I settori correlati all`industria ceramica: tra dipendenza ed autonomia

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I settori correlati all`industria ceramica: tra dipendenza ed autonomia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA
Dipartimento di Economia Aziendale
Progetto di ricerca
“IL SISTEMA CERAMICO DI FRONTE ALLA GLOBALIZZAZIONE: STRATEGIE
DI IMPRESA E STRATEGIE DI SISTEMA”
(Responsabile scientifico: Prof. Tiziano Bursi)
Secondo Documento
I settori correlati all’industria ceramica:
tra dipendenza ed autonomia
Settembre 2006
Copyright © 2006 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Dipartimento di Economia Aziendale
Viale Berengario, 51
41100 Modena
Tel. 059/2056922 – Fax 059/2056928
www.economia.unimore.it
Settembre 2006
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archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi mezzo, se non nei termini previsti dalla legge
che tutela il diritto di autore.
INDICE
Presentazione (Tiziano Bursi)
p. II
Parte prima
IL SISTEMA CERAMICO: UNA LETTURA DI SINTESI
I settori correlati all’industria ceramica: i risultati della ricerca (Gianluca Marchi)
Introduzione
p. 4
1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia
p. 5
1.2 Distretto e internazionalizzazione
p. 7
1.3 L’evoluzione dei comportamenti strategici
p. 13
1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi
p. 18
1.5 Conclusioni e implicazioni di policy
p. 22
Parte seconda
IL SISTEMA CERAMICO: I COMPARTI
Il comparto delle materie prime ceramiche: struttura e dinamiche di mercato (Tiziano Bursi – Davide Fornetti)
p. 25
Il settore meccano-ceramico: l’antenna tecnologica dell’industria ceramica (Tiziano Bursi – Alessandro Calabriso)
p. 75
Colorifici ceramici: profilo di settore e strategie di internazionalizzazione (Tiziano Bursi – Stefano Franzoni)
p. 135
Le imprese di serigrafia e gli studi grafici nel distretto della ceramica di Sassuolo (Tiziano Bursi – Mauro Di Fiore)
p. 190
Il comparto dei corredi ceramici: struttura settoriale e relazioni di mercato (Tiziano Bursi – Claudio Giacchetti)
p. 209
I produttori di imballaggi per il settore ceramico (Tiziano Bursi – Davide Fornetti)
p. 245
La logistica nel distretto ceramico: modelli, attori e infrastrutture (Tiziano Bursi – Davide Fornetti – Luca Bortoli)
p. 256
Le imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica (Elisa Martinelli)
p. 291
Adesivi e sigillanti per l’edilizia: struttura settoriale e strategie aziendali (Tiziano Bursi – Luca Bortoli)
p. 319
PRESENTAZIONE (Tiziano Bursi)
Una delle caratteristiche distintive dell’industria ceramica all’origine è la sua organizzazione a base
distrettuale. E cioè, la forte concentrazione delle imprese all’interno di un territorio ristretto lungo l’asse SassuoloFiorano-Casalgrande a cavallo delle province di Modena e Reggio Emilia. Su questa area geografica – che si è
progressivamente estesa fino all’attuale configurazione – fattori localizzativi e sector specific, hanno fatto da seme
alla nascita ad allo sviluppo della produzione di piastrelle di ceramica che è andata sempre identificandosi con il
territorio stesso.
Una seconda peculiarità – che non sempre ricorre nella storia e nell’evoluzione dei distretti produttivi - è la
connotazione sistemica. Con il trascorrere del tempo, attorno al nucleo di produttori di piastrelle, è sorto e si è diffuso
un numero crescente di attività complementari manifatturiere e di servizi che hanno orientato lo sviluppo del
distretto in senso verticale e trasversale lungo la filiera.
Un sistema costituito in misura prevalente di piccole imprese capitanate da imprenditori sorti dal basso, che
dopo aver maturato una esperienza di lavoro alle dipendenze di aziende ceramiche, si sono staccati per
intraprendere una avventura imprenditoriale. Imprese giovani, imprenditori di prima generazione che hanno saputo
cogliere le opportunità offerte dalla progressiva esternalizzazione di attività manifatturiere e di servizi da parte delle
aziende ceramiche. Un sistema, dunque, figlio dell’industria ceramica di Sassuolo, che vede oggi alcuni componenti,
cresciuti in modo precoce, proiettarsi oltre i confini del distretto, ed altri più timorosi e restii ad allontanarsi dallo
stesso.
Anche per questo sistema di imprese suona la campana della globalizzazione: un fenomeno che non deve
essere temuto, ma colto nelle opportunità di cui si fa portatore: come l’industria ceramica ha potuto svilupparsi nei
momenti in cui l’internazionalizzazione del nostro paese era più intensa, anche le imprese del sistema ceramico
possono partecipare al processo crescente di integrazione dell’economia su scala internazionale. La competizione
su scala globale può rappresentare per queste imprese un fattore di crescita, anche se non facile da perseguire.
Quello che si è formato nel distretto di Sassuolo è un sistema articolato e “resistente” perché accanto a
molte piccole-piccolissime imprese, vi sono anche imprese (poche) di dimensione media in grado di sviluppare quelle
capacità e quei saperi che favoriscono il processo di fertilizzazione delle competenze sul territorio facendo
crescere tutto il sistema produttivo.
Un sistema, ancora, che pare giunto al culmine della sua fase di sviluppo quantitativo, ma ancora poco
interessato da processi di semplificazione della base strutturale e di consolidamento dimensionale delle imprese
veicolati da spinte acquisitive e fusioni tra imprese: processi che ridisegnano la mappa industriale del territorio sia
sotto il profilo proprietario che di specializzazione settoriale.
Questa scarsa propensione alla crescita può rappresentare un ostacolo per le imprese ad inoltrarsi in mare
aperto: nel mercato globale ci sarà sempre un posto per la piccola e media impresa, ma questa dovrà avere una
dimensione più grande della piccola impresa del mercato locale.
Di questo sistema, il presente rapporto raffigura le diverse componenti: di queste realtà traccia un profilo
evolutivo, legge le modalità relazionali con il settore ceramico, coglie le aspirazioni di maggiore autonomia e di
estensione dei confini oltre il distretto locale senza ignorare i “cordoni” che le tengono ancora saldamente
agganciate al cuore del sistema: la produzione di piastrelle.
I comparti che compongono il sistema, e che nel corso del tempo ha assunto la forma di un “mosaico
dinamico” per la mutazione prodotta dall’inserimento di nuovi tasselli e per il “cambio di pelle” vissuto da alcuni di
loro, sono i seguenti:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Produttori e trader di materie prime ceramiche
Costruttori di tecnologia e impianti per la produzione di piastrelle di ceramica
Colorifici ceramici
Corredi ceramici
Studi grafici e serigrafie
Società di trading di piastrelle di ceramica
Produttori di adesivi e sigillanti
Produttori di imballaggi
Imprese di logistica e trasporti
II
Queste “forze”, come tanti reparti ausiliari di un esercito, si sono dimostrate con il passare del tempo,
l’arma segreta dell’industria ceramica italiana che ha permesso alle sue imprese di essere forti in casa e vincenti sul
mercato internazionale.
Un sistema ceramico, infine, ancora confinato tra i fiumi Panaro e Tresinaro, quando ormai le prime imprese
ceramiche si sono ormai “estese” su territori molto più dilati: un invito, una sollecitazione a violare gli angusti confini
locali e realizzare un sistema ceramico più ampio, più internazionale………..e perché, non insieme, alle imprese
ceramiche.
La realizzazione di questo secondo “stadio” del progetto di ricerca è frutto del gruppo di lavoro del
Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia coordinato da Tiziano
Bursi (Responsabile Scientifico) e composto da Tiziano Manfredini, Giuseppe Nardin, Gianluca Marchi, Elisa
Martinelli, Silvia Grappi, , Marina Vignola, Bernardo Balboni, Elisa Degoli, Claudio Giachetti, Stefano Malagoli e
Patrizia Vecchi.
A rinforzare la capacità di ricerca sul campo si sono aggiunti alcuni giovani quanto brillanti laureati dei quali
abbiamo apprezzato l’impegno ed ancor più l’intelligenza: Luca Bortoli, Alessamdro Calabriso, Mario di Fiore, Davide
Fornetti, Stefano Franzoni. A loro va molta riconoscenza.
Coerentemente con l’impostazione assunta dal progetto di ricerca, anche questo secondo tratto di strada è
stato compiuto in stretto raccordo con i protagonisti e gli attori del sistema ceramico: le imprese, le loro associazioni
o espressioni rappresentative. A loro abbiamo proposto il disegno e l’architettura del piano di lavoro ricevendo un
contributo di idee, di suggerimenti e di chiavi di lettura di grande stimolo. Al ringraziamento collettivo alle tante
imprese del sistema ceramico coinvolte nel progetto, uniamo una espressione di gratitudine particolare a Daniele
Bandiera (Ceramicolor), Paolo Gambuli (Acimac), Enzo Manara (Cerarte) e Mauro Minozzi (CNA).
Il presente documento è parte integrante del Progetto di ricerca “Il sistema ceramico di fronte alla
globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema” promosso da un gruppo di docenti e ricercatori del
Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il progetto si avvale del
sostegno economico di diversi attori espressione del mondo delle imprese (Assopiastrelle, Acimac, Cna) e del
mondo delle istituzioni pubbliche territoriali (Regione Emilia Romagna, Provincia di Modena e Comuni di Sassuolo,
Fiorano, Maranello, Formigine, Castellarano, Casalgrande e Scandiano).
III
PARTE PRIMA
Il sistema ceramico:
una lettura di sintesi
1
I SETTORI CORRELATI
ALL’INDUSTRIA CERAMICA:
I RISULTATI DELLA RICERCA
(Gianluca Marchi)
2
INDICE
Introduzione
p. 4
1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia
p. 5
1.2 Distretto e internazionalizzazione
p. 7
1.3 Dove stanno andando i comparti del ceramico?
Fattori competitivi critici e direzioni fondamentali dell’impegno strategico
p. 13
1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi
p. 18
1.5 Conclusioni e implicazioni di policy
p. 22
3
I SETTORI CORRELATI ALL’INDUSTRIA CERAMICA: I RISULTATI DELLA RICERCA
INTRODUZIONE
Per comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione
competitiva, non basta osservare le dinamiche relative al solo settore di produzione delle piastrelle. Questo
rappresenta certo il cuore del sistema, ha dato la genesi al distretto e, in un qualche modo, ne rappresenta il
principale vettore di immagine sui mercati internazionali. Ma la capacità di competere ed innovare dei
produttori di ceramica, in definitiva di creare valore per i mercati, ha da sempre trovato un sostegno
importante nell’azione di un complesso insieme di attività manifatturiere e di servizi strettamente connesse ed
interdipendenti, storicamente inserite anch’esse all’interno del distretto di Sassuolo. Il supporto di queste
attività – in larga parte frutto di iniziative imprenditoriali locali, promosse da soggetti con alle spalle
esperienze professionali maturate all’interno di aziende ceramiche – ha contribuito ad accrescere la “densità”
del tessuto produttivo locale, a definire sempre meglio gli ambiti di specializzazione interni al distretto e,
soprattutto, a sviluppare una complessa macchina di innovazione distribuita, fondamentale per sostenere la
competitività dei prodotti finali.
La mappa di comparti correlati che nel tempo si è formata è vasta ed articolata (Fig. 1.1): trader di
materie prime, colorifici ceramici, costruttori di impianti, corredi ceramici, studi grafici e serigrafie, produttori di
imballaggi, espositori, produttori di adesivi e sigillanti, imprese di trasporto e logistica e imprese commerciali.
Comparti anche molto diversi tra loro per profilo tecnologico, strutture di impresa, storie imprenditoriali, tassi
di crescita, gradi di internazionalizzazione, ma tutti storicamente accomunati da un forte radicamento
territoriale. E, in un qualche modo, ciascuno per la propria specializzazione, tutti chiamati a dare un
contributo al consolidamento del valore complessivo del sistema, attraverso la costante innovazione, il
recupero di efficienza, la capacità di interagire efficacemente sul piano operativo e strategico con le altre
componenti del sistema, in primis con i produttori ceramici.
Il sistema ceramico così rappresentato è un’organizzazione complessa che crea valore per il mercato
finale avvalendosi dei contributi dei singoli pezzi che lo compongono; e funziona se tutti continuano a
mantenere elevata nel tempo la propria competitività, anche investendo fuori dai confini distrettuali, quando
necessario. E’ la competitività dei comparti che, in definitiva, fa la competitività del sistema distrettuale. Ed è
la competitività delle imprese che fa la competitività del singolo comparto.
Figura 1.1 - Il sistema del valore nel ceramico: la mappa dei comparti e delle loro interazioni
TERZO
FUOCO
TECNOLOGIA
MATERIE
PRIME
Progettisti
COMMERCIALI
COLORIFICI
Imprese edili
Agenti
PRODUZIONE
CERAMICA
RIVENDITORI / GDO
Espositori
ADESIVISIGILL.
Consumatore
-
Posatori
ALTRI SERVIZI
Architetti
LOGISTICA
4
Un complesso di
attività manifatturiere
e di servizi
strettamente
connesse ed
interdipendentI
Il sistema ceramico
funziona se tutti
continuano a
mantenere elevata la
propria competitività
1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia
Tutte le diverse componenti settoriali e aggregazioni produttive del distretto ceramico hanno trovato la
loro genesi negli anni ’70, sotto l’impulso di centinaia di iniziative imprenditoriali individuali, innescate da
processi di spin-off o di imitazione competitiva. Fin dalle origini, la correlazione col settore della produzione
ceramica di questi comparti è stata molto forte, sia sul piano operativo sia su quello delle iniziative
strategiche: per il miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi e logistici, per l’innalzamento del
contenuto estetico di prodotto, per lo sviluppo dell’attività di vendita sui mercati internazionali.
Col passare degli anni, tuttavia, le modalità di relazione ed il grado di dipendenza dal settore ceramico
dei diversi comparti sono andate differenziandosi: alcuni hanno mantenuto in modo netto il tratto distintivo di
una forte caratterizzazione territoriale, come il terzo fuoco e gli studi serigrafici; altri hanno progressivamente
distanziato le proprie linee evolutive da quelle delle imprese ceramiche, sviluppando percorsi di crescita più
autonomi, come nel caso dei colorifici e dei produttori di tecnologia ceramica.
La mappa dei comparti non è pertanto immutabile nel tempo. La storia del distretto ceramico degli
ultimi trenta anni già ha evidenziato una diversa capacità dei comparti di rendersi autonomi sul piano
competitivo, in prima battuta estendendo l’orizzonte geografico dei mercati serviti oltre i confini distrettuali e
nazionali, poi introducendo alcuni specifici elementi di originalità nei modelli di innovazione e nei
comportamenti competitivi.
Tanto meno la mappa dei comparti, nelle modalità di interrelazione e nell’articolazione interna, appare
immutabile oggi, di fronte agli intensi cambiamenti nella competizione mondiale del ceramico, che stanno
producendo effetti non solo sui produttori di piastrelle, ma anche sugli altri comparti operanti nel distretto, sia
direttamente che indirettamente. L’impatto di tali effetti è commisurato sia alla forza intrinseca di questi
comparti, sia alla capacità di reazione ed innovazione delle imprese al loro interno. Occorre pertanto capire
bene quali di questi effetti assumano caratteristiche disgregatrici del tessuto competitivo locale. Quali, invece,
stimolino innovazioni in grado di riprodurre il vantaggio competitivo in forme diverse rispetto al passato.
Una domanda da porsi è, ad esempio, se e come le evoluzioni sul piano competitivo, che hanno
spinto negli ultimi anni alcuni importanti gruppi ceramici ad investire nella produzione lontano dal distretto, si
rifletteranno sui rapporti con i settori correlati e le attività di servizio. Spingeranno ad una crescente
internazionalizzazione delle attività anche nei comparti collegati, oppure produrranno un distanziamento più
netto tra questi e l’industria ceramica sul piano dei comportamenti competitivi e delle performance? O
ancora, la necessità, avvertita in tutti i comparti, di innalzare lo standing qualitativo dell’offerta e di sviluppare
strategie di differenziazione in modo più compiuto, soprattutto sui mercati internazionali, quali aspettative di
collaborazione innovativa muovono nei confronti dei settori correlati?
Alcuni primi effetti sono già chiari e così anche le sfide competitive che si sono aperte nei principali
comparti. Vediamo brevemente di anticiparne alcuni, prima di procedere ad un’analisi più dettagliata sulla
base dei principali risultati scaturiti dall’indagine sul campo.
Nel meccano-ceramico la leadership mondiale delle imprese italiane è tutta contenuta nelle cifre, sia
in termini di valori venduti che di quote di mercato. La sfida competitiva è, però, ben lungi dall’essere
definitivamente vinta. Prima di tutto, solo poche grandi imprese leader sono davvero in grado di presidiare in
modo articolato i mercati internazionali; mentre la platea vasta di imprese specializzate opera come satelliti
dei leader, spesso trainate sui mercati esteri dall’azione dei grandi impiantisti. Soprattutto, poi, si sta
assistendo alla nascita e alla rapida evoluzione di nuovi competitor nei mercati emergenti, che stanno
cominciando ad erodere quote ai leader italiani a partire dal basso di gamma, puntando naturalmente su
vantaggi di costo, ma anche su crescenti dosi di prestazionalità e complessità dell’offerta.
Nel settore dei colorifici, le connotazioni globali della sfida competitiva si sono manifestate con largo
anticipo rispetto agli altri comparti. I circa trenta colorifici spagnoli sviluppano un fatturato complessivo che
oggi è di circa il 70% superiore al comparto italiano (la differenza è in realtà molto maggiore perché nel dato
italiano vanno a riversarsi anche le vendite delle filiali italiane dei gruppi spagnoli). Le imprese spagnole
hanno saputo esprimere, già a partire dagli anni ’90, una dinamicità decisamente superiore sul piano delle
strategie di internazionalizzazione: sia per quanto riguarda i mercati, raggiungendo precocemente le aree di
più recente industrializzazione ceramica; sia per quanto riguarda le forme di presenza, più articolate sul
piano dei mercati e più strutturate sotto il profilo organizzativo. Sebbene negli ultimi anni i tassi di sviluppo tra
i due comparti nazionali sembrino essersi un poco riallineati, è opinione diffusa che gli italiani siano “dieci
anni indietro rispetto agli spagnoli” nell’inseguire i cambiamenti nella mappa mondiale nella produzione
ceramica.
Evidenze diverse sembrano emergere dal settore del terzo fuoco e decori. Si tratta di una realtà di
comparto che per certi versi è ancora specificamente “italiana” (non sono segnalate nascite di comparti
analoghi per dimensioni sulle altre aree di offerta ceramica nel mondo), ma su cui le dinamiche competitive
5
Col passare degli
anni le modalità ed il
grado di dipendenza
del settore ceramico
dei diversi comparti
sono andate
differenziandosi
Nel meccanoceramico la
leadership mondiale
delle imprese italiane
è tutta contenuta
nelle cifre, ma la
sfida competitiva è
lungi dall’essere
definitivamente vinta
Nel settore dei
colorifici gli italiani
sono “dieci anni
indietro rispetto agli
spagnoli”
Terzo fuoco e
decori…una realtà
ancora
specificamente
“italiana”
globali finiscono per incidere ugualmente in modo pesante, anche indirettamente. I problemi di competitività
possono derivare, infatti, non solo dal minor ricorso alle lavorazioni di terzo fuoco e ai corredi da parte delle
imprese ceramiche italiane; ma anche da loro scelte relative al grado di internalizzazione delle lavorazioni.
Questo vale soprattutto per gli stabilimenti produttivi all’estero, lontano dal territorio distrettuale: i ceramisti
dichiarano che, passando da una produzione distrettuale ad un impianto all’estero, gli acquisti di queste
lavorazioni da fornitori distrettuali si riducono dal 90% al 50%. In realtà, è la stessa tipologia di produzione
svolta all’estero che necessita di fabbisogni ridotti di lavorazioni supplementari. La percezione di grande
difficoltà e di elevata incertezza competitiva avvertita in modo intenso dagli operatori di questo comparto è
soprattutto legata alla necessità, sempre più evidente, di assumere a livello di impresa decisioni di portata
strategica enormemente superiore rispetto al passato: fare il salto di qualità verso propri marchi e una
maggiore capacità autonoma di presenza sui mercati internazionali? Stare dentro al distretto per continuare a
servire (meglio) i ceramisti che restano? Andare fuori dal distretto per collocarsi vicino ai nuovi insediamenti
dei produttori?
Per le società commerciali, poi, c’è un ulteriore punto che ci pare utile segnalare in sede di premessa.
Quando le mappe della produzione mondiale di un settore cambiano rapidamente, e questo sembra il caso
attuale del ceramico, gli attori di intermediazione giocano di solito un ruolo centrale nelle prime fasi dei
processi di trasformazione. Possono svolgere un ruolo a favore dei nuovi competitori emergenti,
supportandoli nella collocazione sui mercati internazionali della loro produzione, così di fatto contribuendo
alla propagazione e accelerazione dei processi riallocativi della produzione. Ma possono agire anche a
favore dei competitor delle aree di offerta consolidate, aiutandoli nei processi di approvvigionamento
internazionale dei prodotti a basso costo, in questo modo sostenendoli nel loro riaggiustamento competitivo.
Per potere svolgere l’uno o l’altro ruolo, comunque, gli intermediari devono sapere estendere l’ambito
geografico della propria azione e accettare di affrontare problematiche di gestione più complessa ed un
maggiore rischio operativo e strategico. E’ ancora troppo presto per dire se le società commerciali del
ceramico operanti nel distretto sassolese stanno riuscendo a svolgere bene questi ruoli, diversi rispetto a
quelli tradizionalmente assolti. Le evidenze empiriche, pur molto più frammentarie rispetto agli altri comparti,
ci rimandano il quadro di un settore che sta crescendo nei suoi valori di intermediazione, ma che sembra
ancora in fase di forte ristrutturazione e transizione, sia negli assetti societari che nei posizionamenti
strategici.
Questi primi spunti di riflessione consentono di capire come l’impatto della globalizzazione competitiva
sui comparti della filiera ceramica sia davvero già piuttosto consistente. L’impatto è però molto diverso
quanto ad intensità e conseguenze prodotte, come già emerso da questa prima introduzione. In alcuni casi le
spinte all’autonomia sembrano preponderanti; in altri, nuove interdipendenze tra componenti settoriali del
sistema sembrano emergere, rese necessarie dall’evoluzione della competizione internazionale. L’analisi
successiva proverà a cogliere meglio queste differenze e fare chiarezza su queste spinte contrapposte.
C’è soprattutto un dato, tuttavia, che sembra accomunare questi comparti e su cui riflettere in
premessa del lavoro: è il dato della redditività, che nella prima metà del decennio risulta complessivamente in
ribasso presso molti comparti (Tab. 1.1), con la sola significativa eccezione del settore degli adesivi e
sigillanti. Il trend è positivo, almeno in parte, per serigrafia e studi grafici, dove ad accrescersi è soltanto la
redditività delle vendite, e settore logistico, nel quale la redditività si innalza, ma sempre rimanendo su valori
assoluti molto bassi. Negli altri settori, l’erosione dei margini è resa piuttosto evidente dei dati, con perdite
significative soprattutto dei corredi ceramici. La natura campionaria della rilevazione obbliga a relativizzare la
portata del dato: in alcuni comparti il dato medio è influenzato da risultati di alcuni attori con performance
molto positive o molto negative. Resta, tuttavia, il segnale chiaro di una difficoltà molto diffusa nella
conservazione dei margini, reso ben esplicito dall’osservazione della dinamica temporale. L’analisi
dell’evoluzione dei dati in termini di valore aggiunto percentuale e incidenza del costo del lavoro consente di
arricchire il quadro interpretativo di quanto accaduto dall’inizio del decennio (Tab. 1.1).
In un certo senso, una redditività ridotta è il prezzo da pagare per la competizione che si surriscalda a
livello mondiale. Almeno in una prima fase, questo fenomeno può apparire, in un qualche modo, inevitabile. Il
punto è capire se e quanto l’erosione dei margini possa protrarsi nel tempo, senza pregiudicare i fattori di
fondo della competitività dei diversi comparti. A ben ragionare, è un po’ come chiedersi se i vantaggi
competitivi del passato possano sussistere anche per il futuro, magari accettando una redditività ridotta; o se,
invece, l’innovazione nel modo di competere diventerà essenziale per ridare consistenza ai bilanci o per
limitare un’ulteriore erosione dei profitti.
6
Le società
commerciali…un
settore che sta
crescendo ma che
sembra ancora in
fase di
ristrutturazione e
transizione
L’impatto della
globalizzazione
competitiva sui
comparti ceramici è
davvero già
consistente.
Un dato sembra
accomunare questi
comparti: la
redditività, che
risulta
complessivamente in
ribasso presso molti
comparti
Tabella 1.1 - Sistema ceramico: indicatori di performance economica dei comparti (valori %)
N°
imprese
campione
ROI
2000
2004
Meccano-ceramico
48
8,1
5,8
Colorifici
19
3,3
2,7
Adesivi e sigillanti
8
8,9
13,2
Corredi ceramici
33
5,6
0,9
Serigrafie
4
19,33
16,5
Commerciali
41
nd
nd
Imballaggi
4
9,0*
8,6
Logistica
10
3,7
4,3
Fonte: Rilevazione diretta e ns. elaborazioni
*Valore al 2001
nd, non disponibile
ROS
2000
7,7
3,3
8,2
4,9
16,4
nd
5,4*
2,2
2004
5,9
2,8
17,2
0,9
17,2
nd
5,3
2,7
Valore
aggiunto/Fatturat
o
2000
2004
25,2
26,2
23,2
23,8
21,8
30,7
36,5
32,3
46,8
44,8
nd
nd
22,3*
18,2
18,4
19,1
Costo del
lavoro/valore
aggiunto
2000
2004
54,7
60,9
61,6
62,7
48,8
32,3
73,6
83,3
55,0
50,0
nd
nd
64,1*
59,6
72,2
75,0
Ragionare sul futuro di questi comparti, inevitabilmente, porta ad interrogarsi su alcuni temi critici
essenziali, che verranno sviluppati nella parte successiva del lavoro:
i)
Il primo tema è quello del radicamento distrettuale e del suo rapporto con le strategie di
internazionalizzazione. Quanto il radicamento territoriale paga ancora? Quanto, cioè,
l’appartenenza ad uno specifico sistema territoriale risulta ancora un tratto essenziale della
competitività attuale e prospettica dei comparti esaminati? O, piuttosto, solo un salto di
quantità e qualità nella presenza sui mercati internazionali potrà rappresentare il punto di
snodo per il recupero di una competitività più solida? Si esaminerà la dipendenza dei comparti
da fornitori e clienti distrettuali, la capacità di crescere degli stessi fuori e dentro il distretto,
l’intensità e i modi della presenza internazionale delle imprese.
ii)
Il secondo tema riguarda l’evoluzione del pensiero e dell’azione strategica delle imprese dei
diversi comparti. Quali sono i fattori competitivi valutati come critici per la competizione sul
mercato locale e sui mercati esteri? Quali le direzioni strategiche assunte in modo prioritario
dalle imprese? Si cercherà di capire come questi cambiamenti in corso negli assetti
competitivi dei comparti stanno modificando le modalità di interdipendenza degli stessi in
ambito distrettuale, se prevalgono le spinte all’autonomizzazione o se nuovi modelli di
interrelazione si stanno affermando.
iii)
Il terzo tema, infine, sposta il fuoco dell’analisi sulle prospettive di innovazione. Quali forme sta
assumendo l’innovazione presso questi comparti? E su quali dimensioni l’innovazione sta
principalmente procedendo: tecnologiche, organizzative, di marketing? Quanto poi questi
fenomeni innovativi sono diffusi o quanto, invece, le imprese sono differenziate per capacità di
innovare? E, infine, quanto le singole fonti di innovazione, isolatamente o in combinazione tra
loro, stanno favorendo la nascita di nuovi modelli di business, nuovi modelli di competere?
1.2 Distretto e internazionalizzazione
Il primo terreno di approfondimento riguarda la comprensione del rapporto oggi esistente tra
radicamento distrettuale e strategie di internazionalizzazione. Le fortissime pressioni al cambiamento
esercitate del contesto esterno e l’incertezza su come fronteggiare le nuove sfide competitive stanno
alimentando, tra gli attori dei diversi comparti ceramici, un dibattito che assume caratteristiche non troppo
dissimili da quello già osservato nel settore di produzione delle piastrelle.
Ancora una volta l’elemento posto in discussione è il grado di centralità futura del distretto. Da un lato,
si sta manifestando la visione di chi sostiene che l’unica possibilità di risposta consiste nell’intraprendere con
decisione la strada dell’internazionalizzazione progressiva dell’attività, anche di tipo produttivo, soprattutto in
quei comparti, come i colorifici e gli adesivi, per i quali il costo della logistica va ad incidere pesantemente
sulle condizioni di competitività complessiva dell’offerta. Dall’altro, c’è chi si sente ancora profondamente
agganciato al tessuto distrettuale e non vede prospettive di sviluppo per la propria impresa e il proprio
comparto, se non a partire da un rafforzamento delle relazioni interne al sistema distrettuale. Entro alcuni
comparti, segnati dalla presenza preponderante di piccole imprese, la strada dell’allentamento del legame
7
con i clienti distrettuali viene vista come impraticabile, di fatto come un’opzione non data. Le pressioni
competitive che spingono nella direzione di una minore centralità del sistema territoriale vengono pertanto
avvertite da questi come esiziali per la sopravvivenza stessa dell’impresa e, più in generale, del comparto. E’
tutto, quindi, tranne che un dibattito puramente astratto, perché tocca interessi decisivi per le sorti future di
molte imprese del distretto.
Di seguito, si proverà ad ancorare questo dibattito ad alcuni risultati emersi dall’analisi sul campo.
1.2.1 Il grado di dipendenza dal distretto
Pur all’interno di processi di evoluzione differenziati, i comparti del ceramico hanno continuato a
mantenere, complessivamente, una forte dipendenza da clienti e fornitori distrettuali. Sebbene in leggero
calo negli ultimi anni, la natura intra-distrettuale dell’attività è un tratto caratteristico ancora molto diffuso tra le
imprese dei comparti esaminati (Figg. 1.2, 1.3).
Il settore dei fornitori di tecnologia risulta certamente uno dei più internazionalizzati sotto il profilo del
fatturato, con quasi il 75% delle vendite sviluppato fuori dai confini nazionali. Eppure, dietro queste cifre si
cela una realtà di imprese molto eterogenea: alcune di esse sono, infatti, ancora fortemente orientate verso
gli ambiti distrettuali di mercato. Lasciando da parte per un attimo i dati in valore assoluto, osserviamo che
quasi il 40% delle imprese del campione meccano-ceramico dipende da clienti distrettuali per quote superiori
al 50% delle vendite. La media delle propensioni all’export supera di poco il 50% (Fig. 1.2) E’, invece, la
propensione all’export decisamente sostenuta delle imprese più grandi, specialmente degli impiantisti fullline, a rendere molto elevati i valori assoluti del fatturato estero. Anche se leggiamo questo dato a rovescio,
dalla parte dei clienti ceramisti interni al distretto, l’evidenza non cambia (Fig. 1.3): la quasi totalità del loro
fabbisogno di impianti e macchinari è soddisfatto da fornitori che operano (o perlomeno hanno sedi
operative) all’interno del distretto1.
Le imprese impegnate nei decori e nel terzo fuoco concentrano il 70% del loro volume di affari presso
clienti distrettuali, soprattutto ceramiche. Anche tra i colorifici prevale, ancora piuttosto nettamente, la
corrente di vendite destinata ad imprese ceramiche distrettuali, anche se la propensione media a servire
clienti interni al distretto è progressivamente calata negli ultimi anni. Da parte loro, le imprese ceramiche del
distretto dichiarano di acquistare una quota vicina al 90% del loro fabbisogno da colorifici operanti in sede
distrettuale.
Figura 1.2 - Comparti del distretto ceramico: Flussi di vendite a clienti interni al distretto (in % sul
fatturato – propensione media delle imprese) (2005)
TECNOLOGIA
5,5
4,
4%
7%
PRODUZIONE
CERAMICA
6%
9,
54,
,3%
56,7 %
6,4
COMMERCIALI
%
%
65
COLORIFICI
TERZO FUOCO
Fig. 1.3 Comparti del distretto ceramico: Flussi di acquisti da fornitori interni al distretto (in % sul
fabbisogno, propensione media delle imprese) (2005)
4
-7
73
PRODUZIONE
CERAMICA
%
,0%
COMMERCIALI
TECNOLOGIA
98,
0%
TERZO
FUOCO
97
-9
8
%
88
90%
COLORIFICI
La misura dell’appartenenza del fornitore o del cliente al distretto è di tipo soggettivo, affidata alla percezione dei
manager intervistati. In questo senso, l’appartenenza al contesto distrettuale tende a correlarsi alla presenza nel distretto
del fornitore o del cliente con sedi operative, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale dell’impresa.
1
8
I comparti del
ceramico hanno
continuato a
mantenere una forte
dipendenza da clienti
e fornitori distrettuali
Le società commerciali, nel 2005, hanno acquistato da produttori italiani poco meno del 75% delle
piastrelle intermediate, in termini di propensione media (Fig. 1.3). Sebbene questo dato sia in sensibile
diminuzione negli ultimi anni (era circa l’87% solo nel 2000), non si può non notare come, vista la natura
flessibile di queste imprese e il tipo di specializzazione, esso si attesti su valori probabilmente molto inferiori
rispetto alle opportunità di intermediazione presenti nel mercato internazionale dell’offerta ceramica. Tutto
sommato, più che ad attori flessibili e versatili dell’intermediazione internazionale a largo spettro, siamo
ancora davanti a tante “piccole ceramiche senza forni”.
Volendo stilare un quadro di sintesi, si può allora dire che, negli ultimi anni, si sono accentuati i
segnali di un progressivo allentamento dei legami delle imprese con fornitori e clienti distrettuali. Tuttavia,
questo processo, come dimostrano i dati sopra esposti, è ancora molto parziale e ben lungi dal far presagire
una qualche ipotesi, anche remota, di sradicamento dal sistema territoriale.
D’altra parte, questa persistente “dipendenza” da attori distrettuali nelle correnti di
approvvigionamento e vendita solo in un’analisi superficiale può essere valutata come il segnale di una
condizione di arretratezza e chiusura. Certamente sta a denotare anche la difficoltà di parecchie imprese
nell’estendere i mercati di riferimento, soprattutto a valle, come si vedrà in seguito. Tuttavia, la valutazione
prospettica della capacità competitiva di un comparto non può limitarsi all’osservazione di semplici indici di
apertura nella direzione geografica degli scambi. La concentrazione in ambito locale degli scambi in entrata e
in uscita è anche l’effetto, infatti, della centralità ancora forte del distretto sassolese nella filiera ceramica
mondiale, nonostante l’erosione in corso dei metri quadri internamente prodotti.
Per comprendere l’evoluzione della competitività dei comparti del ceramico anche altri elementi
devono essere analizzati. Partiamo dai dati di crescita. Rapidamente e in chiave comparata.
Negli ultimi anni, si
sono accentuati i
segnali di un
progressivo
allentamento dei
legami delle imprese
con fornitori e clienti
distrettuali. Tuttavia,
questo processo è
ancora molto
parziale
1.2.2 La crescita dei comparti distrettuali: la macchina non si è fermata
La prima domanda da porsi è se i diversi comparti continuano o meno a crescere, pur in presenza
dell’inasprirsi dell’intensità competitiva. Sul piano della crescita delle vendite, la macchina del distretto non è
ferma (Tab. 1.2). Nonostante le difficoltà competitive segnalate, negli ultimi cinque anni i diversi comparti del
sistema ceramico hanno mostrato una discreta continuità sul piano della crescita dei fatturati, con incrementi
superiori rispetto al settore finale della produzione di piastrelle. Non è quindi nel calo dei valori venduti che si
deve ricercare la ragione dell’erosione della redditività.
Pur con qualche oscillazione di tipo congiunturale, soprattutto nel meccano-ceramico, i dati di crescita
in valore sono in generale positivi nei diversi comparti industriali. Sostenuto anche il tasso di sviluppo
registrato nel settore delle commerciali.
Questi risultati segnalano senz’altro una certa capacità di autonomia sul piano del mercato,
importante soprattutto da parte di quei comparti, come i corredi ceramici, tradizionalmente molto dipendenti,
nelle proprie dinamiche di sviluppo, dalla capacità di traino dei clienti ceramici distrettuali. Soprattutto, la
maggior crescita generalmente registrata sui mercati esteri ci dice che, di fronte alla staticità del mercato
interno, un numero significativo di imprese ha reagito, cercando e trovando fuori dall’ambito locale nuove
opportunità di crescita.
Per riuscire a sviluppare una valutazione prospettica più attendibile, non basta però solo guardare
all’entità del fenomeno, ma occorre vedere anche se i modelli di azione utilizzati per la crescita degli ultimi
anni siano sostenibili nel tempo. E, soprattutto, se vi siano segnali di cambiamento nel modo di stare
all’estero delle imprese e quanto eventualmente questo cambiamento sia diffuso. I modelli di presenza sui
mercati esteri vanno analizzati sia nella dimensione dell’internazionalizzazione commerciale che in quella
produttiva.
9
La macchina del
distretto non è
ferma…nonostante le
difficoltà competitive
segnalate
Questi risultati
segnalano una certa
capacità di
autonomia sul piano
del mercato
Tabella 1.2 – Tassi di crescita e di internazionalizzazione delle vendite del sistema ceramico italiano.
Anno
N° Imprese
campione
Fatturato (%
estero)
Fatturato (migliaia di €)
Italia
Estero
Totale
2000
1.543.690,00
3.683.890,00
5.227.580,00
70,5
2005
1.508.500,00
3.863.900,00
5.372.400,00
71,9
-2,2%
+4,9%
+2,8%
Ceramisti*
Var.% 00-05
Corredi ceramici
2000
33
142.322,00
21.266,00
163.588,00
12,9%
2005
33
166.978,00
41.745,00
208.723,00
19,2%
+17,3%
+96,3%
+27,6%
Var.% 00-05
Colorifici ceramici:
2000
19
370.715,29
117.067,99
487.783,28
24%
2005
19
367.866,26
150.255,24
518.121,50
29%
-0,8%
+28,3%
+6,2%
2000
542.000,00
1.032.000,00
1.574.000,00
65,6%
2005
457.000,00
1.320.000,00
1.777.000,00
74,3%
-15,7%
+27,9%
+12,9%
Var.% 00-05
Meccano ceramico**
Var.% 00-05
Adesivi e sigillanti
2000
8
103
103
206
50%
2005
8
205,2
136,8
342
40%
+99,2%
+32,8%
+66,0%
Var.% 00-05
Serigrafie
2000
5
31.064,81
3.451,65
34.516,46
10%
2005
5
33.337,76
8.334,44
41.672,20
20%
+7,3%
+141,5%
+20,7%
Var.% 00-05
Società di Trading
2000
41
97.923,8
104.511,32
202.435,12
51,6%
2005
41
121.593,43
170.508,86
292.102,29
58,4%
Var.% 00-05
+24,2%
+63,1%
+40,8%
*i valori riportati fanno riferimento a dati ufficiali di analisi settoriale forniti da Assopiastrelle per garantire
uniformità di analisi nel periodo 2000-2005
** i valori riportati fanno riferimento a dati ufficiali di analisi settoriale forniti da Acimac per garantire uniformità
di analisi nel periodo 2000-2005
Fonte: Assopiastrelle, Acimac, Nostra rilevazione diretta
10
1.2.3
L’internazionalizzazione commerciale del sistema ceramico
Se si osservano le modalità di presenza all’estero effettivamente utilizzate dalle imprese dei diversi
comparti, il quadro in prospettiva che emerge appare un po’ meno consolante. A dispetto, infatti, del grado di
internazionalizzazione del fatturato (che – a dire il vero - è molto alto per alcuni comparti, ma non ancora
elevatissimo per altri) (Tab. 1.2), le imprese del distretto ceramico presentano ancora, nel loro complesso,
forme poco stabili ed evolute di internazionalizzazione commerciale. Sono ancora poche le imprese in grado
di sviluppare strategie di internazionalizzazione più complesse, caratterizzate da una maggiore articolazione
delle forme organizzative di presenza e una maggiore capacità di presidio dei mercati. La situazione è
diversa da comparto a comparto, ma questa valutazione trasversale di fondo sembra confermarsi, come già
emerso nell’industria ceramica.
Nel meccano-ceramico, ad esempio, è l’alta propensione all’export di poche grandi imprese a rendere
molto elevati i valori assoluti delle vendite estere. Queste sono presenti sui principali mercati esteri attraverso
reti di vendita ed assistenza molto ramificate, in grado di garantire una forte prossimità al cliente. Mentre le
imprese più piccole, nonostante recenti segnali di emancipazione, sono spesso coinvolte ancora solo in
modo indiretto nel processo di internazionalizzazione, attraverso le reti di fornitura degli impiantisti full-line,
con il compito di completare la gamma d’offerta che la capofila non riesce a coprire integralmente con la
propria capacità produttiva. L’eterogeneità dei comportamenti si osserva anche in relazione al tipo di mercati
serviti: le imprese minori sono prevalentemente concentrate sulle aree di mercato più consolidate, mentre le
imprese maggiori mostrano una più spiccata propensione ad inoltrarsi in mercati più lontani o nuovi. L’elevata
gerarchizzazione nelle reti di fornitura internazionale fino ad oggi ha funzionato per accelerare la crescita
delle attività di vendita in mercati lontani, che solo pochi attori battistrada potevano raggiungere con la
propria rete di vendita e di assistenza. Di fronte ad una probabile dinamica futura della competizione nel
settore molto più articolata per tipologie ed origine dei concorrenti, c’è da chiedersi se questo modello di
internazionalizzazione fatto di pochi attori di punta e tanto indotto possa reggere ancora bene o se invece i
legami di mercato con i clienti esteri non debbano essere più proficuamente distribuiti tra una pluralità più
ampia di imprese distrettuali, così da assicurare una maggiore varietà nei modelli di competizione.
Rispetto agli altri comparti distrettuali, i colorifici esprimono una delle propensioni all’export più ridotte.
Questo dato sconta certamente l’esistenza di fattori specifici di prodotto: la forte incidenza dei costi logistici
sul costo totale dei beni rende molto difficile la vendita su mercati lontani in assenza di specifici investimenti
produttivi in loco. Più che per qualsiasi altro comparto del sistema ceramico, la capacità di vendere all’estero
viene a dipendere dal tipo di internazionalizzazione condotta dalle imprese. Per i colorifici, infatti, la
possibilità di espandere le vendite fuori confine oltre una certa soglia è fortemente collegata alla capacità,
nelle proprie strategie di internazionalizzazione, di investire in strutture e impianti produttivi market-oriented.
L’attivazione di unità organizzative sul mercato estero, alle quali affidare la gestione del processo di
produzione e vendita, è ancora però scarsamente utilizzata, riservata solo ad un manipolo di imprese che sta
invece investendo in modo più intenso. Ciò si deve a cause quali l’elevato costo di investimento,
l’insufficiente dotazione di risorse umane, il giro di affari ancora contenuto realizzato da parecchie imprese
sui mercati esteri. E’ proprio sulla capacità di un insieme più vasto di attori di attivare processi di
internazionalizzazione delle attività che si giocherà la partita con i produttori spagnoli, che su questo fronte si
sono mossi in forte anticipo rispetto agli italiani, occupando anticipatamente alcuni mercati esteri molto
importanti in prospettiva futura.
Nel terzo fuoco le percentuali di vendita all’estero, per quanto in significativa crescita, sono
decisamente basse. Questo ritardo è dovuto, oltre che alla ridotta dimensione media delle imprese (che però
in altri comparti non ha impedito il raggiungimento di quote superiori di vendita all’estero), soprattutto ai
modelli di business adottati. Il prevalere di vendite a imprese committenti, senza quindi una propria marca da
posizionare sul mercato, indubbiamente ha frenato e sta frenando il processo di crescita all’estero di queste
imprese. I segnali evidenti, negli ultimi anni, di una ricerca di maggiore autonomia da parte di un gruppo di
imprese di questo comparto, come testimoniato dalla rapida crescita del fatturato realizzato in conto proprio,
sembrano fare presagire per il futuro una maggiore presenza sui mercati internazionali. Resta tuttavia
l’incognita di come strutture di impresa spesso assai ridotte possano sostenere questi processi di
internazionalizzazione dell’attività con un’adeguata estensione della compagine manageriale ed un
arricchimento rapido delle competenze anche in ambiti commerciali e di marketing.
Un dato su cui riflettere a fondo è quello offerto dalle società commerciali. La crescita complessiva del
fatturato di comparto è stata buona negli ultimi anni. Eppure, solo poco meno del 60% delle vendite delle
commerciali, dato complessivo di settore, è indirizzato ai mercati esteri. Quasi il 60% del campione
intervistato ha quote di export sul fatturato inferiori al 50%. Il grado di apertura commerciale al mercato
estero è ben inferiore a quello del comparto manifatturiero. Il mercato italiano è quindi ancora decisivo per le
11
Le imprese del distretto
presentano ancora
forme poco stabili ed
evolute di
internazionalizzazione
commerciale
Nel meccanoceramico è la
propensione
all’export di poche
grandi imprese a
rendere molto elevati
i valori assoluti delle
vendite estere
Per i colorifici la
possibilità di
espandere l’export è
fortemente collegata
alla capacità di
investire in strutture
market-oriented
Nel terzo fuoco le
percentuali di
vendita all’estero
sono decisamente
basse
Nelle società
commerciali quasi il
60% del campione ha
quote di export sul
fatturato inferiore al
50%
sorti di molte imprese di questo comparto. Il risultato in termini di export è troppo esiguo, soprattutto rispetto
alle potenzialità connesse all’agilità delle strutture aziendali e alle competenze radicate nell’intermediazione
ceramica. In questo caso, sembra di poter dire che la zavorra che impedisce di far decollare le vendite
all’estero sta proprio nell’incapacità di innovare i modelli tradizionali di azione sui mercati. Solo poche
imprese veramente innovative emergono.
1.2.4 L’internazionalizzazione produttiva del sistema ceramico
Per quanto riguarda le strategie di internazionalizzazione produttiva, il quadro che emerge è molto più
variegato tra comparto e comparto, con livelli di intensità diversi (Tab. 1.3).
Tabella 1.3 - L’internazionalizzazione produttiva del sistema ceramico italiano: investimenti diretti
all’estero al 2005
N°
Fatturato
imprese
N° di italiani
realizzato dalle N° addetti nelle
che
occupati nelle
unità produttive unità produttive
Mercati
unità produttive
hanno
estere
nei mercati
realizzato
estere
esteri (mln €)
IDE
Ceramica
11
698,60
2008
140
Meccano ceramico
8
48,60
538
21
Colorifici ceramici
5
75,20
933
10
Adesivi e sigillanti
4
28,00
50
-
Serigrafia
4
20,00
15
6
UE ed Extra UE
Spagna e Nuovi
paesi di produzione
ceramica
Spagna e Nuovi
paesi di produzione
ceramica
Spagna e Nuovi
paesi di produzione
ceramica
Spagna
Fonte: Ns. rilevazione diretta e Assopiastrelle
Nel meccano-ceramico le imprese hanno effettuato investimenti diretti all’estero finalizzati alla
produzione di impianti, ma anche ricambi e componenti e, in misura più marginale, all’assemblaggio. In
generale, la ragione che spinge ad investire all’estero è la ricerca di una maggiore vicinanza ai mercati
chiave dell’offerta ceramica, per facilitare l’interazione tra le parti, agevolando l’adattamento del prodotto e
migliorando la gestione del servizio e dell’assistenza. E’ bene osservare, comunque, come il ricorso a forme
di internazionalizzazione produttiva non appare allo stesso modo urgente per tutte le imprese. La prevalenza
nel settore di produzioni a serie corta e la necessità di mantenere il controllo sul processo produttivo per
difendere gli standard di qualità riducono i vantaggi potenzialmente associabili al decentramento produttivo
internazionale.
Nel settore dei colorifici, il processo di multilocalizzazione produttiva all’’estero è stato guidato da una
minoranza robusta di imprese, quelle dotate di maggiori risorse e competenze organizzative. Si tratta di
iniziative piuttosto recenti (se si escludono quelle condotte dal leader di settore), in fase di accelerazione,
quasi tutte market-oriented, finalizzate cioè ad avvicinare l’offerta al mercato locale e a consentire una
riduzione della dipendenza dei colorifici italiani dal mercato domestico, ormai contraddistinto da volumi
calanti. In parte, i colorifici cominciano ad accompagnare le ceramiche italiane nelle loro migrazioni
localizzative su scala internazionale; in parte, quella preponderante, si cerca di contattare nuovi clienti tra i
ceramisti dei paesi emergenti o migliorare il livello di servizio a quelli già esistenti. Nel settore degli adesivi e
sigillanti sono 4 le imprese che hanno effettuato operazioni di internazionalizzazione produttiva, così come
nel comparto serigrafico. Assente, invece, ogni ricorso ad investimenti produttivi all’estero nel settore dei
corredi ceramici.
12
Internazionalizzazione
produttiva: il quadro
che emerge è molto più
variegato tra comparto
e comparto
Ragionando in sintesi sui rapporti tra distretto e internazionalizzazione, nel Primo Rapporto, quello
dedicato all’industria ceramica, si è arrivati a dire che il futuro ci consegnerà probabilmente “un distretto un
po’ più piccolo e caratterizzato da comportamenti localizzativi differenziati” delle imprese. Possiamo dire
questo anche dei diversi comparti?
In parte sì, ma, rispetto alla produzione ceramica, il quadro è sicuramente un po’ più composito.
Ci sono settori che negli ultimi anni hanno fatto passi notevoli verso una maggiore integrazione coi
mercati: colorifici e produttori di adesivi e sigillanti sicuramente sono tra questi, anche se
parzialmente diverse sono le motivazioni che li hanno spinti ad investire. In ragione, tuttavia, del
ridotto numero di attori coinvolti e della ridotta dimensione degli investimenti esteri (soprattutto per i
colorifici) le potenzialità di crescita ulteriore restano elevatissime.
Altri comparti, come il meccano-ceramico, vanno valutati tenendo conto della specificità del bene
prodotto, che è in grado di esprimere contenuti di differenziazione strutturalmente più alti rispetto ai
settori prima citati: le strategie di internazionalizzazione commerciale e produttiva riflettono questa
specificità e sono per ora fortemente finalizzate a garantire maggiore prossimità operativa col
cliente finale. La crescente competizione internazionale e alcune spinte che si avvertono verso una
banalizzazione del bene offerto lasciano intravedere scenari forse nuovi per il futuro.
Altri comparti, invece, come i corredi ceramici e le commerciali, appaiono affrontare i mercati esteri
o con intensità insufficiente o con modelli di azione ancorati al passato, concepiti per dinamiche
competitive largamente diverse rispetto a quelle attualmente osservate.
Alcuni settori negli
ultimi anni hanno
fatto passi notevoli
verso una maggiore
integrazione coi
mercati
Alcuni tratti nei processi di internazionalizzazione sono, però, comuni rispetto a quanto osservato
nell’industria ceramica:
Le scelte di internazionalizzazione produttiva sono fortemente intrecciate con quelle commerciali.
Le iniziative di internazionalizzazione produttiva sono il più delle volte orientate al mercato,
concepite per accrescere la quota di vendite all’estero.
L’azione di imprese battistrada è fondamentale in tutti i comparti. Sono queste che sperimentano
nuove linee d’azione, pongono argomenti nuovi al centro del dibattito sulle priorità strategiche,
introducono elementi di squilibrio competitivo in rapporto ai quali gli altri concorrenti devono reagire.
Sono queste imprese leader che possono innescare processi imitativi virtuosi. La qualità dei leader
presenti è quindi fondamentale per la capacità di innovare i modelli di presenza per tutto il resto del
comparto.
Sebbene il posizionamento strategico delle imprese non sempre renda necessaria l’adozione di
forme più integrate di presidio dei mercati esteri, si è dell’idea che, in ogni caso, la platea dei
soggetti in grado di assumere comportamenti innovativi e dinamici sui mercati esteri debba
ingrossarsi, non limitandosi alle sole imprese leder e ai follower più vicini.
1.3 Dove stanno andando i comparti del ceramico? Fattori competitivi critici e direzioni
fondamentali dell’impegno strategico
I comportamenti osservati in relazione alla presenza sui mercati internazionali non esauriscono il
campo dei fattori da esaminare per comprendere l’attuale stato di transizione di molti comparti e il dato
diffuso di erosione dei margini, da cui siamo partiti per cercare di leggere l’evoluzione degli scenari futuri.
Molto importante è anche capire quali siano i fattori competitivi considerati essenziali dalle imprese dei
diversi comparti e le direzioni fondamentali assunte dall’impegno strategico degli attori in campo.
1.3.1 L’evoluzione dei comportamenti strategici
A tutte le imprese intervistate, operanti nei diversi comparti del ceramico, è stato chiesto di esprimere
una valutazione sui fattori percepiti come importanti per competere, sia sul mercato locale sia su quelli esteri
(Tab. 1.4).
Il dato che emerge con più chiarezza dall’analisi comparativa è che la variabile costo assume,
complessivamente, minore rilevanza rispetto a fattori di prodotto/innovazione o di servizio. La sola, parziale,
eccezione si ha nel meccano-ceramico, dove il costo riveste una importanza maggiore, soprattutto nel
mercato distrettuale. A limitare la valenza percepita del fattore costo può giocare la crescente
consapevolezza di non potere contare sul prezzo come fattore discriminante per la propria competitività. In
13
La variabile costo
assume minore
rilevanza rispetto a
fattori di
prodotto/innovazione
o di servizio
alcuni comparti (meccano-ceramico, adesivi e sigillanti) il prodotto e la capacità di innovazione tecnica sono i
fattori decisivi; in altri l’attenzione è decisamente spostata sul servizio, come nei colorifici e nelle serigrafie.
Tabella 1.4 - Fattori competitivi critici nei diversi comparti. (valore punteggio 1 – 7)
Verso clienti distrettuali
Verso clienti esteri
Corredi ceramici
Prodotto e innovazione
5,72
5,60
Servizio
6,24
6,19
Costo
4,73
5,01
Serigrafie
Prodotto e innovazione
6,50
6,88
Servizio
6,43
6,19
Costo
5,50
5,50
Colorifici
Prodotto e innovazione
6,06
5,84
Servizio
6,50
5,66
Costo
5,42
5,66
Adesivi e sigillanti
Prodotto e innovazione
6
6,5
Servizio
5,5
5,5
Costo
4,5
3,5
Meccanoceramico (*)
Prodotto, innovazione,
6,00
5,88
assistenza
Servizio e interazione col cliente
5,46
5,21
Costo e efficienza nella
5,81
5,53
transazione
Prodotto, innovazione e
5,76
5,51
interazione col cliente
Assistenza
5,81
5,79
(*) Per il solo meccanoceramico, il punteggio medio dei fattori non è stato ottenuto attraverso una semplice media delle
variabili, ma attraverso un’analisi fattoriale, che ha restituito delle variabili principali in parte diverse rispetto agli altri
comparti e anche differenziate in rapporto al mercato distrettuale e al mercato estero. In corsivo sono offerti i valori di
comparazione a parità di modello di aggregazione delle variabili.
L’analisi dei fattori competitivi fissa alcune priorità di massima ma, nella sua semplicità, non consente
di comprendere a fondo la direzione dei percorsi strategici delle imprese. Un’analisi più dettagliata è possibile
osservando le attività su cui maggiormente si è focalizzata l’attenzione delle imprese dei diversi comparti
negli ultimi anni (Tab. 1.5).
Quattro fondamentali direzioni di impegno strategico emergono, qui esposte in ordine decrescente di
importanza:
- Sia nei comparti manifatturieri che in quello commerciale, prevale l’attenzione del management
verso il prodotto, nelle sue dimensioni qualitative e di innovazione tecnica ed estetica, con una specifica
attenzione per il servizio da parte dei colorifici e per l’assistenza tecnica da parte dei produttori di tecnologia.
- Una eccezione è rappresentata dalle imprese operanti nel settore dei corredi ceramici, che mettono
al centro del proprio impegno strategico la ricerca di efficienza e flessibilità produttiva: per essi, impegnati
prevalentemente in rapporti di committenza, il recupero della marginalità viene affidato soprattutto alla
riduzione dei costi produttivi e alla ricerca di volumi. Elevato l’impegno nella ricerca di maggiore efficienza
produttiva anche da parte di meccano-ceramisti e colorifici.
- La capacità di migliorare il contenuto delle relazioni coi clienti, sia nei loro aspetti interattivi a fini
progettuali che in quelli più specificamente commerciali (miglioramento competenze venditori, adozione di
forme di maggior controllo sui canali,…), rappresenta il terzo asse strategico per importanza in molti dei
comparti, con la parziale eccezione delle società commerciali dove i rapporti con il mercato vengono invece
soprattutto declinati in termini di allargamento della base di clienti serviti. Il potenziamento dell’azione
commerciale è un fattore di investimento di discreta importanza per alcuni comparti, come il meccanoceramico, di media rilevanza per altri, come i colorifici, di esiguo interesse invece per i terzofuochisti.
- La ricerca di forme più integrate di presenza sui mercati esteri assume rilievo complessivamente
minore e, comunque, la centralità rispetto ai disegni strategici delle imprese è diversa a seconda dei comparti
esaminati. L’attenzione è media nel meccano-ceramico, nei colorifici, negli adesivi e sigillanti; decisamente
esigua nei corredi ceramici e presso il settore delle commerciali. Ridottissimo rilievo è infine assegnato alla
possibilità di sviluppare partnership e alleanze.
14
Tabella 1.5 – Le priorità strategiche delle imprese: un’analisi per comparti (valore punteggio 1- 7)
FATTORI PRINCIPALI
Corredi ceramici
Efficienza produttiva
Flessibilità produttiva
Servizio e relazioni con
clienti
Innovazione di prodotto
Potenziare l’azione
commerciale e rafforzare
presenza sui mercati esteri
Sviluppare partnership e
alleanze
Colorifici (*)
Qualità prodotto e servizio
Efficienza produttiva
Introdurre nuove
tecnologie
Relazioni col cliente
Potenziare l’azione
commerciale
Rafforzare la presenza sui
mercati esteri
Sviluppare partnership e
alleanze
Meccanoceramico
Qualità prodotto e
assistenza tecnica
Efficienza produttiva
Potenziare l’azione
commerciale
Rafforzare la presenza sui
mercati esteri
Commerciali
Qualità prodotto e sviluppo
clientela
Infrastrutture informative e
logistiche
Diversificazione dell’offerta
Presidio degli influenzatori
d’acquisto
Controllo della rete
distributiva
Presenza diretta sui
mercati esteri
VARIABILI
Punteggio
medio
Diminuire i costi di produzione; Espandere la base di clientela per
aumentare i volumi
Accrescere la flessibilità produttiva
Migliorare le condizioni di servizio; Sviluppare il contenuto della
relazione con la clientela; Introdurre nuove tecnologie
Migliorare il contenuto tecnico/estetico del prodotto; Arricchire l’offerta
di prodotto con materiali innovativi; Realizzare prodotti ad hoc per nuovi
mercati; Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato
Aumentare il numero dei venditori diretti; Aumentare il numero degli
agenti; Costruire filiali commerciali in alcuni mercati chiave; Migliorare le
relazioni con gli influenzatori d’acquisto; Sviluppare rapporti diretti con
punti vendita; Sviluppare comunicazione diretta a imprese ceramiche
internazionali; Realizzare linee di prodotto a marchio aziendale;
Ampliare numero mercati geografici
Partnership con colorifici, ceramisti, altri corredo ceramisti, produttori di
tecnologia
5,67
Migliorare contenuto tecnico/prestazionale del prodotto; Arricchire
l’offerta con prodotti innovativi; Migliorare le condizioni di servizio
Accrescere la flessibilità produttiva; Ridurre i costi di produzione;
Introduzione nuove tecnologie di produzione
Introdurre nuove tecnologie di progettazione; Introdurre nuove
tecnologie di gestione
Sviluppare contenuto delle relazioni con la clientela (integrazione
competenze con clienti; co-progettazione; condivisione risorse)
Aumentare numero venditori diretti; Aumentare il numero degli agenti;
Prodotti ad hoc per nuovi mercati; Espandere la base di clienti in Italia
Avviare/espandere produzione all’estero; Ampliare il numero mercati
serviti; Espandere la base della clientela estera; Aprire filiali
commerciali / service in mercati esteri
Partnership con altri colorifici, ceramisti, corredo ceramisti, produttori di
tecnologia
6,10
Migliorare contenuto tecnico/prestazionale del prodotto; Migliorare la
capacità di servizio pre- e post-vendita
Accrescere la flessibilità produttiva; Ridurre i costi di produzione
Aumentare numero venditori; Migliorare competenze dei venditori;
Prodotti ad hoc per nuovi mercati
Ampliare il numero mercati serviti; Espandere la base della clientela
estera; Aprire filiali commerciali / service in mercati esteri
6,01
Migliorare qualità estetica del prodotto; Puntare su nuovi mercati;
Puntare su nuovi clienti
Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie( per
approvvigionamento, logistica, commerciale, amministrazione)
Ampliare l’offerta con sostituti della ceramica; Ampliare l’offerta con
sanitari e complementi d’arredo
Integrare competenze in fase di progettazione; Migliorare relazioni con
influenzatori d’acquisto
Aumentare il peso delle vendite tramite agenti monomandatari;
Aumentare il peso delle vendite tramite dipendenti
Costituire filiali commerciali su mercati esteri chiave; Costituire depositi
su mercati chiave
5,52
5,58
5,21
5,11
2,65
2,54
5,62
5,01
4,94
4,26
4,05
3,52
5,63
4,68
4,59
3,66
2,98
2,85
2,35
1,41
(*) Solo in relazione a questo comparto l’aggregazione non è basata su analisi fattoriale, ma su un accorpamento basato sul
grado di similarità delle variabili.
15
Pur nella diversità di articolazioni richiesta dalla specificità dei singoli contesti competitivi, i risultati
relativi ai comparti correlati - almeno se ci si ferma ai dati medi - confermano alcune evidenze già emerse
nell’analisi dell’industria ceramica:
- Innanzitutto, si ribadisce il persistente forte orientamento al prodotto, soprattutto nella sua
dimensione produttiva e tecnologia, intesa come chiave fondamentale per innovare. La necessità di costruire
rapporti più solidi e interattivi col mercato comincia ad emergere da più parti, ma spesso è concepita
soprattutto in rapporto alla esigenza di potenziamento della rete di vendita e di ampliamento della base di
clienti serviti, mentre minore attenzione è riservata alle implicazioni di carattere collaborativo e strategico.
Nonostante i comportamenti innovativi di alcune imprese leader, ancora relativamente basso è il focus su
scelte di integrazione maggiore coi mercati esteri, soprattutto nella forma di investimenti diretti. Anche
laddove le analisi specifiche di comparto richiamano un’attenzione sempre più urgente ai temi
dell’internazionalizzazione produttiva – è il caso dei colorifici – in termini di priorità strategica queste direzioni
di investimento restano chiaramente subordinate ad altre.
- Permane una sostanziale omogeneità nelle aree di investimento percepite come prioritarie presso le
imprese dei diversi comparti, sia pur con intensità parzialmente difformi. Si avverte, di conseguenza, una
certa continuità inerziale nelle scelte aziendali, che pone i modelli competitivi messi a punto e sperimentati
nel passato ancora al centro dell’attenzione strategica futura delle imprese. L’elaborazione di nuovi modelli di
offerta raccoglie, in generale, scarsa considerazione o coinvolge solo nuclei ristretti di operatori, anche se
questi ultimi sono spesso attori molto rilevanti nei rispettivi comparti.
Siamo di fronte quindi ad “un distretto un po’ più piccolo e sostanzialmente sempre uguale a se
stesso”, come già emerso per l’industria ceramica? Anche in questo caso, l’affermazione è in parte vera e in
parte no.
La scarsa ricchezza osservabile in termini di comportamenti strategici innovativi è senz’altro
confermata. La crisi di redditività deve essere correttamente imputata anche a questo deficit; non solo a
problemi di costo e di competizione internazionale. Ci sono tuttavia alcuni segnali di cambiamento, che
occorre mettere a fuoco meglio. Siccome, però, i segnali di cambiamento hanno spesso natura
intersettoriale, e non riguardano in modo esclusivo un singolo comparto, è utile, prima di affrontare il tema
dell’innovazione, approfondire come sono andate evolvendo, negli ultimi anni, le modalità di interrelazione tra
le diverse componenti settoriali del distretto.
I modelli competitivi
messi a punto e
sperimentati nel
passato sono ancora
al centro
dell’attenzione
strategica futura
delle imprese
1.3.2 L’evoluzione futura dei comparti: ognuno per la propria strada o un destino che si incrocia
ancora?
All’interno del distretto ceramico sassolese, la capacità competitiva di un comparto è sempre stata
figlia anche della competitività dell’altro, all’interno di uno stretto gioco di interdipendenze, il più delle volte
virtuoso. Se la leadership mondiale sul piano qualitativo continua ad essere riconosciuta ai ceramisti italiani,
come sembrano suggerire i risultati emersi nel Primo Rapporto, questo è un punto a favore anche degli altri
comparti. I destini non sono più di tanto separabili. In una prospettiva di medio-lungo periodo, i successi
competitivi di un comparto non possono essere considerati la causa degli insuccessi degli altri. Questo può
accadere solo se gli altri comparti restano fermi e non innovano. Anzi, la leadership italiana nell’immagine di
innovazione e qualità del prodotto resta salda nei mercati internazionali anche perché alimentata dalla
percezione del valore aggiuntivo che deriva dalla interrelazione stretta tra settore ceramico e gli altri comparti
complementari.
In una logica di interdipendenze e complementarità virtuose tra comparti dello stesso sistema
ceramico territoriale, la capacità di competere bene di una componente settoriale nel lungo periodo è sempre
un fattore positivo per il distretto. Tuttavia, quando le dinamiche competitive si estendono su un piano
globale, le potenziali sinergie tra comparti sono più difficili da realizzare e tendono a convivere sempre con
numerose tensioni e conflitti. Facciamo qualche esempio.
La posizione di leadership del settore delle macchine e impianti è stata principalmente conquistata
estendendo sul piano geografico i mercati ceramici di sbocco. L’effetto indiretto di questa superiorità
competitiva è stato certamente quello di favorire un processo di disseminazione vasto delle competenze
tecnologiche su scala globale, accorciando il divario tra offerta italiana e offerta di altri paesi produttori
emergenti nel panorama internazionale, accelerando il processo di allargamento della mappa mondiale della
produzione e rendendo la competizione su base di prezzo più stringente su tutti i mercati. La crescita
competitiva nel mondo dei produttori italiani di tecnologie ha però avuto anche ricadute positive sul resto del
sistema. Ha contribuito, ad esempio, a radicare un’immagine di superiorità tecnologica dei prodotti ceramici
italiani nel mondo, che ancora è ben viva nelle percezioni della domanda finale, per esempio nelle valutazioni
dei buyer della distribuzione internazionale (lo si è visto nel Primo Rapporto). L’immagine di superiorità
16
In una prospettiva di
medio-lungo periodo,
i successi
competitivi di un
comparto non
possono essere
considerati la causa
degli insuccessi
degli altri
Quando le dinamiche
competitive si
estendono su un
piano globale, le
potenziali sinergie
tra comparti sono più
difficili da realizzare
tecnologica è un fattore competitivo a rendita prolungata nel tempo che dà frutti per tutti i comparti
distrettuali, ceramiche comprese, non solo per i fornitori di tecnologia. Ed è un valore, a sua volta, che viene
prodotto collettivamente dalle diverse componenti del sistema ceramico (fornitori di tecnologie, ma anche
ceramiche, colorifici,…) e che quindi, come tale, andrebbe strenuamente difeso da tutte le componenti del
sistema. Le ricadute positive possono essere di tipo anche più indiretto. La diffusione delle macchine e degli
impianti italiani nel mondo avrebbe dovuto o potuto costituire, ad esempio, un pungolo essenziale per
stimolare la ricerca di innovazione dei ceramisti anche su fronti diversi da quelli strettamente tecnologici.
Questo è solo parzialmente avvenuto. O sta avvenendo con parecchi anni di ritardo.
In un mercato aperto, la forza competitiva di un comparto correlato può causare momenti di squilibrio
competitivo. Nei propri processi di evoluzione nessun settore ne è stato mai completamente esente. Da
questo punto di vista il ceramico, nei suoi rapporti con i fornitori di tecnologie non è messo peggio di altri. Gli
squilibri temporanei sono inevitabili in un contesto competitivo aperto e, come tali, vanno accettati e
contrastati in modo virtuoso. D’altra parte gli stessi meccano-ceramisti italiani si trovano oggi a fronteggiare
una competizione nascente di produttori locali, sorti nei grandi mercati dell’offerta ceramica mondiale, che
essi stessi hanno contributo a far nascere, prima di tutto quello cinese, anche a seguito della fornitura
massiccia di impianti da parte delle imprese italiane nella seconda metà degli anni novanta. In parte, lo
stesso fenomeno è accaduto qualche anno prima anche sul mercato spagnolo, anche se in misura molto più
limitata.
Il rapporto tra colorifici e ceramisti è, invece, segnato da un progressivo modificarsi dei contenuti
dell’interdipendenza. Da una condizione, storica, di forte interdipendenza operativa tra le due parti, in larga
parte dovuta alle esigenze specifiche del ciclo produttivo continuo del ceramico, si sta passando ad una
interdipendenza di carattere più marcatamente strategico. Oggi le aziende ceramiche si affidano sempre più,
infatti, alla capacità progettuale e propositiva del colorificio, esternalizzando di fatto una larga parte della
ricerca estetica e cromatica di prodotto. Simile il percorso compiuto dalle imprese del comparto serigrafico.
Da un apporto alla creatività del prodotto ceramico tutto contenuto nella produzione di retini e nella loro
incisione, ad un contributo centrato soprattutto sulla ricerca grafica. Nel caso del comparto serigrafico la
dematerializzazione delle attività ha pagato, sia sul piano dell’arricchimento del patrimonio cognitivo che su
quello dei risultati economici. Un po’ più complicato, invece, il quadro dei rapporti tra colorifici e ceramisti,
caratterizzato da condizioni più problematiche nella ridistribuzione del valore da innovazione. In entrambi i
casi, comunque, il modificarsi dei contenuti di relazione sta spingendo ad una revisione dei modelli di
gestione dei rapporti verticali, con nuove competenze e richieste e nuove regole per la collaborazione da
creare e condividere.
Il terzo fuoco ha tradizionalmente visto dipendere la propria capacità di sviluppo dai ceramisti. Il
recente rallentamento nella crescita del fatturato dei committenti ha fatto sorgere parecchie apprensioni ed
incertezze presso i fornitori di questa tipologia di lavorazioni. E’, però, anche vero che a questi “artigiani
creativi” le aziende ceramiche affidano la realizzazione di pezzi speciali, decori e mosaici, non facilmente
integrabili all’interno del ciclo produttivo industriale: per lotti piccoli e produzioni di nicchia, anche i ceramisti
restano tuttora fortemente dipendenti dalle prestazioni e dalle capacità innovative degli operatori del settore
dei corredi. Inoltre, bisogna riconoscere che il grado elevato di sofisticazione racchiuso nelle richieste dei
clienti distrettuali ha stimolato costantemente all’innovazione le imprese del comparto, consentendo loro di
sviluppare un patrimonio di competenze di natura estetica e produttiva di tutto riguardo, anche se non ancora
valorizzato a pieno sui mercati internazionali. In questo contesto, l’allentarsi dei legami tra terzo fuoco e
ceramisti obbliga a riflettere su quali nuove strade esistano per l’arricchimento estetico del prodotto piastrella
e su come i contributi di specializzazione di questo comparto possano essere riconvertibili nel nuovo
scenario competitivo e in risposta ai cambiamenti negli orientamenti della domanda. Il rischio, diversamente,
è di disperdere una fonte di creatività non facilmente replicabile in altri contesti d’offerta.
Le interdipendenze sono molto forti anche tra ceramico e imprese locali di trading. In passato, le
commerciali hanno esercitato un ruolo fondamentale a supporto delle aziende industriali, di fatto “integrando”
la loro capacità commerciale e collocando sul mercato volumi di merce che non riuscivano ad uscire dai
piazzali con la sola forza delle reti di vendita delle ceramiche. La complementarità d’azione tra i due settori
avrebbe, però, potuto assumere caratteristiche di complementarità ben più ampie e virtuose sul piano della
competitività reciproca rispetto a quanto registrato. Ad esempio, se guardiamo le cifre a disposizione, le
commerciali, nonostante la minor rigidità delle strutture di impresa e le competenze cumulate
nell’intermediazione ceramica, non sembrano, ad oggi, essere ancora uscite dal proprio modello di business
tradizionale d’azione: non riescono né a vendere piastrelle italiane in modo nuovo, a clienti nuovi, su mercati
nuovi rispetto ai ceramisti (la quota maggiore di venduto è ancora collocata su mercati facili e più vicini, con
modelli di presenza commerciale simili a quelli dei ceramisti, a tipologie di clienti non diverse); né a vendere
“da italiani”, col servizio al cliente tipico delle imprese italiane cioè, piastrelle prodotte in altre parti del mondo
(i flussi di acquisti extra-distretto sono ancora estremamente ridotti).
17
Da una condizione di
forte interdipendenza
operativa, ad una
interdipendenza di
carattere più
marcatamente
strategico
Due prime parziali conclusioni possono essere tratte:
- il valore si crea entro tutte le componenti del sistema ceramico. Se salta un pezzo del sistema, c’è il
rischio che il meccanismo di produzione del valore si inceppi anche per le altre componenti.
L’interdipendenza è ancora molto forte.
- Il distretto non può funzionare sempre sull’inerzia della spinta originaria, soprattutto quando
l’intensità e l’estensione della competizione si accrescono. Le potenzialità sinergiche tra comparti non si
colgono spontaneamente, per il solo fatto della comune appartenenza territoriale o della contiguità culturale o
nei linguaggi di impresa; le potenzialità delle nuove fonti di valore vanno sapute costruire e sfruttare dagli
attori in campo, sulla base delle loro capacità. Avendo la piena consapevolezza che le competenze diffuse in
un territorio possono essere estratte e valorizzate non solo dai soggetti che hanno direttamente contribuito a
generarle, ma anche da altri, più bravi nel cogliere le potenzialità di innovazione e nel mettere a disposizione
risorse complementari (finanziarie e manageriali) per sfruttarle nella loro pienezza.
Occorre saper cogliere, dunque, i segnali di innovazione, dove esistono e se esistono, nei diversi comparti;
capire come queste innovazioni possano incidere sul cambiamento complessivo dei comparti, se si vuole
comprendere bene, anche per il futuro, come si potranno incrociare i loro destini.
Il valore si crea in
tutte le componenti
del sistema ceramico
Il distretto non può
funzionare sempre
sull’inerzia della
spinta originaria
1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi
Torniamo al punto cruciale. Si è detto che la forza delle imprese del distretto sassolese sta soprattutto
nella percezione di superiorità, relativa alla capacità di innovazione e alla qualità del prodotto, che viene loro
riconosciuta dai soggetti esterni, dai clienti internazionali in primis. E che tale punto di forza è goduto, entro
certi limiti e con intensità diverse, dalla totalità degli attori che popolano il sistema. Se questo è vero, diventa
pertanto decisivo capire come questo fattore di competitività di sistema possa essere difeso e rialimentato.
Come, cioè, possa essere difeso e accresciuto il valore derivabile dalla capacità di innovazione di sistema,
traducendolo in maggiore redditività, soprattutto in un quadro di cambiamenti quale quello finora descritto. Da
un lato, si è visto che alcune sinergie nell’interrelazione tra comparti sono scomparse, che altre si sono
mantenute e che se ne stanno anche creando di nuove, come emerso nel precedente paragrafo. Dall’altro
lato, tuttavia, si è potuto notare come la traiettoria di evoluzione di qualche comparto stia producendo effetti
centrifughi sul piano della capacità di innovazione complessiva del sistema, mettendo in difficoltà alcuni
segmenti di offerta più deboli.
Nei paragrafi successivi si analizzerà come la capacità di innovazione del sistema distrettuale sia
andata modificandosi nel tempo. L’attenzione sarà rivolta soprattutto a catturare il contributo dei diversi
comparti alla innovazione, sia di tipo tecnologica che legata a variabili organizzative e di marketing.
Il problema è capire
come possa essere
difeso e accresciuto
il valore derivabile
dalla capacità di
innovazione del
sistema
1.4.1 Innovazione tecnologica
Il distretto ceramico sassolese ha costruito la sua reputazione di eccellenza a livello mondiale
soprattutto grazie ad una consolidata superiorità nell’innovazione di prodotto. Due i fattori principali su cui
questa superiorità si è fondata:
i) la capacità di far confluire nei processi di innovazione i contributi di una pluralità di settori collegati;
ii) il primato riconosciuto sul piano della dimensione tecnica dell’offerta.
i) L’innovazione tecnica collegata al prodotto finale, la piastrella ceramica, si è sempre generata in
modo distribuito nel distretto: un circuito virtuoso frutto di tanti apporti, dagli studi grafici, ai colorifici, ai
meccano-ceramisti. L’attivazione di tali circuiti virtuosi, capaci di fare avanzare l’innovazione all’interno
dell’industria ceramica, ha come presupposto la presenza di consolidate relazioni collaborative tra le diverse
componenti settoriali del sistema. Ognuno ha un proprio ruolo che deve essere svolto seguendo percorsi
convergenti e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune, quello di innovare.
Nel meccano-ceramico, ad esempio, in origine il comportamento caratteristico dei produttori di
impianti è stato quello di coltivare una continua e stretta collaborazione con la propria clientela, al fine di
facilitare l’innesco di processi di innovazione incrementale, basati soprattutto sulla ricerca di soluzioni per
problemi tecnici manifestati dai clienti: l’incontro tra il personale tecnico delle due imprese avviava il processo
di studio del problema, che portava poi al vaglio delle possibili linee di intervento e alla definizione della
soluzione. Questo modello di interrelazione è stato attraversato nel tempo da parecchie fratture, a cui non è
stata data ancora un’ipotesi di ricomposizione. Oggi la capacità di lavorare insieme per l’innovazione sembra
18
L’innovazione
tecnologica collegata
al prodotto finale si è
sempre generata in
modo distribuito nel
distretto
affievolita: un po’ per la difficoltà a ritrovare soluzioni accettate da entrambi nella ridistribuzione del surplus
generato da forme di innovazione a base collaborativa (quali, in passato, l’esclusiva temporanea, il risparmio
nel costo d’acquisto…); un po’ perché le imprese ceramiche estere, attualmente di gran lunga gli acquirenti
prevalenti di tecnologia italiana, non esercitano la medesima pressione sul fornitore per la ricerca di soluzioni
innovative, richiedono risposte più standardizzate in termini di offerta, così interrompendo uno degli stimoli
fondamentali per l’innovazione. In questa fase di transizione del sistema, pertanto, il rischio di disperdere il
potenziale patrimonio innovativo legato a questi rapporti privilegiati tra ceramisti e fornitori appare piuttosto
elevato. Da qui la necessità di ricostruire le basi per l’interazione tra produttori di impianti e ceramisti
sassolesi, magari provando a riprodurle anche fuori dagli ambiti distrettuali, nei mercati dell’offerta mondiale,
dove una cerchia di gruppi ceramici italiani sta dirottando una quota consistente dei propri nuovi investimenti
in impianti produttivi.
Anche i colorifici hanno sempre lavorato a stretto contatto con le aziende ceramiche nella fase di
progettazione e di sviluppo, operando direttamente sui supporti del cliente, al fine di ottenere una precisa
riproducibilità cromatica del risultato finale. Le innovazioni di prodotto che scaturiscono da questi modelli di
interazione, in presenza di una tecnologia relativamente semplice e di una diffusa base di conoscenze ed
esperienze maturate sul campo, hanno però breve vita e non consentono strutturalmente alle imprese di
ricavarne rendite durevoli. Tutto ha funzionato fino a quando l’intensità competitiva a livello globale non si è
accresciuta: fino a quando cioè, anche con bassa marginalità unitaria, si poteva comunque dare un’adeguata
copertura agli investimenti in ricerca e sviluppo. Oggi, tuttavia, la bassa redditività scaturente dalle vendite,
soprattutto ai clienti distrettuali, comincia a rappresentare un ostacolo sensibile allo sviluppo dell’innovazione.
Proprio per queste difficoltà, i colorifici hanno cercato di difendere la posizione competitiva con dosi crescenti
di servizio nella relazione con la clientela. Alcuni grandi colorifici, più in particolare, hanno investito in
laboratori in grado di integrare al proprio interno tutti gli impianti maggiormente significativi nel processo di
produzione della ceramica. Aldilà del maggiore servizio tecnico offerto al cliente, soprattutto in ordine alla
riproducibilità industriale delle idee estetiche innovative, questi investimenti sembrano anche finalizzati a
consolidare l’immagine di innovatività dei colorifici nella percezione dei clienti, specialmente quelli esteri. In
questo caso, come si nota, dimensioni tecniche e dimensioni più immateriali, collegati all’immagine di
avanguardia e affidabilità tecnica, si fondono per dare vita a nuovi modelli di offerta e modelli di interazione
col cliente ceramico e coi fornitori di tecnologia nuovi rispetto al passato.
ii) Nel sistema del valore ceramico l’innovazione è stata ricercata in modo quasi esclusivo operando
sul lato dell’offerta ed, in particolare, facendo leva sulla dimensione tecnica di intervento: progettando
macchine con cui poter produrre prodotti innovativi; cercando nuove soluzioni tecniche per “vestire” le
piastrelle sul piano dell’estetica. Anche quando più pressante si è fatta l’esigenza di arricchire l’offerta e
presentarsi sui mercati con un crescente contenuto di differenziazione, quando cioè il mercato ha decretato il
passaggio da un prodotto destinato ad assolvere funzioni di tipo primario (pavimentare superfici) ad un
prodotto chiamato a svolgere nuove e più complesse funzioni (arredare ed ambientare), si è agito
prevalentemente sulle caratteristiche tecniche ed estetiche del prodotto, sempre privilegiando i contenuti
qualitativi di tipo intrinseco.
Quello che oggi è cambiato è il modo in cui questa innovazione è ottenuta. La dimensione tecnica
dell’intervento si è fatta più complessa. Mentre in passato il compito di differenziare il prodotto sul piano
estetico era affidato sostanzialmente alla sola fase di smaltatura, oggi a determinare l’aspetto finale del
prodotto concorrono una pluralità di fasi di lavorazione: preparazione miscelazione e lavorazione degli
impasti colorati, sistemi di caricamento, pressatura con stampi multi-formato, linea di smaltatura dotata di
moderni sistemi di decorazione. A ciò devono aggiungersi tutti gli interventi di finitura che subisce il prodotto
dopo la cottura: rettifica, taglio, squadratura, levigatura ed altre lavorazioni ausiliarie che hanno aperto la
strada all’ottenimento di nuove tipologie di prodotto. Si stima che attualmente circa la metà delle vendite di
piastrelle sia fatta con pezzi che subiscono lavorazioni ed effetti superficiali dopo il forno. E’ un modo diverso
di “decorare” il prodotto, rispetto all’apporto della fase di smaltatura o all’intervento del terzofuochista. Questo
ha aperto la strada a nuove forme di specializzazione; ma ne ha parzialmente chiuse altre.
Come questi cambiamenti nelle modalità di innovazione di prodotto stanno impattando sulla
competitività tecnologica del distretto? E come sulla competitività dei diversi comparti?
Relativamente al primo punto, quello legato alla possibilità di mantenere viva la coralità del contributo
all’innovazione da parte delle diverse componenti settoriali, e cioè la sua natura pluri-specializzata ed interorganizzativa, occorre riflettere su quali siano oggi gli incentivi a collaborare sul piano dell’innovazione
tecnologica e quali siano le regole, più o meno implicite, che disciplinano i processi di ridistribuzione della
rendita da innovazione, cioè del valore in più che potenzialmente si può ricavare collaborando con imprese di
altri comparti nell’attività di ricerca e sviluppo anziché svolgere questa attività tutta all’interno.
Il dato più preoccupante, che attraversa l’analisi dei diversi comparti, è che gli incentivi ad investire in
innovazione tecnologica sembrano oggi ridotti rispetti al passato. In un sistema così articolato di innovazione,
il venir meno della spinta ad innovare da parte di qualche componente settoriale può avere ripercussioni
19
Oggi la capacità di
lavorare insieme per
l’innovazione sembra
affievolita
Oggi la bassa
redditività comincia a
rappresentare un
ostacolo sensibile
allo sviluppo
dell’innovazione
Nel sistema del
valore ceramico
l’innovazione è stata
ricercata in modo
quasi esclusivo
operando sul lato
dell’offerta
pesanti sulla competitività complessiva del sistema. Terzofuochisti e colorifici, ad esempio, lamentano la forte
pressione sul prezzo esercitata dai clienti ceramici del distretto. Il rischio è che margini economici troppo a
lungo risicati blocchino l’attività innovativa e di R&S in alcuni gangli fondamentali del sistema. L’innovazione
(prima o poi) deve essere remunerata, se si vuole che continui nel tempo. Se non lo è, vuole dire che
l’innovazione non è percepita come tale dal cliente; o che la capacità complessiva del cliente di catturare una
quota del valore prodotto dal sistema, soprattutto nelle fasi a valle, è insufficiente ad alimentare nuove risorse
da dedicare al finanziamento dell’innovazione a monte. Questi problemi ridistributivi si affiancano ai
tradizionali effetti disincentivanti connessi al ridotto grado di appropriabilità della rendita derivante da
innovazione tecnologica nel ceramico. Data la facile riproducibilità delle soluzioni tecnologiche e lo schermo
ancora debole offerto dalla protezione brevettuale, sono bassi gli incentivi a fare la prima mossa nel campo
dell’innovazione tecnologica. Il loop può diventare pericoloso, se non si trovano presto nuovi soggetti disposti
a rischiare e a far ripartire il motore dell’innovazione distribuita tra i comparti.
D’altra parte, neanche la scelta, fatta da alcune imprese, di riportare dentro tutta l’attività di ricerca e
sviluppo, sembra per il futuro potere pagare di più di quanto già non abbia fatto in passato. Anche i nuovi
traguardi sul piano dell’innovazione tecnica sono infatti molto difficili da raggiungere: possono essere tagliati
per primi, nella competizione internazionale, solo se ci si muove ancora come sistema. Gli sforzi di singole
imprese possono essere fondamentali per fare il primo passo o stimolare lo sviluppo di risorse
complementari, ma non sembrano strutturalmente sufficienti a reggere l’ampiezza dei territori tecnologici oggi
da presidiare. Il complesso di competenze necessarie a fare uscire l’innovazione dal laboratorio o dalla
fabbrica e portarla sul mercato è semmai accresciuto rispetto al passato. Si pensi alla possibilità di
raggiungere traguardi ambiziosi come lo sviluppo di nuove destinazioni d’uso del prodotto piastrella, il
processo di arricchimento culturale del prodotto e il progressivo allargamento del suo valore percepito verso i
dominii cognitivi di alcune categorie fondamentali di influenzatori d’acquisto, come gli architetti o i designer di
interni. All’arricchimento del prodotto piastrella devono concorrere tutte le componenti del sistema.
In questi contesti, il ricorso ad una combinazione di prestazioni specializzate, di prestazioni cioè di
eccellenza rispetto al proprio ambito specifico di attività, sviluppate attraverso una rete di imprese, resta a
nostro avviso essenziale. A dovere essere ripensata semmai è l’architettura che deve reggere questi modelli
di collaborazione per l’innovazione. Il “mercato distrettuale”, basato su accordi informali, patti non scritti di
non belligeranza e spartizione, e soprattutto tutto giocato all’interno delle mura del distretto, e solo su una
dimensione verticale di collaborazione, oggi non basta più a sostenere dinamiche innovative complesse.
Vediamo perché.
La collaborazione orizzontale tra imprese dello stesso comparto non può essere più considerata una
eccentricità o una missione impossibile. Deve diventare il pane quotidiano, come è lo è già in molti altri
settori. E’ più difficile collaborare con un concorrente che con un cliente o un fornitore. Ma non è impossibile:
sono nuovi modelli di gestione che vanno appresi. Partendo dall’idea che, naturalmente, collaborare tra
concorrenti non significa unire i destini con l’altro sul piano competitivo per sempre. Significa isolare alcune
attività su cui la necessità di investire è pressante e consistente, definirle sul piano dell’apporto competitivo e
della regolazione contrattuale, cercare innovazione su quelle attività, diventare competitive su quelle rispetto
ai concorrenti internazionali, e poi continuare a competere con l’alleato su altri fronti.
Anche la collaborazione verticale va ravvivata. Co-progettando e co-investendo. Magari accettando di
sviluppare un business insieme, “unendo i mestieri”, che sono diversi solo se non si prova mai a combinarli e
a vedere quali nuovi mestieri si imparano “facendolo insieme”. Allora si potrà dire che il business della
distribuzione è anche un po’ il business del ceramista e viceversa; che il business della produzione ceramica
è un po’ anche il business del colorificio e del fornitore di tecnologia; e così via. I confini rigidi tra comparti
non sono scolpiti nella pietra, dettati una volta per tutte dalla diversità dei paradigmi tecnologici o dalla
incompatibilità delle competenze. I confini più alti e invalicabili sembrano quelli eretti nei modelli cognitivi
degli attori che sono chiamati a superarli.
Infine, occorre sapere “tirare dentro al distretto” le competenze che ora stanno fuori, donando loro la
forza del sistema, cioè valorizzandole grazie all’apporto combinato di altre competenze specializzate presenti
in modo esclusivo o misura maggiore solo nel distretto. Questo significa costruire reti di collaborazione in
grado di coinvolgere attori non distrettuali, diversi per basi di competenze pregresse e anche linguaggi.
Significa anche conoscere gli strumenti manageriali e contrattuali per mettere in piedi una collaborazione
tecnologica tra soggetti che non condividono originariamente un linguaggio e un modello di azione comune
dato dalla contiguità territoriale e dalle affini esperienze applicative, ma che devono costruirselo, mutuandolo
dalla scienza e da contesti manageriali più avanzati. Si pensi, ad esempio, a quanto i recenti sviluppi nella
automazione della fase di controllo di fine linea del ciclo produttivo della piastrella si debbano al confronto e
alla contaminazione tra tecnologie tradizionalmente radicate nel distretto e tecnologie aliene. Eppure il
processo di integrazione competitiva tra imprese detentrici di queste diverse tecnologie è sempre proceduto
a strappi, privilegiando la ricerca parallela e conflittuale di soluzioni tecnologiche alternative alla definizione
su base collaborativa-competitiva di standard accettabili.
20
La collaborazione
orizzontale tra
imprese dello stesso
comparto non può
essere più
considerata una
missione impossibile
Anche la
collaborazione
verticale va
ravvivata, coprogettando e coinvestendo
Occorre sapere
“tirare dentro al
distretto”le
competenze che ora
stanno fuori,
donando loro la forza
del sistema
In altre parole, ci sentiamo di dire che non bisogna confondere la momentanea incapacità di
individuare e praticare nuove forme accettate di collaborazione tecnologica con la non necessità di attuarle.
La competizione a livello internazionale è tale da non consentire più inefficienze sul piano della gestione dei
processi manageriali, che oggi pesano quanto e forse più di quanto non pesassero in passato le inefficienze
operative, sul piano produttivo e logistico. Queste ultime sono state affrontate e gestite bene. Le altre restano
tutte lì, forse ancora bene da comprendere nella loro reale portata.
Naturalmente le affermazioni fatte sopra hanno senso se si parte da una convinzione: che la crisi dei
modelli di collaborazione tecnologica non abbia ancora leso in modo permanente il potenziale di innovazione
del sistema distrettuale. Sassuolo resta il centro del mondo per l’innovazione ceramica: perché è qui che
sembrano risiedere ancora la gran parte delle soluzioni percorribili per l’innovazione futura; qui sono le
competenze più diffuse e i livelli di specializzazione più estremi. Ciò che manca è la conoscenza del modo in
cui queste risorse possono ricombinarsi e dare vita a nuove forme di innovazione, non più solo di tipo
tecnico, e nuovi modelli di business, non più solo quelli tradizionali.
1.4.2
Alla ricerca di nuove fonti per innovare
Lo sprigionarsi degli effetti della globalizzazione si traduce soprattutto in un cambiamento
fondamentale per gli assetti competitivi delle imprese del distretto: non basta più puntare sui volumi per
irrobustire i margini, agendo principalmente sull’efficienza produttiva, sui fattori di scala a livello di impianto e
impostando la politica commerciale sulla base di logiche prettamente quantitative. Che quella politica non
paghi più lo si capisce osservando il declino di redditività nei diversi comparti negli ultimi anni. Diventa
pertanto essenziale trovare strade ulteriori per incrementare la redditività delle vendite.
Le fonti storiche di innovazione si possono riaccendere, ma non sono più sufficienti. Occorre pensarne
delle nuove. Innanzitutto, con riferimento a nuovi ambiti applicativi dell’innovazione. Su due grandi fronti:
-
Sassuolo resta il
centro del mondo per
l’innovazione
ceramica
Non basta più
puntare solo sui
volumi per
irrobustire i margini
L’innovazione non è solo di tipo tecnico: è anche innovazione organizzativa e coinvolge il modo di
organizzare le risorse interne all’impresa e di combinarle con quelle esterne.
Né l’innovazione può essere giocata tutta sul lato dell’offerta, si genera anche sul fronte della
domanda: è anche innovazione di marketing e coinvolge il modo di individuare i clienti, segmentarli,
gestire le relazioni con essi, sostituirsi ad essi in alcune attività creatrici di valore quando
necessario, comunicare al cliente finale e non solo a quello intermedio, e così via.
Su questi ambiti applicativi dell’innovazione, relativamente nuovi per il settore, la difesa della rendita è
probabilmente più facile, rispetto al solo ambito tecnico e di prodotto.
Il problema però che si scorge chiaro, e che attraversa tutte le anime settoriali del sistema ceramico, è
che questo tipo di innovazione, sebbene in potenza più difendibile, appare oggi molto più difficile da generare
nel distretto, rispetto all’innovazione a base tecnologica. Gli sforzi per questo tipo di innovazione sembrano,
infatti, ancora molto esigui, in tutti i settori distrettuali, che restano focalizzati quasi esclusivamente
sull’innovazione tecnica, nei dati di oggi come nelle previsioni di domani. L’idea che ci siamo fatti - dopo 500
interviste e dopo aver girato in lungo e in largo il distretto - è che le risorse delle imprese distrettuali siano
drammaticamente più scarse proprio sotto questo profilo: nella capacità di innovazione degli assetti
organizzativi, ed in particolare nei rapporti con il mercato a valle, per i quali le forme di intermediazione e di
gestione dei canali sperimentate in passato mostrano segnali evidenti di logoramento. In fase di
globalizzazione competitiva, in altre parole, non basta più il binomio tecnologia / prodotto ad assicurare per il
futuro la leadership dei produttori italiani di piastrelle. A quel binomio occorre aggiungere un ulteriore
elemento: il mercato. Le imprese distrettuali, sia nel ceramico che nei comparti correlati, hanno margini di
miglioramento assai consistenti nel rapporto con il mercato della distribuzione, nella capacità di gestire
relazioni innovative con gli influenzatori d’acquisto e i consumatori finali, nella costruzione di valori di marca
più consistenti.
In questo caso, il problema si presenta in forme diverse rispetto a quanto emerso per l’innovazione
tecnologica. Il problema qui è meno di capacità di organizzazione di contenuti innovativi comunque presenti;
riguarda di più, invece, la capacità di esprimere contenuti in sé innovativi, problema aggravato dall’esistenza
di un processo di managerializzazione delle imprese in parte ancora incompiuto e da una incapacità quasi
patologica di attirare e selezionare risorse manageriali dall’esterno del sistema distrettuale.
Il richiamo al mercato, e all’esigenza di annodare relazioni più complesse con esso, ne porta con sé
un altro: la dematerializzazione dei fattori competitivi, che investe la modalità di competere su scala mondiale
ma anche gli stessi valori derivanti dall’appartenenza distrettuale. Due evidenze principali ci sostengono in
questa affermazione:
21
Le risorse delle
imprese distrettuali
sono scarse nella
capacità di
innovazione degli
assetti organizzativi,
ed in particolare nei
rapporti con il
mercato a valle
La
dematerializzazione
investe la modalità di
competere su scala
mondiale ma anche
gli stessi valori
derivanti
dall’appartenenza
distrettuale
- Il distretto non “è” solo un fattore competitivo per chi vi opera, ma è anche “percepito” come un
fattore competitivo dal mercato. A questo proposito, un dato deve richiamare la nostra attenzione: già oggi le
piastrelle italiane sono molto più “viste” dal mercato come nuove e di qualità intrinsecamente superiore che
non “effettivamente” tali sulla base di prerogative distintive dell’offerta. Questa discrasia la si è già colta bene
nel Primo Rapporto, osservando in modo comparato le valutazioni dei buyer della distribuzione
internazionale e dei competitor stranieri delle imprese ceramiche sassolesi: la valutazione di superiorità del
prodotto ceramico italiano legata a fattori “hard”, di eccellenza tecnologica, è molto più netta nella valutazione
del trade internazionale (che non ha necessariamente competenze tecnologiche particolarmente elevate) che
in quella espressa dai produttori ceramici esteri competitor dei sassolesi. La capacità di costruirsi e
mantenere una reputazione di superiorità tecnologica delle piastrelle italiane nel mondo è, quindi, perlomeno
tanto importante quanto l’effettiva superiorità sul piano oggettivo dei contenuti intrinseci di innovazione.
- la superiorità dei produttori ceramici distrettuali è fortemente dipendente, sia per i clienti trade che
per i competitor stranieri, da fattori “soft”, di immagine. Anzi, per i produttori ceramici stranieri, il vantaggio
competitivo dei prodotti italiani appare più fortemente legato a fattori intangibili che non a quelli riconducibili a
fattori materiali.
Anche in questo caso la difficoltà principale che si osserva consiste nell’individuare le modalità nuove
con cui questi fattori immateriali si possono generare e gestire nei rapporti con il mercato. Non è un problema
che riguarda solo le imprese di produzione ceramica; né che riguarda solo indirettamente le imprese degli
altri comparti, attraverso le prestazioni rese ai clienti distrettuali del ceramico. Il problema investe
direttamente tutte le componenti settoriali del sistema: colorifici, studi grafici, terzofuochisti, molti dei quali
impegnati in processi di riposizionamento competitivo che prevedono l’allargarsi della loro attenzione
strategica, dal solo presidio delle dimensioni tecniche dell’offerta, a più complesse componenti di servizio e
ad una più compiuta valorizzazione strategica delle relazioni coi canali. Di questi cambiamenti, tuttavia, c’è
traccia ancora troppo debole negli orientamenti che emergono dall’analisi trasversale dei comparti. Il
miglioramento delle relazioni coi clienti, stando alle dichiarazioni delle imprese, è ancora sempre chiaramente
subordinato ad altre esigenze strategiche. Come osservato nelle pagine precedenti, tranne alcune eccezioni,
gli investimenti nei rapporti con il mercato finiscono ancora col concentrarsi prevalentemente
sull’allargamento della base di clienti serviti, mettendo in secondo piano gli sforzi per la valorizzazione
dell’offerta verso i clienti e la maggiore integrazione lungo il canale.
Il punto è: sono in grado i diversi comparti di accompagnare questo cambiamento verso l’intangibile o
addirittura di favorirlo? O, come per i ceramisti, ci sono solo alcuni attori in grado di esprimere innovazione in
forme immateriali (valore di marca, innovazione nel servizio commerciale), mentre molti altri stanno a
rimorchio, o peggio sono bloccati?
Le sensazioni che emergono dalla lettura trasversale e comparata dei comparti è che su questo punto
i ritardi siano ancora piuttosto diffusi e consistenti. Il cammino verso la dematerializzazione dei fattori
competitivi e la costituzione di nuovi modelli di business è molto lento, affidato a pochi attori in grado di porsi
come sperimentatori di forme più evolute di ricerca di innovazione sul piano organizzativo e di marketing.
Di esempi di cambiamento, naturalmente, ne esistono: il terzofuochista che si mette in proprio, punta
sull’innovazione estetica estrema e si sposta in modo deciso sui mercati esteri; la commerciale che,
nell’orbita di grandi gruppi ceramici, sperimenta percorsi innovativi nella progettazione e nella valorizzazione
di marketing del prodotto; le ceramiche che si riportano dentro il valore disperso lungo il canale distributivo,
riformando la figura tradizionale dell’agente o allargando il presidio diretto dei canali per avvicinarsi alla
domanda finale. Il censimento dei modelli innovativi di business è uno sforzo che deve essere compiuto, per
individuare i casi più virtuosi, comprenderli, favorire processi imitativi virtuosi. Nel Terzo Rapporto si tornerà
in modo più dettagliato su questi modelli emergenti.
Tuttavia, poiché le modalità di valorizzazione dell’offerta ceramica stanno rapidamente
moltiplicandosi, anche i modelli di business atti alla creazione del valore si dovrebbero moltiplicare con
maggiore intensità. E questo non sta accadendo. La capacità di innovazione negli assetti organizzativi e nei
rapporti a valle appare oggi la vera risorsa critica di cui si avverte un fabbisogno forte nel sistema distrettuale
ceramico.
Di questi
cambiamenti,
tuttavia, c’è traccia
ancora troppo debole
Il cammino verso la
dematerializzazione
dei fattori competitivi
e la costituzione di
nuovi modelli di
business è molto
lento, affidato a
pochi attori
1.5 Conclusioni e implicazioni di policy
Il distretto funziona male. Questa è la percezione più diffusa che si avverte dall’interno. O comunque –
si sostiene in modo prevalente - funziona certamente peggio rispetto al passato. Sebbene il quadro risulti
estremamente variegato, la relativa autonomia con cui le imprese di alcuni comparti si muovono ha senz’altro
innescato degli effetti centrifughi che incidono negativamente sulla capacità del territorio di funzionare come
sistema di supporto competitivo. La recente necessità, avvertita da alcune grandi imprese, di spostare gli
investimenti all’estero porta con sé il rischio, almeno nel breve periodo, di un allentamento consistente
22
Il distretto funziona
male. Questa è la
percezione più
diffusa
dell’investimento all’interno del distretto, con ripercussioni evidenti anche sulla capacità di alimentare
innovazione di sistema.
Ma il distretto serve ancora. Sono pochi, per non dire inesistenti, le imprese e i comparti che nei loro
processi di evoluzione non riconoscano al sistema distrettuale ancora importanti prerogative come bacino di
innesco di fattori competitivi essenziali per l’arena internazionale, o come serbatoio di risorse ancora critiche
per la differenziazione dell’offerta verso il mercato. Anche quando le traiettorie di evoluzione competitiva di
alcune singole imprese sembrano portare lontano da Sassuolo, osservando i dati, ci si accorge che la
dipendenza da risorse distrettuali è ancora oggi molto forte. E anche le imprese che, in modo più spedito,
agiscono con la prospettiva di allentare ulteriormente in futuro i legami col distretto si trovano a dovere
risolvere alcuni problemi nuovi, che impongono di procedere con estrema cautela strategica. Recidere i
legami col distretto significa, ad esempio, dovere riprogettare le proprie basi di creatività, non potendo più
contare su un bacino localizzato di lavorazioni e prestazioni di fornitori ad alto livello di specializzazione;
significa, in larga parte, doverle riprodurre tutte all’interno, con inevitabili appesantimenti in termini di strutture
di costo e rischi di minore efficacia nei processi innovativi. Anche le imprese che più hanno investito nella
produzione all’estero hanno bisogno, contestualmente, di rafforzare partnership con attori distrettuali; anche
loro hanno bisogno del distretto non solo come antenna tecnologica, per orientare gli sforzi innovativi sotto il
profilo più schiettamente tecnologico, ma anche come vetrina, come luogo dell’eccellenza su cui andare a
costruire la “fabbrica dell’immateriale”. In questo senso, investire per la competitività significa anche investire
in attività che accrescano il valore, ad esempio, che può derivare dall’appartenenza dell’impresa ad un
sistema distrettuale: investire in comunicazione, per sfruttare al meglio il vantaggio di reputazione collegato al
territorio; ma anche in organizzazione, per sfruttare le potenzialità di un nuovo modello di business in
collaborazione con altri attori.
D’altra parte, il distretto non è una ”gabbia”. E’ un contesto di competizione che va fatto funzionare
dagli attori che vi operano. Innovando, ma in forme più complesse rispetto al passato. Il salto nella capacità
d’innovazione può passare anche per un allentamento del radicamento distrettuale, anche
internazionalizzandosi di più, anche nella produzione, quando e quanto serve. Ma ancora una volta il
problema non è solo quello di uscire dal distretto o di farlo esplodere per dare vita a qualche cosa di diverso:
il problema è come integrarne meglio risorse e competenze diffuse con le nuove condizioni di utilizzo imposte
dalla competizione globale.
Il distretto evolve continuamente e anche le fonti che ne alimentano il vantaggio competitivo evolvono.
Tutte le sue componenti devono mostrarsi preparate ad affrontare queste dinamiche e cogliere le nuove
opportunità possibili per il futuro.
23
Ma il distretto serve
ancora
La dipendenza da
risorse distrettuali è
ancora oggi molto
forte
Il distretto non è una
“gabbia”. E’ un
contesto di
competizione che va
fatto funzionare dagli
attori che vi operano
PARTE SECONDA
Il sistema ceramico:
i comparti
24
IL COMPARTO DELLE MATERIE PRIME
CERAMICHE:
STRUTTURA E DINAMICHE DI MERCATO
(Tiziano Bursi – Davide Fornetti)
25
INDICE
p. 27
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 - IL SETTORE “MATERIE PRIME PER CERAMICA”
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
Premessa
I clienti “Target” ed i loro bisogni
I prodotti finiti
Le materie prime impiegate
I produttori
Processo produttivo e tecnologie
Le funzioni ed i ruoli aziendali coinvolti
La canale di vendita
p. 28
p. 28
p. 30
p. 30
p. 32
p. 33
p. 35
p. 35
CAPITOLO 2 - LA STRUTTURA DEL MERCATO ED IL SISTEMA COMPETITIVO
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
La struttura dell’offerta
Il mercato delle argille, felpati e sabbie
Le barriere all’entrata per i nuovi concorrenti
I prodotti alternativi
La struttura e la dinamica della domanda
Le leve della competizione ed i fattori di successo
L’attrattività settoriale
p. 37
p. 38
p. 39
p. 39
p. 40
p. 41
p. 43
CAPITOLO 3 - MATERIE PRIME E FILIERA PRODUTTIVA:
INTERNAZIONALIZZAZIONE E PROCESSI DI INTEGRAZIONE A MONTE
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Impiego di materie prime, processi produttivi e tipologie di prodotto ceramico
Localizzazione delle materie prime: da locali a internazionali
Internazionalizzazione del mercato delle materie prime: i flussi di import
Dalla fornitura esterna all’integrazione
Ruolo centrale dei fornitori: dalla materia prima alla customer orientation
p. 45
p. 47
p. 48
p. 53
p. 55
CAPITOLO 4 - IMPORTANZA STRATEGICA DELLA LOGISTICA
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
Il trasporto di materie prime: dalla acava alla fabbrica
La logistica come soluzione ai costi di trasporto
La logistica in entrata nel distretto ceramico di Sassuolo: lo sbilanciamento delle soluzioni di trasporto
Razionalizzazione dell’approvvigionamento delle materie prime
Considerazioni finali
p. 57
p. 61
p. 64
p. 66
p. 70
CONCLUSIONI
p. 72
BIBLIOGARFIA
p. 74
26
INTRODUZIONE
Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione:
strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia
aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di
questa ricerca vi sono, quelli di :
•
•
dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico, cogliendone le direzioni
prevalenti e la portata;
capire l’impatto di questi processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori
economici impegnati ai diversi livelli del sistema del valore ceramico;
Il presente rapporto è dedicato al comparto delle materie prime ceramiche. Un settore che ha svolto un
ruolo determinate nello sviluppo dell’industria ceramica e nella affermazione del suo prodotto, poiché le prime
piastrelle sono nate proprio dalle argille rosse estratte nelle aree vicine alle aziende ceramiche di Sassuolo.
Nello scenario attuale, caratterizzato da una progressiva internazionalizzazione produttiva del settore
ceramico, acquista grande interesse la comprensione del:
•
•
ruolo critico assunto dalla materia prima nello sviluppo dell’innovazione del prodotto ceramico,
grado di internazionalizzazione del settore, con particolare riferimento alle nuove fonti di
approvvigionamento al nuovo contesto competitivo.
Nello svolgimento dell’indagine si è attinto a fonti primarie e secondarie. Particolare rilevanza hanno assunto
le informazioni raccolte “di prima mano” sul fronte dei produttori di materie prime, trader, imprese ceramiche ed
imprese di logistica e trasporto. Queste informazioni, combinate con dati e statistiche messi a disposizioni da enti
ed istituzioni, hanno consentito di comporre un quadro conoscitivo fino ad oggi in larga parte inedito.
Si vuole rinnovare un ringraziamento particolare alle imprese: Maffei s.p.a.,Imerys tiles minerals, Eurosabbie
eurominerali, Explorer minerals s.r.l.,Wbb Italia minerals, Esan Italia, Kaltun mining, Meta s.p.a.,Adriacoke s.p.a.,
Eurit s.p.a., Minerali industriali s.p.a.
Senza la loro collaborazione questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto
possa essere di utilità anche per loro.
Un segno di gratitudine va in particolare all’ing. Dianno Cucchi (Explorer), dr. Giuseppe Ori (Adriacoke), dr.
Settembre Davide (Eurit), dr. Di Primio Stefano (Maffei), dr.ssa Ornella Montermini, Trasporto carrelli ferroviari, ing.
Alessandro Tenaglia, Centro Ceramico di Bologna, dr. Marco Morfino (Assocargo),
27
CAPITOLO PRIMO
IL SETTORE “MATERIE PRIME PER CERAMICA”
Premessa
Tra fattori che hanno dato impulso allo sviluppo dell’industria ceramica italiana, un ruolo di primo piano spetta
alla disponibilità di materie prime in aree prossime agli stabilimenti produttivi nell’area di Sassuolo.
La presenza consistente di argille rosse locali e la loro capacità di ottenere performance estetiche in
precedenza ottenibili con argille bianche fu determinante nel favorire la nascita del polo ceramico e le prime
esportazioni di piastrelle.
La materia prima per ceramica ha visto progressivamente crescere la sua centralità nel processo produttivo e
da qui l’accumulo di conoscenze e competenze nella progettazione degli impasti ceramici e l’attenzione crescente
rivolta alla ricerca e allo studio di materiali capaci di migliorare le prestazioni e di sviluppare nuove funzionalità.
Negli ultimi dieci anni, la domanda e la produzione di materie prime ceramiche è stata condizionata da
sostanziali mutamenti, dovuti principalmente allo sviluppo tecnologico del prodotto piastrella. L’avvento del gres
porcellanato ha ampliato la qualità e la quantità di materie prime necessarie e, conseguentemente, accresciuto
l’importanza del fattore “approvvigionamento”.
Ne discende che una analisi capace di comprendere la dimensione settoriale debba interessare le diverse
attività che compongono la catena del valore ed incrociare le dinamiche tecnologiche e produttive delle imprese
ceramiche.
1.1 I clienti “Target” ed i loro bisogni
L’offerta di materie prime è indirizzata in primis al settore ceramico che comprende i produttori di piastrelle
nelle varie tipologie in pasta bianca (monocoltura e gres porcellanato) e pasta rossa (bicottura e monocottura).
I settori serviti non si esauriscono tuttavia all’industria ceramica delle piastrelle rivolgendosi la fornitura anche
a settori correlati quali i sanitari, stoviglierie, smalti, colorifici ceramici, vetrerie.
I produttori di piastrelle rappresentano il gruppo di clienti più importante: la domanda espressa è rilevante e
proviene da un fronte composito di acquirenti all’interno del quale grandi imprese o gruppi ceramici stanno
accrescendo la loro influenza sui mercati di approvvigionamento. I piccoli produttori, invece, esprimono una
domanda limitata di materie prime e i ridotti volumi comportano condizioni d’acquisto meno competitive che si
traducono in aggravi di costo di approvvigionamento.
Il secondo gruppo di clienti, che include i settori correlati al ceramico, presenta uno scenario simile a quelle
dell’industria delle piastrelle ceramiche
Le esigenze espresse dai clienti sono differenziate e fortemente connesse alla tipologia di prodotto realizzato.
Nel settore delle piastrelle i bisogni espressi dai clienti sono riconducibili alle specifiche di ciascuna formulazione
d’impasto, al trattamento superficiale e all’utilizzo finale del prodotto (Tab. 1.1, Tab. 1.2).
28
Tabella 1.1 - Piastrelle di ceramica: tipologie di prodotto, aspetto superficiale e campi d’applicazione
ASPETTOTRATTAMENTO
SUPERFICIALE
TIPOLOGIE DI
PRODOTTI
CERAMICI
Smaltato
Gres rosso
CAMPI D’APPLICAZIONE
Non
smaltato
Pavimenti per Pavimenti per Rivestimenti
interni
esterni
per
interni
x
x
x
Clinker
x
x
x
x
Gres porcellanato
x
x
x
x
Bicottura
Monocottur
a
Rivestimenti
per
esterni
x
x
x
x
chiara
x
x
x
rossa
x
x
x
x
x
Fonte: Ns. elaborazione
Tabella 1.2 - Piastrelle di ceramica: materie prime componenti l’impasto e caratteristiche tecniche
tipologie di prodotti
componenti
caratteristiche essenziali del
ceramici
impasto
prodotto
Gres rosso
Clinker
Gres porcellanato
Bicottura
chiara
Materia prima di cava contenente
argilla, sabbia, feldspati e ossidi di
ferro, ma privi di carbonati
Il processo di greificazione conferisce al
prodotto caratteristiche di compattezza,
durezza, impermeabilità, resistenza agli agenti
chimici e all’abrasione
Impasto di argille refrattarie, fondenti
energici, chamotte, sabbie silicee e
feldspati
Grande eterogeneità di tipologie con proprietà
simili a quelle del gres rosso
Impasto di argille cuocenti chiaro,
sabbie silicee e feldspati
Prodotto quasi completamente vetrificato che
esalta le proprietà tipiche dei gres rosso e dei
clinker, in special modo le eccellenti
caratteristiche meccaniche
Impasto di argille costituite da una
frazione argillosa, da sabbia e da
carbonati
Buona resistenza meccanica e un’ottima
resistenza al cavillo dello smalto
Impasto di argille cuocenti chiaro,
sabbie silicee e feldspati
Monocottura
rossa
Impasto di argille cuocenti rosso,
sabbie silicee e fondenti di varia
natura
Fonte: Ns. elaborazione
29
La bassa porosità del prodotto e la
contemporanea cottura dello smalto e del
supporto, determinano un ottimo legame dello
strato superficiale e conferiscono al prodotto
finito caratteristiche meccaniche superiori a
quelle degli altri tipi di piastrelle smaltate.
1.2 I prodotti finiti
I fornitori di materie prime hanno visto mutare in modo significativo il loro ruolo: dalla “fornitura di materie
prime” alla “formulazione degli impasti”. Il prodotto proposto alle aziende ceramiche non è costituito semplicemente
dalla materia prima grezza, ma è una “soluzione” o meglio un campionario di ricette, di miscele di preparati
specifici (semilavorati) e formulazioni di impasti pronti per l’uso.
Lo sviluppo di questi prodotti innovativi tende sempre più a conformarsi alle applicazioni tecnologiche e
specifiche delle singole tipologie produttive e alle mutevoli esigenze dei clienti.
La tendenza dei produttori di ceramica ad esternalizzare e ad affidare ai fornitori di materie prime il compiti di
ricercare e sviluppare nuove ricette e nuove formulazioni di impasti ha indotto i fornitori a potenziare le attività di
ricerca e della dotazione di risorse (laboratori, personale qualificato) a supporto. Al contempo i benefici ottenuti dai
produttori ceramici nel trasferimento a monte delle attività di formulazione degli impasti sono molteplici (Tab. 1.3).
Tabella 1.3 - Trasferimento delle attività a monte delle attività di formulazione degli impasti: i vantaggi per
le imprese ceramiche
VANTAGGI PER I PRODUTTORI DI CERAMICA
semplificazione della gestione
focus su altri momenti del processo produttivo
aumento della produttività e
ottimizzazione dei controlli
flessibilità di risposta alle richieste del mercato
supporto tecnico
aggiornata conoscenza ed esperienza del fornitore
risparmio dei costi
riduzione costi di magazzino, materie prime e impiantistica
Fonte: Ns. elaborazione
L’offerta dei fornitori di materie prime non si esaurisce con la distribuzione e consegna del prodotto fisico al
cliente ma si completa con un fondamentale servizio di assistenza pre/post vendita costituendo un importante fattore
di differenziazione.
Da semplice fornitore di una commodity, a fornitore di servizi che innalzano il valore del bene offerto: capacità
di rispondere ai bisogni dei clienti in modo tempestivo proponendo loro soluzioni ad hoc e innovative, assistenza
nella scelta dei prodotti e nel loro utilizzo, affidabilità e regolarità delle forniture, controllo qualitativo delle materie
prime selezionate ed efficienza logistica.
1.3 Le materie prime impiegate
La tecnologia di preparazione e di formulazione degli impasti ceramici è stata sviluppata per sfruttare al
meglio le caratteristiche di alcune famiglie di minerali con proprietà e composizione chimica idonee a seconda del
prodotto finito che si vuole sviluppare. Queste si presentano spesso combinate tra loro in miscele complesse e
sempre diverse da un luogo all’altro, genericamente classificate “materie prime”.
Le materie prime utilizzate nella formulazione degli impasti sono prodotti naturali mentre quelle impiegate per
la decorazione ( es. gli ossidi coloranti per impasti e gli smalti), sono prodotti chimici sintetici (Tab. 1.4). L’elenco
non ha pretese di esaustività essendo molto più vasta la gamma di minerali e sostanze utilizzate per la produzione
di piastrelle ceramiche.
Tuttavia, per semplicità espositiva e per la marginalità di impiego di alcune di loro nella formulazione degli
impasti, l’attenzione sarà focalizzata su tre grandi famiglie di minerali: argille, feldspati e sabbie.
30
Tabella 1.4 - Materie prime per impasti e per smalti ceramici
materie prime per impasti
materie prime per smalti
Sabbie
Materiali che introducono ossidi acidi
Argille
Materiali che introducono ossidi basici
Feldspati
Caolini
Nefelina
Quarzo
Materiali che introducono simultaneamente ossidi acidi e ossidi
basici
Materiali che introducono ossidi anfoteri
Materiali di tipo ausiliario o complementare (opacizzanti,coloranti,
additivi chimici)
Fonte. Ns. elaborazione
a- Argille
La prima grande famiglia di minerali è costituita dai silico-alluminati idrati, ovvero i minerali argillosi, i più
abbondanti nella parte superficiale della crosta terrestre.
Costituite da particelle molto fini, le argille sono materiali di facile macinazione, a meno che non contengano
minerali accessori, come quarzo e feldspato.
Contenendo idrogeno, i minerali argillosi sono tutti fortemente igroscopici, ovvero tendono ad assorbire e
trattenere tenacemente l’acqua intorno ai loro cristalli. La presenza di molecole d’acqua conferisce plasticità, ossia la
possibilità di plasmare l’argilla nella forma desiderata.
Una volta perduta l’acqua, la struttura perde la plasticità e diventa rigida.
La caratteristica delle argille più importante per il ceramista non è tanto la plasticità intesa come capacità di
plasmare, quanto la resistenza meccanica che si ottiene con l’essicatura della piastrella.
La famiglia dei minerali argillosi è vastissima e spesso è difficile stabilire con certezza quali sono i minerali
che costituiscono un’argilla naturale. Si possono, tuttavia, identificare tre principali tipi di argille:
• caolinite: è il prodotto diretto dell’alterazione del feldspato ed è il costituente principale dei caolini e delle
argille caolinitiche. Si tratta di un minerale molto refrattario e molto plastico,
• illite:è il componente principale delle argille illitiche (come le argille rosse di Sassuolo). Si tratta di un
minerale plastico e molto più fusibile della caolinite, che sviluppa in cottura ritiri più contenuti in quanto
contiene molta meno acqua,
• clorite:è il minerale ideale per la produzione d’impasti porosi, poiché riesce a formare una struttura
cristallina stabile anche a bassa temperatura e con un ritiro praticamente nullo. Materiale di difficile
reperibilità, è il costituente principale dell’argilla grigia di Sassuolo. E’ proprio grazie alle proprietà uniche di
quest’argilla che Sassuolo ha avuto negli anni Settanta un poderoso sviluppo industriale.
b - Feldspati
I feldspati costituiscono il più importante gruppo di minerali presenti nella crosta terrestre, poiché
rappresentano circa il 60% delle masse rocciose. In base alla composizione chimica si distinguono in: feldspato
potassico, sodico e calcico
La presenza di feldspati aumenta sensibilmente la fusibilità del materiale, tanto che questi materiali vengono
definiti “fondenti”e servono per abbassare le temperature di cottura delle piastrelle.
Secondo i Cinesi, il feldspato rappresenta il sangue dell’impasto ceramico, in grado cioè, di permeare e di
chiudere tutte le porosità.
Il feldspato è anche semplice da macinare, grazie alla presenza di legami deboli all’interno della struttura del
cristallo che favorisce la rottura e sfaldatura. Poiché la roccia molto ricca in feldspato subisce un degrado molto
rapido, se è esposta alla superficie, i giacimenti di feldspato ad elevato grado di purezza sono molto rari e
concentrati in aree geologicamente molto recenti.
c - Sabbie
Data la grande abbondanza, le sabbie costituiscono il componente meno costoso degli impasti ceramici. La
caratteristica principale di questa materia prima è la durezza dei minerali che può contenere: quarzo e feldspati. Da
qui deriva la suddivisione in sabbie quarzose e sabbie feldspatiche.
31
La funzione svolta nell’impasto, di tipo strutturale, è necessaria a limitare le variazioni dimensionali nei
processi di essiccamento e cottura e deriva dall’elevata temperatura di fusione.
Le sabbie feldspatiche sono elementi fondamentali nella composizione degli impasti ceramici, all’interno dei
quali vengono utilizzate in percentuali del 25/30% .
Il loro impiego, che è aumentato con l’introduzione della monocottura rapida, ha assunto un importante valore
sia dal punto di vista qualitativo che economico.
Le sabbie destinate alla produzione di piastrelle ceramiche hanno un’ origine prevalentemente locale, ossia
provengono da giacimenti autoctoni presenti soprattutto in Emilia-Romagna.
Di conseguenza, queste materie prime, oltre alle loro particolari valenze tecnologiche, permettono il
contenimento dei costi di trasporto e quindi dei costi di produzione in virtù della loro vicinanza alle aziende
ceramiche.
I poli estrattivi di queste materie prime sono variamente localizzati sul piano geografico (Tab. 1.5).
1.4 I produttori
Germania e Ucraina si contendono il dominio nella produzione ed esportazione di argilla. La Germania
vanta una tradizione pluriennale nella fornitura di questa materia prima essendo sede di numerosi giacimenti di
rinomata importanza. Westerwald e la Sassonia sono le due regioni in cui è più intensa l’attività estrattiva. Nella
prima, dove operano circa venti produttori con 80 cave, sono localizzati i depositi di gran lunga più consistenti. Il
trasporto del materiale argilloso avviene prevalentemente via ferrovia prevedendo un carico da cava a strada e
successivamente da strada a ferrovia.
Tabella n. 5 - Principali paesi produttori di materie prime: volumi di produzione 2001
PAESI
PRODUTTORI
MATERIE PRIME
ARGILLE
FELDSPATI
SABBIE
CAOLINI
ITALIA
FRANCIA
SPAGNA
GRAN BRETAGNA
UCRAINA
TURCHIA
BULGARIA
GERMANIA
Fonte: Ne rilevazioni
Produzione annuale al 2001. Valori in milioni di tonnellate.
più di 5
da 2 a 5
da 1 a 2
32
da 0,5 a 1
Per anni la Germania è rimasta il paese fornitore di argilla privilegiato dai produttori italiani di piastrelle. La
progressiva evoluzione dei prodotti ceramici e la conseguente modifica della composizione degli impasti, ha
determinando una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Nel panorama internazionale si è
affacciato un nuovo produttore: l’Ucraina. Il paese dispone di enormi depositi ricchi di un’ampia gamma di materiali
che vanno dalle argille plastiche e refrattarie ai caolini e sabbie di zirconio. L’avvento del gres porcellanato, ha
attirato l’attenzione dei produttori di piastrelle italiani su questi depositi, che, per le loro caratteristiche di estrema
purezza e qualità analitica sono diventati parte fondamentale nelle formulazioni degli impasti.
I due maggiori produttori di feldspati
sono Italia e Turchia. Nell’Italia Settentrionale, fonti
d’approvvigionamento di rimarchevole interesse sono localizzate in Piemonte. Calabria e Sardegna1, rappresentano,
tuttavia, le due regioni più importanti per produzione e densità di giacimenti. Accanto ai feldspati nazionali, stanno
conquistando un ruolo di primo piano i feldspati sodici di origine turca grazie alla qualità e alla purezza della materia
prima che ne esalta un miglior rapporto qualità-prezzo. La strategicità di questo paese produttore, oltre alla qualità
superiore dei materiali, dipende dalle riserve disponibili stimate in circa 350 milioni di tonnellate.
Considerando il livello di produzione attuale, che è di circa 3 milioni di tonnellate l’anno, la Turchia potrebbe
fornire materiale alle industrie ceramiche per più di 100 anni.
La richiesta di feldspato turco da parte dei produttori italiani di piastrelle ha subito un forte incremento,
soprattutto negli ultimi dieci anni, grazie all’affermazione del gres porcellanato che, a differenza delle precedenti
tecnologie produttive, necessita di un mix di materie prime pregiate e adatte alle nuove formulazioni d’impasto.
Le sabbie impiegate nella produzione di piastrelle sono perlopiù di origine nazionale. I giacimenti più
abbondanti sono in Sardegna, Emilia-Romagna (provincia di Bologna) e Calabria. In Sardegna si trovano cave di
sabbie feldspatiche. Nel 2005 la produzione totale di sabbie destinata al settore delle piastrelle si è attestata attorno
alle 800.000 tonnellate.
1.5 Processo produttivo e tecnologie
Il processo produttivo è standardizzato, sequenziale e prevede sia fasi di lavorazione comuni a tutte le
tipologie di materiale, sia operazioni peculiari per determinate materie prime (Tab. 1.6). Le fasi di lavoro solitamente
sono precedute da fasi preliminari che consistono in una serie di analisi (economiche, di laboratorio). Il percorso che
conduce le argille dalla cava alla azienda ceramica si differenzia dalle altre materie prime che, data la natura e la
forma del minerale, necessita di trattamenti specifici. Dopo l’estrazione l’argilla viene sottoposta al trattamento di
frangizollatura (riduzione dei blocchi di argilla in zolle di dimensioni inferiori) e di laminazione (ulteriore riduzione
della dimensione delle zolle di argilla) all’interno di particolari laminatoi.
Il sistema produttivo vede l’impiego di un numero limitato di addetti che supportati da una significativa dote di
attrezzature ed impianti. Il crescente grado di intensità di capitale è un segno della dinamicità del settore estrattivo,
che ha saputo innovarsi nel tempo, introducendo nuove tecnologie in grado di migliorare le condizioni di efficienza
dei processi (minori costi di produzione) e di accrescere la resa e la qualità finale del prodotto che viene giocata sul
mercato come fattore di differenziazione dell’offerta.
In Sardegna, regione che negli ultimi 10-15 anni ha assunto un’importanza sempre crescente nel panorama delle materie prime
per ceramica, sono in corso di valorizzazione altre fonti d’approvvigionamento di feldspato che potrebbero rivelarsi strategiche per
la produzione nazionale di piastrelle.
1
33
Tabella 1.6 - Il processo produttivo: fasi, caratteristiche ed impianti/attrezzature
FASI PRELIMINARI
Fase
Caratteristica
impianto/attrezzature
Prospezione giacimenti
Automatico
Carte geologiche, Carottatrici
Ricerca di laboratorio
Manuale
Analisi chimica, gravimetrica
Prove di impianti pilota
Automatico
Arricchimenti/Deferrizzazioni
FASI DI LAVORO
1. OPERAZIONI INIZIALI
Estrazione
Automatico
Escavatori idraulici e rotanti
2. LIBERAZIONE DEI GRANI
Immissione materie prime
Manuale
Frantumazione
Automatico
Frantoi
Macinazione a secco
Automatico
Molini cilindrici
Macinazione a umido
Automatico
Molini cilindrici
3. CLASSIFICAZIONE
Classificazione a secco
Automatico
Vagli
Classificazione a umido
Automatico
Idroclassificatori
4. PROCESSI DI TRATTAMENTO
Separazione magnetica
Automatico
Separatori magnetici
Separazione gravimetrica
Automatico
Tavola a scosse, ad aria
5. OPERAZIONI AUSILIARIE
Addensamento
Automatico
Contenitori cilindrici
Filtropressatura
Automatico
Filtropresse
Essicazione
Automatico
Essicatori
6. OPERAZIONI FINALI
Packaging
Automatico
Stoccaggio prodotti finiti
Manuale
Fonte: Ns. elaborazione
34
Impacchettatori
1.6 Le funzioni e i ruoli aziendali coinvolti
La gestione aziendale delle attività dell’intero ciclo operativo si regge su un assetto organizzativo che fa
perno su alcune funzioni critiche (Tab. 1.7).
Tabella 1.7 - Le funzioni critiche: ruoli e compiti principali
FUNZIONE
INCARICO
RUOLO
PRODUZIONE
AMMINISTRAZIONE
E
FINANZA
COMMERCIALE
R&S
LOGISTICA
Sales manager,
agenti
Curare i rapporti con i clienti, consulenze tecniche e
sull’utilizzo dei prodotti
Ricercatori,
specialisti,
esperti chimici
Studiare soluzioni innovative di prodotto, compatibili con le
necessità produttive dei clienti, controllo qualità materie prime,
analisi mineralogiche
Responsabili di logistica Gestione dei flussi in entrata e in uscita, gestione magazzino
Fonte: Ns. elaborazione
Tra queste assumono rilievo:
•
la R&S grazie al contributo offerto nel fornire prodotti di qualità costante e capaci di adattarsi alle particolari
richieste dei clienti e nella introduzione in gamma di nuovi prodotti.
•
la logistica in quanto la regolarità e la puntualità delle consegne sono variabili chiave per un rapporto
duraturo con i clienti.
•
La funzione commerciale è importante perché l’approccio alla vendita non segue logiche puramente
transazionali basate sul prezzo ma lascia spazio ad altri attributi dell’offerta (servizi di consulenza tecnica e
sull’uso dei prodotti, personalizzazione dell’offerta) che contribuiscono al consolidamento delle relazioni nel
lungo periodo e basate sulla fiducia.
1.7 Il canale di vendita
Nel settore delle materie prime i rapporti B2B sono intermediati da reti di vendita diretta. Ciò non esclude
l’adozione di una rete mista, in parte diretta ed in parte indiretta, che meglio si adatta a specifiche condizioni di
mercato.
La scelta che privilegia la forza di vendita diretta, risponde ad esigenze di controllo delle attività e di
stabilizzazione delle relazioni con la clientela. La necessità di offrire un livello di servizio elevato al cliente, con
caratteristiche di personalizzazione, alte competenze tecniche e co-progettazione del prodotto, risulta incompatibile
con venditori indipendenti.
35
Il ricorso ad agenti esterni svolge, nella maggior parte dei casi, una funzione di complementarietà della rete di
vendita e si giustifica per i vantaggi in termini di flessibilità e costi. Gli agenti indipendenti sono di solito
monomandatari, ossia rappresentanti commerciali che agiscono su territori assegnati e remunerati a provvigione.
Nel caso in cui i produttori di materie prime abbiano la forma di multinazionali, oltre agli agenti e venditori
diretti, frequente è la tendenza ad affidare la vendita dei prodotti a distributori/
importatori locali che vantano una conoscenza più approfondita delle esigenze dei mercati e dei clienti serviti
(Fig. 1.1).
Figura 1.1 - Mercato delle materie prime ceramiche: canali di vendita
PRODUTTORE
MATERIE
PRIME
AGENTI
PRODUTTORE
MATERIE
PRIME
VENDITORI
DIRETTI
AGENTI
VENDITORI
DIRETTI
INTERMEDIARI
ACQUIRENTI
ACQUIRENTI
Fonte: Ns. elaborazione
36
CAPITOLO SECONDO
LA STRUTTURA DEL MERCATO E DEL SISTEMA COMPETITIVO
2.1 La struttura dell’offerta
Nel settore delle materie prime ceramiche la forma di mercato che disciplina le transazioni e assume i tratti
dell’oligopolio in quanto:
la struttura della offerta si regge su poche grandi imprese, spesso internazionali, che concentrano l’offerta con i
loro prodotti e godono di una certa visibilità;
il grado di differenziazione della produzione è alto, nonostante le materie prime siano considerate commodity e
quindi differenziabili soltanto in base al fattore prezzo. La differenziazione dell’offerta si basa anche su altri
attributi, ossia:
⇒ caratteristiche fisiche e tecniche del prodotto per la particolare funzione d’uso (purezza, resistenza alla
fusione, colore, assorbimento d’acqua, composizione mineralogica),
⇒ le caratteristiche intangibili che creano maggior valore per il cliente attraverso il servizio, il grado
d’impegno nell’assistenza tecnica pre/post-vendita, la puntualità e la regolarità delle consegne e la
consulenza tecnica durante la fruizione dei prodotti,
⇒ la differenziazione verticale della qualità del prodotto, che richiede consistenti investimenti nella
ricerca, necessita di apposite strutture e sofisticate strumentazioni..
la struttura dei costi. Se si considera un produttore, ovvero un’organizzazione proprietaria dei giacimenti, che si
limita alla estrazione e trasformazione delle materie prime, prevarranno i costi fissi legati alla produzione e agli
impianti . Nel caso di un trader, che acquista le materie prime già trattate, per rivenderle successivamente ai
clienti, i costi variabili derivano dall’acquisto di materie prime e, se l’impresa ha scelto un canale di vendita
indiretto, dagli agenti. I costi fissi sono generati dal personale addetto ai servizi (amministrativi, logistica,
customer service, R&S ) e dalla forza di vendita diretta. Nel caso del fornitore che svolge attività di produzione e
di commercializzazione dei prodotti, i costi che incidono maggiormente sul risultato economico sono i costi fissi
relativi agli impianti di produzione e le spese di distribuzione che possono essere fisse o variabili a seconda del
canale scelto.
Le caratteristiche descritte considerano il mercato delle materie prime nella sua totalità. In realtà la struttura
dell’offerta è molto più complessa e distinta per le differenti tipologie di materiali (Tab. 2.1).
Tabella 2.1 - Materie prime ceramiche: forme di mercato
Differenziazione del prodotto
ALTA
BASSA
ARGILLE
Concentrazione
dell’offerta
SABBIE
ALTA
FELDSPATI
BASSA
Oligopolio differenziato
Oligopolio omogeneo
Concorrenza monopolistica
Concorrenza perfetta
Fonte: Ns. elaborazione
37
Esiste, infatti, un mercato specifico per i feldspati, per le argille e per le sabbie. La rilevanza di ciascuna
materia prima è legata alla quota impiegata nelle formulazioni d’impasto.
Nella creazione degli impasti per gres porcellanato, ad esempio, la quota di argilla è pari al 35%, il feldspato
al 50% e le sabbie si aggirano attorno al 15%.
Le materie prime utilizzate sono prevalentemente d’importazione, mentre i prodotti nazionali completano una
quota minore della composizione dell’impasto.
2.2 Il mercato delle argille, dei feldspati e delle sabbie
Nella filiera delle argille, poche imprese si contendono il mercato. Gli attori principali sono costituiti da imprese
estrattive (produttori) e da trader che svolgono attività di commercializzazione ma anche di estrazione della materia
prima.
I più importanti produttori di argille destinate alla produzione di piastrelle, sono localizzati in Ucraina e in
Germania. In Ucraina il mercato è controllato da quattro imprese di medie dimensioni (Vesko, Dombas Clays JSC,
Yug, Pology Mineral Corporation) che, per servire i mercati target, hanno sottoscritto accordi di joint-venture
contrattuali con importatori o imprese multinazionali.
In Germania la fornitura di argille, è affidata a due grandi gruppi d’imprese (Georg & Schneider Gmbh,
Stephan Schmidt Gruppe), che, oltre ai processi di estrazione e trasformazione, svolgono attività commerciali
mediante filiali o società collegate per presidiare i mercati serviti.
Le argille ucraine sono più competitive di quelle tedesche date le caratteristiche intrinseche che meglio si
adattano alle esigenze dei produttori ceramici.
Per questo motivo, attualmente in un impasto standard per gres porcellanato smaltato, la quota di argille
ucraine oscilla tra 20%-25%, a detrimento della quota di argille tedesche che si attesta tra il 10-15%.
I principali produttori di feldspati, sono localizzati in Turchia (Cine Akmaden, Kaltun mining, Esan) anche se
una discreta produzione è presente in Italia. I fornitori turchi sono specializzati nella produzione ed esportazione di
feldspato sodico, prodotto particolarmente indicato per il gres porcellanato.
Le imprese più importanti, per volumi esportati e capacità produttiva, sono quattro. Il loro potere contrattuale,
dati i volumi intermediati, è pertanto elevato.
Il rapido sviluppo del mercato e la forte crescita delle vendite, ha spinto queste imprese produttrici ad ampliare
la loro influenza sulle attività a valle della catena del valore con l’apertura di filiali distributive, senza affidarsi ad
intermediari commerciali.
I mercati di destinazione più rilevanti sono Italia e Spagna, paesi che ospitano la maggior concentrazione di
imprese ceramiche.
L’Italia, pur non spiccando per i volumi esportati, in termini di produzione occupa un ruolo di primo piano. Il
tessuto produttivo, è costituito da poche imprese di piccole-medie dimensioni, che svolgono tutte le fasi della catena
produttiva e garantiscono sia i servizi logistici sia quelli commerciali. Nel mercato dei feldspati italiani, la concorrenza
si basa principalmente sul prezzo.
I feldspati turchi sono più costosi a causa degli alti costi di trasporto ma per il miglior rapporto
quaalità/prezzo, risultano preferibili a quelli italiani. Il fattore di differenziazione è la qualità superiore del prodotto
turco, aspetto al quale i clienti riservano una rilevanza sempre più marcata. A testimonianza di ciò, un impasto
standard per gres porcellanato smaltato, è costituito da un 30% di feldspato turco e da un 20% di feldspato italiano.
Per quanto concerne la filiera delle sabbie, il mercato è caratterizzato da pochi competitor che offrono prodotti
omogenei. I fornitori, soprattutto italiani, sono costituiti da piccole-medie imprese che producono e vendono ampie
gamme di prodotti con varie destinazioni d’uso. La disponibilità di questa materia prima è relativamente abbondante.
Tuttavia la quota d’impiego in un impasto per gres porcellanato smaltato si aggira intorno al 15%.
Data l’omogeneità del prodotto, la concorrenza è basata sul prezzo. La scelta del miglior offerente è quindi
guidata principalmente da criteri economici e di costo.
La possibilità di differenziarsi dai rivali è legata ai servizi resi alla clientela. Questi comprendono l’assistenza
tecnica, l’ampiezza dell’offerta, la tempestività e regolarità delle consegne.
Il mercato delle sabbie destinate alle industrie ceramiche presenta condizioni di stabilità.
38
La domanda, pur soggetta a fluttuazioni di breve periodo, nel lungo periodo ha mantenuto una certa linearità.
Sono prevedibili possibili processi di ristrutturazione dell’assetto competitivo attraverso acquisizioni.
2.3 Le barriere all’entrata per i nuovi concorrenti
Lo spazio per entrare in questo settore è limitato dalla presenza di imprese che godono di una posizione
consolidata. Le barriere che impediscono a potenziali concorrenti di fare il loro ingresso nel mercato sono:
•
•
•
•
•
•
il possesso e il controllo delle fonti di materie prime (giacimenti);
la tendenza dei clienti a legarsi ad un solo fornitore in una prospettiva di partnership strategica;
le economie di scala nella produzione che richiedono forti investimenti iniziali in impianti;
le spese crescenti in ricerca e sviluppo sostenute per lo sviluppo di prodotti innovativi;
una solida reputazione aziendale;
i vantaggi assoluti di costo.
La proprietà di giacimenti pregiati insieme ad un vasto know-how e risorse tecnologiche sono fattori strategici
per le aziende fornitrici di materie prime.
L’efficacia delle barriere come deterrenti all’ingresso di nuovi attori, tuttavia, è fortemente connessa alle
risorse dei potenziali entranti. Per entrare nel settore occorre dapprima controllare la fonte e successivamente
disporre del capitale necessario per acquistare gli impianti di trasformazione. Data l’importanza delle economie di
scala, il problema per i nuovi concorrenti è la scelta se entrare con impianti su piccola scala per contenere gli
investimenti, oppure entrare su larga scala e correre il rischio di una drastica sottoutilizzazione della capacità
produttiva in attesa dell’aumento dei volumi di vendita.
Un altro scoglio che scoraggia l’ingresso in questo settore è la costruzione di una forte reputazione. Si tratta di
un asset intangibile difficilmente acquisibile in breve tempo e che si forma solo attraverso relazioni consolidate con i
clienti. Il valore di tale risorsa è dunque percepibile nel lungo periodo e contribuisce a rafforzare la posizione di forza
conquistata da un’impresa nei confronti dei rispettivi competitori.
L’attuale configurazione del settore, che vede un’offerta dominata da poche imprese, deriva da tutte le
difficoltà sottolineate in precedenza. L’unica via possibile per entrare rapidamente ed eludere la pressione
competitiva, consiste nell’integrazione a monte del concorrente.
Ovviamente acquisire un’impresa affermata, che già opera nel mercato, è un’operazione che comporta un
elevato fabbisogno di capitale.
2.4 I prodotti alternativi: una sostituzione difficile
La tendenza a sostituire un prodotto dipende dalla complessità del bisogno che viene soddisfatto. Più un
bisogno è complesso, maggiori sono le difficoltà a percepire le differenze nelle prestazioni dei prodotti.
Nel settore delle materie prime ceramiche, le necessità espresse dai clienti presentano bassi livelli di
complessità. Di conseguenza la propensione degli acquirenti alla sostituzione in base a differenze di prezzo è
elevata.
Nonostante il grado di sostituibilità dei prodotti sia spesso legato a motivazioni economiche, esistono altri
fattori discriminanti. In particolare, nel caso dei feldspati turchi e delle argille ucraine, i criteri di scelta non vertono
sul prezzo, ma sono correlati alla qualità dei prodotti.
La graduale propensione dei produttori di ceramica verso fonti di approvvigionamento alternative è stata
motivata dal mutamento delle esigenze produttive. L’avvento del gres porcellanato tecnico e la conversione da
monocottura a gres smaltato hanno determinato modifiche sostanziali nelle formulazioni degli impasti:
• passaggio dall’utilizzo di feldspati italiani cuocenti scuro in cottura a materie prime d’importazione cuocenti
chiaro e di conseguenza più pregiate;
• sostituzione di parte delle argille tedesche (Westerwald) e francesi con prodotti Ucraini.
I costi produttivi del gres porcellanato tecnico e smaltato sono più elevati della tradizionale monocottura,
coerentemente col fatto che i prezzi finali delle materie prime importate devono assorbire alti costi di trasporto.
La difesa dai prodotti sostitutivi può essere attuata mediante azioni volte a migliorare sia la qualità del
prodotto sia del servizio.
39
I maggiori produttori di materiali ceramici, per aumentare il rapporto qualità/prezzo nei confronti del settore,
impegnano notevoli risorse in ricerca.
Le strutture adibite a tale attività (laboratori, centri di analisi) sono dei veri e propri “serbatoi” di conoscenza
necessaria per introdurre nel mercato nuovi prodotti e per controllarne la qualità.
La componente “servizio” costituisce un ulteriore strumento di difesa contro i prodotti sostitutivi. L’acquirente
infatti, nel processo di selezione dei fornitori, presta elevata attenzione a questo aspetto. La scelta finale non si basa
soltanto su attributi tecnici e prestazionali, ma è influenzata dal rispetto dei parametri di consegna (puntualità,
regolarità, tempestività) e dall’affidabilità del fornitore.
2.5 La struttura e la dinamica della domanda
La domanda di materie prime ceramiche – oltre che dall’industria ceramica – proviene da diversi altri settori
di impiego: sanitari, stoviglierie, smalti, colorifici ceramici.
Tuttavia, ai fini della presente analisi, l’attenzione si focalizza sul settore delle piastrelle, all’interno del quale la
domanda è espressa da due principali tipologie di clienti:
• i grandi produttori di piastrelle ceramiche che grazie alla loro dimensione ed alla forte posizione di mercato
godono di un maggiore potere contrattuale che si traduce – dati gli elevati volumi di acquisto - in risparmi di
costo ed economie negli approvvigionamenti. Una forte pressione sui prezzi e la capacità di integrazione
verticale, rappresentano ulteriori leve su cui possono agire per accrescere il loro potere negoziale.
• produttori di minore dimensione, per i quali il minor potere contrattuale deriva non solo dal fattore dimensione
che limita materialmente la capacità d’acquisto, ma anche dalla elevata incidenza
della voce
approvvigionamento sul costo totale di produzione.
In generale, l’influenza che i clienti esercitano sui fornitori di materie prime non dipende soltanto dalle variabili
appena citate (dimensioni, capacità di integrazione verticale, volumi), ma anche dal grado di differenziazione dei
prodotti e i costi sostenuti per passare da un fornitore ad un altro.
La differenziazione è un aspetto che incide notevolmente sulla posizione di forza del fornitore rispetto al
cliente, soprattutto quando questa riguarda la qualità e il servizio2.
Riguardo ai costi di conversione occorre distinguere le differenti tipologie di materie prime.
Nel mercato delle sabbie, i produttori di piastrelle, grandi e piccoli, non devono sostenere costi elevati per
passare da un fornitore ad un altro: il prodotto è omogeneo e l’unica variabile su cui la concorrenza può far leva per
differenziare l’offerta è il prezzo.
Diverse sono le considerazioni in merito ai mercati delle argille e dei feldspati. Queste materie prime si
caratterizzano per il loro differente livello qualitativo. Si parte da un prodotto base standard di bassa qualità3,
utilizzato per la produzione di piastrelle a basso contenuto di valore per poi giungere ad un materiale di qualità
pregiata impiegato nella produzione di gres porcellanato tecnico e smaltato.
I feldspati si differenziano per la loro colorazione bianca. Più la materia prima è chiara, maggiore è la purezza
dei minerali che essa contiene e migliore è la resa estetica delle piastrelle. L’enfasi sulla qualità propria delle argille
e dei feldspati è un fattore sul quale i fornitori puntano per differenziare la loro offerta e per instaurare un saldo
legame con i clienti.
L’affidabilità e l’unicità del fornitore non si misura tuttavia solo sul prodotto in sé, ma soprattutto sugli aspetti
non direttamente percepibili dal cliente quali l’assistenza, la capacità di problem-solving, il servizio post-vendita.
Il potere d’acquisto del cliente, come sottolineato in precedenza, oltre al potere contrattuale relativo è
influenzato da un’altra importante variabile: la sensibilità al prezzo degli acquirenti. Nel settore delle materie prime
ceramiche, la sensibilità al prezzo è elevata per i seguenti motivi:
• l’importanza della materia prima rispetto al costo totale è alta poiché questa è una delle voci di costo più
significative;
• la concorrenza tra i produttori di piastrelle ceramiche è intensa, per cui la pressione per una riduzione dei
prezzi da parte dei fornitori è sostenuta;
• i produttori tendono a cambiare fornitore sulla base del prezzo nei mercati in cui i prodotti sono meno
differenziati (sabbie, quarzi).
Il potere dei clienti diminuisce nei confronti di quei fornitori che sono in grado di offrire soluzioni ad hoc, studiate per soddisfare i
loro bisogni e presentano flessibilità e capacità di adattamento ai cambiamenti superiori.
3 La qualità delle argille è definita da diverse proprietà (plasticità, duttilità e assorbimento d’acqua,…) il cui apporto è essenziale
nella determinazione delle caratteristiche prestazionali del prodotto finito.
2
40
Gli acquirenti sono tuttavia meno sensibili ai prezzi per quelle materie prime che rivestono un’importanza
critica per la qualità finale del loro prodotto (argille, feldspati) e non facilmente sostituibili e reperibili nel mercato.
2.6 Le leve della competizione ed i fattori di successo
Il prezzo, la qualità, l’innovazione e l’immagine, rappresentano le leve a cui le imprese si affidano per reggere
il confronto competitivo e per difendere la loro posizione sul mercato (Tab. 2.2).
Il prezzo rappresenta una delle variabili chiave della competizione essendo la materia prima è una
commodity, ossia un prodotto omogeneo e facilmente sostituibile. Non tutte le materie prime sono tuttavia,
indifferenziate. Infatti certe tipologie presentano caratteristiche peculiari ideali soltanto a determinati prodotti
ceramici.
Gli acquirenti utilizzano il prezzo come criterio di scelta del materiale quando non attribuiscono particolare
rilievo alla variabile qualità o quando perseguono politiche di acquisto orientate a risparmi di costo sugli input
produttivi.
Un prezzo basso tuttavia, non serve se la materia prima mette a rischio il processo produttivo o non offre al
cliente le prestazioni attese, d’altra parte, la qualità superiore alle attese del cliente aumenta costi e prezzi.
Tabella 2.2 - Materie prime ceramiche: leve concorrenziali, fattori di successo e funzioni aziendali critiche
VARIABILI CONCORRENZIALI
Prezzo
FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
FUNZIONI CRITICHE
Economie di scala
Economie di esperienza
Produzione
Qualità costante dei materiali
Servizi di assistenza
Orientamento al cliente
Rispetto dei vincoli ambientali
Acquisti materie prime
Controllo qualità
Gestione materiali
Logistica
Innovazione
Capacità d’innovare prodotti e processi
Ampliamento gamma prodotti
Ricerca e sviluppo
Brad Image
Pubblicità, promozione-vendite
Marketing e vendite
Qualità
Fonte: Ns. elaborazioni
La qualità non si esaurisce nella superiorità delle proprietà fisiche del prodotto (costanza qualitativa dei
materiali e l’adattabilità a specifiche formulazioni d’impasto), ma incorpora anche caratteri intangibili legati al servizio.
Quest’ultimo è misurabile attraverso una pluralità di parametri che ne definiscono l’efficacia e l’efficienza:
•
rapidità e puntualità delle consegne. La reattività con cui si risponde alle richieste del cliente è ritenuta un
fattore determinante di unicità del sistema di offerta dei fornitori che rafforza la loro reputazione e crea i
presupposti per fidelizzare i clienti costruendo relazioni di lunga durata.
•
regolarità delle consegne. La regolarità dell’approvvigionamento dipende dalle capacità organizzative di chi
opera nel settore dei trasporti e della logistica e richiede competenze transnazionali sia per quanto
riguarda i percorsi che i vettori utilizzati.
•
disponibilità costante della materia prima. La disponibilità di materie prime deve essere garantita in
qualsiasi momento e nello stesso tempo rispettare sempre più vincoli ecologici e ambientali motivo per cui
lo sfruttamento delle cave è sottoposto a rigide normative.
•
servizi di assistenza. I servizi di assistenza riguardano problematiche connesse ai prodotti, supporto
tecnico, modalità di consegna e imballaggio, servizi di stoccaggio e formulazione d’impasti ceramici ad
41
hoc. La presenza di una domanda più esigente ha innescato un processo di ampliamento delle attività
nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e tecnologie4.
•
affidabilità. L’immagine è una variabile concorrenziale di primaria importanza perché consente ai fornitori di
aumentare la loro visibilità. L’immagine a cui si fa riferimento non riguarda il prodotto in sé, bensì l’impresa
che fornisce la materia prima. La capacità del fornitore di costruirsi una solida reputazione si basa sulle
dimensioni organizzative, sull’affidabilità e sull’esperienza accumulata nel tempo.
La capacità dei fornitori di materie prime di mettere in campo nel gioco competitivo questo mix variegato di
prestazioni, presuppone la presenza di condizioni interne facilitanti in termini di risorse, capacità distintive e
competenze.
I fattori strategici che rafforzano la posizione del fornitore sono rappresentati in primo luogo dal possesso di
giacimenti pregiati che assicurano materiali di alta qualità, insieme ad un vasto know-how coordinato a disponibilità
tecniche che permettono un processing selettivo delle materie prime.
L’alta incidenza dei costi di trasporto costituisce un elemento fortemente penalizzante di questo settore.
Trattandosi di materiali molto pesanti, l’entità di questi costi deve essere tale da non compromettere la competitività
del prodotto finito. Le imprese fornitrici di materie prime, per superare il vincolo imposto dai costi logistici, rispondono
con le economie di scala e di esperienza nella produzione che consentono di ottenere vantaggi di costo.
La qualità - nelle componenti fisiche del prodotto e nel servizio erogato - è un requisito indispensabile per
essere competitivi ed un efficace strumento di differenziazione.
La costanza della qualità delle materie prime è frutto di una conoscenza approfondita dei giacimenti, di
un’escavazione selettiva e di un controllo capillare della produzione effettuato con campionamenti automatici.
Il servizio comprende aspetti non percepibili fisicamente ma che influiscono sul giudizio finale del cliente. Uno
di questi è la consegna della merce. Si tratta di una variabile particolarmente sensibile, perché ritardi e consegne
incomplete comportano al cliente costi e perdite in termini di efficienza produttiva, mentre per il fornitore significano
una perdita di credibilità.
Un’altra caratteristica è data dal supporto tecnico, ossia dalla disponibilità del fornitore ad assistere il
produttore nell’utilizzo corretto dei prodotti e a condividere il proprio know-how.
Un forte orientamento al cliente è spesso la pre-condizione per una corretta erogazione dell’offerta
(prodotto/servizio). I fornitori più strutturati si propongono in un rapporto di partnership con i produttori di piastrelle
che consente di sviluppare sinergie operative, interscambi di conoscenze ed esperienze che fungono da potente
collante nelle relazioni.
La capacità d’innovazione è vitale per la sopravvivenza del fornitore di materie prime: l’ampliamento della
gamma con lo sviluppo di nuovi prodotti e la propensione ad anticipare i bisogni dell’acquirente sono infatti
importanti segnali di differenziazione.
Gli investimenti in promozione e comunicazione contribuiscono a rafforzare l’immagine del fornitore. Una
buona reputazione si fonda tuttavia anche sulla capacità di soddisfare le attese in modo costante, sulla fiducia e sulla
fedeltà dei clienti.
La valorizzazione dei fattori critici di successo deriva dalla gestione delle risorse e competenze aziendali
demandate a specifiche funzioni.
La gestione della qualità coinvolge in primo luogo la funzione che svolge il controllo qualità dei materiali. Le
procedure di controllo sono applicate in ogni fase del processo produttivo ed assicurano che i prodotti siano sempre
conformi agli standard qualitativi certificati dall’impresa fornitrice.
A livello di servizio, la qualità è appannaggio della logistica e della gestione dei materiali.
La logistica riveste un ruolo strategico nel settore per la rilevanza dei costi di trasporto. La gestione della
supply chain è funzionale a garantire una fornitura stabile, nel rispetto dei tempi di consegna in una prospettiva di
customer orientation. Inefficienze e servizi poco efficaci sono spesso la causa principale di cessazione delle
relazioni da parte dei produttori.
L’area a cui è demandata la gestione della logistica è chiamata a svolgere compiti di coordinamento, gestione
del tempo e nello spazio dei materiali. Il trasferimento delle materie prime è spesso affidato a società di trasporto
esterne. Logistica non significa soltanto trasporto e movimentazione dei materiali dai luoghi di produzione ai luoghi di
utilizzo, ma comprende attività connesse allo stoccaggio in appositi magazzini e al confezionamento.
A livello di prodotto, i fornitori di materie prime impegnano le loro risorse e competenze nella preparazione d’impasti studiati per
soddisfare le molteplici esigenze dei clienti.
A livello di tecnologie di processo, l’innovazione è guidata da un duplice obiettivo: individuare soluzioni in grado di abbassare i
costi di produzione e che al contempo consentano qualità tecniche ed estetiche del prodotto finito sempre più elevate.
Significativa è l’attenzione rivolta al processo di macinazione a secco, da tempo oggetto di studi e ricerche, affinamenti e migliorie
4
42
La capacità d’innovare è una prerogativa della funzione ricerca e sviluppo, la quale ha il compito di introdurre
nuovi prodotti e migliorare l’efficienza dei processi attraverso un migliore utilizzo dei fattori di produzione.
La funzione marketing e vendite cura e gestisce i rapporti con la clientela, definisce le politiche di prezzo e di
comunicazione e svolge anche un ruolo consulenziale, di ascolto del cliente.
La comunicazione assume una valenza strategica. Un brand facilmente riconoscibile costituisce un prezioso
asset distintivo, date le limitate possibilità di differenziare un prodotto che è per sua natura povero.
2.7 L’attrattività settoriale
La valutazione del grado di attrattività del settore fa riferimento a diversi di fattori esterni (Tab. 2.3). Rispetto a
questo insieme di parametri, il settore in esame presenta un grado di attrattività medio-basso.
Sulla base di fattori legato al mercato, nonostante le sue dimensioni siano tali da giustificare un incremento
del business, il tasso di crescita e la redditività del settore non lasciano spazio a giudizi soddisfacenti.
Il tasso di crescita è correlato all’aumento della domanda di piastrelle. Dato che i due mercati, materie prime e
piastrelle, sono tra loro sequenzialmente interdipendenti, se cala la domanda del primo, significa che sta diminuendo
la domanda del secondo. La redditività presenta bassi livelli di sviluppo perché il prezzo è la base principale per la
concorrenza.
Anche se gli attori del mercato sono pochi, la tendenza di fondo è quella di un settore afflitto da aspre guerre
di prezzi che determinano modesti margini di profitto.
Le attuali tendenze strutturali, orientate verso processi di fusione ed acquisizione, hanno il preciso scopo di
portare effetti positivi alla redditività di settore in virtù del conseguente aumento del potere dei fornitori. Malgrado ciò,
esiste il rischio di uno sbilanciamento tra domanda di materie prime e capacità produttiva, dovuta ad una progressiva
stagnazione del mercato delle piastrelle.
Tabella 2.3 - Materie prime ceramiche: grado di attrattività settoriale
ATTRATTIVITA’
VARIABILI
Alta
Tasso di crescita del mercato
FATTORI DI
MERCATO
Media
x
Dimensioni del mercato
x
Redditività del settore
x
Sensibilità al prezzo
x
Intensità della concorrenza
x
Grado di concentrazione
FATTORI
COMPETITIVI
Bassa
x
Barriere all’entrata
x
Barriere all’uscita
x
Disponibilità di prodotti sostitutivi
43
x
FATTORI
ECONOMICI
Inflazione
x
Influenza cambi
x
Disponibilità materie prime
x
Fonte: Ns. elaborazione
Un’altra variabile che incide negativamente sul giudizio complessivo del settore è la sensibilità al prezzo degli
acquirenti da collegarsi alla struttura della domanda e nel grado di differenziazione dei prodotti.
Per quanto riguarda i fattori competitivi, il loro impatto sulla valutazione dell’attrattività tende a collocarsi su
valori medio-alti. L’intensità e la natura della concorrenza è caratterizzata da un alto grado di concentrazione. Il
mercato ha un carattere di tipo oligopolistico essendo dominato da un ristretto gruppo d’imprese leader. La
competizione, prevalentemente basata sul prezzo, può essere limitata, o da un’aperta collusione, o da un
parallelismo delle decisioni sui prezzi5.
Qualora il numero degli attori non consenta tali pratiche, la concorrenza si attua attraverso politiche di prezzo
aggressive che mirano a conquistare nuove quote di mercato.
La presenza di una struttura concorrenziale attrattiva è limitata dal difficile ingresso nel settore. L’efficacia
delle barriere che scoraggiano l’entrata di potenziali nuovi attori dipende dalle risorse possedute: titolarità di
concessioni minerarie, economie di scala, elevati investimenti iniziali, spese in ricerca e sviluppo e vantaggi di costo
connessi ad economie di apprendimento.
L’attrattività del settore è fortemente minacciata dalla presenza di prodotti sostitutivi. La sostituibilità dei
materiali costituisce un serio pericolo per le imprese consolidate perché l’incentivo da parte dei clienti a cambiare
fornitore è maggiore.
I fattori economici comprendono variabili quali il tasso d’inflazione, i tassi di cambio e la disponibilità di materie
prime. L’attrattività in relazione a questi parametri si attesta su valori medi ed è legata all’internazionalizzazione della
fornitura di materie prime.
L’approvvigionamento di materie prime presso fonti estere, ha da un lato amplificato le possibilità di fornitura,
ma dall’altro costretto le imprese acquirenti a confrontarsi con un aumento dei costi e dei rischi.
I costi crescenti che gravano attualmente sugli acquirenti si riconducono in primo luogo ai trasporti che in
media incidono per il 70% circa sul prezzo finale d’acquisto.
La variabile tasso di cambio ricopre un ruolo non secondario nei processi di scambio specie sui prezzi delle
materie prime importate dalla Turchia e dall’Ucraina, il cui prezzo è fissato in dollari6.
Oltre al rischio di cambio, le imprese acquirenti devono far fronte anche a fattori quali il rischio paese e il
rischio di tassi d’inflazione elevati.
L’Ucraina, benché sia un paese dall’economia emergente, è stata soggetta ad eventi di instabilità politica e
dunque il rischio paese non è ancora confrontabile con quello delle economie avanzate.
La disponibilità di materie prime costituisce il fattore chiave di questo settore. Le riserve stimate dei giacimenti
sono abbondanti e potrebbero garantire una fornitura ininterrotta per anni.
Un esempio concreto è rappresentato dai tre produttori di argille ucraine i quali, consci di possedere materie prime di particolare
pregio, si sono spartiti il mercato italiano e, di comune accordo, adottare politiche di prezzo “parallele”.
6 Il pagamento in dollari non coinvolge solo la materia prima ma anche il nolo marittimo, ossia il pedaggio corrisposto per il
trasporto su nave.
5
44
CAPITOLO TERZO
MATERIE PRIME E FILIERA PRODUTTIVACERAMICA:
INTERNAZIONALIZZAZIONE E PROCESSI DI INTEGRAZIONE A MONTE
3.1
Impiego di materie prime, processi produttivi e tipologie di prodotto ceramico
Il settore ceramico ha visto susseguirsi nel tempo “salti” tecnologici e l’avvicendamento di diverse tipologie di
prodotto che hanno progressivamente ampliato le destinazioni d’uso. L’adattamento dell’offerta alle nuove esigenze
del mercato non ha riguardato solo le tecnologie di processo, ma ha interessato in modo profondo anche la
composizione degli impasti utilizzati per produrre la piastrella di ceramica. Nuove materie prime si sono affacciate sul
mercato, affiancando o in molti casi sostituendo quelle già in utilizzo.
A- Bicottura
La bicottura7 è stata la prima tipologia di prodotto immessa sul mercato dalle aziende ceramiche italiane ed
ha mantenuto questa posizione fino all’avvento della monocottura negli anni ’70. Gli impasti ceramici che
costituiscono il supporto della piastrella, sono composti da una miscela di diverse materie prime, contenenti una
frazione argillosa con funzione stabilizzante, una frazione inerte (sabbia) con funzione strutturale ed una frazione
carbonatica con funzione fondente. L’origine dei materiali impiegati (argille, sabbie) è prevalentemente nazionale.
La bicottura è un prodotto smaltato, e pertanto, il colore del supporto non è visibile sulla superficie di
esercizio. Da ciò deriva l’utilizzo di argille rosse disponibili nelle aree vicine al distretto ceramico di Sassuolo. Il
prodotto, destinato prevalentemente ai rivestimenti, si caratterizza per una buona resistenza meccanica, brillantezza
degli smalti e definizione dei colori. Nondimeno il trend ha continuato a registrare brusche diminuzioni e nel 2005 la
quota percentuale sulla produzione totale si è attestata intorno all’9% (Fig. 3.1).
milioni di mq
Figura 3.1 - Industria ceramica italiana. Bicottura: evoluzione della produzione
400
350
300
250
200
150
100
50
0
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Anni
Bicottura
Fonte: Assopiastrelle
B - Monocottura
Questa tecnologia produttiva nasce, come noto, alla metà degli anni ’70 per diffondersi negli anni ’80,
introduce un’innovazione di portata rilevante, che consente la cottura di supporto e smalto in una unica soluzione. I
vantaggi più significativi si spiegano nell’abbreviazione dei tempi di processo e in un minor impiego di fattori
produttivi (energia e forza lavoro) con conseguenti risparmi di costo. Risvolti importanti si registrano anche nella
qualità tecnica dei prodotti, in termini di antigelività, robustezza meccanica, resistenza all’usura, spessori ridotti e
7 Le piastrelle in bicottura sono ottenute con un processo articolato in due fasi distinte: una prima fase di cottura del supporto ed
una successiva di trattamento termico per la fusione dello smalto.
45
leggerezza. In funzione delle materie prime utilizzate, il supporto può essere colorato o chiaro. Da qui la distinzione
tra:
• monocottura a pasta chiara che presenta un supporto da un colore variabile dal grigio chiaro al beige,
ottenuto grazie all’impiego di argille con un basso contenuto di ossidi cromofori (ferro, titanio) combinate con
sabbie silicee e feldspati;
• monocottura a pasta rossa che impiega argille rosse ricche di ossidi cromofori, ferro in particolare, da cui la
classica colorazione rossa del supporto.
Un ulteriore differenziazione può essere condotta sulla base della porosità del supporto, definita in base alla
quantità d’acqua assorbita dalla piastrella8. Si possono, così, ottenere piastrelle con un basso livello d’assorbimento
d’acqua, quindi idonei per esterni, e piastrelle più porose, utilizzate per ambienti interni.
“Nella fase introduttiva, la monocottura utilizza soprattutto materie prime nazionali come le argille rosse
dell’Appennino Tosco-Emiliano e sabbie locali. Tuttavia nella fase di sviluppo, ossia dagli anni ’80 in poi, ritorna
l’interesse per le argille bianche provenienti dall’estero e in questo modo si afferma la monocottura a pasta chiara.”
Questo spostamento della domanda verso materie prime estere è dettatoda esigenze produttive (più facile
gestione del ciclo produttivo con particolare riferimento alla fase di cottura), da fattori estetici e anche da ragioni
commerciali.
Le monocotture chiara e rossa, pur confermando un ruolo centrale nel portafoglio delle piastrelle, nel corso
del tempo hanno subìto un notevole ridimensionamento (Fig. 3.2).
milioni di mq
Figura 3.2 - Industria ceramica italiana. Monocottura chiara e rossa: dinamica della produzione
400
350
300
250
200
150
100
50
0
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Anni
Monocottura chiara
Monocottura rossa
Fonte: Assopiastrelle
C- Gres porcellanato
Il gres porcellanato, nella versione tutta massa o tecnico e smaltato rappresenta la tipologia di prodotto sulla
quale si sono maggiormente concentrati gli investimenti dell’industria ceramica nel corso degli ultimi anni.
La “rivoluzione ha interessato in primis gli impianti produttivi, creati ex novo o convertiti dalle produzioni in
monocottura a pasta bianca, ma anche e soprattutto la composizione degli impasti, caratterizzati dall’impiego di
materie prime sempre più bianche e di maggiore qualità.”
Sotto il profilo ceramico, questa nuova tipologia produttiva non è un prodotto nuovo, ma è frutto della
rivitalizzazione di un prodotto tradizionale, grazie all’applicazione di moderne tecnologie, che hanno permesso di
ottenere formati grandi e pregevoli finiture estetiche.
Il prodotto presenta elevate caratteristiche meccaniche, di resistenza al gelo, all’attacco chimico e
all’abrasione che si uniscono ad un’intensa ricerca estetica.
Queste qualità sono intuibili dal nome del prodotto stesso: gres significa che la massa ceramica della
piastrella è estremamente greificata, compatta, da cui la grande resistenza, mentre l’aggettivo porcellanato,
A differenza dei materiali greificati, che utilizzano fondenti a base feldspatica, i materiali porosi impiegano argille contenenti
carbonati.
8
46
sottolineando la raffinata eleganza che lo contraddistingue, deriva dall’utilizzo di materiali argillosi pregiati tra cui il
caolino, un’argilla bianca che viene utilizzata anche per la produzione di porcellana.
L’incremento della produzione di gres tecnico da un lato e la progressiva conversione della monocottura
chiara a gres smaltato dall’altro, hanno determinato modifiche sostanziali nelle formulazioni degli impasti. Si rileva,
infatti:
• un aumento significativo della quota di materie prime di importazione. A tutt’oggi più del 50% delle materie
prime utilizzate nella produzione di gres porcellanato sono di provenienza estera;
• il passaggio dall’utilizzo di feldspati nazionali cuocenti scuro a materie prime nazionali e d’importazione
cuocenti chiaro e di conseguenza più pregiate;
• la sostituzione di parte delle argille tedesche (del Westerwald) e francesi con prodotti Ucraini, unite ad un
notevole incremento delle quantità di consumo di argilla.
Oggi il gres porcellanato tecnico e smaltato rappresenta la tipologia dominate sul mercato, con una
produzione al 2005 di 353 milioni di mq. (63% dell’intera produzione nazionale (Fig. 3.3).
Figura 3.3 - Industria ceramica italiana. Gres porcellanato: dinamica della produzione
Milioni di mq
400
300
200
100
0
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Anni
Tecnico
Smaltato
Fonte: Assopiastrelle
3.2
Localizzazione delle materie prime: da locali a internazionali
Per molti anni ci si è stupiti nell’osservare l’industria delle piastrelle di ceramica esportare in tutto il mondo un
prodotto di peso molto elevato: si è trattato di un significativo esempio d’internazionalizzazione che ha suscitato un
grande interesse.
Alla stessa stregua può essere considerato il fenomeno dell’internazionalizzazione del mercato delle materie
prime: un prodotto di notevole peso e di ridottissimo valore, trasportato da grandi distanze per essere lavorato e a
sua volta riesportato. Questo è quanto accaduto per l’industria ceramica italiana.
Una delle leve più importanti che ha consentito lo sviluppo dell’industria ceramica è stata la disponibilità di
materie prime locali nei bacini estrattivi dell’Appennino modenese e reggiano. Il loro progressivo abbandono a
favore delle argille bianche è determinato dall’avvento della monocottura negli anni settanta a cui sia accompagna
una diversificazione delle fonti di approvvigionamento: Germania e Francia diventano i principali fornitori di questa
materia prima.
Lo sviluppo del gres porcellanato, che richiede un mix di materie prime pregiate, assenti nel territorio
nazionale e locale, ha ampliato in misura ulteriore la varietà delle materie prime e, accresciuto l’importanza del
fattore “approvvigionamento” per il settore ceramico italiano.
Ai produttori storici di materie prime (Germania, Italia, Francia, Regno Unito) si sono aggiunti, nuovi produttori
(Turchia e Ucraina), favorendo il rapido intensificarsi dei flussi di import/export.
Tutto questo produce una serie di implicazioni rilevanti per lo sviluppo dell’industria ceramica italiana: cessa il
legame con i bacini locali di materie prime; nasce una dipendenza con nuovi bacini distanti a cui attingere un mix di
materie prime essenziale per le tipologie di prodotto offerte al mercato; il fattore materie diventa un fattore “critico”
se non strategico.
47
3.3
Internazionalizzazione del mercato delle materie prime: i flussi di import/export
La produzione di piastrelle di ceramica richiede, per la fabbricazione dei propri manufatti, ingenti quantitativi di
materie prime schematicamente suddivisibili in “plastici” e “duri” nelle seguenti proporzioni: 35% argille, 45%
feldspati, 20% sabbie.
Utilizzando questa prima distinzione è possibile verificare l’andamento e la variazione dei materiali in
relazione alle modificazioni intervenute nel mix produttivo delle piastrelle. Prima di analizzare i flussi import/export di
materie prime ceramiche, è utile un riferimento alla composizione degli impasti da cui si ottengono le differenti
tipologie di piastrelle (Tab. 3.1).
Tabella 3.1 - Piastrelle di ceramica: tipologie produttive e composizione impasti (valori %).
TIPOLOGIE PRODUTTIVE DI PIASTRELLE DI CERAMICA
Materie prime
(composizione %)
Gres
Smaltato
Gres
Porcellanato
Monocottura
Monoporos
a Bianca
Argille Ucraine
20-35
20-35
0-20
18-32
Argille Tedesche
0-20
0-20
20-35
0-18
Caolino d’importazione
0-10
0-18
Argillosi nazionali
0-20
0-10
0-10
0-18
Feldspato Sodico Turco
20-35
25-40
20-35
18-32
Feldspati Potassico-Sodici
Nazionali
10-20
10-20
10-20
9-18
10-20
10-20
10-20
9-18
5-10
4-8
Sabbie Feldspatiche Nazionali
Sabbie Quarzose Nazionali
5-10
Argille Rosse Locali
0-10
10-15
70-80
Carbonati (calcite o dolomite)
Kg/m2
Monoporosa
Rossa
20-22
22-24
18-20
10-15
8-10
16-18
14-16
Fonte: Eurit minerali S.r.l.
a- Materie prime plastiche
Le materie prime plastiche si dividono ulteriormente in caolini e argille e di questi si riportano i dati relativi
all’importazione (Tab 3.2) e successivamente delle argille (Tab 3.3). Le importazioni di caolino nel periodo 199120059 e i volumi riportati si riferiscono specificamente alla produzione di piastrelle ceramiche10. Dal 1995 al 2000, il
trend delle importazioni segna una crescita costante, sebbene i volumi non siano comparabili, per dimensione, a
quelli delle altre materie prime. Il 2001 è l’anno in cui si sentono le prime avvisaglie di un’inversione di tendenza delle
importazioni di caolino che registrano un drastico calo ed un cambio del portafoglio dei paesi fornitori. A farne le
spese sono i paesi che vantano una solida tradizione nella produzione di questo minerale (Gran Bretagna e
Spagna), mentre per altri (Bulgaria, Francia e Ucraina) il cedimento non è così vistoso. Il ridimensionamento
La completezza dei dati dell’intervallo temporale 1991-1994 è parzialmente inficiata dalla mancanza d’informazioni per alcuni
Paesi (Usa, Bulgaria, Ucraina).
10 Questa avvertenza è valida in particolare per il caolino perché si tratta di un materiale assorbito in gran parte da altri settori
quali sanitari e stoviglierie.
9
48
dell’importazione di caolino è imputabile alla riformulazione dell’impasto per la produzione del gres porcellanato
tecnico, che ha introdotto l’impiego del silicato di zirconio, minerale che presenta proprietà tecniche e funzionali
migliori 11. Nel 2004 avviene un’inversione di tendenza che premia il caolino, riportando le importazioni su valori
elevati (+ 67%) in particolare dall’Ucraina.
Tabella 3.2 - Importazioni di caolino periodo 1991-2005. Valori assoluti in tonnellate
Paese
Francia
Gran
Ucraina
Spagna
Bulgaria
Bretagna
Anno
USA
Totale
Import
_
56.900
1991
10.797
37.925
_
8.178
_
1992
11.066
45.775
2.800
9.104
5.738
1993
5.986
60.486
3.500
3.217
8.632
1994
7.009
64.959
11.738
4.918
1995
14.859
58.011
5.305
9.939
24.383
1996
16.408
80.440
3.847
16.442
33.346
1997
14.564
68.302
6.596
16.881
29.580
1998
15.244
68.490
19.482
19.009
20.490
10.051
152.766
1999
16.958
78.501
32.061
19.225
33.714
8.691
180.459
2000
21.277
84.625
25.770
18.894
36.527
13.262
200.355
2001
25.885
63.708
19.983
14.651
38.453
8.370
171.050
2002
27.006
6.687
35.502
6.116
31.523
3.362
110.196
2003
19.892
2.567
14.546
7.747
28.817
8.905
82.474
2004
24.035
2.964
74.359
2.100
23.210
5.902
132.570
2005
32.458
8.116
49.486
5.697
24.176
3.190
123.123
-0,8
n.a.
9,4
19,6
2,5
100,0
Var.%
118,4
- 86,0
832,8
- 42,6
2005 - 1995
% su
Import totale
26,3
6,5
40,1
4,6
2005
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
17.037
_
_
_
_
_
_
74.483
81.821
105.661
112.497
150.483
135.923
La riscoperta del caolino - una materia prima utilizzata soltanto negli impasti del gres porcellanato tecnico e
nella monoporosa chiara - è ascrivibile al fatto che lo zirconio, oltre alle proprietà chiarenti, ha come
controindicazione quella di innalzare il contenuto di radioattività del prodotto finito e all’esposizione a forti tensioni di
prezzo indotte dall’impiego del minerale in altri settori. L’attuale tendenza favorevole al gres tecnico ha portato alla
11 La decisione di aggiungere all’impasto tale minerale è da ricercare nella ricerca del bianco. Il caolino assolve alla funzione
sbiancante in maniera indiretta, mentre il silicato di zirconio è un vero e proprio opacizzante: esso inoltre - a differenza del caolino
- si adatta ai cicli di cottura rapidi (temperature tra i 1200 e 1230°C, durata 45-70 minuti). Da qui la sostituzione.
49
rivalutazione del caolino, un materiale più pregiato che presenta basse concentrazioni di ossidi cromofori (ferro e
titanio).
Le importazioni di argilla nel periodo 1991-2005 evidenziano un significativo incremento di volumi di minerale
in entrata 12 (Tab. 3.3) ed una ricomposizione sul piano geografica dei paesi fornitori accanto a Germania e in misura
minore a Francia, ha assunto una posizione sempre più visibile l’Ucraina che aumenta costantemente la propria
quota di mercato.
Tabella 3.3 - Importazioni di argilla nel periodo 1991-2005. Valori assoluti in tonnellate
Paese
Francia
Germania
Gran
Spagna Turchia
Ucraina
Bretagna
Anno
Totale
Import
1991
93.899
1.505.207
19.535
30.117
3.037
_
1.651.812
1992
115.595
1.552.438
1.502
37.371
23.338
_
1.737.022
1993
199.498
1.374.211
3.918
36.070
59.143
21.217
1.713.890
256.439
1.332.684
4.512
44.327
38.260
95.733
1.791.953
251.852
1.289.428
7.229
32.600
40.521
153.789
1.799.953
224.224
1.228.257
5.493
24.204
72.646
200.000
1.780.056
1997
217.916
1.284.235
5.580
22.937
43.072
600.000
2.190.884
1998
200.365
1.242.110
5.398
23.794
29.770
1.000.000
2.540.194
1999
127.829
1.133.853
3.441
19.608
12.458
1.500.000
2.847.453
2000
132.758
1.094.206
4.351
3.529
13.435
1.600.000
2.930.762
2001
116.448
1.017.770
4.629
965
11.368
1.800.000
2.993.850
2002
15.633
1.198.843
4.272
0
48.166
1.621.174
2003
19.134
1.194.787
9.537
0
52.010
1.745.573
3.111.041
2004
104.878
1.166.628
10.550
0
20.987
2.130.415
3.433.458
2005
105.726
1.118.350
4.070
6.527
17.039
2.251.640
3.503.352
- 57,9
-13,3
-43,7
-81,8
-57,5
+1.371
+ 94,8
0,4
64,2
100,0
1994
1995
1996
Var.%
2005 - 1995
% sull’import
totale al 2005
3,0
31,9
0,1
0,1
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
2.981.589
La progressiva diffusione del gres porcellanato tecnico e la comparsa del gres porcellanato smaltato nel 1997
aumentano la propensione all’utilizzo del prodotto ucraino a scapito di quello tedesco (Fig. 3.2 e Fig. 3.3). Alla base
della sostituzione tra le due fonti di approvvigionamento stanno fattori legati alla qualità ed alle specifiche proprietà
tecniche del materiale ucraino che lo rendono preferibile per la produzione di gres porcellanato (tecnico e smaltato).
L’analisi, come in precedenza, si limita a considerare il decennio 1995-2005 a causa di lacune informative circa gli anni
antecedenti al 1995.
12
50
Figura 3.2 - Importazioni di argilla dai principali paesi fornitori (Francia, Germania, Ucraina) nel periodo
1995-2005. Valori assoluti in tonnellate
3.500.000
Tonnellate/Anno
3.000.000
2.500.000
2.000.000
Francia
1.500.000
Germ ania
1.000.000
Ucraina
500.000
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Anni
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
Figura 3.3 - Consumo di argille per la produzione di piastrelle in Italia per area di provenienza periodo
1995-2005. Valori assoluti in tonnellate
4.000.000
Tonnellate/Anno
3.500.000
3.000.000
2.500.000
Nazionali
2.000.000
1.500.000
Estere
1.000.000
500.000
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Anni
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
A determinare la flessione delle materie prime tedesche hanno contribuito anche i forti vincoli ecologici che
sono stati imposti nell’area del Westerwald. Per evitare il depauperamento della zona di estrazione, le imprese
produttrici sono state costrette a diminuire i volumi prodotti e la tendenza di fondo sarà incline alla diminuzione.
Diverso è il contesto dell’argilla proveniente dalla Sassonia, la cui domanda è in sensibile crescita. Tale
prodotto, inoltre, si dimostra più indicato per il gres porcellanato causa le migliori proprietà mineralogiche e tecniche.
Le argille non si distinguono solo dalla migliore resa qualitativa ma presentano differenze anche nell’aspetto
logistico.
In prospettiva si delinea uno scenario che vede una stabilizzazione della quota ucraina (rincaro dei prezzi),
una rivalutazione dei prodotti nazionali (minore costo) e consolidamento del prodotto tedesco (preferenza per l’argilla
estratta in Sassonia)
51
b -Materie prime dure (sabbie, feldspati)
La componente “dura” dell’impasto, il cui peso si attesta al 65%, è costituita da feldspati e sabbie.
L’andamento del mercato dei feldspati è stato contrassegnato da notevoli mutamenti.
L’Italia resta un produttore di tutto rispetto di questa materia prima (Tab. 3.4, Tab. 3.5).
Germania
Grecia
Finlandia
Norvegia
Turchia
Egitto
Usa
Totale
Import
1991
1.176
7.479
4.134
763
_
_
137.226
_
2.706
153.484
1992
1.145
6.303
9.431
968
_
_
174.890
_
4.764
197.501
1993
742
8.640
6.450
2.192
_
28
187.230
_
5.362
210.644
1994
358
8.182
5.016
7.014
_
784
300.737
_
2.372
324.463
1995
2.485
8.748
21.668
19.475
_
1.349
390.285
_
2.412
438.552
1996
1.900
8.997
27.549
7.196
215
1.372
476.339
_
2.048
525.616
1997
23.998
7.899
27.991
6.771
1.821
1.512
577.539
3.428
5.190
656.149
1998
23.651
10.638
10.495
4.728
1.492
1.749
817.894
_
3.848
874.495
1999
24.964
10.352
17.993
4.661
2.139
2.280
814.400
_
3.886
880.675
2000
44.271
11.407
28.737
5.330
2.108
1.325
1.227.497
70
5.554
1.326.299
2001
70.849
14.181
37.744
5.062
1.854
664
1.408.915
1.104
4.552
1.544.925
2002
74.580
0
20.424
0
0
0
1.431.472
0
4.753
1.526.476
2003
75.192
0
29.023
0
0
0
1.982.310
0
0
2.086.525
2004
78.430
0
10.488
0
0
0
2.575.711
0
2.338
2.666.967
2005
80.000
0
3.079
5.511
0
0
2.424.039
0
0
2.512.629
521,0
n.a.
n.a.
438,3
96,4
n.a.
n.a.
100,0
Anno
Spagna
Francia
Tabella 3.4 - Importazioni di feldspato periodo 1991-2005 (tonnellate)
Paese
Var.%
2005 - 3119,3
n.a.
-85,7
-71,7
n.a.
n.a.
1995
% sulle
Import
3,1
n.a.
0,1
0,2
n.a.
n.a.
totali
2005
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
52
Tabella 3.5 - Feldspato: Produzione nazionale e importazione
Produzione
interna
Importazioni
Consumo interno
Quota % delle
importazioni sul
consumo
Quota % del
prodotto interno
sul consumo
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
1.304.203
1.387.968
1.534.421
1.806.935
2.199.315
2.310.450
2.118.117
2.800.000
2.493.846
2.600.000
2.700.000
2.010.784
2.000.723
1.973.719
1.850.000
153.484
197.501
210.644
324.463
438.552
525.616
656.149
874.495
880.675
1.326.299
1.544.925
1.526.476
2.086.525
2.666.967
2.512.629
1.457.687
1.585.469
1.745.065
2.131.398
2.637.867
2.836.066
2.774.266
3.674.495
3.374.521
3.926.299
4.244.925
3.537.260
4.087.248
4.640.686
4.362.629
10,5
12,4
12,1
15,2
16,6
18,5
23,6
23,8
26,1
33,7
36,3
43,1
51,0
57,4
57,5
89,5
87,6
87,9
84,8
83,4
81,5
76,4
76,2
73,9
66,3
63,7
56,9
49,0
42,6
42,5
% var.
1995-2005
-15,9
472,9
65,3
Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna
3.4
Dalla fornitura esterna all’integrazione
Nel settore delle piastrelle ceramiche il fattore “materia prima” ha assunto un ruolo sempre più critico, in
ragione all’aumento dei costi di approvvigionamento, che ha spinto le imprese ceramiche ad adottare soluzioni volte
a contenerne il costo ed esercitare un maggior controllo qualitativo della materia prima e di tutte le attività connesse
alla sua lavorazione. Per conciliare risparmi di costo e controllo diretto della materia prima sono state percorse
diverse strade. Una di queste è l’integrazione verticale finalizzata a conseguire diversi vantaggi (Tab. 3.6).
Tabella 3.6 - Industria ceramica: vantaggi connessi all’integrazione verticale a monte
Innalzamento barriere
all’entrata
Controllo sull’input critico delle materie prime per contrastare l’ingresso di eventuali
entranti
Facilitare la
programmazione
Razionalizzazione dell’attività ed eliminazione di inefficienze d’interfaccia fornitoreproduttore
Proteggere la qualità del
prodotto
Controllo della qualità dei beni intermedi per controllare la qualità del prodotto finito
“Sopprimere un mercato”
Internalizzazione di un mercato e riduzione dei prezzi dei fattori produttivi
Co-progettazione e lancio di Integrazionere informazioni sulle materie prime,competenze tecniche con i fornitori
nuovi prodotti
per sviluppare nuovi prodotti e soddisfare nuove esigenze
53
Fonte: Ns. elaborazione
Le strade seguite da una pattuglia ristretta di attori guida per centrare questi traguardi sono state diverse, ma
tutte finalizzate a estendere il perimetro dell’attività aziendale alle fasi a monte del processo produttivo della piastrella
di ceramica. L’integrazione di quest’attività della catena è avvenuta, in genere, per line esterne, e cioè con
l’acquisizione del fornitore di materia prima.
Di seguito si presentano alcune esperienze aziendali.
IRIS CERAMICA
Il primo esempio di integrazione verticale è rappresentato da Iris Ceramica che nel 1985 ha acquisito Maffei
con l’obiettivo di ottenere sinergie di natura operativa, strategica e organizzativa.
Il processo d’integrazione a monte del Gruppo Iris non ha incontrato particolari difficoltà, data la posizione di
forza dell’azienda sul mercato.
Maffei S.p.a. è un primario produttore europeo di minerali industriali e leader nella fornitura di fondenti per
l’industria ceramica (feldspati e sabbie silicee e quarzose) ed un grande trader di altri materiali (caolini, argille).
GRUPPO CONCORDE
Il Gruppo Concorde - secondo produttore italiano di piastrelle ceramiche - ha impostato la sua strategia di
crescita sull’acquisizione di imprese sia sul mercato nazionale sia internazionale.
Negli anni ’90, il Gruppo decide di assorbire Svimisa S.p.a., una società mineraria attiva in Sardegna nella
estrazione, produzione e vendita di minerali non metalliferi (argille, caolini e feldspati) destinati all’industria ceramica.
Oltre ad “inglobare” un fornitore di materie prime, il Gruppo ha continuato ad integrarsi a monte della catena,
acquisendo Meta, azienda leader nella produzione di impasti ceramici atomizzati, beneficiando di diverse sinergie:
controllo delle tecnologie e know-how per la produzione d’impasti, di trasporto e stoccaggio.
MARAZZI GROUP
Marazzi è uno dei maggiori produttori mondiali di piastrelle di ceramica. La posizione di forza conquistata dal
Gruppo è il risultato di una strategia di crescita basata sull’integrazione e su un forte orientamento
all’internazionalizzazione. Grazie ad acquisizioni strategiche ed investimenti produttivi, Marazzi ha costruito una
posizione di rilievo in diversi mercati della ceramica.
Il Gruppo ha ritenuto strategico controllare le attività situate a monte della catena del valore in virtù della:
• esigenza di mantenere costante la qualità dei prodotti finiti attraverso l’utilizzo di materie prime selezionate,
• volontà di ottenere economie di costo nei processi di approvvigionamento,
• necessità di ottimizzare la gestione dell’attività di fornitura.
Queste motivazioni, spiegano l’acquisizione di Explorer nel 1989: una società di trading di materie prime per
ceramica ma non titolare di concessioni minerarie.
Questo aspetto mette in luce il ruolo d’intermediazione svolto dall’azienda, che gestisce gli
approvvigionamenti in base alle specifiche richieste dal Gruppo.
Pur non essendo materialmente proprietaria di giacimenti estrattivi, Explorer dispone di moderni laboratori per
la ricerca, controllo e sviluppo del prodotto ed è dotata altresì di impianti di stoccaggio e depositi coperti. La gamma
dei prodotti è ampia e comprende tutti i principali minerali utilizzati nella ceramica: dai feldspati ai caolini per gres
porcellanato, dalle sabbie alle argille ucraine.
EMILCERAMICA- ZEUS CERAMICA
La costituzione dello stabilimento Zeus Ceramica rappresenta il punto di arrivo della joint-venture tra
Emilceramica e Yug. Questa modalità rappresenta una soluzione intermedia rispetto a quelle viste in precedenza di
integrazione totale
Emilceramica è un affermato produttore di ceramica del distretto sassolese13 e Yug è uno dei più importanti
produttori di argille ucraine presenti nella regione di Donetsk. Insieme, nel 2005, hanno costituito in forma di Joint
Venture Zeus Ceramica.
Le motivazioni principali che hanno spinto Emilceramica ad investire in Ucraina si possono ricondurre a:
•
•
opportunità di coniugare il know-how nella produzione di ceramica e lo spirito imprenditoriale di
Emilceramica con la capacità di lavorazione e di trading dell’ucraina Yug,
possibilità di servire un mercato, quello dell’Europa dell’Est, che presenta un elevato potenziale di
domanda
L’azienda di Fiorano Modenese è da sempre attenta all’approvvigionamento delle migliori materie prime: già negli anni ’90,
infatti, Emilceramica risulta tra le prime aziende italiane a scoprire le preziose risorse di materie prime dell’Ucraina (risaliva al
1987, con l’acquisizione della Caolino Panciera, l’ingresso dell’azienda nel settore minerario), avviando con successo un proficuo
rapporto commerciale con la Yug.
13
54
•
•
abbattimento dei costi di trasporto delle materie prime conseguente alla localizzazione dell’impianto di
produzione direttamente alla fonte di approvvigionamento
controllo di materie prime di eccellenza qualitativa necessarie per la produzione di gres porcellanato,
tipologia produttiva principale
Tra tutte le ragioni elencate, la presenza in loco delle migliori materie prime ha sicuramente costituito il
“trampolino” per lo sviluppo del progetto, anche se le potenzialità di un mercato in continua crescita hanno giocato un
ruolo non secondario.
I casi d’integrazione verticale a monte sin qui analizzati, seppur limitati nel numero, costituiscono un segnale
della importanza che alcune imprese ceramiche attribuiscono al controllo delle fonti di approvvigionamento di
materie prime nazionali ed internazionali. Il crescente grado di internazionalizzazione del mercato e la
polarizzazione della produzione verso prodotti a maggior valore quali il gres porcellanato, tecnico, costituiscono
ulteriori fattori che incoraggiano le imprese ad internalizzare le attività a monte della filiera. Una strategia che, per gli
elevati investimenti e l’impegno richiesto sul piano organizzativo, risulta perseguibile solo per gli attori meglio dotati
e preclusa alle piccole imprese ceramiche.
3.6 Ruolo centrale dei fornitori: dalla materia prima alla customer orientation
I fornitori di materie prime hanno ricoperto un ruolo importante nell’alimentare la domanda espressa dalle
aziende ceramiche. Tale ruolo è destinato ad accrescersi in futuro.
Prima dell’avvento del gres porcellanato la figura del fornitore di materie prime era considerata alla stregua di
un semplice venditore di prodotti a basso valore aggiunto e chiamato a soddisfare bisogni poco complessi.
Gli ultimi dieci anni hanno rappresentato una vera e propria “rivoluzione” del mercato delle materie prime
tirata dallo sviluppo del gres porcellanato: nuove materie prime, nuove fonti di approvvigionamento, nuove condizioni
di offerta e di servizio.
L’industria estrattiva ha visto di conseguenza mutare la sua configurazione da “fornitore di materie prime” a
“fornitore di soluzioni per l’industria ceramica” fino a comprendere la formulazione degli impasti. L’esternalizzazione
di questa attività ha modificato gli equilibri interni alla filiera ceramica a favore dei fornitori. Aumenta quindi il knowhow detenuto dai fornitori, sempre più tecnologi ma anche uomini di marketing e commerciali che svolgono una
attività di customer service, più che fornire una semplice materia prima.
L’aspetto negativo per diversi produttori di materie prime si traduce tuttavia nell’evidente aumento dei costi
derivanti dalla necessità di attrezzare laboratori di ricerca e personale qualificato volti a soddisfare le nuove esigenze
del mercato.
Tali costi spesso non sono però riconosciuti dall’industria ceramica, attenta in particolare alla riduzione dei
costi di produzione.
Queste modificazioni, intervenute nel corso tempo, hanno inciso profondamente sul rapporto fornitori di
materie prime-produttori di piastrelle (Tab. 3.8). La necessità di coinvolgimento del fornitore nella definizione
dell’impasto ha favorito il passaggio da un rapporto di tipo transazionale ad uno di tipo relazionale passando
attraverso una fase in cui il fornitore ha assunto un ruolo di tipo consulenziale.
Tabella 3.8 - Fasi evolutive del rapporto fornitore di materie prime e impresa ceramica
Natura
Funzioni coinvolte
Transazionale
commerciale
Consulenziale
commerciale
logistica
Relazionale
commerciale
logistica
ricerca e sviluppo
Variabili critiche
prezzo
volumi
servizi di assistenza pre e
post-vendita
logistica
servizio
interattività
innovazione
sviluppo nuove soluzioni
Fonte: Ns. elaborazioni
55
Orientamento
vendita
servizio
relazione
La logica transazionale privilegia un contesto in cui i produttori di piastrelle tendono a considerare il prodotto
offerto, la materia prima, come una commodity, e perseguono la minimizzazione del prezzo di acquisto. E, nel
settore delle materie prime ceramiche, la maggioranza dei rapporti fornitore-cliente si basano su questo paradigma.
Tuttavia vi sono situazioni in cui fornitori più evoluti hanno superato questa fase per evolvere verso approcci
di maggiore complessità e ricchezza di contenuto relazionale che li porta ad assumere un ruolo di tipo
consulenziale, che si basa sulla conoscenza del contesto di utilizzo del prodotto da parte dell’azienda ceramica e
sulla capacità di ascolto dell’acquirente per sottoporgli l’offerta più compatibile con le sue esigenze.
Nella fase più evoluta, l’approccio assume una natura di tipo relazionale: intensificazione flussi informativi,
interazione e longevità della relazione sono i tratti distintivi del rapporto tra le parti.
In sintesi le dinamiche intervenute, ci consegnano un mercato delle materie prime dove:
il fornitore di materie prime è sempre più specializzato nel marketing, nella logistica e nella ricerca
come motore d’innovazione;
i produttori demandano ai fornitori l’attività legata alla formulazione degli impasti esternalizzando le
loro competenze;
la maggiore sinergia tra fornitore e acquirente porta allo sviluppo congiunto di nuovi progetti,
condivisione di esperienze e conoscenze;
il fornitore di materie prime diventa fornitore di soluzioni per l’industria ceramica.
56
CAPITOLO QUARTO
IMPORTANZA STRATEGICA DELLA LOGISTICA
4.1 Il trasporto di materie prime: dalla cava alla fabbrica
Il trasporto delle materie prime ceramiche, e più in generale, le attività di logistica hanno acquisito una
crescente rilevanza nel tempo. E ciò in ragione dell’internazionalizzazione delle fonti di approvvigionamento che ha
reso più complessa la sua movimentazione ed i flussi di trasporto.
Negli anni in cui il distretto di Sassuolo si approvvigionava prevalentemente da fonti di materie prime locali, il
trasporto dalla cava alla fabbrica non era considerato un problema, se non per l’enorme sovraccarico di traffico
pesante che gravava sulle fragili infrastrutture viarie che collegavano i bacini estrattivi alle aziende ceramiche: ne
derivano elevati tassi di inquinamento, pericolosità della circolazione e disagio sociale.
La relativa vicinanza geografica dei giacimenti consentiva infatti una agevole movimentazione dei materiali
verso gli stabilimenti produttivi di destinazione. Il trasferimento delle argille rosse provenienti dall’Appennino
Modenese, Bolognese e reggiano avveniva per mezzo di autocarri fino ai magazzini di stoccaggio dei produttori di
piastrelle.
La stessa procedura era seguita per l’approvvigionamento delle sabbie silicee e quarzose, provenienti in gran
parte dai rilievi montuosi dell’Emilia-Romagna.
I feldspati, sempre di origine nazionale, provenivano dalla Calabria e raggiungevano il comprensorio via
gomma.
Il trasporto avveniva quindi tutto su strada ed era effettuato da autotrasportatori individuali non ancora
organizzati in società di autotrasporto e spesso si svolgeva in condizioni che sfuggivano ad ogni forma di disciplina e
di regolamentazione.
La limitata disponibilità delle risorse locali, nel corso degli anni ’70 e ’80 è stata una delle cause principali del
cambiamento di tipologia produttiva con il passaggio graduale dalla bicottura alla monocottura e della trasformazione
dell’impasto da rosso a chiaro.
L’affermazione del nuovo prodotto ceramico a sua volta accresce in modo sensibile il fabbisogno di materie
prime che segna l’avvio di processo di diversificazione del portafoglio di materie prime utilizzate sino a quel
momento.
Le argille rosse lasciano gradatamente spazio alle argille bianche di origine francese e tedesca.
L’importazione di questi minerali avviene interamente su ferrovia. Le argille tedesche sono localizzate nella
Sassonia e nel bacino del Westerwald. Nei bacini si svolgono le operazioni di
estrazione dei minerali, frangizollatura, stoccaggio in box coperti e carico su vagoni ferroviari.
Giunta nello scalo ferroviario di destinazione, la materia prima viene trasferita su autocarri per raggiungere i
magazzini di stoccaggio delle aziende ceramiche.
Il trasporto dell’argilla francese delle zone di Chateauroux, Donpierre e Tournou avviene seguendo le stesse
logiche.
La diversificazione della domanda di materie prime subisce un ulteriore impulso con l’introduzione del gres
porcellanato il cui impasto standard è composto da diversi materiali:
•
•
•
•
argille provenienti dall’Ucraina,
feldspati sono di origine turca,
sabbie, perlopiù nazionali, (Sardegna ed Emilia-Romagna),
il caolino, il cui utilizzo ha subito una sensibile flessione, arriva via mare da Bulgaria e Ucraina e via treno
da Francia.
Per comprendere a fondo come la logistica abbia incrementato la sua complessità, è sufficiente seguire i
differenti itinerari compiuti dalle materie prime per raggiungere i depositi delle aziende ceramiche (Fig. 4.1).
57
Figura 4.1 - Itinerari compiuti dalle materie prime ceramiche
Westerwald
Sassonia
Donetsk
Kiev
Mariupol
Charente
Ravenna
Dinazzano
Cine
Izmir
Ferrovia
Argilla bianca (Ucraina)
Il percorso di avvicinamento dell’argilla ucraina verso il distretto di Sassuolo avviene in più tappe e con
diverse soluzioni di trasporto.
L’argilla bianca proviene dalla provincia di Donetsk, nell’Ucraina orientale, che ospita uno dei maggiori
giacimenti al mondo di questa importante materia prima.
Dopo l’estrazione, l’argilla viene trasportata verso la zona di deposito, in cui subisce una lavorazione
frangizollatura e preparata per lo stoccaggio.
I depositi di argille, situati in un territorio caratterizzato da basse colline, sono generalmente coperti per
proteggere l’argilla dall’acqua, data la sua elevata capacità d’assorbimento.
Inoltre la pavimentazione è realizzata in cemento per evitare possibilità di contaminazione del minerale da
parte di sostanze estranee.
La materia prima è pronta per essere caricata su vagoni ferroviari che la condurranno fino al porto di
Mariupol (Mar d’Azov), principale porto di spedizione.
Prima del carico solitamente i vagoni sono sottoposti ad un trattamento di lavaggio per evitare qualsiasi tipo
d’inquinamento del prodotto da trasportare.
Giunti nel porto, i convogli ferroviari proseguono la loro corsa nelle stive delle navi da carico, il cui pescaggio
di norma non supera le ventimila tonnellate.
Le navi impiegano in media sette giorni prima di approdare nel porto di Ravenna, considerato il nodo più
importante per il traffico delle materie prime ceramiche. Quivi l’argilla viene scaricata dalle navi mediante gru mobili
ed un incessante andirivieni di autocarri la trasporta dalle banchine ai depositi, in cui viene sottoposta ad un ulteriore
trattamento di deferrizzazione e frangizollatura.
All’interno dei magazzini, l’argilla viene costantemente movimentata per garantire una perfetta essiccazione e
omogeneità.
I nastri trasportatori degli impianti di frangizollatura (staker) possono caricare l’argilla direttamente sugli
autocarri per essere trasportata alle aziende ceramiche.
I depositi presenti nel porto di Ravenna arrivano a contenere fino a 250.000 tonnellate di prodotto e
garantiscono una costante disponibilità di materia prima.
58
Il trasporto verso le aziende ceramiche avviene prevalentemente via gomma, anche se il porto di Ravenna
dispone di un collegamento ferroviario che termina con lo scalo di Dinazzano, situato in una zona contigua al
distretto ceramico.
La quantità di argille ucraine che viaggia via ferrovia è molto esigua rispetto a quella che viaggia su gomma,
al contrario dell’argilla tedesca e francese che utilizzano la ferrovia come mezzo di trasporto privilegiato.
Feldspato sodico (Turchia)
L’organizzazione della logistica che conduce il feldspato turco dalle cave alle aziende ceramiche è per molti
aspetti simile al cammino compiuto dall’argilla ucraina.
Il feldspato sodico proviene dalla regione del Massiccio del Menderes, ad ovest della penisola Anatomica. Nei
bacini di estrazione il minerale subisce alcune lavorazioni (vagliatura e frangizollatura) prima di essere avviato
all’esportazione14.
Se il materiale non viene sottoposto ad ulteriori trattamenti, e per questo motivo è chiamato “feldspato sodico
standard”, prende la strada del distretto ceramico di Sassuolo seguendo due distinti percorsi e modalità trasporto
(Fig. 4.2):
• raggiungere su autocarri il vicino porto di Gulluk, per poi essere stivato nelle navi da carico. La scelta di
utilizzare questo porto è conveniente se i volumi esportati sono stabili e di piccola entità;
• sfruttare il tratto ferroviario che collega la zona di produzione con il porto d’Izmir, più attrezzato del
precedente per movimentare grandi volumi. In questo caso il feldspato viene caricato direttamente in
container. Si tratta di una alternativa più onerosa in termini economici (maggiore distanza da percorrere e
tempi più lunghi), soprattutto se le quantità movimentate sono ridotte. Al contrario, se le quantità di
feldspato spedite giornalmente sono elevate, è preferibile servirsi del porto d’Izmir, dotato di un ampio
parco navi e di strutture più efficienti.
Dai porti turchi la materia prima raggiunge Ravenna da dove il feldspato viene trasbordato dalle navi su
autocarri che provvedono a riporlo negli appositi depositi a fianco della banchina, da dove sempre attraverso il
trasporto su gomma compie l’ultimo tratto del suo viaggio verso i magazzini di stoccaggio delle imprese ceramiche a
Sassuolo.
Figura 4.2 - Percorso del feldspato turco
Ankara
Izmir
MASSICCIO MENDEREZ
Cine
TURCHIA
Gulluk
Ferrovia
Zona di estrazione del
feldspato
Porto
14 Oltre al semplice processo meccanico che riguarda la frangizollatura e la vagliatura, si sono elaborati altri metodi collaterali
quali la flottazione e la separazione magnetica, che deferrizzano il feldspato al fine di renderlo più adatto alla produzione di gres
porcellanato.
59
Sabbie feldspatiche e quarzose
Le sabbie, a differenza dei minerali precedenti, presentano un’organizzazione logistica meno complessa. Le
quantità di materiale estratte nell’Appennino Bolognese, Modenese e Reggiano non necessitano di numerosi
spostamenti per arrivare nel distretto di Sassuolo.
Una volta sottoposte al processo di vagliatura, che avviene in impianti situati nel luogo di estrazione, le sabbie
via autocarri sono trasferite alle aziende ceramiche.
Per quanto concerne le sabbie silicee provenienti dalla Sardegna, l’iter da seguire prevede diverse fasi.
Analogamente al caso delle sabbie emiliane, i minerali dopo aver subito il medesimo processo di vagliatura,
vengono avviate al terminal di Porto Torres - principale scalo marittimo utilizzato per il traffico delle materie prime
provenienti dalla Sardegna – e collocate nelle stive delle navi che le condurranno nei rispettivi porti d’approdo. I porti
di destinazione più utilizzati sono La Spezia e Livorno, da dove su strada il materiale raggiunge gli stabilimenti
ceramici di destinazione (Fig. 4.3).
Figura 4.3 - Zone di estrazione delle sabbie feldspatiche e quarzose
Appennino
Modenese
Appennino
Bolognese
Porto Torres
Sassari
La Sila
Porto
Zone di estrazione
delle sabbie
Caolino
Il caolino ricopre un ruolo sempre più marginale nel panorama delle materie prime ceramiche.
Il suo utilizzo, riservato alla produzione di gres porcellanato, è diminuito drasticamente negli ultimi anni, in seguito
alla riformulazione degli impasti che ha valorizzato altre materie prime ritenute più performanti.
Malgrado ciò, i paesi di origine di questo minerale, continuano seppur debolmente ad esportare nel distretto volumi di
materiale di ottima qualità.
60
4.2 La logistica come soluzione ai costi di trasporto
Uno delle problematiche centrali nel settore delle materie prime è la logistica, in quanto gli acquirenti, dal loro
punto di vista, considerano i costi sulla base del franco destino. A questa grandezza economica concorrono diverse
voci di costo alcune della quali hanno subito in tempi recenti continui rincari e tutte - pur in misura diversa – legate
alla dinamica dei prezzi del petrolio.
Il trasporto incide sul costo delle materie prime nella misura del 65%, circa due terzi. Le componenti del
costo del trasporto sono il prezzo dei noli marittimi e il prezzo del carburante. Di seguito si presenta la struttura di
costo relativa alle principali materie prime.
Prezzo del feldspato turco
Il prezzo franco destino nel 2005 del feldspato turco si è attestato attorno ai 40 euro per tonnellata.
I feldspati che superano questa soglia di prezzo si differenziano per la qualità superiore ottenuta attraverso
processi di selezione più sofisticati.
Alla formazione di questo costo concorrono diverse componenti (Tab. 4.1):
•
•
•
•
il Fob (Cost)
il nolo (Freight)
lo scarico della merce dalla nave ed il carico sull’autocarro
il trasporto dal porto di arrivo allo stabilimento ceramico
Il Fob (Free on Board) è la clausola di trasporto marittimo con la quale si stabilisce che le spese e i rischi di
danni alla merce trasportata gravino sul venditore fino al momento in cui la merce viene imbarcata, mentre sono a
carico del compratore spese e rischi riguardanti il trasporto e lo scarico a destino.
Il contratto di trasporto e di assicurazioni vengono stipulati dal compratore, che deve comunicare in tempo
utile il nome della nave, la banchina e la data d’imbarco.
Nel 2005 il valore del Fob dal porto di Gulluk, situato ad est della Turchia, era di circa 15 $ a tonnellata.
Al Fob, il fornitore applica poi un margine di ricarico che si traduce in un aumento di circa 3-4 $ del prezzo di
vendita.
Il nolo marittimo (Freight) corrisponde al costo di trasporto del materiale dal porto d’imbarco (Gulluk) al porto
di destinazione (Ravenna).
Il costo imputabile alle operazioni di scarico del materiale dalla nave e del successivo carico su autocarri è di
4.5 euro per tonnellata, mentre il corrispettivo per il trasporto dal porto di arrivo alle ceramiche è di 8 euro per
tonnellata.
La parte superiore della tabella mostra in dettaglio le componenti di costo che hanno concorso a determinare
il valore del Fob. Tali componenti comprendono:
i costi diretti di produzione, associati alle attività di estrazione del feldspato;
i costi indiretti, vale a dire quei costi non direttamente connessi ai prodotti quali salari e stipendi,
assicurazioni;
il costo di trasporto dalla cava allo stabilimento per la lavorazione del minerale.
La somma totale di queste voci dà luogo al costo a magazzino, ossia alla spesa sostenuta dal produttore
prima di stoccare il materiale estratto. Prima di ottenere il Fob occorre aggiungere altri oneri legati a:
attività di macinazione;
trasporto su gomma dallo stabilimento al porto d’imbarco;
carico del feldspato su nave.
61
Tabella 4.1 - Calcolo del costo Fob Gulluk e del prezzo finale di vendita
Componenti di costo
Valore in $ per t
(2005)
Valore in $ per t
(2006)
Valore in $ per t
(2007)*
Costi di produzione
Costi indiretti (salari, spese assicurative)
Trasporto cava-deposito
Costo a magazzino (Gulluk)
Macinazione
Trasporto magazzino-porto d’imbarco
Carico su nave
Costo Fob ($)
3,00 +
1,20 +
4,50 +
8,70 =
1,20 +
0,80 +
4,20 +
14,90 =
3,00 +
1,20 +
7,00 +
11,20 =
1,35 +
0,90 +
4,20 +
17,65 =
3,00 +
1,20 +
7,00 +
11,20 =
1,35 +
6,00 +
1,00 +
19,55 =
Prezzo di vendita con ricarico venditore ($)
Nolo (freight) ($)
Fob + nolo Ravenna ($)
19,00 +
15,00 +
34,00 =
21,00 +
15,00 +
36,00 =
23,00 +
15,00 +
38,00 =
Valore in € per t
(2005)
Valore in € per t
(2006)
Valore in € per t
(2007)*
27,00 +
4,50 +
8,00 +
39,50 =
28,50 +
4,50 +
8,00 +
41,00 =
30,00 +
4,50 +
8,00 +
42,50 =
Prezzo finale franco destino
Fob + nolo Ravenna (€)
Scarico da nave e carico su autocarro (€)
Trasporto Ravenna-Sassuolo (€)
* Valori stimati
Fonte: Ns. elaborazione
Il risultato complessivo, valutato in dollari, esprime il costo sopportato dal fornitore di materie prime prima che
la merce lasci il porto di partenza.
Il margine applicato al Fob genera il prezzo di vendita che nel 2005 corrisponde a 19 dollari.
Al prezzo di vendita del materiale occorre aggiungere il nolo marittimo che è pari 15 dollari.
La conversione in euro del risultato di norma fa riferimento al tasso di cambio spot. In questo caso si è
considerato il valore medio annuo (1,25).
Nell’anno 2005, la somma tra nolo e prezzo di vendita è di 27 euro per tonnellata.
Il calcolo del prezzo finale franco destino deve includere gli oneri sostenuti per il trasbordo della merce, dalla
nave agli autocarri (4,50 euro per tonnellata) e per il trasporto su strada della stessa verso il distretto di Sassuolo
(8,00 euro a tonnellata).Ogni autocarro ha una capacità massima di 30 tonnellate.
L’andamento dei prezzi del feldspato, così come quello delle argille ucraine, è stato influenzato da due
fenomeni di rilevanza globale:
•
la crescente carenza di naviglio che ha complicato la movimentazione delle materie prime15. Di
conseguenza i prezzi dei noli nel corso del 2004 sono praticamente raddoppiati con ricadute non
irrilevanti.
Il responsabile principale è la Cina, che si è accaparrata di un maggior numero di navi per far fronte ad una domanda di materie
prime cresciuta esponenzialmente.
15
62
All’inizio del 2000 il feldspato sodico turco era infatti precipitato ad un prezzo molto vantaggioso (29 euro a
tonnellata): ciò aveva comportato un immediato adeguamento da parte dei produttori italiani di piastrelle
nella composizione delle ricette degli impasti, finalizzato all’utilizzo di materie prime meno costose e al
tempo stesso performanti, a discapito però dell’industria mineraria nazionale. In seguito ai rincari del 2004,
il feldspato turco, ha superato la soglia di 40 euro a tonnellata e i produttori italiani tornano a fare maggiore
affidamento alla materia prima nazionale.
•
l’aumento della quotazione del petrolio che ha coinvolto in primis il prezzo dei noli, il prezzo del carburante
utilizzato per alimentare tutti i mezzi di trasporto e di movimentazione/lavorazione della materia prima
(navi, autocarri, macchine movimento terra).
Un altro elemento che, nel 2006, ha contribuito a gonfiare i costi di trasporto è stata l’introduzione di una
normativa europea che ha ridotto il volume di merce trasportabile da un autocarro.
Le previsioni a breve termine sono orientate ad un ulteriore rincaro dei costi con un effetto depressivo sulla
competitività del feldspato turco a favore di quello nazionale anche se meno performante sul piano qualitativo.
La difesa della posizione di mercato dei turchi passa attraverso la riduzione dei prezzi e la conseguente
compressione dei margini in un settore nel quale i margini sono già molto compressi.
Non resta che confidare in un miglioramento delle condizioni di mercato dei noli; Cina permettendo.
Prezzo dell’argilla ucraina
Analoghe considerazioni valgono per l’argilla che ha risentito dell’aumento del prezzo dei noli del 2004 e del
carburante. Attualmente però, le argille vantano un rapporto qualità/prezzo ancora favorevole poiché i costi, sono in
parte mitigati dal tasso di cambio dollaro/euro.
Tuttavia, qualora il dollaro dovesse riguadagnare terreno nei confronti della moneta europea, i prezzi delle
argille “ made in Ucraina” diverrebbero proibitivi.
Il prezzo finale ammonta a 65 euro a tonnellata e la sua composizione è pressoché in linea con quella del
feldspato.
Per quanto concerne il trasporto via nave, l’acquirente, come in precedenza, deve sostenere un costo
variabile tra i 15 e i 20 $.
Invariato rimane anche il prezzo del trasporto dal porto di Ravenna al distretto ceramico che equivale a 8
euro.
Le cause all’origine della differenza di prezzo nei confronti del feldspato sono riconducibili essenzialmente a
due fattori:
•
•
le argille, una volta giunte nel porto di destinazione, devono essere conservate all’interno di depositi coperti
al riparo dalla pioggia;
l’ulteriore processo di lavorazione (rifrangizollatura) a cui deve essere sottoposta l’argilla, prima di
raggiungere gli stabilimenti ceramici.
L’argilla ucraina, nonostante non sia così a buon mercato, continua ad incontrare il favore dei produttori di
piastrelle, soprattutto in relazione alla sua qualità e adattabilità al gres porcellanato16.
Sul fronte del prezzo, la tendenza volge verso la stabilità in quanto attualmente il cambio dollaro/euro vede la
moneta americana più debole rispetto alla divisa europea e ciò costituisce un incentivo a proseguire
l’approvvigionamento dell’argilla ucraina.
Nonostante il prodotto ucraino resti la materia prima di riferimento degli approvvigionamenti, un ruolo non
marginale è occupato dalle argille tedesche che, dal lato dei prezzi, presentano aspetti piuttosto simili o perlomeno
non evidenziano scostamenti rilevanti.
Il prezzo finale dell’argilla proveniente dal Westerwald e dalla Sassonia è compreso tra i 60 e i 65 euro a
tonnellata.
Ciò che differenzia questo prodotto dal punto di vista logistico è l’impiego della ferrovia come mezzo di
trasporto.
In questo caso, oltre al costo intrinseco della materia prima, il prezzo è calcolato sulla base della distanza
della stazione di partenza a quella di destinazione a cui si aggiunge il costo del tratto su gomma dallo scalo di arrivo
alle aziende ceramiche.
Il basso tenore di ferro (0,9%) e titanio (0,7-8%) garantisce un bianco che rispecchia l’attuale tendenza estetica del mercato,
ossia la preferenza per tonalità chiare, che emulano la pietra bianca, il marmo di Carrara.
16
63
4.3 La logistica in entrata nel distretto ceramico di Sassuolo: lo sbilanciamento delle soluzioni di trasporto
Nel comprensorio ceramico di Sassuolo si concentra l’80% della produzione italiana di piastrelle e il 9% di
quella mondiale.
Il mutato contesto competitivo ha imposto un adeguamento delle strategie produttive e commerciali da parte
delle imprese ceramiche, con un conseguente impatto anche sui comportamenti trasportistici.
L’attuale inefficienza del sistema logistico e dei trasporti risultava infatti essere sostenibile negli anni di scarsa
concorrenza del prodotto, in quanto il peso della logistica poteva essere assorbito dai costi di produzione e da un
sistema viario non ancora collassato.
Negli ultimi anni, la mancanza di interventi di potenziamento e modernizzazione della rete infrastrutturale, ha
acuito in misura ulteriore il problema della mobilità nel distretto.
L’incremento dei costi di trasporto non è soltanto una diretta conseguenza dell’aumento del prezzo del
petrolio, ma deriva anche da una gestione inefficiente della rete logistica e nella incapacità di bilanciare il ricorso a
diverse modalità di trasporto delle merci.
La ferrovia, infatti, fornisce un apporto marginale alla movimentazione delle merci, circa il 15%, mentre il
sistema dell’autotrasporto, principale “partner logistico” della produzione ceramica, gestisce il restante 85%17.
Il trasporto ferroviario, malgrado le potenzialità esistenti, stenta, quindi, a decollare. Attualmente, tre sono i
principali nodi di riferimento:
• lo scalo di Dinazzano, sul quale si attestano sia i treni blocco di argille provenienti dalla Germania, sia
i convogli di piastrelle condizionate in container e dirette ai porti;
• lo scalo di Modena, entrato in concorrenza con il precedente nell’approvvigionamento di argille. La
sua localizzazione nel tessuto urbano rende tuttavia inadeguati lamovimentazione ed il trasporto di
materiali inquinanti;
• lo scalo di Rubiera, al servizio non esclusivo del distretto ceramico.
Per il mondo ceramico lo scalo di Dinazzano è considerato il punto logistico più importante, sia per i volumi di
merci movimentati sia per la struttura di cui esso dispone.
La sua realizzazione nasce dall’intento di mettere a disposizione delle imprese ceramiche una struttura in
grado di consentire trasporti economicamente vantaggiosi e alleggerire il traffico stradale del maggior numero
possibile di mezzi pesanti con notevoli miglioramenti dal punto di vista dell’impatto ambientale.
Lo scalo, reso operativo nel 1985, era dotato inizialmente di un unico binario per il carico e lo scarico ed
adibito al traffico di argille provenienti dalla Westfalia. Grazie al lavoro di ampliamento può contare, oggi, su tre
binari di lavorazione merci oltre che su nuovi binari per le manovre.
Nel 2005 lo scalo di Dinazzano è stato raggiunto da oltre unmilione e duecento mila tonnellate di merci,
rispetto alle 244 mila del 1985 anno di attivazione (Fig. 4.4).
Tonnellate
Figura 4.4 - Materie prime arrivate nello scalo di Dinazzano - periodo 1985-2005
1.400.000
1.200.000
1.000.000
800.000
600.000
400.000
200.000
0
1985
1990
1995
2000
2005
Anni
Volumi materie prime
Fonte: Ns. elaborazioni da ACT
I vagoni merci che hanno fatto scalo a Dinazzano nel 2005 sono stati 27.358. Il contenuto era composto da
argille per il 64,2%, da feldspati per il 28,5% e da caolino per lo 0,3%.
Secondo i dati disponibili, ogni giorno entrano ed escono dal comprensorio dai 4.000 ai 6.000 veicoli pesanti, ai quali si
aggiungono gli automezzi utilizzati per gli spostamenti di breve distanza tra gli stabilimenti e tra questi e i sub-fornitori.
17
64
Il principale paese estero fornitore dello scalo per le materie prime destinate all’industria ceramica è la
Germania che, nel 2005, ha inviato 8.411 vagoni carichi di 580.181 tonnellate di merci18.
Ravenna e Genova sono i principali porti italiani da cui giungono le merci trasportate via acqua.
Nel 2005 da Ravenna a Dinazzano sono state trasportate 414.961 tonnellate di merci con un incremento del
14% rispetto all’anno precedente (Tab. 4.2, Tab. 4.3 e Fig. 4.3).
Tabella 4.2 - Materie prime ceramiche movimentate nello scalo di Dinazzano nel 2005
TIPOLOGIE
Vagoni arrivati
Tonnellate arrivate
Argille
12.235
767.791
Feldspati
4.996
340.964
Caolino
68
3.965
Container
9.983
80.586
Altre
76
780
TOTALE
27.358
1.194.087
Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006
Tabella 4.3 - Provenienza materie prime ceramiche transitate dallo scalo di Dinazzano nel 2005
PROVENIENZA
Vagoni arrivati
Tonnellate arrivate
Genova
6.868
61.342
Livorno
970
5.173
Ravenna
8.869
414.961
Sardegna
245
9.742
Germania
8.411
580.181
Sassonia
571
31.857
Francia
1.360
89.540
Altre
64
1.291
TOTALE
27.358
1.194.087
Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006
Solo la Sassonia ha mandato 571 vagoni con 31.857 tonnellate di materia prima. La Francia ha esportato 89.540 tonnellate di
materiale contenuto in 1.360 vagoni.
18
65
Figura 4.3 - Composizione delle materie prime ceramiche a Dinazzano nel 2005
0,3%
6,7%
0,0%
28,6%
Argille
Feldspati
64,4%
Caolino
Container
Altre
Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006
4.4 Razionalizzazione dell’approvvigionamento di materie prime:alcuni interventi
Razionalizzare l’approvvigionamento delle materie prime significa renderlo più razionale, più adeguato allo
scopo principale del distretto ceramico: il miglioramento della sua competitività.
Tra le molteplici azioni concluse in tal senso, alcune hanno condotto a risultati concreti, tangibili. Tuttavia nella
maggior parte dei casi, gli sforzi profusi in tale ambito non sono stati compensati da risposte efficaci e durature nel
lungo periodo.
La prima tappa che ha segnato l’inizio del processo di razionalizzazione è stata la nascita, nel 1998, di
Assocargo che ha potenziato il trasporto via ferro e via mare delle materie prime19.
L’opera di ottimizzazione degli approvvigionamenti sotto il profilo logistico di Assocargo si è consolidata ed
articolata sul piano operativo con la costituzione di Cargo Ship e Cargo Clay20alle quali sono state affidate specifiche
missioni ed obiettivi:
•
•
specializzazione nel trasporto via nave da un lato e via ferrovia dall’altro;
gestione dei traffici più efficiente e conseguente ottimizzazione dei tempi e dei costi di trasporto.
L’insieme delle misure adottate e delle iniziative messe in campo dalle due società di trasporto si sono
rivelate, tuttavia, funzionali al processo di razionalizzazione degli approvvigionamenti di materie prime del distretto
ceramico.
Ciò nonostante permangono situazioni che non trovano risposte concrete o incontrano difficoltà di attuazione ,
che per essere rimosse richiedono il verificarsi di alcune condizioni e tra queste una maggior collaborazione tra
attori economici ed istituzioni e soprattutto un comportamento maggiormente proattivo delle aziende ceramiche. Solo
attraverso l’interazione e la cooperazione è possibile ridurre i tempi di realizzazione delle azioni intraprese e
raggiungere quegli obiettivi che l’industria ceramica ha posto come priorità per l’immediato futuro, tra i quali:
offrire un’alternativa ai tradizionali sistemi di trasporto;
risparmiare sui costi di trasporto;
ridurre l’autotrasporto attraverso l’intermodalità.
Assocargo nasce in seno ad Assopiastrelle con lo scopo di migliorare l’organizzazione del trasporto delle materie prime.
La società, che si avvale della collaborazione delle Ferrovie dello Stato, inizia ad operare con i soli mandati conferiti dai primi
clienti per singole tipologie di materie prime e per tratte limitate.
20 Cargo Ship si occupa dei trasporti che vedono l’utilizzo della nave quale modalità prevalente.
In particolare essa gestisce le tratte con la Sardegna (in cui controlla il 30% del totale dei traffici di argilla), Turchia e Portogallo,
mentre l’Ucraina rappresenta il prossimo obiettivo.
Cargo Clay opera nel trasporto di argille estratte in Germania e Francia e delle altre destinazioni che prediligono l’utilizzo del
treno.
19
66
4.4.1
Comportamenti e peculiarita’ logistiche del settore ceramico
Tra i punti critici che caratterizzano l’approccio logistico, fondamentale è il comportamento comune assunto
dalle aziende ceramiche del distretto. Tale comportamento è caratterizzato da:
• una logistica di produzione poco organizzata:
• il modello produttivo adottato è “tirato dai volumi”, si produce per vendere e ciò genera un grande
accumulo di scorte a magazzino,
• solo poche grandi imprese controllano i flussi intercompany con servizi organizzati,
• prevale la tendenza a non ottimizzare i carichi, specie sulla breve percorrenza
• acquisto franco destino:
• i fornitori, tra cui quelli di materie prime, terziarizzano il trasporto ad operatori specializzati,
conseguentemente il controllo logistico dei flussi di approvvigionamento e la scelta di modalità di trasporto
avvengono al di fuori del perimetro di controllo ed influenza delle imprese ceramiche
• vendita franco fabbrica:
- assenza di una cultura industriale, peculiare soprattutto alle piccole e medie imprese ceramiche che
sottende la diffidenza nei confronti della vendita franco destino,
- assenza di controllo sui flussi in uscita (outbound), la cui gestione è affidata ad una pluralità di operatori,
ognuno dei quali organizza la propria attività di presa/consegna ed ottimizza carichi e flussi in base alle
esigenze del cliente finale, prevalentemente estero.
• costi di trasporto:
- la percezione della logistica come ambito “residuale” implica una mancata identificazione di tutti i costi
connessi al trasporto e alla logistica,
- la limitata presenza di grandi imprese, innovative dal punto di vista logistico, ha ostacolato la diffusione di
best practices,
- il rischio per le imprese più deboli di subire i mutamenti globali in atto e di perdere
progressivamente il controllo dei propri mercati di sbocco è elevato.
4.4.2
Le modalita’ dell’incontro tra domanda e offerta di trasporto
L’incontro tra domanda e offerta di trasporto è caratterizzata da:
• scarsa integrazione funzionale tra le imprese ceramiche con gli operatori di trasporto che si
traduce in:
o tempi di preavviso della spedizione ristretti e condizionati al rispetto della tempistica di produzione
dell’impresa,
o forte concorrenza causata dalla vendita franco fabbrica che alimenta un’offerta di
trasporto vasta e
frammentata,
o rilevanza di comportamenti e scelte aziendali dei produttori di ceramica, non facilmente modificabili con
politiche pubbliche nel medio periodo.
• scarsa importanza al servizio ferroviario:
• il trasporto ferroviario è utilizzato prevalentemente per necessità, in presenza di una significativa domanda
potenziale non ancora soddisfatta
• assenza di un quadro di riferimento delle tracce orarie e dell’offerta disponibile
• nuovo assetto infrastrutture (reti e nodi):
- nodi quali i grandi centri intermodali (Dinazzano) hanno una forte rilevanza funzionale e
possono svolgere un importante ruolo nell’aggregazione dell’offerta di trasporto
- una congestione diffusa e difficoltà di attraversamento dei centri abitati ostacolano
la viabilità del distretto ceramico,
- i ritardi accumulati dai grandi progetti infrastrutturali rischiano di compromettere la
competitività delle imprese ceramiche.
67
4.4.3
Focus sull’offerta di servizi di trasporto nell’area ceramica
Il servizio ferroviario
Nella gestione della catena del trasporto ferroviario tradizionale o intermodale, l’operatore ferroviario esercita
un ruolo fondamentale, definendo un’offerta di servizi (movimentazione di carri e carichi, acquisto delle tracce orarie
e di altri servizi strumentali alla realizzazione dei convogli) e interagendo con una varietà di soggetti (spedizionieri e
caricatori).
Il nodo di Dinazzano rappresenta uno dei più importanti centri di servizi intermodali localizzati vicino al
comprensorio ceramico ed è destinato ad ampliare il suo raggio di attività.
La ferrovia, fra tutti i mezzi di trasporto disponibili, costituisce una valida alternativa in quanto presenta
benefici non solo economici ma anche sociali, perché consentirebbe di eliminare il monopolio dell’autotrasporto.
Malgrado i vantaggi del trasporto ferroviario siano palesemente noti, lo sfruttamento delle sue risorse continua
ad essere limitato e spesso i disservizi prevalgono sull’efficienza organizzativa.
I principali punti di forza e limiti dei servizi ferroviari sono riassunti nella tabella 4.4.
L’opera d’intervento necessaria a migliorare il servizio ferroviario abbraccia non soltanto gli aspetti
prettamente gestionali che denotano forti lacune, ma riguarda anche l’assetto infrastrutturale che abbisogna di nuove
attrezzature e progetti di ristrutturazione.
Tabella 4.4 - Principali vantaggi e limiti dei servizi ferroviari
PUNTI DI FORZA
CRITICITA’
Inefficienze presso i nodi (movimentazione carri e
unità di carico)
Importante infrastruttura
(Dinazzano) già operativa
e in via di espansione
Rigidità negli orari di apertura/chiusura delle
strutture interportuali (formazione convogli)
Aspetti
gestionali
Assenza di un servizio track & tracing (certezza
delle spedizioni), rigidità connesse al contratto
collettivo del personale ferroviario
Minor impatto ambientale
rispetto al trasporto
stradale
Bassa disponibilità di materiale rotabile adeguato
Le linee attuali possono
sostenere un incremento di
traffico previo limitati
investimenti
Scarsità di tracce orarie
Limitatezza di collegamenti merci Internazionali
Aspetti
tecnici
I convogli si possono acquistare solo completi, per
cui il sistema non è accessibile quella fetta di
mercato che non riesce a soddisfare questa
condizione
Fonte: Ns. elaborazione
Servizi di autotrasporto diffuso
Questo segmento dell’offerta di trasporto è a tutt’oggi il più sfruttato sia per il trasporto delle materie prime sia
per le spedizioni del prodotto finito.
Si tratta di imprese di trasporto poco più che monoveicolari, spesso membri di realtà consortili la cui diffusione
si estende su tutto il territorio attiguo al distretto ed il cui servizio principale consiste nell’autotrasporto a carico
completo non di linea. Generalmente non sono dotati della struttura organizzativa, capacità gestionale e
68
imprenditoriale necessarie per elaborare progetti di servizi innovativi o comuni tesi a favorire processi di
emancipazione sul piano aziendale.
Comprensibilmente, data la natura point to point del servizio svolto, nel caso di trasporto stradale a carico
completo, l’interazione e la sinergia con i nodi del sistema ferroviario è assai limitata.
I tentativi di diversificare il trasporto riguardano in primo luogo le materie prime che arrivano via nave al porto
di Ravenna.
L’esigenza di adottare differenti canali di trasporto nasce dai costi sociali provocati dall’autotrasporto e dagli
effetti inquinanti che si generano.
Uno dei problemi principali che affligge le spedizioni su strada è determinata spesso dalle quantità di merci
trasportate che superano i limiti consentiti per legge e che gli autotrasportatori guidano per molte (troppe) ore
consecutivamente.
Per mitigare queste inefficienze è indispensabile che il trasporto su ferrovia diventi più competitivo e che i
collegamenti tra scali ferroviari e porti marittimi diventino più efficaci.
La ragione per la quale il trasporto su gomma spiega l’85% della distribuzione delle materie prime è insita nei
vantaggi che assicura e a cui si accompagnano anche evidenti limiti (Tab. 4.5).
Tabella 4.5 - Principali vantaggi e limiti dell’autotrasporto
PUNTI DI FORZA
CRITICITA’
Competitiva di prezzo
Elevati costi sociali (danni alla salute della
collettività)
Flessibilità
Inquinamento atmosferico ed acustico
Rapidità e capillarità del servizio
Alti livelli di congestione del traffico stradale
con diminuzione dell’efficienza viaria
Sistema di offerta concorrenziale
Ripercussioni sulla competitività del distretto
ceramico
Fonte: Ns. elaborazione
4.4.4
Dall’”immobilismo logistico” alle soluzioni possibili: alcune ipotesi
Dopo avere esposto le criticità che affliggono l’organizzazione dei servizi di trasporto dell’area ceramica, di
seguito si avanzano alcune ipotesi da verificare e se sostenute da un qualche grado di fondatezza, potrebbero
orientare le linee di azione per favorire una migliore razionalizzazione del trasporto merci.
1)
Importazione prodotto materie prime da paesi europei (Francia/Germania)
Attualmente le modalità di trasporto della materia prima (caolino, argilla) prevedono un carico da cava a
strada, da strada a ferrovia e quindi uno scarico da ferrovia a strada, subendo per ben due volte movimento con
facchinaggio (Fig. 4.4).
Investendo su container già dotati di requisiti per il trasporto di detta materia prima, questo potrebbe avvenire
eliminando le due movimentazioni di carico e scarico.
Si avrebbe, infatti, solamente la movimentazione del contenitore da strada a ferrovia, in quanto il materiale
sarebbe caricato in cava e scaricato solamente una volta arrivato in ceramica.
E’ necessario inoltre valutare la possibilità di tracce ferroviarie maggiormente competitive di quelle attuali.
69
Figura 4.4 - Attuale percorso delle argille tedesche e francesi
CAVA
STRADA
FERROVIA
STRADA
CERAMICA
Fonte: Ns. elaborazione
2)
Importazione prodotto materie prime da paesi extra-europei (Ucraina/Turchia)
Attualmente il trasporto avviene via Ravenna con forti tasse portuali. Dalla cava la materia prima (argilla,
feldspato) passa su strada per poi essere caricata sulla nave. Approdata al porto di Ravenna, la merce raggiunge
l’impresa ceramica attraverso ferrovia, anche se il trasporto su gomma resta la soluzione di trasporto maggiormente
sfruttata (Fig. 4.5).
Si assiste pertanto all’incessante andi-rivieni di mezzi pesanti sulla tratta Ravenna – Bologna - Sassuolo di
cui si sono già illustrati gli effetti.
In questo caso l’investimento su contenitori modificati nella loro struttura interna comporterebbe l’eliminazione
di alcuni passaggi, razionalizzando la gestione del trasporto: la materia prima potrebbe essere caricata direttamente
su vagoni ferroviari dotati di questi contenitori, condotti in ceramica, prima per mezzo di treni programmati e poi solo
nell’ultimo tratto, per mezzo di trattori a ribalta.
Un’altra ipotesi da considerare è l’opportunità di utilizzare il porto di Marghera, poiché, a differenza del porto
di Ravenna, è esente da tassa portuale, possiede un’offerta di movimentazione del prodotto più competitiva e si
trova su una dorsale ferroviaria aperta a migliore contrattazione. Quanto meno risulta singolare l’utilizzo
monopolistico di un unico porto.
Figura 4.5 - Attuale percorso delle argille ucraine e feldspati turchi
FERROVIA
CAVA
STRADA
NAVE
CERAMICA
STRADA
Fonte: Ns. elaborazione
4.5 Considerazioni finali
L’inefficienza del sistema logistico del distretto ceramico di Sassuolo resta tuttora una questione aperta ed è il
frutto della grande disattenzione dimostrata fino ad oggi dagli attori economici ed istituzionali.
La disaffezione verso questo tema è molto evidente nella classe imprenditoriale che si è sempre astenuta dal
risalire alle radici del problema e cercare soluzioni concrete.
La tendenza a scaricare la responsabilità del trasporto verso altri soggetti è già contenuta nel modo di
consegnare le piastrelle ai clienti attraverso la formula del franco stabilimento di produzione.
Attualmente prevale dunque una certa miopia, soprattutto nel capire come funziona e si governa la catena
logistica.
Non è un problema di oggi. E’ figlio della mancanza di un disegno e di una “progettualità di sistema”. Questo
“vuoto” di governo dello sviluppo dell’area ha fatto sì che si trovassero delle soluzioni funzionali alle esigenze di
singole componenti del sistema che nel tempo si sono affermate e che ora appare difficile porle in alternativa ad
altre.
La lentezza con cui si sono portati avanti i progetti di adeguamento infrastrutturale nell’area (strada e
ferrovia), mettono a nudo le condizioni di inadeguatezza della rete sia sul piano della sua consistenza e qualità.
70
Per quanto concerne gli operatori di trasporto, l’inadeguatezza delle strutture ferroviarie ed il deficit di
“capacità organizzativa e gestionale” nell’erogazione del servizio chiamano in gioco l’attore principale del settore: le
ferrovie italiane. Il contributo fornito al trasporto di materie prime ceramiche non va oltre il 15% consegnando così il
mercato nelle mani dell’autotrasporto.
Tra le cause di questo fenomeno è possibile individuare:
- il processo d’acquisto delle materie prime che adotta il sistema del “franco destinatario”. Spesso è lo
stesso fornitore di materie prime che si accolla la responsabilità di gestire l’aspetto logistico, sia per la
maggiore esperienza in questo campo rispetto al produttore ceramico, sia per le dimensioni aziendali
delle imprese fornitrici, che assumono la forma di multinazionali.
- Investimenti (anche se pochi e ritardati, a favore della rete stradale che ha penalizzando lo sviluppo
della rete ferroviaria.
- regime di monopolio del trasporto ferroviario che impedendo l’ingresso ad altri competitor, fa venire
meno quelle condizioni concorrenziali, capaci di incidere sul prezzo, e sul livello di efficienza e sulle
condizioni di servizio.
- maggiore flessibilità del trasporto su gomma rispetto a quello ferroviario la cui debolezza è stata
accresciuta dall’assenza di investimenti volti a garantire un certo livello di versatilità.
In sintesi, al sistema ceramico “allargato” è richiesto una maggiore sensibilità al tema della logistica come
condizione necessaria – ma non sufficiente – per fare maturare la disponibilità degli attori a mettere in campo
un’azione ed un impegno più concreto nella ricerca/realizzazione di soluzioni. Soluzioni non facili, da troppo tempo
rinviate e che soprattutto riportano al centro l’interesse “superiore” del sistema socio-economico locale nel suo
complesso e non delle singole componenti.
71
4.6. Conclusioni
L’analisi del settore delle materie prime ceramiche ha permesso di evidenziare importanti cambiamenti, le cui
conseguenze sono tuttora visibili.
Il fenomeno che, per la sua portata, ha modificato gli assetti e le politiche degli approvvigionamenti dei
produttori ceramici, è stato la graduale internazionalizzazione dei principali mercati delle materie prime.
Gli effetti più tangibili dell’apertura verso fonti internazionali hanno riguardato in primo luogo l’utilizzo di
materiali di provenienza nazionale, i quali, pur registrando sensibili riduzioni nei volumi, hanno tuttavia continuato a
ricoprire un ruolo di primo piano nella produzione di piastrelle.
Se la materia prima locale è stata per anni il prodotto privilegiato e ciò che ha dato l’impulso alla nascita
dell’industria ceramica, questo legame si è affievolito lasciando spazio ad altre alternative che si sono imposte
gradatamente tra le scelte dei produttori.
La scoperta di materiali localizzati in differenti aree geografiche è il risultato della continua azione innovatrice
che ha interessato il prodotto ceramico sia dal lato dei processi produttivi e delle tecnologie, ma anche e soprattutto
sulla ricerca di materiali capaci di garantire prestazioni qualitative ed estetiche elevate.
Dal punto di vista competitivo, la struttura del settore delle materie prime, presenta una struttura oligopolistica,
in cui pochi attori governano il mercato.
Tra gli attuali fornitori internazionali di materie prime, Turchia e Ucraina, con l’affermarsi del gres porcellanato,
da fornitori emergenti hanno progressivamente acquisito un peso notevole, arrivando a conquistare quote molto
significative negli approvvigionamenti.
La Turchia in breve tempo è riuscita a monopolizzare il mercato del feldspato grazie all’enorme disponibilità
ed alla elevata qualità del materiale.
La parabola scendente dell’Ucraina, si deve alle proprietà intrinseche del materiale, la cui colorazione bianca
ne hanno favorito l’impiego nella produzione di gres porcellanato.
Accanto alla straordinaria affermazione dei fornitori appena citati, si è verificata un’involuzione e
stabilizzazione da parte di quei fornitori internazionali che sono considerati i pionieri del processo
d’internazionalizzazione: Francia e Germania, due fornitori storici di argille.
L’introduzione dell’argilla ucraina, ha progressivamente ridotto il flusso di materiali da questi due paesi.
Attualmente un impasto per la produzione di gres porcellanato utilizza circa il 10% di argilla tedesca, mentre la
monocottura chiara, prodotto in costante flessione, ne impiega circa il 25%.
Relativamente alle tendenze future che interesseranno i più importanti mercati delle materie prime, è
prevedibile un sostanziale adeguamento dei volumi di materie prime ai volumi di piastrelle prodotte, che risultano in
lento ma costante calo.
Per quanto riguarda le tipologie di materie prime utilizzate, si prevede un ridimensionamento delle
importazioni di argille ucraine che, a causa dell’aumento dei noli, hanno dovuto assorbire prezzi più elevati e
probabilmente una rivalutazione del prodotto nazionale.
In relazione alle argille tedesche si prospetta una maggiore preferenza per quelle provenienti dalla Sassonia,
perché meglio si adattano alle caratteristiche del gres porcellanato.
Il feldspato turco resterà il prodotto di punta anche se non si può escludere un rafforzamento del feldspato
nazionale proveniente in particolare da Sardegna e Calabria.
Il caolino, nonostante sia stato sostituito da altre materie prime aventi le stesse proprietà, sta registrando
un’inversione di tendenza e ciò potrebbe lasciar preludere ad una nuova riscoperta di questo minerale.
Le sabbie, tutte di origine nazionale, dovrebbero continuare a mantenere i valori odierni, salvo cambiamenti
improvvisi nella produzione di piastrelle.
Data la stretta correlazione tra materie prime e tipologia di prodotto finito, si ritiene che una delle chiavi per
competere nel settore delle piastrelle sia la ricerca continua di nuovi materiali.
Essa costituisce infatti una delle basi su cui fondare l’innovazione di prodotto che, negli ultimi anni, ha assunto
un valore fondamentale per contrastare una concorrenza sempre più aggressiva.
La sfida più importante nel settore ceramico si gioca, quindi, sul terreno dell’innovazione e della qualità.
L’innovazione dei prodotti non si realizza soltanto attraverso miglioramenti incrementali come l’utilizzo di
materiali più performanti.
Innovare vuol dire anche creare prodotti nuovi capaci di rispondere a nuovi bisogni e questo può voler dire
pensare, anche, ad impasti di natura diversa o modi d’applicazione e utilizzi differenti.
72
Se il processo d’internazionalizzazione del mercato delle materie prime ha portato dei benefici nella qualità
dei prodotti, è stato altresì responsabile del forte incremento dei costi di trasporto, a causa delle maggiori distanze
dalla zona di produzione delle piastrelle.
Le ripercussioni di questo fatto sono di portata notevole in quanto si sommano all’aggravio di costo di altri
fattori (energia, lavoro), finendo per indebolire la capacità competitiva sul mercato e le loro performance
economiche.
L’incidenza dei costi di trasporto sul prezzo finale della materia prima è del 65%. Il valore intrinseco del
materiale è infatti poco significativo se comparato al costo sostenuto per la sua movimentazione.
La dinamica del costo del trasporto, ha quindi riproposto il tema della logistica e della movimentazione delle
merci sul territorio: un problema non recente e che ha assunto, oggi, livelli elevati di criticità.
Molto bassa è stata la sensibilità dei produttori di piastrelle verso la logistica ed ancora più basso il livello di
impegno alla partecipazione attiva delle attività connesse alla movimentazione delle merci ed i prodotti. E da qui il
comportamento: “la logistica non è il mio mestiere”.
L’inefficienza del sistema ferroviario, l’arretratezza delle sue strutture, il deficit di competenze organizzative,
hanno accresciuto la disaffezione verso questa modalità di trasporto acuendo il problema logistico dell’area della
ceramica.
Gli investimenti spesso sono risultati inadeguati a sostenere un processo di ampliamento che dopo vent’anni
non si è mai realmente verificato.
L’assenza di un approccio alla logistica ha impedito così il bilanciamento dei mezzi di trasporto, orientando le
aziende ceramiche italiane a privilegiare l’autotrasporto sia per il trasporto delle materie prime e del prodotto finito.
L’esito prevedibile è stato, quindi, lo sviluppo smodato dell’autotrasporto.
In tutto questo l’operatore pubblico (dal livello locale a quello centrale) è stato più spettatore che attore:
rinunciando a disegnare un moderno assetto della rete infrastrutturale e, quando lo ha fatto, lo ha realizzato in modo
incompiuto e tardivo: il nuovo che stato realizzato è nato vecchio.
Il carattere internazionale che ha assunto il mercato delle materie prime ceramiche, la forte dipendenza da
paesi fornitori anche distanti – dipendenza destinata a mantenersi nel prossimo futuro - costituiscono solide
motivazioni alla ricerca di un nuovo approccio al problema della logistica, alla sperimentazione di nuove soluzioni che
siano efficienti sul piano economico ed efficaci nel migliorare il sistema della mobilità nell’area ceramica e delle
condizioni di vita della sua popolazione.
73
BIBLIOGRAFIA
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ASSOPIASTRELLE, “Indagine statistica nazionale”, anno 2005
AUTORITA’ PORTUALE di RAVENNA
Cargo clay s.r.l.
CER “Trasporti” , n.296, anno 2005
“Ceramic world review”, n.64, 2005, focus su “Materie prime e preparazione”
“Ceramic world review”, n.62, 2005, focus su “Gres porcellanato”, “Russia”
“Ceramic world review”, n.59, 2004, focus su “Materie prime”
“Ceramic world review”, n.54, 2003, focus su “Materie prime”
“Ceramic world review”, n.49, 2002, focus su “Materie prime e preparazione”
“Ceramic world review”, n.44, 2001, focus su “Materie prime e preparazione”
“Ceramic world review”, n.29, 1998, focus su “Materie prime”
R.M.GRANT, “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”
P.KOTLER, “Marketing management”
G.PELLICELLI, “Strategie d’impresa”
M.E.PORTER, “La strategia competitiva – Analisi per le decisioni”
REGIONE EMILIA-ROMAGNA, assessorato mobilità e trasporti, “Territorio, imprese, logistica – stato dell’arte e linee
d’intervento regionale”
SOCIETA’ CERAMICA ITALIANA, “Materie prime ceramiche”, 2002
E.VALDANI, G.BERTOLI, “Mercati internazionali e marketing”
74
IL SETTORE MECCANO-CERAMICO:
l’antenna tecnologica dell’industria ceramica
(Tiziano Burso – Alessandro Calabriso)
75
INDICE
INTRODUZIONE
p. 77
CAPITOLO 1 - IL SETTORE MECCANO CERAMICO ITALIANO: PROFILO DI SETTORE
1.1
Un settore giovane figlio dell’industria ceramica
p. 79
1.2
La configurazione strutturale
p. 79
1.3
Il comportamento strategico delle imprese e le “regole” del distretto”
p. 85
1.4
Le trasformazioni strutturali e le performance di mercato
p. 89
CAPITOLO 2 - IL SETTORE MECCANO CERAMICO DEL DISTRETTO DELLA CERAMICA
DI SASSUOLO
2.1
Il profilo delle imprese
p. 93
2.2
I fattori competitivi
p. 98
2.3
Le priorità strategiche
p. 102
2.4
Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo
p. 105
2.5
Mercati e organizzazione delle reti di vendita
p. 106
CAPITOLO 3 - IL PROCESSO DI CRESCITA INTERNAZIONALE
Premessa
p. 109
3.1
L’internazionalizzazione commerciale
p. 109
3.2
L’internazionalizzazione produttiva
p. 113
3.3
La delocalizzazione produttiva: una via senza ritorno?
p. 115
3.4
La competitività delle imprese ceramiche italiane vista dai costruttori di tecnologia italiani
p. 118
CAPITOLO 4 - LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DELLE IMPRESE
4.1
La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese
p. 121
4.2
La dinamica della gestione economica e finanziaria e la redditività
p. 124
4.3
Efficienza gestionale e produttività dei fattori
p. 126
CONCLUSIONI
p. 130
BIBLIOGRAFIA
p. 133
76
INTRODUZIONE
Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla
globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di
Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi.
Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità
competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali
obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore
delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di
piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo.
Il presente rapporto è dedicato al comparto meccano ceramico, che ha assunto nel tempo il ruolo di fucina
e di motore del processo innovativo che ha permesso da un lato l’affermazione dell’industria ceramica italiana nel
mondo e, dall’altro, attraverso la diffusione della tecnologia, favorito la disseminazione della produzione di piastrelle
di ceramica su scala globale.
Le prime imprese del comparto fanno la loro comparsa già negli anni ’50. Si tratta perlopiù di incontri casuali
che vedono tecnici specializzati in produzioni meccaniche di settori diversi piegare ed adattare le loro professionalità
alle esigenze dei produttori ceramici. Lo sviluppo del settore decolla negli anni ’70 favorito dalla forte espansione
dell’industria ceramica che nel corso dei decenni ha accresciuto incessantemente la sua produzione.
Sempre negli anni ’70 arriva l’apertura verso l’estero che consolida il comparto e lo sottrae dalla posizione di
settore di “servizio” o di contorno alla produzione ceramica sassuolese.
Per la rilevanza assunta sul piano strutturale, per il ruolo strategico ricoperto nel favorire l’innovazione di
processo e di prodotto nell’industria ceramica, questa formazione di imprese ha assunto e consolidato una posizione
di riferimento, se non centrale, nel sistema ceramico italiano.
Di questa realtà settoriale la presente analisi fissa alcuni tratti recenti della sua struttura, le dinamiche di
mercato e soprattutto le strategie messe in atto dalle imprese su scala internazionale sia di tipo commerciale che
produttivo. L’analisi privilegia le imprese collocate all’interno del distretto ceramico che rappresenta la culla del
comparto, ospitando oltre il 70% delle imprese dedite alla produzione di tecnologia e beni strumentali per l’industria
ceramica.
Di queste, l’indagine sul campo ha coinvolto 48 imprese. Una base numerica ampiamente significativa e
rappresentativa della realtà settoriale.
Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Un’indagine
sul campo condotta da ricercatori con intervista diretta ha fornito la parte predominante del materiale conoscitivo.
Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, clienti, responsabili di vendita ed area manager hanno
consentito di dare una veste anche qualitativa alla ampia base numerica e quantitativa. Molto utili anche le fonti
secondarie (studi, articoli, pubblicazioni sul settore) nel fornire ulteriori elementi conoscitivi.
Il lavoro si divide idealmente in due parti:
•
la prima (capitolo 1) effettua una rappresentazione del settore meccano-ceramico su scala nazionale. La
base dati che sostiene l’architettura strutturale del settore è quella fornita da Acimac, l’Associazione
Nazionale che rappresenta le imprese del settore. La letteratura di tipo economico-aziendale che guida la
lettura e la ricostruzione dei meccanismi di funzionamento del settore e delle condotte delle imprese è
quella che si rifà al filone “distrettuale”;
•
la seconda parte (restanti capitoli) si concentra sulla componente di settore racchiusa all’interno dell’area
ceramica di Sassuolo: la parte storica e preponderante. La base dei dati a supporto di questo secondo
livello di analisi è stata costruita con una indagine sul campo. Questa ricognizione – che ha interessato 48
imprese - ha permesso una lettura più ravvicinata ed aggiornata dei tratti e delle specificità del comparto a
“ridosso” dell’industria ceramica, delle strategie e delle condotte delle imprese con un’attenzione particole a
quelle dispiegate in ambito internazionale.
L’indagine sul campo è stato condotta nella primavera del 2006, incontrando un diffuso spirito collaborativo tra
le imprese. A tutte queste imprese va la nostra gratitudine per la disponibilità offerta. Alla Dr.ssa Elena Ruozzi, alla
Dr.ssa Chiara Caselli ed al Dr. Alessandro Calabriso va il merito di avere condotto le interviste sul campo.
77
dati.
Alla Dr.ssa Silvia Grappi, va l’ennesimo riconoscimento per il contributo fornito nella fase di elaborazione dei
Un ringraziamento particolare va al Dr. Paolo Gambuli, direttore di Acimac, per il contributo fornito nella fase
di definizione e di impostazione del lavoro e per l’apertura presso le imprese del settore, di grande aiuto nella
conduzione dell’indagine sul campo. Molto preziosi, in particolare, gli spunti e le chiavi di lettura forniti per
comprendere le dinamiche interne del settore e gli orientamenti che guidano le imprese.
78
CAPITOLO PRIMO
IL SETTORE MECCANO-CERAMICO IN ITALIA: PROFILO DI SETTORE
1.1 Un settore giovane figlio dell’industria ceramica
Le prime imprese del comparto fanno la loro comparsa già negli anni ’50. Si tratta perlopiù di incontri casuali
che vedono tecnici specializzati in produzioni meccaniche di settori diversi piegare ed adattare le loro professionalità
alle esigenze dei produttori ceramici. Successivamente la produzione si allarga e compaiono le prime imprese
meccaniche che formano un gruppo autonomo specializzato nella progettazione, produzione e riparazione di
macchine e impianti per l’industria ceramica. Si tratta però ancora di imprese artigiane che si caratterizzano per un
basso grado di innovazione tecnologica e per un intenso utilizzo del lavoro manuale. È in questi anni che si formano
le aziende caposcuola che successivamente ricopriranno un ruolo rilevante nello sviluppo del settore.
Negli anni ’60 la proliferazione continua incessante, alimentata dalla diffusione di processi di spin-off: tecnici e
operai specializzati dipendenti di aziende ceramiche o delle prime aziende impiantiste si staccano dalle case madri
per costituire iniziative produttive indipendenti.
Lo sviluppo del settore decolla negli anni ’70. A favorire la crescita del comparto la forte espansione
dell’industria ceramica che nel corso dei decenni ha accresciuto senza sosta la produzione passando da un’attività di
tipo artigianale ad una produzione di tipo industriale. Ciò ha alimentato le esigenze di specializzazione e la necessità
di parziale deverticalizzazione della produzione delle aziende ceramiche che, alla ricerca di una maggiore
razionalizzazione produttiva, hanno incentivato la fuoriuscita dalle fabbriche di una larga parte del personale tecnico
adibito al reparto officina: meccanici specializzati che costituiranno in seguito le nuove imprese impiantiste.
La disintegrazione verticale del ciclo produttivo e la specializzazione delle imprese per fasi (lavorazioni,
produzioni di componenti, assemblaggio) e per funzioni (progettazione, parte della produzione e
commercializzazione) ha dato vita al nuovo settore con la struttura che fondamentalmente conserva ancora oggi.
Sempre negli anni ’70 arriva l’apertura verso l’estero. Inizia l’attività esportativa che aumenta nei primi anni ’80
sancendo un’inversione di tendenza rispetto al passato quando le imprese si affacciavano solo timidamente sui
mercati internazionali. Questa tendenza consolida il comparto e lo sottrae dalla posizione di settore di contorno alla
produzione ceramica sassuolese.
Intorno alla metà degli anni ’90 il settore entra in una fase di assestamento strutturale: ad un periodo di
sostanziale ininterrotto sviluppo segue una fase di lento e continuo ridimensionamento della base produttiva, una
crescita più lenta del fatturato di settore, ed una azione sui mercati internazionali che non produce i risultati del
passato in termini di esportazioni. Anche per il settore meccano ceramico si presentano i problemi della maturità
settoriale: rallentamento della crescita, surriscaldamento del clima competitivo, revisione degli indirizzi strategici,
ricerca di nuovi fattori competitivi.
1.2 La configurazione strutturale
Il settore meccano-ceramico è definito dalle imprese dedite alla produzione di impianti e macchine per il
processo produttivo delle piastrelle di ceramica da pavimentazione e rivestimento1. In una dimensione più allargata
può comprendere anche le imprese di produzione di impianti e beni strumentali per i settori laterizi, stoviglieria,
sanitari e refrattari. La produzione destinata all’industria ceramica risulta, però, largamente prevalente sulle altre non
superando, queste ultime, il 15%. Il settore presenta una struttura a forte polarizzazione:
•
1
sul piano dimensionale: ad un numero esiguo di imprese di dimensione maggiore si affianca una diffusa
presenza di imprese di dimensione minore. Le prime - alcune della quali collocate all’esterno dell’area ma con
presenze produttive significative al suo interno - ricoprono il ruolo di imprese “guida” orientando le traiettorie
tecnologiche, influenzando le dinamiche sul mercato e le scelte produttive delle imprese (non solo le più
piccole) inserite in reti di subfornitura.
T. Bursi (1984, p. 52).
79
•
sul piano localizzativo: il baricentro geografico del settore è rappresento dall’area ceramica di Sassuolo-Fiorano
nella quale si addensa oltre il 70% delle imprese del settore, mentre il restante si sparge sul territorio
nazionale;
Diversi e noti i fattori localizzativi che hanno favorito nel tempo la concentrazione territoriale delle imprese nel
distretto della ceramica:
Alcuni vanno ricondotti alla locale industria ceramica. La presenza di una nascente, ed in seguito florida
industria ceramica in continua espansione, ha garantito una crescente domanda di beni strumentali che ha protetto e
coltivato la crescita delle aziende meccaniche. Una crescita tirata dall’immissione di dosi crescenti di capitale per
innalzare il livello di meccanizzazione e di automazione dei processi produttivi della ceramica
Altri vanno ricondotti alla sedimentazione di saperi e know how tecnico tipico della industria meccanica o della
produzione di beni strumentali, depositati in alcune importanti realtà aziendali (Officine Reggiane, Fiat Trattori,…)
che in seguito si è polverizzatosi e diffuso sul territorio2.
Altri ancora sono di matrice socio-economica che rinviano alla dinamica demografica ed alla diffusa presenza
di spirito di iniziativa latente nella popolazione e di voglia di fare impresa.
Altri, infine, attengono alla specificità della tecnologia ceramica. Un tipo di tecnologia, all’inizio relativamente
semplice che poteva essere coltivata e sviluppata in un’area a cultura tecnica particolarmente diffusa. Si aggiunga,
inoltre, la modesta soglia di investimenti iniziali necessari per l’avvio di una iniziativa imprenditoriale in scala minima
efficiente.
In sintesi, il fondersi di fattori distrettuali con altri socio-demografici e storici hanno costituito un humus
favorevole alla nascita del comparto. La produzione di ceramica, congiuntamente ai fattori di matrice tecnologica
hanno permesso a questa nuova attività di far presa sul territorio fino ad assumere una dimensione settoriale.
1.2.1 I prodotti
Il settore offre la gamma completa di impianti, macchine per lo svolgimento del processo produttivo della
piastrella di ceramica (Tab. 1.1, Fig. 1.1).
Tabella 1.1 - Settore meccano-ceramico: comparti produttivi e tipologie di impianto
Comparti produttivi
Principali tipologie di impianto
Preparazione materie prime
Mulini a secco, mulini ad umido, bagnatrici, setacci, agitatori, atomizzatori,
impianti di dosaggio
Pressatura
Presse idrauliche, presse a frizione, stampi per presse, impianti per presse,
impilatori per presse.
Essiccazione
Essiccatoi rapidi, essiccatoi a tunnel.
Cottura
Forni a piastre striscianti, a tunnel tradizionali, a tunnel monostrato.
Smaltatura
Linee di smaltatura, macchine serigrafiche, alimentatori per smaltatrici.
Scelta, conf. e pallettizzazazione
Linea di scelta biscotto, di scelta prodotto finito, inscatolatrici, pallettatrici
Carico e scarico
Impilatici, scaricatori per carrelli, incasellatici, scasellatrici
Movimentazione e stoccaggio
Movimento carrelli, carrelli e contenitori, polmoni di stoccaggio
Depurazione
Impianti depurazione acque, depurazione fumi , abbattimento polveri
Fonte: Ns elaborazione da ACIMAC
2 Questi insediamenti industriali hanno fatto da “aziende scuola” ed agito da fattore di incubazione per le nascenti imprese
produttrici di macchinari per la produzione ceramica facilitando un adattamento delle tecnologie esistenti al ciclo ceramico.
80
Figura 1.1 - Settore meccano-ceramico, Ciclo di produzione della piastrella e impianti produttivi necessari
CICLO DI PRODUZIONE DELLA PIASTRELLA
Preparazione
materie prime
1. impianti per la
preparazione terre;
2. macchine per la pressatura
(formatura);
3. stampi per la pressatura;
Pressatura
(stampi)
4. impianti per l’essiccazione
del prodotto;
Essiccatura
rapida
Essiccatura
IMPIANTI PRODUTTIVI
5. impianti di cottura (forni
statici, forni a tunnel, forni a
cottura rapida);
Cottura
Smaltatura
Smaltatura
Cottura
Cottura
6. impianti di smaltatura e
decorazione;
7. macchine per la finitura;
Finitura
Scelta,
confezionamento e
pallettizzazione
Depurazione delle
emissioni;
Attività di carico e
scarico, controllo della
qualità e del processo.
8. macchine per la scelta,
confezionamento e
pallettizzazione;
9. impianti di stoccaggio e
movimentazione;
10. macchine per il controllo
di qualità e processo;
11. strumenti di laboratorio;
12. sistemi di depurazione
Fonte: Ns.elaborazione
L’incidenza delle singole famiglie di macchine sul fatturato di settore è sostanzialmente omogenea. Tuttavia,
presentano una quota maggiore le macchine per la formatura e per la cottura, per le quali la domanda estera di nuovi
impianti ha una spinta rilevante (Fig. 1.2). Anche le macchine per la smaltatura e la decorazione hanno un peso
rilevante; per esse esiste una forte domanda di sostituzione proveniente dal mercato interno per esigenze di rinnovo
della capacità produttiva e di aggiornamento tecnologico.
81
Figura 1.2 - Settore meccano-ceramico: peso delle famiglie di prodotti sul fatturato del settore
Peso famiglie di prodotti sul fatturato settore
6,9%
16,8%
6,5%
15,3%
12,8%
3,5%
0,3%
0,4% 1,1%
Preparazione terre
Essiccazione
Cottura
Sistemi di depurazione
Altro
10,1%
4,8%
14,3%
7,2%
Formatura
Smaltatura e decorazione
Finitura
Controllo di qualità e processo
Stampi
Stoccaggio e movimentazione
Scelta,confezionamento e pallettizzazione
Strumenti di laboratorio
Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
1.2.2 Il profilo delle imprese e la struttura occupazionale
Il loro profilo riflette la configurazione tipica dell’impresa distrettuale: piccola dimensione, conduzione
familiare, radicamento territoriale ed elevata specializzazione produttiva (Fig. 1.3, Tab. 1.2). Accorpamenti aziendali,
espulsioni dal mercato (cessazioni di attività o riconversione della produzione verso altri comparti produttivi), hanno
contribuito nel tempo alla semplificazione della base produttiva. Al 2005 le imprese del settore sono 175 contro le
225 del 1995 (-22%). La riduzione ha interessato in misura prevalente le imprese di minore dimensione.
Figura 1.3 - Settore meccano-ceramico: classi dimensionali d’impresa e incidenza sul fatturato di settore
Classi dimensionali d'impresa e fatturati
70,00%
59,90%
60,00%
51,50%
% fatturato
50,00%
40,00%
aziende
fatturato
30,00%
21,10%
20,00%
10,00%
6,80%
8,30%
14,80%
13,70%
10,20% 9,70%
4,00%
0,00%
1a classe
(0-2,5 mil)
2a classe
(2,5-5 mil)
3a classe
(5-10 mil)
classe
Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
82
4a classe
(10-25 mil)
5a classe
(oltre 25 mil)
Tabella 1.2 - Settore meccano-ceramico: aziende presenti nei comparti produttivo e concentrazione del
fatturato
Numero di imprese
Quota fatturato delle tre maggiori
Famiglie di macchine
imprese
Preparazione terre
34
54%
Formatura
28
81%
Stampi
42
81%
Essiccazione
36
71%
Smaltatura e decorazione
52
51%
Stoccaggio e movimentazione
40
59%
Cottura
38
81%
Finitura
22
46%
Scelta,confezionamento e pallettizzazione
25
68%
Sistemi di depurazione
12
74%
Controllo di qualità e processo
7
81%
Strumenti di laboratorio
12
Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
70%
All’interno del settore nel corso del tempo si è definita una specializzazione dei ruoli tra le imprese ed un
intreccio di relazioni molto fitto: da un lato le imprese maggiori che hanno concentrato le loro risorse e competenze
sulle fasi iniziali e finali del ciclo operativo (R&D, progettaazione, asemblaggio, montaggio e commercializzazione)
allentando il loro impegno sul momento manifatturiero per il quale fanno un ricorso diffuso alla subfornitura ed alle
prestazioni offerte dalle imprese minori. Tutto questo si è riflesso sul profilo organizzativo e di competenza delle
imprese in termini di grado di terziarizzazione, composizione degli organici e profili professionali.
Nelle imprese di minori dimensioni prevale così la componente degli addetti alla produzione (operai), per
scendere al salire delle dimensioni aziendali.
Lo scarto si inverte invece se si guarda al numero di impiegati; esso è più alto nelle aziende di dimensioni
maggiori. La differenza si accentua notevolmente se si prende in considerazione il peso del personale tecnico al
crescere delle dimensioni aziendali.
Questo riscontro richiama la divisione del lavoro instauratasi nel settore: le “grandi” aziende tendono ad
accentrare le funzioni di progettazione e commercializzazione svolgendo un ruolo strategico di capofila nelle
relazioni con il mercato finale, mentre per l’attività produttiva si fa ricorso al decentramento esternalizzando le
lavorazioni presso le imprese di piccole dimensioni.
In termini prospettici, questa divisione dei ruoli sembra destinata ad un ulteriore consolidamento con le
imprese maggiori determinate a confermarsi nel ruolo di attori guida e di regolatori delle dinamiche settoriali. Da
rilevare che il processo di terziarizzazione delle imprese, e quindi di un allentamento dell’impegno nelle attività
manifatturiere, sta prendendo piede anche nelle imprese di dimensione minore. Si tratta di una metamorfosi in parte
inattesa, frutto di spinte esogene (condizioni di costo non più compatibili con la povertà di certe lavorazioni), di
spinte interne (up grading del profilo di competenza tecnico e commerciale) e che sta spingendo imprese a
proporsi sul mercato in modo autonomo dopo aver rivestito in precedenza il ruolo di semplice sub-fornitore.
1.2.3 Le barriere all’entrata
L’organizzazione di tipo distrettuale ha contribuito fortemente ad agevolare l’avvio di nuove intraprese,
abbassando notevolmente le barriere all’entrata sia per imprenditori provenienti dall’esterno ed ancor più per quelli
già immersi nell’atmosfera distrettuale: esternalità positive identificabili nelle economie di agglomerazione, e di
specializzazione, sono alcune delle condizioni facilitanti l’ingresso sul mercato di nuovi attori. Il fitto e variegato
network di relazioni rappresenta inoltre un circuito che favorisce l’accesso alla produzione di beni strumentali.
83
Ciò permette, ad esempio, ad ex-dipendenti di aziende impiantistiche di staccarsi dall’azienda madre e
iniziare un’attività produttiva autonoma investendo solo i propri risparmi e organizzandosi in società, magari con la
partecipazione di altri ex-dipendenti, o in imprese a carattere familiare. Tra l’altro la classica modalità della
lavorazione su commessa riduce di molto il vincolo della disponibilità di capitale iniziale come pure della reperibilità
dei beni capitali per approntare lavorazioni data l’esistenza, sul territorio, di un florido mercato di beni strumentali
usati, ma comunque validi. Lo steso dicasi per l’accesso alle materie prime e all’approvvigionamento di
componentistica e di materiali di consumo facilmente reperibili sul mercato.
Agevole è anche il reperimento di manodopera qualificata a seguito dell’elevata mobilità occupazionale di
operai, impiegati o quadri.
Una barriera può essere rappresentata dalla possibilità di appropriarsi del know how specifico di settore che
può essere costruito e sedimentato solo dopo aver “militato” a lungo nel business. Ebbene questa apparentemente
forte barriera all’ingresso è notevolmente ridimensionata dalle dinamiche distrettuali che vedono una rapida e
frenetica circolazione delle informazioni attraverso vari canali (dipendenti, clienti, fornitori, istituzioni, ecc. )
amplificata dalla mobilità delle risorse umane.
Tutto ciò fa sì che nel comparto meccano-ceramico un nuovo entrante possa in breve tempo integrarsi nel
circuito produttivo e superare impedimenti che in altri contesti settoriali (e non distrettuali) risulterebbe molto costoso
se non irrealizzabile.
Anche le barriere commerciali non si presentano particolarmente elevate: la vicinanza tra le parti contraenti
riduce la necessità di investimenti in comunicazione e promozione; la pubblicità è fatta tramite il passaparola, in
modo informale da tutti gli operatori del settore. Tutto ciò riduce la difficoltà di costruire e sviluppare in breve tempo
una certa base di clientela.
Infine, un discorso più articolato vale per le economie di scala. La tradizionale produzione organizzata
prevalentemente su commessa (e quindi su lotti economici ridotti) e la possibilità di ricorrere per numerose
componenti e parti al mercato delle lavorazioni, riducono l’incidenza dei costi fissi sulla struttura di costo limitando la
soglia di produzione necessaria per beneficiare di economie di scala.
Tutto ciò è vero, ma non per tutte le categorie di impianti offerti dalle aziende. In alcuni comparti, la
produzione richiede un livello iniziale di risorse e di conoscenze tecnologiche di base tale da precludere la possibilità
d’ingresso a nuove imprese che già non abbiano una certa esperienza nel settore o che non presentino una certa
solidità finanziaria. Gli impianti di pressatura e di macinazione sono due aree di produzione per le quali l’accesso è
fortemente bloccato da economie di scala e lo stesso dicasi per la costruzione degli impianti di cottura e di
stoccaggio. Più agevole è invece l’entrata negli altri comparti produttivi per imprese che si volessero dedicare alla
realizzazione di impianti singoli o di componenti di una linea.
Nel primo caso (presse, atomizzatori, forni) l’assetto competitivo assume i tratti tipici di un mercato di
oligopolio differenziato, con poche imprese di medio-grandi dimensioni in posizione dominante mantenuta e difesa
anche ricorrendo ad appropriate manovre di prezzo. Nel secondo caso la situazione è tipicamente quella della
concorrenza monopolistica, con un’accesa competizione tra le imprese che si libera nella forte pressione sui prezzi.
Ed è proprio questa un’ultima barriera che si dimostra letale per numerosi entranti. All’interno del distretto la
contiguità tra domanda di impianti e offerta, nonché la trasparenza di quest’ultima, scatenano una concorrenza di
prezzo formidabile innescata compiacentemente dalle imprese ceramiche che approfittano della vicinanza tra più
fornitori per volgere a loro favore l’esito della trattazione. È questa la più temibile barriera all’entrata che tiene
lontano numerosi potenziali entranti e che molte volte porta all’espulsione di imprese già presenti nel settore.
1.2.4 Le caratteristiche della domanda
La domanda di impianti e macchine per la lavorazione ceramica è strettamente legata alla natura del bene,
che è soggetto all’obsolescenza fisica (logorio ed usura da utilizzo) e tecnologica (costante richiesta di nuovi
macchinari innovativi ed alto performanti da parte delle aziende ceramiche). Tutto questo alimenta una domanda di
sostituzione alla quale si affianca una componente di primo acquisto.
La domanda che si rivolge alle imprese del settore proviene in parte dal mercato domestico: si tratta di una
domanda di sostituzione, molto attenta al contenuto innovativo prestazionale e di servizio e proviene in misura
prevalente dalle aziende del distretto ceramico.
84
La domanda estera - maggioritaria già partire dalla metà degli anni ’80 - si articola sulla componente di
sostituzione: espressa da produttori di piastrelle dell’area dell’Unione Europea, Brasile, Messico e Turchia, che,
senza raggiungere il livello di sofisticazione della domanda italiana, si attesta in ogni caso su buoni livelli trattandosi
di competitor presenti sul mercato da più lungo tempo.
Ad alimentare la componente di domanda di primo acquisto contribuiscono invece i competitor new entry, di
paesi con una industria ceramica giovane (India, Cina3, Iran, Vietnam,….), che richiedono prevalentemente impianti
completi con un livello di sofisticazione tecnologica non “esasperato” ed in linea con lo stadio di sviluppo
dell’industria ceramica locale che mira sostanzialmente a realizzare una produzione di massa e a costi contenuti.
Questa domanda - ma più in generale tutta la componente estera - esprime un più elevato contenuto di
servizio (assistenza pre-vendita, assistenza post-vendita, training del personale).
1.3 Il comportamento strategico e le “regole”del distretto
La struttura di un settore condiziona i comportamenti delle imprese che a loro volta, con il loro agire, possono
influenzare la struttura stessa del settore.
Ciò è tanto più vero per un settore organizzato su base distrettuale, in cui lo scambio e l’influenza tra condotte
delle imprese e assetto settoriale è ancora più amplificato dalla notevole concentrazione territoriale delle imprese e
della produzione. Il settore meccano ceramico riflette pienamente questa fattispecie. Al suo interno, infatti, si rileva
un elevato grado di omogeneità delle condotte aziendali e una ampia diffusione di comportamenti comuni, che
seguono linee strategiche guida condivise da tutti gli attori del settore. Di seguito si proverà a fornire qualche
riscontro relativamente ad alcuni campi ed aree di attività quali: l’organizzazione della produzione, l’attività di R&D e
la diffusione dell’innovazione, l’approccio al mercato internazionale e le relazioni con il settore ceramico.
1.3.1 L’organizzazione della produzione
La rappresentazione del settore, sulla base della modalità e ruolo che assume la funzione produttiva, ci
presenta un settore con una struttura di tipo piramidale (Fig. 1.4). Al vertice si collocano le imprese di maggiore
dimensione: imprese leader o “guida” che ricoprono il ruolo di capofila nelle relazioni con il mercato e segnano le
linee evolutive del settore. Nella posizione immediatamente sottostante si collocano le imprese di dimensioni
intermedie, in numero superiore rispetto alle precedenti, e anch’esse con compiti e funzioni diverse.
Figura 1.4 - Settore meccano ceramico: classificazione imprese in base alla funzione produttiva
Imprese leader
C
o
m
p
l
e
s
s
i
t
à
d
e
l
l
’
o
f
f
e
r
t
a
Imprese
“intermedie”
Imprese minori
D
i
m
e
n
s
i
o
n
i
a
z
i
e
n
d
a
l
i
Numero d’imprese
3 In realtà la corrente di domanda cinese, dopo un forte slancio iniziale degli anni ’90, si è progressivamente ridotta mostrando
segni di precoce maturità dovuti alle progressive restrizioni all’import da parte delle autorità di governo locale che hanno
stimolato la tendenza a riprodurre internamente il bene strumentale.
85
Fonte: Ns. elaborazione
Alla base della piramide si attestano invece le imprese di dimensione minore che, più si scorre verso il basso,
assumono dimensioni sempre più ridotte fino ad arrivare a piccole unità produttive (officine meccaniche o artigiani),
che sfuggono alle statistiche ufficiali ma che nel settore ricoprono una funzione allo stesso modo importante.
Al favorire l’attuale configurazione settoriale e la diversa disposizione delle imprese sul campo hanno
contribuito in misura determinante il processo produttivo della piastrella di ceramica: un processo produttivo che si
sviluppa su più fasi di lavorazione, che richiede una pluralità di impianti ed attrezzature che a loro volta presentano
significative differenze tecniche.
Se si aggiunge il connotato strutturale tipico dell’impresa meccano ceramica (ridotta dimensione e limitata
dotazione di risorse e competenze) si fornisce un ulteriore fattore esplicativo dell’attuale assetto settoriale che si
regge su una chiara divisione di compiti, dove :
•
•
•
un ristretto numero di imprese di dimensione maggiore fornisce impianti completi o “impianti chiavi in
mano”,
le imprese nelle posizioni intermedie propongono un’offerta concentrata su poche famiglie di prodotti e,
oltre a presentarsi direttamente sul mercato di sbocco, si qualificano anche come fornitori di macchine per
gli impiantisti full liner,
i costruttori di minore levatura si limitano a costruire singole macchine o al più alcune famiglie di
macchine.
La divisione del lavoro, inoltre, favorisce l’efficienza globale del sistema, ogni impresa nello svolgimento delle
rispettive attività insegue economie di specializzazione e si relaziona con le altre imprese inserendosi nell’articolata
rete di subfornitura.
Da considerare che anche le piccolissime imprese appartenenti agli strati più bassi posseggono una rete di
propri sub-fornitori; sono gli artigiani e le officine meccaniche, numerose in una terra con un importante passato nel
settore meccanico e una cultura tecnica diffusa, che offrono, oltre alle componenti tecniche per le imprese maggiori,
anche lavorazioni in conto terzi.
Le imprese infatti attraverso la sub-fornitura riescono a contenere le strutture aziendali, ridurre i costi fissi di
impianto e mantenere elevato il loro livello di flessibilità sia quantitativa che qualitativa. Allo stesso tempo, si instaura
sul mercato un elevato e permanente grado di concorrenzialità, in quanto la quantità e la varietà dell’offerta
esercitano una forte pressione al ribasso dei prezzi della fornitura.
Il settore nel suo complesso trae beneficio da questa organizzazione produttiva soprattutto in momenti di crisi
quando un calo della domanda viene assorbito da ogni strato dell’offerta tramite una più o meno uguale riduzione
temporanea del giro d’affari.
Il ricorso alla sub-fornitura coinvolge tutti gli operatori, dai leader del settore alle imprese con ridotto volume
d’affari. Non è raro il ricorso anche estremizzato da parte di imprese che trattengono al loro interno le sole attività di
progettazione e assemblaggio e, per il resto, si limitano a un mero ruolo di “coordinatori” della produzione.
Il tipo di relazioni che intercorrono tra committente e sub-fornitore è prevalentemente di carattere non
strutturato con un livello di investimenti specifici basso. Ciò soprattutto quando si tratta di una fornitura semplice e
standardizzata. In tal caso il ricorso al multiple sourcing per giovarsi della concorrenza tra i fornitori è frequente. È il
committente a trovarsi in una situazione di forza con la possibilità di cambiare rapidamente fornitore a dei switching
costs contenuti.
Tuttavia, non mancano le situazioni in cui committente e fornitore sviluppano una relazione di lungo termine
con investimenti reciproci4. Sembra prendere, così, forma un sistema che si regge su una forte cooperazione
verticale tra imprese, ai diversi strati della piramide, e su un’altrettanto intensa concorrenza orizzontale innescata dai
committenti per beneficiare di migliori condizioni di prezzo. È la competitività complessiva a guadagnarci, grazie
all’azione stringente della concorrenza che sollecita tutti gli attori del comparto a miglioramenti nella propria fase
produttiva per non perdere la sfida con i competitors diretti.
4
Marchi (1999, p. 295).
86
1.3.2 L’attività di R&D e la diffusione dell’innovazione
La limitata levatura della maggior parte delle imprese fa sì che, anche sul piano dell’attività di R&D nel settore,
si instauri una sorta di divisione del lavoro tra le imprese, in modo analogo a quanto accade per l’organizzazione
della produzione.
Il motore dell’innovazione, oltre all’”ansia” delle imprese di distinguersi nel differenziare il proprio prodotto, è
alimentato anche dalla “richiesta di aiuto” da parte della clientela ceramica - sollecitata dalle crescenti pressioni
competitive - a spingere verso l’alto la propria offerta e migliorare il livello di efficienza delle attività di processo. Il
“problema” viene sottoposto all’impresa impiantista per ottenere una soluzione adeguata e da qui, prende avvio il
processo innovativo che coinvolge tutto il settore e che prevede una netta divisione dei compiti e un contributo
distinto tra le diverse imprese del comparto.
Per le innovazioni più radicali che interessano impianti fondamentali del ciclo ceramico e toccano l’intero
processo o che richiedono un’attività di ricerca e sviluppo di base anche significativa (impianti di formatura e cottura),
i protagonisti sono le imprese leader di settore, le sole a detenere risorse finanziarie, competenze e soglie
dimensionali adeguate per approntare tale attività.
Altri compiti attendono le restanti imprese: alcune tra le imprese di dimensione intermedia sviluppano
anch’esse un’attività innovativa di una certa complessità e lungo una linea di discontinuità maggiore rispetto al
passato (introduzione di nuove macchine); altre, insieme alle imprese più sottodimensionate, si esercitano in una
attività innovativa tipicamente basata sul learning by doing. Esse realizzano innovazioni incrementali che nascono
dall’azione di miglioramento nei macchinari ottenuti per tentativi o per errori: le fonti e le sorgenti a cui attingono
sono diverse e tra queste le “conoscenze del fare”, l’inventiva degli artigiani locali, la vicinanza con l’impresa cliente e
il lavorare fianco a fianco con i tecnici dell’impresa ceramica committente.
A fare da cerniera a tutto questo sistema le peculiarità del distretto che permettono una rapida diffusione delle
informazioni in un bacino a cultura tecnica diffusa. Succede infatti che innovazioni radicali introdotte dai leader o da
imprese maggiori vengano presto imitate dalle altre imprese e migliorate grazie alla loro abilità nel combinare la
conoscenza scientifica immessa dalle imprese maggiori nelle macchine con la conoscenza tacita che nasce
dall’esperienza cumulata giorno dopo giorno, o anno dopo anno, a contatto con determinate macchine o con
determinate attività5.
A facilitare il tutto, oltre che la notevole cultura ed esperienza meccanica degli operatori dell’area, il basso
grado di appropriabilità delle innovazioni e, anche per questo, la scarsa propensione a brevettare le innovazioni
incrementali sia:
• per timore che vengano rese note più velocemente le novità introdotte,
• per la brevità di tempo che separa la propria innovazione dalla riproduzione della stessa da parte dei
concorrenti e tacitamente accettano le regole del gioco nella consapevolezza che verrà il turno in cui
saranno essi stessi ad imitare,
• per la difficoltà che presenta la difesa del nuovo prodotto, pur anche protetto da brevetto.
Ancora una volta la divisione dei compiti conferisce dinamicità al settore. Da una parte le grandi imprese che
con le loro innovazioni radicali danno un impulso al sistema distretto. Dall’altra le piccole imprese che con la loro
frenetica attività di imitazione e miglioramento contribuiscono alla crescita del sistema fino a quando l’innovazione di
tipo incrementale non raggiunge un livello di saturazione in cui ogni ulteriore possibilità di perfezionamento viene
meno. A questo punto interviene nuovamente la grande impresa a fornire un nuovo impulso al settore con
l’introduzione di un’altra innovazione radicale che permette a tutto il sistema ceramico di beneficiarne e di continuare
a crescere.
1.3.3 Le relazioni con le imprese clienti
Le relazioni con la clientela ceramica (interna al distretto), le basi che le sostengono, i contenuti che le
nutrono, rappresentano uno dei fattori che meglio spiegano le linee evolutive che si sono affermate nel corso del
tempo su diverse piani: innovazione di prodotto-processo, approcci al mercato internazionale, condivisione di risorse
interne all’area, progettualità condivisa, ed altre ancora.
In origine il comportamento caratteristico che ha contraddistinto l’operato dei produttori di impianti è stato di
continua e stretta collaborazione con la propria clientela. A favorirla la forte concentrazione territoriale dei costruttori
di impianti produttori e degli utilizzatori.
5
S. Brusco (1995b).
87
E’ l’area R&D a rappresentare il principale terreno di collaborazione tra i due attori. Come espresso in
precedenza – introducendo i percorsi che segue lo sviluppo dell’innovazione - al presentarsi di un problema
all’azienda ceramica, questo viene esposto in termini di esigenze e di relativa soluzione al costruttore di macchine:
l’incontro tra il personale tecnico delle due imprese avvia il processo di studio del problema, analisi delle necessità,
vaglio delle possibili linee di intervento e definizione della soluzione.
Non è raro inoltre (ma era più frequente in passato) che il cliente azienda ceramica conceda al costruttore di
sperimentare, testare, e perfezionare nella propria azienda una innovazione, in cambio, una volta terminato l’iter,
dell’utilizzo esclusivo della macchina per un certo periodo di tempo (in genere non superiore all’anno).
Il rapporto di collaborazione è allo stesso modo stretto nell’area dei servizi (assistenza, manutenzione,
detenzione a scorta di parti e componenti), dove l’impegno dei costruttori di impianti - favoriti anche dalla contiguità
alla clientela - si è accresciuto in misura significativa nel corso del tempo.
Il potere contrattuale o di mercato che si esprime nella relazione tra le parti, dipende da diverse condizioni ed
ha segnato nel corso del tempo qualche sbilanciamento.
Se l’oggetto della transazione è l’impianto complesso (pressa, atomizzatore, forno), data la limitata
numerosità di offerenti, il potere tende ad essere bilanciato (anche se a volte premia il costruttore). Quando invece
oggetto della transazione è una parte dell’impianto o un semplice macchinario proposto da un più ampio fronte di
fornitori prevale, come logico attendersi, l’impresa ceramica.
In questa occasione la relazione assume connotati più conflittuali; la clientela ceramica dispiega tutto il potere
negoziale al fine di migliorare a proprio favore le condizioni dello scambio sul piano economico, potendo contare
sulle numerose alternative di fornitura. Ne deriva un surriscaldamento del clima competitivo sul fronte dell’offerta,
all’interno della quale si diffondono politiche di prezzo fortemente orientale al ribasso, la via obbligata per assicurarsi
la fornitura.
A sedare il livello di concorrenza interna al settore e a porre un freno al ricorso a pratiche di price
competition, soccorre in parte la tendenza ad assegnare l’acquisto di un impianto ad un unico costruttore (impresa di
dimensioni maggiori), main-contractor, che acquisisce l’ordine e lo evade ricorrendo alla propria capacità produttiva
e, per i prodotti o parti estranee alla propria gamma, si rivolge a sub-fornitori.
Ne conseguono una serie di vantaggi. L’azienda ceramica semplifica l’attività di acquisto o rinnovo di un
impianto, intrattiene rapporti con un solo produttore, ottiene condizioni di pagamento più favorevoli che compensano
il maggior prezzo rispetto ad una fornitura frammentata gestita in proprio. L’impresa capo-commessa sviluppa attività
a più elevato valore aggiunto quali progettazione, assemblaggio, commercializzazione, e assistenza di impianti
completi. L’impresa minore aggiunge alla sua consueta attività un flusso di commesse più regolare, che concorre a
stabilizzare la sua domanda. Questo tipo di organizzazione della commessa è certamente più frequente per la
clientela internazionale.
1.3.4 L’approccio al mercato internazionale
L’ultimo tratto di specificità che marca il profilo delle imprese meccano-ceramiche del distretto di Sassuolo è
la forte e diffusa propensione alla frequentazione dei mercati internazionali. Si tratta di una vivacità comparabile se
non superiore a quella delle vicine imprese ceramiche, ma che non ha molti riscontri nel panorama nazionale.
Si tratta di una “passione antica” che ha contagiato le imprese fin dagli anni ’70 dopo una breve fase di
disinteresse verso il mercato internazionale. Complice di questo iniziale disinteresse diverse circostanze: la forte
attrazione esercitata dal mercato domestico, ed in special modo dalle aziende ceramiche locali, sufficiente a
garantire un buon livello di crescita; la scarsa predisposizione delle imprese a considerare la componente estera
della domanda come un ulteriore vettore di sviluppo; il presidio delle aree di mercato estero da parte di temibili
competitor internazionali ed altri concorrenti nazionali ma esterni al distretto.
Il riorientamento della direzione delle vendite avviene intorno alla metà degli anni ’70: il forte calo della
domanda interna, che mette in pericolo la sopravvivenza delle imprese, la percezione di un diverso clima competitivo
e migliori condizioni di mercato (minore pressione competitiva sul fronte dell’offerta, crescente attenzione da parte
della domanda) spingono gli imprenditori a guardare al mercato estero che offre nuovi sbocchi alla loro produzione e
a condizioni molto più profittevoli.
Anche in questo ambito ogni impresa ricopre un proprio ruolo al pari di quanto avviene - come visto in
precedenza - per o svolgimento delle attività di produzione e R&D.
A fare da apripista, ovviamente, le imprese più strutturate dotate delle risorse organizzative e finanziarie
necessarie per presentarsi sul mercato internazionale. Gradualmente esse collocano sui mercati esteri quote
88
consistenti della loro produzione ricevendo sempre più commesse di impianti completi e sviluppando un volume
d’affari sempre maggiore.
I propri prodotti si dimostrano sempre più vincenti, grazie anche ad un efficiente distretto che gli permette di
perfezionare la propria produzione. Si costruiscono una reputazione che vale loro la preferenza di molte aziende
ceramiche straniere.
Le esportazioni, tuttavia, non sono esclusivo appannaggio dei grandi impiantisti. Vi è anche la presenza
ridotta ma in costante aumento dei costruttori minori che in un primo momento entrano sul mercato estero “al traino”
delle imprese impiantiste capofila: la loro veste è quella di sub-fornitori che prestano la loro attività al fine di
completare la gamma di offerta che l’impiantista non riesce a coprire integralmente con la propria capacità
produttiva. In seguito, molte di queste imprese sapranno sviluppare una propria capacità esportativa e a presentarsi
in modo autonomo sul mercato internazionale come produttori di singoli impianti o di macchine specializzate.
Infine, tendenza ancora più recente, la comparsa sui mercati esteri delle piccole imprese sub-fornitrici (la
parte bassa della piramidale), anch’esse, all’inizio, “accompagnate” da imprese maggiori ed in seguito “affrancate” in
grado di muoversi in modo autonomo.
Il successo sui mercati internazionali dei costruttori di macchine per ceramica non ha tardato a riverberare
riflessi sulle relazioni con le imprese ceramiche e sul settore ceramico in generale. La profittabilità del mercato estero
ha incoraggiato i costruttori di impianti ad adattare la loro offerta per assecondare le necessità della domanda
internazionale piegando - in qualche misura - a loro favore lo sviluppo delle traiettorie tecnologiche.
Di rimando le imprese ceramiche hanno visto insorgere condizionamenti alla loro attività e dovuto approntare
aggiustamenti su vari fronti per adeguare la loro capacità produttiva alle nuove condizioni che si venivano a creare
sul mercato internazionale.
Emblematico è il caso dell’affermazione della monocottura su pasta bianca che ha prevalso su quella a pasta
rossa. La necessità di indirizzare lo sviluppo lungo una traiettoria tecnologica caratterizzata da una maggiore
affidabilità dei macchinari che sul mercato estero, è fondamentale visto la carenza di cultura tecnica a supporto della
produzione ceramica, ha portato i costruttori di impianti ad offrire macchine che vengono alimentate da materie
prime più raffinate (le “argille bianche”). Ciò ha costretto anche le ceramiche del comprensorio a rivedere il proprio
mix produttivo nonostante fossero dotate di personale con le conoscenze tecniche necessarie per continuare a
lavorare con le paste rosse6.
Un secondo effetto - e di certo il più vistoso e di maggiore impatto - è stata la disseminazione su scala
internazionale della produzione di piastrelle di ceramica a seguito delle diffusione (per mano degli impiantisti italiani)
della tecnologia ceramica. Nel volgere di pochi anni l’Italia, primo produttore mondiale, è stata superata da Cina,
Spagna e Brasile, nell’ordine di primo, secondo e terzo produttore mondiale.
Da queste dinamiche sono discese ricadute non sempre positive. In primo luogo per i produttori ceramici del
distretto che hanno visto dilatarsi l’arena competitiva ed accrescersi il livello del confronto tra un numero sempre più
elevato di contendenti. Inizialmente ha favorito l’ingresso di competitor nei segmenti bassi del mercato dai quali in
seguito hanno mosso alla conquista di ambiti più qualificati.
Anche i costruttori hanno visto il “ritorno” di qualche effetto negativo dalla loro prorompente proiezione
internazionale. Potrebbe essere questo il caso della fornitura di impianti alla nascente industria ceramica cinese che
ha permesso la diffusione di un certo know-how in questo grande mercato. Come noto, in seguito, le crescenti
restrizioni all’import da parte delle autorità di Pechino, hanno favorito la nascita di nuovi competitor, che ad oggi
realizzano una produzione di modesto contenuto tecnologico. In futuro la capacità innovativa di tali produttori non
può che migliorare.
1.4 Le trasformazioni strutturali e le performance di mercato
Il susseguirsi di diverse stagioni, l’avvicendamento di fasi storiche ed evolutive, la revisione dei percorsi
strategici e delle condotte operative delle imprese hanno contribuito a marcare il volto del settore del quale si
fissano in chiave dinamica i tratti più visibili (Tab. 1.3).
In primo luogo la semplificazione della base produttiva che, se letta a partire dalla fine degli anni ’80, mostra
un calo molto evidente per quanto riguarda le imprese (- 22,7%) e gli addetti se pure molto più contenuto (-4%),
frutto di processi di ristrutturazioni aziendali, accorpamenti e cessazioni attività.
A fronte del ridimensionamento strutturale, il settore mette a segno notevoli incrementi del fatturato e delle
esportazioni; performance che vanno messe in relazione alla crescente capacità di valorizzazione delle produzioni
6 Per un approfondimento sull’argomento si rimanda a M.Russo, “La Cina sfida Sassuolo. Ovvero in che modo i processi
innovativi nei distretti possono essere influenzati dalla concorrenza di nuovi sistemi di mercato”,2003.
89
nutrite di un più elevato contenuto tecnico e prestazionale. Ne consegue un netto incremento della produttività del
fattore lavoro sospinta dal crescente grado di terziarizzazione delle imprese, di impegno sulle attività più “ricche” del
ciclo operativo e conseguente alleggerimento degli organici dediti alle operazioni più strettamente manifatturiere. Il
settore intraprende, anche, a partire dai primi anni ’90 un processo di consolidamento dimensionale delle imprese
che però avrà breve vita restando così sorretto da unità aziendali di piccola dimensione.
Tab. 1.3 Profilo evolutivo del settore meccano ceramico italiano. Valori assoluti e %
Export/
Fatturato/
Fatturato
Export
Fatturato
addetti
Anno
Imprese
Addetti
Totale
(mln €)
(%)
(000 €)
(mln €)
1988
202
7.182
860
477
55,5
120
1889
215
7.509
985
550
55,8
131
1990
223
7.894
1.081
632
58,5
137
1991
227
7.706
899
574
63,9
117
1992
227
7.718
1.068
697
65,2
138
1993
220
7.658
1.358
969
71,3
177
1994
225
7.953
1.547
1.055
68,2
195
1995
210
8.446
1.672
1.100
65,8
198
1996
179
8.000
1.606
1.160
72,2
200
1997
182
7.729
1.380
983
71,3
179
1998
178
7.160
1.287
818
63,6
180
1999
181
6.615
1.290
858
66,4
195
2000
190
7.177
1.574
1.032
65,6
144
2001
179
6.476
1.523
1.033
67,8
160
2202
173
6.561
1.452
968
66,7
221
2003
173
6.404
1.402
973
69,4
219
2004
175
6.894
1.593
1.145
71,9
231
2005
156
1.777
1.320
74,3
Var%
-22,7
- 4,0*
106,6
176,7
92,5*
05/89
Fonte: Elaborazioni da Acimac
* Valore sul 2004
N°addetti/
Impresa
35,5
34,9
35,4
33,9
34,0
34,8
35,3
40,2
44,7
42,5
40,2
36,5
37,7
36,2
37,9
37,0
39,4
Il settore vede nel corso degli ultimi 15 anni di vita la forte ascesa del suo fatturato che segue un trend
costellato di diverse oscillazioni annuali piuttosto consistenti, segnalando una ricorrente ciclicità e che riceve il
maggior contributo alla crescita dalla componente di domanda estera a fronte di una sostanziale bassa dinamica
della componente domestica (Fig. 1.5).
Figura 1.5 -. Settore meccano-ceramico: fatturato di settore scomposto per fatturato Italia e fatturato Estero
F a t t ura t o di S e t t o re
Fatturato To tale
Fatturato Estero
Fatturato Italia
2000
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1988
Fonte: Acimac
1889
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
anno
90
1998
1999
2000
2001
2202
2003
2004
2005
La domanda estera presenta diverse fluttuazioni sospinte dal succedersi di diversi accadimenti: alla flessione
dei primi anni ’90 soccorre la correzione della valuta nazionale del 1993 che riconferisce tono alla corrente
esportativa. Segue una nuova flessione verso la metà degli anni ’90 attribuibile al freno all’import deciso dalla Cina,
frenata che verrà assorbita sul finire del decennio. L’entrata in vigore dell’euro, la recessione che ha interessato
l’economia mondiale, i diversi scenari di guerra ed altri avvenimenti, mantengono basso il profilo delle performance
esportative delle imprese.
Le imprese seguono direzioni privilegiate nel collocare la loro produzione all’estro, anche se si è registrato nel
corso del tempo una maggiore articolazione delle destinazioni (Fig. 1.6). I mercati dell’UE si confermano la meta
storica ed ancora preferita dalle imprese. Diverse le aperture di nuovi mercati, che per la loro caratteristica
(condizionamenti di natura politica ed istituzionale, dimensioni, ciclo economico,….) hanno mostrato una capacità di
tenuta molto instabile.
In forte espansione il mercato medio orientale che negli ultimi anni ha avuto una vera e propria esplosione,
candidandosi a divenire il mercato principale del settore meccano-ceramico. Stabile la dinamica delle aree di
mercato del Nord Europa, fortemente cedenti quelle dell’America latina.
Figura 1.6. Settore meccano-ceramico: dinamica delle esportazioni sui principali mercati dal 1993 al 2004*
Dinamica esportazioni
400000
Unione
Europea
Est
Europa
Nord
America
Sud
America
Medio
Oriente
Est Asia
350000
migliaia di euro
300000
250000
200000
150000
100000
Altri Asia
50000
Africa
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Oceania
Fonte: Acimac: Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
* Nell’area Medio Oriente è inserita anche la Turchia, mentre l’area Asia comprende Cina, Taiwan, Hong Kong.
Al flusso di vendite che prende la via del mercato internazionale, l’apporto più consistete viene fornito dalle
imprese di maggiore dimensione e ciò sia in termini di partecipazione che di flussi attivati. Tutto questo grazie al più
robusto profilo dimensionale, organizzativo e finanziario che possono mettere in campo (Fig. 1.7, Fig. 1.8).
Figura 1.7. Settore meccano-ceramico: propensione all’esportazione per classi dimensionali
Propensione all'esportazione per classi
100,00%
90,00%
80,00%
70,00%
60,00%
% fatturato 50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
41,20%
46,20%
47,80%
58,30%
86,40%
58,80%
53,80%
52,20%
41,70%
13,60%
1a classe
(da 0 a 2,5
mil)
2a classe
(da 2.5 a 5
mil)
3a classe
(da 5a 10
mil)
4a classe
(da 10 a 25
mil)
classi
Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
91
5a classe
(oltre 25
mil)
Fatturato Estero
Figura 1.8. Settore meccano-ceramico: propensione all’esportazione per classi dimensionali
Confronto numero d'imprese/esportazioni
numero di imprese
esportazioni
70,00%
60,00%
59,90%
51,50%
50,00%
40,00%
30,00%
21,10%
20,00%
10,00%
6,70%
8,30%
13,70%
10,20%
14,90%
9,70%
4,00%
0,00%
1 classe (da 0
a 2,5 mil)
2 classe (da
2.5 a 5 mil)
3 classe (da 5a 4 classe (da 10 5 classe (oltre
10 mil)
a 25 mil)
25 mil)
Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005
92
CAPITOLO SECONDO
IL SETTORE MECCANO CERAMICO DEL DISTRETTO DELLA CERAMICA DI SASSUOLO
2.1 Il profilo delle imprese
L’indagine è stata condotta su un campione di 48 imprese localizzate all’interno dell’area ceramica di Sassuolo, la cui
attività si rivolge in misura prevalente se non esclusiva nella produzione di impianti e di attrezzature impiegate nel
ciclo produttivo della piastrella di ceramica (Tab. 2.1).
Tabella 2.1 - Settore meccano-ceramico: numero delle imprese del campione per classi dimensionali di
fatturato in euro
Valore assoluto
Valore %
Classe dimensionale di fatturato (milioni di €)
1a classe (0-2,5 )
9
18,75
2a classe (2,5-5 )
14
29,17
3a classe (5-10 )
13
27,08
4a classe (10-25)
7
14,29
5a classe (oltre 25 )
5
10,20
Totale Imprese
48
100,00
Fonte: Ns. elaborazione da rilevazione diretta
Nel campione è stato anche inserito il leader di mercato, SACMI, la cui sede principale è situata fuori
dall’area, ma è presente sul territorio con diverse unità operative focalizzate sul business degli impianti e macchine
per ceramica. SACMI, inoltre, detiene diverse partecipazioni in imprese locali ed è inserito in una fitta rete di subfornitura tanto da incidere fortemente sulle dinamiche del settore meccano ceramico.
Il campione presenta una buona capacità di rappresentazione della realtà settoriale: il fatturato è pari al
71,59% del fatturato settoriale rilevato da ACIMAC per l’anno 2004. Se inoltre il raffronto si fa sul solo fatturato del
business impianti e macchine per il settore ceramico, il grado di rappresentatività sale, sempre per l’anno 2004,
all’86,46%.
Molti sono i tratti distintivi del profilo strutturale e competitivo delle imprese. Per molti di questi si tratta di una
riconferma di precedenti analisi e studi. I più visibili sono richiamati di seguito.
Un primo tratto è rappresentato dalla giovane età del settore. L’esordio prende forma agli inizi degli anni ’60
per vivere la fase di maggiore natalità aziendale negli anni ’70, a cui seguono anni con tassi di riproduzione
decrescenti a segnalare il consolidamento settoriale e la semplificazione della base produttiva degli ultimi anni
(Tab. 2.2).
Tabella 2.2 – Settore meccano-ceramico: Composizione del campione per periodo di costituzione delle
imprese
Periodo di costituzione
Valore assoluto
Valore %
anno 1919
1
2,08%
anni '40
1
2,08%
anni '50
1
2,08%
anni '60
6
12,50%
anni '70
14
29,17%
anni '80
9
18,75%
anni '90
11
22,92%
anni '00 (fino all'anno 2005)
5
10,42%
Numero totale di imprese
48
100,00%
Fonte: Rilevazione diretta
93
Il grado di autonomia e di indipendenza è il secondo tratto distintivo (Tab. 2.3). Oltre il 70 % delle imprese
dichiara di non appartenere ad alcun gruppo; il 18,75% invece appartiene ad un gruppo del quale è la capogruppo;
solo il restante 10,42% dichiara di appartenere ad un gruppo in qualità di controllata. Esiste, come legittimo
attendersi, un legame tra grado di indipendenza/grado di controllo e dimensione aziendale: il grado di controllo
cresce al crescere della dimensione aziendale; il grado di indipendenza va invece di pari passo con la presenza della
dimensione minore.
Tabella 2.3 – Settore meccano-ceramico: Grado di autonomia e assetto societario delle imprese per classi
dimensionali (milioni di euro)
classi di fatturato
non fa parte di un gruppo
è la capogruppo
appartiene ad un gruppo
0-2,5
18,75%
2,08%
2,5-5
18,75%
4,17%
4,17%
05-ott
18,75%
6,25%
2,08%
01-ott
8,33%
6,25%
> 25
6,25%
2,08%
2,08%
Totale imprese
70,83%
18,75%
10,42%
Fonte: Rilevazione diretta
Le imprese controllanti sono poche e corrispondono alle imprese leader del settore; solo in alcuni casi
rappresentano dei gruppi con una certa articolazione sul piano organizzativo e societario. Da rilevare inoltre che,
oltre a detenere partecipazioni di maggioranza, numerosi gruppi si caratterizzano per disporre di quote azionarie,
irrilevanti ai fini del controllo dell’impresa, ma che assumono un ruolo importante nel fitto intreccio di relazioni e di
rapporti di sub-fornitura che caratterizza il distretto.
Le capogruppo, delle quali si discute, controllano alcune imprese che ricoprono un ruolo strategico. Da una
parte si tratta di imprese alle quali affidare la sub-fornitura di prodotti, componenti o pareti che forniscono un apporto
di particolare rilievo alla qualità del prodotto finale offerto dalla controllante. Dall’altra, avvalendosi di queste
controllate, si cerca di contenere la fuga di conoscenze tecniche che può presentarsi quando si assegna la
produzione di parti o componenti, progettati internamente, ad imprese terze. Si diffondono, infatti, dinamiche imitative
a catena che rendono vana l’attività di ricerca e cancellano il vantaggio competitivo che ne poteva seguire.
Inoltre, le imprese controllate dai leader, in special modo quelli esterni all’area ceramica, rappresentano un
punto di aggancio al circuito distrettuale che permette loro di sfruttare le esternalità positive che derivano
dall’agglomerato specializzato di imprese: consente di coltivare una rete di sub-fornitura locale di alta qualità,
permette una visuale privilegiata sull’innovazione di settore, sulle condotte dei concorrenti e sulle esigenze dei clienti
che nel distretto trovano la più alta concentrazione.
La piccola dimensione è un altro segno distintivo delle nostre imprese. Quasi la metà delle imprese (47,92%)
si colloca nella fascia di addetti fino a 25 unità; il 27,08% delle imprese invece rientra nella fascia immediatamente
superiore (25-50). La densità di imprese tende quindi a decrescere all’aumentare della scala dimensionale. Sono
solo 4 le imprese con oltre 400 addetti (Tab. 2.4).
Tabella 2.4 – Settore meccano-ceramico: classificazione imprese del campione in base al numero di
dipendenti
Numero
Peso su totale
media
media
var %
media
var %
dipendenti
campione
2000
2005
2005 vs 2000
2010
2010 vs 2005
1_25
47,92%
15,74
16,65
29,37%
19,64
14,84%
25_50
27,08%
32,62
34,15
9,28%
34,46
0,99%
50_100
14,58%
67,86
67,14
7,81%
66,43
-0,03%
100_200
4,17%
112,50
126,00
15,47%
135,00
8,82%
200_400
2,08%
301,00
296,00
-1,66%
300,00
1,35%
>400
4,17%
885,50
1114,00
28,96%
1020,50
-9,89%
Totale
100,00%
Fonte: Rilevazione diretta
94
Il quadro descritto non è però di assoluta staticità essendosi registrati nel corso del tempo alcuni “scorrimenti”
dimensionali verso l’alto.
Tra il 2000 e il 2005 vi è stato un passaggio del numero medio di addetti da 76 a 85 unità, un aumento quindi
pari all’11,8%. Il dato però mette contemporaneamente in luce la presenza di una struttura di settore di tipo
dualistico, che contrappone una diffusa presenza di piccole imprese ad una esigua schiera imprese dotate di una
base occupazionale più ampia.
Guardando al futuro, le imprese non prevedono un ampliamento dei loro organici, bensì un loro contenimento.
Questo risultato appare come il frutto di due tendenze contrapposte: aumento (se pure esiguo) nelle imprese con
fascia di addetti fino a 25 unità e assottigliamento degli organici nelle imprese di dimensioni maggiori.
La percezione tratta dal ricercatore sul campo nei tanti colloqui con imprenditori ed operatori aziendali, è una
sensazione di difficoltà, vissuta in special modo da parte delle piccole imprese, e legata ad una prevedibile e forte
concorrenza portata da produttori asiatici (Cina).
In questo scenario le posizioni da assumere da parte delle imprese si presentano più articolate: conservare la
dimensione operativa attuale e aumentare di qualche unità il numero di dipendenti per meglio supportare lo sforzo
produttivo e soprattutto l’azione diretta ai mercati internazionali sembra essere l’orientamento prevalente tra le
imprese minori. Non aumento/riduzione dell’organico è la posizione che intendono assumere le imprese maggiori
che viene giustificata in un caso dal disporre già di una base occupazionale sufficiente a soddisfare gli standard di
efficienza produttiva desiderati e nell’altro caso da scelte strategiche di redistribuzione dell’attività produttiva su
scala internazionale. Ciò lascia intravedere un trasferimento, o un ampliamento, di parte della produzione, soprattutto
di lavorazioni labour intensive, in paesi low cost.
La forte focalizzazione nella produzione di impianti e macchine per ceramica è il tratto che appare più
scontato, date anche le premesse alla base dell’indagine, mentre modesta si rileva la quota di fatturato, nei pochi
casi in cui si presenta, destinata ad altri settori estranei alla filiera ceramica7 (Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Settore meccano-ceramico: famiglie di prodotti e contributo al loro fatturato per imprese distinte
per fascia dimensionale
100,00%
90,00%
80,00%
70,00%
% di fatturato
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
10-25 mil
5-10 mil
2,5-5
Fonte: Rilevazione diretta
7
Al
t ro
C
famiglie di prodotti
> 25 mil
Sc
el
on
ta
t ro
ll o
St
ru
qu
m
al
en
i tà
ti
La
bo
ra
to
ri o
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Fi
ni
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r
ot
tu
ra
C
sic
az
io
ne
Sm
al
ta
tu
ta
St
oc
ca
gg
io
Es
St
am
pi
Im
pi
an
ti
co
Pr
m
ep
pl
et
ar
i
az
io
ne
te
rre
Fo
rm
at
ur
a
0,00%
L’unica famiglia a non essere rappresentata è quella della produzione di impianti di depurazione
95
0-2,5 mil
La produzione di impianti completi costituisce l’attività più complessa ed impegnativa che risulta
appannaggio (oltre il 95%) delle imprese di maggiore dimensione (fatturato superiore ai 25 milioni di euro). Imprese,
però, che grandi non sono.
I notevoli sforzi in chiave progettuale, la necessità di dimensioni minime efficienti piuttosto elevate (soprattutto
per alcuni impianti), le risorse organizzative richieste per pianificare e coordinare tutte le attività (diverse delle quali
all’estero) costituiscono barriere insormontabili per le imprese minori che restano fuori da questo business. Tuttavia è
da rilevare la presenza, seppur per un’incidenza sul fatturato del comparto piuttosto esigua (1%-2%), di imprese
appartenenti alle classi dimensionali inferiori che generano una parte importante del loro fatturato dalla realizzazione
di impianti completi. In realtà si tratta di imprese che affiancano alla loro produzione tradizionale un’attività di
progettazione di impianti che poi realizzano in qualità di main contractor coordinando la fabbricazione (rigorosamente
esternalizzata) delle macchine non prodotte internamente, il loro assemblaggio e la consegna all’acquirente nella
modalità “chiavi in mano”. Seppur si tratti di impianti di una complessità non elevata quest’attività arriva a toccare in
alcuni casi il 70% del fatturato di imprese di dimensioni ridotte.
Alla produzione di impianti per la macinazione terre partecipano in misura paritetica le imprese appartenenti
alle classi dimensionali maggiori. Ciò dipende dalla tecnologia utilizzata che, seppur richieda certe soglie
dimensionali, si presentano più ridotte rispetto ad altri comparti.
La produzione di impianti per la pressatura richiede dimensioni minime efficienti piuttosto elevate. La
produzione è ad esclusivo appannaggio delle grandi imprese. L’elevato livello d’investimento necessario per
supportare l’innovazione prima e la produzione poi, nonché il know how necessario per operare nel business,
tengono fuori dal comparto gran parte delle imprese distrettuali.
Il comparto degli stampi invece presenta una configurazione piuttosto polverizzata composta da imprese di
dimensioni ridotte: il 50% della produzione è realizzata da imprese che ricadono nella fascia di fatturato (2,5-5
milioni di euro). Sono fuori da questo business le imprese maggiori che preferiscono affidarne la produzione
all’esterno: 7 delle 9 aziende che hanno dichiarato di dedicarsi alla produzione di stampi lo fanno in modo esclusivo
e con un grado elevato di specializzazione.
La produzione di impianti per l’essiccazione è quella che vede il contributo più diffuso ed equilibrato tra le
diverse tipologie di imprese. Si tratta di una attività che genera solo una parte del fatturato aziendale (la quota
massima dichiarata dalle imprese è pari al 40%). Si tratta di un prodotto alla portata anche delle piccole imprese,
che richiede conoscenze tecniche limitate e che è largamente compatibile con altre produzioni.
La quota di produzione di macchinari per la smaltatura e decorazione cresce gradualmente all’aumentare
delle dimensioni d’impresa, con le imprese maggiori che realizzano quasi la metà della produzione del comparto. A
favorire le imprese più grandi concorrono in parte la scala produttiva ed ancor più la dotazione di know how tecnico
e capacità innovativa e progettuale per assecondare e spesso precedere le imprese ceramiche nell’adeguare ed
innovare il prodotto sul piano estetico.
La produzione di impianti per lo stoccaggio vede la partecipazione di tutte le imprese con un netto
predominio, però, delle imprese di maggiori dimensioni. Si tratta di impianti che evidentemente sono alla portata di
aziende di varie dimensioni ma che permettono delle buone economie di scala. Inoltre, questa attività costituisce la
specializzazione principale di imprese che realizzano impianti completi ma che, in realtà, fungono da imprese capofila e che integrano la loro produzione con quella di impianti assegnati all’esterno e successivamente incorporati
nell’impianto completo.
La produzione di forni per la cottura rappresenta un altro comparto (assieme alla formatura) nel quale i costi di
produzione e le conoscenze tecniche richiedono dimensioni d’impresa piuttosto ampie. Oltre il 95% della produzione
è realizzata infatti dalle imprese maggiori. Questa produzione è per la maggior parte appannaggio dei leader di
settore che fanno valere le loro dimensioni, molto lontane dalla norma dell’universo distrettuale, per esercitare un
predominio pressoché assoluto.
La realizzazione di macchine per la finitura trova il contributo più cospicuo da parte delle imprese di
dimensione intermedia (10-25 milioni). La partecipazione – se pure in misura ridotta - delle altre tipologie di impresa
sembra segnalare che il controllo di un know how tecnico specifico non è un fattore ostativo per operare nel
comparto.
La produzione di macchine per la scelta presenta una concentrazione della produzione nella classe
dimensionale maggiore, le imprese delle altre classi giocano un ruolo di “comparsa”.
96
Le attrezzature per il controllo della qualità e gli strumenti per il controllo del processo sono realizzate
esclusivamente da imprese di dimensioni ridotte (inferiori a 10 milioni). Si tratta di attrezzature relativamente semplici
che non richiedono delle risorse ingenti e quindi sono alla portata anche delle piccole imprese.
Nella categoria “altro” rientra quella parte di produzione dedicata alla meccanica strumentale destinata a
settori diversi dal meccano-ceramico. Si tratta di una componente residuale della produzione di settore.
Un ulteriore aspetto, infine, che aiuta a comprendere la solidità della posizione delle imprese sul mercato è
rappresentato dal grado di dipendenza dalla clientela. La natura del rapporto che lega il costruttore di impianti alla
clientela ceramica ricade nella tipologia business to business. Pur costituendo il prodotto con le sue caratteristiche
tecniche e funzionali il cuore del processo di scambio, esso deve essere integrato con una serie di ulteriori
prestazioni e servizi che costituiscono i fattori chiave che concorrono a formare le preferenze d’acquisto della
clientela e quindi a formare il portafoglio clienti. Su questo specifico piano, dalla rilevazione sul campo emerge che il
91,67% delle imprese ha indicato in un numero superiore a 30 i clienti con cui intrattengono relazioni commerciali.
Ad incidere fortemente sull’ampiezza del numero di acquirenti, oltre che la contiguità al mercato ceramico
distrettuale, ha contribuito la notevole espansione che il comparto ha conseguito negli ultimi decenni in ambito
internazionale. Solo l’8,33% delle imprese presenta un numero di clienti al di sotto di 30. Si tratta per lo più di
imprese di piccole dimensioni.
Per quanto riguarda il grado di dipendenza dalla clientela in termini di fatturato, si è rilevato che la quota di
fatturato media in capo al maggiore cliente è pari al 18,9% e ai maggiori tre clienti sale a oltre il 32%8 (Tab. 2.5).
Tabella 2.5 – Settore meccano-ceramico: ripartizione imprese per quota di fatturato del maggior cliente e dei
primi tre clienti
Quota di fatturato
% di imprese per quota primo cliente
% di imprese per quota primi tre clienti
≤10%
45,83%
14,58%
10%-19%
18,75%
12,50%
20%-29%
14,58%
37,50%
30%-39%
10,42%
10,42%
40%-49%
6,25%
8,33%
≥50%
4,17%
16,67%
Totale
100,00%
100,00%
MEDIA CAMPIONE
18,19%
32,30%
Fonte: Rilevazione diretta
La lettura del fenomeno per fasce dimensionali mette in luce che la maggioranza delle imprese (79,17%)
dedica al cliente più importante una quota che non supera il 30%. Interessando soprattutto le imprese di dimensione
maggiore. Il grado di dipendenza sale in genere al decrescere della dimensione aziendale fino a superare in casi
limitati il 50%.
Da notare come per molte delle imprese piccole il cliente maggiore sia un grande impiantista che si avvale
dell’impresa in veste di sub-fornitrice per la costruzione di macchine o parti di essa successivamente incorporate
nell’impianto completo.
In generale, si può affermare che l’incidenza sul fatturato del primo/primi tre clienti tende a ridursi col crescere
delle dimensioni aziendali. Anche se non mancano eccezioni: piccole imprese con un fatturato molto frammentato
coesistono con imprese di dimensione maggiore con una quota importante di fatturato concentrata su pochi clienti.
Questo tipo di struttura del portafoglio clienti trova le sue ragioni anche nel tipo di fornitura. L’offerta di una fornitura o
commessa complessa e ad elevato valore unitario si accompagna ad una base più limitata di clientela, mentre in
presenza di offerte a complessità ridotta e a minore valore unitario i tempi di realizzazione sono più brevi e da qui
la possibilità di rivolgersi ad un portafoglio clienti più ampio.
Questi primi riscontri ci pongono di fronte ad una impresa con una forte tratto “distrettuale”: una impresa
piccola, indipendente, con una forte specializzazione produttiva dove la dimensione imprenditoriale prevale su quella
manageriale. Una impresa che si trova oggi di fronte a diverse sfide: sul fronte esterno, la dilatazione e
l’inasprimento del confronto competitivo; sul fronte interno, il consolidamento dimensionale, l’articolazione
organizzativa e l’innovazione manageriale.
8In questo caso però, la deviazione standard si rileva particolarmente ampia (20,71%) a testimoniare l’elevata eterogeneità delle
posizioni aziendali che variano tra una quota al di sotto del 10%, in prevalenza da parte dei leader, ad un’incidenza superiore al
60% del fatturato, relativa soprattutto a piccole imprese.
97
2.2 I fattori competitivi
L’indagine ha posto una attenzione particolare alla individuazione dei fattori che maggiormente
concorrono a definire il grado di competitività degli operatori sul mercato ed alle rappresentazione delle linee di
azione perseguite dalle imprese sul piano strategico ed operativo9. Questa ricostruzione è stata condotta in via
parallela e comparata mettendo ciò a confronto i due distinti campi di azione l’azione: il mercato distrettuale e il
mercato internazionale. Le imprese attribuiscono il successo sul mercato ad una varietà di fattori competitivi che
devono essere combinati e governati spesso in modo congiunto.
2.2.1 Fattori competitivi nel mercato distrettuale
Il fattore competitivo ritenuto più importante nella soddisfazione dell’acquirente distrettuale è la rapidità e la
puntualità nei tempi di consegna. Il punteggio medio attribuito dal campione è stato pari a 6,38, molto vicino al valore
massimo di 7, e la ridotta deviazione standard è indice di forte unitarietà delle posizioni a sottolineare la criticità di
questo fattore (tab. 2.6).
In effetti le esigenze dei clienti, sotto questo aspetto, sono assai sostenute e non è infrequente l’invio di ordini
o richieste di intervento anche in giorni non lavorativi (a seguito di un guasto) che costringe l’impiantista a “tenere
dentro i lavoratori il fine settimana per far trovare il prodotto pronto il lunedì successivo”.
La capacità innovativa del costruttore è il secondo fattore su cui si gioca il favore della clientela (giudizio
medio pari a 6,33). Una clientela, quella del distretto, che per la posizione di leadership che gode sul mercato
esprime una domanda ad elevato contenuto innovativo che si rivela sul piano del prodotto (dimensione tecnica ed
estetica) e del processo produttivo (livello di efficienza complessiva).
A determinare il grado di soddisfazione del cliente, contribuisce in misura significativa l’offerta di un servizio
di assistenza post-vendita. Le prestazioni di questa attività sono molteplici: supporto prestato per l’installazione e
messa in funzione dell’impianto, fornitura delle parti di ricambio non detenute a scorta e approvvigionate, in caso di
necessità, presso il fornitore che si assume la funzione di magazzino.
Tabella 2.6 – Settore meccano-ceramico: importanza fattori competitivi nel mercato distrettuale
Fattori competitivi
Media campione
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
6,38
Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…)
6,33
Gestione e assistenza post-vendita
6,31
Competitività di prezzo
6,10
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
6,06
Adattamento/personalizzazione del prodotto
5,75
Capacità di co-progettazione col cliente
5,54
Gestione e assistenza pre-vendita
5,31
Ampiezza gamma prodotti offerti
5,29
Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…)
5,10
Capacità di credito a favore della clientela
4,94
Fonte: Rilevazione diretta
9 Sul piano metodologico si è proceduto sottoponendo alle imprese una lista di fattori competitivi/priorità strategiche da valutare
sulla base di una scala Likert, con range tra 1 (poco importante) e 7 (molto importante).
98
La competitività di prezzo rappresenta un fattore di primaria criticità (valutazione di 6,10) data la stretta
contiguità tra domanda e offerta ed all’interno di questa ultima l’elevato grado di sostituibilità tra i fornitori che
produce inevitabilmente delle tensioni sui prezzi.
Il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto si colloca anch’esso tra i fattori a più elevato indice di criticità
(valore medio pari a 6,06), ciò risulta piuttosto prevedibile alla luce del tipo di clientela e delle dinamiche che stanno
investendo il mercato delle piastrelle di ceramica.
Segue un secondo gruppo di fattori la cui criticità viene valutata a ridosso dei precedenti. Tra questi:
La personalizzazione del prodotto (5,75). Al pari di ogni mercato industriale, anche per la tecnologia ceramica
l’adattamento e la realizzazione su misura costituiscono attributi tipici dell’offerta. A tenere alto il livello di aspettativa
della domanda intervengono, di nuovo, la contiguità tra le parti e le logiche competitive della clientela tese a ricercare
una non facile differenziazione della propria offerta.
Segue la capacità di co-progettazione con il cliente (5,54). L’interazione tra le parti, su questo piano, può
essere particolarmente proficua, dando vita a soluzioni innovative non conseguibili isolatamente dal fornitore o
cliente.
Lo stesso grado di importanza rivestono la gestione e assistenza pre-vendita (5,31) che pone in capo
all’impiantita diversi compiti ed attività propedeutiche all’installazione dell’impianto (consulenza tecnica, preparazione
di disegni per la progettazione e l’installazione degli impianti e fornitura di preventivi su costo, modalità e tempi di
installazione), e l’ampiezza di gamma dei prodotti offerti (5,29) che permette al cliente di coprire le varie necessità
produttive.
Una considerazione minore è attribuita alla voce relativa ai servizi a favore del cliente (5,10), da intendersi
come servizi di formazione (all’uso delle macchine), aggiornamento e documentazione tecnica. Ciò può essere
spiegato con le capacità tecniche del personale dell’azienda cliente, piuttosto elevate e che pertanto non richiedono
particolari supporti formativi.
Infine, la capacità di credito a favore della clientela. Questo fattore è stato indicato come il meno importante
per determinare la scelta del cliente. In realtà, le imprese in questo caso si sono espresse in maniera piuttosto
differenziata. Se alcune imprese ritengono questo fattore scarsamente rilevante altre lo ritengono come fortemente
indispensabile nella transazione col cliente ceramico, segnalando delle concessioni di dilazioni alquanto ampie.
Probabilmente la concessione di dilazioni di pagamento è ritenuta una pratica piuttosto consolidata tanto da incidere
sul metro di giudizio di alcune imprese che la danno per scontata.
In generale, si può affermare che quasi tutti i fattori vengono considerati importanti all’interno del distretto.
Nulla sembra venga trascurato nella ricerca della soddisfazione del cliente. Alcuni tuttavia hanno un’incidenza più
forte rispetto ad altri.
Per semplificare l’analisi dei fattori ritenuti strategici nel successo competitivo si è provveduto ad effettuare
l’analisi fattoriale che ha favorito l’individuazione di un numero ridotto di variabili, riconducibili ad aree di azione, che
raggruppano i vari items originari con più elevato grado di omogeneità e di correlazione (Tab. 2.7).
Tabella 2.7 - Settore meccano-ceramico: analisi fattoriale dei fattori competitivi individuati
CLIENTELA INTERNA AL DISTRETTO
1
Fattori
2
3
Fattore 1: Efficienza nella transazione
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
6,38
Capacità di credito a favore della clientela
4,94
Competitività di prezzo
6,10
Fattore 2: Innovazione e qualità del servizio
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
6,06
Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…)
6,33
Gestione e assistenza post-vendita
6,31
Gestione e assistenza pre-vendita
5,31
Fattore 3: Personalizzazione dell’offerta
Capacità di co-progettazione col cliente
5,54
Adattamento/personalizzazione del prodotto
5,75
Servizi a favore del cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…)
Fonte: Ns. elaborazione
5,10
99
Le variabili individuate, oltre a rappresentare delle strategie con le quali approcciare il mercato da parte dei
costruttori di impianti, corrispondono a gruppi di bisogni, omogenei tra di loro espressi dalla clientela. Questi
possono essere rappresentati nel modo seguente:
- efficienza nella transazione: raggruppa items che esprimono l’esigenza di rapidità nelle consegne del bene,
capacità di credito e competitività di prezzo. Questi bisogni potrebbero caratterizzare clienti orientati alla
singola transazione che presumibilmente cercano di ottenere le migliori condizioni possibili a proprio favore
e che rappresentano un’esperienza occasionale ed episodica,
- innovazione e qualità del servizio: raggruppa gli items che esprimono la ricerca di prestazioni di prodotto
elevate, l’esigenza di soluzioni innovative e una assistenza pre e post vendita che possa anch’essa
migliorare le performance aziendali. Questa categoria di bisogni potrebbe riguardare i clienti che
assegnano una forte importanza alla qualità e alle performance del prodotto; potrebbero rilevarsi clienti di
lungo periodo se le capacità dell’impresa di innovare e garantire ottimi prestazioni sono elevate,
- personalizzazione dell’offerta: raggruppa items che esprimono l’esigenza di curare la dimensione
relazionale della transazione, quali la capacità di co-progettazione, l’adattamento del prodotto e servizi a
favore del cliente. Potrebbero caratterizzare le ceramiche che tendono a investire molto sulla relazione,
che richiedono molto impegno ed attenzione ma che potrebbero ripagare garantendo una fedeltà di lungo
termine.
2.2.2 I fattori competitivi sul mercato internazionale
La domanda estera sembra essere meno complessa rispetto a quella interna al distretto e sembra esprimere
esigenze che si collocano ad un livello inferiore10. Ciò è quanto si evince dalla lettura della criticità dei fattori
competitivi (Tab. 2.8).
Tabella 2.8 – Settore meccano-ceramico: importanza fattori competitivi sui mercati esteri
Fattori Competitivi
Media campione
Gestione e assistenza post-vendita
6,13
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
6,02
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
5,98
Competitività di prezzo
5,96
Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…)
5,92
Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…)
5,45
Gestione e assistenza pre-vendita
5,44
Ampiezza gamma prodotti offerti
5,35
Adattamento/personalizzazione del prodotto
5,13
Capacità di co-progettazione col cliente
5,04
Capacità di credito a favore della clientela
Fonte: Rilevazione diretta
4,81
Il fattore ritenuto più importante sul mercato estero è la gestione e l’assistenza post vendita che prevale su
tutti gli altri con uno scarto evidente. La minore o scarsa cultura tecnica del cliente estero rispetto a quella dei
produttori ceramici sassuolesi, sollecita il fornitore di impianti ad assicurare una maggiore presenza e vicinanza al
cliente in diversi fasi e momenti della transazione commerciale (installazione, fase di primo funzionamento
dell’impianto, addestramento dell’utilizzatore all’utilizzo del bene,….).
Il valore medio dei punteggi assegnati dal campione ai fattori competitivi per la clientela distrettuale è risultato pari a 5,74;
quello relativo ai fattori competitivi per la clientela estera è risultato pari a 5,56.
10
100
Seguono, più distanziati, il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto (che testimonia la ricerca della
qualità che spinge a preferire il prodotto italiano), la rapidità nei tempi di consegna (che, seppur nettamente inferiore
rispetto alle esigenze della clientela interna, conferma un livello elevato), e la competitività di prezzo (anch’essa non
importante quanto sul mercato interno ma comunque elevata). La capacità innovativa conclude la seconda serie di
fattori di rilievo per la soddisfazione dell’acquirente
I servizi al cliente e l’assistenza pre-vendita aprono il terzo gruppo di fattori per ordine di importanza. Le
ragioni della maggiore rilevanza rispetto al mercato interno risiedono nella necessità di formazione all’uso di
macchinari molto innovativi rispetto al contesto produttivo in cui vengono calati, nel fornire manuali d’uso che
possano rendere autonomo il cliente utilizzatore, nell’incontrare il cliente per capire e definire la tipologia di impianto
e soluzioni tecniche da adottare,… L’ampiezza della gamma di prodotti offerti assume sul mercato internazionale una
valenza maggiore rispetto al mercato interno, non così la richiesta di adattamento e personalizzazione del prodotto
che appare nettamente inferiore, a conferma della maggiore complessità della domanda interna e di una sorta di
standardizzazione per quanto riguarda le richieste provenienti dall’estero. La capacità di co-progettazione col cliente
rappresenta uno dei fattori meno importanti, e, tra l’altro, appare molto distanziata se confrontata col mercato interno.
La capacità di credito alla clientela rappresenta l’ultimo fattore competitivo rilevante. Anche in questo caso - al
pari di quanto rilevato per il mercato domestico - le imprese si sono espresse in maniera piuttosto differenziata. Per
alcune questo fattore ha una scarsa rilevanza sull’esito della trattativa, mentre per altri rappresenta la leva
vincente11.
L’analisi fattoriale realizzata per la clientela internazionale riconferma gli stessi fattori “critici” segnalati, però,
con un diverso ordine di rilevanza e di seguito esposti (Tab. 2.9).
Tabella 2.9 - Settore meccano-ceramico: analisi fattoriale condotta sui fattori competitivi rilevanti sui mercati
esteri (valori medi)
Fattori
CLIENTELA ESTERNA AL DISTRETTO
1
2
3
Fattore 1: Attenzione alla qualità e alla relazione con il cliente
Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…)
5,92
Adattamento/personalizzazione del prodotto
5,13
Capacità di co-progettazione col cliente
5,04
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
6,02
Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…)
5,45
Fattore 2: Efficienza
Competitività di prezzo
5,96
Capacità di credito a favore della clientela
4,81
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
5,96
Ampiezza gamma prodotti offerti
5,35
Fattore 3: Servizio alla vendita
Gestione e assistenza pre-vendita
5,44
Gestione e assistenza post-vendita
Fonte: Ns elaborazione
6,13
-
11
Attenzione alla qualità e alla relazione con il cliente: in questo gruppo rientrano bisogni di forte innovazione e di
prestazioni elevate, assieme ad una domanda di adattamento alle proprie esigenze produttive.
Efficienza: è la stessa tipologia di bisogni che è stata rilevata nel mercato interno. Comprende la ricerca di vasta
possibilità di scelta, prezzi bassi, velocità di consegna e dilazioni ampie.
Servizio alla vendita: è un gruppo che aggrega essenzialmente bisogni di servizi legati alla vendita, sia nella
fase preliminare allo scambio che in quella successiva.
Quanto detto trova riscontro nell’affermazione di un operatore del settore; “all’estero vendiamo soldi non macchine”.
101
2.3 Le priorità strategiche
Le imprese hanno indicato con buona chiarezza quali sono gli itinerari strategici e le condotte operative da
perseguire per migliorare la propria offerta e le performance sul mercato (Tab. 2.10).
Migliorare il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto risulta essere la direzione di marcia obbligata alla
quale affidarsi per allargare il mercato e battere la concorrenza. Lo scarto, piuttosto ampio, nei confronti delle
preferenze espresse per gli altri items e la deviazione standard, alquanto ridotta, sottolineano come sia elevato il
grado di condivisione tra le imprese.
Segue la riduzione dei costi di produzione. Nonostante si punti sullo sviluppo della qualità del prodotto, la
compressione dei costi di produzione continua ad essere uno degli obiettivi sui quali ancora si investe. Nel corso dei
colloqui si è rilevato come già tanto si è fatto in questa direzione e come siano bassi i margini per ulteriori
miglioramenti.
L’espansione del portafoglio clienti esteri risulta essere un altro fattore di rilevanza sul quale impegnarsi. La
possibilità di conseguire condizioni contrattuali migliori, le maggiori prospettive di crescita di nuovi mercati e la
sensazione di un maggiore apprezzamento del proprio prodotto, spingono le imprese a cercare di allargare il proprio
volume d’affari sul mercato internazionale
Lo sviluppo del servizio pre e post vendita rappresenta un’altra area a cui le imprese stanno dedicando
sempre maggiore attenzione sia nel mercato interno che estero quale fattore di differenziazione della propria offerta.
Dal cliente distrettuale si richiede collaborazione per perfezionare le prestazioni e migliorare il proprio prodotto finale,
dal cliente straniero si riceve una domanda di assistenza per individuare ciò di cui necessita e il modo ottimale per
utilizzarlo. Per quest’ultimo, il livello di investimento richiesto si presenta più elevato per fattori geografici e culturali.
Un altro sforzo che le imprese del meccano-ceramico stanno sostenendo è l’introduzione di nuove tecnologie
di progettazione e di gestione, per far fare un salto di qualità all’organizzazione aziendale, conferire maggiore
dinamismo ed efficienza ai processi tipici.
Tabella 2.10 - Settore meccano-ceramico: attività aziendali nelle quali l'azienda maggiormente sta
intervenendo
Media
Attività
Campione
Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto
6,31
Diminuire i costi di produzione
5,77
Espandere la base della clientela all’estero
5,73
Migliorare la capacità di servizio pre e post-vendita
5,71
Introdurre nuove tecnologie: di progettazione
5,60
Espandere la base della clientela in Italia
5,60
Introdurre nuove tecnologie: di gestione (informazione, comunicazione,,,,,)
5,56
Accrescere la flessibilità produttiva
5,48
Migliorare la capacità di adattamento/personalizzazione del prodotto
5,23
Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati
5,10
Introdurre nuove tecnologie: di produzione
5,08
Migliorare le competenze dei venditori
5,00
Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione
4,85
Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite:
-integrazione delle competenze
4,85
-co-progettazione (impianti/soluzioni,…)
4,79
-condivisione e lo scambio di risorse e competenze
4,63
Aumentare il numero dei venditori
3,83
Avviare/espandere la produzione all’estero
3,33
Aprire filiali commerciali/service in mercati esteri
3,33
Sviluppare partnership o alleanze con:
-aziende del meccano ceramico
3,90
-aziende ceramiche
3,00
-colorifici ceramici
3,00
-aziende del comparto dei corredi ceramici
2,50
102
Fonte: Rilevazione diretta
Uno stesso grado d’intervento è dedicato inoltre all’espansione della clientela italiana. Seppur essa sia in
alcuni casi non molto profittevole, o comunque non come quella estera, molte imprese hanno dichiarato di stare
ancora cercando di espandere la propria clientela in Italia, ma non necessariamente solo nell’area distrettuale.
Si investe anche nel cercare di incrementare la flessibilità produttiva. Questo fattore viene ritenuto importante
alla luce delle numerose oscillazioni del mercato che richiede la capacità di adattarsi prontamente alla mutevolezza
dell’ambiente competitivo.
Ad un gradino più in basso si pone la ricerca di miglioramenti nella capacità di adattamento e
personalizzazione del prodotto; questo item si colloca in una posizione intermedia per le esigenze contrastanti che
caratterizzano la domanda interna al distretto, che richiede una forte personalizzazione, e la domanda estera, che
invece si “accontenta” di un prodotto più standardizzato.
Stesso discorso vale per la realizzazione di prodotti ad hoc per nuovi mercati. Nella maggior parte dei casi si
è potuto cogliere come, in realtà, i mercati esteri non richiedano dei prodotti particolari. Tuttavia non bisogna
trascurare che, per molte aziende, la richiesta di prodotti ceramici differenti da parte dell’utilizzatore di altri paesi
possa indurre l’impiantista a realizzare macchine su misura per quel mercato. In tal caso la differenziazione del
prodotto rappresenta un surplus offerto all’acquirente.
Ancora importante è l’introduzione di tecnologie per la produzione; in tal senso le imprese del comprensorio si
collocano in una posizione avanzata; tuttavia non manca chi cerca di perseguire obiettivi di efficienza e di
innovazione continuando a puntare sull’introduzione di tecnologia nella produzione. Tra questi si collocano anche le
piccole aziende che cercano di rinnovare i propri processi accrescendo il contenuto tecnico-tecnologico dei processi
tipici.
In una posizione intermedia si collocano gli interventi in alcune aree di attività aziendali. Tra questi il
miglioramento delle competenze dei venditori che viene perseguito da alcune aziende in maniera sostenuta ma in
altre viene decisamente trascurato. Lo stesso si può dire per l’espansione del numero di mercati geografici di
esportazione. In alcuni casi l’impegno è piuttosto elevato mentre in altri casi il numero di mercati esteri presidiato
viene considerato sufficiente per assicurare uno sbocco futuro alla propria produzione.
Uno sforzo discreto viene dedicato allo sviluppo della relazione con la clientela. Questa indicazione sembra
segnalare che all’interno del distretto la relazione col cliente è abbondantemente sviluppata, all’estero la distanza tra
le sedi delle attività operative e le richieste del mercato (non eccessivamente sofisticate) non fa protendere le
imprese verso questo tipo di impegno.
In posizione bassa, nella lista delle attività in cui l’impresa destina i propri investimenti, si trova l’aumento del
numero di venditori. Anche qui l’atteggiamento delle imprese è differenziato; da un lato c’è chi cerca di consolidare la
propria rete di vendita investendo massicciamente e chi invece la ritiene sufficientemente sviluppata.
Bassa anche l’attenzione dedicata allo sviluppo di presidi più stabili sul mercato estero. Le imprese,
mediamente, sono poco interessate allo sviluppo, sui mercati stranieri, sia di sedi commerciali che di sedi produttive.
A giudicare dal punteggio attribuito dalle imprese all’intervento in queste attività l’impegno è effettivamente scarso
(3,33). Tuttavia da rilevare l’elevata deviazione standard che lascia intendere come l’atteggiamento in questo ambito
sia dualistico: ci sono imprese (poche e più sviluppate), che si sono ormai “lanciate” in investimenti di questo tipo in
più paesi; altre imprese (molte e le meno strutturate), che ritengono questo passo non conveniente o prematuro.
A chiudere la lista, le alleanze o partnership sviluppate dalle imprese intervistate con altre imprese o partner.
Ad eccezione di qualche azienda è nullo lo sforzo dedicato a costruire forme di collaborazione strutturata e
formalizzata con imprese che operano nella filiera ceramica o con altri partner.
Per gli items analizzati è stata realizzata l’analisi fattoriale che ha consentito di individuare cinque fattori che
riflettono cinque diverse direzioni strategiche sulle quali le imprese stanno investendo (Tab. 2.11). Esse non
rappresentano delle soluzioni di sviluppo alternative, ma aree di intervento sulle quali l’impresa può orientare i propri
sforzi anche in maniera congiunta. Di seguito se ne offre una descrizione.
-
Azione commerciale: comprende gli items che prevedono uno sforzo d’investimento sulla rete di vendita,
aumentando il numero di venditori e migliorandone le competenze. L’importanza della rete di vendita nel
mercato industriale potrebbe rappresentare un fattore chiave per arrivare per primi sulla clientela,
anticipando i concorrenti. La realizzazione di prodotti ad hoc potrebbe essere una soluzione avanzata per il
cliente che deve essere costruita con l’indispensabile apporto di chi conosce e gestisce i clienti da vicino, i
venditori per l’appunto.
103
-
Mercati esteri: rientrano in quest’area strategica di attività gli investimenti per lo sviluppo dei mercati esteri:
ampliamento delle aree geografiche di esportazione, l’espansione della clientela nei paesi già serviti e
l’apertura di filiali commerciali o di service per un più forte presidio dei mercati più profittevoli. Si tratta di
un indirizzo strategico già fortemente perseguito da alcune imprese, ma che presenta forti margini di
miglioramento; un incremento degli sforzi in questo ambito potrebbe condurre ad un consolidamento della
posizione e ad un notevole incremento del volume di vendite.
Tabella 2.11 - Settore meccano-ceramico: risultati analisi fattoriale sulle attività sulle quali le imprese
investono (valori medi)
Fattori
Attività
Aumentare il numero dei venditori
Realizzare prodotti ad hoc per nuovi
mercati
Migliorare le competenze dei venditori
Azione
commerciale
3,83
Mercati
esteri
Produzione
Relazioni
verticali con
clienti
Prodotto
5,10
5,00
Ampliare il numero dei mercati geografici
di esportazione
Espandere la base della clientela
all’estero
Aprire filiali commerciali/service in mercati
esteri
4,85
5,60
3,33
Accrescere la flessibilità produttiva
5,48
Diminuire i costi di produzione
5,77
Introdurre nuove tecnologie
5,60
Sviluppare il contenuto della relazione con
la clientela
Migliorare la capacità di
adattamento/personalizzazione del
prodotto
Migliorare il contenuto
tecnico/prestazionale del prodotto
4,76
5,23
6,31
Migliorare la capacità di servizio pre e
post-vendita
Fonte: Ns. elaborazioni
5,71
-
Produzione: gli items compresi in questo gruppo prevedono degli interventi sui processi produttivi per
migliorarne l’efficienza e la flessibilità; l’obiettivo è di conferire alle imprese maggiore dinamicità di fronte ai
rapidi cambiamenti dell’ambiente competitivo.
-
Relazione verticale con i clienti: riunisce le attività mirate a sviluppare la relazione con la clientela,
effettuando investimenti sulla relazione stessa. Ciò comporta l’introduzione di nuove tecnologie che
permettono una maggiore integrazione col cliente, uno scambio reciproco di competenze e risorse,
un’attività congiunta di progettazione dei prodotti ed una personalizzazione dell’offerta. Si tratti di un
cammino di sviluppo oneroso che permette di garantirsi le preferenze degli acquirenti attenti alla relazione
e di vendite di lungo termine.
-
Prodotto: quest’area d’intervento incentra l’attenzione sulle caratteristiche del prodotto e sulla sua qualità.
Le attività sulle quali investire sono innanzitutto lo sviluppo di un prodotto di qualità, che garantisca
prestazioni elevate e innovative. Importante, inoltre, accompagnare il prodotto con l’offerta di servizi pre e
post vendita soddisfacenti che permettano di sviluppare nel cliente la consapevolezza del bisogno che ha,
104
del bene del quale necessita, nonché permettere un suo utilizzo in condizioni ottimali nel periodo
successivo l’acquisto.
2.4 Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo
Il comparto meccano-ceramico rappresenta, nella filiera ceramica, la componente che, forse più di ogni altro settore,
contribuisce all’innovazione ed al miglioramento della qualità del prodotto piastrella. In questo senso, il comparto
rappresenta una sorta di fucina dell’innovazione, un laboratorio di ricerca della filiera produttiva, il luogo dove si crea
il prodotto del futuro e dove si coltiva la competitività di tutto il distretto.
Sembrerebbe quindi ovvio che una parte importante degli sforzi compiuti dalle imprese siano destinati all’attività di
ricerca e sviluppo del prodotto. Sulla base di ciò, l’indagine ha cercato di verificare quanto le imprese fossero attente
a questa attività e quale fosse il dispiego di risorse umane ad essa dedicato (Tab. 2.12).
Tabella 2.12 – Settore meccano.ceramico
Classe
dimensionale
0-2,5 mil
media
dipendenti
14,50
2000
media dip.
in R&D
1,78
rapporto
12,26%
media
dipendenti
14,30
2005
media dip.
in R&D
2,50
variazione rispetto 2000:
2,5-5 mil
22,23
1,92
8,65%
24,46
2,62
5 - 10 mil
30,08
4,62
15,35%
34,23
10 - 25 mil
59,14
3,71
6,28%
59,29
> 25 mil
463,80
23,60
5,09%
550,40
variazione rispetto 2000:
5,69
variazione rispetto 2000:
5,86
variazione rispetto 2000:
31,00
variazione rispetto 2000:
Totale
campione
76
5,21
6,86%
85
6,85
variazione rispetto 2000:
rapporto
17,48%
42,59%
10,69%
23,60%
16,63%
8,37%
9,88%
57,31%
5,63%
10,69%
8,06%
17,56%
media
dipendenti
17,89
2010
media dip.
in R&D
3,50
variazione rispetto 2010:
25,23
3,31
variazione rispetto 2010:
37,00
6,31
variazione rispetto 2010:
59,57
7,71
variazione rispetto 2010:
513,80
31,40
variazione rispetto 2010:
84
7,73
variazione rispetto 2010:
rapporto
19,57%
11,91%
13,11%
22,61%
17,05%
2,52%
12,95%
31,08%
6,11%
8,51%
9,20%
14,19%
Fonte: Rilevazione diretta
Dalle risultanze è emerso che, in media, il numero di dipendenti impegnati nell’attività di ricerca e sviluppo è
pari a 5,21 per il 2000, che rappresenta quasi il 7% dell’intero organico aziendale. Il numero sale relativamente
all’anno 2005 (6,85) fino a rappresentare l’8,06% dei dipendenti. Le previsioni future (al 2010) indicano un ulteriore
incremento del numero di addetti che arriva a superare il 9% dell’organico delle imprese.
Un’analisi del fenomeno per classi dimensionali d’impresa permette una migliore percezione della situazione.
Le imprese che dispiegano il maggior numero di risorse umane nell’attività di ricerca sono quelle di
dimensione maggiore che dispongono di strutture e laboratori dedicati all’interno dei quali si svolge sia ricerca di
base e sia applicata. E’ da queste imprese infatti che sortiscono le innovazioni se non radicali, di più alto impatto
sulle traiettorie tecnologiche.
Nettamente inferiori le risorse umane dedicate dalle imprese di dimensione minore, anche se tale numero
presenta un trend crescente nel tempo. In realtà man mano che si sondano le classi dimensionali inferiori si trovano
addetti chiamati a svolgere mansioni polivalenti e che realizzano oltre alla ricerca anche altre attività.
Le imprese più piccole sono quelle che dedicano un numero minore di risorse umane ma che rappresenta
una elevata incidenza sul totale della forza lavoro. Si tratta di lavoratori che ricoprono più ruoli e che soprattutto
svolgono ricerca applicata le cui attività si confondono spesso con quelle di semplici operai che, durante la normale
attività lavorativa, realizzano adattamenti o mettono a punto nuove soluzioni tecniche.
Nel complesso tutte le imprese hanno accresciuto il loro impegno in questa direzione. Ad indurle a profondere
rinnovati sforzi hanno concorso diversi fattori e tra questi:
• il clima diffuso di price competition dal quale era possibile sottrarsi solo innalzando il contenuto qualitativo
ed innovativo dell’offerta,
• lo sviluppo di una domanda di qualità “indotta” espressa dalle aziende ceramiche del distretto, chiamate a
fronteggiare una concorrenza di prezzo insostenibile ed alla quale hanno cercato rimedio con il
105
riposizionamento della produzione sull’alto di gamma. Per realizzare questo up grading si è reso
necessario in generale un apporto di tecnologie e soluzioni tecniche più avanzate,
• il trasferimento di lavorazioni povere e labour intensive da parte di alcune imprese di dimensione maggiore
in nuove aree geografiche. Ciò ha portato una riduzione della forza lavoro nei reparti produttivi ed il
potenziamento di quella dedicata alle attività di servizi.
Gli effetti di questi cambiamenti strutturali si sono avuti anche sulle piccole imprese (anche su quelle che
realizzano lavori di sub-fornitura), alle quali viene richiesto un contributo all’innovazione superiore rispetto al passato
quando era loro richiesto un apporto meramente di natura produttiva. Queste, infatti, hanno avvertito il gap che le
separa dalle altre, tanto che sono esse a far registrare i maggiori incrementi in termini di addetti dedicati alla ricerca.
In questo ultimo dato si ravvisa inoltre il tentativo di superamento della connotazione artigianale di molte piccole
imprese per assumere definitivamente una conformazione più industriale.
I dati sul futuro, infine, fanno rilevare previsioni di ulteriori incrementi degli investimenti in questa direzione.
L’incidenza degli addetti alla ricerca sugli occupati totali tenderà ad aumentare, ma ad un tasso decrescente rispetto
al periodo 2000-2005.
2.5 Mercati e organizzazione delle reti di vendita
2.5.1 Mercati nazionali
Per ciò che concerne il mercato interno, le imprese destinano la maggior parte della produzione alle imprese
ceramiche del distretto (Tab. 2.13). Queste imprese, oltre ad aver permesso lo sviluppo nella fase iniziale e averne
protetto la crescita in seguito, assicurano ancora oggi uno sbocco significativo alla produzione dei costruttori di
impianti. La domanda espressa ha assunto una valenza significativa non solo sul piano quantitativo, ma anche
qualitativo interessando beni strumentali più complessi e quindi incalzando le imprese meccaniche a spostare verso
l’alto gli standard tecnologici e prestazionali delle loro produzioni.
Tabella 2.13 - Settore meccano-ceramico: i settori clienti delle imprese meccano-ceramiche
Campione
2000
Ceramiche distretto
Ceramiche no distretto
decori - TF
colorifici
Meccano Ceramico
Altro
totale
2005
Ceramiche distretto
Ceramiche no distretto
decori - TF
colorifici
Meccano Ceramico
Altro
totale
2010
Ceramiche distretto
Ceramiche no distretto
decori - TF
colorifici
Meccano Ceramico
Altro
totale
Fonte: Rilevazione diretta
106
Media
58,67
14,54
3,69
0,86
13,6
8,64
100
Media
54,71
16,44
4,4
0,84
13,33
10,07
100
Media
52,9
17,81
4,65
0,84
12,58
11,22
100
Un’altra quota della produzione è destinata sempre ad imprese ceramiche ma esterne all’area distrettuale e
sparse un poco su tutto il territorio nazionale.
Terzo mercato di sbocco è rappresentato dalle imprese che operano nello stesso settore meccano-ceramico.
Rientrano in questo gruppo le imprese di sub-fornitura presenti nell’area ceramica con mansioni e posizioni diverse
all’interno delle catene di subfornitura. Una pratica che si concretizza in vari flussi di parti o componenti, vanno dalle
imprese specializzate di fase (che realizzano singole macchine o impianti) verso i grandi impiantisti, dalle imprese di
fase verso altre imprese di fase (nel momento in cui una delle due assume il ruolo di main contractor e acquista da
altri le macchine che non realizza internamente per poter completare l’impianto “chiavi in mano”), dalle piccole
imprese che si dedicano esclusivamente alla sub-fornitura verso le imprese di fase o verso i grandi impiantisti.
Una quota minore della produzione è destinata alle imprese che realizzano decori ceramici o terzo fuoco. Si
tratta di un numero ridotto di aziende che si collocano per la maggior parte nel distretto e si dedicano alla
realizzazione di corredi, pezzi speciali di completamento del prodotto ceramico.
Marginale è la produzione destinata al comparto dei colorifici ceramici, mentre, una quota ridotta è destinata
ad altri settori con produzione differente da quella ceramica ma con usi dei macchinari comuni.
Analizzando la composizione della clientela in chiave dinamica risulta evidente la tendenza ad una riduzione
del volume di fatturato generato dalle imprese ceramiche del distretto a favore delle imprese ceramiche fuori distretto
e delle imprese del comparto corredi e terzo fuoco. Si tratta di una tendenza non notevole ma significativa. Nel
complesso negli ultimi cinque anni i flussi dalle imprese meccaniche verso quelle ceramiche si sono ridotti del 4%.
Il motivo alla base di questo cambiamenti è sostanzialmente la forte concorrenza che all’interno del distretto è
diventata insostenibile e spinge le imprese a sottrarsi vicendevolmente commesse a colpi di ribassi sui prezzi.
Molte imprese preferiscono articolare il proprio portafoglio clienti “uscendo” dal distretto e puntando su mercati
nuovi, anche sul territorio nazionale, o riposizionare la propria produzione verso clienti che operano in segmenti
meno affollati e che garantiscono una maggiore redditività (decori e terzo fuoco).
La stessa tendenza si prevede per il futuro nel quale le imprese hanno dichiarato di continuare sulla scia
tracciata da qualche anno. Si prospetta inoltre una riduzione delle sub-forniture all’interno del distretto, indicativo di
una crescita delle piccole imprese e della loro maggiore autonomia manageriale. Oltre alla crescita della produzione
destinata alle ceramiche esterne al distretto, si prevede di incrementare la parte rivolta a settori diversi dal ceramico.
In realtà molto ridotta, e senza una chiara idea dei settori di approdo.
In generale, si ravvisa una propensione da parte delle imprese del meccano-ceramico ad allargare la propria
base di clienti. Si cerca, in altre direzioni, una profittabilità che con le imprese ceramiche distrettuali si è ridotta e non
appare soddisfacente. Da qui potrebbe prendere corpo un allentamento e una riduzione dei rapporti tra imprese
meccaniche e ceramiche, rapporto sul quale si è fondato il vantaggio competitivo e il successo sia delle prime sia
delle seconde.
Tuttavia, si tratta di una tendenza ancora lieve per poter parlare di grave rarefazione delle collaborazioni tra i
due attori, ma se confermata nei prossimi anni potrebbe portare ad una perdita di efficacia dei meccanismi di
funzionamento del distretto e lasciare spazio a scenari produttivi nuovi per la filiera ceramica, e probabilmente non
positivi.
2.5.2 L’organizzazione e la rete di vendita
La rete di vendita delle imprese del settore assume la classica configurazione delle reti che supportano gli
scambi business to busines e le transazioni si sviluppano esclusivamente per mezzo di incontri tra i rappresentanti
dell’azienda e la clientela.
La rete di vendita da questo punto di vista assume un forte valore occupandosi di diverse attività (raccolta
degli ordini, promozione del prodotto, specificazione delle sue peculiarità,…). A determinare la necessità di una rete
ben strutturata, concorrono le peculiarità del prodotto, la sua complessità sul piano tecnologico ed il suo valore,
talvolta elevato.
Relativamente al territorio nazionale la struttura della rete di vendita è costituita prevalentemente da
personale dipendente dell’azienda. La ragione di questa scelta va ricercata nella contiguità tra gli impiantisti e i
produttori di piastrelle.
In secondo luogo, il personale dipendente viene preferito per la conoscenza dell’impresa, delle sue
caratteristiche, delle peculiarità dei suoi prodotti. Il contatto con un soggetto che vive giornalmente l’azienda e
107
conosce lo stile direzionale consente una trattativa più immediata, più spedita e che si adatta meglio alle esigenze
del cliente.
Sotto l’aspetto della personalizzazione del prodotto, l’approccio con il personale interno conferisce celerità ed
efficacia alla relazione. Talvolta subentra anche la ricerca di una maggior tutela dei “segreti” relativi alle tecnologie
prodotte, tutela che potrebbe venire meno qualora si rivelassero i particolari dei propri prodotti a soggetti legati con
l’impresa da un semplice rapporto di agenzia facilmente risolvibile.
Tra le 48 imprese che hanno formato la base dell’indagine, solo 9 (pari al 18%) hanno dichiarato di servirsi di
agenti di vendita e la percentuale di fatturato da questi intermediato raramente supera il 50% (Tab. 2.14).
Tabella 2.14 - Settore meccano ceramico: organizzazione della rete di vendita
Tipologia di
2000
2005
venditore
Media
Media
Agenti
6,68%
7,26%
Dipendenti
93,42%
92,85%
Altro
0,04%
0,04%
totale
100%
100%
Fonte: Rilevazione diretta
2010
Media
9,47%
90,69%
0,04%
100%
Il resto del campione dichiara di aver realizzato il proprio fatturato totalmente per mezzo di personale
dipendente dell’impresa.
Delle imprese che si sono avvalse di agenti ben sei appartengono alle classi dimensionali minori lasciando
intuire un utilizzo finalizzato a proporre prodotti standardizzati o poco innovativi e per coprire le aree di mercato
distanti dal distretto.
L’analisi in chiave dinamica, evidenzia una leggera tendenza all’ampliamento del ricorso al rapporto di
agenzia da parte di imprese che già fanno ricorso a questa forma organizzativa. Da parte delle imprese che si
servivano solo di personale dipendente viene ribadita la volontà, per il futuro, di mantenere una rete composta da
personale interno.
Evidentemente i fattori citati sopra, anche alla luce della dichiarata volontà di ampliare la propria clientela al di
fuori del distretto, sembrano confermare l’utilizzo di una organizzazione di vendita interna anche per aree di mercato
lontane dall’area della ceramica.
108
CAPITOLO TERZO
IL PROCESSO DI CRESCITA INTERNAZIONALE
Premessa
Uno dei tratti maggiormente distintivi della “storia” delle imprese del meccano ceramico è la rapida e precoce
ricerca di spazi alle loro produzioni sul mercato internazionale. Si è trattato di un’internazionalizzazione “parallela” a
quella delle imprese ceramiche e dalle stesse non sempre salutata positivamente.
L’apertura internazionale del settore comincia negli anni ’70 quando uno stallo della domanda interna
conduce le imprese del settore a cercare all’estero quella crescita che sul mercato interno sembrava difficile. Le
buone condizioni di vendita incontrate sui mercati esteri grazie alla superiorità riconosciuta ai prodotti producono
un’ulteriore spinta all’internazionalizzazione commerciale.
Nonostante il grado di apertura internazionale sia costantemente monitorato da ACIMAC che su base annuale
ne segue le direzioni geografiche, il flussi di esportazione, il contributo fornito dalla diverse imprese per tipologia di
produzione e profilo dimensionale, si è cercato di fare una lettura dei percorsi internazionali delle imprese che ne
mettesse in luce non solo la dimensione mercantile/esportazioni ma soprattutto quella affidata a forme di presenza
stabile di tipo commerciale e produttivo. A tal fine si è ricorso ad un’approfondita indagine sul campo che ha visto
coinvolte 48 imprese, una base numerica ampiamente significativa e rappresentativa della realtà settoriale.
3.1 L’internazionalizzazione commerciale
Le imprese intervistate collocano sul mercato circa la metà del loro fatturato12, valore che appare in crescita
rispetto al passato e destinato – nelle intenzioni delle imprese – ad accrescersi in futuro. (Fig. 3.1). La minore
pressione sui prezzi e i più ampi spazi di crescita sui mercati esteri sembrano essere le condizioni favorevoli per
imprimere una spinta al processo di internazionalizzazione.
Figura 3.1 - Settore meccano-ceramico: ripartizione del fatturato tra Italia ed Estero delle imprese intervistate
70,00%
58,52%
quota di fatturato
60,00%
49,06% 50,94%
50,00%
41,48%
55,15%
44,85%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
2000
2005
Estero
2010
Italia
Fonte: Rilevazione diretta
Il dato si riferisce alla propensione media all’export delle imprese intervistate e non al valore della produzione che raggiunge i
mercati esteri.
12
109
A segnalare con più forza questa volontà si propongono le imprese di dimensione minore, sia perché più in
ritardo nella diversificazione dei mercati di vendita e sia perché più esposte alla pressione competitiva che
condiziona il mercato all’interno del distretto.
Il contributo maggiore all’alimentazione dei flussi di esportazione viene dalle imprese di dimensione superiori,
che esercitano anche un ruolo importante nell’internazionalizzare i fatturati delle imprese minori coinvolte nella
catena della sub-fornitura. Per queste imprese si tratta di una internazionalizzazione “indiretta” essendo l’accesso
diretto al mercato estero in molti casi precluso causa la insufficiente dotazione di risorse e competenze.
3.1.1 I mercati
Le imprese realizzano mediamente il 55% del loro fatturato in “mercati consolidati”, quali Unione Europea e
Stati Uniti destinando la restante parte a “nuovi mercati” dell’Asia, Medio Oriente, Est Europa e, su questi ultimi, le
imprese vedono le condizioni per la conquista in futuro di ulteriori spazi (Tab. 3.1).
Tabella 3.1 - Settore meccano ceramico: quote fatturato realizzate in "mercati consolidati" e in "nuovi mercati"
dalle imprese intervistate
2000
2005
2010
Tipologia di clientela
Media
Media
Media
Aziende ceramiche in mercati consolidati
58,6
55,08
50,81
Aziende ceramiche in nuovi mercati
41,29
44,81
48,98
Totale
100
100
100
Fonte: Rilevazione diretta
Il quadro dei flussi esportativi realizzati dalle diverse imprese sui mercati segnala una certa eterogeneità di
comportamento. A preferire le aree di mercato consolidato sono soprattutto le imprese minori, mentre sono le
imprese maggiori che dimostrano una più spiccata propensione ad inoltrarsi in mercati più lontani o nuovi (Tab. 3.2).
Questi mercati saranno però, in prospettiva, la meta anche per le imprese minori, mentre per le maggiori saranno
terra di conquista di ulteriori spazi.
Tabella 3.2 – Settore meccano-ceramico: composizione fatturato estero tra “mercati consolidati” e “nuovi
mercati” per classi dimensionali
Classi
2000
2005
2010
dimens- Ceram. mkt Ceramiche Tot. Ceram. mkt Ceramiche Tot. Ceram. mkt Ceramiche Tot.
sionale
consolidati
nuovi mkt 2005 consolidati nuovi mkt 2000 consolidati nuovi mkt 2010
0-2,5 mil
64,50%
35,50%
100
62%
38%
100
56,11%
43,89%
100
2,5-5 mil
62,69%
37,31%
100
62,46%
37,54%
100
58,85%
41,15%
100
5-10 mil
57%
43%
100
63,08%
36,92%
100
53,08%
46,92%
100
10-25 mil
38,57%
61,43%
100
46,43%
53,57%
100
41,43%
58,57%
100
> 25 mil
35%
65%
100
47,60%
52,40%
100
28,60%
71,40%
100
Fonte: Rilevazione diretta
Evidentemente la più intensa attività sviluppata dalle imprese maggiori sul mercato internazionale ha prodotto un
abbassamento della soglia di rischio percepito, l’individuazione di nuove opportunità di business e la scelta di
incrementare il grado di impegno sui mercati esteri.
La mappa dei mercati serviti si presenta molto variegata e su questa primeggia la Spagna, meta preferita per molte
delle imprese intervistate (Tab. 3.3). Questi itinerari di esportazione segnalano le aree di mercato dove la
produzione di piastrelle di ceramica si va a localizzare, dove nascono oggi nuovi produttori e che potenzialmente
saranno, nel volgere di qualche tempo, dei concorrenti sulla scena internazionale per i produttori di ceramica italiana.
110
Tab. 3.3 - Settore meccano-ceramico: paesi di destinazione dei flussi di esportazione delle imprese
intervistate
Paese di destinazione
valore assoluto
Valore %
Argentina
Brasile
Cina
Egitto
Emirati Arabi
Germania
India
Iran
Messico
Polonia
Portogallo
Spagna
Tailandia
Turchia
Usa
Totale imprese
Fonte: Rilevazione diretta
1
1
1
1
1
3
2
8
4
3
1
16
2
1
3
48
2,1%
2,1%
2,1%
2,1%
2,1%
6,3%
4,2%
16,6%
8,3%
6,3%
2,1%
33,3%
4,2%
2,1%
6,3%
100,0
3.1.2 L’organizzazione di vendita sul mercato internazionale
L’approccio ai mercati esteri avviene di norma - se non esclusivamente - attraverso la vendita diretta che può
assumere la forma di rapporto diretto con il cliente, tipico degli stadi iniziali, o attraverso la rete di vendita dedicata,
fino alla costruzione di una propria unità commerciale. Tra queste la rete di vendita (composta da personale interno
ed esterno) si dimostra la modalità organizzativa preferita (Tab. 3.4). Si tratta di un assetto organizzativo destinato a
mantenersi anche in futuro con qualche rinforzo apportato dall’apertura di filiali commerciali o di service. A conferire
un maggiore “peso” alle forme organizzative di presenza all’estero concorrono le imprese più dimensionate (Tab.
3.5).
Il confronto tra l’organizzazione di vendita messe in campo sul mercato domestico/distrettuale e su quello
internazionale mette in luce come su quest’ultimo scacchiere di mercato le imprese dispieghino una rete indiretta e
cioè composta da agenti di vendita.
Fattori geografici (distanza dei mercati) e culturali (differenze linguistiche, di pratiche commerciali e
manageriali) fanno prediligere questa figura di intermediario meglio introdotto sul mercato e relazionato con la
clientela per la quale rappresenta un punto di riferimento più stabile. Ai vantaggi di tipo economico che si
accompagnano al ricorso dei servizi offerti da questo intermediario si accompagnano anche dei limiti che si
manifestano a volte nella superficiale conoscenza del prodotto trattato/venduto (se di una certa complessità
tecnologica) e dell’azienda rappresentata, minore rapidità di risposta e capacità di interazione con il cliente che
rendono più debole la relazione tra le parti.
Questi deficit si abbattono significativamente nel caso si ricorra ad una forza vendita interna della quale
occorre però sostenere anche l’onere, non compatibile con le fragili strutture organizzative e le gracili basi
economico-finanziarie delle imprese del settore.
Tabella 3.4 - Settore meccano-ceramico: tipologia di rete di vendita estera delle imprese intervistate
2000
2005
2010
Rete di vendita
Media
Media
Media
Agenti
44,58
44,38
43,02
Dipendenti
51,5
49,08
48,65
Filiali senza deposito
1,46
1,46
1,46
Filiali con deposito
1,52
4,15
5,94
Altro
0,94
0,96
0,94
Fonte: Rilevazione diretta
111
Tabella 3.5 - Settore meccano-ceramico: scomposizione rete di vendita per classi dimensionali
Dimensioni
Agenti 2000
Agenti 2005
Agenti 2010
0-2,5 mil
59,00%
58,00%
58,00%
2,5-5 mil
53,85%
55,15%
55,38%
5 - 10 mil
40,15%
33,92%
31,15%
10 - 25 mil
41,57%
47,43%
47,43%
> 25 mil
48,64%
48,63%
47,99%
Dimensioni
Dipendenti 2000
Dipendenti 2005
Dipendenti 2010
0-2,5 mil
40,00%
40,00%
39,00%
2,5-5 mil
46,15%
42,54%
43,85%
5 - 10 mil
48,85%
46,54%
44,62%
10 - 25 mil
57,71%
49,71%
49,00%
> 25 mil
48,18%
44,70%
44,12%
Dimensioni
Filiali senza deposito 2000
Filiali senza deposito 2005
Filiali senza deposito 2010
0-2,5 mil
0,00%
0,00%
0,00%
2,5-5 mil
0,00%
0,00%
0,00%
5 - 10 mil
4,62%
4,62%
4,62%
10 - 25 mil
0,00%
0,00%
0,00%
> 25 mil
1,15%
1,15%
1,15%
Dimensioni
Filiali con deposito 2000
Filiali con deposito 2005
Filiali con deposito 2010
0-2,5 mil
1,00%
2,00%
3,00%
2,5-5 mil
0,00%
0,00%
0,77%
5 - 10 mil
2,92%
11,46%
16,15%
10 - 25 mil
0,71%
2,86%
3,57%
> 25 mil
1,16%
4,08%
5,87%
Fonte: Rilevazione diretta
Pur essendo l’organizzazione commerciale sui mercati esteri meno sorretta da personale dipendente, rispetto
a quanto avviene sul mercato domestico, rappresenta tuttavia un segnale della volontà delle imprese di ricercare una
migliore integrazione con i mercati esteri. Con queste articolazioni le imprese riescono, infatti, ad estrarre un maggior
numero di informazioni sul mercato, dare maggiore stabilità alle relazioni con la clientela, rispondere alle esigenze di
adattamento e personalizzazione dell’offerta e in ultima analisi farsi interprete dell’azione di mercato dell’azienda. Si
consideri, infine, che in alcuni casi, la scelta di avvalersi di personale dipendente si presenta obbligata soprattutto in
paesi, come quelli dell’Est Europa, dove la figura dell’agente è poco diffusa.
Anche per il ricorso al personale dipendente si associano limiti. In primo luogo di natura economica, che fanno
scattare la convenienza al suo utilizzo solo in presenza di certe soglie di vendita. Talvolta la natura della retribuzione,
che per l’azienda rappresenta un costo fisso, può costituire per il dipendente un fattore di scarsa motivazione.
L’efficacia del dipendente, peraltro, comincia a manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo dal suo
insediamento sul mercato individuato, a causa della scarsa conoscenza del mercato e della clientela.
Una formula poco utilizzata dalle imprese per il presidio della domanda straniera e il supporto alla rete di
vendita, ma che può definirsi un ulteriore passo in avanti rispetto ad agenti o dipendenti, è costituita dalle filiali senza
deposito, uffici di rappresentanza, luogo di incontro con la domanda e segno visibile dell’azienda sul territorio.
Fornisce un supporto alla rete di vendita di tipo informativo, tecnico e promozionale senza esercitare alcun ruolo di
carattere operativo
La costituzione di filiali con deposito che rappresentano lo stato più avanzato del cammino di
internazionalizzazione commerciale, sembra essere la nuova frontiera per le imprese del settore. Questi presidi oltre
ad essere sede per magazzini di parti e componenti, sono dedicate allo svolgimento di lavorazioni leggere di finitura
del prodotto per la personalizzazione dell’offerta. Non si tratta di attività produttiva vera e propria ma di semplici
lavorazioni per il completamento del prodotto.
112
Le funzioni di queste filiali (oltre che logistiche) sono: il coordinamento della rete di vendita, la definizione della
politica distributiva, il mantenimento di una presenza stabile sul territorio e la cura diretta delle relazioni finanziarie,
amministrative e di marketing.
La filiale commerciale con deposito risulta una scelta quasi obbligata quando il prodotto presenta standard di
qualità e di complessità più elevati e si fregia di un marchio visibile e riconosciuto sul mercato, quando vi è una
domanda sostenuta sulla quale insiste una concorrenza agguerrita e più minacciosa. Elevati costi iniziali e costi fissi
successivi (soprattutto per la presenza del personale) piuttosto rilevanti rendono questa soluzione organizzativa
approntabile solo dalle imprese meglio dotate sul piano economico e solo sui mercati dove la domanda garantisce
ritorni rilevanti.
3.2 L’internazionalizzazione produttiva
La realizzazione di filiali o unità produttive rappresenta la formula più evoluta di presenza sui mercati
internazionali. Lungo questa strada si consegue una maggiore integrazione con il mercato internazionale, si sposta il
baricentro delle attività operative e si articola maggiormente l’assetto delle funzioni della gestionale aziendale.
Le imprese del meccano ceramico inserite nel distretto di Sassuolo che hanno effettuato Investimenti Diretti
all’Estero (IDE), sono 8, pari al 16,7% del campione, e per un totale di undici realizzazioni produttive (Tab. 3.6).
Tabella 3.6 – Settore meccano-ceramico: IDE e caratteristiche delle sedi produttive estere
Impresa
Paese
estero
Da
Forma
Attività
Destinazione Fatturato
quale
di
svolte*
produzione*** al 2004****
anno
entrata**
% su fatturato
aziendale****
Numero
Numero
addetti
addetti
italiani
m.l.,
Australia,
Impresa 1
Indonesia 2001
1
2
1.000.000
30,06%
50
Malesia,
Vietnam
Russia 2005
1
2
m.l.
n.d.
n.d.
8
Impresa 2
India
2005
1
2
m.l.
n.d.
n.d.
10
Polonia,Est
Impresa 3
Polonia 2004
3
2
670.000
18,87%
11
Europa
Sud-est
Impresa 4
Indonesia 2002
1
2
1.000.000
11,11%
22
asiatico
m.l., Sud
Impresa 5
Brasile 2001
1
2
2.500.000
20,89%
15
America
Sud-est
Impresa 6
Cina
2000 1,3
1
asiatico
2.343.194
2,69%
180
Spagna 1982 2,3
2
Spagna
15.571.000
17,87%
70
Cina
2004 2,3
2
m.l.
n.d.
n.d.
12
Impresa 7
Spagna 2004
3
2
Spagna
18.000.000
12,57%
12
Brasile 2000
1
2
Brasile
2.500.000
0,44%
28
Impresa 8
Cina
1992
1
3
Cina
5.000.000
0,87%
120
* (1) Produzione macchine/impianti; (2) Assemblaggio; (3) Produzione componenti/ricambi
**(1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale;
***m.l.= mercato locale
****n.d.= non disponibile
Fonte: Rilevazione diretta
0
1
1
0
3
0
1
1
2
1
3
8
Di queste, tre appartengono alla classe dimensionale maggiore (con fatturato superiore a 25 milioni di euro),
una azienda alla classe di fatturato compresa tra 10 e 25 milioni di euro, una azienda alla classe di fatturato
compresa tra i 5-10 milioni e tre aziende infine alla classe inferiore (2,5-5 milioni).
113
Un primo dato interessante è la presenza di imprese di dimensioni ridotte che riescono comunque ad
avvicinare parte della loro produzione alla domanda sui mercati esteri. Tuttavia sono le imprese maggiori a farsi
protagoniste di iniziative produttive all’estero.
Si tratta in genere di iniziative recenti essendo i progetti in questione (tranne in un caso) realizzati dopo il
2000. Il paese nel quale è concentrato il maggior numero di investimenti è la Cina (tre), seguito da Spagna, Brasile e
Indonesia (due filiali) e India, Russia e Polonia (un solo presidio). Per l’entrata le imprese si sono affidate in via
preferenziale alla costituzione di una nuova impresa, soluzione che consente un elevato grado e libertà di
definizione della struttura organizzativa e delle attività operative. In genere si è trattato di una scelta obbligata, non
sussistendo sui diversi mercati la presenza di imprese candidate ad una acquisizione.
Solo in due casi la forma d’entrata è stata rappresentata da acquisizione di impresa e joint venture con un
partner locale. Questa scelta è stata motivata dai vincoli imposti dal governo nazionale (Cina).
Relativamente alla tipologia di attività svolte, nella maggior parte dei casi, si tratta di attività di produzione di
impianti (60%), in misura ridotta di produzione di ricambi e componenti (35%) e in misura marginale di assemblaggio
(15%). In alcune sedi vengono realizzate tutte queste tipologie di attività.
La produzione è destinata quasi esclusivamente al mercato locale. Non mancano, tuttavia, rari casi, in cui
viene dirottata su mercati anche molto lontani beneficiando comunque di un risparmio in termini di costo (il costo di
trasporto risulta inferiore alla differenza dei costi di produzione tra paese di destinazione/paese di produzione).
Il valore complessivo della produzione realizzata nelle filiali estere dalle imprese intervistate si aggira intorno a
50 milioni di euro con una media di 5 milioni di euro per impresa. Sono le imprese più dimensionate a realizzare una
quota di fatturato superiore, mentre è per le imprese minori che il fatturato realizzato nella filiale estera incide
maggiormente sul fatturato aziendale totale (in alcuni casi pari fino al 30%). Il risvolto sul piano occupazionale si
presenta differenziato tra le varie sedi, spaziando tra 8 e 180 addetti, in larghissima parte nativi. La numerosità della
presenza di personale italiano è molto limitata non superando per l’impresa più internazionalizzata il numero di 8
addetti di nazionalità italiana.
3.2.1 Le iniziative produttive all’estero: motivazioni
L’indagine ha permesso di rilevare le motivazioni sottese all’avvio di iniziative produttive all’estero (Tab. 3.7).
In breve, queste iniziative hanno teso a:
•
•
•
•
•
ridurre i costi di produzione (2 imprese) ed il paese destinatario è la Cina;
migliorare il presidio del mercato estero (7 imprese) e quindi facilitare la commercializzazione del prodotto
a cui si associano riduzioni di costo (di produzione o di solo assemblaggio, di trasporto, tariffari e
doganali);
superare barriere istituzionali-governative all’entrata (2 imprese) e di nuovo il paese è la Cina;
fornire una migliore gestione dei servizi e dell’assistenza alla clientela (6 imprese);
offrire prodotti a condizioni più competitive per il mercato prescelto (3 imprese).
Dal quadro sopra esposto può sorprendere come la riduzione dei costi non sia il fattore maggiormente
preminente ad indurre le imprese a delocalizzare la produzione all’estero. Per comprendere questo comportamento
viene in soccorso un’argomentazione ricorrente espressa dagli operatori del settore. Le imprese - affermano - hanno
fatto della qualità e del contenuto tecnologico la variabile chiave della competitività. Il trasferimento della produzione
in sedi operative lontane da dove avviene la progettazione e la sperimentazione del prodotto rischierebbe di
compromettere la qualità e il valore dell’offerta aziendale. I costi, quindi, sono importanti ma non sono tutto.
Le aziende che invece hanno trasferito parte della loro produzione allo scopo di ridurre l’incidenza dei costi
dichiarano che si tratta di produzioni e lavorazioni esclusivamente di tipo labour intensive che non hanno in alcun
modo ripercussioni sul valore del proprio prodotto.
In sintesi, l’avvicinamento fisico della produzione al mercato ed al cliente, viene vista come una condizione
che facilita l’interazione tra le parti, agevola l’adattamento dell’offerta e la sua personalizzazione e migliora la
gestione dei servizi e dell’assistenza. Tutto questo riverbera effetti positivi sulla attività di commercializzazione e di
vendita. Una internazionalizzazione produttiva, quindi, volta a rendere più internazionale le vendite.
114
Tabella 3.7 – Settore meccano-ceramico: motivazioni all’avvio di iniziative produttive
Motivazione
Contenimento costi di produzione
no
sì
Totale
Commercializzazione del prodotto
sul mercato locale
no
sì
Totale
Superamento delle barriere
istituzionali-governative all’entrata
no
sì
Totale
Migliore gestione dei servizi
di assistenza pre/post-vendita
no
sì
Totale
Offerta di prodotti a condizioni competitive
per il mercato di destinazione prescelto
no
sì
Totale
Frequenza
Percentuale valida
6
2
8
75%
25%
100%
Frequenza
Percentuale valida
1
7
8
12,50%
87,50%
100%
Frequenza
Percentuale valida
6
2
8
75%
25%
100%
Frequenza
Percentuale valida
2
6
8
25%
75%
100%
Frequenza
Percentuale valida
5
3
8
62,50%
37,50%
100%
Fonte: Rilevazione diretta
3.3 La delocalizzazione produttiva: una via senza ritorno?
Come si immaginano il futuro le nostre imprese? Quale spazio ha in questo futuro l’internazionalizzazione
della produzione.
Il 70% delle imprese intervistate ha dichiarato di non avere alcun progetto riguardante la realizzazione di
attività produttiva all’estero. La maggior parte di queste aziende rientra nella fascia dimensionale minore. Troppo
ridotte le dimensioni aziendali, troppo modeste le risorse a disposizione per uscire dal distretto: un distretto che
rischia di diventare una sorta di “gabbia”?
In realtà sussistono altri fattori che rendono questa scelta non priva di fondamento logico e razionale.
In primo luogo, il tipo di produzione che esse realizzano: il grado di personalizzazione e di adattamento alle
esigenze del cliente piuttosto sostenuto, implica la realizzazione in “serie corte”, che impedisce la modularizzazione
della produzione, facendo mancare la scala di produzione minima necessaria per giustificare il trasferimento della
produzione all’estero, come può invece avvenire per prodotti standardizzati.
In secondo luogo la difesa degli standard di qualità dell’offerta. L’esternalizzazione dell’attività produttiva
comporterebbe, secondo molte imprese intervistate, la perdita del controllo sul processo produttivo, che, per questo
tipo di aziende, rappresenta la principale area nella quale si sviluppa il vantaggio competitivo a cui si affidano per
agganciare la domanda internazionale con l’esportazione.
Le imprese che invece hanno dichiarato di prevedere la realizzazione di IDE sono in totale 14, il 30% del
campione, che interpretano il distretto come “nido” dal quale ad un certo momento si può prendere il volo (Tab. 3.8).
115
Le mete identificate sono svariate, quasi tutte rappresentate da paesi in via di sviluppo (unica eccezione la Spagna),
che offrono un maggior potenziale di crescita a seguito dello sviluppo di una industria ceramica locale.
La lontananza, sia fisica che psichica, del paese prescelto aumenta con l’aumentare delle dimensioni
aziendali, mentre le imprese minori preferiscono non allontanarsi eccessivamente dalla loro base operativa. I flussi
maggiori si dirigono verso l’Est Europa e verso l’Asia. Una parte minore è diretta verso il Sud America e una quota
crescente verso il Medio Oriente.
Tabella 3.8 – Settore meccano-ceramico: imprese e mercati di destinazioni degli IDE futuri
Classe
Impresa
Mercato
dimensionale
Estremo Oriente
Impresa 1
5 - 10 mil
Sud America
Impresa 2
10 - 25 mil
Romania
Impresa 3
5 - 10 mil
Cina
Polonia
Impresa 4
2,5-5 mil
Spagna
Impresa 5
5 - 10 mil
Est Europa
Sud America
Impresa 6
5 - 10 mil
Est Europa
Impresa 7
2,5-5 mil
Russia
Impresa 8
> 25 mil
Cina(o Asia)
Impresa 9
10 - 25 mil
Impresa 10
2,5-5 mil
Est Europa
Estremo Oriente
Impresa 11
0-2,5 mil
India
Impresa 12
> 25 mil
Impresa 13
5 - 10 mil
Impresa 14
10 - 25 mil
India
Cina
India
Turchia
Iran
Tailandia
Cina
Brasile
Messico
Fonte: Rilevazione diretta
Questi progetti di internazionalizzazione della produzione prenderanno la forma – secondo le intenzioni delle
imprese – di costituzione di nuova azienda, di collaborazione con un partner locale, nella veste di joint venture,
mentre minore sarà il ricorso all’acquisizione di impresa, modalità che se appare più costosa, assicura nel contempo
economie di velocità (Fig. 3.2).
L’attività assegnata a queste unità produttive sarà quella della produzione di macchinari e di impianti, seguita
dall’attività di assemblaggio mentre solo in pochi casi saranno dedicate alla produzione di componenti e di ricambi.
116
Figura 3.2 - Settore meccano-ceramico: modalità di entrata prevista per gli investimenti futuri all’estero
30,43%
56,52%
13,04%
Acquisizione di impresa
Costituzione di nuova impresa
Joint Venture con partner locale
Fonte: Rilevazione diretta
Relativamente al contenuto tecnico e di valore delle attività, nella nuova sede estera si provvederà a
realizzare lavorazioni a basso contenuto tecnologico e ad alta intensità di lavoro (Fig. 3.3).
Figura 3.3 -. Settore meccano-ceramico:tipo di attività da realizzare nelle future sedi produttive estere
43,48%
34,78%
21,74%
Produzione macchine/impianti
Assemblaggio
Produzione componenti/ricambi
Fonte: Rilevazione diretta
Diverse le motivazioni fornite dalle imprese al basso livello di internazionalizzazione produttiva fino ad oggi
realizzato:
• la volontà di proteggere la qualità del proprio prodotto. Nei paesi potenziale sede di iniziative produttive, la
qualità dei fattori produttivi non è eccellente: la cultura tecnica non è diffusa come nel distretto, le reti di
sub-fornitura sono quantitativamente limitate e carenti sul piano qualitativo (più volte le imprese hanno
fatto notare come componenti e materiali disponibili sui mercati stranieri siano di standard inferiore sotto il
profilo prestazionale) e le materie prime possono essere reperite con difficoltà maggiore rispetto ai canali di
rifornimento ormai collaudati presenti nel distretto;
• la volontà di tutelare il proprio know-how. Trasferendo in altri paesi la produzione tecnologica più avanzata
le imprese rischierebbero di nutrire lo sviluppo di temibili concorrenti che in futuro potrebbero intaccare la
loro quota sul mercato mondiale. Ciò soprattutto in paesi dove le capacità di imitazione delle tecnologie è
piuttosto diffusa e dove la tutela dei brevetti è praticamente inesistente. Per questa ragione esse
preferiscono conservare internamente le produzioni tecnologicamente più innovative;
• la “giovinezza” dei mercati meta di nuovi insediamenti produttivi che esprimono una domanda di modesta
complessità e qualità dei beni strumentali e comunque inferiore a quella avanzata dalle imprese italiane del
distretto. Anche questa giustificazione suffraga la decisione delle imprese.
117
3.4 La competitività delle imprese ceramiche italiane vista dai costruttori di tecnologia ceramica italiani
I costruttori italiani di tecnologia ceramica per genesi (nati e cresciuti nel distretto), posizione ricoperta sul
mercato (leadership tecnologica), ruolo svolto nel favorire la disseminazione della produzione di ceramica su scale
mondiale, costituiscono degli osservatori privilegiati se non unici per esprimere indicazioni sul grado di competitività
dei produttori italiani di piastrelle e di comparazione verso altri competitor internazionali.
Alle imprese coinvolte nell’indagine è stato chiesto di esprimere un giudizio sul grado di superiorità (o di
inferiorità) delle imprese ceramiche sassuolesi nei confronti dei concorrenti localizzati nel paese dove si realizza la
quota più elevata del proprio fatturato estero (e che quindi presumibilmente conosce meglio) (Tab 3.9). Anche per
questa rilevazione si è ricorsi ad un scala Likert 1-7 con la quale si sono graduati i giudizi di una serie di fattori di
superiorità che a “grappolo” sono stai aggregati per grado di omogeneità interna .
Tabella 3.9 - Settore meccano-ceramico: valutazione superiorità produttori piastrelle distrettuali, media
dell'intero campione
Aree di valutazione
Media
Prodotto
Qualità tecnica del prodotto
5,92
Qualità estetica/stilistica del prodotto
6,19
Varietà (ampiezza gamma)
5,94
Tasso d’innovazione dei prodotti
6,27
Prezzo
Prezzo basso (Low Price)
3,12
Value for money (rapporto qualità-prezzo)
4,59
Condizioni di pagamento
4
Comunicazione
Immagine del Made in Italy
6,17
Forza dei brand aziendali
6
Servizio al cliente
Servizi logistici (velocità e puntualità consegne, abilità gestione ordini, ecc.)
5,53
Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, campioni, cartelloni)
5,78
Altri servizi avanzati (formazione al distributore, assistenza pre e post vendita)
5,75
Fonte: Rilevazione diretta
Per i costruttori di tecnologia, la superiorità dell’offerta italiana, emerge su due piani:
il prodotto nelle sue componenti tecniche, estetiche e di composizione di gamma,
il contenuto di immagine veicolato dal marchio di origine Made in Italy e dalla forza dei singoli brand
aziendali.
Il livello di superiorità scende, pur restando su valori elevati quando, il terreno di confronto è quello della
logistica e dei servizi offerti alla clientela. Su quest’ultimo terreno alle aziende ceramiche italiane si riconosce una
buona capacità di approntare servizi per la clientela (supporti espositivi, cataloghi, campioni, cartellonistica, e altri
servizi quali assistenza pre e post vendita e la formazione al distributore).
Il grado di superiorità si trasforma in grado di “inferiorità” se la valutazione si rivolge alla componente
“competitività di prezzo”, dove la posizione dei produttori italiani appare molto debole per le condizioni di costo più
onerose rispetto ad altri bacini di produzione.
I paesi usciti come benchmark sono numerosi: dai paesi dell’Est Europa, a quelli dell’America Latina, da quelli
del Medio Oriente e quelli dell’Asia. Una parte consistente del campione ha preso, come paese di paragone, la
Spagna che ad oggi si presenta come il “maggior competitor”del distretto sassuolese. Ciò ha indotto alla
riformulazione dell’analisi scindendo il campione in due gruppi. Il primo comprende le imprese che hanno indicato
come mercato per il confronto la Spagna, che presenta un grado di sviluppo del settore molto più vicino al livello
italiano. Il secondo, denominato “resto del mondo”, nel quale confluiscono per la maggior parte produttori dei paesi
in via di sviluppo, i quali presentano un grado di competitività minore rispetto a quelli spagnoli.
Prendendo in analisi il confronto effettuato con il gruppo di paesi “resto del mondo13” (Tab. 3.10), si denota
che, riguardo alle qualità del prodotto (tecnica, estetica, tasso d’innovazione), è netta la superiorità del prodotto
italiano rispetto al confronto con i produttori spagnoli.
•
•
Argentina,Brasile,Cina, Egitto, Emirati Arabi, Europa dell’Est, Germania, India, Iran, Medio Oriente, Messico, Polonia,
Portogallo, Tailandia, Turchia, USA.
13
118
Tabella 3.10 - Settore meccano-ceramico: confronto produttori piastrelle distretto vs produttori "resto del
mondo"
Prodotto
Media
Qualità tecnica del prodotto
6,03
Qualità estetica/stilistica del prodotto
6,39
Varietà (ampiezza gamma)
5,97
Tasso d’innovazione dei prodotti
6,27
Prezzo
Media
Prezzo basso (Low Price)
2,82
Value for money (rapporto qualità-prezzo)
4,61
Condizioni di pagamento
4,12
Comunicazione
Media
Immagine del Made in Italy
6,36
Forza dei brand aziendali
6,15
Servizi
Media
Servizi logistici (velocità e puntualità consegne,ecc.)
5,81
Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, ecc.)
5,88
Altri servizi avanzati (formazione , assistenza pre e post vendita)
5,78
Fonte: Rilevazione diretta
Relativamente al fattore prezzo, gli intervistati hanno riconosciuto il prodotto italiano nettamente inferiore
rispetto a quello dei competitor del paese di paragone. Sale invece, anche se di poco, la superiorità nel rapporto
qualità-prezzo. In merito alle condizioni di pagamento il risultato è immutato e quindi si conferma una superiorità
molto ridotta.
Considerando la forza del Made in Italy rispetto al marchio nazionale degli altri produttori, lo scarto a favore
dell’Italia sale fino quasi a raggiungere il punto più elevato della scala. Lo stesso dicasi per il valore dei marchi
aziendali che si attesta intorno a valori vicini al precedente. Emerge ancora più fortemente come una quota
importante del successo aziendale sia da imputarsi al marchio del paese di origine.
Anche per quanto riguarda il servizio al cliente il confronto con i paesi “resto del mondo” evidenzia un decisa
superiorità dell’offerta italiana. Alle imprese italiane si riconosce una maggiore capacità di sostenere il cliente sia con
servizi logistici, alla vendita e di assistenza.
Nel confronto effettuato con i produttori spagnoli la superiorità netta, ravvisata in precedenza tende a ridursi
in misura significativa fino a diventare quasi minima (Tab. 3.11).
Tabella 3.11 - Settore meccano-ceramico: confronto produttori piastrelle distretto vs produttori spagnoli
Prodotto
Media
Qualità tecnica del prodotto
5,26
Qualità estetica/stilistica del prodotto
5,35
Varietà (ampiezza gamma)
5,59
Tasso d’innovazione dei prodotti
5,71
Prezzo
Media
Prezzo basso (Low Price)
3,66
Value for money (rapporto qualità-prezzo)
4,24
Condizioni di pagamento
4,17
Comunicazione
Media
Immagine del Made in Italy
5,82
Forza dei brand aziendali
5,58
Servizi
Media
Servizi logistici (velocità e puntualità consegne, ecc.)
4,96
Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, ecc.)
5,19
Altri servizi avanzati (formazione, assistenza pre e post vendita)
5,15
Fonte: Rilevazione diretta
119
Secondo alcuni intervistati, l’inferiorità delle imprese italiane è manifesta, e i concorrenti spagnoli hanno già
superato l’Italia sul piano del prodotto (qualità tecnica, contenuto estetico, varietà e tasso d’innovazione). Nella
media invece si evidenzia come la superiorità sia riconosciuta (soprattutto per il tasso d’innovazione dei prodotti e
per l’ampiezza di gamma) ma nel complesso si tratta di margini piuttosto stretti.
L’analisi relativa al fattore prezzo evidenzia un vantaggio lieve dei produttori spagnoli, mentre per il rapporto
qualità-prezzo e per le condizioni di pagamento la situazione è di un sostanziale equilibrio. La superiorità dei
produttori di piastrelle del distretto torna a farsi più consistente relativamente ai marchi aziendali e soprattutto del
Made in Italy.
Relativamente ai fattori legati al servizio si riduce la superiorità circa la capacità di offrire servizi logistici,
mentre in merito ai servizi di assistenza al cliente i produttori sassuolesi risultano leggermente favoriti.
In sintesi si deduce che i produttori italiani di piastrelle vantano nei confronti del “resto del mondo” una netta
superiorità (tranne per la variabile prezzo), mentre questo vantaggio tende a diminuire sensibilmente se il confronto
viene effettuato con i produttori spagnoli.
120
CAPITOLO QUARTO
LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DELLE IMPRESE
4.1 La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese
I tratti strutturali del settore, le strategie di mercato e le condotte operative delle imprese si riflettono sul piano
economico e finanziario delle stesse in termini di performance economiche, di struttura degli asset patrimoniali e
delle fonti di finanziamento attivate per sostenere lo svolgimento dei processi tipici14.
La struttura del capitale investito riflette molti tratti tipici di imprese impegnate in attività produttive
caratterizzate da cicli operativi scomponibili, forte destrutturazione dei processi produttivi e intenso ricorso al
mercato delle lavorazioni e dei servivi (Tab. 4.1).
Tabella 4.1 – Settore meccano-ceramico: attivo di Stato Patrimoniale aggregato del campione di 48 imprese
(valori assoluti in 000 di euro e %)
ATTIVO
2000
2001
2002
2003
2004
Immobilizzi materiali
39020
36548
12103
44141
34731
Immobilizzi immateriali
Immobilizi finanziari
Totale immobilizzazioni
Rimannze
Crediti
Attività finanziarie
Disponibilità liquide
Totale Attivo Circolante
TOTALE ATTIVO
6,98%
67767
12,12%
18629
3,33%
125417
22,44%
94486
16,90%
302364
54,09%
5436
0,97%
25453
4,55%
427739
76,52%
5,96%
74149
12,10%
20762
3,39%
131459
21,45%
98264
16,03%
329705
53,79%
3391
0,55%
42145
6,88%
473504
77,25%
2,47%
67023
13,68%
18091
3,69%
97218
19,84%
72097
14,71%
276137
56,35%
3231
0,66%
30892
6,30%
382358
78,03%
6,54%
72955
10,81%
24122
3,57%
97218
14,40%
107891
15,98%
359129
53,19%
4991
0,74%
51475
7,62%
523485
77,54%
4,66%
77854
10,44%
31109
4,17%
143694
19,26%
134527
18,03%
406748
54,52%
6918
0,93%
43191
5,79%
591384
79,27%
558974
100,00%
612965
100,00%
489997
100,00%
675118
100,00%
746008
100,00%
Fonte: Banca dati AIDA
La modesta e cedente incidenza degli immobilizzi materiali (impianti ed attrezzature) che nella fase finale del
periodo è inferiore al 5%, segnala la ”leggerezza” di queste imprese. Allo stesso tempo le stesse dimostrano di fare
leva ed affidarsi in misura più “pesante” su asset immateriali (brevetti, diritti industriali, licenze) a segnalare un
impegno nell’attività di R&D che assorbe in modo significativo le risorse e l’impegno delle imprese, o almeno di una
parte di esse. Come facile intuire, una verifica a questo riguardo ha portato alle imprese di maggiore dimensione,
più attive nel condurre attività di ricerca ( anche di base) e di potersi permettere i costi della brevettazione, a
differenza delle imprese minori che si limitano a svolgere esclusivamente ricerca applicata.
Per orientare l’analisi su questo fronte si è proceduto si è attinto alla banca dati di bilanci AIDA, attraverso la quale si è costruito
un bilancio somma delle imprese del campione e disaggregazioni per classi di ampiezza delle stesse.
14
121
Analoghe considerazioni si possono fare in merito alle immobilizzazioni materiali maggiormente incidenti sulla
struttura del capitale delle grandi imprese rispetto alle piccole imprese dove si ricorre ad un utilizzo più intenso di
manodopera e di macchinari di caratura ridotta. Da quanto emerso, si conferma come la maggior parte delle
imprese presenti un elevato grado di destrutturazione, realizzando al suo interno una quota limitata di produzione
esternalizzando o acquisendo parti da terzi e componenti per assemblarli prima di procedere alla vendita. Quindi,
molte delle imprese del settore in realtà sono dei grandi assemblatori, fungendo da punto di raccordo tra le
produzioni meccaniche delle imprese minori e artigianali.
Il secondo tratto che conferma la combinazione dei fattori tipica di queste imprese è la composizione del
capitale circolante dove, la limitata incidenza delle rimanenze a magazzino15 unitamente alla consistente e stabile
rilevanza dei crediti commerciali16, segnala il prevalere di modelli di organizzazione della produzione su commessa.
Le immobilizzazioni finanziarie, infine, superano di poco il 4% dell’attivo investito, quota in leggera crescita
negli ultimi anni, ma pur sempre modesta. Questo è l’indicatore dell’assenza, in questo settore, di un mercato delle
imprese e della costruzione di percorsi di crescita per via esterna e cioè attraverso acquisizione di imprese e di
partecipazioni al capitale delle stesse.
Nel complesso le immobilizzazioni costituiscono appena il 20% del totale degli impieghi. La maggior parte
dell’attivo è rappresentato dalle attività correnti, soprattutto crediti, quindi attività ad alta rotazione.
Coerentemente con la struttura del capitale investito - fortemente basata su componenti di capitale circolate –
la struttura dei finanziamenti si sorregge in larga parte su fonti di debito e a breve scadenza e ciò comporta o
potrebbe comportare forme di condizionamento esterno alla gestione di impresa (Tab. 4.2). Il modesto grado di
capitalizzazione - di poco superiore al 27% nell’anno di punta, il 2002, e successivamente cedente - espone le
imprese a condizioni di vulnerabilità inibendo aspirazioni di sviluppo, di consolidamento dimensionale e di avvio di
progetti di lungo respiro.
Tabella 4.2 – Settore meccano-ceramico: attivo di Stato Patrimoniale aggregato di un campione di 48
imprese(valori assoluti in 000 di euro e %)
PASSIVO
2000
2001
2002
2003
2004
Capitale
Totale Patrimonio Netto
Fondi rischi
Trattamento di fine rapporto
Debiti a breve termine
Debiti a medio lungo termine
Totale debiti
TOTALE PASSIVO
29.412
5,26%
120.378
21,54%
2.007
0,36%
18.060
3,23%
306.856
54,90%
96.771
17,31%
413.890
74,04%
36.260
5,92%
147.989
24,14%
5.602
0,91%
21.179
3,46%
323.578
52,79%
107.207
17,49%
429.838
70,12%
28.626
5,84%
135.901
27,74%
4.929
1,01%
19.522
3,98%
263.249
53,72%
61.033
12,46%
324.535
66,23%
52.079
7,71%
176.035
26,07%
9.468
1,40%
26.215
3,88%
339.557
50,30%
119.308
17,67%
459.207
68,02%
120.378
16,14%
176.943
23,72%
12.281
1,65%
28.886
3,87%
406.831
54,53%
116.480
15,61%
522.938
70,10%
558.974
100,00%
612.965
100,00%
489.997
100,00%
675.118
100,00%
746.008
100,00%
Questa voce appare, peraltro in aumento, a seguito della politica praticata dalle imprese ceramiche di delegare ai fornitori la
funzione di “magazzino”, rinunciando a detenere a scorta parti di ricambio o componenti la cui necessità potrebbe manifestarsi in
modo improvviso e preferendo chiamare in causa direttamente il costruttore di impiaanti. Tra l’altro, la rapidità dei tempi di
consegna e di intervento è stato segnalato in precedenza come uno degli attributi sui quali si costruisce la soddisfazione del
cliente. Di conseguenza, le imprese impiantiste, per non farsi cogliere di sorpresa, preferiscono cautelarsi mantenendo delle
scorte per poter rispondere repentinamente alla domanda.
16 Ciò conferma come la concessione di crediti e la dilazione di pagamenti siano pratiche diffuse a favore della clientela ceramica.
15
122
Fonte: Banca Dati AIDA
In chiave dinamica si evidenzia come nel corso degli anni, l’indice di solidità del capitale sociale, si sia
fortemente ridotto, soprattutto a causa dei forti finanziamenti provenienti dalla proprietà che hanno incrementato il
capitale sociale per sostenere l’attività.
Spicca, quindi, la cospicuità dei debiti sul totale delle fonti attivate. Nei cinque anni presi in esame la forbice
spazia da un valore minimo del 66% ad uno massimo del 74%. Si comprende come sia importante il capitale di terzi
nel finanziamento dell’attività aziendale.
Una parte rilevante del totale debiti è rappresentato dai debiti a breve, la cui quota non scende mai al disotto
del 50% del totale delle fonti. Ciò va connesso alle specificità del mercato, quello dei beni industriali, che prevede
pratiche consolidate quali la concessione di ampie dilazioni ai clienti e l’ottenimento di altrettante dilazioni dai
fornitori. Si rileva, quindi, come il ciclo monetario si discosti fortemente rispetto al ciclo fisico-tecnico della produzione
aziendale.
Nel complesso la maggior parte degli impieghi è finanziata dalle passività correnti che, nel 2004, superano il
54% del totale delle fonti, costituendo le passività consolidate invece una quota di poco superiore al 20%. Ne deriva
un certo rischio finanziario per le aziende che si potrebbero trovare in difficoltà di fronte alle richieste di rimborso non
programmate dei finanziamenti ottenuti a titolo di prestito.
Ulteriori indizi sulla solidità della posizione patrimoniale e finanziaria delle imprese del settore, scaturiscono
dall’analisi della correlazione tra le fonti e gli impieghi (Tab. 4.3).
Tabella 4.3 – Settore meccano-ceramico: indici della struttura patrimoniale e della situazione finanziaria
INDICE
2000
2001
2002
2003
2004
RIGIDITA' DEGLI IMPIEGHI
22,44% 21,45% 19,84% 14,40% 19,26%
(Immobilizzazioni/Totale attivo)
INDICE DI INDIPENDENZA FINANZIARIA
22,13% 24,44% 28,04% 26,25% 23,87%
(Patrimonio netto/Totale Passivo)
SOLIDITA' DEL CAP. SOCIALE
4,09
4,08
4,75
3,38
1,47
(Patrimonio netto/Capitale sociale)
PESO PASSIVITA' CORRENTI
56,40% 53,44% 54,32% 50,64% 54,87%
Passività Correnti/Totale Attivo
PESO PASSIVITA' CONSOLIDATE
21,47% 22,13% 17,64% 23,11% 21,26%
Passività Consolidate/Totale Attivo
COPERTURA IMM. CON FONTI DUREVOLI
1,89
2,14
2,28
3,40
2,33
((Patrimonio Netto+Passività consolidate)/Immob.)
MARGINI E DI STRUTTURA
-5.039
16.529 38.683
78.817
33.249
(Patrimonio netto - Immob.)
COPERTURA IMM. CON FONTI PROPRIE
40,64% 44,00% 43,11% 45,78% 38,84%
(Patrimonio Netto/Immobilizzazioni)
Fonte: Banca dati AIDA
Il grado di copertura delle immobilizzazioni segnala che le fonti durevoli permettono di coprire
abbondantemente gli investimenti immobilizzati. La regola essenziale dell’equilibrio finanziario è rispettata, evitando
che la scadenza di passività a breve possa portare alla necessità di ricorrere a costose fonti finanziarie o alla
liquidazione di beni durevoli necessari all’attività aziendale. In questo caso le fonti durevoli permettono tra l’altro un
ampio finanziamento delle attività correnti. In chiave dinamica si rileva come l’indice si sia mantenuto sempre su
buoni livelli, anche se nell’ultimo esercizio si denota un calo dovuto soprattutto alla crescita delle immobilizzazioni di
natura finanziaria.
Un ulteriore segnale dello stato di salute finanziario delle imprese deriva dalla loro capacità di coprire, con soli
mezzi propri, tutti gli investimenti in attività fisse, ossia in immobilizzazioni. In tal senso il margine di struttura risulta,
per il 2004, superiore a 33 milioni di euro. Questo indica che le imprese riescono, servendosi esclusivamente di
capitale proprio, a coprire tutte le immobilizzazioni. In chiave dinamica si ravvisa un continuo miglioramento del
margine si struttura, che da negativo, nel 2000, è continuato a crescere in modo consistente anche se nell’ultimo
periodo ha conseguito un brusco calo dovuto essenzialmente all’incremento delle immobilizzazioni e alla sostanziale
stasi del patrimonio netto.
123
Informazioni ancora più dettagliate si possono dedurre dalla verifica dell’indice del grado di copertura delle
immobilizzazioni con capitale proprio. Il rapporto evidenzia come il capitale proprio sia sufficiente a coprire tutte le
immobilizzazioni e presenti anche degli avanzi con i quali finanziare parte della gestione corrente. Ciò consente di
prevedere per le aziende una solidità patrimoniale di lungo periodo, a meno di forti erosioni del capitale stesso.
L’analisi delle condizioni di liquidità riconferma la capacità delle imprese di far fronte agli impegni assunti,
potendo contare sulle risorse generate dalla gestione aziendale (Tab. 4.4)
Tabella 4.4 – Settore meccano-ceramico: indici di liquidità
INDICE
2000
2001
CCN
115751
147072
Indice di disponibilità
1,38
1,45
MARGINE DI TESORERIA
20961
48271
Indice di liquidità
1,07
1,15
Fonte Elaborazione personale su dati AIDA
2002
116385
1,44
43781
1,17
2003
179353
1,53
71046
1,21
2004
178115
1,44
43108
1,11
4.2 La dinamica della gestione economica e le condizioni di redditività
Anche su questo fronte, osservando la struttura del conto economico, si riverberano tratti di specificità
settoriale e altri connessi al business model delle imprese del settore.
La dinamica del valore della produzione fornisce una prima indicazione dei condizionamenti di natura
congiunturale e non, che hanno disturbato l’agire delle imprese e frenato le loro performance economiche e di
mercato. Si ritrova infatti il calo evidente della produzione negli esercizi 2002 e 2003, sui quali hanno influito la
cedente intonazione degli scambi internazionali del dopo 11 settembre 2001 e la conseguente congiuntura negativa
che ha investito l’economia mondiale. Da questa situazione di stasi le imprese si riprenderanno nel 2004 (Tab. 4.5).
La struttura del conto economico segnala bene l’impostazione che guida lo svolgimento delle attività tipiche di
impresa: l’elevata incidenza degli acquisti (materie prime, lavorazioni e servizi) riflette l’elevato grado di
destrutturazione e l’ampio ricorso al mercato delle lavorazioni che comprimono verso il basso la generazione di
valore aggiunto che nel periodo oscilla stabilmente intorno al 26%.
A frenare la crescita del valore aggiunto, oltre al contenuto grado di internalizzazione di attività di tipo
manifatturiero, concorrono inoltre il clima acceso del confronto competitivo tra le imprese che frena la capacità di
valorizzazione della produzione sul mercato e la dinamica dei costi che si sviluppa ad un ritmo di crescita superiore a
quello del fatturato.
La leggerezza delle strutture aziendali, il ricorso al mercato consente di limitare il ricorso al fattore lavoro
contenendo l’incidenza del suo costo rispetto al fatturato (16% circa nell’anno di fine periodo), che appare tuttavia
sempre crescente nel tempo. Ad irrigidire questa voce concorre, quindi, non tanto la componente quantitativa,
quanto quella qualitativa delle risorse umane impiegate. A valutazioni di altro genere si perviene, se il raffronto viene
fatto sul valore aggiunto: in questo caso il livello di assorbimento non è mai inferiore al 55% e si presenta crescente
nel tempo. Se ne deduce una sempre minore capacità delle imprese di remunerare gli altri fattori coinvolti nei
processi gestionali oltre che assicurare una accumulazione di capitale per garantire all’impresa il suo sviluppo o
almeno la sua sopravvivenza.
La capacità di gestire con efficienza i processi tipici e le attività caratteristiche si mantiene bassa e cedente
nel tempo: la dinamica del margine operativo lordo e netto ne sono la diretta conferma. Sui risultati prodotti dalla
gestione corrente, gravano infine, oneri crescenti riconducibili alle politiche finanziarie delle imprese, residuando una
redditività finale modesta e cedente che nell’ultimo anno di rilevazione è inferiore al 2%.
124
Tabella 4.5 - Settore meccano-ceramico: Conto Economico di un campione di 48 imprese (valori assoluti in
000 di euro e %)
∆%
∆%
∆%
∆%
2000
2001
2002
2003
2004
01-00
02-01
03-02
04-03
586.781 664.853 13,31% 644567 -3,05% 646.786 0,34% 739.612 14,35%
Tot. Valore produzione
100%
100%
100%
100%
100%
Materie prime e consumo
330.334 340.457 3,06% 306.209 10,06% 318.134 3,89% 371.533 16,78%
56,30% 51,21%
51,00%
49,19%
50,23%
106.642 128.575 20,57% 128.211 -0,28% 124.570 -2,84% 151.433 21,56%
Servizi
18,17% 19,34%
18,77%
19,26%
20,47%
9.952
15.836 59,11% 17.120 8,11% 17.602 2,82% 18.193 3,35%
Godimento beni di terzi
1,70% 2,38%
2,53%
2,72%
2,46%
148.000 172.967 16,87% 182.794 5,68% 181.977 -0,45% 194.178 6,70%
Valore Aggiunto
25,22% 26,02%
25,86%
28,14%
26,25%
80.977 97.340 20,21% 108.326 11,29% 107.489 -0,77% 118.342 10,10%
Totale costi del personale
13,80% 14,64%
16,83%
16,62%
16,00%
67.023 75.627 12,84% 74.468 -1,53% 74.488 0,03% 75.835 1,81%
MOL
11,42% 11,38%
9,03%
11,52%
10,25%
20.731 18.262 11,91% 21.481 17,63% 29.879 39,09% 29.109 -2,58%
TOT Amm.ti e svalut.
3,53% 2,75%
2,51%
4,62%
3,94%
45.606 56.688 24,30% 49.255 13,11% 42.535 13,64% 43.743 2,84%
Risultato operativo
7,77% 8,53%
6,10%
6,58%
5,91%
-8.400 -7.462 11,16% -9.389 25,83% -10.032 6,84% -10.512 4,79%
Tot. Proventi e oneri finan.
-1,43% -1,12%
-1,07%
-1,55%
-1,42%
37.193 48.858 31,36% 46.294 -5,25% 30.954 33,14% 35.969 16,20%
Risultato ante imposte
6,34% 7,35%
6,10%
4,79%
4,86%
18.807 21.901 16,45% 17.194 21,49% 18.352 6,73% 21.569 17,53%
Imposte
3,21% 3,29%
2,29%
2,84%
2,92%
18.386 26.957 46,62% 29.100 7,95% 12.602 56,70% 14.400 14,27%
Utile/perdita d'esercizio
3,13% 4,05%
3,80%
1,95%
1,95%
Fonte: Banca Dati AIDA
Nel complesso, seppur le imprese abbiano riorientato verso l’alto la curva dei ricavi di vendita, segnalano una
difficoltà nel generare valore. Costo dei fattori, condizioni di ipercompetizione, deficit di condotta e di azione di
mercato, sembrano essere i fattori deprimenti lo stato di salute delle imprese sul piano economico, per la cui
ricostituzione non esistono facili soluzioni e rapidi rimedi. Tutti gli indicatori di redditività segnalano cedimenti
protratti nel tempo (Tab. 4.6).
Tabella 4.6 – Settore meccano-ceramico: indici di redditività
Indice
2000
2001
ROE
15,27%
18,22%
ROI
8,16%
9,25%
ROS
8,01%
8,67%
Fonte: Elaborazione personale su dati AIDA
125
2002
15,49%
7,62%
7,63%
2003
7,16%
6,30%
6,80%
2004
8,14%
5,86%
6,19%
4.3 Efficienza aziendale e produttività dei fattori
Le condizioni del mercato della domanda (domestica ed internazionale), la crescente rivalità tra le imprese sul
fronte dell’offerta pongono in primo piano la necessità di innalzare /difendere le condizioni di efficienza nello
svolgimento delle attività aziendale e di migliorare il rendimento dei fattori produttivi. Anche su questo versante
l’analisi - che è stata condotta ricorrendo a diversi livelli di disaggregazione e variabili esplicative - ha fornito utili
indicazioni (Tab. 4.7)
Tabella 4.7 – Settore meccano-ceramico: indici della produttività aziendale
Indice
2000
2001
2002
Dipendenti
2482
3158
2967
variazione
27,24%
-6,05%
Fatturato
601.134
653.632
641.875
variazione
8,73%
-1,80%
Fatturato/dipendenti
242,20
206,98
216,34
variazione
-14,54%
4,52%
VA/dip
59,63
54,77
61,86
variazione
-8,15%
12,95%
Costo del lavoro pro-capite
32,63
30,82
36,27
variazione
-5,52%
17,67%
Costo del lavoro/valore aggiunto
54,71%
56,28%
58,63%
variazione
2,86%
4,18%
Fonte: Banca dati AIDA
2003
3330
12,23%
625.966
-2,48%
187,98
-13,11%
54,65
-11,67%
32,28
-11,00%
59,07%
0,75%
2004
2738
-17,78%
706.637
12,89%
258,09
37,30%
70,92
29,78%
43,22
33,90%
60,95%
3,18%
∆ 04/00
256
10,31%
105.503
17,55%
15,89
6,56%
11,29
18,93%
10,60
32,48%
6,23%
11,39%
In primo luogo la dinamica della base occupazionale e del fatturato che sembrano muoversi in sincronia. La
dinamica del fatturato o le aspettative relative sembrano guidare le imprese nel definire il dimensionamento degli
organici e quindi anche il contributo del fattore lavoro alla generazione del fatturato e del valore aggiunto.
L’analisi del valore aggiunto per dipendente ripropone di nuovo i problemi che incontrano le imprese nel
conferire valore aggiunto ai loro prodotti. Nei periodi di espansione della produzione si nota ancora come i costi
crescano in misura maggiore rispetto all’espansione del fatturato; si impiegano dosi crescenti di fattori produttivi, ma
si conseguono risultati di vendita inferiori. Tutto ciò non va ascritto al solo fattore lavoro ma ne chiama in gioco anche
altri (aumento dei costi delle materie prime, dell’energia, dei servizi), e non ultimo il deficit di approccio al mercato,
verso il quale le imprese non riescono a far apprezzare pienamente il proprio prodotto, sia in ambito internazionale
che ancor più distrettuale.
Il costo del lavoro per addetto segue un andamento oscillante ed è fortemente legato alle politiche del
personale ed il suo grado di partecipazione al valore aggiunto segue un andamento crescente.
I dati aggregati, celano sempre differenze al suo interno, scontano effetti di compensazione, non riflettono
correttamente il peso e la partecipazione al risultato dei diversi componenti. Ciò può verificarsi anche nel caso della
realtà osservata, che a dire il vero presenta un elevato grado di omogeneità interna: imprese che condividono la
stessa localizzazione geografica, specializzazione produttiva, profilo dimensionale, orientamento al mercato. Ciò
nonostante non appare inutile affinare l’analisi, procedendo per disaggregazioni successive e tendo conto di una
pluralità di variabili strutturali aziendali e dei loro comportamenti discriminanti. Il campo di analisi e verifica è quello
dalle performance aziendali di tipo reddituale.
L’analisi della redditività aziendale legata al profilo dimensionale delle aziende (dipendenti e fatturato) mostra
un andamento comune ed uniforme a prescindere dalla dimensione aziendale: per i diversi gruppi di imprese la
performance è cedente su tutto il periodo (Tab. 4.8, Tab. 4.9).
Al loro interno si evincono dinamiche divergenti che sembrano segnalare un miglioramento delle performance
al crescere della dimensiona aziendale: ciò si riscontra per il ROI ed il ROE.
Tuttavia, l’ipotesi di una relazione tra la redditività e le dimensioni aziendali non si riscontra nelle imprese
con numero di dipendenti al disotto di venticinque che rappresenta il secondo miglior risultato. Le imprese di
126
dimensione 25-50 dipendenti conseguono un livello di redditività della gestione caratteristica inferiore rispetto ai
precedenti, con un ROE molto basso. Infine, le imprese con 50-100 dipendenti conseguono il risultato peggiore sia in
termini di ROI che di ROE.
Sebbene i migliori risultati siano fatti registrare dalle imprese maggiori (con più di 100 dipendenti) anche le
piccole imprese dimostrano una discreta capacità operativa nello svolgimento dei processi tipici raggiungendo un
grado di efficienza e di specializzazione equiparabile a quello delle imprese maggiori.
Tabella 4.8 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE per classi di idpendenti
Dipendenti
indice
2000
2001
2002
ROI
7,66%
9,38%
4,98%
≤25
ROE
14,00%
35,56%
32,95%
ROI
7,18%
10,50%
5,91%
25_50
ROE
12,43%
5,27%
5,46%
ROI
8,32%
7,57%
6,20%
50_100
ROE
10,91%
11,27%
7,83%
ROI
8,38%
9,36%
7,20%
>100
ROE
18,14%
20,59%
16,97%
Fonte: Elaborazione personale
2003
4,37%
26,77%
6,66%
2,58%
3,24%
1,41%
7,23%
7,55%
2004
5,33%
11,36%
4,97%
3,52%
2,83%
1,85%
6,95%
11,08%
Tabella 4.9 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE in relazione al fatturato
Fatturato
indice
2000
2001
2002
ROI
5,79%
7,86%
3,77%
≤2,5 mil
ROE
4,79%
149,70%
163,81%
ROI
12,57%
11,47%
8,24%
2,5 - 5 mil
ROE
14,56%
12,00%
9,98%
ROI
6,59%
5,30%
3,50%
5 - 10 mil
ROE
11,36%
6,97%
3,73%
ROI
6,58%
15,45%
8,80%
10 - 25 mil
ROE
10,71%
17,69%
32,19%
ROI
8,70%
9,11%
7,13%
> 25 mil
ROE
17,12%
17,84%
8,95%
Fonte: Ns. elaborazione
2003
1,66%
244,83%
7,69%
7,10%
3,56%
1,30%
7,74%
4,16%
6,87%
6,74%
2004
3,68%
32,80%
7,70%
5,24%
4,20%
2,80%
5,74%
5,08%
6,54%
9,65%
Ulteriori indicazioni si estraggono leggendo le performance aziendali alla luce della specializzazione
produttiva per famiglia di prodotti. Il criterio guida di aggregazione delle imprese è stato quello della produzione
prevalente (Tab. 4.10).
Tabella 4.10 – Settore meccano-ceramico: ROI per famiglie di prodotti
Famiglie di prodotti
2000
2001
2002
Impianti completi
3,97%
2,10%
4,67%
Preparazione terre
9,92%
8,83%
8,75%
Formatura
7,17%
6,24%
6,03%
Stampi
7,69%
7,82%
6,42%
Essicazione
5,53%
6,09%
0,56%
Smaltatuta
10,53%
12,60%
5,10%
Stoccaggio
12,88%
17,69%
11,14%
Cottura
6,06%
4,11%
5,36%
Finitura
7,74%
12,44%
8,98%
Scelta
12,40%
13,73%
4,21%
Fonte: Elaborazione personale dati AIDA
127
2003
4,56%
3,22%
3,13%
3,42%
-0,14%
9,14%
5,89%
4,19%
5,97%
10,64%
2004
4,54%
3,31%
3,47%
4,11%
9,04%
7,20%
10,94%
4,70%
5,94%
8,54%
La famiglia di prodotti che sembra assicurare le performance migliore sul piano della redditività del capitale
investito, è quella degli impianti di stoccaggio (circa l’11% nel 2004).
A favorire questa posizione concorre anche l’elevato grado di specializzazione delle imprese: la quota minima
della loro produzione realizzata nel comparto è pari al 50% per giungere in alcuni casi anche al 100%. Tutto ciò
produce benefici effetti in termini di economie di scala, curve di esperienza e risparmio di costi. Seguono il gruppo di
imprese produttrici di impianti di essiccazione (ROI=9%), e di macchinari per la scelta (ROI=8%).
Chiudono i gruppi di imprese che producono impianti per la lavorazione delle terre e per la formatura, i cui
indici risultano essere i più bassi tra le categorie esaminate. Da questa angolazione l’analisi fa emergere differenze
sostanziali tra ambito di specializzazione e performance economiche.
Sempre sulla strada della ricerca di fattori discriminanti ed esplicativi del diverso grado di performance
economica tra le imprese, si è messo in campo l’impegno profuso dalle imprese nell’attività di R&D (numero di
addetti impegnati in questa attività), riconoscendo alle imprese più attive di poter beneficiare di condizioni
migliorative in termini di contenuto innovativo della produzione e, quindi, migliore capacità di valorizzazione della
stessa sul mercato (Tab. 4.11). In questo caso il riscontro appare, almeno in parte, positivo. Il livello del ROI –ad
esclusione della penultima classe di imprese - tende a salire al crescere degli addetti dedicati nell’attività di R&S.
Questo legame appare ancora più forte se si considera il ROE.
Tabella 4.11 – Settore meccano-ceramico: ROE e ROI in relazione al numero di addeti in R&S
Addetti in R&S
Indici
2000
2001
2002
2003
ROI
7,71%
10,47%
6,27%
6,30%
≤5
ROE
11,86%
19,73%
19,48%
12,06%
ROI
9,32%
11,72%
7,98%
3,50%
5 - 10
ROE
13,69%
17,79%
10,92%
2,53%
ROI
7,23%
9,09%
7,47%
5,01%
10 - 20
ROE
10,65%
17,02%
30,34%
2,06%
ROI
7,98%
7,73%
5,13%
7,62%
> 20
ROE
18,80%
17,91%
5,87%
8,67%
Fonte: Elaborazione personale dati AIDA
2004
4,95%
6,21%
6,14%
7,84%
3,71%
-1,07%
6,50%
10,61%
Ultima variabile esplicativa della dinamica delle performance è il grado di apertura al mercato internazionale
(Tab 4.12). In questo caso le imprese che realizzano oltre il 60% del fatturato all’estero conseguono il risultato
migliore sia in termini di ROE e di ROI. Questi scendono lievemente se si considerano le imprese con un livello di
fatturato estero tra il 30% e il 60% e si riducono ulteriormente se si isolano le imprese che realizzano all’estero solo il
30% del fatturato totale. Lo scarto di queste ultime nei confronti delle prime è di quasi dell’8% sul ROI e del 5%
relativamente al ROE. Anche in questo caso, sembra potersi rinvenire un legame tra la redditività dei gruppi di
imprese considerati e la variabile individuata
Tabella 4.12 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE in relazione a quota di export su totale fatturati e
destinazione export
export
indice
2000
2001
2002
2003
2004
ROI
11,07%
10,64%
7,20%
4,20%
5,80%
≤30%
ROE
14,09%
38,47%
33,45%
48,58%
9,27%
ROI
9,25%
12,11%
7,71%
5,46%
5,13%
30% - 60%
ROE
13,13%
15,59%
11,81%
1,13%
5,60%
ROI
7,45%
7,51%
5,23%
6,92%
6,26%
> 60%
ROE
17,17%
17,33%
13,83%
8,22%
9,76%
ROI
9,42%
9,88%
5,86%
6,20%
5,51%
mkt consolidati
ROE
15,25%
28,10%
23,31%
19,69%
7,30%
ROI
7,66%
7,66%
5,80%
6,19%
5,66%
nuovi mkt
ROE
15,16%
15,82%
12,32%
6,42%
8,06%
Fonte: Elaborazione personale su dati AIDA
128
Il grado di apertura internazionale è stato, successivamente, disaggregato per direzione delle correnti di
esportazione (mercato consolidato e mercati emergenti), prendendo come soglia minima il 60% delle vendite per le
due distinte aree di mercato. In termini di ROI si coglie una dinamica cedente su entrambe le aree di sbocco, una
profittabilità più elevata generata dai flussi di vendita verso i mercati consolidati (e quindi più ricchi, più evoluti sul
piano tecnico e capaci di esprimere una domanda più sofisticata) rispetto ai nuovi mercati. Tale forbice, è andata
però chiudendosi progressivamente per segnalare una inversione di tendenza. Tra le spiegazioni possibili, il grado di
crescente determinazione con il quale le imprese si contendono gli spazi e le possibilità di vendita sui mercati
consolidati (vicini sotto il profilo geografico e culturale) sul quale si indirizzano le imprese (anche quelle piccole) per
stabilizzare i loro fatturati dovendo contrastare il cedimento della componente delle vendite sul mercato domestico. Il
rallentamento della profittabilità dei mercati esteri potrebbe porsi in relazione a fattori contingenti (condizioni di
mercato e transazioni commerciali particolari) unitamente ai vincoli connessi all’ingresso sul mercato che potrebbe
restringere il numero di contendenti abbassando il livello di confronto tra gli stessi.
129
CONCLUSIONI
L’ampia base di dati statistici ed informazioni messi a disposizione del lavoro di indagine sul campo consente
di sviluppare alcune riflessioni e trarre qualche indicazione sugli scenari che attendono le imprese di questo settore,
e da qui, provare ad avanzare qualche linea di azione. Le riflessioni che seguiranno saranno riferite alla porzione di
settore presente nel distretto di Sassuolo, che come detto, costituisce la parte più corposa e la componente storica.
Ciò, fa sì che esse siano estendibili in buona misura al settore nella sua interezza.
Molti gli elementi emersi che suonano come conferma di cose note, non pochi anche gli elementi inediti o dei
quali si supponeva la conoscenza. E’ su questi, in particolare, che ci si sofferma nello stendere queste brevi
conclusioni, senza tuttavia ignorare le conoscenze acquisite e dalle quali si vuole iniziare.
In primo luogo il volto delle imprese che con il loro profilo, orientamento strategico e condotta operativa,
fanno assumere al settore tratti di forte specificità.
La popolazione di imprese del meccano ceramico che insiste all’interno del distretto ceramico vede una
diffusa presenza di imprese di piccola dimensione (oltre il 50% di loro realizza un giro di affari inferiore a 2,5 milioni
euro), ed una esigua presenza di imprese di medio-grande dimensione (quelle con fatturato eccedente i 25 milioni di
euro costituiscono solo il 4% dell’intera popolazione, contribuendo, tuttavia, per il 60% alla formazione del fatturato
di settore). Si riscontra, quindi, una visibile polarizzazione dimensionale: pochi “grandi” attori in posizione dominante,
che influenzano le dinamiche di settore e tracciano sentieri di sviluppo del comparto; una folta platea di piccole
imprese, molte delle quali a scala artigianale, officine meccaniche, con assetti organizzativi molto semplici, con
profili di competenza limitati e spesso relegate in una posizione di subfornitura che non sembra offrire spiragli di
emancipazione.
Nel gioco competitivo-cooperativo tipico del distretto, tuttavia, contano i grandi, ma sono importanti anche i
piccoli.
Simile polarizzazione dimensionale contribuisce a sancire una netta divisione dei compiti tra le imprese: per
grado di autonomia, ruolo nella organizzazione della produzione, contributo nell’attività di ricerca e sviluppo, nei
rapporti con il mercato e con la clientela. Nel tempo, questa divisione dei compiti, si è consolidata incidendo sui
meccanismi di funzionamento del settore.
Alle imprese maggiori assegna, così, il ruolo di full liner sul piano produttivo: produzione di impianti completi,
e/o famiglie di impianti a maggiore complessità tecnica (di formatura, cottura, stoccaggio, scelta) data la necessità di
scale produttive minime elevate per beneficiare di economie di scala; sul piano della R&D orienta le loro energie
verso le innovazioni più “radicali”, nei rapporti con il mercato le propone nel ruolo di “capo-commessa” soprattutto
per la parte – largamente preponderante – servita al mercato estero.
Alle imprese minori, di rimando, richiede di dispiegare le loro risorse e competenze nella produzione di
impianti o famiglie di impianti per le quali si necessita di soglie dimensionali minime ridotte e di più limitato knowhow: stampi, impianti per l’essiccazione, per la smaltatura, la finitura, il controllo della qualità e processo e gli
strumenti di laboratorio; di perseguire miglioramenti ed innovazioni incrementali sul piano della ricerca, e di
“agganciarsi” alle imprese capocommessa nel cercare di collocare quote di fatturato all’estero.
Anche se nel corso del tempo non sono mancati “sconfinamenti” di campo la disposizione delle forze non ha
visto grandi cambiamenti. Quando sono avvenuti, in parte sono stati favoriti da processi di up grading del profilo di
competenza delle imprese, ma ancor più, dalle esternalità positive messe a disposizione dal distretto.
La presenza di una ampia domanda sul piano numerico, articolata sul piano delle esigenze espresse e
soprattutto contigua che insiste dentro il distretto, contribuisce a definire relazioni di canale di un certo equilibrio:
ogni impresa dispone di un portafoglio clienti piuttosto esteso e solo in alcuni casi la dipendenza da uno/pochi clienti
assume livello critici.
Allo stesso tempo l’ampio fronte delle imprese tiene sempre elevato il confronto competitivo nel reggere il
quale le imprese si affidano al contenuto innovativo del prodotto ed al contenuto di servizio: sul mercato distrettuale
sono queste le leve competitive ritenute più efficaci. Nei confronti del mercato estero il mix di leve si articola
maggiormente soprattutto per quanto riguarda le attività di service e di assistenza a favore della clientela.
Ne discende un certo imprimatur che fa sì che le imprese siano tutte uguali (per storia, localizzazione, fattori
mobilitati,…) ed al contempo tutte diverse. Questa diversità si coglie – non senza una certa difficoltà – sul piano
130
dell’orientamento strategico che guida il loro agire. Convivono infatti un diffuso orientamento al prodotto
(miglioramento del contenuto tecnico e prestazionale), alla produzione (ricerca di efficienza e di economie), al
servizio (rapidità di intervento, adattamento dell’offerta), ai mercati esteri (articolazione dei flussi di vendita e delle
forme organizzativee di presenza).
Questa varietà di indirizzi è di non poco aiuto nello stabilizzare le dinamiche della crescita del settore in una
fase storica che vede l’industria ceramica locale perdere terreno in una competizione sempre più dilatata sul piano
internazionale e con contendenti in campo sempre nuovi ed agguerriti.
Lo spostamento del baricentro dell’industria ceramica su scala mondiale costringe quindi le imprese
meccano-ceramiche a profondere rinnovati sforzi nel riorientamento della loro azione di mercato, peraltro, già in
corso da tempo. Nuovi mercati geografici, nuove forme di presidio, nuove risorse e competenze sono i principali
ingredienti che questa formula deve contenere per essere efficace.
Su questo versante, la ricerca sul campo ha offerto più di un indizio sulla quantità/qualità dell’azione
internazionale. Le imprese intervistate hanno dichiarato una propensione media all’export pari al 50% circa del loro
fatturato. Di questi indizi:
•
•
•
molti segnalano condizioni di debolezza: approccio di tipo mercantile, verso mercati vicini,
limitato supporto organizzativo;
altri suonano come promesse per il futuro: date le trasformazioni in atto sui mercati ed il profilo di
forza delle imprese, difficilmente potranno realizzarsi;
altri, pochi invero, mostrano realizzazioni sul piano produttivo, messe in atto dalle poche imprese
di medio-grande dimensione e destinate a non restare sole. Sono poche (8 in totale), di qualità e
per questo ci si augura siano di buon esempio.
Se per l’internazionalizzazione, il cammino è già stato aperto e la sperimentazione diffusa non può che
arricchire il quadro dei risultati, lo stesso non può dirsi per l’apertura di percorsi che portino le imprese ad inserirsi in
altri settori o aree di attività estranee alla filiera ceramica.
Sotto questo profilo molte imprese (ma si potrebbe dire tutte) sono prigioniere dell’industria ceramica e per
loro la prigionia si consuma dentro il distretto. Non si tratta certo di una colpa che può essere cancellata con
interventi di grazia, di certo, però, questo stato di forte focalizzazione produttiva – che le imprese dichiarano di non
voler allentare in futuro – non fa loro bene: indebolisce il loro profilo di forza, scoraggia la ricerca di opportunità in
altri contesti produttivi e inibisce la voglia di sperimentare nuove formule imprenditoriali. E da questo, trarne
insegnamenti utili anche per rinnovare il business model rivolto al ceramico. Il “fare dell’altro”, o “fare anche
dell’altro”, per queste imprese, sembra poter attendere.
La strada che porta ad innalzare il profilo di internazionalizzazione delle imprese, ad articolare maggiormente
il loro raggio di azione in termini di contesti settoriali ed anche di arricchimento del loro profilo di competenza, si
presenta però piena di ostacoli e di vincoli.
Alla base ci sono condizioni di debolezza e di fragilità: la debolezza è alquanto evidente sul piano della
dotazione di capitale (elevata sottocapitalizzazione) e delle contenute performance reddituali conseguite dalle
imprese (povertà delle produzioni, elevati costi dei fattori, accesa rivalità sul mercato). Ne deriva una insufficiente
alimentazione del processo di accumulazione, condizione necessaria per intraprendere o sostenere qualsiasi
iniziativa di sviluppo.
La fragilità si rivela sul piano dell’articolazione organizzativa, dei modelli gestionali, dei saperi e delle
competenze sedimentate nelle imprese. Questo chiama in causa la dimensione ma ancor più la loro connotazione
“distrettuale” che spinge più alla chiusura che alla apertura ed alla ibridazione.
Un ulteriore tratto, infine, rende problematico - alla luce di quanto detto sopra - l’intrapresa di percorsi ad
elevato contenuto strategico ed innovativo: la scarsa - se non totale – indisponibilità delle imprese a ricorrere a forme
di tipo cooperativo (accordi, alleanze), per sostenere progetti ed intraprese che, per grado di impegno e di rischio,
non sono alla portata di imprese singole. Una indisponibilità dichiarata e professata dalle imprese verso tutti gli
attori della filiera ceramica.
Questa scarsa cultura “collaborativa” che alberga nel settore, di per sé non sarebbe di ostacolo alla
realizzazione di disegni strategici “di peso”o volti al consolidamento dimensionale e del profilo di competenza di
imprese. Ciò potrebbe accadere se il settore offrisse condizioni favorevoli allo sviluppo del mercato delle imprese.
In realtà il settore non esercita alcuna attrattiva presso investitori esterni e la prevalenza di imprese di piccola
dimensione ed ancor più a carattere familiare rendono asfittico il mercato delle imprese all’interno del distretto.
131
In sintesi, un settore che ha dato un grande contributo all’industria ceramica italiana: ha agevolato i salti
tecnologici, ha favorito l’innovazione del prodotto e ha rappresentato il punto di riferimento insostituibile all’interno
del sistema ceramico. Ora, riproporsi anche per il futuro nel ruolo di “antenna tecnologica”, chiama le imprese del
meccano ceramico a rivisitare in profondità orientamenti, competenze e comportamenti. È a loro che si guarda per
poter disporre di nuove traiettorie tecnologiche e nuovi ingredienti capaci di rivitalizzare la base del vantaggio
competitivo della nostra industria ceramica………..in un orizzonte che non sia, però, troppo lontano nel tempo.
132
BIBLIOGRAFIA
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Eurostat
Istat
FMI
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133
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www.assopiastrelle.it
www.istat.it
www.eurostat.it
http://epp.eurostat.ec.europa.eu
http://new.sourceoecd.org
www.italiatiles.com
www.s-tiles.it/
www.clubdistretti.it/
134
COLORIFICI CERAMICI:
profilo di settore
e
strategie di internazionalizzazione
(Tiziano Bursi – Stefano Franzoni)
135
INDICE
p. 137
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 – IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
Il comparto dei colorifici ceramici: ruolo e funzioni all’interno del sistema ceramico
La genesi, i protagonisti e il cambiamento
La tecnologia, il processo produttivo e i prodotti
L’assetto strutturale e le dinamiche competitive
Competitor internazionali: l’avanzata dei colorifici spagnoli
Confronto Italia-Spagna
p. 138
p. 139
p. 145
p. 150
p. 154
p. 156
CAPITOLO 2 – IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI ALL’INTERNO DEL DISTRETTO
DI SASSUOLO: STRUTTURA E STRATEGIE DI MERCATO
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
Premessa
Profilo delle imprese e dinamica occupazionale
Imprese e processi produttivi
Settori clienti, mercati e relazioni di canale
Vendite, portafoglio prodotti e reti di vendita
Fattori competitivi
Strategie competitive
L’impegno nell’attività di Ricerca & Sviluppo
p. 158
p. 158
p. 159
p. 160
p. 161
p. 163
p. 165
p. 168
CAPITOLO 3 – L’APERTURA AL MERCATO ESTERO:
INTERNAZIONALIZZAZIONE COMMERCIALE E PRODUTTIVA
3.1
3.2
3.3
3.4
L’internazionalizzazione mercantile
Le strategie di internazionalizzazione produttiva
Motivazioni dell’insediamento produttivo all’estero
L’avvio di nuove iniziative produttive all’estero
p. 170
p. 172
p. 175
p. 175
CAPITOLO 4 – LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DEI COLORIFICI CERAMICI
Premessa
4.1 Il profilo patrimoniale e finanziario delle imprese
4.2 Dinamica del fatturato, struttura dei costi e condizioni di redditività
4.3 Specificità aziendali e performance: l’analisi per cluster o gruppi di imprese
p. 178
p. 178
p. 180
p. 183
CONCLUSIONI
p. 187
BIBLIOGRAFIA
p. 189
136
INTRODUZIONE
Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione:
strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia
aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di
questa ricerca vi sono, quelli di :
•
•
dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico, cogliendone le direzioni prevalenti e
la portata;
capire l’impatto di questi processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori economici
impegnati ai diversi livelli del sistema del valore ceramico.
Lo studio è dedicato al comparto dei colorifici ceramici. Il lavoro si compone idealmente di due parti distinte
pur mantenendo una sostanziale unitarietà di contenuto. A differenziare le due parti concorrono la diversità delle
fonti a cui si sono attinti i dati e le informazioni che fanno da supporto all’analisi: quest’ultima inoltre si sviluppa con
due distinte finalità conoscitive.
La prima parte del rapporto mira a tracciare il profilo del comparto dei colorifici ceramici sul piano strutturale,
tecnologico e delle dinamiche competitive che animano le imprese. Questa rappresentazione è stata fatta attingendo
a fonti secondarie, alle poche statistiche disponibili, per la verità scarse e frammentarie. Manca, a differenza di altri
settori (ceramico, meccano ceramico), una fonte che in modo sistematico e continuativo riprenda i tratti strutturali e le
vicende economiche del comparto.
La seconda parte completa il quadro conoscitivo precedente e si pone l’obiettivo di fornire una lettura
aggiornata della configurazione settoriale, delle dinamiche relazionali con l’industria ceramica nazionale ed estera e
delle strategie di internazionalizzazione delle imprese.
Questo percorso analitico è stato supportato da una ricerca sul campo che ha interessato tutte le imprese del
comparto con sede produttiva/commerciale all’interno dell’area ceramica di Sassuolo. Ne scaturisce un disegno
fresco ed originale al contempo.
Alla fine le due parti si completano e si integrano dando unitarietà al lavoro. Almeno questo era il disegno
originale a cui si è lavorato.
Si ringraziano le imprese che con la loro disponibilità hanno reso possibile compiere il lavoro di indagine.
Senza la loro collaborazione questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto possa
essere di utilità anche per loro.
Un ringraziamento particolare al dott. Daniele Bandiera (Presidente Ceramicolor e Ferro Italia) e al dott.
Armando Meletti (Direttore Marketing Esmalglass) per la fattiva collaborazione offerta durante le fasi del lavoro e
per il contributo critico all’analisi delle risultanze .
All’interno del gruppo di lavoro del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia, si è dimostrato fondamentale l’apporto della dr.ssa Silvia Grappi e del dr. Bernardo Balboni.
Ovviamente, tutte le carenze ed i limiti della presente analisi sono imputabili agli autori.
137
CAPITOLO PRIMO
IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI
1.1 Il comparto dei colorifici ceramici: ruolo e funzioni all’interno del sistema ceramico
Il distretto della ceramica di Sassuolo con la sua iniziale - ed ancora oggi prevalente - monocoltura produttiva
di piastrelle per pavimenti e rivestimenti ha visto, nel corso del tempo, la fioritura di diverse attività manifatturiere e di
servizi strettamente connesse ed interdipendenti con la produzione di piastrelle. L’innesto di queste attività – in
larga parte frutto di iniziative imprenditoriali locali, promosse da soggetti con alle spalle esperienze professionali
maturate all’interno di aziende ceramiche – ha contribuito ad accrescere la “densità” del tessuto produttivo locale, a
definire sempre meglio gli ambiti di specializzazione interni al distretto ed a stimolare le dinamiche innovative che
hanno visto come principali beneficiare i produttori di piastrelle di ceramica.
Tra queste attività una posizione di assoluto rilievo è occupata dai fornitori di fritte, smalti, coloranti ed altri
prodotti impiegati nella decorazione del prodotto ceramico e cioè i colorifici ceramici: la tavolozza colori
dell’industria ceramica (Fig. 1.1).
Figura 1.1 - Sistema ceramico: produzione di piastrelle di ceramica ed attività collegate
Adesivi e
sigillanti
Logistica e
Trasporto
Materie
prime e
impasti
Colorifici
Studi grafici
e
serigrafie
Industria
Ceramica
Meccano Ceramico
Attività di
trading
Corredi
ceramici
Imballaggi
Fonte: Ns. elaborazione
I colorifici ceramici indirizzano la loro produzione a diversi gruppi di clienti. Tra questi le imprese produttrici
di piastrelle di ceramica che rappresentano lo sbocco di gran lunga più importante, seguono le imprese produttrici di
corredi ceramici (o terzo fuoco), i colorifici che svolgono solo le fasi a valle del processo produttivo e le imprese
produttrici di sanitari e di ceramica artistica (in misura molto marginale).
138
A questi diversi gruppi di clienti i colorifici ceramici rivolgono una gamma di prodotti destinata a soddisfare
specifici bisogni (Tab. 1.1).
Tabella 1.1 - Comparto dei colorifici ceramici: gruppi di clienti e bisogni soddisfatti
Produttori di piastrelle
Produttori di corredi
di
ceramici
ceramica
(Terzo fuoco)
Bisogno
Prodotto che soddisfa tale
bisogno
Colorifici
Ceramici
Smaltare il supporto
della piastrella
Decorare il fondo della
piastrella
Disporre di materie
prime e semilavorati per
il processo produttivo
Fritte, smalti o composti,
coloranti
Prodotti per corredi
ceramici e terzo fuoco
(smalti e colori)
Materie prime, fritte,
coloranti
Fonte: Ns. elaborazione
Il bisogno di smaltare il supporto della piastrella può essere soddisfatto in diversi modi: alcune aziende
ceramiche acquistano solo il semilavorato, la fritta, e provvedono autonomamente a realizzare lo smalto mentre altre
acquistano il prodotto finito (il composto), mentre i produttori di corredi ceramici per la decorazione dei loro pezzi
speciali possono contare su gamme di smalti e colori dedicate. Alcuni colorifici, infine, acquistano da altri colorifici
materie prime o semilavorati necessari al processo di produzione.
1.2 La genesi, i protagonisti e il cambiamento
Il processo di formazione del nucleo di colorifici presenti all’interno dell’area ceramica di Sassuolo, va posto in
stretta relazione con:
• le trasformazioni intervenute nel processo di produzione della piastrella,
• il crescente rilievo assunto dalla componente estetica sul prodotto ceramico,
• le scelte compiute dalle aziende ceramiche che hanno fatto della “fabbricazione” della piastrella il “focus”
privilegiato della loro attività, ricorrendo all’esterno per una serie variegata di lavorazioni e servizi.
In origine – inizi anni 60 – le aziende ceramiche provvedevano in via diretta ed internamente alla
preparazione degli smalti da utilizzare nel processo di smaltatura. Tutte le principale aziende disponevano all’interno
di forni fusori per la produzione di fritte da cui ottenere gli smalti.
A quel tempo, il prodotto ceramico presentava una veste povera dal punto di vista estetico e modesto era,
quindi, il contributo fornito dagli smalti alla valorizzazione della qualità del prodotto finito. Gli smalti erano
sostanzialmente due: il bianco, il famoso “bianco Sassuolo”, ed il cristallino, uno smalto trasparente: entrambi erano
utilizzati nella smaltatura delle piastrelle di bicottura da rivestimento.
Questo assetto produttivo muterà progressivamente, ed in via irreversibile, a partire dagli anni ’70 a seguito
delle spinte innovative che hanno pervaso l’industria ceramica sul piano del prodotto (tipologie, formati, attributi
qualitativi) e del processo (industrializzazione e automazione delle diverse fasi di lavorazione). Simili dinamiche
hanno spinto la aziende ceramiche a perseguire livelli di efficienza e di specializzazione sempre più elevati e
delegare all’esterno le attività connesse alla preparazione degli smalti e coloranti. E, da questa esternalizzazione,
prende corpo il processo di formazione del comparto dei colorifici ceramici che – a partire dalla fine degli anni ’60 –
assume una identità settoriale definita e autonoma ma ancillare all’industria delle piastrelle di ceramica.
E’ di quel periodo anche la diffusione di orientamenti della domanda di consumo – premianti un prodotto più
ricco sul piano estetico e decorativo – che fece esplodere il fabbisogno di smalti (per quantità e qualità) al quale le
aziende ceramiche non furono in grado di sopperire.
Questa nuova ed improvvisa domanda fu colta e soddisfatta, inizialmente, da aziende esterne all’area di
Sassuolo1, già inserite sul mercato quali fornitori di smalti e coloranti delle aziende produttrici di ceramiche
artistiche.
A beneficiarne all’inizio furono i Colorifici Fanciullacci, Colorobbia e Cover (Toscana), Bonaca (Romagna), Sedi (FiscianoSalerno)
1
139
Lo sviluppo del comparto sul piano territoriale in Italia avviene, quindi, soprattutto in Toscana, Romagna,
Veneto e Umbria, regioni storicamente caratterizzate da una tradizione nella produzione della ceramica artistica. Da
principio, smalti e composti venivano quindi “importati” dall’esterno del distretto. Il rapido e consistente incremento di
domanda e i vantaggi offerti dalle economie di prossimità e localizzazione e l’esigenza di intrattenere rapporti più
stretti con le aziende acquirenti hanno favorito un progressivo “avvicinamento” dei colorifici al distretto di Sassuolo.
L’avvicinamento avviene per tappe successive: prima gli uffici di rappresentanza, poi i laboratori e, a breve distanza,
le unità produttive. La struttura produttiva del comparto all’interno comincia a delinearsi sul piano strutturale e ad
assumere una progressiva articolazione sul piano interno per specializzazione produttiva, tipologia e provenienza
degli attori.
All’interno dell’area prendono, così, avvio alcune iniziative imprenditoriali locali2 e, a soddisfare la domanda
crescente di smalti, daranno un contributo anche alcune aziende ceramiche3.
Sull’onda alta della domanda e degli ingenti profitti estraibili dalla produzione di smalti fanno l’ingresso sul
mercato i miscelifici4. Erano questi colorifici a ciclo di produzione breve che acquisivano le materie prime e le fritte
dai colorifici dotati di forni di fusori per proporre gli smalti alle aziende ceramiche. La flessibilità operativa, la velocità
di proposta e la capacità di servizio offerta alle aziende ceramiche erano i fattori competitivi sui cui facevano leva
per conquistarsi spazio sul mercato. E, nel confronto sul campo, i colorifici integrati spesso uscivano perdenti. Alla
guida di questi miscelifici vi erano dei tecnici “fuoriusciti” da alcuni colorifici dell’area o incoraggiati dagli stessi ad
avviare iniziative imprenditoriali indipendenti.
Alla fine degli anni ‘70 inizio anni ‘80 avviene l’ingresso dei colorifici di matrice internazionale. Alcune grandi
multinazionali attratte dalle opportunità di mercato generate dallo sviluppo dell’industria delle piastrelle di ceramica
fanno il loro ingresso insediandosi sul territorio ceramico o nelle immediate vicinanze5. L’ingresso avviene in forza
con laboratori, strutture di ricerca e reparti produttivi. Seguirà, a breve distanza, l’entrata di imprese di emanazione
spagnola6.
La veloce parabola ascendente delle imprese pioniere e le condizioni di elevata profittabilità - principali
fattori di attrazione per nuovi entranti - si spegneranno intorno alla metà degli anni ‘80 in concomitanza della
marcata battuta di arresto vissuta dall’industria ceramica. Di fronte a questa brusca e protratta frenata, alcune
iniziative imprenditoriali – causa la debolezza sul piano patrimoniale-finanziario e la fragilità delle strutture
organizzative - non ressero. Il fenomeno coinvolse in particolare il gruppo dei miscelifici che fu interessato da uscite
dal mercato e ristrutturazioni societarie7.
Verso la fine degli anni ’80 fa la comparsa nel portafoglio prodotti delle imprese ceramiche il gres
porcellanato. All’inizio è solo porcellanato tecnico o tutta massa la cui colorazione richiede una grande quantità di
pigmenti. Il forte aumento della domanda di questi materiali (molto costosi) apre per i colorifici una stagione di forte
crescita del fatturato ed ancor più dei profitti. La stagione non durerà a lungo. L’avvento a partire dalla metà degli
anni ’90 del gres porcellanato smaltato, la cui decorazione interessa solo la parte superficiale, e non tutto il corpo
della piastrella, fa cadere drasticamente la quantità di pigmenti e smalti impiegati nel processo di decorazione8.
Questo rovesciamento della domanda non tarda a riflettersi sulla struttura industriale del comparto dei colorifici. A
partire dai primi anni ’90, infatti, si susseguiranno cessazione di attività e cessioni di azienda o rami di attività che
porteranno ad una progressiva semplificazione e ridimensionamento della base del comparto9.
2 Tra le iniziative imprenditoriali di maggior rilievo su scala locale, è la nascita di Smalticeram, costituita da un gruppo di tecnici
di provenienza ceramica, che dalla volontà iniziale di avviare una impresa nel settore piastrelle, finirono per concretizzarla nel
comparto dei colorifici.
3 Il Gruppo Iris con la costituzione del colorificio Arco, la cui produzione sarà destinata in prevalenza alle aziende ceramiche del
gruppo; Marazzi con la costituzione di Ramacolor (Anagni-Frosinone) e Gardeinia-Orchidea con Garcolor.
4 Tra questi, Comar, Chemical Center,….
5 Si tratta di Ferro (Casinalbo-Modena), Degussa (Rolo-Reggio Emilia), la tedesca Bayer acquista Bonaca.
6 Su tutte, Esmalglas: impresa spagnola che vede nel nucleo iniziale dei fondatori tecnici e personale provenienti dalla
multinazionale americana Ferro. L’ingresso avviene sulla base di un accordo con un’altra impresa, General Trade, ed a distanza
di pochi anni vedrà crescere notevolmente il suo ruolo anche per il decisivo impulso dato alla attività di ricerca ed ancor più di
customer service a favore delle aziende ceramiche del distretto.
7 Così, Comar confluirà in Colorveggia, Chemical Center in Italcolor, mentre altre imprese saranno risucchiate all’interno di
processi di ristrutturazioni aziendali e di riconfigurazione societaria.
8 Si può stimare che da un consumo di un chilogrammo di smalto per metro quadro di gres porcellanato tecnico si sia passati ad
un consumo di 100/200 grami per metro quadro di gres porcellanato smaltato.
9 Fanciullacci verrà acquisita da Johnson Matthey (1990), Bayer cederà Bonaca a Ferro (1993), Pardo che nel 1993 si era
accorpata con Mastrogiorgio, verrà rilevata da Ferro (2000).
140
A favorire il processo di semplificazione e di razionalizzazione della base produttiva del comparto hanno
contribuito - accanto all’avvicendarsi di periodiche “frenate” dell’industria ceramica e dei suoi salti tecnologici e di
prodotto – anche la revisione delle politiche di approvvigionamento e più in generale delle relazioni tra aziende
ceramiche e colorifici.
Da una situazione tipica degli anni 70-80 in cui ogni azienda ceramica intratteneva rapporti con 10-15
fornitori di smalti si è passati alla fase - vicina ai giorni nostri - in cui le aziende ceramiche circoscrivono le loro
relazioni di acquisto ad un numero molto limitato (2/3) fornitori. Ne deriva uno spostamento del potere negoziale a
favore della clientela ceramica dove l’acquisto di smalti assume, spesso, i tratti tipici di un’asta.
Non solo. In passato, si può affermare, che ogni piastrella di ceramica aveva il suo smalto dedicato.
L’ampliamento e l’approfondimento della gamma di piastrelle generava di conseguenza una conseguente dilatazione
delle proposte di smalti. Da questa situazione si è passati progressivamente a quella attuale che vede l’utilizzo di
uno smalto/colorante base per la decorazione di più piastrelle ed una forte riduzione di componenti/materiali che
entrano nel processo di decorazione.
Ad indebolire, infine la posizione dei colorifici è intervenuto anche la perdita di ruolo e di influenza esercitati
dai colorifici nel concorrere alla differenziazione della piastrella di ceramica sul piano estetico. In passato i caratteri di
differenziazione e di unicità espressi da una determinata piastrella di ceramica si potevano ricondurre all’effetto
ceramico e alla reazione chimica prodotta in fase di cottura. Anche questo si è in larga parte perduto: la
differenziazione del prodotto è sempre più di tipo grafico e si ottiene con le tecniche e le applicazioni di tipo
serigrafico. Queste tecniche sono patrimonio degli studi grafici e delle imprese di serigrafia. Attori, questi ultimi, che
si sono inseriti nel sistema ceramico a partire dai primi anni ’80 trovando nei miscelifici (colorifici a ciclo breve) il loro
interlocutore privilegiato: la flessibilità operativa dei primi si combinava con l’effetto grafico apportato dai secondi: da
qui nasceva il contenuto di differenziazione della piastrella ceramica italiana che usciva vincente nel confronto con
le altre produzioni a livello internazionale.
Queste dinamiche non potevano che portare alla ricerca di dialogo tra colorifici (fornitori di hardware, lo malto)
e studi grafici (fornitori di software, l’effetto estetico carpito dal mondo della moda, dell’arredamento e da altri mondi
ancora). E’da quel mondo variegato e creativo che diverse aziende ceramiche del distretto cominciano a reclutare
risorse umane da innestare nelle rispettive aree marketing, e laboratori che presidiano l’attività di innovazione
prodotto-preparazione campionature e referenze (Fig. 1.2).
Figura 1.2 - L’innovazione di prodotto nell’industria ceramica: protagonisti ed apporti distintivi
Colorifici:
fornitori di materie
prime, smalti e pigmenti
Meccano ceramico:
fornitori di soluzioni
tecnologiche e di
applicativi
(efficienza/economicità
dei processi)
Studi grafici:
la mente
dell’effetto estetico
Azienda ceramica:
produzione e commercializzazione
della piastrella
Fonte. Ns. elaborazione
141
Anche l’innovazione di processo intervenuta nella produzione e preparazione degli smalti ha avuto un ruolo
importante nella modificazione delle condizioni operative all’interno dei colorifici ceramici. L’innalzamento progressivo
del livello di automazione - quale ad esempio il passaggio alla calcinazione in continuo un tempo svolta
manualmente - ha permesso forti aumenti di produttività degli impianti, una parallela forte riduzione di fattore lavoro
che si sono riflessi in una decisa riduzione delle quotazione sul mercato dei pigmenti e dei coloranti10.
Ne è seguito un innalzamento del livello di confronto tra le imprese – tese a ricercare economie di dimensione
– che ha progressivamente depresso i margini e favorito il processo di selezione tra le imprese stesse. La “povertà”
del prodotto (la fritta) non consentendo l’esportazione oltre un raggio di 1.000 chilometri spinge la ricerca di
localizzazioni produttive a ridosso della clientela. Queste caratteristiche strutturali del business model nel settore
dei colorifici ceramici lascia intravedere un assetto produttivo composto da un ristretto numero di imprese (3/4) in
Europa al servizio della clientela ceramica.
Se i colorifici ceramici hanno trovato nel grande sviluppo dell’industria ceramica il più importante fattore di
localizzazione e di crescita, nel tempo, gli stessi si riveleranno una delle fonti di innovazione più generose a
disposizione delle aziende ceramiche. E’ alla loro attività di sperimentazione, ricerca e di servizio che si deve in larga
parte l’affermazione del prodotto ceramico sul mercato.
La stretta interdipendenza con il settore ceramico ha finito per segnare le linee evolutive del comparto
modificandone, nel corso del tempo ruoli e funzioni (Tab. 1.2).
Negli anni ‘70 il comparto vive un momento di rapida crescita. Le imprese hanno potuto espandersi
semplicemente seguendo lo sviluppo del settore assecondando la naturale crescita del mercato. E’ la fase dello
sviluppo e del lancio della monocottura che discopre favorevoli prospettive e opportunità di sviluppo per tutti gli attori
coinvolti nella filiera, colorifici inclusi. In questa fase il colorificio viene considerato come mero “fornitore di materie
prime dell’industria ceramica”;
Gli anni ’80, vedono l’industria ceramica alle prese con processi di aggiustamento sul piano strutturale, di
razionalizzazione della produzione e di recupero di efficienza. E’ in questa fase che le aziende ceramiche imprimono
una ulteriore spinta alla esternalizzazione di attività e di lavorazioni prima svolte internamente. Il colorifici modificano
il loro ruolo: oltre a fornire materie prime diventano “fornitore di ricerca e di servizi”.
Negli anni ’90 l’industria ceramica italiana sente salire la pressione competitiva sul mercato e reagisce con
l’innovazione di prodotto (porcellanato)11 e il progressivo riposizionamento della produzione verso l’alto
(arricchimento del contenuto tecnico ed ancor più estetico). Questa “virata” chiama nuovamente in gioco i colorifici,
che diventano “ fornitori di estetica.
In una prima fase hanno potuto beneficiare di una forte domanda di pigmenti e coloranti impiegati nella
produzione di porcellanato a tutta massa, successivamente lo sviluppo del porcellanato smaltato se ha da un lato
limitato le opportunità di business per alcune linee di produzione (pigmenti, coloranti), allo stesso tempo ha dischiuso
nuovi territori di ricerca e di sperimentazione indirizzate a nuove linee di prodotto. I colorifici rappresentano ormai la
“tavolozza colori” dell’industria ceramica.
Sul finire degli anni 90 la crescita del mercato rallenta e anche per i colorifici si sta avvicinando la fase del
riassetto strutturale: le imprese che vogliono espandersi sono indotte a misurarsi sulla quota di mercato.
Gli anni 2000 si aprono all’insegna del cambiamento che si manifesta sotto forma di:
•
calo della domanda di smalti e coloranti riconducibile all’introduzione di tecniche di produzione
(caricamento polveri e di smaltatura) che consentono risparmi nell’utilizzo di smalti e pigmenti e la
prevalenza del gres porcellanato smaltato su quello a tutta massa all’interno del portafoglio prodotti delle
aziende ceramiche;
•
accentuazione delle condizioni di maturità settoriale. Alla lenta crescita della domanda si associano
condizioni di rigidità dell’offerta e conseguente eccesso di capacità produttiva, margini ristretti di
Si è passati da una capacità produttiva di 2/3.000 tonnellate a 8/10.000 tonnellate di produzione.
Il gres porcellanato, come noto, è nato nella versione “tutta massa” senza richiedere l’applicazione di smalto in superficie. Il
prodotto viene “tinto” dagli ossidi coloranti e dai pigmenti (in grande quantità e di costo elevato), mescolati direttamente all’impasto
attribuendo così colore alla piastrella nella sua interezza anche alla parte non visibile.
A breve distanza seguirà il gres porcellanato smaltato ottenibile con costi di produzione inferiori rispetto a quella precedente:
minor utilizzo dei pigmenti coloranti, minori scarti di produzione potendo eventuali imperfezioni del supporto essere “coperte” nella
fase di smaltatura e applicazione in superficie di un sottile velo di smalto per la decorazione della piastrella.
10
11
142
innovazione di processo e di prodotto. L’azione esercitata da questi fattori risulta inoltre amplificata dalla
forte dipendenza dall’industria ceramica. Ne consegue una diffusa omogeneità dell’offerta di prodotto che
innesca logiche competitive basate sul prezzo che si cerca di contenere arricchendo di contenuto di servizio
la relazione con la clientela (assistenza, flessibilità di risposta e personalizzazione);
• innalzamento del livello di impegno e di risorse da dedicare all’attività di R&S. Ad accrescere il livello di
responsabilità dei colorifici concorrono la tendenza delle aziende ceramiche clienti ad esprimere una
domanda a crescente contenuto di innovazione (nuovi prodotti, soluzioni, servizi,…) a cui si accompagna
un loro decrescente impegno sul piano della R&S che ne indebolisce la capacità propositiva;
• obsolescenza dei prodotti. L’accesa competizione, la tecnologia di produzione ormai consolidata e la
relativa facilità di imitazione, fanno si che il vantaggio competitivo associato ad innovazione si esaurisca
nel giro di breve tempo.
In questo contesto difficile, di crescente pressione competitiva e alimentato da fattori di natura
prevalentemente strutturale i colorifici sono stati sollecitati a metter in campo strategie e risposte orientate in diverse
direzioni:
•
ristrutturazione aziendale e di razionalizzazione dei processi produttivi. Gli interventi hanno teso al
miglioramento delle condizioni di efficienza dei processi aziendali perseguiti in parte per via interna
(dismissioni, rifocalizzazioni), e per via esterna (aggregazioni ed acquisizioni di impresa) favorendo la
semplificazione della struttura produttiva del comparto ed il consolidamento dimensionale delle imprese;
•
avvio di processi di internazionalizzazione. In questa direzione le imprese (alcune di loro) hanno
convogliato buona parte delle risorse seguendo – ed in alcuni casi giocando di anticipo - rispetto ai
produttori di piastrelle. Migliori condizioni di costo e di opportunità di vendita sui mercati locali, base di una
nascente industria ceramica, hanno guidato l’avvio di iniziative di natura commerciale e produttiva;
•
potenziamento dell’attività di R&S. Il depotenziamento continuo dell’attività interna alle aziende ceramiche
e l’esternalizzazione delle attività di ricerca relative a smalti e prodotti per la decorazione, hanno indotto i
colorifici (alcuni di loro) ad “attrezzarsi” con laboratori sempre più potenti e specializzati per fare fronte alla
domanda delle aziende ceramiche sempre più “bisognose” di proposte innovative;
•
diversificazione produttiva. Per controbilanciare la flessione della domanda espressa dalle aziende
ceramiche, i colorifici hanno cercato, infine, l’inserimento in contesti settoriali “vicini” sotto il profilo
tecnologico: sanitari, vetro, ceramica artistica, etc.
143
Tabella 1.2 - Comparto dei colorifici ceramici: fasi di sviluppo e trasformazioni
Fase
(Anni ’60)
Decollo rapido
(Anni ’70)
Sviluppo
(Anni ’80)
Maturità
(Anni ’90)
Saturazione
(Anni 2000…..)
Domanda
Esigua
Forte crescita
Crescita elevata
Riduzione tasso di crescita
Stabilizzazione /calo
Clienti
La produzione di
smalti e colori
avviene
all’interno delle
azinde
ceramiche.
Imprese ceramiche
esternalizzano la produzione
di smalti e colori.
Imprese ceramiche italiane.
Imprese ceramiche
italiane
Avvio flussi di export.
Imprese ceramiche italiane
Sviluppo lento dell’export
Inizio avvio iniziative
produttive all’estero
Sviluppo iniziative
produttive all’estero
Competitor
Pochi e in rapido aumento
In aumento.
Aggiustamento assetto
concorrenziale
Consolidamento settoriale
Semplificazione base
produttiva
Profilo delle imprese
Colorifici di origine esterna
all’areaa ceramica.
Iniziative locali autonome.
Iniziative di aziende
ceramiche.
Ingresso multinazionali
Ingresso spagnoli
Colorifici locali.
Colorifici gruppi ceramici.
Multinazionali.
Imprese spagnole.
Colorifici locali.
Colorifici gruppi ceramici.
Multinazionali.
Imprese spagnole.
Ruolo delle imprese
Fornitori di materie eprime
Fornitori di ricerca e di
servizi
Fornitori di estetica
Fornitori di soluzioni e di
customer service
Livello di redditività
Molto elevato
Elevato
Stabile
In calo
Grado di
internazionalizzazione
delle imprese
Nullo
Prime esportazioni
Sviluppo (lento) export.
Avvio produzione all’estero
Sviluppo export.
Sviluppo produzione
all’estero
Sviluppo intenso
Sviluppo rallentato
Maturità settoriale
Stabilizzazione e
consolidamento
Dinamica industria
ceramica
italiana
Decollo rapido
Fonte: Ns. elaborazione
144
1.3 La tecnologia, il processo produttivo e i prodotti
Il processo produttivo che sta alla base dell’attività dei colorifici ceramici si presenta semplice dal punto di
vista della complessità tecnologica e scomponibile in diverse fasi consentendo alle imprese di scegliere la
combinazione tecnico produttiva desiderata tra: ciclo completo, ciclo parziale e/o alcune lavorazioni (Fig. 1.3). Di
seguito - senza entrare in dettaglio nelle caratteristiche di tipo tecnico - si fornisce una descrizione del processo
produttivo soffermandoci su: le materie prime utilizzate, le fasi di lavorazioni, i prodotti e la loro applicazione nel
processo di smaltatura della piastrella di ceramica e le implicazioni di tipo ambientale del processo produttivo dei
colorifici ceramici.
Figura 1.3 - Colorifici ceramici: processo produttivo
Materie prime
inorganiche
Frittaggio
Materie prime
inorganiche
Acqua + additivi
Fritta
Commercializzazione
Fritta
Composto
Commercializzazione
Composto insaccato
Macinazione
Commercializzazione
Smalto liquido
Smalto liquido
Atomizzazione
Legenda:
= Fase del processo produttivo
= Materiali che intervengono nel processo produttivo
Fonte: Ns. elaborazione
145
Commercializzazione
Smalto Atomizzato
1.3.1 Le materie prime
Le materie prime ed i principali materiali di largo impiego nella produzione di prodotti per la smaltatura e
decorazione della piastrelle di ceramica sono rappresentati da:
•
argille, minerali largamente disponibili in natura risultanti dalla miscela di silicati vari ed altri minerali quali
calcite, dolomite, quarzo;
•
allumina, per la sua capacità di legarsi sia con silicio che con ossidi è il più importante stabilizzante di
sistemi vetrosi ed è impiegata per controllare la viscosità e la resistenza meccanica degli smalti;
•
ammonio metavanadato: è aggiunto alle fritte perché lo ione vanadio ha elevato potere antiflocculante negli
smalti e riduce la viscosità del fuso durante il processo di cottura;
•
sodio floruro: serve come opacizzante e materiale fondente;
•
nichel carbonato: viene utilizzato per introdurre nelle fritte ossidi di nichel;
•
ossidi: a base di rame (per la capacità di conferire a smalti e fritte colorazioni con tinte comprese tra il
turchese ed il verde), a base di cromo ( è usato in pigmenti e fritte per produrre colori verdi, gialli e rosso) e
a base di cobalto (impartiscono tinte blu);
•
composti: a base di piombo (impiego nella produzione di fritte e pigmenti per conferire lucentezza al
prodotto); a base di bario (allo scopo di aumentare la brillantezza); a base di cadmio (per ottenere i colori
giallo, arancio e rosso) e a base di antimonio (per ottenere colori giallo, bruno e arancio).
Si tratta in prevalenza di sostanze chimiche (in particolare ossidi), sali e minerali aventi ciascuna funzioni
particolari nel processo produttivo di fritte, smalti, pigmenti, etc. Si trovano per la maggior parte direttamente in
natura o vengono arricchite mediante processi industriali (lavaggio, livisciazione, flottazione, separazione), oppure
possono essere ottenute mediante processi di sintesi, chimici o termici. Tali materiali sono alla base della
preparazione degli smalti, dei coloranti e dei colori ceramici. Ognuna di queste materie prime risulta fondamentale
nella preparazione dei composti, in quanto contribuisce a fornire la tinta oppure a modificarne le caratteristiche fisico
tecniche del preparato (durezza, viscosità, opacità, elasticità, resistenza, dilatazione, lucentezza etc...).
L’impiego di materie prime inorganiche1 è reso necessario dalle elevate temperature (oltre 1000°) richieste da
alcune operazioni del processo di lavorazione e una materia di tipo organico, dopo il processo, perderebbe le proprie
caratteristiche iniziali.
1.3.2 Il processo produttivo
Il processo produttivo dei colorifici ceramici inizia con la produzione della fritta che si ottiene da una miscela di
materie prime sottoposte a fusione all’interno di bacini di frittaggio e successivamente raffreddata. Questa può
essere avviata alla commercializzazione, oppure stoccata in silos per la successiva lavorazione di compostaggio
dalla quale si ottiene il composto ceramico o smalto che può essere commercializzato in diverse soluzioni:
•
insaccato. Con questa prima modalità gli acquirenti provvedono all’esecuzione delle lavorazioni successive
(miscelazione, macinazione,…). Da questo processo che dura circa una decina di ore si ottiene lo smalto
che viene condotto alle linee di smalteria. In questo modo il cliente riesce a controllare direttamente la
produzione integrando parte del processo produttivo. Questa modalità risulta essere quella maggiormente
diffusa presso la clientela ceramica;
•
macinato. In alternativa il composto può essere venduto al cliente in forma liquida pronto per l’applicazione
rimanendo quindi le lavorazioni di miscelazione e macinazione a carico del colorificio. E’ una modalità poco
1 Alcune tra le principali sostanze sono: argille, allumina, ammonio metavanadato, sodio fluoruro, nichel carbonato, rame ossidi,
manganese ossido, cromo ossido, ferro ossido, cobalto ossidi, composti del piombo, composti del bario, composti del cadmio,
composti dell’antimonio, caolino, etc…
146
praticata causa i maggiori costi (si trasportano acqua ed additivi che generano elevato volume) e le severe
normative ambientali che regolano il trasporto di questi prodotti altamente inquinanti;
•
atomizzato cioè ridotto in polvere. Al cliente serve soltanto un’ora circa di lavorazione per riportare il
prodotto in forma liquida e avviarlo alla linea di smalteria. In alternativa il prodotto può essere usato così
come si presenta per speciali applicazioni a secco come le serigrafie, oppure ancora per la miscelazione
con altri smalti, etc. Il prodotto atomizzato è un prodotto più omogeneo, quindi adatto per grandi produzioni.
In genere è un prodotto certificato e testato. Presenta però il chiaro svantaggio di essere più costoso.
1.3.3 I prodotti
I prodotti che i colorifici possono realizzare sono le fritte, gli smalti, i coloranti e i relativi ausiliari per ceramica
e metalli, i pigmenti inorganici e gli ossidi metallici.
Le fritte ceramiche costituiscono il semilavorato di base nella preparazione dei composti ceramici e degli
smalti. Sono masse vetrose che si ottengono da una miscela di sostanze inorganiche2 portate allo stato di fusione e
successivamente raffreddata3, da cui il loro necessario sgretolarsi per assumere la tipica forma dalla quale traggono,
per analogia, il nome. Hanno due distinte destinazioni, a seconda che siano impiegate nell'industria ceramica come
materiale coprente o con le stesse funzioni, ma diversamente trattate, in applicazioni sui supporti metallici. Le fritte
sono normalmente i principali componenti degli smalti ceramici, degli smalti per vetro e per porcellane:
I colori ceramici, generalmente adoperati per decorazione di piastrelle, stoviglieria e altri articoli ceramici,
sono preparati a base di fritte, pigmenti ceramici e di varie materie prime inorganiche; la miscela di queste materie è
macinata fino ad ottenere una polvere molto fine. Inoltre per poter essere applicati su supporto ceramico sono
mescolati con sostanze organiche liquide per favorire l’aderenza al substrato.
I pigmenti per ceramica sono solidi inorganici ridotti in particelle utilizzate come coloranti per la creazione di
smalti ceramici o porcellananti per metallo4. Questi prodotti sono caratterizzati da straordinarie proprietà come
intensità e purezza del colore, eccezionale capacità pigmentaria, caratteristiche di resistenza termica e
all'aggressione degli agenti atmosferici e alla luce.
Gli ossidi metallici trovano diffusione nei processi di reazione chimica per la produzione di pigmenti e fritte.
Sono, tuttavia, presenti, grazie alle loro intrinseche qualità di tipo reologico, anche nella composizione di prodotti
antiruggine e di stabilizzanti; sono indispensabili nella cristalleria tecnica e artistica e nella realizzazione di batterie.
Si annoverano in questa tipologia gli ossidi di piombo, litio, alluminio, stagno e antimonio, questi ultimi apprezzati
opacizzanti per smalti.
I composti ceramici sono una famiglia piuttosto ampia di prodotti da cui ottenere prodotti pronti all’uso con
successive lavorazioni. Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti (uno o più tipi di fritte, con
l’aggiunta di pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti) ed il conseguente
confezionamento; le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal cliente
che acquista il composto.
I preparati ceramici comprendono i prodotti in polvere ottenuti dalla lavorazione dei composti e dai preparati si
possono produrre gli smalti fluidi. Infatti, il risultato della miscelazione, macinazione ed essiccazione degli ingredienti
sopra citati per la preparazione dei composti è un prodotto in polvere che, dopo l’aggiunta di acqua o solvente,
assume aspetto fluido ed è pronto per essere applicato
Nella produzione dei coloranti per l’industria ceramica si possono individuare quattro linee produttive (Fig.
1.4): ciclo di produzione dei pigmenti; ciclo di produzione delle fritte; ciclo di produzione dei composti e ciclo di
produzione dei preparati.
Le materie prime di base possono essere prodotti naturali o sintetici come ossidi, silicati, carbonati, silico-alluminati, borati, etc
Il raffreddamento può avvenire con due distinti procedimenti:
•
per processo di laminazione tra rulli che trasforma il laminato vetroso in scaglie;
•
mediante libera caduta in acqua ottenendo dei granuli vetrosi.
4 Tra i più importanti componenti appartenenti a questa categoria, si ricordano: il biossido di titanio, gli ossidi e gli idrossidi di ferro,
gli ossidi di cromo, ma anche di manganese, cobalto, rame e cadmio.
2
3
147
Figura 1.4 - Colorifici ceramici: fasi di lavorazione della produzione di coloranti per ceramica
INGRESSO E STOCCAGGIO
MATERIE PRIME
PESATA MANUALE
E MISCELAZIONE
PESATA AUTOMATICA E
MISCELAZIONE
FUSIONE
RIEMPIMENTO CASELLE,
COTTURA (CALCINAZIONE)
MANUTENZIONE
FORNI
FRANTUMAZIONE
MACINAZIONE A UMIDO
RAFFREDDAMENTO
COLATA
Acqua
RAFFREDDAMENTO
ACQUE
LAVAGGIO
DEPURAZIONE
ACQUE
STOCCAGGIO
IN SILOS
ESSICCAZIONE
Fritte
Additivi
Fritte
Pigmenti
POLVERIZZAZIONE
PESATA E DOSAGGIO
Pigmenti
Fritte
Composti
MISCELAZIONE
ASCIUGATURA E
GRANIGLIATURA
CONFEZIONAMENTO
COMPOSTI
CONFEZIONAMENTO
FRITTE
CONFEZIONAMENTO
PIGMENTI
Composti
Fritte
MACINAZIONE
A UMIDO
MOVIMENTAZIONE
MECCANICA CON CARRELLI
ELEVATORI
LAVAGGIO
DEPURAZIONE
ACQUE
ESSICCAZIONE
Pigmenti
SPEDIZIONE
PRODOTTI FINITI
Preparati
Fonte: A.R.P.A.T Azienda regionale per la protezione ambientale della Toscana
148
CONFEZIONAMENTO
PREPARATI
La produzione di pigmenti per ceramica si effettua attraverso le seguenti fasi: ingresso e stoccaggio delle
materie prime, pesatura manuale e miscelazione degli ingredienti, riempimento delle caselle e cottura,
frantumazione, macinazione ad umido, lavaggio ed essiccazione, polverizzazione e confezionamento. Le materie
prime sono prelevate dal magazzino di stoccaggio e inviate alla stazione di pesatura ove sono dosate in maniera
precisa, variabile da colore a colore. Un apposito miscelatore ha la funzione di mescolare accuratamente gli
ingredienti di partenza; dopo che il miscuglio iniziale è stato reso perfettamente omogeneo, avviene in concreto la
trasformazione del materiale in pigmento colorato: la cottura nei forni di sinterizzazione provvede a far sublimare
l’agente cromoforo e ottenere così il prodotto grezzo. Prima della commercializzazione, il pigmento deve subire
ulteriori processi di raffinazione e per questa ragione, viene prima frantumato e quindi sottoposto a macinazione in
mulini a palle. Il fine prodotto ottenuto va purificato delle scorie contenute e quindi è trasferito in appositi contenitori
che eliminano i sali solubili presenti. Il pigmento è quindi asciugato in camere di essiccazione, polverizzato e
confezionato.
Il ciclo di produzione delle fritte si articola principalmente attraverso le fasi: ingresso e stoccaggio delle
materie prime, pesatura automatica, miscelazione degli ingredienti, fusione, raffreddamento della colata, stoccaggio
in silos, confezionamento. Le materie prime, stoccate in grandi silos, sono inviate alla stazione di pesa dove è
eseguito, in maniera del tutto automatica, il dosaggio degli ingredienti. Il miscuglio ottenuto viene caricato in un silo di
alimentazione posto sopra la testa del forno: a questo punto una coclea introduce il materiale ed avviene
l’operazione di frittaggio. Una volta raggiunta la temperatura adeguata alla tipologia di prodotto, la miscela fonde ed il
prodotto risultante scorre fino all’uscita. Il raffreddamento della colata è ottenuto in genere per immersione in acqua
da dove poi un trasportatore provvede a trasferirle in appositi contenitori. In alcuni impianti industriali questi recipienti
sono movimentati da carrelli elevatori automatici governati da un sistema di guida laser. Le fritte prodotte sono
insaccate direttamente oppure stoccate in silos per il confezionamento successivo.
La produzione dei composti ceramici. Una parte delle fritte prodotte, invece di essere avviata alla
distribuzione, viene rimessa in ciclo per dare origine ai composti ceramici. Assieme ad altre materie prime, le fritte
sono pesate e la miscela risultante è insaccata ed avviata alla commercializzazione. Nel caso di grandi quantitativi, il
dosaggio e il confezionamento sono eseguiti in una linea totalmente automatizzata. Il mescolamento dei vari
ingredienti in genere non è richiesto in quanto viene effettuato direttamente dalle aziende produttrici di smalti che
acquistano i composti ceramici come materia prima. L’ottenimento dei composti ceramici si articola principalmente
attraverso le fasi d’ingresso e stoccaggio delle materie prime, di pesatura delle materie prime e delle fritte e di
confezionamento.
La produzione dei preparati rappresenta il naturale proseguimento della lavorazione dei composti. Gli
ingredienti di partenza sono macinati ad umido, sottoposti ad essiccazione ed infine confezionati. Sono inoltre
presenti attività lavorative trasversali alle varie fasi e cicli produttivi, quali la movimentazione meccanica dei carichi, la
depurazione delle acque di scarico, la conduzione degli impianti di abbattimento delle emissioni in atmosfera e la
centrale termica utilizzata per il riscaldamento dei locali.
1.3.4 I processi di applicazione dello smalto
L’applicazione dello smalto sul supporto della piastrella di ceramica avviene con due distinti procedimenti:
• applicazione a umido: Il supporto (o biscotto) in uscita dal forno di cottura si avvia alla linea di smalteria per
la smaltatura, operazione che si svolge in due momenti sequenziali. In una prima fase avviene la colata
dello smalto a cascata sul biscotto a cui segue la serigrafia piana o tramite appositi rulli siliconici su cui è
stato inciso un particolare disegno, in negativo, che verrà poi “stampato” sulla piastrella. L’applicazione a
umido, grazie alla fluidità dello smalto, consente di ottenere elevati livelli di definizione, di ottenere
particolari effetti sulla piastrella (es. venature di pietre naturali) e ricreare sfumature altrimenti non
riproducibili. A questo metodo di smaltatura si ricorre per la produzione di piastrelle per interni che devono
risaltare il loro contenuto estetico;
• applicazione a secco: seguendo questo procedimento si utilizzano composti macinati a secco o atomizzati.
La linea di smalteria è molto più breve rispetto a quella precedente in quanto è assente la fase di colata
dello smalto. Si da corso alla sola applicazione serigrafica per riprodurre il disegno da stampare sul
supporto. L’applicazione a secco offre prestazioni, sul piano della definizione, notevolmente inferiori a
quelli ottenibili con l’applicazione a umido. Trova comunque una diffusa applicazione nella produzione di
piastrelle destinate ad essere impiegate all’esterno: prodotti che richiamano le pietre naturali o supporti
149
particolarmente ruvidi, porosi e grezzi dove non è richiesta una elevata qualità del disegno, in quanto è la
pietra con la sua naturalità che contribuisce all’apprezzamento estetico.
1.3.5 L’impatto del processo produttivo sull’ambiente
La produzione di composti e smalti ceramici avviene attraverso processi e lavorazioni che producono un forte
impatto sia all’interno che all’esterno dell’ambiente di lavoro, e da qui, l’introduzione di normative di tutela e di
controllo sempre più severe.
Tra i problemi ambientali assume rilievo:
• lo smaltimento dei rifiuti costituiti da: prodotti contaminati, fanghi da impianti di trattamento, campioni di
laboratorio, effluenti da lavaggio di macchinari, e altri ancora. Tutti questi devono essere smaltiti secondo
le vigenti norme in materia;
• le emissioni provenienti da sorgenti utilizzate nel processo produttivo, ma anche nei prodotti finali che
utilizzano come componenti materie prime tossiche: vapori di idrocarburi, particelle di polvere che
provengono dalla preparazione di colori secchi e smalti, gas e vapori che si sviluppano durante il processo
di cottura, etc.
• l’inquinamento idrico, sia nelle fasi di immagazzinamento, che in quelle di movimentazione e smaltimento
dei prodotti.
Ne discende che le attività produttive debbano svolgersi nel rispetto di precise regole e severe normative al
fine di preservare l’ambiente esterno, tutelare i suoi abitanti, ed i lavoratori a stretto contatto con questi materiali
nocivi e spesso pericolosi. Adeguarsi, per i colorifici ceramici significa affrontare investimenti e costi anche ingenti
(dotazione di impianti di smaltimento, mezzi speciali per il trasporto, rilascio di autorizzazioni, espletamento di
diverse procedure ambientali) che incidono sui bilanci aziendali.
Investimenti non strettamente richiesti nei paesi di recente industrializzazione, dove la tutela ambientale non è
tra le maggiori priorità. E ciò, contribuisce a migliorare in misura ulteriore le condizioni di economicità già favorevoli
consentite dal contenuto costo dei fattori (lavoro, energia e materie prime).
Infine, vista la rilevanza che assume l’attività di R&S prodotti, un riferimento alla dotazione di laboratori, di
attrezzature e di strumentazioni tecniche dei colorifici per lo studio e la messa a punto dei prodotti. Tali laboratori
integrano al proprio interno tutti gli impianti maggiormente significativi nel processo di produzione della ceramica.
Questi investimenti sono il frutto della stretta collaborazione tra produttori di tecnologia e colorifici, che attraverso tale
integrazione possono garantire la più fedele riproducibilità delle idee, quindi dei prototipi, sulle linee di produzione dei
clienti.
Si tratta in particolare di laboratori che riproducono in scala ridotta la linea di produzione di una ceramica e,
dato l’elevato costo dell’investimento e la complessità della gestione, sono presenti solo presso i colorifici meglio
dotati sotto il profilo finanziario5
1.4 L’assetto strutturale e le dinamiche competitive
Nel comparto dei colorifici ceramici il grado di tensione concorrenziale risulta elevato e fortemente influenzato
da alcuni fattori strutturali, quali la localizzazione geografica delle imprese, il grado di concentrazione dell’offerta e le
condizioni di sostanziale omogeneità del prodotto rivolto al mercato. A ciò si aggiunga la forte dipendenza dalla
domanda espressa dalle aziende ceramiche.
Per quanto riguarda l’aspetto della localizzazione delle imprese, si rileva un forte addensamento all’interno
dell’area ceramica di Sassuolo: alla fine del 2005 le 24 imprese componenti l’intera popolazione dei colorifici su
scala nazionale hanno sede legale e/o produttiva locale6 all’interni dell’area ceramica (Tab. 1.3) .
Si citano il laboratorio Superlab Ceramica di Johnson Matthey creato nel 2001 e il Laboratorio CTE di Esmalglass attivato nel
2002.
6 Da questa condizione si dissociano i colorifici Colorobbia e Cover, provenienti dalla zona storica dei produttori di smalti e colori
ceramici, la Toscana e il colorificio Vetriceramici, la cui sede legale è a Ravenna.
5
150
Tabella 1.3 - Colorifici Ceramici: Imprese e localizzazione geografica
Impresa
Localizzazione geografica
Arco (divisione smalti Iris Ceramica)
Cer.Ser S.r.l.
Cerev S.r.l.
Coloritalia S.p.a.
Colorobbia S.p.a.
Colorveggia Reire S.r.l.
Cover S.r.l.
Esmaglass S.p.a.
Euroarce S.r.l.
Ferro italia S.r.l.
Fritta italia S.r.l.
Garcolor S.p.a.
Inco Industria Colori S.r.l.
Intercolor
Johnson Matthey italia S.p.a.
Metco S.r.l.
Ramacolor S.p.a.
Reimbold e Strick Italia S.r.l.
S.P.C. (Smalti per ceramiche) S.r.l.
Sicer S.r.l.
Smalticeram/Unicer S.p.a.
Torrecid italia S.r.l.
Vernis italia (Jolly Color) S.r.l.
Vetriceramici
Fiorano Modenese - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Castelvetro - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Sovigliana, Vinci - Firenze
Veggia di Casalgrande – Reggio Emilia
Cerbaia, Altopascio - Lucca
Sassuolo - Modena
Formiggine - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Spezzano/Fiorano Modenese - Modena
Montebonello, Pavullo - Modena
Sassuolo - Modena
Modena - Modena
Monteveglio - Bologna
Anagni - Frosinone
Fiorano Modenese - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Spezzano/Fiorano Modenese - Modena
Roteglia - Reggio Emilia
Fiorano Modenese - Modena
Fiorano Modenese - Modena
Casola Valsennio - Ravenna
Fonte: Rilevazione diretta
A questo elevato grado di omogeneità sul piano localizzativo le imprese del comparto differiscono tra di loro
per la presenza di diversi tratti quali:
•
grado di autonomia data la presenza di colorifici che sono integrati all’interno di imprese o gruppi ceramici.
E’ il caso di Arco, la divisione smalti di Iris Ceramiche che oltre a produrre per il fabbisogno interno del
gruppo (circa 1/3) vende anche al mercato (restante 2/3)7; di Ramacolor, integrato in misura totale in
Marazzi Group. La sede e la produzione rimangono ad Anagni in provincia di Frosinone, e in questo caso
la produzione è destinata quasi totalmente al fabbisogno del gruppo, anche se una parte marginale viene
venduta anche all’esterno; di Garcolor integrato all’interno della Ceramica Gardenia Orchidea.
•
capitale a controllo estero. I leader mondiali nella produzione di fritte e smalti per la produzione ceramica
sono entrati prepotentemente all’interno del distretto attraverso acquisizioni varie e costituzione di nuove
imprese (Tab. 1.4). Spicca la presenza di operatori spagnoli - i maggiori produttori a livello mondiale di
fritte, smalti e colori per la ceramica - fortemente integrati all’interno del distretto.
7 Questo è dovuto al fatto che le ceramiche del Gruppo Iris non sono obbligate a rifornirsi dei prodotti della divisione smalti del
gruppo, cioè Arco, ma lo fanno se e nella misura in cui la qualità e il prezzo dei prodotti è compatibile con le politiche di acquisto
della ceramica. Se Arco non è capace di stare sul mercato e di vendere anche alle ceramiche concorrenti di Iris non sarebbe
considerata efficiente e tale inefficienza si rifletterebbe anche sul prodotto finito. Non avrebbe stimolo all’innovazione e alla
competitività secondo l’ideologia di Iris Ceramica.
151
Tabella 1.4 - Colorifici Ceramici: la presenza di investitori e di capitale estero
Gruppo
Controllata italiana
Provenienza capitale
Torrecid SA.
Torrecid Italia
Reinbold & Strick Italia
Spagna
Esmalglass Itaca Group
Esmalglass
Spagna
Fritta
Fritta Italia
Spagna
Vernis
Vernis Italia
Spagna
Euroarce
Euroarce
Spagna
Colorificio Ceramico Bonet
Cer.Ser
Spagna
Ferro Corporation
Ferro Italia
Stati Uniti
Johnson Matthey Ceramics Plc.
Johnson Matthey Ceramics Italia
Regno Unito
Fonte: Rilevazione diretta
Il comparto accompagna ad una base produttiva limitata anche un elevato grado di concentrazione tecnica
che è progressivamente cresciuto nel tempo (Tab. 1.5). Col passare del tempo l’assetto strutturale ha assunto tratti
sempre più marcati di polarizzazione: da un lato un numero ristretto di attori in posizione dominante e impegnati a
rafforzare il loro dominio, attorniati da un numero relativamente elevato di competitor di taglia inferiore.
Tabella 1.5 – Colorifici Ceramici: Fatturato e quota di mercato delle maggiori 4 imprese*.
Imprese
Fatturato (000€)
Quota di mercato (%)
Prime quattro imprese
Restanti imprese
2000
2004
2000
2004
287.998,40
199.184,88
310.722,38
207.408,12
59,04
40,86
59,97
40,03
518.121,50
100,00
100,00
Totale comparto colorifici ceramici
487.783,28
Ns. elaborazione
* Non sono comprese i colorifici integrati all’interno di gruppi ceramici
Il processo di concentrazione e razionalizzazione – al pari di quello che ha coinvolto l’industria ceramica – ha
portato così alla semplificazione della base produttiva ed alla affermazione di alcuni attori meglio dotati sotto il profilo
dimensionale e delle risorse a loro disposizione. Alla base del processo di concentrazione stanno diversi fattori:
•
la diminuzione del consumo di smalto, causato sia da una minore quantità utilizzata per metro quadro di
superficie di piastrella da decorare, sia dal cambiamento nelle tipologie dei processi produttivi (dalla
bicottura, alla monocottura, fino al gres porcellanato smaltato);
•
la pressione competitiva ed il clima di crescente rivalità tra i colorifici che hanno portato ad un progressivo
peggioramento delle condizioni di redditività.
In questo quadro alcuni attori in debole posizione, hanno lasciato il mercato o rinunciato alla loro autonomia
mentre altri meglio dotati hanno puntato al consolidamento dimensionale attraverso acquisizioni di imprese (Tab.
1.6). Il salto dimensionale ha finito così per rappresentare la condizione necessaria per poter rafforzare la loro
capacità negoziale a monte e valle, dispiegare i processi produttivi in condizioni di maggiore efficienza, beneficiare di
economie di scala. Il tutto finalizzato a contrastare la caduta dei margini.
152
Tabella 1.6 - Colorifici Ceramici: Principali acquisizioni d’impresa
Impresa acquisita
(anno di acquisizione)
Impresa acquirente
Colorveggia-Reire
Ferro Corporation
Sicer
Smalticeram
Cover
Cerdec Ceramics (2004)
Smaltitalia(2004)
Colorificio A.S.(2000)
Torriana (2004)
Unicer (1997)
Torrecid
Reinbold e Strick Italia (2005)
Intercolor
Motivazioni e obiettivi
acquisizione
Marchio, rete e quota di mercato
Integrazione completa
Integrazione completa
Integrazione completa
Integrazione completa
Miniere di materie prime e minerali, capacità
produttiva, brevetti, marchio, rete distributiva e
quota di mercato
Fonte: Rilevazione diretta
Ne deriva che un numero ristretto di imprese controlla circa il 60% del mercato degli smalti e prodotti destinati
alla decorazione di prodotti ceramici (piastrelle e non). Ad ostacolare l’ingresso di nuovi entranti concorrono inoltre
diverse barriere: il basso sviluppo della domanda in Italia, l’elevato grado di concorrenzialità, la modesta redditività
se rapportata al livello degli investimenti da mettere in campo, le forti restrizioni all’avvio di nuove iniziative a livello
locale causa la bassa eco-compatibilità dei processi di lavorazione. Infine, il dispiegarsi di campagne acquisitive –
tipica manovra per conseguire la crescita in condizioni di maturità settoriale – lasciano intravedere all’orizzonte un
ulteriore compattamento del fronte dell’offerta.
Per quanto riguarda il grado di differenziazione del prodotto i colorifici ceramici cercano di rivolgere al mercato
un’offerta con tratti distintivi di tipo tangibile (qualità fisico-tecnica del prodotto) ed intangibile (assistenza, flessibilità
operativa, sperimentazione e test di prodotto, rapidità di riposta). Nel caso specifico, la qualità “tecnica” del prodotto
si presenta stabilizzata, uniforme tra i diversi offerenti e con ristretti margini di innovazione. Ciò innesca dinamiche di
price competition tra i colorifici alimentate da una ricerca di prodotti a prezzi sempre più bassi da parte della clientela
acquirente.
Il servizio – senza perdere di vista i costi – diventa il vero terreno sul quale costruire la distintività dell’offerta
e saldare la relazione con la clientela. Questa non si esaurisce con la vendita del prodotto, ma prevede l’intervento
del colorificio nella fase di messa a punto sugli impianti produttivi delle aziende ceramiche che vede il personale
tecnico del colorificio lavorare a stretto contatto con quello della impresa acquirente.
La differenziazione – costruita su elementi tangibili ed ancor più intangibili – comporta, quindi, per il colorificio
elevati e crescenti investimenti nella ricerca, nella progettazione ed industrializzazione del prodotto e nel predisporre
il servizio alla clientela. In particolare l’attività di Ricerca & Sviluppo ha finito per assumere nel tempo un ruolo
sempre più fondamentale avendo le imprese ceramiche esternalizzato tale attività e ricorso, nella maggioranza dei
casi, alla capacità progettuale del colorificio.
Tutto ciò induce alla diffusione di logiche competitive ed alla creazione di condizioni di mercato tipiche dei
contesti di oligopolio differenziato (Fig. 1.5).
Figura 1.5 – Comparto dei colorifici ceramici: forma di mercato
differenziazione prodotti
Concentrazione offerta
alta
bassa
alta
Oligopolio
differenziato
Concorrenza
monopolistica
bassa
Oligopolio
puro
Concorrenza
perfetta
153
A caratterizzare le condizioni di mercato e quindi di attrattività settoriale intervengono, con peso diverso,
anche altri fattori concorrenziali. Le barriere all’entrata (elevata concentrazione, pressione competitiva, modesti
margini, lenta crescita della domanda,..) scoraggiano l’entrata di nuovi competitor. Non si registrano negli ultimi anni
nuovi ingressi, il numero di attori in campo si va restringendo, gli assetti proprietari si stanno riconfigurando e la
crescita dimensionale passa attraverso manovre acquisitive.
A difesa della loro posizione i colorifici ceramici possono contare sulla assenza di prodotti sostitutivi (chimici o
similari) in grado di prendere il posto dello smalto nella sua principale funzione.
Di converso ad incidere in modo significativo sulla posizione di mercato delle imprese del comparto
concorrono in misura significativa le:
•
relazioni con i fornitori e le condizioni di approvvigionamento. Tra i fornitori dei colorifici si rileva la
presenza di pochi grandi gruppi minerari in prevalenza internazionali che forniscono le materie prime
all’industria ceramica, e sono parzialmente integrati a valle (all’estrazione dei minerali accompagnano
alcune lavorazioni di raffinazione). Le materie prime, inoltre, incidono per circa il 60% sul totale dei costi),
le relazioni negoziali tra i colorifici e tali soggetti diventano estremamente importanti nella gestione dei costi
di produzione. Tutto questo concorre a tenere bassa la capacità negoziale dei colorifici ceramici.
•
relazioni con la clientela e le condizioni di vendita. Le aziende dell’industria ceramiche rappresentano
l’unico sbocco di mercato per i colorifici. A questo forte grado di dipendenza si deve aggiungere la
pressione esercitata dalla clientela ceramica per ottenere prodotti via via più innovativi a condizioni di
prezzo sempre meno favorevoli: condizioni che deprimono i margini economici ma, di solito, accettate per
tenere in vita il rapporto commerciale con l’acquirente.
Dalla rappresentazione fin qui compiuta, il comparto dei colorifici ceramici si presenta come una attività
manifatturiera “chiusa” e cioè poco esposta alla minaccia di nuove iniziative in entrata sul mercato e alla comparsa di
prodotti intercambiabili e in posizione di forte “dipendenza” e “debolezza” nelle relazioni di fornitura e di vendita. Un
settore che procede nella fase di maturità, alle prese con un rallentamento del tasso di crescita ed una
intensificazione della tensione competitiva interna che porta alla erosione dei livelli di profittabilità.
Le innovazioni di prodotto, in presenza di una tecnologia relativamente semplice e di una diffusa base di
conoscenze ed esperienze maturate sul campo, hanno breve vita e non consentono alle imprese di godere di
vantaggi competitivi durevoli. Per loro, la difesa della posizione passa quindi attraverso l’immissione di dosi
crescenti di servizio nella relazione con la clientela acquirente. L’alternativa – non disponibile per tutti gli attori in
campo – è l’inserimento in nuove aree di business allentando così la dipendenza dalla domanda ceramica.
1.5 Competitor internazionali: l’avanzata dei colorifici spagnoli
La Spagna vanta oggi la leadership su scala internazionale nella produzione e commercializzazione di smalti
e prodotti per la decorazione delle piastrelle di ceramica e con una solida e significativa presenza sul mercato
italiano. Al pari di quanto successo in Italia, il settore spagnolo trova la sua collocazione all’interno di un distretto
ceramico, quello di Castellon de la Plana, che ha fatto da motore per il suo sviluppo.
Il settore, che ha vissuto il momento di maggiore crescita a partire dall’inizio degli anni ‘90, conta circa una
trentina di imprese (poco più numeroso del comparto italiano), specializzate nella produzione di fritte, smalti e colori
ceramici, con una occupazione di oltre 3.000 addetti.
Il settore spagnolo è stato protagonista nell’arco degli ultimi 20 anni di una spettacolare crescita e di una
progressiva proiezione sul mercato internazionale all’interno del quale l’Italia costituisce la principale direttrice di
vendita (Tab. 1.7, Fig. 1.6).
A trainare lo sviluppo ha contribuito nella fase iniziale la componente domestica della domanda. Con
l’approssimarsi della saturazione del mercato interno ha preso progressivamente corpo la componente estera fino al
sorpasso avvenuto alla fine degli anni ’90. Le esportazioni al 2004 incidono per il 60% sulle vendite totali.
154
Tabella 1.7 – Comparto dei colorifici spagnoli: fatturato in milioni di euro
Anno
Export
Vendite interne
Vendite totali
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
27
33
42
52
66
90
114
160
192
226
271
294
325
96
127
150
146
139
157
165
197
243
253
285
327
342
123
160
192
198
205
247
279
357
435
479
556
621
667
2000
374
352
726
2001
398
383
781
2002
457
377
837
2003
485
353
838
2004
535
353
889
Fonte: Anffecc
Figura 1.6 - Comparto dei colorifici spagnoli: export, vendite nazionali e fatturato totale ( milioni di euro)
1000
800
600
400
200
Export
Vendite interne
04
03
20
20
02
01
20
00
20
20
99
98
19
97
19
96
19
95
19
94
19
93
19
92
19
91
19
90
19
89
19
88
19
19
19
87
0
Totale
Fonte: Ns. Elaborazioni da Anffecc
La presenza internazionale si è consolidata di anno in anno, divenendo l’Italia il principale mercato di sbocco
seguita da Egitto e Portogallo. Nel tempo la rosa dei mercati si è articolata fino a raggiungere aree e paesi di più
recente industrializzazione interessati dalla formazione di una industria ceramica locale. E’ il caso di Egitto,
Indonesia, Marocco, Vietnam, Emirati Arabi Uniti ed altri ancora (Tab. 1.8).
155
Tabella 1.8 - Comparto dei colorifici spagnoli: principali mercati esteri di sbocco. Valori in milioni di euro
Paese
2000
2001
2003
2004
Italia
Egitto
Portogallo
Polonia
Indonesia
Marocco
Vietnam
Russia
Emirati Arabi Uniti
Germania
Malesia
Fonte: Anffecc
35,70
23,57
16,18
8,09
19,25
9,83
6,31
/
7,96
12,29
13,50
44,17
23,81
18,02
11,15
21,82
11,12
11,39
/
8,99
12,78
16,28
54,3
42,3
24,9
19,2
22,0
18,0
19,2
15,1
13,5
/
/
58,0
47,8
27,3
23,7
22,8
22,5
17,8
16,4
14,4
/
/
Le vendite dirette all’Italia nel 2004 hanno generato un fatturato di 58 milioni di Euro, rappresentando il 23%
delle esportazioni totali (Fig. 1.7). Non meno importante è il mercato egiziano, al quale viene diretta una quota di
fatturato di 47.8 milioni di Euro, incidendo per il 19% sul totale. Il resto dei paesi rappresentano quote che si aggirano
intorno al 5-10%, mercati meno importanti ma che mettono in evidenza gli sforzi di diversificazione dei mercati di
sbocco internazionale delle imprese spagnole.
Figura 1.7 - Comparto dei colorifici spagnoli: distribuzione delle vendite sul mercato internazionale al 2004
7%
Ita lia
6%
23%
7%
E g itto
P o r to g a llo
9%
P o lo n ia
In d o n e s ia
19%
9%
9%
M a ro c c o
V ie tn a m
11%
R
i
Fonte: Elaborazioni da Anffecc
1.6 Confronto Italia – Spagna
Il confronto tra i due comparti dei colorifici ceramici italiano e spagnolo vede prevalere in modo netto quello
iberico: la prevalenza appare netta sul piano dimensionale e del ritmo di crescita (Tab. 1.9, Fig. 1.8 ) e della capacità
di inserimento sui mercati internazionali (Tab. 1.10).
Tabella 1.9 – Confronto Italia Spagna: fatturato in milioni di Euro
2000
2001
Fatturato comparto italiano
Variazione %
Fatturato comparto spagnolo
Variazione %
2002
2003
2004
410
424
485
480
494
-
3,3%
12,5%
-1,04%
2,8%
726
781
834
838
888
-
7,0%
6,3%
0,4%
5,6%
Fonte: Anffecc e Banca dati Aida
156
Figura 1.8 - Confronto Italia Spagna: trend fatturato in milioni di Euro
Valori fatturato - dati in milioni di euro
1000
900
800
700
600
500
400
300
2000
2001
2002
Fatturato Italia
2003
2004
Fatturato Spagna
Tabella 1.10 – Confronto Italia Spagna: Ripartizione fatturato tra Export e Vendite interne al 2004 (%)
Italia
Spagna
Export
29,00
60,00
Vendite interne
71,00
40,00
100,00
100,00
Fatturato Totale
Fonte: Rilevazione diretta
Le differenze emerse dal confronto diretto possono essere ricondotte ad una pluralità di fattori di varia natura
che hanno giocato a favore dei produttori iberici. Tra queste si possono indicare:
•
•
•
•
•
la composizione del portafoglio prodotti dell’industria ceramica spagnola più favorevole a prodotti da
rivestimento e quindi più smalto-consumer a cui si associa una domanda di supporto e di maggiore
collaborazione anche sul piano grafico;
le condizioni di costo più favorevoli (fattori, infrastrutture, agevolazioni e sostegni alle imprese,…) che
integrano la capacità competitiva delle imprese spagnole;
i vincoli e le normative a tutela dell’ambiente meno restrittive che lasciano spazio anche alla
esternalizzazione di diseconomie non consentite in Italia;
i produttori di piastrelle spagnoli acquistano nella maggior parte dei casi un prodotto completo dai colorifici
(lo smalto o il composto) a differenza dei produttori italiani che mostrano una maggiore indipendenza sul
piano tecnico (di frequente acquistano solo il semilavorato, la fritta, per formulare internamente lo smalto);
il contesto relazionale che lega produttori di piastrelle e colorifici che lascia spazio allo svolgimento di
attività di ricerca congiunta e a rapporti collaborativi che portano le imprese fornitrici e clienti a ricercare
sinergie per crescere meglio e insieme.
L’insieme di queste condizioni spiegano le migliori performance dei produttori spagnoli. Il conseguimento di
buoni risultati sul piano economico ha consentito la generazione di risorse finanziarie da destinare al sostegno
dell’attività di ricerca. Una attività, come si è sottolineato, svolta in più stretta collaborazione con i produttori di
piastrelle e che, anche per questo, si presenta più avanzata.
157
CAPITOLO SECONDO
IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI ALL’INTERNO DEL DISTRETTO DI SASSUOLO:
STRUTTURA E STRATEGIE DI MERCATO
Premessa
L’analisi che segue è frutto dell’indagine empirica compiuta su un campione di 19 colorifici ceramici localizzati
all’interno dell’area ceramica di Sassuolo. Questo aggregato di imprese rappresenta il 76% dell’intera popolazione
dei colorifici attivi in Italia che come detto in precedenza è pari a 24 unità. Ne discende che, dato l’elevato grado di
rappresentatività del campione indagato, le indicazioni emerse dall’indagine stessa possano essere estese al settore
nel suo complesso.
La raccolta delle informazioni è stata compiuta con una indagine sul campo all’inizzio del 2006 con l’ausilio
di un questionario semi-chiuso somministrato con intervista diretta da parte di un ricercatore. Questo materiale di
“prima mano” è stato integrato con altre informazioni ed elementi conoscitivi emersi da colloqui ed approfondimenti
con manager aziendali. Se la prima parte del lavoro costituisce la struttura o il corpo del comparto dei colorifici
ceramici, con questa seconda parte si è aggiunta l’anima.
2.1 Profilo delle imprese e dinamica occupazionale
Le 19 imprese osservate sono localizzate all’interno dell’area ceramica di Sassuolo8. La maggior parte di
queste imprese fa capo ad un gruppo (Tab. 2.1) in veste di impresa consociata o affiliata9. Tra queste, 8 fanno capo
a gruppi stranieri, di cui sei spagnoli, uno inglese, ed uno americano. Le rimanenti tre sono integrate all’interno di
aziende o gruppi ceramici. La forte presenza di operatori internazionali, e spagnoli in primis, testimonia la forte
attrazione che ha esercitato in passato l’area di Sassuolo come centro di innovazione e di ricerca nella produzione di
piastrelle di ceramica
Tabella 2.1 - Colorifici Ceramici: assetto societario delle imprese
Assetto societario
Non appartiene ad un gruppo
Appartiene ad un gruppo: è la Holding
Appartiene ad un gruppo come impresa consociata o affiliata
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
Imprese
Valore assoluto
Valore %
6
32,00
2
11,00
11
57,00
19
100,00
All’interno del comparto trovano lavoro oltre 1.500 addetti, con una dinamica occupazionale cedente nel finale
del periodo dopo un trend crescente nel corso degli anni precedenti (Tab. 2.2). Il cedimento dei livelli occupazionali
deve essere posto in relazione alla non favorevole fase congiunturale e agli effetti prodotti dall’avanzata di processi
di ristrutturazione e di razionalizzazione che stanno imprimendo una ulteriore spinta alla concentrazione della base
settoriale. Ne discendono interventi di riorganizzazione e razionalizzazione degli organici aziendali, finalizzati al
miglioramento dei rendimenti produttivi e dei livelli di efficienza dei processi aziendali.
Tutte le imprese del comparto hanno una sede all’interno del distretto, sia essa legale o amministrativa/produttiva. Fa eccezione
Ramacolor, con unica sede ad Anagni (Fr).
9 Nel caso di impresa consociata siamo in presenza di un soggetto dotato di personalità giuridica, status che non ricorre nel caso
dell’affiliata.
8
158
Tabella 2.2 – Colorifici Ceramici: andamento occupazione nel periodo 2000-2004
2000
2001
2002
Dipendenti totali
N° medio di dipendenti per impresa
Fonte: Rilevazione diretta e Banca dati Aida
2003
2004
1.553
1.873
1.826
1.845
1.537
81
98
96
97
80
Il numero medio di dipendenti per impresa si attesta intorno alle 80-100 unità, e si muove nel corso del tempo
in sintonia con l’occupazione settoriale. Trattasi di un dato medio che per essere interpretato correttamente deve
essere posto in relazione all’elevato grado di concentrazione economica e tecnico-produttiva del comparto, dove un
numero ristretto di attori in posizione dominante opera accanto ad una pluralità di imprese con profilo dimensionale
(e quindi anche occupazionale) di minore entità.
2.2 Imprese e processi produttivi
Come visto in precedenza, il ciclo produttivo dei colorifici ceramici si compone di diverse fasi di lavorazione,
alcune delle quali possono essere svolte in modo disgiunto, consentendo alle imprese di configurare la loro
combinazione tecnico-economica. Dalla rilevazione sul campo (Tab. 2.3), emerge che:
•
•
•
•
il 47% circa delle imprese svolge il processo produttivo nella sua interezza, che comprende tutte le
fasi di trasformazione;
il 37% delle imprese si limita alla creazione del composto e alle sue lavorazioni successive,
acquistando i semilavorati (fritta) sul mercato locale o straniero;
l’11% circa delle imprese è specializzato nella produzione di coloranti, ed effettua soprattutto
operazioni di calcinazione;
il restante 5% circa è riservato ad un’impresa che effettua lavorazioni su metalli preziosi, utili alla
preparazione di colori per la decorazione ceramica.
Simile varietà di situazioni riscontrate riflette bene la “diversità” degli attori in campo rappresentati da:
•
•
•
•
colorifici che fanno capo a gruppi stranieri, che acquistano il semilavorato (Fritta) da un impresa del
gruppo localizzata altrove (all’estero). Per beneficiare di migliori condizioni di uso e di costo dei fattori
(lavoro, energia e materie prime), la casa madre delocalizza le attività a più basso contenuto di valore
e riserva alla partecipata italiana la produzione del composto;
imprese specializzate nella produzione di coloranti e che quindi devono approntare solo alcuni tipi di
lavorazione;
imprese che hanno esternalizzato l’attività di produzione delle fritte, un componente povero di valore,
concentrandosi sulla produzione del composto e ricorrendo al mercato per i semilavorati (fritta);
imprese che svolgono soprattutto azioni di commercializzazione di prodotti forniti da una partecipata
del gruppo, limitandosi solo a lievi adattamenti.
Tabella 2.3 – Colorifici Ceramici: distribuzione delle imprese in base al processo produttivo realizzato
Numero imprese
Processo produttivo
Ciclo completo (frittaggio, compostaggio e lavorazioni successive)
Ciclo parziale (compostaggio e lavorazioni successive)
Alcune lavorazioni (macinazione, atomizzazione, calcinazione, …)
Altro (lavorazioni speciali su metalli preziosi,…)
Totale
159
Valore assoluto
Valore %
9
7
2
1
19
47,40
37,00
10,50
5,10
100,00
Fonte: Rilevazione diretta
Le imprese nei loro processi tipici trasformano e lavorano materie prime per la maggior parte di provenienza
estera (Tab. 2.4). Questo riscontro riflette la povertà del nostro Paese di minerali e di sostanze chimiche interessate
nel processo produttivo, ad eccezione di una certa disponibilità di alcune materie di base quali argilla e caolini.
Il commercio delle materie prime è “gestito” da un ristretto gruppo di imprese di grandi dimensioni, che oltre
ai colorifici serve altri comparti del sistema ceramico. I materiali prima di essere messi in commercio subiscono
alcune lavorazioni preliminari (processo raffinatura). Alcuni colorifici a capitale straniero acquistano i materiali
direttamente da una partecipata del gruppo, per poi rivenderne una parte sul mercato italiano, diventando fornitori di
altri colorifici. Si rileva infine come questa dipendenza dal mercato estero si sia accentuata nel corso del tempo e
sia destinata a protrarsi anche in futuro.
Tabella 2.4 – Colorifici Ceramici: provenienza delle materie prime
Passato (2000)
Attuale (2005)
Futuro (2010)
Italia
49,7%
43,9%
39,6%
Estero
50,3%
56,1%
60,4%
100,0%
100,0%
100,0%
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
2.3 Settori clienti, mercati e relazioni di canale
I colorifici ceramici intrattengono relazioni esclusivamente con utilizzatori industriali. Ne deriva che i rapporti e
le relazioni con la clientela sono di tipo business to business10.
Dall’indagine risulta molto chiaramente che i produttori di piastrelle di ceramica rappresentano la categoria
principale di clientela, assorbendo nel complesso circa il 90% del fatturato del comparto (Tab. 2.5).
All’interno di questo flusso prevale nettamente la corrente di vendita diretta alle aziende ceramiche dell’area
di Sassuolo che segnala, però, una tendenziale flessione unita ad una tenuta delle vendite alle ceramiche esterne
all’area, ma sempre sul territorio nazionale.
Significativo il progressivo recupero della corrente di vendite rivolte ad aziende ceramiche estere. Questo
riscontro conferma l’ampliamento degli orizzonti di mercato come manovra di stabilizzazione del fatturato pur
maturando all’interno dell’alveo della clientela ceramica. In calo progressivo le vendite alle aziende produttrici di
corredi e stabili le vendite intra-comparto. Esigua e stabile la propensione ad inserirsi in altre aree di affari estranee
all’industria ceramica.
Tabella 2.5 – Colorifici Ceramici: distribuzione del fatturato per clientela servita. Valori percentuali
Tipologia di clientela
Passato (2000)
Attuale (2005)
Futuro (2010)
Aziende ceramiche del distretto
62,0
56,7
56,1
Aziende ceramiche esterne al distretto
8,1
11,5
9,5
Aziende ceramiche estere
16,9
19,0
23,6
Aziende di decori e terzo fuoco
6,2
5,5
3,8
Colorifici ceramici
4,8
4,8
4,6
Aziende di sanitari, ceramiche artistiche
0,9
1,1
1,1
Altro
1,2
1,3
1,3
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Rilevazione diretta
Si registra da parte di alcune imprese un tentativo di vendita di alcuni prodotti per ceramica artistica direttamente ad utilizzatori
finali, tramite rivenditori. Il fenomeno risulta al momento trascurabile.
10
160
Per quanto attiene la capacità di articolazione delle relazioni con la clientela, si è rilevato che i colorifici
ceramici intrattengono rapporti con un numero elevato di clienti (Tab. 2.6). L’85% delle imprese intrattiene rapporti
con un numero superiore a 45 clienti. Ciò va posto in relazione alla caratteristica del mercato che vede un numero di
offerenti di prodotti e servizi (colorifici) molto più contenuto rispetto ai richiedenti (aziende ceramiche, corredi
ceramici,..).
Tabella 2.6 – Colorifici ceramici: Distribuzione delle imprese per numero di clienti serviti
Imprese
Numero di clienti
Valore assoluto
Valore %
1
1
1
16
19
5.0
5.0
5,0
85,0
100,0
Fino a 15
Compreso tra 16 e 30
Compreso tra 31 e 45
Superiore a 45
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
Una clientela che – oltre al prodotto – si dimostra particolarmente sensibile al contenuto di servizio quale
nucleo centrale della relazione. Questo aspetto verrà messo bene in luce in seguito. Il grado di dipendenza dai
clienti risulta contenuto segnalando una certa frammentazione della domanda da servire. Il contributo fornito al
fatturato dal primo cliente oscilla intorno al 15%, mentre l’apporto dei primi tre raggiunge il 30% circa (Tab. 2.7).
Tabella 2.7 – Colorifici Ceramici: Incidenza media percentuale del maggiore cliente e dei 3 maggiori clienti
sul fatturato totale
Grado di dipendenza dalla clientela
Valore percentuale
Incidenza media % del maggior cliente sul fatturato totale
15,65
Incidenza media % dei 3 maggiori clienti sul fatturato totale
Fonte: Rilevazione diretta
30,66
2.4 Vendite, portafoglio prodotti e reti di vendita
Le dinamiche di mercato che hanno interessato i colorifici ceramici nel corso degli ultimi anni sono state
sostanzialmente positive: le 19 imprese oggetto di indagine diretta nel periodo 2000-2004 hanno visto incrementare
il fatturato del 22% circa con una variazione media annua del 4,5% circa (Tab. 2.8, Fig. 2.1). Il fatturato medio
sconta il peso di alcune imprese meglio dotate sul piano dimensionale che innalza significativamente la performance
economica media delle imprese del comparto, che come fatto notare in precedenza, vede presente una popolazione
composta in prevalenza da imprese di piccola taglia.
Tab. 2.8 – Colorifici ceramici: Ricavi delle vendite del campione di 19 imprese – valori in milioni euro
Fatturato
Variazione %
Fatturato medio per azienda
Fonte: Rilevazione diretta
2000
2001
2002
2003
2004
410.8
21.6
429.9
4,4%
22.6
481.7
10,7%
25.4
481.7
0,0%
25.4
508.3
5,2%
26.8
161
Figura 2.1 – Colorifici ceramici: andamento fatturato dal 2000 al 2004 – valori in milioni di euro
600
500
400
300
200
100
0
2000
2001
2002
2003
2004
Fatturato
Le imprese si presentano al mercato con un portafoglio prodotti composito ma che si mantiene in larga misura
stabile nel tempo (Tab. 2.9). Attualmente il contributo maggiore al fatturato aziendale proviene dalla vendita di
smalti (30%), seguito dai coloranti (26%) e dalle fritte (19%). Rispetto a questi prodotti si deve rilevare che l’apporto
al fatturato della voce coloranti risente dell’incorporazione al suo interno della componente di ossidi coloranti,
impiegati nella fase di calcinazione, materiali ad elevato valore.
La commercializzazione delle fritte risulta ridotta e buona parte di tale semilavorato serve ad alimentare il
processo produttivo interno, quindi non viene commercializzato. Il commercio delle fritte deriva in buona parte
dall’attività delle imprese straniere, che attraverso la propria consociata o affiliata italiana importano il semilavorato e
lo rivendono sul mercato italiano. La fritta risulta comunque un prodotto a basso valore aggiunto, il rapporto
peso/valore è molto basso.
Tabella 2.9 – Colorifici Ceramici:Contributo delle diverse famiglie di prodotto sul fatturato totale (valori %)
Attuale
Passato (2000)
Futuro (2010)
(2005)
Fritte
21,0
19,0
17,0
Smalti, composti, macinati, atomizzati
31,0
30,0
30,0
Coloranti e pigmenti
23,0
26,0
28,0
Prodotti per corredi ceramici e terzo fuoco
8,0
7,0
7,0
Altro
17,0
18,0
18,0
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Rilevazione diretta
Da notare il forte contributo derivante dalla vendita di altri prodotti. Si tratta in particolare della
commercializzazione di materie prime (es. silicato di Zirconio), prodotti speciali che non rientrano nelle precedenti
categorie, oppure prodotti derivanti da una strategia di diversificazione diretti ad altri settori/mercati, come coloranti
per materiali plastici, fritte e smalti per materiali metallici, etc.
Di minore importanza risulta il business relativo ai prodotti per corredi ceramici e terzo fuoco, in quanto tale
comparto risulta composto da una minoranza di imprese di dimensioni molto ridotte.
In chiave dinamica la composizione del fatturato non segnala particolari modificazioni: si coglie un certo
innalzamento delle vendite derivanti dalla produzione di coloranti (prodotto ricco) a detrimento delle vendite
realizzate dalla produzione di fritte (prodotto povero).
Venendo, infine, alle modalità organizzative alle quali le imprese si affidano per allacciare rapporti con la
clientela si registra una presenza quasi esclusiva di reti composte da forza vendita aziendale.
Fattori di prossimità geografica al cliente, caratteristiche del prodotto che richiedono alla forza vendita
competenze commerciali e tecniche allo stesso tempo per venire incontro alla domanda che esprime un sempre più
elevato bisogno di assistenza, calibrazione, messa a punto, personalizzazione dell’offerta, costituiscono le principali
ragioni della scarsa presenza di rapporti di agenzia (Tab. 2.10).
162
Tabella 2.10 – Colorifici Ceramici: Rete di vendita in Italia
Passato (2000)
Attuale (2005)
Futuro (2010)
Agenti multimandatari
1,1%
1,2%
1,5%
Agenti monomandatari
0,2%
0,4%
0,4%
Personale dipendente
98,7%
98,4%
98,1%
Altro
0,0%
0,0%
0,0%
Totale
100%
100%
100%
Fonte: Rilevazione diretta
2.5 Fattori competitivi
L’analisi ha cercato di indagare i fattori che nella relazione tra colorifici e clientela distrettuale ed estera
assumono maggiore criticità nel concorrere alla soddisfazione dei clienti stessi. Il riscontro è stato verificato nei
confronti della clientela ceramica compresa nel distretto di Sassuolo e della clientela ceramica estera.
Con riferimento alla clientela distrettuale le indicazioni raccolte sul campo mettono bene in luce come i
colorifici rappresentino una fonte essenziale a cui attingere per connotare in termini distintivi ed innovativi il prodotto
piastrella. Allo stesso tempo segnalano la grande attenzione ai costi da parte dei produttori italiani di piastrelle di
ceramica in presenza di una crescente pressione competitiva incontrata sul mercato. Di seguito si analizzano i fattori
che maggiormente incidono sulla soddisfazione della clientela distrettuale (Tab. 2.11)11.
Tabella 2.11 – Colorifici Ceramici: importanza relativa dei fattori di successo nella soddisfazione della
clientela del distretto (scala 1-7)
N° di imprese che
Valore
Fattori competitivi - Clientela del distretto
hanno risposto
medio
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
18
6,50
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
18
6,50
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
18
6,28
Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…)
18
6,06
Competitività di prezzo
18
6,00
Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti
18
5,83
Capacità di credito a favore della clientela
18
4,83
Altro (Esclusività)
1
6,00
Fonte: Rilevazione diretta
•
11
la flessibilità e la rapidità di risposta alle esigenze della clientela. Questa forte sollecitazione deriva, in
primo luogo da fattori tecnico-produttivi: le aziende ceramiche organizzano la produzione su cicli continui
ed una loro interruzione comporterebbe perdite economiche ingenti. In secondo luogo, le stesse,
esprimono una forte domanda con un elevato contenuto di personalizzazione sul piano estetico e di
adattamento tecnico del prodotto sulle macchine applicatrici. Ciò comporta richieste frequenti di assistenza
e di intervento urgenti. La riduzione dei lotti di produzione - in continua diffusione presso le aziende
ceramiche - produce un effetto moltiplicativo delle condizioni appena descritte. Tutto ciò porta a definire
una offerta (prodotto e servizi) molto orientata al cliente che in concreto significa “mettere il colorificio al
servizio del cliente”;
Per apprezzare questa condizioni si è fatto ricorso ad un scala likert 1-7 dove 1 = Poco importante ; 7 = Molto importante
163
•
il contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto. Ai colorifici si richiede lo sviluppo di prodotti
sempre più performanti, che esaltino le qualità estetiche della piastrella;
•
la capacità innovativa che porta alla offerta di soluzioni innovative in termini di nuovi materiali, tipi di
applicazioni, capacità di adattamento continuo ai diversi supporti12 del prodotto ceramico. E’ su questo
piano che il colorificio è chiamato a svolgere la funzione di “fonte di innovazione” avendo le aziende
ceramiche esternalizzato l’attività di ricerca ormai trasferitasi all’interno dei laboratori dei colorifici ceramici.
Le aziende ceramiche – salvo qualche rara anche se significativa eccezione - intervengono apportando
solo piccoli adattamenti alla proposta del colorificio;
•
il prezzo di vendita. I clienti esercitano una forte pressione sui prezzi alla quale i colorifici non possono che
opporre una debole resistenza causa l’esigenza di salvaguardare il rapporto con la clientela, gli spazi
ridotti alla differenziazione del prodotto e la tensione competitiva sul fronte dell’offerta. Tutto questo fa
assumere al prezzo un ruolo importante nella relazione con i clienti, concorre a deprimere le condizioni di
economicità dei colorifici che già devono scontare la dinamica al rialzo del costo dei fattori, specie per le
materie prime. Il deterioramento delle condizioni economiche finisce, così, per agire come fattore di
selezione delle imprese sul campo e di spinta per l’avvio di processi di acquisizione e di aggregazione tra
le imprese stesse;
•
l’ampiezza e la profondità della gamma dei prodotti costituisce anch’essa una componente importante nel
creare condizioni di soddisfazione presso la clientela. L’offerta del colorificio, composta da una vasta
gamma di prodotti e varianti, amplia i percorsi disponibili all’azienda ceramica per la personalizzazione del
prodotto finale.
La capacità di fornire credito alla clientela attraverso la maggiore dilazione dei pagamenti, non sembra influire
in maniera decisiva sul raggiungimento di un vantaggio competitivo sui concorrenti. Infine si è raccolta una
indicazione espressa da una impresa che vede nell’esclusività del prodotto (alto contenuto di innovazione e di
differenziazione) il modo per estrarre margini superiori ed estraniarsi dall’aspra concorrenza sul prezzo che erode i
profitti. Mantenere a lungo l’esclusività sull’innovazione rappresenta la condizione per recuperare i costi della ricerca,
prima che l’imitazione diffonda l’innovazione in tutto il comparto.
Spostando l’attenzione sul fronte della clientela estera il quadro che emerge in termini di soddisfazione
presenta alcune significative differenze dal quadro distrettuale appena descritto (Tab. 2.12).
In primo luogo si può notare che nel complesso i fattori relativi alla soddisfazione dei clienti nei mercati esteri
raggiungono valori inferiori rispetto a quelli relativi alla clientela del distretto. Questo può condurre a pensare che la
clientela estera sia meno esigente di quella distrettuale, seppur di poco, e che la concorrenza estera sia meno aspra
di quella interna.
Tabella 2.12 - Colorifici Ceramici: Importanza relativa dei fattori competitivi nella soddisfazione della
clientela estera
N° imprese
Valore
Fattori competitivi – Clientela estera
rispondenti
medio
Competitività di prezzo
16
6,25
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
16
5,94
Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti
16
5,88
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
16
5,81
Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…)
16
5,69
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
16
5,50
Capacità di credito a favore della clientela
16
5,06
1
5,00
Altro (Relazioni interpersonali)
Fonte: Rilevazione diretta
12
Come è avvenuto con il gres porcellanato.
164
In secondo luogo si modifica l’ordine, in termini di rilevanza, dei diversi fattori. Si rileva infatti che:
•
•
•
il prezzo continua ad essere un fattore di estrema importanza nella competizione, e si attesta come la
variabile più influente sulla soddisfazione della clientela estera, anche se non si discosta di molto dagli altri
item;
il servizio sembra passare in secondo piano rispetto ai fattori riguardanti il prodotto, al pari del contenuto
tecnico e prestazionale e l’ampiezza/profondità della gamma prodotti. La clientela estera si adegua alle
modalità e ai tempi di trasporto necessari per le esportazioni;
la capacità innovativa per la clientela estera non risulta altrettanto importante come per quella italiana,
forse a causa del sostanziale divario tecnologico della maggior parte delle aree di mercato cui le
esportazioni italiane sono dirette.
La capacità di credito a favore della clientela continua a rimanere un fattore di scarsa importanza
relativamente agli altri fattori. Nella categoria Altro è compreso un fattore di minore importanza ma comunque
rilevante: le relazioni interpersonali.
2.6 Strategie competitive
Dopo aver rappresentato i fattori che sembrano esercitare la maggiore influenza nel determinare la
soddisfazione della clientela e quindi ad alto assorbimento di impegno per i colorifici, si passa ora ad indagare lungo
quali direzioni si orienta l’agire dei colorifici in termini di “focus” strategico. Questo campo è stato perlustrato
chiedendo alle imprese del campione su quali attività stanno intervenendo con maggiore impegno di risorse e
investimenti (Tab. 2.13). Il livello di impegno profuso si colloca sempre nel campo di variazione da 1 a 713.
Le indicazioni che si traggono forniscono diversi elementi di interesse. Alcuni elementi riflettono l’assetto e la
configurazione del comparto sotto il profilo strutturale e competitivo; altre vanno poste in relazione alle dinamiche che
stanno investendo l’industria ceramica italiana e più in generale quella nascente su scala internazionale; altre ancora
si rispecchiano nei tratti e nelle specificità delle imprese stesse.
Prima di procedere ad una disamina delle singole direzioni strategiche lungo le quali si muovono le imprese,
preme mettere in luce come emerga:
•
il forte orientamento al prodotto. Questa area assorbe le maggiori energie delle imprese per migliorare la
loro competitività. Il focus sul prodotto – con tutte le attività che lo definiscono - rappresenta l’area elettiva
del loro agire strategico;
•
il contenuto di servizio. In presenza di una sostanziale omogeneità dell’offerta di prodotto tra i diversi
colorifici, la capacità di essere sempre più disponibili (ad assecondare le richieste della clientela ceramica),
più veloci (nell’intervenire sui processi produttivi e sui momenti di implementazione) e più propositivi (nel
suggerire nuove idee, soluzioni, applicazioni,…), sembrano costituire la base su cui solidificare la posizione
competitiva sul mercato;
•
la dilatazione degli orizzonti di mercato. Le dinamiche non favorevoli che investono da alcuni anni il
distretto di Sassuolo – di gran lunga il principale sbocco alle loro produzioni – unitamente alla tensione
concorrenziale sul fronte dell’offerta, costituiscono un fattore di spinta ad affacciarsi su altri mercati, anche
se non vengono esplicitate le forme organizzative a cui affidare l’uscita dal distretto.
Per facilitare la comprensione delle direzioni lungo le quali sembrano volersi muovere le imprese (sulla base
delle intenzioni espresse) si procede per focus strategico e cioè per principali percorsi generali con qualche
declinazione del piano dell’azione.
13
1 = Basso impegno; 7 = Alto impegno
165
Tabella 2.13 - Colorifici Ceramici: linee strategiche d’impresa
N° imprese
rispondenti
Media
Diminuire i costi di produzione
17
6,00
Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto
17
6,18
Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi
17
6,35
Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati
17
5,35
Produzione
17
4,94
Progettazione
17
4,59
Gestione (informazione, comunicazione,…)
17
5,53
Avviare/espandere la produzione all’estero
17
3,53
Aprire filiali commerciali in mercati esteri
16
3,25
Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione
16
3,69
Espandere la base di clientela in Italia
17
5,35
Espandere a base di clientela all’estero
17
5,71
Aumentare il numero di venditori diretti
17
3,82
Aumentare il numero degli agenti
17
2,53
Accrescere la flessibilità produttiva
16
5,69
Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle
esigenze della clientela)
17
5,76
Integrazione delle competenze
17
4,88
Co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…)
17
5,29
Condivisione e scambio di risorse e competenze
17
4,65
Colorifici ceramici
17
2,65
Aziende ceramiche
17
4,35
Aziende del comparto dei corredi ceramici e terzo fuoco
16
2,56
Produttori di tecnologia e impiantisti
16
4,50
Strategie d’impresa ripartite per “focus”
Prodotti
Introduzione di nuove tecnologie
Mercati
Servizio
Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela via
Definire forme di partnership o alleanze con
Fonte: Rilevazione diretta
166
•
Prodotti
Questa area rappresenta il focus strategico privilegiato al quale le imprese dedicano il livello di impegno più
alto. Differenziazione del prodotto e contenimento dei costi sono i due ambiti nei quali le imprese si misurano per
sostenere e migliorare la loro posizione competitiva: il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto, l’offerta di nuovi
materiali e la proposta di soluzioni innovative rappresentano le leve a cui le imprese si affidano per contenere gli
effetti erosivi sui margini innescati dalla price competition, condizione alla quale le imprese non riescono a sottrarsi.
Sul lato dei costi, il contenimento di quelli relativi alle materie prime - che rappresentano circa il 60% del costo
totale di produzione - rappresenta il fronte su cui ricercare qualche recupero. Si tratta di un’operazione di esito
incerto vista la debolezza negoziale verso i mercati di fornitura, mercati concentrati e le cui dinamiche si definiscono
su scala internazionale. Ad appesantire la posizione di costo interviene anche l’attività di R&D - ormai ampiamente
loro delegata dalle aziende ceramiche. Il recupero dei costi (certi) è legato all’esito che produce la loro azione in
termini di risultati (incerti) ed al lead time (sempre più breve) stante la diffusa presenza di comportamenti imitativi tra i
colorifici.
Infine, l’orientamento che guida le imprese nel configurare la loro offerta al mercato estero. Tra le due
opzioni disponibili, standardizzazione ed adattamento del prodotto alle specifiche condizioni del mercato, i colorifici
ceramici accordano la loro preferenza alla seconda opzione. Gli interventi di adattamento non intaccano però la
componente centrale del prodotto (caratteristiche di base fisico-tecniche e funzione d’uso) bensì altre componenti
tangibili (segni di valore del prodotto) ed incrementate (quello che attiene alla relazione con il cliente, come
l’assistenza, il servizio, le garanzie, dilazioni di pagamento,…).
Gli adattamenti sono solo secondari e sono indotti principalmente dalle differenze culturali di molti mercati di
destinazione. Trattandosi di prodotti per l’edilizia, il colore e il design devono necessariamente essere in sintonia con
le tendenze e la cultura del paese di destinazione: è il caso delle produzioni indirizzate ai paesi orientali e medioorientali. Maggiori risultano le distanze culturali, maggiore è l’intervento di adattamento sul prodotto.
Necessariamente, anche le modalità relazionali ed il contenuto di servizio e di assistenza richiedono un adeguato
grado di attenzione alle caratteristiche ed al profilo di competenza tecnico-produttiva della controparte.
•
Introduzione di nuove tecnologie
La fase d maturità settoriale che vive il settore si riflette anche sul piano tecnologico: le imprese si avvalgono
di tecnologie ormai note e diffuse e gli spazi di introduzione di nuove tecnologie e soluzioni tecniche appaiono molto
ristretti. Ciò non di meno l’aggiornamento della dotazione tecnologica a supporto dei processi aziendali tipici si
dimostra di aiuto al miglioramento del livello globale di efficienza.
In questa azione assume rilievo lo sforzo dedicato al potenziamento e rinnovo delle tecnologie
dell’informazione e comunicazione
La relazione tra colorifici ed aziende ceramiche assume spesso i connotati di una relazione cooperativa e si
nutre molto dello scambio di informazioni e pertanto necessita di veicoli e supporti per il loro trasferimento sempre
più aggiornati.
•
Mercati
Per quanto riguarda l’azione di mercato, le direttrici che assorbono i maggiori sforzi delle imprese sembrano
essere quella dell’ampliamento della base della clientela sia sul suolo domestico che internazionale. Sul mercato
nazionale questo orientamento sembra essere dettato dalla esigenza di ravvivare la dinamica delle vendite che
negli ultimi anni ha perso di brillantezza. In questa direzione va anche l’avvio di processi di diversificazione con
l’entrata in nuovi settori (ceramica artistica, i sanitari, etc, o in settori non ceramici come quello dei materiali plastici o
metallici) pur restando la loro attività fortemente legata alla produzione di piastrelle di ceramica.
Sul fronte internazionale lo sforzo privilegia quei mercati che vedono già presenti le imprese e riguardano i
mercati a maggiore specializzazione ceramica. E ciò vale anche per l’avvio di iniziative di internazionalizzazione
produttiva che sembra rappresentare una opzione concreta per il numero esiguo di imprese di cui già oggi si sono
fatte protagoniste.
•
Servizio
Già si è rilevato - analizzando i fattori competitivi - come il servizio rappresenti una delle variabili
maggiormente incisive nel raggiungimento della soddisfazione della clientela. Su questo terreno – il solo che può
“fare la differenza” tra le distinte offerte che si rivolgono alle imprese ceramiche – i colorifici continueranno a
profondere significative energie.
167
•
Relazione con la clientela
Il ruolo di fonte di innovazione rivestito dai colorifici e l’elevato livello di personalizzazione dell’offerta richiesto
dalle aziende ceramiche fanno assumere una impronta collaborativa ed interattiva alle relazione tra le parti. Si
ricerca quindi, in fase di sviluppo dei prodotti una certa integrazione delle competenze di tipo tecnico ed in alcuni casi
ci si spinge fino a definire forme di co-progettazione, al fine di pervenire a risultati migliori rispetto a quelli ottenibili
singolarmente.
•
Cooperazione
L’attivazione di circuiti virtuosi capaci di fare avanzare l’innovazione all’interno dell’industria ceramica vede
come presupposto la presenza di relazioni collaborative o di partnership tra aziende produttrici di piastrelle, i colorifici
ed i costruttori di tecnologia. Ognuno di questi attori ha un proprio ruolo che deve essere svolto seguendo percorsi
convergenti e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune, quello di innovare.
I colorifici, come già evidenziato, lavorano a stretto contatto con le aziende ceramiche specie nella fase di
progettazione e di sviluppo, direttamente sui supporti del cliente, al fine di ottenere una precisa riproducibilità del
risultato finale.
I costruttori di tecnologia progettano e realizzano le linee di smalteria e le macchine applicatrici degli smalti
sulle quali si richiede un intervento di messa a punto e di regolazione del loro funzionamento a regime. Tutto questo
– prima di essere realizzato presso l’azienda ceramica – viene sperimentato all’interno dei laboratori integrati di
alcuni colorifici ceramici che riproducono in scala ridotta il ciclo produttivo della piastrella di ceramica.
Molto basso, infine, lo sforzo dedicato ad avviare iniziative o azioni su base cooperativa tra le imprese. La
forte tensione competitiva e la diffusa presenza di pratiche imitative sembrano essere gli ostacoli maggiormente
inibenti.
2.7 L’impegno nell’attività di Ricerca & Sviluppo
Il processo di ricerca e sviluppo all’interno dei colorifici ceramici rappresenta una delle attività di maggior
rilevanza nella catena del valore. A questa attività si dedica circa l’14% del totale dell’occupazione del comparto. Si
tratta di un numero destinato ad aumentare nel prossimo futuro (Tab. 2.14).
Tabella 2.14 – Colorifici Ceramici: Numero medio di addetti per impresa nell’attività di R & S
Passato
Attuale
(2000)
(2005)
Futuro
(2010)
N° addetti all’attività di R&S
162
208
263
N° medio di addetti nell’ attività di R&S per azienda
8,5
11,0
13,8
N° addetti totali
1.350
1.482
1.602
N° addetti R&D / N° addetti totale (%)
12,0
14,0
16,4
Fonte: Rilevazione diretta
La progressiva esternalizzazione di lavorazioni relative alla preparazione degli smalti e quindi anche della
connessa attività di R&D da parte delle aziende ceramiche, ha rappresentato uno dei principali fattori di sviluppo del
comparto dei colorifici ceramici.
La rilevanza assunta dal contenuto estetico nella piastrella di ceramica ha attribuito un ruolo sempre più
determinante ai prodotti e materiali utilizzati nel processo di smaltatura e decorazione. Da qui il crescente impegno
profuso dai colorifici nell’approntare prodotti, materiali e soluzioni sempre meglio capaci di esaltare l’aspetto estetico
e grafico del prodotto ceramico.
Per le imprese del comparto le attività da comprendersi all’interno della R&S non si limitano a quelle svolte
esclusivamente all’interno dei laboratori (analisi, sperimentazioni, test,…), ma in molti casi si dilatano fino
comprendere attività di customer service (preparazione campioni, pannelli, riproduzioni di prodotti,
168
personalizzazioni…). Si tratta di attività importanti ai fini della soddisfazione della clientela e che vedono un impegno
di risorse umane di una certa entità. E che alcune imprese tendono a considerare come impegnate in attività di
ricerca, o almeno di ricerca applicata.
Oggi le aziende ceramiche si affidano in larga misura alla capacità progettuale e propositiva del colorificio
segnalando una certa “dipendenza creativa”(Tab. 2.15), anche se non mancano, all’interno del settore ceramico,
operatori propositivi, dotati di capacità di specificazione del prodotto e pertanto in grado di fornire indirizzi
ideativi/creativi al colorificio.
Tabella 2.15 – Colorifici Ceramici: ordini da clienti che si avvalgono della capacità progettuale del colorificio
Ordini da clienti (aziende ceramiche) che si avvalgono della
Numero Colorifici
capacità progettuale del colorificio:
Valore assoluto
Valore %
In aumento rispetto al passato
13
68,80
In calo rispetto al passato
4
21,10
Invariato
2
10,10
19
100,00
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
All’interno dei colorifici l’attività di R&D si orienta principalmente verso due aree rappresentate da:
•
•
il settore più tradizionale, le cui tecnologie sono dedicate alla produzione di bicottura lenta e rapida, birapida, monocottura, mono-porosa e terzo fuoco;
il settore più innovativo, che oggi si identifica nella produzione di gres porcellanato a tutta massa o
smaltato.
L’accresciuta importanza della ricerca e dello sviluppo di nuovi prodotti ha innalzato il livello di complessità
dell’attività stessa, degli investimenti e delle risorse.
Il ruolo di “vetrina” dei prodotti e di “antenna tecnologica” assunto dal distretto ceramico ha spinto, così,
alcune grandi imprese internazionali o gruppi multinazionali, già insediati nel distretto, a dotare le loro unità operative
di sofisticati laboratori e strutture a cui affidare la ricerca per tutto il gruppo.
169
CAPITOLO TERZO
L’APERTURA AL MERCATO ESTERO: INTERNAZIONALIZZAZIONE COMMERCIALE E
PRODUTTIVA
3.1 L’internazionalizzazione mercantile
I colorifici ceramici restano ancora fortemente ancorati al mercato domestico al quale rivolgono la parte
prevalente della loro produzione. E non potrebbe essere diversamente vista la grande capacità di assorbimento del
mercato dell’area ceramica. Al mercato internazionale si indirizza circa il 30% della produzione. Spicca però – nel
corso del tempo – il progressivo recupero di posizioni della quota rivolta alla domanda internazionale su quella
locale, riconducibile alla internazionalizzazione dell’industria ceramica che ha dischiuso opportunità di sbocco per la
produzione dei colorifici italiani (Tab. 3.1, Fig. 3.1).
Tabella 3.1 - Colorifici ceramici: Ripartizione del fatturato tra Italia ed estero
Vendite Italia
Vendite Estero
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
Passato (2000)
Attuale (2005)
Futuro (2010)
76%
24%
71%
29%
67%
33%
100%
100%
100%
Figura 3.1 – Colorifici Ceramici: Distribuzione geografica del fatturato
2010
2005
2000
0,00%
20,00%
40,00%
Italia
60,00%
80,00%
100,00%
Estero
Fonte: Rilevazione diretta
Rispetto ai mercati di destinazione, si coglie bene come la direttrice seguita dalle vendite sia “tirata” dal
movimento migratorio dell’industria ceramica su scala internazionale che tende sempre più a localizzarsi in paesi in
via di sviluppo o di industrializzazione (Tab. 3.2). In quelle aree, il decollo dell’industria ceramica alimenta una
domanda di smalti e colori che viene colta dai produttori italiani e servita in una prima fase con l’esportazione.
Successivamente – come si avrà modo di vedere nel prosieguo dell’analisi – questa domanda verrà soddisfatta con
una produzione attivata in loco.
170
Tabella 3.2 – Colorifici Ceramici: distribuzione delle vendite estere per macro aree geografiche di clientela
(valori %)
Clientela estera
Imprese ceramiche in mercati esteri consolidati (UE, USA)
Imprese ceramiche in nuovi mercati esteri (Extra UE,…)
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
2000
2005
2010
50,40
49,60
100,00
44,00
56,00
100,0
39,70
60,30
100.00
Sui mercati esteri si rileva una modificazione della organizzazione delle reti di vendita deputate ad avvicinare
e intrattenere le relazioni con la clientela. Il ricorso alla forza vendita aziendale conserva un ruolo ancora rilevante,
ma lascia spazio anche all’entrata in azione di nuovi intermediari legati al colorificio ceramico da rapporti di agenzia
(Tab. 3.3).
La rete di vendita indiretta, costituita da personale legato all’impresa da un rapporto di collaborazione
autonoma, trova scarso impiego. Vi si ricorre per relazionarsi con alcuni mercati per ridurre una certa distanza
culturale e linguistica, come nei paesi di lingua araba. Si privilegia comunque il ricorso a rapporti di monomandato,
per assicurarsi un più stretto controllo della relazione negoziale. Agli agenti plurimandatari si ricorre per servire una
clientela marginale con la quale la relazione non presenta, in genere, caratteri di stabilità.
Tabella 3.3 – Colorifici Ceramici: rete di vendita sul mercato estero
Passato (2000)
Attuale (2005)
Futuro (2010)
Agenti plurimandatari
12,0
11,2
11,7
Agenti monomandatari
19,7
12,3
20,3
Personale dipendente
58,3
72,7
53,7
Filiali senza deposito
2,7
0,0
2,7
Filiali con deposito
7,3
3,8
11,7
Altro
0,0
0,0
0,0
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Rilevazione diretta
L’attivazione di unità organizzative sul mercato estero, alle quali affidare la gestione del processo esportativo
e di vendita (definire la politica distributiva, coordinare la rete di vendita e curare direttamente le problematiche
finanziarie, amministrative e commerciali,…), è scarsamente utilizzata. Diverse e comprensibili sono le motivazioni
della scarsa adesione a questa modalità di presidio di tipo commerciale. Queste vanno dall’elevato costo di
investimento, alla dotazione di risorse umane da dedicare al loro presidio, al giro di affari contenuto realizzato sui
mercati esteri. Tutte condizioni che presentano soglie di costo largamente superiori alla dotazione di risorse
disponibili presso le imprese. Il riscontro, in ogni caso, di imprese che stanno inserendo - ed in prospettiva
potenziando - la loro base operativa sui mercati esteri è indicativo di una emancipazione del modo di interpretare la
presenza sul mercato internazionale. Questa emancipazione - o meglio la volontà di stabilizzare le vendite sui
mercati esteri - è segnalata anche dallo spostamento, seppure lieve, del ricorso a rapporti di agenzia su monomandato rispetto a quello pluri-mandato.
171
3.2 Le strategie di internazionalizzazione produttiva
I colorifici ceramici si sono resi protagonisti, anche, di iniziative di internazionalizzazione attiva e cioè in uscita
dal distretto con investimenti produttivi. L’analisi, al riguardo, ha interessato solo le imprese a capitale nazionale
senza coinvolgere le imprese a capitale estero che sono già una manifestazione di internazionalizzazione della loro
casa madre il cui quartiere generale è altrove nel mondo. La multilocalizzazione produttiva estera, ad oggi, è
riservata ad una minoranza di imprese, ma si riesce chiaramente a percepire la volontà delle stesse di accrescere
gli sforzi in tale direzione (Tab. 3.4).
Tabella 3.4 – Colorifici Ceramici: imprese e multilocalizzazione produttiva internazionale
Imprese
Ricorso alla multilocalizzazione
internazionale
Valore assoluto
Valore %
Imprese che non hanno delocalizzato
14
73,70
Imprese che hanno delocalizzato
5
26,30
Totale
19
100,00
Fonte: Rilevazione diretta
Chiaramente l’internazionalizzazione produttiva comporta un livello di impegno, di rischio e di onerosità
sostenibile solo da attori adeguatamente dotati di risorse (umane e finanziarie) e competenze di carattere
organizzativo. Ciò sembra escludere la gran parte delle imprese del comparto che abbiamo visto essere di piccola
dimensione.
Se le esperienze di internazionalizzazione produttiva sono numericamente limitate, è possibile tuttavia
cogliere alcuni tratti significativi di questi percorsi (Tab. 3.5).
Tabella 3.5 – Colorifici Ceramici: internazionalizzazione produttiva
Impresa
Paese
estero
Impresa 1 Bulgaria
Impresa 2 Cina
Impresa 3 Brasile
Indonesia
Tunisia
Spagna
Impresa 4 Spagna
Indonesia
Impresa 5
Spagna
Brasile
Turchia
Messico
Taiwan
Cina
Totale 5 Fonte: Rilevazioni dirette
Anno
Forma di
entrata*
2001
1999
1998
1994
1996
2006
1999
2004
3
2
2
2
3
2
2
3
1988
1977
1989
1989
1989
2001
-
2
2
2
2
2
2
-
Destinazione
della
produzione
Italia
Cina e SEA**
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
40% mercato locale
60% export
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
Mercato locale
-
Fatturato
al 2004
(milioni €)
Numero
addetti
al 2005
Numero
addetti
italiani al
2005
8
5
4
3
1
25
50
60
30
60
9
10
1
1
1
1
1
-
115,6
383
2
13,3
6,9
16,1
3,2
3,1
179,2
120
25
80
17
64
933
2
1
10
*(1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale; (4) Altro
** Sud est asiatico
172
Si osserva infatti che:
•
l’impresa maggiormente internazionalizzata è anche l’impresa di maggiori dimensioni, “Impresa 5”, seguita dalla
seconda impresa per dimensione, “Impresa 3”. Altra impresa con spiccata internazionalizzazione è “Impresa 4”,
che con la partecipata “Impresa 4 International” controlla 2 unità produttive estere. Poi vi sono due imprese di
minori dimensioni che controllano rispettivamente una unità produttiva, “Impresa 1” e “Impresa 2”. Per “Impresa
1”, in particolare, si tratta più che altro di una delocalizzazione solo produttiva (la produzione viene re-importata
per essere commercializzata sul mercato italiano);
•
nella maggioranza dei casi si tratta di una internazionalizzazione recente. Il pioniere è il colorificio “Impresa 5”
che esordisce con il primo investimento diretto all’estero intorno alla fine degli anni ’70, a cui farà seguire altre
iniziative dello stesso tipo verso la fine degli anni ’80. L’esempio sarà seguito verso la metà degli anni ’90 da
altri operatori del comparto. Seguiranno diversi insediamenti produttivi tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del
nuovo secolo;
•
la destinazione è rappresentata da paesi che storicamente vantano una posizione di rilievo nella produzione di
piastrelle di ceramica (Spagna, Brasile, Turchia e Messico) e paesi che più di recente hanno visto decollare
questo tipo di produzione (Indonesia, Cina, Taiwan);
•
la finalità della iniziativa è volta ad avvicinare l’offerta al mercato locale: in un solo caso si è in presenza di una
operazione di delocalizzazione e successiva re-importazione. In altri due casi la produzione prende la via del
mercato estero;
•
l’ingresso avviene in larga prevalenza attraverso investimenti di tipo green field e cioè la costituzione di una
impresa sul mercato estero e in modo molto più limitato attraverso joint venture con partner locali. Questo
riscontro è una chiara manifestazione della volontà di controllo dell’iniziativa da parte dell’operatore italiano;
•
la valenza economica in termini di fatturato appare relativamente contenuta a fronte di una dimensione più
significativa sul piano occupazionale, da porsi presumibilmente in relazione al basso costo del fattore lavoro;
•
la presenza di espatriate, e cioè di personale italiano dedicato a presidiare in misura stabile e permanente, è
molto limitata e spesso risulta assente.
Si è quindi in presenza di un gruppo di imprese (ci si riferisce alla sola componente italiana del comparto dei
colorifici ceramici) che per articolazione della loro presenza (Tab. 3.6, Fig. 3.2), per “anzianità” delle rispettive
esperienze produttive si conferma come la componente più internazionalizzata del sistema ceramico italiano. La
componente che per prima e più di tutte ha seguito l’industria ceramica nei suoi movimenti migratori e localizzativi
su scala internazionale.
Tabella 3.6– Colorifici Ceramici: Paesi di destinazione degli insediamenti produttivi
Numero di imprese controllate da aziende italiane per paese
Paese estero
Valore assoluto
Valore percentuale
Spagna
3
21,43
Brasile
2
14,29
Cina
2
14,29
Indonesia
2
14,29
Messico
1
7,14
Bulgaria
1
7,14
Taiwan
1
7,14
Tunisia
1
7,14
Turchia
1
7,14
Totale
14
100,00
Fonte: Rilevazione diretta
173
Figura 3.2 – Colorifici Ceramici: Distribuzione percentuale del numero di insediamenti produttivi per paese
di destinazione
7%
7%
7%
15%
7%
14%
22%
14%
7%
Bulgaria
Cina
Brasile
Indonesia
Tunisia
Spagna
Turchia
Messico
Taiwan
Fonte: Rilevazione diretta
Ritornando sulle forme organizzative a cui le imprese si sono affidate per attivare la loro presenza produttiva
all’estero, si è visto come le scelte compiute siano state largamente favorevoli alla costituzione ex novo di imprese
(Fig. 3.3). L’acquisizione di impresa non rientra tra le opzioni utilizzate dalle imprese e questo sembra da collegarsi
alla condizione di sviluppo economico e tecnologico di molti paesi destinatari delle iniziative di investimento. Si tratta
per la maggior parte di paesi in via di sviluppo o di recente industrializzazione e quindi privi di unità produttive
attrattive per le imprese italiane.
Figura 3.3 – Colorifici Ceramici: Forma di entrata nei paesi esteri
0%
0%
27%
73%
Acquisizione impresa
Costituzione nuova impresa
Joint venture con partner locale
Altro
Fonte: Rilevazione diretta
174
3.3 Motivazioni dell’insediamento produttivo all’estero
Le scelte di insediamenti produttivi all’estero trovano alcune motivazioni molto chiare (Tab. 3.7). E tra
queste:
•
•
•
la ricerca di migliori condizioni di uso e di costo dei fattori (materie prime, lavoro, energia);
la ricerca di nuovi spazi di mercato “al seguito” dei movimenti internazionali dell’industria ceramica;
la possibilità/necessità di assicurare un più adeguato livello di servizio alla clientela in presenza di un
significativo abbattimento di costi di trasporto e di logistica.
Tabella 3.7 – Colorifici Ceramici: Motivazioni sottostanti all’avvio di iniziative produttive all’estero
Offerta di
Migliore
Superamento
prodotti a
Vendita
gestione
barriere
condizioni
Riduzione costi prodotto
servizio
istituzionalicompetitive
di produzione sul mercato
assistenza
governative
per il mercato
locale
pre/postall’entrata
di
vendita
destinazione
Numero di
risposte delle
imprese
3
3
1
2
1
Altro
1
Fonte: Rilevazione diretta
3.4 L’avvio di nuove iniziative produttive all’estero
L’indagine sul campo ha rilevato che diverse imprese intendono proseguire, o intraprendere l’espansione
all’estero con nuove iniziative produttive. A questo proposito si è constatato che 9 imprese hanno dichiarato di voler
replicare ulteriori iniziative (commerciali o produttive) al fine di approfondire e meglio radicare la loro presenza sui
mercati internazionali, mentre 7 imprese hanno manifestato la loro volontà di imboccare (per la prima volta) la strada
della internazionalizzazione produttiva seguendo l’esempio di altri colorifici (Tab. 3.8).
Rispetto alla direzioni geografiche lungo le quali dovrebbero concretizzarsi i propositi di internazionalizzazione
produttiva dei colorifici emerge un ampio ventaglio di paesi destinatari o sotto osservazione (Fig. 3.4). Alcuni sono
paesi o aree geografiche già presidiati con le quali i colorifici hanno maturato un certo grado di familiarità (Brasile,
Turchia), altri ancora sono territori nuovi (Russia, India, Iran, Est Europa) nei quali il potenziale di sviluppo
dell’industria si presenta elevato offrendo interessanti, anche se non facili, opportunità di business per i colorifici
ceramici.
Tabella 3.8 – Colorifici Ceramici: intenzione di sviluppare nuove iniziative estere, valori assoluti e percentuali
Intenzione di sviluppare iniziative di produzione all’estero
Numero risposte
Replicare ulteriori esperienze ed
Intraprendere (per la prima volta)
delle imprese
incrementare la presenza all’estero
iniziative produttive all’estero
Valore assoluto
Valore %
Valore assoluto
Valore%
Affermative
9
48,00
7
37,00
Negative
7
37,00
10
53,00
Nd
3
15,00
2
10,00
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
19
100,00
19
100,00
175
Figura 3.4 – Colorifici Ceramici: Numero di iniziative estere per paese di destinazione
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
Iran
Turchia
Centro
America
Brasile
India
Cina
Extra Ue
Polonia
Russia
0
Est Europa
0,5
numero di iniziative per paese
Fonte: Rilevazione diretta
Alla luce delle caratteristiche dei nuovi territori che le imprese stanno esplorando, per estendere il loro raggio
di azione, si rileva anche un diverso orientamento rispetto alle forme organizzative a cui affidarsi per dare corpo a
questi progetti/propositi di insiderizzazione produttiva. Si tratta in genere di paesi verso i quali è elevato il grado di
distanza fisica ed ancor più culturale. Ciò rende necessario ed opportuno - al fine di contenere i rischi delle iniziative,
ridurre gli impedimenti all’entrata e garantire un migliore sistema di rapporto con gli attori economici e socio-politici
- avvalersi della collaborazione di un partner locale nella fase di ingresso nel paese di destinazione. La costituzione
di joint venture sembra, così, essere la forma che meglio può accompagnare l’approdo a questi nuovi mercati. (Tab.
3.9, Fig. 3.5)
Tabella 3.9 – Colorifici Ceramici: Forme organizzative previste per i futuri IDE
Numero imprese
Modalità organizzativa di entrata
Valore assoluto
Valore %
Acquisizione d’impresa
0
0,00
Costituzione di nuova impresa
4
30,80
Joint venture con partner locale
8
61,50
Altro
1
7,70
13
100,00
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
176
Figura 3.5 – Colorifici Ceramici: Forme organizzative previste per i futuri IDE
8%
0%
31%
61%
Acquisizione di impresa;
Costituzione di nuova impresa;
Joint Venture con partner locale;
Altro
Le evidenze emerse ci pongono di fronte ad un comparto che ha precorso i tempi nel cercare altri siti su cui
erigere presidi di tipo produttivo intercettando con anticipo, rispetto ad altri attori del sistema ceramico italiano, le
direttrici di sviluppo dell’industria ceramica su scala internazionale. Una miscela di vincoli allo sviluppo all’interno del
distretto ceramico e l’affiorare di opportunità in territori anche distanti sullo scacchiere internazionale, hanno fatto da
propellente per il decollo di iniziative produttive internazionali. Il consolidamento di queste condizioni di
vincolo/opportunità fanno presagire che si tratta di un processo tutt’altro che compiuto.
177
CAPITOLO QUARTO
LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DEI COLORIFICI CERAMICI
Premessa
Al fine di dare completezza al quadro conoscitivo del comparto dei colorifici ceramici del distretto, si
accompagna alle risultanze emerse dall’indagine sul campo l’analisi delle performance sul piano patrimoniale,
finanziario ed economico conseguite dai colorifici ceramici nel periodo 2000-2004. L’analisi è stata condotta sui
bilanci aziendali delle 19 imprese che compongono il campione.
Al fine di un corretto apprezzamento delle indicazioni che emergono dall’analisi occorre una certa prudenza
interpretativa nel fare discendere giudizi e valutazioni compiute e definitive. Ciò a motivo del grado di eterogeneità
dell’aggregato di imprese sul piano dimensionale, combinazione tecnico-economica e grado di autonomia
economica. Il numero di imprese del campione, data la sua limitatezza, non consente una sua scomposizione in
aggregati, e pertanto si effettuerà una lettura unica sul campione totale. Al 2004 questo campione di imprese ha
realizzato un fatturato di circa 500 milioni di euro con una occupazione di oltre 1.500 Addetti. L’analisi muoverà
dalla rappresentazione del profilo patrimoniale e finanziario, per passare alla dinamica della gestione economica e si
chiuderà con alcune valutazioni sul grado di efficienza e di economicità espressi dai processi gestionali tipici.
4.1 Il profilo patrimoniale e finanziario delle imprese
Con le avvertenze anticipate in precedenza si mettono in luce, in primo luogo, le caratteristiche della struttura
del capitale investito e delle forme di copertura finanziaria. Alla configurazione del capitale investito contribuisce in
misura significativa la componente di capitale circolante che tende a stabilizzarsi – con qualche oscillazione interna
al periodo – intorno al 65% con una netta prevalenza della componente della liquidità differita e cioè del credito
commerciale alla clientela (Tab. 4.1). La componente di capitale fisso, più che segnalare variazioni in termini
assoluti, lascia intravedere una diversa dinamica degli asset che la definiscono: gli immobilizzi finanziari si
accrescono con un ritmo più accelerato rispetto agli immobilizzi tecnici. Ciò sembra porsi in relazione al profilarsi
delle dinamiche di mercato ed alle risposte messe in atto dai colorifici. L’evoluzione poco favorevole dei mercati di
sbocco (della ceramica in primis) ha accresciuto la tensione concorrenziale tra i colorifici sollecitandoli a perseguire
obiettivi di crescita/consolidamento della posizione sul mercato per via esterna e cioè con acquisizioni di impresa.
Passando ad analizzare le modalità di finanziamento, si coglie la tendenziale riduzione del grado di
capitalizzazione ed una conseguente maggiore pressione sulle fonti esterne di finanziamento a breve termine. La
propensione verso fonti finanziarie a breve è da porsi in stretta connessione con la preponderanza del capitale
circolante.
Il grado di coerenza e di equilibrio della struttura finanziaria segnalano alcune modificazioni intervenute nel
periodo14 (Tab. 4.2). Nel caso delle imprese del comparto si nota che:
•
il margine di tesoreria (differenza tra attività a breve termine al netto del magazzino e passività a breve
termine) segnala un peggioramento significativo a partire dal 2002 per poi rientrare su valori più contenuti
ma sempre negativi. Ciò sembra indicare una condizione di incapacità delle imprese del comparto di
rientrare dalla loro posizione debitoria a breve termine senza contare sulla monetizzazione della
componente meno liquida del capitale circolante (disponibilità);
Come noto alla creazione di condizioni di equilibrio finanziario-patrimoniale concorrono congiuntamente diverse componenti.
In particolare si richiede che il margine di tesoreria sia positivo (o comunque non negativo), il margine di struttura sia positivo e il
capitale circolante netto sia almeno pari alle passività correnti
14
178
Tabella 4.1 – Colorifici Ceramici: Stato patrimoniale aggregato di un campione di 19 imprese dati in migliaia di euro e percentuali
Voci di Bilancio
2000
2001
2002
Valore
Liquidità immediate
%
Valore
%
Valore
%
2003
Valore
2004
%
Valore
%
10.246
2,56%
9.734
2,27%
12.849
2,63%
16.162
3,10%
21.379
4,28%
197.333
49,32%
192.477
44,80%
199.019
40,67%
220.673
42,27%
227.001
45,47%
62.702
15,67%
81.237
18,91%
76.805
15,70%
78.595
15,06%
85.166
17,06%
270.281
67,55
289.448
65,98
288.673
59,00
325.430
60,43
333.546
66,81
97.981
24,49%
101.922
23,72%
118.561
24,23%
120.592
23,10%
120.579
24,16%
Immobilizzazioni immateriali
5.268
1,32%
5.472
1,27%
14.289
2,92%
12.398
2,38%
4.336
0,87%
Immobilizzazioni finanziarie
26.583
6,64%
38.823
9,04%
67.827
13,86%
73.586
14,10%
40.722
8,16%
Totale attivo
400.112
100,00%
429.665
100,00%
489.350
100,00%
522.006
100,00%
499.183
100,00%
Passività a breve termine
186.092
46,51%
199.320
46,39%
261.423
53,42%
269.058
51,54%
252.279
50,54%
Passività a lungo termine
39.579
9,89%
57.089
13,29%
54.596
11,16%
71.948
13,78%
56.427
11,30%
Capitale netto
174.441
43,60%
173.256
40,32%
173.331
35,42%
181.000
34,67%
190.477
38,16%
Totale passivo
Fonte: Elaborazione diretta su dati Aida
400.112
100,00%
429.665
100,00%
489.350
100,00%
522.006
100,00%
499.183
100,00%
Liquidità differite
Disponibilità
Capitale circolante
Immobilizzazioni materiali
Tabella 4.2 – Colorifici Ceramici: Indici di liquidità e di solidità patrimoniale
Margini ed indici
2000
2001
2002
2003
2004
Margine di tesoreria (000€)
21.487
2.891
- 49.555
- 32.223
- 3.899
Margine di struttura (000€)
44.611
27.039
- 7.346
- 25.576
24.840
Capitale circolante netto (000€)
84.189
84.129
27.250
46.372
81.267
Indice di liquidità
1,115
1,015
0,810
0,880
0,985
Indice di disponibilità
1,452
1,422
1,104
1,172
1,322
Quoziente di copertura delle immobilizzazioni
Fonte: Elaborazione su dati Aida
1,344
1,185
0,864
0,876
1,150
179
•
il margine di struttura (differenza tra il capitale netto e il totale delle immobilizzazioni) segnala una
condizione di solidità patrimoniale delle imprese del comparto in termini di capacità di copertura degli
investimenti fissi con risorse e capitali propri. Ciò si rileva dopo una parentesi, nella parte centrale del
periodo, dove in presenza di un forte aumento degli investimenti fissi, sono intervenute a loro copertura
anche mezzi finanziari di terzi;
•
il capitale circolante netto (differenza fra le attività e le passività a breve termine) risulta positivo per tutto il
periodo considerato a significare che le imprese del comparto nel loro insieme sembrano poter far fronte
alle proprie obbligazioni a breve senza intaccare la loro dotazione di asset stabilmente destinati allo
svolgimento delle attività produttive e dei processi tipici.
A completare il quadro delle condizioni di equilibrio finanziario-patrimoniale delle imprese del comparto,
soccorrono ulteriori informazioni desumibili da alcuni altri indicatori e tra questi:
•
l’indice di liquidità (rapporto tra la somma delle disponibilità liquide immediate e differite e l’ammontare
delle passività correnti) che completa le informazioni fornite dal margine di tesoreria1. L’indicatore segnala
una condizione di equilibrio finanziario soddisfacente nella prima parte del periodo per incrinarsi nella
seconda parte dello stesso scendendo al di sotto dell’unità;
•
l’indice di disponibilità (rapporto tra le attività e le passività a breve termine) che integra l’esame del
capitale circolante netto2, segna valori superiori all’unità per tutto il periodo considerato. Ne esce una
indicazione di sostanziale capacità delle imprese di far fronte ai debiti in scadenza tramite le attività a
breve termine, mostrando una appropriata relazione tra la scadenza degli impieghi e delle fonti;
•
il quoziente di copertura delle immobilizzazioni (rapporto tra il capitale proprio e le attività immobilizzate)
che integra il margine di struttura3. Nel caso specifico il concorso del capitale proprio alla copertura
finanziaria di fabbisogni per investimenti a lungo ciclo di realizzo si presenta modesta e negativa in alcuni
anni del periodo nei quali si è dovuto fare ricorso a forme di indebitamento.
4.2 Dinamica del fatturato, struttura dei costi e condizioni di redditività
La dinamica della gestione economica e l’andamento della redditività nelle sue diverse componenti offrono
diversi spunti di riflessione (Tab. 4.3).
La struttura del conto economico mette bene in luce gli stretti spazi di manovra entro i quali le imprese devono
ricercare le condizioni di equilibrio gestionale e reddituale.
Ad irrigidire la struttura del conto economico concorre la forte incidenza dei costi delle materie prime (mai
inferiore al 62%) che comprime nettamente la loro capacità di estrarre valore aggiunto che, dopo avere partecipato
alla remunerazione dei fattori impegnati nei processi produttivi, procura un livello di reddito operativo modesto e
cedente. Sulla già modesta disponibilità di reddito operativo, la pressione degli oneri finanziari porta la redditività
netta a livelli molto esigui, fino a diventare negativa nel 2004. Trova conferma la relativa “povertà” di questa
specializzazione produttiva che non può fare a meno di accedere a favorevoli condizioni di costo dei fattori.
1 Ad evidenza, quando il rapporto di liquidità è maggiore di uno il margine di tesoreria è positivo, quando al contrario è inferiore
all’unità il margine di tesorerie è negativo.
2 Il suo valore dipende dall’andamento del capitale circolante netto (CCN) e sarà maggiore di 1 se il CCN è positivo e minore di
1 se il CCN è negativo.
3 Il quoziente è maggiore di 1 quando il margine di struttura è positivo, percui gli immobilizzi sono completamente coperti dal
capitale proprio.
180
Tabella 4.3 - Conto Economico aggregato di un campione di imprese del comparto dei colorifici ceramici – valori in migliaia di euro e percentuali
2000
Ricavi delle vendite
Totale val. produzione
Materie prime e di cons.
Servizi
Godimento beni di terzi
Valore aggiunto
Costo del personale
Margine operativo lordo
Ammortamenti
Accantonamenti e sval.
Risultato operativo
Oneri/proventi finanziari
Oneri/proventi straordinari
Reddito pre-imposte
Imposte dell'esercizio
Reddito netto
Fonte: Elaborazione su dati Aida
Valore
409.875,84
415.683,89
257.545,60
57.624,26
5.242,81
95.271,23
58.658,58
36.612,65
18.853,85
4.673,47
13.386,98
1.182,08
155,77
14.724,83
6.550,21
8.174,61
2001
%
100,00%
101,42%
62,84%
14,06%
1,28%
23,24%
14,31%
8,93%
4,60%
1,14%
3,27%
0,29%
0,04%
3,59%
1,60%
1,99%
Valore
424.255,92
432.906,36
262.894,83
64.457,81
5.419,46
100.134,27
61.074,74
39.059,53
19.204,57
4.851,04
15.165,84
- 2.367,35
- 236,95
12.561,54
8.240,26
4.321,28
2002
%
100,00%
102,04%
61,97%
15,19%
1,28%
23,60%
14,40%
9,21%
4,53%
1,14%
3,57%
-0,56%
-0,06%
2,96%
1,94%
1,02%
181
Valore
485.086,66
502.760,10
315.142,46
71.987,54
6.416,26
109.213,84
66.426,30
42.787,55
20.294,66
6.446,77
16.546,15
- 788,63
- 1.611,08
14.146,44
6.562,31
7.584,12
2003
%
100,00%
103,64%
64,97%
14,84%
1,32%
22,51%
13,69%
8,82%
4,18%
1,33%
3,41%
-0,16%
-0,33%
2,92%
1,35%
1,56%
Valore
480.196,59
492.451,58
304.857,28
67.126,00
6.187,47
114.280,84
67.974,18
46.306,66
21.340,01
753,29
24.307,32
- 1.165,69
- 4.437,07
18.704,56
10.877,72
7.826,85
2004
%
100,00%
102,55%
63,49%
13,98%
1,29%
23,80%
14,16%
9,64%
4,44%
0,16%
5,06%
-0,24%
-0,92%
3,90%
2,27%
1,63%
Valore
493.718,26
510.265,05
316.434,48
69.163,36
6.933,86
117.733,36
73.906,22
43.827,14
18.852,54
10.711,05
13.832,41
- 5.691,65
- 1.634,45
6.506,30
8.765,32
- 2.259,02
%
100,00%
103,35%
64,09%
14,01%
1,40%
23,85%
14,97%
8,88%
3,82%
2,17%
2,80%
-1,15%
-0,33%
1,32%
1,78%
-0,46%
Anche una lettura dinamica delle performance economiche delle imprese riconferma le risultanze precedenti
(Tab. 4.4, Fig. 4.1). In particolare si osserva che nonostante gli sforzi compiuti dalle imprese di immettere nella loro
offerta dosi crescenti di servizio, proposte personalizzate, tutto ciò non si riflette in maggiore creazione di valore: il
valore aggiunto si muove alla stessa velocità del fatturato aziendale.
Tabella 4.4 – Colorifici Ceramici: Variazioni percentuali delle principali voci di conto economico
Variazione percentuale
2000/2001
2001/2002
2002/2003
2003/2004
Var. % Fatturato
3,39
12,54
-1,02%
2,74
Var. % Valore produzione.
3,98
13,89
-2,09%
3,49
Var. % Valore aggiunto
4,86
8,30
4,43%
2,93
Var. % Risultato operativo
11,73
8,34
31,93%
-43,09
Var. % Reddito netto
-47,14
43,02
3,10%
-128,86
Fonte: Elaborazione su dati Aida
Fig. 4.1 – Trend di sviluppo del Fatturato, Valore Aggiunto, Risultato operativo e Reddito netto nel periodo
2000-2004- valori in migliaia di euro
600.000
500.000
Migliaia di euro
400.000
300.000
200.000
100.000
2000
2001
2002
2003
2004
-100.000
Anno
Fatturato
Valore aggiunto
Riultato operativo
Reddito netto
Fonte: Elaborazioni su dati Aida
La modesta capacità delle imprese di estrarre valore dall’attività svolta emerge anche osservando le
condizioni di efficienza dei processi e della produttività dei fattori (Tab. 4.5). Gli indicatori di produttività (del capitale
investito e del lavoro) presentano infatti valori modesti e tendenzialmente cedenti con la sola eccezione dell’ultimo
anno che segnalano un recupero: recupero che deriva dal minore impiego di fattori più che dall’aumento del
fatturato. L’attività che si svolge in questo comparto è quindi una attività ad elevata intensità di capitale ed al
contempo di bassa produttività del capitale stesso.
Se il metro di misura diventa il valore aggiunto, la situazione non si modifica in modo sostanziale: si rileva solo
una migliore prestazione del fattore lavoro, limitatamente al 2004, per effetto della riduzione del numero di addetti in
forza alle imprese del comparto.
Si è quindi in presenza di una attività produttiva ad elevata intensità di capitale e di lavoro e che
all’immissione di dosi crescenti di fattori prodttivi non si accompagna una pari capacità di realizzare valore (in termini
di fatturato e di valore aggiunto). Nel periodo 2000-2004, infatti, a fronte di un aumento del rapporto capitale
investito/addetti pari al 26% e di un aumento del rapporto costo del lavoro/addetti pari al 30% circa, si registra una
crescita del rapporto valore aggiunto/addetti del 7%.
182
Tabella 4.5 – Colorifici Ceramici: Principali rapporti di produttività dei fattori. Valori in euro e percentuale
Indici
2000
2001
2002
2003
2004
Ricavi di vendita / Capitale investito netto (%)
1,02
0,98
0,99
0,92
0,99
Ricavi di vendita / Addetti (€)
263.913 226.510 265.654
260.268
321.221
Valore aggiunto / Capitale investito netto (%)
23,75
23,30
23,30
21,83
23,44
Valore aggiunte / Ricavi di vendita (%)
23,24
23,60
22,51
23,80
23,85
Valore aggiunto / Addetti (€)
61.352
53.464
59.812
61.947
76.338
Costo del lavoro / Addetti (€)
37.771
32.613
36.382
36.846
48.084
Costo del lavoro / valore aggiunto (%)
61,56
60,99
60,82
59,48
62,77
Capitale investito / Addetti (€)
256.643 239.394 267.990
282.930
324.277
Numero addetti dell’aggregato di imprese
1.553
1.873
1.826
1.845
1.537
Fonte: Elaborazione dati Aida
Più indipendente la dinamica del costo del lavoro pro-capite che mette in luce – dopo un periodo segnato da
lievi oscillazioni – una decisa impennata nel 2004 pur in presenza di un netto calo del numero degli addetti. Ciò
sembra porsi in relazione agli effetti prodotti dal rinnovo del contratto di lavoro e dal progressivo aumento del grado
di terziarizzazione delle imprese del comparto.
Questa dinamica del costo del lavoro, unitamente alla limitata quantità di ricchezza estratta dai processi
produttivi tipici, conducono ad un consistente assorbimento del valore aggiunto da parte del fattore lavoro che nel
2004 ha raggiunto il 63%, residuando la restante parte per la ricostituzione e la remunerazione del capitale
investito.
Le combinazioni tecnico-produttive (grado di integrazione dei processi di lavorazione e di intensità di capitale),
le condizioni più onerose di acquisizione dei fattori e la dinamica del rendimento degli stessi, si riverberano sui livelli
di economicità e redditività della gestione aziendale delle imprese del comparto (Tab. 4.6).
Tabella 4.6 – Colorifici Ceramici: Indici di redditività (Valori %)
Indici
2000
Reddito operativo / Capitale investito (Roi)
3,29
Reddito netto / Capitale netto (Roe)
4,92
Reddito operativo / Ricavi di vendita (Ros)
3,27
Fonte: Elaborazione personale su dati Aida
2001
3,49
2,60
3,57
2002
3,28
4,49
3,41
2003
4,55
4,49
5,06
2004
2,72
-1,23
2,80
A conclusione di questa lettura delle performance economico finanziare, giova ribadire che si tratta di una
lettura d’insieme, condotta sull’aggregato delle imprese: aggregato molto composito (per integrazione ciclo
produttivo, specializzazione produttiva, grado di autonomia,…) che richiederebbe, pertanto, letture distinte ed
incorporanti le differenze al fine di un più corretto apprezzamento delle rispettive performance sul piano economico.
4.3 Specificità aziendali e performance: l’analisi per cluster o gruppi di imprese
Dopo avere delineato le performance economico finanziarie a livello di aggregato di imprese che definiscono il
comparto dei colorifici ceramici, si cerca ora di indirizzare l’analisi in modo più mirato. L’intento è quello di ricondurre
determinati livelli di performance a gruppi di imprese accomunate da tratti di omogeneità sotto il profilo strutturale e
competitivo.
La metodologia seguita nel compiere questo avanzamento è quello della cluster analysis. Si tratta di una
tecnica di analisi che permette l’individuazione di gruppi tra le imprese del campione in base ad alcune caratteristiche
rilevanti che queste posseggono. Consente quindi di giungere all’identificazione di una serie di cluster, omogenei al
loro interno ed eterogenei tra loro in base ai criteri di analisi adottati.
In questa sede ci si limita ad una breve descrizione delle fasi del processo di analisi per passare
rapidamente a presentare i risultati e le indicazioni estratte.
183
Partendo dal campione di imprese analizzato1, si è giunti alla creazione di cluster omogenei in base al valore
assunto da alcuni indici di redditività:
• la redditività del capitale investito o ROI (margine operativo / capitale investito);
• la redditività del capitale netto o ROE (reddito netto / capitale netto);
• la redditività delle vendite o ROS (margine oparativo / ricavi di vendita.
L’analisi ha identificato 3 cluster eterogenei (Tab. 4.7, Fig. 4.2) fra di loro ed omogenei al loro interno
utilizzando come variabile principale il valore del ROE al 2004. La variabile ROI coglie alcuni tratti distintivi tra i
gruppi ma in modo meno netto; allo stesso modo la variabile ROS risulta inadatta all’analisi delle caratteristiche dei
tre cluster poiché non coglie differenze significative tra le imprese.
Tabella 4.7 – Colorifici Ceramici: Imprese e gruppi
Numero imprese
Valore assoluto
Valore %
Cluster di imprese
Cluster 1
7
38,90
Cluster 2
8
44,40
Cluster 3
3
16,70
18
100,00
Totale
Fonte: Elaborazione diretta su dati Aida
Figura 4.2 – Colorifici Ceramici: Rappresentazione grafica dei 3 cluster individuati
20,00
ROI 2004
15,00
10,00
5,00
0,00
-5,00
-20,0
-10,0
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
ROE 2004
Cluster
1
2
3
Andando alla ricerca dei tratti che accomunano le imprese all’interno dei singoli cluster è possibile rilevare che:
•
il cluster 1 composto da 7 imprese vede al suo interno attori:
o di medio-piccola dimensione sia in termini di addetti (45-72 unità) sia per fatturato (10-15 milioni
di euro);
o a capitale di controllo spagnolo (4 su 6 imprese spagnole presenti nell’area ceramica);
1 Dall’analisi sono state escluse due imprese perché non compatibili con l’analisi di clusterizzazione: Ferro (Italia) S.r.l. e Cover
Colorificio Ceramico S.r.l.
184
o
o
o
o
con un portafoglio prodotti con un forte peso della fritta, rivolto prevalentemente al distretto
ceramico di Sassuolo;
basso grado di esportazione, quando non assente (da ricollegarsi al peso delle imprese a
controllo spagnolo che hanno come missione quella di servire il mercato di Sassuolo);
non producono all’estero (sono esse stesse in larga parte imprese delocalizzate);
con un forte grado di dipendenza dalla clientela: in diversi casi ai primi tre clienti è destinato il
40-50% del loro fatturato.
•
il cluster 2 composto da 8 imprese e cioè soggetti aziendali:
o di medio-grande dimensione sia in termini di addetti (120-143 unità) e sia per fatturato (30-40
milioni di euro);
o a capitale di controllo eterogeneo (nazionale, spagnolo, britannico);
o con un portafoglio che lascia più spazio a prodotti diversi dalla fritta (smalti, colori) destinato
all’area ceramica di Sassuolo;
o dotati di discreta capacità di inserimento commerciale sui mercati esteri;
o attive con impianti produttivi all’estero
o con un grado medio di dipendenza dalla clientela: ai primi tre clienti è destinato una quota mai
superiore al 30% del loro fatturato.
•
il cluster 3 composto da 3 imprese rappresentate da soggetti aziendali:
o di piccole dimensione sia in termini addetti (6-8unità) e sia per fatturato (10-20 milioni di euro);
o a capitale di controllo in prevalenza spagnolo;
o con un portafoglio composto da produzioni a maggiore valore (smalti, colori) a cui si associa la
commercializzazione di alcuni prodotti pregiati (silicato di zirconio,…); destinato in buona misura
all’area ceramica di Sassuolo;
o capaci di dirigere interessanti flussi di vendite all’estero, specie ai mercati più evoluti (circa il
50%);
o non attive con impianti produttivi all’estero;
o con un grado medio-alto di dipendenza dalla clientela: ai primi tre clienti è destinato una quota
che giunge anche al 50% del loro fatturato.
Partendo da questi tratti che unificano le imprese all’intero di un cluster e le differenziano rispetto a quelle
contenute negli altri, si cerca di verificare se a queste diversità si associano livelli diversi di performance sul piano
economico.
L’esigua numerosità delle imprese ed il persistere di molti tratti comuni a tutte le imprese in termini di
localizzazione, mercati di sbocco, omogeneità del focus strategico su fattori competitivi critici (riduzione dei costi,
miglioramento del servizio ed innovazione prodotto), induce una certa prudenza nell’estrarre indicazioni nette dal
quadro sopra delineato (Tab. 4.8).
Tabella 4.8 - Colorifici ceramici: performance economiche per cluster di imprese. Valori medi in euro e
percentuali nel periodo 2000-2004
Cluster 2
Cluster 3
Indicatori di performance
Cluster 1 “Spento”
“Opaco”
“Brillante”
Acquisti materie prime /Ricavi di vendita (%)
Costo del lavoro/ Ricavi di vendita (%)
Valore aggiunto / Ricavi di vendita (%)
Margine operativo /Ricavi di vendita (%)
Ricavi di vendita / Addetti (€)
Valore aggiunto / Addetti(€)
Costo lavoro / Valore aggiunto (%)
Rotazione del capitale investito
Oneri finanziari / Ricavi di vendita (%)
Fonte: Nostre elaborazioni da Banca dati Aida
63,8
15,5
23,0
3,35
294.501
53.510
62.50
1,17
3,25
185
59,8
13,8
24,2
5,30
408.023
73.230
50,75
1,05
1,30
73,2
7,4
14,8
4,69
415.212
56.080
50,50
1,60
1,31
Pur con questa cautela sembra di poter ricondurre le modeste performance del:
•
primo cluster alla sua specifica configurazione produttiva (elevato peso della
produzione/commercializzazione di fritta), alla sua combinazione tecnico-produttiva (elevata intensità di
capitale) che limitano la capacità di estrarre dai processi tipici livelli elevati di ricchezza (valore aggiunto
e reddito operativo) che viene in larga parte destinata a remunerare il fattore lavoro. La modesta
redditività dell’attività caratteristica subisce un ulteriore “drenaggio” da parte degli oneri finanziari stante il
ricorso a fonti di finanziamento esterne. Tutto questo porta a performance economiche di colore “spento”
per le imprese di questo cluster;
•
secondo cluster ad una migliore capacità di valorizzazione della produzione grazie ad un portafoglio di
prodotti più “ricchi” che consentono di spesare il costo dei fattori ed estrarre dal loro impiego rendimenti
più congrui. Sui migliori livelli di redditività grava inoltre una minore pressione esercitata dalla gestione
finanziaria. Si può simbolicamente dire che nel caso di questo cluster di imprese le performance sono di
colore “opaco”;
•
terzo cluster il più esiguo in termini di numero di imprese che lo compongono ed anche quello che ha un
posizionamento competitivo più focalizzato. La chiave di lettura delle performance va ricercata nella sua
offerta al mercato: una offerta fortemente influenzata dalla commercializzazione di prodotti molto pregiati
sui quali il processo produttivo interviene limitatamente. Ciò consente una combinazione tecnicoproduttiva più leggera, specie in termini di impiego di capitale (maggiore rotazione del capitale stesso) ed
ancor più di lavoro. La modesta pressione della gestione finanziaria (in termini di oneri finanziari) lascia
affluire, di conseguenza, una maggiore quantità di reddito per la remunerazione del capitale. Sembra
esser questo il cluster con performance dal colore più “brillante”.
Al fine di un corretto apprezzamento dei risultati forniti da questo approccio analitico è doveroso ribadire –
dopo avere già in precedenza invitato ad una certa cautela di giudizio – che molti sono i fattori che intervengono
nella formazione dei valori e delle grandezze economiche. La loro influenza in diversi casi appare determinante: basti
pensare al peso che hanno gli indirizzi della casa madre sulla propria controllata, agli effetti prodotti da politiche di
transfer price, alle missioni affidate alle singole unità produttive appartenenti a gruppi ed altri ancora.
Si è, quindi, in presenza di una realtà industriale, contenuta sotto il profilo dimensionale, ma ad elevata varietà
e complessità interna. Tale complessità non può essere raccolta e rappresentata correttamente da schemi e
metodologie di analisi anche rigorosi sotto il profilo della loro capacità interpretativa. Tutto questo fa sì che le
indicazioni scaturite sono “vere” ma per elevarne il loro grado di prossimità alla “realtà” occorrerebbe integrarle con
ulteriori elementi conoscitivi e variabili esplicative non facili da reperire.
186
CONCLUSIONI
L’ampio materiale messo a disposizione dall’indagine sul campo consente di rappresentare il volto di un
comparto produttivo la cui rilevanza va ben oltre il suo peso specifico sul piano strutturale. Sarebbe molto difficile,
infatti, immaginare il successo dell’industria italiana delle piastrelle di ceramica senza l’apporto fornito dai colorifici
sul piano dell’innovazione di prodotto e dell’arricchimento estetico e grafico che ha vestito la piastrella di ceramica
nel corso degli ultimi decenni.
Un comparto piccolo, fortemente concentrato sul piano localizzativo, articolato al suo interno per tipologia di
imprese (dimensione, vocazione produttiva, capitale di controllo,…..) che grazie a queste diversità ha messo a
disposizione delle imprese ceramiche una fonte alla quale attingere idee, proposte e sperimentazioni senza fine. Una
fonte che, dato il dinamismo concorrenziale che ha animato i colorifici, non ha mai interrotto il suo flusso innovativo
rivolto alle aziende ceramiche. Anzi, un flusso che a partire dalla fine degli anni ’80, si è sostituito a quello delle
aziende ceramiche progressivamente indebolitosi fino ad essersi quasi spento.
Un comparto, che nella fase iniziale ha trovato nell’industria ceramica le ragioni del suo essere per assumere
a sua volta, a distanza di pochi lustri, il ruolo di fattore di sviluppo dell’industria ceramica stessa.
Alla sua genesi ha contribuito in misura determinate l’attrazione “fatale” esercitata dallo straordinario sviluppo
dell’industria ceramica italiana nell’area di Sassuolo che:
•
ha fatto uscire allo scoperto energie imprenditoriali locali,
•
ha importato dalla Spagna iniziative di imprese animate da una duplice finalità: cogliere le allettanti
opportunità di business ed ancor più catturare idee ed innovazioni da trasferire sul mercato spagnolo,
•
ha suscitato l’interesse di alcune grandi multinazionali estere che hanno intravisto buone opportunità di
diversificazione del loro portafoglio business.
Il comparto dei colorifici ceramici ha visto crescere il grado di compattezza della sua base produttiva che
presenta oggi una forte polarizzazione: da un lato un numero esiguo di attori di medio-grande dimensione e dall’altro
una schiera di piccole imprese. Questo assetto è il portato dell’azione di diversi fattori di cambiamento che ha
modificato il contesto di riferimento e sollecitato le imprese a rivedere le loro condotte sul piano strategico ed
operativo. Le spinte sono venute in parte dall’industria ceramica (evolversi della combinazione tecnologie-prodottimercati), dall’ambiente socio-territoriale (compatibilità ambientale dei processi produttivi), e dalle dinamiche
competitive interne (forte tensione concorrenziale indotta dalla prossimità tra le imprese, omogeneità dell’offerta, …).
L’agire combinato di questi fattori ha innalzato progressivamente la soglia di impegno e fatto emergere un
fabbisogno crescente di risorse e competenze per consentire alle imprese di poter partecipare al gioco competitivo.
Aggregazioni tra imprese e processi acquisitivi hanno, così, rappresentato gli strumenti a cui hanno fatto ricorso le
imprese per perseguire il consolidamento dimensionale, condizione che ha permesso loro (o meglio ad alcuni) di
dare maggiore tono e vigore all’azione di mercato. Una azione di mercato che ha dovuto:
•
ampliare il suo orizzonte spaziale anche se la domanda espressa dall’area ceramica di Sassuolo resta
ancora dominante,
•
mettere in campo forme organizzative ad elevato impegno per soddisfare bacini di domanda molto distanti
sul piano geografico (investimenti diretti all’estero),
•
connotare l’offerta rivolta alla clientela di un sempre più elevato contenuto di differenziazione che, potendo
essere incorporata solo in piccola parte nel prodotto, ha fatto assumere alla capacità di servizio il ruolo di
variabile competitiva chiave,
•
ricercare un livello di dialogo e di interazione sempre più stretto e continuo con le aziende clienti
(ceramiche) per potere orientare l’attività di R&D, sperimentare materiali e soluzioni e co-progettare. Tutte
condizioni essenziali per poter fare avanzare l’innovazione di prodotto nell’industria ceramica.
Percorsi non facili e non disponibili per tutte le imprese e, da qui, la selezione che si è creata tra le imprese
vista la difficoltà di valorizzare in misura soddisfacente l’output finale. Una valorizzazione che deve fare i conti con
187
le combinazioni tecnico-produttive che connotano i processi produttivi delle imprese: forte incidenza degli input in
entrata, elevata intensità di capitale e presenza ancora significativa del fattore lavoro. Ne discende che la gestione
caratteristica residua quantità limitate di reddito e tendenzialmente cedenti da destinare alla accumulazione e
remunerazione del capitale. La bassa redditività, accompagnata a rigidi vincoli su scala territoriale alla espansione
della capacità produttiva, rappresentano solide barriere all’entrata. D’altro canto l’elevato grado di specializzazione
degli impianti e l‘assenza di spazi per la loro riconversione abbattono significativamente il loro valore di riconversione
costituendo di fatto una barriera all’uscita per le imprese del comparto. Un comparto, quindi contenuto sul piano
dimensionale, compreso all’interno del distretto ceramico, con una produzione a basso valore aggiunto che trova
sbocco (quasi unico) presso le aziende ceramiche subendone la forza negoziale.
Se il distretto nella fase iniziale ha fatto da “nido” per i colorifici, col passare del tempo lo stesso si è
trasformato in “gabbia”. E’ per sottrarsi a queste condizioni impedenti la crescita che alcune imprese del comparto
hanno esteso il loro raggio di azione oltre i confini del distretto. Averlo fatto – in alcuni casi con largo anticipo - e aver
sperimentato le forme organizzative più idonee a presidiare i mercati, con approcci commerciali ed anche con sedi
produttive, ha conferito alle imprese maggior grado di autonomia sul piano strategico ed operativo. Ma soprattutto,
ha consentito a queste imprese di seguire l’industria ceramica nei suoi movimenti migratori su scala internazionale
favorendone al contempo lo sviluppo. Uno sviluppo che dal “centro” si propaga verso la “periferia” dove il centro è il
sistema ceramico radicato intorno a Sassuolo con il suo patrimonio di conoscenze e competenze distintive e dove la
periferia è il mercato globale.
188
BIBLIOGRAFIA
Acimac, Ceramic World Review, S.A.L.A. s.r.l., Modena.
Anffecc, Associazione dei produttori spagnoli di fritte, smalti e coloranti.
Assopiastrelle, Indagine statistica nazionale industria italiana delle piastrelle di ceramica anno 2004, 2005.
Assopiastrelle, Cerfornitori, 2004.
Barbarito L., L’analisi di settore- Metodologia e applicazioni, Franco Angeli, 1999.
Bursi Tiziano, Il sistema meccano ceramico nel comprensorio della ceramica struttura e processi di crescita, Angeli,
Milano, 1984.
Bursi Tiziano, L’industria delle piastrelle di ceramica: dalla rapida crescita alla maturità settoriale, Angeli, Milano,
1988.
Ceramicolor – Associazione nazionale delle imprese produttrici di fritte, smalti, coloranti e relativi ausiliari per
ceramica e metalli, ossidi metallici e pigmenti inorganici.
Ceramicolor, Materiali per la smaltatura e la decorazione ceramica, 1998.
189
LE IMPRESE DI SERIGRAFIA E GLI STUDI
GRAFICI NEL DISTRETTO DELLA CERAMICA DI
SASSUOLO
(Tiziano di Bursi – Mauro Di Fiore)
190
INDICE
INTRODUZIONE
p. 192
1.
La serigrafia nella storia
p. 193
2.
I processi produttivi e l’applicazione nell’industria ceramica
p. 194
3.
La serigrafia: un’arte antica per nobilitare la piastrella di ceramica?
p. 196
4.
La serigrafia rotativa: la nuova frontiera
p. 198
5.
Il comparto delle imprese di serigrafia nel distretto ceramico di Sassuolo
p. 201
6.
Le performance economiche e finanziarie delle imprese
p. 205
p. 208
ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI
191
INTRODUZIONE
Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla
globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di
Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi.
Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità
competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali
obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore
delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di
piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo.
Il presente rapporto è dedicato al comparto degli studi grafici e delle imprese di serigrafia. Un comparto
di nicchia che nel corso del tempo ha saputo trovare una sua collocazione all’interno del sistema ceramico del
distretto di Sassuolo. La comparsa delle prime imprese avviene negli anni ’70, favorita dall’avvio di alcune iniziative
di spinn-off al pari di tutte le formazioni settoriali o aggregazioni produttive formatesi all’ombra dell’industria. La
crescita del comparto trova una stretta correlazione con la rilevanza del contenuto estetico del prodotto ceramico,
connotato al quale il comparto delle imprese serigrafiche ha fornito un contributo basilare.
Di questa realtà settoriale – la cui importanza va ben oltre la sua dimensione strutturale – la presente analisi
ripercorre a grandi balzi l’evoluzione della serigrafia come arte o tecnica di stampa e ne coglie le specificità della
sua applicazione al prodotto ceramico. A questo livello di analisi tenta una parziale rappresentazione dell’aggregato
di imprese che insiste nell’area ceramica, ne osserva gli orientamenti e le condotte con una attenzione particolare a
quelle orientate al mercato internazionale. Un quadro solo parzialmente soddisfacente se valutato sulla base
dell’ampiezza dell’evidenza statistica che si dimostra molto contenuta. L’occhio del ricercatore ha però cercato di
andare oltre la mera dimensione quantitativa e ciò con l’intento di cogliere alcune specificità in termini di dinamiche
settoriali e comportamenti degli attori aziendali.
Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Una indagine
sul campo che ha interessato un numero forzatamente contenuto di imprese ha fornito una parte interessante quanto
limitata del materiale conoscitivo. Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, integrazioni con altre
fonti di tipo secondario hanno permesso di completare il quadro dell’analisi.
Un ringraziamento alle imprese che hanno collaborato ed in riconoscimento particolare a Giordano Monti
(Assoprint), Paride Pini (Poligraph).
192
1. La serigrafia nella storia
“Serigrafia”. Seri dal latino "sericum= seta", e grafia dal greco "graphos=scrittura". Serigrafia significa, quindi
letteralmente, scrittura della seta. In origine, o molto indietro nel tempo, per questo sistema di stampa si utilizzava
una matrice di seta, sostituita in seguito con un tessuto di poliestere o nylon.
Il primo telaio serigrafico, si dice sia stato trovato in Giappone verso la fine del XVII secolo. Si trattava di una
cornice di cartone sulla quale si tendeva e si incollava un intreccio di capelli umani al quale si applicava un foglio di
carta di gelso intagliata ed oliata per renderla impermeabile all’inchiostro, che veniva pressato e stampato per mezzo
di una spazzola.
La serigrafia com’è svolta oggi (stampa con racla) è una tecnica relativamente recente e risale agli inizi del
Novecento. In realtà è un’evoluzione dell’antica tecnica dello stampino.2
Difficile stabilire a chi si debba l’invenzione di questo sistema di stampa, certo è che diversi secoli fa, in
Estremo Oriente era praticato per decorare stoffe, ceramiche o altri materiali attraverso una maschera o uno
stampino, sul quale veniva traforato un disegno che si stampava facendo pressione con un tampone o con una
spazzola, ottenendo così numerose copie dello stesso soggetto.
La tecnica dello stampino è senz’altro il più antico procedimento di stampa: gli storici lo fanno risalire a non
meno di 40.000 anni come sembrano testimoniare le pitture rupestri di Dordogna, sulle quali si sono rinvenute
impronte di mani “in negativo” colorate con ocra rossa. Quell’artista preistorico, appoggiando la mano sulla roccia e
soffiandoci sopra della polvere colorata, faceva diventare la sua mano uno stampino negativo.
In tutte le civiltà antiche vi è traccia della pratica di questa tecnica: dalla stampa dei Kimono giapponesi e
delle sete cinesi, dai romani che firmavano attraverso lastre d’oro traforate con le proprie iniziali, ai sigilli papali.
La tecnica dello stampino, tuttavia, non è ancora serigrafia anche se può essere definita come la sua
antenata: la matrice o stampino viene attraversata dall’inchiostro prima di depositarsi sulla superficie da stampare a
differenza di tutti gli altri sistemi di stampa che seguiranno, in cui la funzione della matrice è quella di trattenere
l’inchiostro per poterlo poi depositare sulla superficie da stampare (calcografia, litografia, tipografia, rotocalco, offset,
flessografia ecc.).
Poco o nulla si sa dell’evoluzione di questa tecnica di stampa. Occorre attendere il 1907, quando l’inglese
Samuel Simon brevetta un telaio (o quadro di stampa) con seta da buratto tesa su una cornice di legno; il disegno
veniva già eseguito in negativo ma la stampa veniva fatta con una spazzola. Non si sa chi sostituì la spazzola prima
con un rullo di feltro, poi con la racla con la lama di caucciù che rivoluzionerà tutto il sistema di stampa. Nel 1915 a
San Francisco John Pilsworth mise a punto un procedimento per stampare diversi colori con un solo telaio e nello
stesso anno fu brevettato il primo telaio con matrice ottenuta con il sistema fotomeccanico. Nel 1921 fu costruita la
prima macchina per la stampa serigrafica.
Nel corso della seconda guerra mondiale la serigrafia ha ottenuto un notevole sviluppo, impiegata su scala
industriale per la stampa di materiale bellico data l’estrema versatilità che permette di stampare su qualsiasi
materiale: parti di aerei, elmetti, zaini, cinturoni, fusti di carburante ecc. Paradossalmente si può affermare che la
guerra diffuse la serigrafia a livello mondiale. Nel 1949 fu fondata in Belgio la prima rivista del settore, stampata in
francese, olandese e tedesco. In Italia solo nel 1956 Almo Zuliani e Aristide Drusiani stampano il primo numero di
“Serigrafia” tuttora edita.
Senza rendersene conto, oggi si è circondati da prodotti stampati in serigrafia e tra gli innumerevoli esempi:
la stampa sulle fiale di vetro per iniezioni, i disegni e le scritte dei flaconi di prodotti di bellezza, i quadranti di orologi,
le strumentalizzazioni di bordo di auto, aerei e navi; i circuiti stampati per l’elettronica, radio, televisori, computer, le
carte da parati, le piastrelle in ceramica, le decalcomanie, gli adesivi ecc.
In tutto il mondo la segnaletica stradale è stampata in serigrafia e anche tutti i tessuti di fibre naturali e
sintetiche in pezza o confezionati, manifesti, cartelloni pubblicitari, ecc.
Non meno lungo l’elenco dei supporti su cui si può stampare: carta, cartone di qualsiasi spessore, tutti i
metalli, plastica, vetro, ceramica, legno e i suoi derivati, sughero, pellame, cuoio, tutti i tipi di tessuto, laterizi,
rivestimenti edili ecc. E’ difficile riconoscere gli oggetti di uso comune stampati in serigrafia. Si potrebbe dire, tutto ciò
che non è carta.
2
R. Giovannini, La serigrafia nella ceramica, Faenza editrice, 1982.
193
La stampa in serigrafia è una stampa materica, con uno spessore di inchiostro dalle 4-11 volte superiore a
quello degli altri procedimenti e presenta una intensità cromatica più marcata data la maggiore quantità di inchiostro
depositato sul supporto percepibile al suo contatto con il tocco della mano.
2. I processi produttivi e l’applicazione nell’industria ceramica
La serigrafia è un procedimento di stampa che consiste nel far passare l’inchiostro attraverso le maglie del
tessuto della matrice con la pressione esercita da una racla3.
La matrice è costituita da una cornice di legno (per piccoli formati) o di ferro (per grandi formati) sulla quale
viene teso ed incollato il tessuto a maglie ben aperte da facilitare il passaggio dell’inchiostro. Attraverso un
procedimento manuale o fotochimico si chiudono le maglie nelle zone che non si vogliono stampare, lasciando
invece aperte le maglie nelle zone da stampare, si applica l’inchiostro direttamente sulla matrice che, con la
pressione esercitata dalla racla, filtra attraverso le maglie del tessuto depositandosi sul supporto da stampare.
La serigrafia e' una tecnologia di stampa che ha avuto un forte sviluppo ed applicazione su scala industriale
soprattutto nella seconda metà del XX secolo e la sua applicazione paratica si svolge in due distinte fasi:
1.
2.
l'inchiostrazione. Operazione che consiste nel deposito di un sottile velo di inchiostro sullo schermo
impermeabilizzato (telaio) e che con una leggera passata della racla in gomma riempie le maglie rimaste
aperte del tessuto e che, grazie alla sua viscosità e caratteristiche specifiche, non deve percolare. Dopo
l’inchiostrazione il telaio viene adagiato sulla superficie da decorare, non a contatto, ma a 2-3 millimetri di
distanza.
la stampa serigrafica vera e propria e la decorazione della superficie sottostante. La racla in gomma
"preme" sulla parte inchiostrata e libera dalla fotoemulsione del tessuto facendo passare un quantitativo
di inchiostro ben determinato dal tipo di tessuto utilizzato sulla superficie sottostante. Maggiore sarà la
"filatura" (numero di fili per centimetro quadrato) del tessuto, più contenuto sarà il passaggio di inchiostro e
quindi più sottile sarà il suo deposito sul supporto.
Vista l'estrema semplicità dell'operazione di stampa ne deriva anche un basso costo in termini di attrezzature
e macchine da stampa richiesti, rendendolo competitivo rispetto alle altre tecnologie di stampa. Può essere inoltre
applicata anche su oggetti tridimensionali e consente di depositare un qualsiasi quantitativo di inchiostro sulla
superficie da stampare ottenendo così stampe, molto durevoli e coprenti
Nella decorazione della ceramica non si utilizzano macchine pluricolore come avviene per altre superfici da
stampare. Nella stampa delle piastrelle, ogni colore si ottiene dal passaggio sotto una singola macchina. In base al
numero di colori necessari opera, quindi, un pari numero di macchine affiancate che trasferiscono i relativi colori
sulle piastrelle movimentate con un nastro trasportatore. I “cliché” di stampa sono cilindri vuoti attorno ai quali è
applicato il tessuto sul quale è riportata l’immagine con la tecnica serigrafica classica, se si tratta di stampa
serigrafica, o un foglio di materiale vinilico inciso in incavo (come le lastre offset o nella rotocalcografia) se si tratta
della tecnica rotocolor.
Gli smalti coloranti possono essere inseriti:
•
•
nella stampa serigrafica mediante ugelli iniettori, all’interno del cilindro che nella rotazione
incontrano una racla che li spinge all’esterno;
nella stampa rotocolor il colore è invece rilasciato all’esterno del cilindro mediante l’intervento di
una serie di cannelli; una racla avrà poi il compito di spargere uniformemente lo smalto e farlo
penetrare nelle parti incise.
Le due tecnologie, oltre a differenti tecniche e risultati di stampa, suggeriscono movimenti e passaggi diversi
del prodotto da stampare. La serigrafia stampa il soggetto/immagine/disegno piastrella per piastrella, posizionate e
distanziate a misura sul nastro trasportatore. Il cilindro, ruotando, rilascia sulla piastrella l’impronta di stampa e,
subordinatamente alle misure della grafica, non più di tre per cilindro (Fig 2.1).
3
Strumento formato da una lamina di caucciù e da un manico di legno o di ferro.
194
Figura 2.1 - Industria ceramica: telaio serigrafico rotativo
Fonte: www.insernet.it
La tecnica rotocolor è invece utilizzata in prevalenza per la stampa di uno stesso soggetto, la riproduzione
delle venature del marmo. Queste sono disposte in modo continuo sulla circonferenza del cilindro e riprodotte, su
una serie ininterrotta di piastrelle poste senza soluzione di continuità sul nastro trasportatore. Quest’ultimo scorre a
velocità controllata ed ininterrotta senza, quindi, l’esigenza di fermi linea come avviene nella tecnica serigrafica. Il
risultato ottenuto è diverso per ogni piastrella sulle quali fa risaltare in modo efficace l’effetto “naturale”.
Il livello di definizione della stampa ottenuta dalle due tecniche è chiaramente a favore della stampa
serigrafia mentre sul piano della velocità di produzione ne esce avvantaggiato il sistema rotocolor. Si consideri,
infine, che in entrambe le tecnologie, apposite cellule fotoelettriche permettono, quando necessario, la cura del
registro di stampa.
Vi è un’altra caratteristica che differenzia la stampa su ceramica: per stampare su questa superficie indipendentemente dalla tecnica serigrafica che rotocolor – i colori usati non sono inchiostri, ma paste: paste che,
così come succede nel caso di altre superfici (ad esempio il vetro), assumono la tonalità desiderata solo dopo il
passaggio di cottura.
In linea di massima, non esistono in commercio paste “pronte”. In ceramica, salvo in alcune situazioni
particolari, non esistono colori pronti come in tutti gli altri settori. Ogni azienda, almeno le più grandi, produce in casa
le proprie paste, ha i propri “segreti”, dispone di una propria tecnologia o tecnica di approntamento della stessa e di
correzione delle tonalità in ogni momento della lavorazione. Tutto questo si cerca di proteggerlo dall’imitazione della
concorrenza.
A parte i vari dosaggi, il processo di approntamento della pasta è, peraltro, assolutamente semplice. Si
utilizza una resina o un olio particolare, che fungerà da veicolo, al quale sono poi aggiunte le basi (monocomponenti
o pluricomponenti) e i pigmenti o gli ossidi necessari, si impasta e si raffina il tutto e la pasta è pronta. Naturalmente,
al momento dell’impiego, a seconda della tecnologia di stampa cui si ricorre e della porosità dello smalto di fondo,
l’utilizzo della pasta avverrà con viscosità, più o meno alte, (maggiore nella serigrafica, inferiore nella tecnologia
rotocolor).4
4
“Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004
195
3. La serigrafia: un’arte antica per nobilitare la piastrella di ceramica?
Nata come prodotto abbastanza “povero”, la piastrella ceramica è diventata nel tempo un indispensabile
complemento d’arredo, ed è stata interessata da un continuo processo di innovazione sul piano tecnico ed
estetico. Ed è quest’ultimo aspetto che coinvolge appunto il processo serigrafico.
Alla base del processo serigrafico, sia piano che rotativo, vi è il tessuto, che fornisce, in primo luogo, il
supporto necessario all’immagine/disegno/ da stampare e ne caratterizza la definizione e la precisione di registro,
agendo sulla reazione delle paste serigrafiche, nonché sulla durata della matrice. Per essere idoneo alla serigrafia di
elevata qualità, il tessuto deve presentare diverse caratteristiche e tra queste:
- tessitura uniforme;
- resistenza elevata all’abrasione ed allo sfregamento per sopportare lo “stress” meccanico durante la
fase di stampa;
- resistenza elevata alla trazione durante la fase di produzione del quadro di stampa;
- supporto o grafica da stampare, poiché in base a questi vengono definiti il numero di fili, l’apertura
della maglia e lo spessore del tessuto da utilizzare;
- resistenza a prodotti chimici utilizzati in serigrafia (paste serigrafiche, solventi e agenti sgrassanti,…);
- elasticità di tornare alla posizione originale dopo la pressione esercitata dal passaggio della “racla”
nella stampa;
- insensibilità elevata alla pressione ed agli impatti;
- rigonfiamento il più possibile contenuto per evitare modifiche nell’apertura della maglia del tessuto e il
passaggio della pasta serigrafica;
- adesione buona a tutte le emulsioni fotosensibili;
Il tessuto è lo strumento di controllo per il passaggio ed il deposito del “colore”. Il mercato ne mette a
disposizione una vasta gamma per consentire all’utilizzatore ceramico un’ampia possibilità di scelta in base alla
natura del tessuto, della fibra, del numero di fili (fattore, questo, determinante per l’uso ed il deposito del colore).
Quest’ultimo è il fattore più importante che qualifica e distingue il tipo di tessuto: il numero di fili viene generalmente
espresso al centimetro.
Il deposito ed il consumo del “colore” sono influenzati direttamente dal numero dei fili del tessuto e di
conseguenza occorre considerare la superficie da serigrafare: se la superficie è liscia e compatta servirà un maggior
numero di fili, se invece, è porosa o assorbente saranno richiesti un numero inferiore di fili. Si tenga però conto che il
tessuto è l’unico supporto dell’immagine e, pertanto, il numero dei fili deve fornire un sostegno sufficiente per i
dettagli più fini che si vogliono riprodurre.
Il diametro del filo è un ulteriore elemento che distingue un tipo di tessuto da un altro.Normalmente i tessuti
più fini adottano fili di diametro più fine, mentre i tessuti con un numero più rarefatto di fili si realizzano con fili di
diametro più sostenuto. La maggior parte dei tessuti può essere prodotta con almeno due diversi diametri di filo e le
misurazioni del diametro di filo sono espresse in micron 5.
Per la stampa sulla superficie ceramica è preferibile un diametro filo più grosso a causa dell’aggressività delle
particelle di pigmento della pasta serigrafica.6
Ulteriore fattore da tenere in conto nella scelta del tessuto è l’apertura della maglia (o superficie libera), che
rappresenta lo spazio tra due fili paralleli ed adiacenti. I tessuti serigrafici di alta qualità vengono realizzati in modo
che il prodotto finale possa offrire un’apertura perfettamente quadrata7.
Per la scelta del diametro\fili per il tipo di tessuto desiderato, bisogna considerare che:
• un diametro filo sottile presenta un’apertura di maglia relativamente più larga e quindi, maggiormente indicato per la
riproduzione di dettagli più fini; essendo più sottile offre, però, una minor resistenza al contatto con agenti chimici di
lavaggio o alle superfici ruvide di alcuni supporti durante il processo serigrafico;
• un diametro filo più grosso, d’altro canto, riduce l’apertura delle maglie, creando delle difficoltà nella produzione di
lavori fini o di retina punti molto piccoli, ma, grazie ad una miglior resistenza meccanica, permette una durata maggiore
al retino.
6 “Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004.
7 Questa misura sarà quindi direttamente proporzionale al numero fili ed al diametro fili. Va tenuto conto, inoltre, che per ogni tipo
di tessuto è possibile aumentare o diminuire la superficie libera, scegliendo un diametro filo più o meno grosso. Va sottolineato
che l’apertura maglia è un dato molto utile quando si ha a che fare con paste formate da particelle piuttosto grosse.
5
196
Il tipo di tessuto viene, quindi, determinato dallo spessore, valore dato dalla combinazione del numero dei fili,
dal diametro filo e dall’armatura del tessuto stesso. Il ruolo determinante nella variazione dello spessore è comunque
svolto dal diametro filo. In ogni caso uno spessore maggiore o inferiore non modifica il deposito di colore8.
I tipi di tessuto utilizzati per produrre retini serigrafici sono principalmente tre:
-
-
-
fibra di poliestere, offre un’apprezzabile resistenza alla trazione, da cui ne deriva un minor allungamento
dei fili e lo rende preferibile per la realizzazione di stampe ad alta precisione, offre un’eccellente resistenza
al calore, manifesta una bassa sensibilità alle oscillazioni termiche o all’umidità e possiede un’ottima
resistenza all’abrasione;
fibra di nylon, presenta una elevata elasticità e una ottima resistenza meccanica, che però diminuiscono
all’aumentare della temperatura. Si rivela particolarmente resistente all’abrasione, ma al contempo,
assorbe facilmente umidità, causa di rigonfiamento del materiale. I tessuti realizzati in monofilo di nylon,
grazie all’ottima elasticità, si prestano particolarmente per le stampe serigrafiche su superfici irregolari;
fibra metallizzata, è una fibra ad alta precisione prodotta con monofilo di poliestere viene rivestito da
metallo (solitamente nichel). Si tratta di un prodotto la cui stabilità dimensionale ne consente l’utilizzo dove
è necessaria un’elevata accuratezza di registro, in alternativa all’acciaio inox, dal quale si differenzia per
l’elasticità. Inoltre, attraverso la metallizzazione, la resistenza all’abrasione è particolarmente indicata per
l’impiego di colori fortemente abrasivi, come nell’industria ceramica. Grazie all’eccellente passaggio di
colore, permette di ottenere stampe dai contorni nitidissimi.
La funzione della cornice nel processo serigrafico è quella di fornire il necessario supporto al retino di
stampa, sia esso piano o rotativo ed esercita un’influenza diretta sulla qualità del quadro serigrafico e cioè sulla sua
regolarità e costanza della tensione9.
La fase di tensionatura è una delle operazioni più importanti nella preparazione di un quadro serigrafico,
poiché essa influenza direttamente i risultati di stampa. Solamente un quadro tensionato correttamente porta a
risultati adeguati, quali: alta resistenza, ottima adesione alle matrici e colore d’immagine adeguato;
Per effettuare questa operazione esistono sistemi sia pneumatici che meccanici10. Per una corretta
operazione, la tensione del tessuto deve essere uniforme sull’intera superficie del quadrato. I fili devono rimanere
paralleli tra di loro nelle rispettive direzioni e formare un angolo perfetto di 90° nei loro punti d’intersezione.
Inoltre, la tensione del tessuto deve essere tale da garantire un buon processo di stacco, tornando nella sua
posizione originale dal piano di stampa, non appena la racla ha esaurito la sua azione di pressione. La tensione del
tessuto, infine, deve essere costante il più a lungo possibile11. Un’errata tensionatura può infatti creare difetti, quali la
mancanza di precisione nel registro nella serigrafia a più colori, lo spostamento del tessuto, l’allungamento
dell’immagine, l’usura prematura del retino, il deposito di colore non costante, ecc.. (Fig. 3.1).
8 Tuttavia, esso costituisce un dato necessario nel calcolo del volume teorico di colore per tessuto. Infatti i produttori di tessuto
forniscono i parametri teorici riguardanti la quantità massima di colore trattenuta dal supporto da stampare dopo il passaggio
della racla, (volume teorico del colore). Questo dato varia da tessuto a tessuto e dipende dalla percentuale di superficie libera e
dallo spessore del tessuto, ma si tratta comunque di una stima di consumo, poiché il deposito esatto di colore può essere ricavato
solo da una profonda conoscenza della composizione del colore, come: la percentuale solvente, il peso specifico, il contenuto
solido, la viscosità, ecc..
9 Essendo continuamente soggetta ad influenze chimiche e meccaniche, è preferibile sia inossidabile, al fine di evitare che
l’influenza prolungata della ruggine provochi danni catalitici al tessuto del retino. In commercio ne esistono di due tipi: in acciaio e
in alluminio.
10 I primi utilizzano pinze che azionate da un compressore premono contro i quattro lati della cornice durante la tensione, dove
questa viene controllata con l’aiuto di uno strumento di misurazione della pressione. Il metodo meccanico è azionato da un motore
elettrico accoppiato ad un sistema di programmazione automatica e che si avvale di diversi sistemi di bloccaggio(spilli, barre di
chiusura e pinze) del tessuto coprendone il perimetro.
11 Per misurare la tensione del tessuto durante la preparazione del quadro, si può utilizzare un manometro posto sulla macchina
tensionatrice a pinze pneumatiche, che vengono azionate dal regolatore di pressione e dal manometro stesso.
197
Fig. 3.1 Retino serigrafico piano
Altra componente o ingrediente che entra nel processo serigrafico è l’emulsione, o gelatina, che viene
applicata sul tessuto tensionato tramite una apposita racla, sia in modo manuale che meccanico, sulla quale si
imprime la matrice grafica tramite il processo di fotoincisione.
Una volta applicata l’emulsione, il quadro serigrafico è sottoposto ad un procedimento di essiccamento, prima
di passare al processo di fotoincisione.
Nello svolgimento di questa operazione, l’esposizione alla luce ha una diretta influenza sulla definizione
dell’immagine, sulla risoluzione dei dettagli più fini, sullo spessore e sulla resistenza chimica e meccanica della
matrice. Pertanto per una corretta esposizione vanno tenuti in considerazione due importanti fattori: il tempo di
esposizione alla luce del quadro serigrafico, fondamentale per assicurare la qualità e la resistenza della matrice,
l’intensità e la qualità della luce12. Sul risultato finale influiscono, inoltre, la densità dell’immagine sul fotolito, il tessuto
ed il relativo numero di fili, nonché le caratteristiche dell’emulsione fotosensibile.
4.
La serigrafia rotativa: la nuova frontiera
Quanto analizzato si riferisce alla tecnica serigrafica tradizionale, sia piana che rotativa.
Come esposto in precedenza, il processo di decorazione serigrafica consiste nel depositare su un supporto
ceramico una pasta serigrafica costituita essenzialmente da polvere di vetro, ossidi coloranti e da un composto
chimico, chiamato “veicolo” per renderli liquidi. Il trasferimento di questo “colore” dal retino serigrafico al supporto da
decorare viene eseguito da una “racla”, costruita generalmente in materiale plastico.
La serigrafia piana ha creato le basi dell’applicazione serigrafia alla superficie della piastrella, conseguendo
negli ultimi anni significativi risultati sul piano tecnologico, grazie anche all’introduzione di macchine decoratrici
elettroniche, che hanno innalzato la resa sul piano produttivo e migliorato la lavorazione del prodotto ceramico.
Lo schema costruttivo di tali dispositivi di stampa non ha, però, subito sostanziali mutamenti: rimangono
inalterate l’esigenza di fermare il supporto per poterlo decorare e l’arresto della fase di decoro ogni qualvolta si renda
necessaria la pulizia dello schermo serigrafico. Dal punto di vista degli standard di produttività i margini di
miglioramento sono inesistenti. Un ulteriore limite della serigrafia tradizionale con schermi piani è la sua rigidità: si
riproduce un unico disegno e rende difficoltoso realizzare combinazioni di decori diversi tra loro.
Tutto questo quando il mercato esprime orientamenti sempre più favorevoli a soluzioni serigrafiche che
consentano:
Una corretta distanza della luce durante il processo di incisione garantirà una distribuzione omogenea su tutta la superficie
esposta. Infatti una sorgente luminosa troppo vicina concentrerebbe il fascio di luce al centro, diminuendone l’intensità verso i lati.
Al contrario, una distribuzione scarsa di luce provocherebbe una sottoesposizione.
12
198
- elevata ricettività produttiva in termini di pezzi\minuto, in adeguamento alle aumentate capacità delle
presse dell’ultima generazione;
- diversificazione dei disegni incidibili;
- bassi costi di gestione;
- diminuzione dell’impiego del fattore lavoro;
- fedele riproduzione di prodotti ottenuti con decoratrici serigrafiche tradizionali piane.
Queste necessità hanno trovato in tempi recenti risposta nelle nuove generazioni di decoratrici serigrafiche
rotative, che impiegano rulli13 accomunati dalla medesima funzione operativa, ma differenziati per le macchine a cui
sono destinati (Fig. 4.1, Fig. 4.2).
Figura 4.1 - Dual-Ring
Figura 4.2 - Rotocolor
Molti i pregi assicurati da questa nuova generazione di macchine serigrafie. Il nuovo sistema operativo
permette una velocità di stampa costante senza nessuna interruzione14. Il principio serigrafico rimane invariato,
rispetto a quello piano, sia per quanto riguarda il tessuto, l’emulsione fotosensibile e le matrici utilizzate per la
fotoincisione ed il risultato estetico del prodotto decorato.
Il reale vantaggio è, senza dubbio, rappresentato dall’incremento di produzione che consente di realizzare. Le
presse dell’ultima generazione impiegate nella formatura delle piastrelle hanno incrementato fortemente la loro
produttività con un numero maggiore di uscite. Lutilizzo di decoratrici rotative agevola, così, il più ampio sfruttamento
della loro capacità produttiva (fino a circa il 95%). Questo è reso possibile dal venire meno dell’arresto della linea di
decorazione per effettuare la pulizia del retino e dal conseguente flusso continuativo di piastrelle.
Un ulteriore vantaggio del cilindro rotativo è quello di disporre di più disegni sulla sua circonferenza, fatto
questo che migliora anche la durata rispetto al retino tradizionale grazie al maggior numero di disegni riportati sulla
circonferenza, sui quali la racla passa con minore frequenza.
Tra le diverse tipologie si collocano, colorblock, rocket, rollflex, rollprint, dualring, cermax.
Un sensore elettrico posto all’ingresso della macchina rileva l’arrivo del supporto e la sua posizione, trasmettendone i dati ad un
elaboratore che modifica la velocità del retino accelerandolo o decelerandolo, per poter far coincidere con estrema precisione la
posizione di inizio piastrella con la posizione d’inizio del disegno ricavato sulla superficie del retino serigrafico, con una
sincronizzazione mai inferiore a 0,2 mm.
13
14
199
modi:
Anche i retini rotativi sono sottoposti ad una operazione di incisione che può avvenire in diversi e distinti
- un primo di tipo tradizionale, effettuato sui cilindri installati su fotoincisori dotati di un raggio laser che
effettua la centratura, la divisione a facce e definisce i tempi d’esposizione;
- un secondo più innovativo, che vede l’incisione in piano del tessuto, e successivamente avvolto sulla
struttura. La tecnica può essere applicata su tutte le tipologie rotative e permette una definizione di
stampa più accurata, tipica del retino piano, abbinata alla versatilità ed alla più lunga durata del retino
rotativo;
- un terzo, infine, che adotta una particolare tecnica che permette di incidere i retini senza più l’uso
delle pellicole (Sistema Cermax 4001).
Considerazioni specifiche riguardano l’incisione del rullo Dual Ring. In questo caso il cilindro serigrafico
viene inciso direttamente in rotativo, con lampada a laser e mantenendo l’impiego dei fili utilizzati per il retino
rotativo tradizionale. Il prodotto è caratterizzato da una coppia di anelli in resina sintetica indeformabile “usa e getta”
(reggette), dal costo contenuto, che dando flessibilità al cilindro permettono di smontarlo dai dischi mantenendone
inalterate le caratteristiche sia in fase di trasporto che di stoccaggio. L’impiego di questi speciali anelli evita
l’incollaggio diretto del tessuto sui dischi che, quindi, non necessitano di pulizia periodica e garantiscono condizioni
perfette nel tempo.
Le dimensioni estremamente ridotte dell’imballaggio permettono, inoltre, un notevole risparmio dei costi di
spedizione e di spazio di stoccaggio rispetto al cilindro tradizionale. La possibilità di immagazzinare i cilindri dual ring
smontati, consente di lavorare con una minima quantità di dischi con notevole risparmio sui costi delle strutture e sul
loro accumulo in magazzino. Il cilindro Dual Ring può essere fornito alle aziende ceramiche sia assemblato su
struttura che da assemblare; in questo ultimo caso deve essere accompagnato da apposita apparecchiatura per
eseguire le operazioni di montaggio/smontaggio dei dischi dai cilindri serigrafici: operazione eseguibile con estrema
facilità e, quindi, senza richiedere l’impiego di personale specializzato.
Ad oggi, nel campo della decorazione serigrafica delle piastrelle ceramiche, l’offerta di tecnologie disponibili
sul mercato contempla i due sistemi di serigrafia piana e rotativa. Il primo offre una maggiore precisione dovuta al
posizionamento della piastrella sotto il retino, mentre quello rotativo assicura una più elevata velocità e produttività,
dato il flusso continuo delle piastrelle, nonché il maggior numero di grafiche presenti sul retino.
La tecnologia serigrafica rotativa si è spinta però oltre i parametri fino ad ora adottati, che includevano tessuto
e fotoincisione, nell’intento di mettere a disposizione sistemi di stampa sempre più efficaci (alta fedeltà delle
immagini da riprodurre) ed efficienti (contenimento dei costi).
Questi passi in avanti sono stati compiuti con l’introduzione di nuovi supporti (cilindri polimerici e siliconica) sui
quali incidere le immagini tramite sistemi laser15. Notevoli i benefici che derivano. In primo luogo, questa soluzione
permette di passare direttamente dall’elaborazione digitale di un’immagine all’incisione laser, ottenendo retinature
molto fini e sfumature omogenee che danno migliori risoluzioni di qualità ed una riproduzione del soggetto costante
nel tempo. Si ottengono decori ripetitivi, effetti di stonalizzazione in linea ed una riproduzione infinita e fedele della
matrice originale. Accanto ai metodi standard di incisione Laser tipico del sistema Rotocolor, si è affiancato quello ad
alta definizione, o HD, che permette la riproduzione di un’immagine da stampare sulla piastrella, senza retinatura di
base16.
La decorazione con sistema Rotocolor avviene fra cilindro e piastrella, che si muovono esattamente alla
stessa velocità e che permette di non fermare il supporto, con conseguenti vantaggi di velocità decorativa sia di
diminuzione di rotture e di angoli, sbriciolamenti ed altri effetti tipici. Si tratta quindi di una decorazione che avviene
con tutte le componenti in movimento sincrono: cioè cilindro, colore e supporto. L’incisione del cilindro siliconico crea
alveoli che contengono il colore da trasferire sulle piastrelle sulle quali, prima di entrare in contatto con il rullo, la
racla ad ogni rotazione, interviene e toglie l’eccesso di pasta serigrafica.
Il rilascio del colore dall’alveolo del cilindro avviene con due meccanismi: un trasferimento per gravità forzata,
dove il colore, grazie alla sua bassa viscosità passa velocemente sul supporto usufruendo della gravità e della forza
centrifuga aggiuntiva del movimento rotatorio del cilindro; il secondo meccanismo, molto più importante è dato dal
Il laser è costituito da una sorgente di emissione del raggio, da uno specchio, da una lente e da un fuoco ottico la cui posizione
viene regolata una volta per tutte prima di iniziare ad incidere le immagini, che nel caso specifico, sono di solito imitazioni di
marmi, pietre e strutture naturali.
16 “Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004
15
200
colore che toccando la piastrella si aggancia ad essa poiché una piccola parte viene già assorbita e, quindi, aumenta
considerevolmente di viscosità, costituendo una forza di distacco o di aggancio anche per il resto dell’inchiostro
ancora basso viscoso.
Un altro aspetto che depone a favore della superiorità del sistema di decorazione rotocolor è il sistema
autopulente di cui questa è dotata: ad ogni rotazione, la racla pulisce il cilindro senza intervento di operatori. Infine,
l’ulteriore vantaggio della durata del cilindro, che consente di stampare mediamente 100.000 mq di piastrelle, fino a
raggiungere in condizioni ottimali di lavoro, anche 200.000 mq.
5. Il comparto delle imprese di serigrafia nel distretto ceramico di sassuolo
Data la contenuta dimensione strutturale del comparto all’interno del distretto, l’analisi sul campo si è limitata
ad un numero ristretto di imprese e cioè a quelle che dispiegano una maggiore capacità operativa godendo pertanto
di maggiore visibilità all’interno dell’area.
L’osservazione privilegiata di questi attori, oltre a fare emergere i tratti distintivi del loro profilo e della loro
azione di mercato, ha consentito di ricostruire alcuni aspetti del volto e delle dinamiche dell’aggregato di imprese
dedite a questa attività.
La serigrafia per ceramica nasce a Sassuolo agli inizi degli anni ‘70, quando alcune aziende ceramiche
intuirono la possibilità di decorare il supporto (biscotto) in modo più “ricco” rispetto al classico processo della
colorazione monocromatica. Le prime serigrafie nascono grazie ad ex-dipendenti di aziende ceramiche che decidono
di mettersi in proprio per sperimentare la stampa serigrafica sulle piastrelle. Alcuni di questi pionieri iniziarono
l’attività “inventando” macchinari ed attrezzature e sperimentando tecniche di decorazione.
Le imprese attive sono circa 20, quelle però maggiormente focalizzate non superano il numero di 10.
Le attività svolte da queste ultime - in prevalenza se non esclusiva - sono quelle di:
- produzione di retini serigrafici rotativi e piani,
- incisione di retini (con laser),
- ricerca grafica, realizzata molto spesso in “conto terzi” per aziende ceramiche.
La base strutturale del comparto si presenta contenuta, con la prevalenza di piccole-piccolissime imprese, tra
le quali si distinguono un numero limitato di imprese di “maggiore levatura” che giungono a realizzare un fatturato
medio di 8 milioni di euro con un numero di addetti medio di circa 50 unità (Tab. 5.1).
Tab. 5.1 - Comparto serigrafie: alcuni tratti del profilo strutturale di un aggregato di 4 imprese tra le più
rappresentative dell’area ceramica
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2010*
Addetti
254
272
255
Fatturato (mln€)
33
32
33
35
33
Addetti alla R&D
70
66
100
Fatturato Italia/ Fatturato Estero
90/10
80/20
60/40
Addetti R&D/ Addetti totali
27%
24%
39%
Fonte: Rilevazione diretta
*Previsionale
L’attività di Ricerca e Sviluppo è fondamentale in questo settore e l’aumento della sua importanza mostra
come queste imprese stiano investendo sempre più risorse umane e capitali per differenziarsi dalla concorrenza e
per tutelare il frutto dell’attività di ricerca attraverso la brevettazione.
Realizzare grafiche innovative, anticipatrici o in sintonia con le tendenze ed i gusti del mercato costituisce
l’obiettivo preminente di ogni serigrafia. La capacità di proporre nuove grafiche è il terreno di confronto sul quale si
misurano le imprese. Ne consegue un deciso impegno di risorse umane nell’area R&D: il forte peso della
componente servizio sull’offerta alla clientele fa ritenere che una parte di essa sia dedicata a svolgere attività di
customer service. La volontà dichiara dalle imprese di accrescere l’impegno su questa area, lascia intravedere il
grado di criticità che essa assume per lo sviluppo/sopravvivenza delle imprese e segnala un progressivo
spostamento del baricentro delle attività delle imprese verso l’area dei servizi. Un processo, in larga parte, già
avviato.
201
La produzione ormai è standardizzata e le tecnologie sono alla portata di tutti. Le aziende ceramiche più
evolute non ricorrono più alle imprese di serigrafia, se non per comprare prodotti (retini, colori) ed altri materiali di
consumo. La grafica, invece, è un campo nel quale le serigrafie possono specializzarsi e offrire apporti distintivi di cui
anche le ceramiche hanno bisogno.
La vera ricchezza delle serigrafie è rappresentata dai loro archivi grafici: disegni, bozzetti, riproduzioni che
hanno accompagnato l’intera vita dell’azienda. Questo è il serbatoio al quale ogni impresa attinge per differenziare la
propria offerta e per sopravvive. La stampa serigrafica è una attività che viene svolta, quasi esclusivamente, a favore
delle aziende ceramiche di piccole dimensioni o per le ceramiche che hanno necessità improvvise di determinate
serie o produzioni.
L’azione innovativa delle imprese del comparto non si orienta solo al prodotto o al servizio, ma si indirizza
verso la ricerca di nuove soluzioni che investono il processo serigrafico e le attrezzature ad esso dedicate. Un
esempio in questa direzione è costituito dal retino rotativo “Dual-Ring” già presentato in precedenza17
Il contesto di mercato nel quale si trovano inserite le imprese assegna, quindi, una rilevanza specifica ad
alcuni fattori competitivi dal cui presidio dipende in larga parte la capacità delle imprese di stare sul mercato (Tab.
5.2).
La capacità innovativa, il contenuto innovativo della proposta ed il contenuto di servizio racchiuso nella
relazione con la clientela sono indicati come le leve più efficaci per navigare in un mare troppo stretto se definito dal
perimetro distrettuale e denso di incognite se l’orizzonte è quello internazionale. Orizzonte che diverse imprese
hanno, però, già raggiunto.
Tab. 5.2 - Comprato imprese serigrafiche: importanza relativa dei fattori competitivi nei rapporti con la
clientela (scala 1-7)*
Clientela del distretto
Valutazione
6.5
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
5.5
Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti
6.25
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
6.25
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…)
6.75
Competitività di prezzo
5
Capacità di credito a favore della clientela
6
Altro (specificare) soluzione problemi
7
Clientela estera
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
Ampiezza gamma prodotti offerti
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…)
Competitività di prezzo
Capacità di credito a favore della clientela
Altro (specificare) …………………………
* dove 1 = “Poco importante” e 7 = “Molto importante”.
Fonte. Ns. elaborazioni di rilevazione diretta
Valutazione
6.25
6.25
6.75
6.25
7
5
6
Questo strumento e' caratterizzato da una coppia di anelli siliconici "usa e getta" indeformabili che ne agevolano le condizioni
operative in termini di movimentazione, stoccaggio e impiego grazie al distacco del retino dal cilindro.
17
202
Consapevoli dei vincoli a cui le espone la competizione, le imprese stanno cercando di assumere
orientamenti strategici e di perseguire condotte operative con il più elevato grado di compatibilità ed in linea con le
aspettative del mercato in termini di soddisfazione (Tab. 5.3).
Prodotto/servizio/mercato si dimostrano le tre aree su cui si concentra maggiormente l’attenzione delle
imprese.
Un prodotto più ricco di contenuto innovativo, prestazionale ed allo stesso tempo più accessibile sotto il profilo
economico.
Tab. 5.3 - Comprato imprese serigrafiche: aree di attività a più elevato assorbimento di impegno strategico
ed operativo (scala 1-7)*
Valutazione
Diminuire i costi di produzione
6.25
Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto
6.5
Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi
6.75
Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati
6.5
Introdurre nuove tecnologie:
di produzione
di progettazione
di gestione (informazione, comunicazione,,,,,)
altro (specificare) ……..………………………..
5.75
6.75
6.25
Avviare/espandere la produzione all’estero
Aprire filiali commerciali in mercati esteri
Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione
Espandere la base della clientela
• In Italia
• All’estero
Aumentare il numero dei venditori diretti
Aumentare il numero degli agenti
Accrescere la flessibilità produttiva
Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della
clientela)
Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite:
integrazione delle competenze
co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…)
condivisione e lo scambio di risorse e competenze
Definire forme di partnership o alleanze con:
colorifici ceramici
aziende ceramiche
aziende del comparto dei corredi ceramici
produttori di tecnologia
altri attori (specificare)……………………………
5.5
5.5
5
6.5
6.5
4
3.75
6
6.75
4.75
6.25
5.5
6.25
4
2.5
5.25
Altro (specificare) ……………………………………
* dove 1 = “Poco importante” e 7 = “Molto importante”.
Fonte. Ns. elaborazioni di rilevazione diretta
Un servizio che sia declinato in termini di capacità di adattamento/personalizzazione alle esigenze di una
clientela.
Infine il mercato. Le imprese dispongono mediamente di una base di clientela composta da 200/250 imprese.
Pur potendo contare su una ampia base di clientela distrettuale, questo ambito per diverse imprese appare ormai
angusto e da qui la ricerca di nuovi spazi all’estero, per la cui conquista le imprese stesse ritengono sia più efficace
attivare presidi stabili più che potenziare l’organizzazione della rete di vendita.
203
Allo stesso tempo emerge bene come le relazioni intrattenute con gli attori del sistema ceramico siano
differentemente improntate a spirito collaborativo (con colorifici e meccano ceramico) e competitivo (con aziende
ceramiche e corredi).
In termini di azione di mercato, le imprese orientano la loro produzione in larga parte al mercato domestico (la
quota di produzione media destinata al mercato interno dalle imprese intervistate è pari all’80%) destinando il
restante 20% al mercato estero. All’interno della componente nazionale, quella assorbita dall’area ceramica di
Sassuolo è largamente prevalente. Data la forte contiguità con la clientela del sistema ceramico (costituita in
larghissima parte da aziende ceramiche ed in misura molto residuale da produttori di corredi e colorifici), i rapporto
sono tenuti in forma diretta: il personale dipendente dialoga direttamente con l’azienda cliente. Molto modesto il
ricorso a reti di vendita indirette e in quei rari casi ci si avvale di rapporti di tipo mono-mandatario.
La quota destinata al mercato internazionale – che sta assumendo una crescente rilevanza per le imprese
serigrafiche – prende la via dei mercati più consolidati, Europa e Nord America (la quota media destinata all’Europa
e al Nord America dalle imprese intervistate è pari a circa il 60%) mentre ai nuovi mercati dell’area asiatica ed
Europa Orientale si indirizza l’altro 40% circa.
Il trend delle esportazioni rivolte a questi ultimi segna una decisa dinamica all’aumento lasciando intendere il
ruolo sempre crescente che questi mercati si candidano a ricoprire.
La via dell’internazionalizzazione è un percorso obbligato per le imprese, o almeno per quelle di maggior
levatura sul piano strutturale e della capacità innovativa. Troppo acceso il confronto diretto all’interno del distretto
che si svolge su spazi di mercato sempre più ristretti a seguito della tendenza delle aziende ceramiche ad
internalizzare parte dell’attività svolta dalle imprese di serigrafia.
Il know-how sviluppato e sperimentato all’interno del distretto e sedimentato nelle imprese può essere da
queste profittevolmente proposto al mercato internazionale sia con modalità organizzative di tipo mercantile che
anche di tipo produttivo. Per la frequentazione con finalità mercantile, ci si avvale di personale interno ed in rari casi
del supporto offerto da una filiale. Le mete preferite per radicare una presenza stabile di tipo produttivo/service, sono
quelle dove l’industria ceramica si è sviluppata maggiormente e tra queste Spagna e Brasile (tab. 5.4).
Tab. 5.4 - Profilo internazionale di alcune tra le principali imprese serigrafiche dell’area di Sassuolo
Mercato Anno Forma
Destinazione della produzione
Fatturato
N°
estero
di
di
2004 (€) addetti
entrata entrata*
2004
Imprese
Bolivia, Argentina,
Brasile
1993
2
Brasile
6.000.000 N.D.
SRS
Messico 2003
3
Messico
2.000.000 N.D.
Portogallo 2002
1
Portogallo
2.000.000 N.D.
Spagna
1987
2
Spagna, Romania, Marocco, Paesi asiatici 3.500.000 N.D.
Iran
2005
3
Iran
1.000.000 N.D.
N.D.
Poligraph Spagna
2000
2
Spagna
7
Newton
Brasile
2005
2
Brasile
N.D.
Tosi
Spagna
2001
Portogallo 2000
2
3
Sud America, Cina
Europa, Sud America
N°
addetti
italiani
2004
1
1
0
0
0
3
3
0
1.000.000 5
1.400.000
1
0
* (1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale.
Fonte: Rilevazione diretta
La diffusa preferenza alla Spagna va connessa alla presenza sul suolo spagnolo del distretto di Castellon,
che riproduce condizioni strutturali ed operative in larga parte simili a quelle presenti nell’area di Sassuolo. Questa
realtà può fungere al contempo da cliente e fornitore di il know-how per le nostre imprese di serigrafia.
Il mercato americano (Messico e Brasile) ha sempre dimostrato una particolare sensibilità ed attenzione al
prodotto “Made in Italy”, e ciò, non ha potuto che agevolare l’ingresso delle imprese con presidi stabili pur anche di
204
levatura modesta sul piano organizzativo. Le imprese stanno, inoltre, guardando con crescente attenzione alle
opportunità nascenti in nuovi mercati (Cina, Russia e Turchia) da avvicinare in una fase iniziale con modalità di tipo
mercantile ed eventualmente, in un secondo momento, radicando una presenza stabile. Anche per questi mercati
agiscono come fattori di spinta all’internazionalizzazione gli spazi di vendita offerti dal mercato locale e la possibilità
di offrire una migliore gestione dei servizi di assistenza pre\post vendita alla clientela.
La dilatazione degli orizzonti operativi e l’apertura a nuovi contesti di mercato costituiscono, infine, condizioni
che rafforzano la capacità competitiva di queste imprese, ne ampliano gli orizzonti a cui riferirsi nella
creazione/adattamento delle proposte e delle soluzioni grafiche.
6. Le performance economiche e finanziarie delle imprese
I tratti e le specificità - pur nella loro essenzialità e brevità – ci consegnano una realtà settoriale molto
dinamica, con imprese che hanno saputo individuare il loro focus operativo su un’area che assume particolare rilievo
nella catena del valore del prodotto piastrella. Questa attività si inserisce - e molte volte la esaurisce – nella ricerca
grafica e nella realizzazione degli strumenti che conferiscono contenuto estetico e personalità distintiva al prodotto.
E’ quindi una attività ad elevato contenuto “immateriale” e di servizio” che per essere svolta non necessita di
“ingombranti” asset materiali ma si alimenta delle conoscenze e competenze delle risorse umane integrate dai
supporti tecnologici. Un secondo aspetto di questa attività deve essere annotato: il suo elevato grado di immaterialità
che ne rende più difficile la sua replicabilità e l’appropriabilità dei relativi risultati. L’imitazione su questa strada
incontra qualche barriera in più rispetto a prodotti/servizi offerti da altre componenti del sistema ceramico. Questi
aspetti di tipicità del “business model” si riflettono sulla capacità di generazione di valore (reddito per le imprese) e
sulla dotazione della base strumentale (capitale investito) che supporta i processi tipici.
Le considerazioni che seguono – è bene ribadire – sono estratte dall’analisi condotta su un gruppo ristretto
(pur significativo) di imprese che occupano le posizioni alte del comparto (sono le più grandi). Osservando la
dinamica della gestione economica di questo gruppetto di imprese, non si può non rilevare la robusta e continua
capacità di estrarre valore dalla loro attività (Tab. 6.1).
Non si distinguono tanto per la dinamica del fatturato – anche se non passa inosservato lo scatto sul finale
del periodo - quanto la capacità di estrarre valore aggiunto dalla “creazione” della loro offerta e di gestire in modo
efficiente i fattori produttivi (lavoro in particolare). Livelli di valore aggiunto simili (l’incidenza sul fatturato oscilla nel
periodo tra il 47%-56%) e di redditività operativa (valori compresi tra il 12%-17%), non sono rinvenibili in nessuna
altro comparto del sistema ceramico.
Il riscontro della leggerezza di queste imprese – o meglio del loro elevato grado di “immaterialità” è fornito
dalla struttura del capitale investivo (Tab. 6.2). La componente stabilmente immobilizzata è molto contenuta ed al
suo interno prevalgono quelle più “soft” (brevetti, risorse tecnologiche,...) e quelle finanziarie (a segnalare l’intrapresa
di percorsi di crescita esterna attraverso acquisizioni/ partecipazioni di imprese). A questa leggerezza del capitale
investito corrisponde un profilo di solidità finanziaria che contrasta con la condizione di diffusa sottocapitalizzazione
che in genere connota la struttura finanziarie delle imprese del sistema ceramico. Il forte contributo fornito dal
capitale di rischio contiene il ricorso a fonti di debito intaccando in misura molto contenuta i risultati prodotti dalla
gestione caratteristica. Ne consegue, un ulteriore contributo alla generazione di reddito che può utilmente contribuire
al processo di accumulazione di capitale delle imprese oltre che a remunerare il capitale di rischio.
Le performance di tipo economico e la solidità della posizione patrimoniale e finanziaria delle imprese di
serigrafia e degli studi grafici, costituiscono una risorsa che si aggiunge al loro patrimonio di “immaterialità”,
condizione che può concorrere a rafforzare ed estendere la base del loro vantaggio competitivo stimolandole, così,
ad ampliare i loro orizzonti operativi e di mercato.
205
Tabella 6.1 Comparto Studi grafici e serigrafie: Conto Economico di un campione di 5 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004
Conto Economico
2000
%
2001
%
2002
%
2003
%
2004
%
Valore della produzione
34.516,46
100,00
34.904,24
100,00
35.535,58
100,00
35.713,84
100,00
41.672,21
100,00
Materie prime e consumo
9.796,53
10.061,27
10.292,75
10.777,11
12.221,40
Servizi
5.900,64
6.101,44
6.168,18
5.827,47
7.696,41
Godimento di beni di terzi
2.656,47
2.741,82
3.033,87
3.086,32
3.059,72
Ricavi delle vendite
Valore aggiunto
16.162,82
Totale costi del personale
8.891,89
Margine operativo lordo -MOL
7.270,94
Ammortamenti e svalutazioni
1.697,11
Risultato operativo
5.573,83
Proventi e oneri finanziari
46,82
15.999,71
45,84
8.862,13
21,06
20,44
5.436,77
45,13
8.972,08
1.700,82
16,14
16.040,78
7.068,70
5.253,38
44,86
9.385,27
19,89
1.815,32
15,57
16.022,94
6.637,67
4.520,15
18,58
9.339,47
12,66
7.187,31
82,82
371,69
3.786,14
16,881
Risultato prima delle imposte
5.733,15
5.519,58
5.625,07
8.306,29
7.204,19
Imposte totali
3.049,92
2.926,99
5.216,95
2.358,49
5.930,67
2.696,23
7,81
2.592,59
7,42
206
408,13
1,14
5.947,80
22,41
2.152,16
159,32
Utile perdita di esercizio
Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA
44,86
9.355,20
2.117,52
14,78
18.694,67
16,65
1.273,52
17,24
3,05
Tabella 6.2 Comparto Studi grafici e serigrafie: Stato Patrimoniale di un campione di 5 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004
Stato Patrimoniale Attivo
2000
%
2001
%
2002
%
2003
%
2004
Immobilizzazioni immateriali
462,29
730,56
632,63
747,34
2.266,85
Immobilizzazioni materiali
2.415,70
2.663,92
3.210,22
3.740,48
4.299,16
Immobilizzazioni finanziarie
2.412,50
3.156,20
3.530,12
3.377,49
5.456,69
Totale Immobilizzazioni
5.290,49
18,30
6.342,94
21,16
7.372,98
25,08
7.372,98
22,12
12.022,70
27,61
Liquidità immediate
Totale disponibilità liquide
Totale Attività finanziarie
Liquidità differite
Totale Crediti
Disponibilità
Rimanenze
TOT Attivo circolante
2.868,33
2.868,33
18.637,09
18.637,09
1.398,67
1.398,67
22.904,10
72,39
TOT ATTIVO
Stato Patrimoniale Passivo
Patrimonio netto
Debiti a breve termine
Debiti a lungo termine
Totale Debiti
Fondi e rischi
TFR
TOT PASSIVO
Fonte: nostra elaborazione da dati AIDA
81,70
2.640,21
2.640,21
18.725,18
18.725,18
1.526,47
1.526,47
22.891,86
28.915,02
100,00
2000
10.697,882
13.193,166
1.215,172
14.408,338
1.688,826
2.119,977
28.915,02
%
36,99
49,82
100,00
78,84
2.071,80
2.071,80
20.971,29
20.971,29
1.519,50
1.519,50
24.562,59
29.961,32
100,00
2001
12.090,47
12.545,20
1.043,40
13.588,60
1.984,49
2.297,76
29.961,32
%
40,35
45,35
100,00
207
%
74,92
7.140,59
5.890,19
1.250,40
20.727,28
20.727,28
1.937,49
1.937,49
29.805,36
77,88
6.875,00
5.624,60
1.250,40
22.171,41
22.171,41
2.248,88
2.248,88
31.064,89
32.785,84
100,00
38.266,72
100,00
43.509,29
100,00
2002
12.273,61
14.224,22
821,24
15.045,46
2.962,42
2.469,96
32.785,84
%
37,43
2003
18.568,48
13.893,00
538,30
14.431,29
2.557,28
2.676,44
38.266,72
%
48,52
2004
19.515,11
16.729,82
1.355,08
18.084,90
2.959,23
2.950,06
43.509,29
%
44,85
45,88
100,00
37,71
100,00
421,56
100,00
ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI
Gli elementi conoscitivi offerti dall’analisi sulle imprese di serigrafia e di attività grafiche forniscono in altro
tassello al mosaico del complesso sistema di attività al servizio dell’industria ceramica. Un comparto piccolo, la cui
visibilità sul territorio è segnalata da diverse realtà aziendali affiorate che nel corso del tempo: alcune di queste
hanno assunto una loro personalità sul piano dell’offerta rivolta al mercato, mentre altre mantengono un profilo
operativo più “discreto” ma non per questo sono meno utili alla generazione di esternalità positive a favore delle
azione ceramiche.
La loro attività si inserisce in un punto cruciale del processo produttivo della piastrella di ceramica: quella del
decoro e cioè quella che conferisce il volto e le sembianze al prodotto. I costruttori di impianti forniscono le linee di
smalteria e le macchine per decorare, i colorifici mettono a disposizione gli smalti ed i composti, ma è la fase di
stampa serigrafica che avviene la decorazione della superficie della piastrella. E questo è il compito che si sono
assunte le nostre imprese: mettere a disposizione la strumentazione ed il know how grafico per nobilitare il manufatto
di terra.
Un compito intrapreso da alcuni operatori pionieri – distaccatisi dalle aziende ceramiche del distretto - agli
inizi degli anni 70, quando la piastrella di ceramica presentava ancora una veste dimessa sotto il profilo della
colorazione e del decoro.
Partono le prime sperimentazioni, nascono le prime invenzioni che porteranno la serigrafia ceramica ad
evolvere progressivamente sul piano delle tecnologie di stampa, dei supporti e sistemi applicativi. Si può affermare
che la progressiva nobilitazione che ha vissuto il prodotto ceramico non sarebbe stata possibile senza l’evoluzione
della stampa serigrafica. Una evoluzione che ha visto nei costruttori di macchine per decorare e smaltare la piastrella
e le imprese di serigrafia i veri protagonisti.
Considerare l’apporto delle imprese di serigrafia alla produzione di retini e della loro incisione, sarebbe molto
limitativo. In realtà il contributo che nel corso del tempo si è rivelato via via più determinante per il successo del
prodotto ceramico è venuto dal contenuto dall’attività sviluppata in termini di ricerca grafica. Questa attività
rappresenta oggi il focus operativo delle imprese, e di certo, di quelle che hanno saputo coltivare la loro vena
innovativa. Il proseguire su questa strada ha spostato in misura anche sostanziale il baricentro della loro attività da
manifatturiera a quella di servizi. Molte le implicazioni e quasi tutte positive: la leggerezza delle strutture aziendali
sorrette da asset ad elevato grado di “immaterialità” la ricchezza del patrimonio “cognitivo” alimentato e accumulato
nel tempo, la “distintività” della loro offerta che offre difese alla imitazione. Tutto questo non ha mancato di
“gratificare” le imprese sul piano dei risultati economici conseguenti all’esercizio delle loro attività. Da questa
angolazione si potrebbe dire che la “dematerializzazione” della piastrella di ceramica paga. Un esempio da seguire –
non per tutti – ma che certo alla luce della diffusione della produzione ceramica su scala internazionale, può offrire
maggiori spazi agli attuali protagonisti ed attrarre nuovi pionieri.
208
IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI:
struttura settoriale e relazioni di mercato
(Tiziano Bursi – Claudio Giachetti)
209
INDICE
INTRODUZIONE
p. 211
CAPITOLO 1 - IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI:
PROFILO STRUTTURALE, ASSETTI COMPETITIVI E COMPORTAMENTI DI IMPRESA
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
Un pò di storia
Il profilo strutturale delle imprese
Il profilo produttivo del comparto
La struttura del sistema competitivo
Le dinamiche relazionali con la clientela
Le diverse stagioni del comparto dei corredi ceramici
p. 212
p. 213
p. 217
p. 219
p. 221
p. 226
CAPITOLO 2 - LE STRATEGIE AZIENDALI E LE PERFORMANCE ECONOMICHE
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
La differenziazione di prodotto
L’articolazione dell’offerta e la diversificazione dei mercati
Le partnership tra imprese: la via per “assorbire” la frammentazione del comparto
L’internazionalizzazione: il percorso per ritrovare la via dello sviluppo?
I fattori competitivi e le aree di maggiore impegno
Le performance economico-finanziarie delle imprese
CONCLUSIONI
p. 228
p. 230
p. 230
p. 232
p. 236
p. 239
p. 242
p. 244
BIBLIOGRAFIA
210
INTRODUZIONE
Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione:
strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia
aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e coordinato dal Prof. Tiziano Bursi.
Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di questa ricerca vi è quello di dare un’interpretazione al
cambiamento in atto e capire l’impatto sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati nella filiera
ceramica.
Il contenuto del rapporto è dedicato al comparto dei Corredi ceramici che comprende le imprese dedite alle
attività di terzo fuoco, taglio, e nobilitazione delle piastrelle di ceramica.
Un settore, composto in prevalenza di piccole imprese, a forte concentrazione territoriale, che con il loro
apporto di creatività e capacità di ricerca, sia grafica che tecnica, ha contribuito ad innalzare il contenuto estetico del
prodotto ceramico, esaltandone la componente di arredo.
Un comparto, inoltre, che con l’ampliamento della base strutturale ha assunto in modo silenzioso una
posizione sempre più visibile tra le componenti che formano quell’intreccio di lavorazioni specializzate e
complementari a servizio dell’industria ceramica. Una formazione di imprese che deve la sua nascita alla presenza
di tante aziende ceramiche dalle quali proviene la maggior parte della classe imprenditoriale a capo, oggi, delle
imprese produttrici di corredi, pezzi speciali e fornitrici di lavorazioni speciali. Una imprenditoria, quindi, che ha
spesso formato le sue competenze e affinato le rispettive capacità nei reparti produttivi delle aziende ceramiche
per poi uscirne e dare vita ad una nuova iniziativa imprenditoriale, che in scala ridotta ed in forma più leggera, ne
replica il modello, le tecnologie e le modalità di relazione con gli attori del distretto. Nel network di relazioni quelle
che intercorrono con le aziende ceramiche hanno da sempre ricoperto un ruolo fondamentale sia per il grado di
interdipendenza (meglio di forte dipendenza) che per la loro natura (collaborativa/competitiva).
La base conoscitiva del presente rapporto è fornita da una indagine su un campione di 33 imprese che
fornisce un soddisfacente grado di rappresentatività della realtà settoriale.
Le imprese del campione – in base alla specializzazione produttiva - si collocano all’interno di distinti gruppi:
• “terzo fuoco”, con le imprese impegnate principalmente nella produzione di corredi, pezzi speciali,
lavorazioni di decoro della piastrella: questa componente rappresenta circa il 60% del campione;
•
“taglio”, con gli operatori che si dedicano in prevalenza a lavorazioni speciali (taglio, levigatura,
lappatura,…), che rappresentano il restante 40% del campione.
Il quadro conoscitivo è stato integrato con alcune interviste in profondità rivolte ad operatori privilegiati del
settore ed arricchito di altri materiali ed informazioni desunte da fonti secondarie (indagini, banche dati, repertori). Ne
è uscita una rappresentazione di una certa compiutezza, tuttavia ancora migliorabile.
Si vuole rivolgere un ringraziamento particolare alle imprese. Senza la loro collaborazione questo lavoro non
avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto possa essere di utilità anche per loro.
Un segno di gratitudine va in particolare a Enzo Manara, Presidente di Cerarte che ha fornito un contributo
molto importante per la realizzazione della indagine, a Mauro Borghi (Punto Quattro), Adriano Ricchetti (Il Monile) e
a Gregorio Schenetti (Gamma Due), dobbiamo un segno di riconoscenza particolare. Ci hanno infatti aiutato a
comprendere la ricchezza di questo comparto che, a differenza del decoro, non sta solo in superficie.
211
CAPITOLO PRIMO
IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI:
PROFILO STRUTTURALE, ASSETTI COMPETITIVI E COMPORTAMENTI DI IMPRESA
1.1 Un pò di storia
In origine, nella fase di nascita e decollo della industria ceramica - anni ’50-60 - la decorazione della piastrella
era un’attività svolta internamente alle imprese ceramiche. E’ bene ricordare che – in quel periodo – le imprese
ceramiche erano di piccola dimensione, offrivano un prodotto standardizzato in pochi formati e colori destinato al
mercato delle imprese di costruzione. La produzione di piastrelle, si basava quindi su processi artigianali, basso
livello di meccanizzazione e sistemi di lavorazione con elevato apporto di forza lavoro.
Anche la decorazione del supporto avveniva attraverso un elevato apporto di manualità, complice anche la
bassa porosità del supporto e la tipologia di smalti utilizzati che non consentivano la meccanizzazione di questa
operazione1.
La decorazione, che richiedeva elevate quantità di tempo e di manodopera specializzata, veniva eseguita,
mediante l’uso di pennelli, sullo smalto di fondo già vetrificato. Una volta terminata la decorazione, il fondo veniva
sottoposto ad un’ultima cottura per far vetrificare la decorazioni sulle piastrelle già smaltate. Talvolta, per evitare
questa ultima cottura, il decoro veniva fatto a spolvero2. Negli anni ’60, grazie alle modificazioni che hanno
interessato il supporto e gli smalti utilizzati, prendono avvio e si sviluppano le prime soluzioni meccanizzate di
decorazione, fra le quali la serigrafia3.
Il forte sviluppo della domanda di piastrelle da parte del mercato conseguente alla forte crescita economica
del paese, ed alla crescete urbanizzazione - della fine degli anni ’60-inizia anni ’70 – fanno maturare nuovi indirizzi
ed impostazioni produttive all’interno delle aziende ceramiche.
Far fronte ad una domanda in così continua crescita – ed allo stesso tempo non insensibile al contenuto
estetico del prodotto - indusse le aziende ceramiche a concentrarsi su prodotti di profilo standardizzato (pochi
formati, colori) realizzati in grandi volumi e procedere nel contempo alla esternalizzazione dell’attività di decoro,
divenuto nel frattempo un importante elemento di differenziazione del prodotto4.
Nacquero così le prime aziende specializzate nella decorazione della piastrella di ceramica, chiamate
comunemente imprese di “Terzo Fuoco”, proprio perché la cottura del decoro sulla piastrella è un’operazione
successiva alla cottura del supporto e del fondo smaltato. Si trattava ancora di piccoli “studi” di artigiani che
producevano su commessa delle imprese ceramiche del distretto. Inizialmente, molti di questi laboratori, svolgevano
esclusivamente attività di ricerca grafica, mentre la produzione vera e propria del decoro veniva realizzata dalle
imprese ceramiche (o da operatori che disponevano dei macchinari necessari per tale attività).
Nel corso del decennio, le condizioni di elevata redditività connesse allo svolgimento di questa attività ed la
conseguente congrua accumulazione di capitale, consentì anche agli operatori di levatura più contenuta, di far fronte
agli investimenti in macchinari ed attrezzature, per dotarsi di una propria ed autonoma capacità produttiva.
L’esigenza di differenziare il prodotto, per offrire al mercato non più solo semplici piastrelle di diverso formato
con colori e sfumature differenti, ma motivi ornamentali ricchi ed articolati, costrinse così le imprese ceramiche ad
avvalersi sempre più dell’apporto di idee e creatività degli operatori dei corredi.
Gli anni ’80 rappresentano, per il settore dei corredi ceramici, un periodo ricco di eventi e trasformazioni ed al
contempo di intenso sviluppo. L’insieme di questi fattori esogeni forma una miscela che fa da propellente alla
espansione della base settoriale.
Russo M. (1996),
La tecnica del decoro a “spolvero” prevede l’utilizzo di un foglio di carta traslucido forato ad ago lungo i contorni del disegno da
riprodurre che, appoggiato alla superficie della piastrella, viene battuto con un tampone di stoffa contenente polvere di carbone.
Questa, attraverso i fori della carta, si deposita sulla superficie della piastrella tracciando i contorni del disegno su cui verranno
applicati i colori.
3 La “serigrafia” è una tecnica di applicazione di colori e smalti che, sottoposti a pressione dal movimento di una spatola, passano
attraverso le maglie di un retino, reso permeabile solo in quelle zone che corrispondono al motivo da riprodurre sulla superficie.
4 Sulla scelta assunta dalle aziende ceramiche di esternalizzare la decorazione influirono, oltre al suo elevato contenuto di
manualità, anche l’onere di dover mantenere a giacenza quantitativi di piastrelle con diversi tipi di decoro. Si veda: Russo M.
(1996).
1
2
212
La semplicità dei livelli di organizzazione su cui si regge l’attività di queste imprese, la lunghezza del ciclo
produttivo (che in scala minore riproduce la produzione della piastrella di ceramica), le modeste barriere all’entrata
di tipo tecnico e produttivo, la forte domanda di “decorazione” da parte delle imprese ceramiche esercitano un forte
richiamo per l’avvio di nuove iniziative produttive e quindi per la dilatazione della base settoriale. Ad abbassare le
soglie di investimento soccorrono alcuni salti tecnologici intervenuti nel periodo, come l’introduzione della serigrafia
in linea automatica ed i forni a rullo che consentirono di realizzare prodotti innovativi ed allo stesso tempo di ridurre
significativamente i costi di produzione5.
Le aziende del terzo fuoco continuarono a proliferare principalmente all’interno dell’area ceramica di Modena
e Reggio Emilia, sia per la forte incidenza esercitata dai costi di trasporto sulla movimentazione dei prodotti e sia per
la necessità di intrattenere stretti rapporti con le aziende committenti6.
Negli anni ’90, quelli che in precedenza erano piccoli laboratori artigianali, avevano assunto le caratteristiche
di vere e proprie aziende, con strutture gestionali ben definite. Inoltre, con l’evolversi delle tecniche di lavorazione si
introdussero nel processo produttivo nuovi materiali e nuove tecnologie che contribuirono a favorire la nascita di
nuovi operatori e con essi nuove specializzazioni produttive.7
Se fino alla metà degli anni ’90, l’intensificarsi della concorrenza aveva spinto le imprese dei corredi a
ricercare soluzioni estetiche ricche ed articolate, alla fine del decennio una brusca inversione di tendenza costrinse
molti di questi operatori a riconcepire la decorazione del prodotto ceramico. L’avvento del “minimalismo”8, un tempo
legato ad una nicchia di mercato, non solo si contrapponeva fortemente alle evoluzioni tecnico-stilistiche maturate
nel corso degli anni dalle imprese dei corredi, ma rendeva il prodotto italiano maggiormente vulnerabile alla
concorrenza internazionale, poiché più semplice da realizzare e quindi più facile da imitare.
Con l’inizio del XXI secolo, la situazione si è resa ancora più complessa in ragione della crescente
competizione internazionale che ha investito le imprese ceramiche del distretto, con inevitabili riflessi anche sulle
imprese del terzo fuoco. La continua richiesta da parte delle imprese ceramiche di prodotti differenziati, distintivi e
ricchi di soluzioni estetiche innovative, sta infatti mettendo in serie difficoltà gli operatori del comparto dei corredi,
non sempre in grado di mettere in campo, e di sostenere, un impegno nell’attività di ricerca e sviluppo adeguato per
aderire a questo tipo di esigenza.
Oggi, il contesto attuale vede le imprese ceramiche del distretto impegnate in un confronto competitivo
sempre più aspro che le spinge a dirigere la loro offerta ai segmenti più qualificati della domanda senza tuttavia
perdere di vista i costi. Nella conquista (o difesa delle posizioni) sul canale di distribuzione (sul quale esercitano una
limitata influenza) non di rado fanno leva sull’apporto di distintività e contenuto stilistico conferito dai corredi o pezzi
speciali per valorizzare la loro offerta.
La frammentazione sul fronte dei produttori di corredi, l’accesa rivalità che le anima nel contendersi una
domanda (interna al distretto) che si va progressivamente restringendo e l’incapacità di “inventarsi” nuovi
mercati/nuovi prodotti le costringe ad una sofferta e forte posizione di dipendenza nei confronti delle aziende
ceramiche.
1.2 Il profilo strutturale delle imprese
Indagini recenti e diverse fonti quantificano la base strutturale del comparto dei corredi ceramici in circa 200
unità, con una occupazione di circa 5000 addetti e con un fatturato complessivo di 350 milioni di euro (Tab. 1.1).
Le imprese si distribuiscono in larga parte nelle province di Modena e Reggio Emilia con una forte
concentrazione nell’area del distretto ceramico (Fig. 1.1). Di questa realtà settoriale l’indagine sul campo ha
interessato 33 imprese, un campione che per la composizione interna (localizzazione, specializzazione e dimensione
delle imprese) ne assicura una buona rappresentazione.
Da questo momento, la trattazione farà riferimento a questa base numerica.
I forni a “muffola”, che, utilizzati fino ai primi anni ’80, richiedevano un tempo di cottura di circa 8-12 ore, vennero poi sostituiti dai
forni a “rulli”, i quali consentivano di cuocere il decoro in 30-60 minuti. La rapidità di cottura, infatti, risulta particolarmente preziosa
nel caso di prove e di messa a punto di nuovi prodotti. Per approfondimenti si veda: Bursi T. (1984).
6 Bursi T. (1984).
7 Oltre agli operatori del Terzo Fuoco nascevano i “Quarto Fochisti” (“quartisti”), che si occupano di rifinire e completare le
lavorazioni effettuate delle imprese del Terzo Fuoco, e gli operatori del “Taglio”, aziende specializzate nel taglio della piastrella per
conferire a questa un aspetto originale dal punto di vista della forma.
8 Il “minimalismo” legato all’attività del corredo della piastrella ceramica è una tendenza artistica basata su una concezione del
decoro in modo astratto, privo di decorazioni articolate o caratteri espressivi, caratterizzato da forme semplici e dirette.
5
213
Tabella 1.1 - Comparto dei corredi ceramici: peso percentuale del campione rispetto all’universo delle
imprese dei corredi (2004)
Campione**
Totale Comparto*
(2004)
Numero
Imprese
200
Addetti
4.500
Fatturato (milioni euro)
500
Fonte: * Osservatorio, Cerarte. ** Rilevazione diretta
33
1.809
209
Grado di rappresentatività del
campione sull’universo %
16,5%
40,2%
42,0%
Figura 1.1 - Comparto dei corredi ceramici: localizzazione geografica delle imprese (2003)
13%
26%
61%
Sassuolo, Fiorano, Maranello
Altri Com uni Provincia di Modena
Com uni Provincia di Reggio Em ilia
Fonte: Osservatorio, Cerarte.
Gli imprenditori alla guida di queste imprese, nella maggior parte dei casi, hanno maturato in passato
esperienze lavorative in aziende ceramiche, in altre aziende del terzo fuoco o comunque in imprese dell’area
ceramica.
“Io lavoro nelle imprese del terzo fuoco – racconta un imprenditore - praticamente da quando è nato il
settore. Ho visto nascere il terzo fuoco alla fine degli anni ’70. Ho cominciato a lavorare dentro ad una delle prime
imprese. Dopo una lunga esperienza di undici anni, io e il mio socio ci siamo messi in proprio”.
“Un socio - afferma un altro imprenditore - era un tecnico ed aveva esperienza nella produzione, essendo
inserito già da diversi anni nel settore del terzo fuoco. Io avevo esperienza nel commerciale. Il terzo socio, invece,
era specializzata nel disegno e nella messa a punto dei campioni. La mia origine tuttavia non è nel terzo fuoco. Io
vengo dal settore dei refrattari, che comunque ha degli aspetti in comune con il ceramico. Successivamente ho
lavorato per qualche anno in una serie di aziende del terzo fuoco dove ho accumulato esperienza.
Il passaggio da una attività di lavoro alle dipendenza ad una autonoma di tipo imprenditoriale avviene, per la
maggior parte di loro, negli anni ’80 attratti dalle favorevoli condizioni di mercato e di profittabilità offerte dall’attività.
Alcune storie, come tante. ”Tutto è nato da una intuizione: c’era una domanda da parte dei produttori
ceramici, i quali richiedevano una maggiore varietà di proposte che non poteva essere risolta dall’organizzazione
interna. La domanda era talmente elevata che sostanzialmente si poteva avviare un’iniziativa imprenditoriale in
maniera relativamente semplice. Poi negli anni le cose si sono evolute, con l’aumento della competizione negli anni
’90”.
Un’altra storia di un imprenditore: “Siamo partiti da zero, senza risorse particolari. Non vi erano risorse ma vi
erano competenze. Se avessi avuto un cospicuo capitale iniziale sarei cresciuto in modo molto più rapido. Tuttavia in
quegli anni gli utili dell’azienda crescevano a ritmi esponenziali, dandoci la possibilità di autofinanziarci. Le banche
hanno contribuito significativamente attraverso prestiti e mutui”.
Si racconta ancora un altro imprenditore. “L’impresa è nata nel 1997. Siamo uno degli ultimi arrivati. ….Il
fatto di mettermi in proprio è nato dalla voglia di dire qualcosa. All’inizio ho sbagliato tutto perché facevo quello che
facevano gli altri. Gli amici infatti mi dicevano: “guarda che questi prodotti ce li abbiamo già, non ci porti niente di
nuovo”. ……… All’inizio vi era solo capitale sociale, dunque ci siamo autofinanziati. Le competenze sono state
apportate dai tre soci fondatori, essendo inizialmente gli unici tre dipendenti”.
Le imprese del comparto sono quasi tutte di piccola dimensione, con un fatturato medio unitario di circa 6
milioni di euro. Solo il 15% delle imprese realizza un fatturato superiore a 11 milioni euro (Fig. 1.2).
214
Figura 1.2 - Comparto dei corredi ceramici: distribuzione delle imprese del campione per fatturato (2004)
35000
Fatturato (migliaia di euro)
30000
25000
20000
15000
10000
5000
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33
Imprese del campione
Fonte: rilevazione diretta ed elaborazione da dati AIDA
215
La diffusa presenza di imprese “nane”, non deve fare ritenere che esse siano afflitte da immobilismo, al
contrario molte di loro hanno visto mutare il loro profilo:
• sul piano tecnologico, produttivo e delle professionalità per rispondere ad esigenze di natura estetica
maturate nel corso del tempo che hanno richiesto il passaggio da tecniche decorative elementari, come la
decalcomania, a tecniche sempre più sofisticate con interventi di creatività, progettazione ed esecuzione;
• sul piano della organizzazione commerciale necessaria per seguire e supportare le esigenze della
clientela, specie a partire dagli anni ’90 quando le aziende ceramiche italiane hanno sentito più forte
l’azione di disturbo dei produttori spagnoli e di altri paesi.
• sul piano dimensionale, anche se i casi aziendali sono più limitati, e si fanno rarefatti se circoscritti a
processi di crescita realizzati attraverso aggregazioni o acquisizioni di impresa.
Sotto il profilo dell’assetto societario la maggior parte delle imprese è costituita in forma di società di capitale
(Srl e SpA) (Fig. 1.3).
Figura 1.3 - Comparto dei corredi ceramici: forma giuridica delle imprese
3%
21%
76%
S.r.l.
S.p.A.
S.n.c
Fonte: Ns. elaborazione
Gli addetti per impresa, in media sono poco più di 50, in un campo di variazione che oscilla da 10 a oltre
150 nelle aziende di maggiore dimensione (Fig. 1.4).
Ne esce una immagine di comparto giovane, con un elevato addensamento di imprese di piccola levatura,
radicate nello stesso territorio geografico e che si rapportano ad un medesimo mercato. Questi primi tratti forniscono
più di un indizio della vivacità del clima competitivo che si instaura all’interno del comparto.
Figura 1.4 - Comparto corredi ceramici: distribuzione delle imprese per profilo dimensionale (2004)
250
N° dipendenti
200
150
100
50
0
0
5.000
10.000
15.000
20.000
25.000
Fatturato (migliaia di euro)
Fonte: Ns. elaborazione
216
30.000
35.000
1.3 Il profilo produttivo del comparto
La popolazione di imprese del comparto, sotto il profilo dell’attività svolta, può essere suddivisa tra:
1.
operatori del terzo fuoco: si tratta di imprese che effettuano particolari lavorazioni artistiche sul rivestimento
vetrificato della piastrella, per sottoporlo ad una terza cottura (seconda per le piastrella di “monocottura”).
Con questa lavorazione si conferisce alla piastrella di ceramica un arricchimento del suo contenuto
estetico che ne risalta la funzione di arredo.
2.
quartisti: questi operatori, pochi di numero e di piccola dimensione, per mezzo di tecniche simili a quelle
utilizzate dalle imprese del terzo fuoco, svolgono lavorazioni ed attività particolari: produzione di tozzetti,
listelli, ed altre soluzioni decorative che, a loro volta, andranno ad arricchire il corredo ceramico di
pavimenti e rivestimenti. Si tratta di lavorazioni in genere non realizzate dalle imprese di terzo fuoco, ma da
queste esternalizzate ai “quartisti”.
3.
operatori del taglio: si tratta di operatori specializzati nel taglio della piastrella, per conferirle forme
geometriche particolari. Il taglio della piastrella, infatti, ha assunto nel tempo una sempre maggiore valenza
decorativa, e ne è la prova il grande successo riscosso dalla decorazione a “mosaico”1 e dallo sviluppo del
taglio ad “idrogetto”2.
I profili produttivi delle imprese lasciano intravedere la presenza all’interno del comparto di distinte aree di
attività o di specializzazione che si avvalgono di specifiche combinazioni di fattori e tecnologie. Profili che convivono,
evolvono e si integrano tra di loro. Alcuni esempi sono di aiuto a comprendere questa varietà.
“Inizialmente - racconta un imprenditore - facevamo solo ricerca e proposizione delle idee alla clientela. Il
socio con competenze tecniche, con la sua organizzazione, si occupava della messa a punto del prodotto e della
produzione, su mia indicazione.
Nel 2001 abbiamo fatto un passo avanti acquistando un nostro forno, le nostre macchine, per poter produrre
in modo autonomo. ….Questa è una azienda anomala per molti aspetti. Perché forse è la più piccola del settore ma
la più completa. Qui arriva il silos dell’argilla e va fuori il prodotto finito, e non esiste nessuno che abbia una realtà di
questo genere. Noi abbiamo il controllo completo del prodotto. Dalla progettazione al confezionamento.
La ricerca viene fatta internamente, io per quanto riguarda le forme, la mia socia si occupa invece della
ricerca grafica e dell’applicazione del colore. Dall’idea che viene elaborata si crea un prodotto. La creazione del
prodotto comincia con l’impasto dell’argilla, si crea il supporto, si smalta e si decora il supporto. Con l’ultima cottura si
fonde il tutto.
Noi facciamo anche molti pezzi speciali. I nostri sono praticamente tutti pezzi speciali. Noi infatti non
utilizziamo il supporto di un fornitore esterno, ma fatturiamo tutto in conto vendita, mentre gli altri studi fatturano
principalmente in conto lavoro.
Si racconta un altro imprenditore: “Noi siamo partiti con la ricerca, e l’area commerciale che proponeva e
vendeva i prototipi che facevamo produrre inizialmente ad un terzista, ma ci siamo affrancati da lui nel giro di un
anno, potendo permetterci gli investimenti in macchinari, quali forni, il capannone e gli uffici. Per un anno quindi
abbiamo solo commercializzato, essendo dipendenti di un terzista.
Le limitate barriere alla mobilità tra una attività e l’altra fanno perdere, in parte, nitidezza al profilo di attività di
impresa potendo la stessa combinare (al suo interno o ricorrendo alla subfornitura) diverse o tutte queste attività.
Questa condizione trova una conferma nell’impegno dedicato dalle imprese allo svolgimento delle diverse
fasi/lavorazioni del ciclo operativo (Fig. 1.5). Tra tutte le aree, quella della ricerca presenta il maggior livello di
assorbimento di risorse ed impegno da parte delle imprese.
La decorazione a mosaico consiste nel taglio della piastrella di ceramica monocolore, priva di decorazioni, in tanti piccoli pezzi
geometricamente identici per essere ricomposti secondo la fantasia dell’arredatore, così da ottenere un effetto “a mosaico”.
2 La tecnologia dell’“idrogetto”, consiste nell’utilizzare l’acqua in pressione fino a 6.000 atmosfere che, ad una velocità di 1.200
m/sec e miscelata con sabbie abrasive, è in grado di tagliare, mediante un apposito macchinario, spessori fino a 150 mm. su
qualsiasi traiettoria impostata. La tecnologia idrogetto viene utilizzata per la decorazione artistica sia nel settore delle pietre
naturali che in quello delle pietre artificiali e, proprio con l’avvento e il notevole sviluppo del gres porcellanato, ha avuto
un’importanza fondamentale grazie all’elevata flessibilità della lavorazione ed ai tempi e costi di esecuzione contenuti. A
differenza della tecnica del taglio tradizionale, in grado di tagliare la piastrella solo in linea retta o diagonale, consente di
effettuare tagli curvilinei.
1
217
Figura 1.5 - Comparto dei corredi ceramici: ciclo operativo ed attività svolte dalle imprese
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
100%
84,3%
Ricerca grafica
87,5%
Ricerca tecnica
63,6%
Decoro a serigrafia
57,6%
Pezzi speciali
62,5%
Smaltatura
72,2%
Cottura
Levigatura
90%
28,1%
72,7%
Taglio
63,6%
Assemblaggio
87,5%
Confezionamento
Fonte: Rilevazione diretta e Ns. elaborazione
Questa attività si orienta nello studio di nuove soluzioni stilistiche a livello di design (ricerca grafica) e nello
studio di nuove tecnologie, macchinari e materiali da mettere al servizio dell’attività di decoro (ricerca tecnica).
Ogni impresa di terzo fuoco dispone al suo interno, di un ufficio “creativo”, con personale specializzato e
dotato di doti di creatività, apparecchiature anche sofisticate (tecnologie informatizzate per il disegno grafico) che
realizza prototipi da proporre alle aziende ceramiche committenti. L’attività di ricerca, come anche quella di
prototipizzazione, comporta degli investimenti discrezionali a remunerazione incerta. In altre parole, l’operatore del
terzo fuoco è costretto a sostenere costi che saranno coperti (almeno in parte) solamente se il committente deciderà
di effettuare l’ordine.
Questo quadro trova un fedele riscontro se riportato a livello di singola azienda come lo rappresenta il suo
imprenditore. “Abbiamo un ufficio creativo che si avvale di computer per l’allestimento di cartelle virtuali con
ambientazioni, simulazione del prodotto, tecnologie utili per una prima selezione. Poi quando il cliente si mostra
interessato ad un prodotto, si realizza il prototipo. La fase di prototipizzazione ha dei costi elevatissimi perché il
cliente non paga niente. Il cliente vede 6-7 cartelle di presentazione su un prodotto, ne sceglie alcune, e come le
prende da me le può prendere anche da altrettanti venti laboratori. Quindi lui si trova a scegliere fra centinaia di
progetti che non gli costano niente.
Però non è ancora una scelta definitiva. Su 80 lavori, 10 li fa realizzare. 3 dei nostri, 2 di un altro ecc.. Per poi
sceglierne, paradossalmente uno solo. E questi sono soldi bruciati al vento, perché poi riciclare questi decori bocciati
non è immediato e comporta altri costi. Noi siamo riusciti a vendere solo dopo anni dei prodotti che ci avevano
bocciato.
Se il prodotto viene accettato allora facciamo una piccola campionatura e dopo si aspettano alcuni mesi, a
volte 6 mesi o addirittura un anno per altri ordini più consistenti. Ma può accadere che per un prodotto vi sia un
ordine solo…la ceramica ha anche questa capacità di bruciare le cose…la loro foga di fare sempre cose nuove li ha
portati a bruciare tutto in poco tempo. Non rivalorizzano ciò che era bello e valido, ma lo annullano con nuove
proposte, spesso peggiorative”.
In decisa crescita il numero di imprese che svolgono l’attività di taglio, la quale ha sempre più un’importante
valenza estetica, in ragione delle nuove scelte stilistiche (mosaico) e delle nuove tecnologie produttive (taglio ad
idrogetto).
Il 58% delle imprese del campione è impegnata nella produzione di “pezzi speciali” (mosaici, intarsi, bordure,
formelle, inserti…), che, nati negli anni ’90, hanno accresciuto sempre più la loro presenza all’interno dei decori
ceramici, quali utili componenti ornamentali ed elementi di differenziazione. Il prevalere negli ultimi anni di tendenze
stilistiche improntate al minimalismo ha prodotto un visibile calo della domanda di pezzi speciali.
Per quanto riguarda la composizione e l’articolazione del processo produttivo, si rileva una varietà di
tendenze sulle quali prevale l’orientamento delle imprese a preferire il controllo sull’intero ciclo produttivo (Fig. 1.6).
218
Sono a ciclo completo quelle imprese che svolgono tutte le principali attività, dalla ricerca al confezionamento
(70% delle imprese). Per imprese a ciclo completo “con cottura” si fa riferimento a quegli operatori che realizzano il
decoro in terzo fuoco (cottura del fondo vetrificato sul quale è stato effettuato il decoro), mentre le imprese a ciclo
completo “senza cottura” sono quegli operatori che “nobilitano” la piastrella attraverso il taglio o l’idrogetto senza
ricorrere alla cottura.
Il 30% delle imprese produce a ciclo parziale: il 12% con cottura ed il restante 18% senza cottura. Ricadono in
questa ultima categoria di produzione a ciclo parziale i cosiddetti “quartisti”.
Figura 1.6 - Imprese dei corredi ceramici: tipologie di processo produttivo (in valore percentuale)
9%
18%
12%
61%
parziale senza cottura
parziale con cottura
completo con cottura
completo senza cottura
Fonte: Ns. elaborazione
I tratti fin qui rappresentati ci delineano una realtà produttività che ha preso le sembianze di vero e proprio
comparto industriale e risulta composto da imprese nate negli anni ’70 come laboratori di ricerca e che in seguito
hanno accresciuto, nel corso di trenta anni, la loro dotazione di risorse e competenze: personale specializzato
(principalmente ricercatori e progettisti), attrezzature all’avanguardia (software per la progettazione e la
prototipizzazione). E’ grazie a questo patrimonio che hanno potuto proporsi al mercato con un articolato portafoglio
di prodotti, lavorazioni e servizi.
Se il mercato nazionale ed ancor più internazionale ha espresso un apprezzamento sempre crescente alla
piastrella di ceramica made in Italy , per il suo contenuto estetico un pò del merito va anche a queste imprese che
hanno messo a servizio la loro attività di ricerca sul piano del design e della grafica.
1.4 La struttura del sistema competitivo
L’offerta all’interno del comparto dei corredi ceramici si distribuisce tra un numero elevato di contendenti
ognuno dei quali detiene una bassa quota di mercato: ne discende un assetto di elevata frammentazione produttiva
(Fig. 1.7). Le favorevoli condizioni di mercato, le basse soglie di investimento (capitali, tecnologie, know how), sono
i fattori che hanno contribuito all’attuale assetto.
In una prima fase – in presenza di una domanda crescente e dinamica sul piano della variabilità/varietà delle
prestazioni richieste dalla clientela alle imprese del comparto – il confronto sul mercato assumeva i tipici toni della
concorrenza monopolistica: ogni impresa poteva intercettare una parte della domanda facendo valere il contenuto
distintivo della propria offerta senza dover esercitare una forte pressione sul prezzo.
219
Figura 1.7 - Comparto dei corredi ceramici: Grado di concentrazione produttiva (2004)3
6,4%
Leader di mercato
15,4%
Primi quattro operatori
23,2%
Restanti operatori
23,2%
Primi otto operatori
Fonte: Ns. elaborazione
Negli ultimi dieci anni, il calo della domanda, l’omogeneizzazione delle tendenze stilistiche e grafiche, hanno
acceso il confronto tra le imprese che assume i tratti tipici della price competition: l’affollamento di offerenti all’interno
dell’area ceramica, la diffusione di dinamiche imitative, rende difficile percorrere la strada della differenziazione della
offerta (Tab. 1.2).
Tabella 1.2 - Comparto dei corredi ceramici: tipologia di mercato
Differenziazione di prodotto
Alta
Bassa
Alta
Oligopolio
differenziato
Oligopolio
omogeneo
Bassa
Concorrenza
monopolistica
Concorrenza
perfetta
Concentrazione
dell’offerta
Fonte: Ns. elaborazione
Alcune imprese del comparto hanno accresciuto nel corso del tempo il loro profilo dimensionale (per via
interna) e altre si sono inserite sul mercato. Ne consegue che il tessuto produttivo ha mantenuto la sua
composizione interna sorretta dalla prevalenza di piccole e piccolissime imprese. In termini più contenuti rispetto al
passato il comparto continua ad essere l’approdo per nuove iniziative produttive. Si tratta in genere di iniziative che
apportano una limitata capacità produttiva che non trovano sul loro cammino ostacoli sul piano della dotazione di
capitale tecnico e dell’accesso al mercato (il distretto offre una ramificata rete di subfornitori, ed una vasta base di
clientela). Tuttavia se la dimensione minima ottima – con le relative economie di scala e di efficienza degli impianti non rappresenta una significativa barriera all’entrata, gli ingenti costi fissi richiesti per sostenere l’attività di ricerca,
possono costituire un ostacolo allo sviluppo ed alla affermazione successiva sul mercato. Può essere ancora facile
entrare, resta però molto difficile crescere.
Nei sistemi locali di piccola impresa come il comparto dei corredi ceramici, infatti, il capitale più rilevante
dell’impresa non è il capitale fisico, ma il patrimonio di conoscenze ed informazioni. Questa dotazione di capitale
“cognitivo” si costituisce e si accresce solo con il tempo, con l’accumulazione di esperienza e l’attivazione di reti di
3 La quota di mercato è calcolata prendendo come base il fatturato del comparto al 2003 stimato da CERARTE in circa 500 milioni
di euro. Sul nostro campione il valore della quota di mercato risulterebbe più elevato sia per la minore base che per la presenza
delle imprese maggiori del comparto.
220
relazioni. Solo allora le imprese (alcune) possono trovarsi in una posizione di “quasi rendita”4. Per le imprese inserite
nel distretto operano a loro favore – rispetto ad imprese esterne – meccanismi di tipo “virtuoso” che innalzano il
livello di efficienza tecnica: i flussi informativi, la diffusione di conoscenze tecniche e di prodotto, la mobilità delle
risorse umane, le relazioni tra le imprese sono solo i più frequenti. Tutte queste condizioni sono ampiamente
presenti nell’area della ceramica di Sassuolo e conferiscono dinamicità a tutto il sistema compreso il comparto dei
corredi.
Non per tutte le imprese, però, il distretto rappresenta una confortevole e protettiva culla: per alcune di loro la
fase di infanzia può essere difficile e non più facile di quella dell’adolescenza. Gli ostacoli – racconta un imprenditore
– sono stati rappresentati dal fatto di essere piccoli, di essere arrivati ultimi, di avere a disposizione pochi spazi.
Avendo lavorato due anni alla Ceramica ……., quattro anni allo studio di decoro…… ……, quattro anni alla
Ceramica……., anche nel settore dei decori conoscevo abbastanza gente. Pensavo di poter contare su molte
conoscenze che avevo accumulato nel corso degli anni. In realtà ho trovato le porte completamente chiuse. I clienti
che mi sono fatto è tutta gente con non conoscevo.
Pur essendo molto piccoli, non abbiamo riscontrato alcun problema dal punto di vista delle economie di scala,
perché abbiamo creato delle unità produttive ad hoc. Le nostre macchine ce le siamo progettate noi, una l’abbiamo
anche brevettata”.
Anche l’innovazione di prodotto non costituisce ostacolo alla concorrenza: una esperienza riuscita, un
prodotto di successo, stimolano i concorrenti attuali e ne richiamano di nuovi. Il vantaggio comparato è sempre
soltanto provvisorio, di breve durata, ed è costruito soltanto sul know how e sulla rete di relazioni con la clientela5.
Il decoro, perciò, “se piace al mercato”, viene rapidamente copiato. Le esperienze passate insegnano che i
brevetti non hanno alcuna valenza strategica. Così, l’intensa attività di ricerca a cui si dedicano le imprese dei
corredi, si basa soprattutto sull’osservazione delle tendenze del mercato e sull’imitazione dei prodotti di successo.
Significativa in proposito l’analisi di questo imprenditore. “Quando ho visto che …….. usciva con effetti tipo i
nostri però di tipo industriale, la mia socia si era preoccupata, io ero contentissimo. Perché finchè sono solo io che
propongo una cosa non faccio tendenza. Da noi si dice che “una noce da sola in un sacco non suona”. Se un
prodotto lo imita il ……., o poco o tanto ci vado dietro anch’io. Poi ci sarà l’intenditore che saprà riconoscere il
prodotto veramente artigianale, quello più “vero”, rispetto a quello fatto in serie”.
Infine alcune tendenze recenti che le imprese del settore sono chiamate a fronteggiare:
la frammentazione degli ordini che hanno imposto una forte riduzione dei lotti produttivi;
la durata sempre più breve della vita dei prodotti che comprime che si accompagna alla richiesta di sempre
nuove proposte e soluzioni stilistiche da parte della clientela;
• il turnover della clientela, e la perdita di solidità delle relazioni che costringe a rivedere i rapporti con il
mercato;
• il grado elevato di dipendenza che in genere lega il produttore di corredi al suo maggior cliente, un aspetto
questo che sarà sollevato in seguito.
•
•
Tutti fattori che concorrono a rendere più onerosa l’attività delle imprese già inserite nel mercato e che
contribuiscono ad “alzare l’asta” per i nuovi entranti. Sono queste le nuove barriere all’entrata.
1.5 Le dinamiche relazionali con la clientela
I primi rapporti fra imprese ceramiche ed operatori dei corredi coincidono con la nascita di questi ultimi, agli
inizi degli anni ’70. Gli anni ’70 rappresentano per l’industria ceramica un periodo ricco di accadimenti. Dal lato dei
costi, i fattori di produzione segnano un significativo rialzo dei prezzi, dovuto in gran parte alla grave recessione
internazionale innescata dalla crisi petrolifera del 1973 ed alla contrazione dei livelli di attività del settore edilizio. Dal
lato del mercato, l’affermazione della componente di domanda legata ad interventi di ristrutturazione e recupero del
patrimonio abitativo, spostano i gusti e le esigenze dei consumatori sempre più verso le caratteristiche estetiche e di
design del prodotto6.
Le problematiche legate all’incremento dei costi di produzione vengono in parte risolte grazie all’introduzione
della “monocottura”, che garantisce risparmi nell’uso di fattori produttivi (lavoro ed energia), ma implica però una
maggiore rigidità nell’organizzazione produttiva e nella struttura dei costi. Il progressivo irrigidimento del ciclo
Riguardo al “capitale cognitivo nelle piccole imprese distrettuali”, si veda: Solinas G. (1996).
Sull’importanza della “concorrenza e della cooperazione” fra le imprese dei distretti industriali, si veda: Brusco S. (1997).
6 Bursi T. (1997).
4
5
221
produttivo ceramico si scontra infatti con la richiesta di maggiore varietà proveniente dalla domanda. La crescente
necessità di differenziare il prodotto costringe così le imprese ceramiche ad investire fortemente nell’attività di ricerca
grafica, finalizzata all’ampliamento del mix produttivo. Questa forte necessità di differenziazione ha favorito la nascita
di operatori specializzati nel decoro della piastrella.
Le scelte in termini di portafoglio prodotti e di organizzazione della produzione adottate dalle aziende
ceramiche fanno sì che, ad oggi, la produzione di corredi, pezzi speciali ed ornamentali, sia difficilmente realizzabile
al loro interno. Troppo alti i costi di ricerca e di personale, troppo piccoli e variabili i lotti produttivi, toppo scarsi,
quindi, i benefici derivanti da effetti scala. Tutti limiti che non consentono di realizzare prodotti a bassa complessità
in grandi lotti e con programmi di produzione lunghi.
Tentativi da parte di aziende ceramiche di avviare uno studio di ricerca e decoro in terzo fuoco non hanno
dato esiti molto favorevoli e da qui l’esternalizzazione di questa attività alle aziende di corredi e di avvalersi di loro
servizi e delle loro prestazioni.
Le relazioni tra aziende ceramiche e aziende di corredi sono passate attraverso diverse stagioni.
Una prima fase – anni ’70-’80 – nel corso della quale le aziende ceramiche rivolgono alle imprese di corredi
– molte della quali muovevano i primi passi – una domanda crescente e continua: una domanda di decori di bassa
complessità e realizzati in grandi volumi. E’ quella la fase dello sviluppo “quantitativo” nella quale si stabilisce un
sistema di relazioni equilibrato, dove le esigenze della parti trovano soddisfazione ed il beneficio è reciproco.
L’eccesso di domanda di decoro, che si è creata in qualche momento, ha creato condizioni quasi di “mercato del
produttore” e quindi favorevoli alle imprese del terzo fuoco.
Questa situazione cambia progressivamente a partire dagli anni ’90 che segnano per l’industria ceramica il
passaggio alla fase di sviluppo “qualitativo” ed all’apertura di una nuova stagione delle relazioni con le imprese di
terzo fuoco.
Questo cambio di stagione si coglie bene nelle parole di un imprenditore: “A fronte di una competizione che
non poneva e non pone scelte facili, le aziende ceramiche da una parte hanno espresso la necessità di prodotti più
sofisticati, dall’altra parte le imprese dei corredi ceramici si sono adeguate per cercare di cogliere e talvolta anticipare
queste nuove esigenze. Un dato positivo è che questo tipo di rincorsa ha consentito di fare evolvere l’azienda del
terzo fuoco ed il suo rapporto con l’impresa ceramica. Dunque è nata negli anni ’90 una maggiore partnership con
l’azienda ceramica”.
Nonostante il design sia uno degli attributi che più concorre a favorire il collocamento della piastrella sul
mercato, i rapporti fra imprese ceramiche ed imprese del terzo fuoco sono andati complicandosi nel corso degli anni.
Infatti, la volontà dei produttori ceramici è sempre stata quella di proporre al mercato l’offerta esclusivamente con il
proprio marchio, negando alle imprese dei corredi ogni tipo di visibilità. Ne è la prova il fatto che solo il 15% dei
terzofuochisti studiati dalla indagine, realizza prodotti a marchio proprio (Fig. 1.8).
Figura 1.8 - Imprese dei corredi ceramici: prodotti a marchio proprio o a marchio aziendale (2004)
15%
21%
58%
6%
Azienda che produce prodotti a
marchio proprio
Azienda che non produce prodotti a
marchio proprio, ma sta valutando di
farlo
Azienda che non produce prodotti a
marchio proprio, ma sta valutando di farlo
attraverso il Consorzio Cerarte
Azienda che non produce prodotti a
marchio proprio
Fonte: Ns. elaborazione
Indubbiamente, a rendere particolarmente difficile il rapporto fra imprese dei corredi ed i loro committenti ha
contribuito anche il crescente potere contrattuale di questi ultimi che si manifesta con ordini sempre più frammentati
(e di conseguenza lotti produttivi sempre più piccoli), tempi di produzione sempre più ristretti, tempi di consegna
222
sempre più brevi e modalità di pagamento molto dilazionate. Tutti fattori che imprimono una forte accelerazione alle
attività operative, ne accrescono la loro onerosità e deprimono le condizioni di redditività delle aziende.
I committenti delle imprese dei corredi possono essere distinti in due tipologie di operatori (Fig. 1.9):
aziende ceramiche che svolgono tutto il ciclo produzione-commercializzazione della piastrelle di ceramica,
che rappresentano la clientela di gran lunga più importante,
• aziende di trading che delegano a terzi la produzione delle piastrelle e si limitano alla sola attività di
commercializzazione.
•
Questo portafoglio di clientela si manterrà anche in futuro pur potendo registrare qualche aggiustamento con
una leggera perdita di peso della clientela ceramica interna al distretto a favore di altre categorie di clientela. Questo
sembra lo scenario possibile sulla base delle previsioni avanzate dagli operatori del settore intenzionati a cercare
nuove opportunità di mercato.
Figura 1.9 - Imprese dei corredi ceramici: fatturato per tipologie di committente (vendite Italia)
100%
90%
80%
81,3%
80,8%
74,9%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
7,9%9,4%
1,4%
7,9%8,9%
2,3%
2000
2005
8,8%10,1%6,3%
2010
Aziende ceramiche del distretto
Aziende commerciali del distretto
Aziende ceramiche non del distretto
Aziende commerciali non del distretto
Fonte: Ns. elaborazione
Il contatto delle imprese dei corredi con i committenti, che avviene generalmente su iniziativa delle imprese
dei decori7, può essere veicolato da diverse forme organizzative. Su tutte prevale il ricorso al personale dipendente,
vista la stretta contiguità con la clientela, insignificante il ricorso ad altre modalità di relazione, anche se non
mancano segnali di una probabile maggiore articolazione in un prossimo futuro (Fig. 1.10).
Figura 1.10 Imprese dei corredi ceramici: fatturato per tipologie di rete di vendita (vendite Italia)
Fatturato %
100%
80%
60%
40%
20%
0%
2000
2005
Agenti multimandatari
Agenti monomandatari
Fonte: Ns. elaborazione
7
Cerarte 2003.
223
2010
Dipendenti
Punti vendita
Rispetto al portafoglio della clientela servita, la situazione che interessa le imprese è abbastanza articolata e
non sembra segnalare situazioni di forte concentrazione delle relazioni commerciali (Figura 1.11). Solo il 6% delle
imprese intrattiene relazioni commerciali con un numero di committenti inferiore a 15.
Figura 1.11 - Imprese dei corredi ceramici: tipologie di imprese per numero di committenti (2004)
6%
39%
40%
15%
Fino a 15 committenti
Tra 31 e 45 committenti
Tra 16 e 30 committenti
Oltre 45 committenti
Fonte: Ns. elaborazione
A fronte di questo ampio ventaglio di clientela appare forte il grado di dipendenza rispetto al maggiore/tre
maggiori clienti (Tab. 1.3). La metà delle imprese genera con i maggiori tre committenti più del 50% del fatturato. Ne
consegue che l’interruzione di un rapporto “primario” o con un committente “chiave”, produce una situazione di forte
perturbazione sulle condizioni aziendali fino a rischiare di compromettere la stessa posizione sul mercato.
Questa composizione del portafoglio clienti chiama in campo le relazioni tra imprese di corredi ed aziende
ceramiche. Su questo aspetto si tornerà in seguito. Si vuole però anticipare come l’affollamento delle prime le
esponga a rischi di sostituzione da parte delle aziende ceramiche e come l’offerta ad elevato contenuto di
differenziazione, sia la strada (difficile) che può dare stabilizzazione ai rapporti. Lo confermano due imprenditori.
“Il rapporto con le ceramiche - è il primo commento - non è quello da noi sempre auspicato di partnership e
collaborazione. Un’impresa che ti veste il prodotto, che ti da lustro, che ti da immagine, dovrebbe essere vista come
un soggetto che aiuta a vendere il prodotto. Invece siamo visti come fornitori intercambiabili in qualsiasi momento”.
“Noi – contrasta il secondo imprenditore - abbiamo circa quindici clienti ceramici,…….. Ci conoscono,
conoscono il prodotto, e sanno che quando vogliono qualcosa di particolare vengono da noi. Continua il nostro
imprenditore: “Quando siamo nati il rapporto con le ceramiche era un po’ più stabile. Ora non li cerchiamo più. Se
hanno bisogno vengono loro. Questi nostri clienti sembrano quasi i nostri nemici”.
Tabella 1.3 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale del fatturato realizzato con i clienti chiave
Fatturato assorbito dal maggior cliente
Fatturato assorbito dai tre maggiori clienti
23,1%
43,2%
2004
Fonte: Ns. elaborazione
La forte dipendenza dalla clientela è una condizione che interessa le imprese più piccole senza risparmiare
quelle più dimensionate. Tutte le imprese presentano quindi un elevato rischio (Fig. 1.12, Fig. 1.13). Questo stato di
forte dipendenza conferisce un ulteriore elemento di criticità alle relazioni produttori di corredi-clientela ceramica,
che rende instabile il quadro all’interno del quale delineare linee di azione e la conseguente realizzazione di
eventuali programmi di sviluppo.
224
Figura 1.12 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale di fatturato realizzato dal maggior cliente rispetto al
fatturato complessivo
Fatturato realizzato con il maggior cliente (%)
60
50
40
30
20
10
0
5000
10000
15000
20000
25000
30000
35000
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
Fonte: Ns. elaborazione
Figura 1.13 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale di fatturato realizzato dai maggiori 3 clienti rispetto al
fatturato complessivo
Fatturato realizzato con i maggiori tre clienti
(%)
80
70
60
50
40
30
20
10
0
5000
10000
15000
20000
25000
30000
35000
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
Fonte: Ns. elaborazione
Da ultimo si considera “a quale titolo” avviene la valorizzazione della prestazione che sta alla base della
relazione produttore di corredi-clientela .
Nel 2004 l’attività delle imprese dei corredi (produzione di corredi, pezzi speciali, taglio,…) viene prestata alle
aziende committenti in conto lavoro e come tale fatturata nella misura del (62,6%), mentre la restante parte è
fatturata in conto vendita (37,4%) segnando uno spostamento a favore di quest’ultima rispetto al 2000 (Fig. 1.14).
225
Oggi, rispetto al passato quando le imprese produttrici di piastrelle assegnavano ai decoratori commesse in
conto lavoro, con l’aumento della produzione di pezzi speciali, le aziende ceramiche richiedono ai terzofuochisti
l’acquisto dei propri prodotti (i fondi), per poi riacquistarli sotto forma di prodotti finiti, da destinare alla vendita.
Ciò, peraltro, fa sì che l’ammontare di fatturato contabilizzato sia sempre maggiore. In realtà, quello che prima
non era computato come fatturato perché inserito in conto lavoro, viene ora riportato.
Figura 1.14 - Imprese dei corredi ceramici: ripartizione del fatturato fra conto vendita e conto lavoro
100%
80%
60%
69,5%
62,6%
30,5%
37,4%
2000
2004
40%
20%
0%
conto vendita
conto lavoro
Fonte: Ns. elaborazione
1.6 Le diverse stagioni del comparto dei corredi ceramici
Nel corso di oltre trenta anni il settore dei corredi ceramici è stato toccato da numerose trasformazioni che ne
hanno profondamente cambiato i connotati (Tab. 1.4). Da piccoli laboratori di ricerca, perlopiù privi di una struttura
produttiva (anni ’70), oggi si presentano al mercato nella veste di vere e proprie aziende, con una offerta di servizio
che rappresenta un attributo indispensabile per la differenziazione del prodotto ceramico sul mercato internazionale.
Il periodo di massimo sviluppo del settore dei corredi corrisponde agli anni ’80, quando la forte domanda
espressa dalle aziende ceramiche crea una condizione di mercato del produttore contribuendo a tenere molto basso
il tenore della competizione.
Gli anni ’90 segnano l’ingresso in una fase di maturità che si accentuerà sempre più verso la fine del
decennio: stabilizzazione delle vendite, ingresso di nuovi competitor, tendenze stilistiche orientate al minimalismo,
forti spinte imitative, sono solo alcuni dei fattori che accendono rivalità tra le imprese e riducono il livello di attrattività
del comparto.
Gli anni 2000 vedono il comparto inserito in un contesto di crescente complessità: persistere di alcuni
connotati strutturali (frammentazione tessuto delle imprese, forte concentrazione territoriale, elevata specializzazione
produttiva); difficoltà delle aziende ceramiche del distretto (principali clienti) a tenere le posizioni sul mercato e
quindi a potenziare il contenuto della loro offerta; forte sollecitazione proveniente dalle aziende ceramiche per un
miglioramento delle prestazioni di servizio ed un contenimento del loro costo. Tutto questo mette un freno alle
performance di mercato ed economiche delle imprese, e pone loro seri interrogativi sui percorsi da intraprendere e
con quali compagni di strada
226
Tabella 1.4 - Ciclo di vita del comparto dei corredi ceramici
Stato
Inesistente
Periodo
Anni ’50 – ’60
Embrionale
Anni ‘70
Start-up
Sviluppo
Anni ’80
Rapida crescita
Vendite
Clienti
(ceramiche)
La decorazione della
piastrella avviene
all’interno delle azinde
ceramiche.
Pochi.
Le imprese ceramiche
cominciano a decentrare
le attività di ricerca e
design.
Pochi.
Aumento base clientela.
Esternalizzazione del
decoro da parte delle
aziende ceramiche.
Rapporti stabili con la
clientela (lungo periodo)
Forte crescita numerica
Tardo sviluppo
Maturità
Anni ’90
2000 - 2006
Riduzione tasso di
crescita
Completa
esternalizzazione decoro .
I rapporti con le imprese
dei corredi tendono ad
accorciarsi (medio
periodo).
Crescita numerica
Competitors
Ciclo vita prodotto
Profilo delle imprese
Obiettivi e Condotte
strategiche
Livello di redditività
Grado di
internazionalizzazione
delle imprese
Attrattività del settore
Andamento del mercato
dell’industria ceramica
italiana
Primo sviluppo del
settore favorito dal boom
economico (forte
urbanizzazione).
Lungo
Laboratori di ricerca, privi
di una struttura produttiva
Lungo
Imprese di produzione
con propria capacità
produttiva
Accumulazione capitale
per dotarsi di capacità
produttiva propria
In aumento
Strategie di
differenziazione ed
investimenti in tecnologia
In aumento
Nullo
(solo qualche
esportazione indiretta)
Alta
Sviluppo: l’area di
Sassuolo assume la
configurazione di
“distretto industriale”
Nullo
(esportazioni indirette)
Alta
Maturità: la domanda
rallenta; eccesso di
offerta. Si sviluppano i
settori collegati alla
produzione ceramica
Fonte: Ns. elaborazione
227
Breve
Aziende con strutture
produttive, di ricerca,
forza vendita, e
tecnologie avanzate
Strategie di
differenziazione
dell’offerta
Differenziato tra le diverse
imprese.
Modesto. Primi contatti
diretti con ceramiche
committenti estere
Medio – Alta
Maturità: l’industria
ceramica italiana
consacra la sua
leadership a livello
internazionale
Crescita per pochi.
Stabilizzazione /calo per
molti.
Nuove tendenze stilistiche
Rapporti problematici con
le imprese dei corredi
(breve periodo).
Affollamento competitivo
all’interno del distretto
Molto breve
Vere e proprie aziende
con strutture di ricerca,
forza vendita, e tecnologie
all’avanguardia
Strategie di prezzo e di
differenziazione
Stabilizzazione per molti,
calo drastico per altri.
Lenta crescita dei contatti,
con committenti esteri
Medio – bassa
Maturità: forte
competizione
internazionale,
ridimensionamento
strutturale,
riposizionamento offerta,
Declino o
rivitalizzazione
CAPITOLO SECONDO
LE STRATEGIE AZIENDALI E LE PERFORMANCE ECONOMICHE
2.1 La differenziazione del prodotto
L’apporto che il comparto dei corredi ceramici ha fornito e continua a fornire alle imprese del settore ceramico
è rappresentato da proposte stilistiche, combinazioni di nuovi materiali, soluzioni artistiche che concorrono a tenere
alto il contenuto di differenziazione dell’offerta italiana sul mercato internazionale. Questa ricchezza di varietà, di
novità, e di originalità si deve alle doti di creatività di fantasia del personale ed all’attività di ricerca sviluppata
all’interno delle aziende stesse. Molto si deve anche al succedersi di innovazioni sul piano tecnologico e che hanno
facilitato l’adozione di nuove tecniche applicative.
La ricostruzione fatta da un imprenditore ne è una diretta conferma: “Fino ai primi anni ’70 le immagini erano
riportate a spolvero sulla piastrella, come si faceva negli affreschi del 1200. Per riportare un’immagine sulla piastrella
non si usava la serigrafia, l’artigiano ricamava a mano la piastrella come si faceva anche sui vasi. Negli anni ’80 c’è
stato tutto lo sviluppo da zero delle tecnologie applicative. È nata la serigrafia, i forni a rullo, le serigrafie in linea
automatiche. Anche perché nella ceramica più di tre passaggi non si potevano fare lavorando a crudo, non si
potevano sovrapporre per problemi di scollamento e non aderenza. Mentre noi lavorando su uno smalto vetrificato,
quindi già cotto abbiamo dovuto inventarci tutto un nuovo modo di fare ceramica, con sovrapposizioni che invece a
noi erano concesse. Gli anni ’80 sono stati gli anni dello sviluppo delle tecnologie applicative”.
L’innovazione tecnologica, con l’offerta di sempre nuovi processi produttivi e soluzioni tecniche, non è stata in
egual modo un fattore facilitante lo sviluppo delle imprese. “No, dal punto di vista dell’evoluzione delle tecnologie
produttive – racconta con orgoglio un imprenditore - io ho fatto un salto nel medioevo. Io cuocio come si coceva tanto
tempo fa. Quindi non ho forni rapidi, ma impiego anche 12 ore per la cottura. La mia convinzione è che i colori, le
materie, si sviluppano nel momento in cui salgono di temperatura e si lasciano maturare. La nostra scelta è stata
quella del forno a camera, il così detto a “muffola”, proprio per essere coerenti con la nostra filosofia. È chiaro che i
costi sono infinitamente più alti che non con un forno rapido e la produzione è infinitamente più bassa. Il nostro infatti
è un prodotto d’elite, e bisogna cercare di venderlo per quello che è. In realtà non si riesce sempre a venderlo al
prezzo che in realtà vale
Può succedere, quindi, che alcuni terzofuochisti, anche di piccolissime dimensioni, riescano a conseguire
tassi di crescita positivi grazie al talento che ha permesso loro di ideare soluzioni estetiche particolari, caratterizzate
da un mix originale di materiali. Talvolta, prodotti molto eccentrici hanno un ottimo riscontro all’estero piuttosto che in
Italia, e per questo trovano una collocazione nelle fasce alte del mercato.
Ed è questo il posizionamento a cui si indirizza l’attività delle imprese del comparto sollecitati anche dalle
pressanti richieste della clientela ceramica alle prese con una concorrenza sempre più aggressiva (Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Imprese dei corredi ceramici: ripartizione del fatturato tra prodotti a fascia alta e medio/bassa
(in termini di prezzo)
Fatturato %
80
%
70
%
60
%
50
%
40
%
30
%
20
%
10
%
0
%
200
0
Percentuale di fatturato realizzato
con prodotti a fascia alta
Fonte: Ns. elaborazione
228
200
4
Percentuale di fatturato
realizzato con prodotti a fascia
medio/bassa
Un decoro, per essere percepito come di “fascia alta” (e dunque vendibile ad un prezzo elevato), non deve
necessariamente essere caratterizzato da un design ricco ed elaborato, ma deve essere piuttosto in linea con le
tendenze correnti del mercato. Infatti, mentre fino alla metà degli anni ’90, il prezzo di un decoro era fortemente
legato ai costi di ricerca necessari per realizzarlo, con il nuovo millennio, a fronte delle nuove tendenze di mercato
(quali ad esempio il “minimalismo”) e delle nuove tecnologie produttive (quali ad esempio il “taglio”), non è più così
semplice individuare gli attributi che identificano un prodotto per una fascia alta o bassa del mercato.
Tra le tendenze stilistiche quella del “minimalismo” è forse quella che più ha condizionato le dinamiche del
comparto a partire dalla seconda parte degli anni ’90 quando le imprese avevano già spinto in diverse direzioni la
loro vis creativa in termini di materiali, applicazioni, pezzi speciali.
“Verso la fine degli anni ’90 - commenta un imprenditore – è arrivato il “taglio”, il “minimalismo”, e tutta una
serie di tendenze trasmesse dagli architetti che hanno provocato una grandissima frenata del decoro come si
intendeva prima”.
La valutazione che di certo trova una ampia condivisione tra gli operatori del comparto è quella espressa da
questo imprenditore: “La nicchia del minimalismo c’è sempre stata, ma era una nicchia. Invece negli ultimi anni
andavamo in fiera a Bologna ed era tutto minimalismo. Accettare un discorso del genere a livello di concorrenza
internazionale è un suicidio. Perché noi siamo vincenti nel momento in cui siamo in grado di esprimere al meglio le
nostre caratteristiche. Noi siamo dei creativi, abbiamo del colore. Noi per esempio ci siamo ispirati alle ceramiche di
Vietri e Caltagirone, abbiamo ripreso i colori caldi del mediterraneo, cultura che in molti altri paesi non hanno. Io
comunque continuo a voler proporre, sia in Italia che all’estero il prodotto italiano. Fare concorrenza ai cinesi
attraverso il minimalismo è un comportamento da suicidi”.
Il protrarsi per diversi anni di questa tendenza ha lasciato evidenti segni sul comparto ma differenziati al suo
interno in base al tipo di risposta che le diverse imprese hanno saputo mettere in campo tra comportamenti di mera
assimilazione e la strada (più difficile) della ricerca di spazi (più angusti) di nuovi attributi e contenuti di
differenziazione del prodotto.
In questo senso si possono interpretare le parole di un imprenditore: “Non penso sia così automatico
decidere con che stile dobbiamo vestire i nostri prodotti…… Era possibile imporre delle tendenze un tempo, quando
gli stessi prodotti venivano consumati su larga scala. Ad oggi il consumatore è più consapevole e più esigente. Non è
possibile imporre delle tendenze. È diventato dunque importante cercare di caratterizzare il prodotto. Io credo che il
minimalismo sia stato una normale tendenza. Al momento la nuova frontiera estetica del prodotto è caratterizzata da
un mix fra “minimalismo” e “decorativismo”.
Molti fra gli imprenditori intervistati lamentano il fatto che un prodotto con un design articolato e complesso
può non essere in linea con i gusti delle imprese ceramiche, e quindi difficilmente commercializzabile a prezzi tali da
giustificarne i costi di ricerca. Piastrelle con decori estremamente essenziali, d’altro canto, possono essere
paradossalmente acquistate a prezzi molto elevati.
Dall’analisi emerge come le strategie focalizzate sui prodotti per una fascia alta del mercato, non siano
proprie solo degli operatori di profilo dimensionale maggiore (Fig. 2.2). Più dell’80% delle imprese dei corredi, infatti,
genera oltre il 70% del fatturato con prodotti per una fascia alta.
Il prezzo non sembra rivestire molta importanza quale leva competitiva per le imprese del comparto. “Non ci
proviamo neanche commenta un imprenditore - Noi speriamo di trovare un cliente che dice. “ah, che bello!”.
Figura 2.2 - Imprese dei corredi ceramici: incidenza sul fatturato dei prodotti per una fascia alta del mercato
(2004)
Fatturato realizzato con prodotti per una fascia
alta (%)
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
5000
10000
15000
20000
25000
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
Fonte: Ns. elaborazione
229
30000
35000
2.2 L’articolazione dell’offerta e la diversificazione dei mercati
Oltre ad implementare strategie di differenziazione, alcune imprese dei corredi sono particolarmente
impegnate nell’articolare la propria offerta con l’obiettivo di soddisfare nuove aree e segmenti di mercato. A partire
dalla seconda metà degli anni ’90, tecniche di decoro innovative, quali ad esempio l’utilizzo del “taglio” per la
realizzazione di effetti a “mosaico”, o la tecnologia ad “idrogetto”, utilizzata per la decorazione artistica delle pietre
naturali, hanno incentivato molti operatori a dotarsi dei fattori produttivi idonei a soddisfare queste nuove esigenze
di mercato.
L’obiettivo, dunque, è quello di individuare quei segmenti di mercato con un potenziale di sviluppo
interessante ed in grado di assicurare soddisfacenti condizioni di redditività.
Le soluzioni decorative effettuate attraverso il taglio della piastrella, ad esempio, richiedono investimenti in
ricerca grafica decisamente inferiori rispetto al decoro in terzo fuoco tradizionale, nonché tempi e costi di produzione
contenuti. Basti pensare all’incredibile flessibilità produttiva e precisione della tecnica ad idrogetto, che permette di
ottenere risultati grafici sorprendenti: fregi, rosoni, e veri e propri quadri in una infinita varietà cromatica.
Alcune imprese del comparto hanno così avuto successo diversificando la propria offerta con lo sviluppo di
nuove soluzioni decorative, rese possibili grazie a tecnologie prima non utilizzate. Se un tempo l’unico tipo di decoro
era quello fatto in terzo fuoco, oggi, i pezzi speciali, i decori a mosaico e ad idrogetto, consentono alle imprese dei
corredi di ampliare la propria gamma di prodotti, per soddisfare le molteplici esigenze della committenza.
Le strade seguite dalle imprese per implementare questi processi sono state diverse e tra queste quella che
prevedeva la combinazione di diverse modalità organizzative.
“All’inizio - dichiara un imprenditore - siamo partiti con collaborazioni con “quartisti”. Poi è nato il bisogno di
ampliare la gamma dei prodotti e questo è stato possibile anche grazie all’acquisizione di altre imprese, che però
mantengono una autonomia dal punto di vista commerciale. Queste partnership hanno favorito una serie di
economie di scala, una minimizzazione dei costi e dunque un migliore rendimento”.
2.3
Le partnership tra imprese: la via per “assorbire” la frammentazione del comparto
La maggior parte delle imprese dei corredi adotta strategie competitive orientate alla differenziazione della
propria offerta per convivere nella condizione di elevata frammentazione che “esaspera” la concorrenza interna,
indebolisce le imprese nelle relazioni con la clientela comprimendo le performance economiche e reddituali. Alcune
altre, per sottrarsi in parte alla pressione concorrenziale, hanno ampliato il loro raggio di azione fino a comprendere
attività complementari o lavorazioni speciali (taglio, levigatura,..). Altre ancora hanno maturato la convinzione che la
strada da intraprendere sia quella del superamento della frammentazione, ricorrendo a manovre e comportamenti
che vadano nella direzione di favorire il consolidamento dimensionale del comparto. Acquisizioni, accordi, relazioni
di partnership sembrano essere gli strumenti a cui affidarsi per consolidare il settore e rafforzare la posizione delle
imprese sul mercato.
Molte le economie e le sinergie (operative, commerciali e finanziarie) che ne deriverebbero dalla condivisione
di risorse, co-progettazione, partecipazione al sostegno di investimenti per l’avvio di attività produttive, di
sperimentazioni. Risparmi di costi, godimento di economie di velocità, sono tanti i benefici che le imprese fanno
discendere da questi comportamenti virtuosi se mossi da uno spirito di collaborazione: uno spirito che, invero, non
alberga in questo comparto.
La realtà, infatti, è ben altra. Solo poco più del 30% delle aziende dei corredi fa parte di un gruppo, e di
questa percentuale circa il 20% è la capogruppo (Fig 2.3). Nella maggior parte dei casi, le imprese parte di un
gruppo sono controllate o comunque partecipate da altre imprese dei corredi.
L’assenza – o la limitata presenza – di relazioni stabili, formalizzate e con un collante di tipo equity, non
significa il rifiuto ad ogni forma di collaborazione. In realtà non sono pochi i casi di imprese indipendenti che
sostengono di intrattenere forme di collaborazione più o meno occasionali con altri operatori del sistema ceramico
(colorifici, produttori di tecnologia, agenzie di marketing, retinisti, architetti e designer). Tali collaborazioni, tuttavia,
consistono prevalentemente nello scambio di idee e di know-how produttivo, e dunque sono ben lontane
dall’assomigliare ad accordi che comportano la condivisione di scelte e di percorsi che impegnano le imprese nel
tempo.
Molti i problemi e gli ostacoli che le imprese immaginano di incontrare sul cammino delle alleanze e delle
partnership, molti dei quali in realtà non sono solo immaginari.
230
Da un lato convengono infatti sull’utilità di stringere partnership con altri operatori, ma sono scettici sulla
possibilità di attuazione causa l’insorgere di problemi di assegnazione delle posizioni di comando, messa a punto di
meccanismi di controllo e di “distribuzione dei posti” fra i potenziali soci. La natura famigliare della maggior parte
delle imprese è un ulteriore ostacolo alla crescita dimensionale perseguita per via esterna.
Figura 2.3 - Imprese del comparto dei corredi: appartenenza ad un gruppo (2004)
100%
90%
80%
70%
67%
60%
50%
40%
30%
21%
20%
12%
10%
0%
Non fa parte di un gruppo
Capogruppo
Appartiene ad un Gruppo
Fonte: Ns. elaborazione
Il punto di vista di un imprenditore, ancora una volta ci consegna uno spaccato del comparto: “Qui c’è
“l’orgoglio di essere padroni” e non cedere questo 51%. ……il fatto di non volere crescere dimensionalmente è
legato a mentalità di piccoli provinciali, imprese familiari dove lavora la moglie, il figlio, il cognato”.
Diversi i casi di aziende minori, fortemente esposte alla pressione competitiva, che pur consapevoli del rischio
di essere escluse dal mercato o di essere acquisite da aziende più grandi, non hanno concesso ad investitori esterni
di acquisire quote di capitale che avrebbe allargato la base sociale e assicurato, per questa via, condizioni di migliore
stabilità all’azienda e possibilità di sviluppo.
Commenta al riguardo un imprenditore: “Ad allearci con un partner, ci abbiamo provato, ma avremmo dovuto
vendere parte dell’azienda e perciò abbiamo deciso di andare avanti da soli”.
Le operazioni di concentrazione/aggregazione fra imprese di corredi risultano pertanto fortemente
condizionate dagli assetti di governance adottati. Ad assetti di governance aperti a membri esterni alla famiglia,
sebbene si tratti di un numero di imprese molto ristretto, si associano profili aziendali abbastanza evoluti, non solo
dal punto di vista strategico, ma anche sul piano organizzativo e finanziario.
Non vanno meglio le cose se il terreno della ricerca di forme di partnership si sposta dal livello orizzontale a
quelle verticale, e cioè, con la clientela ceramica.
Le aggregazioni o partnership caratterizzate da una certa stabilità di lungo periodo (fusioni, acquisizioni,
accordi di lungo periodo) fra imprese dei corredi ed aziende ceramiche, sono sostanzialmente nulle.
Le ragioni vanno in gran parte ricondotte all’estrema difficoltà di entrambe le parti di stringere rapporti di
reciproca fiducia.
Come lamentano alcuni degli imprenditori intervistati, mentre in passato le proposte stilistiche presentate alle
aziende ceramiche venivano in gran parte accettate per essere quindi prodotte su larga scala, oggi sono spesso
rifiutate. A ciò si aggiunge la riduzione dei lotti di produzione conseguente alla frammentazione degli ordini ed il
turnover più elevato dei committenti. Ne discende una diminuzione del fatturato medio per committente e l’insorgere
di difficoltà sul piano operativo ed economico delle imprese, specie per quelle di minore dimensione.
Se la domanda espressa dalla azienda ceramica è destinata rappresentare anche in futuro lo sbocco
preminente alla produzione delle imprese di corredi, ciò non preclude la ricerca di altri itinerari e destinazioni alle
proprie vendite. Questo anno – asserisce un imprenditore - abbiamo deciso di dedicare il 30% del fatturato alla
nostra linea personale, il prossimo anno sarà il 60%, nel 2008 sarà il 90%. Senza per questo trascurare le eventuali
esigenze delle ceramiche.
231
2.4 L’internazionalizzazione: il percorso per ritrovare la via dello sviluppo?
Le imprese dei corredi ceramici sono da tempo soggette ad una crescente competizione, ormai non più
limitata all’interno del distretto, ma proveniente anche dal mercato mondiale.
La progressiva internazionalizzazione dell’industria ceramica, la crescente diffusione della tecnologia di
processo e del know how di prodotto, hanno dilatato l’area competitiva e favorito l’ingresso di nuovi protagonisti.
Il forte recupero manifestato, da alcuni di questi, sul terreno della qualità ed affidabilità dei prodotti, ne fa dei
temibili concorrenti.
L’interesse delle aziende del comparto verso il mercato internazionale è un interesse recente.
È nei primi anni ’90 che, a fronte dell’intensificazione della concorrenza nel distretto di Sassuolo, alcune
imprese si rivolsero al mercato estero per stringere i primi contatti diretti con nuovi committenti.
Ad oggi, tuttavia, le commesse provenienti dall’estero sono ancora molto ridotte. Nel 2005, il contributo
medio di questi ordini “esteri” al fatturato delle aziende del comparto intervistate rappresenta meno del 20% (Fig.
2.4). Si aggiunga, inoltre, che una buona parte di questi ordini provengono da filiali o società controllate/partecipate
estere di alcune grandi aziende ceramiche del distretto. Si evince che la capacità delle imprese del comparto di
dirigere la loro azione di mercato oltre i confini del distretto, permane molto limitata.
Figura 2.4 - Comparto dei corredi ceramici: distribuzione del fatturato tra Italia ed estero. Valori percentuali*
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
12,9%
19,2%
87,1%
80,8%
2000
2005
27,2%
72,8%
2010
Percentuale di fatturato realizzato all'estero
Percentuale di fatturato realizzato in Italia
Fonte: Rilevazione diretta
*I dati al 2010 sono puramente revisionali.
Sebbene, in media, il fatturato realizzato con la vendita a committenti esteri sia ridotto, nel 2004 circa l’80%
delle imprese dei corredi intrattiene rapporti con la clientela estera.
Si passa da operatori che realizzano all’estero solo l’1% del loro fatturato, ad altri che destinano ai
committenti internazionali larga parte della loro produzione (Fig. 2.5).
L’elevato grado di partecipazione delle imprese alla frequentazione di nuovi mercati ed alla attivazione di
nuove relazioni commerciali, deve essere segnalato, quindi, come un aspetto positivo e si deve operare per la
creazione di condizioni che rendano tali relazioni più proficue sul piano dei volumi di vendita realizzati.
Il grado di internazionalizzazione delle imprese dei corredi non è strettamente correlato alle dimensioni
aziendali (Fig. 2.6). Vi sono casi di imprese anche di “grande” dimensione che limitano la loro azione al solo mercato
distrettuale, ed altre invece, di dimensione molto contenuta che sono fortemente impegnate sul mercato estero.
Anche questo dato sottolinea come la chiave del successo per operare sui mercati esteri non sia riconducibile al solo
profilo dimensionale (asset materiali e risorse finanziarie) ma molto discende dalla dotazione di competenze e
capacità relazionali di canale e di mercato, sviluppate in seno all’azienda.
232
Figura 2.5 - Imprese del comparto dei corredi: ripartizione del fatturato fra Italia ed estero. Valori assoluti e percentuali (2004)
35000
80
70
60
25000
50
20000
40
15000
30
10000
20
5000
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33
Imprese del campione
Fatturato Italia (migliaia di euro)
Fatturato estero (migliaia di euro)
* Nel Grafico sono presenti le 33 imprese dei corredi facenti parte il campione oggetto d’indagine.
Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA
233
Fatturato Estero (%)
Fatturato complessivo (%)
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
30000
Figura 2.6 - Imprese del comparto dei corredi: grado di internazionalizzazione in relazione alle dimensioni aziendali. Valori assoluti e percentuali (2004)
35000
80
70
60
25000
50
20000
40
15000
30
10000
20
5000
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14
15 16 17 18 19
20 21 22 23 24
Imprese del campione
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
* Nel Grafico sono presenti le 33 imprese dei corredi facenti parte il campione oggetto d’indagine.
Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA
234
Fatturato Estero (%)
25 26 27 28
29 30 31 32 33
Fatturato complessivo (%)
Fatturato complessivo (migliaia di euro)
30000
Per connettersi con i mercati esteri ed intrattenere le relazioni con la clientela, le imprese del comparto
intervistate si avvalgono in larga parte di reti di vendita dirette composte da personale aziendale. Molto basso il
ricorso ad altre forme basate sul rapporto di agenzia. Si tratta di un assetto – secondo le indicazioni fornite dalle
imprese - destinato a mutare nel prossimo futuro a favore di forme di reti indirette (Fig. 2.7).
Alle forme indirette ricorreranno le imprese che intrattengono all’estero rapporti di breve periodo e di modesto
contenuto transazionale: la soluzione dell’agente appare quella più semplice e meno onerosa.
Non avendo dei capitali da poter investire all’estero – confessa un imprenditore - diventa difficile estendere
personalmente un’attività all’estero. Noi abbiamo un agente negli Stati Uniti che lavoro molto bene, uno a Dubai, uno
in Israele, ma mobilitare dipendenti dell’impresa per i mercati esteri sarebbe troppo costoso. Ci avevamo pensato,
ma bisognerebbe che i rapporti con i paesi esteri fossero duraturi.
Al contrario, nelle imprese dei corredi che realizzano buoni risultati di vendita sul mercato estero
(indicativamente oltre il 30% dei ricavi), frutto di relazioni solide e durature con la committenza, la forza vendita
interna si presenta come la forma preferita e più efficace. Se da un lato presenta aspetti di maggiore onerosità,
migliora il contenuto della relazione in termini di prestazioni offerte, favorendone il consolidamento e la durata nel
tempo.
Figura 2.7 - Imprese dei corredi ceramici: fatturato estero e rete di vendita
Fatturato %
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
2000
2005
2010
Agenti multimandatari
Agenti monomandatari
Dipendenti
Fonte: Ns. elaborazione
Rispetto alle direzioni seguite dalle imprese nella frequentazione dei mercati esteri, emerge una netta
preferenza per le aree geografiche più sviluppate e più vicine sia sotto il profilo geografico che culturale (Tab. 2.1).
Questo quadro – alla luce della crescente disseminazione della produzione di piastrelle di ceramica su scala
mondiale – è destinato in parte a mutare: per le imprese di corredi si aprono opportunità in nuovi mercati. A loro il
compito di coglierle.
Tabella 2.1 - Comparto corredi ceramici: distribuzione del fatturato estero per area geografica delle imprese
del campione (%)
Mercati consolidati
Mercati nuovi
Totale
Aziende
Aziende
Aziende
Aziende
ceramiche
commerciali
ceramiche
commerciali
2000
69,2
17,0
9,0
4,8
100,0
2005
66,3
20,0
8,5
5,2
100,0
2010*
57,7
19,6
13,5
9,2
100,0
* Previsionale
Fonte: Ns. elaborazione
235
Il grado di partecipazione delle imprese all’internazionalizzazione delle loro vendite, i propositi di
adeguamento delle modalità organizzative e di estensione del loro raggio di azione oltre i confini domestici, lasciano
intravedere la necessità, per le imprese del comparto, di compensare per questa via la perdita di posizioni all’interno
del distretto.
Il tema della internazionalizzazione del comparto, e quindi dei fatturati delle imprese pone diversi problemi e
tra questi assumono rilevanza la/le modalità di approccio ed il contenuto dell’offerta che le imprese stesse rivolgono
alla clientela (ceramica) estera.
Questi problemi sono chiaramente presenti nella impresa del comparto che presenta il più elevato grado di
proiezione commerciale sul mercato estero: “
I mercati esteri possono offrire grandi opportunità. Si tratta di approcciarsi a loro come nel mercato italiano,
che è per certi versi più complesso……Non andiamo solo a produrre qualche cosa, ma andiamo ad offrire delle
soluzioni che devono essere contestualizzate in base alle caratteristiche del cliente, motivate ed argomentate. Oggi
bisogna inserire il prodotto all’interno delle strategie aziendali del committente. Le imprese ceramiche non vanno più
sul mercato in maniera generica e standardizzata, ma devono approcciarsi al mercato in modo ragionato. I fornitori si
devono adeguare a queste strategie. Quindi non più semplicemente un’offerta indifferenziata e generica, ma
un’offerta mirata”.
Che ci sia un problema di approccio al mercato – che ovviamente non è disgiunto dalle risorse economiche
ed organizzative a disposizione delle imprese - è ribadito anche da un’altra impresa che presenta un minor grado
di inserimento internazionale:
“ Certo se decidi di andare su mercati esteri – afferma il nostro imprenditore - ha senso se continui ad
investirci risorse nel tempo perché si presentano opportunità concrete. Non ha senso andare all’estero così giusto
per fatturare qualche ordine. C’è bisogno di personale specializzato, ricerca apposta per certi mercati, e tutto questo
comporta dei costi.
Per collaborare con clienti esteri bisogna essere spesso in contatto con loro, seguire i progetti insieme, e
questo può essere molto complesso se il cliente è lontano”. Ci sono imprese che probabilmente fatturano molto più
di noi all’estero perché si vede che hanno agenti, personale disposto a viaggiare. E non è una questione di prodotti.
Ormai i prodotti giusti ce li abbiamo tutti, ormai tutte le tecnologie applicative sono state sperimentate.
Allo stesso tempo gli imprenditori – almeno alcuni di loro – intuiscono il grande potenziale di mercato che
esiste a livello internazionale, come pure i numerosi campi di applicazione per il prodotto. La conferma viene da un
imprenditore quando afferma:
“Lavorando con spessori estremamente sottili, pur mantenendo un prodotto estremamente resistente, ci
consente di ridurre di due volte lo spessore mantenendo le stesse caratteristiche, diminuendo dunque il peso. Il
nostro è un prodotto adatto ad esempio per grattaceli, navi, roulotte”.
Quella dell’internazionalizzazione, se appare sotto molti aspetti, una strada obbligata, alle imprese solleva
incertezze, presenta rischi, e dischiude opportunità che per essere colte impone loro profonde revisioni di tipo
organizzativo e sul piano delle condotte. Quest’ultimo costituisce il principale “prezzo da pagare” per cogliere le
opportunità offerte dalla internazionalizzazione
2.5 I fattori competitivi e le aree di maggiore impegno
Al fine di rendere più visibili i percorsi seguiti dalle imprese si presentano i fattori di competitività che più
concorrono a solidificare le relazioni con la clientela e le aree strategiche nelle quali le imprese sono chiamate a
dedicare il maggior impegno in termini di investimenti e di sforzi innovativi.
All’interno di una rosa di fattori competitivi, le imprese del comparto hanno messo bene in luce l’importanza
relativa che questi fattori rivestono nell’interazione con la clientela, nell’attuale condizione di mercato1 (Tab. 2.2).
1 Le valutazioni sono espresse sulla base di un sistema di misurazione costituito da una scala Likert da 1 a 7, dove il valore 1
indica che il fattore competitivo è ritenuto dall’intervistato “poco importante”, il valore 7 indica invece che l’intervistato percepisce il
fattore competitivo come “molto importante”.
236
La flessibilità di servizio e la differenziazione di prodotto sono considerate le leve competitive più efficaci
nell’alimentare la soddisfazione della clientela. L’elevata flessibilità del servizio richiesta dalla committenza, intesa
come rapidità e puntualità nei tempi di consegna, e come capacità di soddisfare in modo efficiente gli ordini
delle imprese ceramiche, è la conferma della criticità che assume per le aziende ceramiche la capacità di veloce
innovazione delle loro proposte al mercato. Questa esigenza genera una domanda di flessibilità che si rivolge alle
imprese dei corredi, che dato l’elevato grado di dipendenza dalla committenza e l’acceso clima competitivo interno,
non possono ignorare.
Tabella 2.2 - Imprese del comparto dei corredi ceramici: fattori competitivi e rapporti con la clientela
Deviazione
Media
std.
CLIENTI DEL DISTRETTO
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
6,36
,929
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
6,12
1,364
Capacità innovativa (materiali, proposte stilistiche, soluzioni,…)
6,12
1,556
Contenuto stilistico dell’offerta di prodotto
5,85
1,523
Ampiezza gamma prodotti offerti
5,18
1,944
Competitività di prezzo
5,15
1,460
Capacità di credito a favore della clientela
4,30
2,008
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
6,33
,877
Contenuto stilistico dell’offerta di prodotto
6,04
1,091
Capacità innovativa (materiali, proposte stilistiche, soluzioni,…)
5,93
1,466
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
5,81
1,545
Competitività di prezzo
5,41
1,500
Ampiezza gamma prodotti offerti
5,26
1,745
3,81
1,962
CLIENTI ESTERI
Capacità di credito a favore della clientela
Fonte: Ns. elaborazione
Le aziende ceramiche non chiedono solo una offerta veloce e flessibile, si attendono anche un contenuto di
qualità, di innovazione e varietà sul piano delle proposte. Da qui la necessità di disporre di un patrimonio di
conoscenze e competenze sul piano stilistico, di capacità creative e tecniche. Esce confermato che questo
patrimonio cognitivo si rileva essenziale per la sopravvivenza delle imprese.
Anche la competitività di prezzo (rispettivamente 5,15 e 5,41 nei rapporti con la clientela del distretto e con
quella estera) assume un ruolo sempre più rilevante nelle relazioni di fornitura che sollecita le imprese a tenere sotto
controllo le condizioni di efficienza gestionale.
La capacità di credito a favore della clientela non si dimostra una leva particolarmente efficace a segnalare
il rilievo che gli attributi prestazionali (flessibilità qualitativa) occupano all’interno della relazione con la clientela.
Se le indicazioni appena enunciate segnalano cosa è importante “sapere fare bene per raccogliere la
soddisfazione della clientela ceramica”, si è cercato di intercettare lungo quali sentieri strategici le imprese si stanno
orientando e quale impegno stanno mettendo in campo in termini di risorse, investimenti tangibili ed intangibili2 (Tab.
2.3).
2 Anche in questo caso, le valutazioni sono espresse sulla base di un sistema di misurazione costituito da una scala Likert da 1 a
7, dove il valore 1 indica che l’impegno nell’investire risorse nell’attività strategica è scarso, il valore 7 indica invece che l’impegno
nell’investire risorse nell’attività strategica è elevato.
237
Tabella 2.3 - Imprese del comparto dei corredi ceramici: aree strategiche di maggior impegno in termini di
investimenti
Media
Media
fattore
COSTI (EFFICIENZA PRODUTTIVA) / VOLUMI
5,67
Diminuire i costi di produzione
6,15
Espandere la base della clientela
5,18
FLESSIBILITA’ PRODUTTIVA
Accrescere la flessibilità produttiva
5,58
5,58
INNOVAZIONE E DIFFERENZIAZIONE DI PRODOTTO
Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi
Migliorare il contenuto tecnico/estetico del prodotto
Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato
Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati
5,97
5,88
4,36
4,24
SERVIZIO ALLA CLIENTELA
Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della
clientela)
Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite:
l’integrazione delle competenze
la co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…)
la condivisione e lo scambio di risorse e competenze
5,11
5,00
5,97
5,00
4,76
4,33
SVILUPPO TECNOLOGICO
Introdurre nuove tecnologie:
di gestione (informazione, comunicazione,…)
di produzione
di progettazione
5,24
5,12
4,52
DISTRIBUZIONE E COMUNICAZIONE
Ampliare il numero dei mercati geografici
Sviluppare una comunicazione diretta a imprese ceramiche internazionali
Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…)
Aumentare il numero dei venditori diretti
Aumentare il numero degli agenti
Realizzare linee di prodotto a marchio aziendale
Sviluppare rapporti diretti con punti vendita
Costruire filiali commerciali in alcuni mercati chiave
3,45
3,45
3,24
2,61
2,45
2,42
2,06
1,52
PARTNERSHIP
Definire forme di partnership o alleanze con:
aziende del comparto dei corredi ceramici
produttori di tecnologia
aziende ceramiche
colorifici
Fonte: Ns. elaborazione
4,96
2,65
2,54
3,24
2,85
2,13
1,94
Volendo sintetizzare, sembra di poter affermare che le imprese hanno fatto dell’efficienza, del prodotto e del
servizio il loro “tridente” competitivo e su questo triplice asse di azione affrontano le condizioni di mercato attuali e
prospettiche. Tutto sembra muoversi, quindi, nel solco della tradizione e della continuità col passato.
Poche le aperture di nuove frontiere per la creazione di valore, poche le sperimentazioni di percorsi innovativi
soprattutto nelle relazioni con il mercato e nella riconfigurazione degli assetti organizzativi e delle relazioni tra
imprese.
238
2.6 Le performance economico-finanziarie delle imprese
L’assetto strutturale e competitivo del comparto, le dinamiche di mercato che si sono susseguite negli ultimi
anni, e ancor più gli indirizzi strategici e le condotte operative delle imprese si sono riflessi sui risultati conseguiti
dalle imprese sul piano economico e finanziario. L’analisi condotta sui bilanci di un campione di 31 imprese fornisce
al riguardo più di una indicazione.
Sul piano delle performance di mercato e dei risultati conseguiti sul piano economico nel periodo 2000-2004
si osservano dinamiche cedenti e per lo più molto accentuate (Tab. 2.4).
In termini di fatturato le imprese sembrano conferire una certa dinamicità alla loro azione di mercato, anche
se la flessione nell’ultimo anno appare evidente. Gli aspetti di maggiore criticità emergono sul piano della capacità di
estrarre valore da questa azione di mercato, sul piano dell’efficienza nella gestione delle attività caratteristiche e
quindi sulla capacità di produrre reddito per remunerare il capitale di rischio ed ancor più per generare
l’accumulazione di capitale necessaria a sostenere processi di crescita o progetti impegnativi sul piano degli
investimenti. Simili criticità o deficit emergono osservando:
•
•
•
•
Il valore aggiunto e la sua dinamica cedente. Nel corso del periodo a fronte di un aumento del fatturato
(15% in valore percentuale e 22 milioni di euro in valore assoluto) si rileva una dinamica estremamente
modesta del valore aggiunto (1,9 in termini percentuali e di solo 1 milione di euro in valore assoluto). Ne
discende una continua e sempre minore incidenza del valore aggiunto sul fatturato realizzato: da 36,5%
nel 2000 al 32,3% del 2004. Si aggiunga, inoltre, che anche in presenza di dinamiche ascendenti del
fatturato, il valore aggiunto non si muove da una posizione di stabilità
Due le possibili spiegazioni: la scarsa capacità di valorizzare il frutto della loro attività (o di farselo
riconoscere dal mercato) ed il forte ricorso al mercato dei servizi e delle lavorazioni conseguente alla
esternalizzazione di attività e processi di lavorazione. In verità queste due condizioni sono presenti
entrambe: della prima si trova riscontro nella parte dell’analisi dedicata al sistema competitivo ed alle
relazioni di canale e di mercato. Della seconda verrà un riscontro osservando la struttura del capitale
investito.
Il fattore lavoro, il suo peso e la forte partecipazione nella distruzione del valore aggiunto. Il costo di questo
fattore rappresenta il 28% del fatturato ed assorbe una quantità molto elevata del valore aggiunto: il 74%
nel 2000 e l’83% nel 2004. Dietro a questi risultati ci stanno – oltre alla dinamica del costo della
manodopera - il forte carattere labour intensive di molti processi produttivi ed il ricorso a manodopera
specializzata nell’attività di ricerca. Non è forse un costo troppo elevato per il valore che si produce?
La redditività della gestione caratteristica. Il margine operativo si mantiene per tutto il periodo su livelli
bassi e cedenti sia in termini di peso che in valore assoluto. Il modesto livello di performance a livello di
gestione caratteristica si mantiene anche in periodo di crescita del fatturato a segnalare la presenza di
deficit di comportamento aziendale e/o connotati strutturali del business model.
La redditività netta. Sui modesti risultati realizzati a livello di gestione caratteristica, si esercita il forte grado
di erosione degli oneri finanziari conseguenti alla politica finanziaria delle imprese fortemente orientata ad
attingere a fonti di finanziamento esterne (Tab. 2.5).
La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese del comparto non è priva di indicazioni che rinviano alla
specificità dei processi produttivi, al profilo di forza delle imprese e alla combinazione dei fattori per supportare la
loro attività.
In particolare si coglie:
•
•
il forte peso delle componenti di capitale circolante su quella immobilizzate: queste ultime perdono terreno
sia in termini di incidenza che in valore assoluto. Simile tendenza non può che mettersi in relazione al
rallentamento del processo investitorio delle imprese a cui si accompagna un più forte ricorso al mercato
delle lavorazioni o della sub fornitura. All’interno delle attività circolanti è forte e crescente il peso dei crediti
commerciali che segnalano un grado di rotazione sempre più lento: la durata media dei crediti era di 159
giorni circa nel 2000, per salire a oltre 194 giorni nel 2004. Anche questo è un indice di debolezza e di
forte dipendenza dalla clientela.
Il forte grado di sottocapitalizzazione e il forte ricorso a fonti di finanziamento esterne: i mezzi propri, nel
2004, concorrono a finanziare il capitale investito nella misura del 13,5%. Ne discendono diverse
conseguenze non positive: sulla capacità di alimentare il processo di accumulazione del capitale (forte
erosione degli oneri finanziari sul reddito operativo) e sulla capacità di sostenere il processo investitorio (e
non solo in termini di asset tecnici). Tutto questo comprime il grado di autonomia (e non solo finanziaria)
delle imprese e ne accresce il loro grado di vulnerabilità.
239
Tabella 2.4 - Comparto corredi ceramici: Conto Economico di un campione di 30 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004
Conto Economico
2000 %
2001 %
2002 %
2003 %
2004 %
Ricavi delle vendite
138.015,89
146.094,04
164.854,31
184.186,35
163.483,31
Valore della produzione
145.575,15 100%
150.690,73 100%
174.452,43 100%
190.048,15 100%
167.393,17 100%
Materie prime e consumo
Servizi
Godimento di beni di terzi
Valore aggiunto
Totale costi del personale
Margine operativo lordo -MOL
Ammortamenti e svalutazioni
Risultato operativo
41.180,68
44.228,40
6.409,88
53.073,41 36,5%
38.558,37
14.515,04 10,0%
7.103,68
7.153,13 4,9%
40.593,97
47.546,62
7.647,61
53.046,49 35,2%
41.110,67
11.935,82 7,9%
6.810,57
5.032,29 3,3%
48.665,88
52.455,99
9.480,62
62.091,54 35,6%
44.125,84
17.965,70 10,3%
8.477,53
9.384,38 5,4%
Proventi e oneri finanziari
Proventi e oneri straordinari
TOT Proventi e oneri
-2.676,77
-1.338,38
-3.137,97
-4.789,67
1.398,41
-3.391,26
-3.037,80
1.141,45
1.896,35
Risultato prima delle imposte
4.015,16 2,8%
1.641,03 1,1%
7.488,03 4,3%
11.002,29 5,8%
2.280,72 1,4%
417,92 0,3%
-1.586,00 -1,1%
3.222,53 1,8%
5.165,70 2,7%
-1.428,59 -0,9%
Utile perdita di esercizio
Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA
240
54.752,47
59.840,20
9.873,98
62.820,10 33,1%
47.394,02
15.426,08 8,1%
8.997,13
6.310,82 3,3%
-919,19
5.610,66
4.691,47
46.011,31
54.941,41
10.256,32
54.141,20 32,3%
44.629,50
9.511,70 5,7%
7.920,15
1.459,55 0,9%
-2.036,49
2.857,66
821,17
Tabella 2.5 - Comparto corredi ceramici: Stato Patrimoniale di un campione di 30 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004
Stato Patrimoniale Attivo
2000 %
2001 %
2002 %
2003 %
2004 %
Immobilizzazioni immateriali
4.292,52
5.769,83
8.012,59
7.980,55
5.787,74
Immobilizzazioni materiali
33.417,64
35.779,19
34.338,18
28.100,89
26.967,38
Immobilizzazioni finanziarie
10.047,56
11.245,73
10.799,50
10.355,88
9.495,88
Totale immobilizzazioni
47.757,71 37,4%
52.794,75 38,8%
53.150,27 32,2%
46.437,32 28,8%
42.251,00 28,6%
Liquidità immediate
Totale disponibilità liquide
Totale Attività finanziarie
Liquidità differite
Totale Crediti
Disponibilità
Rimanenze
TOT Attivo circolante
TOT ATTIVO
Stato Patrimoniale Passivo
Patrimonio netto
Debiti a breve termine
Debiti a lungo termine
Totale Debiti
Fondi e rischi
TFR
TOT PASSIVO
Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA
5.116,17
197,71
5.465,48
424,22
4.948,96
219,71
7.608,55
706,74
4.180,52
298,23
61.313,09
63.873,12
90.794,28
92.051,37
88.342,48
13.323,45
79.950,41 62,6%
13.431,97
83.194,78 61,2%
15.830,24
111.793,19 67,8%
14.545,75
114.912,41 71,2%
12.550,67
105.371,89 71,4%
127.708,13 100%
135.989,53 100%
164.943,46 100%
161.349,73 100%
147.622,88 100%
2000 %
14.172,23 11,1%
2001 %
13.896,81 10,2%
2002 %
20.098,05 12,2%
2003 %
27.644,93 17,1%
2004 %
19.931,43 13,5%
84.548,99
21.061,00
105.609,99 82,7%
86.821,22
26.592,00
113.413,22 83,4%
110.997,53
23.991,00
134.988,53 81,8%
104.001,34
17.436,00
121.437,34 75,3%
97.395,77
19.508,00
116.903,77 79,2%
904,16
7.021,75
127.708,13 100%
843,40
7.836,09
557,90
9.298,98
135.989,53 100%
241
164.943,46 100%
2.308,64
9.958,83
161.349,73 100%
824,03
9.963,65
147.622,88 100%
CONCLUSIONI
Il comparto dei corredi rappresenta la formazione di imprese più corposa che si è formata alla corte
dell’industria ceramica nel corso del tempo. Una formazione che si è costituita con tempi, modalità e condizioni non
molto diversi da quelli di altre attività complementari o di servizio delle aziende ceramiche. L’ingresso dei primi
laboratori o studi di decoro avviene negli anni 70 per essere seguito da un flusso di iniziative sempre più consistente
negli anni ’80 per poi perdere di intensità in seguito. La loro genesi avviene per spin-off, e cioè, per distacco di
lavoratori da aziende ceramiche e di aziende di terzo fuoco, alle dipendenze delle quali avevano accumulato
conoscenze e maturato competenze di varia natura, tecnica, commerciale e grafica.
Per le imprese nate negli anni ’70 ed ancor più anni ’80, l’avvio è stato agevolato dal patrimonio “cognitivo”
degli imprenditori pionieri, dalle basse barriere all’entrata ed ancor più dalla forte domanda di decoro espressa dalle
aziende ceramiche. Si trattava di lavorazioni effettuate con scale produttive contenute che non si conciliano con una
organizzazione della produzione su scala industriale per grandi lotti e serie lunghe. Da qui, l’esternalizzazione
dell’attività a queste imprese – all’inizio poche e poi sempre in numero maggiore – che hanno messo a disposizione
la loro capacità produttiva, competenze grafiche, capacità di ricerca e di proposta stilistica.
La rigidità del processo produttivo delle aziende ceramiche ha fatto la fortuna delle aziende di decoro, ha
creato una condizione di interdipendenza che con il passare degli anni ha assunto molti tratti di dipendenza.
Fin dalla sua nascita, infatti, il comparto ha sempre risentito degli effetti positivi o negativi conseguenti agli
indirizzi strategici ed alle condotte delle aziende ceramiche, e questo, ha finito anche per influenzare le relazioni che
con toni e sfumature diverse sono sempre state relazioni di fornitura.
Il forte addensamento sul territorio, l’elevato grado di omogeneità dell’offerta, ha contribuito a fare delle
imprese di corredi (o almeno molte di loro) dei fornitori intercambiabili agli occhi delle aziende ceramiche.
Questa condizione di debolezza sul piano relazionale è stata mascherata per lungo tempo, e cioè, per tutta la
lunga fase di sviluppo “quantitativo” dell’industria ceramica (anni 60-80) che riversava alle imprese di decoro una
domanda di lavorazione altrettanto voluminosa. Si è fatta, invece, sempre più manifesta a partire dagli anni ’90: la
crescente pressione competitiva avvertita dalle aziende ceramiche sul mercato, il forte rallentamento dello sviluppo
che andava costruito su fattori reali di competitività ( distinzione e qualificazione dell’offerta e non più solo sui volumi)
hanno segnato un punto di svolta inevitabile nelle relazioni tra aziende ceramiche e aziende di decori.
Le aziende ceramiche hanno iniziato ad esprimere una domanda a maggior grado di sofisticazione, di
contenuto di servizio alla quale le imprese di decoro sono state costrette ad adeguarsi. Questa rincorsa, molto
onerosa sul piano dell’impegno e forse non gratificante sul piano economico ha però portato come effetto positivo
quello di fare evolvere l’azienda del terzo fuoco ed il suo rapporto con l’azienda ceramica.
L’azienda di terzo fuoco oggi non disporrebbe di un simile patrimonio cognitivo e non godrebbe di una simile
capacità di servizio, se non fosse stata stimolata dalla domanda sempre più esigente e sfidante delle aziende
ceramiche.
E’ da questo patrimonio cognitivo (capacità di ricerca grafica, stilistica, di servizio), che occorre partire per
allentare la condizione di dipendenza, portare la relazione su basi più collaborative, ed accrescere il grado di
autonomia delle imprese. Il fatto che le prestazioni eseguite in conto lavorazione, cedano in parte il passo a quelle
eseguite in conto vendita può essere un segnale che va in questa direzione? Se sì, il processo deve avanzare oltre
fino alla condizione in cui le imprese possano operare in conto proprio e cioè proporsi direttamente al mercato
finale. E’ questo un percorso tutto da costruire, che non deve porsi in alternativa alla relazione con l’azienda
ceramica che resterà sempre uno sbocco troppo importante per le aziende di decoro. Queste ultime, allo stesso
tempo, rappresenteranno un fornitore/partner sempre più indispensabile viste le condizioni di crescente
varietà/variabilità della domanda e l’importanza delle economie di velocità che stanno interessando il mercato della
piastrella di ceramica.
Più è alto nella domanda il contenuto di specificità, di sofisticazione e di rapidità, più la posizione delle
imprese di decoro del distretto esce rafforzata nei confronti di ogni potenziale competitor esterno.
Questa forza o scudo protettivo verso l’esterno non cancella la debolezza interna al comparto: troppo elevato
il grado di frammentazione, troppo numerosi i “doppioni” di imprese, troppo diffusa l’omogeneità delle condotte
operative. Questa elevata indifferenziazione non fa bene al comparto e rafforza la clientela ceramica. La fase di
maturità settoriale nella quale è entrato il comparto, il forte rallentamento/mutamento della domanda (non attribuibile
in toto al minimalismo), non tarderanno a produrre qualche effetto sul piano della semplificazione della base
produttiva. Il consolidamento del comparto è operazione che, però, non dovrebbe essere lasciata solo al mercato,
242
ma andrebbe agevolato e in parte governato dagli stessi attori interni al comparto attraverso operazioni di
aggregazione e di sviluppo per via esterna.
Il problema dimensionale – non riducibile a soglia di fatturato o numero minimo di addetti – è una questione
non eludibile per le imprese del comparto. Il consolidamento dimensionale è il passaggio obbligato per consentire a
molte imprese, oggi ancora nella fase di adolescenza – di poter arrivare più forti (sul piano delle risorse, capacità e
competenze) alla loro piena maturità. E da quella condizione agire con maggiore grado di autonomia, allargare i loro
orizzonti di mercato, e quindi, essere più protagoniste del loro destino.
243
BIBLIOGRAFIA
S. Brusco (1997), La lezione dei distretti: alle origini della competitività, Modena, Dipartimento di Economia Politica.
T. Bursi (1984), Il settore meccano-ceramico nel comprensorio della ceramica : struttura e processi di crescita.
Milano, Franco Angeli.
T. Bursi (1988), L’industria delle piastrelle di ceramica : dalla rapida crescita alla maturità settoriale, Milano, Franco
Angeli.
T. Bursi (1997), Strategie di crescita ed acquisizioni nell'industria ceramica italiana, Torino, Giapichelli
Cerarte, Osservatorio sul comparto dei corredi ceramici (2003), IV° indagine congiunturale, Cerarte.
G. Pellegrini (2000), Efficienza e redditività delle imprese distrettuali, Banca D’Italia, Servizio studi e sede di Ancona.
G. Pellicelli (2004), Strategie di impresa, Milano, Egea.
M. Russo (1996), “Cambiamento tecnico e relazioni tra imprese. Il distretto ceramico di Sassuolo”, Rosemberg &
Sellier.
G. Solinas (1996), I processi di formazione, la crescita e la sopravvivenza delle piccole imprese, Franco Angeli.
244
I PRODUTTORI DI IMBALLAGGI PER IL SETTORE
CERAMICO
(Tiziano Bursi – Davide Fornetti)
245
INDICE
INTRODUZIONE
p. 247
1. Alcuni lineamenti del comparto
p. 248
2. La struttura e la dinamica della competizione
p. 249
3. Le performance economico- finanziarie delle imprese
p. 252
CONCLUSIONI
p. 255
246
INTRODUZIONE
Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione:
strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia
aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di
questa ricerca vi è quello di dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico e di capire l’impatto
dei processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati nel sistema ceramico.
Il presente rapporto è dedicato ai produttori di imballaggi: un comparto dal profilo strutturale contenuto,
sorto sull’onda dello sviluppo della produzione ceramica che ha espresso una domanda crescente di materiali per lo
stoccaggio, l’imballaggio e il confezionamento del prodotto. Una domanda che nel corso nel tempo si è
progressivamente articolata ed alla quale l’offerta ha messo disposizione una variegata tipologia di materiali: pallet
di legno, scatole di cartone, materiali plastici, ad altri ancora.
Si è in presenza di iniziative imprenditoriali locali, che hanno trovato nello sviluppo della produzione di
piastrelle la loro ragione di essere e verso questa attività presentano un elevato grado di dipendenza. Le
caratteristiche del prodotto, il suo limitato valore non ne consentono il trasporto oltre certe distanza e ciò induce a
collocare la produzione a ridosso degli utilizzatori.
I risultati qui proposti, sono il frutto di una indagine sul campo che ha interessato alcune imprese impegnate
nella produzione delle diverse tipologie di materiali. Non hanno la pretesa di esaurire la complessità delle
problematiche e delle specificità del comparto, quanto tracciarne i lineamenti essenziali e cogliere le relazioni con il
settore ceramico e gli altri comparti del sistema ceramico, anche loro consumatori di materiali di imballaggio.
Si ringraziano le imprese che hanno offerto la loro disponibilità a raccontare se stesse e la loro storia. Da
questi racconti derivano in larga parte i lineamenti del comparto.
247
1. Alcuni lineamenti del comparto
Il settore dell’imballaggio è nato e si è sviluppato con la diffusione della produzione di piastrella. Nel tempo i
produttori del comparto hanno adattato la propria offerta, i propri prodotti alle mutevoli esigenze delle imprese
ceramiche, le quali, nella valorizzazione del prodotto finito, hanno introdotto nuove soluzioni che hanno interessato il
processo produttivo ed il “sistema prodotto”. A questo ultimo appartengono anche le soluzioni relative al
confezionamento ed alla presentazione della piastrella al cliente.
La produzione di imballaggio, costituisce un’attività a valle della filiera produttiva, alimenta un certo numero
d’imprese – interne ed esterne all’area ceramica - ognuna delle quali è specializzata nella realizzazione di specifici
materiali e prodotti che trovano impiego nelle fasi:
•
•
scelta e confezionamento
pallettizzazione
L’analisi si focalizza sul segmento della produzione di materiali di consumo e del confezionamento della
piastrella.
Accanto ai fornitori di materiali per l’imballaggio, operano anche i produttori di sistemi e tecnologie funzionali a
quest’attività che sono in parte comprese nel settore meccano-ceramico.
Del comparto imballaggi si cercherà di mettere a fuoco i lineamenti strutturali, il sistema prodotto così come si
è evoluto nel corso del tempo per aderire alle esigenze espresse dalle aziende ceramiche,
Il primo tratto che caratterizza l’operatività delle imprese del comparto è rappresentato dal mercato di sbocco.
L’offerta di prodotto delle imprese è indirizzata, infatti, principalmente alle imprese produttrici di piastrelle di
ceramica. La quota di produzione destinata ad altri settori è infatti molto limitata.
La produzione di imballaggi per il confezionamento della piastrella non sembra presentare particolari
complessità dal punto di vista dei materiali impiegati. Le scatole, i cartoni, i pallet sono prodotti a bassissimo valore
aggiunto, standardizzati e richiedono processi di lavorazione estremamente semplici, per cui l’ingresso nel settore
non presenta barriere all’entrata significative. Le tecnologie ed i sistemi automatici per il confezionamento e la scelta
delle piastrelle costituiscono al contrario soluzioni ad alto tasso d’innovazione e ad elevato valore aggiunto.
Negli imballaggi di cartone quali le scatole, la materia prima principale è la carta. Si tratta perlopiù di carta
riciclata, la cui qualità può variare a seconda delle esigenze dei clienti. Essa è ottenuta dall’attività di grandi cartiere
che a loro volta riforniscono gli scatolifici.
I pallet, invece, utilizzano legno proveniente dalle foreste del Nord Europa, in particolare dalla Scandinavia.
Il processo che porta alla produzione di scatole è semplice e sequenziale (Tab. 1.1).
Tabella 1.1 – Fasi del processo produttivo dei materiali per il confezionamento delle piastrelle
Fase di lavoro
Contenuto tecnico
Controllo qualità materie prime
Automatico
Montaggio della fustella
Manuale
Taglio del cartone ondulato
Automatico
Stampa del marchio del cliente
Automatico
Stoccaggio prodotti finiti
Manuale
Fonte. Ns. elaborazione
La struttura produttiva del comparto del cartone ondulato si caratterizza per una forte frammentazione della
capacità di produzione che deriva dall’elevato rapporto tra costo del trasporto e valore della produzione. Ciò ha
determinato la nascita e lo sviluppo di numerosi piccoli produttori di cartone ondulato e di scatolifici.
La maggior parte dei produttori presenta uno scarso livello d’integrazione verticale ed opera solo nella parte
finale della catena del valore, caratterizzata dalla produzione di scatole.
248
Poche imprese, infatti, controllano interamente i processi della filiera produttiva, che comprendono
l’approvvigionamento delle materie prime, la produzione di fogli (cartoni ondulati) e la realizzazione di scatole (Fig.
1.1).
Figura 1.1 - Catena del valore nel settore del cartone ondulato
Fibre vergini
Cartiere
Fibre riciclate
Cartonifici
Scatolifici
Le funzioni aziendali più importanti nel settore del cartone ondulato, così come in quello dei pallet, sono la
logistica, gli approvvigionamenti ed il controllo qualità delle materie prime.
La loro rilevanza è connessa alla forte dipendenza del settore dal mercato delle materie prime che, oltre ad
essere internazionale, si distingue per l’andamento ciclico dei prezzi con evidenti ripercussioni sulla redditività.
I rapporti commerciali sono intermediati da agenti di vendita con un solo mandato (monomandatari) che
operano nei territori di loro competenza per conto del produttore (Fig. 1.2).
Figura 1.2 Il canale di vendita
PRODUTTORE
AGENTE LOCALE
ACQUIRENTE INDUSTRIALE
2. La struttura e la dinamica della competizione
Il contesto competitivo dei settori cartoni ondulati e scatole risulta fortemente influenzato da:
o la struttura dell’offerta molto frammentata e quindi assenza di imprese leader capaci di amministrare
quote di mercato significative.
o il basso grado di differenziazione del prodotto commercializzato: un prodotto facilmente imitabile,
realizzato con materiali poveri e di immediata reperibilità. Gli unici elementi sui quali è possibile
inserire attributi distintivi nell’offerta sono il prezzo e il servizio.
Ne discendono condizioni di mercato di concorrenza perfetta (Fig. 2.1).
Figura 2.1 Comparto degli imballaggi per l’industria delle piastrelle di ceramica: sistema competitivo
Differenziazione del prodotto
Concentrazione
dell’offerta
ALTA
BASSA
ALTA
BASSA
Oligopolio differenziato
Oligopolio omogeneo
Concorrenza monopolistica
Fonte: Ns. elaborazione
249
Concorrenza perfetta
Nonostante il settore si trovi nella fase di maturità, il numero di nuovi concorrenti, specialmente nella parte
finale della catena del valore (scatolifici), è elevato.
Le barriere all’entrata sono infatti basse anche se le economie di scala nella produzione e gli investimenti
iniziali possono costituire un ostacolo difficile da superare.
Inoltre la tendenza dei clienti a legarsi ad un solo fornitore e ad instaurare rapporti di partnership, è molto
limitata a causa del prezzo, che costituisce la leva principale su cui si basa la concorrenza.
L’incentivo di nuovi entranti ad inserirsi nel settore deriva da un altro importante fattore, ossia dalla scarsa
integrazione verticale delle imprese.
Il controllo delle materie prime costituisce un asset strategico in quanto, come già precisato, la dipendenza del
settore da tale fattore produttivo è molto forte.
Il 70% del prezzo finale è attribuibile all’acquisto di materie prime mentre il restante 30% comprende i
processi di lavorazione, la consegna ed il margine di profitto.
Il fornitore di materie prime riveste un ruolo cruciale nella catena del valore perché, come accennato, il valore
della merce venduta andrà ad incidere sul prezzo di vendita per il 70%.
La decisione d’integrarsi verticalmente a monte è dunque una strategia efficace perché permette il controllo
diretto di una risorsa critica.
I prodotti sostitutivi non costituiscono una minaccia perché il tasso tecnologico del settore è relativamente
basso. Si tratta di offrire al cliente un bene dal basso valore intrinseco, non sofisticato e ciò non lascia spazio a
possibili innovazioni di prodotto.
L’unico fronte in cui è possibile fare innovazione è la tecnologia di processo, che permette di diminuire i cicli
produttivi e di aumentare l’efficienza nonché la capacità produttiva.
La domanda che si rivolge al settore è rappresentata in prevalenza dal settore della ceramica, anche se non
è la sola. L’alimentare, il farmaceutico e l’industria della plastica, costituiscono ulteriori mercati di sbocco.
Nel distretto ceramico la domanda esercita un forte potere contrattuale sui fornitori. Tale influenza è data dalla
numerosità delle aziende fornitrici e dalle loro dimensioni, tali da non consentire ampi margini di manovra sui prezzi.
Le imprese fornitrici infatti sono spesso di medie e piccole dimensioni, di proprietà familiare e caratterizzate da una
forte connotazione locale.
La presenza di gruppi multinazionali è limitata ma in crescita.
Il prezzo è la variabile discriminante alla base della relazione commerciale (Tab. 2.1). Dal prezzo dipende la
scelta di un determinato fornitore. La disponibilità di informazioni riguardo ai prezzi e ai costi dei fornitori è un potente
strumento che accresce ulteriormente la capacità di negoziazione degli acquirenti.
Dato il basso valore aggiunto dei prodotti assieme all’incidenza del costo di trasporto, per applicare prezzi più
aggressivi occorre disporre di impianti che consentano di conseguire economie di scala ed efficienza produttiva.
Risparmi di costo sono ottenibili anche tramite il controllo degli approvvigionamenti delle materie prime. La centralità
del prezzo nelle decisioni d’acquisto ha reso sempre più teso il clima concorrenziale tanto da erodere i già ridotti
margini di profitto. Ciò sta avendo conseguenze più dirette soprattutto sui piccoli produttori, meno in grado di
adattare le politiche di prezzo alle esigenze degli acquirenti.
Tabella 2.1 - Comparto degli imballaggi per l’industria ceramica: variabili competitive chiave, fattori di
successo e funzioni aziendali critiche
VARIABILI CONCORRENZIALI
FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
FUNZIONI CRITICHE
Prezzo
Economie di scala
Economie di esperienza
Integrazione verticale
Produzione
Qualità
Qualità costante dei materiali
Acquisti materie prime
Controllo qualità
Logistica
Innovazione
Capacità d’innovare processi
Ricerca e sviluppo
Servizio
Orientamento al cliente
Servizi di assistenza
Vicinanza al cliente
Marketing
Commerciale
Fonte: Ns. elaborazioni
250
Tra i fattori che contribuiscono al successo nel settore spicca la vicinanza all’utilizzatore finale.
La priorità verso questo aspetto è legata al fatto che la prossimità al cliente garantisce un livello di servizio
capillare, puntualità nelle consegne, flessibilità e soprattutto abbatte i costi di trasporto.
La concentrazione nel distretto di Sassuolo è un elemento strategico perché permette ai fornitori di soddisfare
i mutevoli bisogni delle aziende ceramiche, come ad esempio la nascita di nuovi formati di piastrelle, e di far fronte
all’elevata variabilità dei programmi di produzione.
Alla progressiva frammentazione degli ordini, le imprese fornitrici di imballaggi in cartone hanno reagito
aumentando l’efficacia del servizio, che oltre a costituire un elemento di differenziazione dell’offerta, ha assunto una
valenza sempre più marcata viste le esigenze più sofisticate dei produttori che non si esauriscono nel prodotto fisico.
Un altro elemento critico che concorre a definire il successo del fornitore consiste nella capacità di
personalizzare l’offerta in base alle specifiche dell’impresa acquirente.
L’imballaggio, la scatola in sé non svolge più solo la funzione di avvolgere la piastrella, ma funge anche da
strumento di marketing. La ricerca grafica si accompagna alla tradizionale riproduzione del logo del produttore e in
questa nuova veste il packaging assume il ruolo di un vero e proprio veicolo pubblicitario.
Nel settore degli imballaggi in cartone - tra le funzioni critiche più coinvolte nel perseguimento degli obiettivi
delle strategie aziendali - un ruolo di primo piano spetta alla funzione acquisti, commerciale e logistica.
Se la strategia aziendale punta ai bassi costi per competere nel prezzo, la razionalizzazione degli
approvvigionamenti è la soluzione più adeguata.
La logistica è funzionale nell’assicurare una fornitura stabile, un servizio capillare e nel mantenere alto il livello
di soddisfazione dell’acquirente. La ricerca e sviluppo si occupa principalmente d’innovare i processi produttivi per
renderli più flessibili ed efficienti.
Il grado di attrattività complessivo del business non risulta elevato, anzi è piuttosto contenuto (Tab. 2.2).
Rispetto ai fattori di mercato il giudizio sull’attrattività è modesto in quanto la redditività del settore e la forte
sensibilità al prezzo lasciano poco spazio a margini di guadagno.
Tabella 2.2 – Comparto degli imballaggi per l’industria delle piastrelle di ceramica: attrattività settoriale
ATTRATTIVITA’
VARIABILI
Alta
FATTORI DI
MERCATO
FATTORI
COMPETITIVI
FATTORI
ECONOMICI
Media
Tasso di crescita del mercato
x
Dimensioni del mercato
x
Bassa
Redditività del settore
x
Sensibilità al prezzo
x
Intensità della concorrenza
x
Grado di concentrazione
x
Barriere all’entrata
x
Barriere all’uscita
x
Disponibilità di prodotti sostitutivi
x
Inflazione
x
Influenza cambi
x
Disponibilità materie prime
x
251
Il mercato, nonostante sia di medie dimensioni, è caratterizzato da bassi tassi di sviluppo in quanto si trova in
una fase di piena maturità.
Riguardo ai fattori competitivi emerge una situazione analoga alla precedente che rende il settore poco
attrattivo.
La presenza di una struttura concorrenziale frammentata, costituita da un elevato numero d’imprese
scoraggia l’ingresso nel business da parte di nuovi concorrenti.
Al contrario, la presenza di basse barriere all’entrata, incentiva nuovi entranti ad investire nel business.
Infine tra i fattori economici, la rilevanza maggiore è riservata alla disponibilità della materia prima che, come
già puntualizzato, può dare pericolosi segni di variabilità anche nel prezzo.
Questo è un problema che esiste da sempre, anche se attualmente può essere acuito dal trend del prezzo del
petrolio.
3. Le performance economico-finanziarie delle imprese
La struttura del comparto e la capacità delle imprese di creare valore, dipendono in gran parte dalle scelte
strategiche e operative delle stesse, producendo effetti evidenti sia sul grado di attrattività del settore sia sulle
performance reddituali. A scopo puramente segnaletico, si offrono alcune riflessioni estratte dall’analisi di un bilancio
somma di un piccolo aggregato di imprese del comparto (quattro) relativamente al periodo 2001-2005. Queste
riflessioni sono più orientate ad apprezzare tratti di struttura (dei costi, del capitale investito e delle fonti) che non a
rappresentarne le dinamiche.
I dati del conto economico confermano i tratti specifici del settore, già evidenziati in precedenza (Tab. 3.1). La
dinamica del fatturato segnala la stabilizzazione della domanda di mercato, che inizia a risentire del cedimento –
anche se lieve – dei volumi produttivi di piastrelle di ceramica degli ultimi anni. La crescita delle imprese è apparsa
costante ma allo stesso tempo permeata da periodi di stagnazione.
Tabella 3.1 - Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: conto economico.
Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali
CONTO ECONOMICO
Ricavi di vendita
Valore della
produzione
Materie prime e
Consumi
Servizi
Godimento di beni di
terzi
2001
14.505,96
14.361,29
2002
%
14.221,66
100
14.135,66
2003
%
15.496,67
100
15.660,39
2004
100
17.142,15
7.839,31
8.919,22
10.947,23
2.857,11
2.655,55
3.038,99
2.906,97
523,62
402,04
371,64
370,57
3.210,68
Costi personale
2.097,11
1.113,57
22,3
3.104,54
21,9
1.950,26
7,7
325,48
1.154,28
8,1
1.134,6
7,2
1.224,34
Proventi e oneri
-305,08
-272,06
-204,70
-235,21
Risultato pre-imposte
483,03
561,21
612,4
676,97
252
1,9
224,44
18,2
7,1
294,65
788,08
270,47
786,48
100
1.907,26
348,10
5,6
3.131,60
Risultato operativo
Utile perdita di
142,2
0,9
esercizio
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazioni
794,53
19,8
1963,13
359,73
5,4
3.097,73
%
17.344,37
8.001,19
Valore aggiunto
Margine operativo
lordo –MOL
Ammortamenti e
Svalutazioni
%
5,0
1,4
929,54
275,53
5,4
1,6
Per quanto concerne la struttura dei costi, è significativa la forte e crescente incidenza delle materie prime,
che spiegano più di due terzi del prezzo finale di vendita. La forte volatilità dei prezzi d’acquisto unita all’incremento
dei costi di trasporto, hanno contribuito ad irrigidire la struttura del conto economico riducendo fortemente gli spazi di
manovra sul piano gestionale.
Un’altra voce che ricopre un ruolo non secondario e che ha assunto un rilievo, anch’esso, crescente è il costo
“per servizi”, che per le imprese del comparto costituisce una delle leve principali di differenziazione dell’offerta. Il
peso di queste voci di costo comprimono la capacità di produrre valore aggiunto che si mantiene basso e cedente.
La leggerezza delle strutture aziendali – sia in termini di dotazione di capitale tecnico e sia di personale – consente
alla gestione caratteristica di residuare una modesta quanto stabile marginalità. Marginalità che - a seguito delle
politiche finanziarie che privilegiano fonti esterne di capitale – si trasforma estremamente contenuta in reddito netto.
Questa supera in media poco più dell’1% nel periodo osservato.
Dall’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria si evince una netta prevalenza delle componenti di
capitale circolante (crediti) su quelli fisse anche se le immobilizzazioni materiali (impianti) costituiscono una delle
principali barriere all’entrata per i nuovi concorrenti (Tab. 3.2).
Tabella 3.2 - Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: stato patrimoniale.
Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali
Stato Patrimoniale Attivo
2001
Immobilizzazioni immateriali
254,26
198,83
185,90
428,98
Immobilizzazioni materiali
757,31
632,34
477,51
892,70
Immobilizzazioni finanziarie
14,02
49,02
49,02
49,02
Crediti verso clienti oltre 12 mesi
510,53
168,32
218,81
183,15
Totale immobilizzazioni
Liquidità immediate
1.536,12
%
17,65
2002
1.048,51
%
14,12
2003
931,24
%
10,5
2004
1.553,85
%
14,33
272,82
495,93
315,00
272,95
Liquidità differite
5.014,38
5.212,00
5.816,16
6.844,75
Disponibilità
1.877,45
1.714,86
1.803,33
2.171,55
Totale Capitale circolante
7.164,65
82,34
7.422,79
87,62
7.934,49
89,49
9.289,25
85,66
TOT ATTIVO
8.700,77
100
8.471,30
100
8.865,73
100
10.843,10
100
Debiti a breve termine
6.666,27
6.240,04
6.490,35
6.863,95
Debiti a lungo termine
232,58
185,69
185,64
1.468,93
Ratei e risconti passivi
98,31
65,74
61,04
31,70
Totale debiti
6.997,16
80,42
6.491,47
76,62
6.737,03
75,99
8.364,58
Fondi rischi
18,84
17,69
16,54
49,54
TFR
432,60
439,49
475,06
516,36
77,14
Patrimonio netto
1.252,18
14,39
1.522,65
17,97
1.637,10
18,46
1.912,62
17,63
TOTALE PASSIVO
8.700,77
100
8.471,30
100
8.865,73
100
10.843,10
100
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns elaborazione
253
Questo sforzo investitorio viene sostenuto attingendo in larghissima parte e fonti esterne ed in misura molto
limitata dal capitale di rischio. Il contributo di questa componente di capitale oscilla in media intorno al 16% nel
periodo osservato.
L’elevata esposizione verso fonti debitorie esercita una forte erosione sulla redditività della gestione corrente
che, come fatto notare in precedenza, esce provata da una rigida struttura di costi e frenata dalla tensione
competitiva che si scarica sui prezzi di vendita. L’esito finale è quello di esigua capacità di accumulazione di capitale
che costringe le imprese ad una condizione di strutturale sottocapitalizzazione.
Anche gli indicatori di performance economica e produttività dei fattori confermano le specificità della
combinazioni tecniche in uso nel settore (Tab. 3.3).
I dati relativi ai ricavi pro-capite e al valore aggiunto pro-capite presentano valori consistenti per via di una
bassa intensità di lavoro nell’attività, che presenta spetti di tipo capital-intensive.
Il costo del lavoro pro-capite non è particolarmente elevato a causa il non elevato profilo di competenza
richiesto alla forza lavoro per accudire le diverse fasi di lavorazione. Ciò nonostante, data la povertà del prodotto, al
fattore lavoro è destinato oltre il 60% del valore aggiunto stesso.
Tabella 3.3 – Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: alcuni indicatori di
performance economica
2001
2002
2003
2004
ROI – Redditività del capitale investito (%)
9,0
9,4
8,9
8,6
ROS – Redditività delle vendite (%)
5,4
5,5
5,0
5,3
ROE - Redditività del capitale netto (%)
12,8
21,5
15,8
16,8
Ricavi pro-capite (migliaia di Euro)
176
187
227
289
Valore aggiunto pro-capite (migliaia di Euro)
39
40
45
52
Costo del lavoro pro-capite (migliaia di Euro)
25
25
28
31
64,1
62,5
62,2
59,6
Costo del lavoro/Valore aggiunto (%)
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazioni
254
CONCLUSIONI
Queste breve scheda settoriale ci consegna un comparto dai tratti ben definiti e che ha saputo ritagliarsi nel
corso del tempo un posto nella filiera ceramica. Al pari delle altre attività, la concorrenza è il principale motore che
anima le imprese, sollecitandole ad affrontarsi sulle condizioni di prezzo e di contenuto di servizio. Simile condotta
operativa è figlia della struttura concorrenziale: elevata frammentazione dell’offerta, pluralità di attori e loro forte
concentrazione sul territorio ceramico. Le imprese del comparto si presentano spesso con una dimensione
contenuta, una gestione a carattere familiare, essendo nate in concomitanza con lo sviluppo del settore ceramico.
Accanto a queste, emergono alcune aziende più strutturate e dotate sul piano economico, che dispiegano una
significativa capacità produttiva attraverso investimenti in impianti e nuove tecnologie, che hanno messo al servizio
anche di altri settori clienti: mantenendo tuttavia l’attenzione sul core business originario.
L’affollamento competitivo, le caratteristiche del prodotto costringono le imprese a misurarsi sul prezzo a cui si
deve aggiungere l’influenza esercitata dal forte potere negoziale delle imprese ceramiche. Le scarse opportunità di
differenziazione del prodotto, sposta l’enfasi del confronto sul contenimento dei costi, condizione realizzabile a costo
di elevati investimenti fissi in capacità produttiva, la sola che può generare economie di scala. L’inseguimento dei
bassi costi è la leva per sostenere la competitività di prezzo e da questa dipende la tenuta delle relazioni con la
clientela.
Se il prezzo nel confronto diretto e nella relazione con la clientela gioca un ruolo determinante, le imprese
non eludono il ricorso ad altre componenti dell’offerta. Non potendo contare sulla qualità - in quanto i produttori di
piastrelle assegnano un’importanza contenuta al packaging - si affidano alla componente servizio (tempestività nelle
consegne, puntualità ed efficienza). Vicinanza all’utilizzatore ed efficiente logistica rappresentano i fattori critici su
cui fare leva per una migliore interazione col produttore e godere di un vantaggio rispetto ai fornitori esterni al
distretto ceramico.
Anche tra queste imprese si va diffondendo una specie di specializzazione produttiva e di ruoli: le imprese
minori si ritagliano spazi di mercato in via largamente prevalente – se non esclusiva – presso le aziende ceramiche
convivendo con una condizione di frammentazione foriera di elevata concorrenza. Le imprese di maggiore
dimensione, maggiormente capitalizzate (sul piano tecnico ed economico) hanno già intrapreso la via della
diversificazione dei mercati di vendita, anche se la clientela ceramica conserva una posizione di rilievo.
255
LA LOGISTICA NEL DISTRETTO CERAMICO:
MODELLI, ATTORI E INFRASTRUTTURE
(Tiziano Bursi – Davide Fornetti – Luca Bortoli)
256
INDICE
INTRODUZIONE
p. 258
CAPITOLO 1 - LA LOGISTICA “IN ENTRATA”
1.1 La logistica e la creazione di valore
p. 259
1.2 La logistica in entrata e gli approvvigionamenti di materie prime nell’industria ceramica
p. 260
1.3 L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime
p. 262
1.4 Materie prime e mezzi di trasporto
p. 265
CAPITOLO 2 - LA LOGISTICA “IN USCITA”
2.1 Posizionamento dell’attività nella filiera ceramica
p. 266
2.2 La gestione interna dei prodotti finiti
p. 268
2.3 La terziarizzazione del sistema logistico
p. 269
2.4 L’esclusiva del trasporto su gomma: vantaggi e limiti operativi
p. 271
CAPITOLO 3 - GLI ATTORI DEL SISTEMA LOGISTICO
3.1 Profilo organizzativo dell’operatore logistico
p. 275
3.2 Il funzionamento del sistema
p. 278
3.3 Le performance economico-finaziarie delle imprese di trasporto
p. 280
CAPITOLO 4 - SISTEMA LOGISTICO E INFRASTRUTTURE
4.1 I limiti del sistema logistico del distretto di Sassuolo
p. 283
4.2 Investimenti passati e recenti
p. 286
4.3 Non solo bretelle autostradali e scali ferroviari
p. 287
p. 290
CONCLUSIONI
257
INTRODUZIONE
La prolungata fase di sviluppo e di crescita del settore ceramico ha generato un forte sviluppo dei volumi di
produzione, a cui si è accompagnata una conseguente dilatazione della quantità delle materie prime e dei beni
intermedi nonché dei prodotti finiti serviti al mercato. Oltre alla componente volumi, deve essere considerata anche
la natura degli input che entrano nel processo produttivo e del prodotto finito: pesantezza, ingombro, valore
economico.
Tutto questo nel corso degli anni ha contribuito ad accrescere l’importanza che riveste la logistica in entrata
connessa all’attività di approvvigionamento delle materie prime e della logistica in uscita per la distribuzione finale
del prodotto. A questo si deve aggiungere la movimentazione indotta dallo sviluppo di attività in conto lavorazione
che hanno interessato in misura crescente la nobilitazione della piastrella di ceramica: taglio, finitura, levigatura,
lappatura,…
Le modificazioni intervenute a livello di distribuzione commerciale (politiche di assortimento e di dotazione
delle scorte) e delle imprese di produzione (dilatazione dell’offerta di prodotto ed esplosione dei cataloghi), hanno
attribuito una ulteriore enfasi alle attività di movimentazione, trasporto delle merci sotto il profilo dei flussi fisici e
informativi.
La presente analisi si propone di rappresentare i tratti più vistosi del sistema logistico del distretto della
ceramica con l’intento di metterne in risalto: il funzionamento, gli attori, la dotazione di strutture e gli eventuali deficit.
La base dati di supporto è costituita da fonti primarie e secondarie. Una indagine sul campo è stata effettuata
tramite interviste dirette ad un campione di operatori logistici della area della ceramica zona di Sassuolo, di aziende
ceramiche e di rivenditori di piastrelle di ceramica. Una serie di colloqui con interlocutori privilegiati hanno fornito
ulteriori elementi informativi e conoscitivi.
Dalle fonti secondarie - a dire il vero molto limitate e povere sotto il profilo contenutistico - si è attinto qualche
ulteriore frammento informativo.
258
CAPITOLO PRIMO
LA LOGISTICA “IN ENTRATA”
1.1 La logistica e la creazione di valore
La logistica, al pari di altre funzioni aziendali, può dare un contributo significativo al conseguimento di un
vantaggio competitivo duraturo. I presupposti per progettare un sistema logistico di successo risiedono nella
capacità di identificare un obiettivo strategico a realizzare una adeguata struttura che possa tradurre in pratica
quanto delineato in chiave strategica.
Nella varietà dei modelli di sviluppo delle imprese si possono identificare alcuni archetipi di comportamento
logistico ognuno volto a creare un vantaggio competitivo1:
•
•
•
orientamento all’innovazione. Imprese che perseguono l’innovazione di prodotto abbisognano di un
sistema logistico capace di proporre con elevata frequenza prodotti nuovi, dove il contenimento del
time to market si rileva cruciale per una capillare e tempestiva disponibilità sul mercato. Il sistema
distributivo deve essere particolarmente affidabile in quanto il consumatore si attende il
soddisfacimento del nuovo bisogno. La rapida obsolescenza del prodotto impedisce eccessivi
accumuli di scorte lungo il canale. Il sistema logistico deve mettere in mostra estrema flessibilità e
prontezza di risposta. E’ il caso, ad esempio, di imprese del settore discografico;
orientamento al servizio. Offrire un levato livello di servizio alla clientela impone una struttura logistica
fortemente presente sul mercato, con giacenze distribuite in magazzini e depositi periferici, sistemi di
trasporto rapidi, sistemi informativi che abbrevino il ciclo dell’ordine e predisporre una capacità di
riserva per fare fronte alle urgenze. Può essere questo il caso di società di posta celere o di logistica
farmaceutica.
orientamento al costo. E’ tipico delle imprese che operano con margini di guadagno ridotti, in settori in
fase di avanzata maturità e caratterizzati da scarsi margini di differenziazione del prodotto. Il sistema
logistico deve puntare alla massima efficienza, alla centralizzazione delle scorte, all’impiego di mezzi
di trasporto meno costosi (navi, treni, gommati a carico pieno). Potrebbe essere questo il caso di
alcuni settori della siderurgia, della carta e dei materiali per l’edilizia.
In tema di opzioni progettuali, queste prevedono una architettura che si regge su tre elementi:
• la rete delle infrastrutture: le decisioni attengono al grado di centralizzazione, numero, ubicazione e
lay-out di stabilimenti, magazzini, depositi e relativi collegamenti; ai punti nodali (aree nelle quali il
flusso dei materiali sosta per operazioni di trasformazione, di movimentazione, stoccaggio,
confezionamento); canali (collegamenti lungo i quali si muove il flusso fisico ed informativo);
• i flussi informativi e procedurali che costituiscono l’anima della rete infrastrutturale: trasmissione di
informazioni su previsioni vendite, analisi portafoglio-ordini, programmazione della produzione,
pianificazione dei trasporti,….
• le componenti organizzative. Queste sono rappresentate dalle unità funzionali coinvolte in varia
misura nel sistema logistico e principalmente approvvigionamenti, produzione, distribuzione fisica e
marketing.
L’orientamento al problema logistico è diverso da impresa: non esistono scelte progettuali ideali o formule di
sicuro successo. Ciò che conta è cogliere il legame tra bisogno e risposta logistica, e ciò significa ricercare il più
elevato livello di coerenza tra azione progettuale e obiettivi assegnati sistema logistico.
La logistica contribuisce alla creazione di valore rendendo coerenti le modalità di offerta alle caratteristiche
della domanda: disponibilità nel tempo, nello spazio e nelle quantità richieste. La “leva” è quella del servizio logistico
che si compone di diversi elementi:
• disponibilità del prodotto (capacità di minimizzare le rotture di stcok);
• tempestività delle consegna (minimizzare il tempo tra ricezione ordine e consegna del bene);
• affidabilità della consegna (regolarità nel tempo);
• flessibilità della consegna (capacità di accogliere richieste riguardo a tempi, quantità, modalità).
1
C. Ferrozzi, R. D. Shapiro, J.L. Heskett,Logistica e strategia, Isedi, Torino, 1987
259
L’obiettivo per l’impresa diventa quindi quello di “fornire il miglior servizio al minor costo logistico globale”,
dove quest’ultimo comprende tutti i costi associati alle scelte poste in essere per assicurare un determinato livello di
servizio logistico.
1.2 La logistica in entrata e gli approvvigionamenti di materie prime nell’industria ceramica
Gli approvvigionamenti costituiscono il primo anello del processo logistico e coprono sovente una delle aree di
costo più incidenti nelle imprese industriali. In alcune aziende meccaniche, ad esempio, simili acquisti coprono anche
oltre il 50% dei costi totali. Tuttavia, non sempre, a tale aspetto, è stata riconosciuta la dovuta attenzione. In tempi
recenti, in un clima di crescente competizione sui mercati, la necessità di più attente analisi di costo la maggior
criticità connesse alle scelte di make or buy, a quali criteri improntare le relazioni con i fornitori, ne hanno sottolineato
l’importanza. La complessità delle funzioni svolte nell’approvvigionamento ha indotto a parlare di “marketing di
acquisto” per sottolineare la consonanza con di molti elementi con il marketing inteso comunemente come attività
volte a facilitare le vendite. Così come nel marketing di vendita anche nel marketing di acquisto si basa su un mix di
fattori che sono materie, prezzo, canale di approvvigionamento e politiche promozionali.
Le attività della funzione logistica nel settore ceramico - ed in specifico volte all’approvvigionamento delle
materie prime - hanno visto nel tempo, accrescere il livello di importanza e complessità (Fig. 1.1).
La causa principale di tale evoluzione è costituita dall’internazionalizzazione del mercato delle materie prime,
il quale ha modificato profondamente sia le logiche organizzative e gestionali sia le modalità di trasferimento delle
merci a destino.
Figura 1.1 – L’attività logistica “in entrata” nella filiera ceramica
Logistica
“in entrata”
Marketing
e
vendite
Produzione
Logistica
“in uscita”
• Acquisizione materie prime
• Trasporto agli impianti
• Movimentazione interna, trasformazione, stoccaggio
Fonte: Ns. elaborazione
Tra le attività che compongono la logistica in entrata, il trasferimento fisico della materia prima dalla cava di
estrazione allo stabilimento produttivo, è cruciale vista l’incidenza dei costi di trasporto a cui si associano quelli - di
entità non trascurabile - di gestione del magazzino.
I mutamenti intervenuti nell’organizzazione delle attività di logistica relative alle materie prime sono in larga
parte riconducibili all’allargamento delle fonti di approvvigionamento delle stesse.
Negli anni ’60, periodo che segna la nascita della piastrella, il distretto ceramico di Sassuolo sfruttava le cave
e i poli estrattivi presenti nei territori attigui, attingendo quindi da fonti di materia prima locale. La relativa vicinanza
geografica degli stabilimenti alle cave, oltre a consentire un’agevole movimentazione dei materiali, garantiva anche
una gestione economica del trasporto, limitando l’impatto dello stesso sul prezzo finale della materia prima. La
distribuzione dei materiali avveniva su strada per mezzo di autocarri che provvedevano a depositare il carico
direttamente nei magazzini di stoccaggio dei produttori. Il trasporto era gestito da società di autotrasporto
sufficientemente organizzate per assicurare un livello di servizio compatibile con i bisogni dei produttori. Agli esordi il
distretto ceramico era caratterizzato da volumi produttivi non comparabili con quelli registrati negli anni ’90, per cui il
sistema logistico, pur rispondendo in maniera efficace alle richieste del mercato, non presentava ancora i caratteri e
la complessità che attualmente lo contraddistinguono. Conseguentemente le quantità di materie prime movimentate
erano di gran lunga inferiori e le tratte percorse dagli autotrasportatori decisamente più brevi.
La diversificazione produttiva, connessa alla limitazione delle risorse locali, hanno indotto i produttori di
ceramica a ricercare fonti alternative nazionali e oltre confine. L’incremento dei flussi di materiali provenienti
dall’estero ha reso più articolata e complessa l’organizzazione della logistica legata alle materie prime (Tab. 1.1).
260
Tale propensione verso materiali esteri ha comportato un sensibile ridimensionamento della domanda di
trasporto relativa alle materie prime locali, sollecitando le aziende di autotrasporto che curavano il trasferimento delle
materie prime dalle cave locali alle aziende ceramiche ad adattarsi al nuovo contesto.
Al declino della domanda di trasporto di materie prime locali, si assiste ad un consolidamento di quella delle
materie prime nazionali e al deciso aumento della domanda di trasporto per le materie prime di provenienza estera.
Nel caso dei materiali di origine nazionale, la domanda di trasporto viene concordata dai produttori con gli
operatori delle zone di estrazione e i trasportatori locali o del distretto ceramico, che prestano servizio nelle aree in
cui sono situate le cave e sono quindi interessati ad utilizzare il viaggio di ritorno.
Tabella 1.1 - Materie prime ceramiche movimentate nel periodo 1995-2005
Tipologia
Caolini
Feldspati
Argille
Sabbie
Totale
Anno
1995
112.497
2.637.867
3.965.865
nd
6.716.229
1996
150.483
2.836.066
3.825.775
nd
6.812.324
1997
135.923
2.774.266
4.198.203
nd
7.108.392
1998
152.766
3.674.495
4.427.530
nd
8.254.791
1999
180.459
3.374.521
4.619.014
nd
8.173.994
2000
200.355
3.926.299
4.706.187
1.317.001
10.149.842
2001
171.050
4.244.925
4.700.703
1.434.160
10.550.838
2002
110.196
3.537.260
4.119.941
1.341.446
9.108.843
2003
82.474
4.087.248
4.230.880
1.345.944
9.746.546
2004
132.570
4.640.686
4.103.352
1.342.944
10.219.552
2005
123.123
4.362.629
4.303.352
1.377.210
10.166.314
Fonte: Ns. elaborazione
Per quanto concerne le materie prime estere, anche in questo caso la domanda di trasporto coinvolge
direttamente le aziende ceramiche e le imprese titolari delle cave, le quali provvedono ad informare i trasportatori del
distretto dell’arrivo delle merci presso gli scali ferroviari e marittimi.
La modifica sostanziale nella composizione della domanda di trasporto è stata accompagnata da analoghi
mutamenti anche sul lato dell’offerta.
L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime ha infatti allargato le tipologie di mezzi di trasporto
coinvolti nella movimentazione delle merci.
L’autotrasporto, considerato la modalità più diffusa, detiene, assieme alla ferrovia, la quota preponderante in
termini di volumi movimentati.
Il trasporto marittimo tuttavia, ha visto la sua ascesa negli ultimi dieci anni, grazie all’affermazione di paesi
sedi di importanti giacimenti quali l’Ucraina e la Turchia.
Per comprendere come il fenomeno dell’internazionalizzazione degli approvvigionamenti ha cambiato la
struttura intrinseca degli operatori logistici e il loro modo di operare occorre soffermarsi più in dettaglio sulle tappe
che hanno determinato tali cambiamenti.
261
1.3 L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime
La sostituzione di materie prime locali con altre di provenienza estera ha impresso un’accelerazione al
processo d’internazionalizzazione di questo mercato, con conseguenze evidenti nei rapporti fornitore – trasportatore
– produttore. Le relazioni sono divenute sempre più complesse e ciò ha richiesto da parte degli attori coinvolti un
maggiore sforzo di adattamento ai cambiamenti.
Per capire l’influenza prodotta dall’evoluzione del mercato delle materie prime abbia sulle attività di logistica
occorre risalire alle diverse tipologie produttive che si sono susseguite nel tempo all’interno dell’industria ceramica
(Tab. 1.2).
Tabella 1.2 – Industria ceramica italiana: prodotti, origine materie prime e mezzi di movimentazione
TIPOLOGIE
DI PRODOTTI CERAMICI
ORIGINE
MATERIE PRIME
MEZZI DI TRASPORTO UTILIZZATI
Bicottura
Locali, Nazionali
Autotrasporto
Monocottura
Locali, Nazionali, Estere
Autotrasporto, Ferrovia
Gres porcellanato
Nazionali, Estere
Autotrasporto, Ferrovia, Nave
Fonte: Ns. elaborazione
La piastrella ceramica nasce negli anni ’60 con la diffusione della bicottura. Le materie prime utilizzate negli
impasti sono le argille rosse locali provenienti dalle cave dell’Appennino Modenese e Reggiano, sabbie e feldspati di
origine nazionale. La facile reperibilità dei materiali e le brevi distanze dalle aziende ceramiche consentono una
gestione ottimale del trasporto, che non richiede un’organizzazione particolarmente strutturata.
Negli anni ’80, con l’affermazione della monocottura, la composizione degli impasti ceramici subisce
sostanziali modifiche. L’interesse per le argille bianche si intensifica a discapito di quelle rosse, in quanto le prime
sono ritenute più facilmente lavorabili e più performanti in fase di cottura.
L’origine di queste materie prime è in prevalenza estera (Germania e Francia). L’aumento della distanza dagli
stabilimenti ceramici, rende più complessa l’organizzazione del trasporto delle merci che si serve in particolare della
ferrovia.
Oltre a coinvolgere due mezzi, il trasferimento delle argille, dalle cave ai magazzini dei produttori di piastrelle,
implica un maggior numero di operazioni di movimentazione: dalla cava il materiale raggiunge lo scalo ferroviario di
partenza via autocarro, dallo scalo di destinazione lo stesso viene trasportato sempre su gomma agi stabilimenti
produttivi. Ogni tratta comporta operazioni di carico e scarico.
Una parte di argilla estera entra in Italia su gomma, utilizzando viaggi di ritorno dall’estero di trasportatori del
distretto, anche se, tuttavia, la quota in termini di volumi trasportati è piuttosto esigua.
La logistica e le attività legate alla movimentazione delle materie prime divengono più articolate con
l’introduzione del gres porcellanato alla fine degli anni ’80. La produzione di questa nuova tipologia richiede infatti
materiali più pregiati dal punto di vista qualitativo, divaricando in misura ulteriore le fonti di approvvigionamento (Tab.
1.3).
L’offerta di tali materie prime è localizzata in paesi quali l’Ucraina e la Turchia che, si sono affermati come i
bacini di approvvigionamento di buona parte dell’industria ceramica. L’ulteriore allungamento della distanza tra fonte
di approvvigionamento e distretto ceramico acuisce la complessità organizzativa del trasporto. I materiali, anziché
affluire direttamente via ferro agli scali del distretto ceramico, raggiungono via mare il porto di Ravenna, da dove via
gomma proseguono per il distretto di Sassuolo: sulla relativa distanza di circa 140 km, un autocarro può percorrere
due viaggi al giorno.
L’adozione della nave, quale mezzo principale nel trasferimento di materie prime pregiate, risponde a
motivazioni economiche e logistiche, malgrado l’aumento del prezzo del carburante abbia inciso fortemente sul costo
del trasporto, pregiudicandone l’effettiva economicità.
262
Tabella 1.3 - Quantità di materie prime movimentate nell’anno 2005 distinte per tipologia di trasporto
Quantità distinte per
Mezzo di trasporto
Quantità (Ton)
T
i
p
o
l
o
g
i
a
TOTALE
TONS.
10.150.000
IMPORT
TONS.
6.130.000
NAZIONALE
TONS.
4.020.000
ARGILLE
TONS.
4.300.000
FELDSPATI
TONS.
4.360.000
SABBIE
TONS.
1.370.000
CAOLINI
TONS.
120.000
UCRAINA
2.270.000
2.270.000
ARGILLE
*
TURCHIA
2.420.000
2.420.000
FELDSPATI
*
GERMANIA
1.000.000
1.000.000
ARGILLE
1.000.000
200.000
ARGILLE
150.000
50.000
CAOLINI
80.000
FELDSPATI
200.000
ARGILLE
700.000
FELDSPATI
700.000
SABBIE
800.000
FELDSPATI
PIEMONTE
800.000
200.000
FELDSPATI
TOSCANA/ELBA
200.000
150.000
FELDSPATI
CALABRIA
150.000
670.000
SABBIE (stima)
670.000
600.000
ARGILLE
EMILIA
ROMAGNA
10.000
FELDSPATI
GRECIA
10.000
60.000
CAOLINI
BULGARIA
60.000
30.000
ARGILLE
PORTOGALLO
20.000
10.000
CAOLINI
REP.CECA
10.000
FRANCIA
P
r
o
v
e
n
i
e
n
z
a
NAZIONALE
ALTRE
330.000
4.020.000
110.000
FERROVIA
CAMION
400.000
4.290.000
50.000
80.000
200.000
SARDEGNA
700.000
120.000
263
580.000
600.000
1.780.000
18%
Fonte: Ns. elaborazioni
*Materie prime importate vai mare dal porto di Ravenna.
50.000
10.000
8.370.000
82%
Per quanto concerne i feldspati provenienti dalla Turchia, la scelta del trasporto marittimo è premiante vista la
vicinanza dei siti estrattivi ai maggiori porti della penisola: Izmir e Gulluk. Considerazioni analoghe possono essere
fatte relativamente alle argille bianche ucraine, anche se, la possibilità di sfruttare la via ferroviaria è stata vagliata
dagli operatori logistici, e non si è concretizzata per la presenza di carenze strutturali delle ferroviarie ucraine.
L’estensione dei tratti percorsi dalle materie prime e la maggiore lontananza dalle aziende ceramiche delle
cave ha reso più complessi tanto la gestione dei flussi fisici quanto quello dei flussi informativi (Fig. 1.2).
Figura 1.2 - Logistica industria ceramica: flusso informativo e flusso fisico
FLUSSO INFORMATIVO
Ordine
al fornitore
Materie prime
Programma
Magazzini
di produzione
Semilavorati
Ordine
del cliente
Prodotti finiti
FLUSSO FISICO
Fonte: Ns. elaborazione
La prassi adottata dai produttori di piastrelle nella trasmissione degli ordini relativi alle materie prime segue
una logica ben definita.
Il processo prevede che gli ordini vengano emessi direttamente e separatamente dalle aziende ceramiche ai
fornitori di materie prime e ai trasportatori.
I fornitori, soprattutto esteri (turchi e ucraini), sono aziende strutturate che hanno maturato esperienza
nell’estrazione delle materie prime, acquisito conoscenza accurata dei prodotti venduti ed affinato competenze nel
campo della logistica. Alcuni di questi operatori per poter gestire al meglio le operazioni logistiche ed i flussi
informativi, hanno aperto filiali e uffici all’interno del distretto ceramico sassolese. Ciò consente loro di assistere
meglio la clientela, di garantire un servizio di consegna puntuale e capillare oltre che di poter soddisfare particolari
esigenze. Ne consegue che:
•
i fornitori più efficienti curano la rete logistica dall’emissione dell’ordine fino alla consegna del prodotto
presso l’impresa ceramica;
•
i fornitori meno strutturati provvedono alla spedizione delle materie prime, limitandosi ad organizzare
l’imbarco sul mezzo di trasporto utilizzato.
Il ruolo degli autotrasportatori nella logistica in entrata è essenziale. Essi infatti, costituiscono l’ultimo anello
della catena logistica ed è in virtù della loro flessibilità che riescono a garantire un servizio efficiente. Tuttavia, come
vedremo in seguito, uno dei grandi problemi che affligge il sistema dei trasporti nel settore ceramico è l’eccessiva
frammentazione delle aziende di autotrasporto.
264
1.4 Materie prime e mezzi di trasporto
Le materie prime ceramiche raggiungono gli stabilimenti produttivi del distretto avvalendosi di diverse
modalità di trasporto. Di ognuna si traccia un breve profilo mettendo in evidenza i relativi punti di forza e debolezza.
a-
Il trasporto ferroviario
Le materie prime utilizzate dal settore ceramico, pesanti e non deperibili, sono particolarmente indicate per il
trasporto ferroviario.
La distribuzione delle stesse, alle centinaia di unità produttive all’interno del distretto, può essere effettuata,
però, soltanto con l’impiego di veicoli stradali.
La presenza di scali ferroviari, in cui avviene il “cambio” della modalità di trasporto da gomma a ferro e
viceversa, è pertanto indispensabile.
Per il trasporto delle materie prime su ferrovia, per lo più di provenienza estera, si utilizzano carri di rinfusa
che si svuotano dall’alto e spesso compiono il viaggio di ritorno a vuoto.
Il trasporto delle materie prime per ferrovia, seppur non in crescita negli ultimi anni, rappresenta una quota
non trascurabile dei volumi totali movimentati. A livello di infrastrutture, il distretto dispone di scali ubicati nella
provincia di Reggio Emilia (scalo di Dinazzano) e in quella di Modena (Città). Malgrado vi siano potenziali possibilità
di ampliamento delle suddette strutture, le carenze in questo settore riguardano in particolare l’ubicazione delle
stesse, essendo lontane dal distretto e mal collegate attraverso la rete ferroviaria e stradale.
Il ritardo accumulato in questi anni, negli sviluppi della rete viaria e ferroviaria, hanno ulteriormente aggravato
l’efficienza del sistema trasportistico, determinando così conseguenze negative sui costi complessivi e sulla
competitività del distretto ceramico.
Poco efficaci e poco determinati gli sforzi compiuti in sede locale per mettere “sul treno” l’industria ceramica
con le sue materie prime ed i suoi prodotti.
b - Il trasporto via mare
Il trasporto marittimo delle materie prime vede in Ravenna lo scalo di Ravenna più importante per le materie
prime provenienti dalla Turchia e dall’Ucraina. La Spezia e Livorno fungono da scalo per le materie prime estratte
in Sardegna.
c - Il trasporto su gomma
Le aziende di autotrasporto curano il servizio di trasporto delle materie prime di provenienza locale, ora in
minima parte, estratte dalle cave situate nelle province di Modena e Reggio Emilia alle aziende ceramiche; di
provenienza nazionali ed estere in arrivo per ferrovia e via mare, dagli scali di Dinazzano e Ravenna e Livorno agli
stabilimenti produttivi. Il trasporto delle materie prime viene effettuato seguendo diverse tratte:
• dalle cave di argilla locali;
• da uno degli scali ferroviari del distretto (Dinazzano, Rubiera, Castelfranco);
• da cave localizzate in altre regioni italiane (Calabria, Trentino Alto-Adige).
I mezzi impiegati sono autocarri da 15 o da 30 t, che in genere compiono questo tipo di trasporto solamente
nella corsa di andata o in quella di ritorno.
265
CAPITOLO SECONDO
LA LOGISTICA “IN USCITA”
2.1 Posizionamento dell’attività nella filiera ceramica
Il compito fondamentale a cui la logistica “in uscita” assolve - coordinando i flussi di informazioni e di prodotti
finiti - è quello di assicurare la disponibilità degli stessi nel tempo, nello spazio e nei volumi richiesti. A tale scopo, la
logistica cerca di rendere coerenti la modalità di offerta dei prodotti con le dinamiche di manifestazione delle richieste
da parte della clientela. L’azione prodotta dai fattori di cambiamento intervenuti negli ultimi tempi hanno ridotto le
imprese ceramiche a rivedere profondamente le proprie politiche di gestione dei flussi di merci e di prodotti finiti
sotto la spinta di:
•
•
•
la pressione concorrenziale, che ha allargato l’area del recupero di margini di efficienza gestionale
anche sul versante logistico
l’evoluzione dei mercati, che ha indotto a raccordare meglio la programmazione della produzione
alla sempre più frammentata domanda di mercato
l’evoluzione delle tecnologie, in particolare dell’informatica a supporto dei flussi logistici (fisici ed
informativi) che ha reso possibili soluzioni progettuali prima inaccessibili, potenziando
enormemente l’impatto della logistica sulla competitività e sull’economia dell’impresa.
Questi fattori di cambiamento, hanno sollecitato le aziende ceramiche ad innalzare il livello di attenzione rivolto alle
attività connesse alla logistica in uscita, a valutarne l’impatto sul piano organizzativo e a ricercare un maggiore
coordinamento con le altre funzioni aziendali visto l’elevato grado di interrelazione con le stesse (Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Logistica “in uscita” come elemento di integrazione tra le funzioni aziendali primarie
Produzione
Logistica “in uscita”
- Pianificazione di lungo
periodo
- Programmazione a breve
- Cicli di lavoro
- Progettazione del lay-out
- Lanci di produzione
- Avanzamento della
produzione
- Progettazione dei
magazzini
- Movimentazione dei
prodotti finiti
- Gestione dei magazzini e
depositi
- Gestione dei trasporti
- Distribuzione
- Controllo delle scorte
- Analisi dei costi di
distribuzione
Marketing
-
Promozione
Prezzo
Ampiezza della gamma
Ricerche di mercato
Servizio al cliente
Gestione degli ordini
Nel settore ceramico, la logistica “in uscita” rappresenta una complessa attività aziendale che si conclude con
il trasporto del prodotto finito alla clientela commerciale (Fig. 2.2). L’espletamento di questa attività richiede a monte
una corretta gestione degli ordini, che necessita a livello aziendale di adeguati sistemi informativi e infrastrutture
strettamente integrati.
266
Figura 2.2 – L’attività logistica “in uscita” nella filiera ceramica
Logistica
“in entrata”
Marketing
e vendite
Produzione
Fonte: Ns. elaborazione
Logistica
“in uscita”
•
•
•
Gestione dei
magazzini prodotti
finiti
Movimentazione
interna dei prodotti
finiti ai depositi
Trasporto dai depositi
alla rivendita
La consegna del prodotto finito rappresenta una fase aziendale assai delicata data l’esigenza dell’acquirente rivenditore specializzato di materiali edili o importatore/grossista - di ricevere indenne la merce e nel più breve tempo
possibile. La natura intrinseca della piastrella, (prodotto povero), impone seri limiti competitivi, in presenza di lunghe
distanze da percorrere causa la forte incidenza dei costi di trasporto.
La logistica “in uscita” per la natura del prodotto movimentato, trova un forte legame operativo con quella
contrapposta “in entrata” proprio nella fase di accorpamento degli ordini e di smistamento finale. Infatti, per
ottimizzare lo spazio del carico di trasporto ma soprattutto per minimizzare il relativo costo unitario, diventa prioritario
assicurare che la movimentazione sia sempre attiva, o in altri termini, occorre che il mezzo di trasporto non debba
mai “girare a vuoto”.
Ciò è possibile organizzando a due vie la tratta da effettuare (Fig. 2.3), ovvero il viaggio di andata impegna la
logistica sulla consegna della piastrella ceramica all’acquirente, mentre quello di ritorno è focalizzato sulla
contropartita fisica al produttore della materia prima, direttamente dalle cave o da intermodalità.
Figura 2.3 – Logistica “in entrata” e “in uscita”: relazione operativa nella comune tratta percorsa
ANDATA
RITORNO
Piastrella ceramica
Materia prima
I cambiamenti intervenuti nel mercato ceramico hanno indotto la maggior parte delle imprese ceramiche a
rivedere la propria organizzazione logistica, riconoscendola come una nuova fonte aziendale di vantaggio
competitivo.
In particolar modo le realtà industriali di maggiore dimensione e, più aperte alla innovazione organizzativa,
hanno progettato il sistema logistico ricercando il più elevato grado di coerenza con gli obiettivi strategici d’impresa
con l’obiettivo prioritario di rendere massimo il livello di efficienza interna conseguibile. Le attività oggetto della
progettazione del sistema logistico hanno interessato:
la gestione dei prodotti finiti, (o logistica di produzione): dalla gestione delle scorte alla sistemazione e
preparazione nel deposito;
la logistica di distribuzione, (o distribuzione fisica): il trasporto del prodotto finito all’acquirente.
La prima di queste è affrontata dalle imprese ceramiche con metodi e procedure diverse, mentre la
distribuzione finale è invece sempre stata assegnata all’esterno ad operatori specializzati nel trasporto. Da questa
impostazione organizzativa ne sono derivate molteplici implicazioni in termini di architettura del sistema logistico che
hanno interessato la rete delle infrastrutture (stabilimenti, depositi, loro ubicazione e lay-out), i flussi informativi e
procedurali, (trasmissione informazioni, piani di produzione, programmi di distribuzione dei prodotti finiti), le
componenti organizzative, (unità funzionali coinvolte direttamente e indirettamente nel sistema logistico).
267
2.2 La gestione interna dei prodotti finiti
La gestione dei prodotti finiti è un’attività logistica molto delicata perché le decisioni delle funzioni primarie
(produzione e commerciale) si ripercuotono sul funzionamento del magazzino e dei depositi.
Se, da un lato, l’attività di programmazione della produzione mira ad armonizzare le richieste del mercato con
le potenzialità del sistema produttivo, dall’altra l’esplosione dei cataloghi sospinta dalla continua innovazione dei
prodotti, obbligano le aziende ceramiche ad interessarsi in primis di una più efficiente movimentazione degli stessi e
dell’ottimizzazione degli spazi a disposizione.
L’impossibilità di armonizzare la flessibilità di risposta alla domanda (ordini sempre più piccoli e compositi
per referenza di prodotto), con la rigida del processo produttivo che esige lotti minimi di produzione elevati) genera
elevate quantità di prodotto invenduto che viene collocato a stock e accatastato all’esterno in attesa di un ordine
successivo. Questo ha reso necessario un migliore coordinamento tra la gestione delle scorte e l’area dei depositi
allo scopo di diminuire i tempi di ricerca dei prodotti e di evitare di “riprodurre” lotti già presenti a piazzale.
La sistemazione di tanti lotti di piccole dimensioni quanti sono gli ordini di diverse caratteristiche comporta la
gestione di un deposito esterno che si trova spesso in una situazione di sovraccarico a causa la condizione di
“cortocircuito” innescata dalla politica commerciale del rivenditore: azzeramento scorte e trasmissione dell’ordine di
acquisto previa vendita del prodotto al cliente.
Sorge quindi un crescente fabbisogno di spazio data l’impossibilità di posizionare nelle aree i lotti in
posizione “verticale”, poiché di diverso contenuto dimensionale, che vengono disposti al suolo in “orizzontale”.
Questo lay-out dei prodotti finiti genera non pochi inconvenienti e disfunzioni sul piano operativo al
momento del ritiro della merce, quando il vettore incaricato, che di solito sollecita il carico della merce, si
trova invece a tardare la ripartenza causa la forte diversificazione degli ordini e la loro collocazione in punti diversi
nell’area di stoccaggio. La presenza, sovente, di un elevato numero di vettori presenti simultaneamente nel deposito,
è fonte di condizioni di disagio e inefficienze per la formazione di lunghe code di mezzi in attesa di caricare.
L’adozione di sistemi di radiofrequenza2 ha contribuito a lenire il problema, consentendo il sistema una più
agevole gestione delle giacenze nei depositi (controllo, riconoscimento, consistenza e localizzazione), favorendo un
risparmio dei tempi di ricerca nei piazzali, una migliore gestione degli ordini ed una armonizzazione con i programmi
di produzione. Si tratta di una innovazione che è stata introdotta solo dalle grandi imprese ceramiche del distretto,
restando la maggioranza delle altre imprese ancorate a sistemi tradizionali di gestione.
A capo della funzione è collocato un responsabile logistico che risponde della gestione interna, poi è
possibile riscontrare la figura nuova del material manager che presidia appunto la programmazione e la gestione del
flusso di tutti i materiali, scorte e prodotti finiti. Accanto a lui può operare a seconda dei casi un ulteriore responsabile
che si occupa dei sistemi tecnologici, come la già citata radiofrequenza, cui può spettar anche il controllo dei
magazzini. La fase finale di movimentazione dei prodotti, è svolta da squadre di carrellisti più o meno numerose a
seconda della dimensione dei magazzini e dei depositi. Essi si occupano della preparazione (picking) del lotto
appena sfornato, che avviene accorpando tra loro le merci facenti parte dello stesso ordine, subito pronte per essere
caricate sulle palette e parcheggiate temporaneamente nei piazzali esterni in attesa del ritiro finale da parte del
vettore previsto.
Per gli incarichi e le mansioni appena citate non sono richieste competenze professionali sostenute anche se
è indispensabile avere un livello adeguato di conoscenza e riconoscimento tecnico dei prodotti.
A conclusione di tutto questo occorre rilevare che nel distretto ceramico si avvantaggia dal punto di vista
logistico “in uscita” l’impresa che dispone al proprio interno di ampie infrastrutture a supporto, nelle quali
movimentare il meno possibile la merce e possa disporre dei nuovi sistemi tecnologici che consentono la riduzione
degli errori e dei tempi morti.
2 Il sistema prevede l’utilizzo di un codice a barre che etichetta ciascun pallet (Unità di Carico), che rende più veloce la ricerca ed
il prelievo del prodotto, riduce il traffico nelle aree di stoccaggio ed abbatte i rischi di errore da parte dell’operatore carrellista.
268
2.3 La terziarizzazione del sistema logistico
Le aziende ceramiche da sempre hanno affidato all’esterno il trasporto e consegna del prodotto all’acquirente.
Fin dai primi anni è invalsa la consuetudine nel settore di affidare questo compito ad un soggetto terzo specializzato
e prescelto dall’acquirente. Prende forma nella filiera la figura dell’operatore logistico che funge da anello di
congiunzione tra produttore-cliente al quale si affida la gestione complessiva delle attività logistiche: trasporto,
gestione degli ordinativi e resi (Fig. 2.4).
Per l’azienda ceramica ciò significa ricorrere ad un solo soggetto specializzato che, si assume la
responsabilità unica nei confronti del cliente, gestisce la catena logistica di una spedizione provvedendo tutte le
operazioni da origine a destino, ma soprattutto riesce a minimizzare il costo totale del trasporto grazie al
frazionamento dello stesso su tanti clienti accomunati dalla destinazione finale delle merci.
Figura 2.4 – Lo specialista del servizio di trasporto: l’operatore logistico
IMPRESA CERAMICA
OPERATORE LOGISTICO
ACQUIRENTE
Fonte: Ns. elaborazione
L’irresponsabilità logistica delle aziende ceramiche, senza alcuna distinzione, è proseguita nel tempo sia
come rifiuto implicito di farsi carico direttamente di un ulteriore impegno aziendale in termini di gestione e di strutture
specifiche, ma allo stesso tempo come decisione consuetudinaria dell’acquirente di occuparsi lui stesso della fase di
ritiro della merce. Da qui sono nate e si sono sviluppate imprese che fanno della logistica la propria specializzazione
e gestiscono con investimenti e know-how i magazzini, le spedizioni e i trasporti per conto delle imprese di
produzione.
L’affidamento a terzi, inoltre, è stato rafforzato dal particolare funzionamento interno del settore ceramico,
basato sulla modalità di resa “franco-fabbrica” (Tab. 2.1), che lo distingue e lo rende anomalo rispetto alla maggior
parte degli altri sistemi industriali. Questa modalità pone a carico del cliente l’onere del ritiro della merce presso il
deposito del produttore.
Assolvere a questo compito per l’acquirente significa dotarsi di una articolata e dispendiosa struttura logistica
che, data la crescente frammentazione degli ordini su una miriade di produttori, avrebbe reso insostenibile una
gestione autonoma. Da qui la convenienza dell’acquirente ad affidare il trasporto ad operatori logistici in grado di
assolvere a tale prestazioni compito in condizioni di migliore efficacia ed efficienza.
Il passaggio dell’attività logistica “in uscita” all’operatore specializzato non dispensa comunque l’impresa
produttrice da alcuni compiti di gestione finale del prodotto finito, che in quanto tale e quindi pronto per il mercato,
deve essere perlomeno preparato e posizionato al meglio nel proprio deposito in attesa di essere ritirato dal vettore.
Occorre precisare che le aziende ceramiche non prevedono all’interno della propria organizzazione
aziendale la figura del “responsabile logistico”, di “material manager” le cui mansioni e funzioni sono assolte da
“gestori del magazzino” o dal “magazziniere”. A loro spetta il compito di assicurare il regolare funzionamento del
magazzino.
La gestione e il trasferimento di informazioni e di ordini con il reparto di produzione avviene tramite strumenti
informatici che veicolano il flusso di ordini, mentre per la fase di controllo le imprese più innovative si avvalgono di
sistemi di radiofrequenza che identificano ciascun pallet con codici a barre. La fase finale di movimentazione dei
prodotti è eseguita da squadre di carrellisti, che si occupano della preparazione (picking) del lotto appena sfornato,
accorpando tra loro le merci componenti lo stesso ordine, pronte infine per essere caricate sulle palette. In attesa del
ritiro finale da parte del vettore assegnato, le merci sono parcheggiate temporaneamente nei piazzali esterni che
quindi fungono da aree di transit point.
269
Tabella 2.1 – Resa franco/fabbrica vs franco/destino
RESA FRANCO/FABBRICA
Nessun onere
trasporto
Azienda
produttrice
Sistema dei
trasporti
nell’organizzazione
del
Consegna della merce (con mezzi propri o
facilmente affidandosi a terzi)
Nessun onere e costo per la spedizione
Trasferimento dei costi di spedizione sui
clienti
Il listino clienti è unico, ma il prezzo finale è in
funzione della distanza
Politiche di prezzo in funzione dei mercati
Non è il cliente del trasportatore e …….. non
può pretendere qualità nel servizio
Elevato potere contrattuale vs. il/i trasportatori
Subisce l’arrivo non pianificato dei vettori con
grave disagio organizzativo
Pianificazione delle partenze dei prodotti finiti
ottimizzando i magazzini e i reparti spedizioni
Colloquia con un numero
trasportatori scelti da altri
Interfaccia con uno/pochi
selezionati direttamente
elevato
di
trasportatori
Non controlla la fase di consegna del prodotto
Controllo del ciclo di consegna e offerta di
servizi aggiuntivi ai clienti
Assenza di un mercato del trasporto del
prodotto ceramico (parcellizzazione nelle
varie destinazioni)
Creazione di un grande mercato concentrato
nel distretto
Non c’e’ garanzia di continuità
Situazione di non concorrenza alimentano la
condizione di arretratezza gestionale degli
operatori
Affollamento di piccoli operatori
Scelta del vettore e controllo del costo
Clienti
RESA FRANCO/DESTINO
Acquisizione di grandi clienti e contratti
durevoli
Creazione dello spazio per la nascita di
aziende organizzate e strutturate in grado di
realizzare servizi di qualità
Contesto favorevole a fenomeni di
concentrazione e sfruttamento di “capacità
produttive” del trasporto
Subiscono la scelta del trasportatore e il costo
del trasporto
Relazione con un solo trasportatore
Diversi trasportatori (al limite uno per ogni
azienda fornitrice)
Onere di organizzare il trasporto
Il trasporto non è un problema, devono solo
ordinare il prodotto
Per gli incarichi e le mansioni appena citate non sono richieste competenze professionali “elevate” mentre è
indispensabile una certa conoscenza tecnica e capacità di riconoscimento dei prodotti.
La frammentazione degli ordini è amplificata anche dall’esplosione di ciascun portafoglio-prodotti aziendale3
nonché dall’esigua quantità richiesta dal mercato (cliente finale), che combinati generano un continuo traffico di
stoccaggio nel magazzino. Per questo è raro che ogni lotto prodotto sia assorbito interamente, bensì solo il volume
richiesto e venduto è trattenuto sul pallet in preparazione, mentre il resto finisce per essere pallettizzato
provvisoriamente ed accatastato all’esterno come surplus: Ne derivano continue operazioni di “apertura e chiusura”
dei pallet in aggiunta agli imprevisti “ordini e riordini” nei casi di errori.
Da una parte questo significa sistemare tanti lotti di piccole dimensioni quanti sono gli ordini di diverse
caratteristiche, dall’altra occorre gestire un deposito esterno che si trova spesso in una situazione di sovraccarico a
causa del sopraccitato “cortocircuito” che si verifica tra produttore e cliente finale, per la decisione del distributore di
non fare più scorta ma di trasmettere all’azienda l’ordine del suo cliente. Il fabbisogno di spazi lievita
progressivamente, non essendo possibile posizionare i lotti in “verticale” perché spesso di diversa base e contenuto
dimensionale, cosicché la via obbligata diventa quella della disposizione del prodotto in “orizzontale”.
Così una referenza di un solo colore può essere realizzata in 5-6 formati, 2- superfici, 2-3 calibri, 1a-2a-3° scelta. A sua volta
ogni serie di prodotto può essere composta da 4-5 colori.
3
270
La conseguenza di tali ostacoli operativi pone non pochi inconvenienti al momento del ritiro della merce,
ovvero quando il vettore incaricato, che di solito sollecita il carico della merce, si trova invece a tardare la ripartenza
proprio perché la forte diversificazione degli ordini significa la sistemazione degli stessi in punti diversi nell’area di
stoccaggio4. Il problema si dilata in misura ulteriore quando si accresce il numero di vettori simultaneamente nel
deposito, provocando disagi e la formazione di lunghe code a catena5.
Si tratta di tendenze che nel corso degli ultimi anni si sono accentuate in misura significativa a seguito della
frammentazione degli ordini unita all’esplosione del portafoglio-prodotti che hanno generato un vistoso
peggioramento nei tempi necessari al ritiro delle merci nei magazzini, accresciuto il numero delle “prese” presso le
diverse aziende ceramiche provocando una congestione della rete viaria sul territorio.
La conclusione di tutto questo è che nel settore ceramico si avvantaggia dal punto di vista organizzativo
l’impresa che dispone anche di vasti piazzali esterni nei quali movimentare il meno possibile la merce, il che equivale
a gestire in modo più efficiente ed efficace la grande varietà di prodotti, di lotti produttivi ed allo stesso tempo il
traffico logistico che ne deriva.
Se la modalità di resa “franco-fabbrica” non risulta criticata dalla filiera rispetto a quella di “franco-destino”
(produttori, acquirenti e operatori logistici ritengono che il diverso assoggettamento della fatturazione del trasporto
non comporterebbe maggiori vantaggi al sistema), non si può certo dire che sia sorretta da una efficiente dotazione
di infrastrutture alla mobilità delle merci: aree di smistamento e groupage dei prodotti, aree attrezzate di sosta e di
servizi per i mezzi di trasporto e conducenti, viabilità locale,… Non va meglio la situazione sul piano
dell’approntamento (anche in via sperimentale) di forme di disciplina volte a muovere i flussi di mobilità all’interno di
certi percorsi, fasce orarie, favorendo certi mezzi di trasporto e scoraggiandone altri, e così via.
La via della terziarizzazione della logistica all’operatore indipendente, tuttavia, appare ancora oggi una
modalità approvata da tutto il sistema: per i produttori ceramici significa astenersi da un impegno, ritenuto
efficientemente assolto dagli specialisti. Tuttavia una maggiore attenzione da parte degli stessi produttori alle
problematiche connesse alla movimentazione del prodotto ed un atteggiamento più aperto a forme di collaborazione
con le aziende di trasporto potrebbero contribuire a migliorare l’organizzazione dell’attività.
La maggior parte degli operatori logistici è formata infatti da imprese di piccole dimensioni, cresciute in modo
spontaneo, con sistemi di gestione improntati a scarsa managerialità, che tuttavia intravedono nell’evoluzione delle
tecnologie informatiche e delle comunicazioni una grandissima opportunità di crescita, che richiede allo stesso tempo
una nuova capacità di riprogettare e reinventare processi e sistemi operativi provando, così, a superare anche
l’attuale modus operandi. Lo snodo cruciale risiederebbe proprio nella realizzazione di forme di integrazione tra
sistemi di operatività diversi e “confinanti” quali la logistica stessa, la produzione, la distribuzione.
2.4 L’esclusiva del trasporto su gomma: vantaggi e limiti operativi
Nel distretto ceramico di Sassuolo l’attività logistica “in uscita” si basa pressoché interamente sul mezzo di
trasporto su gomma (Fig. 2.5). Ciò è dovuto sia alla mancanza di alternative logistiche efficienti (il trasporto su treno
permetterebbe di ridurre i costi e il traffico su strada, ma è poco sviluppato) sia ad una serie di vantaggi che rendono
l’autotrasporto funzionale e più adatto ai bisogni del mercato ceramico.
Figura 2.5 – L’esclusiva del trasporto su gomma nel distretto ceramico
Impresa ceramica
Rivenditore/Grossista
4 Si consideri che a volte il cartellista deve percorrere tratti di 800-900 metri per raggiungere la merce da caricare. E da qui la
dilatazione dei tempi di carico.
5 E’ abituale che nella aziende ceramiche – specie in quelle di maggiore dimensione - convergano ogni giorno 130-150 autocarri
per il ritiro di merce. Si intuisce la dimensione del fabbisogno di spazio per piazzole di carico, area di parcheggio autocarri, aree di
movimentazione merci. Anche le imprese meglio dotate (per spazi, flotta di carrellisti, sistemi informativi), faticano a tenere
sotto controllo l’insieme di attività della logistica in uscita.
271
Il trasporto su gomma utilizza veicoli con unità di carico standardizzati e specializzati nella spedizione di
grandi quantitativi di merce: tipicamente l’entità del carico completo di una spedizione si aggira intorno alle 30
tonnellate come da norma in Italia, mentre in alcuni paesi esteri le regolamentazioni locali possono imporre quantità
differenti, anche inferiori. Nel distretto sono più frequenti gli operatori dotati di autocarri monoveicolari (Fig. 2.6a),
rispetto a quelli che utilizzano soluzioni intermodali con carico e scarico del container standardizzato (Fig. 2.6b).
Figura 2.6 – Tipologie di trasporto su gomma: l’autoveicolo e la soluzione intermodale
Questo significa che nel distretto ceramico gran parte delle tratte compiute prevede il servizio diretto di
trasporto, di tipo point-to-point, cioè dal deposito del produttore al magazzino dell’acquirente, senza ulteriori sistemi
logistici intermedi (Fig. 2.7).
Figura 2.7 – La particolare tratta point-to-point
Deposito produttore
Operatore logistico
Punto vendita/sala mostra
Fino alla fine degli anni ’80, il rapporto che legava il produttore ceramico e l’acquirente era di tipo “esclusivo”,
nel senso che ciascun cliente si fidelizzava attorno ad un unico partner che riforniva il punto vendita solamente con il
proprio catalogo. Ciò significava organizzare più facilmente il trasporto perché il carico si esauriva su pochi clienti,
ciascuno dei quali richiedeva grandi quantità di merce per alimentare il magazzino ed assicurare un livello minimo di
scorte.
Dagli anni ‘90 in poi il mercato della rivendita richiede volumi di merce misurati al livello dei singoli ordini, e la
forte frammentazione che ne deriva dimostra la caduta della relazione negoziale precedente a favore di quella “plurimarca”: ad oggi quindi il valore economico medio di un carico completo è difficile da stimare proprio perché è varia la
merce trasportata a causa delle numerose caratteristiche fisiche ed estetiche presenti sul mercato, ma di sicuro oltre
il 50% delle partite in spedizione non raggiunge le dimensioni di un pallet e poco più del 70% risulta inferiore a tre. E
ciò riporta ai problemi già sollevati in precedenza: allungamento dei tempi di ritiro della merce, moltiplicazione delle
prese, congestione rete viaria, inquinamento etcc.
La disponibilità di mezzi di trasporto più veloci rispetto al passato non ha certamente rimosso questi deficit e
disfunzionalità del sistema di movimentazione del prodotto ceramico.
272
Ad acuire in misura ulteriore il problema – oltre alla movimentazione del prodotto in uscita – concorrono:
• la sempre più diffusa integrazione di diverse aziende ceramiche derivante da operazioni di
acquisizione e fusione. Se da un lato ciò ha portato benefici sul piano della razionalizzazione
produttiva (specializzazione impianti, innalzamento lotti di produzione), allo stesso tempo ha finito per
generare una rilevante movimentazione interna di merci tra le aziende stesse.
• il forte sviluppo di attività in c/t lavorazione che le aziende ceramiche affidano all’estro ad aziende
specializzate: taglio, levigatura, lappatura,…Anche questa esternalizzazione genera grande
movimentazione in uscita-entrata tra le aziende ceramiche del distretto, movimentazioni che non può
che avvenire su gomma.
Si calcola che ogni giorno oltre 5.000 mezzi per trasporto merci entrino ed escano dall’area della ceramica,
mentre si stimano in circa 15.000 le operazioni di ritiro/consegna interne allo stessa.
Infine, il ruolo di transit point assunto “involontariamente” da Sassuolo a favore di tutta l’industria ceramica
nazionale ed in parte anche europea.
A seguito della frammentazione degli ordini che rende diseconomico per i clienti il prelievo di così piccole
partite da una singola azienda produttrice, la maggioranza delle imprese ovunque situate sul territorio italiano ha
trovato conveniente spedire i propri prodotti finiti presso depositi e magazzini situati all’interno dell’area ceramica di
Sassuolo, sfruttando in questo modo i giri di raccolta che i loro clienti effettuano comunque periodicamente nel
distretto. Ciò ha fatto sì che grandi quantitativi di piastrelle ceramiche, che pure non vengono prodotte nel distretto
ceramico, finiscano per gravitare dal punto di vista logistico sulle infrastrutture del comprensorio, gravando
ulteriormente sulla già precaria rete infrastrutturale presente sul territorio.
Dinanzi a questa serie di problemi, il trasporto su gomma ha però il vantaggio di essere di tipo “point-to-point”,
ossia giunge direttamente al destinatario senza l’impiego di scarichi intermedi, garantisce quindi un servizio capillare
al produttore ceramico. A differenza del treno, perciò, i veicoli raggiungono qualsiasi punto del distretto, assicurando
consegne puntuali e con tempistiche relativamente basse; da ciò emerge la maggiore flessibilità di questi mezzi che
si traduce in una migliore capacità di adattamento alle richieste della clientela (Tab. 2.2).
Tabella 2.2 – Principali vantaggi e limiti dell’autotrasporto
PUNTI DI FORZA
CRITICITA’
Elevati costi sociali (danni alla salute della
collettività)
Inquinamento atmosferico ed acustico
Frazionamento del costo del trasporto tra più
clienti
Guida del mezzo limitata a 9-10 ore al giorno
Flessibilità operativa
Prezzo del servizio dipendente dal costo del
carburante
Rapidità e capillarità del servizio
Alti livelli di congestione del traffico stradale con
diminuzione dell’efficienza viaria
Sistema di offerta concorrenziale
Ripercussioni sulla competitività del distretto
ceramico
Fonte. Ns. elaborazione
273
Ai punti di forza si oppongono infine altre criticità che, gravano sull’intero ambiente socio-economico:
a)
un livello di circolazione insostenibile, dove le infrastrutture stradali, malgrado le opere di
ampliamento in corso, risultano tuttora inadeguate,
b)
un calo di efficienza dell’intero sistema ceramico: imprese produttrici di piastrelle ed imprese delle
attività manifatturiere e di servizi ad essa collegate.
Inoltre la funzionalità del trasporto è limitata anche dalla legge che impone nel tempo di 9-10 ore al giorno il
limite massimo di conduzione del mezzo e l’impiego di un autista aggiuntivo al fianco è un costo addizionale
assolutamente sconveniente.
Il fattore senza dubbio più penalizzante da considerare nel costo totale del trasporto è il carburante e la
dinamica del prezzo è un vincolo per tutto il sistema logistico su gomma. Si calcola che per ogni chilometro di viaggio
percorso, il costo sostenuto dall’operatore logistico si attesta sull’euro circa, e da qui, la convenienza ad organizzare
tratte più lunghe, in quanto consentono di frazionare la spesa del servizio su una domanda più ampia.
Il problema è amplificato, infine, anche dall’avversione ad utilizzare mezzi diversi per fare uscire i prodotti
dagli stabilimenti. Data la conformazione del distretto e la dislocazione delle aziende, la modalità su gomma risulta
quella più facile agli operatori logistici, a differenza del recente e trascurato scalo ferroviario attivato per assicurare
risparmi energetici e riduzioni del traffico su strada.
274
CAPITOLO TERZO
GLI ATTORI DEL SISTEMA LOGISTICO
3.1 Profilo organizzativo dell’operatore logistico
La maggior parte degli operatori logistici fa la sua apparizione nell’area ceramica di Sassuolo già dagli anni
’60: la terziarizzazione dell’attività di movimentazione materie prime e prodotti finiti ceramici non è quindi un
fenomeno recente.
La maggior parte di questi operatori esercitava già una attività trasportistica dedicandosi quasi
esclusivamente al trasporto di beni di largo consumo, su tutti il legname, impegnando all’andata i vecchi barrocciai
delle colline nella distribuzione alla pianura, in cambio di prodotti agrari al ritorno.
In seguito la disponibilità e la maggiore convenienza di altre forme di energia per il riscaldamento, insieme al
crescente boom ceramico degli anni ‘60, spinsero i carrettieri ad abbandonare il carro per fare posto all’autocarro,
costituire le prime società di spedizione, intensificare i contatti con i produttori e gli acquirenti locali, ai quali offrire il
trasporto delle materie prime e dei prodotti finiti.
Era nata l’attività su scala industriale dell’autotrasporto.
Nel corso del tempo, questi trasportatori assumono la veste di “operatori logistici”: l’attività assume una
impronta aziendale, la flotta dei mezzi si espande e la dotazione di supporti tecnologici si arricchisce. La classe
imprenditoriale di norma si è formata dal basso. L’imprenditore di oggi ha ricoperto in passato il ruolo di autista e
frequente è il passaggio in via generazionale dell’attività di padre in figlio.
La figura dell’operatore logistico non è da confondere con quella dell’intermediario, poco presente nel
distretto: un operatore che non disponendo di una propria flotta di mezzi di trasporto si occupa solo della raccolta e
gestione degli ordini, che vengono trasmessi agli spedizionieri (Fig. 3.1).
Al contrario, l’operatore logistico si propone alle aziende ceramiche come gestore di una parte rilevante del
loro processo distributivo, provvede tutte le operazioni da origine a destino e funge da raccordo con l’acquirente
distributore (Fig. 3.2).
Figura 3.1 – L’intermediario logistico
O. L.
Intermediario
Cliente
O. L.
O. L.
Figura 3.2 – La logistica integrata
Operatore
logistico
Produttore
Flusso materiali
Acquirente
distributore
flusso di informazioni
275
Il passaggio dal trasporto di legname a quello della piastrella, ha comportato una revisione profonda
dell’attività in termini di struttura organizzativa, di dotazione di mezzi di trasporto e di offerta di servizi alla clientela.
Questa trasformazione è avvenuta inoltre, di pari passo alla ricerca di sempre migliori condizioni di efficacia e di
efficienza di erogazione del servizio in un contesto di crescente complessità: esigenze sempre più specifiche dalla
clientela, elevati costi in termini energetici ed ambientali, necessità di adeguamento dei mezzi di trasporto e dei
supporti tecnici, normative più restrittive e vincolanti.
La centralità del costo del servizio e la necessità di maggiore flessibilità nelle spedizioni hanno contribuito
quindi a trasformare il mero spostamento della merce in un “prodotto trasporto” complesso, legato sempre più
all’esigenza di far quadrare i grandi volumi di merce in circolazione con l’alto costo del trasporto in termini energetici
ed ambientali, trasferendo l’enfasi sui trasporti intermodali, sulle restrizioni al traffico nei tratti urbani e sulla ricerca di
veicoli speciali meno inquinanti.
Per affrontare le richieste difficoltose e garantire servizi migliori, le imprese di trasporto più innovative si sono
dotate di strumenti di gestione tali da consentire una logistica più organizzata, in grado di correlarsi con minori
difficoltà ad un numero di soggetti diversi (mittenti e destinatari, colleghi/concorrenti, sistemi intermodali) ed in grado
di fornire certificazioni di qualità dei servizi offerti in termini di tempi di consegna, informazioni durante il trasporto,
possibilità di scambio dei colli, protezione e copertura assicurativa rispetto a furti, rischi, incidenti.
Per quanto riguarda l’attività sul piano operativo - ad esclusione delle operazioni di ritiro e consegna svolte
all’esterno del perimetro della sede aziendale - le aziende di trasporto del distretto di Sassuolo provvedono ad
effettuare le operazioni o fasi intermedie del processo logistico: raccolta degli ordini, stoccaggio e preparazione delle
merci (Fig. 3.3).
Figura 3.3 – L’attività di stoccaggio e preparazione degli ordini (picking)
Stoccaggio
esempio di Groupage
Firenze
Napoli
Estero
All’espletamento della prima fase (raccolta ordini) si dedica uno staff di personale variamente strutturato in
base alla dimensione aziendale. In linea generale una tipica impresa di spedizione del distretto ceramico vede una
divisione del lavoro così articolata:
-
Imprenditore, che dirigere l’azienda, promuove e fidelizza i rapporti con la clientela
-
Impiegati amministrativi, che si occupano della fatturazione e delle pratiche burocratiche
-
Responsabili di zona, che si ridistribuiscono la clientela in base alla localizzazione geografica, ed hanno il
compito di ricevere gli ordini e di trasmetterli al/i responsabile/i di accorpamento
-
Responsabile/i di accorpamento, che raggruppa/no gli ordini da consegnare in base ad una destinazione
geografica comune
L’attività di scarico e preparazione invece è eseguita nei piazzali circostanti l’impresa con superfici diverse a
seconda dell’estensione della flotta dei mezzi in dotazione, siano essi di proprietà e di terzi, questi ultimi solitamente
minoritari. Le due fasi intermedie sono eseguite dai:
276
-
Carrellisti, addetti alla movimentazione e al carico dei i materiali.
-
Vettori, ovvero gli autisti che infine provvedono al trasporto ed alla consegna della merce a destinazione.
Per quanto riguarda il distretto di Sassuolo il settore dell’autotrasporto è composto in netta prevalenza da
aziende di piccole dimensioni, a conduzione familiare e con assetti organizzativi semplici e una limitata dotazione
finanziaria: la flotta di mezzi in media non supera la decina di unità e solo nelle poche realtà aziendali dimensionate
può raggiungere il numero di 100 veicoli (Tab. 3.1).
Tabella 3.1 – Le caratteristiche del sistema logistico di Sassuolo
Nascita del settore
1960 (sull’onda dello sviluppo del settore ceramico locale)
Numero di aziende
± 100
Profilo di impresa
Piccola-media dimensione
Numero medio di dipendenti
± 20
Conduzione d’azienda prevalente
Familiare
Integrazioni strategiche nel settore
Inesistenti (sia a livello verticale che orizzontale)
Strategia di mercato prevalente
Specializzazione (dipendenza) al settore ceramico
Tipologie di merci movimentate
Materie prime (andata) e prodotto finito (ritorno)
Approccio al mercato
Area di presidio/tratta di competenza
Modalità di trasporto prevalente
Su gomma
Dimensione media della flotta
Dai ± 10 (piccole) ai 100 veicoli (medie imprese)
Appartenenza della flotta
Prevalentemente di proprietà
Strutture logistiche a supporto
Area deposito e groupage
Numero ordini evasi per carico
Variabile da 3-4 ad oltre 20 ordini
Numero medio di clienti
1.000-6.000 contatti (a seconda della dimensione
aziendale)
Valore economico medio del carico completo
Da 5.000 ai 60.000-70.000 Euro (in base alla composizione
della merce movimentata)
Fonte: Ns. elaborazione
Poche le realtà aziendali che si discostano da questo profilo organizzativo e che hanno intrapreso un
percorso di emancipazione sia sul piano dimensionale che di articolazione organizzativa, profilo di competenze e
supporti tecnologici.
Ogni impresa - in un contesto di crescente affollamento competitivo – ha cercato un proprio modus operandi
(tipologia di merci movimentate, tratte, bacino di utenza) per poter convivere in un contesto di diffusa
frammentazione e di forte dipendenza dalla domanda ceramica: condizioni che tengono alta la tensione
concorrenziale. A sedare il clima del confronto concorrono, però, anche diversi elementi (profilo strutturale e di
competenza, specializzazione per area geografica, legame con la clientela). Ciò fa si che nel corso del tempo si
siano formati tanti mercati, con propri attori, e ambiti di competenza. Questo è visibile, ad esempio, osservando le
tratte operative di competenza, sul piano geografico. Gli operatori inoltre dispongono - in misura molto differenziata di infrastrutture logistiche a supporto dell’attività svolta, sia in termini di aree di deposito mezzi sia di aree di
groupage. Ne discende che la struttura organizzativa aziendale nelle piccole imprese si regge su circa 20 addetti
(personale impiegatizio e vettori), fino ad arrivare oltre quota cento addetti nelle realtà aziendali maggiori.
Analogamente anche il portafoglio clienti si presenta diversificato oscillando tra il centinaio di contatti fino a superare
il limite delle migliaia.
Per quanto riguarda la conduzione dell’attività non si registrano all’interno del distretto episodi di integrazioni
verticali tra produttore ceramico ed operatore logistico, rimarcando ancora una volta il forte focus degli imprenditori
ceramici al coree business delle piastrelle.
277
La forte contiguità e densità di operatori logistici con profili operativi diversi, crea spazi anche per forme di
cooperazione e di ricerca di sinergie operative: succede così le imprese più grandi terziarizzino a subvettori e altri
piccoli spedizionieri la domanda in eccesso alla propria flotta in dotazione.
3.2 Il funzionamento del sistema
La modalità di resa “franco-fabbrica” influenza notevolmente il funzionamento logistico del sistema ceramico.
Questa modalità organizzativa, come più volte ribadito, prevede che sia l’acquirente (distributore, rivenditore,
grossista) ad occuparsi del ritiro della merce presso il magazzino/deposito del produttore, affidandone il compito ad
un terzo soggetto, l’impresa logistica.
Fino agli anni ’80 l’organizzazione e la movimentazione dei prodotti finiti non creava particolari problemi
operativi agli operatori logistici, i quali movimentavano volumi consistenti a fronte di ordinativi di emessi dai
rivenditori, che non rinunciavano a generare le scorte in eccesso nei propri magazzini. Questo contesto muta
significativamente a partire dai primi anni ’90 per il generarsi di una serie fattori di cambiamento:
•
•
•
•
Ampliamento e sofisticazione della gamma dei prodotti. L’innalzamento del clima competitivo e lo
spostamento del confronto sulla differenziazione dell’offerta di prodotto ha portato le aziende a “gonfiare” i
cataloghi e ad ampliare a dismisura la gamma: articoli, varianti (toni, colori, calibro, misura), pezzi speciali,
corredi,… L’ampliamento della gamma ha prodotto una serie di implicazioni limitate non solo all’area
logistica, ma più in generale sulla produzione, sulla gestione delle score e si crescenti fabbisogni di spazi.
Accorciamento del ciclo di vita dei prodotti. La politica di marketing di molte aziende del settore ha
gradualmente trasformato la piastrella ceramica in un “prodotto-moda” che, specialmente sulla fascia alta,
ha necessità di continui rinnovamenti. Nuove proposte, nuove linee, nuovi materiali si sono inseguiti con
ritmi e cadenze sempre più veloci con la conseguenza di una rapida obsolescenza dei prodotti a listino.
Riduzione delle scorte da parte dei clienti. Il rivenditore - ad eccezione di rivenditori di grandi dimensioni o
catene di grossisti all’estero - ha progressivamente ridotto le proprie scorte, fino quasi ad annullarle:
rinuncia al lancio di ordini “al buio”,” azzeramento scorte per produzioni molto frammentate e a rischio di
obsolescenza e procede con l’emissione di ordini “sul venduto”.
Proliferazione degli ordini e riduzione della quantità. Il rivenditore, non facendo scorte, nella maggioranza
dei casi trasmette all’azienda ceramica l’ordine così come lo raccoglie dal cliente finale. Pertanto le
aziende ceramiche devono far fronte a un numero sempre crescente di piccoli ordini e a gestire tutte le
complessità che a cascata si riversano fino alla programmazione della produzione.
Questa evoluzione ha prodotto conseguenze anche sul fronte del sistema dei trasporti. Poiché nel settore
ceramico è il cliente che gestisce e organizza il ritiro del prodotto ordinato, la frammentazione degli ordini ha portato
alla esplosione del numero delle “prese” per riuscire ad allestire un carico completo, al conseguente aumento dei
tragitti degli automezzi costretti a peregrinare tra le aziende del distretto prima di partire per la destinazione finale.
Ne discendono, all’interno del distretto, molteplici percorsi ridondanti che contribuiscono in maniera non irrilevante ad
incrementare le criticità del traffico.
L’iter logistico prevede una sequenza di fasi e passaggi così sintetizzabili (Fig. 3.4): l’acquirente intermediario
commerciale sceglie il vettore delegato al trasporto del prodotto e lo comunica nell’ordine al produttore ceramico (1),
una volta che il materiale è pronto per la consegna l’impresa ceramica ne sollecita l’immediato ritiro al vettore (2), il
quale transita nel piazzale e carica la merce sull’automezzo (3). Il sistema termina con il pagamento del servizio, il
cui prezzo varia a seconda del peso della merce movimentata (4).
Figura 3.4 – Iter logistico nel sistema ceramico
2
1
Produttore
ceramico
Acquirente
intermediario
Operatore
logistico
4
3
278
Solitamente tra acquirente ed operatore logistico si sviluppa un rapporto di lunga durata, che rende più fluida
la relazione, migliora lo standard della prestazione e genera benefici anche di natura economica per entrambi le
parti. Così la clientela estera si avvale di vettori esteri e la clientela nazionale si rivolge a vettori nazionali, compresi
quelli localizzati nel distretto.
Gli operatori logistici del distretto hanno progressivamente adattato il proprio core business alle mutevoli
esigenze di mercato, prima focalizzandosi nel trasporto di beni di largo consumo poi sui prodotti ceramici, mentre nei
prossimi anni si prevede una maggiore diversificazione dell’offerta per non dipendere esclusivamente dall’unico
settore servito (Tab. 3.2).
Tabella 3.2 – Evoluzione del core business logistico
1960 - 2000
1960
Legname, prodotti agrari
Piastrelle, materie prime
2000
Piastrelle, materie prime,
abbigliamento, alimentari e rifiuti
Fonte: Ns. elaborazione
In oltre 50 anni di attività al servizio ceramico le imprese di trasporto si sono sviluppate costantemente e in
modo autonomo e hanno migliorato l’organizzazione e l’offerta del servizio sotto il:
•
•
profilo materiale, in termini di capacità di movimentazione in tutte le sue fasi (ritiro, stoccaggio,
preparazione, deposito, carico e trasporto finale) e di dotazione di strutture (superfici, depositi, spazi
coperti e non per l’attività di groupage).
profilo immateriale, in termini di capacità di gestione del servizio (correttezza, velocità e garanzia di
consegna delle merci).
Non tutte le aziende logistiche però offrono uno stesso sistema di offerta. All’interno della variegata realtà
settoriale, convivono situazioni molto differenziate in termini strutturali, aree di specializzazione merceologica e
geografica (Tab. 3.3).
In sintesi il settore della logistica all’interno dell’area ceramica presenta tratti di elevata frammentazione che
genera forti pressioni concorrenziali che data la forte omogeneità del livello di offerta e di servizi fanno del prezzo
la variabile di confronto tra gli operatori (Tab. 3.4).
Tabella 3.3 – I diversi livelli di offerta
Serie (vecchia vs ultima generazione)
Sistema di trasporto (prevalentemente su gomma, intermodale)
Flotta, in termini di
Veicoli su gomma (autotreni, autoarticolati, motrici, autocarri, furgoni)
Capienza veicoli (dai pochi quintali assicurati dai furgoni fino alle 30 tonnellate
massime consentite degli autotreni ed autoarticolati)
Tratta di competenza
Nord/centro/sud Italia, Estero
Tipologie di merci
trasportate
Ceramica (materie prime e prodotto finito), abbigliamento, alimentari,
arredamento, rifiuti, materiali speciali e pericolosi
Tempi di consegna
Nazionale (± 12 ore), Internazionale (24 - 72 ore)
Infrastrutture logistiche a
supporto
Fonte: Ns. elaborazione
Deposito mezzi e merci (coperto e non), area di groupage
279
Tabella 3.4 – Le caratteristiche del settore logistico
CARATTERISTICA
DESCRIZIONE
Struttura dell’offerta
Grande frammentazione, pochi operatori di dimensione medio-piccola
Struttura della domanda
Frammentazione della clientela
Variabile concorrenziale chiave
Prezzo
Fattore critico di successo
Rete di rapporti “mittenti-destinatari”
Fattore vincolante
Prezzo del carburante
Risorsa aziendale critica
Flotta (estensione e diversificazione)
Entità del carico massimo consentito
30 tonnellate
Elementi qualitativi del servizio
Velocità, sicurezza, intermodalità
Costo unitario del trasporto (al Km)
Fonte: Ns. elaborazione
± 1 Euro
3.3 Le performance economico-finanziarie delle imprese di trasporto
I lineamenti del comparto e i tratti firm specific sul piano strategico ed operativo si riflettono anche sul
terreno dei risultati economici conseguiti dalle imprese stesse oltre che a qualificarne in misura ulteriore il loro
profilo. Le evidenze qui di seguito proposte sono estratte dall’analisi dei bilanci di un piccolo campione di 10
imprese di autotrasporto del distretto ceramico relativamente al periodo 2000-2004. La lettura che si propone è a
livello di aggregato e mira a fornire qualche elemento conoscitivo sulle dinamiche dei risultati economici ed ancor
più sulla struttura dei costi e del loro assetto patrimoniale e finanziario.
Osservando il conto economico si coglie una certa “regolarità” della struttura dei costi e dei ricavi nel
tempo, e ciò sottolinea come il funzionamento del sistema abbia raggiunto una fase di stabilizzazione (Tab. 3.5).
Tabella 3.5 - Campione di 10 imprese di autotrasporto: conto economico. Valori assoluti in migliaia di euro
e percentuali
Conto Economico
2000
Ricavi delle vendite
48.955,66
%
2001
%
48.270,49
2002
%
52.175,93
2003
%
56.613,99
2004
%
58.061,14
Valore della produzione 50.404,83 100 50.243,26 100 53.901,67 100 58.314,03 100 59.919,38 100
Materie prime e consumo
5.605,21
5.087,71
4.950,82
5.347,40
5.956,94
32.350,19
31.634,05
35.162,29
38.925,11
38.359,48
Godimento di beni di terzi
2.513,00
2.613,56
2.510,37
2.896,93
3.245,61
Valore aggiunto
9.257,57 18,4 10.135,14 20,2 10.583,15 19,6 10.492,11 18,0 11.459,63 19,1
Totale costi del personale
6.685,10
Servizi
Margine operativo
lordo -MOL
Ammortamenti e
svalutazioni
2.572,47
7.132,22
5,1
1.345,42
3.002,92
7.500,56
6,0
1.641,14
2,4
1.351,82
3.082,59
7.898,27
5,7
1.405,92
2,7
4,4
1.291,05
3,1
4,8
1.305,35
1.215,98
Proventi e oneri
Risultato prima delle
imposte
-441,57
770,07
1,5
584,24
1,2
1.002,76
1,9
815,05
1,4
1.358,70
2,3
Utile perdita di esercizio
120,694
0,2
-57,79 -0,1
434,83
0,8
309,95
0,5
720,15
1,2
-663,23
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazione
280
1.290,73
2.866,93
Risultato operativo
-767,58
1.665,99
2.593,84
8.592,69
2,2
-475,68
1.547,43
2,6
-188,734
La crescita di queste imprese è apparsa lenta ed in recupero solo nella parte finale del periodo. Pesano gli
ingenti costi di produzione (su tutti quello del carburante) e del lavoro che comprimono la capacità di generare valore
aggiunto e di margine operativo. La gestione, segnala, quindi scarsa propensione dell’attività di queste imprese a
generare reddito: l’utile d’esercizio (media dei 5 anni) e pari allo 0,5% dei ricavi. Un percorso intrapreso dalle
imprese per alleggerire la struttura dei costi e “fare quadrare i conti” è quello del ricorso alla committenza e cioè la
“deviazione” degli ordinativi a vettori più competitivi, al fine di minimizzare i propri costi di gestione. Questo
orientamento è ben segnalato dalla dinamica del costo “per servizi”, la cui incidenza sul valore della produzione
non scende mai sotto il 65% .
In conclusione la crescita che il settore ha realizzato va ascritta alle poche grandi imprese del settore, che
per le superiori risorse e migliori condizioni interne riescono più di altre a minimizzare i costi, finendo così per trainare
le commesse degli altri operatori circostanti.
Dall’esame della struttura patrimoniale e finanziaria emerge in misura netta la fisionomia della dotazione di
asset che le imprese attivano per svolgere la loro attività (Tab. 3.6). Le attività sono rappresentate per lo più dalle
immobilizzazioni materiali (gli automezzi) e i crediti. Le imprese sostengono il loro sforzo investitorio esibendo
una limitata capacità di apporto di capitale proprio ed una forte esposizione a capitali di terzi. Si conferma il ricorso
alla committenza che si trascina sul livello dei debiti, giustificando l’onere del servizio di trasporto consegnato a terzi.
Tabella 3.6 – Campione di 10 imprese di autotrasporto: stato patrimoniale. Valori assoluti in migliaia di euro
e percentuali
Stato Patrimoniale Attivo
2000
%
2001
%
2002
%
2003
%
2004
Immobilizzazioni immateriali
2.187,13
1.681,20
1.311,10
836,28
591,77
Immobilizzazioni materiali
5.942,67
5.692,35
4.910,77
5.055,66
6.584,69
870,14
1.391,21
4.117,31
4.200,04
4.959,03
Immobilizzazioni finanziarie
%
Totale immobilizzazioni
8.999,94 27,87
8.764,76 29,84 10.339,18 31,51 10.091,99 29,98 12.135,49 33,71
Liquidità immediate
874.318
1475.38
1.787,44
2.126,79
2.442,5
Liquidità differite
22.104,57
18.846,01
20.367,40
21.114,39
21.098,79
314,15
281,89
313,20
325,94
317,74
Disponibilità
Totale Capitale circolante 23.293,04 72,13 20.603,28 70,16 22.468,04 68,49 23.567,12 70,02 23.859,03 66,29
TOT ATTIVO
32.292,97
100 29.368,04
100 32.807,22
100 33.659,10
100 35.994,52
Debiti a breve termine
21.886,52
19.860,82
20.225,02
22.161,90
23.196,49
Debiti a lungo termine
2.344,38
598,33
2.896,92
2.058,00
2.444,18
Totale Debiti
100
24.230,90 75,03 20.459,15 69,66 23.121,94 70,48 24.219,90 71,96 25.640,67 71,23
Fondi e rischi
302,343
442,022
692,909
342,67
169,982
TFR
1.550,93
1.686,74
1.868,97
1.688,51
1.818,59
Patrimonio netto
6.208,80 19,23
6.780,13 23,09
7.123,40 21,71
7.408,02 22,01
8.043,40 22,35
TOTALE PASSIVO
32.292,97 100 29.368,04
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazione
100 32.807,22
281
100 33.659,10
100 35.994,52
100
Infine – a completamento del quadro conoscitivo – alcuni indicatori di redditività e di produttività dei fattori
(Tab. 3.7). In generale tutti gli indicatori di redditività confermano una scarsa propensione dell’attività, degli
investimenti e delle vendite a generare ricchezza. Gli ultimi miglioramenti del Roe sono prodotti da un piccolo
gruppo di imprese che ha alterato vistosamente il risultato aggregato. Il motivo va ricercato nella forte incidenza dei
costi di produzione che comprime fortemente i risultati. Si coglie infine un contributo cedente del fattore umano alla
generazione di fatturato e valore aggiunto. Di quest’ultimo oltre il 75% è destinato alla remunerazione del
personale all’interno del quale rivestono un peso fondamentale gli autisti e conduttori dei mezzi di trasporto. I
margini per remunerare gli altri fattori produttivi ed alimentare il processo di accumulazione risultano, di
conseguenza, particolarmente ristretti.
Tabella 3.7 – Campione di 10 imprese di autotrasporto: alcuni indicatori di performance economica
2000
2001
2002
2003
2004
Redditività capitale netto - ROE (%)
1,9
-0,8
6
4,1
8,9
Redditività capitale investito ROI (%)
3,7
4,6
5
3,8
4,3
Redditività delle vendite ROS (%)
2,5
2,8
3,2
2,3
2,7
Ricavi pro-capite (migliaia di Euro)
283
252
262
263
258
Valore aggiunto pro-capite (migliaia di Euro)
54
53
53
49
51
Costo del lavoro pro-capite (migliaia di Euro)
Fonti: Banca Dati AIDA e Ns elaborazioni
39
37
38
37
38
282
CAPITOLO QUARTO
SISTEMA LOGISTICO E INFRASTRUTTURE
4.1 I limiti del sistema logistico del distretto di Sassuolo
Dopo aver introdotto i tratti di specificità del sistema della logistica in entrata delle materie prime ed in uscita
dei prodotti finiti, introdotto gli attori che muovono le merci, si cerca ora di dare conto dei limiti che pesano sul
funzionamento del sistema.
Per comprendere i problemi che affliggono il sistema logistico, occorre partire dalle cause che hanno
determinato la situazione attuale. Poiché un sistema logistico coinvolge diversi soggetti, i vincoli saranno analizzati
secondo i punti di vista degli autotrasportatori, dei produttori ed infine dei rivenditori (Tab. 4.1).
Tabella 4.1 - I limiti del sistema logistico del distretto ceramico
LIMITI DEL SISTEMA LOGISTICO DEL DISTRETTO CERAMICO
autotrasportatori
produttori
- Elevata frammentazione
delle partite
- Contrarietà a soluzioni di
resa del tipo franco destino
- Mancanza di approntamento
da parte dei produttori
- Sbilanciamento del rapporto
produttore-cliente a favore
di quest’ultimo
- Concorrenza sleale di alcuni
operatori di trasporto
- Orario ridotto di apertura
dei magazzini
- Impossibilità di acquisire
il mercato estero per via
della resa franco fabbrica
- Assenza di personale
qualificato nel campo logistico
rivenditori
- Livello di servizio migliorabile in termini di
puntualità, efficienza
- Rischi e costi connessi
all’organizzazione del
trasporto
- Rapporto di contrapposizione tra
produttori e trasportatori
- Mancanza di infrastrutture
adibite alla logistica
4.1.1 Il punto di vista degli autotrasportatori
Gli autotrasportatori hanno assunto un ruolo fondamentale svolgendo una funzione di utilità nel tempo e nello
spazio a favore della produzione ceramica. Funzione resa ancor più essenziale stante la modalità di vendita franco
fabbrica adottata dalle aziende ceramiche. Su di loro si scarica una serie di sollecitazioni e pressioni che sono il
frutto da un lato delle condizioni di incertezza ed instabilità che caratterizzano l’attività di vendita delle imprese di
distribuzione e, dall’altro, del comportamento delle aziende ceramiche proteso a massimizzare il grado di flessibilità e
di adattamento alle condizioni di mercato ma non altrettanto ispirato a decisionalità strategica.
In questo contesto gli operatori logistici e del trasporto - spesso afflitti da deficit sul piano organizzativo e
gestionale – sono chiamati a misurarsi con una serie variegata di condizionamenti allo svolgimento della loro attività.
Tra quelli maggiormente avvertiti si segnalano:
•
la sempre più accentuata frammentazione degli ordini da parte della clientela commerciale (rivenditori)
che tende ad acquistare solo ciò che hanno già venduto agli utilizzatori finali. Questo fenomeno ha
diminuito sensibilmente le dimensioni dei lotti e delle partite in spedizione e ha reso ridondanti - all’interno
283
•
•
•
•
•
del distretto - i percorsi a cui sono costretti gli automezzi per il completamento del carico. La mancata
creazione, inoltre, di aree o depositi dove effettuarne il preventivo raggruppamento, obbliga il trasportatore
ad un ciclo di carico spesso più oneroso del trasporto stesso6;
la mancanza di approntamento preventivo delle partite di merce, da parte dei produttori ceramici all’arrivo
del trasportatore. Nel caso di partite consistenti (superiori a tre pallet), l’azienda ceramica si limita a
contrassegnare i bancali senza muoverli, in attesa del carico sull’autocarro. Se si tratta di piccoli lotti,
vengono confezionati pallet ad hoc e collocati in aree specifiche dedicate alle spedizioni (aree di
“pronto”). La scarsa applicazione di tale pratica da parte dei produttori, contribuisce a produrre il limite
successivo;
la dilatazione dei tempi di attesa degli autotrasportatori per effettuare il prelievo del materiale. Il
rallentamento delle operazioni di carico, dovuto alla carente gestione della merce, genera lunghe code nei
piazzali delle ceramiche, con evidenti ripercussioni sul servizio di trasporto;
la presenza di una viabilità che ostacola, anziché agevolare la movimentazione delle merci (materie prime,
prodotti in c/lavorazione e prodotti finiti), nell’area ceramica. L’inadeguatezza della rete stradale è uno dei
nodi su cui si è discusso maggiormente. Tuttavia, malgrado gli sforzi compiuti, l’assetto infrastrutturale
appare ben lontano da condizioni di adeguatezza. L’asse Pedemontano, costituisce la dorsale principale
dei traffici pesanti, grazie alla sua posizione baricentrica rispetto alla dislocazione delle aree produttive.
Realizzata negli anni ’70, tale infrastruttura è stata la prima grande opera significativa per la viabilità del
distretto ceramico. A distanza di oltre trent’anni nessun adeguamento è intervento a potenziare l’assetto
strutturale della rete stradale con le inevitabili conseguenze in termini di congestionamento e di
interferenze funzionali.
Il recente compimento della bretella Modena-Sassuolo, ha permesso di alleggerire il traffico in
avvicinamento/uscita dal distretto ma non ha migliorato la situazione al suo interno essendo l’asse
Pedemontano la sede in cui si riversa la maggior parte del traffico;
la modalità di vendita franco fabbrica da parte delle aziende ceramiche7. Questa modalità di resa del
prodotto rappresenta un impedimento per gli autotrasportatori locali di acquisire il mercato estero e anche
di una parte del mercato del sud Italia. Come noto questa modalità assegna al cliente
(distributore/rivenditore/grossista) la responsabilità del trasporto con l’assunzione dei relativi rischi e costi.
Questo fatto ha indotto i clienti di molte aree geografiche (soprattutto estero e Sud Italia), a rivolgersi a
trasportatori locali con conseguente penalizzazione di quelli del distretto ceramico. Se si considera che le
esportazioni rivolte al mercato europeo rappresentano oltre il 50% della interra produzione del distretto
ben si comprende quali spazi di mercato sono preclusi ai trasportatori del distretto;
gli orari ridotti di apertura dei magazzini ceramici. L’apertura ridotta dei magazzini limita fortemente l’attività
degli autotrasportatori, specialmente quando questi devono effettuare consegne che richiedono un alto
livello di servizio. Le lunghe code di autocarri che si creano davanti ai piazzali, amplificando sensibilmente i
tempi di carico, ritardano le consegne degli operatori di trasporto. Per cui il rischio di compromettere la
garanzia di un servizio efficiente e di non soddisfare il cliente è elevato.
Il settore dell’autotrasporto presenta un alto grado di concorrenza, dato dalla numerosità di imprese che lo
compongono che genera una condizione di esubero dell’offerta di trasporto sulla domanda.
Nonostante il comparto presenti una rigida regolamentazione in materia di tariffe, orari di apertura/chiusura e
limiti di peso ai carichi consentiti, gli episodi di violazione di tali norme e di concorrenza sleale sono assai frequenti. E
così frequente assistere:
• l’applicazione da parte di operatori, di prezzi predatori che, per contrastare la concorrenza e acquisire
nuovi clienti;
• al mancato rispetto dei vincoli posti al peso de carico di spedizione, il cui valore massimo è di 30
tonnellate;
• all’assenza di strutture idonee a svolgere le attività di trasporto, insediamenti in aree non confacenti dal
punto di vista urbanistico se non del tutto abusivi;
6 In alcuni casi le imprese di trasporto cercano di ottimizzare i ritiri delle merci raggruppando più clienti della stessa area di
destino nella medesima presa. Data la complessità del ciclo di carico questa operazione riesce raramente.
7 Fin dalla nascita del settore ceramico, infatti, i produttori decisero di demandare ad operatori esterni l’organizzazione del
trasporto, considerandola un’attività accessoria troppo diversa da quella principale della produzione di piastrelle. I primi
trasportatori erano pertanto locali, dotati di mezzi propri e, a volte, riuniti in piccole cooperative. Nel momento in cui la domanda di
trasporto diviene consistente, le imprese ceramiche continuano a concedere la massima autonomia ai trasportatori, i quali per
poter avere il carico, decidono di addebitare il trasporto al cliente finale, con riscossione del prezzo al momento della consegna. Il
rivenditore, dunque, arriva ad assumere pienamente il compito di organizzare il trasporto.
284
L’assenza di infrastrutture logistiche adeguate rappresenta uno dei limiti più rilevanti di tutto il sistema. Le
strutture comprendono transit-point, aree specifiche in cui concentrare gli operatori di trasporto e centri intermodali
in grado di fornire servizi e supporto organizzativo all’intero sistema logistico (produttori-trasportatori-clienti). Tutto
questo inibisce il funzionamento della catena logistica che, con le sue inefficienze, aumenta i costi di trasporto e i
disservizi.
4.1.2 Il punto di vista dei produttori
Come i trasportatori, anche i produttori individuano criticità all’interno del sistema logistico. Questi sono da
attribuire in parte a condizioni esterne (assetto della rete infrastrutturale, inadeguatezze strutturali ed operative degli
operatori logistici), ma chiamano largamente in campo le strategie di mercato delle imprese ceramiche stesse
(distanza dal mercato di consumo, utilizzo di canali di distribuzione lunghi, ampia delega per la politica di marketing
all’intermediazione commerciale). La crescente delega ad attori che si collocano a monte e a valle della filiera
ceramica e l’assunzione di comportamenti ad elevato contenuto adattivo alle condizioni esterne e a basso contenuto
strategico hanno accresciuto, inevitabilmente, la criticità delle attività connesse alla logistica. Da questo
“arretramento” sulle attività più strettamente manifatturiere (la mera produzione di piastrella ), ne sono derivate
disfunzioni di tipo operativo, difficoltà di controllo e di governo dell’attività complessiva, rincorse a fronte di nascenti
emergenze.
Dal punto di vista del produttore ceramico i limiti dell’attuale assetto logistico sono da ricondurre a diversi
fattori e tra questi:
•
•
•
lo squilibrio che si è creato nei rapporti produttore-cliente. Il cliente, in virtù della resa franco fabbrica, è il
depositario della gestione del trasporto. Anche se questa modalità di resa sembra trasferire in capo al
rivenditore tutti gli oneri del trasferimento della merce, in realtà una parte dell’organizzazione logistica
grava anche sul produttore dovendo farsi carico di un notevole numero di oneri operativi e organizzativi.
Più di questi, però, pesa lo squilibrio nel rapporto tra le parti: di fatto è il cliente che da una posizione di
forza, comanda e muove il flusso del materiale sul mercato.
La difficile interazione tra produttori ceramici e operatori del trasporto. Il clima di scarsa collaborazione quando non anche di netta contrapposizione - non concorre a migliorare lo sviluppo del sistema
logistico. Le situazioni in cui ogni soggetto imputa all’altro inefficienze operative ed organizzative,
prevalgono spesso su atteggiamenti di tipo collaborativo, scambi di flussi informativi, definizione e rispetto
di programmi di presa e carico del prodotto, ed altri ancora. Tutto questo accresce la complessità, acuisce
le difficoltà sul piano operativo e genera costi. La mancanza di dialogo e intesa tra i due soggetti, limita
fortemente la possibilità di instaurare relazioni di lungo periodo, le sole che possono consentire di mettere
in campo modus operandi e soluzioni di più lungo respiro.
L’atteggiamento di diffidenza dei produttori ceramici nei confronti della resa del prodotto “franco destino”.
E’ questa una limitazione che lascia poco spazio a miglioramenti dell’attuale assetto logistico. Questa
contrarietà trova diversi elementi di sostegno di natura economica, di focus operativo delle aziende che
rende difficile un loro maggior coinvolgimento nella organizzazione dei trasporti, anche se a fronte di
risparmi e razionalizzazioni. Con l’attuale sistema di spedizioni e di resa il produttore, infatti, si trova in
una posizione di estrema debolezza di fronte al processo di consegna. Il trasportatore infatti, non considera
l’impresa ceramica come un cliente da servire e pertanto subordina gli interessi e le necessità del
produttore alle proprie esigenze o a quelle del rivenditore. Le conseguenze di tale comportamento sono
duplici:
o
o
difficoltà nella gestione e nell’organizzazione delle spedizioni, in quanto non è possibile per il
produttore condizionare i comportamenti dei trasportatori;
impossibilità di fornire servizi ed attività che si distinguano dalla mera consegna del prodotto.
Quanto rilevato mette in luce la rilevanza di erogare il servizio conforme alle esigenze del cliente, quando
questa componente di prodotto è diventata una delle fonti primarie di vantaggio competitivo. Il trasporto non significa
il semplice “spostamento” di merce ma diventa una “soluzione”, un elemento di differenziazione che apporta valore
aggiunto al prodotto.
Una vincolo non secondario, infine, che impedisce alla catena logistica di svilupparsi in modo adeguato è la
scarsità o in alcuni casi la mancanza di personale logistico qualificato. Questa carenza è stata riscontrata dai
produttori così come dagli autotrasportatori, cui associano problemi organizzativi e inefficienze operative. Questo
deficit di competenze specifiche non è estranea alla insufficiente integrazione funzionale che caratterizza le due
parti.
285
4.1.3 Il punto di vista dei rivenditori
Gli aspetti deficitari del sistema, dal punto di vista dei rivenditori, riguardano il livello di servizio e gli oneri che
il cliente deve sopportare nel gestire le operazioni di trasporto, in particolare nel caso di lunghe distanze.
Acquistando prevalentemente sul venduto, i rivenditori privilegiano il servizio, inteso come rapidità, tempestività,
integrità del prodotto rispetto al costo del trasporto.
Affinché tali parametri di efficienza siano soddisfatti, il coordinamento dei soggetti che partecipano al sistema
deve essere stretto in modo tale da creare sinergie operative.
Lo scarso valore del servizio erogato con l’attuale sistema, rappresenta una minaccia soprattutto per quelle
imprese che forniscono un prodotto poco attrattivo e di bassa qualità. Sebbene l’organizzazione del trasporto non
costituisca un onere eccessivo per i clienti esteri presenti nei mercati vicini, la complessità organizzativa aumenta in
proporzione alla distanza.
Di conseguenza aumentano anche i rischi assieme ai costi a carico del rivenditore. Da qui deriva la
propensione degli stessi a valutare proposte alternative (il franco destino in particolare) subordinando l’accettazione
di queste a dei vantaggi relativi al servizio ed al costo.
4.2 Investimenti passati e recenti
Una delle ragioni principali che spiegano l’attuale arretratezza del sistema logistico del distretto, è insita
nell’assenza di investimenti significativi. Da cinquant’anni a questa parte, l’impegno di risorse per migliorare l’assetto
strutturale del sistema trasportistico si è rivelato insufficiente o in alcuni casi inesistente. Gli investimenti previsti
avrebbero dovuto risanare la rete stradale da un lato e dall’altro realizzare transit-point, aree di groupage, e spazi
dotati di strutture e servizi dedicati.
In realtà la maggior parte dei progetti sono rimasti sulla carta e non si sono mai concretizzati. Dopo la
realizzazione dell’asse pedemontano negli anni ’70, è dovuto attendere il 2005 per vedere completata la bretella
Sassuolo-Modena come arteria di collegamento veloce verso l’autostrada. L’immobilismo che ha caratterizzato le
istituzioni, le imprese ceramiche e più in generale tutto il sistema, è il principale responsabile dell’attuale situazione.
La viabilità locale scorre su una rete stradale obsoleta, inadeguata e costantemente intasata.
Nonostante il lungo periodo di staticità, recentemente sono stati portati a termine alcuni importanti progetti che
dovrebbero favorire la mobilità del distretto. A migliorare l’assetto logistico dovrebbero concorrere alcune opera
significative: l’espansione dello scalo merci di Dinazzano, la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo, che
collegherà il distretto ceramico con l’A22 del Brennero verso l’Europa (Fig. 4.1).
Figura 4.1 – Area ceramica di Sassuolo: Rete infrastrutture e progetti adeguamento e modernizzazione
286
4.3 Non solo bretelle autostradali e scali ferroviari
L’analisi condotta in precedenza ha posto in luce alcuni deficit che limitano la funzionalità del sistema
logistico distrettuale: alcuni hanno natura fisica essendo legati alla fragilità e carenza di strutture e altri, non meno
importanti, vanno ricondotti a comportamenti e modus operandi che si sono affermati nel corso del tempo.
L’assenza di interventi correttivi su entrambi i fronti, per adeguarli alle mutate condizioni di mercato, hanno portato
alla situazione attuale. Volendo richiamarli, questi deficit, sono stati indicati ne:
la crescente delega ed esternalizzazione di attività a monte e valle della catena del valore da parte delle
imprese ceramiche;
l’inadeguatezza di infrastrutture stradali e ferroviarie;
l’assenza di strutture logistiche quali transit-point o centri di groupage;
l’eccessivo sfruttamento dell’autotrasporto a discapito del trasporto ferroviario e marittimo;
la mancanza di sinergie tra gli attori del distretto (produttori, enti locali, trasportatori, clienti).
Questi deficit rappresentano allo stesso tempo terreni e spazi su cui recuperare margini di miglioramento e di
razionalizzazione. Di seguito – senza la pretesa di avere trovato soluzioni miracolistiche – si indicano alcune linee di
azione che potrebbe produrre qualche giovamento sul piano della movimentazione del trasporto delle materie prime
e del prodotto finito.
4.3.1 Trasporto materie prime ceramiche
1)
Importazione materie prime ceramiche da paesi europei (Francia/Germania)
Attualmente, il trasporto delle argille e caolini provenienti per ferrovia da Francia e Germania, utilizza una catena
logistica caratterizzata da ridondanze e inefficienze (fig. 2).
Il trasferimento delle materie prime prevede un carico da cava a strada, da strada a ferrovia e quindi uno scarico da
ferrovia a strada, subendo per ben due volte movimento con facchinaggio.
Investendo su container idonei al trasporto di dette materie prime, si eliminerebbero così le due movimentazioni di
carico e scarico, conseguendo risparmi di costo ed economie di efficienza.
Si avrebbe, infatti, solamente la movimentazione del contenitore da strada a ferrovia, poiché il materiale sarebbe
caricato in cava e scaricato solamente una volta giunto in ceramica.
E’ inoltre necessario valutare l’opportunità di tracce ferroviarie più competitive di quelle attuali.
Figura 4.2 Percorso delle argille tedesche e francesi
CAVA
2)
STRADA
FERROVIA
STRADA
CERAMICA
Importazione prodotto materie prime da paesi extra-europei (Ucraina/Turchia)
Anche in questo caso esistono possibilità di migliorare il processo logistico utilizzato per trasferire tali materie
prime (argille ucraine, feldspati turchi).
Il trasporto avviene principalmente via nave e, impiegando Ravenna come scalo marittimo di riferimento, è
soggetto a forti tasse portuali (Fig. 4.3). Dalla cava, la materia prima passa su strada per poi essere caricata sulla
nave. Approdata al porto di destinazione, la merce raggiunge l’impresa ceramica tramite ferrovia, anche se il
trasporto su gomma resta la soluzione maggiormente diffusa con un incessante andi-rivieni di mezzi pesanti sulla
tratta Ravenna – Bologna - Sassuolo che congestionano il traffico stradale.
287
L’investimento in contenitori modificati nella loro struttura interna comporterebbe l’eliminazione di alcuni
passaggi, razionalizzando la gestione del trasporto. La materia prima verrebbe caricata direttamente su vagoni
ferroviari dotati di tali contenitori per essere trasportata in ceramica, prima mediante treni programmati e
successivamente, solo nell’ultimo tratto, per mezzo di trattori a ribalta.
Un’altra ipotesi da valutare è la possibilità di utilizzare il porto di Marghera, in quanto a differenza del porto di
Ravenna, è esente da tassa portuale, possiede un’offerta di trasporto e movimentazione dei prodotti più competitiva
e si trova su una dorsale ferroviaria più aperta a migliore contrattazione. In questo modo si ridurrebbe la posizione
monopolistica detenuta da Ravenna e si otterrebbero benefici in termini di minori costi dovuti a condizioni più
concorrenziali.
Figura 4.3 Percorso delle argille ucraine e feldspati turchi
FERROVIA
CAVA
STRADA
NAVE
CERAMICA
STRADA
4.3.2 Trasporto prodotto finito
La razionalizzazione della movimentazione del prodotto finito presenta gradi di complessità superiori legati
alla natura del bene da movimentare, alla numerosità degli attori coinvolti, ai comportamenti ed alle consuetudini
che si sono radicate nel tempo. In ogni caso, appare non secondario un intervento volto a migliorare la dotazione
delle infrastrutture viste non come “realizzazione” fisica ma come “organizzazione” la cui funzione è quella di gestire
attività e servizi, cogliere opportunità di sviluppo, punto di arricchimento e di diversificazione del tessuto economico
e produttivo dell’area ceramica.
Detto questo, riguardo al prodotto finito si dovrebbe perseguire con maggiore determinazione:
1) il miglioramento della rete viaria, realizzando le infrastrutture programmate,
2) l’ampliamento del trasporto ferroviario per diminuire il ricorso all’autotrasporto,
3) la creazione di aree e spazi logistici (transit-point, aree di groupage, centri servizi,..) in grado di svolgere
un’efficace azione di supporto al sistema della mobilità distrettuale sia interna che in entrata-uscita.
La priorità in tale ambito consiste nella creazione di valore aggiunto alla piastrella attraverso un servizio
logistico gestito dal produttore o dall’acquirente. In entrambi i casi il distretto o gruppi di imprese dovrebbero
intervenire nella gestione del prodotto, sia nell’offerta di vendita franco destino sia nella formula franco fabbrica,
sistema maggiormente utilizzato.
Ciò consentirebbe agli attori del distretto ceramico di acquisire una migliore conoscenza del percorso
compiuto dal prodotto con conseguente maggiore interesse per lo sviluppo infrastrutturale.
Per quanto concerne la ristrutturazione della rete stradale, non mancano i progetti, servono però le condizioni
affinchè tali progetti diventino realizzazioni in tempi compatibili con le esigenze di adattamento del sistema
produttivo locale alle sempre più veloci dinamiche del mercato.
L’opportunità di intensificare l’uso del trasporto ferroviario nella spedizione delle piastrelle ceramiche è più
difficilmente praticabile, causa la forte delega sulle attività di marketing concessa dalle aziende di produzione alle
imprese di distribuzione e la conseguente rincorsa ad evadere ordini sempre più parcellizzati.
Qualora si assistesse ad un recupero di questi spazi e ad un maggior presidio di attività a valle della catena
del valore del prodotto ceramico, il ricorso al mezzo ferroviario potrebbe tornare in gioco e ciò a condizione di
realizzare carichi che, per quantità, ne rendano competitivo l’uso. Questa condizione presuppone l’aggregazione
delle partite in ragione delle destinazioni o il completamento dei carichi con altre tipologie merceologiche. Giunti a
destinazione i carichi devono essere distribuiti ai singoli clienti e ciò implica la possibilità di disaggregare le partite di
merce per avviarle alle singole destinazioni.
288
Tra le infrastrutture atte a facilitare i flussi di traffico e di materie prime e di prodotto finito, fanno parte gli spazi
e le aree dedicate alla logistica.
La realizzazione di una o più unità logistiche situate ai confini del distretto, rappresenta una soluzione che, in
parte, assicura gli stessi vantaggi che si avrebbero adottando la modalità di resa franco destino e consente di
conservare l’attuale sistema di vendita basato sul franco fabbrica. Ciò accadrebbe qualora gli automezzi incaricati di
prelevare il prodotto finito, anziché accedere direttamente ai magazzini delle aziende, si indirizzassero presso
queste unità logistiche, in cui sono concentrate le piccole partite di merci. Qualora tale ipotesi sia già stata vagliata
in passato, ad oggi nessuno sforzo in termini di risorse e impegno
289
CONCLUSIONI
La crescente diffusione della deverticalizzazione dei processi produttivi, del ricorso all’outsourcing, e della
esternalizzazione di attività produttive hanno impresso una forte spinta alla movimentazione di input e di output
connessi alle attività manifatturiere. L’esplosione dei flussi delle merci unita alla complessità crescente della loro
movimentazione hanno fatto assumere alla funzione logistica un ruolo di primo piano e creato le condizioni favorevoli
alla nascita ed affermazione di operatori specializzati (trasportatori, spedizionieri, fornitori di servizi di
magazzinaggio,…).
Perle imprese, ed ancor più per il loro management, si è rivelata cruciale la capacità di integrare e
coordinare non solo le attività interne ma anche quelle con fornitori a monte della catena e con i distributori a valle
della stessa. Le scelte logistiche di coordinamento interaziendale assumono un peso fondamentale nelle imprese
che operano in distretti industriali dove è più spinta la divisione del lavoro e più elevato il grado di specializzazione
tra le imprese.
Quanto affermato, trova un puntuale riscontro nel settore della ceramica organizzato sul modello distrettuale e
che ha visto accrescere nel tempo il suo livello di articolazione interna con la formazione di attività manifatturiere e di
servizi. A questo arricchimento del tessuto produttivo, molto ha contribuito la scelta delle imprese ceramiche di
“ritirarsi” sempre più sul nucleo centrale della “manifattura” delegando all’esterno un numero crescente di attività a
monte e a valle della catena stessa. La logistica di produzione (acquisizione materie prime e relativa
movimentazione) e la logistica di distribuzione (movimentazione, trasporto e distribuzione fisica del prodotto finito),
rappresentano due aree dalle quali l’arretramento delle aziende ceramiche è diventato totale, facendo subentrare
nella gestione attori e soggetti terzi. L’adozione di un simile modello ha prodotto riflessi non banali stante l’elevato
grado di omogeneità dell’agire strategico ed operativo delle imprese ceramiche, delle specificità del prodotto
piastrella e delle politiche di retailing delle imprese di distribuzione.
Con il passare degli anni le attività logistiche hanno assunto un grado crescente di complessità e onerosità:
• a monte per la diversificazione delle materie prime impiegate nella produzione della piastrelle e delle
fonti di approvvigionamento che da locali sono diventate nazionali ed in seguito sempre più
internazionali, per l’allungamento del canale di acquisto, il rincaro dei prezzi e l’aggravio generato dai
costi del trasporto;
• a valle per la dimensione dei volumi da movimentare, la crescente frammentazione delle produzioni,
l’inadeguatezza delle reti di infrastrutture di trasporto e la dipendenza dal trasporto su strada.
La distanza dal canale di distribuzione e i modelli di resa del prodotto da parte delle aziende ceramiche
all’intermediazione commerciale, hanno creato condizioni di crescente squilibrio nel rapporto produttore–distributore
che non hanno tardato a riverberarsi anche sul piano della logistica: movimentazione e gestione dei flussi fisici e
informativi, relazioni con operatori logistici. Il tutto in presenza di una perdurante inadeguatezza delle infrastrutture
alla mobilità delle merci nell’area e anche di deficit strutturali ed operativi interni alle aziende stesse.
A questi risvolti di tipo economico si devono aggiungere le esternalità negative sul piano sociale connesse alle
condizioni sempre più critiche della viabilità, dell’inquinamento, e del sovraccarico della angusta rete stradale. La
necessità di dover fare correre il settore ceramico su gomma senza dotare l’area di adeguati supporti (spazi, transit
point,…) e la scarsa determinazione a voler ridurre la sudditanza del mezzo ferroviario, hanno generato una
situazione di forte congestione, ripetitività di percorsi, inefficienze e disfunzioni che si riflettono sulle aziende
ceramiche e a cascata sull’intero sistema locale.
A distanza di anni l’imperativo che si pone alle aziende ceramiche dell’area è sempre quello di esibire “una
capacità di fornire il migliore servizio logistico al minor costo logistico globale”. Una capacità che deve essere
esercitata in termini dinamici per tenere il passo ai cambiamenti di mercato sempre più frequenti e per sostenere nel
tempo la capacità competitiva delle imprese stesse. Uno sforzo enorme che compete in primo luogo alle imprese
ceramiche ma che chiama in gioco anche altri attori.
290
LE IMPRESE DI COMMERCIALIZZAZIONE
DI PIASTRELLE DI CERAMICA
(Elisa Martinelli)
291
INDICE
INTRODUZIONE
p. 293
CAPITOLO 1 - PROFILO DI SETTORE E LINEAMENTI DI IMPRESA
1.1 Genesi ed evoluzione del comparto
p. 295
1.2 Profili di impresa e modelli di business
p. 297
1.3 Piccola dimensione e specializzazione
p. 299
CAPITOLO 2 - DIPENDENZA ED AUTONOMIA DAL DISTRETTO CERAMICO
2.1 Politica di approvvigionamento e rapporti con i fornitori di piastrelle
p. 301
2.2 Dal distretto all’outsourcing internazionale
p. 304
2.3 L’integrazione con il sistema ceramico locale
p. 305
CAPITOLO 3 - STRATEGIE DI MERCATO, APERTURA INTERNAZIONALE E ITINERARI DI
SVILUPPO
3.1 Politica commerciale e rapporti con il mercato della domanda
p. 309
3.2 Presenza sui mercati internazionali e forme di presidio
p. 311
3.3 Direzioni prioritarie di impegno strategico
p. 314
p. 317
CONCLUSIONI
292
INTRODUZIONE
Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca dal titolo: “Il sistema ceramico italiano di fronte
alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento
di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi.
Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità
competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali
obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore
delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di
piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo.
In tale contesto, il presente documento è dedicato alle Imprese di commercializzazione di piastrelle di
ceramica, denominate correntemente nel linguaggio del settore ceramico “commerciali ceramiche”. Si tratta di una
figura di operatore commerciale che ha saputo conquistarsi, nel corso del tempo, uno spazio ed un’autonomia
crescenti nello svolgimento di attività di intermediazione commerciale collocate a valle della filiera ceramica.
Molti i tratti distintivi: la loro genesi ed evoluzione, la formula imprenditoriale ed i modelli di business. Tutti
tratti fino ad oggi poco esplorati e che la presente indagine si propone di portare, almeno in parte, alla luce.
L’analisi interessa le imprese collocate all’interno del distretto ceramico di Sassuolo, e tra queste, privilegia le
imprese indipendenti o “commerciali pure”: cioè imprese che agiscono in modo autonomo ed assumono la proprietà
delle produzioni commercializzate.
Nonostante questi operatori commerciali abbiano fatto la loro comparsa agli inizi degli anni ’80, il comparto è
stato finora oggetto di scarsa attenzione: pochi gli studi che se ne sono occupati e quindi molto limitate e
frammentarie sono le informazioni disponibili sulla sua configurazione strutturale e sulle dinamiche che lo hanno visto
protagonista1.
La rilevanza assunta da questa tipologia di attori trova una diretta conferma nell’emergere di varie realtà
aziendali di successo, nella capacità di diverse imprese di caratterizzare in modo distintivo la propria offerta e di
proporsi al mercato con marchi propri. A riprova di ciò, si è segnalato negli ultimi anni un interesse crescente da
parte di aziende di produzione di piastrelle, che ha portato in più di un caso a forme di controllo/partecipazione al
capitale di aziende commerciali.
Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati provenienti da fonti primarie e secondarie.
Relativamente alle fonti primarie, si è prima operata un’indagine di tipo qualitativo tramite interviste in
profondità con alcuni tra i principali operatori aziendali del comparto. Le indicazioni ottenute con tale approccio
hanno consentito di: tracciare la storia e l’evoluzione delle commerciali ceramiche; individuare le principali tipologie di
business model presenti nel comparto; costituire la base conoscitiva su cui articolare la successiva analisi
quantitativa. Questa è consistita in una ricerca sul campo condotta con intervista diretta tramite questionario
strutturato somministrato da un ricercatore ad un’ampia base numerica di imprese. Tale indagine ha fornito la parte
predominante del materiale conoscitivo.
L’universo di riferimento al 2005, definito integrando diverse fonti2, quantifica in 108 le imprese di
commercializzazione di piastrelle di ceramica collocate nel distretto di Sassuolo.
Da questo aggregato sono state escluse le aziende commerciali appartenenti a gruppi ceramici3 e le imprese
classificate come commerciali, ma che in realtà svolgono attività d’intermediazione di diversa natura4. Dopo questa
1 CerAnnuario 2004 (Assopiatrelle) riporta un totale di 81 imprese, di cui 67 locate nel comprensorio, mentre Top Tiles Italy 2004
(Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini) analizza i bilanci di 101 ceramiche commerciali, di cui 94 distrettuali. La
sovrapposizione di imprese a livello locale tra le due fonti è stata stimata essere pari a meno del 50%.
2 CerAnnuario 2004 (Assopiastrelle), Top Tiles Italy 2004 (Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini).
3 Tale scelta è stata compiuta in quanto si ritiene che le commerciali operanti nell’ambito di gruppi produttivi non condividano lo
stesso grado di autonomia nelle scelte di acquisto e commercializzazione.
4 Si tratta di società di brokeraggio, agenzie ed uffici di rappresentanza, individuati nel primo contatto telefonico, i quali operano
per conto di aziende ceramiche industriali e non assumono la proprietà della merce, ma si limitano a mettere in contatto le
controparti e/o a fornire attività di servizio di supporto alla vendita. Per completezza informativa si evidenzia come anche questi
operatori si stiano evolvendo da forme di brokeraggio puro, di semplice contatto tra le controparti, a modelli più evoluti in cui il
293
operazione di “filtro” l’universo si è ridotto a 90 unità aziendali che operano in piena autonomia ed “indipendenza” sul
mercato e che assumono quindi la proprietà delle piastrelle che trattano.
41 società di commercializzazione di piastrelle di ceramica hanno costituito il campione che forma la base
quantitativa a cui si riferisce la presente analisi. Si tratta di u7n aggregato che, in termini di imprese, esprime il 45%
dell’intera realtà settoriale, e che nel 2005 ha intermediato 34,8 milioni di mq di piastrelle di ceramica e sviluppato un
fatturato di circa 292,1 milioni di euro, pari a circa il 66% del comparto5, occupando circa 460 addetti.
Per quanto riguarda le fonti secondarie si è fatto riferimento a qualche analisi, brevi articoli, ed altre limitate
informazioni. Materiali, invero, molto scarni sul piano contenutistico, ma in ogni caso utili per catturare alcuni aspetti
somatici di questa realtà economica.
Il lavoro compiuto, ci auguriamo si riveli di un qualche interesse.
L’analisi quantitativa è stata condotta tra l’inverno e la primavera del 2006 ed ha coinvolto numerose imprese
ed operatori che desideriamo ringraziare sentitamente.
Tra questi, un segno particolare di gratitudine, per la collaborazione offerta, va al Dr. Sandro Giannasi,
presidente di Eco ceramica Srl; al Rag. Antonio Poggi, Presidente di Unicom Starker Srl, al Dott. Carlo Silingardi,
amministratore delegato di SilCeramica Spa ed al Dott. Fabrizio Zanfi, presidente di VIVA Srl.
dati.
Si ringraziano inoltre la Dott.ssa Sara Iotti e la Dott.ssa Simona Pozzi per il contributo offerto nella raccolta
broker amplia la sua attività d’intermediazione integrando una più vasta gamma di funzioni. Alcuni operatori hanno riferito in
particolare di un modello di brokeraggio emergente, che potremmo definire “cognitivo”: il broker intercetta le tendenze del mercato
e progetta, stilisticamente, la piastrella stilistico; ricerca l’azienda acquirente e contemporaneamente affida ad un’impresa
industriale la produzione, in scatole non personalizzate. Questa fattura direttamente al cliente finale, assumendo la funzione di
stoccaggio, riconoscendo un differenziale di prezzo al broker per l’attività svolta.
5 Dato stimato sull’aggregato di comparto riportato in Top Tiles Italy 2004 (Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini).
294
CAPITOLO PRIMO
PROFILO DI SETTORE E LINEAMENTI DI IMPRESA
1.1 Genesi ed evoluzione del comparto
Le imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica rientrano nella classe degli intermediari
commerciali. Come tali, esse si interpongono tra i produttori industriali di questa categoria merceologica e gli
utilizzatori finali ed intermedi della stessa, offrendo un’attività di servizio che aggiunge valore ai beni intermediati
attraverso un processo di “trasformazione economica”. Questo consiste nella creazione di fonti di utilità temporale e
spaziale ottenute minimizzando i costi di ricerca, di stoccaggio, di trasporto e di tempo dell’acquirente.
Tali imprese assumono la proprietà della merce commercializzata, distinguendosi così da altre tipologie di
intermediari (agenti, rappresentanti, ecc.) che operano nel settore e che svolgono una semplice attività di
collocamento della merce ed incontro tra le controparti.
La peculiarità del loro ruolo deriva dal fatto che esse operano sia in veste di cliente dei produttori di piastrelle,
sia di concorrente degli stessi nel mercato di vendita. La struttura organizzativa, le tipologie di clientela e le modalità
di operare sui mercati delle imprese del comparto ricalcano infatti i modelli perseguiti dalle imprese industriali di
ceramica. Unica differenza sostanziale è l’assenza di qualunque attività manifatturiera.
La particolare natura ed evoluzione delle commerciali ceramiche le ha portate ad assumere nel corso del
tempo una posizione specifica e di crescente rilievo6 all’interno del canale che porta il prodotto ceramico dall’azienda
di produzione al mercato finale (Fig. 1.1).
Figura 1.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: posizione nel canale.
Impresa di produzione di piastrelle di ceramica
agenti
Impresa di commercializzazione
di piastrelle di ceramica
agenti
agenti
Importatori grossisti
agenti
Rivenditore al dettaglio
Contractor
GDO
Consumatore finale
6 Prometeia (2005) stima in 27% la quota di piastrelle acquistata da commerciali ceramiche presso imprese di produzione di
ceramica italiane. A metà degli anni ’90 tale valore era pari al 10% delle vendite dell’industria ceramica nazionale.
295
Essendo imprese di distribuzione commerciale, operanti sostanzialmente all’ingrosso, la loro attività consiste
nel fornire un servizio commerciale alla clientela business basato su una serie di attributi, la cui intensità può variare
in relazione al business model scelto dall’impresa.
I principali servizi elementari offerti sono:
−
preselezione dell’offerta;
−
composizione di un assortimento specializzato nella categoria merceologica “piastrelle di ceramica”,
variamente connotato per ampiezza (n° di linee) e profondità (n° di varianti per linea);
−
attività di stoccaggio e di distribuzione fisica;
−
frazionamento delle partite;
−
finanziamento dell’attività.
La funzione di servizio è svolta sia nei confronti della domanda che dell’offerta.
Relativamente alla prima, gli attributi di tipo logistico erogati sono al momento prevalenti rispetto alla
componente informativa diretta alla clientela, data anche la peculiarità del prodotto commercializzato. Uno dei
vantaggi delle commerciali rispetto alle imprese di produzione di ceramica risiede proprio nella maggiore flessibilità e
velocità di risposta nel soddisfacimento delle esigenze logistiche (tempi di consegna della merce; frazionamento
delle consegne; pallet composti da diverse referenze, ecc.) della clientela.
Per quanto concerne la seconda, tali imprese consentono ai fornitori industriali di focalizzarsi sulla
specializzazione produttiva e l’innovazione di prodotto, assumendosi il compito di distribuire per loro conto agli
utilizzatori i beni prodotti. Per il produttore industriale possono inoltre rappresentare sia un finanziatore dell’attività,
soprattutto in momenti di crisi, sia un prezioso punto di osservazione sul mercato da cui apprenderne le dinamiche.
Relativamente alle fasi che hanno connotato l’origine e l’evoluzione del comparto possiamo identificare
sostanzialmente le tre seguenti.
−
Anni ’80: Introduzione. Le prime imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica iniziano ad
apparire sul mercato quando l’industria ceramica italiana entra in fase di maturità settoriale. In quegli anni,
il rallentamento della domanda e l’eccesso di offerta portano alla nascita di nuove figure di intermediazione
all’ingrosso che acquistano stock di piastrelle di ceramica dalle imprese di produzione a prezzi
particolarmente bassi, “pulendo” i loro magazzini, per poi rivenderli in canali e/o mercati differenti da quelli
utilizzati dall’impresa di produzione. L’attività iniziale di questi distributori si limitava pertanto alla sola
commercializzazione delle piastrelle rimaste invendute nei magazzini dei produttori, con gli obiettivi tipici di
un’azione di arbitraggio spaziale: le commerciali riuscivano ad arrivare su mercati non raggiunti dalle
imprese di produzione o non raggiungibili con analoghe condizioni di competitività.
La profonda conoscenza dei mercati e della clientela sono gli aspetti che connotano da subito la ragione
d’essere del comparto. Non a caso, la maggior parte delle imprese commerciali vengono costituite da ex
responsabili commerciali/agenti di imprese di produzione che percependo il dischiudersi di opportunità di
mercato e capitalizzando sulla propria esperienza e conoscenza decidono di mettersi in proprio. Solo un
numero limitato di aziende commerciali nascono, invece, dall’evoluzione di piccole ceramiche industriali
che hanno modificato il proprio modello di business dismettendo, gradualmente, l’attività produttiva.
−
Anni ’90: Sviluppo. Questo è il periodo in cui il comparto sperimenta la massima crescita in termini di
numero di imprese e quantità di prodotto intermediate. Si evidenzia inoltre una differenziazione delle
tipologie e dei business model presenti. Le funzioni ed il ruolo svolto dalle commerciali si sono evoluti,
tanto che da canale residuale di smaltimento dell’offerta invenduta delle imprese industriali esse assumono
una propria distintiva ed autonoma configurazione di comparto, arrivando a commercializzare prodotti con
proprio marchio, sviluppati in collaborazione con i fornitori industriali. Questi ultimi, dato l’aumento dei
volumi prodotti che ha generato una condizione di quasi permanente sovracapacità produttiva e di
ponderosità delle giacenze a magazzino, si rendono disponibili a produrre per conto terzi per cogliere il
vantaggio di saturare gli impianti produttivi e non lasciare opportunità ai competitors diretti.
Da “stockiste” le commerciali ceramiche iniziano ad affermarsi sul mercato con una propria identità
aziendale, passando da logiche operative di breve periodo ad un orientamento che implica decisioni
pianificate su orizzonti temporali di più medio e lungo respiro. Le commerciali tendono a diventare sempre
296
più “piccole ceramiche senza forni”, che si pongono sul mercato come attori in grado di operare con
strutture di impresa “leggere di costi” e molto più flessibili rispetto alle aziende di produzione.
La crescente importanza e distintività assunta da alcune di queste imprese, insieme a costanti incrementi
nei dati di vendita, sia in valore che in volume, ed alle capacità maturate nel presidio dei mercati di sbocco,
le iniziano a rendere attrattive agli occhi delle imprese di produzione di ceramica. Queste ultime, in accordo
ai percorsi di crescita per via esterna avviati proprio in questo periodo7, intraprendono processi di
acquisizione di alcune commerciali per utilizzarle come strutture di differenziazione dell’offerta di mercato,
distinguendo le tipologie di prodotto/brand sul canale, al fine di rafforzare la relazione con il trade,
differenziando così le strategie distributive (creare nuove reti commerciali, o parallele per servire mercati o
segmenti di clientela differenti; staccarsi da una linea di alta gamma per offrire una linea di bassa o
viceversa, diversificando i brand; ecc.). Nascono le cosiddette “commerciali di gruppo”.
−
Anni ’00: Maturità. Con l’inizio del nuovo millennio il comparto inizia ad entrare in una fase di maturità. Per
affrontare il mutato contesto di mercato che caratterizza il sistema ceramico odierno, le commerciali
ceramiche puntano ancora più fortemente all’affermazione di un’immagine aziendale e di assortimento
distintiva, tramite investimenti sull’innovazione estetica del prodotto ed un maggior servizio nei confronti
della clientela, in particolare rivenditori al dettaglio di piccole e medie dimensioni. Ciò richiede legami più
solidi rispetto al passato con i fornitori di piastrelle e lavorazioni specialistiche.
Il comparto continua così a crescere, non tanto in termini di numero degli operatori in esso presenti8, ma
come performance complessive. Nello specifico si evidenzia un processo di ridefinizione del peso dei
business model prevalenti (si veda il paragrafo successivo) e l’esigenza di una profonda revisione delle
logiche strategiche e delle modalità operative con cui agire sul mercato. L’evoluzione richiede nuove
risorse e competenze. Per operare sempre più come “ceramiche senza forni” è necessario approntare una
struttura aziendale meglio organizzata e di maggiori dimensioni. Le commerciali più piccole sono destinate
ad evolversi o a ricoprire un ruolo di crescente marginalità.
1.2 Profili di impresa e modelli di business
Il panorama delle commerciali operanti nel settore ceramico si presenta piuttosto variegato ed in evoluzione
nel tempo, venendo così a configurare diversi modelli di business.
Una prima categorizzazione può essere effettuata sulla base dell’assetto proprietario che connota le imprese
oggetto di analisi. Da questo punto di vista è possibile distinguere tra:
-
commerciali di gruppo: imprese appartenenti ai principali gruppi ceramici presenti nel settore. Esse
svolgono essenzialmente il compito di commercializzare la gamma del gruppo a cui fanno riferimento: in
questo caso le decisioni in merito ai prodotti da commercializzare non è loro affidata, ma proviene dai
vertici della struttura produttiva a cui fanno capo;
-
commerciali indipendenti: imprese in forma individuale o societaria che agiscono liberamente sul
mercato mantenendo una propria autonomia decisionale e che non fanno parte di gruppi ceramici9.
Le commerciali indipendenti costituiscono la parte numericamente prevalente del comparto ed a loro volta
possono essere ulteriormente segmentate nei seguenti prevalenti business model:
Cfr. Bursi T. (1997), “Strategie di crescita ed acquisizioni nell’industria ceramica italiana”, Giappichelli, TO.
Il numero di imprese classificate come commerciali da CERAnnuario (Assopiastrelle) rimane sostanzialmente stabile a poco più
di 80 imprese se confrontiamo l’edizione 1994 con quella del 2004.
9 Tra le commerciali indipendenti possiamo ricomprendere anche i casi di imprese partecipate, in via minoritaria, da imprese di
produzione di ceramica ma che mantengono una sostanziale autonomia decisionale ed operativa. E’ il caso di Viva, commerciale
di cui Emilceramica possiede una partecipazione al capitale; le due aziende sono poi legate da un contratto di somministrazione
per la fornitura di piastrelle a marca Viva, i cui quantitativi e modalità progettuali e produttive sono decisi interamente ed
autonomamente da Viva. La decisione dell’azienda di cedere una parte del capitale ad un fornitore industriale deriva dalla volontà
di assicurarsi stabilità nelle fonti di approvvigionamento e costanza nel livello qualitativo dell’offerta.
7
8
297
-
Commerciale “falco”: imprese di commercializzazione che adottano esclusivamente una logica
speculativa, comprando e vendendo gli eccessi produttivi delle imprese di produzione, in particolare da
quelle in difficoltà, con pressanti esigenze di liquidità. Tali imprese acquistano quindi prodotti d’occasione di
cui non campionano nulla, in grandi quantità, a prezzi irrisori, tendenzialmente di fascia bassa, non
personalizzati e già inscatolati, prescindendo dalle richieste del mercato. Non offrono un servizio
assortimentale di ampiezza e profondità di gamma alla clientela, ma solo di convenienza economica,
finanziando spesso per pronta cassa l’attività del fornitore industriale. I fornitori tendono a variare
continuamente. Sono di solito piccole imprese, spesso senza dipendenti, che ruotano intorno alla figura
dell’imprenditore, il quale incarna la struttura commerciale in prima persona.
-
Commerciale “tout court”: imprese di commercializzazione che acquistano prodotti di serie, a marchio di
diversi produttori e li rivendono in canali e/o mercati differenti da quelli serviti dall’impresa industriale di cui
commercializzano la gamma o parte di essa. Offrono pertanto un servizio di ampiezza e profondità
assortimentale alla clientela e di esportazione indiretta nei confronti dei fornitori industriali, in particolare di
piccole e medie dimensioni scarsamente dotati di proprie specifiche reti commerciali.
-
Commerciale “mista”: imprese di commercializzazione che intermediano sia piastrelle a marchio del
produttore, anche in quantitativi limitati, sia piastrelle a marca commerciale. Relativamente a queste ultime,
però, la progettazione è lasciata quasi interamente all’impresa industriale e spesso la marca commerciale
è un clone conveniente rispetto al prodotto di marca industriale di riferimento e riporta un marchio di
fantasia o generico, come il marchio collettivo “Ceramiche di Sassuolo”, in scatole spesso non
personalizzate. Sono pertanto prodotti che si posizionano nella fascia medio-bassa del mercato,
affiancando la restante parte di assortimento commercializzata, a marchio del produttore, che viene invece
utilizzata per coprire la fascia medio-alta.
-
Commerciale “ibrida”: imprese che accanto alla prevalente attività di commercializzazione operano anche
una componente di produzione. Si tratta in genere di ex imprese di produzione in cui nel corso del tempo è
andata prevalendo la funzione commerciale a scapito di quella produttiva. Si tratta di un modello di
business che sta scomparendo.
-
Commerciale “converter”: Imprese di commercializzazione attive nel processo d’innovazione e
progettazione delle piastrelle di ceramica che commercializzano con il proprio marchio. Esse si
comportano come un’ azienda di produzione di ceramica in tutto e per tutto, senza però la proprietà dei
forni. Tali imprese presentano un proprio ambiente creativo, con cataloghi e campionature specifiche e
personalizzate che vengono poi fatte produrre con il proprio marchio ad una ristretta cerchia di fornitori
con cui si attivano partnership privilegiate e di lungo periodo. La loro offerta si posiziona nella fascia alta ed
altissima del mercato e sono riconosciute dallo stesso per la distintiva immagine aziendale e di gamma
assortimentale che sono riuscite a creare nel tempo.
Il peso di tali tipologie è andato variando nel corso del tempo in concomitanza con il grado di evoluzione delle
imprese del comparto osservato ed all’andamento congiunturale del settore ceramico nel suo complesso.
La commerciale “falco” è la tipologia che ha storicamente dato origine al comparto negli anni ’80, ma il cui
ruolo è oggi drasticamente ridimensionato per il cambiamento avvenuto anche nelle richieste della clientela, ora più
votata ad effettuare ordinativi limitati in quantità e frazionati e a richiedere varietà di linee e brand tra cui scegliere.
Stessa sorte investe anche la commerciale “ibrida”, in estinzione in quanto i rarissimi casi rimasti si stanno
trasformando in commerciali pure. Anche la commerciale “tout court” è destinata a ridurre, anche se in misura minore
rispetto alle precedenti tipologie, il proprio peso nel tempo in concomitanza anche alla maggior capacità di presidio
dei mercati internazionali da parte delle imprese industriali abbinata alla loro crescente tendenza alla
delocalizzazione produttiva.
Le tipologie che oggi paiono affermarsi in misura crescente sono la commerciale “mista” e la “converter”: la
prima in quanto tende a soddisfare la domanda di varietà assortimentale richiesta dalla clientela di rivenditori al
dettaglio, cogliendo inoltre l’opportunità fornita dai produttori low cost di paesi emergenti per prodotti a marca
commerciale particolarmente convenienti; la seconda in quanto è costituita da imprese che sono riuscite nel tempo
ad affermare sul mercato una propria identità, offrendo una gamma di prodotto distintiva e differenziata rispetto a
quella di altre imprese, con politiche di marca commerciale di quarta generazione, ovvero che integrano la fase di
progettazione, e logiche di servizio mirate alla soddisfazione totale della clientela tramite un crescente impiego di
strumenti di trade marketing.
298
1.3 Piccole dimensioni e specializzazione
Il comparto delle imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica è costituito prevalentemente da
imprese di piccola dimensione.
Le unità rilevate realizzano un fatturato medio superiore ai 7 milioni di euro, in costante crescita negli ultimi 5
anni, facendo segnare un incremento di periodo pari al 40,8% circa (Fig. 1.2). Il dato è interessante in particolare se
confrontato con i lievi incrementi nei valori delle vendite registrati dalle imprese produttrici di ceramica italiane nello
stesso periodo di tempo. Solo 3 delle imprese osservate sviluppano un fatturato superiore ai 20 ML di euro, con il
leader di comparto che si posiziona sui 31 ML di euro, mentre 13 imprese si collocano tra i 5 e 10 ML di euro e poco
meno della metà del campione (19 imprese) presenta risultati di vendita inferiori ai 5 ML di euro.
Figura 1.2 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: dinamica del fatturato medio
aziendale (valori in euro)
8.000.000
7.000.000
7.124.446
6.000.000
5.000.000
5.060.878
5.397.523
5.902.231
6.349.483
4.000.000
3.000.000
2.000.000
1.000.000
0
2000
2001
2002
2003
2004
Fonte: Rilevazione diretta
Al 2005 il numero medio di dipendenti è pari a 11, con però una fortissima eterogeneità in termini di
dimensione (Tab. 1.1). Accanto a micro-aziende senza dipendenti condotte in forma di impresa individuale o
famigliare, si collocano imprese con oltre 50 addetti. In particolare, 21 imprese (51% circa del campione) hanno
meno di 10 dipendenti. La tendenza stimata per il 2010 è comunque intonata ad un’aspettativa di consistente
incremento del numero di dipendenti (+ 52,4% dal 2000). Tale andamento si rileva essere in controtendenza rispetto
al dato osservato per le imprese di produzione di piastrelle di ceramica10. Ciò deriva dalla diversa natura dei due
comparti: la costante flessione occupazionale rilevata nell’industria ceramica dal 2000 ad oggi riguarda infatti
esclusivamente le mansioni dedicate alla produzione, in accordo al calo dei volumi prodotti, mentre lascia invariato
l’organico amministrativo e commerciale. Le commerciali ceramiche pertanto, non essendo vincolate a stabilimenti
produttivi, continuano a presentare buone prospettiva di crescita occupazionale. E’ in particolare l’area commerciale
quella in cui gli operatori dichiarano di volere inserire nuovi addetti, seguita dall’area marketing, ove presente.
Tabella 1.1 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: dinamica addetti
Anni
N. Rispondenti
Valore assoluto
Minimo
Massimo
Media
Deviazione std.
399
2000
40
0
40
10
10
461
2005
41
0
55
11
12
608
2010*
41
0
93
15
18
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
10
Cfr. Assopiastrelle (2006), “26° Indagine Statistica Nazionale dell’Industria di piastrelle di ceramica – anno 2005”
299
Relativamente ai metri quadrati di piastrelle di ceramica commercializzati (Fig. 1.3), questi si collocano su un
valore medio di 893.261 mq al 2005 (39 imprese rispondenti), in crescita del 12,5% rispetto ai volumi venduti cinque
anni fa. L’andamento è positivo, e, secondo le previsioni degli operatori del comparto, tale trend continuerà anche in
futuro, tanto da prevedere di raggiungere nel 2010 una media di 1.151.487 mq di piastrelle commercializzati, ben il
28,9% in più rispetto alla situazione attuale, segnando un incremento medio decennale del 46,3%. I valori raccolti
mostrano però una notevole varianza, con imprese che trattano valori minimi pari a 20.000 mq, mentre altre
veicolano 3,5 milioni di mq all’anno.
Figura 1.3 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: volumi (mq) di piastrelle di ceramica
commercializzati (2000-2010*)
1.400.000
1.200.000
1.000.000
800.000
600.000
400.000
200.000
0
1.151.487
893.261
787.068
2000
2005
2010
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
Uno dei tratti distintivi dell’attività di queste imprese è la forte focalizzazione nella commercializzazione di
piastrelle di ceramica. L’82,9% delle imprese del campione intermedia infatti esclusivamente questo tipo di prodotto,
mentre il rimanente 17,10% delle imprese (pari a 7 imprese) commercializza anche altri materiali (marmo, klinker,
ecc.), legati al mondo della pavimentazione e rivestimento di superfici. Ciò non di meno, anche per queste ultime, la
commercializzazione di ceramica resta il core business.
Dal punto di vista organizzativo, la micro e piccola dimensione portano queste imprese a caratterizzarsi per
strutture elementari, spesso espresse dalla figura dell’imprenditore, detentore del know how commerciale che
caratterizza la natura dell’attività di questa tipologia di imprese. La funzione commerciale rappresenta il “cuore”
pulsante e trainante dell’azienda. Poche sono le imprese che a tutt’oggi hanno investito risorse in una specifica
funzione marketing, spesso svolta da personale impiegatizio presente nell’area commerciale.
Le barriere all’entrata nel comparto sono basse grazie al contenuto livello di risorse finanziarie necessarie per
avviare l’attività, non essendo richiesti investimenti in impianti e manodopera specializzata che irrigidiscono la
struttura dei costi. Si tratta quindi di strutture snelle e flessibili, scarsamente dotate di immobilizzazioni materiali. In
genere, le commerciali più strutturate dispongono di un proprio magazzino, di solito annesso alla sede, in cui
stoccare le partite di merce acquistate per assicurare la disponibilità di prodotto alla clientela e svolgere la funzione
di stoccaggio al posto della stessa, così come sempre più richiesto oggi dai rivenditori, principale categoria di
clientela delle imprese del comparto.
300
CAPITOLO SECONDO
DIPENDENZA ED AUTONOMIA DAL DISTRETTO CERAMICO
2.1 Politica di approvvigionamento e rapporti con i fornitori di piastrelle
Le aziende intervistate acquistano in media 905.261 mq di piastrelle di ceramica all’anno11. Solo 12 imprese,
poco meno del 30% del campione, hanno dichiarato di acquistare piastrelle per importi superiori ad un milione di mq;
l’impresa leader di comparto, intervistata, ha dichiarato di commercializzare 3,5 milioni di mq di piastrelle.
Le piastrelle di ceramica sono proposte al mercato contrassegnate in netta prevalenza a marchio dell’impresa
di commercializzazione (oltre il 90%) (Tab. 2.1). Più in dettaglio il 48,8% delle imprese del campione commercializza
esclusivamente prodotti con il proprio marchio, mentre coloro che offrono unicamente prodotti a marchio del
produttore sono meno del 10%; il 41,5% infine, offre entrambe le tipologie di prodotto. Le categorie maggiormente
rappresentate dal punto di vista dell’offerta assortimentale sono pertanto la commerciale “mista” e la “converter”,
mentre si conferma la tendenza alla riduzione di peso nel comparto delle commerciali “tout court” e “falco”.
Tabella 2.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione dell’offerta
assortimentale di piastrelle per marchio (2005)
Assortimento
Valori assoluti
%
Solo piastrelle a marca commerciale
20
48,8
Solo piastrelle a marchio del produttore
4
9,7
Piastrelle sia a marca commerciale che del produttore
17
41,5
Numero totale imprese
Fonte: Rilevazione diretta
41
100,0
La composizione dell’assortimento per tipologia di marca, oltre che un’evoluzione dei business model
prevalenti nel comparto, riflette anche un mutato rapporto con i produttori ceramici, sia in relazione alla numerosità
dei fornitori utilizzati che alla loro provenienza dal punto di vista geografico.
Dal punto di vista della numerosità, le commerciali ceramiche tendono ad instaurare rapporti con un numero
ristretto di fornitori. In media, esse acquistano l’80% circa (77,2%) delle piastrelle che commercializzano da tre
fornitori, di cui il primo fornisce il 45,6% dell’offerta proposta, il secondo il 21%, ed il terzo il 13,1% (Tab. 2.2).
Tabella 2.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza da fornitori degli
acquisti di piastrelle (2005)
Valore medio
Approvvigionamento da:
N. Rispondenti
Deviazione std.
approvvigionato
(%)
Primo fornitore
41
45,6%
24,2
Secondo fornitore
40
21,0%
10,0
Terzo fornitore
Fonte. Rilevazione diretta
35
13,1%
7,3
Le imprese intervistate risultano essere commerciali pure: solo in un caso si è riscontrata una componente di produzione
interna, oltretutto in calo del 20% rispetto al 2000; altre due imprese osservate hanno dismesso l’attività produttiva negli ultimi
cinque anni. Ciò avvalora la tesi precedentemente espressa di una tendenza all’esaurimento delle commerciali “ibride” ed alla loro
evoluzione in altre tipologie di modelli di business.
11
301
Questi valori indicano il mutamento di ruolo assunto da queste imprese rispetto alla vocazione iniziale e
segnalano il passaggio da acquisti saltuari improntati alla convenienza e al “presentarsi dell’occasione” a rapporti
con un numero ristretto di fornitori con i quali instaurare relazioni collaborative e durature nel tempo. In questa
direzione non mancano i riscontri: 6 imprese dichiarano di approvvigionarsi unicamente da 2 fornitori, mentre ulteriori
13 si approvvigionano per più del 90% da tre fornitori. Il 36,6% delle imprese del campione si approvvigiona
esclusivamente da non più di tre fornitori.
Tale evoluzione nei rapporti con gli attori a monte si ricollega al diverso posizionamento che le commerciali
ceramiche hanno perseguito nel corso del tempo. I valori sopra riportati corrispondono infatti ad un dato strutturale,
piuttosto generalizzato, che non pare essere correlato alla dimensione d’impresa. Sembra invece emergere una
connessione al modello di business assunto dalla commerciale, anche relativamente alle politiche di marca adottate.
Le commerciali “converter”, essendo particolarmente innovative nell’assortimento a marca commerciale
offerto, necessitano di costanza e garanzia nel livello qualitativo del prodotto commercializzato, con conseguente
bisogno di attivare relazioni particolarmente strette e stabili con un numero ristretto di fornitori del prodotto. Le
commerciali “miste” presentano una relativa maggior frammentazione delle fonti di approvvigionamento, in
particolare per quanto riguarda la componente di piastrelle a marca commerciale di fascia bassa. Le commerciali
“falco” utilizzano invece una platea di fornitori che varia continuamente data la natura speculativa della loro attività,
mentre le “tout court” preferiscono avere rapporti di lunga durata con un numero ridotto di fornitori.
Relativamente alla provenienza dei fornitori, i risultati (Fig. 2.1 e Fig. 2.2) evidenziano la forte dipendenza di
queste imprese dal mercato interno, in particolare distrettuale.
Le piastrelle commercializzate con il marchio del produttore vengono acquistate per il 79,1% da imprese di
produzione localizzate in Italia, con una percentuale di incidenza distrettuale elevatissima (73,7%). Seguono le
forniture provenienti da paesi dell’Europa Occidentale (10,8%), dell’Estremo Oriente (7,0%), Medio Oriente (2,6%) ed
Europa Orientale (0,5%) (Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione degli acquisti di
piastrelle di ceramica a marchio del produttore per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2005)
Estremo Oriente
7,0%
Europa Orientale
0,5%
Medio Oriente
2,6%
Europa Occidentale
10,8%
Distretto 73,7
Altro Italia 5,3
Italia
79,1%
Fonte: Rilevazione diretta
In termini di prospettiva temporale, le modificazioni appaiono piuttosto significative: l’intermediazione di
piastrelle prodotte da imprese italiane con il proprio marchio, pur resistendo su valori elevati, è prevista in sensibile
calo passando dal 87,3% del 2000 al 73,2% previsto nel 2010 (- 14,1%), a vantaggio in particolare dei paesi
dell’Estremo Oriente (+ 11%) ed in misura più contenuta del Medio Oriente (+ 3,2%). Sostanzialmente stabile appare
la situazione degli approvvigionamenti dal continente Europeo (Tab. 2.3).
302
Tabella 2.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a
marchio del produttore per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2000 – 2010*)
MERCATI
Italia
Distretto di Sassuolo-Scandiano
Altro Italia
Europa Occidentale
Europa Orientale
Nord America
America Latina
Estremo oriente
Medio Oriente
Resto del mondo
Totale acquisti di piastrelle a marchio industriale
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
2000
2005
2010
87,3
82,3
5,0
11,0
0,6
0,0
0,0
1,1
0,0
0,0
79,1
73,7
5,3
10,8
0,5
0,0
0,0
7,0
2,6
0,0
73,2
68,2
5,0
10,5
0,5
0,0
0,0
12,1
3,2
0,5
100,0
100,0
100,0
Le piastrelle a marchio commerciale vengono acquistate in misura pari all’80,1% nel territorio nazionale (Fig.
2.2) e quasi esclusivamente nell’area distrettuale (77,8%). Le commerciali ceramiche che scelgono invece copackers stranieri si rivolgono prevalentemente a produttori dell’Estremo Oriente (11,8%). Seguono i produttori
dell’Europa Occidentale (4,9%) e dell’Europa Orientale (2,4%). Medio Oriente (0,4%), America Latina (0,2%) e Resto
del Mondo (0,3%) presentano percentuali di approvvigionamento poco significative.
Figura 2.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a
marchio proprio per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2005)
RdM 0,3%
Medio Oriente 0,4%
Estremo Oriente
11,8%
America Latina
0,2%
Europa Orientale
2,4%
Europa Occidentale
4,9%
Distretto 77,8
Altro Italia 2,3
Italia 80,0%
Fonte: Rilevazione diretta
Nell’arco decennale osservato, anche per le linee a marchio proprio si delinea la stessa dinamica esposta in
precedenza (Tab. 2.4), con una chiara diminuzione dei volumi approvvigionati presso imprese italiane (-14,7%), in
particolare distrettuali (- 16,8%), anche se per valori che restano comunque elevati, al di sopra del 70%. A
beneficiare di tale trend saranno i fornitori dell’Estremo Oriente, da cui si prevede di approvvigionarsi per un valore
303
medio pari al 15,3% nel 2010, dell’Europa Occidentale (7,6%) e, in misura più contenuta, di quella Orientale.
Sostanzialmente stabili le previsioni di approvvigionamento dalle altre aree.
Tabella 2.4 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a
marchio proprio per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2000 – 2010*)
Mercati
2000
2005
2010
Italia
87,5
86,9
0,6
3,6
1,9
0,0
0,0
7,0
0,0
0,0
100,0
80,1
77,8
2,3
4,9
2,4
0,0
0,2
11,8
0,4
0,3
100,0
72,8
70,1
2,7
7,6
2,7
0,0
0,5
15,3
0,5
0,5
100,0
Distretto di Sassuolo-Scandiano
Altro Italia
Europa Occidentale
Europa Orientale
Nord America
America Latina
Estremo oriente
Medio Oriente
Resto del mondo
Totale acquisti di piastrelle a marchio proprio
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
2.2 Dal distretto all’outsourcing internazionale
Le politiche di impresa messe in luce precedentemente sembrano delineare una tendenza alla polarizzazione
degli acquisti verso due assi direttrici principali: distretto interno da un lato, mercato di approvvigionamento
largamente principale ma in diminuzione, e paesi dell’Estremo Oriente dall’altro, con quote di sourcing ancora
contenute ma in crescita. Tale orientamento è da collegare sia alla tendenza alla globalizzazione dell’industria
ceramica, sia al modello di business adottato ed alle differenti politiche di composizione per marca dell’assortimento
offerto.
Più specificamente, le imprese che acquistano prodotti a marchio del fornitore industriale e che non
perseguono obiettivi meramente speculativi (commerciali “tout court” e “miste”) stipulano in genere contratti annui,
legandosi ad imprese di produzione, prevalentemente locate nel distretto, che tendono a non variare nel tempo, in
particolare per gli acquisti di merce di fascia media ed alta. Questo per dare continuità all’offerta proposta alla
clientela e specializzarsi sempre più sui mercati in cui si opera. L’impresa industriale assegna alla commerciale il
proprio catalogo e proprie aree di mercato in esclusiva, diverse da quelli in cui opera normalmente, stabilendo
obiettivi di vendita da raggiungere. L’offerta è integrata anche da una certa percentuale di prodotti a marchio di
fornitori dell’Europa Occidentale, spesso con l’obiettivo di rifornire i rispettivi mercati nazionali, e, in misura crescente,
da produttori di paesi emergenti che consentono di coprire la fascia bassa del mercato.
Relativamente alle imprese che offrono prodotti a marca commerciale, il numero dei fornitori e la relazione
che con essi si instaura può variare in funzione della politica di private label perseguita. Le linee con marchi di
fantasia e generici, che rappresentano cloni convenienti o tipologie value for money rispetto al prodotto di marca
industriale, vedono una maggiore frammentazione delle fonti di approvvigionamento, più sostituibili e sempre più
orientate al sourcing presso fornitori di paesi emergenti dell’Estremo Oriente che riescono a soddisfare le esigenze di
prodotti low cost; le marche commerciali di tipo premium, invece, richiedono legami stabili e duraturi con un ridotto
numero di fornitori, anche vicini geograficamente per presidiare meglio le fasi produttive. Le commerciali ceramiche
orientate all’innovazione stanno infatti iniziando ad occupare segmenti del processo di creazione del valore che in
passato erano di esclusiva competenza industriale. L’impresa commerciale si spinge fino a progettare e lanciare sul
mercato prodotti a marchio ad elevato contenuto di innovazione estetica, di posizionamento premium, partecipando
attivamente a definire il concept degli stessi.
La scelta dello specifico partner industriale da cui approvvigionarsi è determinata da vari fattori. Se la
disponibilità a produrre per conto terzi è piuttosto diffusa per ragioni legate alla maturità settoriale ed all’eccesso
produttivo, la scelta del co-packer dipende non tanto da elementi di convenienza economica quanto da fattori legati
alla costanza ed affidabilità nei livelli di servizio erogato ed alla possibilità di partecipare al monitoraggio di tutte le
304
fasi del processo produttivo. Il rapporto con il fornitore industriale è particolarmente critico per il posizionamento della
commerciale e richiede legami stabili e duraturi nel tempo: ogni minimo cambiamento che interviene nella struttura
organizzativa e gestionale del fornitore stesso, può ripercuotersi sull’immagine della commerciale. E’ pertanto
necessario un costante ed incisivo monitoraggio del fornitore per riuscire ad assicurarsi non solo costanza qualitativa
nel prodotto acquistato, ma anche un idoneo livello di servizio erogato (consegna puntuale; corrispondenza tra
ordinato e consegnato, ecc.). Solo in questo modo alla commerciale è possibile garantire a sua volta un buon livello
di servizio alla clientela finale ed intermedia. Il canale diventa in questo modo un sistema integrato ed armonico.
In generale comunque, gli operatori che offrono un assortimento alto di gamma, sia esso a marca
commerciale o industriale, hanno mostrato una certa diffidenza ad effettuare attività di sourcing su mercati di paesi
emergenti e molto distanti geograficamente. Tra i fattori individuati la mancanza di certificazioni e garanzie qualitative
sul prodotto; l’impossibilità di presidiare il processo produttivo; il basso livello di servizio ed affidabilità; problemi di
comunicazione.
In estrema sintesi, le commerciali “converter” e “tout court” continueranno ad approvvigionarsi di piastrelle
sostanzialmente in loco; le “miste” tenderanno ad utilizzare politiche di scelta dei fornitori ancorate alla composizione
di un assortimento vario per fascia prezzo-qualità e marchio: la parte preponderante dell’assortimento di fascia
media e alta dal distretto; la fascia bassa dall’Estremo Oriente.
2.3 L’integrazione con il sistema ceramico locale
Il comparto delle imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica ha trovato nel distretto ceramico la
sua culla: al suo interno si è sviluppato attingendo ed alimentandosi di tutte le esternalità messe a disposizione da
quel contesto. L’indagine ha quindi cercato di osservare in quale misura le nostre imprese abbiano tratto e traggano,
anche in ottica previsiva, alimento dall’insieme di servizi e risorse ivi presenti.
Le indicazioni raccolte sul campo dimostrano il permanere di una dipendenza ancora fortissima delle
commerciali ceramiche dal resto del sistema locale (Tab. 2.5).
Tabella 2.5 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza delle società
commerciali dal distretto (2005)
N.
% utilizzatori sul
Deviazione
Media
Forniture distrettuali
Utilizzatori*
totale
std.
Piastrelle a marchio produttore
20
48,8%
71,6%
34,613
Piastrelle a marchio proprio
37
90,2%
75,7%
33,689
Colorifici, serigrafie
16
39,0%
100,0%
0
Terzo fuochi
32
78,0%
98,9%
6,187
Corredi, pezzi speciali, lavorazioni a taglio
38
92,7%
95,6%
22,811
Servizi Pubblicitari
15
37,0%
78,1%
41,69
Servizi Espositivi
33
80,5%
98,5%
8,704
Servizi di Design
13
31,7%
84,6%
37,553
Consulenze gestionali
13
31,7%
100,0%
0
Consulenze di marketing
4
9,8%
75,0%
50
Servizi informatici
38
92,7%
100,0%
0
Trasporti
33
80,5%
93,9%
22,071
Analisi di laboratorio
23
56,1%
95,7%
20,851
Fonte: Rilevazione diretta
* Il non utilizzo può essere inteso sia come internalizzazione dell’attività, sia come, nella maggior parte dei casi, non
impiego ai fini dell’attività della specifica impresa interrogata.
La percentuale di ricorso a prodotti e servizi presenti nel distretto non scende mai al di sotto del 71%. Sono
soprattutto le lavorazioni specialistiche e le attività di servizio di cui ci si approvvigiona quasi esclusivamente in loco.
305
In particolare, emerge il forte legame con colorifici/serigrafie, terzo fuochi, corredi/pezzi speciali/lavorazioni a
taglio presenti a livello locale, visto il ruolo crescente ricoperto nel veicolare l’innovazione di prodotto sotto il profilo
stilistico ed estetico nel settore delle piastrelle di ceramica. Il distretto si configura infatti come un laboratorio
privilegiato d’innovazione a cui attingere risorse e competenze pregiate, specialistiche e complementari rispetto
all’attività svolta dalle commerciali.
Per comprendere meglio logiche e modalità d’interazione tra le imprese indagate ed i prestatori di lavorazioni
specialistiche presenti nel distretto è utile spiegare il processo di sviluppo delle collezioni che compongono l’offerta
delle commerciali ceramiche.
L’assortimento proposto non è altro che il frutto di ripetuti incontri, costanti modifiche e ritocchi che
scaturiscono dall’interazione tra la commerciale e le altre componenti complementari operanti nel distretto (impresa
industriale, colorifici, terzo fuochi, ecc.).
Lo sviluppo della collezione si articola su un arco temporale mediamente trimestrale. L’idea di un nuovo
progetto nasce dalla fantasia creativa del/i titolare/i della commerciale traendo spunto dalla partecipazione a fiere
specializzate, consultando riviste di arredo e moda, confrontandosi con la forza vendita ed i clienti. Solo una minima
parte delle imprese osservate, le più innovative, “converter” quindi, hanno internalizzato le fasi di ricerca e
progettazione dei nuovi prodotti, realizzando in propri laboratori interni i tamponi, gli stampi, studiando gli smalti e
realizzando strette partnership privilegiate con imprese industriali onde evitare la diffusione delle proprie idee. La
maggior parte delle imprese del comparto hanno invece optato per una tra le seguenti possibili soluzioni per
sviluppare l’idea:
−
−
ricorso esclusivo al fornitore industriale dotato di propri laboratori di R&S;
ricorso combinato a studi e laboratori esterni di ricerca (colorifici, terzofuochi, ecc.).
La prima alternativa consente di velocizzare e semplificare il processo, ma limita le potenzialità di innovazione
di prodotto al ventaglio di possibilità che il fornitore industriale è in grado di ottenere con i propri impianti.
La seconda opzione evita questa problematica ed è quindi spesso preferita, nonostante comporti l’intervento
di diverse figure di fornitori, allungando i tempi e rendendo più complessa la gestione del processo, variamente
specializzati in fase specifiche del processo di produzione della collezione.
Analizziamo ora più attentamente questa seconda alternativa.
Le commerciali, in particolare quelle che offrono prevalentemente piastrelle da pavimentazione, sviluppano
l’idea avvalendosi dei colorifici. Il 39% delle imprese osservate vi ricorre, utilizzando esclusivamente prestatori
distrettuali (100% in media). Sono questi che effettuano attività di ricerca e sperimentazione, proponendo nuove idee
(effetti, smalti, ecc.) all’azienda. I colorifici sono quindi il principale motore dell’innovazione di prodotto ed il
“termometro” delle richieste del mercato: sono gli attori con cui confrontarsi per valutare e verificare la validità e/o
fattibilità di una nuova idea o proposta. Non è infatti detto che l’idea iniziale possa poi essere industrializzata, cioè
replicata in serie. Al colorificio spetta dunque il compito di testare se gli smalti sviluppati riescano poi a mantenere gli
stessi effetti luce, le stesse proprietà, nella riproduzione dal laboratorio allo stabilimento industriale12. Dal prototipo
del colorificio, messo a punto dopo prove ripetute, si deve poi ricercare un’azienda di produzione che abbia i
macchinari idonei per realizzare l’idea; non sempre ciò avviene e spesso si deve optare per una soluzione di
compromesso. Nello scouting dei fornitori industriali di piastrelle in grado di realizzare il prototipo messo a punto, i
colorifici svolgono un ruolo fondamentale, di tipo informativo, in quanto sono loro ad indirizzare le commerciali verso
gli stabilimenti produttivi dotati delle opportune tecniche ed impianti in grado di realizzare il nuovo prodotto13.
A questo punto il fornitore industriale scelto effettua la produzione. Nuovamente, il ricorso ad aziende
distrettuali è piuttosto elevato, superando il 70% del totale degli acquisti di piastrelle effettuati. Ne risulta che, in
media, circa il 26% dell’offerta di piastrelle a marca commerciale è commissionata esternamente al distretto; tale
valore sale a circa il 28% quando si tratta di reperire piastrelle a marchio del produttore.
Gli altri specialisti di lavorazione quali: terzo fuoco14, a cui ricorre il 78% delle imprese indagate facendo
riferimento quasi unicamente ad operatori district-based (98,9% in media); fornitori di corredi/pezzi
speciali/lavorazioni a taglio15, utilizzati dal 92,7% delle commerciali osservate ricorrendo per il 95,6% a prestatori
Da ciò deriva una stretta interconnessione tra colorifici e tecnici progettisti del meccano-ceramico.
La prestazione al colorificio per l’attività di R&S erogata non viene pagata direttamente allo stesso in quanto considerata quale
attività di servizio di supporto a quella core, ovvero la vendita degli smalti. Pertanto il costo della ricerca e sviluppo è ricaricato sul
prezzo dello smalto che viene venduto al produttore ed inglobato nel prezzo di cessione della piastrella finita.
14 Il terzo fuoco prende il semilavorato/fondo ed effettua un’ulteriore fase di lavorazione applicando decori ed inserti ed effettuando
un processo di ricottura. Contribuisce pertanto all’innovazione estetica del prodotto.
15 Per corredi/pezzi speciali si intendono sia i pezzi di integrazione alla gamma come battiscopa e corner in ceramica, sia i
complementi in metallo o altri materiali che abbelliscano la linea.
12
13
306
locali, intervengono soprattutto in caso di definizione della gamma di piastrelle da rivestimento16. In questa
circostanza, successivamente ai passaggi precedentemente esposti, tali operatori propongono una serie di idee di
abbinamento che vengono concordate e condivise con la commerciale17.
L’esternalizzazione delle attività di ricerca e sviluppo prodotti presenta vantaggi e svantaggi. Tra i primi rientra
certamente la convenienza, in quanto tale opportunità rende le commerciali più flessibili poiché le esime dal
sostenere investimenti in costosi laboratori di ricerca interni, e la possibilità di servirsi di strutture specializzate ed
all’avanguardia. Al tempo stesso però tale scelta rende le commerciali estremamente vulnerabili in quanto si corre il
rischio di omogeneizzare l’offerta con appiattimento dell’innovazione all’interno del sistema ceramico locale: se un
particolare inserto o decoro ha successo, questo viene riproposto anche ad altre aziende18, con differenziazioni
minimali e con l’effetto finale di rendere i principali attori del settore accomunati da offerte uniformi.
Relativamente alle attività di servizio, spicca in particolare il ricorso al distretto, con elevati livelli di utilizzo, per
prestazioni di: consulenza gestionale (100%), informatica (100%), trasporto (93,9%), aziende che forniscono supporti
espositivi (98,5%) e laboratori di analisi (95,7%). Su percentuali di approvvigionamento a livello locale relativamente
più contenute si collocano invece le rimanenti attività di servizio19.
A livello evolutivo, le dinamiche in atto nell’industria ceramica stanno, nuovamente, producendo effetti anche
sulle imprese di commercializzazione di piastrelle (Fig. 2.3).
Figura 2.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza da forniture
distrettuali (2000-2010*)
95,7
95,7
95,7
Analisi di laboratorio
94,4
93,9
93,9
Trasporti
100
100
100
Servizi informatici
75
75
75
Consulenze di marketing
91,7
Consulenze gestionali
Design
84,6
81,7
100
100
90,9
98,4
98,5
97
Servizi Espositivi
78,1
78,1
78,2
Servizi Pubblicitari
95,8
95,6
92,7
Corredi
TerzoFuochi
95
98,8
98,9
100
100
98,8
Colorifici
piastrelle a MC
69,9
piastrelle a marchio del produttore
65,6
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
2010
50,0
60,0
2005
75,7
87,9
74,5
71,6
70,0
80,0
90,0 100,0
2000
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
Le prestazioni per corredi/pezzi speciali/lavorazioni a taglio risultano costi diretti sostenuti dalla commerciale.
Anche nel caso di internalizzazione della ricerca grafica e, a volte, sugli smalti, le commerciali necessitano dell’intervento dei
terzo fuochi. La piastrella, prototipata internamente, viene fatta produrre al fornitore industriale, ritorna alla commerciale che la
invia al terzo fuoco per la decorazione. Spesso sono necessarie lavorazioni ulteriori. In questo caso, il fondo, una volta prodotto,
viene portato dalla commerciale ad uno studio di lavorazione a taglio (ad esempio per i mosaici) che, effettuata l’operazione, lo
ritorna alla commerciale.
18 Questo vale anche per le numerose imprese di produzione di ceramica non dotate di propri laboratori interni.
19 Il minor ricorso al mercato per consulenze di marketing (9,8%), servizi pubblicitari (37%), servizi di design (31,7%) non deve qui
essere inteso sempre come disconoscimento della rilevanza di queste attività, quanto spesso come scelta deliberata dell’impresa
di internalizzarne lo svolgimento.
16
17
307
Se il distretto si ripropone, anche in prospettiva, come il bacino elettivo se non esclusivo a cui attingere
servizi, apporti di competenze e professionalità, non così sembra accadere per la fornitura di piastrelle. Per questa
attività è previsto un minor ricorso a fornitori interni al distretto: le forniture di piastrelle a marchio sono previste in
calo dell’8,9%, mentre quelle a marca commerciale addirittura del 18%20. Sempre più numerose sono infatti le
imprese che intendono svolgere attività di procurement sui mercati internazionali, così come attentamente analizzato
nel paragrafo precedente.
I risultati evidenziano inoltre come gli operatori intervistati inizino a manifestare la tendenza, anche se ancora
su livelli contenuti, a diminuire l’impiego di lavorazioni connesse al prodotto (terzo fuochi, corredi, colorifici, ecc.)
reperite a livello locale. Ciò in quanto, data la complessità del processo di definizione della piastrella
precedentemente esplicitato, è necessaria una certa vicinanza, anche fisica, per potere gestire e presidiare il tutto.
Spostando quindi parte degli approvvigionamenti all’estero, è necessario anche attivare collaborazioni con prestatori
di lavorazioni specialistiche a livello locale, anche se sempre per linee tendenzialmente medio-basse di gamma.
Il ricorso ad attività di servizio è invece previsto stabile tranne per la categoria “servizi di design”, per i quali è
atteso un forte calo (-9,2%). Diverse aziende, in particolare quelle che offrono assortimenti a marca commerciale,
hanno spiegato tale andamento con l’intenzione di internalizzare tale attività: questo è infatti considerato in
prospettiva il vettore fondamentale di differenziazione d’offerta, da presidiare fortemente per evitare manovre
imitative da parte dei concorrenti e contemporaneamente per affermare con maggiore forza la propria immagine ed
identità di marca.
Tale calo è ancora più evidente se si considera l’aumento del 9,7% del numero di imprese che nel periodo indagato hanno
dichiarato di avere iniziato ad offrire anche prodotti a marca commerciale.
20
308
CAPITOLO TERZO
STRATEGIE DI MERCATO, APERTURA INTERNAZIONALE E ITINERARI DI SVILUPPO
3.1 Politica commerciale e rapporti con il mercato della domanda
Le considerazioni sopra articolate relativamente alle politiche di approvvigionamento trovano specularmente
conferma nella composizione dell’assortimento di piastrelle di ceramica proposto per fascia di prezzo (Tab. 3.1).
Tabella 3.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione dell’offerta
assortimentale per fascia di prezzo (Valori medi in %)
Fasce di prezzo (in euro per mq)
2000
2005
2010*
Bassa: < 5
14,30
8,20
6,90
Medio-bassa: 5-10
50,00
45,20
37,50
Medio-alta: 10-15
23,60
26,90
30,90
Alta-altissima: > 15
12,10
19,60
24,80
Totale
100,00
100,00
100,00
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
L’offerta attuale si caratterizza per essere sostanzialmente di fascia di prezzo media (72% circa), con
prevalenza di prodotti di fascia medio–bassa (45,2%). La fascia alta costituisce in media il 20% circa
dell’assortimento proposto, mentre la fascia bassa è piuttosto contenuta (8%).
In termini dinamici, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese, è atteso un riposizionamento progressivo
verso l’alto di gamma, a significare la volontà delle imprese commerciali di comporre un’offerta con prodotti di
qualità e a maggiore valore aggiunto. A questo proposito, i modelli di azione delle commerciali ceramiche variano,
ancora una volta, a seconda del modello di business adottato e delle politiche di marca perseguite. Verso la fascia
alta ed altissima si stanno proiettando fortemente le commerciali “converter” che adottano esclusivamente politiche di
marca commerciale di ultima generazione (innovative nel design e di posizionamento premium price); le commerciali
“miste” offrono invece un vario mix assortimentale per fascia prezzo, con maggiore accentuazione della fascia
media; questa caratterizza anche la componente principale della proposta delle commerciali “tout court”.
I rapporti con il mercato della domanda sono gestiti dalla direzione commerciale, spesso incarnata
dall’imprenditore o dai soci titolari dell’attività nelle commerciali di più piccole dimensioni.
Nelle imprese più strutturate, la rete di vendita è articolata come la tipica organizzazione di vendita delle
imprese di produzione di ceramica: sul mercato nazionale si opera con un funzionario interno o direttore Italia a cui fa
riferimento la forza vendita indiretta, generalmente agenti plurimandatari, uno per regione. Sui mercati internazionali
si impiega un direttore estero coadiuvato da alcuni funzionari interni con funzioni di capo-area, che periodicamente
visitano i mercati loro assegnati, e/o con reti di agenti, sempre di solito plurimandatari, che curano il rapporto con la
clientela business in loco.
La clientela servita (Fig. 3.1) si compone prevalentemente di rivenditori al dettaglio (48,5%) e di grossistiimportatori (29,1%). I contractor (imprese edili e grandi acquirenti non distributivi) sviluppano circa il 10,2% del
fatturato mentre il rimanente si ripartisce tra catene della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) nella misura del
6,7% e consumatori finali per il residuo 5,5%.
309
Figura 3.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: clientela servita (% sul fatturato - 2005)
contractor
10,2%
consumatori finali
5,5%
grossisti/importatori
29,1%
GDO
6,7%
rivenditori al dettaglio
48,5%
Fonte: Rilevazione diretta
In termini prospettici, non sono attesi particolari cambiamenti nella composizione tipologica della clientela
servita, se non per un leggero calo (- 2,8%) dei clienti importatori a favore di contractor (+ 2,2%) e, in misura limitata,
di consumatori finali (+ 0,6%) (Tab. 3.2).
Tabella 3.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: tipologia di clientela servita (in % sul
fatturato)
Tipologie di clientela
2000
2005
2010*
Grossisti/importatori
29,9
29,1
27,1
Rivenditori al dettaglio
46,0
48,5
47,6
Catene di GDO
9,3
6,7
7,0
Contractor
9,6
10,2
11,8
Consumatori finali/famiglie
5,3
5,5
5,9
Altro
0,0
0,0
0,5
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
Da segnalare che al canale della GDO - rappresentato in prevalenza da catene francesi ed austriache accedono poche imprese. E ciò in ragione delle condizioni di vendita e di servizio richieste da questi distributori che
si dimostrano particolarmente onerose per imprese commerciali di piccole o medie dimensioni. Poche sono inoltre le
imprese che dispongono all’interno della propria struttura aziendale di spazi espositivi e show room dedicati alla
vendita all’utente finale. Diversi intervistati hanno dichiarato di avere valutato, anche se nella maggior parte dei casi
sommariamente, questo canale di sbocco negli ultimi anni, ma per gli investimenti richiesti e gli assortimenti ristretti e
poco profondi con cui oggi la maggior parte delle commerciali ceramiche opera, tali progetti sono stati giudicati non
perseguibili. Alcune commerciali “converter” stanno studiando soluzioni tendenti a creare show room su alcune
piazze principali (Milano, New York, Mosca, ecc.) come supporto ai clienti di zona e al brand, dove creare eventi,
informare i clienti, formare i clienti-rivenditori e la forza vendita indiretta. Solo uno degli operatori intervistati ha
affermato di stare fattivamente sviluppando un progetto di franchising che prevede l’apertura di una cinquantina di
punti vendita nell’arco dei prossimi 5 anni21.
Dal punto di vista dell’approccio al mercato della domanda, le imprese intervistate segnalano un cambiamento
nella loro operatività a causa dell’evoluzione nelle richieste della clientela intermedia. Questa esprime una domanda
a maggior contenuto di varietà e variabilità, tendendo a frammentare gli ordini d’acquisto per minimizzare il
magazzino. Ciò spinge le commerciali a fornire crescenti livelli di servizio logistico, stoccando le merci al posto del
cliente, velocizzando i tempi di consegna (dai 3 ai 5 giorni) ed incrementando l’attività di picking (componendo pallet
I franchisee vengono reclutati nel settore delle costruzioni. Spesso sono imprenditori edili che aprono il loro negozio per
l’autoconsumo cogliendo l’opportunità della vendita a terzi. La commerciale fornisce loro un pacchetto di servizi completo
(individuazione e progettazione della sala mostra, lancio e promozione, planning dell’attività, formazione su assortimento offerto e
tecniche di vendita), chiedendo l’esclusiva nell’assortimento di piastrelle di ceramica offerto.
21
310
con diverse referenze), ma anche informativo, incrementando l’attività di scouting di nuovi prodotti/formati.
Acquistare pertanto grandi stock, movimentandoli, non è più in linea con le richieste di una clientela formata
essenzialmente da piccoli e medi rivenditori al dettaglio.
3.2 Presenza sui mercati internazionali e forme di presidio
Per quanto riguarda la distribuzione delle vendite tra mercato interno ed estero, si osserva l’esistenza di una
forte dipendenza dall’Italia, che resta il mercato elettivo per la maggior parte delle commerciali ceramiche22. Il nostro
paese assorbe, infatti, il 56,7%, in media, del fatturato delle commerciali ceramiche, addirittura in crescita rispetto
all’anno 2000 (+ 7,1%). Si prevede una quota d’assorbimento da parte del mercato interno analoga, anche se in
leggero ridimensionamento rispetto alla situazione attuale (-1,8%), nei prossimi cinque anni. Da evidenziare pertanto
la minore propensione all’internazionalizzazione delle commerciali ceramiche rispetto alle imprese di produzione di
ceramica. I produttori nazionali hanno infatti realizzato nel 2005 il 70% circa di vendite all’estero23, contro il 43,3%
delle imprese qui indagate.
Se però ponderiamo il dato di propensione media all’export di ogni intervistato con il fatturato al 2004
dichiarato in sede di intervista, si evidenzia una percentuale a valore di export complessivo del settore pari al 58,4%,
in crescita di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2000 (51,6%). Si rileva pertanto una relazione positiva tra
dimensione d’impresa e propensione all’export, con una tendenza significativa all’aumento del contributo alle vendite
dei mercati esteri.
La correlazione con il modello di business adottato pare qui essere meno evidente. Due gli aspetti che
emergono: tutte le imprese che vendono unicamente prodotti a marchio del produttore (9,7% del campione) lavorano
quasi esclusivamente sul mercato italiano; metà delle imprese che offrono solo prodotti col proprio marchio (24,4%),
classificabili come “converter”, presentano invece una forte proiezione sui mercati internazionali, anche se in futuro si
prevede un leggero recupero delle vendite sviluppate sul mercato interno.
Focalizzando ora l’attenzione sui mercati internazionali ed andando a distinguere il fatturato in media
sviluppato per area geografica di vendita si osserva il forte presidio del mercato europeo che assorbe
complessivamente quasi il 70% (67,9%) delle vendite all’estero delle commerciali ceramiche (Fig. 3.2). Scindendo il
dato tra Europa Occidentale ed Orientale si evince come sia in particolare la prima a contribuire in modo
determinante a questo risultato (52,9%), configurandosi come principale area di vendita all’estero. Segue il Nord
America con il 21,0% di fatturato sviluppato e l’Europa Orientale con il 15,0%. L’Oriente si presenta come mercato
poco presidiato viste le basse percentuali di vendita ivi ottenute (5,8%). Le restanti aree di mercato rappresentano
una percentuale marginale delle vendite complessive.
Figura 3.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione del fatturato estero per
area geografica di vendita (dato medio, in %; 2000 – 2010*)
RdM 4,6%
m edio Oriente
2,8%
Estrem o oriente
3,0%
Am ercia Latina
0,7%
Nord Am erica
21,0%
Europa
Occidentale 52,9%
Europa Orientale
15,0%
Il 58,5% delle imprese osservate sviluppa quote superiori al 50% del fatturato sul mercato interno; tra queste, addirittura il
22,0% degli operatori, tutte peraltro micro-imprese, lavora quasi esclusivamente con l’Italia (fatturato Italia pari o superiore al
95%).
23 Cfr. Assopiastrelle (2006), “26° Indagine Statistica Nazionale dell’Industria di piastrelle di ceramica – anno 2005”
22
311
Fonte: Rilevazione diretta
Dal punto di vista delle tendenze evolutive (Tab. 3.3), l’unica area di mercato che presenta prospettive di
crescita, nelle aspettative degli operatori intervistati, pur se limitate, è l’Europa Orientale (+ 5,0% nel periodo 20002010). In calo la domanda espressa dai mercati dell’Europa occidentale; stabili o lievemente cedenti tutti gli altri
mercati.
Tabella 3.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: evoluzione del fatturato per area
geografica di vendita (dato medio, in %; )
Aree geografiche
2000
2005
2010*
Europa occidentale
56,3
52,9
54,1
Europa orientale
10,9
15,0
15,9
Nord America
21,4
20,9
20,8
America latina
0,4
0,7
0,7
Estremo oriente
4,2
3,1
2,0
Medio oriente
3,0
2,8
2,7
Resto del mondo
3,8
4,6
3,8
100,0
100,0
100,0
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
Per quanto concerne la diversificazione geografica delle vendite, la suddivisione del fatturato sviluppato dai
primi tre paesi esteri con cui si intrattengono relazioni commerciali rivela una buona capacità di operare su mercati
differenti, articolando la propria presenza. Il primo mercato sviluppa in media il 17,6% delle vendite, il secondo il
10,7% ed il terzo il 7,6%, evidenziando pertanto una notevole frammentazione delle vendite (Tab. 3.4).
Tabella 3.4 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: fatturato sviluppato dai primi tre
mercati esteri di vendita (dato medio, in %; 2005)
% fatturato realizzato
N
Media
Deviazione std.
•
primo mercato
37
17,6%
16,6
•
secondo mercato
35
10,7%
7,8
32
7,6%
5,4
• terzo mercato
Fonte: Rilevazione diretta
I paesi esteri a cui le imprese rivolgono le loro esportazioni risultano essere 26, alcuni dei quali con
capacità ricettiva molto contenuta e marginale.
Tra i primi tre principali mercato di sbocco vi è la Germania, servito dalla metà circa delle imprese del
campione (19), seguito dalla Francia (16), paese che risulta però essere il primo mercato di sbocco più citato (9).
Seguono poi gli USA (10), in genere primo mercato per le imprese che hanno citato tale paese; l’Austria (8) e
l’Inghilterra (6). Sesto paese più servito risulta essere la Grecia (5), seguita da Svizzera, Canada e Croazia (4
ognuna). Seguono altri paesi con frequenze minime. Tali risultati confermano l’Europa occidentale quale principale
area geografica di vendita, seguita da Nord America ed Europa orientale (Fig. 3.3). Anche qui si riconferma pertanto
la tendenza delle commerciali ad agire con le stesse logiche di scelta dei mercati in cui operare delle imprese di
produzione di ceramica.
312
Figura 3.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: principali mercati esteri di vendita
(frequenze; 2005)
2
10
10 2
Canada 1
3
0
1
2
1
Svizzera 0 2
2
1
2
2
UK 1
4
4
USA
7
Slovenia
1
3
1
1
2
9
4
7
Germ ania
0
4
7
5
1° mercato
5
10
2° mercato
15
20
3° mercato
Fonte: Rilevazione diretta
Per entrare sui mercati internazionali le commerciali ceramiche si avvalgono di una organizzazione di vendita
composta in netta prevalenza da reti di agenti multimandatari che sviluppano circa il 75% delle vendite, mentre
circa il 20% è sviluppato da funzionari di vendita interni (Tab. 3.5). Altre forme organizzative di vendita, pur presenti,
forniscono un contributo molto marginale alle vendite oltre confine. Questo modo di approcciare i mercati è in larga
parte identico a quello praticato dalle imprese di produzione ceramica. Si potrebbe meglio parlare di “mutazione” di
questo modello, data la provenienza ceramica di una larga parte degli operatori che guidano le imprese commerciali.
Si tratta quindi di un modello consolidato e di successo - almeno così è stato fino ad oggi - che si ritiene
debba essere adattato alle nuove e future condizioni di mercato. La tendenza in atto sembra quella di procedere alla
riconfigurazione (parziale) della rete di vendita ricercando un maggior controllo dell’azione di mercato e di vendita. In
questa direzione le imprese intervistate dichiarano di prevedere per il futuro un maggior ricorso a reti di vendita
diretta (agenti monomandatari e personale interno). Anche in prospettiva però le imprese osservate si affideranno a
forme e strutture organizzative molto “leggere” non essendo prevista l’attivazione di unità di presidio stabile (filiali,
depositi, punti vendita, …), anche sui mercati chiave. La presenza diretta con simili strutture organizzative appare
una prerogativa di pochissimi operatori.
Tabella 3.5 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: canali di vendita sui mercati esteri
(dato medio, in % sul fatturato estero)
CANALI DI VENDITA
Agenti multimandatari
Agenti monomandatari
Personale dipendente
Filiali con deposito
Filiali senza deposito
Punti di vendita propri o in franchising
Totale
Fonte: Rilevazione diretta
* stima
2000
2005
2010*
75,8
1,4
18,4
0,0
0,0
4,4
100,0
74,70
1,10
19,80
0,0
0,0
4,4
100,0
69,9
3,3
21,9
0,0
0,0
4,9
100,0
In sintesi, i risultati evidenziati mostrano come le commerciali ceramiche si caratterizzino per un profilo ancora
poco internazionalizzato, con un peso eccessivo delle vendite realizzate sul mercato interno, un mercato in cui i
313
consumi sono stabili e la domanda prevalentemente di sostituzione, anche se prevalentemente orientata alla qualità
e quindi a remunerare con prezzi più elevati l’offerta proposta. Tale situazione è aggravata dal fatto che l’azione
internazionale resta confinata ai tradizionali mercati dell’Europa Occidentale, imitando i modelli di presenza ivi
adottati dai produttori nazionali, mentre sono ancora poche le imprese che si vanno effettivamente impegnando
verso paesi più distanti e con maggiori prospettive di crescita. Tale modello comportamentale è certamente da
mettere in relazione con la carenza di risorse manageriali e finanziarie derivante dalla prevalenza della piccola
dimensione nel comparto. Ad ogni buon conto, si tratta pur sempre di imprese flessibili e leggere di costi, che quindi
dovrebbero avere più capacità di manovra, risposta ed adattamento alle differenziate esigenze dei mercati
internazionali. Si finisce invece per perdere opportunità di crescita e di redditività proprio su quelle aree in cui le
qualità distintive dell’offerta italiana potrebbero trovare sicuro riconoscimento.
3.3 Direzioni prioritarie di impegno strategico
A conclusione della fase investigativa, si è cercato di individuare su quali terreni le commerciali ceramiche
avvertano con maggior urgenza la necessità di presidio e di rafforzamento del loro impegno in chiave futura. Ciò è
stato effettuato sottoponendo alle imprese intervistate una lista di “campi” di possibile interesse strategico per i quali
indicare il livello di impegno nel presidio24.
I risultati, in estrema sintesi, evidenziano come le imprese indagate presentino una funzione obiettivo mirata
ad una ristretta gamma di opzioni strategiche, utilizzando linee di condotta e strumenti di tipo prevalentemente
tradizionale (Tab. 3.6).
Le aree che sembrano rivestire un maggior grado di criticità ai fini della competitività delle imprese sul
mercato e verso le quali le imprese stesse hanno segnalato una maggiore sensibilità si possono ricondurre a tre ed
insistono in misura largamente predominante sul binomio prodotto/mercato:
a – potenziamento dell’azione di mercato. Su questo terreno l’enfasi viene posta sulla ricerca di nuovi clienti
(6,27), in particolare su aree già presidiate, ma anche sulla “scoperta” di nuovi mercati (4,76).
b - innovazione stilistica di prodotto. Arricchire e differenziare la veste del prodotto sul piano grafico e del
design rappresenta un fattore essenziale (5,54), specie per le commerciali ceramiche che si propongono al
mercato con un proprio marchio. Tale obiettivo, per essere realizzato, comporta l’attivazione di forme di
collaborazione strette e continuative con altri attori interni al sistema ceramico (studi grafici, serigrafie, corredi
ceramici, terzo fuoco,…) che contribuiscono ad arricchire il prodotto nella componente estetica.
c - potenziamento dei supporti all’azione di vendita lungo il canale. L’attività di servizio a supporto della
relazione con la clientela intermedia è valutata importante (4,83), anche se ancora gestita con strumenti e
logiche di tipo tradizionale: cartellonistica, espositori, materiale informativo di supporto alla vendita, ecc… Ciò
non di meno “Incrementare gli investimenti in trade marketing di tipo tradizionale” viene ritenuto un percorso da
confermare, intervenendo nell’adeguamento e “modernizzazione” della strumentazione e dei supporti al fine di
aumentare la penetrazione in sala mostra. Questo riscontro si rileva coerente con la tipologia di clientela
servita, costituita in massima parte da rivenditori al dettaglio, prevalentemente italiani, di piccole dimensioni.
Minore si è dimostrata la sensibilità o minore è stato il grado di percezione sulla necessità di produrre
interventi a maggiore contenuto strategico o tesi a modificare il business model delle aziende osservate: si possono
leggere in questa direzione la bassa rilevanza attribuita all’offerta di nuovi servizi al trade (3,76), come la formazione
degli operatori in punto vendita25 o la fornitura di software per ambientazioni virtuali; la messa in campo di
“investimenti in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area commerciale/marketing”
(4,33); fino alla scarsa propensione dimostrata al varo di forme di presenza/presidio stabile sui mercati e sulla rete
distributiva (1,25). Infine, come era da attendersi, si conferma la tendenza a non internalizzare l’attività produttiva
(1,38).
Agli operatori è stato chiesto di valutare 23 item su scala Likert con range da 1 a 7, dove 1 = “Pochissimo” e 7 = “Moltissimo”.
Un giudizio pari o inferiore a 3 significa che l’intervistato non valuta prioritario l’intervento sull’item considerato. Viceversa in caso
di valutazione pari o superiore a 5.
24
Solo una delle imprese intervistate ha dichiarato di effettuare in modo continuativo e strutturato corsi di formazione rivolti a:
rivenditori e loro dipendenti, forza vendita.
25
314
Tabella 3.6 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: valutazione delle aree di attività
prioritarie (scala di valutazione: 1-7)
Aree di attività
1
2
Media Dev. std.
Aumentare il peso delle vendite fatte da dipendenti (dirette) rispetto alle vendite tramite
agenti
Aumentare il peso delle vendite sviluppate attraverso agenti monomandatari rispetto ai
plurimandatari
2,76
2,39
1,93
1,77
3
Costruire filiali commerciali su alcuni mercati chiave
1,25
0,84
4
Aprire punti vendita diretti
1,54
1,47
5
Costruire depositi su alcuni mercati chiave
1,56
1,18
6
Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato
3,49
2,19
7
Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…)
3,37
2,38
8
Fare comunicazione mirata al consumatore finale
3,02
2,33
9
Migliorare la qualità estetica del prodotto
5,54
2,07
2,32
2,17
4,83
1,91
3,76
2,42
1,38
1,29
2,76
2,40
3,20
2,48
3,63
2,62
4,76
2,30
6,27
1,18
3,50
2,47
3,00
2,59
4,33
2,38
3,41
2,47
3,39
2,52
1
Integrare nuove competenze nella fase di progettazione del prodotto (architetti)
0
1 Incrementare gli investimenti in trade marketing di tipo tradizionale (espositori,
1 cartellonistica, ecc)
1 Offrire nuovi servizi al trade (formazione agli operatori di pdv, ambientazione virtuale dei
2 prodotti, informazioni in pdv, ecc.)
1
Internalizzare le attività produttive
3
1
Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con materiali sostituti della piastrella
4
1
Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con sanitari ed altri complementi d’arredamento
5
1
Investire in prodotti ad hoc per nuovi mercati
6
1
Puntare su nuovi mercati
7
1
Puntare su nuovi clienti
8
1
Investire in logistica interna (movimentazione interna, gestione magazzini, ecc.)
9
2
Investire in logistica esterna (velocizzare i tempi di consegna ai clienti, ecc)
0
2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
1 commerciale/marketing
2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
2 amministrazione/finanza
2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
3 approvvigionamento
Fonte: Rilevazione diretta
Le stesse indicazioni si riconfermano se ricercate attraverso l’applicazione di un’analisi fattoriale26, che ha
permesso di individuare i fattori che le imprese considerano in modo aggregato nel valutare le aree d’attività su cui
investire (Tab. 3.7).
26 L’analisi fattoriale consente di individuare le dimensioni di indagine rilevanti in grado di spiegare i fenomeni osservati con un
numero di variabili inferiori a quelle di partenza, sintetizzandole.
315
Tabella 3.7 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: importanza dei fattori di crescita
Media Media x
Fattori
x item fattore
F3: Incremento della clientela
5,52
9. Migliorare la qualità estetica del prodotto
5,54
17. Puntare su nuovi mercati
4,76
18. Puntare su nuovi clienti
6,27
F1: Infrastrutture informative e logistiche
3,66
23. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
3,39
approvvigionamento
22. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
3,41
amministrazione/finanza
19. Investire in logistica interna (movimentazione interna, gestione magazzini, ecc.)
3,50
21. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area
4,33
commerciale/marketing
F2: Diversificazione dell’offerta
2,98
14. Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con materiali sostituti della piastrella
2,76
15. Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con sanitari ed altri complementi d’arredamento
3,2
F5: Presidio degli influenzatori d’acquisto
2,85
10. Integrare nuove competenze nella fase di progettazione del prodotto (architetti)
2,32
7. Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…)
3,37
F6: Controllo della rete distributiva
2,35
2. Aumentare il peso delle vendite sviluppate attraverso agenti monomandatari rispetto ai
1,93
plurimandatari
1. Aumentare il peso delle vendite fatte da dipendenti (dirette) rispetto alle vendite tramite
2,76
agenti
F4: Presenza diretta su mercati chiave
1,41
3. Costruire filiali commerciali su alcuni mercati chiave
1,25
5. Costruire depositi su alcuni mercati chiave
1,56
Fonte: Rilevazione diretta
Tra i sei fattori emersi, solo il terzo fattore individuato, Incremento della clientela, ottiene una valutazione
media di fattore elevata (5,52). Tutti gli altri fattori sono giudicati aree di scarso o nullo presidio, sottolineando così la
limitata propensione delle commerciali ceramiche osservate ad intraprendere sentieri di crescita e di sviluppo più
articolati.
Unico obiettivo di crescita perseguito è l’ampliamento della clientela, soprattutto nei mercati già presidiati,
puntando fortemente sul design e l’estetica del prodotto offerto su cui si investono cospicue risorse. Presenza diretta
sui mercati chiave (1,41), sia a livello logistico che commerciale, e controllo della rete distributiva (2,35) sono invece i
fattori di crescita che hanno ottenuto le valutazioni medie di fattore più contenute.
Le aree a cui si dirigono le scelte d’investimento segnalano quindi una diffusa propensione a confermare
modelli e leve competitive tradizionali, molto simili a quelle utilizzate già da tempo dalle imprese di produzione di
ceramica. Stentano invece ad emergere nuovi e più incisivi modelli d’offerta.
316
CONCLUSIONI
Molti gli elementi di interesse che l’analisi condotta sulle imprese di commercializzazione di piastrelle di
ceramica ha portato alla luce. Allo stesso tempo, si rilevano anche diversi aspetti di contraddizione.
Da un lato, i dati dimensionali e di attività mostrano trend positivi e crescenti, modelli di business più evoluti e
strutturati rispetto al passato, con un’offerta di prodotto che tende a spostarsi sulle fasce prezzo medio-alta ed alta e
sempre più orientata al marchio proprio. Questo va differenziandosi sempre più, e da pura marca commerciale di
fantasia o generica acquisisce i segni distintivi dell’impresa commerciale e crescenti contenuti di innovazione e
progettazione interni ad essa. Ciò a segnalare la volontà delle commerciali ceramiche di affermare con maggiore
forza la propria distintività sul mercato, ponendosi in modo pro-attivo, in particolare nel caso di commerciali
“converter”, e con logiche di forte partnership nei confronti dei fornitori industriali. Non a caso l’analisi conferma il
profondo legame esistente tra le commerciali ceramiche e la vasta e variegata compagine di comparti
complementari, manifatturieri e di servizi, che si sono progressivamente sviluppati nell’area ceramica di Sassuolo, in
funzione di favorire l’up grading qualitativo del prodotto. Per queste imprese la base della competitività risiede infatti
nelle specifiche competenze commerciali aziendali e nella rete di relazioni consolidate con gli altri attori distrettuali.
Questi sono andati configurandosi nel tempo come circuito di competenze tecniche ed informative ricco e qualificato,
venendo ad influenzare positivamente la capacità d’innovazione dell’offerta delle commerciali. E’ nel distretto che si
riconosce la presenza di risorse complementari determinanti per esaltare la qualità estetica del prodotto ed elevarne
il valore aggiunto, sviluppando un’attività di co-design. Ne deriva che gli specialisti di lavorazioni locali assurgono a
partner strategici.
Dall’altro lato, i livelli di internazionalizzazione, inferiori a quelli espressi dai produttori nazionali, la ridotta
capacità di controllo esercitata sulla rete distributiva e le limitate e tradizionali logiche di sviluppo evidenziate,
denotano un comparto scarsamente orientato all’adozione di percorsi e strumenti innovativi di crescita che il mutato
ambiente competitivo che caratterizza il settore ceramico oggi richiede. Lo sviluppo del fatturato continua a
privilegiare il mercato interno ed i paesi europei vicini geograficamente. Si tende a puntare su nuovi clienti nelle aree
già presidiate piuttosto che su nuovi mercati in cui non si è ancora presenti. Il rapporto con il mercato della domanda
presenta ampi margini di miglioramento investendo non solo nella forza vendita, ma su nuove logiche e modalità di
conduzione del rapporto con la clientela professionale, adottando strumenti di trade marketing evoluti al fine di creare
partnership più solide con i rivenditori ed acquisirne il sostegno preferenziale in sala mostra.
Questi tratti allontanano il profilo di queste imprese dal modello “trading company”, lasciando loro la veste
“distributori all’ingrosso” di tipo tradizionale, con reti distributive sorprendentemente deboli. Le imprese infatti
dichiarano di voler ampliare le vendite sviluppate tramite forza vendita diretta (e le attese di incremento del numero di
dipendenti sono prevalentemente imputabili all’area commerciale) e reti di agenti monomandatari, assegnando poi
scarso valore strategico all’investimento sulla rete distributiva ed alla riduzione della distanza con il mercato finale.
Ciò richiede di interrogarsi sull’evoluzione futura di questo comparto, anche relativamente al legame con il
sistema ceramico distrettuale.
Se dalla ricerca emerge infatti il riconoscimento del distretto quale laboratorio privilegiato d’innovazione e
bacino di risorse e competenze pregiate, specialistiche e complementari rispetto all’attività svolta dalle commerciali,
le previsioni future indicano una tendenza alla diminuzione del grado di dipendenza dal sistema ceramico sassolese:
le logiche d’acquisto, di piastrelle in particolare, si stanno ampliando ai mercati esteri, in particolare dell’Estremo
Oriente. La tendenza all’internazionalizzazione degli acquisti è però da valutare in relazione ai modelli di business
adottati dalle imprese ed alle loro strategie di composizione dell’assortimento per marca. Le forniture di piastrelle di
fascia medio-alta ed alta e di marca commerciale di ultima generazione verranno anche in futuro sviluppate da
imprese distrettuali, mentre la componente assortimentale di fascia bassa, medio-bassa, di tipo me-too, si indirizzerà
ai produttori stranieri che basano sulla convenienza di prezzo il loro vantaggio competitivo. L’internazionalizzazione
degli acquisti dovrebbe però essere accompagnata da una crescente internazionalizzazione delle vendite e presidio
dei mercati: accorciando la filiera negoziale con l’estensione del grado di controllo sulla distribuzione; instaurando
logiche di partnership con i clienti rivenditori, passando da logiche di sell-in a più incisive azioni di sell-out, formando
il personale di vendita in-store sia sulla conoscenza del prodotto che all’ascolto e soddisfazione del cliente finale;
creando filiali in loco per presidiare il servizio al cliente ed accorciare la distanza con l’utilizzatore finale. Gli operatori
imputano l’incapacità di crescere in tali direzioni alla limitata dimensione d’impresa che li distingue. Certamente, se la
piccola dimensione d’impresa ha finora premiato il comparto in virtù della dinamicità e flessibilità ottenuta, ora questo
può costituire un limite alla crescita. Imputare tale situazione solo ad un problema dimensionale appare però riduttivo
317
se si pensa ad esempio che anche il leader di comparto, le cui vendite estere ammontano al 90%, non si avvale di
filiali commerciali/depositi all’estero.
Come sta accadendo per il sistema produttivo, è il momento per le commerciali di definire meglio i propri
percorsi strategici di crescita. Nel tempo si è infatti instaurata una sorta di co-opetition tra produttori ceramici e
commerciali ceramiche: questi due importanti attori del sistema collaborano infatti nello sviluppo delle collezioni, ma
sono poi in competizione sui mercati di vendita, gli stessi per entrambi ed affrontati con identiche logiche strategiche
e strumenti operativi. Vi sono però profili d’innovazione potenziale all’interno del comparto delle commerciali
ceramiche che possono comportare fenomeni di complementarietà virtuosa con le imprese industriali, andando a
rafforzare il rapporto di fornitura che le lega, occupando mercati e/o segmenti di domanda che queste non riescono a
soddisfare completamente, ecc. Anche le scelte di delocalizzazione produttiva dei gruppi industriali nazionali
potrebbero rappresentare un’opportunità per le commerciali di ampliare il proprio raggio d’azione a mercati più
lontani, sulla scia di relazioni già instaurate il cui palco privilegiato, di conduzione strategica, rimarrebbe comunque il
distretto sassolese.
318
ADESIVI E SIGILLANTI PER L’EDILIZIA:
struttura settoriale e strategie aziendali
(Tiziano Bursi – Luca Bortoli)
319
INDICE
INTRODUZIONE
p. 321
CAPITOLO 1 - I PRODOTTI, LA TECNOLOGIA E I CANALI DI VENDITA
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
Le origini e lo sviluppo: all’inizio il cemento
Dal prodotto al “sistema di offerta”
Il processo produttivo
I clienti “target”: non solo acquirenti…
I produttori: i piccoli ed il grande
p. 323
p. 324
p. 327
p. 328
p. 330
CAPITOLO 2 - LA STRUTTURA SETTORIALE, LA COMPETIZIONE E LE STRATEGIE
AZIENDALI
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
Premessa
La domanda
La struttura dell’offerta e le dinamiche concorrenziali
L’innovazione: il campo del confronto
I fornitori
I nuovi entranti: ingresso facile, sopravvivenza difficile
I prodotti sostituti: nulla di nuovo in vista
p. 331
p. 331
p. 333
p. 338
p. 340
p. 341
p. 344
CAPITOLO 3 - IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE: DALL’ESPORTAZIONE ALLA
MULTILOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
Apertura al mercato internazionale
Motivazioni ed opportunità
La frequentazione e il presidio dei mercati internazionali
Modalità di entrata
La riconfigurazione della catena del valore
Le politiche di marketing internazionale
Mercati vicini e mercati lontani
p. 345
p. 346
p. 346
p. 348
p. 350
p. 351
p. 355
CAPITOLO 4 - LE PERFORMANCE ECONOMICO-FINANZIARIE DELLE IMPRESE
4.1
4.2
4.3
Premessa
Dinamica del fatturato e struttura dei costi
La struttura patrimoniale e finanziaria
L’effetto dimensione sulle performance economiche delle imprese
p. 358
p. 358
p. 360
p. 363
CONCLUSIONI
p. 367
BIBLIOGRAFIA
p. 370
320
INTRODUZIONE
Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla
globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di
Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi.
Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità
competitiva e sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali
obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore
delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di
piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo.
Il presente rapporto è dedicato al comparto degli adesivi e sigillanti per l’edilizia, data l’importanza che
ricopre soprattutto per l’applicazione di piastrelle. E proprio allo sviluppo della produzione di piastrelle di ceramica
deve il suo decollo come comparto e la crescente affermazione delle imprese, alcune delle quali, in posizione di
leadership sul mercato.
Allo stesso tempo, diverse aziende ceramiche aggiungono il servizio della “posa in opera” al fine di poter
fornire un prodotto “chiavi in mano”, dove la piastrella funge da “semilavorato”. In questa ottica i prodotti per la posa
diventano un componente indispensabile dell’offerta e contribuiscono ad incrementare il prezzo della stessa.
Si tratta di un comparto produttivo di nicchia, poco noto, che ha assunto una sua consistenza sul piano
strutturale a partire dalla metà degli ani ’80, con l’ingresso di un numero di attori attratti dal potenziale di sviluppo di
questi prodotti destinati all’applicazione di superfici.
Di questa realtà settoriale l’analisi fissa la sua struttura, le dinamiche di mercato e soprattutto le strategie
messe in atto dalle imprese su scala internazionale sia di tipo commerciale che produttivo. Il forte interesse
assegnato alla dimensione internazionale vanno ricercate:
•
nel ruolo critico che assumono i prodotti adesivi e sigillanti per l’edilizia nello sviluppo della posa e
nell’affermazione a livello globale dei prodotti ceramici;
•
nel coinvolgimento internazionale del comparto, sollecitato dalla natura del prodotto sulla scia dei processi
di localizzazione della produzione di piastrelle di ceramica e di diffusione del suo consumo.
L’analisi privilegia tutte le imprese collocate all’interno del distretto ceramico e quelle comprese all’interno dei
confini della regione Emilia Romagna. Ne esce un campione significativo sul piano numerico e rappresentativo della
realtà settoriale.
Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Una
indagine sul campo, condotta con questionario sottoposto alle imprese da un ricercatore con intervista diretta, ha
fornito la parte predominante del materiale conoscitivo.
Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, rivenditori, agenti di vendita e posatori hanno
consentito di dare una vesta anche qualitativa alla ampia base numerica e quantitativa.
Per quanto riguarda le fonti secondarie si è fatto riferimento a specifiche analisi sul settore chimico: articoli,
ricerche, pubblicazioni settoriali e banche dati.
L’ampio materiale raccolto sul campo arricchito di altri pezzi informativi estratti da fonti diverse, da racconti,
storie ed amarcord è stato “posato” componendo un mosaico, dai tratti inediti che ci auguriamo di un qualche
interesse.
Il lavoro si divide in due parti.
• La prima propone una lettura “allargata” del comparto nei suoi lineamenti strutturali, dimensione
competitiva, aspetti tecnologici e specificità di prodotto e mercato.
• La seconda parte restringe il focus alle imprese localizzate all’interno del distretto ceramico delle quali
l’analisi approfondisce il tema dell’internazionalizzazione, quale innovazione più recente ed importante del
comparto, e le performance conseguite sul piano economico-finanziario.
321
L’indagine sul campo è stato condotta nella primavera del 2006 ed ha coinvolto numerose imprese ed
operatori che desideriamo ringraziare sentitamente.
Tra questi un segno particolare di gratitudine, per la collaborazione offerta, va al Dr. Sighinolfi Riccardo di
Adesital, Dr. Strucchi Umberto di Cercol, Dr.ssa Piccioni Stefania di Kerakoll, Dr. Turini Alessandro di Litokol, Dr.
Matteuzzi Eusebio di Technokolla, Dr. Fenech Fabio di Mapei.
322
CAPITOLO PRIMO
I PRODOTTI, LA TECNOLOGIA E I CANALI DI VENDITA
1.1 Le origini e lo sviluppo: all’inizio il cemento
La storia del settore degli adesivi e sigillanti è andata di pari passo con l’evoluzione dei prodotti per la posa,
che si sono succeduti nel tempo. Ai giorni nostri sembra fin troppo ovvia l’applicazione ad adesivo, ma non tutti
conoscono qual era il procedimento comune di un tempo.
In particolare l’analisi temporale del settore può essere suddivisa in tre momenti:
• il periodo concomitante con l’uso del cemento;
• il periodo in cui il prodotto innovativo, l’adesivo, riscrive l’offerta e la messa in opera;
• l’ultimo periodo, equivalente agli ultimi decenni, in cui sono sorte linee diverse dalla consueta ed iniziale
posa pavimentale.
Fino agli anni ’60 i posatori di piastrelle di ceramica erano infatti obbligati a confezionare di volta in volta sul
posto la tradizionale malta cementizia, il cosiddetto sistema di posa “a caricatura”, utilizzata sia per la formazione del
massetto ospitante sia per la funzione di legante con le relative coperture. Era una procedura scomoda, macchinosa
e lunga perché:
• era alta la precisione imposta ai posatori nel sistemare le coperture, data la bassa malleabilità del cemento
in casi di errori;
• il metodo era possibile solo con determinati tipi di materiali rivestenti, data la successiva reazione chimica
che tra materiali incoerenti avrebbe provocato ricadute formali;
• la tiratura della base di supporto era eseguita a mano e richiedeva tempo e precisione costanti ed elevati;
• era penalizzante soprattutto per superfici estese, richiedenti un lungo tempo di esecuzione senza
interrompere la stesura. Infatti il supporto tirato non sarebbe più stato nelle condizioni ottimali di legare col
cemento e di assorbire la piastrella, obbligando così gli applicatori a dover terminare il lavoro in giornata;
• era un metodo ad elevato rischio di contestazione1;
• spettava al posatore procurarsi gli inerti e i leganti, col rischio di approntare malte con qualità alle volte
incerte, per di più contenute in confezioni pesanti e trasportabili nei cantieri solo con macchinari molto
costosi;
• non poteva essere utilizzato nelle ristrutturazioni con posa su pavimento preesistente.
Occorre attendere la metà degli anni ’60 per poter disporre dell’adesivo. La nascita e la diffusione del nuovo
materiale legante facilitò moltissimo il compito di stesura dei posatori in quanto permise di:
• effettuare eventuali interruzioni di posa, data la proprietà dell’adesivo di amalgamarsi anche in tempi
differenti,
• velocizzare l’attività di messa in opera data la proprietà intrinseca dei materiali di consentire
l’aggiustamento in corsa della copertura prevista,
• disporre di materiali già preconfezionati e di qualità, sollevando i posatori da preoccupazioni di reperimento
ed affidabilità,
• consentire l’applicazione di differenti tipi di pavimentazione data la vasta articolazione di prodotti specifici
ad ogni intervento,
• creare nel tempo anche un vero e proprio design, in cui alla funzione di stesura si aggiunge anche quella
decorativa.
All’inizio i posatori mostrarono diffidenza verso il nuovo prodotto, ma non appena si accorsero dei vantaggi
pratici e prestazionali, non esitarono ad accettare in via definitiva l’adesivo e la relativa modalità di posa innovativa.
Il compito dei posatori fu inoltre semplificato da confezioni di diverso formato, da materiali leggeri, nonché da
apparecchiature ed accessori che riducono la fatica fisica nei lavori.
Il settore degli adesivi e sigillanti si è evoluto grazie alle ricerche effettuate dalle imprese produttrici che hanno
contribuito ad introdurre prodotti sempre migliori, dalle performance superiori, più duraturi ed affidabili, ma soprattutto
rispondenti a tipologie diverse di pavimentazioni: ceramica, legno, gomma, linoleum e pietre naturali.
1 Spesso, specie nei mesi caldi, venivano stese delle malte molto umide e con il tempo (dopo 3-4 anni) erano molto frequenti
fenomeni di “tiratura” del supporto: il cemento riducendosi di volume tirava le piastrella facendola crepare.
323
Un contributo particolare proviene anche dal settore ceramico che dischiuse molte opportunità alle imprese di
adesivi nel creare prodotti particolari anche per lo stesso tipo di copertura.
La forte unilateralità del prodotto non è spiegata solo nell’incapacità tecnica di legare superfici diverse ma
addirittura tra quelle appartenenti alla stessa categoria, così esistono per esempio adesivi specifici anche per ogni
tipo di piastrella, gomma e via dicendo.
Una volta affermatosi, il prodotto adesivo ha visto una progressiva diversificazione della gamma di offerta
volta a soddisfare differenti funzioni d’uso: già dagli anni ’70 sono stati studiati sistemi tecnici di
impermeabilizzazione, deumidificazione, isolamento acustico, accompagnati da appositi materiali in grado di fornire
soluzioni in campo edilizio.
Oggi la posa “ad adesivo” è quella più adottata dai posatori sia per motivi economici (è più remunerativa) sia
perché la nuova generazione è incapace di praticare il sistema precedente.
In Italia e negli altri mercati consolidati la maggior parte dei prodotti è in fase di maturità, essendo la loro
diffusione ormai stabilizzata e senza particolari innovazioni stravolgenti la funzionalità. Ciò che impegna le imprese è
la continua progettazione di materiali più leggeri, altamente qualitativi sul fronte della prestazione.
Nei paesi a maggior crescita economica ed a forte sviluppo dell’edilizia, si stanno aprendo grandi spazi ed
opportunità per la diffusione dell’arte della posa e dei prodotti di base.
Il futuro del settore pare proprio quello di aprire le porte della posa a nuovi mercati, geograficamente lontani
ma al tempo stesso sempre più vicini alla cultura edile occidentale, in cui essa assume sempre più connotati
decorativi: per quelle imprese che ambiscono ad aumentare la propria posizione competitiva, e che dispongono di
possibilità economiche sufficienti, sorge l’obbligo di iniziare una importante “colonizzazione” dei territori anche in
continenti fino a poco tempo fa impensabili.
1.2 Dal prodotto al “sistema di offerta”
Nel comparto degli adesivi e sigillanti, a definire l’offerta finale concorrono diverse dimensioni (il prodotto, il
servizio, le opportunità di mercato), che solo sommate l’una all’altra rendono evidente la complessità e la particolarità
del business.
a - Il prodotto
Le caratteristiche peculiari che un prodotto ausiliario per la posa deve possedere per ben competere sul
mercato, sono molteplici: durabilità/resistenza, innocuità per l’ambiente e per l’uomo, leggerezza, impermeabilità,
rapidità d’applicazione ed elasticità. La maggior parte degli attributi intrinseci è rivolta agli applicatori, per rendere più
rapido, meno faticoso e più qualitativo il loro intervento.
In tema di posa esistono diverse famiglie di prodotti che trovano diversi momenti applicativi e che a loro volta
assolvono a funzioni e bisogni specifici e si rifanno a diverse momenti (Tab. 1.1).
Tabella 1.1 – I prodotti per la posa
BISOGNO SPECIFICO
FASE DI APPLICAZIONE
PRODOTTI PREVISTI
Allestimento sottofondi
Preparazione
Rivestimento pavimentale e murale
Stesura
Malte, additivi di macinazione, livellanti,
autolivellanti, leganti e impermeabilizzanti
Adesivi
Decorazione pavimentale e murale
Rifinitura
Sigillanti e riempitivi per fughe
Fonte: Ns. elaborazione
L’applicazione dei prodotti per la stesura di pavimenti e pareti è spesso preceduta dalla fase di preparazione
dei sottofondi, ossia quella che impegna i posatori nell’allestimento e nella lisciatura delle superfici affinché siano
324
nelle perfette condizioni per accogliere le diverse coperture. Per la fase di preparazione i materiali utilizzati sono
rappresentati da:
•
Leganti. Sono miscele idrauliche speciali utilizzate per la costruzione dei massetti, ovvero le superfici che
in un secondo momento devono essere posate2. Assicurano bassi tassi di umidità residua, un’alta
resistenza ed assicurano l’assenza di fessurazioni e crepe dovute al ritiro.
•
Livellanti e Autolivellanti. Sono premiscelati a base di cementi, leganti ed additivi, idonei a garantire la
lisciatura di pavimentazioni dai fondi irregolari e non planari prima della posa. Si differenziano a seconda
dello spessore minimo e massimo previsto, e assicurano un indurimento e un’asciugatura ultrarapidi.
•
Rasanti. Sono anch’essi premiscelati a base di cementi ed additivi e servono per la regolarizzazione dei
sottofondi per la successiva posa. Si differenziano per le diverse tipologie di pavimenti e pareti da rivestire,
per il diverso spessore da assicurare e impediscono lo scivolamento verticale.
•
Additivi. Possono assumere la forma di polveri, paste, liquidi a granulometria differenziata a seconda della
funzionalità, e servono a migliorare la coesione tra gli impasti, ad esaltare e a migliorare
l’adesione/elasticità di malte su superfici difficili, a rendere più impermeabile una superficie o ad attenuare
il ritiro idraulico e la formazione di microfessure.
•
Impermeabilizzanti: vengono utilizzati prima della posa delle piastrelle in balconi, terrazze e piscine. Si
tratta di prodotti spesso “annegati” in una rete di fibra di vetro in uno spessore di pochissimi millimetri
evitano che eventuali infiltrazioni di acqua possano penetrare nei sottofondi e col tempo danneggiarli.
Una volta messa a punto la superficie orizzontale o verticale si può procedere finalmente alla fase successiva
di posa dei differenti tipi di coperture e rivestimenti e cioè di stesura. A tale scopo i prodotti impiegati appartengono
alla vasta categoria degli:
• “Adesivi”. Dal punto di vista tecnico gli adesivi sono sostanze in polvere semisolide o in pasta, grazie alla
loro proprietà chimica di legante che si manifesta attraverso la trasformazione dallo stato liquido a quello
solido del materiale mediante un processo di raffreddamento, ovvero grazie all’azione di uno sforzo di
compressione. L'innovazione continua di prodotto ha permesso alle imprese di ampliare il campo
d'applicazione, espandendo la versatilità degli adesivi alle seguenti tipologie di copertura: piastrelle di
ceramica, marmo, pietre naturali, legno, linoleum, gomma, vinile ed altri ancora. Al momento sono
individuabili tre tipi di adesivi ossia quelli cementizi, usati più comunemente per ambienti esterni, quelli in
dispersione per rivestimenti interni e quelli a base di resine reattive per impieghi particolari.
I successi tecnici riscontrati nella posa sono individuabili nella maggiore aderenza, precisione e
durevolezza nel tempo, garantendo soprattutto un'affidabilità totale ai professionisti. In particolare per
quanto riguarda la posa di pareti, una caratteristica molto rilevante è lo scivolamento verticale nullo, che
evita la colatura del materiale e le relative perdite di tempo. Le più recenti colle inoltre sono più fluide,
superano quelle vecchie dure e viscose, abbattendo così la fatica, velocizzando la posa e migliorando la
qualità del lavoro in cantiere.
Successivamente alla stesura di superfici orizzontali e verticali è compito degli specialisti uniformare le fughe
tra le coperture con prodotti specifici che in questi ultimi anni stanno assumendo sempre più valenza decorativa,
ovvero:
•
I sigillanti. Sono paste incollanti siliconiche specifiche per la sigillatura impermeabile dei supporti
inassorbenti oppure per giunti di deformazione, dilatazione, frazionamento di diverse superfici, che
presentano appunto cavità e interstizi. La loro funzione non è dunque solo quella adesiva ma anche
isolante e protettiva, garantendo nel tempo elevati livelli di elasticità, continuità termica ed estetica, non
che maggiori livelli di resistenza al gelo, alla luce solare, agli agenti atmosferici, ai detergenti industriali,
all'invecchiamento.
2 Possono essere già pronte e quindi superano le difficoltà di reperimento di materiali inerti che impediscono anche errori di
dosaggio, oppure da preparare, utilizzando i premiscelati. Le soluzioni si differenziano sia per la particolarità del massetto, del suo
spessore e del relativo tipo di copertura, sia per la destinazione (pavimentazioni interne ed esterne).
325
•
Gli Stucchi. Sono premiscelati colorati ad alta resistenza, idonei per la stuccatura o il riempimento di
fughe tra superfici. Sono disponibili per qualunque tipologia di copertura. Possono consistere in finiture
lisce o levigate, assicurano un ridotto assorbimento d’acqua, in aggiunta ad una costante durezza nel
tempo. Permettono una facile lavorabilità e una forte adesione senza cali e ritiri nella fase di indurimento
oltre ad una rapida pulibilità. E’ uno dei prodotti che più esalta l’opera finale grazie alla disponibilità di una
vasta gamma di colori e sistemi cromatici che garantiscono un alto valore aggiunto e una sicura valenza
decorativa.
b - Il servizio e gli attributi estrinseci
Ai fini competitivi è importantissimo anche il contributo fornito da una ampia gamma di servizi che rappresenta
il segnale importante di impegno e di importanza dedicati dal produttore alla propria clientela (Tab. 1.2).
Tabella 1.2 – I servizi offerti
TARGET DI CLIENTELA
SERVIZI OFFERTI/RICHIESTI
DISTRIBUTORI
•
•
•
•
•
Formazione e aggiornamento del personale di vendita
Informazione tecnica completa sui prodotti in uscita
Tempi di risposta nel “problem solving”
Tempi di consegna
Packaging differenziato ed attraente
POSATORI
•
•
•
Assistenza tecnica
Formazione e aggiornamento
Informazione tecnica dei prodotti in uscita
Fonte: Ns. elaborazione
Per i distributori è importante poter disporre di un servizio di formazione del personale di vendita e di
informazione-aggiornamento dei prodotti in vendita. Allo stesso tempo, diventa cruciale poter contare su tempi di
risposta veloci in caso di reclami da parte della clientela o di richieste di rapida consegna da parte della stessa,
onde evitare improvvise rotture di stock di prodotto. Il servizio di packaging è offerto sia per dare un aspetto più
attraente al prodotto ma soprattutto per dare l’opportunità al rivenditore di offrire agli utilizzatori finali materiali più
pratici e disponibili in formati diversi.
Per le grandi imprese edili e quelle di posa il servizio di assistenza tecnica è decisivo data la loro necessità di
sapere, sia nel momento di formulazione sia in quello di applicazione, in quale situazione il prodotto va applicato. A
tale scopo ogni impresa produttrice dispone al suo interno di un gruppo di assistenti e consulenti che ha il compito di
formare direttamente gli applicatori sulle tecniche di esecuzione, di suggerire loro i materiali più idonei guidandoli
nelle risoluzioni di interventi specifici, garantendo un aggiornamento tecnico anche sui prossimi in uscita.
L’impegno industriale di voler comunicare direttamente con gli specialisti della posa è più che altro un obbligo:
il buon esito dell’intervento di posa non dipende solo dalla performance qualitativa del prodotto ma assume un peso
determinante soprattutto l’abilità professionale dei posatori.
c - Le opportunità di mercato
Per il produttore di adesivi e colle non è sufficiente proporre un prodotto con buone caratteristiche tecniche né
è sufficiente valorizzare le differenze che nascono dagli attributi estrinseci: occorre vendere opportunità, ossia
evidenziare nuove prospettive ed utilizzi che possono nascere.
Questa terza componente presuppone la conoscenza delle dinamiche di mercato delle necessità del cliente,
in modo tale che combinandole con le caratteristiche dell’offerta si possa dimostrare quale contributo potrà dare il
nuovo materiale. I rivenditori sono spesso sommersi di cataloghi e depliant che descrivono dettagliatamente le
caratteristiche dei materiali offerti, ma ciò che più importa loro è il miglioramento del business e quindi le potenzialità
derivanti dalla commercializzazione del nuovo prodotto.
Spesso si dà per scontato che i clienti sappiano sempre cosa conviene loro, che sappiano come ottenere il
massimo beneficio dai prodotti che acquistano. E’ invece compito del produttore di adesivi e sigillanti evidenziare
anche la “dimensione potenziale” del prodotto, enfatizzando le opportunità di crescita per il punto di vendita, ed in
326
quest’ottica ampliare anche le prospettive dell’utilizzatore finale sulla valorizzazione delle superfici e degli spazi,
illustrando i vantaggi che possono derivare dall’impiego ottimale dei materiali proposti.
1.3 ll processo produttivo
Il processo produttivo dal quale si ottengono i prodotti per la posa presenta alcune caratteristiche specifiche
e vincolanti: elevata intensità di capitale, non scomponibilità ed esternalizzazione di fasi del ciclo di produzione ed
elevato rapporto costi fissi/costi variabili. Tutto questo induce le imprese a dimensionare gli impianti con elevata
capacità produttiva in uscita, a ricercare economie di scala e ad adottare il ciclo completo di produzione (Fig. 1.1).
Una corretta programmazione di produzione è inoltre una componente indispensabile in quanto si tratta di prodotti
deperibili (scadenza tra i 6 e i 12 mesi dalla data di produzione).
Figura 1.1 - Le fasi del ciclo produttivo
Controllo materie prime
in entrata
Dosaggio materie prime
Mescolatura impasto
1
2
3
Stoccaggio
Controllo qualità
Confezionamento
6
5
4
Fonte: Ns. elaborazione
1 - Le materie prime approvvigionate3 sono oggetto di un attento controllo iniziale per verificare la loro qualità: il
processo è automatico e avviene attraverso un rilevatore di purezza che analizza le diverse sostanze e valuta la loro
bontà. I prodotti finiti derivano dall’aggregazione fisica delle sostanze “povere”, così chiamate per la loro scarsa
qualità intrinseca.
2 - Le materie prime attraverso sistemi automatici, cocle di estrazione o celle di carico, sono sottoposte ad una
prima operazione di pesatura e dosaggio.
3 - La mescolatura avviene in miscelatori a secco, che automaticamente le trasformano in prodotti finiti. Il processo
è organizzato per linee di impianti di grandi dimensioni, che consentono di fruire di economie di scala e di godere al
contempo anche di economie di scopo vista la polivalenza degli stessi impianti nel trattamento di materiali diversi.
4 - I prodotti finiti, così ottenuti, sono confezionati automaticamente mediante apposite insaccatrici. I pallettizzatori
poi ridistribuiscono omogeneamente i vari prodotti finiti per funzione di utilizzo, che attraverso l’incappucciatrice
finale, sono introdotti nei sacchi.
5 - Il controllo dei prodotti, o come viene definita in termini tecnici, la “prova iniziale di tipo”, avviene attraverso test in
appositi laboratori per verificare la loro esatta composizione e conformità alla normativa UNI EN ISO 9001:2000.
6 - Lo stoccaggio finale dei diversi prodotti finiti, avviene con la collocazione nei magazzini, già pronti per la
consegna secondo il metodo “first in first out”.
La tecnologia è incorporata sia nell’insieme degli impianti per la produzione sia in quella riguardante i
laboratori e i centri di ricerca atti a creare i materiali con alte prestazioni ed innocui per la salute dell’uomo.
Dato l’alto grado di automazione, la produzione in sé risulta “capital intensive” ed assorbe un modesto
contenuto di fattore lavoro ad eccezione della fase di stoccaggio. I pochi addetti alla produzione si distinguono per i
seguenti ruoli:
3 Le materie prime sono composte da diverse sostanze inorganiche: sabbie carbonate o silicee e ghiaia silicee con funzione di
componenti intermedi; resine acetoviniliche, cementi ed eteri cellulosa in funzione di leganti; additivi chimici in funzione
esaltante; pigmenti inorganici in veste di coloranti.
327
•
Responsabile tecnico di qualità = addetto al controllo di qualità in entrata e in uscita delle materie prime,
semilavorati e prodotti finiti. Il controllo della produzione in fabbrica è un sistema decisivo affinché il
produttore sia autorizzato ad apporre la tipica marcatura CE4. Il produttore inoltre deve preparare e
conservare una dichiarazione di conformità scritta nella lingua del Paese di destinazione del prodotto5.
•
Responsabile di produzione = addetto alla movimentazione tra le linee di produzione delle materie prime in
lavorazione, e dei prodotti finiti ai magazzini per la pronta consegna.
•
Assistente tecnico = figura che non partecipa direttamente alla produzione ma la sua importanza si spiega
nel momento di applicazione del prodotto, fase in cui il cliente utilizzatore ha bisogno di consulenza nella
scelta dei materiali più idonei all’uso, nelle modalità di intervento e nella formazione/aggiornamento con
incontri tecnici ad hoc. La qualità del servizio di assistenza tecnica si misura nella velocità di risposta, sia
dall’Ufficio Tecnico sia con sopralluoghi direttamente in cantiere per verificare lo stato effettivo dei lavori, e
dalla capacità di “problem solving” ai clienti.
1.4 I clienti “target”: non solo acquirenti…
L’offerta di prodotti ausiliari per l’edilizia è indirizzata a un gruppo preciso di clienti, formato da:
•
Distributori e rivenditori di materiali edili. I rivenditori specializzati svolgono la funzione di
intermediazione tra il produttore e il posatore. In Italia la categoria è formata da numerosi punti di vendita al
dettaglio o all’ingrosso sparsi su tutto il territorio, che non si limitano solo alla vendita dei vari adesivi e
sigillanti, ma forniscono alle imprese edili e di posa anche i prodotti correlati, cioè le piastrelle ceramiche,
gli accessori di lavoro, i materiali di impasto come sabbie, cemento, per qualunque tipo di intervento.
In ogni punto vendita il prodotto chimico rappresenta solo una parte di completamento della gamma di
materiali offerti, nella quale prevalgono quelli di copertura e quelli intermedi di costruzione; di conseguenza
sorge la necessità di contenere i costi di gestione del magazzino e di massimizzare lo spazio critico non
solo ad esso riservato, ma soprattutto quello espositivo privilegiando i prodotti con marchio forte, ampio
assortimento, conosciuti e richiesti dagli utilizzatori nell’area di mercato di pertinenza. Tutto questo relega
al margine i rapporti con produttori locali di adesivi e colle che operano su scala artigianale incapaci di
esprimere una pari forza di mercato.
In altre parole è il mercato intorno al rivenditore che influenza e veicola la valutazione e la scelta di un
partner di fornitura rispetto ad un altro, attribuendo alle imprese di costruzione e di posa il ruolo di decisori
finali. Ulteriori attributi e parametri che influenzano la selezione tra marche diverse sono:
la qualità dei materiali, intesa come durabilità nel tempo ed immunità da eventuali “ricadute”
la capacità di innovazione del produttore, che si manifesta nella proposta di nuovi prodotti a più
elevato grado di affidabilità e contenuto tecnico
il servizio offerto (di assistenza tecnica, di rapidità nella consegna e nella risposta ad eventuali
problemi)
l’esperienza nel settore, collegata alla capacità di “problem solving” del produttore
il prezzo, data l’esigenza di dover distribuire successivamente i prodotti agli applicatori a
condizioni competitive.
•
Imprese edili. Le imprese di costruzione lavorano in cantieri di grandi dimensioni, su commesse importanti
e necessitano di ingenti forniture: per tali ragioni conviene loro approvvigionarsi dei materiali direttamente
dai produttori “saltando” la distribuzione commerciale.
in quanto stabilisce e documenta le procedure per la verifica dei materiali in ingresso, delle attrezzature di controllo e di prova,
del processo di produzione e dei prodotti finiti
5 Il nome e l’indirizzo del produttore, la descrizione del prodotto, le disposizioni alle quali il prodotto è conforme, le particolari
condizioni applicabili all’impiego del prodotto, il nome e l’indirizzo del laboratorio notificato, la qualifica di chi firma.
4
328
•
Imprese di posa. Le imprese di posa (posatori individuali oppure organizzati sotto forma societaria)
specializzate nella stesura di coperture pavimentali e murali sempre in ambito edilizio che si riforniscono,
invece, dai rivenditori.
Entrambe le figure rappresentano l’ultimo anello della catena e si addossano l’intera responsabilità del
risultato finale, ovvero la funzionalità e la durabilità dei prodotti sono strettamente legate alle abilità
professionali e manuali di un comune specialista: il posatore.
La figura del posatore ha subito nel corso del tempo una significativa evoluzione a seguito del susseguirsi
di diverse generazioni di posatori che si sono tramandate le tecniche di posa: da quelli operanti col sistema
iniziale e tradizionale “a caricatura”, fino a quelli più recenti o “moderni” che lavorano “ad adesivo”, e che
sfruttano le innovazioni radicali che semplificano le modalità di esecuzione della posa.
Questi operatori - data l’assenza di scuole o percorsi formativi - hanno appreso sul campo e dalle
generazioni precedenti la tecnica di posa ed i segreti di questa attività6,
Ciò fa si che a volte “l’offerta di prodotti corra più velocemente della domanda” venendosi a creare
situazioni in cui l’arretratezza “manuale” dei posatori italiani, li fa sentire impreparati di fronte a nuovi
prodotti o metodologie di utilizzo.
Lo specialista di posa è rappresentato dai semplici artigiani che possono operare individualmente, oppure
dare vita ad imprese di posa di varie dimensioni, o allo stesso tempo subappaltare ad altri posatori o
imprese di costruzione i lavori presi in affidamento.
Non sono da escludere episodi nel tempo in cui posatori si siano trasformati in rivenditori, o posatori che
contemporaneamente abbiano costituito propri punti di vendita, nei quali commercializzare i prodotti da
loro stessi utilizzati.
Il posatore non intrattiene relazioni dirette con i produttori di adesivi e colle: il rapporto è mediato
dall’agente di zona, che lo indirizza verso la rivendita più vicina. Nella selezione del prodotto da
utilizzare, il posatore è solitamente influenzato dall’immagine del brand e dal modo in cui esso viene
promozionato all’esterno: la maggior parte degli operatori infatti si lascia trainare dal prodotto più noto e
maggiormente reclamizzato, associando ad esso un livello maggiore di qualità, durabilità e facilità di
applicazione, tutti attributi che, nell’interesse del posatore, possono apportare benefici alla sua prestazione
di lavoro.
Questo però non significa che tutti gli interventi di posa necessitano di prodotti altamente qualitativi, bensì
possono verificarsi casi in cui la funzione “base” di copertura sia la sola richiesta, a scapito di quella
decorativa. Vi sono, infatti, prodotti di qualità utilizzati maggiormente in grandi opere edilizie pubbliche
nelle quali sono richieste miglior prestazioni nonché effetti “emozionali”. Al contrario, nel caso di costruzioni
e rifacimenti residenziali vi sono acquirenti “privati” più interessati al contenimento del costo dell’opera
che non al risultato ottenuto sul piano estetico.
Quanto detto pone i produttori di adesivi e colle di fronte a segmenti di clientela diversi per la posizione
occupata all’interno della filiera dell’edilizia e quindi anche per tipologia e varietà di bisogni espressi (Tab. 1.3).
Tabella 1.3 – Le esigenze della domanda
CLIENTELA TARGET
Bisogni
Distributori
Imprese edili e di posa
Pre-confezionamento prodotti
Qualità (resistenza/ durabilità prodotti)
Facilità e velocità di applicazione
Leggerezza materiali
Innocuità fisica
Prezzo
Ampiezza e profondità gamma
Prezzo
Qualità
Fedeltà commerciale
Opportunità di crescita commerciale
Servizio
Fonte: Ns. elaborazione
Le categorie di domanda premono su attributi diversi dell’offerta: i distributori si preoccupano di servire al
meglio gli utilizzatori proponendo loro sia un assortimento vasto e completo sia gestendo prodotti appartenenti a
6 Solo recentemente grazie all’istituzione di corsi di formazione e di aggiornamento promossi dalle associazioni di categoria e da
alcuni produttori del settore è stato possibile favorire la conoscenza e l’adozione di nuove tecniche e modalità applicative.
329
fasce diverse di prezzo; i posatori sono interessati al prezzo ed allo stesso tempo sono attenti alle caratteristiche
tecniche dei prodotti, affinché esaltino le abilità e semplifichino le prestazioni manuali.
Per quanto attiene all’approccio al mercato e alle relazioni di canale, il canale di vendita produttore-cliente è di
tipo indiretto, ovvero si concretizza mediante l’intermediazione di un agente di vendita, che opera su zone ben
definite di competenza, e remunerato a provvigione in base alle vendite realizzate (Fig. 1.2 ).
Figura 1.2 – Il canale di vendita
PRODUTTORE
AGENTE DI ZONA
RIVENDITORE
IMPRESA EDILE/
DI POSA
Fonte: Ns. elaborazione
L’ agente di zona relaziona e ha funzioni diverse con la domanda a seconda che essa sia rappresentata da
un rivenditore o un posatore. Nel primo caso nasce un rapporto di fornitura che avviene tipicamente nelle fiere di
settore, l’occasione ideale sia per promuovere le vendite, presentare nuovi prodotti e fornire informazioni. In
alternativa è l’agente che avvicina il rivenditore, muovendosi nel territorio di competenza alla ricerca di nuovi punti di
vendita in cui collocare il proprio portafoglio-prodotti.
Il contatto diretto con il posatore (sia esso un’impresa edile o di posa), invece, non ha natura commerciale
bensì consulenziale: consigliare (di solito coadiuvato da un assistente tecnico) i prodotti più idonei per determinati
interventi e di segnalare i punti vendita presso i quali è possibile acquistarli.
L’agente di zona è quindi un intermediario dotato di un mix di competenze commerciali e tecniche, esercita
una importante funzione informativa (aggiornamento dei prodotti in uscita) e formativa (presentazione ed
avvicinamento degli applicatori alle nuove tecniche di posa).
Per quanto riguarda la natura del suo contratto, l’agente di vendita può rappresentare una sola impresa
(monomandatario), in genere una delle grandi imprese leader del settore che desiderano vendere “su esclusiva”. Al
contrario possono gestire un portafoglio più allargato di marchi (plurimandatario), operando in questo caso per
conto di piccole e medie imprese.
1.5 I produttori: i piccoli ed il grande
I produttori italiani di adesivi e sigillanti per l’edilizia sono rappresentati sia da realtà industriali di piccole e
medie dimensioni, sia da grandi imprese che col tempo hanno saputo estendere i propri confini, servendo anche
dall’interno i mercati esteri.
Il mercato presenta caratteristiche spiccatamente locali: i materiali sono intrinsecamente “poveri” con un
rapporto peso/prezzo penalizzante (l’incidenza dei costi di trasporto è assai elevata e diventa proibitiva, salvo per i
prodotti qualificati, per distanze superiori a 500 Km), spingendo la maggior parte delle aziende a servire solo la
domanda locale. Se si aggiunge il modesto valore medio delle commesse (gli ordini di valore superiore a 100 mila
Euro sono una rarità) si capisce perché le grandi multinazionali della chimica siano rimaste fuori dal mercato degli
adesivi e sigillanti per l’edilizia.
Esistono poi anche piccole imprese locali di dimensioni artigiane che creano e forniscono colle ai rivenditori
del luogo, ma il prodotto incontra difficoltà ad affermarsi in quanto il mercato preferisce affidarsi ai prodotti sicuri,
realizzati dalle aziende consolidate.
Il settore vede Mapei in posizione dominante. Mapei - il nome significa “Materiali ausiliari per l’edilizia e
l’industria” - nata nel 1937 a Milano, è uno tra i leader mondiale nel settore degli adesivi e prodotti complementari
per la posa di pavimenti e rivestimenti e prodotti chimici per l’edilizia. Sorta come piccola impresa familiare, Mapei
oggi è una “multinazionale portatile”: alla fine del 2005, infatti, è la capogruppo di 41 consociate, 46 stabilimenti
produttivi nel mondo operanti in 21 paesi, a copertura di tutti i continenti, 7 centri di Ricerca e sviluppo. Il fatturato
nel 2005 ha superato 1.200 milioni di euro, l’occupazione totale conta oltre 4.100 addetti.
All’interno del distretto ceramico tra le varie iniziative sorte nel corso del tempo, quella che spicca
maggiormente per ritmo di crescita e spirito innovativo è certamente Kerakoll. Nata nel 1968 da una iniziativa
imprenditoriale individuale, al 2005 realizza un fatturato di oltre 250 milioni di euro che la pone al 5° posto su scala
internazionale, occupa oltre 850 addetti, opera attraverso 13 società, 7 stabilimenti produttivi di cui 3 all’estero, 3
centri di ricerca e 1 scuola di formazione. Il fatturato si rivolge per il 30% all’estero e si distribuisce tra oltre 15 paesi
sparsi su diversi continenti.
330
CAPITOLO SECONDO
LA STRUTTURA SETTORIALE, LA COMPETIZIONE E LE STRATEGIE AZIENDALI
Premessa
Nel capitolo precedente sono stati introdotti gli aspetti definitori del comparto dando la precedenza al prodotto
nelle sue diverse tipologie ed applicazioni, agli attori variamente posizionati lungo la filiera monte-valle ed alle
specificità del processo produttivo. Il quadro che ne esce è un quadro statico, nel quale sono state posate solo
alcune componenti hard. Con questo capitolo, l’analisi ci mostra invece il comparto in “movimento“: comportamenti
degli attori in gioco, dinamiche competitive e sentieri innovativi.
Per riprendere il comparto in azione si è lavorato sul campo presso le imprese dentro e fuori dal distretto,
presso gli attori collocati a monte e valle della filiera. Di questi protagonisti, abbiamo ripreso le rispettive modalità di
presidio delle posizioni sul mercato, le correzioni di rotta introdotte al variare del contesto ambientale ed al
dispiegarsi di nuove opportunità.
Molte delle indicazioni estratte hanno una valenza generale e possono estendersi all’intero comparto, mentre
altre - quali la quantificazione puntuale di alcune grandezze economiche o la definizione di determinate dinamiche –
devono essere ricondotte ad un ambito più circoscritto: quello delle imprese produttrici di adesivi e sigillanti
localizzate all’interno del distretto ceramico o nelle immediate vicinanze (ambito Regione Emilia Romagna).
2.1 La domanda
La domanda che si rivolge alle imprese produttrici di adesivi e sigillanti localizzate nell’area ceramica di
Sassuolo, è articolata in due categorie: le imprese di costruzione/di posa e i rivenditori specializzati di materiali edili
(Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Comparto adesivi e sigillanti: distribuzione % del fatturato per tipologia di clientela al 2005
5%
Imprese edili/ di posa
Rivenditori specializzati
95%
Fonte: Rilevazione diretta
Alla clientela commerciale si indirizza oltre il 95% delle vendite del settore relegando la clientela industriale in
posizione nettamente marginale. Ciò va ricondotto da un lato alla scarsa presenza di grandi imprese di costruzione/di
posa con le quali intrattenere relazioni dirette ed ancor più al ruolo di raccordo ricoperto dalle strutture distributive
(rivenditori specializzati) tra produttori ed utilizzatori.
I magazzini di cui dispongono solitamente le imprese edili maggiori fungono anche da punti di vendita dei
materiali in eccesso: movimentando enormi quantitativi di ordinazioni, conviene loro trattare direttamente col fornitore
per ottenere condizioni commerciali più vantaggiose, siglando accordi commerciali che consentono al produttore di
stabilizzare il rapporto e i fatturati nel tempo.
Al contrario il prezzo praticato alle imprese edili e di posa di minori dimensioni è più elevato a parità di
tipologia e quantità: ciò deriva principalmente dai differenti costi di confezionamento, di distribuzione e dal mark-up
praticato dal rivenditore, per il servizio di intermediazione.
La struttura della clientela risulta “polverizzata”, ogni impresa distribuisce le vendite su un portafoglio-clienti
pari a migliaia di acquirenti solamente in Italia. Se una piccola impresa può, infatti, intrattenere fino a 3.000 relazioni
commerciali, una grande impresa può estendere questo numero fino a 30.000.
331
A questa polverizzazione della domanda “finale” espressa dagli utilizzatori si accompagna una
frammentazione altrettanta spinta della rete di rivenditori specializzati: punti vendita tradizionali, di piccola
dimensione, con limitata capacità di acquisto che coprono in modo uniforme tutto il territorio (Fig. 2.2).
Figura 2.2 - Comparto adesivi e sigillanti: incidenza % sul fatturato totale realizzato dai clienti al 2005
5%
10%
90%
95%
Maggior cliente
Tre maggiori clienti
Resto
Resto
Fonte: Rilevazione diretta
Il rapporto che lega il produttore e il rivenditore è solitamente di lungo corso, intenso e basato sulla fedeltà alla
o alle marche presenti: alla cessazione del rapporto e quindi alla sostituzione del partner si giunge solo in presenza
di mancanze molto rilevanti di una parte o per modifiche che stravolgono le condizioni della relazione commerciale.
La scelta dei rivenditori di avviare relazioni di fornitura privilegiate se non esclusive con un produttore di
adesivi è frequente e risponde ad un duplice intento: acquisire peso contrattuale nei confronti del fornitore per
tradurlo in migliori condizioni commerciali e instaurare una vera e propria partnership strategica per conquistarsi
una posizione di prestigio, di fiducia e preferenza.
La diffusione di simili relazioni di canale porta, in Italia, alla formazione di veri e propri “feudi” distributivi,
ovvero territori definiti e circoscritti sui quali il produttore espande la sua azione di mercato assicurandosi una base di
domanda sicura ed autonoma: la sottrazione di punti vendita da parte di un concorrente - qualora la relazione si
mantenga su livelli di reciproca soddisfazione - appare una possibilità assai remota. A cimentare il rapporto
concorre, inoltre, l’elevato grado di fedeltà alla marca, unitamente alla scarsa sensibilità della domanda a variazioni
esigue di prezzo.
La decisione di legarsi ad un solo fornitore allo scopo di instaurare una relazione fiduciaria e duratura nel
tempo non è altro che la reazione dovuta all’incertezza informativa (collegata ai “costi di conversione”) riguardo la
difficoltà di diagnosticare non solo la qualità del prodotto e la sua funzione d’uso ma anche gli aspetti intangibili
valutabili soltanto nel momento in cui il cliente li sperimenta, come la qualità del servizio di assistenza e la capacità di
“problem solving” del fornitore.
In termini di mercati geografici di sbocco, i nostri produttori di adesivi, tendono a privilegiare la domanda
locale e limitrofa (Fig. 2.3).
Il motivo è da ricollegare ai penalizzanti costi di trasporto che incidono considerevolmente sul prezzo finale e
che precludono relazioni di mercato con l’estero basate su flussi di esportazione. Ciò incoraggia le imprese – come
nel caso di alcune realtà aziendali emiliane meglio dotate sul piano finanziario e con strutture logistiche consolidate
– ad attivare forme di presenza diretta e presidi stabili a difesa e ad incremento delle posizioni di mercato.
Figura 2.3 – Comparto adesivi e sigillanti:ripartizione fatturato Italia/Estero al 2005
40%
Italia
60%
Fonte: Rilevazione diretta
332
Estero
2.2 La struttura dell’offerta e le dinamiche concorrenziali
Le imprese produttrici di prodotti chimici per l’edilizia sono circa una ventina in Italia, sparse omogeneamente
sul suo territorio, e circa la metà di esse è localizzata in Emilia Romagna (Tab. 2.1).
Tabella 2.1 - Comparto adesivi e sigillanti: le imprese di produzione in Italia al 2006
RAGIONE SOCIALE
LOCALIZZAZIONE
REGIONE
Adesital S.p.A.
Ubersetto di Fiorano M. (MO)
Emilia Romagna
Cercol S.p.A.
Sassuolo (MO)
Emilia Romagna
Kerakoll S.p.A.
Sassuolo (MO)
Emilia Romagna
Technokolla S.p.A.
Sassuolo (MO)
Emilia Romagna
Weber Broutin S.p.A.
Fiorano Modenese (MO)
Emilia Romagna
Benfer Chimica S.r.l.
Bazzano (BO)
Emilia Romagna
Litokol S.r.l.
Rubiera (RE)
Emilia Romagna
Opera
Forlì
Emilia Romagna
Rapid Mix S.r.l.
Piacenza
Emilia Romagna
Mapei S.p.A.
Milano
Lombardia
Fassa Bortolo S.r.l.
Treviso
Veneto
SLC
Padova
Veneto
Wellcom S.r.l.
Venezia
Veneto
Seychelles S.r.l.
Alessandria
Piemonte
Colmef S.r.l.
Perugia
Umbria
Eurokoll S.r.l.
Gualdo Tadino (PG)
Umbria
Laticrete S.r.l.
La Spezia
Liguria
Torggler Chimica S.p.A.
Bolzano
Trentino Alto Adige
Rossikoll S.r.l.
Pescara
Abruzzo
Buffa S.r.l.
Trapani
Sicilia
Sassari
Sardegna
Novacalce S.p.A.
Fonte: Rilevazione diretta
La maggior parte delle imprese è sorta tra la fine degli anni ’60 e la seconda metà degli anni ’70, ovvero nel
boom dell’adesivo e della piastrella ceramica nel sistema della posa.
Negli ultimi anni sono state pochissime le nuove entrate nel settore: nonostante dall’esterno il settore appaia
fortemente attrattivo, le elevate barriere all’entrata esercitano una azione dissuasiva ad avviare iniziative produttive
ex novo e a preferire l’ingresso attraverso acquisizione di aziende già presenti nel comparto o in quelli correlati.
La maggior parte delle realtà industriali è costituita da PMI, autonome o appartenenti a gruppi societari. Poche
le realtà produttive di grandi dimensioni che oltre ad avere una posizione dominante in Italia hanno già da tempo
intrapreso un processo di internazionalizzazione.
Il settore presenta una forte polarizzazione dimensionale. Poche imprese di medio-grande dimensione in
posizione di controllo – con una quota di mercato prossima all’85% -, accanto ad una relativa pluralità di imprese
minori che forniscono un apporto marginale al fatturato settoriale, nella misura del 15%.
Ne deriva un assetto competitivo di tipo oligopolistico con un numero ristretto di grandi imprese che guidano
il mercato e concentrano l’offerta con i loro prodotti (Fig. 2.4).
333
Figura 2.4 – Comparto adesivi e sigillanti: la struttura del mercato
Differenziazione del prodotto
Concentrazione dell’offerta
ALTA
BASSA
ALTA
Oligopolio differenziato
Oligopolio omogeneo
BASSA
Concorrenza monopolistica
Concorrenza perfetta
Fonte: Ns. elaborazioni
I produttori (i grandi) possono inoltre fare leva sulla differenziazione che connota la loro offerta e che viene
esaltata da diversi attributi:
•
le caratteristiche fisiche e tecniche del prodotto per la particolare funzione d’uso (design, colore, peso,
resistenza, impermeabilità, facilità d’applicazione);
•
le caratteristiche intangibili in termini di contenuto di servizio della relazione: grado di impegno nel rapporto
col cliente, assistenza tecnica pre/post vendita, consegna, formazione e consulenza nell’applicazione dei
materiali;
•
l’orizzonte spaziale, che spazia dal mercato domestico a quello internazionale, dove quest’ultimo esprime
una eterogeneità di esigenze a cui devono seguire interventi e variegate modalità di risposta. Ciascun
prodotto soddisfa alcuni clienti in determinati territori, e meno altri, a seconda della cultura edilizia insita in
ciascun mercato e del livello tecnologico presente;
•
la verticalità, perché la qualità del prodotto richiede considerevoli investimenti nella R&S, che si traducono
in barriere all’entrata. I prodotti di qualità inferiore e quindi di fascia “bassa” sono utilizzati per opere poco
complesse e per clienti con una limitata propensione di spesa, mentre i restanti di fascia “alta” sono
indirizzati verso una clientela esigente ed attenta al contenuto tecnico ed estetico. Le imprese studiano,
così, in laboratorio soluzioni nuove ed innovative per assicurarne prestazioni superiori, l’inoffensività per
l’uomo e l’ambiente, a giovamento dell’immagine aziendale.
La percezione di differenziazione del prodotto da parte dell’utilizzatore si esprime dunque in termini di
multidimensionalità, spiegata appunto dai differenti attributi intrinseci ed estrinseci: il rapporto produttoreacquirente industriale assume, così, la forma della dipendenza e dell’alimentazione reciproca, viste
l’ampiezza delle esigenze e l’offerta di prodotti molto specifici.
Con la loro evoluzione hanno influenzato le dinamiche del mercato, definito le variabili critiche ed i fattori di
successo nella competizione (Tab. 2.2, Tab. 2.3).
Nella fase iniziale (stadio embrionale) il mercato vede dal lato dell’offerta un solo produttore innovatore che
rivolge, ad una domanda diffidente davanti all’innovazione radicale, un’offerta composta in prevalenza da
adesivi e materiali per la preparazione del sottofondo: i volumi non consentono di dispiegare una capacità
produttiva capace di alimentare economie di scala; la modesta capacità competitiva del prezzo frena la
redditività.
334
Tabella 2.2 – Comparto degli adesivi e sigillanti: evoluzione
Embrionale
(anni ’60)
Vendite/prodotto
contenute
Utilizzatori/acquirenti
pochi, i primi
adottanti
Sviluppo
(1) Anni ‘70
(2) Anni ‘80
forte crescita
Numero e
caratteristiche dei
concorrenti
solo il pioniere
consolidamento
dell’offerta
competizione
difensiva /
aggressiva per la
quota di mercato
competizione per
conquistare
quote di mercato
specializzazione
produttiva
Sviluppo delle vendite
Livello di redditività
rapido
moderato
stagnazione
forte espansione della base di utilizzatori
visti i vantaggi apportati dal prodotto
nuovi entranti
differenziazione
dell’offerta
rapido
alto
Maturità
(anni ’90)
stabilizzazione
della base di
utilizzatori
concentrazione
della base
produttiva
difesa della quota
di mercato
miglioramento
condizioni di
efficienza e
riduzione dei costi
rallentato
alto
moderato
Fonte: Ns. elaborazione
Tabella 2.3 – Comparto degli adesivi e sigillanti: evoluzione delle variabili concorrenziali
Sviluppo
Embrionale
(1)
(2)
Prezzo
X
Prodotto:
-Specializzazione
-Differenziazione
X
X
Servizio
Maturità
X
X
X
X
X
X
X
Azione di marketing
X
Internazionalizzazione
Fonte: Ns. elaborazione
X
Agli inizi degli anni ’70 (stadio di sviluppo 1) il prodotto si diffuse velocemente non appena la domanda
colse i vantaggi apportati dal nuovo prodotto nella posa di pavimentazioni e pareti. L’offerta si ravvivò con
l’ingresso in campo di nuovi produttori che si dedicarono alla conquista di spazi di mercato: le basse
barriere all’entrata, la tecnologia produttiva semplice, gli impianti e i macchinari facilmente reperibili, la
scarsa differenziazione del prodotto, che non creava ancora livelli elevati di fedeltà alla marca e
l’orientamento al prezzo della domanda, costituirono i principali fattori di spinta. Il punto vendita (rivenditori
di materiali e prodotti per l’edilizia) divenne ben presto il luogo di confronto tra offerte esibite dai diversi
produttori: cominciarono ad emergere - e finirono per essere premiati sul piano competitivo - quei
marchi/prodotti proposti da imprese dotate di maggiore propensione innovativa di prodotto (qualità, facilità
di uso dei materiali e longevità dell’intervento) e di processo (alimentazione di economie di scala nella
produzione), capacità di investimento nell’attività di R&D. Lo sviluppo delle vendite e la redditività
335
assunsero ritmi elevati in quanto, se il confronto tra i produttori si era fatto più serrato, dall’altra la loro
offerta era assorbita da un enorme bacino di domanda tenuta viva grazie al boom del settore e del
consumo di piastrelle di ceramica.
A partire dalla seconda metà degli anni ’70 (stadio di sviluppo 2), il comparto vive una seconda stagione di
crescita. La costante crescita della domanda, ormai convinta dei vantaggi applicativi del prodotto adesivo,
fu soddisfatta e alimentata dall’offerta più ricca: agli adesivi e prodotti ausiliari le imprese affiancarono
nuovi materiali di ripristino, di difesa e di decorazione. La qualificazione e l’arricchimento del portafoglio
prodotti fu giocato in chiave difensiva verso potenziali entranti ed offensiva verso i concorrenti diretti. Sul
fronte della distribuzione i rivenditori si ancorarono maggiormente a marchi più dettagliati al fine di
completare il proprio assortimento. Simile condotta riduceva fortemente il grado di sostituibilità disponibile
a favore degli applicatori (i marchi consolidati erano percepiti “migliori” e potevano praticare prezzi più
convenienti mediante il raggiungimento di maggiori economie di scopo). Il confronto concorrenziale tra i
produttori si concentrò sulla difesa delle quote, manovra che passava attraverso il rafforzamento della
relazione con la clientela commerciale, nutrita da una accresciuta dose di contenuto di servizio e di
prestazioni: completezza assortimentale, disponibilità dei prodotti nel tempo e nello spazio, pronta capacità
di risposta in casi di necessità e fedeltà commerciale paritaria in sede negoziale.
Con gli anni ’90 si apre una fase di maturità che ci porta fino ai giorni nostri. La scena competitiva
nazionale è dominata da poche imprese, consolidate, specializzate e che esibiscono un elevato grado di
stabilità organizzativa e di posizionamento. La concorrenza premia le imprese più efficienti che si reggono
su una grande struttura operativa, mentre quelle di minore dimensione che non poggiano su relazioni
orizzontali sono esposte a situazioni di difficoltà e attraversano momenti di instabilità economica e
finanziaria. La competizione tra imprese spinge verso fusioni, incorporazioni e alleanze atte a ridurre la
rivalità e a migliorare i livelli di profittabilità. Nel mercato italiano le vendite e i livelli di redditività hanno
smarrito i ritmi del passato in presenza di una domanda ormai satura. Le relazioni di canale
produttore/distributore/applicatore si sviluppano nel segno di un forte grado di fedeltà, e la bassa
sostituibilità di prodotto si esplicita anche nella difficoltà dei produttori a proporre soluzioni dal contenuto
innovativo: elemento questo ultimo che viene, comunque, ritenuto uno dei fattori competitivi di maggiore
rilevanza (Tab. 2.4).
Tabella 2.4 – Importanza relativa dei fattori competitivi nei rapporti con la clientela
Poco
Clientela italiana
importante
Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela
1
2 3 4
5
6
Molto
importante
7
Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti
1
2
3
4
5
6
7
Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto
1
2
3
4
5
6
7
Rapidità e puntualità nei tempi di consegna
1
2
3
4
5
6
7
Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…)
1
2
3
4
5
6
7
Competitività di prezzo
1
2
3
4
5
6
7
1
2
3
4
5
6
7
Capacità di credito a favore della clientela
Fonte: Rilevazione diretta
Gli acquirenti hanno maturato una approfondita conoscenza del prodotto e il rapporto di fornitura si basa su
selezioni e scelte già avviate e ferme. La sostanziale omogeneità dell’offerta – nonostante la rinnovata attenzione
alla qualità del prodotto ed al pacchetto di servizi che lo circonda - lascia spazio a manovre competitive basate sul
prezzo.
La competizione tra imprese tende, quindi, a stabilizzarsi su poche variabili “chiave” (Tab. 2.5) il cui esito è
largamente favorevole alle imprese di maggiore dimensione che possono disporre di risorse critiche di successo
(know how tecnico, competenze specialistiche), dispiegare sul territorio una fitta ed aggressiva rete di agenti di
vendita e far leva sulla propria posizione di brand image come elemento di forza ed esperienza. Non ultimo la
dotazione di una elevata capacità produttiva che consente di fruire di significative economie di costo che assicurano
una forte incisività alla leva prezzo
336
Tabella 2.5 - Le variabili competitive, i fattori critici di successo e le funzioni aziendali critiche
VARIABILI
FUNZIONI AZIENDALI
FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
CONCORRENZIALI
CRITICHE
Prodotto
Innovazione di prodotto
R&S
Brand Image
Vicinanza al mercato
Costi di struttura e di posizione
(dimensione impianti, delocalizzazione produttiva,
approvvigionamento materie prime, robusti capitali)
Logistica e Forza di Vendita
Produzione
Innovazione di processo
Finanza
Prezzo
Approvvigionamenti
Fonte: Ns. elaborazione
Tutte queste condizioni rappresentano, conseguentemente, elevati ostacoli all’entrata di nuovi concorrenti e
spingono le imprese più grandi e più dotate di risorse a ricercare all’estero nuovi spazi in mercati ad alto potenziale
di consumo. Pur nella condizione di saturazione, il mercato italiano rimane senza dubbio il territorio su cui è
concentrata gran parte delle imprese locali, che si affrontano affidandosi ad una variegata gamma di azioni
competitive (Tab. 2.6).
Tabella 2.6 – Comparto adesivi e sigillanti: il fulcro dell’impegno strategico
Basso
impegno
Diminuzione dei costi di produzione
Miglioramento del contenuto tecnico/prestazionale di prodotto
Arricchimento dell’offerta di prodotto con materiali innovativi
Realizzazione di prodotti ad hoc per nuovi mercati
Introduzione di nuove tecnologie:
di produzione
di progettazione
di gestione (informazione, comunicazione)
Avviamento/espansione della produzione all’estero
Apertura di filiali commerciali in mercati esteri
Ampliamento del numero di mercati geografici
d’esportazione
Espansione della base della clientela:
•
In Italia
•
All’estero
Aumento del numero dei venditori diretti
Aumento del numero degli agenti
Accrescimento della flessibilità produttiva
Miglioramento delle condizioni di servizio (capacità di
proposta e di risposta alle esigenze della clientela)
Sviluppo del contenuto della relazione con la clientela tramite:
integrazione delle competenze
co-progettazione (linee di prodotto, proposte,
soluzioni,…)
condivisione e lo scambio di risorse e competenze
Definizione di forme di partnership o alleanze con:
altre imprese italiane produttrici di adesivi e sigillanti
altre imprese estere produttrici di adesivi e sigillanti
aziende ceramiche italiane
produttori di tecnologia
Fonte: Rilevazione diretta
337
Alto
impegno
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
4
4
4
4
5
5
5
5
6
6
6
6
7
7
7
7
1
1
1
1
1
2
2
2
2
2
3
3
3
3
3
4
4
4
4
4
5
5
5
5
5
6
6
6
6
6
7
7
7
7
7
1
2
3
4
5
6
7
1
1
1
1
1
2
2
2
2
2
3
3
3
3
3
4
4
4
4
4
5
5
5
5
5
6
6
6
6
6
7
7
7
7
7
1
2
3
4
5
6
7
1
2
3
4
5
6
7
1
2
3
4
5
6
7
1
2
3
4
5
6
7
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
4
4
4
4
5
5
5
5
6
6
6
6
7
7
7
7
2.3 L’innovazione: il campo del confronto
Le modificazioni dell’assetto strutturale del settore indotte dalle dinamiche del mercato hanno spinto le
imprese (di certo quelle maggiori) a profondere un crescente impegno nell’azione innovativa, azione che si è
dispiegata con diversa intensità nel corso del tempo su distinti livelli di innovazione: tecnologica, organizzativa e di
marketing (Fig. 2.5).
•
Innovazione tecnologica. L’azione delle imprese ha visto nel prodotto e nel processo i due terreni elettivi
di intervento con precise scelte di campo tra le imprese stesse. Sul piano dell’innovazione di prodotto si
assiste ad una prima distinzione in termini di campo: le realtà aziendali di piccola dimensione hanno
affinato la loro specializzazione nella produzione di adesivi, sigillanti e materiali ausiliari, mentre quelle di
medie-grandi dimensioni hanno allargato il portafoglio prodotti con soluzioni di ripristino, sistemi tecnici di
isolamento ed impermeabilizzazione (Tab. 2.7).
Su questi distinti campi le imprese hanno profuso impegno ed investimenti in R&D per giungere a nuove
soluzioni, miglioramenti delle caratteristiche tecniche e performanti sfruttando, di fondo, la tecnologia
esistente. I migliori risultati sono stati conseguiti dalle imprese di maggiore dimensione che, dato il loro
profilo economico e tecnologico, hanno potuto garantire una complessità superiore nella resa dei materiali
e rivendicare in sede negoziale un maggior livello di qualità.
Per quanto riguarda l’innovazione di processo si rileva che l’efficienza della produzione è legata ad elevate
capacità produttive, così come quelle commerciali-distributive dipendono da una consistente base di agenti
di vendita e da una profonda organizzazione logistica. I processi di comunicazione invece possono far le