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n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
I soldi di Apple
(e degli altri)
per ridurre le tasse
La riconfermata amicizia tra Apple, rappresentata
dal suo CEO Tim Cook, e il nostro Governo, impersonato dal premier Matteo Renzi, ha riportato sotto
i riflettori dell’attualità la questione della fiscalità
dei colossi dell’hi-tech. Non solo Apple, ma anche
Google, Amazon e così via, sono spesso considerati
da buona parte della politica, da molti osservatori
e anche da molti cittadini, veri e propri evasori. In
effetti, quello che queste aziende lasciano come
tasse nel nostro Paese è spesso irrisorio rispetto
al giro d’affari che generano in Italia. Gli annunci,
come quello del recente accordo che ha messo fine
al contenzioso tra Apple e fisco italiano, vengono
generalmente letti secondo due punti di vista
diametralmente opposti: chi dice che 318 milioni di
transazione su quasi 900 contestati sia un’elemosina; di parere opposto i “realisti”, che festeggiano
l’incasso di quattrini che non sarebbero mai entrati
(o comunque non presto) nelle casse dello Stato.
Il punto nodale, su cui in pochi si soffermano, è le
certezze, in quest’ambito, sono poche: Apple e gli
altri non sono evasori, nel senso stretto del termine.
Al massimo elusori: cercano, tra le regole fiscali
differenti e non armonizzate dei diversi Paesi del
mondo (ma anche solo dell’Unione Europea), le
condizioni per pagare il meno possibile, in alcuni
casi con qualche “forzatura”. Il Fisco dal canto suo
tende a interpretare ogni norma in maniera da massimizzare il proprio introito. Purtroppo – ma questo
lo sanno anche i cittadini a cui il fisco ha contestato
qualcosa – spesso le regole fiscali sono proprio da
interpretare o comunque da applicare a contesti per
i quali non erano state pensate, come per esempio
la tariffazione dei servizi eseguiti da server esteri
ma venduti a clienti italiani.
Fanno bene i cittadini a indignarsi: se si vedono
comminare una sanzione da parte del fisco, non
sono mai in condizione di impostare una trattativa.
Dovrebbero però farlo allo stesso modo quando
a transare, con non pochi risparmi, è il cantante,
l’attore o il calciatore di turno.
E ancora: da un lato è vero che i colossi dell’hi-tech
fanno grandi fatturati riconducibili all’Italia; ma è anche vero che il trasferimento degli utili verso l’estero
non è un fenomeno limitato al settore dell’hi-tech
ma riguarda, con molta meno enfasi mediatica, le
multinazionali di tutti i settori: da questo punto di
vista le “crociate” di alcuni contro lo società dell’hitech sono quantomeno miopi, se non addirittura in
cattiva fede.
Bisognerebbe guardare a questi accordi tra fisco e
multinazionali dell’hi-tech con un po’ più di laicità:
nel breve termine sono soldi recuperati che probabilmente non si sarebbero incassati altrimenti, almeno con facilità. Nel medio termine, rappresentano
un precedente importante per fissare un principio
di maggior rispetto della fiscalità locale. Nel lungo
termine – però – devono preludere alla piena
armonizzazione fiscale almeno comunitaria: senza
un intervento da questo punto di vista si perpetra
questa sorta di “fiscal divide” che non può che
aumentare la nostra distanza dai Paesi che sono
fiscalmente più attraenti di noi e che quindi non ci
permettono di giocare ad armi pari. Ci piace pensare che accordi come quello tra Apple e il Governo
siano la premessa di una rinnovata convenienza
per le multinazionali a non premere troppo forte
sulla leva fiscale transnazionale: tanto una parte del
risparmio fiscale se ne va tra concordati e danni di
immagine. Il Governo, però, in attesa di una politica
fiscale europea unica, deve usare questi fondi per
realizzare obiettivi di riduzione della pressione
fiscale, senza i quali resterebbero vive le premesse
che hanno generato le storture di oggi.
Gianfranco GIARDINA
MAGAZINE
Tim Cook incontra
Esclusivo: Ultra HD Chi vende più auto
ancora Matteo Renzi Blu-ray Warner
elettriche? Non Tesla
Oramai è amicizia 02 in Italia a marzo 11 e nemmeno Nissan 28
Numeri, dati e segreti del vinile
Quanto vendono LP e giradischi?
Complice la crescita del mercato dei dischi in vinile
abbiamo deciso di fare il punto della situazione
ascoltando il parere di appassionati e operatori
04
Confusione HDR: cosa c’è
da sapere per scegliere il TV
13
Arrivano i TV HDR insieme ai primi film HDR
ma esistono diversi standard. Vediamo quali
sono i prodotti compatibili tra loro e perché
Tutte le serie TV in arrivo
Sarà un 2016 spettacolare
16
Importanti adattamenti letterari, qualche
gradito ritorno e progetti originali: la nuova
stagione si annuncia molto interessante
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
30
32
LG 65EF950, l’OLED Huawei Mate 8
finalmente è piatto Autonomia super
35
Moto X Force
5,4” a prova d’urto
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Tim Cook, CEO di Apple, ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Matteo Renzi
Tim Cook incontra Renzi: oramai è amicizia
L’incontro arriva subito dopo l’accordo fiscale e l’annunciata scuola di coding Apple a Napoli
di Gianfranco GIARDINA
P
er la seconda volta in poche settimane Tim Cook si rivede con
Matteo Renzi. La prima occasione,
che risale allo scorso 10 novembre, era
stata un pranzo a Milano, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico
della Bocconi, a cui il CEO di Apple aveva partecipato come speaker d’onore.
L’incontro di sabato scorso, invece, lè
avvenuto a Roma, a “casa” di Matteo
Renzi: Tim Cook è arrivato per pranzo
a Palazzo Chigi, dopo essere andato
in visita da Papa Francesco. In mezzo a
questi due incontri, due eventi notevoli,
e di certo correlati: dapprima l’annuncio dell’accordo da oltre 300 milioni
di euro tra Apple e il fisco italiano per
sanare alcune situazioni contestate; e
quindi – annuncio più recente – la prospettata creazione di una scuola di
coding finanziata da Apple a Napoli,
operazione che dovrebbe garantire, oltre ad un auspicato miglioramento delle
competenze sullo sviluppo software dei
giovani italiani, anche 600 posti di lavoro, che da quelle parti non guastano di
certo.
Matteo Renzi è apparso cordiale e in
sintonia con Cook: singolare anche la
somiglianza dei vestiti, forse addirittura
coordinata dagli uffici stampa. Un amore, quello sbocciato tra Apple e il Governo, che sicuramente farà bene all’Italia,
non foss’altro perché potrebbe far uscire allo scoperto, ingelositi, altri colossi
dell’hi-tech, come Google, che invece
sembrano meno vicini, come anche ha
evidenziato una nostra inchiesta.
Peraltro il premier Renzi non ha mai nascosto la sua passione per Apple, diventandone quasi involontario testimonial,
presentandosi spesso in pubblico con
iPhone e Mac e citando spesso nei suoi
discorsi i prodotti Apple come archetipo
di semplicità di utilizzo.
Tim Cook ha incontrato, a margine del
meeting con Renzi (che gli ha regala-

Renzi incontra Tim Cook
torna al sommario
to, tra le altre cose,
una Moka Bialetti),
anche alcuni rappresentati del Governo:
le ministre Stefania
Giannini (Istruzione,
Università e Rierca)
e Maria Anna Madia
(Semplificazione e
Pubblica
Amministrazione) e Paolo
Barberis, consigliere
per
l’Innovazione Un giovane Matteo Renzi in visita alla sede di Apple
del premier. Interessante la presenza del Ministro Madia, gestisce in maniera elettronica docualmeno per gli amanti delle dietrologie: menti cartacei ed eventuali scadenziari
ci sono forse possibilità che la Pubblica semplicemente fotografandoli. VeroneAmministrazione passi al Mac?
se ha un passato da imprenditore e ha
Insieme a loro 5 giovani sviluppatori collaborato alla realizzazione di diverse
italiani (selezionati da Apple) hanno mo- app, prima di Quokky, come quella della
strato la propria soluzione a Tim Cook, Milano City Marathon, Ferrari Tribute e
alcuni anche con uno strategico e ben 1000 Miglia, in collaborazione con Acbrandito iPhone. Ecco quelli che secon- centure.
do Apple sono gli sviluppatori di app più Francesco Marino, co-fondatore di Gapromettenti e innovativi in Italia:
niza, una app che facilita l’organizzazioStefano Portu, co-fondatore dell’app ne delle uscite serali con gli amici, sugDove conviene, sicuramente la realtà gerendo i migliori posti vicini e inviando,
più conosciuta del pool. Portu è laureato secondo i principi “social” le convocain scienze della Comunicazione a Bolo- zioni in maniera automatica. Marino è un
gna e con precedenti in Buongiorno e giovane siciliano, laureato in economia
l’Espresso, forse anche da non annove- a Catania e con un master a Venezia in
rare più tra i “super-giovani” visto che si Digital Economics & Entrepreneurship.
Roberto Macina, Ceo e co-fondatore di
approssima alla quarantina…
Alessandro Petazzi, Ceo di Musement, Qurami, app che permette di gestire in
app (e sito web) lanciato nel 2013 che maniera intelligente e dematerializzata
suggerisce attrazioni turistiche in tutto il le code, meglio del classico “bigliettino”
mondo, gestendo anche la biglietteria. del supermercato. Macina è un ingePetazzi è un bocconiano con master a gnere informatico che ha ideato l’app
Copenhagen con trascorsi in Bain e Fa- ancora da studente, nel 2010, e l’ha reastweb e con gli ultimi anni passati in On lizzata, con alcuni co-fondatori, nel 2011.
Cubed, società di sviluppo di app per
Smart TV.
Foto e Video Credits: Tiberio Barchielli
Filippo Veronese, Ceo e co-fondatore e Filippo Attili - Presidenza del Consiglio
di Quokky, una app nata nel 2013 che dei Ministri
Quanto costa
essere il motore
di ricerca di iOS?
1 miliardo
di dollari
All’interno dell’iter
giudiziario che vede
Oracle contro Google
è stata svelata la cifra
che Big G avrebbe
corrisposto ad Apple
per rimanere il motore
di ricerca di default
di iOS: addirittura
1 miliardo di dollari
di Gaetano MERO
1 miliardo di dollari: è questa la
cifra che Google sembra aver
erogato ad Apple per rimanere
il motore di ricerca di default su
iPhone e sugli altri dispositivi della
Mela nel 2014, secondo quando
riportato da Bloomberg. L’informazione è trapelata durante una
sessione del processo giudiziario,
iniziato nel 2010, che vede Oracle
contro Google a seguito dell’uso
non autorizzato della tecnologia
Java per lo sviluppo di Android.
Secondo l’avvocato Annette
Hurst, che difende in aula Oracle,
Apple e Google avrebbero successivamente siglato un ulteriore accordo sul 34% del fatturato
generato dal motore di ricerca
(su dispositivi iOS), cifra che non
è chiaro dalle trascrizioni se trattenuta direttamente da Apple in
base al traffico generato dai propri dispositivi o se corrisposta da
Google sul totale. Secondo l’avvocato di Big G, i numeri dichiarati
dalla controparte sono del tutto
ipotetici in quanto i dati non sono
di dominio pubblico.
Il fatto che Google avesse preso
accordi con Apple era noto da
tempo, tuttavia i due portavoce
delle rispettive aziende hanno
preferito non commentare la notizia che ha comunque messo in
luce le dinamiche attuate dalle
due società e il giro d’affari da
cui restano inevitabilmente fuori
i altri competitor del colosso di
Mountain View.
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25 GENNAIO 2016
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MERCATO Come aveva annunciato, la Rai ha iniziato a trasmettere in HD sul quarto canale
Rai 4 in onda in alta definizione sul satellite
I programmi sono visibili sulla piattaforma TivùSat al numero 110 e su Sky con numerazione 104
L
Il manufacturer
di Taiwan pronto
a rilevare Sharp
Offerta doppia rispetto
alla concorrenza
fa gola il know-how
nella produzione
di display
di Roberto FAGGIANO
a Rai inizia il processo di introduzione di nuovi canali in alta definizione, come già annunciato nello
scorso ottobre, durante un convegno
dedicato agli installatori TivùSat.
Il primo canale disponibile per il nuovo corso di trasmissioni via satellite in
alta definizione è Rai 4 HD, già visibile
sulla piattaforma TivùSat al numero
110. Anche gli abbonati Sky potranno
seguire il nuovo canale in HD nell’ambita posizione 104, andando quindi
a sostituire Retequattro, da tempo
non più disponibile sul satellite sulla
piattaforma di Sky. Secondo il piano
annunciato dalla Rai dovrebbero a
breve termine partire anche i canali
Rai Premium HD e Movie HD, ma al
momento non ci sono ancora comunicazioni ufficiali.
di Dario RONZONI
Nel mese di agosto poi dovrebbe
essere la volta del secondo canale
sportivo Sport 2, in occasione delle
Olimpiadi di Rio. Sport 2, in occasione
delle Olimpiadi di Rio.
MERCATO I dati arrivano dal report economico relativo all’ultimo trimestre del 2015
Netflix continua a crescere, su ricavi e sottoscrizioni
Netflix comunica un incremento dei ricavi in linea con quanto previsto dagli analisti
Sono state addirittura superate le stime in termini di nuovi utenti e di utili per azione
di Simone SANVITTI
empo di trimestrali negli Stati Uniti: il
19 gennaio è stato il turno di Netflix,
che ha reso noti i propri fondamentali relativi al Q4 2015, oltre alle stime per
il primo trimestre del 2016. Nel report
leggiamo dell’attestazione dei ricavi trimestrali a 1,82 mld di dollari, ovvero in
incremento del 4,9% rispetto al trimestre precedente, e di un consistente più
22,8% rispetto allo stesso periodo del
2014. I ricavi totali del 2015 hanno raggiunto i 6,77 miliardi di dollari. L’azienda
ha rispettato le stime degli analisti in
quanto a crescita di fatturato, ma ciò che
ha scaldato il cuore degli investitori del
NASDAQ, lanciando il titolo a un temporaneo +8% nella seduta di qualche giorno fa, è stato il dato sugli utili per azione
che hanno raggiunto i 10 cent, superando di gran lunga la previsione di 2 cent
per azione.
Ancora più interessante il dato sull’aumento delle sottoscrizioni totali: nel periodo considerato Netflix ha guadagnato

T
torna al sommario
Sharp sull’orlo
della bancarotta
La rileverà
Foxconn?
5,59 milioni di
nuovi utenti (di
cui 4 all’esterno degli Stati
Uniti), superando di quasi
mezzo milione
la previsione,
raggiungendo il numero
globale di 75
milioni di sottoscrizioni. A fine 2014 gli
utenti totali erano 57 milioni, per cui durante il 2015 Netflix ha incrementato la
propria platea di oltre il 30%, e si pone
oggi l’obiettivo di sfondare il muro degli 80 milioni non più tardi del 31 marzo
2016.
La politica di espansione di Netflix non si
ferma, e nella nota di accompagnamento
al report Hastings e Wells (CEO e CFO di
Netflix) hanno potuto felicemente annunciare di essere presenti ormai in 180 Paesi. La Cina resta off-limits, ma l’azienda
californiana sta consolidando il proprio
modello di business anche e soprattutto
fuori dalla propria terra natìa, mostrando
tassi di crescita da New Economy.
Che gli affari vadano bene ce lo conferma anche l’andamento del titolo al NASDAQ, che nell’ultimo anno è passato da
50 dollari a oltre 100 dollari, e oggi veleggia attorno ai 110 dollari per azione.
Così, mentre nonostante tutto gli operatori TV tradizionali ostentano serenità
(vero NBC?) noi ci possiamo sistemare in
poltrona a goderci le nostre serie preferite in streaming, consci che Netflix ci farà
compagnia ancora per un bel po’.
Tempi bui per uno dei marchi
storici della grande elettronica
di consumo: soffocata dai debiti,
Sharp è sull’orlo della bancarotta
e necessita di un salvataggio a
suon di miliardi di yen. La salvezza
potrebbe venire dall’estero, nello
specifico da Taiwan. Si sta concretizzando l’offerta d’acquisto di
Foxconn, società impegnata nell’assemblaggio dei device Apple.
Stando a quanto riportato dal Wall
Street Journal, Foxconn sarebbe
pronta a sborsare 625 miliardi
di yen (5,3 miliardi di dollari) per
rilevare l’azienda, offerta doppia
rispetto a quanto messo sul piatto
dall’Innovation Network Corp. of
Japan, fondo di investimento appoggiato dal governo nipponico.
Acquisendo Sharp e il suo consolidato know-how nella produzione di display, Foxconn potrebbe
riproporsi sul mercato come un
manufacturer a tutto tondo, sia
come partner di Apple sia come
attore indipendente. D’altro canto, il Giappone non sarebbe felice
di lasciare in mani straniere uno
dei fiori all’occhiello della propria
industria nazionale. La situazione
finanziaria di Sharp è tuttavia insostenibile, e Foxconn è pronta
anche a ripianare il debito della
società, che ammonta a circa 4,4
miliardi di dollari. Una decisione
sulla vendita è prevista entro marzo, alla chiusura del prossimo trimestre fiscale.
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25 GENNAIO 2016
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MERCATO Complice la crescita costante del mercato dei dischi in vinile, abbiamo deciso di fare il punto della situazione
Numeri, dati e segreti della musica in vinile
LP e giradischi in Italia si vendono davvero?
Abbiamo ascoltato il parere di appassionati, dei negozianti e degli operatori. Chi compra la musica sul vecchio vinile?
di Emanuele VILLA
a classifica dei vinili si aggiunge ufficialmente alla
Top Of The Music by FIMI / GfK Italia da gennaio
2016. In questo modo il primo comunicato stampa FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) del
2016 pone l’accento sull’inarrestabile ritorno del vinile, che dopo un silenzio totale durato più di un decennio ha ricominciato a crescere nel 2007 e da lì non si
è più fermato. Dopo un approfondimento sugli album
e i giradischi disponibili e la visita all’ultima fabbrica
italiana superstite, torniamo sull’argomento per soddisfare alcune curiosità: possibile che in un mondo che
ha quasi completamente smaterializzato la musica si
parli ancora di vinile? Qual è la percezione degli acquirenti e quale quella degli addetti ai lavori?
L
Il vinile è una nicchia, ma si sente
Chi vive di pane e tecnologia non ha armi, non ha proprio la forma mentis per comprendere i fondamenti
del ritorno in auge del vinile: come si fa a spendere
40 euro per lo stesso contenuto, per di più scomodo, che si trova in Spotify a 9 euro al mese? Chissà
quante volte il teenager di turno si è posto questa
domanda osservando il quarantenne acquistare
The Dark Side of the Moon in doppio vinile. Eppure
gli LP esistono, ci sono e fanno numeri non trascurabili in ogni parte del mondo: le grosse catene come
Media World, Trony o La Feltrinelli hanno tutte un’area
dedicata agli LP e i pochissimi negozi di dischi sopravvissuti alla musica liquida hanno deciso di dedicare ai
cari e vecchi dischi un bel po’ di spazio, nella speranza di tornare ai fasti del passato. Ovviamente i dati di
mercato ci dicono che il vinile non sarà più quello di
una volta, ma questo è scontato: stiamo parlando di un
4% del mercato discografico italiano (che comprende
supporti fisici e digital download) ma con percentuali di
crescita costanti e un’attenzione crescente da parte di
appassionati e operatori. A novembre 2015 il vinile ha
fatto registrare solo in Italia un notevole +74% rispetto
allo scorso anno e non ci stupiremo se raggiungesse
in qualche anno il 10% del mercato. In altre parti del
mondo la situazione è analoga o migliore: negli USA,
mercato che genera numeri ben superiori ai nostri, il
vinile è al 9% delle vendite totali di supporti fisici.
Difficile confrontarlo al nostro 4% che comprende anche i download, ma i dati sono quanto meno paragonabili.
Nielsen ha appena fatto uscire il suo rapporto annuale,
dove a fronte di una crescita dello streaming del 93%
rispetto allo scorso anno (non c’è dubbio che la musica
del presente e del futuro sia quella, con 317 miliardi di
canzoni ascoltate), il vinile ha fatto un +30% e, come dichiara la stessa Nielsen, stayed strong (è rimasto forte)
durante l’anno con 12 milioni di album venduti. Il rock
è l’assoluto dominatore con il 68% di tutte le vendite
di LP, e chi ne ha giovato di più sono i piccoli negozi di
dischi indipendenti che hanno ottenuto il 45% di tutte
le vendite.
Tra il 10% e il 15% del fatturato
di un negozio italiano di dischi

Dando un’occhiata alle classifiche del 2015 (qui
sotto) è chiaro che l’acquirente tipo di vinili non è
propriamente un quindicenne: se al secondo posto generale troviamo Lorenzo 2015 cc, è peral-
torna al sommario
tro vero che la classifica è dominata da artisti del
calibro dei Pink Floyd e dei Led Zeppelin. I primi,
in particolare, hanno letteralmente conquistato il
mercato italiano con The Dark Side of the Moon,
The Wall, Wish you were here, The Endless River e
The Division Bell. Piuttosto istantaneo concludere che
il target primario del vinile nel 2015/2016 siano le stesse persone che già compravano dischi all’epoca e che
continuano (giustamente) a coltivare la propria passione. Abbiamo parlato con tante persone in questo periodo, tanti acquirenti di LP e letto centinaia di opinioni
su forum e blog. Siamo giunti alla conclusione che non
può esistere un solo motivo che spinge le persone a
comprare un disco in vinile all’alba del 2016: tra i più
gettonati c’è il senso del possesso, che è stato completamente eliminato con la musica liquida, ma anche
il fatto che il disco in vinile, in quanto tangibile, dà un
valore concreto alla musica che contiene. “I dischi danno valore alla musica, e per questo la gente li compra”
ci dice un amico appassionato che li colleziona da anni
e ha riempito intere stanze con i suoi amati LP, ma vorremmo anche riportare questa affermazione trovata su
web, che potrebbe spiegare (quanto meno superficialmente e in parte) perché il ritorno del vinile coinvolga
anche i più giovani: “Ho 19 anni e ho sempre e solo
ascoltato Mp3, il che significa che non ho niente di
concreto da tenere in mano, solo dei freddi file inconsistenti pieni di 1 e 0”. Poi c’è chi dice (giustamente) che
il vinile è più bello, con le sue maxi-copertine e i suoi
booklet, chi colleziona da decenni e non ha nessuna
intenzione di smettere, chi vive la sessione d’ascolto
segue a pagina 05 
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MAGAZINE
MERCATO Mediaset porta in tribunale Sky: chiede 45 milioni di euro per la trasmissione dei canali Mediaset sul satellite
Mediaset e Sky, accordi sui diritti e scontri in tribunale
Ma secondo l’inchiesta sui diritti TV le due società si sono mangiate la torta dei diritti senza aggiungere posti a tavola
U
di Roberto PEZZALI
n giorno amici, poche ore dopo
nemici: difficile trovare una chiave
di lettura per quello che sta accedendo sull’asse Sky – Mediaset, ma ci
abbiamo provato.
Come ha infatti riportato il quotidiano
Repubblica, Sky e Mediaset, pizzicate
dall’Antitrust, si sarebbero sparite la torta dei diritti TV del campionato di calcio
di serie A ostacolando la concorrenza e
trasformando quella che doveva essere
un’asta in una sorta di gioco a due magistralmente diretto da Bogarelli e da Infront, l’advisor che doveva essere super
partes e che invece ha svolto un ruolo
attivo nell’assegnazione dei vari pacchetti. Nelle mani dell’Antistrust ci sarebbe un corposo faldone con 56 pagine
di relazione e più di 182 documenti che
dimostrano come l’asta dei diritti TV sia
stata tutt’altro che una operazione basata sui principi della libera concorrenza, e
su come si sia fatto di tutto per attribuire a Mediaset il pacchetto di diritti del
digitale terrestre che, buste alla mano,
era finito nelle mani di Sky. Leggendo
il contenuto delle mail recuperate dai
finanzieri durante le perquisizioni nelle
sedi delle società, non sembrerebbe affatto di trovarsi di fronte a due aziende
in lotta: “Questa è stata più dura del solito ma ce l’abbiamo fatta. Ci sentiamo
domani” – esultano gli avvocati di Mediaset al termine dell’accordo. “Anche
stavolta ci siamo arrivati!” – replica Sky.
Ecco perché, nella stessa ottica, non
può essere così credibile la richiesta
di 40/45 milioni di euro di risarcimento
fatta da Mediaset
a Sky con una denuncia al Tribunale
di Milano. La notizia
è di oggi e la riporta
sempre Repubblica:
Mediaset chiede a
Sky un compenso
per i diritti di ritrasmissione dei canali
free Canale 5, Italia
1 e Rete 4, canali che Sky ha trasmesso
sulla piattaforma satellitare fino a quando Mediaset ha deciso di criptarli. Una
causa questa che difficilmente Mediaset
riuscirà a vincere: da parte di Sky infatti
non c’è mai stata una “ritrasmissione”
del segnale, l’operatore satellitare si è
sempre limitato a sintonizzare un canale
che chiunque con un decoder satellitare
poteva vedere in chiaro. Mediaset e Sky
di nuovo nemici? Forse si, forse no: crediamo che la causa in tribunale serva a
entrambe le aziende per riequilibrare la
bilancia in vista del processo per i diritti
TV che inizierà il prossimo 16 febbraio:
secondo l’Agcom Sky e Mediaset sono
pappa e ciccia, ma se ci sono un po’ di
processi di mezzo…
MERCATO
Numeri e segreti della musica in vinile
segue Da pagina 04 

come una sorta di rituale (“Quando voglio godermi
davvero la musica, vado verso la mia collezione di
vinili. Ascoltare un vinile richiede la giusta predisposizione e attenzione, non puoi semplicemente premere
“play” e fare altro...”) e un piccolo esercito di appassionati che sostiene che il vinile offra una sessione
d’ascolto più piacevole, coinvolgente, dinamica, calda.
In una parola, che suoni meglio. Per quanto riguarda
l’identikit dell’acquirente ci ha aiutato Mario Buscemi,
titolare dell’omonimo negozio che è una vera e propria istituzione nel mercato milanese: la maggior parte
degli acquirenti supera i quarant’anni e non ha mai
smesso di acquistarli, alimentando così la propria collezione. Ma ci viene detto che c’è anche una discreta
fetta di giovani che, attratti dal fascino “vintage” dello
strumento, non acquistano altro che vinili: nessun CD,
zero file e di streaming neanche a parlarne. Solo il
caro e vecchio vinile.
Cerchiamo anche di capire la visione del fenomeno da
parte di chi lo vive quotidianamente vendendo dischi
da decenni. Buscemi ci conferma che, in una situazione pressoché stabile di vendita di supporti fisici (tra
cui vinili, CD, DVD e Blu-ray), il vinile sta effettivamente
crescendo con costanza e, complice il fatto che costa
di più degli altri, oggi pesa sul fatturato del negozio
tra il 10% e il 15% anche perché il mercato dell’usato
è molto importante (mercato che la musica liquida ha
completamente azzerato) e numericamente molto difficile da quantificare. Una nicchia sì, ma niente male
per un supporto che era dato per morto e sepolto ormai da anni.
torna al sommario
Si vendono molti più giradischi
che CD Player
Anche i produttori di hardware (giradischi, puntine &
co) sembrano soddisfatti dell’andamento del mercato. Per avere un’opinione e qualche dato interessante
abbiamo sentito Giancarlo Valletta di Audiogamma,
distributore di importanti marchi audio come Denon,
B&W e Rotel, oltre a Ortofon, Musical Fidelity, Pro-ject
e altri attivi proprio nel mercato della musica in vinile.
Ci viene detto che non solo il mercato è effettivamente in crescita di anno in anno, cosa peraltro ovvia
considerando il lancio di nuovi modelli da parte di
aziende come Sony e Technics, ma che sta raggiungendo numeri di tutto rispetto: la sola Pro-ject produce 120.000 giradischi al mese e anche le case discografiche sembrano davvero interessate a investire
nel vinile non solo perchè il mercato è in crescita, ma
anche perché esente da quello che loro considerano
il problema N.1, la pirateria. Inoltre, scopriamo che i
numeri diffusi circa la vendite di dischi non possono
che essere parziali perché non tengono conto del
grande mercato dell’usato.
E che dire del rapporto tra CD e vinile all’alba del
2016? Difficile quantificare in numeri, nel senso che
l’installato CD è estremamente più ampio, ma va detto
che in questo momento il rapporto tra il venduto delle
due categorie è impietoso: su 10 apparecchi, 7 sono
giradischi e 3 lettori CD. Al punto da ipotizzare che in
futuro sopravviveranno 2 strumenti di fruizione musicale, quello “liquido” (lo streaming) che ovviamente
avrà il 90% del mercato, e il vinile, mentre del CD si
saranno ormai perse le tracce.
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25 GENNAIO 2016
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MERCATO L’adesione al CONAI è obbligatoria, per esempio, per tutti i commercianti che in Italia vogliono aprire un’attività
Il Consorzio Imballaggi ancora nel secolo scorso
Adesioni solamente via fax. E la PEC non vale…
Per aderire al CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, le uniche strade realmente percorribili sono fax e raccomandata
La procedura di adesione online non funziona e la PEC non viene accettata. Retroguardia tecnologica all’italiana
T
di Gianfranco GIARDINA
ra i tanti adempimenti di chi in Italia vuole aprire
un’attività commerciale di qualsiasi tipo, c’è l’adesione al CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi. Il
costo è irrisorio, 5.16 euro una tantum, e aderire è obbligatorio, pena multe da 10mila a 60mila euro. Ma per farlo è ancora (incredibilmente) necessario inviare un fax o
una raccomandata A.R.. E per pagare non sono ammessi, ovviamente, transazioni online con carta di credito né
PayPal, ma è necessario fare un bonifico bancario o un
bollettino postale, con costi aggiuntivi che rischiano di
sfiorare il costo della tariffa di adesione.
La procedura online ci sarebbe
ma CONAI la sconsiglia
In realtà le premesse per chi, nella necessità di aderire
al CONAI, si inizia a interessare sembrano buone: sul
sito del CONAI c’è scritto chiaramente che dall’ottobre
2015 è attiva la procedura di adesione online, attraverso il portale governativo impresainungiorno.gov.it, anche se – come dice il sito - “è possibile continuare ad
utilizzare anche i canali tradizionali (fax – posta)”.
Provando ad attivare la procedura di adesione online,
però, ci si scontra con i malfunzionamenti del portale
“Impresa in un giorno”: abbiamo provato e farlo funzionare è infatti davvero un’impresa.
Sul portale del Governo vengono infatti riportate due
modalità di registrazione: con smartcard (che non abbiamo) o senza, con unsername e password. Ci registriamo senza smartcard e la procedura va a buon fine:
il nostro account viene attivato e riconosciuto in pochi
passaggi. Ma non appena proviamo a passare alla procedura di adesione online al CONAI ci viene restituito
un errore di autenticazione.
online, è molto complicata, serve la smartcard. Guardi – prosegue l’operatrice -, la cosa più semplice è
quella di scaricare il modulo dal nostro sito, compilarlo e inviarcelo via fax”. A far montare il nostro stupore
contribuisce l’ulteriore chiarimento datoci, alle nostre
richieste di poter utilizzare la PEC (peraltro ben pubblicizzata nella sezione “Contattaci” del sito del CONAI):
“No, non può usare la PEC: le domande tramite posta
certificata non vengono accettate. E mi raccomando
– conclude l’operatrice – aspetti qualche giorno a inviare il fax: questi sono giorni di dichiarazioni periodiche che intasano il fax”. L’operatrice ha (tristemente)
ragione: proviamo a chiamare a diverse ore del giorno
ma il numero di fax del CONAI è costantemente occupato: altro tempo da perdere. Tra l’altro, non ci risulta
che il ricorso alla PEC possa essere rifiutato, dato che
la legge la omologa alla raccomandata.
Tanto tempo perso
dei cittadini e degli operatori CONAI
Nel 2016 c’è di che restare a bocca aperta: non solo
le richieste di adesione, che si fanno una volta nella
vita, devono essere inviate via fax (o peggio ancora per
Raccomandata, ma non per PEC), ma lo stesso sistema “analogico” va utilizzato anche per le dichiarazioni
periodiche, con tanto di numero intasato, cosa che ovviamente con una procedura online non accadrebbe.
CONAI: “Mandi un fax
No, la PEC non la accettiamo...”

Dopo ripetuti test e tentativi (che utenti meno esperti
non avrebbero neppure intrapreso), tutti inutili, desistiamo e chiamiamo il numero verde del CONAI. Un’operatrice molto gentile, risponde senza indugio alla nostra
richiesta di chiarimenti: “No, lasci stare la procedura
torna al sommario
Risultato: da questa parte del fax qualcuno deve compilare i moduli a mano e dall’altra parte qualcuno deve
reimputare i dati scritti a penna, con i conseguenti costi
e gli inevitabili errori. Peggio ancora: il PDF per l’adesione scaricabile dal sito CONAI non è un modulo elettronico, compilabile con il PC, ma un PDF immodificabile protetto da password. È quindi necessario stampare
il modulo su carta, compilarlo a penna e quindi inviarlo
via fax; presumibilmente alla sede CONAI il fax verrà
ristampato, moltiplicando, oltre al tempo perso e agli
errori, anche i consumi di carta. Carta, tempo e costi
di personale che, con una semplice procedura online,
avrebbero potuto essere del tutto risparmiati.
Mettere al bando il fax (esclusivo)
Una vicenda che ha dell’incredibile: nel 2016, con la
diffusione di Internet oramai completa, almeno tra gli
operatori economici, il fatto di non avere una procedura online valida, accessibile e funzionante, soprattutto
per gli adempimenti obbligatori, non può più essere catalogata come un semplice dimenticanza. La questione CONAI, che riguarda in Italia centinaia di migliaia
di imprese e negozi, è solo una delle tante in questa
Italia “nostalgica” che non riesce a fare a meno del fax
e delle procedure manuali. Il fax, se deve continuare
a far parte del panorama dei canali di comunicazione,
deve diventare sempre più marginale e comunque far
parte di un ventaglio di opzioni in cui le modalità digitali devono essere favorite. Questo caso si affianca a
quello relativo ai dati TARI gestiti via fax dal Comune
di Milano (e dallo stesso comune risolto con l’attivazione della procedura online dopo una ventina di
giorni dalla nostra segnalazione): non mancheremo di
segnalare altri casi analoghi, rilanciando anche eventuali segnalazioni dovessero arrivarci dai nostri lettori,
che sono invitati a scriverci a [email protected].
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Nonostante il primo posto in classifica, è stato un 2015 in lieve calo per Samsung
2015, venduti 1.3 miliardi di smartphone
Samsung sempre in vetta, crescono i cinesi
I dati di vendita del settore mobile registrano nel 2015 un incremento del 10,3% globale
Samsung prima, ottimi i risultati di Apple e Huawei sale al terzo posto per la prima volta
di Gaetano MERO
I
l 2015 è stato un ulteriore anno di crescita per gli smartphone secondo i dati
diffusi dall’autorevole istituto di ricerca
e statistica TrendForce. Le vendite globali
hanno registrato un incremento del 10,3%
rispetto al 2014 raggiungendo 1,293 miliardi di unità distribuite, numeri destinati
a crescere di un ulteriore 8% nel 2016 secondo le prime proiezioni.
Ciò che rileva TrendForce è l’avanzare
inarrestabile dei produttori cinesi, molto
forti nella fascia media del settore, che
raggiungono complessivamente una
quota di mercato superiore al 40% pari a
539 milioni di smartphone venduti, contro i 547 milioni di Samsung ed Apple. Il
sorpasso avverrà quest’anno, in base alle
stime della società di ricerca, in cui uno
smartphone su due venduto sarà cinese.
Se Huawei ha registrato un anno fatto di
grossi numeri in cui è diventato leader tra
i produttori cinesi e terzo a livello mondiale superando le 100 milioni di unità distribuite e scavalcando un colosso come
Lenovo, lo stesso non si può affermare
di Samsung che ha avuto un 2015 difficile non raggiungendo gli obiettivi prefissati. La società coreana ha visto una
diminuzione delle vendite su base annua
dell’1,8% e un calo della propria quota di
mercato globale dal 28% del 2014 al 25%,
pur mantenendo la posizione di leader
mondiale con 320 milioni di smartphone
venduti. Ottimi i risultati di Apple che si
conferma secondo produttore nel mondo con la cifra di 227 milioni di iPhone
venduti che si traducono in un +17,7% annuo rispetto ai circa 192 milioni del 2014
consolidando una quota di mercato pari
al 17,5%. Lieve discesa su mercato globale per LG, che aveva fatto molto bene nel
2014, dovuta probabilmente a vendite
di G4 meno brillanti del previsto. L’asso
nella manica pare essere stato il V10 lo
smartphone dal doppio display sovrapposto che ha fatto impennare le vendite
nel secondo semestre del 2015.
Esaminando la tabella dei dati su mercato cinese salta all’occhio il balzo di
Huawei che ha venduto 108 milioni di
unità contro i 73 milioni dell’anno precedente, diventando leader in patria con
una fetta di mercato che passa dal 15,6%
al 20%. Buona anche la performance di
Xiaomi che con la linea Mi pur non raggiungendo l’obiettivo di 100 milioni di
unità, si ferma a quota 72 milioni assumendo comunque il secondo posto tra
i connazionali e quarto a livello globale.
Lenovo ha subìto un calo delle vendite
annue del 24% scendendo al terzo posto
tra i produttori cinesi e al quinto su scala globale dovuto, probabilmente, a una
fase di assestamento dopo l’acquisizione
di Motorola.
I droni Amazon consegneranno pacchi in mezz’ora
Amazon spiega come funzionano i droni che è pronta a usare per le consegne a domicilio
A
di Franco AQUINI

torna al sommario
Nell’ultimo trimestre
2015 GoPro avrebbe
totalizzato ricavi
inferiori rispetto
a quanto previsto
tanto da tagliare
il 7% della forza lavoro
Mercato saturo o
concorrenza agguerrita?
di Franco AQUINI
MERCATO Dettagli rilasciati in un’intervista a Yahoo Tech dal vice presidente Paul Misener
mazon procede con Amazon Prime Air, il progetto che riguarda l’impiego dei droni per la consegna a
domicilio. In un’intervista a Yahoo Tech,
il vice presidente Paul Misener spiega
come gestiranno le varie problematiche.
Il drone che consegna in città sarà diverso da quello che consegna in periferia,
dove i clienti potranno ricevere i pacchi
nel proprio giardino entro mezz’ora dall’ordine. Sulla questione condomini Misener afferma che stanno lavorando su
un tipo di drone adatto a questo tipo di
GoPro licenzia
il 7% della forza
lavoro: mercato
ormai saturo?
consegne, ma nulla si sa sull’operatività
pratica. Per quanto concerne gli ostacoli,
Misener ha paragonato i propri droni a
cavalli: come è poco probabile che un
cavallo si vada a schiantare contro un
albero, pur ordinandoglielo, così un drone saprà quando aggirare un ostacolo.
Questo riguarda gli ostacoli fermi, per
quelli volanti Amazon ha studiato un sistema che ha già sottoposto alla FAA e
NASA per la gestione dello spazio aereo:gli aeromobili con equipaggio volerebbero sopra i 500 piedi, tra i i 400 e i 500
piedi ci sarebbe una zona di sicurezza, e
tra i 200 e i 400 piedi ci sarebbe lo strato dove far volare i propri droni. L’idea
è al vaglio degli enti preposti alla regolamentazione. Ma Misener sostiene che
Amazon, se i droni fossero pronti prima
delle regolamentazioni negli Stati Uniti,
potrebbe decidere di partire con questo
servizio altrove.
Il mercato delle action cam, dopo
la scalata degli ultimi anni, comincia a diventare affollato e probabilmente si sta avvicinando alla
saturazione, al punto che GoPro
ha recentemente rivisto al ribasso il prezzo della Hero4 Session.
Ma il quarto trimestre 2015 ha
affondato il coltello nella piaga,
tanto da costringere l’azienda ad
annunciare un taglio del 7% della
forza lavoro, circa 105 persone.
Numeri certi li avremo in occasione dei risultati finanziari ufficiali,
attesi per il 3 febbraio, tuttavia
GoPro ha affermato sul suo sito
di aver realizzato approssimativamente 435 milioni di dollari di ricavi nel quarto trimestre, al di sotto
dei 510 milioni che si aspettavano
gli investitori e GoPro stessa.
Quello delle action cam è un
mercato che probabilmente sta
raggiungendo la saturazione,
non essendo né dispositivi di
largo consumo né indossabili in
senso stretto. Non è trascurabile
nemmeno il problema della concorrenza che comincia a essere
agguerrita, soprattutto dal punto
di vista del prezzo. Per questo GoPro ha recentemente svelato progetti paralleli interessanti, come
il drone Karma che riprenderà a
360 gradi e il canale di streaming
per console, per fare streaming
dalla GoPro a uno speciale canale
per PS3 o PS4.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Nel 2015 GE si era accordata con Electrolux ma l’Antitrus non aveva dato il consenso
Elettrodomestici General Electric ad Haier
Haier rileva la divisione elettrodomestici di General Electric per 5,4 miliardi di dollari
Chiusura dell’operazione per metà anno. Si attende l’ok delle autorità sulla concorrenza
di Alvise SALICE
È
la più mastodontica acquisizione
all’estero mai effettuata da una
multinazionale cinese nel settore
dell’elettronica e delle apparecchiature.
Rilevando la divisione elettrodomestici di
General Electric per 5.4 miliardi di dollari,
Haier si assicura un gigantesco salto di
qualità soprattutto nel mercato americano dei frigoriferi, dove fino ad oggi la sua
penetrazione era stata alquanto modesta
in rapporto alle percentuali medie di cui
gode sul mercato mondiale, essendo
la prima compagnia al mondo con uno
share medio del 10%. Negli States Haier
è attualmente conosciuta come un buon
produttore di elettrodomestici a costo
contenuto, laddove General Electric vende maxi-frigoriferi di lusso che costano
anche più di 8000 dollari. Per la verità,
il colosso a stelle e strisce aveva già
trovato nel 2015 l’accordo per cedere la
divisione Appliances ad Electrolux, ma
in quel caso è intervenuta l’Authority per
l’Antitrus, abortendo l’affare sul nascere.
Tutto sommato una fortuna per General
Electric, dato che la somma pattuita col
gigante svedese si “fermava” a 3.3 miliardi.
Ora, dai cinesi, ne intascherà quasi il
doppio.
Tre offre 100 GB di traffico con smartphone “top”
La nuova iniziativa di 3 Italia offre uno smartphone top con minuti, SMS e 100 GB all’anno
Altra novità, i piani ALL-IN Extra si rinnovano nel 2016 premiando i clienti più fedeli

T
torna al sommario
Il gruppo TIM
ha presentato
il logo che connoterà
società e prodotti
Tra gli obiettivi servizi
innovativi per gli utenti
e investimento
di 10 miliardi in Italia
per reti e infrastrutture
di Gaetano MERO
MERCATO Interessante promozione per chi attiva una SIM in abbonamento o ricaricabile
di Pierfrancesco PETRUZZELLI
empo di novità per i gestori telefonici nostrani con 3 Italia che lancia la
promozione 100 Giga, per chi attiva
una sim in abbonamento o ricaricabile
con smartphone top di gamma avrà a disposizione 100 GB di traffico 4G LTE per
12 mesi. Chi acquista un abbonamento
FREE avrà uno smartphone top (attualmente sono iPhone 6s, iPhone 6s Plus,
Galaxy S6 edge e Galaxy S6 edge+) che
potrà sostituire ogni 15 mesi, con SMS e
minuti a partire da 30 euro al mese, nello
specifico:
• FREE 400 – 400 minuti, 400 sms, uno
smartphone top di gamma e 100 GB per
12 mesi tutto incluso a 30 euro al mese.
• FREE Unlimited – minuti e SMS illimitati, uno smartphone top di gamma
e 100 GB per 12 mesi tutto incluso a
35 euro al mese.
• FREE Unlimited Plus – minuti e SMS
illimitati in Italia e all’estero, uno smartphone top di gamma e 100 GB per
12 mesi tutto incluso a 40 euro al mese.
Al termine della promo 100 Giga il traf-
TIM, nuovo logo
e nuova sede
fico dati incluso sarà quello previsto dal
piano sottoscritto. Gli abbonamenti FREE
prevedono anche 100 MB di traffico dati
in roaming nazionale ed il servizio Recupera che offre in caso di furto, smarrimento o danneggiamento, la possibilità
di riacquistare lo stesso modello di smartphone a un prezzo scontato.
Per quanto riguarda le ricaricabili, con
Scegli 30 avremo per 30 euro al mese,
oltre i 100 GB annuali, uno smartphone
a scelta tra iPhone 6s Plus, iPhone 6s,
iPhone 6, iPhone 6 Plus, Galaxy S6 edge,
Galaxy S6 edge+, Samsung Galaxy S6,
Huawei Mate S e SMS e minuti illimitati.
Mentre con Scegli 15, al costo di 15 euro
al mese, sono previsti 100 GB annuali,
400 minuti, 400 SMS, e un iPhone 5s.
L’anticipo per lo smartphone varia a seconda del modello scelto. Per il momento non sono disponibili informazioni su
eventuali vincoli ma è presumibile che ci
siano delle soglie settimanali da rispettare. Novità anche per chi attiva ALL-IN
Extra che vedrà raddoppiati minuti ed
SMS ogni 6 mesi , con dei limiti massimi
a seconda del piano scelto, e dopo un
anno avrà a disposizione 4 GB al mese.
Il gruppo TIM, sotto il quale sono
riunite rete fissa e mobile, ha presentato il suo nuovo logo. Un marchio essenziale, dalle linee pulite,
che riprende i medesimi colori del
precedente ma è più squadrato,
rigido, essenzialmente moderno.
Il logo rosso che accompagna il
brand TIM richiama la “T” del marchio e sarà presente su tutta la futura comunicazione e i prodotti. In
sede di presentazione, Marco Patuano ha affermato che al logo seguirà un importante cambiamento
dell’operatore il cui obiettivo è essere un player industriale e tecnologico sempre più all’avanguardia.
A livello di comunicazione, il cambio d’identità sarà accompagnato
da una serie di spot che vedranno protagonisti Tim Berners-Lee,
inventore del World Wide Web, il
presentatore Fabio Fazio e l’attore Pif. Il progetto prevede la nascita di una nuova sede societaria a
Roma, nelle Torri anni Cinquanta
di Ligini che diventeranno il nuovo quartier generale TIM grazie a
un piano di risanamento che trasformerà il complesso edilizio in
una struttura all’avanguardia.
TIM ha approfittato dell’evento
per ricordare il piano di investimenti e l’obiettivo che si è posta:
10 miliardi di euro, di cui 5 dedicati
alla realizzazione di datacenter e
infrastrutture cloud entro il 2017 e
l’implementazione delle reti mobili
e fisse con il raggiungimento del
95% della popolazione con la tecnologia LTE e il 75% con la fibra
ottica.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Avrebbero usato il cobalto del Congo estratto in condizioni lavorative disumane
Lavoro minorile e sfruttamento in Congo
Amnesty contro Apple, Samsung & Co
Un report di Amnesty International coinvolge colossi dell’industria dell’hi-tech e dell’auto
di Giulio MINOTTI
al Congo, uno dei principali produttori di minerali chiave per i
cellulari e dispositivi elettronici,
arrivano notizie riguardo le condizioni
degli operai delle miniere di cobalto,
costretti a lavorare in condizioni disastrose per uno o due dollari al giorno.
Secondo un report di Amnesty International e dell’organizzazione non
governativa Afrewatch, varie aziende tra cui Apple, Samsung, Microsoft,
Volkswagen
e
Daimler/Mercedes
avrebbero utilizzato il cobalto, estratto nelle miniere congolesi, all’interno
delle batterie inserite in vari prodotti,
smartphone e auto elettriche e ibride.
Non si tratta di un coinvolgimento diretto, ma di una catena complessa che,
partendo da aziende locali e passando
da fornitori più o meno diretti dei colossi dell’elettronica, finisce nei prodotti di uso comune. 16 multinazionali
sarebbero coinvolte nello scandalo che
D
avrebbe avuto origine da una società
cinese, la Huayou Cobalt, che si sarebbe approvvigionata del materiale attraverso una sua sussidiaria in Congo, la
Dongfang Mining International per poi
passare a tre aziende che producono
batterie per smartphone e auto elettriche: L&F Materials, Ningbo Shanshan e
Tianjin Bamo. Il processo di estrazione
del cobalto, nel Paese africano che è
il maggior produttore mondiale (quota
prossima al 50%), avviene in miniere
che sfruttano anche bambini di sette
anni, in pessime condizioni lavorative.
Nel rapporto di Amnesty si parla di abu-
si fisici, trasporti di carichi pesantissimi
e continue esposizioni a sostanze chimiche pericolose che possono causare
anche malattie polmonari fatali.
Molte aziende hanno già risposto in
merito, ma la situazione che si prospetta è di una complessità epocale: alcune
hanno dichiarato di non avere legami
con le aziende coinvolte, altre che è
impossibile verificare che l’origine del
cobalto usato sia proprio il Congo, altre ancora hanno promesso indagini
approfondite, ma in ogni caso nessuna
è stata in grado di fornire informazioni
dettagliate sulla questione.
MERCATO A salvarsi, in controdendenza, è solamente Apple che conquista un +6,2% globale
Windows 10 non frena il crollo del PC: -10% nel 2015
Secondo i dati IDC, il 2015 è stato l’anno peggiore per i PC: -10,6% nell’ultimo trimestre
I
di Gaetano MERO

l 2015 non sarà di certo ricordato come
l’anno del Personal Computer. Secondo i dati diffusi da IDC il calo di vendite
registrato nell’ultimo trimestre dell’anno
si attesta al 10,6% rispetto allo stesso periodo del 2014. È il primo anno dal 2008
in cui la distribuzione di unità complessive è scesa al di sotto dei 300 milioni,
il declino più consistente nella storia del
PC. Poco più rassicuranti i dati diffusi da
Gartner secondo cui il calo nell’ultimo trimestre del 2015 sarebbe dell’8,3%.
Qualcosa non ha funzionato. Ci si aspettava un’impennata nelle vendite durante
il periodo natalizio che non si è verificata, probabilmente “colpa” anche dell’aggiornamento gratuito a Windows 10 che
ha visto coinvolti milioni di computer e
che ha forse fatto desistere dall’acquisto di un nuovo PC la maggior parte dei
consumatori, oltre alla diffusione di tablet
e smartphone che hanno rimpiazzato il
torna al sommario
computer desktop
nelle operazioni
di tutti i giorni.
C’è comunque da
considerare che
nel calcolo sono
compresi PC desktop, notebook
e ultrabook, rimangono invece
esclusi i dispositivi
2 in 1 che da soli potrebbero risollevare
la percentuale trimestrale di 6 punti.
Tranne Apple, in controtendenza con una
crescita annuale del 6,2%, tutti i produttori hanno registrato una riduzione vendite nel 2015 che porta il dato complessivo a -10,4% (per Gartner -8%). Lenovo
si conferma leader mondiale detenendo
il 20,7% del settore, dopo si collocano
HP e Dell i quali registrano entrambi una
diminuzione del 5,9%, stando ai dati di
IDC, troviamo quindi Apple al quarto po-
sto tra i produttori mondiali con una fetta
di mercato del 7,5%, caduta libera invece
per Acer che, pur rimanendo tra i primi
cinque, registra un calo del 18,1%.
Difficili le previsioni per il 2016, secondo
Gartner si avrà un ulteriore calo dell’1%
essendo il mercato del PC nel bel mezzo di un cambiamento strutturale. IDC
pensa invece a una ripresa del settore
dettata dalla necessità di aggiornamento
hardware di PC obsoleti e da prezzi interessanti per i consumatori.
Carte di credito
violate negli
Hotel Hyatt
Un malware nel sistema
di pagamento dei POS
degli hotel Hyatt
ha sottratto i dati
della carta di credito
dei clienti di 318 hotel
su 627. Tra questi
il Park Hyatt di Milano
di Roberto PEZZALI
Un malware nel sistema di pagamento degli alberghi Hyatt, capace di sottrarre i dati delle carte di
credito e i dettagli delle transazioni: la nota catena di alberghi il
23 dicembre ha ammesso di aver
scoperto il codice fraudolento
nel suo sistema di pagamento e
di aver prontamente provveduto
a risolvere il problema. Hyatt ha
diramato la lista degli hotel colpiti e sono 318 su un totale di 627
del gruppo, lussuosi alberghi a 5
stelle. Tra questi c’è anche il Park
Hyatt di Milano in Galleria.
Chuck Floyd, Global President of
Operations della catena Hyatt,
nel comunicato diramato chiede
ai clienti degli hotel del gruppo di
far attenzione agli estratti conto
della carta di credito, soprattutto
se questa è stata usata negli hotel
colpiti per il pagamento di servizi
accessori come Spa, parcheggio e
per i conti dei ristoranti. Il malware
ha sottratto nome, cognome, data
di scadenza e codice di verifica interno, quanto basta per effettuare
transazioni non autorizzate. La catena Hyatt ha attivato un servizio
antifrode gratuito per un anno a
tutte le persone che, nei periodi
incriminati, hanno visitato uno degli hotel della catena. Nel caso di
Milano le date a rischio sono quelle che vanno dal 13 agosto all’8
di dicembre. Al momento sono
in corso le indagini per capire chi
sono i responsabili della frode.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Barbara Pavone (Warner Bros Italia) ci ha conferma l’arrivo degli UHD Blu-ray
Ultra HD Blu-ray Warner in Italia da marzo
I primi titoli arriveranno contemporaneamente al lancio dei lettori di Samsung e Panasonic
A
di Roberto PEZZALI
bbiamo fatto quattro chiacchere con Barbara Pavone, Vice
President of Group Marketing
Warner Bros Entertainment Italia, per fare
il punto sull’arrivo del formato Blu-ray 4K
nel nostro Paese. Siamo infatti tornati da
Las Vegas con la certezza che Samsung
e Panasonic avrebbero lanciato anche in
Europa i lettori all’inizio del secondo trimestre (marzo – aprile), ma senza alcuna
idea sull’effettiva commercializzazione,
anche in Italia, dei film.
“Il lancio dell’Ultra HD Blu-ray è un
evento di importanza primaria per rivitalizzare il supporto fisico”. Inizia così la
nostra chiacchierata, che prosegue con
l’importante conferma che quando arriveranno i lettori nel nostro Paese si potranno trovare nei negozi anche i primi
titoli, ovviamente doppiati e localizzati
in italiano. La versione del disco sarà la
stessa che abbiamo avuto modo di vedere al CES di Las Vegas, un package
che conterrà le due versioni dell’opera
Lo storico e versatile
player (legge anche
il web streaming) arriva
su Apple TV rendendola
un media player ancora
migliore
di Franco AQUINI
su Blu-ray e Ultra HD Blu-ray e permetterà anche il download digitale del film
per la visione su tablet e smartphone.
“In America usciranno dai 35 ai 60 titoli
nel corso del 2016” - ci conferma Barbara Pavone - “ma anche in Italia avremo una buona line up, magari con un
leggero ritardo sulle release dovuto soprattutto a tempi tecnici”. I dischi, infatti,
saranno tutte versioni da 100 GB con
video Ultra HD e HDR, mentre per l’audio la traccia sarà in Dolby Atmos. Tra i
primi titoli alcuni best seller degli ultimi
mesi come Lego The Movie e Mad Max,
ma arriverà anche American Sniper così
come arriveranno anche alcuni blockbuster in uscita che si prestano particolarmente ad un rilascio sull’avveniristico
formato, ad esempio Batman V Superman. Manca ancora una indicazione
di prezzo, ma sicuramente costeranno
leggermente di più degli attuali Blu-ray:
pesano la presenza del doppio disco e
il costo di produzione più alto.
ENTERTAINMENT Nel 2016 di Netflix ci sono importanti conferme ed esclusive prime TV
Netflix, ecco cosa ci riserva il nuovo anno
Tornano Jessica Jones e Orange is the New Black, ma non mancano i nuovi contenuti
N
di Michele LEPORI

etflix alza il sipario su quello che
ci attenderà in un 2016 che si prospetta davvero interessante.
Le prime certezze arrivano da due nomi
importanti che si guadagnano senza
troppa fatica il rinnovo. Stiamo parlando
di Orange is the New Black, che nonostante abbia lasciato per strada la verve
della prima stagione continua a riscuotere un buon successo di pubblico e che
dal 17 giugno vedrà la trasmissione della quarta stagione, e di Jessica Jones, la
serie TV con protagonista la bellissima
Krysten Ritter che cavalca l’onda del
successo che si porta dietro qualunque
cosa porti il logo Marvel. Per gli amanti
delle agonizzanti comedy, due date da
segnare sul calendario: il 15 aprile ritorna Kimberly “Kimmy” Schmidt, la baby
sitter più determinata di New York mentre il 6 maggio sarà la volta del ritorno
di Grace and Frankie. Per entrambe le
torna al sommario
VLC, il media
player definitivo,
finalmente
su Apple TV
serie è il secondo rinnovo. Il calendario
delle novità propone però serie TV per
tutti i gusti: si parte il primo di aprile con
il family drama The Ranch, che promette di portare le atmosfere di Dallas nel
nuovo anno, seguito dalla serie TV per
adolescenti Lost & Found Music Studios. Due settimane dopo, il 15, troveremo ai nastri di partenza una serie TV
animata, Kong; gli amanti del political
drama dovranno aspettare il 5 maggio
per l’uscita di Marseille, prima produzione francese di Netflix con un cast
importante fra cui spicca la presenza di
Gérard Depardieu. I mesi estivi, infine,
vedranno le prime del supernatural drama Stringer Things il 15 luglio ed il musical drama The get down il 12 agosto.
Direttamente dal sito del VLC
team, è arrivato l’annuncio ufficiale: Il player arriverà anche
su Apple TV, andando a colmare qualche gap dell’extender di
Apple che spingeva i potenziali
utenti a cercare soluzioni alternative. VLC è capace di leggere
praticamente tutti i formati video
(l’elenco completo di media e
formati supportati si trova qui), i
capitoli, le tracce audio multiple e
i sottotitoli. Può, sopratutto, leggere file dalla rete grazie al supporto a protocolli come DLNA/UPnP,
alle condivisioni di rete Windows
(SMB), all’FTP o direttamente da
un server Plex. E’ capace inoltre di
scaricare automaticamente dalla
rete sottotitoli (da OpenSubtitles.
org) e altre informazioni come copertine o biografie. Il player, oltre
a permettere la visione di contenuti locali o dalla rete domestica,
ha una funzione chiamata Remote
Playback che permette di fruire di
contenuti remoti tramite un web
browser. Basta copiare l’URL dello
stream direttamente nel browser
e il gioco è fatto. l team assicura
inoltre che sono già previste le
future evoluzioni, che prevedono
l’integrazione con i più popolari servizi di cloud-storage come
Dropbox, OneDrive o Box. Grazie
a VLC, la Apple TV diventa sicuramente un dispositivo ancor più
interessante.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Siglata la partnership tra Sky e CBS per la distribuzione dei contenuti in Europa
Tutta l’offerta Showtime arriverà su Sky
Siete pronti per il seguito di Twin Peaks?
Il network satellitare si assicura l’esclusiva delle serie TV, tra cui l’atteso sequel di Twin Peaks
di Michele LEPORI
uello che prima era un accordo
di distribuzione limitato a singoli
titoli da contrattare individualmente è diventata una partnership
tout court che coinvolgerà tutte le produzioni Showtime: ecco quindi che Sky
diventa il partner ufficiale del network
americano CBS per la distribuzione
delle proprie produzioni su territorio
britannico, irlandese, tedesco, austriaco e naturalmente italiano.
Dopo quella con HBO e Netflix per parte del loro catalogo, ecco l’ultimo colpo
del colosso satellitare di Murdoch che
si aggiudica così i diritti per portare al
di qua dell’Atlantico titoli come l’avvincente Billions, nuovo progetto con
protagonista Damian Lewis già andato
in onda le che ha subito attirato l’attenzione del pubblico con 3 milioni di
spettatori (più fredda la critica). Oltre al
Q
nuovo drama, la partnership con il canale che ha dato i natali a Dexter, Ray
Donovan e Masters of Sex permetterà
al pubblico italiano di essere in prima
fila quando - nel 2017 - ci sarà l’attesissima messa in onda del sequel di
Twin Peaks su progetto originale dello
stesso David Lynch e Mark Frost. Per
ingannare l’attesa, i clienti Sky avranno
l’accesso completo ai cofanetti completi di grandi successi del passato
quali Brotherhood, Dexter, I Borgia e lo
stesso Twin Peaks per quanto riguarda
le prime due stagione del 1990 e 1991.
Disney posticipa di 7 mesi Star Wars Episodio VIII
Dal Memorial Day si passa a Natale, al suo posto arrivano i galeoni di Pirates of the Caribbean
I
di Michele LEPORI

torna al sommario
Philips presenta un
proiettore “all in one”
Full HD a tiro ultra-corto
È compatto, ha audio
Dolby Digital 2.1
integrato ed estese
opzioni di connettività
di Emanuele GHELFI
ENTERTAINMENT Il successo ai botteghini di Episodio VII allontana la release dell’atteso seguito
galeoni dei pirati e i Tie Fighter spaziali
hanno sfiorato la collisione cinematografica: no, non è la trama di un improbabile crossover ma la nuova tabella di
marcia che Disney ha imposto a due dei
suoi titoli di maggior interesse attesi per il
prossimo anno. Il successo al botteghino
di Star Wars Episode VII ha fatto si che in
quel di Burbank venissero modificate le
tabelle di marcia, e la già fissata data di
uscita sul grande schermo di Star Wars
Episode VIII originariamente in programmazione il weekend del Memorial Day
statunitense il 29 maggio 2017, verrà posticipata di ben 7 mesi. Stesso timeframe
del prequel, quindi, che monopolizzerà
le sale a cavallo di Natale e che - sempre
negli uffici di Burbank - si augurano possa superare i finora 1.8 miliardi di dollari
incassati, di cui 852.3 milioni nei soli Stati
Uniti. Lo slot così liberatosi viene subito
rimpiazzato da altre navi, stavolta non
120’’ a 40 cm
dalla parete
È il nuovo Philips
Screeneo
spaziali, capitanate dal grande ritorno
di Jack Sparrow e della sua nuova avventura Pirates of the Caribbean: Dead
Men Tell No Tales che il 26 maggio si
farà carico di far felici la ciurma di milioni
di fan sparsi per il mondo. Le avventure
del Capitano e della Black Pearl appena
recuperata avrebbero dovuto arrembare
le sale il weekend del 7 luglio.
L’inversione di rotta dei vascelli Disney
impatterà anche sulle rivali cinematografiche di sempre, Sony su tutte:
pochi minuti dopo l’annuncio, il nuo-
vo film di Spider Man viene anticipato dal 28 al 7 luglio 2017, mentre il
film di Jumanji slitta dal 25 dicembre
2016 al 28 luglio 2017. Decisamente
contrariati anche Steven Spielberg e
Warner Bros, che andranno testa a testa
il 15 dicembre con Ready Player One e
che il 22 della settimana successiva rilasceranno Croods 2 e The Six-Million
Dollar Man. Lo spinoff di Star Wars in
uscita questo Natale, Rogue One, non
sembra sia stato affetto dal domino di
prime visioni.
Philips Screeneo HDP2510 è la
nuova proposta dedicata alla videoproiezione domestica “ravvicinata”: nuovo design con maniglia
integrata, compatto e facilmente
installabile in ambiente, un sistema audio Dolby Digital 2.1 posizionato alla base del dispositivo con
una potenza di uscita di 26 Watt e
possibilità, se posizionato a 10 cm
dalla superficie di proiezione, di
produrre un’immagine con diagonale 50’’ (127 cm) che può arrivare
fino a 120’’ (3 metri) se posizionato
a soli 42 cm dalla parete. L’obiettivo principale resta la qualità video,
per il quale si può avvalere di diverse tecnologie come LuminAce
per il trattamento d’immagine, una
nuova generazione di lampade
UHP che promettono una luminosità di 2000 lumen per 10.000
ore, la risoluzione Full HD che lo
distanzia dalle soluzioni precedenti rendendolo un vero prodotto per
Home Theater, il FlowMotion che
si “esalta” nelle scene di azione e
programmi sportivi e via dicendo.
L’ultimo arrivato tra i proiettori in
casa Philips è dotato di varie tipologie di connessione (HDMI, VGS,
attacco audio e cuffie, USB ecc.)
che consentono di collegarlo a
qualsiasi tipo di dispositivo.
Il prezzo di vendita dovrebbe aggirarsi intorno ai 1.600 euro. Niente
male per godersi 120’’ in HD.
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Arrivano i TV HDR e i primi contenuti HDR, ma sul mercato esistono molti standard. Saranno compatibili tra loro?
Confusione HDR: come scegliere il nuovo TV
Cos’è il Dolby Vision e che rapporto c’è con l’HDR? Quali sono i prodotti compatibili? Facciamo il punto della situazione
T
di Roberto PEZZALI
utti parlano di HDR ma non c’è un solo HDR: attualmente ci sono almeno quattro diversi standard, ma i nomi che tutti devono considerare
sono sostanzialmente due: HDR-10 e Dolby Vision. Di
HDR abbiamo già parlato a lungo in questo articolo,
ma quello che fino ad oggi non era chiaro è il modo in
cui l’HDR potrà essere fruito con i TV di nuova generazione, con i TV di quest’anno che già hanno a bordo la tecnologia HDR e con i servizi di streaming e i
nuovi blu-ray Ultra HD. La buona notizia è che esiste
uno standard “mandatory” denominato l’HDR-10: questo standard, certificato dalla Ultra HD Alliance, sarà
utilizzato praticamente da ogni tipo di contenuto HDR
e potrà essere letto e riprodotto da ogni tipo di dispositivo HDR. E’ uno standard tutto sommato semplice, con
una serie di metadati aggiuntivi in grado di garantire
comunque una buona qualità con luminosità di picco
fino a 4000 nits, anche se al momento i contenuti saranno realizzati per gestire picchi di 1000 nits.
L’altro standard è il Dolby Vision, che è uno standard
più sofisticato e complesso, ma anche migliore per
diversi motivi: le informazioni HDR infatti viaggiano su
un layer aggiuntivo con risoluzione Full HD che viene
sovrapposto, frame per frame, al segnale 4K. Questo
permette di avere, nello stesso flusso, anche una versione non Dolby Vision del contenuto, ad esempio una
versione Ultra HD fruibile senza problemi sui TV non
HDR. Inoltre, il Dolby Vision gestisce master fino a 12
bit con luminosità di picco che vanno fino a 10.000 nits,
limitati al momento a 4000 nits non essendoci display
consumer in grado di spingersi oltre. Gli altri standard
(Philips e Technicolor) al momento non li consideriamo:
diciamo che ad oggi il mondo consumer ha uno standard di base, l’HDR-10, e uno standard che promette
qualità più elevata fatto dalla Dolby, il Dolby Vision.
Cosa succede con i TV
Di HDR nei TV si è iniziato a parlare lo scorso anno,
alcuni modelli dello scorso anno sono già in grado di
gestire contenuti HDR. Stiamo parlando ad esempio
dei modelli Samsung SUHD, di alcuni TV OLED LG
come il modello piatto provato da noi recentemente
e dei Sony Bravia dello scorso anno che hanno ricevuto un update tramite rete per gestire questa funzionalità (S85, X85, X90, X91, X93 e X94). Tutti questi TV
sono compatibili con il formato HDR-10, quindi sono
già pronti per ogni tipo di contenuto HDR allo stesso
identico modo dei modelli di quest’anno. Alcuni modelli nuovi, tuttavia, sono compatibili anche con il Dolby
Vision: è il caso dei modelli OLED di LG del 2016, che
possono quindi gestire entrambi i tipi di HDR: se il
contenuto sarà HDR-10 useranno l’HDR-10, se invece
sarà Dolby Vision useranno i dati e il layer aggiuntivo
per visualizzare il formato più evoluto. Ad oggi quasi
tutti i produttori hanno abbracciato solo l’HDR-10: LG,
Hisense, Philips e altri produttori avranno però in gamma prodotti che gestiscono anche il Dolby Vision.
Streaming e HDR
Amazon e Netflix sono già pronti
Amazon ha iniziato lo scorso anno a fare streaming di
contenuti HDR: questi contenuti sono codificati utilizzando HDR-10 e quindi sono compatibili con ogni TV
HDR in commercio. Per Netflix la questione è leggermente più complessa: Netflix ha codificato i contenuti
HDR sia in HDR-10 sia in Dolby Vision: una versione
HDR di Marco Polo Stagione 1 codificata in entrambi
i formati (oltre al tradizionale Ultra HD) è già live sui
server di Netflix per lo streaming (e richiede almeno
22 Mbps). Purtroppo però nessuno può ancora vederla: Netflix infatti richiede la certificazione dei televisori,
e ad oggi non ha ancora certificato nessun TV come
HDR. Se guardiamo quindi Marco Polo in Ultra HD con
un TV OLED LG o un SUHD Samsung HDR vedremo
solo la versione Ultra HD standard: il client Netflix non
fornirà lo stream HDR (che esiste) fino a quando i produttori non saranno certificati dai laboratori Netflix. Neil
Hunt, a Las Vegas, ci ha fatto sapere che servirà qualche mese. La certificazione sarà relativa sia ai nuovi TV
che ai modelli già in commercio con a bordo l’HDR, ma
non è dato sapere oggi quali TV saranno coinvolti.
HDR e Blu-ray Ultra HD, tutto semplice

I Blu-ray Ultra HD potranno avere a bordo contenuti
HDR. Al momento attuale, l’unica certezza è l’HDR-10,
torna al sommario
quello universalmente riconosciuto da tutti. Nessun
produttore ad oggi ha sviluppato un chip Dolby Vision
per i blu-ray pertanto nessuno dei modelli che arriveranno sul mercato, siano Samsung che Panasonic, saranno compatibili Dolby Vision. La stessa cosa vale per
i dischi: i dischi Warner ad esempio useranno HDR-10
e saranno compatibili con ogni TV HDR.
Da segnalare che su un disco Ultra HD Blu-ray sarà
presente solo la versione HDR del contenuto: saranno
i player a effettuare una conversione da HDR a versione standard comprimendo la gamma dinamica.
HDR e broadcasting
Un affare complesso ancora da chiarire
Più complessa la questione legata al broadcasting:
su un canale infatti si può trasmettere solo un flusso.
Un problema che è già stato affrontato ai tempi del
3D: Sky ha dovuto creare un canale ad hoc per il 3D
perché non è possibile trasmettere insieme 2D e 3D
lasciando che siano i decoder, a volte vecchissimi, a
gestire una eventuale conversione. Una situazione
questa che rende la trasmissione TV molto più complessa da gestire dello streaming, dove un film può essere codificato in diverse versioni e al Blu-ray Ultra HD,
dove i player dispongono come detto sopra di un sistema per comprimere la dinamica trasformando l’HDR in
una immagini godibile anche su un TV tradizionale. Nel
caso del broadcasting l’HDR-10 è il formato in assoluto
meno indicato: un contenuto codificato in HDR-10, visto
su un TV tradizionale (che ignora i metadati aggiuntivi),
sarà totalmente sbilanciato sulle alte e sulle basse luci.
Dolby sta cercando di proporre il Dolby Vision: grazie
ai due layer si può usare un layer base codificato con
la curva standard, quindi adatto a tutte le TV non HDR,
lasciando il layer aggiuntivo per l’HDR. Così facendo
però sarebbero solo le TV Dolby Vision a godere dell’HDR, per tutte le altre TV il segnale sarebbe quello
standard, poco importa se il TV è HDR o non HDR.
segue a pagina 14 
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Il Tribunale impone a Fastweb il blocco degli IP di Rojadirecta tramite firewall
Lotta al calcio gratis: blocco totale per Rojadirecta
Mediaset impugnerà la sentenza davanti a tutti gli operatori, che botta per il calcio gratis
I
di Roberto PEZZALI
l classico blocco tramite DNS che solitamente gli operatori italiani utilizzano per impedire l’accesso a siti che
violano le regole di copyright non è più
sufficiente. Il giudice Paola Gandolfi del
Tribunale di Milano ha stabilito infatti in
un provvedimento del 13 gennaio 2016
che l’ordine di blocco deve “comprendere ogni attività di disabilitazione dell’accesso al sito internet in questione, sia ai
DNS sia agli indirizzi IP associati”. Una
sentenza storica che chiude così una
diatriba lunghissima, quella che vedeva
opposta Mediaset ad alcuni operatori
di telefonia che non avevano inibito per
i propri clienti l’accesso al noto portale
Rojadirecta. Dopo una prima vittoria
contro Fastweb datata 18 novembre e
dopo l’arrivo del provvedimento di attuazione scattato il 22 dicembre, arriva ora
con una ulteriore sentenza il chiarimento
su come dev’essere implementato questo blocco, e secondo il giudice deve
trattarsi di un blocco assoluto.
Mediaset, nel comunicato stampa, esulta
perché “mai prima d’ora, infatti, la magistratura civile aveva imposto a un fornitore di connessione internet di inibire ai
propri clienti l’accesso a tutti gli indirizzi
IP collegati a un sito, “Rojadirecta” nel
caso in oggetto. Il provvedimento del
Tribunale di Milano - prosegue Mediaset - fornisce una tutela effettiva ai diritti
esclusivi degli editori, individuando nei
fornitori di connettività gli operatori più
idonei a contrastare la pirateria digitale.”
Una bella gatta da pelare: fino ad oggi gli
operatori si sono limitati a eliminare i siti
dai loro server DNS evitando così che gli
utenti potessero raggiungerli. Un blocco
leggero, come molti ormai sanno: se si
utilizzano server di altri paesi o pubblici,
come quelli noti di Google, i siti bloccati
tornano raggiungibili. Mediaset, a margine della sentenza, conferma che “farà
valere questa decisione anche presso
le Autorità regolamentari dove il tema
del blocco degli IP è fondamentale per
evitare che i provvedimenti del Garante
possano essere facilmente aggirati”.
Si chiude quindi l’epoca del DNS e si
apre l’epoca del firewall, quasi impossibile da saltare senza una VPN, e in grado
di colpire anche servizi con server privi
di dominio (Acestream e Sopcast) utilizzati per vedere partite in diretta anche
in qualità HD. Per la pirateria legata agli
eventi in diretta questo potrebbe il KO.
ENTERTAINMENT
Netflix
Stop all’accesso
via proxy
Netflix ha l’intenzione di bloccare
la fruizione di contenuti non region
free da parte di utenti che utilizzino
proxy e unblocker vari per aggirare le
limitazioni territoriali. La motivazione
è palese: onde evitare problemi legali
con fornitori di contenuti di terze
parti, Netflix intende far rispettare
al massimo gli accordi regionali
stipulati, con buona pace di chi
vorrebbe una diffusione senza confini
delle trasmissioni. I contenuti prodotti
direttamente da Netflix, precisano
da Los Gatos, continueranno invece
ad essere trasmessi generalmente
worldwide, senza particolari limitazioni territoriali. L’auspicio di Netflix
è quello di arrivare a un servizio
realmente globale, nel quale proxy e
VPN non saranno più necessari. Fino
ad allora, però, bisognerà scendere a
compromessi con licenze territoriali che per il momento limitano la
filosofia improntata alla massima
diffusione.
TV E VIDEO
Confusione HDR
Come scegliere il TV giusto
segue Da pagina 13 
L’altra soluzione è quella studiata da BBC e NHK chiamato Hybrid Log-Gamma, usato dal Centro Televisivo
Vaticano per la diretta da San Pietro in occasione dell’apertura della Porta Santa. Questo formato permette
di usare un solo flusso per TV HDR e non HDR, è royalty free e promette bene: i TV Sony Bravia del 2015
e i TV LG sono già in grado di gestire anche questo
formato.
HDR-10 basta e avanza

Dopo aver chiarito quello che succede nei vari settori
possiamo dire tranquillamente che l’HDR-10, quello di
base, basta e avanza per ogni tipo di cosa (tranne le
trasmissioni TV).
Il Dolby Vision è invece una sorta di HDR di nicchia,
migliore come resa ma con un piccolo difetto di fondo: Dolby vuole soldi per la licenza. E proprio per questo motivo al momento Samsung, Sony, Panasonic,
Amazon e chi produce gli Ultra HD Blu-ray hanno de-
torna al sommario
La serie TV Marco Polo di Netflix in HDR, riprodotta sullo schermo di un nuovo TV LG 2016
ciso di optare per la soluzione che non costa affatto.
Qualcuno sicuramente lo adotterà, usciranno Blu-ray
(sia dischi che player) che avranno anche il Dolby
Vision oltre all’HDR-10 ma come abbiamo detto ad
oggi è una “chicca” per appassionati che non deve in
alcun modo impattare la scelta di un prodotto. Non è
il caso di farsi troppi problemi neppure per il broadcasting: ancora non c’è l’Ultra HD, figuriamoci l’HDR.
NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE
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LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo.
OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAIMENT Da American Crime Stories a Westworld: per gli appassionati delle serie TV si prospetta un anno spettacolare
Tutte le serie in arrivo e da non perdere nel 2016
Un’invasione di supereroi, qualche adattamento letterario importante e progetti originali, tutti pronti per i prossimo Emmy
L’
di Roberto PEZZALI
anno che si è appena chiuso ha visto un totale
netto di nuove serie TV che si ferma all’impressionante quota di 450 progetti. Certo, nel totale
bisogna includere anche i prodotti di canali minori
quali Disney TV e Nick / TeenNick, ma il dato è facilmente visibile sulla rete: una cosa è certa, negli
ultimi anni la quantità di serie TV meritevoli di essere
viste, amate e consigliate sfonda il limite di quelle che
si possono oggettivamente seguire senza ridurre le
ore di sonno o prepensionare la nostra vita sociale. Il
2016 promette di “far soffrire” gli appassionati di serie
TV con un’altra ondata di progetti che non si possono perdere e che invece non si avrà probabilmente il
tempo di seguire: per rendere meno dolorosa la scelta, ecco la nostra lista del meglio in arrivo sui canali
(inizialmente americani e britannici).
Sarà come essere al San Diego
ComiCon, tutto l’anno
D’accordo, l’immagine forse è un po’ esagerata e accorpa piccolo e grande schermo ma il 2016, lo possiamo dire, sarà l’anno dei supereroi e di chi ama il
mondo dei fumetti: la calzamaglia potrà non accontentare tutti ma l’offerta televisiva di Netflix prima e
soprattutto AMC poi, raccoglierà numerosi consensi.
Il rinnovo di Jessica Jones di cui abbiamo parlato pochi giorni fa è infatti solo il primo passo di questo freddo inizio di 2016 in direzione di Marvel e affini: aprile
dovrebbe essere, infatti, il mese della messa in onda
di Luke Cage con protagonista il Mike Colter già visto
nelle scene hardcore della serie TV con Krysten Ritter. Cheo Hodari Coker sarà lo showrunner del nuovo
supereroe Marvel in arrivo, e promette di non voler
toccare la malcelata sessualità che tanto ha fatto parlare del progetto originale Netflix.

Gli altri due nomi grossi del panorama “comics” sono
targati AMC e FOX, che rilanciano l’offerta Netflix e
vanno all-in con gli attesissimi Preacher (trailer video)
e Outcast. Il primo è ad oggi giustamente considerato
come uno dei migliori fumetti di tutti i tempi, e Seth
Rogen giura di essere riuscito a trovare l’alchimia
perfetta per portare la dose di commedia, dramma,
violenza inaudita e temi decisamente forti del prodotto cartaceo sul piccolo schermo. E noi gli vogliamo
credere, perché la serie TV figlia del progetto e disegno di Garth Ennis la aspettiamo da quando HBO
torna al sommario
sembrava ad un passo dall’annuncio nel 2006.
Su Outcast c’è poco da dire: dovrebbe bastare sapere
che AMC ha opzionato la serie TV del lavoro di Kirkman dopo il primo albo uscito nelle edicole americane. La storia: Kyle Barnes è un uomo del West Virginia
posseduto dai demoni fin da ragazzino. Da ragazzo
vivrà la possessione della madre, da adulto quella
della moglie che ferirà anche la loro figlia e da quel
momento Kyle deciderà di isolarsi dal mondo fino a
che non ritroverà il reverendo che lo aiutò da ragazzino e che ora sembra in grado di aiutarlo a capire
cos’ha di diverso dagli altri. Il nome di Robert Kirkman
ormai è una garanzia di successo e “la mia prima vera
storia horror”, per usare la descrizione dell’autore
stesso al New York Comicon del 2013, ha qualcosa
che da sempre i fan delle serie TV vorrebbero che i
produttori avessero ben chiaro in testa: un finale già
pronto.
Tutti per i drama, un drama per tutti
FX, Hulu, HBO e Amazon hanno in serbo un bel po’
di suspence per questo 2016, nelle forme di progetti
originali e adattamenti letterari. Lo diciamo solo per
dovere di cronaca, ma anche stavolta è HBO ad avere le migliori frecce, con FX subito dietro e le altre
due contendenti a strettissimo giro di boa: i nomi da
tenere d’occhio per gli appassionati delle storie di
spessore iniziano ad essere tanti e vanno da Vinyl,
Westworld, The Path, 11.22.63 e American Crime Sto-
ries: the people V. O.J. Simpson”.
Ma c’è anche un gradito ritorno: l’inverno di FX negli
ultimi anni ci vedeva spettatori della spy story negli
anni della guerra fredda fra i coniugi Jennings e le superpotenze Russia e Stati Uniti. La bellissima Keri Russell e l’enigmatico Matthew Rhys entreranno in scena
con il loro The Americans (qui il trailer) il 9 marzo, data
attorno alla quale, negli anni precedenti, salutavano il
proprio pubblico: tutto il rumore e le perplessità sulla
terza stagione e come potesse arrivare ad un finale
tanto esaustivo quanto in grado di tenere alta la tensione per l’anno successivo sono state spazzate via
nel quasi poetico finale March 8th, 1983. The Americans resta una delle serie TV più belle degli ultimi
anni e la quarta stagione ha talmente tanto da dire
che non può proprio sbagliare.
Non contento, il network via cavo raddoppia la presenza televisiva rimpiazzando lo slot di inizio anno
con un nuovo progetto: American Horror Story è una
serie in crisi di identità ed alla deriva di idee, ma il duo
Murphy-Falchuk ha ancora qualcosa da dire ed il candidato ideale per farlo è American Crime Stories: the
people V. O.J. Simpson. Gli ingredienti della coppia
di produttori ci sono tutti: narrazione antologica, cast
importante, storia potenzialmente accattivante che in
questa prima stagione ci farà ripercorrere la storia del
runningback dei San Francisco 49ers O.J. Simpson
e dell’omicidio della moglie il cui eco arrivò anche in
Italia a metà anni 80. In virtù di ciò Sarah Paulson (la
pupilla di Falchuk), Cuba Gooding Jr. ed un irriconoscibile John Travolta daranno vita dal 2 febbraio ad
un legal drama pronto a cavalcare l’onda mediatica
del successo di tutto quello che è ascrivibile alla categoria true crime.
Hulu, l’altro nome nuovo dopo l’ormai affermato
Amazon Prime Studios, attaccherà il palinsesto a
metà febbraio (il 15) con uno dei titoli più attesi di tutto
l’anno: 11.22.63. Il romanzo di King è ben noto ai più,
ma un breve riassunto per tutti gli altri suonerebbe
come “… la storia di un insegnate di liceo che cercherà
evitare l’assassinio di John F. Kennedy viaggiando indietro nel tempo”. C’è della fantascienza e sappiamo
bene quanto poco sforzo ci voglia per mandare all’aria un progetto potenzialmente interessante (Helix,
Extant) ma confidiamo nel buon cuore di James Fransegue a pagina 17 
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
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ENTERTAINMENT
Le nuove serie TV 2016
segue Da pagina 16 
co e Chris Cooper nel non voler lasciar cadere nella
mediocrità la trama di un romanzo così interessante.
A fine marzo, per la precisione il 30, toccherà invece a
The Path. Inizialmente “The Way” e poi cambiato per
motivi legali, il drama punta sul fervore religioso ed i
conflitti di potere per portare a nuove vette i temi già
visti ed apprezzati in Hand of God: prodotto da Jason
Katim e Jessica Goldberg, il cast scelto da Hulu vede
fra gli altri un nome noto ai fan di Breaking Bad come
Aaron Paul e Michelle Monaghan.
Last but (mai come in questo caso) not least, HBO.
Il network ha disperatamente bisogno di una serie
TV che conquisti il palinsesto: Game of Thrones è
alla sesta stagione, i fan dei romanzi sono in rivolta
perché questo sarà l’anno della materializzazione del
loro incubo peggiore (la serie supererà i romanzi, sacrilegio). e se aggiungiamo un True Detective season
3 rimandato a settembre e un Girl che ha perso da
un pezzo la vena ispirata della prima stagione, abbiamo un quadro abbastanza chiaro della situazione. A
rimettere le cose a posto sono chiamati Westworld
e Vinyl. Il primo arriverà durante l’anno: ambientato
nel futuristico parco divertimenti a tema Selvaggio
West in cui vivono dei robot senzienti che inizieranno a dettare la legge del West a suon di revolver e
sfide all’O.K. Corral, Westworld è la riedizione per il
piccolo schermo del capolavoro cinematografico di
Michael Crichton dal titolo omonimo. Se il tema di
fondo sembra un incrocio tra Jurassic Park e Firefly,
il cast stellare fra cui Anthony Hopkins, Evan Rachel
Wood, Ed Harris e Jeffrey Wright dovrebbe appianare
ogni dubbio. Dovrebbe…
Su Vinyl, invece, zero dubbi e una valanga di certezze: è probabilmente la serie più attesa dell’anno.
Progetto a 6 mani Winter - Scorsese - Jagger, la serie
raccoglie i fasti di Boardwalk Empire e ci catapulta
nella New York di fine anni ’70 ed inizio ’80 in cui il
trittico sesso, droga e rock’n’roll sono l’unica cosa che
conta. Non necessariamente in quest’ordine. Più che
le parole, mai come in questo caso il trailer parla da
solo. E suona, soprattutto.
E l’Europa? È tutta in costume d’epoca

Come tralasciare la sontuosa tradizione televisiva
della TV europea? Impossibile, ecco quindi che dai
Reali Studi Televisivi di Sua Maestà (via Netflix) arriva The Crown, serie TV definita senza mezzi termini
torna al sommario
“epic” sulla vita della sovrana più longeva della storia
d’Europa, quella Regina Elisabetta II che ancora oggi
detiene le redini del trono d’Inghilterra.
Il ruolo più importante va a Claire Foy, che dopo la
superba interpretazione di Anna Bolena in Wolf Hall
su BBC 2 la scorsa estate, rispolvera dall’armadio il
costume da regina; al suo fianco John Lithgow nel
complesso ruolo di Winston Churchill e Jared Harris
come Giorgio VI.
La sintesi perfetta di drama, costume e history arriva
sempre da BBC ma nella forma di War & Peace: il
capolavoro indiscusso di Tolstoj ritorna oggetto del
desiderio per la produzione televisiva britannica,
che dopo la serie TV del ’72 riporta in auge la Storia dell’Europa e quella degli uomini in un format di
6 puntate da 1 ora l’una in cui il disegno narrativo si
intreccia indissolubilmente alla campagna di Napoleone in Russia.
Per gli amanti di questo genere sicuramente di nicchia
ma in grado di dare grandi soddisfazioni, un cast stellare: Paul Dano e Lily James nei ruoli chiave di Pierre
Bezukhov e Natasha Rostova, la bellissima Tuppence
Middleton nel ruolo di Helene Kuragina, Mathieu Kassovitz nel ruolo di Napoleone e l’ormai onnipresente
(o quasi) Gillian Anderson nel ruolo di Anna Pavlovna
Scherer. Le prime due puntate, già andate in onda nel
Regno Unito con plauso unanime di pubblico e critica,
arriveranno a brevissimo anche oltreoceano su ben 3
network: A&E, Lifetime e History Channel.
Non è esattamente una serie TV in costume nel
senso stretto della terminologia televisiva ma è certamente adattabile con un po’ di buona volontà:
stiamo parlando di The Young Pope, co produzione
HBO/Sky/Canal+ diretta dal nostro Paolo Sorrentino
in cui si narrano le vicende di Lenny Belardo, il Papa
più giovane mai eletto che passerà alla storia come
Pio XIII. Ridley Scott diresse un paio d’anni fa un pilot per Showtime sul Vaticano e i suoi segreti ma il
progetto non vide la luce del giorno: questa nuova
fatica di Sorrentino con Jude Law protagonista assieme all’eterea Diane Keaton, James Cromwell e Cécile
de France dovrebbe avere un taglio decisamente più
introspettivo sulla disamina del rapporto fra uomo e
Fede. Non c’è ancora una data di messa in onda, ma
una release tardo estiva è altamente probabile.
Senza dimenticare l’esercito dei sequel
Da Gotham a House of Cards
Non di sole serie nuove vive l’appassionato, ecco
quindi una veloce carrellata su cosa ritornerà nel
corso dell’anno. Abbiamo parlato di 2016 anno dei
supereroi, non possiamo quindi non citare Gotham
e Agents of S.H.I.E.L.D. su Fox, così come i vari Daredevil, Costantine e Arrow: piacciano o meno, le
calzamaglie saranno onnipresenti e l’azione non
mancherà mai. Manca pochissimo, poi, al ritorno del
fenomeno Vikings, la serie che ha lanciato History
Channel nel rodeo televisivo senza venire disarcionata dalle più blasonate rivali: le vicende di Ragnar
Lothbrok e del popolo vichingo ripartiranno il 18 febbraio. Altro nome grosso in arrivo, per la precisione
il 4 marzo, è la nuova stagione di House of Cards
sempre su Netflix, per la quale bisogna ancora capire se in Italia sarà distribuita in esclusiva su Sky o
prenderà la via dello streaming su Netflix.
È datata 7 marzo, invece, la riapertura del
Bates Motel: A&E ha rinnovato la serie nel 2015
per le stagioni 4 e 5, e l’inquietante teaser appena
distribuito dal network via cavo riporta subito i toni
disturbati della scorsa season finale, con Norman
ormai lanciato sui binari della follia.
Inquietante plot twist televisivo che va a braccetto
con la vita reale anche in Nashville: il musical drama
di ABC tornerà il 16 marzo per la seconda parte di
stagione, e continuerà a non vedere protagonista
Juliette Barnes (Hayden Panettiere) alle prese con
la depressione post-parto. Stessa sindrome che ha
colto l’attrice nella vita reale e che la terrà lontana
dai palchi del country almeno fino alla prossima stagione.
Gli amanti della musica hanno però di che essere
felici con il Vinyl di HBO, ma è bene tengano d’occhio anche Roadies: il progetto segna l’ingresso di
Showtime nel segmento con una dramedy a 4 mani
di Cameron Crowe ed il solito J.J. Carla Gugino e
Luke Wilson impersoneranno i responsabili di un
team al lavoro per una rock band itinerante che li
farà sentire professionalmente soddisfatti ma metterà a dura prova le loro vite private. Sponsor del
progetto Kelly Curtis, la manager dei Pearl Jam. Basterà? Sicuramente è un buon inizio.
Per un gradito ritorno, un addio che farà male: il 2016
sarà l’anno dei saluti per il cast di Person of Interest.
Giunge al termine l’epopea a firma Jonathan Nolan
che si è rivelata essere probabilmente la miglior serie TV degli ultimi 10 anni su un network generalista:
non c’è ancora una data, si sa solo che la stagione
sarà da 13 episodi e non i canonici 22. Il teaser di
presentazione è una delle cose più belle ed ispirate
viste negli ultimi anni.
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MOBILE Un aggiornamento abbastanza corposo con funzionalità dedicate a salute e istruzione
Novità iOS 9.3, da Night Shift all’iPad condiviso
Interessante la feature che limita l’emissione della luce blu nelle ore serali per facilitare il sonno
di Roberto PEZZALI
OS 9.3 è quasi pronto: Apple ha rilasciato l’ultima beta del suo sistema
operativo dedicato a iPad, iPhone e
iPod Touch per permettere agli sviluppatori di provare le loro applicazioni e
correggere eventuali problematiche.
Siamo di fronte a un aggiornamento
abbastanza corposo, dove insieme alla
risoluzione di alcuni bug e al miglioramento delle prestazioni su iPhone di
ultima generazione, Apple ha inserito
anche alcune funzionalità dedicate
soprattutto alla salute e all’istruzione.
In primo piano c’è senza dubbio Night
Shift, una feature che aiuterà chi si corica abitualmente a letto con un iPhone
o un iPad tra le mani a dormire meglio
e a svegliarsi più riposato. Night Shift,
utilizzando informazioni come la geolocalizzazione e l’orario, riuscirà a capire
esattamente quando il sole sta per tramontare nel luogo in cui ci troviamo e
progressivamente regolerà lo schermo
del dispositivo passando da tinte più
fredde a toni più caldi. Una scelta che
mira a ridurre le emissioni di luce blu,
una componente luminosa dello spettro
compresa tra i 380 e i 500 nanometri
che può aumentare la concentrazione
limitando la produzione di melatonina,
ormone secreto dalla ghiandola pineale che consente al corpo di rilassarsi al
punto di addormentarsi. Le radiazioni
emesse dalla luce blu, in pratica, impediscono al corpo di seguire il naturale ritmo circadiano: il nostro organismo non
riesce a distinguere la luce blu emessa
dallo schermo di un tablet alle 11 di sera
dalla luce emessa dal sole di giorno. Night Shift non è una novità assoluta: esistono già applicazioni per Android che
fanno questo da tempo (Twilight) e lo
stesso vale per il PC, dove tutti possono
provare gratis l’ottima utility gratuita
f.lux. Night Shift tuttavia non sarà disponibile per tutti coloro che aggiorneranno a iOS 9.3: servirà un dispositivo con
processore a 64 bit, quindi iPhone 5 e
5C, iPad Mini e iPad 2, iPad 3 e iPad 4
saranno privi di questa funzionalità.
Restando nell’ambito della persona Apple ha rivisto interamente anche l’interfaccia dell’applicazione Salute: look più
moderno, pannelli di più facile comprensione e un focus su alcuni aspetti come
peso, allenamenti e sonno. La scelta non
sembra casuale, con Apple che prepara

I
torna al sommario
Stile al top per
i nuovi Galaxy A
A breve in Italia
Smartphone di fascia
media dal design curato
nei dettagli e con un
rapporto qualità/prezzo
interessante
di Gaetano MERO
il terreno per la prossima generazione di
Apple Watch, dotata
di un numero ancora
maggiore di sensori
e nuove funzionalità
legate al benessere
e all’allenamento.
Spulciando le altre
novità di iOS 9.3
troviamo anche il
Monitor Dati per la
funzione Assistenza Wi-Fi: questa
funzione, introdotta
su iOS 9, commuta
automaticamente il
traffico dati dal WiFi alla connessione cellulare quando
la rete Wi-Fi è eccessivamente lenta,
una soluzione utile ma che ha portato,
secondo alcuni utenti, anche a un consumo anomalo del piano dati in alcune
situazioni. Apple, con il Monitor Dati,
mostrerà direttamente quanti dati 3G
o LTE ha consumato effettivamente per
permettere, a chi la utilizza, di regolarsi
di conseguenza.
Cambiamenti anche in ottica sicurezza:
l’applicazione Note, totalmente rivista
in iOS 9, viene finalmente utilizzata da
molti utenti come un blocco appunti e
spesso ci finiscono anche dati sensibili come
password, numeri di telefono e codici pin. Apple ha quindi introdotto
in iOS 9.3 la possibilità
di bloccare le Note con
una password o tramite
TouchID, aggiungendo
anche l’opzione di ordinamento delle note
per data di creazione,
di modifica o per ordine
alfabetico.
L’ultima novità riguarda
l’istruzione: Apple sta per
inaugurare una suite di
applicazioni dedicate alle
scuole e in iOS 9.3 si può
già vedere la traccia di un
grosso lavoro che punta
a rivoluzionare l’istruzione digitale. La feature più
sorprendente è Shared
iPad, ovvero la possibilità, come dice il nome
stesso, di condividere lo
stesso tablet tra più studenti: non tutti possono
permettersi un iPad, e con
Shared iPad una scuola potrebbe utilizzare un set di iPad per più classi e ogni
alunno, tramite account, potrebbe accedere ai suoi documenti, ai suoi compiti
e alle lezioni. I professori, con un’altra
applicazione chiamata Classroom, potranno gestire tutti gli iPad della classe
in remoto e accedere in tempo reale
allo schermo di ogni studente per controllare quello che sta facendo e bloccare, eventualmente, l’accesso ad app
esterne. Non è dato sapere se la suite
Educational verrà però rilasciata anche
in Italia.
Samsung ha annunciato l’arrivo
sul mercato italiano della famiglia
di smartphone Galaxy A 2016, terminali di fascia medio-alta caratterizzati da materiali premium, quali
vetro e metallo, e specifiche di
tutto rispetto. Al momento saranno
solo due i modelli commercializzati
nel nostro Paese, A3 e A5. È stato
effettuato un grande lavoro per ridurre al minimo la cornice così da
garantire una migliore esperienza
visiva, si nota un’accurata rifinitura
della scocca in metallo racchiusa tra due Gorilla Glass che dona
all’insieme un maggiore senso di
robustezza. Entrambi hanno ricevuto un upgrade del comparto
fotografico, montano una fotocamera principale da 13 MP e una
frontale da 8 MP con lenti f/1.9 che
assicurano buona resa anche in situazioni di oscurità; A5 è corredato
di stabilizzatore ottico d’immagine
OIS anteriore e posteriore. Diverse
le dimensioni dei display, entrambi
Super Amoled, così come la risoluzione: A5 monta un 5,2’’ Full HD da
1.920 x 1.080 mentre A3 un 4,7’’ con
risoluzione 1.280 x 720. Un processore octa core da 1,6 GHz e 2 GB di
RAM costituiscono il cuore pulsante dell’A5, A3 invece può contare
su un quad core da 1,5 GHz e 1,5
GB di RAM. Entrambi dispongono
della connettività LTE, cat.6 per l’A5
e cat.4 per l’A3, Bluetooth 4.1, NFC
e Wi-Fi, storage interno da 16 GB
e supporto a memorie esterne microSD fino a 128 GB. A5 monta una
batteria da 2.900 mAh ed è dotato
di funzionalità di ricarica rapida e
lettore di impronte digitali e pesa
155 gr. Il Galaxy A3 possiede una
batteria da 2.300 mAh e pesa solo
130 gr. Sono equipaggiati con sistema operativo Android Lollipop 5.1 e
saranno disponibili in tre colorazioni, bianco, nero e oro, a un prezzo
di 329 € per A3 e 429 € per A5.
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25 GENNAIO 2016
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MOBILE Il nuovo smartphone LG di fascia premium verrà presentato non prima del prossimo MWC
LG G5 sarà più ampio ma anche più sottile
Un leak proveniente da fonte affidabile svela importanti dettagli sul nuovo smartphone LG
A
di Dario RONZONI
d un mese circa dal Mobile
World Congress di Barcellona,
dove presumibilmente LG svelerà
i dettagli sul suo nuovo top di gamma,
trapelano in rete nuove importanti indiscrezioni sul G5, lo smartphone col
quale il marchio coreano intende dare
battaglia alla connazionale Samsung
nel segmento premium. Merito di
Shai Mizrachi, il leaker israeliano già
autore in passato di alcune succose
soffiate sul mondo mobile.
Lo schema tecnico protagonista del
leak ci consente di apprezzare nel
dettaglio gli elementi di novità del G5,
che per design si discosta in maniera
decisa dai predecessori della serie G,
a conferma dei rumor rimbalzati in rete
nei mesi scorsi. Il nuovo top di gamma
sarà più sottile e ampio del G4, con
misure che parlano di 149.4 x 73.9 x
8.2mm. I controlli del volume sembrano
migrati sul lato sinistro, mentre il tasto
di accensione/spegnimento dovrebbe
rimanere nella sua ormai classica posizione, sul retro sotto la fotocamera,
e molto probabilmente disporrà di uno
scanner per impronte digitali.
Tra le altre indiscrezioni, da sottolineare il passaggio
a una scocca interamente metallica,
una novità assoluta
per LG. Il display
edge to edge dovrebbe
misurare
approssimativamente 5,6” con risoluzione QHD. Per
la dotazione hardware si parla di 4 GB
di RAM, 64 GB di memoria flash e pro-
cessore Snapdragon 820. Dati ovviamente da prendere con le pinze, per
quanto plausibili.
iPhone OLED più vicino grazie a Samsung
Per garantire gli elevati volumi richiesti, Samsung è pronta a investire 10 miliardi di dollari
di Pierfrancesco PETRUZZELLI
U

torna al sommario
Microsoft ha depositato
il brevetto di una penna
provvista di batteria
che si ricarica quando
collegata ad una dock
di Alvise SALICE
MOBILE Samsung vicina a un accordo miliardario con Apple per fornitura di schermi OLED
ltimamente si parla con una certa insistenza di un potenziale
iPhone 7 con schermo OLED, e a
tal fine arriva dalla Corea notizia di un
accordo miliardario stretto dai due inossidabili nemici-amici Apple e Samsung
per la fornitura di schermi OLED.
Secondo quanto riportato da etnews
il colosso coreano sarebbe pronto ad
investire fino a 10 miliardi di dollari per
garantire ad Apple gli elevati volumi
richiesti. Secondo la fonte si prevede
una richiesta (che pare un po’ scarsina) che potrà andare dai 30mila pannelli al mese fino ai 45mila pannelli,
con un investimento per quest’anno di
3,32 miliardi di dollari, in impianti e attrezzature, somma a cui si potrebbero
aggiungere altri 7,47 miliardi di dollari
Surface Pro 5
avrà un pennino
ricaricabile
nel 2017. Tutto questo sebbene Apple
sia in contatto anche con altre società
specializzate in questo campo tra le
quali citiamo AU Optronics, LG e Japan
Display che hanno già lavorato con la
società di Cupertino per la realizzazione dei display LCD.
La produzione di questi pannelli da parte di Samsung dovrebbe partire già dal
primo trimestre di quest’anno quindi
- qualora la notizia si dovesse rivelare
fondata - difficilmente la prossima generazione di iPhone porterà con sé in
dotazione questo nuovo tipo di display.
Se la penna delSurface Pro 4 funziona con le più classiche pile ministilo AAA usa-e-getta (rendendo
consigliabile averne sempre con
sé una scorta, oppure portarsi dietro un caricabatterie), sembra che
il pennino del modello 2016 potrà
ricaricarsi in maniera autonoma.
All’Ufficio Brevetti americano, infatti, Microsoft ha registrato una
nuova stilo che non soltanto evita la sostituzione della batteria,
ma che si ricarica tramite dock
magnetica separabile dal device
principale. Soluzione, quest’ultima,
che permetterebbe di caricare la
nuova Surface Pen in modo assai
più confortevole, anche rispetto
alla proposta Apple, il cui pennino
va invece direttamente connesso
allo chassis dell’iPad Pro tramite
connettore lightning.Piccola e leggera, la dock fungerà inoltre da
alloggiamento meno precario per
la nuova penna, che sull’odierno
Surface Pro 4 viene collegata al
display mediante agganci magnetici. Al momento non è dato sapere
con certezza se il nuovo brevetto
verrà effettivamente impiegato
nei prossimi Surface Pro 5 e Surface Book 2; certo è che in questo
momento storico Microsoft, anche
sul fronte hardware, non smette di
mostrarsi aggressiva per innovare
un mercato che continua a riproporre le medesime idee.
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
MOBILE Google ha rilasciato una dichiarazione che è a metà tra la conferma e la smentita
Per
Google
il
bug
di
Android
non
è
grave
Confermato il bug, ma non riguarderebbe molti dispositivi. Già rilasciata la patch ai partner
di Pierfrancesco PETRUZZELLI
A sorpresa, Microsoft
avrebbe posticipato
per l’ennesima volta
il rilascio del nuovo OS
per i vecchi Lumia
che resteranno fermi
a Denim almeno
fino a febbraio/marzo
E
ra circolata la notizia secondo la
quale Red Hat e Perception Point,
due società di sicurezza, avevano
rilevato una vulnerabilità grave, 0-day,
su tutti i dispositivi che utilizzano la versione 3.8 del kernel di Linux, tra cui il
66 % dei dispositivi Android, sempre secondo una stima delle due società.
La rispsota da parte di Google non si è
fatta attendere, “Big G” si è detta rammaricata per non aver avuto un preavviso da parte delle due società, in maniera tale da permette al team di sicurezza
di studiare la questione, e comunque ha
minimizzato l’accaduto, ritenendo che i
dispositivi affetti da questa vulnerabilità
sono molto meno rispetto a quanto riportato inizialmente. Il colosso di Mountain View ha assicurato che i dispositivi
che utilizzano Android 5.0 o successivi,
di Alvise SALICE
compresi i suoi smartphone Nexus,
sono al sicuro grazie ad un nuovo livello
di sicurezza chiamato SELinux che impedisce ad applicazioni di terze parti di
accedere al codice in questione. Inoltre, non tutti i dispositivi che utilizzano
Android 4.4 sono affetti da questo problema. Google ha comunque rilasciato
una patch per il bug a tutti i suoi partner
invitandoli a pubblicarla sotto forma di
aggiornamento entro e non oltre il primo marzo.
MOBILE Il celebre marchio di chitarre scende in campo nel combattuto settore degli auricolari
Da Fender gli auricolari per chi “vive” di musica
Definiti “in-ear monitor”, offrono molta tecnologia esclusiva e una costruzione accurata
di Roberto FAGGIANO
ender, il produttore delle celeberrime
chitarre Telecaster e Stratocaster entra nel mercato di cuffie e auricolari.
Per farlo ha acquistato il costruttore specializzato Aurosonics, un marchio USA di
auricolari di alto livello, e ne ha sfruttato
esperienza e laboratori di ricerca per realizzare cinque nuovi auricolari con caratteristiche tecniche di tutto rispetto e con
prezzi di listino che partono dai 99 dollari
per arrivare a 499 dollari. I nuovi auricolari nascono come monitor personali per
i musicisti sul palco ma sono ottimi per
l’ascolto individuale da smartphone e
tablet. Tra le caratteristiche tecniche spiccano i trasduttori in titanio appositamente

F
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Ancora un rinvio
per il roll out
di Windows 10
Mobile
realizzati, cavo di collegamento staccabile e la costruzione con stampanti 3D del
guscio dei modelli della serie FX; questi
gusci secondo Fender sono stati studiati
accuratamente per adattarsi alla maggior
parte dei padiglioni auricolari e per giungere a questi risultati sono state analizzate le orecchie di migliaia di persone.
Il modello di ingresso della nuova serie è
il DXA1 (99$), con trasduttore in titanio da
8,5 mm per una risposta in frequenza da
14 a 22.000 Hz, impedenza di 16 ohm e
sensibilità di 116 dB/mW; il cuscinetto isolante assicura una diminuzione di 18 dB
dei rumori esterni.
Il modello FXA2 ha il guscio azzurro realizzato con tecnologia 3D, ha un trasdut-
tore in titanio da 9,25 mm con magnete
in terre rare e tecnologia Groove tuned
per le migliori prestazioni. La sensibilità
è di 112dB/mW, l’impedenza è di 16 ohm
mentre la risposta in frequenza va da 6
a 23.000 Hz.
Il modello FXA5 ha il guscio 3D in colore argento e la tecnologia Hybrid driver
di Aurisonics per ottenere una risposta in
frequenza compresa tra 19 e 21.000 Hz
con impedenza di 16 ohm e sensibilità
molto elevata, pari a 120 dB/mW.
Il modello FXA6 con guscio rosso ha
sempre il trasduttore ibrido HDBA (Hybrid
Dynamic Balanced Armature) in grado di
riprodurre le frequenze comprese tra 6 e
22.000 Hz, impedenza sempre a 16 ohm
e sensibilità di 109 dB/mW.
Infine il top di gamma FXA7 con il suo guscio 3D dorato e un prezzo di 499$ per
mettersi in competizione con i migliori
concorrenti di apri blasone; anche questo
modello utilizza la tecnologia HDBA con
trasduttore tweeter da 9,25 mm per una
risposta in frequenza compresa tra 6 e
24.000 Hz, impedenza di 16 ohm e sensibilità di 110 dB/mW. I nuovi auricolari saranno in commercio dal mese di marzo.
Nel mondo Microsoft Lumia tutto lasciava pensare che fosse
la volta buona per il balzo a
Windows 10 Mobile dei vecchi
telefoni compatibili col nuovo sistema operativo, che è già installato nei Lumia 950, 950 XL o 550.
Mentre cresceva spasmodicamente l’attesa, è piombato invece
un tweet di Bouygues Telecom
a rovinare la festa: l’operatore
francese delle telecomunicazioni infatti, ha appena corretto il
tiro rispetto a quanto annunciato
la settimana scorsa, rinviando
l’update a fine febbraio. Una notizia davvero inaspettata non solo
alla luce delle molteplici conferme che erano circolate nell’ultimo
periodo, ma anche perché una
build sostanzialmente definitiva
di Windows 10 Mobile è ormai
da tempo disponibile per tutti gli
utenti Insider Preview in possesso
di uno smartphone compatibile.
In ogni caso, ricordiamo che
Microsoft non ha mai comunicato
una data di rilascio ufficiale, ma
solo la precisazione che il (sospirato) roll-out verrà eseguito in
tre distinte tranche, interessando
all’inizio uno spettro di telefoni
ben ristretto (fra cui sicuramente
i Microsoft Lumia 640 e 640 XL, e
il Nokia Lumia 830). Non ci resta
che attendere ancora un po’...
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25 GENNAIO 2016
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MOBILE Secondo gli ultimi rumors, il nuovo Lumia 650 sarà presentato agli inizi di Febbraio
Lumia 650 arriva il 1 febbraio. Sarà l’ultimo?
Prezzo intorno ai 150 euro, potrebbe trattarsi dell’ultimo dispositivo con il brand Lumia
S
di Roberto PEZZALI
econdo alcune indiscrezioni, il
prossimo dispositivo Microsoft
Lumia 650 sarà presentato il
prossimo 1 febbraio con un comunicato stampa all’interno del blog ufficiale
dell’azienda, e andrà probabilmente
a sostituire il Lumia 640 come dispositivo di fascia media. Nessun evento
ad hoc, nessuna particolare enfasi su
questa nuova uscita che però potrebbe
segnare un cambio di rotta nella strategia mobile di Microsoft.
Non si hanno ancora conferme ufficiali circa le caratteristiche tecniche del
nuovo dispositivo che però dovrebbe
distinguersi dagli altri modelli della famiglia Lumia per la scocca in metallo,
il sistema operativo sarà ovviamente
Windows 10 Mobile mentre per quanto
riguarda la parte hardware dovremmo
Presto
su iPhone
La tastiera
Word Flow

La tastiera predittiva Word Flow è
uno degli elementi che caratterizzano Windows Mobile e finora è
rimasta un’esclusiva degli utenti Windows Phone. Ma la situazione
potrebbe presto cambiare con l’arrivo
di Word Flow anche su piattaforma
iOS e Android, stando ad una mail
inviata ad alcuni iscritti del programma
Windows Insider dove Microsoft
invita i possessori di un iPhone 5, o
superiore, a provare la nuova tastiera.
Word Flow si distingue per accuratezza nel suggerire le parole o correggere
gli errori di ortografia, funziona a
trascinamento e riconosce anche
molti nomi propri, luoghi e altre parole
che iniziano con la lettera maiuscola. Per il momento non si conosce
ancora la data di arrivo della tastiera di
Microsoft nei vari app store digitali ma
sembra proprio che arriverà a breve.
torna al sommario
Risolto
il “pengate”
di Galaxy Note 5
Vittoria
per i distratti
Samsung ha modificato
l’alloggiamento
della S-Pen del Note 5
per rendere sicura
l’espulsione
del pennino anche
se inserito al contrario
trovare processore Snapdragon 212 da
1,3 GHz, GPU Adreno 304, schermo da
5” con risoluzione 720p, 1 GB di RAM,
fotocamera posteriore da 8 MP con
Flash Led e anteriore da 5MP, modem
X5 LTE, supporto dual SIM e HD Voice.
Da diverse parti si vocifera che questo
possa essere l’ultimo e unico dispositivo Lumia presentato da Microsoft per
quest’anno per permettere all’azienda
di concentrarsi sullo sviluppo di Surface Phone che dovrebbe essere pronto entro la fine del 2016. Per quanto
riguarda invece Il Lumia 650 non si
conosce data di commercializzazione
e prezzo tuttavia è lecito aspettarsi un
posizionamento simile a quello del Lumia 550 quindi intorno ai 150 Euro.
MOBILE Il codice di iOS9 rivela l’interesse di Apple per il Li-Fi
iPhone 7 (o 8) supporterà il Li-Fi?
È 100 volte più veloce del Wi-Fi
di Dario RONZONI
T
alvolta gli indizi bisogna andare a scovarli in profondità, magari tra le fitte stringhe
di un codice. È quanto successo al jailbreaker Chase Fromm, che spulciando il codice di iOS 9.1 ha scoperto un dettaglio, subito twittato e ripreso da Appleinsider,
riguardante una futura compatibilità dei device mobili Apple con la tecnologia Li-Fi.
Per chi non lo sapesse, la connettività Li-Fi sfrutta la luce per il trasferimento dati. Fino
a 100 volte più veloce del Wi-Fi, necessità tuttavia di un continuo contatto visivo tra
la fonte luminosa e il dispositivo. Per questo motivo, non può essere considerata al
momento una tecnologia sostitutiva del più lento Wi-Fi, semmai un’integrazione in
vista di sviluppi futuri. La necessità di un contatto visivo, e quindi di una vicinanza tra
device, potrebbe però rappresentare anche un vantaggio in termini di sicurezza, oltre
che una possibile alternativa al Bluetooth. Sebbene si parli già di un’implementazione
su iPhone 7, ben difficilmente vedremo il Li-Fi integrato sugli smartphone Apple della
prossima generazione. La tecnologia è ancora acerba, ma quella singola menzione
nel codice di iOS rende già palese la direzione intrapresa dagli ingegneri di Cupertino. Non ci resta che attendere.
di Roberto PEZZALI
Il Galaxy Note 5, lanciato ad agosto da Samsung e commercializzato sui soli mercati nordamericano
ed asiatico, è ricordato anche per
un piccolo ma fastidioso problema
riscontrato con l’alloggiamento
del pennino, ribattezzato PenGate. Se sbadatamente si inserisce
al contrario, con la punta rivolta
verso l’esterno, la S-Pen può incastrarsi nel meccanismo di blocco
e al successivo utilizzo causare la
rottura del congegno invalidando
anche il funzionamento del sensore con cui la penna interagisce.
La risposta della società coreana
fu quella di invitare semplicemente gli utenti a leggere il manuale
d’istruzioni oltre all’aggiunta di
informazioni all’interno della confezione di vendita. A quanto pare,
in base ad alcuni scatti spuntati in
rete sul sito Phandroid, Samsung
ha risolto la svista attraverso una
modifica alla scocca interna che
permette la fuoriuscita del pennino
anche in caso di inserimento sbagliato. Samsung ha effettivamente
confermato la piccola correzione
hardware quale soluzione definitiva al problema consigliando di fare
comunque fede al manuale per un
corretto utilizzo dell’S-Pen. Nessuna informazione però sarà fornita
ai consumatori circa i modelli con
modifica, sarà dunque praticamente impossibile distinguerli.
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25 GENNAIO 2016
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PC Un nuovo display AOC curvo per videogiocatori: risoluzione Wide Full HD (2560 x 1080 pixel)
Da AOC il monitor “ultra curvo” per gamer
Altre caratteristiche: refresh rate a 160 Hz, supporto FreeSync e contrasto dichiarato di 2.000:1
di Francesco FIORILLO
A
OC, azienda specializzata nella
produzione dei display per PC, ha
divulgato tutte le specifiche, compreso prezzo di vendita e data d’uscita
nel nostro Paese, del suo nuovo monitor
da 35 pollici dedicato al gaming. L’AOC
C3583FQ, grazie a un raggio di 2.000
mm, non solo sarà uno dei pannelli maggiormente curvi presenti sul mercato, ma
potrà fare affidamento su tutta una serie
di caratteristiche che lo renderanno un
ottimo acquisto per tutti i giocatori poco
inclini al 4K. Un refresh rate estremamente veloce, parliamo di 160 Hz, unito alla
tecnologia Adaptive-Sync (compatibile
con FreeSync) e alla risoluzione Wide
Full HD (2.560 x 1.080), sono pensati per
garantire un’esperienza di gioco fluida e
sprovvista del fastidioso effetto tearing (le
situazioni in cui l’immagine appare divisa
in 2 o più parti per colpa del refresh rate).
AOC assicura poi che l’Adaptive-Sync eliminerà anche qualsivoglia rallentamento
legato allo stuttering, mentre un input lag
di 4ms garantirà una risposta adeguata in
ogni circostanza. Il nuovo display offre un
Microsoft cambia
la policy sul supporto
hardware: i futuri
processori Intel, AMD
o Qualcomm
supporteranno
solo Windows 10
Vale anche per Skylake
ma è pronta una lista
di “eccezioni”
pannello MVA da 35 pollici con angolo di
visuale di 178° e capace di un contrasto
(dichiarato) di 2.000:1; inoltre, attivando
la modalità Game, il monitor modificherà in automatico brillantezza e contrasto
al fine di ottimizzare l’esperienza. L’AOC
C3583FQ potrà contare su due porte
HDMI (MHL), una DVI, un ingresso VGA,
l’immancabile uscita audio e su due entrate DisplayPort, rispondendo così agli
standard di connettività odierni. Il monitor sarà disponibile a partire da febbraio
2016, a un prezzo al pubblico di 799 €.
di Pierfrancesco PETRUZZELLI
GADGET Il dispositivo sta nel palmo di una mano e si collega allo smartphone tramite micro USB
II laser NutriRay 3D scansiona il cibo e mette a dieta
Lo scanner sfrutta i raggi laser per mappare in 3D il cibo e misurare le calorie e altri valori
L
di Gaetano MERO

o sappiamo da tempo, una corretta
alimentazione è il primo fondamentale passo per il benessere fisico,
tuttavia le esigenze nutrizionali cambiano,
a volte anche radicalmente, da individuo
ad individuo. L’elemento comune ad ogni
regime alimentare risiede nella misurazione dei valori nutrizionali dei cibi assunti
al fine di assicurare un corretto apporto
calorico al proprio fabbisogno quotidiano.
Negli anni sono apparse diverse applica-
torna al sommario
zioni per smartphone in grado di aiutarci
nell’individuazione del valore nutritivo dei
cibi attraverso, ad esempio, la lettura del
codice a barre o con la ricerca e l’inserimento manuale dell’alimento, sistemi
dunque poco intuitivi e macchinosi. Due
ricercatori dell’Università di Washington
intendono semplificarci la vita, e migliorala, grazie a NutriRay 3D, uno scanner
laser dalle dimensioni ridotte che analizzerà il nostro pasto e determinerà in
tempo reale e con precisione le calorie
e gli altri valori del cibo che
stiamo per ingerire. Il progetto
era inizialmente rivolto a nutrizionisti ed esperti del settore
alimentare, ora, invece, NutriRay 3D è alla ricerca di fondi
attraverso il metodo collaudato
del crowdfunding e sarà disponibile da settembre, se l’obiettivo del finanziamento sarà rag-
Microsoft
supporta
le nuove CPU
solo su
Windows 10
giunto, per tutti i dispositivi Android, iOs
e Windows Phone. Lo scanner si collega
allo smartphone attraverso la porta micro
USB o Lightning, che funge anche da alimentazione, e attraverso i laser genererà
una mappa 3D del cibo calcolandone volume e consistenza. Al laser il dispositivo
combina le immagini della fotocamera
per riconoscere il tipo di alimento e tramite un’app dedicata analizzerà le informazioni restituendo i valori nutrizionali che
saranno di volta in volta memorizzati sul
telefono. I prototipi già funzionanti sono
riusciti ad operare con oltre 9.000 tipi di
prodotti diversi fornendo risultati con un
livello di precisione tra l’87,5% e il 91%. Il
team di sviluppo è attualmente al lavoro
sull’ottimizzazione del software applicativo e sull’adattabilità del dispositivo ad un
numero sempre maggiore di telefoni. Ci
si può assicurare un NutriRay 3D a partire
da 199 dollari.
Microsoft ha annunciato un cambiamento della sua politica di supporto per i processori di prossima
generazione, (Intel Kaby Lake, il
Qualcomm 8996 e i chip AMD
Bristol Ridge) che richiederanno di
fatto l’ultima piattaforma Windows
disponibile al momento dell’uscita.
Nel caso delle CPU di prossima
generazione si tratterà ovviamente di Windows 10. Windows 7 e 8.1
comunque saranno regolarmente
supportati fino al 14 gennaio 2020
e al 10 gennaio 2023 per quanto
riguarda le piattaforme precedenti
(non “pensate” per Windows 10, in
pratica), mentre per venire incontro alla fascia business, Microsoft
rilascerà a breve un elenco con i
modelli basati su Skylake ancora
in grado di eseguire perfettamente
una versione antecedente a Windows 10. Tuttavia Microsoft avverte che a partire dal 17 luglio 2017
smetterà in ogni caso di fornire
aggiornamenti specifici e si potrà
incorrere in problemi di prestazioni, consumi e di instabilità: in pratica, le aziende hanno fino a metà
2017 per aggiornare i PC al nuovo
sistema operativo. Questa nuova
politica contribuirà sicuramente a
creare un integrazione più profonda tra sistema Windows e hardware ma l’obiettivo non dichiarato
di Microsoft è sicuramente quello
di spingere le grandi aziende ad
aggiornare i loro sistemi con il fine
ultimo di ottenere il maggiore supporto possibile.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
GADGET I droni sono divertenti ma hanno un lato oscuro: possono essere impiegati per violare la privacy o commettere reati
Tutti i modi (anche bizzarri) per difendersi dai droni
Vediamo come i privati, le aziende e le istituzioni possono difendersi dai droni oggi e come potranno farlo in futuro
di Alvise SALICE
eno affascinanti di un agente segreto, ma anche più silenziosi, instancabili e incorruttibili.
Saliti alla ribalta negli ultimi anni come arma
tattica militare, i droni trovano oggi applicazione anche in campo civile: dall’aerofotogrammetria ludica e
professionale fino all’agricoltura e alla vigilanza di sicurezza. Il mercato degli UAV (Unmanned Aerial Vehicle) cresce ormai vertiginosamente, con nuovi modelli
presentati ad ogni pie’ sospinto e via via sempre più
accessibili: un esempio l’ultimo Bepop 2 della Parrot, che costa quanto uno smartphone e si controlla
mediante app.
Naturalmente, esiste anche l’altro lato della medaglia.
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”,
diceva qualcuno che non sarebbe proprio impazzito
d’amore per questi gioiellini volanti. I droni hanno infatti dischiuso le porte dei cieli alla fantasia di diverse
tipologie d’utenza, attirando pure le inevitabili attenzioni del sottobosco criminale hi-tech. Sono così nate
modalità inedite non solo di terrorismo, ma anche di
spionaggio (militare, industriale, privato), violazione
della privacy, contrabbando e altre forme d’illecito:
caso eclatante quello del drone atterrato sull’ufficio
del Premier giapponese, teleguidato probabilmente
dagli attivisti anti-nucleari di Tokyo. Non a caso, in
moltissime nazioni sono da tempo in vigore apposite normative disciplinanti l’impiego di UAV (in Italia,
è notizia recente l’inasprimento del Regolamento
Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, ad opera dell’ENAC,
che ha inasprito le sanzioni e introdotto - tra l’altro l’obbligo dei paraeliche per i droni al di sotto dei 300
grammi). Ma accanto alle contromisure normative non
mancano quelle tecnologiche.
M
Il detector casalingo che tutela la privacy
Partiamo con un oggettino alla portata di tutti e non
solo delle star che vogliono proteggersi dai robo-paparazzi volanti. Al prezzo di poche centinaia di euro,
si possono ordinare equipaggiamenti casalinghi tipo il
Personal Drone Detection System della DDC (Domestic Drone Countermeasures).
Costituiti da un controller centrale più un paio di
scanner che vengono collocati in zone-cardine dell’abitazione, queste unità risultano tanto semplici da
installare quanto efficaci nel triangolare lo spazio aereo di riferimento, rilevando i velivoli di passaggio e
segnalandoli su apposito monitor collegato via HDMI.
Non hanno capacità di disturbo ma quanto meno segnalano la presenza degli ospiti indesiderati, anche i
più silenziosi.
te impiegato nella difesa anti-radar di edifici militari ad
alto rischio d’incursione segreta, questo modulo multifrequenza è da anni facilmente reperibile sul mercato
mainstream, in forma di trasmittente portatile o di accattivante fucile.
Il drone che cattura il drone
Per chi vuole esagerare
Sulla falsariga degli apparecchi volanti anti-drone già
impiegati dalla polizia di Tokyo, un’equipe di studenti
della Michigan Tech University, guidata dal professore
associato dr. Rastgaar, ha presentato un prototipo di
Octocottero radiocomandato in grado di individuare
e disinnescare la minaccia dei droni che si siano introdotti nel proprio spazio aereo. Ribattezzando questa
caccia all’intruso come “falconeria robotica”, Rastgaar
e i suoi collaboratori hanno mostrato come l’Octocottero possa catturare qualunque drone nel raggio di
oltre 12 metri lanciandogli una rete che lo intrappola,
facendolo precipitare al suolo. Il video è eloquente (e
anche divertente).
Ecco come si difendono
gli stadi e i penitenziari
Per completezza passiamo in rassegna anche le soluzioni di tipo industriale/militare. Con l’avvento della
robo-criminalità volante (specie negli Stati Uniti e in
Il drone che catturagli altri droni
Manovre di disturbo con un jammer

La soluzione più diffusa tra le tecnologie anti-drone è
senz’altro il jammer, che tra l’altro può avere applicazione anche consumer come strumento di protezione
della privacy. Una volta attivato, questo dispositivo
anti-UAV emette migliaia di onde-radio che disturbano
le comunicazioni fra drone e controller. Originariamen-
torna al sommario
segue a pagina 25 
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25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
GADGET Avanzati algoritmi consentono ai droni di volare da soli in ambienti ricchi di ostacoli
Il drone del MIT schiva gli ostacoli da solo
Possibili applicazioni nelle missioni di ricerca e soccorso in ambienti e situazioni difficoltose
F
di Emanuele VILLA
ar svolazzare i droni senza che urtino contro ciò che gli si para davanti
è tutt’altro che un’impresa semplice. La localizzazione degli ostacoli e la
pianificazione di volo sono due delle
sfide più difficili che oggi l’informatica
si trova ad affrontare, perché l’elaborazione deve essere in tempo reale per
tenere conto di fenomeni con prevedibili come il vento e le condizioni atmosferiche avverse. In un paio di progetti,
i ricercatori dell’Istituto di Tecnologia
del Massachusetts (MIT) hanno mostrato un software che permette ai droni di
arrestare la propria corsa in pochissimo
spazio e di effettuare manovre sopra,
sotto e intorno a 26 distinti ostacoli in
una foresta simulata.
Il video mostra un piccolo drone che disegna traiettorie circolari ed a forma di
8 in un percorso a ostacoli, costituiti da
cavi e tubi in PVC. La cosa sorprendente è che il drone riesce a raggiungere
una velocità di un metro al secondo in
Il volo del drone del MIT
uno spazio di poco inferiore al metro
quadrato senza impattare rovinosamente su ciò che dovrebbe rappresentare i
tronchi ed i rami degli alberi. Gli algoritmi
utilizzati per questo progetto si basano
su quelli impiegati dal robot umanoide
Atlas per pianificare i passi da seguire in
occasione della DARPA Robotics Challenge dell’anno scorso. Tuttavia, il drone
anziché programmare il proprio tracciato sugli ostacoli incontrati, lo fa mappando gli spazi liberi (un approccio molto
più adatto a questo tipo di veicoli).
Per determinare correttamente la posizione del drone è stato utilizzato un sensore ottico di rilevamento del movimento (fuori bordo) e un’unità di misurazione
inerziale a bordo. Questo sistema, seppure ingegnoso, non è stato ancora ottimizzato per la pianificazione di volo in
tempo reale ed impiega fino a 10 minuti
per creare un ventaglio di possibili
percorsi. Il secondo progetto, invece,
mostra un aeroplanino ad ala fissa che
riesce a evitare gli ostacoli senza alcuna notizia pregressa dello spazio in cui
si trova a districarsi, anche in presenza
di vento ed altre dinamiche particolari.
L’approccio in questo caso è totalmente
diverso: il veicolo è dotato di un archivio
di possibili manovre, calcolate attraverso un algoritmo di verifica rigoroso, che
rappresentano lo scenario peggiore per
il sistema. In volo, il drone scansiona
continuamente il proprio archivio alla
ricerca di quelle manovre che, eseguite
in successione, gli consentano di evitare gli ostacoli incontrati.
La pianificazione del volo, in questo
caso, avviene in tempo reale, ma l’aspetto ancora più interessante è un altro. A
differenza di quanto farebbe un pilota
esperto, questo sistema è in grado di
scegliere la manovra più sicura tra due
possibili alternative, anche se potrebbe
apparire più rischiosa.
Il mondo dei droni sta compiendo dei
passi da gigante. A beneficiarne saremo
tutti noi, perché questi sistemi potranno
essere utilizzati per esplorare cave o caverne oppure, ancora, per raggiungere
posti difficilmente accessibili a seguito
di eventi catastrofici. Il futuro della ricerca e delle missioni di soccorso oggi
appare più radioso, perché potrà raggiungere un nuovo livello di efficacia e
sicurezza.
GADGET
Adidas lancia
le scarpe
“avvolgenti”
Adidas torna a far parlare di sé per
le scarpe da calcio hi-tech: le Ace
16+ Pure Control sono le prima
scarpe da calcio Adidas che calzano
in maniera totalmente avvolgente
senza necessità di lacci, grazie a
uno speciale tipo di poliuretano
impiegato nella realizzazione di
cover per smartphone. Il poliuretano
termoplastico, conosciuto come
TPU, è un materiale ormai caro alla
nuova generazione di scarpe da
corsa, dove viene usato normalmente per la suola, essendo in grado
di assicurare grandissime doti di
resistenza pur essendo molto elastico. In questo caso Adidas l’ha usato
per la tomaia della scarpa, andando
poi a completare con un tessuto proprietario denominato PrimeKnit, che
favorisce l’ingresso della pianta del
piede senza l’impiego di cuciture.
Le Ace 16+ arriveranno nei negozi
ufficiali Adidas di Parigi, Marsilia,
Londra, Barcellona, Manchester e
in altri non specificati “rivenditori
selezionati”.
TEST
Tutti i modi per difendersi dai droni
Ma lo scudo è un po’ meno invasivo
Al recente London Defence and Security Equipment
International Exhibition, la Selex ES ha tolto i veli dal
triennale progetto Falcon Shield. Facendo ampio uso
di radar, videocamere e sensori elettronici a profusione, il nuovo scudo è in grado di tenere sotto controllo
l’intero spettro elettromagnetico, monitorando qualunque scambio-dati intercorra fra il drone e il suo pilota a
distanza, onde tracciarne il percorso ed identificarne in
anticipo gli eventuali bersagli.
segue Da pagina 24 
Giappone), molte aziende non hanno tardato ad investire nel neonato business della sicurezza hi-tech a
prova di drone.
La Drone Shield ha sviluppato una piattaforma di monitoraggio basata su percettori acustici ad altissima
sensibilità, che si attivano all’avvicinarsi di un drone,
avvertendo il personale di sorveglianza.
Già di largo impiego nei penitenziari americani, negli
stadi e negli uffici governativi, questi speciali sensori
sono stati recentemente utilizzati per vigilare sulla Maratona di Boston.
Per mali estremi c’è la cannonata

Costerà almeno un milione di Euro a pezzo. Ma quando sarà pronto, c’è da scommettere che ogni Ministero
della Difesa si metterà in fila per averlo, onde non re-
torna al sommario
stare indietro nella lotta al terrorismo.
L’ultima frontiera della controffensiva tecnologica militare è un cannone radio a quadrupla frequenza in sviluppo presso 3 aziende britanniche (Chess Dynamics,
Blighter ed Enterprise Control System), che può intercettare qualunque Aeromobile a Controllo Remoto si
muova nel raggio di ben 8 km, e rilasciare un’ondata di
interferenze che ne disattiva il funzionamento.
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GADGET Arriva in America un dispositivo dedicato agli amanti delle due ruote: BP100 di WI-MM
Il portaborraccia che rende smart la bici
Monitora in tempo reale le prestazioni durante la corsa e invia i dati sul cloud autonomamente
di Gaetano MERO
I
gadget hi-tech rivolti al mondo dello
sport stanno letteralmente invadendo
il mercato, tra dispositivi superflui e
poco pratici e strumenti, al contrario, molto validi e precisi. In ogni caso bisogna
riconoscere loro il merito di far avvicinare sempre più persone a uno stile di vita
sano grazie anche a funzioni di monitoraggio che accompagnano l’utente passo dopo passo nel raggiungimento degli
obiettivi. Arriva sul mercato statunitense
il primo portaborraccia smart per tutti gli
amanti del ciclismo. Il BP100 prodotto
dalla neonata WI-MM è un dispositivo
capace di rilevare in tempo reale le prestazioni durante la pedalata tra cui velocità di marcia, calorie bruciate e distanza
percorsa, e di trasferirle in maniera autonoma, senza l’ausilio di uno smartphone
collegato, ad un cloud accessibile da
qualsiasi PC. Tutto ciò è reso possibile
da un modem integrato nel device che
sfrutta la connessione dell’operatore
americano Verizon, partner del progetto.
Il BP100 è dotato inoltre di GPS che oltre
a mappare il nostro percorso ha anche
il compito di aiutarci in caso di incidenti
inviando automaticamente la nostra posizione, se i sensori rilevano movimenti
bruschi, ad alcuni contatti da noi precaricati e di farci ritrovare il nostro mezzo se
qualcuno ce lo ruba. Il BP100 è costruito
con materiali impermeabili, va alloggiato
direttamente sul telaio al posto del classico portaborraccia ed è compatibile con
la maggior parte delle bici in commercio.
Tra le altre funzioni dispone di un cicalino
antifurto che può essere attivato manualmente quando abbiamo necessità di lasciare per qualche tempo la bici incustodita e si attiva se la stessa viene mossa in
nostra assenza. È dotato in ogni caso di
bluetooth che rende semplice la comunicazione con il nostro smartphone tramite
un’app dedicata. La batteria del BP100 ha
una durata di circa 10 ore durante le sessioni di allenamento, grazie al sensore di
movimento il dispositivo si spegne automaticamente quando ci si ferma. BP100 è
in vendita sul sito del costruttore, disponibile in colore nero o grigio, ad un prezzo di 199$. Ci sono però da aggiungere
ulteriori 4$ al mese per il servizio mobile
di Verizon senza dimenticare il telaio per
borraccia non incluso.
Debutta a febbraio la nuova top di gamma della serie X
Spiccano il nuovo sensore, sensibilità ISO notevole e il mirino ibrido elettronico-ottico migliorato

N
torna al sommario
Debutta la nuova Leica
dedicata all’avventura
e al tempo libero
Grande attenzione per
i materiali, prestazioni
top e prezzo in linea
coi prodotti
del marchio tedesco
di Dario RONZONI
FOTOGRAFIA La Fujifilm X-Pro2 sarà in vendita da febbraio al prezzo indicativo di 1829,99 euro
di Dario RONZONI
e avevamo già parlato quando
erano uscite di soppiatto le prime
immagini della nuova mirrorless
giapponese, erede della fortunata XPro1. Ora Fujifilm annuncia l’imminente lancio della X-Pro2, il top di gamma
della serie X, dedicata nello specifico a
professionisti e fotoamatori avanzati.
La X-Pro2 si propone come massima
evoluzione del concetto mirrorless secondo Fujifilm, forte di una filosofia realizzata che negli ultimi anni ha portato il
marchio giapponese ai vertici del mercato delle “senza specchio”. All’interno
di un corpo in lega di magnesio tropicalizzato, pulsano un sensore X-Trans
CMOS III da 24,3 Megapixel e un processore di immagine X-Processor Pro.
Il sistema di autofocus può contare su
Leica X-U
Prima extralusso
da maltrattare
77 punti e la gamma ISO si
spinge fino al ragguardevole
valore di 12.800.
Riproposto e migliorato il
mirino Multi Hybrid, ovvero
un mirino in grado di combinare modalità elettronica e
ottica. Dotato della funzione
Multi-Magnification, passa
automaticamente all’ingrandimento ottimale a seconda
dell’obiettivo in uso. Può
inoltre essere utilizzato il telemetro
elettronico che mostra un piccolo mirino elettronico sopra quello ottico, per
controllare in tempo reale la messa a
fuoco, la parallasse, l’esposizione e il
bilanciamento del bianco. Sul versante
video, niente 4K, ma solo un classico
1080p, a dimostrazione di un’anima
spiccatamente fotografica. La versatilità della X-Pro2 è poi garantita da un
parco ottiche Fujinon che può contare
su ben 21 obiettivi, da un ultra wide a
un super tele, oltre a cinque luminose
lenti prime. La Fujifilm X-Pro2 sarà in
vendita da febbraio al prezzo indicativo
di 1829,99 euro.
Leica lancia sul mercato la nuova
X-U, la risposta del marchio tedesco
al segmento delle fotocamere rugged, destinate a un uso intensivo,
in condizioni estreme. Non siamo
di fronte a una “semplice” compatta waterproof, ma a una fotocamera tecnologicamente allo stato
dell’arte, realizzata con materiali di
prim’ordine e, di conseguenza, dal
prezzodecisamentepocopopolare.
Tecnicamente, si notano le parentele con la sorella più educata, la
Leica X: dalla compatta premium
la X-U mutua il sensore, un CMOS
APS-C da 16,2 Megapixel, e l’obiettivo, il luminosissimo Summilux
23mm f/1.7 ASPH, equivalente a
un 35mm su full frame. Il comparto
video, come per la X, prevede filmati in Full HD. La qualità sta nei
dettagli e nella cura certosina per
assemblaggio, design minimalista
(opera di Audi Design) e scelta dei
materiali: il corpo, resistente all’acqua fino a 15 metri, è in alluminio
rivestito in TPE ad alta presa. Le
ghiere di comando sono in alluminio anodizzato e il flash integrato
è in asse con l’obiettivo. La finitura
antisdrucciolo, una copertura temprata per il monitor e un doppio
sistema di bloccaggio del vano
batteria e dello slot SD sono tutti
elementi introdotti per carrozzare
al meglio una macchina destinata a
resistere alle condizioni più avverse. Prezzo al pubblico: 3.300 euro.
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APP WORLD Il servizio sarà totalmente gratis per crescere e incrementare il numero di utenti
Whatsapp: sparisce il canone di 0.89 cent.
Per far rendere l’app ci sarebbero in progetto soluzioni diverse dalla classica pubblicità
di Roberto PEZZALI
hatsapp diventa gratuito: il fondatore Jan Koum durante la
conferenza DLD di Monaco ha
annunciato l’abolizione del canone annuale di 0.89 euro richiesto, per tutte le
piattaforme, dopo il primo anno di utilizzo. Nonostante si tratti di una cifra tutto
sommato irrisoria, soprattutto in rapporto
al servizio che la piattaforma offre ogni
giorno ai suoi 900 milioni di utilizzatori,
Whatsapp crede che il canone sia ormai
solo un ostacolo alla futura espansione
del servizio. Non tutti hanno una carta
di credito, e soprattutto ci sono applicazioni di messaggistica gratuite, come
Facebook Messenger, che hanno ormai
avvicinato Whatsapp nella classifica delle app di messaggistica più utilizzate,
800 milioni di utenti attivi l’ultimo mese
e un trend in crescita (vedi scheda).
La scelta di togliere il canone tuttavia
W
crea un problema non
da poco a Whatsapp,
che ancora non ha
trovato un metodo per
monetizzare il servizio:
Facebook Messenger
ha Facebook che macina soldi, Whatsapp,
che appartiene sempre
alla galassia Facebook,
tolto il canone non ha
più alcun introito. Ecco perché l’azienda sta studiando soluzioni diverse dalla
classica pubblicità, che sarebbe malvista
da molti utenti: in progetto ci sono molte
idee, come ad esempio la possibilità di
utilizzare Whatsapp anche come piattaforma business. Si può pensare, ad
esempio, a call center che rispondono
tramite Whatsapp ai problemi degli utenti o a notifiche per servizi e pagamenti
che, al posto di arrivare tramite SMS
tradizionale, arrivano senza costi tramite
l’app di messaggistica. Le possibilità in
fase di studio sono tante, ma lo stesso
Jan Koum, nel corso della conferenza,
ha ammesso che attualmente non è ancora stata scritta una sola riga di codice
per esplorare queste nuove opzioni.
Nessuna novità neppure sul fronte delle
videochiamate: potrebbero arrivare tra
qualche mese così come potrebbero
non arrivare mai.
AUTOMOTIVE Tesla ha realizzato una versione di interni tutta vegana per il nuovo SUV model X
Tesla presenta Model X, l’auto perfetta per i vegani
Tesla si è meritata il plauso di PETA, organizzazione no profit che sostiene i diritti degli animali
N
di Emanuele GHELFI

on sarà magari un problema cui
tutti rivolgono un pensiero quotidianamente, ma in effetti per chi
ha fatto la scelta vegan l’acquisto di una
automobile di fascia alta può risultare
“complicato”: nel caso di vetture di fascia premium l’opzione di scelta per gli
interni è la pelle naturale per la maggior
parte dei produttori. Proprio per questo
PETA si è complimentata con Tesla, il
noto produttore di auto elettriche, per
la proposta a catalogo di interni vegan-friendly per il suo nuovo modello,
il SUV Model X. Il noto gruppo per i diritti degli animali (People for the Ethical
Treatment of Animals), che è tra le altre
cose azionista di Tesla stessa, aveva
fatto pressioni per l’utilizzo di materiali non di origine animale già lo scorso
torna al sommario
anno stimolando Elon Musk, CEO della
società californiana, circa la possibilità
di utilizzare pelle sintetica per gli interni
delle proprie auto elettriche e da allora
PETA stessa ha lavorato con Tesla su
questo progetto. Tuttavia, questa non
è la prima automobile vegan-friendly
di Tesla. L’azienda ha sempre offerto interni in tessuto per i clienti che non desiderassero utilizzare pelle, sotto forma
di posti a sedere stoffa sintetica, inserti
in ecopelle e un volante non in pelle ma
l’organizzazione no profit ha voluto celebrare in questo caso la realizzazione della più eccellente opzione di finta pelle.
PETA fa notare anche che - così come
le preoccupazioni etiche sulle uccisioni
di animali - lo stesso processo produttivo
della pelle utilizza una significativa quantità di risorse naturali - con quasi 60.000
litri di acqua per tonnellata di pelle - e
svariati prodotti chimici tossici. Per questo motivo, si potrebbe soddisfare appieno l’immagine eco-friendly delle auto
elettriche passando ad interni in pelle
sintetica. In un rapporto del New York
Times un portavoce di Tesla ha dichiarato che i clienti apprezzano entrambe le
opzioni - in vera pelle e in pelle sintetica
- e che l’impegno di Tesla sarà sempre
rivolto a dare ai clienti la possibilità di
acquistare l’automobile che risponda al
meglio alle loro esigenze e al loro stile di
vita. Vegani compresi.
Minecraft
insegnerà
scienze, arte
e musica
ai nostri figli
Gli insegnanti potranno
dare vita a una visita
interattiva delle Grandi
Piramidi di Giza
o dedicarsi alla Pixel Art
e alla distruzione
dei rifugi antiaerei
nella Seconda Guerra
Mondiale. Tutto con
i blocchi di Mojang
di Francesco FIORILLO
Giusto qualche mese fa l’AD di
Microsoft, Satya Nadella, dichiarò
che il fenomeno Minecraft avrebbe
potuto e dovuto aiutare gli studenti
nell’apprendimento dei principi di
programmazione e non solo. Molti passi sono stati fatti e Microsoft,
insieme a Mojang, ha presentato
Minecraft: Education Edition: una
nuova versione del famoso gioco pensata per le scuole di tutto il
mondo. Gli sviluppatori hanno ampliato il programma MinecraftEdu,
rendendolo più completo. Gli insegnanti potranno così utilizzare il
gioco per qualsiasi materia, per poi
salvare i mondi creati e condividerli
all’occorrenza. Il nuovo software,
inizialmente previsto anche in versione gratuita per 12 mesi, includerà funzionalità non presenti nella
versione attualmente in commercio
di Minecraft, come l’implementazione di un secondo schermo per gli
insegnanti o la presenza di mappe
con sistema di coordinate. Sarà
possibile comporre musica, risolvere problemi di logica o ammirare il
Tempio di Artemide. Gli insegnanti potranno dare vita ad una visita
interattiva delle Grandi Piramidi di
Giza, o dedicarsi alla Pixel Art e alla
visione dei rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale. Microsoft
ha intenzione di proporre Minecraft:
Education Edition a scuole, biblioteche e musei, mentre il sito ufficiale
offre già qualche aiuto ai docenti
interessati a questo metodo di insegnamento videoludico.
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25 GENNAIO 2016
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AUTOMOTIVE Nel 2015 le vendite di auto elettriche e ibride plug-in hanno avuto un forte incremento
Chi vende più auto elettriche nel mondo?
La risposta non è così scontata, non è né Tesla e nemmeno Nissan come si potrebbe pensare
di Massimiliano ZOCCHI
ebbene il numero di unità vendute sia ancora marginale per un
mercato enorme come quello automotive, le auto “con la spina” stanno
diventando sempre più diffuse. I pionieri si buttano già oggi sul 100% elettrico, mentre altri preferiscono la strada
sicura dell’ibrido, che in versione plugin permette di ricaricare le batterie da
una presa di corrente e percorrere
alcune decine di Km in modalità solo
elettrica. Per alcuni costruttori i numeri
iniziano ad essere interessanti. Tesla
Motors proprio sul filo di lana del 2015
S

ha annunciato di aver raggiunto i traguardi prefissati, superandoli leggermente, con 50.557 veicoli consegnati
tra Model S e la nuova Model X. In casa
Nissan come sempre le cose procedono bene, e la Leaf mantiene la palma
d’oro di auto elettrica più venduta al
mondo con oltre 200.000 unità. Nel
solo 2015 le vendite combinate della
Leaf, e del van elettrico e-NV200 hanno sfiorato anche in questo caso quota
50.000. Dietro i leader del mercato ci
sono altre case che da meno tempo si
stanno impegnando ma che possono
portare risultati interessanti. BMW con
la ibrida supersport i8 e le due versioni
dell’elettrica i3 pare abbia raggiunto
30.000 vendite in tutto lo scorso anno.
Appena sotto Ford, che ha buoni risultati negli Stati Uniti con Focus Electric,
oltre alle ibride Fusion e C-Max, ma
quasi latita in Europa. Risultato: solo
20.000 vetture in mano ai clienti. Infine General Motors, che con il marchio
Chevrolet sarà uno dei protagonisti dei
prossimi anni grazie alla attesissima
Bolt, ma che per ora si deve accontentare delle 20.000 unità vendute tra
Volt e Spark EV. Ma il record di vendite
per il 2015 se l’è assicurato BYD, casa
cinese che già dal 2008 ha puntato sui
torna al sommario
Tanto “social”
nel prossimo
aggiornamento
di Xbox One
Per tutti gli iscritti
al programma Preview
l’update arriverà entro
la fine di gennaio
e porterà con sé
diverse migliorie
e qualche attesa novità
motori elettrici, producendo la prima
ibrida plug-in, la F3DM. Da allora non
si sono più fermati e hanno
realizzato diversi modelli,
sia completamente elettrici
come la E6, sia ibridi come
Qin o il SUV Tang. Considerando che BYD vende
quasi esclusivamente sul
mercato cinese, con piccole esportazioni in mercati
selezionati, i numeri raggiunti fanno impressione:
61.722 veicoli eco-friendly in un solo
anno. La politica del governo cinese
ha sicuramente influito, incentivando
fortemente i veicoli a basse emissioni
per contrastare i cronici problemi di
inquinamento del paese asiatico, ma
BYD ci ha messo del suo realizzando
auto dal buon design e discrete dotazioni. E il business di BYD non è solo
consumer, produce anche bus elettrici
per il trasporto pubblico, con ben 549
kWh di batterie. A quando lo sbarco in
Europa?
GADGET Numerose le funzioni per la pesca e la navigazione
Garmin lancia sul mercato Quatix 3
Lo smartwatch per i lupi di mare
S
di Dario RONZONI
i chiama Quatix 3 il nuovo smartwatch di Garmin, pensato espressamente
per l’attività in mare. Derivato dal “terrestre” Fenix 3, il nuovo wearable del
marchio svizzero affianca al GPS integrato numerose funzioni dedicate alla
pesca e alla navigazione a motore e a vela. Lo schermo da 1,2” in vetro zaffiro antiriflesso e un design moderno fanno da cornice a uno smartwatch dalla dotazione
completa: funzione LiveTrack, visualizzazione delle Smart Notification del proprio
smartphone e compatibilità con Connect IQ consentono di personalizzare i quadranti dell’orologio, i campi dati, i widget e le attività. Collegato via wireless alla
rete NMEA 2000 dell’imbarcazione, consente all’utente di tenere sotto controllo
direttamente dal polso numerosi sensori di bordo, dalla velocità alla profondità, fino
alla temperatura e al vento. Inoltre, Quatix 3 può controllare l’action-cam Garmin
VIRB e il sistema multimediale di bordo FUSION. Sul versante sicurezza, in caso
di incidente la funzione Man Overboard (MOB) permette di creare
un waypoint sul chartplotter Garmin e facilitare le operazioni di
recupero. Disponibili anche funzioni specifiche per la pesca
(timer per le competizioni e sistema di registro delle catture)
e la vela. Il Quatix 3 è resistente all’acqua fino a 100 metri e
dispone di un’autonomia fino a 6 settimane in modalità orologio, 50 ore in modalità UltraTrac e 16 ore in modalità GPS
acceso. Lo smartwatch di Garmin sarà in vendita da febbraio
al prezzo di 599 euro.
di Francesco FIORILLO
Saranno i membri iscritti al programma Preview a sperimentare
per primi le nuove implementazioni,
mentre gli altri dovranno attendere
qualche settimana prima di poter
aggiornare la console. La nuova
versione del software di sistema
offrirà la possibilità di vedere i partecipanti ai party chat prima di decidere se prenderne parte, estenderà le classifiche Gamerscore (gli
obiettivi sbloccabili) a livello mondiale e semplificherà le operazioni
per raggiungere le trasmissioni su
Twitch attraverso il Game Hub. La
possibilità di riorganizzare le icone
nella Home, unita alla tanto attesa
opzione finalizzata alla rimozione
dei titoli indesiderati presenti nella
lista dei giochi da reinstallare, dovrebbe garantire un nuovo livello
di personalizzazione. In ambito
social, il nuovo update porterà la
segnalazione degli aggiornamenti
nell’Activity Feed, diversi miglioramenti applicati alla sezione Amici
consigliati nell’area Community e
introdurrà una serie di modifiche
all’Avatar Store. Cercare possibili
conoscenti sarà dunque una pratica più snella, grazie all’utilizzo congiunto di gamertag, del vero nome
(se condiviso), della Gamerpic e
dell’immagine Xbox Avatar, mentre
il nuovo negozio pieno di accessori garantirà un look nuovo al nostro
io virtuale. Microsoft ha annunciato che quest’ultima implementazione sarà presente anche su PC
Windows 10 e su smartphone, tramite app Avatar Store. L’aggiunta
dell’opzione Xbox News, utile per
tenere sott’occhio tutte le ultime
notizie legate al mondo Xbox, e varie modifiche all’app ufficiale Xbox
chiudono le novità.
Serie S78 / Ultra HD
50” / 58”
Immergetevi
in una nuova
esperienza !
Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli
più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la
perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz.
ww.tcl.eu/it
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
TEST Finalmente la migliore tecnologia di TV sul mercato è disponibile anche nel formato “piatto”, per molti ancora il più amato
LG 65EF950 in prova: finalmente l’OLED è piatto
È la prima occasione per un raffronto tra OLED curvo e piatto e per scoprire se ci sono nuovi sviluppi nella tecnologia OLED
di Paolo CENTOFANTI
F
inalmente piatto! In quale altro modo si può iniziare un articolo sull’attesa gamma EF950 di TV
OLED LG? Sembra incredibile, ma una delle funzionalità più attese dagli appassionati per i nuovi OLED
di LG con l’elettronica aveva a poco a che fare: l’OLED
era nato curvo, ma sono tanti gli utenti a cui questa
moda non è mai andata giù, e finalmente anche per
loro la tecnologia che si sta imponendo come l’erede
di quella al plasma sul fronte della qualità di immagine è disponibile in un formato “tradizionale”. La serie
EF950, che ormai appartiene all’anno appena conclusosi, è la prima di TV OLED con schermo piatto, e come
abbiamo visto dal recente CES di Las Vegas, si tratta
di una gamma che presto andrà ad arricchirsi di nuovi
modelli. La curiosità è però tanta perché è l’occasione
per capire se ci sono differenze tra curvo e piatto ed
eventualmente scoprire quali sono. L’OLED è ancora
una tecnologia all’avanguardia in ambito consumer e
ogni prodotto porta sempre qualcosa di nuovo da imparare.
Con un pannello da 5 mm
è facile fare un bel TV
Grazie al pannello OLED da soli 5 mm di spessore non
è difficile per LG realizzare un bel TV: basta abbinare
una base e il gioco è fatto, anche perché la cornice
è davvero ridotta all’osso. LG ha curato comunque le
finiture in modo particolare, preoccupandosi anche del
lato B con un pannello chiaro lavorato con un motivo
a scacchi appena pronunciato. Unico appunto, ma è
sempre una questione di gusti, la base un po’ pesante:
la base a foglia di altri modelli OLED era senza dubbio
molto più convincente e più “leggera” alla vista.
Come per il modello curvo anche questo modello piatto è completissimo sotto il profilo degli ingressi, tuner
doppio sat / DVB-T2 e possibilità di sintonizzare il canale demo HEVC su Eultelsat. In dotazione, come sempre, il bellissimo e pratico telecomando con giroscopio
e un kit di occhiali 3D, per ricordarsi che il TV può anche riprodurre contenuti stereoscopici.
Funzionalità complete con WebOS
Il 65EF950 si differenza dai precedenti modelli usciti
nel 2015 esclusivamente sul fronte del design, della
base e naturalmente per la mancanza di curvatura dello
schermo. Questo vuol dire che la piattaforma hardware
video
lab
LG 65EF950V
5.999,00 €
UN OTTIMO TV, MA CHE COSTA ANCORA MOLTO
Sul fronte della qualità di immagine siamo già ai vertici del mercato, pur con alcuni margini di miglioramento importanti sul fronte dell’uniformità e della pulizia sulle basse luci. A livello di funzionalità è sicuramente un TV completo, quanto lo era la serie curva EG960 e tutte le altre
che si sono avvicendate sul mercato nel 2015 appena conclusosi. Purtroppo rimane molto elevato il prezzo di listino, soprattutto alla luce di
ciò che ha annunciato LG al CES 2016: nel giro di 5/6 mesi arriverà sul mercato la nuova generazione di TV OLED, con certificazione Ultra HD
Premium, nuovi pannelli e supporto migliorato per i contenuti HDR. Viste le cifre in gioco, aspettare è quasi d’obbligo.
8.4
Qualità
9
Longevità
7
Qualità immagine sbalorditiva
COSA CI PIACE È piatto
Funzioni complete
Design
9
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
e software non presenta alcuna differenza rispetto alla
serie EG960 che avevamo testato a settembre. Il TV
è dunque sempre basato su WebOS, con la semplice
interfaccia animata, colorata e piacevole da utilizzare,
e presenta le stesse medesime funzionalità già viste
sul 55 pollici Ultra HD curvo (a cui vi rimandiamo per
tutti i dettagli). Vale dunque la pena giusto segnalare
la presenza di app per i servizi sicuramente più importanti (Netflix, Infinity, Premium Play, YouTube, Chili, Google Play, Wuaki e molti altri), il lettore multimediale integrato con supporto per server DLNA, browser internet,
screen mirroring via Miracast, timeshift e registrazione
PVR su periferiche USB. Insomma un TV completo sotto ogni punto di vista.
D-Factor
9
Prezzo
8
Uniformità su basse luci migliorabile
Prezzo ancora molto elevato
Modelli più evoluti sono già in arrivo
Si vede ancora meglio del curvo
Che già si vedeva benissimo
Con questo modello non ci troviamo di fronte a un TV
con un pannello del tutto nuovo. Certo è piatto, ma la
generazione è essenzialmente la medesima dell’ultimo
modello curvo da noi testato. Ma comunque, a ogni
nuovo OLED di LG che arriva sul mercato, rimane la
curiosità per eventuali cambiamenti/miglioramenti sul
fronte della già elevata qualità di immagine. Nonostante
tutti gli aspetti sbalorditivi della tecnologia OLED di LG,
sono essenzialmente due i punti su cui sono focalizzati gli occhi di tutti gli appassionati in questo momento:
l’uniformità dell’immagine e la precisione sui livelli di
segnali prossimi al nero. Sul primo aspetto, il modello
“piatto” introduce un leggero miglioramento: c’è ancora quella leggera vignettatura ai bordi che in alcune
situazioni può diventare evidente, ma, curiosamente, si
manifesta maggiormente su un solo lato, il che lascia
supporre che in qualche modo la curvatura dello schermo va in qualche modo a impattare sull’uniformità. Con
un segnale tra l’1 e il 5% di grigio si notano poi alcune
bande verticali di differente luminosità, cosa questa che
nella visione di normali filmati però non si nota mai. Sul
versante invece della precisione, anche questo nuovo

segue a pagina 31 
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n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
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TV E VIDEO Nuovi dettagli sull’LSPX-P1, proiettore portatile a tiro ultra corto già visto al CES
Il proiettore a tiro corto Sony è Wi-Fi e “portatile”
Il piccolo proiettore Sony è dotato di speaker interni e può riprodurre immagini fino a 80”
di Giulio MINOTTI
A
arrivano ora nuovi dettagli sul
proiettore domestico (ma anche
portatile) Sony SPX-P1, già visto al
CES 2016. Stiamo parlando di un proiettore a tiro ultra corto, dalle dimensioni
compatte (81 X 131 X 131 millimetri e peso
di 930 grammi) in grado di produrre immagini da 22 a 80 pollici, praticamente su
ogni superficie. Orientabile a piacimento, può essere posizionato a pochissima
distanza da una parete o può addirittura proiettare immagini su una scrivania,
sfruttando anche le sue funzionalità
wireless. Il LSPX-P1 ha al suo interno una
batteria con un’autonomia di circa 2 ore
e due piccoli speaker da 2 W. Sony fornisce anche un piccolo trasmettitore wire-
less con un ingresso HDMI, fino a 1080p,
capace di inviare segnali al proiettore in
modalità senza fili, tramite connessione IEEE802.11an a 5 GHz. Il proiettore
supportale connessioni Bluetooth 4.0,
il WiFi (b/g/n 2.4GHz, 5GHz) e Miracast.
Inoltre è in grado di riprodurre foto JPEG,
GIF, PNG, BMP e video MPEG-2, H.264,
MPEG-4, H.263. Tra le caratteristiche più
curiose, la possibilità di visualizzare sulla
parete un’immagine diversa a seconda
delle condizioni meteo e l’attivazione
automatica a distanza da smartphone
e tablet, via Bluetooth (BLE). Il LSPX-P1
può essere controllato tramite telecomando, attraverso un’apposita App per
iOS ed Android o via mouse. Al suo interno troviamo una memoria da 4GB e
sensori di posizione e di luminosità. Il
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
sistema di proiezione adottato è un LCD
SXRD con una risoluzione di 1366 × 768
pixel e sorgente di luce laser (luminosità 100 lm) con auto focus. L’arrivo sul
mercato giapponese è previsto a metà
febbraio con un prezzo, tasse escluse, di
730 Euro circa.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
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Per la pubblicità
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TEST
TV OLED LG 65EF950V
segue Da pagina 30 

65 pollici, nonostante i neri strabilianti, tende un po’ ad
accentuare rumore e artefatti di compressione sulle
scene più scure: un effetto minimo con i dischi Blu-ray,
più evidente con sorgenti come i servizi di streaming in
cui la compressione digitale è più sostenuta. Fatta questa doppia premessa, per il resto abbiamo solo cose
positive da dire sul nuovo 65EF950 di LG. Come per
gli altri OLED del produttore coreano, il primo impatto
è semplicemente clamoroso, in senso positivo, soprattutto per chi è abituato all’immagine degli schermi
LCD: contrasto elevatissimo, neri perfetti, colori caldi e
vibranti, ottimo dettaglio. L’OLED è su un livello del tutto
superiore, e solo il plasma e i migliori LCD full LED con
local dimming possono avvicinarsi.
LG sta migliorando anche l’elettronica di controllo di generazione in generazione di prodotto, e la buona notizia
è che il 65EF950 non esce di fabbrica con una calibrazione così lontana dal riferimento, anche se qualche aggiustamento è necessario sul bilanciamento del bianco
e il contrasto. In particolare l’efficienza luminosa, rimane
uno dei nodi da risolvere di questo tipo di tecnologia,
un aspetto evidenziato dal grafico che mostra come
quasi le componenti cromatiche principali, al 100% di
saturazione non riescono a mantenere il livello di luminosità necessario. Il grafico che vi propniamo è stato ottenuto effettuando misure su una finestra grande circa
il 20% dello schermo e dopo aver aggiustato la luminosità massima su circa 120 cd/mq. Con le impostazioni di
default il calo di luminosità è molto più deciso e introduce un errore deltaE sui primari e secondari più elevato.
Contenendo invece la luminosità massima, si ottiene
una colorimetria del pannello sufficientemente precisa
e nella norma per un TV consumer. Il TV è dotato di
torna al sommario
LG 65EF950V, le nostre misure. La calibrazione di fabbrica è buona, ma occorre comunque intervenire
abbondanza di controlli per le regolazioni di immagini,
compresa la calibrazione della scala di grigio addirittura
su 20 step. Per lo spazio colore ci sono invece gli ormai
consueti controlli a 3 assi per primari e complementari
(luminosità, tinta e saturazione). Come già detto, a livello
di menù, interfaccia e funzionalità, non ci sono novità di
alcun tipo rispetto agli altri modelli di OLED LG usciti nel
2015 e il comportamento del TV è praticamente il medesimo dell’EG960 da noi testato qualche mese fa. Ciò
vale anche per la luminosità massima del pannello che
è “castrata” di fabbrica in modo tale e supera le 200
cd/mq solo su una piccola finestra, dove può arrivare
anche oltre le 400 cd/mq. Ciò è necessario più che altro
per i prossimi contenuti masterizzati in HDR con cui il
65EF950 è già compatibile.
LG ci ha fornito un paio di clip demo in HDR per testare
questo aspetto, a dire il vero non proprio il massimo per
valutare la qualità di immagine in questa modalità, trattandosi di video con un montaggio fin troppo serrato.
Una di queste in particolare però restituisce un’immagine con luci estremamente realistiche, tanto che a tratti
sembra quasi di guardare fuori da una finestra più che
uno schermo televisivo e tanto basta per farci capire
due cose: l’OLED non ha nessun problema nel far percepire i benefici dell’HDR già con questa generazione
di prodotti, mentre la maggiore gamma dinamica presente in questo tipo di contenuti ha tutto il potenziale,
se ben utilizzata, di offrire davvero qualcosa in più.
Per il resto abbiamo davvero poco da aggiungere rispetto a quanto visto sull’EG960 (a cui nuovamente vi
rimandiamo). A livello di definizione, con contenuti 4K,
la resa è molto buona anche se l’OLED tende ad avere
un’impronta morbida, il che non è affatto uno svantaggio, anzi l’immagine è se vogliamo maggiormente cinematografica. La risoluzione in movimento è in linea con
quella di altre tecnologie, perché se è vero che l’OLED
ha un tempo di risposta rapidissimo, il metodo di visualizzazione sample&hold lascia percepire comunque
leggero blur in alcune situazioni, che può essere ridotto
significativamente con il circuito di interpolazione TrueMotion. Niente comunque che possa lontanamente
pregiudicare la qualità di visione.
n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
TEST Huawei propone prodotti sempre più interessanti; Mate 8 è bello da vedere e costruito in maniera davvero esemplare
Huawei Mate 8, prestazioni da primo della classe
È uno smartphone con pochi punti deboli e molti elementi vincenti, tra cui l’elevata potenza e una straordinaria autonomia
di Vittorio Romano BARASSI
A
qualche mese di distanza dalla prova dell’ottimo Mate S, eccoci ora alle prese con il nuovo arrivato della gamma Huawei. Mate 8 è un
phablet completo, molto interessante sotto il punto di
vista estetico, ben costruito e con caratteristiche tecniche che non hanno nulla da invidiare ai prodotti della
concorrenza.
Huawei ha annunciato il dispositivo nel novembre scorso ma solo in queste prime settimane del 2016 Mate 8
inizia a fare capolino sui mercati europei, Italia compresa. Per portarselo a casa bisogna sborsare 599 euro e
si può scegliere tra una versione in colorazione nera ed
una seconda bianca.
video
lab
Family-feeling e costruzione impeccabile

Se come si dice “il buongiorno si vede dal mattino”,
la confezione di vendita di Mate 8 è sicuramente un
buon biglietto da visita: curata, ordinata, ben realizzata ed elegante. C’è il caricabatterie con cavo micro-USB (niente USB Type C), ci sono le cuffie, non
manca una graffetta per facilitare l’accesso allo slot
SIM/microSD e c’è pure una custodia trasparente
- in plastica - realizzata per tutti coloro che vogliono
proteggere il dispositivo dagli incidenti; di solito siamo favorevoli all’utilizzo di queste cover, ma questa
proprio non ci ha convinto: è troppo rigida, difficile da
mettere/togliere e rovina il design del dispositivo. Ce
ne faremo una ragione.
Proprio il design è uno degli elementi distintivi di questo Mate 8; Huawei ha deciso di riproporre gli stessi
stilemi dei precedenti dispositivi e la mossa si è dimostrata particolarmente azzeccata. Chi ha familiarità
con gli smartphone Huawei magari non rimarrà sconvolto dal design che ha poco di rivoluzionario, ma tutti
gli altri resteranno piacevolmente sorpresi dalle linee
di questo Mate 8.
Come per Mate S, sottoponendo il terminale al giudizio di amici e parenti, Mate 8 ha saputo conquistare
le giuste attenzioni, segno indiscusso che in Huawei
hanno fatto centro, anche con il pubblico femminile.
Mate 8 è un phablet dalle dimensioni decisamente
generose e dal peso non indifferente; parliamo di 157,1
x 80,6 per 7,9 millimetri di spessore e un valore sulla
torna al sommario
Huawei Mate 8
599,00 €
UN OTTIMO SMARTPHONE, CON UNA STRAORDINARIA AUTONOMIA
Dire che Mate 8 sia una rivoluzione rispetto ai prodotti presentati in passato sarebbe esagerato, ma affermare che questo dispositivo si presenti
come un’ottima evoluzione è quanto mai azzeccato. Huawei è riuscita a migliorarsi in molti frangenti e il risultato finale è un phablet costruito in
maniera esemplare, bello da vedere, potentissimo e, finalmente, con un’autonomia di gran lunga superiore alla media di categoria. Non è un prodotto perfetto; la fotocamera non dà ancora la sensazione di essere al livello dei “mostri sacri” di LG, Samsung, Apple e Microsoft, il software ogni
tanto risulta confusionario ma l’impressione è che Huawei abbia imboccato con decisione la strada giusta. Sul rapporto qualità/prezzo c’è poco da
dire: in molti sperano sempre che Huawei proponga “di più a meno”, ma la cifra di 599 euro (di listino) ci sembra più che giusta per il dispositivo in
questione. Mate 8 è - a tutti gli effetti - un dispositivo “premium”.
8.5
Qualità
9
Longevità
8
Autonomia sensazionale
COSA CI PIACE Prestazioni elevate
Costruzione impeccabile
Design
9
Semplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
8
Manca il doppio-tap per accendere il display
COSA NON CI PIACE EMUI occasionalmente poco intuitiva
Fotocamera non al livello della concorrenza
bilancia di ben 185 grammi. Inutile sottolineare come
metterlo nella tasca dei jeans sia piuttosto difficile e
come nell’uso di tutti i giorni il peso lo si senta tutto;
detto questo, però, si apprezza l’ottimo bilanciamento e dopo qualche giorno ci si scorda di avere tra le
mani un phablet di quasi 200 grammi. A giustificare
l’importante mole c’è una costruzione di primissimo livello: il corpo è interamente realizzato in metallo, non
ci sono scricchiolii di alcun tipo, le finiture sono ottime
e la sensazione di solidità è assoluta.
I tasti volume e blocco/sblocco sono sul lato destro,
sul sinistro c’è solo lo slot per le schede nanoSIM-microSD, in basso - tra due viti alle estremità - sono presenti due griglie simmetriche (microfono principale e
altoparlante) con al centro l’ingresso micro USB e la
porzione superiore è contraddistinta da un microfono secondario e dall’ingresso jack 3.5 mm. Il retro di
Mate 8 è minimal: fotocamera in bella vista, flash LED
dual-tone al suo fianco e poco più in basso spazio al
sensore di impronte digitali, precisissimo ed estremamente veloce nello svolgere il suo compito.
Ottimo IPS da 6 pollici, “solo” Full HD
Mettere un buon display su un phablet è vitale e
Huawei, anche stavolta, non ha sbagliato. Dopo l’ottimo e “coloratissimo” AMOLED di Mate S eccoci davanti
ad un pannello LCD non sconvolgente ma dalle indubbie qualità e dalle dimensioni generose: ben 6 pollici
di diagonale. Quello di Mate 8 è un IPS-NEO dai colori
naturali (volendo dalle impostazioni si possono anche
tarare a piacimento), da buone luminosità e contrasto e
con degli ottimi angoli di visione; molto buoni i bianchi,
non eccezionali i neri. La risoluzione Full HD garantisce
una densità pari a 368 ppi e anche se su questa dimensione avrebbe forse fatto comodo un display QHD (la
concorrenza propone questa feature anche su “tagli”
più piccoli), possiamo tranquillamente affermare che i
1080p sono più che sufficienti per eseguire qualunque
tipo di operazione. A tutto vantaggio dell’autonomia.
Quel che più impressiona di questo display è che esso
ricopre quasi l’80% della superficie frontale del disposegue a pagina 33 
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MAGAZINE
TEST
Huawei Mate 8
segue Da pagina 32 
sitivo; i bordi laterali sono davvero sottili e sia in alto
che in basso c’è pochissima cornice. Sopra lo schermo c’è la cuffia auricolare con a fianco la fotocamera
frontale e i sensori di luminosità (purtroppo abbastanza
“pigro”, poco preciso) e prossimità; sempre in alto, a
sinistra, c’è anche spazio per un piccolo ma elegante
LED RGB di notifica. Sotto lo schermo campeggia solo
il logo Huawei.
A proteggere il display e tutto il frontale c’è un vetro
Gorilla Glass 4 di Corning e, come se non bastasse,
Huawei ha anche deciso di applicare già in sede di assemblaggio una sottilissima pellicola trasparente che
funge da ulteriore “sistema di sicurezza”. La pellicola
è incollata molto bene e si fa davvero fatica a notare
la sua presenza.
Processore fatto in casa
8 core velocissimi
Huawei è una delle poche aziende del settore che
realizza i SoC in casa; sebbene inizialmente in molti
abbiano criticato questa scelta, col passare degli anni
Huawei ha saputo raggiungere livelli decisamente
elevati anche su questo fronte e il chipset HiSilicon
Kirin 950 (64-bit con processo produttivo a 16nm) ne
è la piena testimonianza. Abbiamo a che fare con un
SoC dotato di processore da ben otto core, composto
da quattro Cortex-A72 con clock a 2,3 GHz e da altrettanti Cortex-A53 da 1,8 GHz; la GPU è una Mali-T880
mentre per quanto concerne la memoria siamo in presenza di un dispositivo con 3 GB di RAM. Sebbene in
Italia pare sia prevista solo questa versione, su diversi
mercati Huawei lancerà anche una variante con più
RAM e maggiore spazio fisico di archiviazione: 4 GB
abbinati a ROM da 64 GB, contro i 32 GB della versione nostrana.
Che il nuovo Kirin 950 sia un mostro di potenza lo si
capisce immediatamente: mai un rallentamento, fluidità estrema e nessuna limitazione nell’uso quotidiano.
Nei benchmark che siamo soliti eseguire tende quasi
a “doppiare” il cugino Mate S: in GeekBench 3 abbiamo registrato un punteggio di oltre 6000 nel test MC
e anche nel nuovo test AnTuTU, da prendere molto
con le pinze, il terminale si piazza molto in alto nella
classifica.
Benchmark a parte, nell’utilizzo quotidiano non dà
mai l’impressione di essere in difficoltà; anche aprendo/chiudendo in rapida successione numerose applicazioni non si avvertono rallentamenti e dopo diversi
giorni di uso continuativo interviene anche l’ottimizzatore di sistema che con un paio di tap aiuta a tenere
pulite le varie memorie del dispositivo. Huawei Mate
8 è perfettamente in grado di far girare a framerate
elevati tutti i videogiochi di ultima generazione presenti sul Play Store come di riprodurre senza problemi
anche video 4K a 30 frame per secondo; niente da
fare, invece, per i filmati 4K@60fps. Buono il player
video di sistema.
Ci preme sottolineare una peculiarità di questo dispositivo: nonostante la potenza in gioco e il corpo metallico, anche dopo lunghe sessioni di gioco Mate 8 non
dimostra di avere alcuna tendenza al surriscaldamento. Lo smartphone rimane sempre “fresco”, davvero
una cosa insolita (positiva!) considerando che ormai
da anni siamo abituati a device che, chi più e chi
meno, scaldano un po’ nella porzione posteriore. La
concorrenza prenda esempio.
Emotion UI 4.0 e Android 6.0
Accoppiata vincente
Huawei Mate 8 è il primo dispositivo dell’azienda cinese ad arrivare sul mercato con Android 6.0
Marshmellow preinstallato a bordo e ad affiancare il
sistema operativo c’è l’ormai affermata Emotion UI di
Huawei stessa, ormai giunta alla versione 4.0. Rispetto alle precedenti 3.x i cambiamenti non sono poi così
tanti: graficamente l’interfaccia è rimasta pressoché
identica (si può scegliere tra una mezza dozzina di
temi, non se ne possono scaricare di nuovi online) e
le modifiche principali sono più a livello di codice.
È stato introdotto un buonissimo sistema di gestione
delle autorizzazioni che lavora in connubio con quello predefinito di Android 6.0 e non mancano opzioni
per definire ad-hoc tutto ciò che riguarda il risparmio
energetico e la privacy. Abbastanza invasivo il sistema
di notifiche: spesso nel notification center (al quale si
può accedere anche senza sbloccare lo schermo) appare qualche “avviso” di troppo ma con un po’ di pazienza, dalle impostazioni, si può configurare il tutto
nel miglior modo possibile. Come in passato confermiamo il nostro giudizio sulla sezione “impostazioni”:
completa sotto ogni aspetto, ma forse un po’ caotica
e poco immediata.
Bella e minimal la schermata di blocco, molto buone
tutte le applicazioni di sistema e ottima l’app Gestione
Telefono attraverso la quale, in men che non si dica,
si potrà “pulire” il dispositivo liberandosi di tutti i file
non necessari e delle impostazioni incongrue che
possono concorrere - a lungo andare - all’eventuale
rallentamento del sistema.
Come su Mate S anche qui si possono utilizzare le
nocche per effettuare azioni rapide: doppio tap con
una nocca per catturare le schermate e doppio tap
con due per avviare una registrazione video (n HD o
“mini”) di ciò che avviene sullo schermo.
EMUI 4.0, come le precedenti versioni, non ha un
vero e proprio app drawer ma le applicazioni sono
accessibili direttamente dai vari desktop a disposizione dell’utente; questa logica in stile iOS può piacere
o meno, ma nell’utilizzo di tutti i giorni incide molto
poco. Ci si abitua subito. Huawei ha detto addio al suo
browser e ha dotato Mate 8 esclusivamente di Chrome, software per la navigazione web che continua a
migliorare di giorno in giorno e che su questo device
si trova molto a suo agio.
Molto apprezzabile è la scelta di Huawei di mettere a
disposizione degli utenti la modalità landscape già a
livello “desktop”: con 6 pollici a disposizione, in determinate circostanze, può ritornare molto utile. Chiudiamo la nostra panoramica sul software sottolineando
una mancanza piuttosto grave: non c’è la possibilità
di sbloccare il display con il doppio-tap, davvero una
seccatura soprattutto per tutti coloro che decideranno di utilizzare il sensore di impronte digitali.
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segue a pagina 34 
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n.125 / 16
25 GENNAIO 2016
MAGAZINE
TEST
Huawei Mate 8
segue Da pagina 33 
16 buoni megapixel
Ma si può ancora fare meglio
La fotocamera principale di Mate S, pur non entusiasmandoci particolarmente, era riuscita a convincerci
e quella del nuovo Mate 8 non è stata da meno.
Huawei ha messo da parte il precedente modulo da
13 megapixel e ha dotato il dispositivo di un nuovo
sensore IMX298 da 16 megapixel realizzato da Sony;
ad accompagnarlo ci sono un obiettivo grandangolare f/2.0, un sistema di autofocus “classico” a rilevamento di fase e uno stabilizzatore ottico che compie
egregiamente il suo dovere.
Scattare foto con Mate 8 non è mai un problema: di
giorno e, in generale, in condizioni di buona illuminazione le fotografie prodotte sono più che buone.
Buoni i dettagli, bianchi ben bilanciati e colori quasi
sempre naturali; la modalità HDR costringe l’utente a
tenere fermo il dispositivo per qualche attimo di troppo e abbiamo riscontrato qualche piccolo problema
nel fotografare in condizioni di elevata luminosità.
A conti fatti, anche quello di Mate 8 è un modulo che
soddisfa ma non strabilia; vale lo stesso discorso fatto per Mate S: siamo in presenza di una fotocamera
degna di un top di gamma ma che dà ancora l’impressione di essere leggermente al disotto della più
blasonata concorrenza.
Davvero un peccato perché il software di gestione
della fotocamera è forse uno dei migliori in circolazione e le opzioni tra le quali scegliere sono davvero
tantissime; non manca, inoltre, la buonissima modalità Professionista che permette di impostare manualmente moltissimi parametri di scatto.
Non molto d’aiuto il flash dual-LED (dual tone) presente al fianco dell’obiettivo: meglio tenerlo disattivato il più possibile e sfruttare l’ampia apertura della
lente.
Nonostante sia perfettamente in grado di riprodurre filmati 4K, Huawei Mate 8 manca di una modalità di registrazione video in Ultra HD, ormai quasi un
“must” (più per non sfigurare piuttosto che per reale
necessità) per un prodotto appartenente a questa
fascia di mercato. Il modulo Sony a disposizione del
device permette la “sola” cattura di filmati Full HD,
fortunatamente ad una velocità di 60 frame per secondo, caratteristica che per molti è decisamente
più appetibile della mera possibilità di registrare a
2160@30p. I video, in ogni caso, non risultano essere
affatto memorabili: sufficiente il risultato ottenibile in
condizioni ottimali e discreto quello che è possibile
registrare di sera. Come modulo secondario Huawei
ha scelto di equipaggiare Mate 8 con un sensore
IMX179 prodotto sempre da Sony; la risoluzione è di
8 megapixel, l’apertura dell’obiettivo si ferma a f/2.4
e tutto ciò basta e avanza per fare selfie di ogni tipo
e in ogni condizione di luce. Nonostante manchi un
flash frontale, infatti, Mate 8 permette anche autoscatti decenti in notturna: la luce del grosso display
da 6 pollici, spesso, è più che sufficiente.
Autonomia incredibile
Ed è anche dual SIM
Se le fotocamere non ci hanno lasciato a bocca aperta, l’autonomia garantita dal parco batterie - non rimovibile - da ben 4000mAh è riuscita a sorprenderci.
Huawei Mate 8, sotto questo aspetto, diventa assolutamente il punto di riferimento della categoria poiché
con un uso particolarmente intenso è in grado di arrivare a sera anche con poco meno del 50% di carica
ancora a disposizione, risultato che quasi tutti i diretti
concorrenti possono solo sognare. Huawei è riuscita
a progettare un chipset davvero parco nei consumi

Alcuni scatti eseguiti con il Huawei Mate 8, selezionare la foto per visualizzare l’ingrandimento
torna al sommario
che beneficia appieno delle caratteristiche di risparmio energetiche già insite nell’animo di Android 6.0
Marshmellow; il nuovo Kirin 950 è davvero un piccolo
gioiello: velocissimo, efficiente e “freddo”. Dopo anni
di dispositivi che fanno fatica ad arrivare alle 21, pare
finalmente che le cose inizino ad andare meglio…
Per quanto concerne la parte prettamente telefonica
Mate 8 non si contraddistingue in nulla di particolare:
le chiamate sono di buona qualità, il sistema di riduzione dei rumori ambientali funziona bene (ma forse
tende a ridurre un po’ troppo il volume delle chiamate) e la ricezione è nella media. Mate 8 è anche
un dispositivo dual-SIM: la gestione delle due schede
(nano) è esemplare e - in questo campo - tutti i produttori dovrebbero imparare da Huawei.
Gli auricolari offerti in dotazione riescono a restituire un buon audio come buono e potente è il suono
che Mate 8 è in grado di far fuoriuscire da una delle
due griglie (quella di destra) presenti nella porzione
inferiore del dispositivo. La vibrazione non è straordinariamente vigorosa, ma il rischio di perdere qualche
notifica non è molto alto. Per quanto concerne la connettività Huawei Mate 8 non manca di nulla: è 4G/LTE
(con tutte le bande “europee” a disposizione), ha il
Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac, WiFi Direct, Bluetooth 4.2 LE
e non mancano GPS/GLONASS e supporto DLNA.
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25 GENNAIO 2016
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TEST Abbiamo provato Motorola Moto X Force, è elegante, potente e con uno schermo da 5,4” che sopporta colpi e cadute
Moto X Force: prestazioni super e display infrangibile
La speciale tecnologia Motorola ShatterShield rende lo schermo “a prova di bomba”, indifferente graffi e scheggiature
di Andrea ZUFFI
e la caduta a terra di uno smartphone, con tanto
di rottura dello schermo rappresenta un evento
fastidioso oltre che costoso, può convenire affidarsi alla saggezza del detto “chi più spende meno
spende” e prestare attenzione a quanto recentemente
commercializzato da Motorola. Potrebbe esserci stata una considerazione di questo tipo alla base della
scelta dei vertici della casa “alata” di progettare un
dispositivo Android con caratteristiche tecniche di primissimo piano e con un display a prova di impatto al
suolo. Grazie alla tecnologia ShatterShield il display del
nuovo Moto X Force è infatti infrangibile: la protezione
dello schermo dai danni di una caduta accidentale è
ottenuta con una speciale tecnica costruttiva che vede
la sovrapposizione al display e al digitalizzatore di
due ulteriori strati di materiale protettivo. Il compound
a 5 strati così ottenuto è garantito da Motorola per 4
anni contro la frantumazione e la scheggiatura da uso
quotidiano, il che presuppone però non solo le classiche chiavi che sfregano in tasca, ma anche cadute
e colpi di diversa natura. Il produttore specifica però
che il display non è da considerarsi indistruttibile e
nella garanzia sono previste alcune limitazioni. Moto X
Force è, inoltre, protetto da un nano rivestimento che
lo rende repellente all’acqua ma senza alcuna certificazione riguardo l’impermeabilità. Rimane lodevole il
tentativo, che speriamo venga seguito da altri marchi,
di mettere nelle mani dei consumatori terminali belli e
robusti al tempo stesso, a prova di caduta. Infrangibilità
a parte, Moto X Force (modello con codice XT1580) è
uno smartphone dalle specifiche interessanti che lo
collocano senza dubbio nella fascia alta del mercato. In termini qualitativi il display è un Amoled da 5.4
pollici con risoluzione Quad-HD da 2560 x 1440 pixel
e densità pari a 540 ppi. Ad animare Android 5.1.1 ci
pensa il processore Snapdragon 810 octa-core da 2.0
GHz che costituisce il cuore pulsante del sistema di
elaborazione, coadiuvato dalla GPU Adreno 430 e da
due coprocessori, uno per la gestione del linguaggio
S
video
lab
Motorola Moto X Force
749,00 €
SCATTANTE E ROBUSTO
Pur non trovandoci di fronte a un “rugged phone”, la ricerca compiuta da Motorola ha portato alla realizzazione di un device robusto e resistente e
di questo va dato atto a un produttore dal passato ricco di idee e innovazione. Moto X Force è uno smartphone interessante, con ottime performance e offre agli utenti anche la tranquillità di non vedere frantumato il proprio acquisto al primo “sinistro”. Il prezzo da pagare per questa tranquillità
è oggi forse ancora un po’ alto. Volendo fare un confronto con altri prodotti di fascia alta, qui pesa soprattutto l’assenza del sensore biometrico
per le impronte digitali: un terminale che fa vanto della propria robustezza e quindi della durata nel tempo dovrebbe essere pronto a supportare
questo standard di sicurezza fisica. Molto buona la durata della batteria e sempre fluida e appagante l’esperienza d’uso. La dissipazione del calore
prodotto dallo SnapDragon 810 è molto efficiente rispetto ad altri dispositivi ma il surriscaldamento c’è e si sente. Le personalizzazioni dell’interfaccia utente sono “poche ma buone”, specialmente per quanto riguarda i comandi vocali e l’uso estremamente intuitivo della fotocamera.
8.3
Qualità
9
Longevità
8
Display infrangibile
COSA CI PIACE Reattività e prestazioni
Autonomia
Design
7
Semplicità
9
COSA NON CI PIACE
naturale e l’altro che si occupa dell’elaborazione dei
dati provenienti dai vari sensori integrati nel dispositivo. La RAM è da 3 GB e la ROM da 32 GB, 24 GB dei
quali disponibili per l’utente e ulteriormente espandibili, in linea teorica fino a 2 TB, tramite uno slot per
schede microSD. Come d’obbligo, a bordo di Moto
X Force trovano posto due fotocamere, la principale
delle quali è da 21 Mpx con stabilizzatore e flash LED
dual tone. Il sensore frontale ha, invece, risoluzione
pari a 5 Mpx e, cosa che colpisce fin dal primo sguardo, dispone di un flash LED per illuminare la scena
anche in caso di selfie al buio o in penombra. Connettività senza compromessi grazie al supporto per rete
dati 3G e 4G, al Wi-Fi a/b/g/n/ac sui 2.4 GHz e 5,0 GHz
con tecnologia MIMO, Bluetooth 4.1 LE e NFC. Grande
assente su un terminale di fascia alta che arriva sul
mercato a fine 2015 è il lettore di impronte digitali, un
sensore ormai indispensabile sia per aumentare la sicurezza fisica localmente sul dispositivo sia per strizzare l’occhio ai futuri sistemi di pagamento mobili che
presto o tardi saranno una realtà nel nostro paese e
D-Factor
9
Prezzo
7
Assenza lettore di impronte digitali
Prezzo elevato
non solo. Ma Lenovo ha già dichiarato che i “Moto” del
2016 ne saranno provvisti. Moto X Force è in vendita
in esclusiva Vodafone a 749,99 euro. A qualche mese
dal lancio ci sarà poi un fisiologico assestamento verso il basso del prezzo che rimarrà importante ma in
linea con altri dispositivi di pari livello. A differenziare
questo terminale dalla concorrenza potrebbe essere
proprio la robustezza dello schermo e la certezza che
a fronte di “incidenti” ce la si potrà cavare con graffi
e ammaccature sulla scocca metallica, scongiurando
la compromissione dello schermo e quindi l’usabilità
del fidato e inseparabile tecno-assistente. Nel panorama del mercato di fascia alta cui questo terminale
si rivolge, per affinità di prezzo, dimensioni e caratteristiche si trovano big del mondo Android del calibro di
Samsung S6 Edge e Huawei Mate S. Spaziando in altri sistemi operativi il confronto d’obbligo è con Apple
che offre a un prezzo molto simile iPhone 6s Plus con
16 GB di memoria, mentre gli amanti di Windows 10 si
possono orientare su Lumia 950 XL.
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TEST
Motorola Moto X Force
segue Da pagina 35 
Esperienza Android pura e semplice
A un primo contatto Moto X Force ha un aspetto sicuramente piacevole ma non particolarmente moderno nel design. La scocca è di tipo unibody con bordi
curvi in alluminio e una finitura in nylon balistico tanto
inusuale quanto bella sul retro. I 169 grammi di peso
sono ben distribuiti, la qualità costruttiva e la solidità
sono indiscutibili ma il grip non è eccezionale e nel
complesso la sensazione che prevale è quella di
un’impugnatura un po’ scivolosa. A nostro avviso la
forma delle feritoie posizionate sotto al display per
ospitare microfono e altoparlante non è particolarmente azzeccata e conferisce alla parte frontale uno
stile un po’ vetusto. Una volta inserita la nano-sim e
premuto il tasto di accensione, che si trova sul lato
destro ed è zigrinato per distinguersi al tatto dal bilanciere del volume posto appena sotto, ci si ritrova all’interno del mondo Lollipop, poco personalizzato da
Motorola per un’esperienza pura ed essenziale a tutto
vantaggio della semplicità del sistema stock di Google. Ciascun utente può così aggiungere app e funzionalità a seconda delle proprie esigenze e del proprio
gusto personale. Come nel caso del file manager alla
cui mancanza si rimedia facilmente scegliendo tra decine di app. Il display Amoled è ampio e, con i suoi 5,4
pollici di diagonale e la risoluzione da 2560 x 1440
pixel, offre una grande leggibilità rendendosi adatto a
ogni genere di attività lavorativa e di svago. Lo schermo si usa senza alcun problema e la presenza degli
strati di protezione si percepisce appena e non inficia minimamente la sensibilità e la reattività durante
la digitazione. La percezione è comunque molto più
blanda di quella che si può avere con l’applicazione di
uno schermo protettivo esterno che invece modifica
in modo marcato la sensibilità intrinseca di qualsiasi
pannello touch. La resa visiva è buona in qualunque
condizione di luce anche se il contrasto e la brillantezza non sono da record. L’angolo di visione è molto
ampio e come per tutti gli Amoled il nero è assoluto
mentre il bianco non è sempre candido, specialmente
se si varia l’angolo di incidenza dello sguardo. In questo senso la tendenza a virare dei bianchi potrebbe
essere favorita dagli strati protettivi dello schermo, visto che la luce deve compiere un percorso differente
rispetto a quello che farebbe attraverso il vetro di un
display classico. Ai quattro lati della superficie frontale
sono inseriti altrettanti sensori all’infrarosso che riescono a rilevare il passaggio della mano in prossimità
del device e di attivare lo schermo. Questa funzione
è utile per verificare al volo se ci sono notifiche di
chiamate, messaggi o email senza dover toccare o
sbloccare il sistema. Questa funzione sopperisce, anche se non completamente, alla mancanza di un led
per le notifiche. Grazie ai sensori di prossimità è inoltre disponibile una funzionalità che Motorola chiama
“Schermo attento” e che si preoccupa di mantenere
attivo il display fintanto che l’utente sta guardando lo
schermo stesso. La funzione è infallibile e molto comoda specie se si sta leggendo un lungo messaggio
o si sta guardando un’immagine per lungo tempo. E
non appena si distoglie la faccia dal display, questo
si spegne.
Potenza e solidità, serve altro?
Dal punto di vista delle prestazioni Moto X Force si
comporta in modo egregio e durante la prova non abbiamo mai percepito alcuna esitazione o momenti di
affaticamento del processore che ha sempre eseguito applicazioni, servizi e task multipli in modo fluido e
realmente instancabile. Snapdragon 810 è una forza
e con il supporto della GPU Adreno 430 a 630 MHz
è in grado di reagire a qualunque tipo di sollecitazione, anche in condizioni in cui si è voluto andare alla
ricerca dello stress massimo, attivando musica, video
e giochi che ricorrono pesantemente alla grafica 3D.
Moto X Force ha sempre reso un servizio eccellente
grazie anche ai 3 GB di RAM che sembrano non finire
mai. Il punteggio con Antutu Benchmark 6 è di oltre
80.000 con un posizionamento al 6° posto della classifica. Unica pecca il surriscaldamento tipico di questo
processore e che, nonostante gli sforzi di Motorola
per ottimizzare la dissipazione, in alcuni casi si fa sentire in modo non trascurabile. Per quanto riguarda il
Crash Test non possiamo che esprimerci in maniera
positiva: fermo restando che prove come buttare il telefono sotto un treno in corsa o in un burrone hanno
senso solo per attirare attenzione, l’uso “sbadato” di
tutti i giorni non ha mai risentito di traumi di alcuna
natura: il telefono si può tranquillamente tenere in
tasca insieme a chiavi e monete, può cadere dalla
tasca, dalla scrivania, addirittura da 2 metri direttamente sul display e non si danneggia in alcun modo.
Moto X Force è tra i dispositivi che in futuro riceveranno l’aggiornamento ad Android 6.0 e non si capisce
perché non esca già ora con Marshmallow preinstallato. Ciò premesso la versione in uso di Android è la 5.1.1
in configurazione pressoché originale; le sole personalizzazioni inserite dal produttore riguardano la suite
Moto e l’interfaccia dell’app fotocamera. Nel pacchetto Moto, di cui fanno parte note app come Assist, Actions, Display e delle cui caratteristiche abbiamo già
parlato nella prova estiva dell’impermeabile Moto G,
spicca in modo particolare Moto Voice, il sistema di
riconoscimento vocale sviluppato da Motorola che,
pur non aggiungendo nulla di nuovo alle funzionalità
di Google Now, vi si integra alla perfezione con il valore aggiunto di attivarsi con la voce anche quando il
terminale è bloccato, senza mai perdersi un comando
anche se si parla a voce bassa e a una certa distanza.
Per sapere, ad esempio, se ci sono messaggi o chiamate perse non serve toccare il dispositivo ma è sufficiente pronunciare la frase di sblocco pre-registrata
seguita da “novità?” e avere un immediato feedback
vocale. Lo stesso vale per richieste del tipo “che ore
sono?” oppure “meteo domani?” o ancora scatta una
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TEST
Motorola Moto X Force
segue Da pagina 36 
foto fino a “trova il mio telefono” che fa emettere un
suono costante al telefono che magari non vediamo
perché finito sotto le scartoffie sul tavolo o in qualche
angolo della stanza.
Connettività ultra veloce
e audio sempre limpido
La sensibilità e ricettività di tutte le antenne a bordo
dello smartphone sono massime. Il GPS aggancia i
satelliti in modo fulmineo e anche per il primo fix, che
notoriamente richiede alcuni secondi, i tempi di attesa
sono stati pressoché nulli. Nel corso della settimana
di prova la navigazione web e il download non sono
mai stati un problema sia sulle veloci reti 4G che con
copertura Wi-Fi multibanda. Con Il browser Chrome il
caricamento e la navigazione in qualsiasi pagina web
è sempre stato soddisfacente e in linea con le aspettative. A completamento del quadro di un’esperienza
d’uso che può definirsi positiva sotto ogni punto di
vista, non possiamo non segnalare l’ottima qualità
dell’audio in chiamata che, grazie a un sistema di
soppressione dei rumori basato su cinque microfoni
sparsi per lo chassis, è risultata sempre soddisfacente anche per l’interlocutore. Buona ma non eccelsa la
potenza dello speaker vivavoce sia in conversazione
che per l’ascolto di musica purché in ambienti non
troppo rumorosi. Nonostante la resistenza alla rottura dello schermo sia una marcia in più per questo
smartphone l’assenza di un lettore di impronte digitali
è imperdonabile poiché avrebbe reso Moto X Force
veramente completo e in grado di reggere il confronto con qualunque competitor.
21 Mpx sempre pronti allo scatto

Motorola ci ha abituato a non intervenire stravolgendo l’esperienza d’uso di Android ma nel caso della fotocamera l’app, all’apparenza spartana, si rivela molto
funzionale per il controllo di tutte le possibili opzioni
di scatto di X Force. Con il sensore della fotocamera
principale si possono catturare immagini con risoluzione pari a 21 Mpx (5344 x 4008 pixel) se in proporzione 4:3 oppure di 16 Mpx (5344 x 3006 pixel) impostando i 16:9. L’apertura massima dell’obiettivo è F/2.0
e con lo stesso si possono riprendere anche filmati
stabilizzati in HD a 1080p e in 4K a 30 fps. Per i video
è disponibile l’opzione “rallentatore” che permette di
registrare avvenimenti veloci in forma rallentata con
la risoluzione ridotta a 720p. Il set delle modalità fotografiche e degli effetti applicabili alle immagini non
è paragonabile a quello di altri camera-phone ma qui
c’è tutto quanto serve per sfruttare al meglio i 21 Mpx
del sensore principale. Sono infatti disponibili l’HDR
automatico, la modalità Panorama, Notte, Autoscatto
e il geotagging. Inoltre, la fotocamera può leggere i
codici QR senza bisogno di software aggiuntivi. Non
nuova per Motorola, ma interessante, la modalità di
attivazione rapida, per non dire immediata della fotocamera, che si ottiene a schermo bloccato semplicemente impugnando saldamente lo smartphone e
compiendo una o due rapide rotazioni del polso. La
possibilità di scattare toccando un punto qualsiasi
torna al sommario
Interessanti i risultati fotografici ottenuti con Moto X Force, anche in condizioni di scarsa luminosità
dello schermo è molto comoda perché permette di
impugnare il dispositivo senza vincoli legati alla posizione del pulsante di scatto, ma occorre farci un po’ la
mano per evitare la cattura di foto indesiderate, magari anche a raffica. L’utilizzo spesso frettoloso della
fotocamera è uno di quei casi in cui uno schermo così
grande e in proporzione sottile non è semplice da
gestire, soprattutto con una mano sola. Come per gli
altri modelli recenti di Moto, tutte le impostazioni sono
regolate a partire dalla ghiera software a scomparsa
che si trova sul lato sinistro del display. Particolarmente efficace la gestione manuale dell’esposizione
e del fuoco che avviene tramite un’intuitiva icona in
sovraimpressione che modifica in tempo reale il risultato finale. L’autofocus è di tipo PDAF a rilevamento di
fase e si è dimostrato sempre veloce e affidabile. Lo
zoom è ovviamente solo digitale e arriva a 4x: utile,
ma soltanto in condizioni di piena luce e con la mano
molto ferma, altrimenti meglio evitare. In generale con
Moto X Force si possono ottenere risultati fotografici
piuttosto interessanti e, anche in condizioni di scarsa
luminosità si riescono sempre a immortalare gli istanti
di nostro interesse. L’otturatore è velocissimo e quando serve, il flash dual LED a due colori di tipo CCT
(Color Correlated Temperature) permette di illuminare
in modo efficace e naturale i soggetti. La fotocamera frontale ha una risoluzione di 5 Mpx per scatti da
2592 x 1944 pixel. L’obiettivo, con apertura massima
f/2.0 è un grandangolare particolarmente idoneo per i
selfie e dispone di un flash dedicato per foto di gruppo anche al buio.
A sera la batteria è viva
e la ricarica è Turbo
La batteria non removibile da 3.760 mAh è dimensionata per fornire l’energia necessaria a una giornata
di uso intenso, avanzando ancora un po’ di energia.
Spremendo a fondo Moto X Force per molte ore,
alternando ascolto di musica in streaming, la navigazione GPS, chiamate, SMS, messaggi e-mail e social,
qualche foto e clip video e rimanendo sempre rigorosamente connessi a internet per le news, si arriva
a sera con il 15-20% di carica residua. Con un uso
più parsimonioso e meno frenetico a fine giornata
può rimanere anche un 30%. Inserendo poi il risparmio energetico l’autonomia supera il giorno e mezzo
(notte compresa) ma quando lo si attiva si deve essere disposti a rinunciare a buona parte delle funzioni
“smart”. Tale modalità è quindi consigliata solo nei
casi in cui si vuole un telefono “solo per telefonate e
SMS” che mantenga la ricarica il più a lungo possibile.
Le limitazioni legate al risparmio batteria impattano infatti le prestazioni generali del dispositivo e lo scambio di dati in background, il che significa che email
e notifiche varie non verranno aggiornate automaticamente. Anche i servizi di localizzazione verranno
limitati rendendo inutilizzabile, ad esempio, il navigatore e tutte le azioni basate sulla posizione real time.
Un buon compromesso è sempre quello di abilitare
l’innesco automatico della funzione di risparmio solo
quando la ricarica va al di sotto di una certa soglia di
carica residua, che per Lollipop può essere il 15 o il 5
percento. Con il caricatore TurboPower in dotazione
la ricarica è particolarmente veloce: partendo da un
livello prossimo allo zero ci vogliono soltanto 30 minuti per raggiungere il 70 %, mentre al 100% si arriva
dopo circa 80 minuti. La velocità di ricarica di TurboPower non è lineare ma diminuisce con il progredire
dell’operazione di ricarica. Moto X Force supporta,
inoltre, la ricarica wireless per induzione magnetica
secondo gli standard Qi ma serve un apposito caricatore non fornito con lo smartphone.
P5 Wireless.
Abbiamo eliminato
il cavo ma il suono
è rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilità
senza compromessi con 17 ore di
autonomia e ricarica veloce per
performance allo stato dell'arte. La
solita qualità e cura nei materiali di
Bowers & Wilkins adesso senza fili
grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
www.audiogamma.it
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TEST Apple aggiorna Garage Band e pubblica l’app Memo Musicali, per i musicisti che hanno bisogno di annotare velocemente le idee
Con il nuovo Garage Band e con Memo Musicali
fare musica diventa davvero un gioco da ragazzi
Con le nuove app, l’iPad si trasforma in un mini studio portatile con tutto quello che ogni musicista ha sempre desiderato
È
di Franco AQUINI
arrivata senza preavviso la nuova app Apple per
musicisti Memo Musicali, ed è un’idea talmente
semplice da chiedersi come mai nessuno ci avesse mai pensato prima. E’ semplice ed essenziale, ma
siamo pronti a scommettere che diventerà presto indispensabile per ogni musicista che vuole annotare un
giro di chitarra o una semplice idea da sviluppare più
tardi. Insieme a Memo musicali arriva anche l’aggiornamento 2.1 di Garage Band per iOS: qui le novità sono
tantissime e ci siamo subito tuffati sull’iPad per provarle
tutte, consapevoli del fatto che per sfruttarlo al meglio
sarà necessario utilizzarlo più a fondo. Ecco comunque
le nostre prime impressioni.
video
lab
Memo Musicali
Registra e arrangia in mobilità

Lanciando la nuova applicazione Memo Musicali troviamo un solo tasto: basta premerlo per iniziare la registrazione dal nostro strumento musicale. Al termine
della registrazione possiamo riascoltare la nota con
un accompagnamento di basso e batteria generato
automaticamente. Come fa? Una volta registrata la
clip l’applicazione riconosce velocemente tempo,
suddivisione in battute e tonalità, quindi ci mostra
graficamente la forma d’onda con la suddivisione in
battute e la tonalità in notazione americana (quindi
con le lettere dalla A alla G). Possiamo quindi attivare
l’ascolto della traccia di basso e/o batteria semplicemente premendo l’icona. Ma non finisce qui, perché la
clip può essere tagliata o aggiustata; possiamo variare
il tempo, il basso delle singole battute oppure variare
velocemente lo stile dell’accompagnamento o il kit di
batteria (ce ne sono due: moderno e vintage) o il basso (elettrico o contrabbasso). Certo i
kit sono ancora
pochi e sarebbe
stato bello avere
a
disposizione
anche un altro
strumento, come
piano o chitarra.
L’app nasce comunque con il
chiaro scopo di
registrare brevi
idee con la chitarra e infatti non
manca la possibilità di segnarsi
l’accordatura che
abbiamo
usato
per registrare il
torna al sommario
pezzo o se abbiamo usato un capotasto. Peccato, ma
non escludiamo che Apple possa migliorare col tempo l’applicazione, proprio come ha fatto con Garage
Band. Per ricercare velocemente le note c’è la possibilità di inserire dei tag e il tutto può essere esportato e condiviso velocemente su iCloud Drive. Memo
Musicali non sarebbe un’app davvero eccezionale se
non permettesse di esportare anche la clip audio in
Garage Band, per poterla elaborare e finalizzare poi
con l’arrangiamento finale. Davvero una sorpresa
gradita e, cosa che non guasta mai, anche gratuita.
Memo musicali è disponibile su App Store ed è compatibile con iPhone 4s (e modelli successivi) e iPad 2
(e versioni successive).
A tu per tu con il nuovo Garage Band
Le novità di Apple in ambito musicale non si sono
limitate alla pubblicazione di Memo Musicali, ma
hanno investito anche Garage Band, un’app davvero
eccezionale per chi ama lavorare con la musica in
mobilità. Garage Band è un editor multitraccia con
un ampia varietà di strumenti simulati che è possibile suonare tramite lo schermo touch dell’iPad o dell’iPhone. Ci sono poi i loop, utilissimi per realizzare
velocemente un accompagnamento professionale
senza dover acquistare costosi pacchetti aggiuntivi. L’aggiornamento 2.1 ha introdotto una quantità
davvero esagerata di novità, compreso il supporto
al 3D touch per l’aftertouch polifonico sui suoni delle
tastiere. Premendo di più sullo schermo dell’iPhone
(6S o 6S plus), si otterranno effetti come il vibrato o il
tremolo, a seconda dello strumento che simuleremo.
Garage Band inoltre aggiunge il supporto all’iPad
Pro, il cui schermo ampio giova moltissimo all’uso
degli strumenti touch.
Tutto parte dai Live Loops
La novità principale della versione 2.1 di Garage Band
sono i Live Loops, ovvero dei Loop da utilizzare per
arrangiare i brani, che sono però editabili in maniera
live, ovvero mentre li si registra. Quando si accede
alla sezione relativa agli strumenti ora c’è una nuova
voce che ci permette di selezionare uno dei 9 Live
Loops già pronti (EDM, Hip Hop, Dubstep, RnB, House, Chill, Rock, Electro Funk, Beat Masher), oppure
creare uno nostro. La struttura del Live Loops è simile
a quella del normale editor multitraccia, dove sulla colonna di sinistra troviamo le tracce a cui assegnare
loop o strumenti.
La struttura però è a blocchi, disposti in modo da formare una griglia. Le colonne verticali che si creano,
formate dall’incastro dei vari loop e dei vari strumenti,
formeranno dei loop che sarà possibile selezionare
verticalmente mentre si registra il brano. In più ci sono
dei pad virtuali per simulare filtri oppure cambiare la
forma d’onda.
segue a pagina 40 
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SOCIAL MEDIA E WEB Nella guerra tra publisher e app che bloccano le pubblicità, si inserisce un browser che traccia una nuova strada
Brave, il browser con adblocker che fa guadagnare tutti
Sostituisce la pubblicità con contributi meno aggressivi. Suddivisione dei profitti tra i publisher, gli utenti e ovviamente Brave
di Dario RONZONI
a diatriba tra fornitori di contenuti
web e software adblocker ritorna a ciclo continuo a far parlare
di sé. Da un lato, i siti che guadagnano
denaro dalle inserzioni si lamentano
giustamente per il blocco di banner e
contenuti vari, con conseguente annullamento del valore stesso della pubblici-
L
tà, dall’altro gli utenti si ritrovano spesso
a che fare con pagine web rallentate
da un advertising invasivo e fastidioso.
Una soluzione? Forse c’è…
Basato su Chromium, Brave è il nuovo
browser ideato da Brendan Eich, ex CEO
di Mozilla e creatore del linguaggio di
programmazione JavaScript. Attualmente
giunto alla versione 0.7 e disponibile per
i tester su sistemi
operativi Windows,
Mac, Android e iOS,
Brave propone un
adblocker integrato: secondo quanto
riportato da The
Verge, il sistema
blocca tutti i cookie
traccianti di terze
parti, le tecniche di
fingerprinting e gli
script che cercano di inserire pubblicità,
velocizzando la navigazione di un buon
40% su desktop e di oltre quattro volte su
mobile. Fin qui nulla di eclatante. L’enorme
differenza con gli adblocker attualmente
disponibili sta nel supporto futuro che
Brave offrirà ai creatori di contenuti. Detta
così suona sibillina. Proviamo a spiegarla:
Brave non si limiterà a bloccare i contenuti pubblicitari classici, ma li sostituirà
con altri, meno aggressivi e più “leggeri”,
creati appositamente, che permetteranno
una suddivisione dei profitti tra i publisher,
gli utenti e, ovviamente, la società che fa
capo a Brave. Il 55% delle entrate andrà
ai siti, mentre un 15% ciascuno a Brave,
ai suoi partner e agli utenti, che potranno
incassare i proventi, strutturati secondo il
protocollo BitCoin, oppure, auspica Eich,
reinvestirli nei siti stessi, con micropagamenti per singoli articoli o donazioni.
Quella che, tutto sommato, suona come
una furbata neanche tanto celata (il browser che si accaparra introiti pubblicitari
destinati originariamente ai publisher), potrebbe in realtà trasformarsi nel primo vero
tentativo virtuoso di mediazione tra chi sui
contenuti pubblicitari ci campa e chi non
ne può più di navigare dribblando banner,
pop-up e compagnia. L’advertising interno
di Brave si baserà su tag di interesse anonimi e non più su sistemi di tracciamento
personali, tecnica decisamente meno invasiva per l’utente. Se adottato su larga
scala, Brave potrebbe diventare per i siti
una fonte di guadagno maggiore del classico sistema di advertising attualmente in
uso. La sfida sta tutta nel trovare inserzionisti interessati (secondo Eich ce ne sono
già molti) e nel far funzionare a dovere un
circolo di ridistribuzione dei proventi di
non facilissima applicazione.
TEST
Garage Band e Memo Musicali
segue Da pagina 39 
Il concetto dei Live Loops è certamente più complicato da spiegare da che da usare, ma immaginate di
assegnare una traccia a una drum machine, un’altra
al basso e un’altra a un effetto. Sui singoli blocchi che
formano una traccia, sarà possibile inserire diversi
loop o file audio. Le sovrapposizioni verticali dei blocchi delle varie tracce formeranno delle colonne che
sarà possibile far suonare simultaneamente. Mettendo in registrazione il brano, si potrà passare da una
colonna all’altra, componendo l’arrangiamento che
desideriamo. Uno strumento davvero eccezionale
che amplia in maniera notevole la possibilità di creare arrangiamenti personalizzati. In pratica è un editor
nell’editor, uno strumento per creare loops da integrare nel brano che stiamo producendo.
Benvenuto al batterista virtuale

Suonare la batteria virtuale tramite il touch screen
dell’iPad è sempre stato molto divertente, ma andare
a tempo e produrre una traccia utilizzabile spesso co-
torna al sommario
stringe a creare la traccia manualmente sul Mac.
Il nuovo aggiornamento introduce invece il batterista
virtuale, un generatore di loop di batteria da gestire
tramite un editor in alcune parti simile a quello visto in
Memo musicali, in cui potremo variare lo stile dell’accompagnamento, i pezzi del kit che andranno utilizzati, lo stile più o meno complesso, lo swing, la presenza
di stacchi oppure lo strumento che la batteria dovrà
seguire. Un’aggiunta che fa davvero la differenza e
che farà risparmiare un mucchio di tempo nella generazione della traccia di batteria. Nel corso della nostra
prova, registrato un riff di chitarra, abbiamo aggiunto
la batteria in una manciata di minuti, e il risultato è
stato più “umano” che non creando la traccia colpo
dopo colpo.
Amplificatori ed effetti rinnovati
Con la versione 2.1, Garage Band entra in concorrenza con Amplitube e con tutte le app che permettono
di collegare lo strumento direttamente all’iPhone e
simulare amplificatori e multi-effetti. Ovviamente non
ci sarà la varietà di amplificatori e effetti delle app di
terze parti, ma ce n’è comunque una buona varietà.
In questo nuovo aggiornamento, oltre a trovare diversi amp per chitarra e basso, possiamo modificare in
tempo reale mentre registriamo, i controlli di segnale
(Gain, Master e Output), l’equalizzatore a 3 bande e
il compressore. Quindi, se non bastano i loops, i live
loops o gli strumenti touch, possiamo collegare il nostro basso o la nostra chitarra direttamente all’iPhone o all’iPad e simulare l’amp preferito, equalizzare il
suono e poi aggiungere una catena di effetti a scelta
tra Phase Tripper, Vintage Drive, Treble Boot, Fuzz
Machine, Heavenly Chorus, Robo Flanger, The Vibe,
Auto-Funk, Blue Echo e Squash Compressor. Garage
Band gestisce fino a 32 tracce audio contemporanee,
a patto di avere un iPhone 5s o successivi, iPad Air
o iPad mini 2. Se invece utilizzate applicazioni multi-effetto di terze parti e volete utilizzarle in Garage
Band, allora potrete sfruttare Audio Unit, tramite il
quale potrete registrare il vostro strumento elaborato
dall’app che preferite, a patto che supporti Audio Unit
ovviamente. Il vostro iPhone, in pratica, diventerà un
vero studio di registrazione. Può sembrare assurdo
che uno smartphone possa diventare un multieffetto, e invece il tutto funziona egregiamente, anche se
registrare sullo schermo dell’iPhone è improponibile.
Meglio l’iPad Air o, se siete tra i fortunati possessori,
lo schermo 13 pollici (o quasi) dell’iPad Pro.
A condire il tutto ci sono 1.200 nuovi Apple Loops e
nuovi suoni. GarageBand 2.1 per iOS è gratuito con
nuovi dispositivi iOS con capacità 32GB e superiore,
mentre è disponibile come aggiornamento gratuito
per gli attuali utenti che utilizzano dispositivi compatibili con iOS 9 o successivi. Per tutti gli altri può essere
acquistato su App Store a €4,99, e possiamo dire con
tranquillità che li vale proprio tutti.