LG 65EF950V, le nostre misure. La calibrazione di fabbrica è buona, ma occorre comunque intervenire abbondanza di controlli per le regolazioni di immagini, compresa la calibrazione della scala di grigio addirittura su 20 step. Per lo spazio colore ci sono invece gli ormai consueti controlli a 3 assi per primari e complementari (luminosità, tinta e saturazione). Come già detto, a livello di menù, interfaccia e funzionalità, non ci sono novità di alcun tipo rispetto agli altri modelli di OLED LG usciti nel 2015 e il comportamento del TV è praticamente il medesimo dell’EG960 da noi testato qualche mese fa. Ciò vale anche per la luminosità massima del pannello che è “castrata” di fabbrica in modo tale e supera le 200 cd/mq solo su una piccola finestra, dove può arrivare anche oltre le 400 cd/mq. Ciò è necessario più che altro per i prossimi contenuti masterizzati in HDR con cui il 65EF950 è già compatibile. LG ci ha fornito un paio di clip demo in HDR per testare questo aspetto, a dire il vero non proprio il massimo per valutare la qualità di immagine in questa modalità, trattandosi di video con un montaggio fin troppo serrato. Una di queste in particolare però restituisce un’immagine con luci estremamente realistiche, tanto che a tratti sembra quasi di guardare fuori da una finestra più che uno schermo televisivo e tanto basta per farci capire due cose: l’OLED non ha nessun problema nel far percepire i benefici dell’HDR già con questa generazione di prodotti, mentre la maggiore gamma dinamica presente in questo tipo di contenuti ha tutto il potenziale, se ben utilizzata, di offrire davvero qualcosa in più. Per il resto abbiamo davvero poco da aggiungere rispetto a quanto visto sull’EG960 (a cui nuovamente vi rimandiamo). A livello di definizione, con contenuti 4K, la resa è molto buona anche se l’OLED tende ad avere un’impronta morbida, il che non è affatto uno svantaggio, anzi l’immagine è se vogliamo maggiormente cinematografica. La risoluzione in movimento è in linea con quella di altre tecnologie, perché se è vero che l’OLED ha un tempo di risposta rapidissimo, il metodo di visualizzazione sample&hold lascia percepire comunque leggero blur in alcune situazioni, che può essere ridotto significativamente con il circuito di interpolazione TrueMotion. Niente comunque che possa lontanamente pregiudicare la qualità di visione. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Huawei propone prodotti sempre più interessanti; Mate 8 è bello da vedere e costruito in maniera davvero esemplare Huawei Mate 8, prestazioni da primo della classe È uno smartphone con pochi punti deboli e molti elementi vincenti, tra cui l’elevata potenza e una straordinaria autonomia di Vittorio Romano BARASSI A qualche mese di distanza dalla prova dell’ottimo Mate S, eccoci ora alle prese con il nuovo arrivato della gamma Huawei. Mate 8 è un phablet completo, molto interessante sotto il punto di vista estetico, ben costruito e con caratteristiche tecniche che non hanno nulla da invidiare ai prodotti della concorrenza. Huawei ha annunciato il dispositivo nel novembre scorso ma solo in queste prime settimane del 2016 Mate 8 inizia a fare capolino sui mercati europei, Italia compresa. Per portarselo a casa bisogna sborsare 599 euro e si può scegliere tra una versione in colorazione nera ed una seconda bianca. video lab Family-feeling e costruzione impeccabile Se come si dice “il buongiorno si vede dal mattino”, la confezione di vendita di Mate 8 è sicuramente un buon biglietto da visita: curata, ordinata, ben realizzata ed elegante. C’è il caricabatterie con cavo micro-USB (niente USB Type C), ci sono le cuffie, non manca una graffetta per facilitare l’accesso allo slot SIM/microSD e c’è pure una custodia trasparente - in plastica - realizzata per tutti coloro che vogliono proteggere il dispositivo dagli incidenti; di solito siamo favorevoli all’utilizzo di queste cover, ma questa proprio non ci ha convinto: è troppo rigida, difficile da mettere/togliere e rovina il design del dispositivo. Ce ne faremo una ragione. Proprio il design è uno degli elementi distintivi di questo Mate 8; Huawei ha deciso di riproporre gli stessi stilemi dei precedenti dispositivi e la mossa si è dimostrata particolarmente azzeccata. Chi ha familiarità con gli smartphone Huawei magari non rimarrà sconvolto dal design che ha poco di rivoluzionario, ma tutti gli altri resteranno piacevolmente sorpresi dalle linee di questo Mate 8. Come per Mate S, sottoponendo il terminale al giudizio di amici e parenti, Mate 8 ha saputo conquistare le giuste attenzioni, segno indiscusso che in Huawei hanno fatto centro, anche con il pubblico femminile. Mate 8 è un phablet dalle dimensioni decisamente generose e dal peso non indifferente; parliamo di 157,1 x 80,6 per 7,9 millimetri di spessore e un valore sulla torna al sommario Huawei Mate 8 599,00 € UN OTTIMO SMARTPHONE, CON UNA STRAORDINARIA AUTONOMIA Dire che Mate 8 sia una rivoluzione rispetto ai prodotti presentati in passato sarebbe esagerato, ma affermare che questo dispositivo si presenti come un’ottima evoluzione è quanto mai azzeccato. Huawei è riuscita a migliorarsi in molti frangenti e il risultato finale è un phablet costruito in maniera esemplare, bello da vedere, potentissimo e, finalmente, con un’autonomia di gran lunga superiore alla media di categoria. Non è un prodotto perfetto; la fotocamera non dà ancora la sensazione di essere al livello dei “mostri sacri” di LG, Samsung, Apple e Microsoft, il software ogni tanto risulta confusionario ma l’impressione è che Huawei abbia imboccato con decisione la strada giusta. Sul rapporto qualità/prezzo c’è poco da dire: in molti sperano sempre che Huawei proponga “di più a meno”, ma la cifra di 599 euro (di listino) ci sembra più che giusta per il dispositivo in questione. Mate 8 è - a tutti gli effetti - un dispositivo “premium”. 8.5 Qualità 9 Longevità 8 Autonomia sensazionale COSA CI PIACE Prestazioni elevate Costruzione impeccabile Design 9 Semplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 8 Manca il doppio-tap per accendere il display COSA NON CI PIACE EMUI occasionalmente poco intuitiva Fotocamera non al livello della concorrenza bilancia di ben 185 grammi. Inutile sottolineare come metterlo nella tasca dei jeans sia piuttosto difficile e come nell’uso di tutti i giorni il peso lo si senta tutto; detto questo, però, si apprezza l’ottimo bilanciamento e dopo qualche giorno ci si scorda di avere tra le mani un phablet di quasi 200 grammi. A giustificare l’importante mole c’è una costruzione di primissimo livello: il corpo è interamente realizzato in metallo, non ci sono scricchiolii di alcun tipo, le finiture sono ottime e la sensazione di solidità è assoluta. I tasti volume e blocco/sblocco sono sul lato destro, sul sinistro c’è solo lo slot per le schede nanoSIM-microSD, in basso - tra due viti alle estremità - sono presenti due griglie simmetriche (microfono principale e altoparlante) con al centro l’ingresso micro USB e la porzione superiore è contraddistinta da un microfono secondario e dall’ingresso jack 3.5 mm. Il retro di Mate 8 è minimal: fotocamera in bella vista, flash LED dual-tone al suo fianco e poco più in basso spazio al sensore di impronte digitali, precisissimo ed estremamente veloce nello svolgere il suo compito. Ottimo IPS da 6 pollici, “solo” Full HD Mettere un buon display su un phablet è vitale e Huawei, anche stavolta, non ha sbagliato. Dopo l’ottimo e “coloratissimo” AMOLED di Mate S eccoci davanti ad un pannello LCD non sconvolgente ma dalle indubbie qualità e dalle dimensioni generose: ben 6 pollici di diagonale. Quello di Mate 8 è un IPS-NEO dai colori naturali (volendo dalle impostazioni si possono anche tarare a piacimento), da buone luminosità e contrasto e con degli ottimi angoli di visione; molto buoni i bianchi, non eccezionali i neri. La risoluzione Full HD garantisce una densità pari a 368 ppi e anche se su questa dimensione avrebbe forse fatto comodo un display QHD (la concorrenza propone questa feature anche su “tagli” più piccoli), possiamo tranquillamente affermare che i 1080p sono più che sufficienti per eseguire qualunque tipo di operazione. A tutto vantaggio dell’autonomia. Quel che più impressiona di questo display è che esso ricopre quasi l’80% della superficie frontale del disposegue a pagina 33 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Huawei Mate 8 segue Da pagina 32 sitivo; i bordi laterali sono davvero sottili e sia in alto che in basso c’è pochissima cornice. Sopra lo schermo c’è la cuffia auricolare con a fianco la fotocamera frontale e i sensori di luminosità (purtroppo abbastanza “pigro”, poco preciso) e prossimità; sempre in alto, a sinistra, c’è anche spazio per un piccolo ma elegante LED RGB di notifica. Sotto lo schermo campeggia solo il logo Huawei. A proteggere il display e tutto il frontale c’è un vetro Gorilla Glass 4 di Corning e, come se non bastasse, Huawei ha anche deciso di applicare già in sede di assemblaggio una sottilissima pellicola trasparente che funge da ulteriore “sistema di sicurezza”. La pellicola è incollata molto bene e si fa davvero fatica a notare la sua presenza. Processore fatto in casa 8 core velocissimi Huawei è una delle poche aziende del settore che realizza i SoC in casa; sebbene inizialmente in molti abbiano criticato questa scelta, col passare degli anni Huawei ha saputo raggiungere livelli decisamente elevati anche su questo fronte e il chipset HiSilicon Kirin 950 (64-bit con processo produttivo a 16nm) ne è la piena testimonianza. Abbiamo a che fare con un SoC dotato di processore da ben otto core, composto da quattro Cortex-A72 con clock a 2,3 GHz e da altrettanti Cortex-A53 da 1,8 GHz; la GPU è una Mali-T880 mentre per quanto concerne la memoria siamo in presenza di un dispositivo con 3 GB di RAM. Sebbene in Italia pare sia prevista solo questa versione, su diversi mercati Huawei lancerà anche una variante con più RAM e maggiore spazio fisico di archiviazione: 4 GB abbinati a ROM da 64 GB, contro i 32 GB della versione nostrana. Che il nuovo Kirin 950 sia un mostro di potenza lo si capisce immediatamente: mai un rallentamento, fluidità estrema e nessuna limitazione nell’uso quotidiano. Nei benchmark che siamo soliti eseguire tende quasi a “doppiare” il cugino Mate S: in GeekBench 3 abbiamo registrato un punteggio di oltre 6000 nel test MC e anche nel nuovo test AnTuTU, da prendere molto con le pinze, il terminale si piazza molto in alto nella classifica. Benchmark a parte, nell’utilizzo quotidiano non dà mai l’impressione di essere in difficoltà; anche aprendo/chiudendo in rapida successione numerose applicazioni non si avvertono rallentamenti e dopo diversi giorni di uso continuativo interviene anche l’ottimizzatore di sistema che con un paio di tap aiuta a tenere pulite le varie memorie del dispositivo. Huawei Mate 8 è perfettamente in grado di far girare a framerate elevati tutti i videogiochi di ultima generazione presenti sul Play Store come di riprodurre senza problemi anche video 4K a 30 frame per secondo; niente da fare, invece, per i filmati 4K@60fps. Buono il player video di sistema. Ci preme sottolineare una peculiarità di questo dispositivo: nonostante la potenza in gioco e il corpo metallico, anche dopo lunghe sessioni di gioco Mate 8 non dimostra di avere alcuna tendenza al surriscaldamento. Lo smartphone rimane sempre “fresco”, davvero una cosa insolita (positiva!) considerando che ormai da anni siamo abituati a device che, chi più e chi meno, scaldano un po’ nella porzione posteriore. La concorrenza prenda esempio. Emotion UI 4.0 e Android 6.0 Accoppiata vincente Huawei Mate 8 è il primo dispositivo dell’azienda cinese ad arrivare sul mercato con Android 6.0 Marshmellow preinstallato a bordo e ad affiancare il sistema operativo c’è l’ormai affermata Emotion UI di Huawei stessa, ormai giunta alla versione 4.0. Rispetto alle precedenti 3.x i cambiamenti non sono poi così tanti: graficamente l’interfaccia è rimasta pressoché identica (si può scegliere tra una mezza dozzina di temi, non se ne possono scaricare di nuovi online) e le modifiche principali sono più a livello di codice. È stato introdotto un buonissimo sistema di gestione delle autorizzazioni che lavora in connubio con quello predefinito di Android 6.0 e non mancano opzioni per definire ad-hoc tutto ciò che riguarda il risparmio energetico e la privacy. Abbastanza invasivo il sistema di notifiche: spesso nel notification center (al quale si può accedere anche senza sbloccare lo schermo) appare qualche “avviso” di troppo ma con un po’ di pazienza, dalle impostazioni, si può configurare il tutto nel miglior modo possibile. Come in passato confermiamo il nostro giudizio sulla sezione “impostazioni”: completa sotto ogni aspetto, ma forse un po’ caotica e poco immediata. Bella e minimal la schermata di blocco, molto buone tutte le applicazioni di sistema e ottima l’app Gestione Telefono attraverso la quale, in men che non si dica, si potrà “pulire” il dispositivo liberandosi di tutti i file non necessari e delle impostazioni incongrue che possono concorrere - a lungo andare - all’eventuale rallentamento del sistema. Come su Mate S anche qui si possono utilizzare le nocche per effettuare azioni rapide: doppio tap con una nocca per catturare le schermate e doppio tap con due per avviare una registrazione video (n HD o “mini”) di ciò che avviene sullo schermo. EMUI 4.0, come le precedenti versioni, non ha un vero e proprio app drawer ma le applicazioni sono accessibili direttamente dai vari desktop a disposizione dell’utente; questa logica in stile iOS può piacere o meno, ma nell’utilizzo di tutti i giorni incide molto poco. Ci si abitua subito. Huawei ha detto addio al suo browser e ha dotato Mate 8 esclusivamente di Chrome, software per la navigazione web che continua a migliorare di giorno in giorno e che su questo device si trova molto a suo agio. Molto apprezzabile è la scelta di Huawei di mettere a disposizione degli utenti la modalità landscape già a livello “desktop”: con 6 pollici a disposizione, in determinate circostanze, può ritornare molto utile. Chiudiamo la nostra panoramica sul software sottolineando una mancanza piuttosto grave: non c’è la possibilità di sbloccare il display con il doppio-tap, davvero una seccatura soprattutto per tutti coloro che decideranno di utilizzare il sensore di impronte digitali. segue a pagina 34 torna al sommario n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Huawei Mate 8 segue Da pagina 33 16 buoni megapixel Ma si può ancora fare meglio La fotocamera principale di Mate S, pur non entusiasmandoci particolarmente, era riuscita a convincerci e quella del nuovo Mate 8 non è stata da meno. Huawei ha messo da parte il precedente modulo da 13 megapixel e ha dotato il dispositivo di un nuovo sensore IMX298 da 16 megapixel realizzato da Sony; ad accompagnarlo ci sono un obiettivo grandangolare f/2.0, un sistema di autofocus “classico” a rilevamento di fase e uno stabilizzatore ottico che compie egregiamente il suo dovere. Scattare foto con Mate 8 non è mai un problema: di giorno e, in generale, in condizioni di buona illuminazione le fotografie prodotte sono più che buone. Buoni i dettagli, bianchi ben bilanciati e colori quasi sempre naturali; la modalità HDR costringe l’utente a tenere fermo il dispositivo per qualche attimo di troppo e abbiamo riscontrato qualche piccolo problema nel fotografare in condizioni di elevata luminosità. A conti fatti, anche quello di Mate 8 è un modulo che soddisfa ma non strabilia; vale lo stesso discorso fatto per Mate S: siamo in presenza di una fotocamera degna di un top di gamma ma che dà ancora l’impressione di essere leggermente al disotto della più blasonata concorrenza. Davvero un peccato perché il software di gestione della fotocamera è forse uno dei migliori in circolazione e le opzioni tra le quali scegliere sono davvero tantissime; non manca, inoltre, la buonissima modalità Professionista che permette di impostare manualmente moltissimi parametri di scatto. Non molto d’aiuto il flash dual-LED (dual tone) presente al fianco dell’obiettivo: meglio tenerlo disattivato il più possibile e sfruttare l’ampia apertura della lente. Nonostante sia perfettamente in grado di riprodurre filmati 4K, Huawei Mate 8 manca di una modalità di registrazione video in Ultra HD, ormai quasi un “must” (più per non sfigurare piuttosto che per reale necessità) per un prodotto appartenente a questa fascia di mercato. Il modulo Sony a disposizione del device permette la “sola” cattura di filmati Full HD, fortunatamente ad una velocità di 60 frame per secondo, caratteristica che per molti è decisamente più appetibile della mera possibilità di registrare a 2160@30p. I video, in ogni caso, non risultano essere affatto memorabili: sufficiente il risultato ottenibile in condizioni ottimali e discreto quello che è possibile registrare di sera. Come modulo secondario Huawei ha scelto di equipaggiare Mate 8 con un sensore IMX179 prodotto sempre da Sony; la risoluzione è di 8 megapixel, l’apertura dell’obiettivo si ferma a f/2.4 e tutto ciò basta e avanza per fare selfie di ogni tipo e in ogni condizione di luce. Nonostante manchi un flash frontale, infatti, Mate 8 permette anche autoscatti decenti in notturna: la luce del grosso display da 6 pollici, spesso, è più che sufficiente. Autonomia incredibile Ed è anche dual SIM Se le fotocamere non ci hanno lasciato a bocca aperta, l’autonomia garantita dal parco batterie - non rimovibile - da ben 4000mAh è riuscita a sorprenderci. Huawei Mate 8, sotto questo aspetto, diventa assolutamente il punto di riferimento della categoria poiché con un uso particolarmente intenso è in grado di arrivare a sera anche con poco meno del 50% di carica ancora a disposizione, risultato che quasi tutti i diretti concorrenti possono solo sognare. Huawei è riuscita a progettare un chipset davvero parco nei consumi Alcuni scatti eseguiti con il Huawei Mate 8, selezionare la foto per visualizzare l’ingrandimento torna al sommario che beneficia appieno delle caratteristiche di risparmio energetiche già insite nell’animo di Android 6.0 Marshmellow; il nuovo Kirin 950 è davvero un piccolo gioiello: velocissimo, efficiente e “freddo”. Dopo anni di dispositivi che fanno fatica ad arrivare alle 21, pare finalmente che le cose inizino ad andare meglio… Per quanto concerne la parte prettamente telefonica Mate 8 non si contraddistingue in nulla di particolare: le chiamate sono di buona qualità, il sistema di riduzione dei rumori ambientali funziona bene (ma forse tende a ridurre un po’ troppo il volume delle chiamate) e la ricezione è nella media. Mate 8 è anche un dispositivo dual-SIM: la gestione delle due schede (nano) è esemplare e - in questo campo - tutti i produttori dovrebbero imparare da Huawei. Gli auricolari offerti in dotazione riescono a restituire un buon audio come buono e potente è il suono che Mate 8 è in grado di far fuoriuscire da una delle due griglie (quella di destra) presenti nella porzione inferiore del dispositivo. La vibrazione non è straordinariamente vigorosa, ma il rischio di perdere qualche notifica non è molto alto. Per quanto concerne la connettività Huawei Mate 8 non manca di nulla: è 4G/LTE (con tutte le bande “europee” a disposizione), ha il Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac, WiFi Direct, Bluetooth 4.2 LE e non mancano GPS/GLONASS e supporto DLNA. n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Abbiamo provato Motorola Moto X Force, è elegante, potente e con uno schermo da 5,4” che sopporta colpi e cadute Moto X Force: prestazioni super e display infrangibile La speciale tecnologia Motorola ShatterShield rende lo schermo “a prova di bomba”, indifferente graffi e scheggiature di Andrea ZUFFI e la caduta a terra di uno smartphone, con tanto di rottura dello schermo rappresenta un evento fastidioso oltre che costoso, può convenire affidarsi alla saggezza del detto “chi più spende meno spende” e prestare attenzione a quanto recentemente commercializzato da Motorola. Potrebbe esserci stata una considerazione di questo tipo alla base della scelta dei vertici della casa “alata” di progettare un dispositivo Android con caratteristiche tecniche di primissimo piano e con un display a prova di impatto al suolo. Grazie alla tecnologia ShatterShield il display del nuovo Moto X Force è infatti infrangibile: la protezione dello schermo dai danni di una caduta accidentale è ottenuta con una speciale tecnica costruttiva che vede la sovrapposizione al display e al digitalizzatore di due ulteriori strati di materiale protettivo. Il compound a 5 strati così ottenuto è garantito da Motorola per 4 anni contro la frantumazione e la scheggiatura da uso quotidiano, il che presuppone però non solo le classiche chiavi che sfregano in tasca, ma anche cadute e colpi di diversa natura. Il produttore specifica però che il display non è da considerarsi indistruttibile e nella garanzia sono previste alcune limitazioni. Moto X Force è, inoltre, protetto da un nano rivestimento che lo rende repellente all’acqua ma senza alcuna certificazione riguardo l’impermeabilità. Rimane lodevole il tentativo, che speriamo venga seguito da altri marchi, di mettere nelle mani dei consumatori terminali belli e robusti al tempo stesso, a prova di caduta. Infrangibilità a parte, Moto X Force (modello con codice XT1580) è uno smartphone dalle specifiche interessanti che lo collocano senza dubbio nella fascia alta del mercato. In termini qualitativi il display è un Amoled da 5.4 pollici con risoluzione Quad-HD da 2560 x 1440 pixel e densità pari a 540 ppi. Ad animare Android 5.1.1 ci pensa il processore Snapdragon 810 octa-core da 2.0 GHz che costituisce il cuore pulsante del sistema di elaborazione, coadiuvato dalla GPU Adreno 430 e da due coprocessori, uno per la gestione del linguaggio S video lab Motorola Moto X Force 749,00 € SCATTANTE E ROBUSTO Pur non trovandoci di fronte a un “rugged phone”, la ricerca compiuta da Motorola ha portato alla realizzazione di un device robusto e resistente e di questo va dato atto a un produttore dal passato ricco di idee e innovazione. Moto X Force è uno smartphone interessante, con ottime performance e offre agli utenti anche la tranquillità di non vedere frantumato il proprio acquisto al primo “sinistro”. Il prezzo da pagare per questa tranquillità è oggi forse ancora un po’ alto. Volendo fare un confronto con altri prodotti di fascia alta, qui pesa soprattutto l’assenza del sensore biometrico per le impronte digitali: un terminale che fa vanto della propria robustezza e quindi della durata nel tempo dovrebbe essere pronto a supportare questo standard di sicurezza fisica. Molto buona la durata della batteria e sempre fluida e appagante l’esperienza d’uso. La dissipazione del calore prodotto dallo SnapDragon 810 è molto efficiente rispetto ad altri dispositivi ma il surriscaldamento c’è e si sente. Le personalizzazioni dell’interfaccia utente sono “poche ma buone”, specialmente per quanto riguarda i comandi vocali e l’uso estremamente intuitivo della fotocamera. 8.3 Qualità 9 Longevità 8 Display infrangibile COSA CI PIACE Reattività e prestazioni Autonomia Design 7 Semplicità 9 COSA NON CI PIACE naturale e l’altro che si occupa dell’elaborazione dei dati provenienti dai vari sensori integrati nel dispositivo. La RAM è da 3 GB e la ROM da 32 GB, 24 GB dei quali disponibili per l’utente e ulteriormente espandibili, in linea teorica fino a 2 TB, tramite uno slot per schede microSD. Come d’obbligo, a bordo di Moto X Force trovano posto due fotocamere, la principale delle quali è da 21 Mpx con stabilizzatore e flash LED dual tone. Il sensore frontale ha, invece, risoluzione pari a 5 Mpx e, cosa che colpisce fin dal primo sguardo, dispone di un flash LED per illuminare la scena anche in caso di selfie al buio o in penombra. Connettività senza compromessi grazie al supporto per rete dati 3G e 4G, al Wi-Fi a/b/g/n/ac sui 2.4 GHz e 5,0 GHz con tecnologia MIMO, Bluetooth 4.1 LE e NFC. Grande assente su un terminale di fascia alta che arriva sul mercato a fine 2015 è il lettore di impronte digitali, un sensore ormai indispensabile sia per aumentare la sicurezza fisica localmente sul dispositivo sia per strizzare l’occhio ai futuri sistemi di pagamento mobili che presto o tardi saranno una realtà nel nostro paese e D-Factor 9 Prezzo 7 Assenza lettore di impronte digitali Prezzo elevato non solo. Ma Lenovo ha già dichiarato che i “Moto” del 2016 ne saranno provvisti. Moto X Force è in vendita in esclusiva Vodafone a 749,99 euro. A qualche mese dal lancio ci sarà poi un fisiologico assestamento verso il basso del prezzo che rimarrà importante ma in linea con altri dispositivi di pari livello. A differenziare questo terminale dalla concorrenza potrebbe essere proprio la robustezza dello schermo e la certezza che a fronte di “incidenti” ce la si potrà cavare con graffi e ammaccature sulla scocca metallica, scongiurando la compromissione dello schermo e quindi l’usabilità del fidato e inseparabile tecno-assistente. Nel panorama del mercato di fascia alta cui questo terminale si rivolge, per affinità di prezzo, dimensioni e caratteristiche si trovano big del mondo Android del calibro di Samsung S6 Edge e Huawei Mate S. Spaziando in altri sistemi operativi il confronto d’obbligo è con Apple che offre a un prezzo molto simile iPhone 6s Plus con 16 GB di memoria, mentre gli amanti di Windows 10 si possono orientare su Lumia 950 XL. segue a pagina 36 torna al sommario n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Motorola Moto X Force segue Da pagina 35 Esperienza Android pura e semplice A un primo contatto Moto X Force ha un aspetto sicuramente piacevole ma non particolarmente moderno nel design. La scocca è di tipo unibody con bordi curvi in alluminio e una finitura in nylon balistico tanto inusuale quanto bella sul retro. I 169 grammi di peso sono ben distribuiti, la qualità costruttiva e la solidità sono indiscutibili ma il grip non è eccezionale e nel complesso la sensazione che prevale è quella di un’impugnatura un po’ scivolosa. A nostro avviso la forma delle feritoie posizionate sotto al display per ospitare microfono e altoparlante non è particolarmente azzeccata e conferisce alla parte frontale uno stile un po’ vetusto. Una volta inserita la nano-sim e premuto il tasto di accensione, che si trova sul lato destro ed è zigrinato per distinguersi al tatto dal bilanciere del volume posto appena sotto, ci si ritrova all’interno del mondo Lollipop, poco personalizzato da Motorola per un’esperienza pura ed essenziale a tutto vantaggio della semplicità del sistema stock di Google. Ciascun utente può così aggiungere app e funzionalità a seconda delle proprie esigenze e del proprio gusto personale. Come nel caso del file manager alla cui mancanza si rimedia facilmente scegliendo tra decine di app. Il display Amoled è ampio e, con i suoi 5,4 pollici di diagonale e la risoluzione da 2560 x 1440 pixel, offre una grande leggibilità rendendosi adatto a ogni genere di attività lavorativa e di svago. Lo schermo si usa senza alcun problema e la presenza degli strati di protezione si percepisce appena e non inficia minimamente la sensibilità e la reattività durante la digitazione. La percezione è comunque molto più blanda di quella che si può avere con l’applicazione di uno schermo protettivo esterno che invece modifica in modo marcato la sensibilità intrinseca di qualsiasi pannello touch. La resa visiva è buona in qualunque condizione di luce anche se il contrasto e la brillantezza non sono da record. L’angolo di visione è molto ampio e come per tutti gli Amoled il nero è assoluto mentre il bianco non è sempre candido, specialmente se si varia l’angolo di incidenza dello sguardo. In questo senso la tendenza a virare dei bianchi potrebbe essere favorita dagli strati protettivi dello schermo, visto che la luce deve compiere un percorso differente rispetto a quello che farebbe attraverso il vetro di un display classico. Ai quattro lati della superficie frontale sono inseriti altrettanti sensori all’infrarosso che riescono a rilevare il passaggio della mano in prossimità del device e di attivare lo schermo. Questa funzione è utile per verificare al volo se ci sono notifiche di chiamate, messaggi o email senza dover toccare o sbloccare il sistema. Questa funzione sopperisce, anche se non completamente, alla mancanza di un led per le notifiche. Grazie ai sensori di prossimità è inoltre disponibile una funzionalità che Motorola chiama “Schermo attento” e che si preoccupa di mantenere attivo il display fintanto che l’utente sta guardando lo schermo stesso. La funzione è infallibile e molto comoda specie se si sta leggendo un lungo messaggio o si sta guardando un’immagine per lungo tempo. E non appena si distoglie la faccia dal display, questo si spegne. Potenza e solidità, serve altro? Dal punto di vista delle prestazioni Moto X Force si comporta in modo egregio e durante la prova non abbiamo mai percepito alcuna esitazione o momenti di affaticamento del processore che ha sempre eseguito applicazioni, servizi e task multipli in modo fluido e realmente instancabile. Snapdragon 810 è una forza e con il supporto della GPU Adreno 430 a 630 MHz è in grado di reagire a qualunque tipo di sollecitazione, anche in condizioni in cui si è voluto andare alla ricerca dello stress massimo, attivando musica, video e giochi che ricorrono pesantemente alla grafica 3D. Moto X Force ha sempre reso un servizio eccellente grazie anche ai 3 GB di RAM che sembrano non finire mai. Il punteggio con Antutu Benchmark 6 è di oltre 80.000 con un posizionamento al 6° posto della classifica. Unica pecca il surriscaldamento tipico di questo processore e che, nonostante gli sforzi di Motorola per ottimizzare la dissipazione, in alcuni casi si fa sentire in modo non trascurabile. Per quanto riguarda il Crash Test non possiamo che esprimerci in maniera positiva: fermo restando che prove come buttare il telefono sotto un treno in corsa o in un burrone hanno senso solo per attirare attenzione, l’uso “sbadato” di tutti i giorni non ha mai risentito di traumi di alcuna natura: il telefono si può tranquillamente tenere in tasca insieme a chiavi e monete, può cadere dalla tasca, dalla scrivania, addirittura da 2 metri direttamente sul display e non si danneggia in alcun modo. Moto X Force è tra i dispositivi che in futuro riceveranno l’aggiornamento ad Android 6.0 e non si capisce perché non esca già ora con Marshmallow preinstallato. Ciò premesso la versione in uso di Android è la 5.1.1 in configurazione pressoché originale; le sole personalizzazioni inserite dal produttore riguardano la suite Moto e l’interfaccia dell’app fotocamera. Nel pacchetto Moto, di cui fanno parte note app come Assist, Actions, Display e delle cui caratteristiche abbiamo già parlato nella prova estiva dell’impermeabile Moto G, spicca in modo particolare Moto Voice, il sistema di riconoscimento vocale sviluppato da Motorola che, pur non aggiungendo nulla di nuovo alle funzionalità di Google Now, vi si integra alla perfezione con il valore aggiunto di attivarsi con la voce anche quando il terminale è bloccato, senza mai perdersi un comando anche se si parla a voce bassa e a una certa distanza. Per sapere, ad esempio, se ci sono messaggi o chiamate perse non serve toccare il dispositivo ma è sufficiente pronunciare la frase di sblocco pre-registrata seguita da “novità?” e avere un immediato feedback vocale. Lo stesso vale per richieste del tipo “che ore sono?” oppure “meteo domani?” o ancora scatta una segue a pagina 37 torna al sommario n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Motorola Moto X Force segue Da pagina 36 foto fino a “trova il mio telefono” che fa emettere un suono costante al telefono che magari non vediamo perché finito sotto le scartoffie sul tavolo o in qualche angolo della stanza. Connettività ultra veloce e audio sempre limpido La sensibilità e ricettività di tutte le antenne a bordo dello smartphone sono massime. Il GPS aggancia i satelliti in modo fulmineo e anche per il primo fix, che notoriamente richiede alcuni secondi, i tempi di attesa sono stati pressoché nulli. Nel corso della settimana di prova la navigazione web e il download non sono mai stati un problema sia sulle veloci reti 4G che con copertura Wi-Fi multibanda. Con Il browser Chrome il caricamento e la navigazione in qualsiasi pagina web è sempre stato soddisfacente e in linea con le aspettative. A completamento del quadro di un’esperienza d’uso che può definirsi positiva sotto ogni punto di vista, non possiamo non segnalare l’ottima qualità dell’audio in chiamata che, grazie a un sistema di soppressione dei rumori basato su cinque microfoni sparsi per lo chassis, è risultata sempre soddisfacente anche per l’interlocutore. Buona ma non eccelsa la potenza dello speaker vivavoce sia in conversazione che per l’ascolto di musica purché in ambienti non troppo rumorosi. Nonostante la resistenza alla rottura dello schermo sia una marcia in più per questo smartphone l’assenza di un lettore di impronte digitali è imperdonabile poiché avrebbe reso Moto X Force veramente completo e in grado di reggere il confronto con qualunque competitor. 21 Mpx sempre pronti allo scatto Motorola ci ha abituato a non intervenire stravolgendo l’esperienza d’uso di Android ma nel caso della fotocamera l’app, all’apparenza spartana, si rivela molto funzionale per il controllo di tutte le possibili opzioni di scatto di X Force. Con il sensore della fotocamera principale si possono catturare immagini con risoluzione pari a 21 Mpx (5344 x 4008 pixel) se in proporzione 4:3 oppure di 16 Mpx (5344 x 3006 pixel) impostando i 16:9. L’apertura massima dell’obiettivo è F/2.0 e con lo stesso si possono riprendere anche filmati stabilizzati in HD a 1080p e in 4K a 30 fps. Per i video è disponibile l’opzione “rallentatore” che permette di registrare avvenimenti veloci in forma rallentata con la risoluzione ridotta a 720p. Il set delle modalità fotografiche e degli effetti applicabili alle immagini non è paragonabile a quello di altri camera-phone ma qui c’è tutto quanto serve per sfruttare al meglio i 21 Mpx del sensore principale. Sono infatti disponibili l’HDR automatico, la modalità Panorama, Notte, Autoscatto e il geotagging. Inoltre, la fotocamera può leggere i codici QR senza bisogno di software aggiuntivi. Non nuova per Motorola, ma interessante, la modalità di attivazione rapida, per non dire immediata della fotocamera, che si ottiene a schermo bloccato semplicemente impugnando saldamente lo smartphone e compiendo una o due rapide rotazioni del polso. La possibilità di scattare toccando un punto qualsiasi torna al sommario Interessanti i risultati fotografici ottenuti con Moto X Force, anche in condizioni di scarsa luminosità dello schermo è molto comoda perché permette di impugnare il dispositivo senza vincoli legati alla posizione del pulsante di scatto, ma occorre farci un po’ la mano per evitare la cattura di foto indesiderate, magari anche a raffica. L’utilizzo spesso frettoloso della fotocamera è uno di quei casi in cui uno schermo così grande e in proporzione sottile non è semplice da gestire, soprattutto con una mano sola. Come per gli altri modelli recenti di Moto, tutte le impostazioni sono regolate a partire dalla ghiera software a scomparsa che si trova sul lato sinistro del display. Particolarmente efficace la gestione manuale dell’esposizione e del fuoco che avviene tramite un’intuitiva icona in sovraimpressione che modifica in tempo reale il risultato finale. L’autofocus è di tipo PDAF a rilevamento di fase e si è dimostrato sempre veloce e affidabile. Lo zoom è ovviamente solo digitale e arriva a 4x: utile, ma soltanto in condizioni di piena luce e con la mano molto ferma, altrimenti meglio evitare. In generale con Moto X Force si possono ottenere risultati fotografici piuttosto interessanti e, anche in condizioni di scarsa luminosità si riescono sempre a immortalare gli istanti di nostro interesse. L’otturatore è velocissimo e quando serve, il flash dual LED a due colori di tipo CCT (Color Correlated Temperature) permette di illuminare in modo efficace e naturale i soggetti. La fotocamera frontale ha una risoluzione di 5 Mpx per scatti da 2592 x 1944 pixel. L’obiettivo, con apertura massima f/2.0 è un grandangolare particolarmente idoneo per i selfie e dispone di un flash dedicato per foto di gruppo anche al buio. A sera la batteria è viva e la ricarica è Turbo La batteria non removibile da 3.760 mAh è dimensionata per fornire l’energia necessaria a una giornata di uso intenso, avanzando ancora un po’ di energia. Spremendo a fondo Moto X Force per molte ore, alternando ascolto di musica in streaming, la navigazione GPS, chiamate, SMS, messaggi e-mail e social, qualche foto e clip video e rimanendo sempre rigorosamente connessi a internet per le news, si arriva a sera con il 15-20% di carica residua. Con un uso più parsimonioso e meno frenetico a fine giornata può rimanere anche un 30%. Inserendo poi il risparmio energetico l’autonomia supera il giorno e mezzo (notte compresa) ma quando lo si attiva si deve essere disposti a rinunciare a buona parte delle funzioni “smart”. Tale modalità è quindi consigliata solo nei casi in cui si vuole un telefono “solo per telefonate e SMS” che mantenga la ricarica il più a lungo possibile. Le limitazioni legate al risparmio batteria impattano infatti le prestazioni generali del dispositivo e lo scambio di dati in background, il che significa che email e notifiche varie non verranno aggiornate automaticamente. Anche i servizi di localizzazione verranno limitati rendendo inutilizzabile, ad esempio, il navigatore e tutte le azioni basate sulla posizione real time. Un buon compromesso è sempre quello di abilitare l’innesco automatico della funzione di risparmio solo quando la ricarica va al di sotto di una certa soglia di carica residua, che per Lollipop può essere il 15 o il 5 percento. Con il caricatore TurboPower in dotazione la ricarica è particolarmente veloce: partendo da un livello prossimo allo zero ci vogliono soltanto 30 minuti per raggiungere il 70 %, mentre al 100% si arriva dopo circa 80 minuti. La velocità di ricarica di TurboPower non è lineare ma diminuisce con il progredire dell’operazione di ricarica. Moto X Force supporta, inoltre, la ricarica wireless per induzione magnetica secondo gli standard Qi ma serve un apposito caricatore non fornito con lo smartphone. P5 Wireless. Abbiamo eliminato il cavo ma il suono è rimasto lo stesso. P5 Bluethooth, musica in mobilità senza compromessi con 17 ore di autonomia e ricarica veloce per performance allo stato dell'arte. La solita qualità e cura nei materiali di Bowers & Wilkins adesso senza fili grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth. www.audiogamma.it n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE TEST Apple aggiorna Garage Band e pubblica l’app Memo Musicali, per i musicisti che hanno bisogno di annotare velocemente le idee Con il nuovo Garage Band e con Memo Musicali fare musica diventa davvero un gioco da ragazzi Con le nuove app, l’iPad si trasforma in un mini studio portatile con tutto quello che ogni musicista ha sempre desiderato È di Franco AQUINI arrivata senza preavviso la nuova app Apple per musicisti Memo Musicali, ed è un’idea talmente semplice da chiedersi come mai nessuno ci avesse mai pensato prima. E’ semplice ed essenziale, ma siamo pronti a scommettere che diventerà presto indispensabile per ogni musicista che vuole annotare un giro di chitarra o una semplice idea da sviluppare più tardi. Insieme a Memo musicali arriva anche l’aggiornamento 2.1 di Garage Band per iOS: qui le novità sono tantissime e ci siamo subito tuffati sull’iPad per provarle tutte, consapevoli del fatto che per sfruttarlo al meglio sarà necessario utilizzarlo più a fondo. Ecco comunque le nostre prime impressioni. video lab Memo Musicali Registra e arrangia in mobilità Lanciando la nuova applicazione Memo Musicali troviamo un solo tasto: basta premerlo per iniziare la registrazione dal nostro strumento musicale. Al termine della registrazione possiamo riascoltare la nota con un accompagnamento di basso e batteria generato automaticamente. Come fa? Una volta registrata la clip l’applicazione riconosce velocemente tempo, suddivisione in battute e tonalità, quindi ci mostra graficamente la forma d’onda con la suddivisione in battute e la tonalità in notazione americana (quindi con le lettere dalla A alla G). Possiamo quindi attivare l’ascolto della traccia di basso e/o batteria semplicemente premendo l’icona. Ma non finisce qui, perché la clip può essere tagliata o aggiustata; possiamo variare il tempo, il basso delle singole battute oppure variare velocemente lo stile dell’accompagnamento o il kit di batteria (ce ne sono due: moderno e vintage) o il basso (elettrico o contrabbasso). Certo i kit sono ancora pochi e sarebbe stato bello avere a disposizione anche un altro strumento, come piano o chitarra. L’app nasce comunque con il chiaro scopo di registrare brevi idee con la chitarra e infatti non manca la possibilità di segnarsi l’accordatura che abbiamo usato per registrare il torna al sommario pezzo o se abbiamo usato un capotasto. Peccato, ma non escludiamo che Apple possa migliorare col tempo l’applicazione, proprio come ha fatto con Garage Band. Per ricercare velocemente le note c’è la possibilità di inserire dei tag e il tutto può essere esportato e condiviso velocemente su iCloud Drive. Memo Musicali non sarebbe un’app davvero eccezionale se non permettesse di esportare anche la clip audio in Garage Band, per poterla elaborare e finalizzare poi con l’arrangiamento finale. Davvero una sorpresa gradita e, cosa che non guasta mai, anche gratuita. Memo musicali è disponibile su App Store ed è compatibile con iPhone 4s (e modelli successivi) e iPad 2 (e versioni successive). A tu per tu con il nuovo Garage Band Le novità di Apple in ambito musicale non si sono limitate alla pubblicazione di Memo Musicali, ma hanno investito anche Garage Band, un’app davvero eccezionale per chi ama lavorare con la musica in mobilità. Garage Band è un editor multitraccia con un ampia varietà di strumenti simulati che è possibile suonare tramite lo schermo touch dell’iPad o dell’iPhone. Ci sono poi i loop, utilissimi per realizzare velocemente un accompagnamento professionale senza dover acquistare costosi pacchetti aggiuntivi. L’aggiornamento 2.1 ha introdotto una quantità davvero esagerata di novità, compreso il supporto al 3D touch per l’aftertouch polifonico sui suoni delle tastiere. Premendo di più sullo schermo dell’iPhone (6S o 6S plus), si otterranno effetti come il vibrato o il tremolo, a seconda dello strumento che simuleremo. Garage Band inoltre aggiunge il supporto all’iPad Pro, il cui schermo ampio giova moltissimo all’uso degli strumenti touch. Tutto parte dai Live Loops La novità principale della versione 2.1 di Garage Band sono i Live Loops, ovvero dei Loop da utilizzare per arrangiare i brani, che sono però editabili in maniera live, ovvero mentre li si registra. Quando si accede alla sezione relativa agli strumenti ora c’è una nuova voce che ci permette di selezionare uno dei 9 Live Loops già pronti (EDM, Hip Hop, Dubstep, RnB, House, Chill, Rock, Electro Funk, Beat Masher), oppure creare uno nostro. La struttura del Live Loops è simile a quella del normale editor multitraccia, dove sulla colonna di sinistra troviamo le tracce a cui assegnare loop o strumenti. La struttura però è a blocchi, disposti in modo da formare una griglia. Le colonne verticali che si creano, formate dall’incastro dei vari loop e dei vari strumenti, formeranno dei loop che sarà possibile selezionare verticalmente mentre si registra il brano. In più ci sono dei pad virtuali per simulare filtri oppure cambiare la forma d’onda. segue a pagina 40 n.125 / 16 25 GENNAIO 2016 MAGAZINE SOCIAL MEDIA E WEB Nella guerra tra publisher e app che bloccano le pubblicità, si inserisce un browser che traccia una nuova strada Brave, il browser con adblocker che fa guadagnare tutti Sostituisce la pubblicità con contributi meno aggressivi. Suddivisione dei profitti tra i publisher, gli utenti e ovviamente Brave di Dario RONZONI a diatriba tra fornitori di contenuti web e software adblocker ritorna a ciclo continuo a far parlare di sé. Da un lato, i siti che guadagnano denaro dalle inserzioni si lamentano giustamente per il blocco di banner e contenuti vari, con conseguente annullamento del valore stesso della pubblici- L tà, dall’altro gli utenti si ritrovano spesso a che fare con pagine web rallentate da un advertising invasivo e fastidioso. Una soluzione? Forse c’è… Basato su Chromium, Brave è il nuovo browser ideato da Brendan Eich, ex CEO di Mozilla e creatore del linguaggio di programmazione JavaScript. Attualmente giunto alla versione 0.7 e disponibile per i tester su sistemi operativi Windows, Mac, Android e iOS, Brave propone un adblocker integrato: secondo quanto riportato da The Verge, il sistema blocca tutti i cookie traccianti di terze parti, le tecniche di fingerprinting e gli script che cercano di inserire pubblicità, velocizzando la navigazione di un buon 40% su desktop e di oltre quattro volte su mobile. Fin qui nulla di eclatante. L’enorme differenza con gli adblocker attualmente disponibili sta nel supporto futuro che Brave offrirà ai creatori di contenuti. Detta così suona sibillina. Proviamo a spiegarla: Brave non si limiterà a bloccare i contenuti pubblicitari classici, ma li sostituirà con altri, meno aggressivi e più “leggeri”, creati appositamente, che permetteranno una suddivisione dei profitti tra i publisher, gli utenti e, ovviamente, la società che fa capo a Brave. Il 55% delle entrate andrà ai siti, mentre un 15% ciascuno a Brave, ai suoi partner e agli utenti, che potranno incassare i proventi, strutturati secondo il protocollo BitCoin, oppure, auspica Eich, reinvestirli nei siti stessi, con micropagamenti per singoli articoli o donazioni. Quella che, tutto sommato, suona come una furbata neanche tanto celata (il browser che si accaparra introiti pubblicitari destinati originariamente ai publisher), potrebbe in realtà trasformarsi nel primo vero tentativo virtuoso di mediazione tra chi sui contenuti pubblicitari ci campa e chi non ne può più di navigare dribblando banner, pop-up e compagnia. L’advertising interno di Brave si baserà su tag di interesse anonimi e non più su sistemi di tracciamento personali, tecnica decisamente meno invasiva per l’utente. Se adottato su larga scala, Brave potrebbe diventare per i siti una fonte di guadagno maggiore del classico sistema di advertising attualmente in uso. La sfida sta tutta nel trovare inserzionisti interessati (secondo Eich ce ne sono già molti) e nel far funzionare a dovere un circolo di ridistribuzione dei proventi di non facilissima applicazione. TEST Garage Band e Memo Musicali segue Da pagina 39 Il concetto dei Live Loops è certamente più complicato da spiegare da che da usare, ma immaginate di assegnare una traccia a una drum machine, un’altra al basso e un’altra a un effetto. Sui singoli blocchi che formano una traccia, sarà possibile inserire diversi loop o file audio. Le sovrapposizioni verticali dei blocchi delle varie tracce formeranno delle colonne che sarà possibile far suonare simultaneamente. Mettendo in registrazione il brano, si potrà passare da una colonna all’altra, componendo l’arrangiamento che desideriamo. Uno strumento davvero eccezionale che amplia in maniera notevole la possibilità di creare arrangiamenti personalizzati. In pratica è un editor nell’editor, uno strumento per creare loops da integrare nel brano che stiamo producendo. Benvenuto al batterista virtuale Suonare la batteria virtuale tramite il touch screen dell’iPad è sempre stato molto divertente, ma andare a tempo e produrre una traccia utilizzabile spesso co- torna al sommario stringe a creare la traccia manualmente sul Mac. Il nuovo aggiornamento introduce invece il batterista virtuale, un generatore di loop di batteria da gestire tramite un editor in alcune parti simile a quello visto in Memo musicali, in cui potremo variare lo stile dell’accompagnamento, i pezzi del kit che andranno utilizzati, lo stile più o meno complesso, lo swing, la presenza di stacchi oppure lo strumento che la batteria dovrà seguire. Un’aggiunta che fa davvero la differenza e che farà risparmiare un mucchio di tempo nella generazione della traccia di batteria. Nel corso della nostra prova, registrato un riff di chitarra, abbiamo aggiunto la batteria in una manciata di minuti, e il risultato è stato più “umano” che non creando la traccia colpo dopo colpo. Amplificatori ed effetti rinnovati Con la versione 2.1, Garage Band entra in concorrenza con Amplitube e con tutte le app che permettono di collegare lo strumento direttamente all’iPhone e simulare amplificatori e multi-effetti. Ovviamente non ci sarà la varietà di amplificatori e effetti delle app di terze parti, ma ce n’è comunque una buona varietà. In questo nuovo aggiornamento, oltre a trovare diversi amp per chitarra e basso, possiamo modificare in tempo reale mentre registriamo, i controlli di segnale (Gain, Master e Output), l’equalizzatore a 3 bande e il compressore. Quindi, se non bastano i loops, i live loops o gli strumenti touch, possiamo collegare il nostro basso o la nostra chitarra direttamente all’iPhone o all’iPad e simulare l’amp preferito, equalizzare il suono e poi aggiungere una catena di effetti a scelta tra Phase Tripper, Vintage Drive, Treble Boot, Fuzz Machine, Heavenly Chorus, Robo Flanger, The Vibe, Auto-Funk, Blue Echo e Squash Compressor. Garage Band gestisce fino a 32 tracce audio contemporanee, a patto di avere un iPhone 5s o successivi, iPad Air o iPad mini 2. Se invece utilizzate applicazioni multi-effetto di terze parti e volete utilizzarle in Garage Band, allora potrete sfruttare Audio Unit, tramite il quale potrete registrare il vostro strumento elaborato dall’app che preferite, a patto che supporti Audio Unit ovviamente. Il vostro iPhone, in pratica, diventerà un vero studio di registrazione. Può sembrare assurdo che uno smartphone possa diventare un multieffetto, e invece il tutto funziona egregiamente, anche se registrare sullo schermo dell’iPhone è improponibile. Meglio l’iPad Air o, se siete tra i fortunati possessori, lo schermo 13 pollici (o quasi) dell’iPad Pro. A condire il tutto ci sono 1.200 nuovi Apple Loops e nuovi suoni. GarageBand 2.1 per iOS è gratuito con nuovi dispositivi iOS con capacità 32GB e superiore, mentre è disponibile come aggiornamento gratuito per gli attuali utenti che utilizzano dispositivi compatibili con iOS 9 o successivi. Per tutti gli altri può essere acquistato su App Store a €4,99, e possiamo dire con tranquillità che li vale proprio tutti.