I settori correlati all`industria ceramica: tra dipendenza ed autonomia
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I settori correlati all`industria ceramica: tra dipendenza ed autonomia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA Dipartimento di Economia Aziendale Progetto di ricerca “IL SISTEMA CERAMICO DI FRONTE ALLA GLOBALIZZAZIONE: STRATEGIE DI IMPRESA E STRATEGIE DI SISTEMA” (Responsabile scientifico: Prof. Tiziano Bursi) Secondo Documento I settori correlati all’industria ceramica: tra dipendenza ed autonomia Settembre 2006 Copyright © 2006 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Dipartimento di Economia Aziendale Viale Berengario, 51 41100 Modena Tel. 059/2056922 – Fax 059/2056928 www.economia.unimore.it Settembre 2006 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi mezzo, se non nei termini previsti dalla legge che tutela il diritto di autore. INDICE Presentazione (Tiziano Bursi) p. II Parte prima IL SISTEMA CERAMICO: UNA LETTURA DI SINTESI I settori correlati all’industria ceramica: i risultati della ricerca (Gianluca Marchi) Introduzione p. 4 1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia p. 5 1.2 Distretto e internazionalizzazione p. 7 1.3 L’evoluzione dei comportamenti strategici p. 13 1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi p. 18 1.5 Conclusioni e implicazioni di policy p. 22 Parte seconda IL SISTEMA CERAMICO: I COMPARTI Il comparto delle materie prime ceramiche: struttura e dinamiche di mercato (Tiziano Bursi – Davide Fornetti) p. 25 Il settore meccano-ceramico: l’antenna tecnologica dell’industria ceramica (Tiziano Bursi – Alessandro Calabriso) p. 75 Colorifici ceramici: profilo di settore e strategie di internazionalizzazione (Tiziano Bursi – Stefano Franzoni) p. 135 Le imprese di serigrafia e gli studi grafici nel distretto della ceramica di Sassuolo (Tiziano Bursi – Mauro Di Fiore) p. 190 Il comparto dei corredi ceramici: struttura settoriale e relazioni di mercato (Tiziano Bursi – Claudio Giacchetti) p. 209 I produttori di imballaggi per il settore ceramico (Tiziano Bursi – Davide Fornetti) p. 245 La logistica nel distretto ceramico: modelli, attori e infrastrutture (Tiziano Bursi – Davide Fornetti – Luca Bortoli) p. 256 Le imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica (Elisa Martinelli) p. 291 Adesivi e sigillanti per l’edilizia: struttura settoriale e strategie aziendali (Tiziano Bursi – Luca Bortoli) p. 319 PRESENTAZIONE (Tiziano Bursi) Una delle caratteristiche distintive dell’industria ceramica all’origine è la sua organizzazione a base distrettuale. E cioè, la forte concentrazione delle imprese all’interno di un territorio ristretto lungo l’asse SassuoloFiorano-Casalgrande a cavallo delle province di Modena e Reggio Emilia. Su questa area geografica – che si è progressivamente estesa fino all’attuale configurazione – fattori localizzativi e sector specific, hanno fatto da seme alla nascita ad allo sviluppo della produzione di piastrelle di ceramica che è andata sempre identificandosi con il territorio stesso. Una seconda peculiarità – che non sempre ricorre nella storia e nell’evoluzione dei distretti produttivi - è la connotazione sistemica. Con il trascorrere del tempo, attorno al nucleo di produttori di piastrelle, è sorto e si è diffuso un numero crescente di attività complementari manifatturiere e di servizi che hanno orientato lo sviluppo del distretto in senso verticale e trasversale lungo la filiera. Un sistema costituito in misura prevalente di piccole imprese capitanate da imprenditori sorti dal basso, che dopo aver maturato una esperienza di lavoro alle dipendenze di aziende ceramiche, si sono staccati per intraprendere una avventura imprenditoriale. Imprese giovani, imprenditori di prima generazione che hanno saputo cogliere le opportunità offerte dalla progressiva esternalizzazione di attività manifatturiere e di servizi da parte delle aziende ceramiche. Un sistema, dunque, figlio dell’industria ceramica di Sassuolo, che vede oggi alcuni componenti, cresciuti in modo precoce, proiettarsi oltre i confini del distretto, ed altri più timorosi e restii ad allontanarsi dallo stesso. Anche per questo sistema di imprese suona la campana della globalizzazione: un fenomeno che non deve essere temuto, ma colto nelle opportunità di cui si fa portatore: come l’industria ceramica ha potuto svilupparsi nei momenti in cui l’internazionalizzazione del nostro paese era più intensa, anche le imprese del sistema ceramico possono partecipare al processo crescente di integrazione dell’economia su scala internazionale. La competizione su scala globale può rappresentare per queste imprese un fattore di crescita, anche se non facile da perseguire. Quello che si è formato nel distretto di Sassuolo è un sistema articolato e “resistente” perché accanto a molte piccole-piccolissime imprese, vi sono anche imprese (poche) di dimensione media in grado di sviluppare quelle capacità e quei saperi che favoriscono il processo di fertilizzazione delle competenze sul territorio facendo crescere tutto il sistema produttivo. Un sistema, ancora, che pare giunto al culmine della sua fase di sviluppo quantitativo, ma ancora poco interessato da processi di semplificazione della base strutturale e di consolidamento dimensionale delle imprese veicolati da spinte acquisitive e fusioni tra imprese: processi che ridisegnano la mappa industriale del territorio sia sotto il profilo proprietario che di specializzazione settoriale. Questa scarsa propensione alla crescita può rappresentare un ostacolo per le imprese ad inoltrarsi in mare aperto: nel mercato globale ci sarà sempre un posto per la piccola e media impresa, ma questa dovrà avere una dimensione più grande della piccola impresa del mercato locale. Di questo sistema, il presente rapporto raffigura le diverse componenti: di queste realtà traccia un profilo evolutivo, legge le modalità relazionali con il settore ceramico, coglie le aspirazioni di maggiore autonomia e di estensione dei confini oltre il distretto locale senza ignorare i “cordoni” che le tengono ancora saldamente agganciate al cuore del sistema: la produzione di piastrelle. I comparti che compongono il sistema, e che nel corso del tempo ha assunto la forma di un “mosaico dinamico” per la mutazione prodotta dall’inserimento di nuovi tasselli e per il “cambio di pelle” vissuto da alcuni di loro, sono i seguenti: • • • • • • • • • Produttori e trader di materie prime ceramiche Costruttori di tecnologia e impianti per la produzione di piastrelle di ceramica Colorifici ceramici Corredi ceramici Studi grafici e serigrafie Società di trading di piastrelle di ceramica Produttori di adesivi e sigillanti Produttori di imballaggi Imprese di logistica e trasporti II Queste “forze”, come tanti reparti ausiliari di un esercito, si sono dimostrate con il passare del tempo, l’arma segreta dell’industria ceramica italiana che ha permesso alle sue imprese di essere forti in casa e vincenti sul mercato internazionale. Un sistema ceramico, infine, ancora confinato tra i fiumi Panaro e Tresinaro, quando ormai le prime imprese ceramiche si sono ormai “estese” su territori molto più dilati: un invito, una sollecitazione a violare gli angusti confini locali e realizzare un sistema ceramico più ampio, più internazionale………..e perché, non insieme, alle imprese ceramiche. La realizzazione di questo secondo “stadio” del progetto di ricerca è frutto del gruppo di lavoro del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia coordinato da Tiziano Bursi (Responsabile Scientifico) e composto da Tiziano Manfredini, Giuseppe Nardin, Gianluca Marchi, Elisa Martinelli, Silvia Grappi, , Marina Vignola, Bernardo Balboni, Elisa Degoli, Claudio Giachetti, Stefano Malagoli e Patrizia Vecchi. A rinforzare la capacità di ricerca sul campo si sono aggiunti alcuni giovani quanto brillanti laureati dei quali abbiamo apprezzato l’impegno ed ancor più l’intelligenza: Luca Bortoli, Alessamdro Calabriso, Mario di Fiore, Davide Fornetti, Stefano Franzoni. A loro va molta riconoscenza. Coerentemente con l’impostazione assunta dal progetto di ricerca, anche questo secondo tratto di strada è stato compiuto in stretto raccordo con i protagonisti e gli attori del sistema ceramico: le imprese, le loro associazioni o espressioni rappresentative. A loro abbiamo proposto il disegno e l’architettura del piano di lavoro ricevendo un contributo di idee, di suggerimenti e di chiavi di lettura di grande stimolo. Al ringraziamento collettivo alle tante imprese del sistema ceramico coinvolte nel progetto, uniamo una espressione di gratitudine particolare a Daniele Bandiera (Ceramicolor), Paolo Gambuli (Acimac), Enzo Manara (Cerarte) e Mauro Minozzi (CNA). Il presente documento è parte integrante del Progetto di ricerca “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema” promosso da un gruppo di docenti e ricercatori del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il progetto si avvale del sostegno economico di diversi attori espressione del mondo delle imprese (Assopiastrelle, Acimac, Cna) e del mondo delle istituzioni pubbliche territoriali (Regione Emilia Romagna, Provincia di Modena e Comuni di Sassuolo, Fiorano, Maranello, Formigine, Castellarano, Casalgrande e Scandiano). III PARTE PRIMA Il sistema ceramico: una lettura di sintesi 1 I SETTORI CORRELATI ALL’INDUSTRIA CERAMICA: I RISULTATI DELLA RICERCA (Gianluca Marchi) 2 INDICE Introduzione p. 4 1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia p. 5 1.2 Distretto e internazionalizzazione p. 7 1.3 Dove stanno andando i comparti del ceramico? Fattori competitivi critici e direzioni fondamentali dell’impegno strategico p. 13 1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi p. 18 1.5 Conclusioni e implicazioni di policy p. 22 3 I SETTORI CORRELATI ALL’INDUSTRIA CERAMICA: I RISULTATI DELLA RICERCA INTRODUZIONE Per comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione competitiva, non basta osservare le dinamiche relative al solo settore di produzione delle piastrelle. Questo rappresenta certo il cuore del sistema, ha dato la genesi al distretto e, in un qualche modo, ne rappresenta il principale vettore di immagine sui mercati internazionali. Ma la capacità di competere ed innovare dei produttori di ceramica, in definitiva di creare valore per i mercati, ha da sempre trovato un sostegno importante nell’azione di un complesso insieme di attività manifatturiere e di servizi strettamente connesse ed interdipendenti, storicamente inserite anch’esse all’interno del distretto di Sassuolo. Il supporto di queste attività – in larga parte frutto di iniziative imprenditoriali locali, promosse da soggetti con alle spalle esperienze professionali maturate all’interno di aziende ceramiche – ha contribuito ad accrescere la “densità” del tessuto produttivo locale, a definire sempre meglio gli ambiti di specializzazione interni al distretto e, soprattutto, a sviluppare una complessa macchina di innovazione distribuita, fondamentale per sostenere la competitività dei prodotti finali. La mappa di comparti correlati che nel tempo si è formata è vasta ed articolata (Fig. 1.1): trader di materie prime, colorifici ceramici, costruttori di impianti, corredi ceramici, studi grafici e serigrafie, produttori di imballaggi, espositori, produttori di adesivi e sigillanti, imprese di trasporto e logistica e imprese commerciali. Comparti anche molto diversi tra loro per profilo tecnologico, strutture di impresa, storie imprenditoriali, tassi di crescita, gradi di internazionalizzazione, ma tutti storicamente accomunati da un forte radicamento territoriale. E, in un qualche modo, ciascuno per la propria specializzazione, tutti chiamati a dare un contributo al consolidamento del valore complessivo del sistema, attraverso la costante innovazione, il recupero di efficienza, la capacità di interagire efficacemente sul piano operativo e strategico con le altre componenti del sistema, in primis con i produttori ceramici. Il sistema ceramico così rappresentato è un’organizzazione complessa che crea valore per il mercato finale avvalendosi dei contributi dei singoli pezzi che lo compongono; e funziona se tutti continuano a mantenere elevata nel tempo la propria competitività, anche investendo fuori dai confini distrettuali, quando necessario. E’ la competitività dei comparti che, in definitiva, fa la competitività del sistema distrettuale. Ed è la competitività delle imprese che fa la competitività del singolo comparto. Figura 1.1 - Il sistema del valore nel ceramico: la mappa dei comparti e delle loro interazioni TERZO FUOCO TECNOLOGIA MATERIE PRIME Progettisti COMMERCIALI COLORIFICI Imprese edili Agenti PRODUZIONE CERAMICA RIVENDITORI / GDO Espositori ADESIVISIGILL. Consumatore - Posatori ALTRI SERVIZI Architetti LOGISTICA 4 Un complesso di attività manifatturiere e di servizi strettamente connesse ed interdipendentI Il sistema ceramico funziona se tutti continuano a mantenere elevata la propria competitività 1.1 Le componenti settoriali del sistema distrettuale ceramico: tra dipendenza e autonomia Tutte le diverse componenti settoriali e aggregazioni produttive del distretto ceramico hanno trovato la loro genesi negli anni ’70, sotto l’impulso di centinaia di iniziative imprenditoriali individuali, innescate da processi di spin-off o di imitazione competitiva. Fin dalle origini, la correlazione col settore della produzione ceramica di questi comparti è stata molto forte, sia sul piano operativo sia su quello delle iniziative strategiche: per il miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi e logistici, per l’innalzamento del contenuto estetico di prodotto, per lo sviluppo dell’attività di vendita sui mercati internazionali. Col passare degli anni, tuttavia, le modalità di relazione ed il grado di dipendenza dal settore ceramico dei diversi comparti sono andate differenziandosi: alcuni hanno mantenuto in modo netto il tratto distintivo di una forte caratterizzazione territoriale, come il terzo fuoco e gli studi serigrafici; altri hanno progressivamente distanziato le proprie linee evolutive da quelle delle imprese ceramiche, sviluppando percorsi di crescita più autonomi, come nel caso dei colorifici e dei produttori di tecnologia ceramica. La mappa dei comparti non è pertanto immutabile nel tempo. La storia del distretto ceramico degli ultimi trenta anni già ha evidenziato una diversa capacità dei comparti di rendersi autonomi sul piano competitivo, in prima battuta estendendo l’orizzonte geografico dei mercati serviti oltre i confini distrettuali e nazionali, poi introducendo alcuni specifici elementi di originalità nei modelli di innovazione e nei comportamenti competitivi. Tanto meno la mappa dei comparti, nelle modalità di interrelazione e nell’articolazione interna, appare immutabile oggi, di fronte agli intensi cambiamenti nella competizione mondiale del ceramico, che stanno producendo effetti non solo sui produttori di piastrelle, ma anche sugli altri comparti operanti nel distretto, sia direttamente che indirettamente. L’impatto di tali effetti è commisurato sia alla forza intrinseca di questi comparti, sia alla capacità di reazione ed innovazione delle imprese al loro interno. Occorre pertanto capire bene quali di questi effetti assumano caratteristiche disgregatrici del tessuto competitivo locale. Quali, invece, stimolino innovazioni in grado di riprodurre il vantaggio competitivo in forme diverse rispetto al passato. Una domanda da porsi è, ad esempio, se e come le evoluzioni sul piano competitivo, che hanno spinto negli ultimi anni alcuni importanti gruppi ceramici ad investire nella produzione lontano dal distretto, si rifletteranno sui rapporti con i settori correlati e le attività di servizio. Spingeranno ad una crescente internazionalizzazione delle attività anche nei comparti collegati, oppure produrranno un distanziamento più netto tra questi e l’industria ceramica sul piano dei comportamenti competitivi e delle performance? O ancora, la necessità, avvertita in tutti i comparti, di innalzare lo standing qualitativo dell’offerta e di sviluppare strategie di differenziazione in modo più compiuto, soprattutto sui mercati internazionali, quali aspettative di collaborazione innovativa muovono nei confronti dei settori correlati? Alcuni primi effetti sono già chiari e così anche le sfide competitive che si sono aperte nei principali comparti. Vediamo brevemente di anticiparne alcuni, prima di procedere ad un’analisi più dettagliata sulla base dei principali risultati scaturiti dall’indagine sul campo. Nel meccano-ceramico la leadership mondiale delle imprese italiane è tutta contenuta nelle cifre, sia in termini di valori venduti che di quote di mercato. La sfida competitiva è, però, ben lungi dall’essere definitivamente vinta. Prima di tutto, solo poche grandi imprese leader sono davvero in grado di presidiare in modo articolato i mercati internazionali; mentre la platea vasta di imprese specializzate opera come satelliti dei leader, spesso trainate sui mercati esteri dall’azione dei grandi impiantisti. Soprattutto, poi, si sta assistendo alla nascita e alla rapida evoluzione di nuovi competitor nei mercati emergenti, che stanno cominciando ad erodere quote ai leader italiani a partire dal basso di gamma, puntando naturalmente su vantaggi di costo, ma anche su crescenti dosi di prestazionalità e complessità dell’offerta. Nel settore dei colorifici, le connotazioni globali della sfida competitiva si sono manifestate con largo anticipo rispetto agli altri comparti. I circa trenta colorifici spagnoli sviluppano un fatturato complessivo che oggi è di circa il 70% superiore al comparto italiano (la differenza è in realtà molto maggiore perché nel dato italiano vanno a riversarsi anche le vendite delle filiali italiane dei gruppi spagnoli). Le imprese spagnole hanno saputo esprimere, già a partire dagli anni ’90, una dinamicità decisamente superiore sul piano delle strategie di internazionalizzazione: sia per quanto riguarda i mercati, raggiungendo precocemente le aree di più recente industrializzazione ceramica; sia per quanto riguarda le forme di presenza, più articolate sul piano dei mercati e più strutturate sotto il profilo organizzativo. Sebbene negli ultimi anni i tassi di sviluppo tra i due comparti nazionali sembrino essersi un poco riallineati, è opinione diffusa che gli italiani siano “dieci anni indietro rispetto agli spagnoli” nell’inseguire i cambiamenti nella mappa mondiale nella produzione ceramica. Evidenze diverse sembrano emergere dal settore del terzo fuoco e decori. Si tratta di una realtà di comparto che per certi versi è ancora specificamente “italiana” (non sono segnalate nascite di comparti analoghi per dimensioni sulle altre aree di offerta ceramica nel mondo), ma su cui le dinamiche competitive 5 Col passare degli anni le modalità ed il grado di dipendenza del settore ceramico dei diversi comparti sono andate differenziandosi Nel meccanoceramico la leadership mondiale delle imprese italiane è tutta contenuta nelle cifre, ma la sfida competitiva è lungi dall’essere definitivamente vinta Nel settore dei colorifici gli italiani sono “dieci anni indietro rispetto agli spagnoli” Terzo fuoco e decori…una realtà ancora specificamente “italiana” globali finiscono per incidere ugualmente in modo pesante, anche indirettamente. I problemi di competitività possono derivare, infatti, non solo dal minor ricorso alle lavorazioni di terzo fuoco e ai corredi da parte delle imprese ceramiche italiane; ma anche da loro scelte relative al grado di internalizzazione delle lavorazioni. Questo vale soprattutto per gli stabilimenti produttivi all’estero, lontano dal territorio distrettuale: i ceramisti dichiarano che, passando da una produzione distrettuale ad un impianto all’estero, gli acquisti di queste lavorazioni da fornitori distrettuali si riducono dal 90% al 50%. In realtà, è la stessa tipologia di produzione svolta all’estero che necessita di fabbisogni ridotti di lavorazioni supplementari. La percezione di grande difficoltà e di elevata incertezza competitiva avvertita in modo intenso dagli operatori di questo comparto è soprattutto legata alla necessità, sempre più evidente, di assumere a livello di impresa decisioni di portata strategica enormemente superiore rispetto al passato: fare il salto di qualità verso propri marchi e una maggiore capacità autonoma di presenza sui mercati internazionali? Stare dentro al distretto per continuare a servire (meglio) i ceramisti che restano? Andare fuori dal distretto per collocarsi vicino ai nuovi insediamenti dei produttori? Per le società commerciali, poi, c’è un ulteriore punto che ci pare utile segnalare in sede di premessa. Quando le mappe della produzione mondiale di un settore cambiano rapidamente, e questo sembra il caso attuale del ceramico, gli attori di intermediazione giocano di solito un ruolo centrale nelle prime fasi dei processi di trasformazione. Possono svolgere un ruolo a favore dei nuovi competitori emergenti, supportandoli nella collocazione sui mercati internazionali della loro produzione, così di fatto contribuendo alla propagazione e accelerazione dei processi riallocativi della produzione. Ma possono agire anche a favore dei competitor delle aree di offerta consolidate, aiutandoli nei processi di approvvigionamento internazionale dei prodotti a basso costo, in questo modo sostenendoli nel loro riaggiustamento competitivo. Per potere svolgere l’uno o l’altro ruolo, comunque, gli intermediari devono sapere estendere l’ambito geografico della propria azione e accettare di affrontare problematiche di gestione più complessa ed un maggiore rischio operativo e strategico. E’ ancora troppo presto per dire se le società commerciali del ceramico operanti nel distretto sassolese stanno riuscendo a svolgere bene questi ruoli, diversi rispetto a quelli tradizionalmente assolti. Le evidenze empiriche, pur molto più frammentarie rispetto agli altri comparti, ci rimandano il quadro di un settore che sta crescendo nei suoi valori di intermediazione, ma che sembra ancora in fase di forte ristrutturazione e transizione, sia negli assetti societari che nei posizionamenti strategici. Questi primi spunti di riflessione consentono di capire come l’impatto della globalizzazione competitiva sui comparti della filiera ceramica sia davvero già piuttosto consistente. L’impatto è però molto diverso quanto ad intensità e conseguenze prodotte, come già emerso da questa prima introduzione. In alcuni casi le spinte all’autonomia sembrano preponderanti; in altri, nuove interdipendenze tra componenti settoriali del sistema sembrano emergere, rese necessarie dall’evoluzione della competizione internazionale. L’analisi successiva proverà a cogliere meglio queste differenze e fare chiarezza su queste spinte contrapposte. C’è soprattutto un dato, tuttavia, che sembra accomunare questi comparti e su cui riflettere in premessa del lavoro: è il dato della redditività, che nella prima metà del decennio risulta complessivamente in ribasso presso molti comparti (Tab. 1.1), con la sola significativa eccezione del settore degli adesivi e sigillanti. Il trend è positivo, almeno in parte, per serigrafia e studi grafici, dove ad accrescersi è soltanto la redditività delle vendite, e settore logistico, nel quale la redditività si innalza, ma sempre rimanendo su valori assoluti molto bassi. Negli altri settori, l’erosione dei margini è resa piuttosto evidente dei dati, con perdite significative soprattutto dei corredi ceramici. La natura campionaria della rilevazione obbliga a relativizzare la portata del dato: in alcuni comparti il dato medio è influenzato da risultati di alcuni attori con performance molto positive o molto negative. Resta, tuttavia, il segnale chiaro di una difficoltà molto diffusa nella conservazione dei margini, reso ben esplicito dall’osservazione della dinamica temporale. L’analisi dell’evoluzione dei dati in termini di valore aggiunto percentuale e incidenza del costo del lavoro consente di arricchire il quadro interpretativo di quanto accaduto dall’inizio del decennio (Tab. 1.1). In un certo senso, una redditività ridotta è il prezzo da pagare per la competizione che si surriscalda a livello mondiale. Almeno in una prima fase, questo fenomeno può apparire, in un qualche modo, inevitabile. Il punto è capire se e quanto l’erosione dei margini possa protrarsi nel tempo, senza pregiudicare i fattori di fondo della competitività dei diversi comparti. A ben ragionare, è un po’ come chiedersi se i vantaggi competitivi del passato possano sussistere anche per il futuro, magari accettando una redditività ridotta; o se, invece, l’innovazione nel modo di competere diventerà essenziale per ridare consistenza ai bilanci o per limitare un’ulteriore erosione dei profitti. 6 Le società commerciali…un settore che sta crescendo ma che sembra ancora in fase di ristrutturazione e transizione L’impatto della globalizzazione competitiva sui comparti ceramici è davvero già consistente. Un dato sembra accomunare questi comparti: la redditività, che risulta complessivamente in ribasso presso molti comparti Tabella 1.1 - Sistema ceramico: indicatori di performance economica dei comparti (valori %) N° imprese campione ROI 2000 2004 Meccano-ceramico 48 8,1 5,8 Colorifici 19 3,3 2,7 Adesivi e sigillanti 8 8,9 13,2 Corredi ceramici 33 5,6 0,9 Serigrafie 4 19,33 16,5 Commerciali 41 nd nd Imballaggi 4 9,0* 8,6 Logistica 10 3,7 4,3 Fonte: Rilevazione diretta e ns. elaborazioni *Valore al 2001 nd, non disponibile ROS 2000 7,7 3,3 8,2 4,9 16,4 nd 5,4* 2,2 2004 5,9 2,8 17,2 0,9 17,2 nd 5,3 2,7 Valore aggiunto/Fatturat o 2000 2004 25,2 26,2 23,2 23,8 21,8 30,7 36,5 32,3 46,8 44,8 nd nd 22,3* 18,2 18,4 19,1 Costo del lavoro/valore aggiunto 2000 2004 54,7 60,9 61,6 62,7 48,8 32,3 73,6 83,3 55,0 50,0 nd nd 64,1* 59,6 72,2 75,0 Ragionare sul futuro di questi comparti, inevitabilmente, porta ad interrogarsi su alcuni temi critici essenziali, che verranno sviluppati nella parte successiva del lavoro: i) Il primo tema è quello del radicamento distrettuale e del suo rapporto con le strategie di internazionalizzazione. Quanto il radicamento territoriale paga ancora? Quanto, cioè, l’appartenenza ad uno specifico sistema territoriale risulta ancora un tratto essenziale della competitività attuale e prospettica dei comparti esaminati? O, piuttosto, solo un salto di quantità e qualità nella presenza sui mercati internazionali potrà rappresentare il punto di snodo per il recupero di una competitività più solida? Si esaminerà la dipendenza dei comparti da fornitori e clienti distrettuali, la capacità di crescere degli stessi fuori e dentro il distretto, l’intensità e i modi della presenza internazionale delle imprese. ii) Il secondo tema riguarda l’evoluzione del pensiero e dell’azione strategica delle imprese dei diversi comparti. Quali sono i fattori competitivi valutati come critici per la competizione sul mercato locale e sui mercati esteri? Quali le direzioni strategiche assunte in modo prioritario dalle imprese? Si cercherà di capire come questi cambiamenti in corso negli assetti competitivi dei comparti stanno modificando le modalità di interdipendenza degli stessi in ambito distrettuale, se prevalgono le spinte all’autonomizzazione o se nuovi modelli di interrelazione si stanno affermando. iii) Il terzo tema, infine, sposta il fuoco dell’analisi sulle prospettive di innovazione. Quali forme sta assumendo l’innovazione presso questi comparti? E su quali dimensioni l’innovazione sta principalmente procedendo: tecnologiche, organizzative, di marketing? Quanto poi questi fenomeni innovativi sono diffusi o quanto, invece, le imprese sono differenziate per capacità di innovare? E, infine, quanto le singole fonti di innovazione, isolatamente o in combinazione tra loro, stanno favorendo la nascita di nuovi modelli di business, nuovi modelli di competere? 1.2 Distretto e internazionalizzazione Il primo terreno di approfondimento riguarda la comprensione del rapporto oggi esistente tra radicamento distrettuale e strategie di internazionalizzazione. Le fortissime pressioni al cambiamento esercitate del contesto esterno e l’incertezza su come fronteggiare le nuove sfide competitive stanno alimentando, tra gli attori dei diversi comparti ceramici, un dibattito che assume caratteristiche non troppo dissimili da quello già osservato nel settore di produzione delle piastrelle. Ancora una volta l’elemento posto in discussione è il grado di centralità futura del distretto. Da un lato, si sta manifestando la visione di chi sostiene che l’unica possibilità di risposta consiste nell’intraprendere con decisione la strada dell’internazionalizzazione progressiva dell’attività, anche di tipo produttivo, soprattutto in quei comparti, come i colorifici e gli adesivi, per i quali il costo della logistica va ad incidere pesantemente sulle condizioni di competitività complessiva dell’offerta. Dall’altro, c’è chi si sente ancora profondamente agganciato al tessuto distrettuale e non vede prospettive di sviluppo per la propria impresa e il proprio comparto, se non a partire da un rafforzamento delle relazioni interne al sistema distrettuale. Entro alcuni comparti, segnati dalla presenza preponderante di piccole imprese, la strada dell’allentamento del legame 7 con i clienti distrettuali viene vista come impraticabile, di fatto come un’opzione non data. Le pressioni competitive che spingono nella direzione di una minore centralità del sistema territoriale vengono pertanto avvertite da questi come esiziali per la sopravvivenza stessa dell’impresa e, più in generale, del comparto. E’ tutto, quindi, tranne che un dibattito puramente astratto, perché tocca interessi decisivi per le sorti future di molte imprese del distretto. Di seguito, si proverà ad ancorare questo dibattito ad alcuni risultati emersi dall’analisi sul campo. 1.2.1 Il grado di dipendenza dal distretto Pur all’interno di processi di evoluzione differenziati, i comparti del ceramico hanno continuato a mantenere, complessivamente, una forte dipendenza da clienti e fornitori distrettuali. Sebbene in leggero calo negli ultimi anni, la natura intra-distrettuale dell’attività è un tratto caratteristico ancora molto diffuso tra le imprese dei comparti esaminati (Figg. 1.2, 1.3). Il settore dei fornitori di tecnologia risulta certamente uno dei più internazionalizzati sotto il profilo del fatturato, con quasi il 75% delle vendite sviluppato fuori dai confini nazionali. Eppure, dietro queste cifre si cela una realtà di imprese molto eterogenea: alcune di esse sono, infatti, ancora fortemente orientate verso gli ambiti distrettuali di mercato. Lasciando da parte per un attimo i dati in valore assoluto, osserviamo che quasi il 40% delle imprese del campione meccano-ceramico dipende da clienti distrettuali per quote superiori al 50% delle vendite. La media delle propensioni all’export supera di poco il 50% (Fig. 1.2) E’, invece, la propensione all’export decisamente sostenuta delle imprese più grandi, specialmente degli impiantisti fullline, a rendere molto elevati i valori assoluti del fatturato estero. Anche se leggiamo questo dato a rovescio, dalla parte dei clienti ceramisti interni al distretto, l’evidenza non cambia (Fig. 1.3): la quasi totalità del loro fabbisogno di impianti e macchinari è soddisfatto da fornitori che operano (o perlomeno hanno sedi operative) all’interno del distretto1. Le imprese impegnate nei decori e nel terzo fuoco concentrano il 70% del loro volume di affari presso clienti distrettuali, soprattutto ceramiche. Anche tra i colorifici prevale, ancora piuttosto nettamente, la corrente di vendite destinata ad imprese ceramiche distrettuali, anche se la propensione media a servire clienti interni al distretto è progressivamente calata negli ultimi anni. Da parte loro, le imprese ceramiche del distretto dichiarano di acquistare una quota vicina al 90% del loro fabbisogno da colorifici operanti in sede distrettuale. Figura 1.2 - Comparti del distretto ceramico: Flussi di vendite a clienti interni al distretto (in % sul fatturato – propensione media delle imprese) (2005) TECNOLOGIA 5,5 4, 4% 7% PRODUZIONE CERAMICA 6% 9, 54, ,3% 56,7 % 6,4 COMMERCIALI % % 65 COLORIFICI TERZO FUOCO Fig. 1.3 Comparti del distretto ceramico: Flussi di acquisti da fornitori interni al distretto (in % sul fabbisogno, propensione media delle imprese) (2005) 4 -7 73 PRODUZIONE CERAMICA % ,0% COMMERCIALI TECNOLOGIA 98, 0% TERZO FUOCO 97 -9 8 % 88 90% COLORIFICI La misura dell’appartenenza del fornitore o del cliente al distretto è di tipo soggettivo, affidata alla percezione dei manager intervistati. In questo senso, l’appartenenza al contesto distrettuale tende a correlarsi alla presenza nel distretto del fornitore o del cliente con sedi operative, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale dell’impresa. 1 8 I comparti del ceramico hanno continuato a mantenere una forte dipendenza da clienti e fornitori distrettuali Le società commerciali, nel 2005, hanno acquistato da produttori italiani poco meno del 75% delle piastrelle intermediate, in termini di propensione media (Fig. 1.3). Sebbene questo dato sia in sensibile diminuzione negli ultimi anni (era circa l’87% solo nel 2000), non si può non notare come, vista la natura flessibile di queste imprese e il tipo di specializzazione, esso si attesti su valori probabilmente molto inferiori rispetto alle opportunità di intermediazione presenti nel mercato internazionale dell’offerta ceramica. Tutto sommato, più che ad attori flessibili e versatili dell’intermediazione internazionale a largo spettro, siamo ancora davanti a tante “piccole ceramiche senza forni”. Volendo stilare un quadro di sintesi, si può allora dire che, negli ultimi anni, si sono accentuati i segnali di un progressivo allentamento dei legami delle imprese con fornitori e clienti distrettuali. Tuttavia, questo processo, come dimostrano i dati sopra esposti, è ancora molto parziale e ben lungi dal far presagire una qualche ipotesi, anche remota, di sradicamento dal sistema territoriale. D’altra parte, questa persistente “dipendenza” da attori distrettuali nelle correnti di approvvigionamento e vendita solo in un’analisi superficiale può essere valutata come il segnale di una condizione di arretratezza e chiusura. Certamente sta a denotare anche la difficoltà di parecchie imprese nell’estendere i mercati di riferimento, soprattutto a valle, come si vedrà in seguito. Tuttavia, la valutazione prospettica della capacità competitiva di un comparto non può limitarsi all’osservazione di semplici indici di apertura nella direzione geografica degli scambi. La concentrazione in ambito locale degli scambi in entrata e in uscita è anche l’effetto, infatti, della centralità ancora forte del distretto sassolese nella filiera ceramica mondiale, nonostante l’erosione in corso dei metri quadri internamente prodotti. Per comprendere l’evoluzione della competitività dei comparti del ceramico anche altri elementi devono essere analizzati. Partiamo dai dati di crescita. Rapidamente e in chiave comparata. Negli ultimi anni, si sono accentuati i segnali di un progressivo allentamento dei legami delle imprese con fornitori e clienti distrettuali. Tuttavia, questo processo è ancora molto parziale 1.2.2 La crescita dei comparti distrettuali: la macchina non si è fermata La prima domanda da porsi è se i diversi comparti continuano o meno a crescere, pur in presenza dell’inasprirsi dell’intensità competitiva. Sul piano della crescita delle vendite, la macchina del distretto non è ferma (Tab. 1.2). Nonostante le difficoltà competitive segnalate, negli ultimi cinque anni i diversi comparti del sistema ceramico hanno mostrato una discreta continuità sul piano della crescita dei fatturati, con incrementi superiori rispetto al settore finale della produzione di piastrelle. Non è quindi nel calo dei valori venduti che si deve ricercare la ragione dell’erosione della redditività. Pur con qualche oscillazione di tipo congiunturale, soprattutto nel meccano-ceramico, i dati di crescita in valore sono in generale positivi nei diversi comparti industriali. Sostenuto anche il tasso di sviluppo registrato nel settore delle commerciali. Questi risultati segnalano senz’altro una certa capacità di autonomia sul piano del mercato, importante soprattutto da parte di quei comparti, come i corredi ceramici, tradizionalmente molto dipendenti, nelle proprie dinamiche di sviluppo, dalla capacità di traino dei clienti ceramici distrettuali. Soprattutto, la maggior crescita generalmente registrata sui mercati esteri ci dice che, di fronte alla staticità del mercato interno, un numero significativo di imprese ha reagito, cercando e trovando fuori dall’ambito locale nuove opportunità di crescita. Per riuscire a sviluppare una valutazione prospettica più attendibile, non basta però solo guardare all’entità del fenomeno, ma occorre vedere anche se i modelli di azione utilizzati per la crescita degli ultimi anni siano sostenibili nel tempo. E, soprattutto, se vi siano segnali di cambiamento nel modo di stare all’estero delle imprese e quanto eventualmente questo cambiamento sia diffuso. I modelli di presenza sui mercati esteri vanno analizzati sia nella dimensione dell’internazionalizzazione commerciale che in quella produttiva. 9 La macchina del distretto non è ferma…nonostante le difficoltà competitive segnalate Questi risultati segnalano una certa capacità di autonomia sul piano del mercato Tabella 1.2 – Tassi di crescita e di internazionalizzazione delle vendite del sistema ceramico italiano. Anno N° Imprese campione Fatturato (% estero) Fatturato (migliaia di €) Italia Estero Totale 2000 1.543.690,00 3.683.890,00 5.227.580,00 70,5 2005 1.508.500,00 3.863.900,00 5.372.400,00 71,9 -2,2% +4,9% +2,8% Ceramisti* Var.% 00-05 Corredi ceramici 2000 33 142.322,00 21.266,00 163.588,00 12,9% 2005 33 166.978,00 41.745,00 208.723,00 19,2% +17,3% +96,3% +27,6% Var.% 00-05 Colorifici ceramici: 2000 19 370.715,29 117.067,99 487.783,28 24% 2005 19 367.866,26 150.255,24 518.121,50 29% -0,8% +28,3% +6,2% 2000 542.000,00 1.032.000,00 1.574.000,00 65,6% 2005 457.000,00 1.320.000,00 1.777.000,00 74,3% -15,7% +27,9% +12,9% Var.% 00-05 Meccano ceramico** Var.% 00-05 Adesivi e sigillanti 2000 8 103 103 206 50% 2005 8 205,2 136,8 342 40% +99,2% +32,8% +66,0% Var.% 00-05 Serigrafie 2000 5 31.064,81 3.451,65 34.516,46 10% 2005 5 33.337,76 8.334,44 41.672,20 20% +7,3% +141,5% +20,7% Var.% 00-05 Società di Trading 2000 41 97.923,8 104.511,32 202.435,12 51,6% 2005 41 121.593,43 170.508,86 292.102,29 58,4% Var.% 00-05 +24,2% +63,1% +40,8% *i valori riportati fanno riferimento a dati ufficiali di analisi settoriale forniti da Assopiastrelle per garantire uniformità di analisi nel periodo 2000-2005 ** i valori riportati fanno riferimento a dati ufficiali di analisi settoriale forniti da Acimac per garantire uniformità di analisi nel periodo 2000-2005 Fonte: Assopiastrelle, Acimac, Nostra rilevazione diretta 10 1.2.3 L’internazionalizzazione commerciale del sistema ceramico Se si osservano le modalità di presenza all’estero effettivamente utilizzate dalle imprese dei diversi comparti, il quadro in prospettiva che emerge appare un po’ meno consolante. A dispetto, infatti, del grado di internazionalizzazione del fatturato (che – a dire il vero - è molto alto per alcuni comparti, ma non ancora elevatissimo per altri) (Tab. 1.2), le imprese del distretto ceramico presentano ancora, nel loro complesso, forme poco stabili ed evolute di internazionalizzazione commerciale. Sono ancora poche le imprese in grado di sviluppare strategie di internazionalizzazione più complesse, caratterizzate da una maggiore articolazione delle forme organizzative di presenza e una maggiore capacità di presidio dei mercati. La situazione è diversa da comparto a comparto, ma questa valutazione trasversale di fondo sembra confermarsi, come già emerso nell’industria ceramica. Nel meccano-ceramico, ad esempio, è l’alta propensione all’export di poche grandi imprese a rendere molto elevati i valori assoluti delle vendite estere. Queste sono presenti sui principali mercati esteri attraverso reti di vendita ed assistenza molto ramificate, in grado di garantire una forte prossimità al cliente. Mentre le imprese più piccole, nonostante recenti segnali di emancipazione, sono spesso coinvolte ancora solo in modo indiretto nel processo di internazionalizzazione, attraverso le reti di fornitura degli impiantisti full-line, con il compito di completare la gamma d’offerta che la capofila non riesce a coprire integralmente con la propria capacità produttiva. L’eterogeneità dei comportamenti si osserva anche in relazione al tipo di mercati serviti: le imprese minori sono prevalentemente concentrate sulle aree di mercato più consolidate, mentre le imprese maggiori mostrano una più spiccata propensione ad inoltrarsi in mercati più lontani o nuovi. L’elevata gerarchizzazione nelle reti di fornitura internazionale fino ad oggi ha funzionato per accelerare la crescita delle attività di vendita in mercati lontani, che solo pochi attori battistrada potevano raggiungere con la propria rete di vendita e di assistenza. Di fronte ad una probabile dinamica futura della competizione nel settore molto più articolata per tipologie ed origine dei concorrenti, c’è da chiedersi se questo modello di internazionalizzazione fatto di pochi attori di punta e tanto indotto possa reggere ancora bene o se invece i legami di mercato con i clienti esteri non debbano essere più proficuamente distribuiti tra una pluralità più ampia di imprese distrettuali, così da assicurare una maggiore varietà nei modelli di competizione. Rispetto agli altri comparti distrettuali, i colorifici esprimono una delle propensioni all’export più ridotte. Questo dato sconta certamente l’esistenza di fattori specifici di prodotto: la forte incidenza dei costi logistici sul costo totale dei beni rende molto difficile la vendita su mercati lontani in assenza di specifici investimenti produttivi in loco. Più che per qualsiasi altro comparto del sistema ceramico, la capacità di vendere all’estero viene a dipendere dal tipo di internazionalizzazione condotta dalle imprese. Per i colorifici, infatti, la possibilità di espandere le vendite fuori confine oltre una certa soglia è fortemente collegata alla capacità, nelle proprie strategie di internazionalizzazione, di investire in strutture e impianti produttivi market-oriented. L’attivazione di unità organizzative sul mercato estero, alle quali affidare la gestione del processo di produzione e vendita, è ancora però scarsamente utilizzata, riservata solo ad un manipolo di imprese che sta invece investendo in modo più intenso. Ciò si deve a cause quali l’elevato costo di investimento, l’insufficiente dotazione di risorse umane, il giro di affari ancora contenuto realizzato da parecchie imprese sui mercati esteri. E’ proprio sulla capacità di un insieme più vasto di attori di attivare processi di internazionalizzazione delle attività che si giocherà la partita con i produttori spagnoli, che su questo fronte si sono mossi in forte anticipo rispetto agli italiani, occupando anticipatamente alcuni mercati esteri molto importanti in prospettiva futura. Nel terzo fuoco le percentuali di vendita all’estero, per quanto in significativa crescita, sono decisamente basse. Questo ritardo è dovuto, oltre che alla ridotta dimensione media delle imprese (che però in altri comparti non ha impedito il raggiungimento di quote superiori di vendita all’estero), soprattutto ai modelli di business adottati. Il prevalere di vendite a imprese committenti, senza quindi una propria marca da posizionare sul mercato, indubbiamente ha frenato e sta frenando il processo di crescita all’estero di queste imprese. I segnali evidenti, negli ultimi anni, di una ricerca di maggiore autonomia da parte di un gruppo di imprese di questo comparto, come testimoniato dalla rapida crescita del fatturato realizzato in conto proprio, sembrano fare presagire per il futuro una maggiore presenza sui mercati internazionali. Resta tuttavia l’incognita di come strutture di impresa spesso assai ridotte possano sostenere questi processi di internazionalizzazione dell’attività con un’adeguata estensione della compagine manageriale ed un arricchimento rapido delle competenze anche in ambiti commerciali e di marketing. Un dato su cui riflettere a fondo è quello offerto dalle società commerciali. La crescita complessiva del fatturato di comparto è stata buona negli ultimi anni. Eppure, solo poco meno del 60% delle vendite delle commerciali, dato complessivo di settore, è indirizzato ai mercati esteri. Quasi il 60% del campione intervistato ha quote di export sul fatturato inferiori al 50%. Il grado di apertura commerciale al mercato estero è ben inferiore a quello del comparto manifatturiero. Il mercato italiano è quindi ancora decisivo per le 11 Le imprese del distretto presentano ancora forme poco stabili ed evolute di internazionalizzazione commerciale Nel meccanoceramico è la propensione all’export di poche grandi imprese a rendere molto elevati i valori assoluti delle vendite estere Per i colorifici la possibilità di espandere l’export è fortemente collegata alla capacità di investire in strutture market-oriented Nel terzo fuoco le percentuali di vendita all’estero sono decisamente basse Nelle società commerciali quasi il 60% del campione ha quote di export sul fatturato inferiore al 50% sorti di molte imprese di questo comparto. Il risultato in termini di export è troppo esiguo, soprattutto rispetto alle potenzialità connesse all’agilità delle strutture aziendali e alle competenze radicate nell’intermediazione ceramica. In questo caso, sembra di poter dire che la zavorra che impedisce di far decollare le vendite all’estero sta proprio nell’incapacità di innovare i modelli tradizionali di azione sui mercati. Solo poche imprese veramente innovative emergono. 1.2.4 L’internazionalizzazione produttiva del sistema ceramico Per quanto riguarda le strategie di internazionalizzazione produttiva, il quadro che emerge è molto più variegato tra comparto e comparto, con livelli di intensità diversi (Tab. 1.3). Tabella 1.3 - L’internazionalizzazione produttiva del sistema ceramico italiano: investimenti diretti all’estero al 2005 N° Fatturato imprese N° di italiani realizzato dalle N° addetti nelle che occupati nelle unità produttive unità produttive Mercati unità produttive hanno estere nei mercati realizzato estere esteri (mln €) IDE Ceramica 11 698,60 2008 140 Meccano ceramico 8 48,60 538 21 Colorifici ceramici 5 75,20 933 10 Adesivi e sigillanti 4 28,00 50 - Serigrafia 4 20,00 15 6 UE ed Extra UE Spagna e Nuovi paesi di produzione ceramica Spagna e Nuovi paesi di produzione ceramica Spagna e Nuovi paesi di produzione ceramica Spagna Fonte: Ns. rilevazione diretta e Assopiastrelle Nel meccano-ceramico le imprese hanno effettuato investimenti diretti all’estero finalizzati alla produzione di impianti, ma anche ricambi e componenti e, in misura più marginale, all’assemblaggio. In generale, la ragione che spinge ad investire all’estero è la ricerca di una maggiore vicinanza ai mercati chiave dell’offerta ceramica, per facilitare l’interazione tra le parti, agevolando l’adattamento del prodotto e migliorando la gestione del servizio e dell’assistenza. E’ bene osservare, comunque, come il ricorso a forme di internazionalizzazione produttiva non appare allo stesso modo urgente per tutte le imprese. La prevalenza nel settore di produzioni a serie corta e la necessità di mantenere il controllo sul processo produttivo per difendere gli standard di qualità riducono i vantaggi potenzialmente associabili al decentramento produttivo internazionale. Nel settore dei colorifici, il processo di multilocalizzazione produttiva all’’estero è stato guidato da una minoranza robusta di imprese, quelle dotate di maggiori risorse e competenze organizzative. Si tratta di iniziative piuttosto recenti (se si escludono quelle condotte dal leader di settore), in fase di accelerazione, quasi tutte market-oriented, finalizzate cioè ad avvicinare l’offerta al mercato locale e a consentire una riduzione della dipendenza dei colorifici italiani dal mercato domestico, ormai contraddistinto da volumi calanti. In parte, i colorifici cominciano ad accompagnare le ceramiche italiane nelle loro migrazioni localizzative su scala internazionale; in parte, quella preponderante, si cerca di contattare nuovi clienti tra i ceramisti dei paesi emergenti o migliorare il livello di servizio a quelli già esistenti. Nel settore degli adesivi e sigillanti sono 4 le imprese che hanno effettuato operazioni di internazionalizzazione produttiva, così come nel comparto serigrafico. Assente, invece, ogni ricorso ad investimenti produttivi all’estero nel settore dei corredi ceramici. 12 Internazionalizzazione produttiva: il quadro che emerge è molto più variegato tra comparto e comparto Ragionando in sintesi sui rapporti tra distretto e internazionalizzazione, nel Primo Rapporto, quello dedicato all’industria ceramica, si è arrivati a dire che il futuro ci consegnerà probabilmente “un distretto un po’ più piccolo e caratterizzato da comportamenti localizzativi differenziati” delle imprese. Possiamo dire questo anche dei diversi comparti? In parte sì, ma, rispetto alla produzione ceramica, il quadro è sicuramente un po’ più composito. Ci sono settori che negli ultimi anni hanno fatto passi notevoli verso una maggiore integrazione coi mercati: colorifici e produttori di adesivi e sigillanti sicuramente sono tra questi, anche se parzialmente diverse sono le motivazioni che li hanno spinti ad investire. In ragione, tuttavia, del ridotto numero di attori coinvolti e della ridotta dimensione degli investimenti esteri (soprattutto per i colorifici) le potenzialità di crescita ulteriore restano elevatissime. Altri comparti, come il meccano-ceramico, vanno valutati tenendo conto della specificità del bene prodotto, che è in grado di esprimere contenuti di differenziazione strutturalmente più alti rispetto ai settori prima citati: le strategie di internazionalizzazione commerciale e produttiva riflettono questa specificità e sono per ora fortemente finalizzate a garantire maggiore prossimità operativa col cliente finale. La crescente competizione internazionale e alcune spinte che si avvertono verso una banalizzazione del bene offerto lasciano intravedere scenari forse nuovi per il futuro. Altri comparti, invece, come i corredi ceramici e le commerciali, appaiono affrontare i mercati esteri o con intensità insufficiente o con modelli di azione ancorati al passato, concepiti per dinamiche competitive largamente diverse rispetto a quelle attualmente osservate. Alcuni settori negli ultimi anni hanno fatto passi notevoli verso una maggiore integrazione coi mercati Alcuni tratti nei processi di internazionalizzazione sono, però, comuni rispetto a quanto osservato nell’industria ceramica: Le scelte di internazionalizzazione produttiva sono fortemente intrecciate con quelle commerciali. Le iniziative di internazionalizzazione produttiva sono il più delle volte orientate al mercato, concepite per accrescere la quota di vendite all’estero. L’azione di imprese battistrada è fondamentale in tutti i comparti. Sono queste che sperimentano nuove linee d’azione, pongono argomenti nuovi al centro del dibattito sulle priorità strategiche, introducono elementi di squilibrio competitivo in rapporto ai quali gli altri concorrenti devono reagire. Sono queste imprese leader che possono innescare processi imitativi virtuosi. La qualità dei leader presenti è quindi fondamentale per la capacità di innovare i modelli di presenza per tutto il resto del comparto. Sebbene il posizionamento strategico delle imprese non sempre renda necessaria l’adozione di forme più integrate di presidio dei mercati esteri, si è dell’idea che, in ogni caso, la platea dei soggetti in grado di assumere comportamenti innovativi e dinamici sui mercati esteri debba ingrossarsi, non limitandosi alle sole imprese leder e ai follower più vicini. 1.3 Dove stanno andando i comparti del ceramico? Fattori competitivi critici e direzioni fondamentali dell’impegno strategico I comportamenti osservati in relazione alla presenza sui mercati internazionali non esauriscono il campo dei fattori da esaminare per comprendere l’attuale stato di transizione di molti comparti e il dato diffuso di erosione dei margini, da cui siamo partiti per cercare di leggere l’evoluzione degli scenari futuri. Molto importante è anche capire quali siano i fattori competitivi considerati essenziali dalle imprese dei diversi comparti e le direzioni fondamentali assunte dall’impegno strategico degli attori in campo. 1.3.1 L’evoluzione dei comportamenti strategici A tutte le imprese intervistate, operanti nei diversi comparti del ceramico, è stato chiesto di esprimere una valutazione sui fattori percepiti come importanti per competere, sia sul mercato locale sia su quelli esteri (Tab. 1.4). Il dato che emerge con più chiarezza dall’analisi comparativa è che la variabile costo assume, complessivamente, minore rilevanza rispetto a fattori di prodotto/innovazione o di servizio. La sola, parziale, eccezione si ha nel meccano-ceramico, dove il costo riveste una importanza maggiore, soprattutto nel mercato distrettuale. A limitare la valenza percepita del fattore costo può giocare la crescente consapevolezza di non potere contare sul prezzo come fattore discriminante per la propria competitività. In 13 La variabile costo assume minore rilevanza rispetto a fattori di prodotto/innovazione o di servizio alcuni comparti (meccano-ceramico, adesivi e sigillanti) il prodotto e la capacità di innovazione tecnica sono i fattori decisivi; in altri l’attenzione è decisamente spostata sul servizio, come nei colorifici e nelle serigrafie. Tabella 1.4 - Fattori competitivi critici nei diversi comparti. (valore punteggio 1 – 7) Verso clienti distrettuali Verso clienti esteri Corredi ceramici Prodotto e innovazione 5,72 5,60 Servizio 6,24 6,19 Costo 4,73 5,01 Serigrafie Prodotto e innovazione 6,50 6,88 Servizio 6,43 6,19 Costo 5,50 5,50 Colorifici Prodotto e innovazione 6,06 5,84 Servizio 6,50 5,66 Costo 5,42 5,66 Adesivi e sigillanti Prodotto e innovazione 6 6,5 Servizio 5,5 5,5 Costo 4,5 3,5 Meccanoceramico (*) Prodotto, innovazione, 6,00 5,88 assistenza Servizio e interazione col cliente 5,46 5,21 Costo e efficienza nella 5,81 5,53 transazione Prodotto, innovazione e 5,76 5,51 interazione col cliente Assistenza 5,81 5,79 (*) Per il solo meccanoceramico, il punteggio medio dei fattori non è stato ottenuto attraverso una semplice media delle variabili, ma attraverso un’analisi fattoriale, che ha restituito delle variabili principali in parte diverse rispetto agli altri comparti e anche differenziate in rapporto al mercato distrettuale e al mercato estero. In corsivo sono offerti i valori di comparazione a parità di modello di aggregazione delle variabili. L’analisi dei fattori competitivi fissa alcune priorità di massima ma, nella sua semplicità, non consente di comprendere a fondo la direzione dei percorsi strategici delle imprese. Un’analisi più dettagliata è possibile osservando le attività su cui maggiormente si è focalizzata l’attenzione delle imprese dei diversi comparti negli ultimi anni (Tab. 1.5). Quattro fondamentali direzioni di impegno strategico emergono, qui esposte in ordine decrescente di importanza: - Sia nei comparti manifatturieri che in quello commerciale, prevale l’attenzione del management verso il prodotto, nelle sue dimensioni qualitative e di innovazione tecnica ed estetica, con una specifica attenzione per il servizio da parte dei colorifici e per l’assistenza tecnica da parte dei produttori di tecnologia. - Una eccezione è rappresentata dalle imprese operanti nel settore dei corredi ceramici, che mettono al centro del proprio impegno strategico la ricerca di efficienza e flessibilità produttiva: per essi, impegnati prevalentemente in rapporti di committenza, il recupero della marginalità viene affidato soprattutto alla riduzione dei costi produttivi e alla ricerca di volumi. Elevato l’impegno nella ricerca di maggiore efficienza produttiva anche da parte di meccano-ceramisti e colorifici. - La capacità di migliorare il contenuto delle relazioni coi clienti, sia nei loro aspetti interattivi a fini progettuali che in quelli più specificamente commerciali (miglioramento competenze venditori, adozione di forme di maggior controllo sui canali,…), rappresenta il terzo asse strategico per importanza in molti dei comparti, con la parziale eccezione delle società commerciali dove i rapporti con il mercato vengono invece soprattutto declinati in termini di allargamento della base di clienti serviti. Il potenziamento dell’azione commerciale è un fattore di investimento di discreta importanza per alcuni comparti, come il meccanoceramico, di media rilevanza per altri, come i colorifici, di esiguo interesse invece per i terzofuochisti. - La ricerca di forme più integrate di presenza sui mercati esteri assume rilievo complessivamente minore e, comunque, la centralità rispetto ai disegni strategici delle imprese è diversa a seconda dei comparti esaminati. L’attenzione è media nel meccano-ceramico, nei colorifici, negli adesivi e sigillanti; decisamente esigua nei corredi ceramici e presso il settore delle commerciali. Ridottissimo rilievo è infine assegnato alla possibilità di sviluppare partnership e alleanze. 14 Tabella 1.5 – Le priorità strategiche delle imprese: un’analisi per comparti (valore punteggio 1- 7) FATTORI PRINCIPALI Corredi ceramici Efficienza produttiva Flessibilità produttiva Servizio e relazioni con clienti Innovazione di prodotto Potenziare l’azione commerciale e rafforzare presenza sui mercati esteri Sviluppare partnership e alleanze Colorifici (*) Qualità prodotto e servizio Efficienza produttiva Introdurre nuove tecnologie Relazioni col cliente Potenziare l’azione commerciale Rafforzare la presenza sui mercati esteri Sviluppare partnership e alleanze Meccanoceramico Qualità prodotto e assistenza tecnica Efficienza produttiva Potenziare l’azione commerciale Rafforzare la presenza sui mercati esteri Commerciali Qualità prodotto e sviluppo clientela Infrastrutture informative e logistiche Diversificazione dell’offerta Presidio degli influenzatori d’acquisto Controllo della rete distributiva Presenza diretta sui mercati esteri VARIABILI Punteggio medio Diminuire i costi di produzione; Espandere la base di clientela per aumentare i volumi Accrescere la flessibilità produttiva Migliorare le condizioni di servizio; Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela; Introdurre nuove tecnologie Migliorare il contenuto tecnico/estetico del prodotto; Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi; Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati; Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato Aumentare il numero dei venditori diretti; Aumentare il numero degli agenti; Costruire filiali commerciali in alcuni mercati chiave; Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto; Sviluppare rapporti diretti con punti vendita; Sviluppare comunicazione diretta a imprese ceramiche internazionali; Realizzare linee di prodotto a marchio aziendale; Ampliare numero mercati geografici Partnership con colorifici, ceramisti, altri corredo ceramisti, produttori di tecnologia 5,67 Migliorare contenuto tecnico/prestazionale del prodotto; Arricchire l’offerta con prodotti innovativi; Migliorare le condizioni di servizio Accrescere la flessibilità produttiva; Ridurre i costi di produzione; Introduzione nuove tecnologie di produzione Introdurre nuove tecnologie di progettazione; Introdurre nuove tecnologie di gestione Sviluppare contenuto delle relazioni con la clientela (integrazione competenze con clienti; co-progettazione; condivisione risorse) Aumentare numero venditori diretti; Aumentare il numero degli agenti; Prodotti ad hoc per nuovi mercati; Espandere la base di clienti in Italia Avviare/espandere produzione all’estero; Ampliare il numero mercati serviti; Espandere la base della clientela estera; Aprire filiali commerciali / service in mercati esteri Partnership con altri colorifici, ceramisti, corredo ceramisti, produttori di tecnologia 6,10 Migliorare contenuto tecnico/prestazionale del prodotto; Migliorare la capacità di servizio pre- e post-vendita Accrescere la flessibilità produttiva; Ridurre i costi di produzione Aumentare numero venditori; Migliorare competenze dei venditori; Prodotti ad hoc per nuovi mercati Ampliare il numero mercati serviti; Espandere la base della clientela estera; Aprire filiali commerciali / service in mercati esteri 6,01 Migliorare qualità estetica del prodotto; Puntare su nuovi mercati; Puntare su nuovi clienti Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie( per approvvigionamento, logistica, commerciale, amministrazione) Ampliare l’offerta con sostituti della ceramica; Ampliare l’offerta con sanitari e complementi d’arredo Integrare competenze in fase di progettazione; Migliorare relazioni con influenzatori d’acquisto Aumentare il peso delle vendite tramite agenti monomandatari; Aumentare il peso delle vendite tramite dipendenti Costituire filiali commerciali su mercati esteri chiave; Costituire depositi su mercati chiave 5,52 5,58 5,21 5,11 2,65 2,54 5,62 5,01 4,94 4,26 4,05 3,52 5,63 4,68 4,59 3,66 2,98 2,85 2,35 1,41 (*) Solo in relazione a questo comparto l’aggregazione non è basata su analisi fattoriale, ma su un accorpamento basato sul grado di similarità delle variabili. 15 Pur nella diversità di articolazioni richiesta dalla specificità dei singoli contesti competitivi, i risultati relativi ai comparti correlati - almeno se ci si ferma ai dati medi - confermano alcune evidenze già emerse nell’analisi dell’industria ceramica: - Innanzitutto, si ribadisce il persistente forte orientamento al prodotto, soprattutto nella sua dimensione produttiva e tecnologia, intesa come chiave fondamentale per innovare. La necessità di costruire rapporti più solidi e interattivi col mercato comincia ad emergere da più parti, ma spesso è concepita soprattutto in rapporto alla esigenza di potenziamento della rete di vendita e di ampliamento della base di clienti serviti, mentre minore attenzione è riservata alle implicazioni di carattere collaborativo e strategico. Nonostante i comportamenti innovativi di alcune imprese leader, ancora relativamente basso è il focus su scelte di integrazione maggiore coi mercati esteri, soprattutto nella forma di investimenti diretti. Anche laddove le analisi specifiche di comparto richiamano un’attenzione sempre più urgente ai temi dell’internazionalizzazione produttiva – è il caso dei colorifici – in termini di priorità strategica queste direzioni di investimento restano chiaramente subordinate ad altre. - Permane una sostanziale omogeneità nelle aree di investimento percepite come prioritarie presso le imprese dei diversi comparti, sia pur con intensità parzialmente difformi. Si avverte, di conseguenza, una certa continuità inerziale nelle scelte aziendali, che pone i modelli competitivi messi a punto e sperimentati nel passato ancora al centro dell’attenzione strategica futura delle imprese. L’elaborazione di nuovi modelli di offerta raccoglie, in generale, scarsa considerazione o coinvolge solo nuclei ristretti di operatori, anche se questi ultimi sono spesso attori molto rilevanti nei rispettivi comparti. Siamo di fronte quindi ad “un distretto un po’ più piccolo e sostanzialmente sempre uguale a se stesso”, come già emerso per l’industria ceramica? Anche in questo caso, l’affermazione è in parte vera e in parte no. La scarsa ricchezza osservabile in termini di comportamenti strategici innovativi è senz’altro confermata. La crisi di redditività deve essere correttamente imputata anche a questo deficit; non solo a problemi di costo e di competizione internazionale. Ci sono tuttavia alcuni segnali di cambiamento, che occorre mettere a fuoco meglio. Siccome, però, i segnali di cambiamento hanno spesso natura intersettoriale, e non riguardano in modo esclusivo un singolo comparto, è utile, prima di affrontare il tema dell’innovazione, approfondire come sono andate evolvendo, negli ultimi anni, le modalità di interrelazione tra le diverse componenti settoriali del distretto. I modelli competitivi messi a punto e sperimentati nel passato sono ancora al centro dell’attenzione strategica futura delle imprese 1.3.2 L’evoluzione futura dei comparti: ognuno per la propria strada o un destino che si incrocia ancora? All’interno del distretto ceramico sassolese, la capacità competitiva di un comparto è sempre stata figlia anche della competitività dell’altro, all’interno di uno stretto gioco di interdipendenze, il più delle volte virtuoso. Se la leadership mondiale sul piano qualitativo continua ad essere riconosciuta ai ceramisti italiani, come sembrano suggerire i risultati emersi nel Primo Rapporto, questo è un punto a favore anche degli altri comparti. I destini non sono più di tanto separabili. In una prospettiva di medio-lungo periodo, i successi competitivi di un comparto non possono essere considerati la causa degli insuccessi degli altri. Questo può accadere solo se gli altri comparti restano fermi e non innovano. Anzi, la leadership italiana nell’immagine di innovazione e qualità del prodotto resta salda nei mercati internazionali anche perché alimentata dalla percezione del valore aggiuntivo che deriva dalla interrelazione stretta tra settore ceramico e gli altri comparti complementari. In una logica di interdipendenze e complementarità virtuose tra comparti dello stesso sistema ceramico territoriale, la capacità di competere bene di una componente settoriale nel lungo periodo è sempre un fattore positivo per il distretto. Tuttavia, quando le dinamiche competitive si estendono su un piano globale, le potenziali sinergie tra comparti sono più difficili da realizzare e tendono a convivere sempre con numerose tensioni e conflitti. Facciamo qualche esempio. La posizione di leadership del settore delle macchine e impianti è stata principalmente conquistata estendendo sul piano geografico i mercati ceramici di sbocco. L’effetto indiretto di questa superiorità competitiva è stato certamente quello di favorire un processo di disseminazione vasto delle competenze tecnologiche su scala globale, accorciando il divario tra offerta italiana e offerta di altri paesi produttori emergenti nel panorama internazionale, accelerando il processo di allargamento della mappa mondiale della produzione e rendendo la competizione su base di prezzo più stringente su tutti i mercati. La crescita competitiva nel mondo dei produttori italiani di tecnologie ha però avuto anche ricadute positive sul resto del sistema. Ha contribuito, ad esempio, a radicare un’immagine di superiorità tecnologica dei prodotti ceramici italiani nel mondo, che ancora è ben viva nelle percezioni della domanda finale, per esempio nelle valutazioni dei buyer della distribuzione internazionale (lo si è visto nel Primo Rapporto). L’immagine di superiorità 16 In una prospettiva di medio-lungo periodo, i successi competitivi di un comparto non possono essere considerati la causa degli insuccessi degli altri Quando le dinamiche competitive si estendono su un piano globale, le potenziali sinergie tra comparti sono più difficili da realizzare tecnologica è un fattore competitivo a rendita prolungata nel tempo che dà frutti per tutti i comparti distrettuali, ceramiche comprese, non solo per i fornitori di tecnologia. Ed è un valore, a sua volta, che viene prodotto collettivamente dalle diverse componenti del sistema ceramico (fornitori di tecnologie, ma anche ceramiche, colorifici,…) e che quindi, come tale, andrebbe strenuamente difeso da tutte le componenti del sistema. Le ricadute positive possono essere di tipo anche più indiretto. La diffusione delle macchine e degli impianti italiani nel mondo avrebbe dovuto o potuto costituire, ad esempio, un pungolo essenziale per stimolare la ricerca di innovazione dei ceramisti anche su fronti diversi da quelli strettamente tecnologici. Questo è solo parzialmente avvenuto. O sta avvenendo con parecchi anni di ritardo. In un mercato aperto, la forza competitiva di un comparto correlato può causare momenti di squilibrio competitivo. Nei propri processi di evoluzione nessun settore ne è stato mai completamente esente. Da questo punto di vista il ceramico, nei suoi rapporti con i fornitori di tecnologie non è messo peggio di altri. Gli squilibri temporanei sono inevitabili in un contesto competitivo aperto e, come tali, vanno accettati e contrastati in modo virtuoso. D’altra parte gli stessi meccano-ceramisti italiani si trovano oggi a fronteggiare una competizione nascente di produttori locali, sorti nei grandi mercati dell’offerta ceramica mondiale, che essi stessi hanno contributo a far nascere, prima di tutto quello cinese, anche a seguito della fornitura massiccia di impianti da parte delle imprese italiane nella seconda metà degli anni novanta. In parte, lo stesso fenomeno è accaduto qualche anno prima anche sul mercato spagnolo, anche se in misura molto più limitata. Il rapporto tra colorifici e ceramisti è, invece, segnato da un progressivo modificarsi dei contenuti dell’interdipendenza. Da una condizione, storica, di forte interdipendenza operativa tra le due parti, in larga parte dovuta alle esigenze specifiche del ciclo produttivo continuo del ceramico, si sta passando ad una interdipendenza di carattere più marcatamente strategico. Oggi le aziende ceramiche si affidano sempre più, infatti, alla capacità progettuale e propositiva del colorificio, esternalizzando di fatto una larga parte della ricerca estetica e cromatica di prodotto. Simile il percorso compiuto dalle imprese del comparto serigrafico. Da un apporto alla creatività del prodotto ceramico tutto contenuto nella produzione di retini e nella loro incisione, ad un contributo centrato soprattutto sulla ricerca grafica. Nel caso del comparto serigrafico la dematerializzazione delle attività ha pagato, sia sul piano dell’arricchimento del patrimonio cognitivo che su quello dei risultati economici. Un po’ più complicato, invece, il quadro dei rapporti tra colorifici e ceramisti, caratterizzato da condizioni più problematiche nella ridistribuzione del valore da innovazione. In entrambi i casi, comunque, il modificarsi dei contenuti di relazione sta spingendo ad una revisione dei modelli di gestione dei rapporti verticali, con nuove competenze e richieste e nuove regole per la collaborazione da creare e condividere. Il terzo fuoco ha tradizionalmente visto dipendere la propria capacità di sviluppo dai ceramisti. Il recente rallentamento nella crescita del fatturato dei committenti ha fatto sorgere parecchie apprensioni ed incertezze presso i fornitori di questa tipologia di lavorazioni. E’, però, anche vero che a questi “artigiani creativi” le aziende ceramiche affidano la realizzazione di pezzi speciali, decori e mosaici, non facilmente integrabili all’interno del ciclo produttivo industriale: per lotti piccoli e produzioni di nicchia, anche i ceramisti restano tuttora fortemente dipendenti dalle prestazioni e dalle capacità innovative degli operatori del settore dei corredi. Inoltre, bisogna riconoscere che il grado elevato di sofisticazione racchiuso nelle richieste dei clienti distrettuali ha stimolato costantemente all’innovazione le imprese del comparto, consentendo loro di sviluppare un patrimonio di competenze di natura estetica e produttiva di tutto riguardo, anche se non ancora valorizzato a pieno sui mercati internazionali. In questo contesto, l’allentarsi dei legami tra terzo fuoco e ceramisti obbliga a riflettere su quali nuove strade esistano per l’arricchimento estetico del prodotto piastrella e su come i contributi di specializzazione di questo comparto possano essere riconvertibili nel nuovo scenario competitivo e in risposta ai cambiamenti negli orientamenti della domanda. Il rischio, diversamente, è di disperdere una fonte di creatività non facilmente replicabile in altri contesti d’offerta. Le interdipendenze sono molto forti anche tra ceramico e imprese locali di trading. In passato, le commerciali hanno esercitato un ruolo fondamentale a supporto delle aziende industriali, di fatto “integrando” la loro capacità commerciale e collocando sul mercato volumi di merce che non riuscivano ad uscire dai piazzali con la sola forza delle reti di vendita delle ceramiche. La complementarità d’azione tra i due settori avrebbe, però, potuto assumere caratteristiche di complementarità ben più ampie e virtuose sul piano della competitività reciproca rispetto a quanto registrato. Ad esempio, se guardiamo le cifre a disposizione, le commerciali, nonostante la minor rigidità delle strutture di impresa e le competenze cumulate nell’intermediazione ceramica, non sembrano, ad oggi, essere ancora uscite dal proprio modello di business tradizionale d’azione: non riescono né a vendere piastrelle italiane in modo nuovo, a clienti nuovi, su mercati nuovi rispetto ai ceramisti (la quota maggiore di venduto è ancora collocata su mercati facili e più vicini, con modelli di presenza commerciale simili a quelli dei ceramisti, a tipologie di clienti non diverse); né a vendere “da italiani”, col servizio al cliente tipico delle imprese italiane cioè, piastrelle prodotte in altre parti del mondo (i flussi di acquisti extra-distretto sono ancora estremamente ridotti). 17 Da una condizione di forte interdipendenza operativa, ad una interdipendenza di carattere più marcatamente strategico Due prime parziali conclusioni possono essere tratte: - il valore si crea entro tutte le componenti del sistema ceramico. Se salta un pezzo del sistema, c’è il rischio che il meccanismo di produzione del valore si inceppi anche per le altre componenti. L’interdipendenza è ancora molto forte. - Il distretto non può funzionare sempre sull’inerzia della spinta originaria, soprattutto quando l’intensità e l’estensione della competizione si accrescono. Le potenzialità sinergiche tra comparti non si colgono spontaneamente, per il solo fatto della comune appartenenza territoriale o della contiguità culturale o nei linguaggi di impresa; le potenzialità delle nuove fonti di valore vanno sapute costruire e sfruttare dagli attori in campo, sulla base delle loro capacità. Avendo la piena consapevolezza che le competenze diffuse in un territorio possono essere estratte e valorizzate non solo dai soggetti che hanno direttamente contribuito a generarle, ma anche da altri, più bravi nel cogliere le potenzialità di innovazione e nel mettere a disposizione risorse complementari (finanziarie e manageriali) per sfruttarle nella loro pienezza. Occorre saper cogliere, dunque, i segnali di innovazione, dove esistono e se esistono, nei diversi comparti; capire come queste innovazioni possano incidere sul cambiamento complessivo dei comparti, se si vuole comprendere bene, anche per il futuro, come si potranno incrociare i loro destini. Il valore si crea in tutte le componenti del sistema ceramico Il distretto non può funzionare sempre sull’inerzia della spinta originaria 1.4 L’innovazione nel distretto: sinergie ed effetti centrifughi Torniamo al punto cruciale. Si è detto che la forza delle imprese del distretto sassolese sta soprattutto nella percezione di superiorità, relativa alla capacità di innovazione e alla qualità del prodotto, che viene loro riconosciuta dai soggetti esterni, dai clienti internazionali in primis. E che tale punto di forza è goduto, entro certi limiti e con intensità diverse, dalla totalità degli attori che popolano il sistema. Se questo è vero, diventa pertanto decisivo capire come questo fattore di competitività di sistema possa essere difeso e rialimentato. Come, cioè, possa essere difeso e accresciuto il valore derivabile dalla capacità di innovazione di sistema, traducendolo in maggiore redditività, soprattutto in un quadro di cambiamenti quale quello finora descritto. Da un lato, si è visto che alcune sinergie nell’interrelazione tra comparti sono scomparse, che altre si sono mantenute e che se ne stanno anche creando di nuove, come emerso nel precedente paragrafo. Dall’altro lato, tuttavia, si è potuto notare come la traiettoria di evoluzione di qualche comparto stia producendo effetti centrifughi sul piano della capacità di innovazione complessiva del sistema, mettendo in difficoltà alcuni segmenti di offerta più deboli. Nei paragrafi successivi si analizzerà come la capacità di innovazione del sistema distrettuale sia andata modificandosi nel tempo. L’attenzione sarà rivolta soprattutto a catturare il contributo dei diversi comparti alla innovazione, sia di tipo tecnologica che legata a variabili organizzative e di marketing. Il problema è capire come possa essere difeso e accresciuto il valore derivabile dalla capacità di innovazione del sistema 1.4.1 Innovazione tecnologica Il distretto ceramico sassolese ha costruito la sua reputazione di eccellenza a livello mondiale soprattutto grazie ad una consolidata superiorità nell’innovazione di prodotto. Due i fattori principali su cui questa superiorità si è fondata: i) la capacità di far confluire nei processi di innovazione i contributi di una pluralità di settori collegati; ii) il primato riconosciuto sul piano della dimensione tecnica dell’offerta. i) L’innovazione tecnica collegata al prodotto finale, la piastrella ceramica, si è sempre generata in modo distribuito nel distretto: un circuito virtuoso frutto di tanti apporti, dagli studi grafici, ai colorifici, ai meccano-ceramisti. L’attivazione di tali circuiti virtuosi, capaci di fare avanzare l’innovazione all’interno dell’industria ceramica, ha come presupposto la presenza di consolidate relazioni collaborative tra le diverse componenti settoriali del sistema. Ognuno ha un proprio ruolo che deve essere svolto seguendo percorsi convergenti e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune, quello di innovare. Nel meccano-ceramico, ad esempio, in origine il comportamento caratteristico dei produttori di impianti è stato quello di coltivare una continua e stretta collaborazione con la propria clientela, al fine di facilitare l’innesco di processi di innovazione incrementale, basati soprattutto sulla ricerca di soluzioni per problemi tecnici manifestati dai clienti: l’incontro tra il personale tecnico delle due imprese avviava il processo di studio del problema, che portava poi al vaglio delle possibili linee di intervento e alla definizione della soluzione. Questo modello di interrelazione è stato attraversato nel tempo da parecchie fratture, a cui non è stata data ancora un’ipotesi di ricomposizione. Oggi la capacità di lavorare insieme per l’innovazione sembra 18 L’innovazione tecnologica collegata al prodotto finale si è sempre generata in modo distribuito nel distretto affievolita: un po’ per la difficoltà a ritrovare soluzioni accettate da entrambi nella ridistribuzione del surplus generato da forme di innovazione a base collaborativa (quali, in passato, l’esclusiva temporanea, il risparmio nel costo d’acquisto…); un po’ perché le imprese ceramiche estere, attualmente di gran lunga gli acquirenti prevalenti di tecnologia italiana, non esercitano la medesima pressione sul fornitore per la ricerca di soluzioni innovative, richiedono risposte più standardizzate in termini di offerta, così interrompendo uno degli stimoli fondamentali per l’innovazione. In questa fase di transizione del sistema, pertanto, il rischio di disperdere il potenziale patrimonio innovativo legato a questi rapporti privilegiati tra ceramisti e fornitori appare piuttosto elevato. Da qui la necessità di ricostruire le basi per l’interazione tra produttori di impianti e ceramisti sassolesi, magari provando a riprodurle anche fuori dagli ambiti distrettuali, nei mercati dell’offerta mondiale, dove una cerchia di gruppi ceramici italiani sta dirottando una quota consistente dei propri nuovi investimenti in impianti produttivi. Anche i colorifici hanno sempre lavorato a stretto contatto con le aziende ceramiche nella fase di progettazione e di sviluppo, operando direttamente sui supporti del cliente, al fine di ottenere una precisa riproducibilità cromatica del risultato finale. Le innovazioni di prodotto che scaturiscono da questi modelli di interazione, in presenza di una tecnologia relativamente semplice e di una diffusa base di conoscenze ed esperienze maturate sul campo, hanno però breve vita e non consentono strutturalmente alle imprese di ricavarne rendite durevoli. Tutto ha funzionato fino a quando l’intensità competitiva a livello globale non si è accresciuta: fino a quando cioè, anche con bassa marginalità unitaria, si poteva comunque dare un’adeguata copertura agli investimenti in ricerca e sviluppo. Oggi, tuttavia, la bassa redditività scaturente dalle vendite, soprattutto ai clienti distrettuali, comincia a rappresentare un ostacolo sensibile allo sviluppo dell’innovazione. Proprio per queste difficoltà, i colorifici hanno cercato di difendere la posizione competitiva con dosi crescenti di servizio nella relazione con la clientela. Alcuni grandi colorifici, più in particolare, hanno investito in laboratori in grado di integrare al proprio interno tutti gli impianti maggiormente significativi nel processo di produzione della ceramica. Aldilà del maggiore servizio tecnico offerto al cliente, soprattutto in ordine alla riproducibilità industriale delle idee estetiche innovative, questi investimenti sembrano anche finalizzati a consolidare l’immagine di innovatività dei colorifici nella percezione dei clienti, specialmente quelli esteri. In questo caso, come si nota, dimensioni tecniche e dimensioni più immateriali, collegati all’immagine di avanguardia e affidabilità tecnica, si fondono per dare vita a nuovi modelli di offerta e modelli di interazione col cliente ceramico e coi fornitori di tecnologia nuovi rispetto al passato. ii) Nel sistema del valore ceramico l’innovazione è stata ricercata in modo quasi esclusivo operando sul lato dell’offerta ed, in particolare, facendo leva sulla dimensione tecnica di intervento: progettando macchine con cui poter produrre prodotti innovativi; cercando nuove soluzioni tecniche per “vestire” le piastrelle sul piano dell’estetica. Anche quando più pressante si è fatta l’esigenza di arricchire l’offerta e presentarsi sui mercati con un crescente contenuto di differenziazione, quando cioè il mercato ha decretato il passaggio da un prodotto destinato ad assolvere funzioni di tipo primario (pavimentare superfici) ad un prodotto chiamato a svolgere nuove e più complesse funzioni (arredare ed ambientare), si è agito prevalentemente sulle caratteristiche tecniche ed estetiche del prodotto, sempre privilegiando i contenuti qualitativi di tipo intrinseco. Quello che oggi è cambiato è il modo in cui questa innovazione è ottenuta. La dimensione tecnica dell’intervento si è fatta più complessa. Mentre in passato il compito di differenziare il prodotto sul piano estetico era affidato sostanzialmente alla sola fase di smaltatura, oggi a determinare l’aspetto finale del prodotto concorrono una pluralità di fasi di lavorazione: preparazione miscelazione e lavorazione degli impasti colorati, sistemi di caricamento, pressatura con stampi multi-formato, linea di smaltatura dotata di moderni sistemi di decorazione. A ciò devono aggiungersi tutti gli interventi di finitura che subisce il prodotto dopo la cottura: rettifica, taglio, squadratura, levigatura ed altre lavorazioni ausiliarie che hanno aperto la strada all’ottenimento di nuove tipologie di prodotto. Si stima che attualmente circa la metà delle vendite di piastrelle sia fatta con pezzi che subiscono lavorazioni ed effetti superficiali dopo il forno. E’ un modo diverso di “decorare” il prodotto, rispetto all’apporto della fase di smaltatura o all’intervento del terzofuochista. Questo ha aperto la strada a nuove forme di specializzazione; ma ne ha parzialmente chiuse altre. Come questi cambiamenti nelle modalità di innovazione di prodotto stanno impattando sulla competitività tecnologica del distretto? E come sulla competitività dei diversi comparti? Relativamente al primo punto, quello legato alla possibilità di mantenere viva la coralità del contributo all’innovazione da parte delle diverse componenti settoriali, e cioè la sua natura pluri-specializzata ed interorganizzativa, occorre riflettere su quali siano oggi gli incentivi a collaborare sul piano dell’innovazione tecnologica e quali siano le regole, più o meno implicite, che disciplinano i processi di ridistribuzione della rendita da innovazione, cioè del valore in più che potenzialmente si può ricavare collaborando con imprese di altri comparti nell’attività di ricerca e sviluppo anziché svolgere questa attività tutta all’interno. Il dato più preoccupante, che attraversa l’analisi dei diversi comparti, è che gli incentivi ad investire in innovazione tecnologica sembrano oggi ridotti rispetti al passato. In un sistema così articolato di innovazione, il venir meno della spinta ad innovare da parte di qualche componente settoriale può avere ripercussioni 19 Oggi la capacità di lavorare insieme per l’innovazione sembra affievolita Oggi la bassa redditività comincia a rappresentare un ostacolo sensibile allo sviluppo dell’innovazione Nel sistema del valore ceramico l’innovazione è stata ricercata in modo quasi esclusivo operando sul lato dell’offerta pesanti sulla competitività complessiva del sistema. Terzofuochisti e colorifici, ad esempio, lamentano la forte pressione sul prezzo esercitata dai clienti ceramici del distretto. Il rischio è che margini economici troppo a lungo risicati blocchino l’attività innovativa e di R&S in alcuni gangli fondamentali del sistema. L’innovazione (prima o poi) deve essere remunerata, se si vuole che continui nel tempo. Se non lo è, vuole dire che l’innovazione non è percepita come tale dal cliente; o che la capacità complessiva del cliente di catturare una quota del valore prodotto dal sistema, soprattutto nelle fasi a valle, è insufficiente ad alimentare nuove risorse da dedicare al finanziamento dell’innovazione a monte. Questi problemi ridistributivi si affiancano ai tradizionali effetti disincentivanti connessi al ridotto grado di appropriabilità della rendita derivante da innovazione tecnologica nel ceramico. Data la facile riproducibilità delle soluzioni tecnologiche e lo schermo ancora debole offerto dalla protezione brevettuale, sono bassi gli incentivi a fare la prima mossa nel campo dell’innovazione tecnologica. Il loop può diventare pericoloso, se non si trovano presto nuovi soggetti disposti a rischiare e a far ripartire il motore dell’innovazione distribuita tra i comparti. D’altra parte, neanche la scelta, fatta da alcune imprese, di riportare dentro tutta l’attività di ricerca e sviluppo, sembra per il futuro potere pagare di più di quanto già non abbia fatto in passato. Anche i nuovi traguardi sul piano dell’innovazione tecnica sono infatti molto difficili da raggiungere: possono essere tagliati per primi, nella competizione internazionale, solo se ci si muove ancora come sistema. Gli sforzi di singole imprese possono essere fondamentali per fare il primo passo o stimolare lo sviluppo di risorse complementari, ma non sembrano strutturalmente sufficienti a reggere l’ampiezza dei territori tecnologici oggi da presidiare. Il complesso di competenze necessarie a fare uscire l’innovazione dal laboratorio o dalla fabbrica e portarla sul mercato è semmai accresciuto rispetto al passato. Si pensi alla possibilità di raggiungere traguardi ambiziosi come lo sviluppo di nuove destinazioni d’uso del prodotto piastrella, il processo di arricchimento culturale del prodotto e il progressivo allargamento del suo valore percepito verso i dominii cognitivi di alcune categorie fondamentali di influenzatori d’acquisto, come gli architetti o i designer di interni. All’arricchimento del prodotto piastrella devono concorrere tutte le componenti del sistema. In questi contesti, il ricorso ad una combinazione di prestazioni specializzate, di prestazioni cioè di eccellenza rispetto al proprio ambito specifico di attività, sviluppate attraverso una rete di imprese, resta a nostro avviso essenziale. A dovere essere ripensata semmai è l’architettura che deve reggere questi modelli di collaborazione per l’innovazione. Il “mercato distrettuale”, basato su accordi informali, patti non scritti di non belligeranza e spartizione, e soprattutto tutto giocato all’interno delle mura del distretto, e solo su una dimensione verticale di collaborazione, oggi non basta più a sostenere dinamiche innovative complesse. Vediamo perché. La collaborazione orizzontale tra imprese dello stesso comparto non può essere più considerata una eccentricità o una missione impossibile. Deve diventare il pane quotidiano, come è lo è già in molti altri settori. E’ più difficile collaborare con un concorrente che con un cliente o un fornitore. Ma non è impossibile: sono nuovi modelli di gestione che vanno appresi. Partendo dall’idea che, naturalmente, collaborare tra concorrenti non significa unire i destini con l’altro sul piano competitivo per sempre. Significa isolare alcune attività su cui la necessità di investire è pressante e consistente, definirle sul piano dell’apporto competitivo e della regolazione contrattuale, cercare innovazione su quelle attività, diventare competitive su quelle rispetto ai concorrenti internazionali, e poi continuare a competere con l’alleato su altri fronti. Anche la collaborazione verticale va ravvivata. Co-progettando e co-investendo. Magari accettando di sviluppare un business insieme, “unendo i mestieri”, che sono diversi solo se non si prova mai a combinarli e a vedere quali nuovi mestieri si imparano “facendolo insieme”. Allora si potrà dire che il business della distribuzione è anche un po’ il business del ceramista e viceversa; che il business della produzione ceramica è un po’ anche il business del colorificio e del fornitore di tecnologia; e così via. I confini rigidi tra comparti non sono scolpiti nella pietra, dettati una volta per tutte dalla diversità dei paradigmi tecnologici o dalla incompatibilità delle competenze. I confini più alti e invalicabili sembrano quelli eretti nei modelli cognitivi degli attori che sono chiamati a superarli. Infine, occorre sapere “tirare dentro al distretto” le competenze che ora stanno fuori, donando loro la forza del sistema, cioè valorizzandole grazie all’apporto combinato di altre competenze specializzate presenti in modo esclusivo o misura maggiore solo nel distretto. Questo significa costruire reti di collaborazione in grado di coinvolgere attori non distrettuali, diversi per basi di competenze pregresse e anche linguaggi. Significa anche conoscere gli strumenti manageriali e contrattuali per mettere in piedi una collaborazione tecnologica tra soggetti che non condividono originariamente un linguaggio e un modello di azione comune dato dalla contiguità territoriale e dalle affini esperienze applicative, ma che devono costruirselo, mutuandolo dalla scienza e da contesti manageriali più avanzati. Si pensi, ad esempio, a quanto i recenti sviluppi nella automazione della fase di controllo di fine linea del ciclo produttivo della piastrella si debbano al confronto e alla contaminazione tra tecnologie tradizionalmente radicate nel distretto e tecnologie aliene. Eppure il processo di integrazione competitiva tra imprese detentrici di queste diverse tecnologie è sempre proceduto a strappi, privilegiando la ricerca parallela e conflittuale di soluzioni tecnologiche alternative alla definizione su base collaborativa-competitiva di standard accettabili. 20 La collaborazione orizzontale tra imprese dello stesso comparto non può essere più considerata una missione impossibile Anche la collaborazione verticale va ravvivata, coprogettando e coinvestendo Occorre sapere “tirare dentro al distretto”le competenze che ora stanno fuori, donando loro la forza del sistema In altre parole, ci sentiamo di dire che non bisogna confondere la momentanea incapacità di individuare e praticare nuove forme accettate di collaborazione tecnologica con la non necessità di attuarle. La competizione a livello internazionale è tale da non consentire più inefficienze sul piano della gestione dei processi manageriali, che oggi pesano quanto e forse più di quanto non pesassero in passato le inefficienze operative, sul piano produttivo e logistico. Queste ultime sono state affrontate e gestite bene. Le altre restano tutte lì, forse ancora bene da comprendere nella loro reale portata. Naturalmente le affermazioni fatte sopra hanno senso se si parte da una convinzione: che la crisi dei modelli di collaborazione tecnologica non abbia ancora leso in modo permanente il potenziale di innovazione del sistema distrettuale. Sassuolo resta il centro del mondo per l’innovazione ceramica: perché è qui che sembrano risiedere ancora la gran parte delle soluzioni percorribili per l’innovazione futura; qui sono le competenze più diffuse e i livelli di specializzazione più estremi. Ciò che manca è la conoscenza del modo in cui queste risorse possono ricombinarsi e dare vita a nuove forme di innovazione, non più solo di tipo tecnico, e nuovi modelli di business, non più solo quelli tradizionali. 1.4.2 Alla ricerca di nuove fonti per innovare Lo sprigionarsi degli effetti della globalizzazione si traduce soprattutto in un cambiamento fondamentale per gli assetti competitivi delle imprese del distretto: non basta più puntare sui volumi per irrobustire i margini, agendo principalmente sull’efficienza produttiva, sui fattori di scala a livello di impianto e impostando la politica commerciale sulla base di logiche prettamente quantitative. Che quella politica non paghi più lo si capisce osservando il declino di redditività nei diversi comparti negli ultimi anni. Diventa pertanto essenziale trovare strade ulteriori per incrementare la redditività delle vendite. Le fonti storiche di innovazione si possono riaccendere, ma non sono più sufficienti. Occorre pensarne delle nuove. Innanzitutto, con riferimento a nuovi ambiti applicativi dell’innovazione. Su due grandi fronti: - Sassuolo resta il centro del mondo per l’innovazione ceramica Non basta più puntare solo sui volumi per irrobustire i margini L’innovazione non è solo di tipo tecnico: è anche innovazione organizzativa e coinvolge il modo di organizzare le risorse interne all’impresa e di combinarle con quelle esterne. Né l’innovazione può essere giocata tutta sul lato dell’offerta, si genera anche sul fronte della domanda: è anche innovazione di marketing e coinvolge il modo di individuare i clienti, segmentarli, gestire le relazioni con essi, sostituirsi ad essi in alcune attività creatrici di valore quando necessario, comunicare al cliente finale e non solo a quello intermedio, e così via. Su questi ambiti applicativi dell’innovazione, relativamente nuovi per il settore, la difesa della rendita è probabilmente più facile, rispetto al solo ambito tecnico e di prodotto. Il problema però che si scorge chiaro, e che attraversa tutte le anime settoriali del sistema ceramico, è che questo tipo di innovazione, sebbene in potenza più difendibile, appare oggi molto più difficile da generare nel distretto, rispetto all’innovazione a base tecnologica. Gli sforzi per questo tipo di innovazione sembrano, infatti, ancora molto esigui, in tutti i settori distrettuali, che restano focalizzati quasi esclusivamente sull’innovazione tecnica, nei dati di oggi come nelle previsioni di domani. L’idea che ci siamo fatti - dopo 500 interviste e dopo aver girato in lungo e in largo il distretto - è che le risorse delle imprese distrettuali siano drammaticamente più scarse proprio sotto questo profilo: nella capacità di innovazione degli assetti organizzativi, ed in particolare nei rapporti con il mercato a valle, per i quali le forme di intermediazione e di gestione dei canali sperimentate in passato mostrano segnali evidenti di logoramento. In fase di globalizzazione competitiva, in altre parole, non basta più il binomio tecnologia / prodotto ad assicurare per il futuro la leadership dei produttori italiani di piastrelle. A quel binomio occorre aggiungere un ulteriore elemento: il mercato. Le imprese distrettuali, sia nel ceramico che nei comparti correlati, hanno margini di miglioramento assai consistenti nel rapporto con il mercato della distribuzione, nella capacità di gestire relazioni innovative con gli influenzatori d’acquisto e i consumatori finali, nella costruzione di valori di marca più consistenti. In questo caso, il problema si presenta in forme diverse rispetto a quanto emerso per l’innovazione tecnologica. Il problema qui è meno di capacità di organizzazione di contenuti innovativi comunque presenti; riguarda di più, invece, la capacità di esprimere contenuti in sé innovativi, problema aggravato dall’esistenza di un processo di managerializzazione delle imprese in parte ancora incompiuto e da una incapacità quasi patologica di attirare e selezionare risorse manageriali dall’esterno del sistema distrettuale. Il richiamo al mercato, e all’esigenza di annodare relazioni più complesse con esso, ne porta con sé un altro: la dematerializzazione dei fattori competitivi, che investe la modalità di competere su scala mondiale ma anche gli stessi valori derivanti dall’appartenenza distrettuale. Due evidenze principali ci sostengono in questa affermazione: 21 Le risorse delle imprese distrettuali sono scarse nella capacità di innovazione degli assetti organizzativi, ed in particolare nei rapporti con il mercato a valle La dematerializzazione investe la modalità di competere su scala mondiale ma anche gli stessi valori derivanti dall’appartenenza distrettuale - Il distretto non “è” solo un fattore competitivo per chi vi opera, ma è anche “percepito” come un fattore competitivo dal mercato. A questo proposito, un dato deve richiamare la nostra attenzione: già oggi le piastrelle italiane sono molto più “viste” dal mercato come nuove e di qualità intrinsecamente superiore che non “effettivamente” tali sulla base di prerogative distintive dell’offerta. Questa discrasia la si è già colta bene nel Primo Rapporto, osservando in modo comparato le valutazioni dei buyer della distribuzione internazionale e dei competitor stranieri delle imprese ceramiche sassolesi: la valutazione di superiorità del prodotto ceramico italiano legata a fattori “hard”, di eccellenza tecnologica, è molto più netta nella valutazione del trade internazionale (che non ha necessariamente competenze tecnologiche particolarmente elevate) che in quella espressa dai produttori ceramici esteri competitor dei sassolesi. La capacità di costruirsi e mantenere una reputazione di superiorità tecnologica delle piastrelle italiane nel mondo è, quindi, perlomeno tanto importante quanto l’effettiva superiorità sul piano oggettivo dei contenuti intrinseci di innovazione. - la superiorità dei produttori ceramici distrettuali è fortemente dipendente, sia per i clienti trade che per i competitor stranieri, da fattori “soft”, di immagine. Anzi, per i produttori ceramici stranieri, il vantaggio competitivo dei prodotti italiani appare più fortemente legato a fattori intangibili che non a quelli riconducibili a fattori materiali. Anche in questo caso la difficoltà principale che si osserva consiste nell’individuare le modalità nuove con cui questi fattori immateriali si possono generare e gestire nei rapporti con il mercato. Non è un problema che riguarda solo le imprese di produzione ceramica; né che riguarda solo indirettamente le imprese degli altri comparti, attraverso le prestazioni rese ai clienti distrettuali del ceramico. Il problema investe direttamente tutte le componenti settoriali del sistema: colorifici, studi grafici, terzofuochisti, molti dei quali impegnati in processi di riposizionamento competitivo che prevedono l’allargarsi della loro attenzione strategica, dal solo presidio delle dimensioni tecniche dell’offerta, a più complesse componenti di servizio e ad una più compiuta valorizzazione strategica delle relazioni coi canali. Di questi cambiamenti, tuttavia, c’è traccia ancora troppo debole negli orientamenti che emergono dall’analisi trasversale dei comparti. Il miglioramento delle relazioni coi clienti, stando alle dichiarazioni delle imprese, è ancora sempre chiaramente subordinato ad altre esigenze strategiche. Come osservato nelle pagine precedenti, tranne alcune eccezioni, gli investimenti nei rapporti con il mercato finiscono ancora col concentrarsi prevalentemente sull’allargamento della base di clienti serviti, mettendo in secondo piano gli sforzi per la valorizzazione dell’offerta verso i clienti e la maggiore integrazione lungo il canale. Il punto è: sono in grado i diversi comparti di accompagnare questo cambiamento verso l’intangibile o addirittura di favorirlo? O, come per i ceramisti, ci sono solo alcuni attori in grado di esprimere innovazione in forme immateriali (valore di marca, innovazione nel servizio commerciale), mentre molti altri stanno a rimorchio, o peggio sono bloccati? Le sensazioni che emergono dalla lettura trasversale e comparata dei comparti è che su questo punto i ritardi siano ancora piuttosto diffusi e consistenti. Il cammino verso la dematerializzazione dei fattori competitivi e la costituzione di nuovi modelli di business è molto lento, affidato a pochi attori in grado di porsi come sperimentatori di forme più evolute di ricerca di innovazione sul piano organizzativo e di marketing. Di esempi di cambiamento, naturalmente, ne esistono: il terzofuochista che si mette in proprio, punta sull’innovazione estetica estrema e si sposta in modo deciso sui mercati esteri; la commerciale che, nell’orbita di grandi gruppi ceramici, sperimenta percorsi innovativi nella progettazione e nella valorizzazione di marketing del prodotto; le ceramiche che si riportano dentro il valore disperso lungo il canale distributivo, riformando la figura tradizionale dell’agente o allargando il presidio diretto dei canali per avvicinarsi alla domanda finale. Il censimento dei modelli innovativi di business è uno sforzo che deve essere compiuto, per individuare i casi più virtuosi, comprenderli, favorire processi imitativi virtuosi. Nel Terzo Rapporto si tornerà in modo più dettagliato su questi modelli emergenti. Tuttavia, poiché le modalità di valorizzazione dell’offerta ceramica stanno rapidamente moltiplicandosi, anche i modelli di business atti alla creazione del valore si dovrebbero moltiplicare con maggiore intensità. E questo non sta accadendo. La capacità di innovazione negli assetti organizzativi e nei rapporti a valle appare oggi la vera risorsa critica di cui si avverte un fabbisogno forte nel sistema distrettuale ceramico. Di questi cambiamenti, tuttavia, c’è traccia ancora troppo debole Il cammino verso la dematerializzazione dei fattori competitivi e la costituzione di nuovi modelli di business è molto lento, affidato a pochi attori 1.5 Conclusioni e implicazioni di policy Il distretto funziona male. Questa è la percezione più diffusa che si avverte dall’interno. O comunque – si sostiene in modo prevalente - funziona certamente peggio rispetto al passato. Sebbene il quadro risulti estremamente variegato, la relativa autonomia con cui le imprese di alcuni comparti si muovono ha senz’altro innescato degli effetti centrifughi che incidono negativamente sulla capacità del territorio di funzionare come sistema di supporto competitivo. La recente necessità, avvertita da alcune grandi imprese, di spostare gli investimenti all’estero porta con sé il rischio, almeno nel breve periodo, di un allentamento consistente 22 Il distretto funziona male. Questa è la percezione più diffusa dell’investimento all’interno del distretto, con ripercussioni evidenti anche sulla capacità di alimentare innovazione di sistema. Ma il distretto serve ancora. Sono pochi, per non dire inesistenti, le imprese e i comparti che nei loro processi di evoluzione non riconoscano al sistema distrettuale ancora importanti prerogative come bacino di innesco di fattori competitivi essenziali per l’arena internazionale, o come serbatoio di risorse ancora critiche per la differenziazione dell’offerta verso il mercato. Anche quando le traiettorie di evoluzione competitiva di alcune singole imprese sembrano portare lontano da Sassuolo, osservando i dati, ci si accorge che la dipendenza da risorse distrettuali è ancora oggi molto forte. E anche le imprese che, in modo più spedito, agiscono con la prospettiva di allentare ulteriormente in futuro i legami col distretto si trovano a dovere risolvere alcuni problemi nuovi, che impongono di procedere con estrema cautela strategica. Recidere i legami col distretto significa, ad esempio, dovere riprogettare le proprie basi di creatività, non potendo più contare su un bacino localizzato di lavorazioni e prestazioni di fornitori ad alto livello di specializzazione; significa, in larga parte, doverle riprodurre tutte all’interno, con inevitabili appesantimenti in termini di strutture di costo e rischi di minore efficacia nei processi innovativi. Anche le imprese che più hanno investito nella produzione all’estero hanno bisogno, contestualmente, di rafforzare partnership con attori distrettuali; anche loro hanno bisogno del distretto non solo come antenna tecnologica, per orientare gli sforzi innovativi sotto il profilo più schiettamente tecnologico, ma anche come vetrina, come luogo dell’eccellenza su cui andare a costruire la “fabbrica dell’immateriale”. In questo senso, investire per la competitività significa anche investire in attività che accrescano il valore, ad esempio, che può derivare dall’appartenenza dell’impresa ad un sistema distrettuale: investire in comunicazione, per sfruttare al meglio il vantaggio di reputazione collegato al territorio; ma anche in organizzazione, per sfruttare le potenzialità di un nuovo modello di business in collaborazione con altri attori. D’altra parte, il distretto non è una ”gabbia”. E’ un contesto di competizione che va fatto funzionare dagli attori che vi operano. Innovando, ma in forme più complesse rispetto al passato. Il salto nella capacità d’innovazione può passare anche per un allentamento del radicamento distrettuale, anche internazionalizzandosi di più, anche nella produzione, quando e quanto serve. Ma ancora una volta il problema non è solo quello di uscire dal distretto o di farlo esplodere per dare vita a qualche cosa di diverso: il problema è come integrarne meglio risorse e competenze diffuse con le nuove condizioni di utilizzo imposte dalla competizione globale. Il distretto evolve continuamente e anche le fonti che ne alimentano il vantaggio competitivo evolvono. Tutte le sue componenti devono mostrarsi preparate ad affrontare queste dinamiche e cogliere le nuove opportunità possibili per il futuro. 23 Ma il distretto serve ancora La dipendenza da risorse distrettuali è ancora oggi molto forte Il distretto non è una “gabbia”. E’ un contesto di competizione che va fatto funzionare dagli attori che vi operano PARTE SECONDA Il sistema ceramico: i comparti 24 IL COMPARTO DELLE MATERIE PRIME CERAMICHE: STRUTTURA E DINAMICHE DI MERCATO (Tiziano Bursi – Davide Fornetti) 25 INDICE p. 27 INTRODUZIONE CAPITOLO 1 - IL SETTORE “MATERIE PRIME PER CERAMICA” 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 Premessa I clienti “Target” ed i loro bisogni I prodotti finiti Le materie prime impiegate I produttori Processo produttivo e tecnologie Le funzioni ed i ruoli aziendali coinvolti La canale di vendita p. 28 p. 28 p. 30 p. 30 p. 32 p. 33 p. 35 p. 35 CAPITOLO 2 - LA STRUTTURA DEL MERCATO ED IL SISTEMA COMPETITIVO 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 La struttura dell’offerta Il mercato delle argille, felpati e sabbie Le barriere all’entrata per i nuovi concorrenti I prodotti alternativi La struttura e la dinamica della domanda Le leve della competizione ed i fattori di successo L’attrattività settoriale p. 37 p. 38 p. 39 p. 39 p. 40 p. 41 p. 43 CAPITOLO 3 - MATERIE PRIME E FILIERA PRODUTTIVA: INTERNAZIONALIZZAZIONE E PROCESSI DI INTEGRAZIONE A MONTE 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 Impiego di materie prime, processi produttivi e tipologie di prodotto ceramico Localizzazione delle materie prime: da locali a internazionali Internazionalizzazione del mercato delle materie prime: i flussi di import Dalla fornitura esterna all’integrazione Ruolo centrale dei fornitori: dalla materia prima alla customer orientation p. 45 p. 47 p. 48 p. 53 p. 55 CAPITOLO 4 - IMPORTANZA STRATEGICA DELLA LOGISTICA 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 Il trasporto di materie prime: dalla acava alla fabbrica La logistica come soluzione ai costi di trasporto La logistica in entrata nel distretto ceramico di Sassuolo: lo sbilanciamento delle soluzioni di trasporto Razionalizzazione dell’approvvigionamento delle materie prime Considerazioni finali p. 57 p. 61 p. 64 p. 66 p. 70 CONCLUSIONI p. 72 BIBLIOGARFIA p. 74 26 INTRODUZIONE Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di questa ricerca vi sono, quelli di : • • dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico, cogliendone le direzioni prevalenti e la portata; capire l’impatto di questi processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati ai diversi livelli del sistema del valore ceramico; Il presente rapporto è dedicato al comparto delle materie prime ceramiche. Un settore che ha svolto un ruolo determinate nello sviluppo dell’industria ceramica e nella affermazione del suo prodotto, poiché le prime piastrelle sono nate proprio dalle argille rosse estratte nelle aree vicine alle aziende ceramiche di Sassuolo. Nello scenario attuale, caratterizzato da una progressiva internazionalizzazione produttiva del settore ceramico, acquista grande interesse la comprensione del: • • ruolo critico assunto dalla materia prima nello sviluppo dell’innovazione del prodotto ceramico, grado di internazionalizzazione del settore, con particolare riferimento alle nuove fonti di approvvigionamento al nuovo contesto competitivo. Nello svolgimento dell’indagine si è attinto a fonti primarie e secondarie. Particolare rilevanza hanno assunto le informazioni raccolte “di prima mano” sul fronte dei produttori di materie prime, trader, imprese ceramiche ed imprese di logistica e trasporto. Queste informazioni, combinate con dati e statistiche messi a disposizioni da enti ed istituzioni, hanno consentito di comporre un quadro conoscitivo fino ad oggi in larga parte inedito. Si vuole rinnovare un ringraziamento particolare alle imprese: Maffei s.p.a.,Imerys tiles minerals, Eurosabbie eurominerali, Explorer minerals s.r.l.,Wbb Italia minerals, Esan Italia, Kaltun mining, Meta s.p.a.,Adriacoke s.p.a., Eurit s.p.a., Minerali industriali s.p.a. Senza la loro collaborazione questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto possa essere di utilità anche per loro. Un segno di gratitudine va in particolare all’ing. Dianno Cucchi (Explorer), dr. Giuseppe Ori (Adriacoke), dr. Settembre Davide (Eurit), dr. Di Primio Stefano (Maffei), dr.ssa Ornella Montermini, Trasporto carrelli ferroviari, ing. Alessandro Tenaglia, Centro Ceramico di Bologna, dr. Marco Morfino (Assocargo), 27 CAPITOLO PRIMO IL SETTORE “MATERIE PRIME PER CERAMICA” Premessa Tra fattori che hanno dato impulso allo sviluppo dell’industria ceramica italiana, un ruolo di primo piano spetta alla disponibilità di materie prime in aree prossime agli stabilimenti produttivi nell’area di Sassuolo. La presenza consistente di argille rosse locali e la loro capacità di ottenere performance estetiche in precedenza ottenibili con argille bianche fu determinante nel favorire la nascita del polo ceramico e le prime esportazioni di piastrelle. La materia prima per ceramica ha visto progressivamente crescere la sua centralità nel processo produttivo e da qui l’accumulo di conoscenze e competenze nella progettazione degli impasti ceramici e l’attenzione crescente rivolta alla ricerca e allo studio di materiali capaci di migliorare le prestazioni e di sviluppare nuove funzionalità. Negli ultimi dieci anni, la domanda e la produzione di materie prime ceramiche è stata condizionata da sostanziali mutamenti, dovuti principalmente allo sviluppo tecnologico del prodotto piastrella. L’avvento del gres porcellanato ha ampliato la qualità e la quantità di materie prime necessarie e, conseguentemente, accresciuto l’importanza del fattore “approvvigionamento”. Ne discende che una analisi capace di comprendere la dimensione settoriale debba interessare le diverse attività che compongono la catena del valore ed incrociare le dinamiche tecnologiche e produttive delle imprese ceramiche. 1.1 I clienti “Target” ed i loro bisogni L’offerta di materie prime è indirizzata in primis al settore ceramico che comprende i produttori di piastrelle nelle varie tipologie in pasta bianca (monocoltura e gres porcellanato) e pasta rossa (bicottura e monocottura). I settori serviti non si esauriscono tuttavia all’industria ceramica delle piastrelle rivolgendosi la fornitura anche a settori correlati quali i sanitari, stoviglierie, smalti, colorifici ceramici, vetrerie. I produttori di piastrelle rappresentano il gruppo di clienti più importante: la domanda espressa è rilevante e proviene da un fronte composito di acquirenti all’interno del quale grandi imprese o gruppi ceramici stanno accrescendo la loro influenza sui mercati di approvvigionamento. I piccoli produttori, invece, esprimono una domanda limitata di materie prime e i ridotti volumi comportano condizioni d’acquisto meno competitive che si traducono in aggravi di costo di approvvigionamento. Il secondo gruppo di clienti, che include i settori correlati al ceramico, presenta uno scenario simile a quelle dell’industria delle piastrelle ceramiche Le esigenze espresse dai clienti sono differenziate e fortemente connesse alla tipologia di prodotto realizzato. Nel settore delle piastrelle i bisogni espressi dai clienti sono riconducibili alle specifiche di ciascuna formulazione d’impasto, al trattamento superficiale e all’utilizzo finale del prodotto (Tab. 1.1, Tab. 1.2). 28 Tabella 1.1 - Piastrelle di ceramica: tipologie di prodotto, aspetto superficiale e campi d’applicazione ASPETTOTRATTAMENTO SUPERFICIALE TIPOLOGIE DI PRODOTTI CERAMICI Smaltato Gres rosso CAMPI D’APPLICAZIONE Non smaltato Pavimenti per Pavimenti per Rivestimenti interni esterni per interni x x x Clinker x x x x Gres porcellanato x x x x Bicottura Monocottur a Rivestimenti per esterni x x x x chiara x x x rossa x x x x x Fonte: Ns. elaborazione Tabella 1.2 - Piastrelle di ceramica: materie prime componenti l’impasto e caratteristiche tecniche tipologie di prodotti componenti caratteristiche essenziali del ceramici impasto prodotto Gres rosso Clinker Gres porcellanato Bicottura chiara Materia prima di cava contenente argilla, sabbia, feldspati e ossidi di ferro, ma privi di carbonati Il processo di greificazione conferisce al prodotto caratteristiche di compattezza, durezza, impermeabilità, resistenza agli agenti chimici e all’abrasione Impasto di argille refrattarie, fondenti energici, chamotte, sabbie silicee e feldspati Grande eterogeneità di tipologie con proprietà simili a quelle del gres rosso Impasto di argille cuocenti chiaro, sabbie silicee e feldspati Prodotto quasi completamente vetrificato che esalta le proprietà tipiche dei gres rosso e dei clinker, in special modo le eccellenti caratteristiche meccaniche Impasto di argille costituite da una frazione argillosa, da sabbia e da carbonati Buona resistenza meccanica e un’ottima resistenza al cavillo dello smalto Impasto di argille cuocenti chiaro, sabbie silicee e feldspati Monocottura rossa Impasto di argille cuocenti rosso, sabbie silicee e fondenti di varia natura Fonte: Ns. elaborazione 29 La bassa porosità del prodotto e la contemporanea cottura dello smalto e del supporto, determinano un ottimo legame dello strato superficiale e conferiscono al prodotto finito caratteristiche meccaniche superiori a quelle degli altri tipi di piastrelle smaltate. 1.2 I prodotti finiti I fornitori di materie prime hanno visto mutare in modo significativo il loro ruolo: dalla “fornitura di materie prime” alla “formulazione degli impasti”. Il prodotto proposto alle aziende ceramiche non è costituito semplicemente dalla materia prima grezza, ma è una “soluzione” o meglio un campionario di ricette, di miscele di preparati specifici (semilavorati) e formulazioni di impasti pronti per l’uso. Lo sviluppo di questi prodotti innovativi tende sempre più a conformarsi alle applicazioni tecnologiche e specifiche delle singole tipologie produttive e alle mutevoli esigenze dei clienti. La tendenza dei produttori di ceramica ad esternalizzare e ad affidare ai fornitori di materie prime il compiti di ricercare e sviluppare nuove ricette e nuove formulazioni di impasti ha indotto i fornitori a potenziare le attività di ricerca e della dotazione di risorse (laboratori, personale qualificato) a supporto. Al contempo i benefici ottenuti dai produttori ceramici nel trasferimento a monte delle attività di formulazione degli impasti sono molteplici (Tab. 1.3). Tabella 1.3 - Trasferimento delle attività a monte delle attività di formulazione degli impasti: i vantaggi per le imprese ceramiche VANTAGGI PER I PRODUTTORI DI CERAMICA semplificazione della gestione focus su altri momenti del processo produttivo aumento della produttività e ottimizzazione dei controlli flessibilità di risposta alle richieste del mercato supporto tecnico aggiornata conoscenza ed esperienza del fornitore risparmio dei costi riduzione costi di magazzino, materie prime e impiantistica Fonte: Ns. elaborazione L’offerta dei fornitori di materie prime non si esaurisce con la distribuzione e consegna del prodotto fisico al cliente ma si completa con un fondamentale servizio di assistenza pre/post vendita costituendo un importante fattore di differenziazione. Da semplice fornitore di una commodity, a fornitore di servizi che innalzano il valore del bene offerto: capacità di rispondere ai bisogni dei clienti in modo tempestivo proponendo loro soluzioni ad hoc e innovative, assistenza nella scelta dei prodotti e nel loro utilizzo, affidabilità e regolarità delle forniture, controllo qualitativo delle materie prime selezionate ed efficienza logistica. 1.3 Le materie prime impiegate La tecnologia di preparazione e di formulazione degli impasti ceramici è stata sviluppata per sfruttare al meglio le caratteristiche di alcune famiglie di minerali con proprietà e composizione chimica idonee a seconda del prodotto finito che si vuole sviluppare. Queste si presentano spesso combinate tra loro in miscele complesse e sempre diverse da un luogo all’altro, genericamente classificate “materie prime”. Le materie prime utilizzate nella formulazione degli impasti sono prodotti naturali mentre quelle impiegate per la decorazione ( es. gli ossidi coloranti per impasti e gli smalti), sono prodotti chimici sintetici (Tab. 1.4). L’elenco non ha pretese di esaustività essendo molto più vasta la gamma di minerali e sostanze utilizzate per la produzione di piastrelle ceramiche. Tuttavia, per semplicità espositiva e per la marginalità di impiego di alcune di loro nella formulazione degli impasti, l’attenzione sarà focalizzata su tre grandi famiglie di minerali: argille, feldspati e sabbie. 30 Tabella 1.4 - Materie prime per impasti e per smalti ceramici materie prime per impasti materie prime per smalti Sabbie Materiali che introducono ossidi acidi Argille Materiali che introducono ossidi basici Feldspati Caolini Nefelina Quarzo Materiali che introducono simultaneamente ossidi acidi e ossidi basici Materiali che introducono ossidi anfoteri Materiali di tipo ausiliario o complementare (opacizzanti,coloranti, additivi chimici) Fonte. Ns. elaborazione a- Argille La prima grande famiglia di minerali è costituita dai silico-alluminati idrati, ovvero i minerali argillosi, i più abbondanti nella parte superficiale della crosta terrestre. Costituite da particelle molto fini, le argille sono materiali di facile macinazione, a meno che non contengano minerali accessori, come quarzo e feldspato. Contenendo idrogeno, i minerali argillosi sono tutti fortemente igroscopici, ovvero tendono ad assorbire e trattenere tenacemente l’acqua intorno ai loro cristalli. La presenza di molecole d’acqua conferisce plasticità, ossia la possibilità di plasmare l’argilla nella forma desiderata. Una volta perduta l’acqua, la struttura perde la plasticità e diventa rigida. La caratteristica delle argille più importante per il ceramista non è tanto la plasticità intesa come capacità di plasmare, quanto la resistenza meccanica che si ottiene con l’essicatura della piastrella. La famiglia dei minerali argillosi è vastissima e spesso è difficile stabilire con certezza quali sono i minerali che costituiscono un’argilla naturale. Si possono, tuttavia, identificare tre principali tipi di argille: • caolinite: è il prodotto diretto dell’alterazione del feldspato ed è il costituente principale dei caolini e delle argille caolinitiche. Si tratta di un minerale molto refrattario e molto plastico, • illite:è il componente principale delle argille illitiche (come le argille rosse di Sassuolo). Si tratta di un minerale plastico e molto più fusibile della caolinite, che sviluppa in cottura ritiri più contenuti in quanto contiene molta meno acqua, • clorite:è il minerale ideale per la produzione d’impasti porosi, poiché riesce a formare una struttura cristallina stabile anche a bassa temperatura e con un ritiro praticamente nullo. Materiale di difficile reperibilità, è il costituente principale dell’argilla grigia di Sassuolo. E’ proprio grazie alle proprietà uniche di quest’argilla che Sassuolo ha avuto negli anni Settanta un poderoso sviluppo industriale. b - Feldspati I feldspati costituiscono il più importante gruppo di minerali presenti nella crosta terrestre, poiché rappresentano circa il 60% delle masse rocciose. In base alla composizione chimica si distinguono in: feldspato potassico, sodico e calcico La presenza di feldspati aumenta sensibilmente la fusibilità del materiale, tanto che questi materiali vengono definiti “fondenti”e servono per abbassare le temperature di cottura delle piastrelle. Secondo i Cinesi, il feldspato rappresenta il sangue dell’impasto ceramico, in grado cioè, di permeare e di chiudere tutte le porosità. Il feldspato è anche semplice da macinare, grazie alla presenza di legami deboli all’interno della struttura del cristallo che favorisce la rottura e sfaldatura. Poiché la roccia molto ricca in feldspato subisce un degrado molto rapido, se è esposta alla superficie, i giacimenti di feldspato ad elevato grado di purezza sono molto rari e concentrati in aree geologicamente molto recenti. c - Sabbie Data la grande abbondanza, le sabbie costituiscono il componente meno costoso degli impasti ceramici. La caratteristica principale di questa materia prima è la durezza dei minerali che può contenere: quarzo e feldspati. Da qui deriva la suddivisione in sabbie quarzose e sabbie feldspatiche. 31 La funzione svolta nell’impasto, di tipo strutturale, è necessaria a limitare le variazioni dimensionali nei processi di essiccamento e cottura e deriva dall’elevata temperatura di fusione. Le sabbie feldspatiche sono elementi fondamentali nella composizione degli impasti ceramici, all’interno dei quali vengono utilizzate in percentuali del 25/30% . Il loro impiego, che è aumentato con l’introduzione della monocottura rapida, ha assunto un importante valore sia dal punto di vista qualitativo che economico. Le sabbie destinate alla produzione di piastrelle ceramiche hanno un’ origine prevalentemente locale, ossia provengono da giacimenti autoctoni presenti soprattutto in Emilia-Romagna. Di conseguenza, queste materie prime, oltre alle loro particolari valenze tecnologiche, permettono il contenimento dei costi di trasporto e quindi dei costi di produzione in virtù della loro vicinanza alle aziende ceramiche. I poli estrattivi di queste materie prime sono variamente localizzati sul piano geografico (Tab. 1.5). 1.4 I produttori Germania e Ucraina si contendono il dominio nella produzione ed esportazione di argilla. La Germania vanta una tradizione pluriennale nella fornitura di questa materia prima essendo sede di numerosi giacimenti di rinomata importanza. Westerwald e la Sassonia sono le due regioni in cui è più intensa l’attività estrattiva. Nella prima, dove operano circa venti produttori con 80 cave, sono localizzati i depositi di gran lunga più consistenti. Il trasporto del materiale argilloso avviene prevalentemente via ferrovia prevedendo un carico da cava a strada e successivamente da strada a ferrovia. Tabella n. 5 - Principali paesi produttori di materie prime: volumi di produzione 2001 PAESI PRODUTTORI MATERIE PRIME ARGILLE FELDSPATI SABBIE CAOLINI ITALIA FRANCIA SPAGNA GRAN BRETAGNA UCRAINA TURCHIA BULGARIA GERMANIA Fonte: Ne rilevazioni Produzione annuale al 2001. Valori in milioni di tonnellate. più di 5 da 2 a 5 da 1 a 2 32 da 0,5 a 1 Per anni la Germania è rimasta il paese fornitore di argilla privilegiato dai produttori italiani di piastrelle. La progressiva evoluzione dei prodotti ceramici e la conseguente modifica della composizione degli impasti, ha determinando una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Nel panorama internazionale si è affacciato un nuovo produttore: l’Ucraina. Il paese dispone di enormi depositi ricchi di un’ampia gamma di materiali che vanno dalle argille plastiche e refrattarie ai caolini e sabbie di zirconio. L’avvento del gres porcellanato, ha attirato l’attenzione dei produttori di piastrelle italiani su questi depositi, che, per le loro caratteristiche di estrema purezza e qualità analitica sono diventati parte fondamentale nelle formulazioni degli impasti. I due maggiori produttori di feldspati sono Italia e Turchia. Nell’Italia Settentrionale, fonti d’approvvigionamento di rimarchevole interesse sono localizzate in Piemonte. Calabria e Sardegna1, rappresentano, tuttavia, le due regioni più importanti per produzione e densità di giacimenti. Accanto ai feldspati nazionali, stanno conquistando un ruolo di primo piano i feldspati sodici di origine turca grazie alla qualità e alla purezza della materia prima che ne esalta un miglior rapporto qualità-prezzo. La strategicità di questo paese produttore, oltre alla qualità superiore dei materiali, dipende dalle riserve disponibili stimate in circa 350 milioni di tonnellate. Considerando il livello di produzione attuale, che è di circa 3 milioni di tonnellate l’anno, la Turchia potrebbe fornire materiale alle industrie ceramiche per più di 100 anni. La richiesta di feldspato turco da parte dei produttori italiani di piastrelle ha subito un forte incremento, soprattutto negli ultimi dieci anni, grazie all’affermazione del gres porcellanato che, a differenza delle precedenti tecnologie produttive, necessita di un mix di materie prime pregiate e adatte alle nuove formulazioni d’impasto. Le sabbie impiegate nella produzione di piastrelle sono perlopiù di origine nazionale. I giacimenti più abbondanti sono in Sardegna, Emilia-Romagna (provincia di Bologna) e Calabria. In Sardegna si trovano cave di sabbie feldspatiche. Nel 2005 la produzione totale di sabbie destinata al settore delle piastrelle si è attestata attorno alle 800.000 tonnellate. 1.5 Processo produttivo e tecnologie Il processo produttivo è standardizzato, sequenziale e prevede sia fasi di lavorazione comuni a tutte le tipologie di materiale, sia operazioni peculiari per determinate materie prime (Tab. 1.6). Le fasi di lavoro solitamente sono precedute da fasi preliminari che consistono in una serie di analisi (economiche, di laboratorio). Il percorso che conduce le argille dalla cava alla azienda ceramica si differenzia dalle altre materie prime che, data la natura e la forma del minerale, necessita di trattamenti specifici. Dopo l’estrazione l’argilla viene sottoposta al trattamento di frangizollatura (riduzione dei blocchi di argilla in zolle di dimensioni inferiori) e di laminazione (ulteriore riduzione della dimensione delle zolle di argilla) all’interno di particolari laminatoi. Il sistema produttivo vede l’impiego di un numero limitato di addetti che supportati da una significativa dote di attrezzature ed impianti. Il crescente grado di intensità di capitale è un segno della dinamicità del settore estrattivo, che ha saputo innovarsi nel tempo, introducendo nuove tecnologie in grado di migliorare le condizioni di efficienza dei processi (minori costi di produzione) e di accrescere la resa e la qualità finale del prodotto che viene giocata sul mercato come fattore di differenziazione dell’offerta. In Sardegna, regione che negli ultimi 10-15 anni ha assunto un’importanza sempre crescente nel panorama delle materie prime per ceramica, sono in corso di valorizzazione altre fonti d’approvvigionamento di feldspato che potrebbero rivelarsi strategiche per la produzione nazionale di piastrelle. 1 33 Tabella 1.6 - Il processo produttivo: fasi, caratteristiche ed impianti/attrezzature FASI PRELIMINARI Fase Caratteristica impianto/attrezzature Prospezione giacimenti Automatico Carte geologiche, Carottatrici Ricerca di laboratorio Manuale Analisi chimica, gravimetrica Prove di impianti pilota Automatico Arricchimenti/Deferrizzazioni FASI DI LAVORO 1. OPERAZIONI INIZIALI Estrazione Automatico Escavatori idraulici e rotanti 2. LIBERAZIONE DEI GRANI Immissione materie prime Manuale Frantumazione Automatico Frantoi Macinazione a secco Automatico Molini cilindrici Macinazione a umido Automatico Molini cilindrici 3. CLASSIFICAZIONE Classificazione a secco Automatico Vagli Classificazione a umido Automatico Idroclassificatori 4. PROCESSI DI TRATTAMENTO Separazione magnetica Automatico Separatori magnetici Separazione gravimetrica Automatico Tavola a scosse, ad aria 5. OPERAZIONI AUSILIARIE Addensamento Automatico Contenitori cilindrici Filtropressatura Automatico Filtropresse Essicazione Automatico Essicatori 6. OPERAZIONI FINALI Packaging Automatico Stoccaggio prodotti finiti Manuale Fonte: Ns. elaborazione 34 Impacchettatori 1.6 Le funzioni e i ruoli aziendali coinvolti La gestione aziendale delle attività dell’intero ciclo operativo si regge su un assetto organizzativo che fa perno su alcune funzioni critiche (Tab. 1.7). Tabella 1.7 - Le funzioni critiche: ruoli e compiti principali FUNZIONE INCARICO RUOLO PRODUZIONE AMMINISTRAZIONE E FINANZA COMMERCIALE R&S LOGISTICA Sales manager, agenti Curare i rapporti con i clienti, consulenze tecniche e sull’utilizzo dei prodotti Ricercatori, specialisti, esperti chimici Studiare soluzioni innovative di prodotto, compatibili con le necessità produttive dei clienti, controllo qualità materie prime, analisi mineralogiche Responsabili di logistica Gestione dei flussi in entrata e in uscita, gestione magazzino Fonte: Ns. elaborazione Tra queste assumono rilievo: • la R&S grazie al contributo offerto nel fornire prodotti di qualità costante e capaci di adattarsi alle particolari richieste dei clienti e nella introduzione in gamma di nuovi prodotti. • la logistica in quanto la regolarità e la puntualità delle consegne sono variabili chiave per un rapporto duraturo con i clienti. • La funzione commerciale è importante perché l’approccio alla vendita non segue logiche puramente transazionali basate sul prezzo ma lascia spazio ad altri attributi dell’offerta (servizi di consulenza tecnica e sull’uso dei prodotti, personalizzazione dell’offerta) che contribuiscono al consolidamento delle relazioni nel lungo periodo e basate sulla fiducia. 1.7 Il canale di vendita Nel settore delle materie prime i rapporti B2B sono intermediati da reti di vendita diretta. Ciò non esclude l’adozione di una rete mista, in parte diretta ed in parte indiretta, che meglio si adatta a specifiche condizioni di mercato. La scelta che privilegia la forza di vendita diretta, risponde ad esigenze di controllo delle attività e di stabilizzazione delle relazioni con la clientela. La necessità di offrire un livello di servizio elevato al cliente, con caratteristiche di personalizzazione, alte competenze tecniche e co-progettazione del prodotto, risulta incompatibile con venditori indipendenti. 35 Il ricorso ad agenti esterni svolge, nella maggior parte dei casi, una funzione di complementarietà della rete di vendita e si giustifica per i vantaggi in termini di flessibilità e costi. Gli agenti indipendenti sono di solito monomandatari, ossia rappresentanti commerciali che agiscono su territori assegnati e remunerati a provvigione. Nel caso in cui i produttori di materie prime abbiano la forma di multinazionali, oltre agli agenti e venditori diretti, frequente è la tendenza ad affidare la vendita dei prodotti a distributori/ importatori locali che vantano una conoscenza più approfondita delle esigenze dei mercati e dei clienti serviti (Fig. 1.1). Figura 1.1 - Mercato delle materie prime ceramiche: canali di vendita PRODUTTORE MATERIE PRIME AGENTI PRODUTTORE MATERIE PRIME VENDITORI DIRETTI AGENTI VENDITORI DIRETTI INTERMEDIARI ACQUIRENTI ACQUIRENTI Fonte: Ns. elaborazione 36 CAPITOLO SECONDO LA STRUTTURA DEL MERCATO E DEL SISTEMA COMPETITIVO 2.1 La struttura dell’offerta Nel settore delle materie prime ceramiche la forma di mercato che disciplina le transazioni e assume i tratti dell’oligopolio in quanto: la struttura della offerta si regge su poche grandi imprese, spesso internazionali, che concentrano l’offerta con i loro prodotti e godono di una certa visibilità; il grado di differenziazione della produzione è alto, nonostante le materie prime siano considerate commodity e quindi differenziabili soltanto in base al fattore prezzo. La differenziazione dell’offerta si basa anche su altri attributi, ossia: ⇒ caratteristiche fisiche e tecniche del prodotto per la particolare funzione d’uso (purezza, resistenza alla fusione, colore, assorbimento d’acqua, composizione mineralogica), ⇒ le caratteristiche intangibili che creano maggior valore per il cliente attraverso il servizio, il grado d’impegno nell’assistenza tecnica pre/post-vendita, la puntualità e la regolarità delle consegne e la consulenza tecnica durante la fruizione dei prodotti, ⇒ la differenziazione verticale della qualità del prodotto, che richiede consistenti investimenti nella ricerca, necessita di apposite strutture e sofisticate strumentazioni.. la struttura dei costi. Se si considera un produttore, ovvero un’organizzazione proprietaria dei giacimenti, che si limita alla estrazione e trasformazione delle materie prime, prevarranno i costi fissi legati alla produzione e agli impianti . Nel caso di un trader, che acquista le materie prime già trattate, per rivenderle successivamente ai clienti, i costi variabili derivano dall’acquisto di materie prime e, se l’impresa ha scelto un canale di vendita indiretto, dagli agenti. I costi fissi sono generati dal personale addetto ai servizi (amministrativi, logistica, customer service, R&S ) e dalla forza di vendita diretta. Nel caso del fornitore che svolge attività di produzione e di commercializzazione dei prodotti, i costi che incidono maggiormente sul risultato economico sono i costi fissi relativi agli impianti di produzione e le spese di distribuzione che possono essere fisse o variabili a seconda del canale scelto. Le caratteristiche descritte considerano il mercato delle materie prime nella sua totalità. In realtà la struttura dell’offerta è molto più complessa e distinta per le differenti tipologie di materiali (Tab. 2.1). Tabella 2.1 - Materie prime ceramiche: forme di mercato Differenziazione del prodotto ALTA BASSA ARGILLE Concentrazione dell’offerta SABBIE ALTA FELDSPATI BASSA Oligopolio differenziato Oligopolio omogeneo Concorrenza monopolistica Concorrenza perfetta Fonte: Ns. elaborazione 37 Esiste, infatti, un mercato specifico per i feldspati, per le argille e per le sabbie. La rilevanza di ciascuna materia prima è legata alla quota impiegata nelle formulazioni d’impasto. Nella creazione degli impasti per gres porcellanato, ad esempio, la quota di argilla è pari al 35%, il feldspato al 50% e le sabbie si aggirano attorno al 15%. Le materie prime utilizzate sono prevalentemente d’importazione, mentre i prodotti nazionali completano una quota minore della composizione dell’impasto. 2.2 Il mercato delle argille, dei feldspati e delle sabbie Nella filiera delle argille, poche imprese si contendono il mercato. Gli attori principali sono costituiti da imprese estrattive (produttori) e da trader che svolgono attività di commercializzazione ma anche di estrazione della materia prima. I più importanti produttori di argille destinate alla produzione di piastrelle, sono localizzati in Ucraina e in Germania. In Ucraina il mercato è controllato da quattro imprese di medie dimensioni (Vesko, Dombas Clays JSC, Yug, Pology Mineral Corporation) che, per servire i mercati target, hanno sottoscritto accordi di joint-venture contrattuali con importatori o imprese multinazionali. In Germania la fornitura di argille, è affidata a due grandi gruppi d’imprese (Georg & Schneider Gmbh, Stephan Schmidt Gruppe), che, oltre ai processi di estrazione e trasformazione, svolgono attività commerciali mediante filiali o società collegate per presidiare i mercati serviti. Le argille ucraine sono più competitive di quelle tedesche date le caratteristiche intrinseche che meglio si adattano alle esigenze dei produttori ceramici. Per questo motivo, attualmente in un impasto standard per gres porcellanato smaltato, la quota di argille ucraine oscilla tra 20%-25%, a detrimento della quota di argille tedesche che si attesta tra il 10-15%. I principali produttori di feldspati, sono localizzati in Turchia (Cine Akmaden, Kaltun mining, Esan) anche se una discreta produzione è presente in Italia. I fornitori turchi sono specializzati nella produzione ed esportazione di feldspato sodico, prodotto particolarmente indicato per il gres porcellanato. Le imprese più importanti, per volumi esportati e capacità produttiva, sono quattro. Il loro potere contrattuale, dati i volumi intermediati, è pertanto elevato. Il rapido sviluppo del mercato e la forte crescita delle vendite, ha spinto queste imprese produttrici ad ampliare la loro influenza sulle attività a valle della catena del valore con l’apertura di filiali distributive, senza affidarsi ad intermediari commerciali. I mercati di destinazione più rilevanti sono Italia e Spagna, paesi che ospitano la maggior concentrazione di imprese ceramiche. L’Italia, pur non spiccando per i volumi esportati, in termini di produzione occupa un ruolo di primo piano. Il tessuto produttivo, è costituito da poche imprese di piccole-medie dimensioni, che svolgono tutte le fasi della catena produttiva e garantiscono sia i servizi logistici sia quelli commerciali. Nel mercato dei feldspati italiani, la concorrenza si basa principalmente sul prezzo. I feldspati turchi sono più costosi a causa degli alti costi di trasporto ma per il miglior rapporto quaalità/prezzo, risultano preferibili a quelli italiani. Il fattore di differenziazione è la qualità superiore del prodotto turco, aspetto al quale i clienti riservano una rilevanza sempre più marcata. A testimonianza di ciò, un impasto standard per gres porcellanato smaltato, è costituito da un 30% di feldspato turco e da un 20% di feldspato italiano. Per quanto concerne la filiera delle sabbie, il mercato è caratterizzato da pochi competitor che offrono prodotti omogenei. I fornitori, soprattutto italiani, sono costituiti da piccole-medie imprese che producono e vendono ampie gamme di prodotti con varie destinazioni d’uso. La disponibilità di questa materia prima è relativamente abbondante. Tuttavia la quota d’impiego in un impasto per gres porcellanato smaltato si aggira intorno al 15%. Data l’omogeneità del prodotto, la concorrenza è basata sul prezzo. La scelta del miglior offerente è quindi guidata principalmente da criteri economici e di costo. La possibilità di differenziarsi dai rivali è legata ai servizi resi alla clientela. Questi comprendono l’assistenza tecnica, l’ampiezza dell’offerta, la tempestività e regolarità delle consegne. Il mercato delle sabbie destinate alle industrie ceramiche presenta condizioni di stabilità. 38 La domanda, pur soggetta a fluttuazioni di breve periodo, nel lungo periodo ha mantenuto una certa linearità. Sono prevedibili possibili processi di ristrutturazione dell’assetto competitivo attraverso acquisizioni. 2.3 Le barriere all’entrata per i nuovi concorrenti Lo spazio per entrare in questo settore è limitato dalla presenza di imprese che godono di una posizione consolidata. Le barriere che impediscono a potenziali concorrenti di fare il loro ingresso nel mercato sono: • • • • • • il possesso e il controllo delle fonti di materie prime (giacimenti); la tendenza dei clienti a legarsi ad un solo fornitore in una prospettiva di partnership strategica; le economie di scala nella produzione che richiedono forti investimenti iniziali in impianti; le spese crescenti in ricerca e sviluppo sostenute per lo sviluppo di prodotti innovativi; una solida reputazione aziendale; i vantaggi assoluti di costo. La proprietà di giacimenti pregiati insieme ad un vasto know-how e risorse tecnologiche sono fattori strategici per le aziende fornitrici di materie prime. L’efficacia delle barriere come deterrenti all’ingresso di nuovi attori, tuttavia, è fortemente connessa alle risorse dei potenziali entranti. Per entrare nel settore occorre dapprima controllare la fonte e successivamente disporre del capitale necessario per acquistare gli impianti di trasformazione. Data l’importanza delle economie di scala, il problema per i nuovi concorrenti è la scelta se entrare con impianti su piccola scala per contenere gli investimenti, oppure entrare su larga scala e correre il rischio di una drastica sottoutilizzazione della capacità produttiva in attesa dell’aumento dei volumi di vendita. Un altro scoglio che scoraggia l’ingresso in questo settore è la costruzione di una forte reputazione. Si tratta di un asset intangibile difficilmente acquisibile in breve tempo e che si forma solo attraverso relazioni consolidate con i clienti. Il valore di tale risorsa è dunque percepibile nel lungo periodo e contribuisce a rafforzare la posizione di forza conquistata da un’impresa nei confronti dei rispettivi competitori. L’attuale configurazione del settore, che vede un’offerta dominata da poche imprese, deriva da tutte le difficoltà sottolineate in precedenza. L’unica via possibile per entrare rapidamente ed eludere la pressione competitiva, consiste nell’integrazione a monte del concorrente. Ovviamente acquisire un’impresa affermata, che già opera nel mercato, è un’operazione che comporta un elevato fabbisogno di capitale. 2.4 I prodotti alternativi: una sostituzione difficile La tendenza a sostituire un prodotto dipende dalla complessità del bisogno che viene soddisfatto. Più un bisogno è complesso, maggiori sono le difficoltà a percepire le differenze nelle prestazioni dei prodotti. Nel settore delle materie prime ceramiche, le necessità espresse dai clienti presentano bassi livelli di complessità. Di conseguenza la propensione degli acquirenti alla sostituzione in base a differenze di prezzo è elevata. Nonostante il grado di sostituibilità dei prodotti sia spesso legato a motivazioni economiche, esistono altri fattori discriminanti. In particolare, nel caso dei feldspati turchi e delle argille ucraine, i criteri di scelta non vertono sul prezzo, ma sono correlati alla qualità dei prodotti. La graduale propensione dei produttori di ceramica verso fonti di approvvigionamento alternative è stata motivata dal mutamento delle esigenze produttive. L’avvento del gres porcellanato tecnico e la conversione da monocottura a gres smaltato hanno determinato modifiche sostanziali nelle formulazioni degli impasti: • passaggio dall’utilizzo di feldspati italiani cuocenti scuro in cottura a materie prime d’importazione cuocenti chiaro e di conseguenza più pregiate; • sostituzione di parte delle argille tedesche (Westerwald) e francesi con prodotti Ucraini. I costi produttivi del gres porcellanato tecnico e smaltato sono più elevati della tradizionale monocottura, coerentemente col fatto che i prezzi finali delle materie prime importate devono assorbire alti costi di trasporto. La difesa dai prodotti sostitutivi può essere attuata mediante azioni volte a migliorare sia la qualità del prodotto sia del servizio. 39 I maggiori produttori di materiali ceramici, per aumentare il rapporto qualità/prezzo nei confronti del settore, impegnano notevoli risorse in ricerca. Le strutture adibite a tale attività (laboratori, centri di analisi) sono dei veri e propri “serbatoi” di conoscenza necessaria per introdurre nel mercato nuovi prodotti e per controllarne la qualità. La componente “servizio” costituisce un ulteriore strumento di difesa contro i prodotti sostitutivi. L’acquirente infatti, nel processo di selezione dei fornitori, presta elevata attenzione a questo aspetto. La scelta finale non si basa soltanto su attributi tecnici e prestazionali, ma è influenzata dal rispetto dei parametri di consegna (puntualità, regolarità, tempestività) e dall’affidabilità del fornitore. 2.5 La struttura e la dinamica della domanda La domanda di materie prime ceramiche – oltre che dall’industria ceramica – proviene da diversi altri settori di impiego: sanitari, stoviglierie, smalti, colorifici ceramici. Tuttavia, ai fini della presente analisi, l’attenzione si focalizza sul settore delle piastrelle, all’interno del quale la domanda è espressa da due principali tipologie di clienti: • i grandi produttori di piastrelle ceramiche che grazie alla loro dimensione ed alla forte posizione di mercato godono di un maggiore potere contrattuale che si traduce – dati gli elevati volumi di acquisto - in risparmi di costo ed economie negli approvvigionamenti. Una forte pressione sui prezzi e la capacità di integrazione verticale, rappresentano ulteriori leve su cui possono agire per accrescere il loro potere negoziale. • produttori di minore dimensione, per i quali il minor potere contrattuale deriva non solo dal fattore dimensione che limita materialmente la capacità d’acquisto, ma anche dalla elevata incidenza della voce approvvigionamento sul costo totale di produzione. In generale, l’influenza che i clienti esercitano sui fornitori di materie prime non dipende soltanto dalle variabili appena citate (dimensioni, capacità di integrazione verticale, volumi), ma anche dal grado di differenziazione dei prodotti e i costi sostenuti per passare da un fornitore ad un altro. La differenziazione è un aspetto che incide notevolmente sulla posizione di forza del fornitore rispetto al cliente, soprattutto quando questa riguarda la qualità e il servizio2. Riguardo ai costi di conversione occorre distinguere le differenti tipologie di materie prime. Nel mercato delle sabbie, i produttori di piastrelle, grandi e piccoli, non devono sostenere costi elevati per passare da un fornitore ad un altro: il prodotto è omogeneo e l’unica variabile su cui la concorrenza può far leva per differenziare l’offerta è il prezzo. Diverse sono le considerazioni in merito ai mercati delle argille e dei feldspati. Queste materie prime si caratterizzano per il loro differente livello qualitativo. Si parte da un prodotto base standard di bassa qualità3, utilizzato per la produzione di piastrelle a basso contenuto di valore per poi giungere ad un materiale di qualità pregiata impiegato nella produzione di gres porcellanato tecnico e smaltato. I feldspati si differenziano per la loro colorazione bianca. Più la materia prima è chiara, maggiore è la purezza dei minerali che essa contiene e migliore è la resa estetica delle piastrelle. L’enfasi sulla qualità propria delle argille e dei feldspati è un fattore sul quale i fornitori puntano per differenziare la loro offerta e per instaurare un saldo legame con i clienti. L’affidabilità e l’unicità del fornitore non si misura tuttavia solo sul prodotto in sé, ma soprattutto sugli aspetti non direttamente percepibili dal cliente quali l’assistenza, la capacità di problem-solving, il servizio post-vendita. Il potere d’acquisto del cliente, come sottolineato in precedenza, oltre al potere contrattuale relativo è influenzato da un’altra importante variabile: la sensibilità al prezzo degli acquirenti. Nel settore delle materie prime ceramiche, la sensibilità al prezzo è elevata per i seguenti motivi: • l’importanza della materia prima rispetto al costo totale è alta poiché questa è una delle voci di costo più significative; • la concorrenza tra i produttori di piastrelle ceramiche è intensa, per cui la pressione per una riduzione dei prezzi da parte dei fornitori è sostenuta; • i produttori tendono a cambiare fornitore sulla base del prezzo nei mercati in cui i prodotti sono meno differenziati (sabbie, quarzi). Il potere dei clienti diminuisce nei confronti di quei fornitori che sono in grado di offrire soluzioni ad hoc, studiate per soddisfare i loro bisogni e presentano flessibilità e capacità di adattamento ai cambiamenti superiori. 3 La qualità delle argille è definita da diverse proprietà (plasticità, duttilità e assorbimento d’acqua,…) il cui apporto è essenziale nella determinazione delle caratteristiche prestazionali del prodotto finito. 2 40 Gli acquirenti sono tuttavia meno sensibili ai prezzi per quelle materie prime che rivestono un’importanza critica per la qualità finale del loro prodotto (argille, feldspati) e non facilmente sostituibili e reperibili nel mercato. 2.6 Le leve della competizione ed i fattori di successo Il prezzo, la qualità, l’innovazione e l’immagine, rappresentano le leve a cui le imprese si affidano per reggere il confronto competitivo e per difendere la loro posizione sul mercato (Tab. 2.2). Il prezzo rappresenta una delle variabili chiave della competizione essendo la materia prima è una commodity, ossia un prodotto omogeneo e facilmente sostituibile. Non tutte le materie prime sono tuttavia, indifferenziate. Infatti certe tipologie presentano caratteristiche peculiari ideali soltanto a determinati prodotti ceramici. Gli acquirenti utilizzano il prezzo come criterio di scelta del materiale quando non attribuiscono particolare rilievo alla variabile qualità o quando perseguono politiche di acquisto orientate a risparmi di costo sugli input produttivi. Un prezzo basso tuttavia, non serve se la materia prima mette a rischio il processo produttivo o non offre al cliente le prestazioni attese, d’altra parte, la qualità superiore alle attese del cliente aumenta costi e prezzi. Tabella 2.2 - Materie prime ceramiche: leve concorrenziali, fattori di successo e funzioni aziendali critiche VARIABILI CONCORRENZIALI Prezzo FATTORI CRITICI DI SUCCESSO FUNZIONI CRITICHE Economie di scala Economie di esperienza Produzione Qualità costante dei materiali Servizi di assistenza Orientamento al cliente Rispetto dei vincoli ambientali Acquisti materie prime Controllo qualità Gestione materiali Logistica Innovazione Capacità d’innovare prodotti e processi Ampliamento gamma prodotti Ricerca e sviluppo Brad Image Pubblicità, promozione-vendite Marketing e vendite Qualità Fonte: Ns. elaborazioni La qualità non si esaurisce nella superiorità delle proprietà fisiche del prodotto (costanza qualitativa dei materiali e l’adattabilità a specifiche formulazioni d’impasto), ma incorpora anche caratteri intangibili legati al servizio. Quest’ultimo è misurabile attraverso una pluralità di parametri che ne definiscono l’efficacia e l’efficienza: • rapidità e puntualità delle consegne. La reattività con cui si risponde alle richieste del cliente è ritenuta un fattore determinante di unicità del sistema di offerta dei fornitori che rafforza la loro reputazione e crea i presupposti per fidelizzare i clienti costruendo relazioni di lunga durata. • regolarità delle consegne. La regolarità dell’approvvigionamento dipende dalle capacità organizzative di chi opera nel settore dei trasporti e della logistica e richiede competenze transnazionali sia per quanto riguarda i percorsi che i vettori utilizzati. • disponibilità costante della materia prima. La disponibilità di materie prime deve essere garantita in qualsiasi momento e nello stesso tempo rispettare sempre più vincoli ecologici e ambientali motivo per cui lo sfruttamento delle cave è sottoposto a rigide normative. • servizi di assistenza. I servizi di assistenza riguardano problematiche connesse ai prodotti, supporto tecnico, modalità di consegna e imballaggio, servizi di stoccaggio e formulazione d’impasti ceramici ad 41 hoc. La presenza di una domanda più esigente ha innescato un processo di ampliamento delle attività nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e tecnologie4. • affidabilità. L’immagine è una variabile concorrenziale di primaria importanza perché consente ai fornitori di aumentare la loro visibilità. L’immagine a cui si fa riferimento non riguarda il prodotto in sé, bensì l’impresa che fornisce la materia prima. La capacità del fornitore di costruirsi una solida reputazione si basa sulle dimensioni organizzative, sull’affidabilità e sull’esperienza accumulata nel tempo. La capacità dei fornitori di materie prime di mettere in campo nel gioco competitivo questo mix variegato di prestazioni, presuppone la presenza di condizioni interne facilitanti in termini di risorse, capacità distintive e competenze. I fattori strategici che rafforzano la posizione del fornitore sono rappresentati in primo luogo dal possesso di giacimenti pregiati che assicurano materiali di alta qualità, insieme ad un vasto know-how coordinato a disponibilità tecniche che permettono un processing selettivo delle materie prime. L’alta incidenza dei costi di trasporto costituisce un elemento fortemente penalizzante di questo settore. Trattandosi di materiali molto pesanti, l’entità di questi costi deve essere tale da non compromettere la competitività del prodotto finito. Le imprese fornitrici di materie prime, per superare il vincolo imposto dai costi logistici, rispondono con le economie di scala e di esperienza nella produzione che consentono di ottenere vantaggi di costo. La qualità - nelle componenti fisiche del prodotto e nel servizio erogato - è un requisito indispensabile per essere competitivi ed un efficace strumento di differenziazione. La costanza della qualità delle materie prime è frutto di una conoscenza approfondita dei giacimenti, di un’escavazione selettiva e di un controllo capillare della produzione effettuato con campionamenti automatici. Il servizio comprende aspetti non percepibili fisicamente ma che influiscono sul giudizio finale del cliente. Uno di questi è la consegna della merce. Si tratta di una variabile particolarmente sensibile, perché ritardi e consegne incomplete comportano al cliente costi e perdite in termini di efficienza produttiva, mentre per il fornitore significano una perdita di credibilità. Un’altra caratteristica è data dal supporto tecnico, ossia dalla disponibilità del fornitore ad assistere il produttore nell’utilizzo corretto dei prodotti e a condividere il proprio know-how. Un forte orientamento al cliente è spesso la pre-condizione per una corretta erogazione dell’offerta (prodotto/servizio). I fornitori più strutturati si propongono in un rapporto di partnership con i produttori di piastrelle che consente di sviluppare sinergie operative, interscambi di conoscenze ed esperienze che fungono da potente collante nelle relazioni. La capacità d’innovazione è vitale per la sopravvivenza del fornitore di materie prime: l’ampliamento della gamma con lo sviluppo di nuovi prodotti e la propensione ad anticipare i bisogni dell’acquirente sono infatti importanti segnali di differenziazione. Gli investimenti in promozione e comunicazione contribuiscono a rafforzare l’immagine del fornitore. Una buona reputazione si fonda tuttavia anche sulla capacità di soddisfare le attese in modo costante, sulla fiducia e sulla fedeltà dei clienti. La valorizzazione dei fattori critici di successo deriva dalla gestione delle risorse e competenze aziendali demandate a specifiche funzioni. La gestione della qualità coinvolge in primo luogo la funzione che svolge il controllo qualità dei materiali. Le procedure di controllo sono applicate in ogni fase del processo produttivo ed assicurano che i prodotti siano sempre conformi agli standard qualitativi certificati dall’impresa fornitrice. A livello di servizio, la qualità è appannaggio della logistica e della gestione dei materiali. La logistica riveste un ruolo strategico nel settore per la rilevanza dei costi di trasporto. La gestione della supply chain è funzionale a garantire una fornitura stabile, nel rispetto dei tempi di consegna in una prospettiva di customer orientation. Inefficienze e servizi poco efficaci sono spesso la causa principale di cessazione delle relazioni da parte dei produttori. L’area a cui è demandata la gestione della logistica è chiamata a svolgere compiti di coordinamento, gestione del tempo e nello spazio dei materiali. Il trasferimento delle materie prime è spesso affidato a società di trasporto esterne. Logistica non significa soltanto trasporto e movimentazione dei materiali dai luoghi di produzione ai luoghi di utilizzo, ma comprende attività connesse allo stoccaggio in appositi magazzini e al confezionamento. A livello di prodotto, i fornitori di materie prime impegnano le loro risorse e competenze nella preparazione d’impasti studiati per soddisfare le molteplici esigenze dei clienti. A livello di tecnologie di processo, l’innovazione è guidata da un duplice obiettivo: individuare soluzioni in grado di abbassare i costi di produzione e che al contempo consentano qualità tecniche ed estetiche del prodotto finito sempre più elevate. Significativa è l’attenzione rivolta al processo di macinazione a secco, da tempo oggetto di studi e ricerche, affinamenti e migliorie 4 42 La capacità d’innovare è una prerogativa della funzione ricerca e sviluppo, la quale ha il compito di introdurre nuovi prodotti e migliorare l’efficienza dei processi attraverso un migliore utilizzo dei fattori di produzione. La funzione marketing e vendite cura e gestisce i rapporti con la clientela, definisce le politiche di prezzo e di comunicazione e svolge anche un ruolo consulenziale, di ascolto del cliente. La comunicazione assume una valenza strategica. Un brand facilmente riconoscibile costituisce un prezioso asset distintivo, date le limitate possibilità di differenziare un prodotto che è per sua natura povero. 2.7 L’attrattività settoriale La valutazione del grado di attrattività del settore fa riferimento a diversi di fattori esterni (Tab. 2.3). Rispetto a questo insieme di parametri, il settore in esame presenta un grado di attrattività medio-basso. Sulla base di fattori legato al mercato, nonostante le sue dimensioni siano tali da giustificare un incremento del business, il tasso di crescita e la redditività del settore non lasciano spazio a giudizi soddisfacenti. Il tasso di crescita è correlato all’aumento della domanda di piastrelle. Dato che i due mercati, materie prime e piastrelle, sono tra loro sequenzialmente interdipendenti, se cala la domanda del primo, significa che sta diminuendo la domanda del secondo. La redditività presenta bassi livelli di sviluppo perché il prezzo è la base principale per la concorrenza. Anche se gli attori del mercato sono pochi, la tendenza di fondo è quella di un settore afflitto da aspre guerre di prezzi che determinano modesti margini di profitto. Le attuali tendenze strutturali, orientate verso processi di fusione ed acquisizione, hanno il preciso scopo di portare effetti positivi alla redditività di settore in virtù del conseguente aumento del potere dei fornitori. Malgrado ciò, esiste il rischio di uno sbilanciamento tra domanda di materie prime e capacità produttiva, dovuta ad una progressiva stagnazione del mercato delle piastrelle. Tabella 2.3 - Materie prime ceramiche: grado di attrattività settoriale ATTRATTIVITA’ VARIABILI Alta Tasso di crescita del mercato FATTORI DI MERCATO Media x Dimensioni del mercato x Redditività del settore x Sensibilità al prezzo x Intensità della concorrenza x Grado di concentrazione FATTORI COMPETITIVI Bassa x Barriere all’entrata x Barriere all’uscita x Disponibilità di prodotti sostitutivi 43 x FATTORI ECONOMICI Inflazione x Influenza cambi x Disponibilità materie prime x Fonte: Ns. elaborazione Un’altra variabile che incide negativamente sul giudizio complessivo del settore è la sensibilità al prezzo degli acquirenti da collegarsi alla struttura della domanda e nel grado di differenziazione dei prodotti. Per quanto riguarda i fattori competitivi, il loro impatto sulla valutazione dell’attrattività tende a collocarsi su valori medio-alti. L’intensità e la natura della concorrenza è caratterizzata da un alto grado di concentrazione. Il mercato ha un carattere di tipo oligopolistico essendo dominato da un ristretto gruppo d’imprese leader. La competizione, prevalentemente basata sul prezzo, può essere limitata, o da un’aperta collusione, o da un parallelismo delle decisioni sui prezzi5. Qualora il numero degli attori non consenta tali pratiche, la concorrenza si attua attraverso politiche di prezzo aggressive che mirano a conquistare nuove quote di mercato. La presenza di una struttura concorrenziale attrattiva è limitata dal difficile ingresso nel settore. L’efficacia delle barriere che scoraggiano l’entrata di potenziali nuovi attori dipende dalle risorse possedute: titolarità di concessioni minerarie, economie di scala, elevati investimenti iniziali, spese in ricerca e sviluppo e vantaggi di costo connessi ad economie di apprendimento. L’attrattività del settore è fortemente minacciata dalla presenza di prodotti sostitutivi. La sostituibilità dei materiali costituisce un serio pericolo per le imprese consolidate perché l’incentivo da parte dei clienti a cambiare fornitore è maggiore. I fattori economici comprendono variabili quali il tasso d’inflazione, i tassi di cambio e la disponibilità di materie prime. L’attrattività in relazione a questi parametri si attesta su valori medi ed è legata all’internazionalizzazione della fornitura di materie prime. L’approvvigionamento di materie prime presso fonti estere, ha da un lato amplificato le possibilità di fornitura, ma dall’altro costretto le imprese acquirenti a confrontarsi con un aumento dei costi e dei rischi. I costi crescenti che gravano attualmente sugli acquirenti si riconducono in primo luogo ai trasporti che in media incidono per il 70% circa sul prezzo finale d’acquisto. La variabile tasso di cambio ricopre un ruolo non secondario nei processi di scambio specie sui prezzi delle materie prime importate dalla Turchia e dall’Ucraina, il cui prezzo è fissato in dollari6. Oltre al rischio di cambio, le imprese acquirenti devono far fronte anche a fattori quali il rischio paese e il rischio di tassi d’inflazione elevati. L’Ucraina, benché sia un paese dall’economia emergente, è stata soggetta ad eventi di instabilità politica e dunque il rischio paese non è ancora confrontabile con quello delle economie avanzate. La disponibilità di materie prime costituisce il fattore chiave di questo settore. Le riserve stimate dei giacimenti sono abbondanti e potrebbero garantire una fornitura ininterrotta per anni. Un esempio concreto è rappresentato dai tre produttori di argille ucraine i quali, consci di possedere materie prime di particolare pregio, si sono spartiti il mercato italiano e, di comune accordo, adottare politiche di prezzo “parallele”. 6 Il pagamento in dollari non coinvolge solo la materia prima ma anche il nolo marittimo, ossia il pedaggio corrisposto per il trasporto su nave. 5 44 CAPITOLO TERZO MATERIE PRIME E FILIERA PRODUTTIVACERAMICA: INTERNAZIONALIZZAZIONE E PROCESSI DI INTEGRAZIONE A MONTE 3.1 Impiego di materie prime, processi produttivi e tipologie di prodotto ceramico Il settore ceramico ha visto susseguirsi nel tempo “salti” tecnologici e l’avvicendamento di diverse tipologie di prodotto che hanno progressivamente ampliato le destinazioni d’uso. L’adattamento dell’offerta alle nuove esigenze del mercato non ha riguardato solo le tecnologie di processo, ma ha interessato in modo profondo anche la composizione degli impasti utilizzati per produrre la piastrella di ceramica. Nuove materie prime si sono affacciate sul mercato, affiancando o in molti casi sostituendo quelle già in utilizzo. A- Bicottura La bicottura7 è stata la prima tipologia di prodotto immessa sul mercato dalle aziende ceramiche italiane ed ha mantenuto questa posizione fino all’avvento della monocottura negli anni ’70. Gli impasti ceramici che costituiscono il supporto della piastrella, sono composti da una miscela di diverse materie prime, contenenti una frazione argillosa con funzione stabilizzante, una frazione inerte (sabbia) con funzione strutturale ed una frazione carbonatica con funzione fondente. L’origine dei materiali impiegati (argille, sabbie) è prevalentemente nazionale. La bicottura è un prodotto smaltato, e pertanto, il colore del supporto non è visibile sulla superficie di esercizio. Da ciò deriva l’utilizzo di argille rosse disponibili nelle aree vicine al distretto ceramico di Sassuolo. Il prodotto, destinato prevalentemente ai rivestimenti, si caratterizza per una buona resistenza meccanica, brillantezza degli smalti e definizione dei colori. Nondimeno il trend ha continuato a registrare brusche diminuzioni e nel 2005 la quota percentuale sulla produzione totale si è attestata intorno all’9% (Fig. 3.1). milioni di mq Figura 3.1 - Industria ceramica italiana. Bicottura: evoluzione della produzione 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anni Bicottura Fonte: Assopiastrelle B - Monocottura Questa tecnologia produttiva nasce, come noto, alla metà degli anni ’70 per diffondersi negli anni ’80, introduce un’innovazione di portata rilevante, che consente la cottura di supporto e smalto in una unica soluzione. I vantaggi più significativi si spiegano nell’abbreviazione dei tempi di processo e in un minor impiego di fattori produttivi (energia e forza lavoro) con conseguenti risparmi di costo. Risvolti importanti si registrano anche nella qualità tecnica dei prodotti, in termini di antigelività, robustezza meccanica, resistenza all’usura, spessori ridotti e 7 Le piastrelle in bicottura sono ottenute con un processo articolato in due fasi distinte: una prima fase di cottura del supporto ed una successiva di trattamento termico per la fusione dello smalto. 45 leggerezza. In funzione delle materie prime utilizzate, il supporto può essere colorato o chiaro. Da qui la distinzione tra: • monocottura a pasta chiara che presenta un supporto da un colore variabile dal grigio chiaro al beige, ottenuto grazie all’impiego di argille con un basso contenuto di ossidi cromofori (ferro, titanio) combinate con sabbie silicee e feldspati; • monocottura a pasta rossa che impiega argille rosse ricche di ossidi cromofori, ferro in particolare, da cui la classica colorazione rossa del supporto. Un ulteriore differenziazione può essere condotta sulla base della porosità del supporto, definita in base alla quantità d’acqua assorbita dalla piastrella8. Si possono, così, ottenere piastrelle con un basso livello d’assorbimento d’acqua, quindi idonei per esterni, e piastrelle più porose, utilizzate per ambienti interni. “Nella fase introduttiva, la monocottura utilizza soprattutto materie prime nazionali come le argille rosse dell’Appennino Tosco-Emiliano e sabbie locali. Tuttavia nella fase di sviluppo, ossia dagli anni ’80 in poi, ritorna l’interesse per le argille bianche provenienti dall’estero e in questo modo si afferma la monocottura a pasta chiara.” Questo spostamento della domanda verso materie prime estere è dettatoda esigenze produttive (più facile gestione del ciclo produttivo con particolare riferimento alla fase di cottura), da fattori estetici e anche da ragioni commerciali. Le monocotture chiara e rossa, pur confermando un ruolo centrale nel portafoglio delle piastrelle, nel corso del tempo hanno subìto un notevole ridimensionamento (Fig. 3.2). milioni di mq Figura 3.2 - Industria ceramica italiana. Monocottura chiara e rossa: dinamica della produzione 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anni Monocottura chiara Monocottura rossa Fonte: Assopiastrelle C- Gres porcellanato Il gres porcellanato, nella versione tutta massa o tecnico e smaltato rappresenta la tipologia di prodotto sulla quale si sono maggiormente concentrati gli investimenti dell’industria ceramica nel corso degli ultimi anni. La “rivoluzione ha interessato in primis gli impianti produttivi, creati ex novo o convertiti dalle produzioni in monocottura a pasta bianca, ma anche e soprattutto la composizione degli impasti, caratterizzati dall’impiego di materie prime sempre più bianche e di maggiore qualità.” Sotto il profilo ceramico, questa nuova tipologia produttiva non è un prodotto nuovo, ma è frutto della rivitalizzazione di un prodotto tradizionale, grazie all’applicazione di moderne tecnologie, che hanno permesso di ottenere formati grandi e pregevoli finiture estetiche. Il prodotto presenta elevate caratteristiche meccaniche, di resistenza al gelo, all’attacco chimico e all’abrasione che si uniscono ad un’intensa ricerca estetica. Queste qualità sono intuibili dal nome del prodotto stesso: gres significa che la massa ceramica della piastrella è estremamente greificata, compatta, da cui la grande resistenza, mentre l’aggettivo porcellanato, A differenza dei materiali greificati, che utilizzano fondenti a base feldspatica, i materiali porosi impiegano argille contenenti carbonati. 8 46 sottolineando la raffinata eleganza che lo contraddistingue, deriva dall’utilizzo di materiali argillosi pregiati tra cui il caolino, un’argilla bianca che viene utilizzata anche per la produzione di porcellana. L’incremento della produzione di gres tecnico da un lato e la progressiva conversione della monocottura chiara a gres smaltato dall’altro, hanno determinato modifiche sostanziali nelle formulazioni degli impasti. Si rileva, infatti: • un aumento significativo della quota di materie prime di importazione. A tutt’oggi più del 50% delle materie prime utilizzate nella produzione di gres porcellanato sono di provenienza estera; • il passaggio dall’utilizzo di feldspati nazionali cuocenti scuro a materie prime nazionali e d’importazione cuocenti chiaro e di conseguenza più pregiate; • la sostituzione di parte delle argille tedesche (del Westerwald) e francesi con prodotti Ucraini, unite ad un notevole incremento delle quantità di consumo di argilla. Oggi il gres porcellanato tecnico e smaltato rappresenta la tipologia dominate sul mercato, con una produzione al 2005 di 353 milioni di mq. (63% dell’intera produzione nazionale (Fig. 3.3). Figura 3.3 - Industria ceramica italiana. Gres porcellanato: dinamica della produzione Milioni di mq 400 300 200 100 0 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anni Tecnico Smaltato Fonte: Assopiastrelle 3.2 Localizzazione delle materie prime: da locali a internazionali Per molti anni ci si è stupiti nell’osservare l’industria delle piastrelle di ceramica esportare in tutto il mondo un prodotto di peso molto elevato: si è trattato di un significativo esempio d’internazionalizzazione che ha suscitato un grande interesse. Alla stessa stregua può essere considerato il fenomeno dell’internazionalizzazione del mercato delle materie prime: un prodotto di notevole peso e di ridottissimo valore, trasportato da grandi distanze per essere lavorato e a sua volta riesportato. Questo è quanto accaduto per l’industria ceramica italiana. Una delle leve più importanti che ha consentito lo sviluppo dell’industria ceramica è stata la disponibilità di materie prime locali nei bacini estrattivi dell’Appennino modenese e reggiano. Il loro progressivo abbandono a favore delle argille bianche è determinato dall’avvento della monocottura negli anni settanta a cui sia accompagna una diversificazione delle fonti di approvvigionamento: Germania e Francia diventano i principali fornitori di questa materia prima. Lo sviluppo del gres porcellanato, che richiede un mix di materie prime pregiate, assenti nel territorio nazionale e locale, ha ampliato in misura ulteriore la varietà delle materie prime e, accresciuto l’importanza del fattore “approvvigionamento” per il settore ceramico italiano. Ai produttori storici di materie prime (Germania, Italia, Francia, Regno Unito) si sono aggiunti, nuovi produttori (Turchia e Ucraina), favorendo il rapido intensificarsi dei flussi di import/export. Tutto questo produce una serie di implicazioni rilevanti per lo sviluppo dell’industria ceramica italiana: cessa il legame con i bacini locali di materie prime; nasce una dipendenza con nuovi bacini distanti a cui attingere un mix di materie prime essenziale per le tipologie di prodotto offerte al mercato; il fattore materie diventa un fattore “critico” se non strategico. 47 3.3 Internazionalizzazione del mercato delle materie prime: i flussi di import/export La produzione di piastrelle di ceramica richiede, per la fabbricazione dei propri manufatti, ingenti quantitativi di materie prime schematicamente suddivisibili in “plastici” e “duri” nelle seguenti proporzioni: 35% argille, 45% feldspati, 20% sabbie. Utilizzando questa prima distinzione è possibile verificare l’andamento e la variazione dei materiali in relazione alle modificazioni intervenute nel mix produttivo delle piastrelle. Prima di analizzare i flussi import/export di materie prime ceramiche, è utile un riferimento alla composizione degli impasti da cui si ottengono le differenti tipologie di piastrelle (Tab. 3.1). Tabella 3.1 - Piastrelle di ceramica: tipologie produttive e composizione impasti (valori %). TIPOLOGIE PRODUTTIVE DI PIASTRELLE DI CERAMICA Materie prime (composizione %) Gres Smaltato Gres Porcellanato Monocottura Monoporos a Bianca Argille Ucraine 20-35 20-35 0-20 18-32 Argille Tedesche 0-20 0-20 20-35 0-18 Caolino d’importazione 0-10 0-18 Argillosi nazionali 0-20 0-10 0-10 0-18 Feldspato Sodico Turco 20-35 25-40 20-35 18-32 Feldspati Potassico-Sodici Nazionali 10-20 10-20 10-20 9-18 10-20 10-20 10-20 9-18 5-10 4-8 Sabbie Feldspatiche Nazionali Sabbie Quarzose Nazionali 5-10 Argille Rosse Locali 0-10 10-15 70-80 Carbonati (calcite o dolomite) Kg/m2 Monoporosa Rossa 20-22 22-24 18-20 10-15 8-10 16-18 14-16 Fonte: Eurit minerali S.r.l. a- Materie prime plastiche Le materie prime plastiche si dividono ulteriormente in caolini e argille e di questi si riportano i dati relativi all’importazione (Tab 3.2) e successivamente delle argille (Tab 3.3). Le importazioni di caolino nel periodo 199120059 e i volumi riportati si riferiscono specificamente alla produzione di piastrelle ceramiche10. Dal 1995 al 2000, il trend delle importazioni segna una crescita costante, sebbene i volumi non siano comparabili, per dimensione, a quelli delle altre materie prime. Il 2001 è l’anno in cui si sentono le prime avvisaglie di un’inversione di tendenza delle importazioni di caolino che registrano un drastico calo ed un cambio del portafoglio dei paesi fornitori. A farne le spese sono i paesi che vantano una solida tradizione nella produzione di questo minerale (Gran Bretagna e Spagna), mentre per altri (Bulgaria, Francia e Ucraina) il cedimento non è così vistoso. Il ridimensionamento La completezza dei dati dell’intervallo temporale 1991-1994 è parzialmente inficiata dalla mancanza d’informazioni per alcuni Paesi (Usa, Bulgaria, Ucraina). 10 Questa avvertenza è valida in particolare per il caolino perché si tratta di un materiale assorbito in gran parte da altri settori quali sanitari e stoviglierie. 9 48 dell’importazione di caolino è imputabile alla riformulazione dell’impasto per la produzione del gres porcellanato tecnico, che ha introdotto l’impiego del silicato di zirconio, minerale che presenta proprietà tecniche e funzionali migliori 11. Nel 2004 avviene un’inversione di tendenza che premia il caolino, riportando le importazioni su valori elevati (+ 67%) in particolare dall’Ucraina. Tabella 3.2 - Importazioni di caolino periodo 1991-2005. Valori assoluti in tonnellate Paese Francia Gran Ucraina Spagna Bulgaria Bretagna Anno USA Totale Import _ 56.900 1991 10.797 37.925 _ 8.178 _ 1992 11.066 45.775 2.800 9.104 5.738 1993 5.986 60.486 3.500 3.217 8.632 1994 7.009 64.959 11.738 4.918 1995 14.859 58.011 5.305 9.939 24.383 1996 16.408 80.440 3.847 16.442 33.346 1997 14.564 68.302 6.596 16.881 29.580 1998 15.244 68.490 19.482 19.009 20.490 10.051 152.766 1999 16.958 78.501 32.061 19.225 33.714 8.691 180.459 2000 21.277 84.625 25.770 18.894 36.527 13.262 200.355 2001 25.885 63.708 19.983 14.651 38.453 8.370 171.050 2002 27.006 6.687 35.502 6.116 31.523 3.362 110.196 2003 19.892 2.567 14.546 7.747 28.817 8.905 82.474 2004 24.035 2.964 74.359 2.100 23.210 5.902 132.570 2005 32.458 8.116 49.486 5.697 24.176 3.190 123.123 -0,8 n.a. 9,4 19,6 2,5 100,0 Var.% 118,4 - 86,0 832,8 - 42,6 2005 - 1995 % su Import totale 26,3 6,5 40,1 4,6 2005 Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna 17.037 _ _ _ _ _ _ 74.483 81.821 105.661 112.497 150.483 135.923 La riscoperta del caolino - una materia prima utilizzata soltanto negli impasti del gres porcellanato tecnico e nella monoporosa chiara - è ascrivibile al fatto che lo zirconio, oltre alle proprietà chiarenti, ha come controindicazione quella di innalzare il contenuto di radioattività del prodotto finito e all’esposizione a forti tensioni di prezzo indotte dall’impiego del minerale in altri settori. L’attuale tendenza favorevole al gres tecnico ha portato alla 11 La decisione di aggiungere all’impasto tale minerale è da ricercare nella ricerca del bianco. Il caolino assolve alla funzione sbiancante in maniera indiretta, mentre il silicato di zirconio è un vero e proprio opacizzante: esso inoltre - a differenza del caolino - si adatta ai cicli di cottura rapidi (temperature tra i 1200 e 1230°C, durata 45-70 minuti). Da qui la sostituzione. 49 rivalutazione del caolino, un materiale più pregiato che presenta basse concentrazioni di ossidi cromofori (ferro e titanio). Le importazioni di argilla nel periodo 1991-2005 evidenziano un significativo incremento di volumi di minerale in entrata 12 (Tab. 3.3) ed una ricomposizione sul piano geografica dei paesi fornitori accanto a Germania e in misura minore a Francia, ha assunto una posizione sempre più visibile l’Ucraina che aumenta costantemente la propria quota di mercato. Tabella 3.3 - Importazioni di argilla nel periodo 1991-2005. Valori assoluti in tonnellate Paese Francia Germania Gran Spagna Turchia Ucraina Bretagna Anno Totale Import 1991 93.899 1.505.207 19.535 30.117 3.037 _ 1.651.812 1992 115.595 1.552.438 1.502 37.371 23.338 _ 1.737.022 1993 199.498 1.374.211 3.918 36.070 59.143 21.217 1.713.890 256.439 1.332.684 4.512 44.327 38.260 95.733 1.791.953 251.852 1.289.428 7.229 32.600 40.521 153.789 1.799.953 224.224 1.228.257 5.493 24.204 72.646 200.000 1.780.056 1997 217.916 1.284.235 5.580 22.937 43.072 600.000 2.190.884 1998 200.365 1.242.110 5.398 23.794 29.770 1.000.000 2.540.194 1999 127.829 1.133.853 3.441 19.608 12.458 1.500.000 2.847.453 2000 132.758 1.094.206 4.351 3.529 13.435 1.600.000 2.930.762 2001 116.448 1.017.770 4.629 965 11.368 1.800.000 2.993.850 2002 15.633 1.198.843 4.272 0 48.166 1.621.174 2003 19.134 1.194.787 9.537 0 52.010 1.745.573 3.111.041 2004 104.878 1.166.628 10.550 0 20.987 2.130.415 3.433.458 2005 105.726 1.118.350 4.070 6.527 17.039 2.251.640 3.503.352 - 57,9 -13,3 -43,7 -81,8 -57,5 +1.371 + 94,8 0,4 64,2 100,0 1994 1995 1996 Var.% 2005 - 1995 % sull’import totale al 2005 3,0 31,9 0,1 0,1 Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna 2.981.589 La progressiva diffusione del gres porcellanato tecnico e la comparsa del gres porcellanato smaltato nel 1997 aumentano la propensione all’utilizzo del prodotto ucraino a scapito di quello tedesco (Fig. 3.2 e Fig. 3.3). Alla base della sostituzione tra le due fonti di approvvigionamento stanno fattori legati alla qualità ed alle specifiche proprietà tecniche del materiale ucraino che lo rendono preferibile per la produzione di gres porcellanato (tecnico e smaltato). L’analisi, come in precedenza, si limita a considerare il decennio 1995-2005 a causa di lacune informative circa gli anni antecedenti al 1995. 12 50 Figura 3.2 - Importazioni di argilla dai principali paesi fornitori (Francia, Germania, Ucraina) nel periodo 1995-2005. Valori assoluti in tonnellate 3.500.000 Tonnellate/Anno 3.000.000 2.500.000 2.000.000 Francia 1.500.000 Germ ania 1.000.000 Ucraina 500.000 0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anni Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna Figura 3.3 - Consumo di argille per la produzione di piastrelle in Italia per area di provenienza periodo 1995-2005. Valori assoluti in tonnellate 4.000.000 Tonnellate/Anno 3.500.000 3.000.000 2.500.000 Nazionali 2.000.000 1.500.000 Estere 1.000.000 500.000 0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anni Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna A determinare la flessione delle materie prime tedesche hanno contribuito anche i forti vincoli ecologici che sono stati imposti nell’area del Westerwald. Per evitare il depauperamento della zona di estrazione, le imprese produttrici sono state costrette a diminuire i volumi prodotti e la tendenza di fondo sarà incline alla diminuzione. Diverso è il contesto dell’argilla proveniente dalla Sassonia, la cui domanda è in sensibile crescita. Tale prodotto, inoltre, si dimostra più indicato per il gres porcellanato causa le migliori proprietà mineralogiche e tecniche. Le argille non si distinguono solo dalla migliore resa qualitativa ma presentano differenze anche nell’aspetto logistico. In prospettiva si delinea uno scenario che vede una stabilizzazione della quota ucraina (rincaro dei prezzi), una rivalutazione dei prodotti nazionali (minore costo) e consolidamento del prodotto tedesco (preferenza per l’argilla estratta in Sassonia) 51 b -Materie prime dure (sabbie, feldspati) La componente “dura” dell’impasto, il cui peso si attesta al 65%, è costituita da feldspati e sabbie. L’andamento del mercato dei feldspati è stato contrassegnato da notevoli mutamenti. L’Italia resta un produttore di tutto rispetto di questa materia prima (Tab. 3.4, Tab. 3.5). Germania Grecia Finlandia Norvegia Turchia Egitto Usa Totale Import 1991 1.176 7.479 4.134 763 _ _ 137.226 _ 2.706 153.484 1992 1.145 6.303 9.431 968 _ _ 174.890 _ 4.764 197.501 1993 742 8.640 6.450 2.192 _ 28 187.230 _ 5.362 210.644 1994 358 8.182 5.016 7.014 _ 784 300.737 _ 2.372 324.463 1995 2.485 8.748 21.668 19.475 _ 1.349 390.285 _ 2.412 438.552 1996 1.900 8.997 27.549 7.196 215 1.372 476.339 _ 2.048 525.616 1997 23.998 7.899 27.991 6.771 1.821 1.512 577.539 3.428 5.190 656.149 1998 23.651 10.638 10.495 4.728 1.492 1.749 817.894 _ 3.848 874.495 1999 24.964 10.352 17.993 4.661 2.139 2.280 814.400 _ 3.886 880.675 2000 44.271 11.407 28.737 5.330 2.108 1.325 1.227.497 70 5.554 1.326.299 2001 70.849 14.181 37.744 5.062 1.854 664 1.408.915 1.104 4.552 1.544.925 2002 74.580 0 20.424 0 0 0 1.431.472 0 4.753 1.526.476 2003 75.192 0 29.023 0 0 0 1.982.310 0 0 2.086.525 2004 78.430 0 10.488 0 0 0 2.575.711 0 2.338 2.666.967 2005 80.000 0 3.079 5.511 0 0 2.424.039 0 0 2.512.629 521,0 n.a. n.a. 438,3 96,4 n.a. n.a. 100,0 Anno Spagna Francia Tabella 3.4 - Importazioni di feldspato periodo 1991-2005 (tonnellate) Paese Var.% 2005 - 3119,3 n.a. -85,7 -71,7 n.a. n.a. 1995 % sulle Import 3,1 n.a. 0,1 0,2 n.a. n.a. totali 2005 Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna 52 Tabella 3.5 - Feldspato: Produzione nazionale e importazione Produzione interna Importazioni Consumo interno Quota % delle importazioni sul consumo Quota % del prodotto interno sul consumo 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 1.304.203 1.387.968 1.534.421 1.806.935 2.199.315 2.310.450 2.118.117 2.800.000 2.493.846 2.600.000 2.700.000 2.010.784 2.000.723 1.973.719 1.850.000 153.484 197.501 210.644 324.463 438.552 525.616 656.149 874.495 880.675 1.326.299 1.544.925 1.526.476 2.086.525 2.666.967 2.512.629 1.457.687 1.585.469 1.745.065 2.131.398 2.637.867 2.836.066 2.774.266 3.674.495 3.374.521 3.926.299 4.244.925 3.537.260 4.087.248 4.640.686 4.362.629 10,5 12,4 12,1 15,2 16,6 18,5 23,6 23,8 26,1 33,7 36,3 43,1 51,0 57,4 57,5 89,5 87,6 87,9 84,8 83,4 81,5 76,4 76,2 73,9 66,3 63,7 56,9 49,0 42,6 42,5 % var. 1995-2005 -15,9 472,9 65,3 Fonte: Società Ceramica Italiana, Autorità Portuale di Ravenna 3.4 Dalla fornitura esterna all’integrazione Nel settore delle piastrelle ceramiche il fattore “materia prima” ha assunto un ruolo sempre più critico, in ragione all’aumento dei costi di approvvigionamento, che ha spinto le imprese ceramiche ad adottare soluzioni volte a contenerne il costo ed esercitare un maggior controllo qualitativo della materia prima e di tutte le attività connesse alla sua lavorazione. Per conciliare risparmi di costo e controllo diretto della materia prima sono state percorse diverse strade. Una di queste è l’integrazione verticale finalizzata a conseguire diversi vantaggi (Tab. 3.6). Tabella 3.6 - Industria ceramica: vantaggi connessi all’integrazione verticale a monte Innalzamento barriere all’entrata Controllo sull’input critico delle materie prime per contrastare l’ingresso di eventuali entranti Facilitare la programmazione Razionalizzazione dell’attività ed eliminazione di inefficienze d’interfaccia fornitoreproduttore Proteggere la qualità del prodotto Controllo della qualità dei beni intermedi per controllare la qualità del prodotto finito “Sopprimere un mercato” Internalizzazione di un mercato e riduzione dei prezzi dei fattori produttivi Co-progettazione e lancio di Integrazionere informazioni sulle materie prime,competenze tecniche con i fornitori nuovi prodotti per sviluppare nuovi prodotti e soddisfare nuove esigenze 53 Fonte: Ns. elaborazione Le strade seguite da una pattuglia ristretta di attori guida per centrare questi traguardi sono state diverse, ma tutte finalizzate a estendere il perimetro dell’attività aziendale alle fasi a monte del processo produttivo della piastrella di ceramica. L’integrazione di quest’attività della catena è avvenuta, in genere, per line esterne, e cioè con l’acquisizione del fornitore di materia prima. Di seguito si presentano alcune esperienze aziendali. IRIS CERAMICA Il primo esempio di integrazione verticale è rappresentato da Iris Ceramica che nel 1985 ha acquisito Maffei con l’obiettivo di ottenere sinergie di natura operativa, strategica e organizzativa. Il processo d’integrazione a monte del Gruppo Iris non ha incontrato particolari difficoltà, data la posizione di forza dell’azienda sul mercato. Maffei S.p.a. è un primario produttore europeo di minerali industriali e leader nella fornitura di fondenti per l’industria ceramica (feldspati e sabbie silicee e quarzose) ed un grande trader di altri materiali (caolini, argille). GRUPPO CONCORDE Il Gruppo Concorde - secondo produttore italiano di piastrelle ceramiche - ha impostato la sua strategia di crescita sull’acquisizione di imprese sia sul mercato nazionale sia internazionale. Negli anni ’90, il Gruppo decide di assorbire Svimisa S.p.a., una società mineraria attiva in Sardegna nella estrazione, produzione e vendita di minerali non metalliferi (argille, caolini e feldspati) destinati all’industria ceramica. Oltre ad “inglobare” un fornitore di materie prime, il Gruppo ha continuato ad integrarsi a monte della catena, acquisendo Meta, azienda leader nella produzione di impasti ceramici atomizzati, beneficiando di diverse sinergie: controllo delle tecnologie e know-how per la produzione d’impasti, di trasporto e stoccaggio. MARAZZI GROUP Marazzi è uno dei maggiori produttori mondiali di piastrelle di ceramica. La posizione di forza conquistata dal Gruppo è il risultato di una strategia di crescita basata sull’integrazione e su un forte orientamento all’internazionalizzazione. Grazie ad acquisizioni strategiche ed investimenti produttivi, Marazzi ha costruito una posizione di rilievo in diversi mercati della ceramica. Il Gruppo ha ritenuto strategico controllare le attività situate a monte della catena del valore in virtù della: • esigenza di mantenere costante la qualità dei prodotti finiti attraverso l’utilizzo di materie prime selezionate, • volontà di ottenere economie di costo nei processi di approvvigionamento, • necessità di ottimizzare la gestione dell’attività di fornitura. Queste motivazioni, spiegano l’acquisizione di Explorer nel 1989: una società di trading di materie prime per ceramica ma non titolare di concessioni minerarie. Questo aspetto mette in luce il ruolo d’intermediazione svolto dall’azienda, che gestisce gli approvvigionamenti in base alle specifiche richieste dal Gruppo. Pur non essendo materialmente proprietaria di giacimenti estrattivi, Explorer dispone di moderni laboratori per la ricerca, controllo e sviluppo del prodotto ed è dotata altresì di impianti di stoccaggio e depositi coperti. La gamma dei prodotti è ampia e comprende tutti i principali minerali utilizzati nella ceramica: dai feldspati ai caolini per gres porcellanato, dalle sabbie alle argille ucraine. EMILCERAMICA- ZEUS CERAMICA La costituzione dello stabilimento Zeus Ceramica rappresenta il punto di arrivo della joint-venture tra Emilceramica e Yug. Questa modalità rappresenta una soluzione intermedia rispetto a quelle viste in precedenza di integrazione totale Emilceramica è un affermato produttore di ceramica del distretto sassolese13 e Yug è uno dei più importanti produttori di argille ucraine presenti nella regione di Donetsk. Insieme, nel 2005, hanno costituito in forma di Joint Venture Zeus Ceramica. Le motivazioni principali che hanno spinto Emilceramica ad investire in Ucraina si possono ricondurre a: • • opportunità di coniugare il know-how nella produzione di ceramica e lo spirito imprenditoriale di Emilceramica con la capacità di lavorazione e di trading dell’ucraina Yug, possibilità di servire un mercato, quello dell’Europa dell’Est, che presenta un elevato potenziale di domanda L’azienda di Fiorano Modenese è da sempre attenta all’approvvigionamento delle migliori materie prime: già negli anni ’90, infatti, Emilceramica risulta tra le prime aziende italiane a scoprire le preziose risorse di materie prime dell’Ucraina (risaliva al 1987, con l’acquisizione della Caolino Panciera, l’ingresso dell’azienda nel settore minerario), avviando con successo un proficuo rapporto commerciale con la Yug. 13 54 • • abbattimento dei costi di trasporto delle materie prime conseguente alla localizzazione dell’impianto di produzione direttamente alla fonte di approvvigionamento controllo di materie prime di eccellenza qualitativa necessarie per la produzione di gres porcellanato, tipologia produttiva principale Tra tutte le ragioni elencate, la presenza in loco delle migliori materie prime ha sicuramente costituito il “trampolino” per lo sviluppo del progetto, anche se le potenzialità di un mercato in continua crescita hanno giocato un ruolo non secondario. I casi d’integrazione verticale a monte sin qui analizzati, seppur limitati nel numero, costituiscono un segnale della importanza che alcune imprese ceramiche attribuiscono al controllo delle fonti di approvvigionamento di materie prime nazionali ed internazionali. Il crescente grado di internazionalizzazione del mercato e la polarizzazione della produzione verso prodotti a maggior valore quali il gres porcellanato, tecnico, costituiscono ulteriori fattori che incoraggiano le imprese ad internalizzare le attività a monte della filiera. Una strategia che, per gli elevati investimenti e l’impegno richiesto sul piano organizzativo, risulta perseguibile solo per gli attori meglio dotati e preclusa alle piccole imprese ceramiche. 3.6 Ruolo centrale dei fornitori: dalla materia prima alla customer orientation I fornitori di materie prime hanno ricoperto un ruolo importante nell’alimentare la domanda espressa dalle aziende ceramiche. Tale ruolo è destinato ad accrescersi in futuro. Prima dell’avvento del gres porcellanato la figura del fornitore di materie prime era considerata alla stregua di un semplice venditore di prodotti a basso valore aggiunto e chiamato a soddisfare bisogni poco complessi. Gli ultimi dieci anni hanno rappresentato una vera e propria “rivoluzione” del mercato delle materie prime tirata dallo sviluppo del gres porcellanato: nuove materie prime, nuove fonti di approvvigionamento, nuove condizioni di offerta e di servizio. L’industria estrattiva ha visto di conseguenza mutare la sua configurazione da “fornitore di materie prime” a “fornitore di soluzioni per l’industria ceramica” fino a comprendere la formulazione degli impasti. L’esternalizzazione di questa attività ha modificato gli equilibri interni alla filiera ceramica a favore dei fornitori. Aumenta quindi il knowhow detenuto dai fornitori, sempre più tecnologi ma anche uomini di marketing e commerciali che svolgono una attività di customer service, più che fornire una semplice materia prima. L’aspetto negativo per diversi produttori di materie prime si traduce tuttavia nell’evidente aumento dei costi derivanti dalla necessità di attrezzare laboratori di ricerca e personale qualificato volti a soddisfare le nuove esigenze del mercato. Tali costi spesso non sono però riconosciuti dall’industria ceramica, attenta in particolare alla riduzione dei costi di produzione. Queste modificazioni, intervenute nel corso tempo, hanno inciso profondamente sul rapporto fornitori di materie prime-produttori di piastrelle (Tab. 3.8). La necessità di coinvolgimento del fornitore nella definizione dell’impasto ha favorito il passaggio da un rapporto di tipo transazionale ad uno di tipo relazionale passando attraverso una fase in cui il fornitore ha assunto un ruolo di tipo consulenziale. Tabella 3.8 - Fasi evolutive del rapporto fornitore di materie prime e impresa ceramica Natura Funzioni coinvolte Transazionale commerciale Consulenziale commerciale logistica Relazionale commerciale logistica ricerca e sviluppo Variabili critiche prezzo volumi servizi di assistenza pre e post-vendita logistica servizio interattività innovazione sviluppo nuove soluzioni Fonte: Ns. elaborazioni 55 Orientamento vendita servizio relazione La logica transazionale privilegia un contesto in cui i produttori di piastrelle tendono a considerare il prodotto offerto, la materia prima, come una commodity, e perseguono la minimizzazione del prezzo di acquisto. E, nel settore delle materie prime ceramiche, la maggioranza dei rapporti fornitore-cliente si basano su questo paradigma. Tuttavia vi sono situazioni in cui fornitori più evoluti hanno superato questa fase per evolvere verso approcci di maggiore complessità e ricchezza di contenuto relazionale che li porta ad assumere un ruolo di tipo consulenziale, che si basa sulla conoscenza del contesto di utilizzo del prodotto da parte dell’azienda ceramica e sulla capacità di ascolto dell’acquirente per sottoporgli l’offerta più compatibile con le sue esigenze. Nella fase più evoluta, l’approccio assume una natura di tipo relazionale: intensificazione flussi informativi, interazione e longevità della relazione sono i tratti distintivi del rapporto tra le parti. In sintesi le dinamiche intervenute, ci consegnano un mercato delle materie prime dove: il fornitore di materie prime è sempre più specializzato nel marketing, nella logistica e nella ricerca come motore d’innovazione; i produttori demandano ai fornitori l’attività legata alla formulazione degli impasti esternalizzando le loro competenze; la maggiore sinergia tra fornitore e acquirente porta allo sviluppo congiunto di nuovi progetti, condivisione di esperienze e conoscenze; il fornitore di materie prime diventa fornitore di soluzioni per l’industria ceramica. 56 CAPITOLO QUARTO IMPORTANZA STRATEGICA DELLA LOGISTICA 4.1 Il trasporto di materie prime: dalla cava alla fabbrica Il trasporto delle materie prime ceramiche, e più in generale, le attività di logistica hanno acquisito una crescente rilevanza nel tempo. E ciò in ragione dell’internazionalizzazione delle fonti di approvvigionamento che ha reso più complessa la sua movimentazione ed i flussi di trasporto. Negli anni in cui il distretto di Sassuolo si approvvigionava prevalentemente da fonti di materie prime locali, il trasporto dalla cava alla fabbrica non era considerato un problema, se non per l’enorme sovraccarico di traffico pesante che gravava sulle fragili infrastrutture viarie che collegavano i bacini estrattivi alle aziende ceramiche: ne derivano elevati tassi di inquinamento, pericolosità della circolazione e disagio sociale. La relativa vicinanza geografica dei giacimenti consentiva infatti una agevole movimentazione dei materiali verso gli stabilimenti produttivi di destinazione. Il trasferimento delle argille rosse provenienti dall’Appennino Modenese, Bolognese e reggiano avveniva per mezzo di autocarri fino ai magazzini di stoccaggio dei produttori di piastrelle. La stessa procedura era seguita per l’approvvigionamento delle sabbie silicee e quarzose, provenienti in gran parte dai rilievi montuosi dell’Emilia-Romagna. I feldspati, sempre di origine nazionale, provenivano dalla Calabria e raggiungevano il comprensorio via gomma. Il trasporto avveniva quindi tutto su strada ed era effettuato da autotrasportatori individuali non ancora organizzati in società di autotrasporto e spesso si svolgeva in condizioni che sfuggivano ad ogni forma di disciplina e di regolamentazione. La limitata disponibilità delle risorse locali, nel corso degli anni ’70 e ’80 è stata una delle cause principali del cambiamento di tipologia produttiva con il passaggio graduale dalla bicottura alla monocottura e della trasformazione dell’impasto da rosso a chiaro. L’affermazione del nuovo prodotto ceramico a sua volta accresce in modo sensibile il fabbisogno di materie prime che segna l’avvio di processo di diversificazione del portafoglio di materie prime utilizzate sino a quel momento. Le argille rosse lasciano gradatamente spazio alle argille bianche di origine francese e tedesca. L’importazione di questi minerali avviene interamente su ferrovia. Le argille tedesche sono localizzate nella Sassonia e nel bacino del Westerwald. Nei bacini si svolgono le operazioni di estrazione dei minerali, frangizollatura, stoccaggio in box coperti e carico su vagoni ferroviari. Giunta nello scalo ferroviario di destinazione, la materia prima viene trasferita su autocarri per raggiungere i magazzini di stoccaggio delle aziende ceramiche. Il trasporto dell’argilla francese delle zone di Chateauroux, Donpierre e Tournou avviene seguendo le stesse logiche. La diversificazione della domanda di materie prime subisce un ulteriore impulso con l’introduzione del gres porcellanato il cui impasto standard è composto da diversi materiali: • • • • argille provenienti dall’Ucraina, feldspati sono di origine turca, sabbie, perlopiù nazionali, (Sardegna ed Emilia-Romagna), il caolino, il cui utilizzo ha subito una sensibile flessione, arriva via mare da Bulgaria e Ucraina e via treno da Francia. Per comprendere a fondo come la logistica abbia incrementato la sua complessità, è sufficiente seguire i differenti itinerari compiuti dalle materie prime per raggiungere i depositi delle aziende ceramiche (Fig. 4.1). 57 Figura 4.1 - Itinerari compiuti dalle materie prime ceramiche Westerwald Sassonia Donetsk Kiev Mariupol Charente Ravenna Dinazzano Cine Izmir Ferrovia Argilla bianca (Ucraina) Il percorso di avvicinamento dell’argilla ucraina verso il distretto di Sassuolo avviene in più tappe e con diverse soluzioni di trasporto. L’argilla bianca proviene dalla provincia di Donetsk, nell’Ucraina orientale, che ospita uno dei maggiori giacimenti al mondo di questa importante materia prima. Dopo l’estrazione, l’argilla viene trasportata verso la zona di deposito, in cui subisce una lavorazione frangizollatura e preparata per lo stoccaggio. I depositi di argille, situati in un territorio caratterizzato da basse colline, sono generalmente coperti per proteggere l’argilla dall’acqua, data la sua elevata capacità d’assorbimento. Inoltre la pavimentazione è realizzata in cemento per evitare possibilità di contaminazione del minerale da parte di sostanze estranee. La materia prima è pronta per essere caricata su vagoni ferroviari che la condurranno fino al porto di Mariupol (Mar d’Azov), principale porto di spedizione. Prima del carico solitamente i vagoni sono sottoposti ad un trattamento di lavaggio per evitare qualsiasi tipo d’inquinamento del prodotto da trasportare. Giunti nel porto, i convogli ferroviari proseguono la loro corsa nelle stive delle navi da carico, il cui pescaggio di norma non supera le ventimila tonnellate. Le navi impiegano in media sette giorni prima di approdare nel porto di Ravenna, considerato il nodo più importante per il traffico delle materie prime ceramiche. Quivi l’argilla viene scaricata dalle navi mediante gru mobili ed un incessante andirivieni di autocarri la trasporta dalle banchine ai depositi, in cui viene sottoposta ad un ulteriore trattamento di deferrizzazione e frangizollatura. All’interno dei magazzini, l’argilla viene costantemente movimentata per garantire una perfetta essiccazione e omogeneità. I nastri trasportatori degli impianti di frangizollatura (staker) possono caricare l’argilla direttamente sugli autocarri per essere trasportata alle aziende ceramiche. I depositi presenti nel porto di Ravenna arrivano a contenere fino a 250.000 tonnellate di prodotto e garantiscono una costante disponibilità di materia prima. 58 Il trasporto verso le aziende ceramiche avviene prevalentemente via gomma, anche se il porto di Ravenna dispone di un collegamento ferroviario che termina con lo scalo di Dinazzano, situato in una zona contigua al distretto ceramico. La quantità di argille ucraine che viaggia via ferrovia è molto esigua rispetto a quella che viaggia su gomma, al contrario dell’argilla tedesca e francese che utilizzano la ferrovia come mezzo di trasporto privilegiato. Feldspato sodico (Turchia) L’organizzazione della logistica che conduce il feldspato turco dalle cave alle aziende ceramiche è per molti aspetti simile al cammino compiuto dall’argilla ucraina. Il feldspato sodico proviene dalla regione del Massiccio del Menderes, ad ovest della penisola Anatomica. Nei bacini di estrazione il minerale subisce alcune lavorazioni (vagliatura e frangizollatura) prima di essere avviato all’esportazione14. Se il materiale non viene sottoposto ad ulteriori trattamenti, e per questo motivo è chiamato “feldspato sodico standard”, prende la strada del distretto ceramico di Sassuolo seguendo due distinti percorsi e modalità trasporto (Fig. 4.2): • raggiungere su autocarri il vicino porto di Gulluk, per poi essere stivato nelle navi da carico. La scelta di utilizzare questo porto è conveniente se i volumi esportati sono stabili e di piccola entità; • sfruttare il tratto ferroviario che collega la zona di produzione con il porto d’Izmir, più attrezzato del precedente per movimentare grandi volumi. In questo caso il feldspato viene caricato direttamente in container. Si tratta di una alternativa più onerosa in termini economici (maggiore distanza da percorrere e tempi più lunghi), soprattutto se le quantità movimentate sono ridotte. Al contrario, se le quantità di feldspato spedite giornalmente sono elevate, è preferibile servirsi del porto d’Izmir, dotato di un ampio parco navi e di strutture più efficienti. Dai porti turchi la materia prima raggiunge Ravenna da dove il feldspato viene trasbordato dalle navi su autocarri che provvedono a riporlo negli appositi depositi a fianco della banchina, da dove sempre attraverso il trasporto su gomma compie l’ultimo tratto del suo viaggio verso i magazzini di stoccaggio delle imprese ceramiche a Sassuolo. Figura 4.2 - Percorso del feldspato turco Ankara Izmir MASSICCIO MENDEREZ Cine TURCHIA Gulluk Ferrovia Zona di estrazione del feldspato Porto 14 Oltre al semplice processo meccanico che riguarda la frangizollatura e la vagliatura, si sono elaborati altri metodi collaterali quali la flottazione e la separazione magnetica, che deferrizzano il feldspato al fine di renderlo più adatto alla produzione di gres porcellanato. 59 Sabbie feldspatiche e quarzose Le sabbie, a differenza dei minerali precedenti, presentano un’organizzazione logistica meno complessa. Le quantità di materiale estratte nell’Appennino Bolognese, Modenese e Reggiano non necessitano di numerosi spostamenti per arrivare nel distretto di Sassuolo. Una volta sottoposte al processo di vagliatura, che avviene in impianti situati nel luogo di estrazione, le sabbie via autocarri sono trasferite alle aziende ceramiche. Per quanto concerne le sabbie silicee provenienti dalla Sardegna, l’iter da seguire prevede diverse fasi. Analogamente al caso delle sabbie emiliane, i minerali dopo aver subito il medesimo processo di vagliatura, vengono avviate al terminal di Porto Torres - principale scalo marittimo utilizzato per il traffico delle materie prime provenienti dalla Sardegna – e collocate nelle stive delle navi che le condurranno nei rispettivi porti d’approdo. I porti di destinazione più utilizzati sono La Spezia e Livorno, da dove su strada il materiale raggiunge gli stabilimenti ceramici di destinazione (Fig. 4.3). Figura 4.3 - Zone di estrazione delle sabbie feldspatiche e quarzose Appennino Modenese Appennino Bolognese Porto Torres Sassari La Sila Porto Zone di estrazione delle sabbie Caolino Il caolino ricopre un ruolo sempre più marginale nel panorama delle materie prime ceramiche. Il suo utilizzo, riservato alla produzione di gres porcellanato, è diminuito drasticamente negli ultimi anni, in seguito alla riformulazione degli impasti che ha valorizzato altre materie prime ritenute più performanti. Malgrado ciò, i paesi di origine di questo minerale, continuano seppur debolmente ad esportare nel distretto volumi di materiale di ottima qualità. 60 4.2 La logistica come soluzione ai costi di trasporto Uno delle problematiche centrali nel settore delle materie prime è la logistica, in quanto gli acquirenti, dal loro punto di vista, considerano i costi sulla base del franco destino. A questa grandezza economica concorrono diverse voci di costo alcune della quali hanno subito in tempi recenti continui rincari e tutte - pur in misura diversa – legate alla dinamica dei prezzi del petrolio. Il trasporto incide sul costo delle materie prime nella misura del 65%, circa due terzi. Le componenti del costo del trasporto sono il prezzo dei noli marittimi e il prezzo del carburante. Di seguito si presenta la struttura di costo relativa alle principali materie prime. Prezzo del feldspato turco Il prezzo franco destino nel 2005 del feldspato turco si è attestato attorno ai 40 euro per tonnellata. I feldspati che superano questa soglia di prezzo si differenziano per la qualità superiore ottenuta attraverso processi di selezione più sofisticati. Alla formazione di questo costo concorrono diverse componenti (Tab. 4.1): • • • • il Fob (Cost) il nolo (Freight) lo scarico della merce dalla nave ed il carico sull’autocarro il trasporto dal porto di arrivo allo stabilimento ceramico Il Fob (Free on Board) è la clausola di trasporto marittimo con la quale si stabilisce che le spese e i rischi di danni alla merce trasportata gravino sul venditore fino al momento in cui la merce viene imbarcata, mentre sono a carico del compratore spese e rischi riguardanti il trasporto e lo scarico a destino. Il contratto di trasporto e di assicurazioni vengono stipulati dal compratore, che deve comunicare in tempo utile il nome della nave, la banchina e la data d’imbarco. Nel 2005 il valore del Fob dal porto di Gulluk, situato ad est della Turchia, era di circa 15 $ a tonnellata. Al Fob, il fornitore applica poi un margine di ricarico che si traduce in un aumento di circa 3-4 $ del prezzo di vendita. Il nolo marittimo (Freight) corrisponde al costo di trasporto del materiale dal porto d’imbarco (Gulluk) al porto di destinazione (Ravenna). Il costo imputabile alle operazioni di scarico del materiale dalla nave e del successivo carico su autocarri è di 4.5 euro per tonnellata, mentre il corrispettivo per il trasporto dal porto di arrivo alle ceramiche è di 8 euro per tonnellata. La parte superiore della tabella mostra in dettaglio le componenti di costo che hanno concorso a determinare il valore del Fob. Tali componenti comprendono: i costi diretti di produzione, associati alle attività di estrazione del feldspato; i costi indiretti, vale a dire quei costi non direttamente connessi ai prodotti quali salari e stipendi, assicurazioni; il costo di trasporto dalla cava allo stabilimento per la lavorazione del minerale. La somma totale di queste voci dà luogo al costo a magazzino, ossia alla spesa sostenuta dal produttore prima di stoccare il materiale estratto. Prima di ottenere il Fob occorre aggiungere altri oneri legati a: attività di macinazione; trasporto su gomma dallo stabilimento al porto d’imbarco; carico del feldspato su nave. 61 Tabella 4.1 - Calcolo del costo Fob Gulluk e del prezzo finale di vendita Componenti di costo Valore in $ per t (2005) Valore in $ per t (2006) Valore in $ per t (2007)* Costi di produzione Costi indiretti (salari, spese assicurative) Trasporto cava-deposito Costo a magazzino (Gulluk) Macinazione Trasporto magazzino-porto d’imbarco Carico su nave Costo Fob ($) 3,00 + 1,20 + 4,50 + 8,70 = 1,20 + 0,80 + 4,20 + 14,90 = 3,00 + 1,20 + 7,00 + 11,20 = 1,35 + 0,90 + 4,20 + 17,65 = 3,00 + 1,20 + 7,00 + 11,20 = 1,35 + 6,00 + 1,00 + 19,55 = Prezzo di vendita con ricarico venditore ($) Nolo (freight) ($) Fob + nolo Ravenna ($) 19,00 + 15,00 + 34,00 = 21,00 + 15,00 + 36,00 = 23,00 + 15,00 + 38,00 = Valore in € per t (2005) Valore in € per t (2006) Valore in € per t (2007)* 27,00 + 4,50 + 8,00 + 39,50 = 28,50 + 4,50 + 8,00 + 41,00 = 30,00 + 4,50 + 8,00 + 42,50 = Prezzo finale franco destino Fob + nolo Ravenna (€) Scarico da nave e carico su autocarro (€) Trasporto Ravenna-Sassuolo (€) * Valori stimati Fonte: Ns. elaborazione Il risultato complessivo, valutato in dollari, esprime il costo sopportato dal fornitore di materie prime prima che la merce lasci il porto di partenza. Il margine applicato al Fob genera il prezzo di vendita che nel 2005 corrisponde a 19 dollari. Al prezzo di vendita del materiale occorre aggiungere il nolo marittimo che è pari 15 dollari. La conversione in euro del risultato di norma fa riferimento al tasso di cambio spot. In questo caso si è considerato il valore medio annuo (1,25). Nell’anno 2005, la somma tra nolo e prezzo di vendita è di 27 euro per tonnellata. Il calcolo del prezzo finale franco destino deve includere gli oneri sostenuti per il trasbordo della merce, dalla nave agli autocarri (4,50 euro per tonnellata) e per il trasporto su strada della stessa verso il distretto di Sassuolo (8,00 euro a tonnellata).Ogni autocarro ha una capacità massima di 30 tonnellate. L’andamento dei prezzi del feldspato, così come quello delle argille ucraine, è stato influenzato da due fenomeni di rilevanza globale: • la crescente carenza di naviglio che ha complicato la movimentazione delle materie prime15. Di conseguenza i prezzi dei noli nel corso del 2004 sono praticamente raddoppiati con ricadute non irrilevanti. Il responsabile principale è la Cina, che si è accaparrata di un maggior numero di navi per far fronte ad una domanda di materie prime cresciuta esponenzialmente. 15 62 All’inizio del 2000 il feldspato sodico turco era infatti precipitato ad un prezzo molto vantaggioso (29 euro a tonnellata): ciò aveva comportato un immediato adeguamento da parte dei produttori italiani di piastrelle nella composizione delle ricette degli impasti, finalizzato all’utilizzo di materie prime meno costose e al tempo stesso performanti, a discapito però dell’industria mineraria nazionale. In seguito ai rincari del 2004, il feldspato turco, ha superato la soglia di 40 euro a tonnellata e i produttori italiani tornano a fare maggiore affidamento alla materia prima nazionale. • l’aumento della quotazione del petrolio che ha coinvolto in primis il prezzo dei noli, il prezzo del carburante utilizzato per alimentare tutti i mezzi di trasporto e di movimentazione/lavorazione della materia prima (navi, autocarri, macchine movimento terra). Un altro elemento che, nel 2006, ha contribuito a gonfiare i costi di trasporto è stata l’introduzione di una normativa europea che ha ridotto il volume di merce trasportabile da un autocarro. Le previsioni a breve termine sono orientate ad un ulteriore rincaro dei costi con un effetto depressivo sulla competitività del feldspato turco a favore di quello nazionale anche se meno performante sul piano qualitativo. La difesa della posizione di mercato dei turchi passa attraverso la riduzione dei prezzi e la conseguente compressione dei margini in un settore nel quale i margini sono già molto compressi. Non resta che confidare in un miglioramento delle condizioni di mercato dei noli; Cina permettendo. Prezzo dell’argilla ucraina Analoghe considerazioni valgono per l’argilla che ha risentito dell’aumento del prezzo dei noli del 2004 e del carburante. Attualmente però, le argille vantano un rapporto qualità/prezzo ancora favorevole poiché i costi, sono in parte mitigati dal tasso di cambio dollaro/euro. Tuttavia, qualora il dollaro dovesse riguadagnare terreno nei confronti della moneta europea, i prezzi delle argille “ made in Ucraina” diverrebbero proibitivi. Il prezzo finale ammonta a 65 euro a tonnellata e la sua composizione è pressoché in linea con quella del feldspato. Per quanto concerne il trasporto via nave, l’acquirente, come in precedenza, deve sostenere un costo variabile tra i 15 e i 20 $. Invariato rimane anche il prezzo del trasporto dal porto di Ravenna al distretto ceramico che equivale a 8 euro. Le cause all’origine della differenza di prezzo nei confronti del feldspato sono riconducibili essenzialmente a due fattori: • • le argille, una volta giunte nel porto di destinazione, devono essere conservate all’interno di depositi coperti al riparo dalla pioggia; l’ulteriore processo di lavorazione (rifrangizollatura) a cui deve essere sottoposta l’argilla, prima di raggiungere gli stabilimenti ceramici. L’argilla ucraina, nonostante non sia così a buon mercato, continua ad incontrare il favore dei produttori di piastrelle, soprattutto in relazione alla sua qualità e adattabilità al gres porcellanato16. Sul fronte del prezzo, la tendenza volge verso la stabilità in quanto attualmente il cambio dollaro/euro vede la moneta americana più debole rispetto alla divisa europea e ciò costituisce un incentivo a proseguire l’approvvigionamento dell’argilla ucraina. Nonostante il prodotto ucraino resti la materia prima di riferimento degli approvvigionamenti, un ruolo non marginale è occupato dalle argille tedesche che, dal lato dei prezzi, presentano aspetti piuttosto simili o perlomeno non evidenziano scostamenti rilevanti. Il prezzo finale dell’argilla proveniente dal Westerwald e dalla Sassonia è compreso tra i 60 e i 65 euro a tonnellata. Ciò che differenzia questo prodotto dal punto di vista logistico è l’impiego della ferrovia come mezzo di trasporto. In questo caso, oltre al costo intrinseco della materia prima, il prezzo è calcolato sulla base della distanza della stazione di partenza a quella di destinazione a cui si aggiunge il costo del tratto su gomma dallo scalo di arrivo alle aziende ceramiche. Il basso tenore di ferro (0,9%) e titanio (0,7-8%) garantisce un bianco che rispecchia l’attuale tendenza estetica del mercato, ossia la preferenza per tonalità chiare, che emulano la pietra bianca, il marmo di Carrara. 16 63 4.3 La logistica in entrata nel distretto ceramico di Sassuolo: lo sbilanciamento delle soluzioni di trasporto Nel comprensorio ceramico di Sassuolo si concentra l’80% della produzione italiana di piastrelle e il 9% di quella mondiale. Il mutato contesto competitivo ha imposto un adeguamento delle strategie produttive e commerciali da parte delle imprese ceramiche, con un conseguente impatto anche sui comportamenti trasportistici. L’attuale inefficienza del sistema logistico e dei trasporti risultava infatti essere sostenibile negli anni di scarsa concorrenza del prodotto, in quanto il peso della logistica poteva essere assorbito dai costi di produzione e da un sistema viario non ancora collassato. Negli ultimi anni, la mancanza di interventi di potenziamento e modernizzazione della rete infrastrutturale, ha acuito in misura ulteriore il problema della mobilità nel distretto. L’incremento dei costi di trasporto non è soltanto una diretta conseguenza dell’aumento del prezzo del petrolio, ma deriva anche da una gestione inefficiente della rete logistica e nella incapacità di bilanciare il ricorso a diverse modalità di trasporto delle merci. La ferrovia, infatti, fornisce un apporto marginale alla movimentazione delle merci, circa il 15%, mentre il sistema dell’autotrasporto, principale “partner logistico” della produzione ceramica, gestisce il restante 85%17. Il trasporto ferroviario, malgrado le potenzialità esistenti, stenta, quindi, a decollare. Attualmente, tre sono i principali nodi di riferimento: • lo scalo di Dinazzano, sul quale si attestano sia i treni blocco di argille provenienti dalla Germania, sia i convogli di piastrelle condizionate in container e dirette ai porti; • lo scalo di Modena, entrato in concorrenza con il precedente nell’approvvigionamento di argille. La sua localizzazione nel tessuto urbano rende tuttavia inadeguati lamovimentazione ed il trasporto di materiali inquinanti; • lo scalo di Rubiera, al servizio non esclusivo del distretto ceramico. Per il mondo ceramico lo scalo di Dinazzano è considerato il punto logistico più importante, sia per i volumi di merci movimentati sia per la struttura di cui esso dispone. La sua realizzazione nasce dall’intento di mettere a disposizione delle imprese ceramiche una struttura in grado di consentire trasporti economicamente vantaggiosi e alleggerire il traffico stradale del maggior numero possibile di mezzi pesanti con notevoli miglioramenti dal punto di vista dell’impatto ambientale. Lo scalo, reso operativo nel 1985, era dotato inizialmente di un unico binario per il carico e lo scarico ed adibito al traffico di argille provenienti dalla Westfalia. Grazie al lavoro di ampliamento può contare, oggi, su tre binari di lavorazione merci oltre che su nuovi binari per le manovre. Nel 2005 lo scalo di Dinazzano è stato raggiunto da oltre unmilione e duecento mila tonnellate di merci, rispetto alle 244 mila del 1985 anno di attivazione (Fig. 4.4). Tonnellate Figura 4.4 - Materie prime arrivate nello scalo di Dinazzano - periodo 1985-2005 1.400.000 1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 1985 1990 1995 2000 2005 Anni Volumi materie prime Fonte: Ns. elaborazioni da ACT I vagoni merci che hanno fatto scalo a Dinazzano nel 2005 sono stati 27.358. Il contenuto era composto da argille per il 64,2%, da feldspati per il 28,5% e da caolino per lo 0,3%. Secondo i dati disponibili, ogni giorno entrano ed escono dal comprensorio dai 4.000 ai 6.000 veicoli pesanti, ai quali si aggiungono gli automezzi utilizzati per gli spostamenti di breve distanza tra gli stabilimenti e tra questi e i sub-fornitori. 17 64 Il principale paese estero fornitore dello scalo per le materie prime destinate all’industria ceramica è la Germania che, nel 2005, ha inviato 8.411 vagoni carichi di 580.181 tonnellate di merci18. Ravenna e Genova sono i principali porti italiani da cui giungono le merci trasportate via acqua. Nel 2005 da Ravenna a Dinazzano sono state trasportate 414.961 tonnellate di merci con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente (Tab. 4.2, Tab. 4.3 e Fig. 4.3). Tabella 4.2 - Materie prime ceramiche movimentate nello scalo di Dinazzano nel 2005 TIPOLOGIE Vagoni arrivati Tonnellate arrivate Argille 12.235 767.791 Feldspati 4.996 340.964 Caolino 68 3.965 Container 9.983 80.586 Altre 76 780 TOTALE 27.358 1.194.087 Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006 Tabella 4.3 - Provenienza materie prime ceramiche transitate dallo scalo di Dinazzano nel 2005 PROVENIENZA Vagoni arrivati Tonnellate arrivate Genova 6.868 61.342 Livorno 970 5.173 Ravenna 8.869 414.961 Sardegna 245 9.742 Germania 8.411 580.181 Sassonia 571 31.857 Francia 1.360 89.540 Altre 64 1.291 TOTALE 27.358 1.194.087 Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006 Solo la Sassonia ha mandato 571 vagoni con 31.857 tonnellate di materia prima. La Francia ha esportato 89.540 tonnellate di materiale contenuto in 1.360 vagoni. 18 65 Figura 4.3 - Composizione delle materie prime ceramiche a Dinazzano nel 2005 0,3% 6,7% 0,0% 28,6% Argille Feldspati 64,4% Caolino Container Altre Fonte: ACT, Reggio Emilia, 2006 4.4 Razionalizzazione dell’approvvigionamento di materie prime:alcuni interventi Razionalizzare l’approvvigionamento delle materie prime significa renderlo più razionale, più adeguato allo scopo principale del distretto ceramico: il miglioramento della sua competitività. Tra le molteplici azioni concluse in tal senso, alcune hanno condotto a risultati concreti, tangibili. Tuttavia nella maggior parte dei casi, gli sforzi profusi in tale ambito non sono stati compensati da risposte efficaci e durature nel lungo periodo. La prima tappa che ha segnato l’inizio del processo di razionalizzazione è stata la nascita, nel 1998, di Assocargo che ha potenziato il trasporto via ferro e via mare delle materie prime19. L’opera di ottimizzazione degli approvvigionamenti sotto il profilo logistico di Assocargo si è consolidata ed articolata sul piano operativo con la costituzione di Cargo Ship e Cargo Clay20alle quali sono state affidate specifiche missioni ed obiettivi: • • specializzazione nel trasporto via nave da un lato e via ferrovia dall’altro; gestione dei traffici più efficiente e conseguente ottimizzazione dei tempi e dei costi di trasporto. L’insieme delle misure adottate e delle iniziative messe in campo dalle due società di trasporto si sono rivelate, tuttavia, funzionali al processo di razionalizzazione degli approvvigionamenti di materie prime del distretto ceramico. Ciò nonostante permangono situazioni che non trovano risposte concrete o incontrano difficoltà di attuazione , che per essere rimosse richiedono il verificarsi di alcune condizioni e tra queste una maggior collaborazione tra attori economici ed istituzioni e soprattutto un comportamento maggiormente proattivo delle aziende ceramiche. Solo attraverso l’interazione e la cooperazione è possibile ridurre i tempi di realizzazione delle azioni intraprese e raggiungere quegli obiettivi che l’industria ceramica ha posto come priorità per l’immediato futuro, tra i quali: offrire un’alternativa ai tradizionali sistemi di trasporto; risparmiare sui costi di trasporto; ridurre l’autotrasporto attraverso l’intermodalità. Assocargo nasce in seno ad Assopiastrelle con lo scopo di migliorare l’organizzazione del trasporto delle materie prime. La società, che si avvale della collaborazione delle Ferrovie dello Stato, inizia ad operare con i soli mandati conferiti dai primi clienti per singole tipologie di materie prime e per tratte limitate. 20 Cargo Ship si occupa dei trasporti che vedono l’utilizzo della nave quale modalità prevalente. In particolare essa gestisce le tratte con la Sardegna (in cui controlla il 30% del totale dei traffici di argilla), Turchia e Portogallo, mentre l’Ucraina rappresenta il prossimo obiettivo. Cargo Clay opera nel trasporto di argille estratte in Germania e Francia e delle altre destinazioni che prediligono l’utilizzo del treno. 19 66 4.4.1 Comportamenti e peculiarita’ logistiche del settore ceramico Tra i punti critici che caratterizzano l’approccio logistico, fondamentale è il comportamento comune assunto dalle aziende ceramiche del distretto. Tale comportamento è caratterizzato da: • una logistica di produzione poco organizzata: • il modello produttivo adottato è “tirato dai volumi”, si produce per vendere e ciò genera un grande accumulo di scorte a magazzino, • solo poche grandi imprese controllano i flussi intercompany con servizi organizzati, • prevale la tendenza a non ottimizzare i carichi, specie sulla breve percorrenza • acquisto franco destino: • i fornitori, tra cui quelli di materie prime, terziarizzano il trasporto ad operatori specializzati, conseguentemente il controllo logistico dei flussi di approvvigionamento e la scelta di modalità di trasporto avvengono al di fuori del perimetro di controllo ed influenza delle imprese ceramiche • vendita franco fabbrica: - assenza di una cultura industriale, peculiare soprattutto alle piccole e medie imprese ceramiche che sottende la diffidenza nei confronti della vendita franco destino, - assenza di controllo sui flussi in uscita (outbound), la cui gestione è affidata ad una pluralità di operatori, ognuno dei quali organizza la propria attività di presa/consegna ed ottimizza carichi e flussi in base alle esigenze del cliente finale, prevalentemente estero. • costi di trasporto: - la percezione della logistica come ambito “residuale” implica una mancata identificazione di tutti i costi connessi al trasporto e alla logistica, - la limitata presenza di grandi imprese, innovative dal punto di vista logistico, ha ostacolato la diffusione di best practices, - il rischio per le imprese più deboli di subire i mutamenti globali in atto e di perdere progressivamente il controllo dei propri mercati di sbocco è elevato. 4.4.2 Le modalita’ dell’incontro tra domanda e offerta di trasporto L’incontro tra domanda e offerta di trasporto è caratterizzata da: • scarsa integrazione funzionale tra le imprese ceramiche con gli operatori di trasporto che si traduce in: o tempi di preavviso della spedizione ristretti e condizionati al rispetto della tempistica di produzione dell’impresa, o forte concorrenza causata dalla vendita franco fabbrica che alimenta un’offerta di trasporto vasta e frammentata, o rilevanza di comportamenti e scelte aziendali dei produttori di ceramica, non facilmente modificabili con politiche pubbliche nel medio periodo. • scarsa importanza al servizio ferroviario: • il trasporto ferroviario è utilizzato prevalentemente per necessità, in presenza di una significativa domanda potenziale non ancora soddisfatta • assenza di un quadro di riferimento delle tracce orarie e dell’offerta disponibile • nuovo assetto infrastrutture (reti e nodi): - nodi quali i grandi centri intermodali (Dinazzano) hanno una forte rilevanza funzionale e possono svolgere un importante ruolo nell’aggregazione dell’offerta di trasporto - una congestione diffusa e difficoltà di attraversamento dei centri abitati ostacolano la viabilità del distretto ceramico, - i ritardi accumulati dai grandi progetti infrastrutturali rischiano di compromettere la competitività delle imprese ceramiche. 67 4.4.3 Focus sull’offerta di servizi di trasporto nell’area ceramica Il servizio ferroviario Nella gestione della catena del trasporto ferroviario tradizionale o intermodale, l’operatore ferroviario esercita un ruolo fondamentale, definendo un’offerta di servizi (movimentazione di carri e carichi, acquisto delle tracce orarie e di altri servizi strumentali alla realizzazione dei convogli) e interagendo con una varietà di soggetti (spedizionieri e caricatori). Il nodo di Dinazzano rappresenta uno dei più importanti centri di servizi intermodali localizzati vicino al comprensorio ceramico ed è destinato ad ampliare il suo raggio di attività. La ferrovia, fra tutti i mezzi di trasporto disponibili, costituisce una valida alternativa in quanto presenta benefici non solo economici ma anche sociali, perché consentirebbe di eliminare il monopolio dell’autotrasporto. Malgrado i vantaggi del trasporto ferroviario siano palesemente noti, lo sfruttamento delle sue risorse continua ad essere limitato e spesso i disservizi prevalgono sull’efficienza organizzativa. I principali punti di forza e limiti dei servizi ferroviari sono riassunti nella tabella 4.4. L’opera d’intervento necessaria a migliorare il servizio ferroviario abbraccia non soltanto gli aspetti prettamente gestionali che denotano forti lacune, ma riguarda anche l’assetto infrastrutturale che abbisogna di nuove attrezzature e progetti di ristrutturazione. Tabella 4.4 - Principali vantaggi e limiti dei servizi ferroviari PUNTI DI FORZA CRITICITA’ Inefficienze presso i nodi (movimentazione carri e unità di carico) Importante infrastruttura (Dinazzano) già operativa e in via di espansione Rigidità negli orari di apertura/chiusura delle strutture interportuali (formazione convogli) Aspetti gestionali Assenza di un servizio track & tracing (certezza delle spedizioni), rigidità connesse al contratto collettivo del personale ferroviario Minor impatto ambientale rispetto al trasporto stradale Bassa disponibilità di materiale rotabile adeguato Le linee attuali possono sostenere un incremento di traffico previo limitati investimenti Scarsità di tracce orarie Limitatezza di collegamenti merci Internazionali Aspetti tecnici I convogli si possono acquistare solo completi, per cui il sistema non è accessibile quella fetta di mercato che non riesce a soddisfare questa condizione Fonte: Ns. elaborazione Servizi di autotrasporto diffuso Questo segmento dell’offerta di trasporto è a tutt’oggi il più sfruttato sia per il trasporto delle materie prime sia per le spedizioni del prodotto finito. Si tratta di imprese di trasporto poco più che monoveicolari, spesso membri di realtà consortili la cui diffusione si estende su tutto il territorio attiguo al distretto ed il cui servizio principale consiste nell’autotrasporto a carico completo non di linea. Generalmente non sono dotati della struttura organizzativa, capacità gestionale e 68 imprenditoriale necessarie per elaborare progetti di servizi innovativi o comuni tesi a favorire processi di emancipazione sul piano aziendale. Comprensibilmente, data la natura point to point del servizio svolto, nel caso di trasporto stradale a carico completo, l’interazione e la sinergia con i nodi del sistema ferroviario è assai limitata. I tentativi di diversificare il trasporto riguardano in primo luogo le materie prime che arrivano via nave al porto di Ravenna. L’esigenza di adottare differenti canali di trasporto nasce dai costi sociali provocati dall’autotrasporto e dagli effetti inquinanti che si generano. Uno dei problemi principali che affligge le spedizioni su strada è determinata spesso dalle quantità di merci trasportate che superano i limiti consentiti per legge e che gli autotrasportatori guidano per molte (troppe) ore consecutivamente. Per mitigare queste inefficienze è indispensabile che il trasporto su ferrovia diventi più competitivo e che i collegamenti tra scali ferroviari e porti marittimi diventino più efficaci. La ragione per la quale il trasporto su gomma spiega l’85% della distribuzione delle materie prime è insita nei vantaggi che assicura e a cui si accompagnano anche evidenti limiti (Tab. 4.5). Tabella 4.5 - Principali vantaggi e limiti dell’autotrasporto PUNTI DI FORZA CRITICITA’ Competitiva di prezzo Elevati costi sociali (danni alla salute della collettività) Flessibilità Inquinamento atmosferico ed acustico Rapidità e capillarità del servizio Alti livelli di congestione del traffico stradale con diminuzione dell’efficienza viaria Sistema di offerta concorrenziale Ripercussioni sulla competitività del distretto ceramico Fonte: Ns. elaborazione 4.4.4 Dall’”immobilismo logistico” alle soluzioni possibili: alcune ipotesi Dopo avere esposto le criticità che affliggono l’organizzazione dei servizi di trasporto dell’area ceramica, di seguito si avanzano alcune ipotesi da verificare e se sostenute da un qualche grado di fondatezza, potrebbero orientare le linee di azione per favorire una migliore razionalizzazione del trasporto merci. 1) Importazione prodotto materie prime da paesi europei (Francia/Germania) Attualmente le modalità di trasporto della materia prima (caolino, argilla) prevedono un carico da cava a strada, da strada a ferrovia e quindi uno scarico da ferrovia a strada, subendo per ben due volte movimento con facchinaggio (Fig. 4.4). Investendo su container già dotati di requisiti per il trasporto di detta materia prima, questo potrebbe avvenire eliminando le due movimentazioni di carico e scarico. Si avrebbe, infatti, solamente la movimentazione del contenitore da strada a ferrovia, in quanto il materiale sarebbe caricato in cava e scaricato solamente una volta arrivato in ceramica. E’ necessario inoltre valutare la possibilità di tracce ferroviarie maggiormente competitive di quelle attuali. 69 Figura 4.4 - Attuale percorso delle argille tedesche e francesi CAVA STRADA FERROVIA STRADA CERAMICA Fonte: Ns. elaborazione 2) Importazione prodotto materie prime da paesi extra-europei (Ucraina/Turchia) Attualmente il trasporto avviene via Ravenna con forti tasse portuali. Dalla cava la materia prima (argilla, feldspato) passa su strada per poi essere caricata sulla nave. Approdata al porto di Ravenna, la merce raggiunge l’impresa ceramica attraverso ferrovia, anche se il trasporto su gomma resta la soluzione di trasporto maggiormente sfruttata (Fig. 4.5). Si assiste pertanto all’incessante andi-rivieni di mezzi pesanti sulla tratta Ravenna – Bologna - Sassuolo di cui si sono già illustrati gli effetti. In questo caso l’investimento su contenitori modificati nella loro struttura interna comporterebbe l’eliminazione di alcuni passaggi, razionalizzando la gestione del trasporto: la materia prima potrebbe essere caricata direttamente su vagoni ferroviari dotati di questi contenitori, condotti in ceramica, prima per mezzo di treni programmati e poi solo nell’ultimo tratto, per mezzo di trattori a ribalta. Un’altra ipotesi da considerare è l’opportunità di utilizzare il porto di Marghera, poiché, a differenza del porto di Ravenna, è esente da tassa portuale, possiede un’offerta di movimentazione del prodotto più competitiva e si trova su una dorsale ferroviaria aperta a migliore contrattazione. Quanto meno risulta singolare l’utilizzo monopolistico di un unico porto. Figura 4.5 - Attuale percorso delle argille ucraine e feldspati turchi FERROVIA CAVA STRADA NAVE CERAMICA STRADA Fonte: Ns. elaborazione 4.5 Considerazioni finali L’inefficienza del sistema logistico del distretto ceramico di Sassuolo resta tuttora una questione aperta ed è il frutto della grande disattenzione dimostrata fino ad oggi dagli attori economici ed istituzionali. La disaffezione verso questo tema è molto evidente nella classe imprenditoriale che si è sempre astenuta dal risalire alle radici del problema e cercare soluzioni concrete. La tendenza a scaricare la responsabilità del trasporto verso altri soggetti è già contenuta nel modo di consegnare le piastrelle ai clienti attraverso la formula del franco stabilimento di produzione. Attualmente prevale dunque una certa miopia, soprattutto nel capire come funziona e si governa la catena logistica. Non è un problema di oggi. E’ figlio della mancanza di un disegno e di una “progettualità di sistema”. Questo “vuoto” di governo dello sviluppo dell’area ha fatto sì che si trovassero delle soluzioni funzionali alle esigenze di singole componenti del sistema che nel tempo si sono affermate e che ora appare difficile porle in alternativa ad altre. La lentezza con cui si sono portati avanti i progetti di adeguamento infrastrutturale nell’area (strada e ferrovia), mettono a nudo le condizioni di inadeguatezza della rete sia sul piano della sua consistenza e qualità. 70 Per quanto concerne gli operatori di trasporto, l’inadeguatezza delle strutture ferroviarie ed il deficit di “capacità organizzativa e gestionale” nell’erogazione del servizio chiamano in gioco l’attore principale del settore: le ferrovie italiane. Il contributo fornito al trasporto di materie prime ceramiche non va oltre il 15% consegnando così il mercato nelle mani dell’autotrasporto. Tra le cause di questo fenomeno è possibile individuare: - il processo d’acquisto delle materie prime che adotta il sistema del “franco destinatario”. Spesso è lo stesso fornitore di materie prime che si accolla la responsabilità di gestire l’aspetto logistico, sia per la maggiore esperienza in questo campo rispetto al produttore ceramico, sia per le dimensioni aziendali delle imprese fornitrici, che assumono la forma di multinazionali. - Investimenti (anche se pochi e ritardati, a favore della rete stradale che ha penalizzando lo sviluppo della rete ferroviaria. - regime di monopolio del trasporto ferroviario che impedendo l’ingresso ad altri competitor, fa venire meno quelle condizioni concorrenziali, capaci di incidere sul prezzo, e sul livello di efficienza e sulle condizioni di servizio. - maggiore flessibilità del trasporto su gomma rispetto a quello ferroviario la cui debolezza è stata accresciuta dall’assenza di investimenti volti a garantire un certo livello di versatilità. In sintesi, al sistema ceramico “allargato” è richiesto una maggiore sensibilità al tema della logistica come condizione necessaria – ma non sufficiente – per fare maturare la disponibilità degli attori a mettere in campo un’azione ed un impegno più concreto nella ricerca/realizzazione di soluzioni. Soluzioni non facili, da troppo tempo rinviate e che soprattutto riportano al centro l’interesse “superiore” del sistema socio-economico locale nel suo complesso e non delle singole componenti. 71 4.6. Conclusioni L’analisi del settore delle materie prime ceramiche ha permesso di evidenziare importanti cambiamenti, le cui conseguenze sono tuttora visibili. Il fenomeno che, per la sua portata, ha modificato gli assetti e le politiche degli approvvigionamenti dei produttori ceramici, è stato la graduale internazionalizzazione dei principali mercati delle materie prime. Gli effetti più tangibili dell’apertura verso fonti internazionali hanno riguardato in primo luogo l’utilizzo di materiali di provenienza nazionale, i quali, pur registrando sensibili riduzioni nei volumi, hanno tuttavia continuato a ricoprire un ruolo di primo piano nella produzione di piastrelle. Se la materia prima locale è stata per anni il prodotto privilegiato e ciò che ha dato l’impulso alla nascita dell’industria ceramica, questo legame si è affievolito lasciando spazio ad altre alternative che si sono imposte gradatamente tra le scelte dei produttori. La scoperta di materiali localizzati in differenti aree geografiche è il risultato della continua azione innovatrice che ha interessato il prodotto ceramico sia dal lato dei processi produttivi e delle tecnologie, ma anche e soprattutto sulla ricerca di materiali capaci di garantire prestazioni qualitative ed estetiche elevate. Dal punto di vista competitivo, la struttura del settore delle materie prime, presenta una struttura oligopolistica, in cui pochi attori governano il mercato. Tra gli attuali fornitori internazionali di materie prime, Turchia e Ucraina, con l’affermarsi del gres porcellanato, da fornitori emergenti hanno progressivamente acquisito un peso notevole, arrivando a conquistare quote molto significative negli approvvigionamenti. La Turchia in breve tempo è riuscita a monopolizzare il mercato del feldspato grazie all’enorme disponibilità ed alla elevata qualità del materiale. La parabola scendente dell’Ucraina, si deve alle proprietà intrinseche del materiale, la cui colorazione bianca ne hanno favorito l’impiego nella produzione di gres porcellanato. Accanto alla straordinaria affermazione dei fornitori appena citati, si è verificata un’involuzione e stabilizzazione da parte di quei fornitori internazionali che sono considerati i pionieri del processo d’internazionalizzazione: Francia e Germania, due fornitori storici di argille. L’introduzione dell’argilla ucraina, ha progressivamente ridotto il flusso di materiali da questi due paesi. Attualmente un impasto per la produzione di gres porcellanato utilizza circa il 10% di argilla tedesca, mentre la monocottura chiara, prodotto in costante flessione, ne impiega circa il 25%. Relativamente alle tendenze future che interesseranno i più importanti mercati delle materie prime, è prevedibile un sostanziale adeguamento dei volumi di materie prime ai volumi di piastrelle prodotte, che risultano in lento ma costante calo. Per quanto riguarda le tipologie di materie prime utilizzate, si prevede un ridimensionamento delle importazioni di argille ucraine che, a causa dell’aumento dei noli, hanno dovuto assorbire prezzi più elevati e probabilmente una rivalutazione del prodotto nazionale. In relazione alle argille tedesche si prospetta una maggiore preferenza per quelle provenienti dalla Sassonia, perché meglio si adattano alle caratteristiche del gres porcellanato. Il feldspato turco resterà il prodotto di punta anche se non si può escludere un rafforzamento del feldspato nazionale proveniente in particolare da Sardegna e Calabria. Il caolino, nonostante sia stato sostituito da altre materie prime aventi le stesse proprietà, sta registrando un’inversione di tendenza e ciò potrebbe lasciar preludere ad una nuova riscoperta di questo minerale. Le sabbie, tutte di origine nazionale, dovrebbero continuare a mantenere i valori odierni, salvo cambiamenti improvvisi nella produzione di piastrelle. Data la stretta correlazione tra materie prime e tipologia di prodotto finito, si ritiene che una delle chiavi per competere nel settore delle piastrelle sia la ricerca continua di nuovi materiali. Essa costituisce infatti una delle basi su cui fondare l’innovazione di prodotto che, negli ultimi anni, ha assunto un valore fondamentale per contrastare una concorrenza sempre più aggressiva. La sfida più importante nel settore ceramico si gioca, quindi, sul terreno dell’innovazione e della qualità. L’innovazione dei prodotti non si realizza soltanto attraverso miglioramenti incrementali come l’utilizzo di materiali più performanti. Innovare vuol dire anche creare prodotti nuovi capaci di rispondere a nuovi bisogni e questo può voler dire pensare, anche, ad impasti di natura diversa o modi d’applicazione e utilizzi differenti. 72 Se il processo d’internazionalizzazione del mercato delle materie prime ha portato dei benefici nella qualità dei prodotti, è stato altresì responsabile del forte incremento dei costi di trasporto, a causa delle maggiori distanze dalla zona di produzione delle piastrelle. Le ripercussioni di questo fatto sono di portata notevole in quanto si sommano all’aggravio di costo di altri fattori (energia, lavoro), finendo per indebolire la capacità competitiva sul mercato e le loro performance economiche. L’incidenza dei costi di trasporto sul prezzo finale della materia prima è del 65%. Il valore intrinseco del materiale è infatti poco significativo se comparato al costo sostenuto per la sua movimentazione. La dinamica del costo del trasporto, ha quindi riproposto il tema della logistica e della movimentazione delle merci sul territorio: un problema non recente e che ha assunto, oggi, livelli elevati di criticità. Molto bassa è stata la sensibilità dei produttori di piastrelle verso la logistica ed ancora più basso il livello di impegno alla partecipazione attiva delle attività connesse alla movimentazione delle merci ed i prodotti. E da qui il comportamento: “la logistica non è il mio mestiere”. L’inefficienza del sistema ferroviario, l’arretratezza delle sue strutture, il deficit di competenze organizzative, hanno accresciuto la disaffezione verso questa modalità di trasporto acuendo il problema logistico dell’area della ceramica. Gli investimenti spesso sono risultati inadeguati a sostenere un processo di ampliamento che dopo vent’anni non si è mai realmente verificato. L’assenza di un approccio alla logistica ha impedito così il bilanciamento dei mezzi di trasporto, orientando le aziende ceramiche italiane a privilegiare l’autotrasporto sia per il trasporto delle materie prime e del prodotto finito. L’esito prevedibile è stato, quindi, lo sviluppo smodato dell’autotrasporto. In tutto questo l’operatore pubblico (dal livello locale a quello centrale) è stato più spettatore che attore: rinunciando a disegnare un moderno assetto della rete infrastrutturale e, quando lo ha fatto, lo ha realizzato in modo incompiuto e tardivo: il nuovo che stato realizzato è nato vecchio. Il carattere internazionale che ha assunto il mercato delle materie prime ceramiche, la forte dipendenza da paesi fornitori anche distanti – dipendenza destinata a mantenersi nel prossimo futuro - costituiscono solide motivazioni alla ricerca di un nuovo approccio al problema della logistica, alla sperimentazione di nuove soluzioni che siano efficienti sul piano economico ed efficaci nel migliorare il sistema della mobilità nell’area ceramica e delle condizioni di vita della sua popolazione. 73 BIBLIOGRAFIA ACT Reggio Emilia, Società Dinazzano-Po ASSOPIASTRELLE, “Indagine statistica nazionale”, anno 2005 AUTORITA’ PORTUALE di RAVENNA Cargo clay s.r.l. CER “Trasporti” , n.296, anno 2005 “Ceramic world review”, n.64, 2005, focus su “Materie prime e preparazione” “Ceramic world review”, n.62, 2005, focus su “Gres porcellanato”, “Russia” “Ceramic world review”, n.59, 2004, focus su “Materie prime” “Ceramic world review”, n.54, 2003, focus su “Materie prime” “Ceramic world review”, n.49, 2002, focus su “Materie prime e preparazione” “Ceramic world review”, n.44, 2001, focus su “Materie prime e preparazione” “Ceramic world review”, n.29, 1998, focus su “Materie prime” R.M.GRANT, “L’analisi strategica per le decisioni aziendali” P.KOTLER, “Marketing management” G.PELLICELLI, “Strategie d’impresa” M.E.PORTER, “La strategia competitiva – Analisi per le decisioni” REGIONE EMILIA-ROMAGNA, assessorato mobilità e trasporti, “Territorio, imprese, logistica – stato dell’arte e linee d’intervento regionale” SOCIETA’ CERAMICA ITALIANA, “Materie prime ceramiche”, 2002 E.VALDANI, G.BERTOLI, “Mercati internazionali e marketing” 74 IL SETTORE MECCANO-CERAMICO: l’antenna tecnologica dell’industria ceramica (Tiziano Burso – Alessandro Calabriso) 75 INDICE INTRODUZIONE p. 77 CAPITOLO 1 - IL SETTORE MECCANO CERAMICO ITALIANO: PROFILO DI SETTORE 1.1 Un settore giovane figlio dell’industria ceramica p. 79 1.2 La configurazione strutturale p. 79 1.3 Il comportamento strategico delle imprese e le “regole” del distretto” p. 85 1.4 Le trasformazioni strutturali e le performance di mercato p. 89 CAPITOLO 2 - IL SETTORE MECCANO CERAMICO DEL DISTRETTO DELLA CERAMICA DI SASSUOLO 2.1 Il profilo delle imprese p. 93 2.2 I fattori competitivi p. 98 2.3 Le priorità strategiche p. 102 2.4 Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo p. 105 2.5 Mercati e organizzazione delle reti di vendita p. 106 CAPITOLO 3 - IL PROCESSO DI CRESCITA INTERNAZIONALE Premessa p. 109 3.1 L’internazionalizzazione commerciale p. 109 3.2 L’internazionalizzazione produttiva p. 113 3.3 La delocalizzazione produttiva: una via senza ritorno? p. 115 3.4 La competitività delle imprese ceramiche italiane vista dai costruttori di tecnologia italiani p. 118 CAPITOLO 4 - LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DELLE IMPRESE 4.1 La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese p. 121 4.2 La dinamica della gestione economica e finanziaria e la redditività p. 124 4.3 Efficienza gestionale e produttività dei fattori p. 126 CONCLUSIONI p. 130 BIBLIOGRAFIA p. 133 76 INTRODUZIONE Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi. Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo. Il presente rapporto è dedicato al comparto meccano ceramico, che ha assunto nel tempo il ruolo di fucina e di motore del processo innovativo che ha permesso da un lato l’affermazione dell’industria ceramica italiana nel mondo e, dall’altro, attraverso la diffusione della tecnologia, favorito la disseminazione della produzione di piastrelle di ceramica su scala globale. Le prime imprese del comparto fanno la loro comparsa già negli anni ’50. Si tratta perlopiù di incontri casuali che vedono tecnici specializzati in produzioni meccaniche di settori diversi piegare ed adattare le loro professionalità alle esigenze dei produttori ceramici. Lo sviluppo del settore decolla negli anni ’70 favorito dalla forte espansione dell’industria ceramica che nel corso dei decenni ha accresciuto incessantemente la sua produzione. Sempre negli anni ’70 arriva l’apertura verso l’estero che consolida il comparto e lo sottrae dalla posizione di settore di “servizio” o di contorno alla produzione ceramica sassuolese. Per la rilevanza assunta sul piano strutturale, per il ruolo strategico ricoperto nel favorire l’innovazione di processo e di prodotto nell’industria ceramica, questa formazione di imprese ha assunto e consolidato una posizione di riferimento, se non centrale, nel sistema ceramico italiano. Di questa realtà settoriale la presente analisi fissa alcuni tratti recenti della sua struttura, le dinamiche di mercato e soprattutto le strategie messe in atto dalle imprese su scala internazionale sia di tipo commerciale che produttivo. L’analisi privilegia le imprese collocate all’interno del distretto ceramico che rappresenta la culla del comparto, ospitando oltre il 70% delle imprese dedite alla produzione di tecnologia e beni strumentali per l’industria ceramica. Di queste, l’indagine sul campo ha coinvolto 48 imprese. Una base numerica ampiamente significativa e rappresentativa della realtà settoriale. Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Un’indagine sul campo condotta da ricercatori con intervista diretta ha fornito la parte predominante del materiale conoscitivo. Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, clienti, responsabili di vendita ed area manager hanno consentito di dare una veste anche qualitativa alla ampia base numerica e quantitativa. Molto utili anche le fonti secondarie (studi, articoli, pubblicazioni sul settore) nel fornire ulteriori elementi conoscitivi. Il lavoro si divide idealmente in due parti: • la prima (capitolo 1) effettua una rappresentazione del settore meccano-ceramico su scala nazionale. La base dati che sostiene l’architettura strutturale del settore è quella fornita da Acimac, l’Associazione Nazionale che rappresenta le imprese del settore. La letteratura di tipo economico-aziendale che guida la lettura e la ricostruzione dei meccanismi di funzionamento del settore e delle condotte delle imprese è quella che si rifà al filone “distrettuale”; • la seconda parte (restanti capitoli) si concentra sulla componente di settore racchiusa all’interno dell’area ceramica di Sassuolo: la parte storica e preponderante. La base dei dati a supporto di questo secondo livello di analisi è stata costruita con una indagine sul campo. Questa ricognizione – che ha interessato 48 imprese - ha permesso una lettura più ravvicinata ed aggiornata dei tratti e delle specificità del comparto a “ridosso” dell’industria ceramica, delle strategie e delle condotte delle imprese con un’attenzione particole a quelle dispiegate in ambito internazionale. L’indagine sul campo è stato condotta nella primavera del 2006, incontrando un diffuso spirito collaborativo tra le imprese. A tutte queste imprese va la nostra gratitudine per la disponibilità offerta. Alla Dr.ssa Elena Ruozzi, alla Dr.ssa Chiara Caselli ed al Dr. Alessandro Calabriso va il merito di avere condotto le interviste sul campo. 77 dati. Alla Dr.ssa Silvia Grappi, va l’ennesimo riconoscimento per il contributo fornito nella fase di elaborazione dei Un ringraziamento particolare va al Dr. Paolo Gambuli, direttore di Acimac, per il contributo fornito nella fase di definizione e di impostazione del lavoro e per l’apertura presso le imprese del settore, di grande aiuto nella conduzione dell’indagine sul campo. Molto preziosi, in particolare, gli spunti e le chiavi di lettura forniti per comprendere le dinamiche interne del settore e gli orientamenti che guidano le imprese. 78 CAPITOLO PRIMO IL SETTORE MECCANO-CERAMICO IN ITALIA: PROFILO DI SETTORE 1.1 Un settore giovane figlio dell’industria ceramica Le prime imprese del comparto fanno la loro comparsa già negli anni ’50. Si tratta perlopiù di incontri casuali che vedono tecnici specializzati in produzioni meccaniche di settori diversi piegare ed adattare le loro professionalità alle esigenze dei produttori ceramici. Successivamente la produzione si allarga e compaiono le prime imprese meccaniche che formano un gruppo autonomo specializzato nella progettazione, produzione e riparazione di macchine e impianti per l’industria ceramica. Si tratta però ancora di imprese artigiane che si caratterizzano per un basso grado di innovazione tecnologica e per un intenso utilizzo del lavoro manuale. È in questi anni che si formano le aziende caposcuola che successivamente ricopriranno un ruolo rilevante nello sviluppo del settore. Negli anni ’60 la proliferazione continua incessante, alimentata dalla diffusione di processi di spin-off: tecnici e operai specializzati dipendenti di aziende ceramiche o delle prime aziende impiantiste si staccano dalle case madri per costituire iniziative produttive indipendenti. Lo sviluppo del settore decolla negli anni ’70. A favorire la crescita del comparto la forte espansione dell’industria ceramica che nel corso dei decenni ha accresciuto senza sosta la produzione passando da un’attività di tipo artigianale ad una produzione di tipo industriale. Ciò ha alimentato le esigenze di specializzazione e la necessità di parziale deverticalizzazione della produzione delle aziende ceramiche che, alla ricerca di una maggiore razionalizzazione produttiva, hanno incentivato la fuoriuscita dalle fabbriche di una larga parte del personale tecnico adibito al reparto officina: meccanici specializzati che costituiranno in seguito le nuove imprese impiantiste. La disintegrazione verticale del ciclo produttivo e la specializzazione delle imprese per fasi (lavorazioni, produzioni di componenti, assemblaggio) e per funzioni (progettazione, parte della produzione e commercializzazione) ha dato vita al nuovo settore con la struttura che fondamentalmente conserva ancora oggi. Sempre negli anni ’70 arriva l’apertura verso l’estero. Inizia l’attività esportativa che aumenta nei primi anni ’80 sancendo un’inversione di tendenza rispetto al passato quando le imprese si affacciavano solo timidamente sui mercati internazionali. Questa tendenza consolida il comparto e lo sottrae dalla posizione di settore di contorno alla produzione ceramica sassuolese. Intorno alla metà degli anni ’90 il settore entra in una fase di assestamento strutturale: ad un periodo di sostanziale ininterrotto sviluppo segue una fase di lento e continuo ridimensionamento della base produttiva, una crescita più lenta del fatturato di settore, ed una azione sui mercati internazionali che non produce i risultati del passato in termini di esportazioni. Anche per il settore meccano ceramico si presentano i problemi della maturità settoriale: rallentamento della crescita, surriscaldamento del clima competitivo, revisione degli indirizzi strategici, ricerca di nuovi fattori competitivi. 1.2 La configurazione strutturale Il settore meccano-ceramico è definito dalle imprese dedite alla produzione di impianti e macchine per il processo produttivo delle piastrelle di ceramica da pavimentazione e rivestimento1. In una dimensione più allargata può comprendere anche le imprese di produzione di impianti e beni strumentali per i settori laterizi, stoviglieria, sanitari e refrattari. La produzione destinata all’industria ceramica risulta, però, largamente prevalente sulle altre non superando, queste ultime, il 15%. Il settore presenta una struttura a forte polarizzazione: • 1 sul piano dimensionale: ad un numero esiguo di imprese di dimensione maggiore si affianca una diffusa presenza di imprese di dimensione minore. Le prime - alcune della quali collocate all’esterno dell’area ma con presenze produttive significative al suo interno - ricoprono il ruolo di imprese “guida” orientando le traiettorie tecnologiche, influenzando le dinamiche sul mercato e le scelte produttive delle imprese (non solo le più piccole) inserite in reti di subfornitura. T. Bursi (1984, p. 52). 79 • sul piano localizzativo: il baricentro geografico del settore è rappresento dall’area ceramica di Sassuolo-Fiorano nella quale si addensa oltre il 70% delle imprese del settore, mentre il restante si sparge sul territorio nazionale; Diversi e noti i fattori localizzativi che hanno favorito nel tempo la concentrazione territoriale delle imprese nel distretto della ceramica: Alcuni vanno ricondotti alla locale industria ceramica. La presenza di una nascente, ed in seguito florida industria ceramica in continua espansione, ha garantito una crescente domanda di beni strumentali che ha protetto e coltivato la crescita delle aziende meccaniche. Una crescita tirata dall’immissione di dosi crescenti di capitale per innalzare il livello di meccanizzazione e di automazione dei processi produttivi della ceramica Altri vanno ricondotti alla sedimentazione di saperi e know how tecnico tipico della industria meccanica o della produzione di beni strumentali, depositati in alcune importanti realtà aziendali (Officine Reggiane, Fiat Trattori,…) che in seguito si è polverizzatosi e diffuso sul territorio2. Altri ancora sono di matrice socio-economica che rinviano alla dinamica demografica ed alla diffusa presenza di spirito di iniziativa latente nella popolazione e di voglia di fare impresa. Altri, infine, attengono alla specificità della tecnologia ceramica. Un tipo di tecnologia, all’inizio relativamente semplice che poteva essere coltivata e sviluppata in un’area a cultura tecnica particolarmente diffusa. Si aggiunga, inoltre, la modesta soglia di investimenti iniziali necessari per l’avvio di una iniziativa imprenditoriale in scala minima efficiente. In sintesi, il fondersi di fattori distrettuali con altri socio-demografici e storici hanno costituito un humus favorevole alla nascita del comparto. La produzione di ceramica, congiuntamente ai fattori di matrice tecnologica hanno permesso a questa nuova attività di far presa sul territorio fino ad assumere una dimensione settoriale. 1.2.1 I prodotti Il settore offre la gamma completa di impianti, macchine per lo svolgimento del processo produttivo della piastrella di ceramica (Tab. 1.1, Fig. 1.1). Tabella 1.1 - Settore meccano-ceramico: comparti produttivi e tipologie di impianto Comparti produttivi Principali tipologie di impianto Preparazione materie prime Mulini a secco, mulini ad umido, bagnatrici, setacci, agitatori, atomizzatori, impianti di dosaggio Pressatura Presse idrauliche, presse a frizione, stampi per presse, impianti per presse, impilatori per presse. Essiccazione Essiccatoi rapidi, essiccatoi a tunnel. Cottura Forni a piastre striscianti, a tunnel tradizionali, a tunnel monostrato. Smaltatura Linee di smaltatura, macchine serigrafiche, alimentatori per smaltatrici. Scelta, conf. e pallettizzazazione Linea di scelta biscotto, di scelta prodotto finito, inscatolatrici, pallettatrici Carico e scarico Impilatici, scaricatori per carrelli, incasellatici, scasellatrici Movimentazione e stoccaggio Movimento carrelli, carrelli e contenitori, polmoni di stoccaggio Depurazione Impianti depurazione acque, depurazione fumi , abbattimento polveri Fonte: Ns elaborazione da ACIMAC 2 Questi insediamenti industriali hanno fatto da “aziende scuola” ed agito da fattore di incubazione per le nascenti imprese produttrici di macchinari per la produzione ceramica facilitando un adattamento delle tecnologie esistenti al ciclo ceramico. 80 Figura 1.1 - Settore meccano-ceramico, Ciclo di produzione della piastrella e impianti produttivi necessari CICLO DI PRODUZIONE DELLA PIASTRELLA Preparazione materie prime 1. impianti per la preparazione terre; 2. macchine per la pressatura (formatura); 3. stampi per la pressatura; Pressatura (stampi) 4. impianti per l’essiccazione del prodotto; Essiccatura rapida Essiccatura IMPIANTI PRODUTTIVI 5. impianti di cottura (forni statici, forni a tunnel, forni a cottura rapida); Cottura Smaltatura Smaltatura Cottura Cottura 6. impianti di smaltatura e decorazione; 7. macchine per la finitura; Finitura Scelta, confezionamento e pallettizzazione Depurazione delle emissioni; Attività di carico e scarico, controllo della qualità e del processo. 8. macchine per la scelta, confezionamento e pallettizzazione; 9. impianti di stoccaggio e movimentazione; 10. macchine per il controllo di qualità e processo; 11. strumenti di laboratorio; 12. sistemi di depurazione Fonte: Ns.elaborazione L’incidenza delle singole famiglie di macchine sul fatturato di settore è sostanzialmente omogenea. Tuttavia, presentano una quota maggiore le macchine per la formatura e per la cottura, per le quali la domanda estera di nuovi impianti ha una spinta rilevante (Fig. 1.2). Anche le macchine per la smaltatura e la decorazione hanno un peso rilevante; per esse esiste una forte domanda di sostituzione proveniente dal mercato interno per esigenze di rinnovo della capacità produttiva e di aggiornamento tecnologico. 81 Figura 1.2 - Settore meccano-ceramico: peso delle famiglie di prodotti sul fatturato del settore Peso famiglie di prodotti sul fatturato settore 6,9% 16,8% 6,5% 15,3% 12,8% 3,5% 0,3% 0,4% 1,1% Preparazione terre Essiccazione Cottura Sistemi di depurazione Altro 10,1% 4,8% 14,3% 7,2% Formatura Smaltatura e decorazione Finitura Controllo di qualità e processo Stampi Stoccaggio e movimentazione Scelta,confezionamento e pallettizzazione Strumenti di laboratorio Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 1.2.2 Il profilo delle imprese e la struttura occupazionale Il loro profilo riflette la configurazione tipica dell’impresa distrettuale: piccola dimensione, conduzione familiare, radicamento territoriale ed elevata specializzazione produttiva (Fig. 1.3, Tab. 1.2). Accorpamenti aziendali, espulsioni dal mercato (cessazioni di attività o riconversione della produzione verso altri comparti produttivi), hanno contribuito nel tempo alla semplificazione della base produttiva. Al 2005 le imprese del settore sono 175 contro le 225 del 1995 (-22%). La riduzione ha interessato in misura prevalente le imprese di minore dimensione. Figura 1.3 - Settore meccano-ceramico: classi dimensionali d’impresa e incidenza sul fatturato di settore Classi dimensionali d'impresa e fatturati 70,00% 59,90% 60,00% 51,50% % fatturato 50,00% 40,00% aziende fatturato 30,00% 21,10% 20,00% 10,00% 6,80% 8,30% 14,80% 13,70% 10,20% 9,70% 4,00% 0,00% 1a classe (0-2,5 mil) 2a classe (2,5-5 mil) 3a classe (5-10 mil) classe Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 82 4a classe (10-25 mil) 5a classe (oltre 25 mil) Tabella 1.2 - Settore meccano-ceramico: aziende presenti nei comparti produttivo e concentrazione del fatturato Numero di imprese Quota fatturato delle tre maggiori Famiglie di macchine imprese Preparazione terre 34 54% Formatura 28 81% Stampi 42 81% Essiccazione 36 71% Smaltatura e decorazione 52 51% Stoccaggio e movimentazione 40 59% Cottura 38 81% Finitura 22 46% Scelta,confezionamento e pallettizzazione 25 68% Sistemi di depurazione 12 74% Controllo di qualità e processo 7 81% Strumenti di laboratorio 12 Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 70% All’interno del settore nel corso del tempo si è definita una specializzazione dei ruoli tra le imprese ed un intreccio di relazioni molto fitto: da un lato le imprese maggiori che hanno concentrato le loro risorse e competenze sulle fasi iniziali e finali del ciclo operativo (R&D, progettaazione, asemblaggio, montaggio e commercializzazione) allentando il loro impegno sul momento manifatturiero per il quale fanno un ricorso diffuso alla subfornitura ed alle prestazioni offerte dalle imprese minori. Tutto questo si è riflesso sul profilo organizzativo e di competenza delle imprese in termini di grado di terziarizzazione, composizione degli organici e profili professionali. Nelle imprese di minori dimensioni prevale così la componente degli addetti alla produzione (operai), per scendere al salire delle dimensioni aziendali. Lo scarto si inverte invece se si guarda al numero di impiegati; esso è più alto nelle aziende di dimensioni maggiori. La differenza si accentua notevolmente se si prende in considerazione il peso del personale tecnico al crescere delle dimensioni aziendali. Questo riscontro richiama la divisione del lavoro instauratasi nel settore: le “grandi” aziende tendono ad accentrare le funzioni di progettazione e commercializzazione svolgendo un ruolo strategico di capofila nelle relazioni con il mercato finale, mentre per l’attività produttiva si fa ricorso al decentramento esternalizzando le lavorazioni presso le imprese di piccole dimensioni. In termini prospettici, questa divisione dei ruoli sembra destinata ad un ulteriore consolidamento con le imprese maggiori determinate a confermarsi nel ruolo di attori guida e di regolatori delle dinamiche settoriali. Da rilevare che il processo di terziarizzazione delle imprese, e quindi di un allentamento dell’impegno nelle attività manifatturiere, sta prendendo piede anche nelle imprese di dimensione minore. Si tratta di una metamorfosi in parte inattesa, frutto di spinte esogene (condizioni di costo non più compatibili con la povertà di certe lavorazioni), di spinte interne (up grading del profilo di competenza tecnico e commerciale) e che sta spingendo imprese a proporsi sul mercato in modo autonomo dopo aver rivestito in precedenza il ruolo di semplice sub-fornitore. 1.2.3 Le barriere all’entrata L’organizzazione di tipo distrettuale ha contribuito fortemente ad agevolare l’avvio di nuove intraprese, abbassando notevolmente le barriere all’entrata sia per imprenditori provenienti dall’esterno ed ancor più per quelli già immersi nell’atmosfera distrettuale: esternalità positive identificabili nelle economie di agglomerazione, e di specializzazione, sono alcune delle condizioni facilitanti l’ingresso sul mercato di nuovi attori. Il fitto e variegato network di relazioni rappresenta inoltre un circuito che favorisce l’accesso alla produzione di beni strumentali. 83 Ciò permette, ad esempio, ad ex-dipendenti di aziende impiantistiche di staccarsi dall’azienda madre e iniziare un’attività produttiva autonoma investendo solo i propri risparmi e organizzandosi in società, magari con la partecipazione di altri ex-dipendenti, o in imprese a carattere familiare. Tra l’altro la classica modalità della lavorazione su commessa riduce di molto il vincolo della disponibilità di capitale iniziale come pure della reperibilità dei beni capitali per approntare lavorazioni data l’esistenza, sul territorio, di un florido mercato di beni strumentali usati, ma comunque validi. Lo steso dicasi per l’accesso alle materie prime e all’approvvigionamento di componentistica e di materiali di consumo facilmente reperibili sul mercato. Agevole è anche il reperimento di manodopera qualificata a seguito dell’elevata mobilità occupazionale di operai, impiegati o quadri. Una barriera può essere rappresentata dalla possibilità di appropriarsi del know how specifico di settore che può essere costruito e sedimentato solo dopo aver “militato” a lungo nel business. Ebbene questa apparentemente forte barriera all’ingresso è notevolmente ridimensionata dalle dinamiche distrettuali che vedono una rapida e frenetica circolazione delle informazioni attraverso vari canali (dipendenti, clienti, fornitori, istituzioni, ecc. ) amplificata dalla mobilità delle risorse umane. Tutto ciò fa sì che nel comparto meccano-ceramico un nuovo entrante possa in breve tempo integrarsi nel circuito produttivo e superare impedimenti che in altri contesti settoriali (e non distrettuali) risulterebbe molto costoso se non irrealizzabile. Anche le barriere commerciali non si presentano particolarmente elevate: la vicinanza tra le parti contraenti riduce la necessità di investimenti in comunicazione e promozione; la pubblicità è fatta tramite il passaparola, in modo informale da tutti gli operatori del settore. Tutto ciò riduce la difficoltà di costruire e sviluppare in breve tempo una certa base di clientela. Infine, un discorso più articolato vale per le economie di scala. La tradizionale produzione organizzata prevalentemente su commessa (e quindi su lotti economici ridotti) e la possibilità di ricorrere per numerose componenti e parti al mercato delle lavorazioni, riducono l’incidenza dei costi fissi sulla struttura di costo limitando la soglia di produzione necessaria per beneficiare di economie di scala. Tutto ciò è vero, ma non per tutte le categorie di impianti offerti dalle aziende. In alcuni comparti, la produzione richiede un livello iniziale di risorse e di conoscenze tecnologiche di base tale da precludere la possibilità d’ingresso a nuove imprese che già non abbiano una certa esperienza nel settore o che non presentino una certa solidità finanziaria. Gli impianti di pressatura e di macinazione sono due aree di produzione per le quali l’accesso è fortemente bloccato da economie di scala e lo stesso dicasi per la costruzione degli impianti di cottura e di stoccaggio. Più agevole è invece l’entrata negli altri comparti produttivi per imprese che si volessero dedicare alla realizzazione di impianti singoli o di componenti di una linea. Nel primo caso (presse, atomizzatori, forni) l’assetto competitivo assume i tratti tipici di un mercato di oligopolio differenziato, con poche imprese di medio-grandi dimensioni in posizione dominante mantenuta e difesa anche ricorrendo ad appropriate manovre di prezzo. Nel secondo caso la situazione è tipicamente quella della concorrenza monopolistica, con un’accesa competizione tra le imprese che si libera nella forte pressione sui prezzi. Ed è proprio questa un’ultima barriera che si dimostra letale per numerosi entranti. All’interno del distretto la contiguità tra domanda di impianti e offerta, nonché la trasparenza di quest’ultima, scatenano una concorrenza di prezzo formidabile innescata compiacentemente dalle imprese ceramiche che approfittano della vicinanza tra più fornitori per volgere a loro favore l’esito della trattazione. È questa la più temibile barriera all’entrata che tiene lontano numerosi potenziali entranti e che molte volte porta all’espulsione di imprese già presenti nel settore. 1.2.4 Le caratteristiche della domanda La domanda di impianti e macchine per la lavorazione ceramica è strettamente legata alla natura del bene, che è soggetto all’obsolescenza fisica (logorio ed usura da utilizzo) e tecnologica (costante richiesta di nuovi macchinari innovativi ed alto performanti da parte delle aziende ceramiche). Tutto questo alimenta una domanda di sostituzione alla quale si affianca una componente di primo acquisto. La domanda che si rivolge alle imprese del settore proviene in parte dal mercato domestico: si tratta di una domanda di sostituzione, molto attenta al contenuto innovativo prestazionale e di servizio e proviene in misura prevalente dalle aziende del distretto ceramico. 84 La domanda estera - maggioritaria già partire dalla metà degli anni ’80 - si articola sulla componente di sostituzione: espressa da produttori di piastrelle dell’area dell’Unione Europea, Brasile, Messico e Turchia, che, senza raggiungere il livello di sofisticazione della domanda italiana, si attesta in ogni caso su buoni livelli trattandosi di competitor presenti sul mercato da più lungo tempo. Ad alimentare la componente di domanda di primo acquisto contribuiscono invece i competitor new entry, di paesi con una industria ceramica giovane (India, Cina3, Iran, Vietnam,….), che richiedono prevalentemente impianti completi con un livello di sofisticazione tecnologica non “esasperato” ed in linea con lo stadio di sviluppo dell’industria ceramica locale che mira sostanzialmente a realizzare una produzione di massa e a costi contenuti. Questa domanda - ma più in generale tutta la componente estera - esprime un più elevato contenuto di servizio (assistenza pre-vendita, assistenza post-vendita, training del personale). 1.3 Il comportamento strategico e le “regole”del distretto La struttura di un settore condiziona i comportamenti delle imprese che a loro volta, con il loro agire, possono influenzare la struttura stessa del settore. Ciò è tanto più vero per un settore organizzato su base distrettuale, in cui lo scambio e l’influenza tra condotte delle imprese e assetto settoriale è ancora più amplificato dalla notevole concentrazione territoriale delle imprese e della produzione. Il settore meccano ceramico riflette pienamente questa fattispecie. Al suo interno, infatti, si rileva un elevato grado di omogeneità delle condotte aziendali e una ampia diffusione di comportamenti comuni, che seguono linee strategiche guida condivise da tutti gli attori del settore. Di seguito si proverà a fornire qualche riscontro relativamente ad alcuni campi ed aree di attività quali: l’organizzazione della produzione, l’attività di R&D e la diffusione dell’innovazione, l’approccio al mercato internazionale e le relazioni con il settore ceramico. 1.3.1 L’organizzazione della produzione La rappresentazione del settore, sulla base della modalità e ruolo che assume la funzione produttiva, ci presenta un settore con una struttura di tipo piramidale (Fig. 1.4). Al vertice si collocano le imprese di maggiore dimensione: imprese leader o “guida” che ricoprono il ruolo di capofila nelle relazioni con il mercato e segnano le linee evolutive del settore. Nella posizione immediatamente sottostante si collocano le imprese di dimensioni intermedie, in numero superiore rispetto alle precedenti, e anch’esse con compiti e funzioni diverse. Figura 1.4 - Settore meccano ceramico: classificazione imprese in base alla funzione produttiva Imprese leader C o m p l e s s i t à d e l l ’ o f f e r t a Imprese “intermedie” Imprese minori D i m e n s i o n i a z i e n d a l i Numero d’imprese 3 In realtà la corrente di domanda cinese, dopo un forte slancio iniziale degli anni ’90, si è progressivamente ridotta mostrando segni di precoce maturità dovuti alle progressive restrizioni all’import da parte delle autorità di governo locale che hanno stimolato la tendenza a riprodurre internamente il bene strumentale. 85 Fonte: Ns. elaborazione Alla base della piramide si attestano invece le imprese di dimensione minore che, più si scorre verso il basso, assumono dimensioni sempre più ridotte fino ad arrivare a piccole unità produttive (officine meccaniche o artigiani), che sfuggono alle statistiche ufficiali ma che nel settore ricoprono una funzione allo stesso modo importante. Al favorire l’attuale configurazione settoriale e la diversa disposizione delle imprese sul campo hanno contribuito in misura determinante il processo produttivo della piastrella di ceramica: un processo produttivo che si sviluppa su più fasi di lavorazione, che richiede una pluralità di impianti ed attrezzature che a loro volta presentano significative differenze tecniche. Se si aggiunge il connotato strutturale tipico dell’impresa meccano ceramica (ridotta dimensione e limitata dotazione di risorse e competenze) si fornisce un ulteriore fattore esplicativo dell’attuale assetto settoriale che si regge su una chiara divisione di compiti, dove : • • • un ristretto numero di imprese di dimensione maggiore fornisce impianti completi o “impianti chiavi in mano”, le imprese nelle posizioni intermedie propongono un’offerta concentrata su poche famiglie di prodotti e, oltre a presentarsi direttamente sul mercato di sbocco, si qualificano anche come fornitori di macchine per gli impiantisti full liner, i costruttori di minore levatura si limitano a costruire singole macchine o al più alcune famiglie di macchine. La divisione del lavoro, inoltre, favorisce l’efficienza globale del sistema, ogni impresa nello svolgimento delle rispettive attività insegue economie di specializzazione e si relaziona con le altre imprese inserendosi nell’articolata rete di subfornitura. Da considerare che anche le piccolissime imprese appartenenti agli strati più bassi posseggono una rete di propri sub-fornitori; sono gli artigiani e le officine meccaniche, numerose in una terra con un importante passato nel settore meccanico e una cultura tecnica diffusa, che offrono, oltre alle componenti tecniche per le imprese maggiori, anche lavorazioni in conto terzi. Le imprese infatti attraverso la sub-fornitura riescono a contenere le strutture aziendali, ridurre i costi fissi di impianto e mantenere elevato il loro livello di flessibilità sia quantitativa che qualitativa. Allo stesso tempo, si instaura sul mercato un elevato e permanente grado di concorrenzialità, in quanto la quantità e la varietà dell’offerta esercitano una forte pressione al ribasso dei prezzi della fornitura. Il settore nel suo complesso trae beneficio da questa organizzazione produttiva soprattutto in momenti di crisi quando un calo della domanda viene assorbito da ogni strato dell’offerta tramite una più o meno uguale riduzione temporanea del giro d’affari. Il ricorso alla sub-fornitura coinvolge tutti gli operatori, dai leader del settore alle imprese con ridotto volume d’affari. Non è raro il ricorso anche estremizzato da parte di imprese che trattengono al loro interno le sole attività di progettazione e assemblaggio e, per il resto, si limitano a un mero ruolo di “coordinatori” della produzione. Il tipo di relazioni che intercorrono tra committente e sub-fornitore è prevalentemente di carattere non strutturato con un livello di investimenti specifici basso. Ciò soprattutto quando si tratta di una fornitura semplice e standardizzata. In tal caso il ricorso al multiple sourcing per giovarsi della concorrenza tra i fornitori è frequente. È il committente a trovarsi in una situazione di forza con la possibilità di cambiare rapidamente fornitore a dei switching costs contenuti. Tuttavia, non mancano le situazioni in cui committente e fornitore sviluppano una relazione di lungo termine con investimenti reciproci4. Sembra prendere, così, forma un sistema che si regge su una forte cooperazione verticale tra imprese, ai diversi strati della piramide, e su un’altrettanto intensa concorrenza orizzontale innescata dai committenti per beneficiare di migliori condizioni di prezzo. È la competitività complessiva a guadagnarci, grazie all’azione stringente della concorrenza che sollecita tutti gli attori del comparto a miglioramenti nella propria fase produttiva per non perdere la sfida con i competitors diretti. 4 Marchi (1999, p. 295). 86 1.3.2 L’attività di R&D e la diffusione dell’innovazione La limitata levatura della maggior parte delle imprese fa sì che, anche sul piano dell’attività di R&D nel settore, si instauri una sorta di divisione del lavoro tra le imprese, in modo analogo a quanto accade per l’organizzazione della produzione. Il motore dell’innovazione, oltre all’”ansia” delle imprese di distinguersi nel differenziare il proprio prodotto, è alimentato anche dalla “richiesta di aiuto” da parte della clientela ceramica - sollecitata dalle crescenti pressioni competitive - a spingere verso l’alto la propria offerta e migliorare il livello di efficienza delle attività di processo. Il “problema” viene sottoposto all’impresa impiantista per ottenere una soluzione adeguata e da qui, prende avvio il processo innovativo che coinvolge tutto il settore e che prevede una netta divisione dei compiti e un contributo distinto tra le diverse imprese del comparto. Per le innovazioni più radicali che interessano impianti fondamentali del ciclo ceramico e toccano l’intero processo o che richiedono un’attività di ricerca e sviluppo di base anche significativa (impianti di formatura e cottura), i protagonisti sono le imprese leader di settore, le sole a detenere risorse finanziarie, competenze e soglie dimensionali adeguate per approntare tale attività. Altri compiti attendono le restanti imprese: alcune tra le imprese di dimensione intermedia sviluppano anch’esse un’attività innovativa di una certa complessità e lungo una linea di discontinuità maggiore rispetto al passato (introduzione di nuove macchine); altre, insieme alle imprese più sottodimensionate, si esercitano in una attività innovativa tipicamente basata sul learning by doing. Esse realizzano innovazioni incrementali che nascono dall’azione di miglioramento nei macchinari ottenuti per tentativi o per errori: le fonti e le sorgenti a cui attingono sono diverse e tra queste le “conoscenze del fare”, l’inventiva degli artigiani locali, la vicinanza con l’impresa cliente e il lavorare fianco a fianco con i tecnici dell’impresa ceramica committente. A fare da cerniera a tutto questo sistema le peculiarità del distretto che permettono una rapida diffusione delle informazioni in un bacino a cultura tecnica diffusa. Succede infatti che innovazioni radicali introdotte dai leader o da imprese maggiori vengano presto imitate dalle altre imprese e migliorate grazie alla loro abilità nel combinare la conoscenza scientifica immessa dalle imprese maggiori nelle macchine con la conoscenza tacita che nasce dall’esperienza cumulata giorno dopo giorno, o anno dopo anno, a contatto con determinate macchine o con determinate attività5. A facilitare il tutto, oltre che la notevole cultura ed esperienza meccanica degli operatori dell’area, il basso grado di appropriabilità delle innovazioni e, anche per questo, la scarsa propensione a brevettare le innovazioni incrementali sia: • per timore che vengano rese note più velocemente le novità introdotte, • per la brevità di tempo che separa la propria innovazione dalla riproduzione della stessa da parte dei concorrenti e tacitamente accettano le regole del gioco nella consapevolezza che verrà il turno in cui saranno essi stessi ad imitare, • per la difficoltà che presenta la difesa del nuovo prodotto, pur anche protetto da brevetto. Ancora una volta la divisione dei compiti conferisce dinamicità al settore. Da una parte le grandi imprese che con le loro innovazioni radicali danno un impulso al sistema distretto. Dall’altra le piccole imprese che con la loro frenetica attività di imitazione e miglioramento contribuiscono alla crescita del sistema fino a quando l’innovazione di tipo incrementale non raggiunge un livello di saturazione in cui ogni ulteriore possibilità di perfezionamento viene meno. A questo punto interviene nuovamente la grande impresa a fornire un nuovo impulso al settore con l’introduzione di un’altra innovazione radicale che permette a tutto il sistema ceramico di beneficiarne e di continuare a crescere. 1.3.3 Le relazioni con le imprese clienti Le relazioni con la clientela ceramica (interna al distretto), le basi che le sostengono, i contenuti che le nutrono, rappresentano uno dei fattori che meglio spiegano le linee evolutive che si sono affermate nel corso del tempo su diverse piani: innovazione di prodotto-processo, approcci al mercato internazionale, condivisione di risorse interne all’area, progettualità condivisa, ed altre ancora. In origine il comportamento caratteristico che ha contraddistinto l’operato dei produttori di impianti è stato di continua e stretta collaborazione con la propria clientela. A favorirla la forte concentrazione territoriale dei costruttori di impianti produttori e degli utilizzatori. 5 S. Brusco (1995b). 87 E’ l’area R&D a rappresentare il principale terreno di collaborazione tra i due attori. Come espresso in precedenza – introducendo i percorsi che segue lo sviluppo dell’innovazione - al presentarsi di un problema all’azienda ceramica, questo viene esposto in termini di esigenze e di relativa soluzione al costruttore di macchine: l’incontro tra il personale tecnico delle due imprese avvia il processo di studio del problema, analisi delle necessità, vaglio delle possibili linee di intervento e definizione della soluzione. Non è raro inoltre (ma era più frequente in passato) che il cliente azienda ceramica conceda al costruttore di sperimentare, testare, e perfezionare nella propria azienda una innovazione, in cambio, una volta terminato l’iter, dell’utilizzo esclusivo della macchina per un certo periodo di tempo (in genere non superiore all’anno). Il rapporto di collaborazione è allo stesso modo stretto nell’area dei servizi (assistenza, manutenzione, detenzione a scorta di parti e componenti), dove l’impegno dei costruttori di impianti - favoriti anche dalla contiguità alla clientela - si è accresciuto in misura significativa nel corso del tempo. Il potere contrattuale o di mercato che si esprime nella relazione tra le parti, dipende da diverse condizioni ed ha segnato nel corso del tempo qualche sbilanciamento. Se l’oggetto della transazione è l’impianto complesso (pressa, atomizzatore, forno), data la limitata numerosità di offerenti, il potere tende ad essere bilanciato (anche se a volte premia il costruttore). Quando invece oggetto della transazione è una parte dell’impianto o un semplice macchinario proposto da un più ampio fronte di fornitori prevale, come logico attendersi, l’impresa ceramica. In questa occasione la relazione assume connotati più conflittuali; la clientela ceramica dispiega tutto il potere negoziale al fine di migliorare a proprio favore le condizioni dello scambio sul piano economico, potendo contare sulle numerose alternative di fornitura. Ne deriva un surriscaldamento del clima competitivo sul fronte dell’offerta, all’interno della quale si diffondono politiche di prezzo fortemente orientale al ribasso, la via obbligata per assicurarsi la fornitura. A sedare il livello di concorrenza interna al settore e a porre un freno al ricorso a pratiche di price competition, soccorre in parte la tendenza ad assegnare l’acquisto di un impianto ad un unico costruttore (impresa di dimensioni maggiori), main-contractor, che acquisisce l’ordine e lo evade ricorrendo alla propria capacità produttiva e, per i prodotti o parti estranee alla propria gamma, si rivolge a sub-fornitori. Ne conseguono una serie di vantaggi. L’azienda ceramica semplifica l’attività di acquisto o rinnovo di un impianto, intrattiene rapporti con un solo produttore, ottiene condizioni di pagamento più favorevoli che compensano il maggior prezzo rispetto ad una fornitura frammentata gestita in proprio. L’impresa capo-commessa sviluppa attività a più elevato valore aggiunto quali progettazione, assemblaggio, commercializzazione, e assistenza di impianti completi. L’impresa minore aggiunge alla sua consueta attività un flusso di commesse più regolare, che concorre a stabilizzare la sua domanda. Questo tipo di organizzazione della commessa è certamente più frequente per la clientela internazionale. 1.3.4 L’approccio al mercato internazionale L’ultimo tratto di specificità che marca il profilo delle imprese meccano-ceramiche del distretto di Sassuolo è la forte e diffusa propensione alla frequentazione dei mercati internazionali. Si tratta di una vivacità comparabile se non superiore a quella delle vicine imprese ceramiche, ma che non ha molti riscontri nel panorama nazionale. Si tratta di una “passione antica” che ha contagiato le imprese fin dagli anni ’70 dopo una breve fase di disinteresse verso il mercato internazionale. Complice di questo iniziale disinteresse diverse circostanze: la forte attrazione esercitata dal mercato domestico, ed in special modo dalle aziende ceramiche locali, sufficiente a garantire un buon livello di crescita; la scarsa predisposizione delle imprese a considerare la componente estera della domanda come un ulteriore vettore di sviluppo; il presidio delle aree di mercato estero da parte di temibili competitor internazionali ed altri concorrenti nazionali ma esterni al distretto. Il riorientamento della direzione delle vendite avviene intorno alla metà degli anni ’70: il forte calo della domanda interna, che mette in pericolo la sopravvivenza delle imprese, la percezione di un diverso clima competitivo e migliori condizioni di mercato (minore pressione competitiva sul fronte dell’offerta, crescente attenzione da parte della domanda) spingono gli imprenditori a guardare al mercato estero che offre nuovi sbocchi alla loro produzione e a condizioni molto più profittevoli. Anche in questo ambito ogni impresa ricopre un proprio ruolo al pari di quanto avviene - come visto in precedenza - per o svolgimento delle attività di produzione e R&D. A fare da apripista, ovviamente, le imprese più strutturate dotate delle risorse organizzative e finanziarie necessarie per presentarsi sul mercato internazionale. Gradualmente esse collocano sui mercati esteri quote 88 consistenti della loro produzione ricevendo sempre più commesse di impianti completi e sviluppando un volume d’affari sempre maggiore. I propri prodotti si dimostrano sempre più vincenti, grazie anche ad un efficiente distretto che gli permette di perfezionare la propria produzione. Si costruiscono una reputazione che vale loro la preferenza di molte aziende ceramiche straniere. Le esportazioni, tuttavia, non sono esclusivo appannaggio dei grandi impiantisti. Vi è anche la presenza ridotta ma in costante aumento dei costruttori minori che in un primo momento entrano sul mercato estero “al traino” delle imprese impiantiste capofila: la loro veste è quella di sub-fornitori che prestano la loro attività al fine di completare la gamma di offerta che l’impiantista non riesce a coprire integralmente con la propria capacità produttiva. In seguito, molte di queste imprese sapranno sviluppare una propria capacità esportativa e a presentarsi in modo autonomo sul mercato internazionale come produttori di singoli impianti o di macchine specializzate. Infine, tendenza ancora più recente, la comparsa sui mercati esteri delle piccole imprese sub-fornitrici (la parte bassa della piramidale), anch’esse, all’inizio, “accompagnate” da imprese maggiori ed in seguito “affrancate” in grado di muoversi in modo autonomo. Il successo sui mercati internazionali dei costruttori di macchine per ceramica non ha tardato a riverberare riflessi sulle relazioni con le imprese ceramiche e sul settore ceramico in generale. La profittabilità del mercato estero ha incoraggiato i costruttori di impianti ad adattare la loro offerta per assecondare le necessità della domanda internazionale piegando - in qualche misura - a loro favore lo sviluppo delle traiettorie tecnologiche. Di rimando le imprese ceramiche hanno visto insorgere condizionamenti alla loro attività e dovuto approntare aggiustamenti su vari fronti per adeguare la loro capacità produttiva alle nuove condizioni che si venivano a creare sul mercato internazionale. Emblematico è il caso dell’affermazione della monocottura su pasta bianca che ha prevalso su quella a pasta rossa. La necessità di indirizzare lo sviluppo lungo una traiettoria tecnologica caratterizzata da una maggiore affidabilità dei macchinari che sul mercato estero, è fondamentale visto la carenza di cultura tecnica a supporto della produzione ceramica, ha portato i costruttori di impianti ad offrire macchine che vengono alimentate da materie prime più raffinate (le “argille bianche”). Ciò ha costretto anche le ceramiche del comprensorio a rivedere il proprio mix produttivo nonostante fossero dotate di personale con le conoscenze tecniche necessarie per continuare a lavorare con le paste rosse6. Un secondo effetto - e di certo il più vistoso e di maggiore impatto - è stata la disseminazione su scala internazionale della produzione di piastrelle di ceramica a seguito delle diffusione (per mano degli impiantisti italiani) della tecnologia ceramica. Nel volgere di pochi anni l’Italia, primo produttore mondiale, è stata superata da Cina, Spagna e Brasile, nell’ordine di primo, secondo e terzo produttore mondiale. Da queste dinamiche sono discese ricadute non sempre positive. In primo luogo per i produttori ceramici del distretto che hanno visto dilatarsi l’arena competitiva ed accrescersi il livello del confronto tra un numero sempre più elevato di contendenti. Inizialmente ha favorito l’ingresso di competitor nei segmenti bassi del mercato dai quali in seguito hanno mosso alla conquista di ambiti più qualificati. Anche i costruttori hanno visto il “ritorno” di qualche effetto negativo dalla loro prorompente proiezione internazionale. Potrebbe essere questo il caso della fornitura di impianti alla nascente industria ceramica cinese che ha permesso la diffusione di un certo know-how in questo grande mercato. Come noto, in seguito, le crescenti restrizioni all’import da parte delle autorità di Pechino, hanno favorito la nascita di nuovi competitor, che ad oggi realizzano una produzione di modesto contenuto tecnologico. In futuro la capacità innovativa di tali produttori non può che migliorare. 1.4 Le trasformazioni strutturali e le performance di mercato Il susseguirsi di diverse stagioni, l’avvicendamento di fasi storiche ed evolutive, la revisione dei percorsi strategici e delle condotte operative delle imprese hanno contribuito a marcare il volto del settore del quale si fissano in chiave dinamica i tratti più visibili (Tab. 1.3). In primo luogo la semplificazione della base produttiva che, se letta a partire dalla fine degli anni ’80, mostra un calo molto evidente per quanto riguarda le imprese (- 22,7%) e gli addetti se pure molto più contenuto (-4%), frutto di processi di ristrutturazioni aziendali, accorpamenti e cessazioni attività. A fronte del ridimensionamento strutturale, il settore mette a segno notevoli incrementi del fatturato e delle esportazioni; performance che vanno messe in relazione alla crescente capacità di valorizzazione delle produzioni 6 Per un approfondimento sull’argomento si rimanda a M.Russo, “La Cina sfida Sassuolo. Ovvero in che modo i processi innovativi nei distretti possono essere influenzati dalla concorrenza di nuovi sistemi di mercato”,2003. 89 nutrite di un più elevato contenuto tecnico e prestazionale. Ne consegue un netto incremento della produttività del fattore lavoro sospinta dal crescente grado di terziarizzazione delle imprese, di impegno sulle attività più “ricche” del ciclo operativo e conseguente alleggerimento degli organici dediti alle operazioni più strettamente manifatturiere. Il settore intraprende, anche, a partire dai primi anni ’90 un processo di consolidamento dimensionale delle imprese che però avrà breve vita restando così sorretto da unità aziendali di piccola dimensione. Tab. 1.3 Profilo evolutivo del settore meccano ceramico italiano. Valori assoluti e % Export/ Fatturato/ Fatturato Export Fatturato addetti Anno Imprese Addetti Totale (mln €) (%) (000 €) (mln €) 1988 202 7.182 860 477 55,5 120 1889 215 7.509 985 550 55,8 131 1990 223 7.894 1.081 632 58,5 137 1991 227 7.706 899 574 63,9 117 1992 227 7.718 1.068 697 65,2 138 1993 220 7.658 1.358 969 71,3 177 1994 225 7.953 1.547 1.055 68,2 195 1995 210 8.446 1.672 1.100 65,8 198 1996 179 8.000 1.606 1.160 72,2 200 1997 182 7.729 1.380 983 71,3 179 1998 178 7.160 1.287 818 63,6 180 1999 181 6.615 1.290 858 66,4 195 2000 190 7.177 1.574 1.032 65,6 144 2001 179 6.476 1.523 1.033 67,8 160 2202 173 6.561 1.452 968 66,7 221 2003 173 6.404 1.402 973 69,4 219 2004 175 6.894 1.593 1.145 71,9 231 2005 156 1.777 1.320 74,3 Var% -22,7 - 4,0* 106,6 176,7 92,5* 05/89 Fonte: Elaborazioni da Acimac * Valore sul 2004 N°addetti/ Impresa 35,5 34,9 35,4 33,9 34,0 34,8 35,3 40,2 44,7 42,5 40,2 36,5 37,7 36,2 37,9 37,0 39,4 Il settore vede nel corso degli ultimi 15 anni di vita la forte ascesa del suo fatturato che segue un trend costellato di diverse oscillazioni annuali piuttosto consistenti, segnalando una ricorrente ciclicità e che riceve il maggior contributo alla crescita dalla componente di domanda estera a fronte di una sostanziale bassa dinamica della componente domestica (Fig. 1.5). Figura 1.5 -. Settore meccano-ceramico: fatturato di settore scomposto per fatturato Italia e fatturato Estero F a t t ura t o di S e t t o re Fatturato To tale Fatturato Estero Fatturato Italia 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 1988 Fonte: Acimac 1889 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 anno 90 1998 1999 2000 2001 2202 2003 2004 2005 La domanda estera presenta diverse fluttuazioni sospinte dal succedersi di diversi accadimenti: alla flessione dei primi anni ’90 soccorre la correzione della valuta nazionale del 1993 che riconferisce tono alla corrente esportativa. Segue una nuova flessione verso la metà degli anni ’90 attribuibile al freno all’import deciso dalla Cina, frenata che verrà assorbita sul finire del decennio. L’entrata in vigore dell’euro, la recessione che ha interessato l’economia mondiale, i diversi scenari di guerra ed altri avvenimenti, mantengono basso il profilo delle performance esportative delle imprese. Le imprese seguono direzioni privilegiate nel collocare la loro produzione all’estro, anche se si è registrato nel corso del tempo una maggiore articolazione delle destinazioni (Fig. 1.6). I mercati dell’UE si confermano la meta storica ed ancora preferita dalle imprese. Diverse le aperture di nuovi mercati, che per la loro caratteristica (condizionamenti di natura politica ed istituzionale, dimensioni, ciclo economico,….) hanno mostrato una capacità di tenuta molto instabile. In forte espansione il mercato medio orientale che negli ultimi anni ha avuto una vera e propria esplosione, candidandosi a divenire il mercato principale del settore meccano-ceramico. Stabile la dinamica delle aree di mercato del Nord Europa, fortemente cedenti quelle dell’America latina. Figura 1.6. Settore meccano-ceramico: dinamica delle esportazioni sui principali mercati dal 1993 al 2004* Dinamica esportazioni 400000 Unione Europea Est Europa Nord America Sud America Medio Oriente Est Asia 350000 migliaia di euro 300000 250000 200000 150000 100000 Altri Asia 50000 Africa 0 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Oceania Fonte: Acimac: Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 * Nell’area Medio Oriente è inserita anche la Turchia, mentre l’area Asia comprende Cina, Taiwan, Hong Kong. Al flusso di vendite che prende la via del mercato internazionale, l’apporto più consistete viene fornito dalle imprese di maggiore dimensione e ciò sia in termini di partecipazione che di flussi attivati. Tutto questo grazie al più robusto profilo dimensionale, organizzativo e finanziario che possono mettere in campo (Fig. 1.7, Fig. 1.8). Figura 1.7. Settore meccano-ceramico: propensione all’esportazione per classi dimensionali Propensione all'esportazione per classi 100,00% 90,00% 80,00% 70,00% 60,00% % fatturato 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 10,00% 0,00% 41,20% 46,20% 47,80% 58,30% 86,40% 58,80% 53,80% 52,20% 41,70% 13,60% 1a classe (da 0 a 2,5 mil) 2a classe (da 2.5 a 5 mil) 3a classe (da 5a 10 mil) 4a classe (da 10 a 25 mil) classi Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 91 5a classe (oltre 25 mil) Fatturato Estero Figura 1.8. Settore meccano-ceramico: propensione all’esportazione per classi dimensionali Confronto numero d'imprese/esportazioni numero di imprese esportazioni 70,00% 60,00% 59,90% 51,50% 50,00% 40,00% 30,00% 21,10% 20,00% 10,00% 6,70% 8,30% 13,70% 10,20% 14,90% 9,70% 4,00% 0,00% 1 classe (da 0 a 2,5 mil) 2 classe (da 2.5 a 5 mil) 3 classe (da 5a 4 classe (da 10 5 classe (oltre 10 mil) a 25 mil) 25 mil) Fonte: Acimac, Tredicesima Indagine Statistica Nazionale, Luglio 2005 92 CAPITOLO SECONDO IL SETTORE MECCANO CERAMICO DEL DISTRETTO DELLA CERAMICA DI SASSUOLO 2.1 Il profilo delle imprese L’indagine è stata condotta su un campione di 48 imprese localizzate all’interno dell’area ceramica di Sassuolo, la cui attività si rivolge in misura prevalente se non esclusiva nella produzione di impianti e di attrezzature impiegate nel ciclo produttivo della piastrella di ceramica (Tab. 2.1). Tabella 2.1 - Settore meccano-ceramico: numero delle imprese del campione per classi dimensionali di fatturato in euro Valore assoluto Valore % Classe dimensionale di fatturato (milioni di €) 1a classe (0-2,5 ) 9 18,75 2a classe (2,5-5 ) 14 29,17 3a classe (5-10 ) 13 27,08 4a classe (10-25) 7 14,29 5a classe (oltre 25 ) 5 10,20 Totale Imprese 48 100,00 Fonte: Ns. elaborazione da rilevazione diretta Nel campione è stato anche inserito il leader di mercato, SACMI, la cui sede principale è situata fuori dall’area, ma è presente sul territorio con diverse unità operative focalizzate sul business degli impianti e macchine per ceramica. SACMI, inoltre, detiene diverse partecipazioni in imprese locali ed è inserito in una fitta rete di subfornitura tanto da incidere fortemente sulle dinamiche del settore meccano ceramico. Il campione presenta una buona capacità di rappresentazione della realtà settoriale: il fatturato è pari al 71,59% del fatturato settoriale rilevato da ACIMAC per l’anno 2004. Se inoltre il raffronto si fa sul solo fatturato del business impianti e macchine per il settore ceramico, il grado di rappresentatività sale, sempre per l’anno 2004, all’86,46%. Molti sono i tratti distintivi del profilo strutturale e competitivo delle imprese. Per molti di questi si tratta di una riconferma di precedenti analisi e studi. I più visibili sono richiamati di seguito. Un primo tratto è rappresentato dalla giovane età del settore. L’esordio prende forma agli inizi degli anni ’60 per vivere la fase di maggiore natalità aziendale negli anni ’70, a cui seguono anni con tassi di riproduzione decrescenti a segnalare il consolidamento settoriale e la semplificazione della base produttiva degli ultimi anni (Tab. 2.2). Tabella 2.2 – Settore meccano-ceramico: Composizione del campione per periodo di costituzione delle imprese Periodo di costituzione Valore assoluto Valore % anno 1919 1 2,08% anni '40 1 2,08% anni '50 1 2,08% anni '60 6 12,50% anni '70 14 29,17% anni '80 9 18,75% anni '90 11 22,92% anni '00 (fino all'anno 2005) 5 10,42% Numero totale di imprese 48 100,00% Fonte: Rilevazione diretta 93 Il grado di autonomia e di indipendenza è il secondo tratto distintivo (Tab. 2.3). Oltre il 70 % delle imprese dichiara di non appartenere ad alcun gruppo; il 18,75% invece appartiene ad un gruppo del quale è la capogruppo; solo il restante 10,42% dichiara di appartenere ad un gruppo in qualità di controllata. Esiste, come legittimo attendersi, un legame tra grado di indipendenza/grado di controllo e dimensione aziendale: il grado di controllo cresce al crescere della dimensione aziendale; il grado di indipendenza va invece di pari passo con la presenza della dimensione minore. Tabella 2.3 – Settore meccano-ceramico: Grado di autonomia e assetto societario delle imprese per classi dimensionali (milioni di euro) classi di fatturato non fa parte di un gruppo è la capogruppo appartiene ad un gruppo 0-2,5 18,75% 2,08% 2,5-5 18,75% 4,17% 4,17% 05-ott 18,75% 6,25% 2,08% 01-ott 8,33% 6,25% > 25 6,25% 2,08% 2,08% Totale imprese 70,83% 18,75% 10,42% Fonte: Rilevazione diretta Le imprese controllanti sono poche e corrispondono alle imprese leader del settore; solo in alcuni casi rappresentano dei gruppi con una certa articolazione sul piano organizzativo e societario. Da rilevare inoltre che, oltre a detenere partecipazioni di maggioranza, numerosi gruppi si caratterizzano per disporre di quote azionarie, irrilevanti ai fini del controllo dell’impresa, ma che assumono un ruolo importante nel fitto intreccio di relazioni e di rapporti di sub-fornitura che caratterizza il distretto. Le capogruppo, delle quali si discute, controllano alcune imprese che ricoprono un ruolo strategico. Da una parte si tratta di imprese alle quali affidare la sub-fornitura di prodotti, componenti o pareti che forniscono un apporto di particolare rilievo alla qualità del prodotto finale offerto dalla controllante. Dall’altra, avvalendosi di queste controllate, si cerca di contenere la fuga di conoscenze tecniche che può presentarsi quando si assegna la produzione di parti o componenti, progettati internamente, ad imprese terze. Si diffondono, infatti, dinamiche imitative a catena che rendono vana l’attività di ricerca e cancellano il vantaggio competitivo che ne poteva seguire. Inoltre, le imprese controllate dai leader, in special modo quelli esterni all’area ceramica, rappresentano un punto di aggancio al circuito distrettuale che permette loro di sfruttare le esternalità positive che derivano dall’agglomerato specializzato di imprese: consente di coltivare una rete di sub-fornitura locale di alta qualità, permette una visuale privilegiata sull’innovazione di settore, sulle condotte dei concorrenti e sulle esigenze dei clienti che nel distretto trovano la più alta concentrazione. La piccola dimensione è un altro segno distintivo delle nostre imprese. Quasi la metà delle imprese (47,92%) si colloca nella fascia di addetti fino a 25 unità; il 27,08% delle imprese invece rientra nella fascia immediatamente superiore (25-50). La densità di imprese tende quindi a decrescere all’aumentare della scala dimensionale. Sono solo 4 le imprese con oltre 400 addetti (Tab. 2.4). Tabella 2.4 – Settore meccano-ceramico: classificazione imprese del campione in base al numero di dipendenti Numero Peso su totale media media var % media var % dipendenti campione 2000 2005 2005 vs 2000 2010 2010 vs 2005 1_25 47,92% 15,74 16,65 29,37% 19,64 14,84% 25_50 27,08% 32,62 34,15 9,28% 34,46 0,99% 50_100 14,58% 67,86 67,14 7,81% 66,43 -0,03% 100_200 4,17% 112,50 126,00 15,47% 135,00 8,82% 200_400 2,08% 301,00 296,00 -1,66% 300,00 1,35% >400 4,17% 885,50 1114,00 28,96% 1020,50 -9,89% Totale 100,00% Fonte: Rilevazione diretta 94 Il quadro descritto non è però di assoluta staticità essendosi registrati nel corso del tempo alcuni “scorrimenti” dimensionali verso l’alto. Tra il 2000 e il 2005 vi è stato un passaggio del numero medio di addetti da 76 a 85 unità, un aumento quindi pari all’11,8%. Il dato però mette contemporaneamente in luce la presenza di una struttura di settore di tipo dualistico, che contrappone una diffusa presenza di piccole imprese ad una esigua schiera imprese dotate di una base occupazionale più ampia. Guardando al futuro, le imprese non prevedono un ampliamento dei loro organici, bensì un loro contenimento. Questo risultato appare come il frutto di due tendenze contrapposte: aumento (se pure esiguo) nelle imprese con fascia di addetti fino a 25 unità e assottigliamento degli organici nelle imprese di dimensioni maggiori. La percezione tratta dal ricercatore sul campo nei tanti colloqui con imprenditori ed operatori aziendali, è una sensazione di difficoltà, vissuta in special modo da parte delle piccole imprese, e legata ad una prevedibile e forte concorrenza portata da produttori asiatici (Cina). In questo scenario le posizioni da assumere da parte delle imprese si presentano più articolate: conservare la dimensione operativa attuale e aumentare di qualche unità il numero di dipendenti per meglio supportare lo sforzo produttivo e soprattutto l’azione diretta ai mercati internazionali sembra essere l’orientamento prevalente tra le imprese minori. Non aumento/riduzione dell’organico è la posizione che intendono assumere le imprese maggiori che viene giustificata in un caso dal disporre già di una base occupazionale sufficiente a soddisfare gli standard di efficienza produttiva desiderati e nell’altro caso da scelte strategiche di redistribuzione dell’attività produttiva su scala internazionale. Ciò lascia intravedere un trasferimento, o un ampliamento, di parte della produzione, soprattutto di lavorazioni labour intensive, in paesi low cost. La forte focalizzazione nella produzione di impianti e macchine per ceramica è il tratto che appare più scontato, date anche le premesse alla base dell’indagine, mentre modesta si rileva la quota di fatturato, nei pochi casi in cui si presenta, destinata ad altri settori estranei alla filiera ceramica7 (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Settore meccano-ceramico: famiglie di prodotti e contributo al loro fatturato per imprese distinte per fascia dimensionale 100,00% 90,00% 80,00% 70,00% % di fatturato 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 10,00% 10-25 mil 5-10 mil 2,5-5 Fonte: Rilevazione diretta 7 Al t ro C famiglie di prodotti > 25 mil Sc el on ta t ro ll o St ru qu m al en i tà ti La bo ra to ri o a Fi ni tu r ot tu ra C sic az io ne Sm al ta tu ta St oc ca gg io Es St am pi Im pi an ti co Pr m ep pl et ar i az io ne te rre Fo rm at ur a 0,00% L’unica famiglia a non essere rappresentata è quella della produzione di impianti di depurazione 95 0-2,5 mil La produzione di impianti completi costituisce l’attività più complessa ed impegnativa che risulta appannaggio (oltre il 95%) delle imprese di maggiore dimensione (fatturato superiore ai 25 milioni di euro). Imprese, però, che grandi non sono. I notevoli sforzi in chiave progettuale, la necessità di dimensioni minime efficienti piuttosto elevate (soprattutto per alcuni impianti), le risorse organizzative richieste per pianificare e coordinare tutte le attività (diverse delle quali all’estero) costituiscono barriere insormontabili per le imprese minori che restano fuori da questo business. Tuttavia è da rilevare la presenza, seppur per un’incidenza sul fatturato del comparto piuttosto esigua (1%-2%), di imprese appartenenti alle classi dimensionali inferiori che generano una parte importante del loro fatturato dalla realizzazione di impianti completi. In realtà si tratta di imprese che affiancano alla loro produzione tradizionale un’attività di progettazione di impianti che poi realizzano in qualità di main contractor coordinando la fabbricazione (rigorosamente esternalizzata) delle macchine non prodotte internamente, il loro assemblaggio e la consegna all’acquirente nella modalità “chiavi in mano”. Seppur si tratti di impianti di una complessità non elevata quest’attività arriva a toccare in alcuni casi il 70% del fatturato di imprese di dimensioni ridotte. Alla produzione di impianti per la macinazione terre partecipano in misura paritetica le imprese appartenenti alle classi dimensionali maggiori. Ciò dipende dalla tecnologia utilizzata che, seppur richieda certe soglie dimensionali, si presentano più ridotte rispetto ad altri comparti. La produzione di impianti per la pressatura richiede dimensioni minime efficienti piuttosto elevate. La produzione è ad esclusivo appannaggio delle grandi imprese. L’elevato livello d’investimento necessario per supportare l’innovazione prima e la produzione poi, nonché il know how necessario per operare nel business, tengono fuori dal comparto gran parte delle imprese distrettuali. Il comparto degli stampi invece presenta una configurazione piuttosto polverizzata composta da imprese di dimensioni ridotte: il 50% della produzione è realizzata da imprese che ricadono nella fascia di fatturato (2,5-5 milioni di euro). Sono fuori da questo business le imprese maggiori che preferiscono affidarne la produzione all’esterno: 7 delle 9 aziende che hanno dichiarato di dedicarsi alla produzione di stampi lo fanno in modo esclusivo e con un grado elevato di specializzazione. La produzione di impianti per l’essiccazione è quella che vede il contributo più diffuso ed equilibrato tra le diverse tipologie di imprese. Si tratta di una attività che genera solo una parte del fatturato aziendale (la quota massima dichiarata dalle imprese è pari al 40%). Si tratta di un prodotto alla portata anche delle piccole imprese, che richiede conoscenze tecniche limitate e che è largamente compatibile con altre produzioni. La quota di produzione di macchinari per la smaltatura e decorazione cresce gradualmente all’aumentare delle dimensioni d’impresa, con le imprese maggiori che realizzano quasi la metà della produzione del comparto. A favorire le imprese più grandi concorrono in parte la scala produttiva ed ancor più la dotazione di know how tecnico e capacità innovativa e progettuale per assecondare e spesso precedere le imprese ceramiche nell’adeguare ed innovare il prodotto sul piano estetico. La produzione di impianti per lo stoccaggio vede la partecipazione di tutte le imprese con un netto predominio, però, delle imprese di maggiori dimensioni. Si tratta di impianti che evidentemente sono alla portata di aziende di varie dimensioni ma che permettono delle buone economie di scala. Inoltre, questa attività costituisce la specializzazione principale di imprese che realizzano impianti completi ma che, in realtà, fungono da imprese capofila e che integrano la loro produzione con quella di impianti assegnati all’esterno e successivamente incorporati nell’impianto completo. La produzione di forni per la cottura rappresenta un altro comparto (assieme alla formatura) nel quale i costi di produzione e le conoscenze tecniche richiedono dimensioni d’impresa piuttosto ampie. Oltre il 95% della produzione è realizzata infatti dalle imprese maggiori. Questa produzione è per la maggior parte appannaggio dei leader di settore che fanno valere le loro dimensioni, molto lontane dalla norma dell’universo distrettuale, per esercitare un predominio pressoché assoluto. La realizzazione di macchine per la finitura trova il contributo più cospicuo da parte delle imprese di dimensione intermedia (10-25 milioni). La partecipazione – se pure in misura ridotta - delle altre tipologie di impresa sembra segnalare che il controllo di un know how tecnico specifico non è un fattore ostativo per operare nel comparto. La produzione di macchine per la scelta presenta una concentrazione della produzione nella classe dimensionale maggiore, le imprese delle altre classi giocano un ruolo di “comparsa”. 96 Le attrezzature per il controllo della qualità e gli strumenti per il controllo del processo sono realizzate esclusivamente da imprese di dimensioni ridotte (inferiori a 10 milioni). Si tratta di attrezzature relativamente semplici che non richiedono delle risorse ingenti e quindi sono alla portata anche delle piccole imprese. Nella categoria “altro” rientra quella parte di produzione dedicata alla meccanica strumentale destinata a settori diversi dal meccano-ceramico. Si tratta di una componente residuale della produzione di settore. Un ulteriore aspetto, infine, che aiuta a comprendere la solidità della posizione delle imprese sul mercato è rappresentato dal grado di dipendenza dalla clientela. La natura del rapporto che lega il costruttore di impianti alla clientela ceramica ricade nella tipologia business to business. Pur costituendo il prodotto con le sue caratteristiche tecniche e funzionali il cuore del processo di scambio, esso deve essere integrato con una serie di ulteriori prestazioni e servizi che costituiscono i fattori chiave che concorrono a formare le preferenze d’acquisto della clientela e quindi a formare il portafoglio clienti. Su questo specifico piano, dalla rilevazione sul campo emerge che il 91,67% delle imprese ha indicato in un numero superiore a 30 i clienti con cui intrattengono relazioni commerciali. Ad incidere fortemente sull’ampiezza del numero di acquirenti, oltre che la contiguità al mercato ceramico distrettuale, ha contribuito la notevole espansione che il comparto ha conseguito negli ultimi decenni in ambito internazionale. Solo l’8,33% delle imprese presenta un numero di clienti al di sotto di 30. Si tratta per lo più di imprese di piccole dimensioni. Per quanto riguarda il grado di dipendenza dalla clientela in termini di fatturato, si è rilevato che la quota di fatturato media in capo al maggiore cliente è pari al 18,9% e ai maggiori tre clienti sale a oltre il 32%8 (Tab. 2.5). Tabella 2.5 – Settore meccano-ceramico: ripartizione imprese per quota di fatturato del maggior cliente e dei primi tre clienti Quota di fatturato % di imprese per quota primo cliente % di imprese per quota primi tre clienti ≤10% 45,83% 14,58% 10%-19% 18,75% 12,50% 20%-29% 14,58% 37,50% 30%-39% 10,42% 10,42% 40%-49% 6,25% 8,33% ≥50% 4,17% 16,67% Totale 100,00% 100,00% MEDIA CAMPIONE 18,19% 32,30% Fonte: Rilevazione diretta La lettura del fenomeno per fasce dimensionali mette in luce che la maggioranza delle imprese (79,17%) dedica al cliente più importante una quota che non supera il 30%. Interessando soprattutto le imprese di dimensione maggiore. Il grado di dipendenza sale in genere al decrescere della dimensione aziendale fino a superare in casi limitati il 50%. Da notare come per molte delle imprese piccole il cliente maggiore sia un grande impiantista che si avvale dell’impresa in veste di sub-fornitrice per la costruzione di macchine o parti di essa successivamente incorporate nell’impianto completo. In generale, si può affermare che l’incidenza sul fatturato del primo/primi tre clienti tende a ridursi col crescere delle dimensioni aziendali. Anche se non mancano eccezioni: piccole imprese con un fatturato molto frammentato coesistono con imprese di dimensione maggiore con una quota importante di fatturato concentrata su pochi clienti. Questo tipo di struttura del portafoglio clienti trova le sue ragioni anche nel tipo di fornitura. L’offerta di una fornitura o commessa complessa e ad elevato valore unitario si accompagna ad una base più limitata di clientela, mentre in presenza di offerte a complessità ridotta e a minore valore unitario i tempi di realizzazione sono più brevi e da qui la possibilità di rivolgersi ad un portafoglio clienti più ampio. Questi primi riscontri ci pongono di fronte ad una impresa con una forte tratto “distrettuale”: una impresa piccola, indipendente, con una forte specializzazione produttiva dove la dimensione imprenditoriale prevale su quella manageriale. Una impresa che si trova oggi di fronte a diverse sfide: sul fronte esterno, la dilatazione e l’inasprimento del confronto competitivo; sul fronte interno, il consolidamento dimensionale, l’articolazione organizzativa e l’innovazione manageriale. 8In questo caso però, la deviazione standard si rileva particolarmente ampia (20,71%) a testimoniare l’elevata eterogeneità delle posizioni aziendali che variano tra una quota al di sotto del 10%, in prevalenza da parte dei leader, ad un’incidenza superiore al 60% del fatturato, relativa soprattutto a piccole imprese. 97 2.2 I fattori competitivi L’indagine ha posto una attenzione particolare alla individuazione dei fattori che maggiormente concorrono a definire il grado di competitività degli operatori sul mercato ed alle rappresentazione delle linee di azione perseguite dalle imprese sul piano strategico ed operativo9. Questa ricostruzione è stata condotta in via parallela e comparata mettendo ciò a confronto i due distinti campi di azione l’azione: il mercato distrettuale e il mercato internazionale. Le imprese attribuiscono il successo sul mercato ad una varietà di fattori competitivi che devono essere combinati e governati spesso in modo congiunto. 2.2.1 Fattori competitivi nel mercato distrettuale Il fattore competitivo ritenuto più importante nella soddisfazione dell’acquirente distrettuale è la rapidità e la puntualità nei tempi di consegna. Il punteggio medio attribuito dal campione è stato pari a 6,38, molto vicino al valore massimo di 7, e la ridotta deviazione standard è indice di forte unitarietà delle posizioni a sottolineare la criticità di questo fattore (tab. 2.6). In effetti le esigenze dei clienti, sotto questo aspetto, sono assai sostenute e non è infrequente l’invio di ordini o richieste di intervento anche in giorni non lavorativi (a seguito di un guasto) che costringe l’impiantista a “tenere dentro i lavoratori il fine settimana per far trovare il prodotto pronto il lunedì successivo”. La capacità innovativa del costruttore è il secondo fattore su cui si gioca il favore della clientela (giudizio medio pari a 6,33). Una clientela, quella del distretto, che per la posizione di leadership che gode sul mercato esprime una domanda ad elevato contenuto innovativo che si rivela sul piano del prodotto (dimensione tecnica ed estetica) e del processo produttivo (livello di efficienza complessiva). A determinare il grado di soddisfazione del cliente, contribuisce in misura significativa l’offerta di un servizio di assistenza post-vendita. Le prestazioni di questa attività sono molteplici: supporto prestato per l’installazione e messa in funzione dell’impianto, fornitura delle parti di ricambio non detenute a scorta e approvvigionate, in caso di necessità, presso il fornitore che si assume la funzione di magazzino. Tabella 2.6 – Settore meccano-ceramico: importanza fattori competitivi nel mercato distrettuale Fattori competitivi Media campione Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 6,38 Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…) 6,33 Gestione e assistenza post-vendita 6,31 Competitività di prezzo 6,10 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 6,06 Adattamento/personalizzazione del prodotto 5,75 Capacità di co-progettazione col cliente 5,54 Gestione e assistenza pre-vendita 5,31 Ampiezza gamma prodotti offerti 5,29 Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…) 5,10 Capacità di credito a favore della clientela 4,94 Fonte: Rilevazione diretta 9 Sul piano metodologico si è proceduto sottoponendo alle imprese una lista di fattori competitivi/priorità strategiche da valutare sulla base di una scala Likert, con range tra 1 (poco importante) e 7 (molto importante). 98 La competitività di prezzo rappresenta un fattore di primaria criticità (valutazione di 6,10) data la stretta contiguità tra domanda e offerta ed all’interno di questa ultima l’elevato grado di sostituibilità tra i fornitori che produce inevitabilmente delle tensioni sui prezzi. Il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto si colloca anch’esso tra i fattori a più elevato indice di criticità (valore medio pari a 6,06), ciò risulta piuttosto prevedibile alla luce del tipo di clientela e delle dinamiche che stanno investendo il mercato delle piastrelle di ceramica. Segue un secondo gruppo di fattori la cui criticità viene valutata a ridosso dei precedenti. Tra questi: La personalizzazione del prodotto (5,75). Al pari di ogni mercato industriale, anche per la tecnologia ceramica l’adattamento e la realizzazione su misura costituiscono attributi tipici dell’offerta. A tenere alto il livello di aspettativa della domanda intervengono, di nuovo, la contiguità tra le parti e le logiche competitive della clientela tese a ricercare una non facile differenziazione della propria offerta. Segue la capacità di co-progettazione con il cliente (5,54). L’interazione tra le parti, su questo piano, può essere particolarmente proficua, dando vita a soluzioni innovative non conseguibili isolatamente dal fornitore o cliente. Lo stesso grado di importanza rivestono la gestione e assistenza pre-vendita (5,31) che pone in capo all’impiantita diversi compiti ed attività propedeutiche all’installazione dell’impianto (consulenza tecnica, preparazione di disegni per la progettazione e l’installazione degli impianti e fornitura di preventivi su costo, modalità e tempi di installazione), e l’ampiezza di gamma dei prodotti offerti (5,29) che permette al cliente di coprire le varie necessità produttive. Una considerazione minore è attribuita alla voce relativa ai servizi a favore del cliente (5,10), da intendersi come servizi di formazione (all’uso delle macchine), aggiornamento e documentazione tecnica. Ciò può essere spiegato con le capacità tecniche del personale dell’azienda cliente, piuttosto elevate e che pertanto non richiedono particolari supporti formativi. Infine, la capacità di credito a favore della clientela. Questo fattore è stato indicato come il meno importante per determinare la scelta del cliente. In realtà, le imprese in questo caso si sono espresse in maniera piuttosto differenziata. Se alcune imprese ritengono questo fattore scarsamente rilevante altre lo ritengono come fortemente indispensabile nella transazione col cliente ceramico, segnalando delle concessioni di dilazioni alquanto ampie. Probabilmente la concessione di dilazioni di pagamento è ritenuta una pratica piuttosto consolidata tanto da incidere sul metro di giudizio di alcune imprese che la danno per scontata. In generale, si può affermare che quasi tutti i fattori vengono considerati importanti all’interno del distretto. Nulla sembra venga trascurato nella ricerca della soddisfazione del cliente. Alcuni tuttavia hanno un’incidenza più forte rispetto ad altri. Per semplificare l’analisi dei fattori ritenuti strategici nel successo competitivo si è provveduto ad effettuare l’analisi fattoriale che ha favorito l’individuazione di un numero ridotto di variabili, riconducibili ad aree di azione, che raggruppano i vari items originari con più elevato grado di omogeneità e di correlazione (Tab. 2.7). Tabella 2.7 - Settore meccano-ceramico: analisi fattoriale dei fattori competitivi individuati CLIENTELA INTERNA AL DISTRETTO 1 Fattori 2 3 Fattore 1: Efficienza nella transazione Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 6,38 Capacità di credito a favore della clientela 4,94 Competitività di prezzo 6,10 Fattore 2: Innovazione e qualità del servizio Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 6,06 Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…) 6,33 Gestione e assistenza post-vendita 6,31 Gestione e assistenza pre-vendita 5,31 Fattore 3: Personalizzazione dell’offerta Capacità di co-progettazione col cliente 5,54 Adattamento/personalizzazione del prodotto 5,75 Servizi a favore del cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…) Fonte: Ns. elaborazione 5,10 99 Le variabili individuate, oltre a rappresentare delle strategie con le quali approcciare il mercato da parte dei costruttori di impianti, corrispondono a gruppi di bisogni, omogenei tra di loro espressi dalla clientela. Questi possono essere rappresentati nel modo seguente: - efficienza nella transazione: raggruppa items che esprimono l’esigenza di rapidità nelle consegne del bene, capacità di credito e competitività di prezzo. Questi bisogni potrebbero caratterizzare clienti orientati alla singola transazione che presumibilmente cercano di ottenere le migliori condizioni possibili a proprio favore e che rappresentano un’esperienza occasionale ed episodica, - innovazione e qualità del servizio: raggruppa gli items che esprimono la ricerca di prestazioni di prodotto elevate, l’esigenza di soluzioni innovative e una assistenza pre e post vendita che possa anch’essa migliorare le performance aziendali. Questa categoria di bisogni potrebbe riguardare i clienti che assegnano una forte importanza alla qualità e alle performance del prodotto; potrebbero rilevarsi clienti di lungo periodo se le capacità dell’impresa di innovare e garantire ottimi prestazioni sono elevate, - personalizzazione dell’offerta: raggruppa items che esprimono l’esigenza di curare la dimensione relazionale della transazione, quali la capacità di co-progettazione, l’adattamento del prodotto e servizi a favore del cliente. Potrebbero caratterizzare le ceramiche che tendono a investire molto sulla relazione, che richiedono molto impegno ed attenzione ma che potrebbero ripagare garantendo una fedeltà di lungo termine. 2.2.2 I fattori competitivi sul mercato internazionale La domanda estera sembra essere meno complessa rispetto a quella interna al distretto e sembra esprimere esigenze che si collocano ad un livello inferiore10. Ciò è quanto si evince dalla lettura della criticità dei fattori competitivi (Tab. 2.8). Tabella 2.8 – Settore meccano-ceramico: importanza fattori competitivi sui mercati esteri Fattori Competitivi Media campione Gestione e assistenza post-vendita 6,13 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 6,02 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 5,98 Competitività di prezzo 5,96 Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…) 5,92 Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…) 5,45 Gestione e assistenza pre-vendita 5,44 Ampiezza gamma prodotti offerti 5,35 Adattamento/personalizzazione del prodotto 5,13 Capacità di co-progettazione col cliente 5,04 Capacità di credito a favore della clientela Fonte: Rilevazione diretta 4,81 Il fattore ritenuto più importante sul mercato estero è la gestione e l’assistenza post vendita che prevale su tutti gli altri con uno scarto evidente. La minore o scarsa cultura tecnica del cliente estero rispetto a quella dei produttori ceramici sassuolesi, sollecita il fornitore di impianti ad assicurare una maggiore presenza e vicinanza al cliente in diversi fasi e momenti della transazione commerciale (installazione, fase di primo funzionamento dell’impianto, addestramento dell’utilizzatore all’utilizzo del bene,….). Il valore medio dei punteggi assegnati dal campione ai fattori competitivi per la clientela distrettuale è risultato pari a 5,74; quello relativo ai fattori competitivi per la clientela estera è risultato pari a 5,56. 10 100 Seguono, più distanziati, il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto (che testimonia la ricerca della qualità che spinge a preferire il prodotto italiano), la rapidità nei tempi di consegna (che, seppur nettamente inferiore rispetto alle esigenze della clientela interna, conferma un livello elevato), e la competitività di prezzo (anch’essa non importante quanto sul mercato interno ma comunque elevata). La capacità innovativa conclude la seconda serie di fattori di rilievo per la soddisfazione dell’acquirente I servizi al cliente e l’assistenza pre-vendita aprono il terzo gruppo di fattori per ordine di importanza. Le ragioni della maggiore rilevanza rispetto al mercato interno risiedono nella necessità di formazione all’uso di macchinari molto innovativi rispetto al contesto produttivo in cui vengono calati, nel fornire manuali d’uso che possano rendere autonomo il cliente utilizzatore, nell’incontrare il cliente per capire e definire la tipologia di impianto e soluzioni tecniche da adottare,… L’ampiezza della gamma di prodotti offerti assume sul mercato internazionale una valenza maggiore rispetto al mercato interno, non così la richiesta di adattamento e personalizzazione del prodotto che appare nettamente inferiore, a conferma della maggiore complessità della domanda interna e di una sorta di standardizzazione per quanto riguarda le richieste provenienti dall’estero. La capacità di co-progettazione col cliente rappresenta uno dei fattori meno importanti, e, tra l’altro, appare molto distanziata se confrontata col mercato interno. La capacità di credito alla clientela rappresenta l’ultimo fattore competitivo rilevante. Anche in questo caso - al pari di quanto rilevato per il mercato domestico - le imprese si sono espresse in maniera piuttosto differenziata. Per alcune questo fattore ha una scarsa rilevanza sull’esito della trattativa, mentre per altri rappresenta la leva vincente11. L’analisi fattoriale realizzata per la clientela internazionale riconferma gli stessi fattori “critici” segnalati, però, con un diverso ordine di rilevanza e di seguito esposti (Tab. 2.9). Tabella 2.9 - Settore meccano-ceramico: analisi fattoriale condotta sui fattori competitivi rilevanti sui mercati esteri (valori medi) Fattori CLIENTELA ESTERNA AL DISTRETTO 1 2 3 Fattore 1: Attenzione alla qualità e alla relazione con il cliente Capacità innovativa (applicazioni, soluzioni,…) 5,92 Adattamento/personalizzazione del prodotto 5,13 Capacità di co-progettazione col cliente 5,04 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 6,02 Servizi al cliente (formazione, aggiornamento, documentazione tecnica…) 5,45 Fattore 2: Efficienza Competitività di prezzo 5,96 Capacità di credito a favore della clientela 4,81 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 5,96 Ampiezza gamma prodotti offerti 5,35 Fattore 3: Servizio alla vendita Gestione e assistenza pre-vendita 5,44 Gestione e assistenza post-vendita Fonte: Ns elaborazione 6,13 - 11 Attenzione alla qualità e alla relazione con il cliente: in questo gruppo rientrano bisogni di forte innovazione e di prestazioni elevate, assieme ad una domanda di adattamento alle proprie esigenze produttive. Efficienza: è la stessa tipologia di bisogni che è stata rilevata nel mercato interno. Comprende la ricerca di vasta possibilità di scelta, prezzi bassi, velocità di consegna e dilazioni ampie. Servizio alla vendita: è un gruppo che aggrega essenzialmente bisogni di servizi legati alla vendita, sia nella fase preliminare allo scambio che in quella successiva. Quanto detto trova riscontro nell’affermazione di un operatore del settore; “all’estero vendiamo soldi non macchine”. 101 2.3 Le priorità strategiche Le imprese hanno indicato con buona chiarezza quali sono gli itinerari strategici e le condotte operative da perseguire per migliorare la propria offerta e le performance sul mercato (Tab. 2.10). Migliorare il contenuto tecnico e prestazionale del prodotto risulta essere la direzione di marcia obbligata alla quale affidarsi per allargare il mercato e battere la concorrenza. Lo scarto, piuttosto ampio, nei confronti delle preferenze espresse per gli altri items e la deviazione standard, alquanto ridotta, sottolineano come sia elevato il grado di condivisione tra le imprese. Segue la riduzione dei costi di produzione. Nonostante si punti sullo sviluppo della qualità del prodotto, la compressione dei costi di produzione continua ad essere uno degli obiettivi sui quali ancora si investe. Nel corso dei colloqui si è rilevato come già tanto si è fatto in questa direzione e come siano bassi i margini per ulteriori miglioramenti. L’espansione del portafoglio clienti esteri risulta essere un altro fattore di rilevanza sul quale impegnarsi. La possibilità di conseguire condizioni contrattuali migliori, le maggiori prospettive di crescita di nuovi mercati e la sensazione di un maggiore apprezzamento del proprio prodotto, spingono le imprese a cercare di allargare il proprio volume d’affari sul mercato internazionale Lo sviluppo del servizio pre e post vendita rappresenta un’altra area a cui le imprese stanno dedicando sempre maggiore attenzione sia nel mercato interno che estero quale fattore di differenziazione della propria offerta. Dal cliente distrettuale si richiede collaborazione per perfezionare le prestazioni e migliorare il proprio prodotto finale, dal cliente straniero si riceve una domanda di assistenza per individuare ciò di cui necessita e il modo ottimale per utilizzarlo. Per quest’ultimo, il livello di investimento richiesto si presenta più elevato per fattori geografici e culturali. Un altro sforzo che le imprese del meccano-ceramico stanno sostenendo è l’introduzione di nuove tecnologie di progettazione e di gestione, per far fare un salto di qualità all’organizzazione aziendale, conferire maggiore dinamismo ed efficienza ai processi tipici. Tabella 2.10 - Settore meccano-ceramico: attività aziendali nelle quali l'azienda maggiormente sta intervenendo Media Attività Campione Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto 6,31 Diminuire i costi di produzione 5,77 Espandere la base della clientela all’estero 5,73 Migliorare la capacità di servizio pre e post-vendita 5,71 Introdurre nuove tecnologie: di progettazione 5,60 Espandere la base della clientela in Italia 5,60 Introdurre nuove tecnologie: di gestione (informazione, comunicazione,,,,,) 5,56 Accrescere la flessibilità produttiva 5,48 Migliorare la capacità di adattamento/personalizzazione del prodotto 5,23 Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati 5,10 Introdurre nuove tecnologie: di produzione 5,08 Migliorare le competenze dei venditori 5,00 Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione 4,85 Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite: -integrazione delle competenze 4,85 -co-progettazione (impianti/soluzioni,…) 4,79 -condivisione e lo scambio di risorse e competenze 4,63 Aumentare il numero dei venditori 3,83 Avviare/espandere la produzione all’estero 3,33 Aprire filiali commerciali/service in mercati esteri 3,33 Sviluppare partnership o alleanze con: -aziende del meccano ceramico 3,90 -aziende ceramiche 3,00 -colorifici ceramici 3,00 -aziende del comparto dei corredi ceramici 2,50 102 Fonte: Rilevazione diretta Uno stesso grado d’intervento è dedicato inoltre all’espansione della clientela italiana. Seppur essa sia in alcuni casi non molto profittevole, o comunque non come quella estera, molte imprese hanno dichiarato di stare ancora cercando di espandere la propria clientela in Italia, ma non necessariamente solo nell’area distrettuale. Si investe anche nel cercare di incrementare la flessibilità produttiva. Questo fattore viene ritenuto importante alla luce delle numerose oscillazioni del mercato che richiede la capacità di adattarsi prontamente alla mutevolezza dell’ambiente competitivo. Ad un gradino più in basso si pone la ricerca di miglioramenti nella capacità di adattamento e personalizzazione del prodotto; questo item si colloca in una posizione intermedia per le esigenze contrastanti che caratterizzano la domanda interna al distretto, che richiede una forte personalizzazione, e la domanda estera, che invece si “accontenta” di un prodotto più standardizzato. Stesso discorso vale per la realizzazione di prodotti ad hoc per nuovi mercati. Nella maggior parte dei casi si è potuto cogliere come, in realtà, i mercati esteri non richiedano dei prodotti particolari. Tuttavia non bisogna trascurare che, per molte aziende, la richiesta di prodotti ceramici differenti da parte dell’utilizzatore di altri paesi possa indurre l’impiantista a realizzare macchine su misura per quel mercato. In tal caso la differenziazione del prodotto rappresenta un surplus offerto all’acquirente. Ancora importante è l’introduzione di tecnologie per la produzione; in tal senso le imprese del comprensorio si collocano in una posizione avanzata; tuttavia non manca chi cerca di perseguire obiettivi di efficienza e di innovazione continuando a puntare sull’introduzione di tecnologia nella produzione. Tra questi si collocano anche le piccole aziende che cercano di rinnovare i propri processi accrescendo il contenuto tecnico-tecnologico dei processi tipici. In una posizione intermedia si collocano gli interventi in alcune aree di attività aziendali. Tra questi il miglioramento delle competenze dei venditori che viene perseguito da alcune aziende in maniera sostenuta ma in altre viene decisamente trascurato. Lo stesso si può dire per l’espansione del numero di mercati geografici di esportazione. In alcuni casi l’impegno è piuttosto elevato mentre in altri casi il numero di mercati esteri presidiato viene considerato sufficiente per assicurare uno sbocco futuro alla propria produzione. Uno sforzo discreto viene dedicato allo sviluppo della relazione con la clientela. Questa indicazione sembra segnalare che all’interno del distretto la relazione col cliente è abbondantemente sviluppata, all’estero la distanza tra le sedi delle attività operative e le richieste del mercato (non eccessivamente sofisticate) non fa protendere le imprese verso questo tipo di impegno. In posizione bassa, nella lista delle attività in cui l’impresa destina i propri investimenti, si trova l’aumento del numero di venditori. Anche qui l’atteggiamento delle imprese è differenziato; da un lato c’è chi cerca di consolidare la propria rete di vendita investendo massicciamente e chi invece la ritiene sufficientemente sviluppata. Bassa anche l’attenzione dedicata allo sviluppo di presidi più stabili sul mercato estero. Le imprese, mediamente, sono poco interessate allo sviluppo, sui mercati stranieri, sia di sedi commerciali che di sedi produttive. A giudicare dal punteggio attribuito dalle imprese all’intervento in queste attività l’impegno è effettivamente scarso (3,33). Tuttavia da rilevare l’elevata deviazione standard che lascia intendere come l’atteggiamento in questo ambito sia dualistico: ci sono imprese (poche e più sviluppate), che si sono ormai “lanciate” in investimenti di questo tipo in più paesi; altre imprese (molte e le meno strutturate), che ritengono questo passo non conveniente o prematuro. A chiudere la lista, le alleanze o partnership sviluppate dalle imprese intervistate con altre imprese o partner. Ad eccezione di qualche azienda è nullo lo sforzo dedicato a costruire forme di collaborazione strutturata e formalizzata con imprese che operano nella filiera ceramica o con altri partner. Per gli items analizzati è stata realizzata l’analisi fattoriale che ha consentito di individuare cinque fattori che riflettono cinque diverse direzioni strategiche sulle quali le imprese stanno investendo (Tab. 2.11). Esse non rappresentano delle soluzioni di sviluppo alternative, ma aree di intervento sulle quali l’impresa può orientare i propri sforzi anche in maniera congiunta. Di seguito se ne offre una descrizione. - Azione commerciale: comprende gli items che prevedono uno sforzo d’investimento sulla rete di vendita, aumentando il numero di venditori e migliorandone le competenze. L’importanza della rete di vendita nel mercato industriale potrebbe rappresentare un fattore chiave per arrivare per primi sulla clientela, anticipando i concorrenti. La realizzazione di prodotti ad hoc potrebbe essere una soluzione avanzata per il cliente che deve essere costruita con l’indispensabile apporto di chi conosce e gestisce i clienti da vicino, i venditori per l’appunto. 103 - Mercati esteri: rientrano in quest’area strategica di attività gli investimenti per lo sviluppo dei mercati esteri: ampliamento delle aree geografiche di esportazione, l’espansione della clientela nei paesi già serviti e l’apertura di filiali commerciali o di service per un più forte presidio dei mercati più profittevoli. Si tratta di un indirizzo strategico già fortemente perseguito da alcune imprese, ma che presenta forti margini di miglioramento; un incremento degli sforzi in questo ambito potrebbe condurre ad un consolidamento della posizione e ad un notevole incremento del volume di vendite. Tabella 2.11 - Settore meccano-ceramico: risultati analisi fattoriale sulle attività sulle quali le imprese investono (valori medi) Fattori Attività Aumentare il numero dei venditori Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati Migliorare le competenze dei venditori Azione commerciale 3,83 Mercati esteri Produzione Relazioni verticali con clienti Prodotto 5,10 5,00 Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione Espandere la base della clientela all’estero Aprire filiali commerciali/service in mercati esteri 4,85 5,60 3,33 Accrescere la flessibilità produttiva 5,48 Diminuire i costi di produzione 5,77 Introdurre nuove tecnologie 5,60 Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela Migliorare la capacità di adattamento/personalizzazione del prodotto Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto 4,76 5,23 6,31 Migliorare la capacità di servizio pre e post-vendita Fonte: Ns. elaborazioni 5,71 - Produzione: gli items compresi in questo gruppo prevedono degli interventi sui processi produttivi per migliorarne l’efficienza e la flessibilità; l’obiettivo è di conferire alle imprese maggiore dinamicità di fronte ai rapidi cambiamenti dell’ambiente competitivo. - Relazione verticale con i clienti: riunisce le attività mirate a sviluppare la relazione con la clientela, effettuando investimenti sulla relazione stessa. Ciò comporta l’introduzione di nuove tecnologie che permettono una maggiore integrazione col cliente, uno scambio reciproco di competenze e risorse, un’attività congiunta di progettazione dei prodotti ed una personalizzazione dell’offerta. Si tratti di un cammino di sviluppo oneroso che permette di garantirsi le preferenze degli acquirenti attenti alla relazione e di vendite di lungo termine. - Prodotto: quest’area d’intervento incentra l’attenzione sulle caratteristiche del prodotto e sulla sua qualità. Le attività sulle quali investire sono innanzitutto lo sviluppo di un prodotto di qualità, che garantisca prestazioni elevate e innovative. Importante, inoltre, accompagnare il prodotto con l’offerta di servizi pre e post vendita soddisfacenti che permettano di sviluppare nel cliente la consapevolezza del bisogno che ha, 104 del bene del quale necessita, nonché permettere un suo utilizzo in condizioni ottimali nel periodo successivo l’acquisto. 2.4 Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo Il comparto meccano-ceramico rappresenta, nella filiera ceramica, la componente che, forse più di ogni altro settore, contribuisce all’innovazione ed al miglioramento della qualità del prodotto piastrella. In questo senso, il comparto rappresenta una sorta di fucina dell’innovazione, un laboratorio di ricerca della filiera produttiva, il luogo dove si crea il prodotto del futuro e dove si coltiva la competitività di tutto il distretto. Sembrerebbe quindi ovvio che una parte importante degli sforzi compiuti dalle imprese siano destinati all’attività di ricerca e sviluppo del prodotto. Sulla base di ciò, l’indagine ha cercato di verificare quanto le imprese fossero attente a questa attività e quale fosse il dispiego di risorse umane ad essa dedicato (Tab. 2.12). Tabella 2.12 – Settore meccano.ceramico Classe dimensionale 0-2,5 mil media dipendenti 14,50 2000 media dip. in R&D 1,78 rapporto 12,26% media dipendenti 14,30 2005 media dip. in R&D 2,50 variazione rispetto 2000: 2,5-5 mil 22,23 1,92 8,65% 24,46 2,62 5 - 10 mil 30,08 4,62 15,35% 34,23 10 - 25 mil 59,14 3,71 6,28% 59,29 > 25 mil 463,80 23,60 5,09% 550,40 variazione rispetto 2000: 5,69 variazione rispetto 2000: 5,86 variazione rispetto 2000: 31,00 variazione rispetto 2000: Totale campione 76 5,21 6,86% 85 6,85 variazione rispetto 2000: rapporto 17,48% 42,59% 10,69% 23,60% 16,63% 8,37% 9,88% 57,31% 5,63% 10,69% 8,06% 17,56% media dipendenti 17,89 2010 media dip. in R&D 3,50 variazione rispetto 2010: 25,23 3,31 variazione rispetto 2010: 37,00 6,31 variazione rispetto 2010: 59,57 7,71 variazione rispetto 2010: 513,80 31,40 variazione rispetto 2010: 84 7,73 variazione rispetto 2010: rapporto 19,57% 11,91% 13,11% 22,61% 17,05% 2,52% 12,95% 31,08% 6,11% 8,51% 9,20% 14,19% Fonte: Rilevazione diretta Dalle risultanze è emerso che, in media, il numero di dipendenti impegnati nell’attività di ricerca e sviluppo è pari a 5,21 per il 2000, che rappresenta quasi il 7% dell’intero organico aziendale. Il numero sale relativamente all’anno 2005 (6,85) fino a rappresentare l’8,06% dei dipendenti. Le previsioni future (al 2010) indicano un ulteriore incremento del numero di addetti che arriva a superare il 9% dell’organico delle imprese. Un’analisi del fenomeno per classi dimensionali d’impresa permette una migliore percezione della situazione. Le imprese che dispiegano il maggior numero di risorse umane nell’attività di ricerca sono quelle di dimensione maggiore che dispongono di strutture e laboratori dedicati all’interno dei quali si svolge sia ricerca di base e sia applicata. E’ da queste imprese infatti che sortiscono le innovazioni se non radicali, di più alto impatto sulle traiettorie tecnologiche. Nettamente inferiori le risorse umane dedicate dalle imprese di dimensione minore, anche se tale numero presenta un trend crescente nel tempo. In realtà man mano che si sondano le classi dimensionali inferiori si trovano addetti chiamati a svolgere mansioni polivalenti e che realizzano oltre alla ricerca anche altre attività. Le imprese più piccole sono quelle che dedicano un numero minore di risorse umane ma che rappresenta una elevata incidenza sul totale della forza lavoro. Si tratta di lavoratori che ricoprono più ruoli e che soprattutto svolgono ricerca applicata le cui attività si confondono spesso con quelle di semplici operai che, durante la normale attività lavorativa, realizzano adattamenti o mettono a punto nuove soluzioni tecniche. Nel complesso tutte le imprese hanno accresciuto il loro impegno in questa direzione. Ad indurle a profondere rinnovati sforzi hanno concorso diversi fattori e tra questi: • il clima diffuso di price competition dal quale era possibile sottrarsi solo innalzando il contenuto qualitativo ed innovativo dell’offerta, • lo sviluppo di una domanda di qualità “indotta” espressa dalle aziende ceramiche del distretto, chiamate a fronteggiare una concorrenza di prezzo insostenibile ed alla quale hanno cercato rimedio con il 105 riposizionamento della produzione sull’alto di gamma. Per realizzare questo up grading si è reso necessario in generale un apporto di tecnologie e soluzioni tecniche più avanzate, • il trasferimento di lavorazioni povere e labour intensive da parte di alcune imprese di dimensione maggiore in nuove aree geografiche. Ciò ha portato una riduzione della forza lavoro nei reparti produttivi ed il potenziamento di quella dedicata alle attività di servizi. Gli effetti di questi cambiamenti strutturali si sono avuti anche sulle piccole imprese (anche su quelle che realizzano lavori di sub-fornitura), alle quali viene richiesto un contributo all’innovazione superiore rispetto al passato quando era loro richiesto un apporto meramente di natura produttiva. Queste, infatti, hanno avvertito il gap che le separa dalle altre, tanto che sono esse a far registrare i maggiori incrementi in termini di addetti dedicati alla ricerca. In questo ultimo dato si ravvisa inoltre il tentativo di superamento della connotazione artigianale di molte piccole imprese per assumere definitivamente una conformazione più industriale. I dati sul futuro, infine, fanno rilevare previsioni di ulteriori incrementi degli investimenti in questa direzione. L’incidenza degli addetti alla ricerca sugli occupati totali tenderà ad aumentare, ma ad un tasso decrescente rispetto al periodo 2000-2005. 2.5 Mercati e organizzazione delle reti di vendita 2.5.1 Mercati nazionali Per ciò che concerne il mercato interno, le imprese destinano la maggior parte della produzione alle imprese ceramiche del distretto (Tab. 2.13). Queste imprese, oltre ad aver permesso lo sviluppo nella fase iniziale e averne protetto la crescita in seguito, assicurano ancora oggi uno sbocco significativo alla produzione dei costruttori di impianti. La domanda espressa ha assunto una valenza significativa non solo sul piano quantitativo, ma anche qualitativo interessando beni strumentali più complessi e quindi incalzando le imprese meccaniche a spostare verso l’alto gli standard tecnologici e prestazionali delle loro produzioni. Tabella 2.13 - Settore meccano-ceramico: i settori clienti delle imprese meccano-ceramiche Campione 2000 Ceramiche distretto Ceramiche no distretto decori - TF colorifici Meccano Ceramico Altro totale 2005 Ceramiche distretto Ceramiche no distretto decori - TF colorifici Meccano Ceramico Altro totale 2010 Ceramiche distretto Ceramiche no distretto decori - TF colorifici Meccano Ceramico Altro totale Fonte: Rilevazione diretta 106 Media 58,67 14,54 3,69 0,86 13,6 8,64 100 Media 54,71 16,44 4,4 0,84 13,33 10,07 100 Media 52,9 17,81 4,65 0,84 12,58 11,22 100 Un’altra quota della produzione è destinata sempre ad imprese ceramiche ma esterne all’area distrettuale e sparse un poco su tutto il territorio nazionale. Terzo mercato di sbocco è rappresentato dalle imprese che operano nello stesso settore meccano-ceramico. Rientrano in questo gruppo le imprese di sub-fornitura presenti nell’area ceramica con mansioni e posizioni diverse all’interno delle catene di subfornitura. Una pratica che si concretizza in vari flussi di parti o componenti, vanno dalle imprese specializzate di fase (che realizzano singole macchine o impianti) verso i grandi impiantisti, dalle imprese di fase verso altre imprese di fase (nel momento in cui una delle due assume il ruolo di main contractor e acquista da altri le macchine che non realizza internamente per poter completare l’impianto “chiavi in mano”), dalle piccole imprese che si dedicano esclusivamente alla sub-fornitura verso le imprese di fase o verso i grandi impiantisti. Una quota minore della produzione è destinata alle imprese che realizzano decori ceramici o terzo fuoco. Si tratta di un numero ridotto di aziende che si collocano per la maggior parte nel distretto e si dedicano alla realizzazione di corredi, pezzi speciali di completamento del prodotto ceramico. Marginale è la produzione destinata al comparto dei colorifici ceramici, mentre, una quota ridotta è destinata ad altri settori con produzione differente da quella ceramica ma con usi dei macchinari comuni. Analizzando la composizione della clientela in chiave dinamica risulta evidente la tendenza ad una riduzione del volume di fatturato generato dalle imprese ceramiche del distretto a favore delle imprese ceramiche fuori distretto e delle imprese del comparto corredi e terzo fuoco. Si tratta di una tendenza non notevole ma significativa. Nel complesso negli ultimi cinque anni i flussi dalle imprese meccaniche verso quelle ceramiche si sono ridotti del 4%. Il motivo alla base di questo cambiamenti è sostanzialmente la forte concorrenza che all’interno del distretto è diventata insostenibile e spinge le imprese a sottrarsi vicendevolmente commesse a colpi di ribassi sui prezzi. Molte imprese preferiscono articolare il proprio portafoglio clienti “uscendo” dal distretto e puntando su mercati nuovi, anche sul territorio nazionale, o riposizionare la propria produzione verso clienti che operano in segmenti meno affollati e che garantiscono una maggiore redditività (decori e terzo fuoco). La stessa tendenza si prevede per il futuro nel quale le imprese hanno dichiarato di continuare sulla scia tracciata da qualche anno. Si prospetta inoltre una riduzione delle sub-forniture all’interno del distretto, indicativo di una crescita delle piccole imprese e della loro maggiore autonomia manageriale. Oltre alla crescita della produzione destinata alle ceramiche esterne al distretto, si prevede di incrementare la parte rivolta a settori diversi dal ceramico. In realtà molto ridotta, e senza una chiara idea dei settori di approdo. In generale, si ravvisa una propensione da parte delle imprese del meccano-ceramico ad allargare la propria base di clienti. Si cerca, in altre direzioni, una profittabilità che con le imprese ceramiche distrettuali si è ridotta e non appare soddisfacente. Da qui potrebbe prendere corpo un allentamento e una riduzione dei rapporti tra imprese meccaniche e ceramiche, rapporto sul quale si è fondato il vantaggio competitivo e il successo sia delle prime sia delle seconde. Tuttavia, si tratta di una tendenza ancora lieve per poter parlare di grave rarefazione delle collaborazioni tra i due attori, ma se confermata nei prossimi anni potrebbe portare ad una perdita di efficacia dei meccanismi di funzionamento del distretto e lasciare spazio a scenari produttivi nuovi per la filiera ceramica, e probabilmente non positivi. 2.5.2 L’organizzazione e la rete di vendita La rete di vendita delle imprese del settore assume la classica configurazione delle reti che supportano gli scambi business to busines e le transazioni si sviluppano esclusivamente per mezzo di incontri tra i rappresentanti dell’azienda e la clientela. La rete di vendita da questo punto di vista assume un forte valore occupandosi di diverse attività (raccolta degli ordini, promozione del prodotto, specificazione delle sue peculiarità,…). A determinare la necessità di una rete ben strutturata, concorrono le peculiarità del prodotto, la sua complessità sul piano tecnologico ed il suo valore, talvolta elevato. Relativamente al territorio nazionale la struttura della rete di vendita è costituita prevalentemente da personale dipendente dell’azienda. La ragione di questa scelta va ricercata nella contiguità tra gli impiantisti e i produttori di piastrelle. In secondo luogo, il personale dipendente viene preferito per la conoscenza dell’impresa, delle sue caratteristiche, delle peculiarità dei suoi prodotti. Il contatto con un soggetto che vive giornalmente l’azienda e 107 conosce lo stile direzionale consente una trattativa più immediata, più spedita e che si adatta meglio alle esigenze del cliente. Sotto l’aspetto della personalizzazione del prodotto, l’approccio con il personale interno conferisce celerità ed efficacia alla relazione. Talvolta subentra anche la ricerca di una maggior tutela dei “segreti” relativi alle tecnologie prodotte, tutela che potrebbe venire meno qualora si rivelassero i particolari dei propri prodotti a soggetti legati con l’impresa da un semplice rapporto di agenzia facilmente risolvibile. Tra le 48 imprese che hanno formato la base dell’indagine, solo 9 (pari al 18%) hanno dichiarato di servirsi di agenti di vendita e la percentuale di fatturato da questi intermediato raramente supera il 50% (Tab. 2.14). Tabella 2.14 - Settore meccano ceramico: organizzazione della rete di vendita Tipologia di 2000 2005 venditore Media Media Agenti 6,68% 7,26% Dipendenti 93,42% 92,85% Altro 0,04% 0,04% totale 100% 100% Fonte: Rilevazione diretta 2010 Media 9,47% 90,69% 0,04% 100% Il resto del campione dichiara di aver realizzato il proprio fatturato totalmente per mezzo di personale dipendente dell’impresa. Delle imprese che si sono avvalse di agenti ben sei appartengono alle classi dimensionali minori lasciando intuire un utilizzo finalizzato a proporre prodotti standardizzati o poco innovativi e per coprire le aree di mercato distanti dal distretto. L’analisi in chiave dinamica, evidenzia una leggera tendenza all’ampliamento del ricorso al rapporto di agenzia da parte di imprese che già fanno ricorso a questa forma organizzativa. Da parte delle imprese che si servivano solo di personale dipendente viene ribadita la volontà, per il futuro, di mantenere una rete composta da personale interno. Evidentemente i fattori citati sopra, anche alla luce della dichiarata volontà di ampliare la propria clientela al di fuori del distretto, sembrano confermare l’utilizzo di una organizzazione di vendita interna anche per aree di mercato lontane dall’area della ceramica. 108 CAPITOLO TERZO IL PROCESSO DI CRESCITA INTERNAZIONALE Premessa Uno dei tratti maggiormente distintivi della “storia” delle imprese del meccano ceramico è la rapida e precoce ricerca di spazi alle loro produzioni sul mercato internazionale. Si è trattato di un’internazionalizzazione “parallela” a quella delle imprese ceramiche e dalle stesse non sempre salutata positivamente. L’apertura internazionale del settore comincia negli anni ’70 quando uno stallo della domanda interna conduce le imprese del settore a cercare all’estero quella crescita che sul mercato interno sembrava difficile. Le buone condizioni di vendita incontrate sui mercati esteri grazie alla superiorità riconosciuta ai prodotti producono un’ulteriore spinta all’internazionalizzazione commerciale. Nonostante il grado di apertura internazionale sia costantemente monitorato da ACIMAC che su base annuale ne segue le direzioni geografiche, il flussi di esportazione, il contributo fornito dalla diverse imprese per tipologia di produzione e profilo dimensionale, si è cercato di fare una lettura dei percorsi internazionali delle imprese che ne mettesse in luce non solo la dimensione mercantile/esportazioni ma soprattutto quella affidata a forme di presenza stabile di tipo commerciale e produttivo. A tal fine si è ricorso ad un’approfondita indagine sul campo che ha visto coinvolte 48 imprese, una base numerica ampiamente significativa e rappresentativa della realtà settoriale. 3.1 L’internazionalizzazione commerciale Le imprese intervistate collocano sul mercato circa la metà del loro fatturato12, valore che appare in crescita rispetto al passato e destinato – nelle intenzioni delle imprese – ad accrescersi in futuro. (Fig. 3.1). La minore pressione sui prezzi e i più ampi spazi di crescita sui mercati esteri sembrano essere le condizioni favorevoli per imprimere una spinta al processo di internazionalizzazione. Figura 3.1 - Settore meccano-ceramico: ripartizione del fatturato tra Italia ed Estero delle imprese intervistate 70,00% 58,52% quota di fatturato 60,00% 49,06% 50,94% 50,00% 41,48% 55,15% 44,85% 40,00% 30,00% 20,00% 10,00% 0,00% 2000 2005 Estero 2010 Italia Fonte: Rilevazione diretta Il dato si riferisce alla propensione media all’export delle imprese intervistate e non al valore della produzione che raggiunge i mercati esteri. 12 109 A segnalare con più forza questa volontà si propongono le imprese di dimensione minore, sia perché più in ritardo nella diversificazione dei mercati di vendita e sia perché più esposte alla pressione competitiva che condiziona il mercato all’interno del distretto. Il contributo maggiore all’alimentazione dei flussi di esportazione viene dalle imprese di dimensione superiori, che esercitano anche un ruolo importante nell’internazionalizzare i fatturati delle imprese minori coinvolte nella catena della sub-fornitura. Per queste imprese si tratta di una internazionalizzazione “indiretta” essendo l’accesso diretto al mercato estero in molti casi precluso causa la insufficiente dotazione di risorse e competenze. 3.1.1 I mercati Le imprese realizzano mediamente il 55% del loro fatturato in “mercati consolidati”, quali Unione Europea e Stati Uniti destinando la restante parte a “nuovi mercati” dell’Asia, Medio Oriente, Est Europa e, su questi ultimi, le imprese vedono le condizioni per la conquista in futuro di ulteriori spazi (Tab. 3.1). Tabella 3.1 - Settore meccano ceramico: quote fatturato realizzate in "mercati consolidati" e in "nuovi mercati" dalle imprese intervistate 2000 2005 2010 Tipologia di clientela Media Media Media Aziende ceramiche in mercati consolidati 58,6 55,08 50,81 Aziende ceramiche in nuovi mercati 41,29 44,81 48,98 Totale 100 100 100 Fonte: Rilevazione diretta Il quadro dei flussi esportativi realizzati dalle diverse imprese sui mercati segnala una certa eterogeneità di comportamento. A preferire le aree di mercato consolidato sono soprattutto le imprese minori, mentre sono le imprese maggiori che dimostrano una più spiccata propensione ad inoltrarsi in mercati più lontani o nuovi (Tab. 3.2). Questi mercati saranno però, in prospettiva, la meta anche per le imprese minori, mentre per le maggiori saranno terra di conquista di ulteriori spazi. Tabella 3.2 – Settore meccano-ceramico: composizione fatturato estero tra “mercati consolidati” e “nuovi mercati” per classi dimensionali Classi 2000 2005 2010 dimens- Ceram. mkt Ceramiche Tot. Ceram. mkt Ceramiche Tot. Ceram. mkt Ceramiche Tot. sionale consolidati nuovi mkt 2005 consolidati nuovi mkt 2000 consolidati nuovi mkt 2010 0-2,5 mil 64,50% 35,50% 100 62% 38% 100 56,11% 43,89% 100 2,5-5 mil 62,69% 37,31% 100 62,46% 37,54% 100 58,85% 41,15% 100 5-10 mil 57% 43% 100 63,08% 36,92% 100 53,08% 46,92% 100 10-25 mil 38,57% 61,43% 100 46,43% 53,57% 100 41,43% 58,57% 100 > 25 mil 35% 65% 100 47,60% 52,40% 100 28,60% 71,40% 100 Fonte: Rilevazione diretta Evidentemente la più intensa attività sviluppata dalle imprese maggiori sul mercato internazionale ha prodotto un abbassamento della soglia di rischio percepito, l’individuazione di nuove opportunità di business e la scelta di incrementare il grado di impegno sui mercati esteri. La mappa dei mercati serviti si presenta molto variegata e su questa primeggia la Spagna, meta preferita per molte delle imprese intervistate (Tab. 3.3). Questi itinerari di esportazione segnalano le aree di mercato dove la produzione di piastrelle di ceramica si va a localizzare, dove nascono oggi nuovi produttori e che potenzialmente saranno, nel volgere di qualche tempo, dei concorrenti sulla scena internazionale per i produttori di ceramica italiana. 110 Tab. 3.3 - Settore meccano-ceramico: paesi di destinazione dei flussi di esportazione delle imprese intervistate Paese di destinazione valore assoluto Valore % Argentina Brasile Cina Egitto Emirati Arabi Germania India Iran Messico Polonia Portogallo Spagna Tailandia Turchia Usa Totale imprese Fonte: Rilevazione diretta 1 1 1 1 1 3 2 8 4 3 1 16 2 1 3 48 2,1% 2,1% 2,1% 2,1% 2,1% 6,3% 4,2% 16,6% 8,3% 6,3% 2,1% 33,3% 4,2% 2,1% 6,3% 100,0 3.1.2 L’organizzazione di vendita sul mercato internazionale L’approccio ai mercati esteri avviene di norma - se non esclusivamente - attraverso la vendita diretta che può assumere la forma di rapporto diretto con il cliente, tipico degli stadi iniziali, o attraverso la rete di vendita dedicata, fino alla costruzione di una propria unità commerciale. Tra queste la rete di vendita (composta da personale interno ed esterno) si dimostra la modalità organizzativa preferita (Tab. 3.4). Si tratta di un assetto organizzativo destinato a mantenersi anche in futuro con qualche rinforzo apportato dall’apertura di filiali commerciali o di service. A conferire un maggiore “peso” alle forme organizzative di presenza all’estero concorrono le imprese più dimensionate (Tab. 3.5). Il confronto tra l’organizzazione di vendita messe in campo sul mercato domestico/distrettuale e su quello internazionale mette in luce come su quest’ultimo scacchiere di mercato le imprese dispieghino una rete indiretta e cioè composta da agenti di vendita. Fattori geografici (distanza dei mercati) e culturali (differenze linguistiche, di pratiche commerciali e manageriali) fanno prediligere questa figura di intermediario meglio introdotto sul mercato e relazionato con la clientela per la quale rappresenta un punto di riferimento più stabile. Ai vantaggi di tipo economico che si accompagnano al ricorso dei servizi offerti da questo intermediario si accompagnano anche dei limiti che si manifestano a volte nella superficiale conoscenza del prodotto trattato/venduto (se di una certa complessità tecnologica) e dell’azienda rappresentata, minore rapidità di risposta e capacità di interazione con il cliente che rendono più debole la relazione tra le parti. Questi deficit si abbattono significativamente nel caso si ricorra ad una forza vendita interna della quale occorre però sostenere anche l’onere, non compatibile con le fragili strutture organizzative e le gracili basi economico-finanziarie delle imprese del settore. Tabella 3.4 - Settore meccano-ceramico: tipologia di rete di vendita estera delle imprese intervistate 2000 2005 2010 Rete di vendita Media Media Media Agenti 44,58 44,38 43,02 Dipendenti 51,5 49,08 48,65 Filiali senza deposito 1,46 1,46 1,46 Filiali con deposito 1,52 4,15 5,94 Altro 0,94 0,96 0,94 Fonte: Rilevazione diretta 111 Tabella 3.5 - Settore meccano-ceramico: scomposizione rete di vendita per classi dimensionali Dimensioni Agenti 2000 Agenti 2005 Agenti 2010 0-2,5 mil 59,00% 58,00% 58,00% 2,5-5 mil 53,85% 55,15% 55,38% 5 - 10 mil 40,15% 33,92% 31,15% 10 - 25 mil 41,57% 47,43% 47,43% > 25 mil 48,64% 48,63% 47,99% Dimensioni Dipendenti 2000 Dipendenti 2005 Dipendenti 2010 0-2,5 mil 40,00% 40,00% 39,00% 2,5-5 mil 46,15% 42,54% 43,85% 5 - 10 mil 48,85% 46,54% 44,62% 10 - 25 mil 57,71% 49,71% 49,00% > 25 mil 48,18% 44,70% 44,12% Dimensioni Filiali senza deposito 2000 Filiali senza deposito 2005 Filiali senza deposito 2010 0-2,5 mil 0,00% 0,00% 0,00% 2,5-5 mil 0,00% 0,00% 0,00% 5 - 10 mil 4,62% 4,62% 4,62% 10 - 25 mil 0,00% 0,00% 0,00% > 25 mil 1,15% 1,15% 1,15% Dimensioni Filiali con deposito 2000 Filiali con deposito 2005 Filiali con deposito 2010 0-2,5 mil 1,00% 2,00% 3,00% 2,5-5 mil 0,00% 0,00% 0,77% 5 - 10 mil 2,92% 11,46% 16,15% 10 - 25 mil 0,71% 2,86% 3,57% > 25 mil 1,16% 4,08% 5,87% Fonte: Rilevazione diretta Pur essendo l’organizzazione commerciale sui mercati esteri meno sorretta da personale dipendente, rispetto a quanto avviene sul mercato domestico, rappresenta tuttavia un segnale della volontà delle imprese di ricercare una migliore integrazione con i mercati esteri. Con queste articolazioni le imprese riescono, infatti, ad estrarre un maggior numero di informazioni sul mercato, dare maggiore stabilità alle relazioni con la clientela, rispondere alle esigenze di adattamento e personalizzazione dell’offerta e in ultima analisi farsi interprete dell’azione di mercato dell’azienda. Si consideri, infine, che in alcuni casi, la scelta di avvalersi di personale dipendente si presenta obbligata soprattutto in paesi, come quelli dell’Est Europa, dove la figura dell’agente è poco diffusa. Anche per il ricorso al personale dipendente si associano limiti. In primo luogo di natura economica, che fanno scattare la convenienza al suo utilizzo solo in presenza di certe soglie di vendita. Talvolta la natura della retribuzione, che per l’azienda rappresenta un costo fisso, può costituire per il dipendente un fattore di scarsa motivazione. L’efficacia del dipendente, peraltro, comincia a manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo dal suo insediamento sul mercato individuato, a causa della scarsa conoscenza del mercato e della clientela. Una formula poco utilizzata dalle imprese per il presidio della domanda straniera e il supporto alla rete di vendita, ma che può definirsi un ulteriore passo in avanti rispetto ad agenti o dipendenti, è costituita dalle filiali senza deposito, uffici di rappresentanza, luogo di incontro con la domanda e segno visibile dell’azienda sul territorio. Fornisce un supporto alla rete di vendita di tipo informativo, tecnico e promozionale senza esercitare alcun ruolo di carattere operativo La costituzione di filiali con deposito che rappresentano lo stato più avanzato del cammino di internazionalizzazione commerciale, sembra essere la nuova frontiera per le imprese del settore. Questi presidi oltre ad essere sede per magazzini di parti e componenti, sono dedicate allo svolgimento di lavorazioni leggere di finitura del prodotto per la personalizzazione dell’offerta. Non si tratta di attività produttiva vera e propria ma di semplici lavorazioni per il completamento del prodotto. 112 Le funzioni di queste filiali (oltre che logistiche) sono: il coordinamento della rete di vendita, la definizione della politica distributiva, il mantenimento di una presenza stabile sul territorio e la cura diretta delle relazioni finanziarie, amministrative e di marketing. La filiale commerciale con deposito risulta una scelta quasi obbligata quando il prodotto presenta standard di qualità e di complessità più elevati e si fregia di un marchio visibile e riconosciuto sul mercato, quando vi è una domanda sostenuta sulla quale insiste una concorrenza agguerrita e più minacciosa. Elevati costi iniziali e costi fissi successivi (soprattutto per la presenza del personale) piuttosto rilevanti rendono questa soluzione organizzativa approntabile solo dalle imprese meglio dotate sul piano economico e solo sui mercati dove la domanda garantisce ritorni rilevanti. 3.2 L’internazionalizzazione produttiva La realizzazione di filiali o unità produttive rappresenta la formula più evoluta di presenza sui mercati internazionali. Lungo questa strada si consegue una maggiore integrazione con il mercato internazionale, si sposta il baricentro delle attività operative e si articola maggiormente l’assetto delle funzioni della gestionale aziendale. Le imprese del meccano ceramico inserite nel distretto di Sassuolo che hanno effettuato Investimenti Diretti all’Estero (IDE), sono 8, pari al 16,7% del campione, e per un totale di undici realizzazioni produttive (Tab. 3.6). Tabella 3.6 – Settore meccano-ceramico: IDE e caratteristiche delle sedi produttive estere Impresa Paese estero Da Forma Attività Destinazione Fatturato quale di svolte* produzione*** al 2004**** anno entrata** % su fatturato aziendale**** Numero Numero addetti addetti italiani m.l., Australia, Impresa 1 Indonesia 2001 1 2 1.000.000 30,06% 50 Malesia, Vietnam Russia 2005 1 2 m.l. n.d. n.d. 8 Impresa 2 India 2005 1 2 m.l. n.d. n.d. 10 Polonia,Est Impresa 3 Polonia 2004 3 2 670.000 18,87% 11 Europa Sud-est Impresa 4 Indonesia 2002 1 2 1.000.000 11,11% 22 asiatico m.l., Sud Impresa 5 Brasile 2001 1 2 2.500.000 20,89% 15 America Sud-est Impresa 6 Cina 2000 1,3 1 asiatico 2.343.194 2,69% 180 Spagna 1982 2,3 2 Spagna 15.571.000 17,87% 70 Cina 2004 2,3 2 m.l. n.d. n.d. 12 Impresa 7 Spagna 2004 3 2 Spagna 18.000.000 12,57% 12 Brasile 2000 1 2 Brasile 2.500.000 0,44% 28 Impresa 8 Cina 1992 1 3 Cina 5.000.000 0,87% 120 * (1) Produzione macchine/impianti; (2) Assemblaggio; (3) Produzione componenti/ricambi **(1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale; ***m.l.= mercato locale ****n.d.= non disponibile Fonte: Rilevazione diretta 0 1 1 0 3 0 1 1 2 1 3 8 Di queste, tre appartengono alla classe dimensionale maggiore (con fatturato superiore a 25 milioni di euro), una azienda alla classe di fatturato compresa tra 10 e 25 milioni di euro, una azienda alla classe di fatturato compresa tra i 5-10 milioni e tre aziende infine alla classe inferiore (2,5-5 milioni). 113 Un primo dato interessante è la presenza di imprese di dimensioni ridotte che riescono comunque ad avvicinare parte della loro produzione alla domanda sui mercati esteri. Tuttavia sono le imprese maggiori a farsi protagoniste di iniziative produttive all’estero. Si tratta in genere di iniziative recenti essendo i progetti in questione (tranne in un caso) realizzati dopo il 2000. Il paese nel quale è concentrato il maggior numero di investimenti è la Cina (tre), seguito da Spagna, Brasile e Indonesia (due filiali) e India, Russia e Polonia (un solo presidio). Per l’entrata le imprese si sono affidate in via preferenziale alla costituzione di una nuova impresa, soluzione che consente un elevato grado e libertà di definizione della struttura organizzativa e delle attività operative. In genere si è trattato di una scelta obbligata, non sussistendo sui diversi mercati la presenza di imprese candidate ad una acquisizione. Solo in due casi la forma d’entrata è stata rappresentata da acquisizione di impresa e joint venture con un partner locale. Questa scelta è stata motivata dai vincoli imposti dal governo nazionale (Cina). Relativamente alla tipologia di attività svolte, nella maggior parte dei casi, si tratta di attività di produzione di impianti (60%), in misura ridotta di produzione di ricambi e componenti (35%) e in misura marginale di assemblaggio (15%). In alcune sedi vengono realizzate tutte queste tipologie di attività. La produzione è destinata quasi esclusivamente al mercato locale. Non mancano, tuttavia, rari casi, in cui viene dirottata su mercati anche molto lontani beneficiando comunque di un risparmio in termini di costo (il costo di trasporto risulta inferiore alla differenza dei costi di produzione tra paese di destinazione/paese di produzione). Il valore complessivo della produzione realizzata nelle filiali estere dalle imprese intervistate si aggira intorno a 50 milioni di euro con una media di 5 milioni di euro per impresa. Sono le imprese più dimensionate a realizzare una quota di fatturato superiore, mentre è per le imprese minori che il fatturato realizzato nella filiale estera incide maggiormente sul fatturato aziendale totale (in alcuni casi pari fino al 30%). Il risvolto sul piano occupazionale si presenta differenziato tra le varie sedi, spaziando tra 8 e 180 addetti, in larghissima parte nativi. La numerosità della presenza di personale italiano è molto limitata non superando per l’impresa più internazionalizzata il numero di 8 addetti di nazionalità italiana. 3.2.1 Le iniziative produttive all’estero: motivazioni L’indagine ha permesso di rilevare le motivazioni sottese all’avvio di iniziative produttive all’estero (Tab. 3.7). In breve, queste iniziative hanno teso a: • • • • • ridurre i costi di produzione (2 imprese) ed il paese destinatario è la Cina; migliorare il presidio del mercato estero (7 imprese) e quindi facilitare la commercializzazione del prodotto a cui si associano riduzioni di costo (di produzione o di solo assemblaggio, di trasporto, tariffari e doganali); superare barriere istituzionali-governative all’entrata (2 imprese) e di nuovo il paese è la Cina; fornire una migliore gestione dei servizi e dell’assistenza alla clientela (6 imprese); offrire prodotti a condizioni più competitive per il mercato prescelto (3 imprese). Dal quadro sopra esposto può sorprendere come la riduzione dei costi non sia il fattore maggiormente preminente ad indurre le imprese a delocalizzare la produzione all’estero. Per comprendere questo comportamento viene in soccorso un’argomentazione ricorrente espressa dagli operatori del settore. Le imprese - affermano - hanno fatto della qualità e del contenuto tecnologico la variabile chiave della competitività. Il trasferimento della produzione in sedi operative lontane da dove avviene la progettazione e la sperimentazione del prodotto rischierebbe di compromettere la qualità e il valore dell’offerta aziendale. I costi, quindi, sono importanti ma non sono tutto. Le aziende che invece hanno trasferito parte della loro produzione allo scopo di ridurre l’incidenza dei costi dichiarano che si tratta di produzioni e lavorazioni esclusivamente di tipo labour intensive che non hanno in alcun modo ripercussioni sul valore del proprio prodotto. In sintesi, l’avvicinamento fisico della produzione al mercato ed al cliente, viene vista come una condizione che facilita l’interazione tra le parti, agevola l’adattamento dell’offerta e la sua personalizzazione e migliora la gestione dei servizi e dell’assistenza. Tutto questo riverbera effetti positivi sulla attività di commercializzazione e di vendita. Una internazionalizzazione produttiva, quindi, volta a rendere più internazionale le vendite. 114 Tabella 3.7 – Settore meccano-ceramico: motivazioni all’avvio di iniziative produttive Motivazione Contenimento costi di produzione no sì Totale Commercializzazione del prodotto sul mercato locale no sì Totale Superamento delle barriere istituzionali-governative all’entrata no sì Totale Migliore gestione dei servizi di assistenza pre/post-vendita no sì Totale Offerta di prodotti a condizioni competitive per il mercato di destinazione prescelto no sì Totale Frequenza Percentuale valida 6 2 8 75% 25% 100% Frequenza Percentuale valida 1 7 8 12,50% 87,50% 100% Frequenza Percentuale valida 6 2 8 75% 25% 100% Frequenza Percentuale valida 2 6 8 25% 75% 100% Frequenza Percentuale valida 5 3 8 62,50% 37,50% 100% Fonte: Rilevazione diretta 3.3 La delocalizzazione produttiva: una via senza ritorno? Come si immaginano il futuro le nostre imprese? Quale spazio ha in questo futuro l’internazionalizzazione della produzione. Il 70% delle imprese intervistate ha dichiarato di non avere alcun progetto riguardante la realizzazione di attività produttiva all’estero. La maggior parte di queste aziende rientra nella fascia dimensionale minore. Troppo ridotte le dimensioni aziendali, troppo modeste le risorse a disposizione per uscire dal distretto: un distretto che rischia di diventare una sorta di “gabbia”? In realtà sussistono altri fattori che rendono questa scelta non priva di fondamento logico e razionale. In primo luogo, il tipo di produzione che esse realizzano: il grado di personalizzazione e di adattamento alle esigenze del cliente piuttosto sostenuto, implica la realizzazione in “serie corte”, che impedisce la modularizzazione della produzione, facendo mancare la scala di produzione minima necessaria per giustificare il trasferimento della produzione all’estero, come può invece avvenire per prodotti standardizzati. In secondo luogo la difesa degli standard di qualità dell’offerta. L’esternalizzazione dell’attività produttiva comporterebbe, secondo molte imprese intervistate, la perdita del controllo sul processo produttivo, che, per questo tipo di aziende, rappresenta la principale area nella quale si sviluppa il vantaggio competitivo a cui si affidano per agganciare la domanda internazionale con l’esportazione. Le imprese che invece hanno dichiarato di prevedere la realizzazione di IDE sono in totale 14, il 30% del campione, che interpretano il distretto come “nido” dal quale ad un certo momento si può prendere il volo (Tab. 3.8). 115 Le mete identificate sono svariate, quasi tutte rappresentate da paesi in via di sviluppo (unica eccezione la Spagna), che offrono un maggior potenziale di crescita a seguito dello sviluppo di una industria ceramica locale. La lontananza, sia fisica che psichica, del paese prescelto aumenta con l’aumentare delle dimensioni aziendali, mentre le imprese minori preferiscono non allontanarsi eccessivamente dalla loro base operativa. I flussi maggiori si dirigono verso l’Est Europa e verso l’Asia. Una parte minore è diretta verso il Sud America e una quota crescente verso il Medio Oriente. Tabella 3.8 – Settore meccano-ceramico: imprese e mercati di destinazioni degli IDE futuri Classe Impresa Mercato dimensionale Estremo Oriente Impresa 1 5 - 10 mil Sud America Impresa 2 10 - 25 mil Romania Impresa 3 5 - 10 mil Cina Polonia Impresa 4 2,5-5 mil Spagna Impresa 5 5 - 10 mil Est Europa Sud America Impresa 6 5 - 10 mil Est Europa Impresa 7 2,5-5 mil Russia Impresa 8 > 25 mil Cina(o Asia) Impresa 9 10 - 25 mil Impresa 10 2,5-5 mil Est Europa Estremo Oriente Impresa 11 0-2,5 mil India Impresa 12 > 25 mil Impresa 13 5 - 10 mil Impresa 14 10 - 25 mil India Cina India Turchia Iran Tailandia Cina Brasile Messico Fonte: Rilevazione diretta Questi progetti di internazionalizzazione della produzione prenderanno la forma – secondo le intenzioni delle imprese – di costituzione di nuova azienda, di collaborazione con un partner locale, nella veste di joint venture, mentre minore sarà il ricorso all’acquisizione di impresa, modalità che se appare più costosa, assicura nel contempo economie di velocità (Fig. 3.2). L’attività assegnata a queste unità produttive sarà quella della produzione di macchinari e di impianti, seguita dall’attività di assemblaggio mentre solo in pochi casi saranno dedicate alla produzione di componenti e di ricambi. 116 Figura 3.2 - Settore meccano-ceramico: modalità di entrata prevista per gli investimenti futuri all’estero 30,43% 56,52% 13,04% Acquisizione di impresa Costituzione di nuova impresa Joint Venture con partner locale Fonte: Rilevazione diretta Relativamente al contenuto tecnico e di valore delle attività, nella nuova sede estera si provvederà a realizzare lavorazioni a basso contenuto tecnologico e ad alta intensità di lavoro (Fig. 3.3). Figura 3.3 -. Settore meccano-ceramico:tipo di attività da realizzare nelle future sedi produttive estere 43,48% 34,78% 21,74% Produzione macchine/impianti Assemblaggio Produzione componenti/ricambi Fonte: Rilevazione diretta Diverse le motivazioni fornite dalle imprese al basso livello di internazionalizzazione produttiva fino ad oggi realizzato: • la volontà di proteggere la qualità del proprio prodotto. Nei paesi potenziale sede di iniziative produttive, la qualità dei fattori produttivi non è eccellente: la cultura tecnica non è diffusa come nel distretto, le reti di sub-fornitura sono quantitativamente limitate e carenti sul piano qualitativo (più volte le imprese hanno fatto notare come componenti e materiali disponibili sui mercati stranieri siano di standard inferiore sotto il profilo prestazionale) e le materie prime possono essere reperite con difficoltà maggiore rispetto ai canali di rifornimento ormai collaudati presenti nel distretto; • la volontà di tutelare il proprio know-how. Trasferendo in altri paesi la produzione tecnologica più avanzata le imprese rischierebbero di nutrire lo sviluppo di temibili concorrenti che in futuro potrebbero intaccare la loro quota sul mercato mondiale. Ciò soprattutto in paesi dove le capacità di imitazione delle tecnologie è piuttosto diffusa e dove la tutela dei brevetti è praticamente inesistente. Per questa ragione esse preferiscono conservare internamente le produzioni tecnologicamente più innovative; • la “giovinezza” dei mercati meta di nuovi insediamenti produttivi che esprimono una domanda di modesta complessità e qualità dei beni strumentali e comunque inferiore a quella avanzata dalle imprese italiane del distretto. Anche questa giustificazione suffraga la decisione delle imprese. 117 3.4 La competitività delle imprese ceramiche italiane vista dai costruttori di tecnologia ceramica italiani I costruttori italiani di tecnologia ceramica per genesi (nati e cresciuti nel distretto), posizione ricoperta sul mercato (leadership tecnologica), ruolo svolto nel favorire la disseminazione della produzione di ceramica su scale mondiale, costituiscono degli osservatori privilegiati se non unici per esprimere indicazioni sul grado di competitività dei produttori italiani di piastrelle e di comparazione verso altri competitor internazionali. Alle imprese coinvolte nell’indagine è stato chiesto di esprimere un giudizio sul grado di superiorità (o di inferiorità) delle imprese ceramiche sassuolesi nei confronti dei concorrenti localizzati nel paese dove si realizza la quota più elevata del proprio fatturato estero (e che quindi presumibilmente conosce meglio) (Tab 3.9). Anche per questa rilevazione si è ricorsi ad un scala Likert 1-7 con la quale si sono graduati i giudizi di una serie di fattori di superiorità che a “grappolo” sono stai aggregati per grado di omogeneità interna . Tabella 3.9 - Settore meccano-ceramico: valutazione superiorità produttori piastrelle distrettuali, media dell'intero campione Aree di valutazione Media Prodotto Qualità tecnica del prodotto 5,92 Qualità estetica/stilistica del prodotto 6,19 Varietà (ampiezza gamma) 5,94 Tasso d’innovazione dei prodotti 6,27 Prezzo Prezzo basso (Low Price) 3,12 Value for money (rapporto qualità-prezzo) 4,59 Condizioni di pagamento 4 Comunicazione Immagine del Made in Italy 6,17 Forza dei brand aziendali 6 Servizio al cliente Servizi logistici (velocità e puntualità consegne, abilità gestione ordini, ecc.) 5,53 Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, campioni, cartelloni) 5,78 Altri servizi avanzati (formazione al distributore, assistenza pre e post vendita) 5,75 Fonte: Rilevazione diretta Per i costruttori di tecnologia, la superiorità dell’offerta italiana, emerge su due piani: il prodotto nelle sue componenti tecniche, estetiche e di composizione di gamma, il contenuto di immagine veicolato dal marchio di origine Made in Italy e dalla forza dei singoli brand aziendali. Il livello di superiorità scende, pur restando su valori elevati quando, il terreno di confronto è quello della logistica e dei servizi offerti alla clientela. Su quest’ultimo terreno alle aziende ceramiche italiane si riconosce una buona capacità di approntare servizi per la clientela (supporti espositivi, cataloghi, campioni, cartellonistica, e altri servizi quali assistenza pre e post vendita e la formazione al distributore). Il grado di superiorità si trasforma in grado di “inferiorità” se la valutazione si rivolge alla componente “competitività di prezzo”, dove la posizione dei produttori italiani appare molto debole per le condizioni di costo più onerose rispetto ad altri bacini di produzione. I paesi usciti come benchmark sono numerosi: dai paesi dell’Est Europa, a quelli dell’America Latina, da quelli del Medio Oriente e quelli dell’Asia. Una parte consistente del campione ha preso, come paese di paragone, la Spagna che ad oggi si presenta come il “maggior competitor”del distretto sassuolese. Ciò ha indotto alla riformulazione dell’analisi scindendo il campione in due gruppi. Il primo comprende le imprese che hanno indicato come mercato per il confronto la Spagna, che presenta un grado di sviluppo del settore molto più vicino al livello italiano. Il secondo, denominato “resto del mondo”, nel quale confluiscono per la maggior parte produttori dei paesi in via di sviluppo, i quali presentano un grado di competitività minore rispetto a quelli spagnoli. Prendendo in analisi il confronto effettuato con il gruppo di paesi “resto del mondo13” (Tab. 3.10), si denota che, riguardo alle qualità del prodotto (tecnica, estetica, tasso d’innovazione), è netta la superiorità del prodotto italiano rispetto al confronto con i produttori spagnoli. • • Argentina,Brasile,Cina, Egitto, Emirati Arabi, Europa dell’Est, Germania, India, Iran, Medio Oriente, Messico, Polonia, Portogallo, Tailandia, Turchia, USA. 13 118 Tabella 3.10 - Settore meccano-ceramico: confronto produttori piastrelle distretto vs produttori "resto del mondo" Prodotto Media Qualità tecnica del prodotto 6,03 Qualità estetica/stilistica del prodotto 6,39 Varietà (ampiezza gamma) 5,97 Tasso d’innovazione dei prodotti 6,27 Prezzo Media Prezzo basso (Low Price) 2,82 Value for money (rapporto qualità-prezzo) 4,61 Condizioni di pagamento 4,12 Comunicazione Media Immagine del Made in Italy 6,36 Forza dei brand aziendali 6,15 Servizi Media Servizi logistici (velocità e puntualità consegne,ecc.) 5,81 Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, ecc.) 5,88 Altri servizi avanzati (formazione , assistenza pre e post vendita) 5,78 Fonte: Rilevazione diretta Relativamente al fattore prezzo, gli intervistati hanno riconosciuto il prodotto italiano nettamente inferiore rispetto a quello dei competitor del paese di paragone. Sale invece, anche se di poco, la superiorità nel rapporto qualità-prezzo. In merito alle condizioni di pagamento il risultato è immutato e quindi si conferma una superiorità molto ridotta. Considerando la forza del Made in Italy rispetto al marchio nazionale degli altri produttori, lo scarto a favore dell’Italia sale fino quasi a raggiungere il punto più elevato della scala. Lo stesso dicasi per il valore dei marchi aziendali che si attesta intorno a valori vicini al precedente. Emerge ancora più fortemente come una quota importante del successo aziendale sia da imputarsi al marchio del paese di origine. Anche per quanto riguarda il servizio al cliente il confronto con i paesi “resto del mondo” evidenzia un decisa superiorità dell’offerta italiana. Alle imprese italiane si riconosce una maggiore capacità di sostenere il cliente sia con servizi logistici, alla vendita e di assistenza. Nel confronto effettuato con i produttori spagnoli la superiorità netta, ravvisata in precedenza tende a ridursi in misura significativa fino a diventare quasi minima (Tab. 3.11). Tabella 3.11 - Settore meccano-ceramico: confronto produttori piastrelle distretto vs produttori spagnoli Prodotto Media Qualità tecnica del prodotto 5,26 Qualità estetica/stilistica del prodotto 5,35 Varietà (ampiezza gamma) 5,59 Tasso d’innovazione dei prodotti 5,71 Prezzo Media Prezzo basso (Low Price) 3,66 Value for money (rapporto qualità-prezzo) 4,24 Condizioni di pagamento 4,17 Comunicazione Media Immagine del Made in Italy 5,82 Forza dei brand aziendali 5,58 Servizi Media Servizi logistici (velocità e puntualità consegne, ecc.) 4,96 Servizi assistenza al cliente (supporti espositivi, cataloghi, ecc.) 5,19 Altri servizi avanzati (formazione, assistenza pre e post vendita) 5,15 Fonte: Rilevazione diretta 119 Secondo alcuni intervistati, l’inferiorità delle imprese italiane è manifesta, e i concorrenti spagnoli hanno già superato l’Italia sul piano del prodotto (qualità tecnica, contenuto estetico, varietà e tasso d’innovazione). Nella media invece si evidenzia come la superiorità sia riconosciuta (soprattutto per il tasso d’innovazione dei prodotti e per l’ampiezza di gamma) ma nel complesso si tratta di margini piuttosto stretti. L’analisi relativa al fattore prezzo evidenzia un vantaggio lieve dei produttori spagnoli, mentre per il rapporto qualità-prezzo e per le condizioni di pagamento la situazione è di un sostanziale equilibrio. La superiorità dei produttori di piastrelle del distretto torna a farsi più consistente relativamente ai marchi aziendali e soprattutto del Made in Italy. Relativamente ai fattori legati al servizio si riduce la superiorità circa la capacità di offrire servizi logistici, mentre in merito ai servizi di assistenza al cliente i produttori sassuolesi risultano leggermente favoriti. In sintesi si deduce che i produttori italiani di piastrelle vantano nei confronti del “resto del mondo” una netta superiorità (tranne per la variabile prezzo), mentre questo vantaggio tende a diminuire sensibilmente se il confronto viene effettuato con i produttori spagnoli. 120 CAPITOLO QUARTO LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DELLE IMPRESE 4.1 La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese I tratti strutturali del settore, le strategie di mercato e le condotte operative delle imprese si riflettono sul piano economico e finanziario delle stesse in termini di performance economiche, di struttura degli asset patrimoniali e delle fonti di finanziamento attivate per sostenere lo svolgimento dei processi tipici14. La struttura del capitale investito riflette molti tratti tipici di imprese impegnate in attività produttive caratterizzate da cicli operativi scomponibili, forte destrutturazione dei processi produttivi e intenso ricorso al mercato delle lavorazioni e dei servivi (Tab. 4.1). Tabella 4.1 – Settore meccano-ceramico: attivo di Stato Patrimoniale aggregato del campione di 48 imprese (valori assoluti in 000 di euro e %) ATTIVO 2000 2001 2002 2003 2004 Immobilizzi materiali 39020 36548 12103 44141 34731 Immobilizzi immateriali Immobilizi finanziari Totale immobilizzazioni Rimannze Crediti Attività finanziarie Disponibilità liquide Totale Attivo Circolante TOTALE ATTIVO 6,98% 67767 12,12% 18629 3,33% 125417 22,44% 94486 16,90% 302364 54,09% 5436 0,97% 25453 4,55% 427739 76,52% 5,96% 74149 12,10% 20762 3,39% 131459 21,45% 98264 16,03% 329705 53,79% 3391 0,55% 42145 6,88% 473504 77,25% 2,47% 67023 13,68% 18091 3,69% 97218 19,84% 72097 14,71% 276137 56,35% 3231 0,66% 30892 6,30% 382358 78,03% 6,54% 72955 10,81% 24122 3,57% 97218 14,40% 107891 15,98% 359129 53,19% 4991 0,74% 51475 7,62% 523485 77,54% 4,66% 77854 10,44% 31109 4,17% 143694 19,26% 134527 18,03% 406748 54,52% 6918 0,93% 43191 5,79% 591384 79,27% 558974 100,00% 612965 100,00% 489997 100,00% 675118 100,00% 746008 100,00% Fonte: Banca dati AIDA La modesta e cedente incidenza degli immobilizzi materiali (impianti ed attrezzature) che nella fase finale del periodo è inferiore al 5%, segnala la ”leggerezza” di queste imprese. Allo stesso tempo le stesse dimostrano di fare leva ed affidarsi in misura più “pesante” su asset immateriali (brevetti, diritti industriali, licenze) a segnalare un impegno nell’attività di R&D che assorbe in modo significativo le risorse e l’impegno delle imprese, o almeno di una parte di esse. Come facile intuire, una verifica a questo riguardo ha portato alle imprese di maggiore dimensione, più attive nel condurre attività di ricerca ( anche di base) e di potersi permettere i costi della brevettazione, a differenza delle imprese minori che si limitano a svolgere esclusivamente ricerca applicata. Per orientare l’analisi su questo fronte si è proceduto si è attinto alla banca dati di bilanci AIDA, attraverso la quale si è costruito un bilancio somma delle imprese del campione e disaggregazioni per classi di ampiezza delle stesse. 14 121 Analoghe considerazioni si possono fare in merito alle immobilizzazioni materiali maggiormente incidenti sulla struttura del capitale delle grandi imprese rispetto alle piccole imprese dove si ricorre ad un utilizzo più intenso di manodopera e di macchinari di caratura ridotta. Da quanto emerso, si conferma come la maggior parte delle imprese presenti un elevato grado di destrutturazione, realizzando al suo interno una quota limitata di produzione esternalizzando o acquisendo parti da terzi e componenti per assemblarli prima di procedere alla vendita. Quindi, molte delle imprese del settore in realtà sono dei grandi assemblatori, fungendo da punto di raccordo tra le produzioni meccaniche delle imprese minori e artigianali. Il secondo tratto che conferma la combinazione dei fattori tipica di queste imprese è la composizione del capitale circolante dove, la limitata incidenza delle rimanenze a magazzino15 unitamente alla consistente e stabile rilevanza dei crediti commerciali16, segnala il prevalere di modelli di organizzazione della produzione su commessa. Le immobilizzazioni finanziarie, infine, superano di poco il 4% dell’attivo investito, quota in leggera crescita negli ultimi anni, ma pur sempre modesta. Questo è l’indicatore dell’assenza, in questo settore, di un mercato delle imprese e della costruzione di percorsi di crescita per via esterna e cioè attraverso acquisizione di imprese e di partecipazioni al capitale delle stesse. Nel complesso le immobilizzazioni costituiscono appena il 20% del totale degli impieghi. La maggior parte dell’attivo è rappresentato dalle attività correnti, soprattutto crediti, quindi attività ad alta rotazione. Coerentemente con la struttura del capitale investito - fortemente basata su componenti di capitale circolate – la struttura dei finanziamenti si sorregge in larga parte su fonti di debito e a breve scadenza e ciò comporta o potrebbe comportare forme di condizionamento esterno alla gestione di impresa (Tab. 4.2). Il modesto grado di capitalizzazione - di poco superiore al 27% nell’anno di punta, il 2002, e successivamente cedente - espone le imprese a condizioni di vulnerabilità inibendo aspirazioni di sviluppo, di consolidamento dimensionale e di avvio di progetti di lungo respiro. Tabella 4.2 – Settore meccano-ceramico: attivo di Stato Patrimoniale aggregato di un campione di 48 imprese(valori assoluti in 000 di euro e %) PASSIVO 2000 2001 2002 2003 2004 Capitale Totale Patrimonio Netto Fondi rischi Trattamento di fine rapporto Debiti a breve termine Debiti a medio lungo termine Totale debiti TOTALE PASSIVO 29.412 5,26% 120.378 21,54% 2.007 0,36% 18.060 3,23% 306.856 54,90% 96.771 17,31% 413.890 74,04% 36.260 5,92% 147.989 24,14% 5.602 0,91% 21.179 3,46% 323.578 52,79% 107.207 17,49% 429.838 70,12% 28.626 5,84% 135.901 27,74% 4.929 1,01% 19.522 3,98% 263.249 53,72% 61.033 12,46% 324.535 66,23% 52.079 7,71% 176.035 26,07% 9.468 1,40% 26.215 3,88% 339.557 50,30% 119.308 17,67% 459.207 68,02% 120.378 16,14% 176.943 23,72% 12.281 1,65% 28.886 3,87% 406.831 54,53% 116.480 15,61% 522.938 70,10% 558.974 100,00% 612.965 100,00% 489.997 100,00% 675.118 100,00% 746.008 100,00% Questa voce appare, peraltro in aumento, a seguito della politica praticata dalle imprese ceramiche di delegare ai fornitori la funzione di “magazzino”, rinunciando a detenere a scorta parti di ricambio o componenti la cui necessità potrebbe manifestarsi in modo improvviso e preferendo chiamare in causa direttamente il costruttore di impiaanti. Tra l’altro, la rapidità dei tempi di consegna e di intervento è stato segnalato in precedenza come uno degli attributi sui quali si costruisce la soddisfazione del cliente. Di conseguenza, le imprese impiantiste, per non farsi cogliere di sorpresa, preferiscono cautelarsi mantenendo delle scorte per poter rispondere repentinamente alla domanda. 16 Ciò conferma come la concessione di crediti e la dilazione di pagamenti siano pratiche diffuse a favore della clientela ceramica. 15 122 Fonte: Banca Dati AIDA In chiave dinamica si evidenzia come nel corso degli anni, l’indice di solidità del capitale sociale, si sia fortemente ridotto, soprattutto a causa dei forti finanziamenti provenienti dalla proprietà che hanno incrementato il capitale sociale per sostenere l’attività. Spicca, quindi, la cospicuità dei debiti sul totale delle fonti attivate. Nei cinque anni presi in esame la forbice spazia da un valore minimo del 66% ad uno massimo del 74%. Si comprende come sia importante il capitale di terzi nel finanziamento dell’attività aziendale. Una parte rilevante del totale debiti è rappresentato dai debiti a breve, la cui quota non scende mai al disotto del 50% del totale delle fonti. Ciò va connesso alle specificità del mercato, quello dei beni industriali, che prevede pratiche consolidate quali la concessione di ampie dilazioni ai clienti e l’ottenimento di altrettante dilazioni dai fornitori. Si rileva, quindi, come il ciclo monetario si discosti fortemente rispetto al ciclo fisico-tecnico della produzione aziendale. Nel complesso la maggior parte degli impieghi è finanziata dalle passività correnti che, nel 2004, superano il 54% del totale delle fonti, costituendo le passività consolidate invece una quota di poco superiore al 20%. Ne deriva un certo rischio finanziario per le aziende che si potrebbero trovare in difficoltà di fronte alle richieste di rimborso non programmate dei finanziamenti ottenuti a titolo di prestito. Ulteriori indizi sulla solidità della posizione patrimoniale e finanziaria delle imprese del settore, scaturiscono dall’analisi della correlazione tra le fonti e gli impieghi (Tab. 4.3). Tabella 4.3 – Settore meccano-ceramico: indici della struttura patrimoniale e della situazione finanziaria INDICE 2000 2001 2002 2003 2004 RIGIDITA' DEGLI IMPIEGHI 22,44% 21,45% 19,84% 14,40% 19,26% (Immobilizzazioni/Totale attivo) INDICE DI INDIPENDENZA FINANZIARIA 22,13% 24,44% 28,04% 26,25% 23,87% (Patrimonio netto/Totale Passivo) SOLIDITA' DEL CAP. SOCIALE 4,09 4,08 4,75 3,38 1,47 (Patrimonio netto/Capitale sociale) PESO PASSIVITA' CORRENTI 56,40% 53,44% 54,32% 50,64% 54,87% Passività Correnti/Totale Attivo PESO PASSIVITA' CONSOLIDATE 21,47% 22,13% 17,64% 23,11% 21,26% Passività Consolidate/Totale Attivo COPERTURA IMM. CON FONTI DUREVOLI 1,89 2,14 2,28 3,40 2,33 ((Patrimonio Netto+Passività consolidate)/Immob.) MARGINI E DI STRUTTURA -5.039 16.529 38.683 78.817 33.249 (Patrimonio netto - Immob.) COPERTURA IMM. CON FONTI PROPRIE 40,64% 44,00% 43,11% 45,78% 38,84% (Patrimonio Netto/Immobilizzazioni) Fonte: Banca dati AIDA Il grado di copertura delle immobilizzazioni segnala che le fonti durevoli permettono di coprire abbondantemente gli investimenti immobilizzati. La regola essenziale dell’equilibrio finanziario è rispettata, evitando che la scadenza di passività a breve possa portare alla necessità di ricorrere a costose fonti finanziarie o alla liquidazione di beni durevoli necessari all’attività aziendale. In questo caso le fonti durevoli permettono tra l’altro un ampio finanziamento delle attività correnti. In chiave dinamica si rileva come l’indice si sia mantenuto sempre su buoni livelli, anche se nell’ultimo esercizio si denota un calo dovuto soprattutto alla crescita delle immobilizzazioni di natura finanziaria. Un ulteriore segnale dello stato di salute finanziario delle imprese deriva dalla loro capacità di coprire, con soli mezzi propri, tutti gli investimenti in attività fisse, ossia in immobilizzazioni. In tal senso il margine di struttura risulta, per il 2004, superiore a 33 milioni di euro. Questo indica che le imprese riescono, servendosi esclusivamente di capitale proprio, a coprire tutte le immobilizzazioni. In chiave dinamica si ravvisa un continuo miglioramento del margine si struttura, che da negativo, nel 2000, è continuato a crescere in modo consistente anche se nell’ultimo periodo ha conseguito un brusco calo dovuto essenzialmente all’incremento delle immobilizzazioni e alla sostanziale stasi del patrimonio netto. 123 Informazioni ancora più dettagliate si possono dedurre dalla verifica dell’indice del grado di copertura delle immobilizzazioni con capitale proprio. Il rapporto evidenzia come il capitale proprio sia sufficiente a coprire tutte le immobilizzazioni e presenti anche degli avanzi con i quali finanziare parte della gestione corrente. Ciò consente di prevedere per le aziende una solidità patrimoniale di lungo periodo, a meno di forti erosioni del capitale stesso. L’analisi delle condizioni di liquidità riconferma la capacità delle imprese di far fronte agli impegni assunti, potendo contare sulle risorse generate dalla gestione aziendale (Tab. 4.4) Tabella 4.4 – Settore meccano-ceramico: indici di liquidità INDICE 2000 2001 CCN 115751 147072 Indice di disponibilità 1,38 1,45 MARGINE DI TESORERIA 20961 48271 Indice di liquidità 1,07 1,15 Fonte Elaborazione personale su dati AIDA 2002 116385 1,44 43781 1,17 2003 179353 1,53 71046 1,21 2004 178115 1,44 43108 1,11 4.2 La dinamica della gestione economica e le condizioni di redditività Anche su questo fronte, osservando la struttura del conto economico, si riverberano tratti di specificità settoriale e altri connessi al business model delle imprese del settore. La dinamica del valore della produzione fornisce una prima indicazione dei condizionamenti di natura congiunturale e non, che hanno disturbato l’agire delle imprese e frenato le loro performance economiche e di mercato. Si ritrova infatti il calo evidente della produzione negli esercizi 2002 e 2003, sui quali hanno influito la cedente intonazione degli scambi internazionali del dopo 11 settembre 2001 e la conseguente congiuntura negativa che ha investito l’economia mondiale. Da questa situazione di stasi le imprese si riprenderanno nel 2004 (Tab. 4.5). La struttura del conto economico segnala bene l’impostazione che guida lo svolgimento delle attività tipiche di impresa: l’elevata incidenza degli acquisti (materie prime, lavorazioni e servizi) riflette l’elevato grado di destrutturazione e l’ampio ricorso al mercato delle lavorazioni che comprimono verso il basso la generazione di valore aggiunto che nel periodo oscilla stabilmente intorno al 26%. A frenare la crescita del valore aggiunto, oltre al contenuto grado di internalizzazione di attività di tipo manifatturiero, concorrono inoltre il clima acceso del confronto competitivo tra le imprese che frena la capacità di valorizzazione della produzione sul mercato e la dinamica dei costi che si sviluppa ad un ritmo di crescita superiore a quello del fatturato. La leggerezza delle strutture aziendali, il ricorso al mercato consente di limitare il ricorso al fattore lavoro contenendo l’incidenza del suo costo rispetto al fatturato (16% circa nell’anno di fine periodo), che appare tuttavia sempre crescente nel tempo. Ad irrigidire questa voce concorre, quindi, non tanto la componente quantitativa, quanto quella qualitativa delle risorse umane impiegate. A valutazioni di altro genere si perviene, se il raffronto viene fatto sul valore aggiunto: in questo caso il livello di assorbimento non è mai inferiore al 55% e si presenta crescente nel tempo. Se ne deduce una sempre minore capacità delle imprese di remunerare gli altri fattori coinvolti nei processi gestionali oltre che assicurare una accumulazione di capitale per garantire all’impresa il suo sviluppo o almeno la sua sopravvivenza. La capacità di gestire con efficienza i processi tipici e le attività caratteristiche si mantiene bassa e cedente nel tempo: la dinamica del margine operativo lordo e netto ne sono la diretta conferma. Sui risultati prodotti dalla gestione corrente, gravano infine, oneri crescenti riconducibili alle politiche finanziarie delle imprese, residuando una redditività finale modesta e cedente che nell’ultimo anno di rilevazione è inferiore al 2%. 124 Tabella 4.5 - Settore meccano-ceramico: Conto Economico di un campione di 48 imprese (valori assoluti in 000 di euro e %) ∆% ∆% ∆% ∆% 2000 2001 2002 2003 2004 01-00 02-01 03-02 04-03 586.781 664.853 13,31% 644567 -3,05% 646.786 0,34% 739.612 14,35% Tot. Valore produzione 100% 100% 100% 100% 100% Materie prime e consumo 330.334 340.457 3,06% 306.209 10,06% 318.134 3,89% 371.533 16,78% 56,30% 51,21% 51,00% 49,19% 50,23% 106.642 128.575 20,57% 128.211 -0,28% 124.570 -2,84% 151.433 21,56% Servizi 18,17% 19,34% 18,77% 19,26% 20,47% 9.952 15.836 59,11% 17.120 8,11% 17.602 2,82% 18.193 3,35% Godimento beni di terzi 1,70% 2,38% 2,53% 2,72% 2,46% 148.000 172.967 16,87% 182.794 5,68% 181.977 -0,45% 194.178 6,70% Valore Aggiunto 25,22% 26,02% 25,86% 28,14% 26,25% 80.977 97.340 20,21% 108.326 11,29% 107.489 -0,77% 118.342 10,10% Totale costi del personale 13,80% 14,64% 16,83% 16,62% 16,00% 67.023 75.627 12,84% 74.468 -1,53% 74.488 0,03% 75.835 1,81% MOL 11,42% 11,38% 9,03% 11,52% 10,25% 20.731 18.262 11,91% 21.481 17,63% 29.879 39,09% 29.109 -2,58% TOT Amm.ti e svalut. 3,53% 2,75% 2,51% 4,62% 3,94% 45.606 56.688 24,30% 49.255 13,11% 42.535 13,64% 43.743 2,84% Risultato operativo 7,77% 8,53% 6,10% 6,58% 5,91% -8.400 -7.462 11,16% -9.389 25,83% -10.032 6,84% -10.512 4,79% Tot. Proventi e oneri finan. -1,43% -1,12% -1,07% -1,55% -1,42% 37.193 48.858 31,36% 46.294 -5,25% 30.954 33,14% 35.969 16,20% Risultato ante imposte 6,34% 7,35% 6,10% 4,79% 4,86% 18.807 21.901 16,45% 17.194 21,49% 18.352 6,73% 21.569 17,53% Imposte 3,21% 3,29% 2,29% 2,84% 2,92% 18.386 26.957 46,62% 29.100 7,95% 12.602 56,70% 14.400 14,27% Utile/perdita d'esercizio 3,13% 4,05% 3,80% 1,95% 1,95% Fonte: Banca Dati AIDA Nel complesso, seppur le imprese abbiano riorientato verso l’alto la curva dei ricavi di vendita, segnalano una difficoltà nel generare valore. Costo dei fattori, condizioni di ipercompetizione, deficit di condotta e di azione di mercato, sembrano essere i fattori deprimenti lo stato di salute delle imprese sul piano economico, per la cui ricostituzione non esistono facili soluzioni e rapidi rimedi. Tutti gli indicatori di redditività segnalano cedimenti protratti nel tempo (Tab. 4.6). Tabella 4.6 – Settore meccano-ceramico: indici di redditività Indice 2000 2001 ROE 15,27% 18,22% ROI 8,16% 9,25% ROS 8,01% 8,67% Fonte: Elaborazione personale su dati AIDA 125 2002 15,49% 7,62% 7,63% 2003 7,16% 6,30% 6,80% 2004 8,14% 5,86% 6,19% 4.3 Efficienza aziendale e produttività dei fattori Le condizioni del mercato della domanda (domestica ed internazionale), la crescente rivalità tra le imprese sul fronte dell’offerta pongono in primo piano la necessità di innalzare /difendere le condizioni di efficienza nello svolgimento delle attività aziendale e di migliorare il rendimento dei fattori produttivi. Anche su questo versante l’analisi - che è stata condotta ricorrendo a diversi livelli di disaggregazione e variabili esplicative - ha fornito utili indicazioni (Tab. 4.7) Tabella 4.7 – Settore meccano-ceramico: indici della produttività aziendale Indice 2000 2001 2002 Dipendenti 2482 3158 2967 variazione 27,24% -6,05% Fatturato 601.134 653.632 641.875 variazione 8,73% -1,80% Fatturato/dipendenti 242,20 206,98 216,34 variazione -14,54% 4,52% VA/dip 59,63 54,77 61,86 variazione -8,15% 12,95% Costo del lavoro pro-capite 32,63 30,82 36,27 variazione -5,52% 17,67% Costo del lavoro/valore aggiunto 54,71% 56,28% 58,63% variazione 2,86% 4,18% Fonte: Banca dati AIDA 2003 3330 12,23% 625.966 -2,48% 187,98 -13,11% 54,65 -11,67% 32,28 -11,00% 59,07% 0,75% 2004 2738 -17,78% 706.637 12,89% 258,09 37,30% 70,92 29,78% 43,22 33,90% 60,95% 3,18% ∆ 04/00 256 10,31% 105.503 17,55% 15,89 6,56% 11,29 18,93% 10,60 32,48% 6,23% 11,39% In primo luogo la dinamica della base occupazionale e del fatturato che sembrano muoversi in sincronia. La dinamica del fatturato o le aspettative relative sembrano guidare le imprese nel definire il dimensionamento degli organici e quindi anche il contributo del fattore lavoro alla generazione del fatturato e del valore aggiunto. L’analisi del valore aggiunto per dipendente ripropone di nuovo i problemi che incontrano le imprese nel conferire valore aggiunto ai loro prodotti. Nei periodi di espansione della produzione si nota ancora come i costi crescano in misura maggiore rispetto all’espansione del fatturato; si impiegano dosi crescenti di fattori produttivi, ma si conseguono risultati di vendita inferiori. Tutto ciò non va ascritto al solo fattore lavoro ma ne chiama in gioco anche altri (aumento dei costi delle materie prime, dell’energia, dei servizi), e non ultimo il deficit di approccio al mercato, verso il quale le imprese non riescono a far apprezzare pienamente il proprio prodotto, sia in ambito internazionale che ancor più distrettuale. Il costo del lavoro per addetto segue un andamento oscillante ed è fortemente legato alle politiche del personale ed il suo grado di partecipazione al valore aggiunto segue un andamento crescente. I dati aggregati, celano sempre differenze al suo interno, scontano effetti di compensazione, non riflettono correttamente il peso e la partecipazione al risultato dei diversi componenti. Ciò può verificarsi anche nel caso della realtà osservata, che a dire il vero presenta un elevato grado di omogeneità interna: imprese che condividono la stessa localizzazione geografica, specializzazione produttiva, profilo dimensionale, orientamento al mercato. Ciò nonostante non appare inutile affinare l’analisi, procedendo per disaggregazioni successive e tendo conto di una pluralità di variabili strutturali aziendali e dei loro comportamenti discriminanti. Il campo di analisi e verifica è quello dalle performance aziendali di tipo reddituale. L’analisi della redditività aziendale legata al profilo dimensionale delle aziende (dipendenti e fatturato) mostra un andamento comune ed uniforme a prescindere dalla dimensione aziendale: per i diversi gruppi di imprese la performance è cedente su tutto il periodo (Tab. 4.8, Tab. 4.9). Al loro interno si evincono dinamiche divergenti che sembrano segnalare un miglioramento delle performance al crescere della dimensiona aziendale: ciò si riscontra per il ROI ed il ROE. Tuttavia, l’ipotesi di una relazione tra la redditività e le dimensioni aziendali non si riscontra nelle imprese con numero di dipendenti al disotto di venticinque che rappresenta il secondo miglior risultato. Le imprese di 126 dimensione 25-50 dipendenti conseguono un livello di redditività della gestione caratteristica inferiore rispetto ai precedenti, con un ROE molto basso. Infine, le imprese con 50-100 dipendenti conseguono il risultato peggiore sia in termini di ROI che di ROE. Sebbene i migliori risultati siano fatti registrare dalle imprese maggiori (con più di 100 dipendenti) anche le piccole imprese dimostrano una discreta capacità operativa nello svolgimento dei processi tipici raggiungendo un grado di efficienza e di specializzazione equiparabile a quello delle imprese maggiori. Tabella 4.8 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE per classi di idpendenti Dipendenti indice 2000 2001 2002 ROI 7,66% 9,38% 4,98% ≤25 ROE 14,00% 35,56% 32,95% ROI 7,18% 10,50% 5,91% 25_50 ROE 12,43% 5,27% 5,46% ROI 8,32% 7,57% 6,20% 50_100 ROE 10,91% 11,27% 7,83% ROI 8,38% 9,36% 7,20% >100 ROE 18,14% 20,59% 16,97% Fonte: Elaborazione personale 2003 4,37% 26,77% 6,66% 2,58% 3,24% 1,41% 7,23% 7,55% 2004 5,33% 11,36% 4,97% 3,52% 2,83% 1,85% 6,95% 11,08% Tabella 4.9 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE in relazione al fatturato Fatturato indice 2000 2001 2002 ROI 5,79% 7,86% 3,77% ≤2,5 mil ROE 4,79% 149,70% 163,81% ROI 12,57% 11,47% 8,24% 2,5 - 5 mil ROE 14,56% 12,00% 9,98% ROI 6,59% 5,30% 3,50% 5 - 10 mil ROE 11,36% 6,97% 3,73% ROI 6,58% 15,45% 8,80% 10 - 25 mil ROE 10,71% 17,69% 32,19% ROI 8,70% 9,11% 7,13% > 25 mil ROE 17,12% 17,84% 8,95% Fonte: Ns. elaborazione 2003 1,66% 244,83% 7,69% 7,10% 3,56% 1,30% 7,74% 4,16% 6,87% 6,74% 2004 3,68% 32,80% 7,70% 5,24% 4,20% 2,80% 5,74% 5,08% 6,54% 9,65% Ulteriori indicazioni si estraggono leggendo le performance aziendali alla luce della specializzazione produttiva per famiglia di prodotti. Il criterio guida di aggregazione delle imprese è stato quello della produzione prevalente (Tab. 4.10). Tabella 4.10 – Settore meccano-ceramico: ROI per famiglie di prodotti Famiglie di prodotti 2000 2001 2002 Impianti completi 3,97% 2,10% 4,67% Preparazione terre 9,92% 8,83% 8,75% Formatura 7,17% 6,24% 6,03% Stampi 7,69% 7,82% 6,42% Essicazione 5,53% 6,09% 0,56% Smaltatuta 10,53% 12,60% 5,10% Stoccaggio 12,88% 17,69% 11,14% Cottura 6,06% 4,11% 5,36% Finitura 7,74% 12,44% 8,98% Scelta 12,40% 13,73% 4,21% Fonte: Elaborazione personale dati AIDA 127 2003 4,56% 3,22% 3,13% 3,42% -0,14% 9,14% 5,89% 4,19% 5,97% 10,64% 2004 4,54% 3,31% 3,47% 4,11% 9,04% 7,20% 10,94% 4,70% 5,94% 8,54% La famiglia di prodotti che sembra assicurare le performance migliore sul piano della redditività del capitale investito, è quella degli impianti di stoccaggio (circa l’11% nel 2004). A favorire questa posizione concorre anche l’elevato grado di specializzazione delle imprese: la quota minima della loro produzione realizzata nel comparto è pari al 50% per giungere in alcuni casi anche al 100%. Tutto ciò produce benefici effetti in termini di economie di scala, curve di esperienza e risparmio di costi. Seguono il gruppo di imprese produttrici di impianti di essiccazione (ROI=9%), e di macchinari per la scelta (ROI=8%). Chiudono i gruppi di imprese che producono impianti per la lavorazione delle terre e per la formatura, i cui indici risultano essere i più bassi tra le categorie esaminate. Da questa angolazione l’analisi fa emergere differenze sostanziali tra ambito di specializzazione e performance economiche. Sempre sulla strada della ricerca di fattori discriminanti ed esplicativi del diverso grado di performance economica tra le imprese, si è messo in campo l’impegno profuso dalle imprese nell’attività di R&D (numero di addetti impegnati in questa attività), riconoscendo alle imprese più attive di poter beneficiare di condizioni migliorative in termini di contenuto innovativo della produzione e, quindi, migliore capacità di valorizzazione della stessa sul mercato (Tab. 4.11). In questo caso il riscontro appare, almeno in parte, positivo. Il livello del ROI –ad esclusione della penultima classe di imprese - tende a salire al crescere degli addetti dedicati nell’attività di R&S. Questo legame appare ancora più forte se si considera il ROE. Tabella 4.11 – Settore meccano-ceramico: ROE e ROI in relazione al numero di addeti in R&S Addetti in R&S Indici 2000 2001 2002 2003 ROI 7,71% 10,47% 6,27% 6,30% ≤5 ROE 11,86% 19,73% 19,48% 12,06% ROI 9,32% 11,72% 7,98% 3,50% 5 - 10 ROE 13,69% 17,79% 10,92% 2,53% ROI 7,23% 9,09% 7,47% 5,01% 10 - 20 ROE 10,65% 17,02% 30,34% 2,06% ROI 7,98% 7,73% 5,13% 7,62% > 20 ROE 18,80% 17,91% 5,87% 8,67% Fonte: Elaborazione personale dati AIDA 2004 4,95% 6,21% 6,14% 7,84% 3,71% -1,07% 6,50% 10,61% Ultima variabile esplicativa della dinamica delle performance è il grado di apertura al mercato internazionale (Tab 4.12). In questo caso le imprese che realizzano oltre il 60% del fatturato all’estero conseguono il risultato migliore sia in termini di ROE e di ROI. Questi scendono lievemente se si considerano le imprese con un livello di fatturato estero tra il 30% e il 60% e si riducono ulteriormente se si isolano le imprese che realizzano all’estero solo il 30% del fatturato totale. Lo scarto di queste ultime nei confronti delle prime è di quasi dell’8% sul ROI e del 5% relativamente al ROE. Anche in questo caso, sembra potersi rinvenire un legame tra la redditività dei gruppi di imprese considerati e la variabile individuata Tabella 4.12 – Settore meccano-ceramico: ROI e ROE in relazione a quota di export su totale fatturati e destinazione export export indice 2000 2001 2002 2003 2004 ROI 11,07% 10,64% 7,20% 4,20% 5,80% ≤30% ROE 14,09% 38,47% 33,45% 48,58% 9,27% ROI 9,25% 12,11% 7,71% 5,46% 5,13% 30% - 60% ROE 13,13% 15,59% 11,81% 1,13% 5,60% ROI 7,45% 7,51% 5,23% 6,92% 6,26% > 60% ROE 17,17% 17,33% 13,83% 8,22% 9,76% ROI 9,42% 9,88% 5,86% 6,20% 5,51% mkt consolidati ROE 15,25% 28,10% 23,31% 19,69% 7,30% ROI 7,66% 7,66% 5,80% 6,19% 5,66% nuovi mkt ROE 15,16% 15,82% 12,32% 6,42% 8,06% Fonte: Elaborazione personale su dati AIDA 128 Il grado di apertura internazionale è stato, successivamente, disaggregato per direzione delle correnti di esportazione (mercato consolidato e mercati emergenti), prendendo come soglia minima il 60% delle vendite per le due distinte aree di mercato. In termini di ROI si coglie una dinamica cedente su entrambe le aree di sbocco, una profittabilità più elevata generata dai flussi di vendita verso i mercati consolidati (e quindi più ricchi, più evoluti sul piano tecnico e capaci di esprimere una domanda più sofisticata) rispetto ai nuovi mercati. Tale forbice, è andata però chiudendosi progressivamente per segnalare una inversione di tendenza. Tra le spiegazioni possibili, il grado di crescente determinazione con il quale le imprese si contendono gli spazi e le possibilità di vendita sui mercati consolidati (vicini sotto il profilo geografico e culturale) sul quale si indirizzano le imprese (anche quelle piccole) per stabilizzare i loro fatturati dovendo contrastare il cedimento della componente delle vendite sul mercato domestico. Il rallentamento della profittabilità dei mercati esteri potrebbe porsi in relazione a fattori contingenti (condizioni di mercato e transazioni commerciali particolari) unitamente ai vincoli connessi all’ingresso sul mercato che potrebbe restringere il numero di contendenti abbassando il livello di confronto tra gli stessi. 129 CONCLUSIONI L’ampia base di dati statistici ed informazioni messi a disposizione del lavoro di indagine sul campo consente di sviluppare alcune riflessioni e trarre qualche indicazione sugli scenari che attendono le imprese di questo settore, e da qui, provare ad avanzare qualche linea di azione. Le riflessioni che seguiranno saranno riferite alla porzione di settore presente nel distretto di Sassuolo, che come detto, costituisce la parte più corposa e la componente storica. Ciò, fa sì che esse siano estendibili in buona misura al settore nella sua interezza. Molti gli elementi emersi che suonano come conferma di cose note, non pochi anche gli elementi inediti o dei quali si supponeva la conoscenza. E’ su questi, in particolare, che ci si sofferma nello stendere queste brevi conclusioni, senza tuttavia ignorare le conoscenze acquisite e dalle quali si vuole iniziare. In primo luogo il volto delle imprese che con il loro profilo, orientamento strategico e condotta operativa, fanno assumere al settore tratti di forte specificità. La popolazione di imprese del meccano ceramico che insiste all’interno del distretto ceramico vede una diffusa presenza di imprese di piccola dimensione (oltre il 50% di loro realizza un giro di affari inferiore a 2,5 milioni euro), ed una esigua presenza di imprese di medio-grande dimensione (quelle con fatturato eccedente i 25 milioni di euro costituiscono solo il 4% dell’intera popolazione, contribuendo, tuttavia, per il 60% alla formazione del fatturato di settore). Si riscontra, quindi, una visibile polarizzazione dimensionale: pochi “grandi” attori in posizione dominante, che influenzano le dinamiche di settore e tracciano sentieri di sviluppo del comparto; una folta platea di piccole imprese, molte delle quali a scala artigianale, officine meccaniche, con assetti organizzativi molto semplici, con profili di competenza limitati e spesso relegate in una posizione di subfornitura che non sembra offrire spiragli di emancipazione. Nel gioco competitivo-cooperativo tipico del distretto, tuttavia, contano i grandi, ma sono importanti anche i piccoli. Simile polarizzazione dimensionale contribuisce a sancire una netta divisione dei compiti tra le imprese: per grado di autonomia, ruolo nella organizzazione della produzione, contributo nell’attività di ricerca e sviluppo, nei rapporti con il mercato e con la clientela. Nel tempo, questa divisione dei compiti, si è consolidata incidendo sui meccanismi di funzionamento del settore. Alle imprese maggiori assegna, così, il ruolo di full liner sul piano produttivo: produzione di impianti completi, e/o famiglie di impianti a maggiore complessità tecnica (di formatura, cottura, stoccaggio, scelta) data la necessità di scale produttive minime elevate per beneficiare di economie di scala; sul piano della R&D orienta le loro energie verso le innovazioni più “radicali”, nei rapporti con il mercato le propone nel ruolo di “capo-commessa” soprattutto per la parte – largamente preponderante – servita al mercato estero. Alle imprese minori, di rimando, richiede di dispiegare le loro risorse e competenze nella produzione di impianti o famiglie di impianti per le quali si necessita di soglie dimensionali minime ridotte e di più limitato knowhow: stampi, impianti per l’essiccazione, per la smaltatura, la finitura, il controllo della qualità e processo e gli strumenti di laboratorio; di perseguire miglioramenti ed innovazioni incrementali sul piano della ricerca, e di “agganciarsi” alle imprese capocommessa nel cercare di collocare quote di fatturato all’estero. Anche se nel corso del tempo non sono mancati “sconfinamenti” di campo la disposizione delle forze non ha visto grandi cambiamenti. Quando sono avvenuti, in parte sono stati favoriti da processi di up grading del profilo di competenza delle imprese, ma ancor più, dalle esternalità positive messe a disposizione dal distretto. La presenza di una ampia domanda sul piano numerico, articolata sul piano delle esigenze espresse e soprattutto contigua che insiste dentro il distretto, contribuisce a definire relazioni di canale di un certo equilibrio: ogni impresa dispone di un portafoglio clienti piuttosto esteso e solo in alcuni casi la dipendenza da uno/pochi clienti assume livello critici. Allo stesso tempo l’ampio fronte delle imprese tiene sempre elevato il confronto competitivo nel reggere il quale le imprese si affidano al contenuto innovativo del prodotto ed al contenuto di servizio: sul mercato distrettuale sono queste le leve competitive ritenute più efficaci. Nei confronti del mercato estero il mix di leve si articola maggiormente soprattutto per quanto riguarda le attività di service e di assistenza a favore della clientela. Ne discende un certo imprimatur che fa sì che le imprese siano tutte uguali (per storia, localizzazione, fattori mobilitati,…) ed al contempo tutte diverse. Questa diversità si coglie – non senza una certa difficoltà – sul piano 130 dell’orientamento strategico che guida il loro agire. Convivono infatti un diffuso orientamento al prodotto (miglioramento del contenuto tecnico e prestazionale), alla produzione (ricerca di efficienza e di economie), al servizio (rapidità di intervento, adattamento dell’offerta), ai mercati esteri (articolazione dei flussi di vendita e delle forme organizzativee di presenza). Questa varietà di indirizzi è di non poco aiuto nello stabilizzare le dinamiche della crescita del settore in una fase storica che vede l’industria ceramica locale perdere terreno in una competizione sempre più dilatata sul piano internazionale e con contendenti in campo sempre nuovi ed agguerriti. Lo spostamento del baricentro dell’industria ceramica su scala mondiale costringe quindi le imprese meccano-ceramiche a profondere rinnovati sforzi nel riorientamento della loro azione di mercato, peraltro, già in corso da tempo. Nuovi mercati geografici, nuove forme di presidio, nuove risorse e competenze sono i principali ingredienti che questa formula deve contenere per essere efficace. Su questo versante, la ricerca sul campo ha offerto più di un indizio sulla quantità/qualità dell’azione internazionale. Le imprese intervistate hanno dichiarato una propensione media all’export pari al 50% circa del loro fatturato. Di questi indizi: • • • molti segnalano condizioni di debolezza: approccio di tipo mercantile, verso mercati vicini, limitato supporto organizzativo; altri suonano come promesse per il futuro: date le trasformazioni in atto sui mercati ed il profilo di forza delle imprese, difficilmente potranno realizzarsi; altri, pochi invero, mostrano realizzazioni sul piano produttivo, messe in atto dalle poche imprese di medio-grande dimensione e destinate a non restare sole. Sono poche (8 in totale), di qualità e per questo ci si augura siano di buon esempio. Se per l’internazionalizzazione, il cammino è già stato aperto e la sperimentazione diffusa non può che arricchire il quadro dei risultati, lo stesso non può dirsi per l’apertura di percorsi che portino le imprese ad inserirsi in altri settori o aree di attività estranee alla filiera ceramica. Sotto questo profilo molte imprese (ma si potrebbe dire tutte) sono prigioniere dell’industria ceramica e per loro la prigionia si consuma dentro il distretto. Non si tratta certo di una colpa che può essere cancellata con interventi di grazia, di certo, però, questo stato di forte focalizzazione produttiva – che le imprese dichiarano di non voler allentare in futuro – non fa loro bene: indebolisce il loro profilo di forza, scoraggia la ricerca di opportunità in altri contesti produttivi e inibisce la voglia di sperimentare nuove formule imprenditoriali. E da questo, trarne insegnamenti utili anche per rinnovare il business model rivolto al ceramico. Il “fare dell’altro”, o “fare anche dell’altro”, per queste imprese, sembra poter attendere. La strada che porta ad innalzare il profilo di internazionalizzazione delle imprese, ad articolare maggiormente il loro raggio di azione in termini di contesti settoriali ed anche di arricchimento del loro profilo di competenza, si presenta però piena di ostacoli e di vincoli. Alla base ci sono condizioni di debolezza e di fragilità: la debolezza è alquanto evidente sul piano della dotazione di capitale (elevata sottocapitalizzazione) e delle contenute performance reddituali conseguite dalle imprese (povertà delle produzioni, elevati costi dei fattori, accesa rivalità sul mercato). Ne deriva una insufficiente alimentazione del processo di accumulazione, condizione necessaria per intraprendere o sostenere qualsiasi iniziativa di sviluppo. La fragilità si rivela sul piano dell’articolazione organizzativa, dei modelli gestionali, dei saperi e delle competenze sedimentate nelle imprese. Questo chiama in causa la dimensione ma ancor più la loro connotazione “distrettuale” che spinge più alla chiusura che alla apertura ed alla ibridazione. Un ulteriore tratto, infine, rende problematico - alla luce di quanto detto sopra - l’intrapresa di percorsi ad elevato contenuto strategico ed innovativo: la scarsa - se non totale – indisponibilità delle imprese a ricorrere a forme di tipo cooperativo (accordi, alleanze), per sostenere progetti ed intraprese che, per grado di impegno e di rischio, non sono alla portata di imprese singole. Una indisponibilità dichiarata e professata dalle imprese verso tutti gli attori della filiera ceramica. Questa scarsa cultura “collaborativa” che alberga nel settore, di per sé non sarebbe di ostacolo alla realizzazione di disegni strategici “di peso”o volti al consolidamento dimensionale e del profilo di competenza di imprese. Ciò potrebbe accadere se il settore offrisse condizioni favorevoli allo sviluppo del mercato delle imprese. In realtà il settore non esercita alcuna attrattiva presso investitori esterni e la prevalenza di imprese di piccola dimensione ed ancor più a carattere familiare rendono asfittico il mercato delle imprese all’interno del distretto. 131 In sintesi, un settore che ha dato un grande contributo all’industria ceramica italiana: ha agevolato i salti tecnologici, ha favorito l’innovazione del prodotto e ha rappresentato il punto di riferimento insostituibile all’interno del sistema ceramico. Ora, riproporsi anche per il futuro nel ruolo di “antenna tecnologica”, chiama le imprese del meccano ceramico a rivisitare in profondità orientamenti, competenze e comportamenti. È a loro che si guarda per poter disporre di nuove traiettorie tecnologiche e nuovi ingredienti capaci di rivitalizzare la base del vantaggio competitivo della nostra industria ceramica………..in un orizzonte che non sia, però, troppo lontano nel tempo. 132 BIBLIOGRAFIA ACIMAC - Indagini Statistiche Annuali Nazionali. 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Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di questa ricerca vi sono, quelli di : • • dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico, cogliendone le direzioni prevalenti e la portata; capire l’impatto di questi processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati ai diversi livelli del sistema del valore ceramico. Lo studio è dedicato al comparto dei colorifici ceramici. Il lavoro si compone idealmente di due parti distinte pur mantenendo una sostanziale unitarietà di contenuto. A differenziare le due parti concorrono la diversità delle fonti a cui si sono attinti i dati e le informazioni che fanno da supporto all’analisi: quest’ultima inoltre si sviluppa con due distinte finalità conoscitive. La prima parte del rapporto mira a tracciare il profilo del comparto dei colorifici ceramici sul piano strutturale, tecnologico e delle dinamiche competitive che animano le imprese. Questa rappresentazione è stata fatta attingendo a fonti secondarie, alle poche statistiche disponibili, per la verità scarse e frammentarie. Manca, a differenza di altri settori (ceramico, meccano ceramico), una fonte che in modo sistematico e continuativo riprenda i tratti strutturali e le vicende economiche del comparto. La seconda parte completa il quadro conoscitivo precedente e si pone l’obiettivo di fornire una lettura aggiornata della configurazione settoriale, delle dinamiche relazionali con l’industria ceramica nazionale ed estera e delle strategie di internazionalizzazione delle imprese. Questo percorso analitico è stato supportato da una ricerca sul campo che ha interessato tutte le imprese del comparto con sede produttiva/commerciale all’interno dell’area ceramica di Sassuolo. Ne scaturisce un disegno fresco ed originale al contempo. Alla fine le due parti si completano e si integrano dando unitarietà al lavoro. Almeno questo era il disegno originale a cui si è lavorato. Si ringraziano le imprese che con la loro disponibilità hanno reso possibile compiere il lavoro di indagine. Senza la loro collaborazione questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto possa essere di utilità anche per loro. Un ringraziamento particolare al dott. Daniele Bandiera (Presidente Ceramicolor e Ferro Italia) e al dott. Armando Meletti (Direttore Marketing Esmalglass) per la fattiva collaborazione offerta durante le fasi del lavoro e per il contributo critico all’analisi delle risultanze . All’interno del gruppo di lavoro del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, si è dimostrato fondamentale l’apporto della dr.ssa Silvia Grappi e del dr. Bernardo Balboni. Ovviamente, tutte le carenze ed i limiti della presente analisi sono imputabili agli autori. 137 CAPITOLO PRIMO IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI 1.1 Il comparto dei colorifici ceramici: ruolo e funzioni all’interno del sistema ceramico Il distretto della ceramica di Sassuolo con la sua iniziale - ed ancora oggi prevalente - monocoltura produttiva di piastrelle per pavimenti e rivestimenti ha visto, nel corso del tempo, la fioritura di diverse attività manifatturiere e di servizi strettamente connesse ed interdipendenti con la produzione di piastrelle. L’innesto di queste attività – in larga parte frutto di iniziative imprenditoriali locali, promosse da soggetti con alle spalle esperienze professionali maturate all’interno di aziende ceramiche – ha contribuito ad accrescere la “densità” del tessuto produttivo locale, a definire sempre meglio gli ambiti di specializzazione interni al distretto ed a stimolare le dinamiche innovative che hanno visto come principali beneficiare i produttori di piastrelle di ceramica. Tra queste attività una posizione di assoluto rilievo è occupata dai fornitori di fritte, smalti, coloranti ed altri prodotti impiegati nella decorazione del prodotto ceramico e cioè i colorifici ceramici: la tavolozza colori dell’industria ceramica (Fig. 1.1). Figura 1.1 - Sistema ceramico: produzione di piastrelle di ceramica ed attività collegate Adesivi e sigillanti Logistica e Trasporto Materie prime e impasti Colorifici Studi grafici e serigrafie Industria Ceramica Meccano Ceramico Attività di trading Corredi ceramici Imballaggi Fonte: Ns. elaborazione I colorifici ceramici indirizzano la loro produzione a diversi gruppi di clienti. Tra questi le imprese produttrici di piastrelle di ceramica che rappresentano lo sbocco di gran lunga più importante, seguono le imprese produttrici di corredi ceramici (o terzo fuoco), i colorifici che svolgono solo le fasi a valle del processo produttivo e le imprese produttrici di sanitari e di ceramica artistica (in misura molto marginale). 138 A questi diversi gruppi di clienti i colorifici ceramici rivolgono una gamma di prodotti destinata a soddisfare specifici bisogni (Tab. 1.1). Tabella 1.1 - Comparto dei colorifici ceramici: gruppi di clienti e bisogni soddisfatti Produttori di piastrelle Produttori di corredi di ceramici ceramica (Terzo fuoco) Bisogno Prodotto che soddisfa tale bisogno Colorifici Ceramici Smaltare il supporto della piastrella Decorare il fondo della piastrella Disporre di materie prime e semilavorati per il processo produttivo Fritte, smalti o composti, coloranti Prodotti per corredi ceramici e terzo fuoco (smalti e colori) Materie prime, fritte, coloranti Fonte: Ns. elaborazione Il bisogno di smaltare il supporto della piastrella può essere soddisfatto in diversi modi: alcune aziende ceramiche acquistano solo il semilavorato, la fritta, e provvedono autonomamente a realizzare lo smalto mentre altre acquistano il prodotto finito (il composto), mentre i produttori di corredi ceramici per la decorazione dei loro pezzi speciali possono contare su gamme di smalti e colori dedicate. Alcuni colorifici, infine, acquistano da altri colorifici materie prime o semilavorati necessari al processo di produzione. 1.2 La genesi, i protagonisti e il cambiamento Il processo di formazione del nucleo di colorifici presenti all’interno dell’area ceramica di Sassuolo, va posto in stretta relazione con: • le trasformazioni intervenute nel processo di produzione della piastrella, • il crescente rilievo assunto dalla componente estetica sul prodotto ceramico, • le scelte compiute dalle aziende ceramiche che hanno fatto della “fabbricazione” della piastrella il “focus” privilegiato della loro attività, ricorrendo all’esterno per una serie variegata di lavorazioni e servizi. In origine – inizi anni 60 – le aziende ceramiche provvedevano in via diretta ed internamente alla preparazione degli smalti da utilizzare nel processo di smaltatura. Tutte le principale aziende disponevano all’interno di forni fusori per la produzione di fritte da cui ottenere gli smalti. A quel tempo, il prodotto ceramico presentava una veste povera dal punto di vista estetico e modesto era, quindi, il contributo fornito dagli smalti alla valorizzazione della qualità del prodotto finito. Gli smalti erano sostanzialmente due: il bianco, il famoso “bianco Sassuolo”, ed il cristallino, uno smalto trasparente: entrambi erano utilizzati nella smaltatura delle piastrelle di bicottura da rivestimento. Questo assetto produttivo muterà progressivamente, ed in via irreversibile, a partire dagli anni ’70 a seguito delle spinte innovative che hanno pervaso l’industria ceramica sul piano del prodotto (tipologie, formati, attributi qualitativi) e del processo (industrializzazione e automazione delle diverse fasi di lavorazione). Simili dinamiche hanno spinto la aziende ceramiche a perseguire livelli di efficienza e di specializzazione sempre più elevati e delegare all’esterno le attività connesse alla preparazione degli smalti e coloranti. E, da questa esternalizzazione, prende corpo il processo di formazione del comparto dei colorifici ceramici che – a partire dalla fine degli anni ’60 – assume una identità settoriale definita e autonoma ma ancillare all’industria delle piastrelle di ceramica. E’ di quel periodo anche la diffusione di orientamenti della domanda di consumo – premianti un prodotto più ricco sul piano estetico e decorativo – che fece esplodere il fabbisogno di smalti (per quantità e qualità) al quale le aziende ceramiche non furono in grado di sopperire. Questa nuova ed improvvisa domanda fu colta e soddisfatta, inizialmente, da aziende esterne all’area di Sassuolo1, già inserite sul mercato quali fornitori di smalti e coloranti delle aziende produttrici di ceramiche artistiche. A beneficiarne all’inizio furono i Colorifici Fanciullacci, Colorobbia e Cover (Toscana), Bonaca (Romagna), Sedi (FiscianoSalerno) 1 139 Lo sviluppo del comparto sul piano territoriale in Italia avviene, quindi, soprattutto in Toscana, Romagna, Veneto e Umbria, regioni storicamente caratterizzate da una tradizione nella produzione della ceramica artistica. Da principio, smalti e composti venivano quindi “importati” dall’esterno del distretto. Il rapido e consistente incremento di domanda e i vantaggi offerti dalle economie di prossimità e localizzazione e l’esigenza di intrattenere rapporti più stretti con le aziende acquirenti hanno favorito un progressivo “avvicinamento” dei colorifici al distretto di Sassuolo. L’avvicinamento avviene per tappe successive: prima gli uffici di rappresentanza, poi i laboratori e, a breve distanza, le unità produttive. La struttura produttiva del comparto all’interno comincia a delinearsi sul piano strutturale e ad assumere una progressiva articolazione sul piano interno per specializzazione produttiva, tipologia e provenienza degli attori. All’interno dell’area prendono, così, avvio alcune iniziative imprenditoriali locali2 e, a soddisfare la domanda crescente di smalti, daranno un contributo anche alcune aziende ceramiche3. Sull’onda alta della domanda e degli ingenti profitti estraibili dalla produzione di smalti fanno l’ingresso sul mercato i miscelifici4. Erano questi colorifici a ciclo di produzione breve che acquisivano le materie prime e le fritte dai colorifici dotati di forni di fusori per proporre gli smalti alle aziende ceramiche. La flessibilità operativa, la velocità di proposta e la capacità di servizio offerta alle aziende ceramiche erano i fattori competitivi sui cui facevano leva per conquistarsi spazio sul mercato. E, nel confronto sul campo, i colorifici integrati spesso uscivano perdenti. Alla guida di questi miscelifici vi erano dei tecnici “fuoriusciti” da alcuni colorifici dell’area o incoraggiati dagli stessi ad avviare iniziative imprenditoriali indipendenti. Alla fine degli anni ‘70 inizio anni ‘80 avviene l’ingresso dei colorifici di matrice internazionale. Alcune grandi multinazionali attratte dalle opportunità di mercato generate dallo sviluppo dell’industria delle piastrelle di ceramica fanno il loro ingresso insediandosi sul territorio ceramico o nelle immediate vicinanze5. L’ingresso avviene in forza con laboratori, strutture di ricerca e reparti produttivi. Seguirà, a breve distanza, l’entrata di imprese di emanazione spagnola6. La veloce parabola ascendente delle imprese pioniere e le condizioni di elevata profittabilità - principali fattori di attrazione per nuovi entranti - si spegneranno intorno alla metà degli anni ‘80 in concomitanza della marcata battuta di arresto vissuta dall’industria ceramica. Di fronte a questa brusca e protratta frenata, alcune iniziative imprenditoriali – causa la debolezza sul piano patrimoniale-finanziario e la fragilità delle strutture organizzative - non ressero. Il fenomeno coinvolse in particolare il gruppo dei miscelifici che fu interessato da uscite dal mercato e ristrutturazioni societarie7. Verso la fine degli anni ’80 fa la comparsa nel portafoglio prodotti delle imprese ceramiche il gres porcellanato. All’inizio è solo porcellanato tecnico o tutta massa la cui colorazione richiede una grande quantità di pigmenti. Il forte aumento della domanda di questi materiali (molto costosi) apre per i colorifici una stagione di forte crescita del fatturato ed ancor più dei profitti. La stagione non durerà a lungo. L’avvento a partire dalla metà degli anni ’90 del gres porcellanato smaltato, la cui decorazione interessa solo la parte superficiale, e non tutto il corpo della piastrella, fa cadere drasticamente la quantità di pigmenti e smalti impiegati nel processo di decorazione8. Questo rovesciamento della domanda non tarda a riflettersi sulla struttura industriale del comparto dei colorifici. A partire dai primi anni ’90, infatti, si susseguiranno cessazione di attività e cessioni di azienda o rami di attività che porteranno ad una progressiva semplificazione e ridimensionamento della base del comparto9. 2 Tra le iniziative imprenditoriali di maggior rilievo su scala locale, è la nascita di Smalticeram, costituita da un gruppo di tecnici di provenienza ceramica, che dalla volontà iniziale di avviare una impresa nel settore piastrelle, finirono per concretizzarla nel comparto dei colorifici. 3 Il Gruppo Iris con la costituzione del colorificio Arco, la cui produzione sarà destinata in prevalenza alle aziende ceramiche del gruppo; Marazzi con la costituzione di Ramacolor (Anagni-Frosinone) e Gardeinia-Orchidea con Garcolor. 4 Tra questi, Comar, Chemical Center,…. 5 Si tratta di Ferro (Casinalbo-Modena), Degussa (Rolo-Reggio Emilia), la tedesca Bayer acquista Bonaca. 6 Su tutte, Esmalglas: impresa spagnola che vede nel nucleo iniziale dei fondatori tecnici e personale provenienti dalla multinazionale americana Ferro. L’ingresso avviene sulla base di un accordo con un’altra impresa, General Trade, ed a distanza di pochi anni vedrà crescere notevolmente il suo ruolo anche per il decisivo impulso dato alla attività di ricerca ed ancor più di customer service a favore delle aziende ceramiche del distretto. 7 Così, Comar confluirà in Colorveggia, Chemical Center in Italcolor, mentre altre imprese saranno risucchiate all’interno di processi di ristrutturazioni aziendali e di riconfigurazione societaria. 8 Si può stimare che da un consumo di un chilogrammo di smalto per metro quadro di gres porcellanato tecnico si sia passati ad un consumo di 100/200 grami per metro quadro di gres porcellanato smaltato. 9 Fanciullacci verrà acquisita da Johnson Matthey (1990), Bayer cederà Bonaca a Ferro (1993), Pardo che nel 1993 si era accorpata con Mastrogiorgio, verrà rilevata da Ferro (2000). 140 A favorire il processo di semplificazione e di razionalizzazione della base produttiva del comparto hanno contribuito - accanto all’avvicendarsi di periodiche “frenate” dell’industria ceramica e dei suoi salti tecnologici e di prodotto – anche la revisione delle politiche di approvvigionamento e più in generale delle relazioni tra aziende ceramiche e colorifici. Da una situazione tipica degli anni 70-80 in cui ogni azienda ceramica intratteneva rapporti con 10-15 fornitori di smalti si è passati alla fase - vicina ai giorni nostri - in cui le aziende ceramiche circoscrivono le loro relazioni di acquisto ad un numero molto limitato (2/3) fornitori. Ne deriva uno spostamento del potere negoziale a favore della clientela ceramica dove l’acquisto di smalti assume, spesso, i tratti tipici di un’asta. Non solo. In passato, si può affermare, che ogni piastrella di ceramica aveva il suo smalto dedicato. L’ampliamento e l’approfondimento della gamma di piastrelle generava di conseguenza una conseguente dilatazione delle proposte di smalti. Da questa situazione si è passati progressivamente a quella attuale che vede l’utilizzo di uno smalto/colorante base per la decorazione di più piastrelle ed una forte riduzione di componenti/materiali che entrano nel processo di decorazione. Ad indebolire, infine la posizione dei colorifici è intervenuto anche la perdita di ruolo e di influenza esercitati dai colorifici nel concorrere alla differenziazione della piastrella di ceramica sul piano estetico. In passato i caratteri di differenziazione e di unicità espressi da una determinata piastrella di ceramica si potevano ricondurre all’effetto ceramico e alla reazione chimica prodotta in fase di cottura. Anche questo si è in larga parte perduto: la differenziazione del prodotto è sempre più di tipo grafico e si ottiene con le tecniche e le applicazioni di tipo serigrafico. Queste tecniche sono patrimonio degli studi grafici e delle imprese di serigrafia. Attori, questi ultimi, che si sono inseriti nel sistema ceramico a partire dai primi anni ’80 trovando nei miscelifici (colorifici a ciclo breve) il loro interlocutore privilegiato: la flessibilità operativa dei primi si combinava con l’effetto grafico apportato dai secondi: da qui nasceva il contenuto di differenziazione della piastrella ceramica italiana che usciva vincente nel confronto con le altre produzioni a livello internazionale. Queste dinamiche non potevano che portare alla ricerca di dialogo tra colorifici (fornitori di hardware, lo malto) e studi grafici (fornitori di software, l’effetto estetico carpito dal mondo della moda, dell’arredamento e da altri mondi ancora). E’da quel mondo variegato e creativo che diverse aziende ceramiche del distretto cominciano a reclutare risorse umane da innestare nelle rispettive aree marketing, e laboratori che presidiano l’attività di innovazione prodotto-preparazione campionature e referenze (Fig. 1.2). Figura 1.2 - L’innovazione di prodotto nell’industria ceramica: protagonisti ed apporti distintivi Colorifici: fornitori di materie prime, smalti e pigmenti Meccano ceramico: fornitori di soluzioni tecnologiche e di applicativi (efficienza/economicità dei processi) Studi grafici: la mente dell’effetto estetico Azienda ceramica: produzione e commercializzazione della piastrella Fonte. Ns. elaborazione 141 Anche l’innovazione di processo intervenuta nella produzione e preparazione degli smalti ha avuto un ruolo importante nella modificazione delle condizioni operative all’interno dei colorifici ceramici. L’innalzamento progressivo del livello di automazione - quale ad esempio il passaggio alla calcinazione in continuo un tempo svolta manualmente - ha permesso forti aumenti di produttività degli impianti, una parallela forte riduzione di fattore lavoro che si sono riflessi in una decisa riduzione delle quotazione sul mercato dei pigmenti e dei coloranti10. Ne è seguito un innalzamento del livello di confronto tra le imprese – tese a ricercare economie di dimensione – che ha progressivamente depresso i margini e favorito il processo di selezione tra le imprese stesse. La “povertà” del prodotto (la fritta) non consentendo l’esportazione oltre un raggio di 1.000 chilometri spinge la ricerca di localizzazioni produttive a ridosso della clientela. Queste caratteristiche strutturali del business model nel settore dei colorifici ceramici lascia intravedere un assetto produttivo composto da un ristretto numero di imprese (3/4) in Europa al servizio della clientela ceramica. Se i colorifici ceramici hanno trovato nel grande sviluppo dell’industria ceramica il più importante fattore di localizzazione e di crescita, nel tempo, gli stessi si riveleranno una delle fonti di innovazione più generose a disposizione delle aziende ceramiche. E’ alla loro attività di sperimentazione, ricerca e di servizio che si deve in larga parte l’affermazione del prodotto ceramico sul mercato. La stretta interdipendenza con il settore ceramico ha finito per segnare le linee evolutive del comparto modificandone, nel corso del tempo ruoli e funzioni (Tab. 1.2). Negli anni ‘70 il comparto vive un momento di rapida crescita. Le imprese hanno potuto espandersi semplicemente seguendo lo sviluppo del settore assecondando la naturale crescita del mercato. E’ la fase dello sviluppo e del lancio della monocottura che discopre favorevoli prospettive e opportunità di sviluppo per tutti gli attori coinvolti nella filiera, colorifici inclusi. In questa fase il colorificio viene considerato come mero “fornitore di materie prime dell’industria ceramica”; Gli anni ’80, vedono l’industria ceramica alle prese con processi di aggiustamento sul piano strutturale, di razionalizzazione della produzione e di recupero di efficienza. E’ in questa fase che le aziende ceramiche imprimono una ulteriore spinta alla esternalizzazione di attività e di lavorazioni prima svolte internamente. Il colorifici modificano il loro ruolo: oltre a fornire materie prime diventano “fornitore di ricerca e di servizi”. Negli anni ’90 l’industria ceramica italiana sente salire la pressione competitiva sul mercato e reagisce con l’innovazione di prodotto (porcellanato)11 e il progressivo riposizionamento della produzione verso l’alto (arricchimento del contenuto tecnico ed ancor più estetico). Questa “virata” chiama nuovamente in gioco i colorifici, che diventano “ fornitori di estetica. In una prima fase hanno potuto beneficiare di una forte domanda di pigmenti e coloranti impiegati nella produzione di porcellanato a tutta massa, successivamente lo sviluppo del porcellanato smaltato se ha da un lato limitato le opportunità di business per alcune linee di produzione (pigmenti, coloranti), allo stesso tempo ha dischiuso nuovi territori di ricerca e di sperimentazione indirizzate a nuove linee di prodotto. I colorifici rappresentano ormai la “tavolozza colori” dell’industria ceramica. Sul finire degli anni 90 la crescita del mercato rallenta e anche per i colorifici si sta avvicinando la fase del riassetto strutturale: le imprese che vogliono espandersi sono indotte a misurarsi sulla quota di mercato. Gli anni 2000 si aprono all’insegna del cambiamento che si manifesta sotto forma di: • calo della domanda di smalti e coloranti riconducibile all’introduzione di tecniche di produzione (caricamento polveri e di smaltatura) che consentono risparmi nell’utilizzo di smalti e pigmenti e la prevalenza del gres porcellanato smaltato su quello a tutta massa all’interno del portafoglio prodotti delle aziende ceramiche; • accentuazione delle condizioni di maturità settoriale. Alla lenta crescita della domanda si associano condizioni di rigidità dell’offerta e conseguente eccesso di capacità produttiva, margini ristretti di Si è passati da una capacità produttiva di 2/3.000 tonnellate a 8/10.000 tonnellate di produzione. Il gres porcellanato, come noto, è nato nella versione “tutta massa” senza richiedere l’applicazione di smalto in superficie. Il prodotto viene “tinto” dagli ossidi coloranti e dai pigmenti (in grande quantità e di costo elevato), mescolati direttamente all’impasto attribuendo così colore alla piastrella nella sua interezza anche alla parte non visibile. A breve distanza seguirà il gres porcellanato smaltato ottenibile con costi di produzione inferiori rispetto a quella precedente: minor utilizzo dei pigmenti coloranti, minori scarti di produzione potendo eventuali imperfezioni del supporto essere “coperte” nella fase di smaltatura e applicazione in superficie di un sottile velo di smalto per la decorazione della piastrella. 10 11 142 innovazione di processo e di prodotto. L’azione esercitata da questi fattori risulta inoltre amplificata dalla forte dipendenza dall’industria ceramica. Ne consegue una diffusa omogeneità dell’offerta di prodotto che innesca logiche competitive basate sul prezzo che si cerca di contenere arricchendo di contenuto di servizio la relazione con la clientela (assistenza, flessibilità di risposta e personalizzazione); • innalzamento del livello di impegno e di risorse da dedicare all’attività di R&S. Ad accrescere il livello di responsabilità dei colorifici concorrono la tendenza delle aziende ceramiche clienti ad esprimere una domanda a crescente contenuto di innovazione (nuovi prodotti, soluzioni, servizi,…) a cui si accompagna un loro decrescente impegno sul piano della R&S che ne indebolisce la capacità propositiva; • obsolescenza dei prodotti. L’accesa competizione, la tecnologia di produzione ormai consolidata e la relativa facilità di imitazione, fanno si che il vantaggio competitivo associato ad innovazione si esaurisca nel giro di breve tempo. In questo contesto difficile, di crescente pressione competitiva e alimentato da fattori di natura prevalentemente strutturale i colorifici sono stati sollecitati a metter in campo strategie e risposte orientate in diverse direzioni: • ristrutturazione aziendale e di razionalizzazione dei processi produttivi. Gli interventi hanno teso al miglioramento delle condizioni di efficienza dei processi aziendali perseguiti in parte per via interna (dismissioni, rifocalizzazioni), e per via esterna (aggregazioni ed acquisizioni di impresa) favorendo la semplificazione della struttura produttiva del comparto ed il consolidamento dimensionale delle imprese; • avvio di processi di internazionalizzazione. In questa direzione le imprese (alcune di loro) hanno convogliato buona parte delle risorse seguendo – ed in alcuni casi giocando di anticipo - rispetto ai produttori di piastrelle. Migliori condizioni di costo e di opportunità di vendita sui mercati locali, base di una nascente industria ceramica, hanno guidato l’avvio di iniziative di natura commerciale e produttiva; • potenziamento dell’attività di R&S. Il depotenziamento continuo dell’attività interna alle aziende ceramiche e l’esternalizzazione delle attività di ricerca relative a smalti e prodotti per la decorazione, hanno indotto i colorifici (alcuni di loro) ad “attrezzarsi” con laboratori sempre più potenti e specializzati per fare fronte alla domanda delle aziende ceramiche sempre più “bisognose” di proposte innovative; • diversificazione produttiva. Per controbilanciare la flessione della domanda espressa dalle aziende ceramiche, i colorifici hanno cercato, infine, l’inserimento in contesti settoriali “vicini” sotto il profilo tecnologico: sanitari, vetro, ceramica artistica, etc. 143 Tabella 1.2 - Comparto dei colorifici ceramici: fasi di sviluppo e trasformazioni Fase (Anni ’60) Decollo rapido (Anni ’70) Sviluppo (Anni ’80) Maturità (Anni ’90) Saturazione (Anni 2000…..) Domanda Esigua Forte crescita Crescita elevata Riduzione tasso di crescita Stabilizzazione /calo Clienti La produzione di smalti e colori avviene all’interno delle azinde ceramiche. Imprese ceramiche esternalizzano la produzione di smalti e colori. Imprese ceramiche italiane. Imprese ceramiche italiane Avvio flussi di export. Imprese ceramiche italiane Sviluppo lento dell’export Inizio avvio iniziative produttive all’estero Sviluppo iniziative produttive all’estero Competitor Pochi e in rapido aumento In aumento. Aggiustamento assetto concorrenziale Consolidamento settoriale Semplificazione base produttiva Profilo delle imprese Colorifici di origine esterna all’areaa ceramica. Iniziative locali autonome. Iniziative di aziende ceramiche. Ingresso multinazionali Ingresso spagnoli Colorifici locali. Colorifici gruppi ceramici. Multinazionali. Imprese spagnole. Colorifici locali. Colorifici gruppi ceramici. Multinazionali. Imprese spagnole. Ruolo delle imprese Fornitori di materie eprime Fornitori di ricerca e di servizi Fornitori di estetica Fornitori di soluzioni e di customer service Livello di redditività Molto elevato Elevato Stabile In calo Grado di internazionalizzazione delle imprese Nullo Prime esportazioni Sviluppo (lento) export. Avvio produzione all’estero Sviluppo export. Sviluppo produzione all’estero Sviluppo intenso Sviluppo rallentato Maturità settoriale Stabilizzazione e consolidamento Dinamica industria ceramica italiana Decollo rapido Fonte: Ns. elaborazione 144 1.3 La tecnologia, il processo produttivo e i prodotti Il processo produttivo che sta alla base dell’attività dei colorifici ceramici si presenta semplice dal punto di vista della complessità tecnologica e scomponibile in diverse fasi consentendo alle imprese di scegliere la combinazione tecnico produttiva desiderata tra: ciclo completo, ciclo parziale e/o alcune lavorazioni (Fig. 1.3). Di seguito - senza entrare in dettaglio nelle caratteristiche di tipo tecnico - si fornisce una descrizione del processo produttivo soffermandoci su: le materie prime utilizzate, le fasi di lavorazioni, i prodotti e la loro applicazione nel processo di smaltatura della piastrella di ceramica e le implicazioni di tipo ambientale del processo produttivo dei colorifici ceramici. Figura 1.3 - Colorifici ceramici: processo produttivo Materie prime inorganiche Frittaggio Materie prime inorganiche Acqua + additivi Fritta Commercializzazione Fritta Composto Commercializzazione Composto insaccato Macinazione Commercializzazione Smalto liquido Smalto liquido Atomizzazione Legenda: = Fase del processo produttivo = Materiali che intervengono nel processo produttivo Fonte: Ns. elaborazione 145 Commercializzazione Smalto Atomizzato 1.3.1 Le materie prime Le materie prime ed i principali materiali di largo impiego nella produzione di prodotti per la smaltatura e decorazione della piastrelle di ceramica sono rappresentati da: • argille, minerali largamente disponibili in natura risultanti dalla miscela di silicati vari ed altri minerali quali calcite, dolomite, quarzo; • allumina, per la sua capacità di legarsi sia con silicio che con ossidi è il più importante stabilizzante di sistemi vetrosi ed è impiegata per controllare la viscosità e la resistenza meccanica degli smalti; • ammonio metavanadato: è aggiunto alle fritte perché lo ione vanadio ha elevato potere antiflocculante negli smalti e riduce la viscosità del fuso durante il processo di cottura; • sodio floruro: serve come opacizzante e materiale fondente; • nichel carbonato: viene utilizzato per introdurre nelle fritte ossidi di nichel; • ossidi: a base di rame (per la capacità di conferire a smalti e fritte colorazioni con tinte comprese tra il turchese ed il verde), a base di cromo ( è usato in pigmenti e fritte per produrre colori verdi, gialli e rosso) e a base di cobalto (impartiscono tinte blu); • composti: a base di piombo (impiego nella produzione di fritte e pigmenti per conferire lucentezza al prodotto); a base di bario (allo scopo di aumentare la brillantezza); a base di cadmio (per ottenere i colori giallo, arancio e rosso) e a base di antimonio (per ottenere colori giallo, bruno e arancio). Si tratta in prevalenza di sostanze chimiche (in particolare ossidi), sali e minerali aventi ciascuna funzioni particolari nel processo produttivo di fritte, smalti, pigmenti, etc. Si trovano per la maggior parte direttamente in natura o vengono arricchite mediante processi industriali (lavaggio, livisciazione, flottazione, separazione), oppure possono essere ottenute mediante processi di sintesi, chimici o termici. Tali materiali sono alla base della preparazione degli smalti, dei coloranti e dei colori ceramici. Ognuna di queste materie prime risulta fondamentale nella preparazione dei composti, in quanto contribuisce a fornire la tinta oppure a modificarne le caratteristiche fisico tecniche del preparato (durezza, viscosità, opacità, elasticità, resistenza, dilatazione, lucentezza etc...). L’impiego di materie prime inorganiche1 è reso necessario dalle elevate temperature (oltre 1000°) richieste da alcune operazioni del processo di lavorazione e una materia di tipo organico, dopo il processo, perderebbe le proprie caratteristiche iniziali. 1.3.2 Il processo produttivo Il processo produttivo dei colorifici ceramici inizia con la produzione della fritta che si ottiene da una miscela di materie prime sottoposte a fusione all’interno di bacini di frittaggio e successivamente raffreddata. Questa può essere avviata alla commercializzazione, oppure stoccata in silos per la successiva lavorazione di compostaggio dalla quale si ottiene il composto ceramico o smalto che può essere commercializzato in diverse soluzioni: • insaccato. Con questa prima modalità gli acquirenti provvedono all’esecuzione delle lavorazioni successive (miscelazione, macinazione,…). Da questo processo che dura circa una decina di ore si ottiene lo smalto che viene condotto alle linee di smalteria. In questo modo il cliente riesce a controllare direttamente la produzione integrando parte del processo produttivo. Questa modalità risulta essere quella maggiormente diffusa presso la clientela ceramica; • macinato. In alternativa il composto può essere venduto al cliente in forma liquida pronto per l’applicazione rimanendo quindi le lavorazioni di miscelazione e macinazione a carico del colorificio. E’ una modalità poco 1 Alcune tra le principali sostanze sono: argille, allumina, ammonio metavanadato, sodio fluoruro, nichel carbonato, rame ossidi, manganese ossido, cromo ossido, ferro ossido, cobalto ossidi, composti del piombo, composti del bario, composti del cadmio, composti dell’antimonio, caolino, etc… 146 praticata causa i maggiori costi (si trasportano acqua ed additivi che generano elevato volume) e le severe normative ambientali che regolano il trasporto di questi prodotti altamente inquinanti; • atomizzato cioè ridotto in polvere. Al cliente serve soltanto un’ora circa di lavorazione per riportare il prodotto in forma liquida e avviarlo alla linea di smalteria. In alternativa il prodotto può essere usato così come si presenta per speciali applicazioni a secco come le serigrafie, oppure ancora per la miscelazione con altri smalti, etc. Il prodotto atomizzato è un prodotto più omogeneo, quindi adatto per grandi produzioni. In genere è un prodotto certificato e testato. Presenta però il chiaro svantaggio di essere più costoso. 1.3.3 I prodotti I prodotti che i colorifici possono realizzare sono le fritte, gli smalti, i coloranti e i relativi ausiliari per ceramica e metalli, i pigmenti inorganici e gli ossidi metallici. Le fritte ceramiche costituiscono il semilavorato di base nella preparazione dei composti ceramici e degli smalti. Sono masse vetrose che si ottengono da una miscela di sostanze inorganiche2 portate allo stato di fusione e successivamente raffreddata3, da cui il loro necessario sgretolarsi per assumere la tipica forma dalla quale traggono, per analogia, il nome. Hanno due distinte destinazioni, a seconda che siano impiegate nell'industria ceramica come materiale coprente o con le stesse funzioni, ma diversamente trattate, in applicazioni sui supporti metallici. Le fritte sono normalmente i principali componenti degli smalti ceramici, degli smalti per vetro e per porcellane: I colori ceramici, generalmente adoperati per decorazione di piastrelle, stoviglieria e altri articoli ceramici, sono preparati a base di fritte, pigmenti ceramici e di varie materie prime inorganiche; la miscela di queste materie è macinata fino ad ottenere una polvere molto fine. Inoltre per poter essere applicati su supporto ceramico sono mescolati con sostanze organiche liquide per favorire l’aderenza al substrato. I pigmenti per ceramica sono solidi inorganici ridotti in particelle utilizzate come coloranti per la creazione di smalti ceramici o porcellananti per metallo4. Questi prodotti sono caratterizzati da straordinarie proprietà come intensità e purezza del colore, eccezionale capacità pigmentaria, caratteristiche di resistenza termica e all'aggressione degli agenti atmosferici e alla luce. Gli ossidi metallici trovano diffusione nei processi di reazione chimica per la produzione di pigmenti e fritte. Sono, tuttavia, presenti, grazie alle loro intrinseche qualità di tipo reologico, anche nella composizione di prodotti antiruggine e di stabilizzanti; sono indispensabili nella cristalleria tecnica e artistica e nella realizzazione di batterie. Si annoverano in questa tipologia gli ossidi di piombo, litio, alluminio, stagno e antimonio, questi ultimi apprezzati opacizzanti per smalti. I composti ceramici sono una famiglia piuttosto ampia di prodotti da cui ottenere prodotti pronti all’uso con successive lavorazioni. Il ciclo lavorativo prevede il solo dosaggio dei vari ingredienti (uno o più tipi di fritte, con l’aggiunta di pigmenti, sali ed altri additivi quali ad esempio resine e prodotti antiflocculanti) ed il conseguente confezionamento; le successive lavorazioni (miscelazione, macinazione, ecc…) sono svolte direttamente dal cliente che acquista il composto. I preparati ceramici comprendono i prodotti in polvere ottenuti dalla lavorazione dei composti e dai preparati si possono produrre gli smalti fluidi. Infatti, il risultato della miscelazione, macinazione ed essiccazione degli ingredienti sopra citati per la preparazione dei composti è un prodotto in polvere che, dopo l’aggiunta di acqua o solvente, assume aspetto fluido ed è pronto per essere applicato Nella produzione dei coloranti per l’industria ceramica si possono individuare quattro linee produttive (Fig. 1.4): ciclo di produzione dei pigmenti; ciclo di produzione delle fritte; ciclo di produzione dei composti e ciclo di produzione dei preparati. Le materie prime di base possono essere prodotti naturali o sintetici come ossidi, silicati, carbonati, silico-alluminati, borati, etc Il raffreddamento può avvenire con due distinti procedimenti: • per processo di laminazione tra rulli che trasforma il laminato vetroso in scaglie; • mediante libera caduta in acqua ottenendo dei granuli vetrosi. 4 Tra i più importanti componenti appartenenti a questa categoria, si ricordano: il biossido di titanio, gli ossidi e gli idrossidi di ferro, gli ossidi di cromo, ma anche di manganese, cobalto, rame e cadmio. 2 3 147 Figura 1.4 - Colorifici ceramici: fasi di lavorazione della produzione di coloranti per ceramica INGRESSO E STOCCAGGIO MATERIE PRIME PESATA MANUALE E MISCELAZIONE PESATA AUTOMATICA E MISCELAZIONE FUSIONE RIEMPIMENTO CASELLE, COTTURA (CALCINAZIONE) MANUTENZIONE FORNI FRANTUMAZIONE MACINAZIONE A UMIDO RAFFREDDAMENTO COLATA Acqua RAFFREDDAMENTO ACQUE LAVAGGIO DEPURAZIONE ACQUE STOCCAGGIO IN SILOS ESSICCAZIONE Fritte Additivi Fritte Pigmenti POLVERIZZAZIONE PESATA E DOSAGGIO Pigmenti Fritte Composti MISCELAZIONE ASCIUGATURA E GRANIGLIATURA CONFEZIONAMENTO COMPOSTI CONFEZIONAMENTO FRITTE CONFEZIONAMENTO PIGMENTI Composti Fritte MACINAZIONE A UMIDO MOVIMENTAZIONE MECCANICA CON CARRELLI ELEVATORI LAVAGGIO DEPURAZIONE ACQUE ESSICCAZIONE Pigmenti SPEDIZIONE PRODOTTI FINITI Preparati Fonte: A.R.P.A.T Azienda regionale per la protezione ambientale della Toscana 148 CONFEZIONAMENTO PREPARATI La produzione di pigmenti per ceramica si effettua attraverso le seguenti fasi: ingresso e stoccaggio delle materie prime, pesatura manuale e miscelazione degli ingredienti, riempimento delle caselle e cottura, frantumazione, macinazione ad umido, lavaggio ed essiccazione, polverizzazione e confezionamento. Le materie prime sono prelevate dal magazzino di stoccaggio e inviate alla stazione di pesatura ove sono dosate in maniera precisa, variabile da colore a colore. Un apposito miscelatore ha la funzione di mescolare accuratamente gli ingredienti di partenza; dopo che il miscuglio iniziale è stato reso perfettamente omogeneo, avviene in concreto la trasformazione del materiale in pigmento colorato: la cottura nei forni di sinterizzazione provvede a far sublimare l’agente cromoforo e ottenere così il prodotto grezzo. Prima della commercializzazione, il pigmento deve subire ulteriori processi di raffinazione e per questa ragione, viene prima frantumato e quindi sottoposto a macinazione in mulini a palle. Il fine prodotto ottenuto va purificato delle scorie contenute e quindi è trasferito in appositi contenitori che eliminano i sali solubili presenti. Il pigmento è quindi asciugato in camere di essiccazione, polverizzato e confezionato. Il ciclo di produzione delle fritte si articola principalmente attraverso le fasi: ingresso e stoccaggio delle materie prime, pesatura automatica, miscelazione degli ingredienti, fusione, raffreddamento della colata, stoccaggio in silos, confezionamento. Le materie prime, stoccate in grandi silos, sono inviate alla stazione di pesa dove è eseguito, in maniera del tutto automatica, il dosaggio degli ingredienti. Il miscuglio ottenuto viene caricato in un silo di alimentazione posto sopra la testa del forno: a questo punto una coclea introduce il materiale ed avviene l’operazione di frittaggio. Una volta raggiunta la temperatura adeguata alla tipologia di prodotto, la miscela fonde ed il prodotto risultante scorre fino all’uscita. Il raffreddamento della colata è ottenuto in genere per immersione in acqua da dove poi un trasportatore provvede a trasferirle in appositi contenitori. In alcuni impianti industriali questi recipienti sono movimentati da carrelli elevatori automatici governati da un sistema di guida laser. Le fritte prodotte sono insaccate direttamente oppure stoccate in silos per il confezionamento successivo. La produzione dei composti ceramici. Una parte delle fritte prodotte, invece di essere avviata alla distribuzione, viene rimessa in ciclo per dare origine ai composti ceramici. Assieme ad altre materie prime, le fritte sono pesate e la miscela risultante è insaccata ed avviata alla commercializzazione. Nel caso di grandi quantitativi, il dosaggio e il confezionamento sono eseguiti in una linea totalmente automatizzata. Il mescolamento dei vari ingredienti in genere non è richiesto in quanto viene effettuato direttamente dalle aziende produttrici di smalti che acquistano i composti ceramici come materia prima. L’ottenimento dei composti ceramici si articola principalmente attraverso le fasi d’ingresso e stoccaggio delle materie prime, di pesatura delle materie prime e delle fritte e di confezionamento. La produzione dei preparati rappresenta il naturale proseguimento della lavorazione dei composti. Gli ingredienti di partenza sono macinati ad umido, sottoposti ad essiccazione ed infine confezionati. Sono inoltre presenti attività lavorative trasversali alle varie fasi e cicli produttivi, quali la movimentazione meccanica dei carichi, la depurazione delle acque di scarico, la conduzione degli impianti di abbattimento delle emissioni in atmosfera e la centrale termica utilizzata per il riscaldamento dei locali. 1.3.4 I processi di applicazione dello smalto L’applicazione dello smalto sul supporto della piastrella di ceramica avviene con due distinti procedimenti: • applicazione a umido: Il supporto (o biscotto) in uscita dal forno di cottura si avvia alla linea di smalteria per la smaltatura, operazione che si svolge in due momenti sequenziali. In una prima fase avviene la colata dello smalto a cascata sul biscotto a cui segue la serigrafia piana o tramite appositi rulli siliconici su cui è stato inciso un particolare disegno, in negativo, che verrà poi “stampato” sulla piastrella. L’applicazione a umido, grazie alla fluidità dello smalto, consente di ottenere elevati livelli di definizione, di ottenere particolari effetti sulla piastrella (es. venature di pietre naturali) e ricreare sfumature altrimenti non riproducibili. A questo metodo di smaltatura si ricorre per la produzione di piastrelle per interni che devono risaltare il loro contenuto estetico; • applicazione a secco: seguendo questo procedimento si utilizzano composti macinati a secco o atomizzati. La linea di smalteria è molto più breve rispetto a quella precedente in quanto è assente la fase di colata dello smalto. Si da corso alla sola applicazione serigrafica per riprodurre il disegno da stampare sul supporto. L’applicazione a secco offre prestazioni, sul piano della definizione, notevolmente inferiori a quelli ottenibili con l’applicazione a umido. Trova comunque una diffusa applicazione nella produzione di piastrelle destinate ad essere impiegate all’esterno: prodotti che richiamano le pietre naturali o supporti 149 particolarmente ruvidi, porosi e grezzi dove non è richiesta una elevata qualità del disegno, in quanto è la pietra con la sua naturalità che contribuisce all’apprezzamento estetico. 1.3.5 L’impatto del processo produttivo sull’ambiente La produzione di composti e smalti ceramici avviene attraverso processi e lavorazioni che producono un forte impatto sia all’interno che all’esterno dell’ambiente di lavoro, e da qui, l’introduzione di normative di tutela e di controllo sempre più severe. Tra i problemi ambientali assume rilievo: • lo smaltimento dei rifiuti costituiti da: prodotti contaminati, fanghi da impianti di trattamento, campioni di laboratorio, effluenti da lavaggio di macchinari, e altri ancora. Tutti questi devono essere smaltiti secondo le vigenti norme in materia; • le emissioni provenienti da sorgenti utilizzate nel processo produttivo, ma anche nei prodotti finali che utilizzano come componenti materie prime tossiche: vapori di idrocarburi, particelle di polvere che provengono dalla preparazione di colori secchi e smalti, gas e vapori che si sviluppano durante il processo di cottura, etc. • l’inquinamento idrico, sia nelle fasi di immagazzinamento, che in quelle di movimentazione e smaltimento dei prodotti. Ne discende che le attività produttive debbano svolgersi nel rispetto di precise regole e severe normative al fine di preservare l’ambiente esterno, tutelare i suoi abitanti, ed i lavoratori a stretto contatto con questi materiali nocivi e spesso pericolosi. Adeguarsi, per i colorifici ceramici significa affrontare investimenti e costi anche ingenti (dotazione di impianti di smaltimento, mezzi speciali per il trasporto, rilascio di autorizzazioni, espletamento di diverse procedure ambientali) che incidono sui bilanci aziendali. Investimenti non strettamente richiesti nei paesi di recente industrializzazione, dove la tutela ambientale non è tra le maggiori priorità. E ciò, contribuisce a migliorare in misura ulteriore le condizioni di economicità già favorevoli consentite dal contenuto costo dei fattori (lavoro, energia e materie prime). Infine, vista la rilevanza che assume l’attività di R&S prodotti, un riferimento alla dotazione di laboratori, di attrezzature e di strumentazioni tecniche dei colorifici per lo studio e la messa a punto dei prodotti. Tali laboratori integrano al proprio interno tutti gli impianti maggiormente significativi nel processo di produzione della ceramica. Questi investimenti sono il frutto della stretta collaborazione tra produttori di tecnologia e colorifici, che attraverso tale integrazione possono garantire la più fedele riproducibilità delle idee, quindi dei prototipi, sulle linee di produzione dei clienti. Si tratta in particolare di laboratori che riproducono in scala ridotta la linea di produzione di una ceramica e, dato l’elevato costo dell’investimento e la complessità della gestione, sono presenti solo presso i colorifici meglio dotati sotto il profilo finanziario5 1.4 L’assetto strutturale e le dinamiche competitive Nel comparto dei colorifici ceramici il grado di tensione concorrenziale risulta elevato e fortemente influenzato da alcuni fattori strutturali, quali la localizzazione geografica delle imprese, il grado di concentrazione dell’offerta e le condizioni di sostanziale omogeneità del prodotto rivolto al mercato. A ciò si aggiunga la forte dipendenza dalla domanda espressa dalle aziende ceramiche. Per quanto riguarda l’aspetto della localizzazione delle imprese, si rileva un forte addensamento all’interno dell’area ceramica di Sassuolo: alla fine del 2005 le 24 imprese componenti l’intera popolazione dei colorifici su scala nazionale hanno sede legale e/o produttiva locale6 all’interni dell’area ceramica (Tab. 1.3) . Si citano il laboratorio Superlab Ceramica di Johnson Matthey creato nel 2001 e il Laboratorio CTE di Esmalglass attivato nel 2002. 6 Da questa condizione si dissociano i colorifici Colorobbia e Cover, provenienti dalla zona storica dei produttori di smalti e colori ceramici, la Toscana e il colorificio Vetriceramici, la cui sede legale è a Ravenna. 5 150 Tabella 1.3 - Colorifici Ceramici: Imprese e localizzazione geografica Impresa Localizzazione geografica Arco (divisione smalti Iris Ceramica) Cer.Ser S.r.l. Cerev S.r.l. Coloritalia S.p.a. Colorobbia S.p.a. Colorveggia Reire S.r.l. Cover S.r.l. Esmaglass S.p.a. Euroarce S.r.l. Ferro italia S.r.l. Fritta italia S.r.l. Garcolor S.p.a. Inco Industria Colori S.r.l. Intercolor Johnson Matthey italia S.p.a. Metco S.r.l. Ramacolor S.p.a. Reimbold e Strick Italia S.r.l. S.P.C. (Smalti per ceramiche) S.r.l. Sicer S.r.l. Smalticeram/Unicer S.p.a. Torrecid italia S.r.l. Vernis italia (Jolly Color) S.r.l. Vetriceramici Fiorano Modenese - Modena Fiorano Modenese - Modena Castelvetro - Modena Fiorano Modenese - Modena Sovigliana, Vinci - Firenze Veggia di Casalgrande – Reggio Emilia Cerbaia, Altopascio - Lucca Sassuolo - Modena Formiggine - Modena Fiorano Modenese - Modena Fiorano Modenese - Modena Spezzano/Fiorano Modenese - Modena Montebonello, Pavullo - Modena Sassuolo - Modena Modena - Modena Monteveglio - Bologna Anagni - Frosinone Fiorano Modenese - Modena Fiorano Modenese - Modena Spezzano/Fiorano Modenese - Modena Roteglia - Reggio Emilia Fiorano Modenese - Modena Fiorano Modenese - Modena Casola Valsennio - Ravenna Fonte: Rilevazione diretta A questo elevato grado di omogeneità sul piano localizzativo le imprese del comparto differiscono tra di loro per la presenza di diversi tratti quali: • grado di autonomia data la presenza di colorifici che sono integrati all’interno di imprese o gruppi ceramici. E’ il caso di Arco, la divisione smalti di Iris Ceramiche che oltre a produrre per il fabbisogno interno del gruppo (circa 1/3) vende anche al mercato (restante 2/3)7; di Ramacolor, integrato in misura totale in Marazzi Group. La sede e la produzione rimangono ad Anagni in provincia di Frosinone, e in questo caso la produzione è destinata quasi totalmente al fabbisogno del gruppo, anche se una parte marginale viene venduta anche all’esterno; di Garcolor integrato all’interno della Ceramica Gardenia Orchidea. • capitale a controllo estero. I leader mondiali nella produzione di fritte e smalti per la produzione ceramica sono entrati prepotentemente all’interno del distretto attraverso acquisizioni varie e costituzione di nuove imprese (Tab. 1.4). Spicca la presenza di operatori spagnoli - i maggiori produttori a livello mondiale di fritte, smalti e colori per la ceramica - fortemente integrati all’interno del distretto. 7 Questo è dovuto al fatto che le ceramiche del Gruppo Iris non sono obbligate a rifornirsi dei prodotti della divisione smalti del gruppo, cioè Arco, ma lo fanno se e nella misura in cui la qualità e il prezzo dei prodotti è compatibile con le politiche di acquisto della ceramica. Se Arco non è capace di stare sul mercato e di vendere anche alle ceramiche concorrenti di Iris non sarebbe considerata efficiente e tale inefficienza si rifletterebbe anche sul prodotto finito. Non avrebbe stimolo all’innovazione e alla competitività secondo l’ideologia di Iris Ceramica. 151 Tabella 1.4 - Colorifici Ceramici: la presenza di investitori e di capitale estero Gruppo Controllata italiana Provenienza capitale Torrecid SA. Torrecid Italia Reinbold & Strick Italia Spagna Esmalglass Itaca Group Esmalglass Spagna Fritta Fritta Italia Spagna Vernis Vernis Italia Spagna Euroarce Euroarce Spagna Colorificio Ceramico Bonet Cer.Ser Spagna Ferro Corporation Ferro Italia Stati Uniti Johnson Matthey Ceramics Plc. Johnson Matthey Ceramics Italia Regno Unito Fonte: Rilevazione diretta Il comparto accompagna ad una base produttiva limitata anche un elevato grado di concentrazione tecnica che è progressivamente cresciuto nel tempo (Tab. 1.5). Col passare del tempo l’assetto strutturale ha assunto tratti sempre più marcati di polarizzazione: da un lato un numero ristretto di attori in posizione dominante e impegnati a rafforzare il loro dominio, attorniati da un numero relativamente elevato di competitor di taglia inferiore. Tabella 1.5 – Colorifici Ceramici: Fatturato e quota di mercato delle maggiori 4 imprese*. Imprese Fatturato (000€) Quota di mercato (%) Prime quattro imprese Restanti imprese 2000 2004 2000 2004 287.998,40 199.184,88 310.722,38 207.408,12 59,04 40,86 59,97 40,03 518.121,50 100,00 100,00 Totale comparto colorifici ceramici 487.783,28 Ns. elaborazione * Non sono comprese i colorifici integrati all’interno di gruppi ceramici Il processo di concentrazione e razionalizzazione – al pari di quello che ha coinvolto l’industria ceramica – ha portato così alla semplificazione della base produttiva ed alla affermazione di alcuni attori meglio dotati sotto il profilo dimensionale e delle risorse a loro disposizione. Alla base del processo di concentrazione stanno diversi fattori: • la diminuzione del consumo di smalto, causato sia da una minore quantità utilizzata per metro quadro di superficie di piastrella da decorare, sia dal cambiamento nelle tipologie dei processi produttivi (dalla bicottura, alla monocottura, fino al gres porcellanato smaltato); • la pressione competitiva ed il clima di crescente rivalità tra i colorifici che hanno portato ad un progressivo peggioramento delle condizioni di redditività. In questo quadro alcuni attori in debole posizione, hanno lasciato il mercato o rinunciato alla loro autonomia mentre altri meglio dotati hanno puntato al consolidamento dimensionale attraverso acquisizioni di imprese (Tab. 1.6). Il salto dimensionale ha finito così per rappresentare la condizione necessaria per poter rafforzare la loro capacità negoziale a monte e valle, dispiegare i processi produttivi in condizioni di maggiore efficienza, beneficiare di economie di scala. Il tutto finalizzato a contrastare la caduta dei margini. 152 Tabella 1.6 - Colorifici Ceramici: Principali acquisizioni d’impresa Impresa acquisita (anno di acquisizione) Impresa acquirente Colorveggia-Reire Ferro Corporation Sicer Smalticeram Cover Cerdec Ceramics (2004) Smaltitalia(2004) Colorificio A.S.(2000) Torriana (2004) Unicer (1997) Torrecid Reinbold e Strick Italia (2005) Intercolor Motivazioni e obiettivi acquisizione Marchio, rete e quota di mercato Integrazione completa Integrazione completa Integrazione completa Integrazione completa Miniere di materie prime e minerali, capacità produttiva, brevetti, marchio, rete distributiva e quota di mercato Fonte: Rilevazione diretta Ne deriva che un numero ristretto di imprese controlla circa il 60% del mercato degli smalti e prodotti destinati alla decorazione di prodotti ceramici (piastrelle e non). Ad ostacolare l’ingresso di nuovi entranti concorrono inoltre diverse barriere: il basso sviluppo della domanda in Italia, l’elevato grado di concorrenzialità, la modesta redditività se rapportata al livello degli investimenti da mettere in campo, le forti restrizioni all’avvio di nuove iniziative a livello locale causa la bassa eco-compatibilità dei processi di lavorazione. Infine, il dispiegarsi di campagne acquisitive – tipica manovra per conseguire la crescita in condizioni di maturità settoriale – lasciano intravedere all’orizzonte un ulteriore compattamento del fronte dell’offerta. Per quanto riguarda il grado di differenziazione del prodotto i colorifici ceramici cercano di rivolgere al mercato un’offerta con tratti distintivi di tipo tangibile (qualità fisico-tecnica del prodotto) ed intangibile (assistenza, flessibilità operativa, sperimentazione e test di prodotto, rapidità di riposta). Nel caso specifico, la qualità “tecnica” del prodotto si presenta stabilizzata, uniforme tra i diversi offerenti e con ristretti margini di innovazione. Ciò innesca dinamiche di price competition tra i colorifici alimentate da una ricerca di prodotti a prezzi sempre più bassi da parte della clientela acquirente. Il servizio – senza perdere di vista i costi – diventa il vero terreno sul quale costruire la distintività dell’offerta e saldare la relazione con la clientela. Questa non si esaurisce con la vendita del prodotto, ma prevede l’intervento del colorificio nella fase di messa a punto sugli impianti produttivi delle aziende ceramiche che vede il personale tecnico del colorificio lavorare a stretto contatto con quello della impresa acquirente. La differenziazione – costruita su elementi tangibili ed ancor più intangibili – comporta, quindi, per il colorificio elevati e crescenti investimenti nella ricerca, nella progettazione ed industrializzazione del prodotto e nel predisporre il servizio alla clientela. In particolare l’attività di Ricerca & Sviluppo ha finito per assumere nel tempo un ruolo sempre più fondamentale avendo le imprese ceramiche esternalizzato tale attività e ricorso, nella maggioranza dei casi, alla capacità progettuale del colorificio. Tutto ciò induce alla diffusione di logiche competitive ed alla creazione di condizioni di mercato tipiche dei contesti di oligopolio differenziato (Fig. 1.5). Figura 1.5 – Comparto dei colorifici ceramici: forma di mercato differenziazione prodotti Concentrazione offerta alta bassa alta Oligopolio differenziato Concorrenza monopolistica bassa Oligopolio puro Concorrenza perfetta 153 A caratterizzare le condizioni di mercato e quindi di attrattività settoriale intervengono, con peso diverso, anche altri fattori concorrenziali. Le barriere all’entrata (elevata concentrazione, pressione competitiva, modesti margini, lenta crescita della domanda,..) scoraggiano l’entrata di nuovi competitor. Non si registrano negli ultimi anni nuovi ingressi, il numero di attori in campo si va restringendo, gli assetti proprietari si stanno riconfigurando e la crescita dimensionale passa attraverso manovre acquisitive. A difesa della loro posizione i colorifici ceramici possono contare sulla assenza di prodotti sostitutivi (chimici o similari) in grado di prendere il posto dello smalto nella sua principale funzione. Di converso ad incidere in modo significativo sulla posizione di mercato delle imprese del comparto concorrono in misura significativa le: • relazioni con i fornitori e le condizioni di approvvigionamento. Tra i fornitori dei colorifici si rileva la presenza di pochi grandi gruppi minerari in prevalenza internazionali che forniscono le materie prime all’industria ceramica, e sono parzialmente integrati a valle (all’estrazione dei minerali accompagnano alcune lavorazioni di raffinazione). Le materie prime, inoltre, incidono per circa il 60% sul totale dei costi), le relazioni negoziali tra i colorifici e tali soggetti diventano estremamente importanti nella gestione dei costi di produzione. Tutto questo concorre a tenere bassa la capacità negoziale dei colorifici ceramici. • relazioni con la clientela e le condizioni di vendita. Le aziende dell’industria ceramiche rappresentano l’unico sbocco di mercato per i colorifici. A questo forte grado di dipendenza si deve aggiungere la pressione esercitata dalla clientela ceramica per ottenere prodotti via via più innovativi a condizioni di prezzo sempre meno favorevoli: condizioni che deprimono i margini economici ma, di solito, accettate per tenere in vita il rapporto commerciale con l’acquirente. Dalla rappresentazione fin qui compiuta, il comparto dei colorifici ceramici si presenta come una attività manifatturiera “chiusa” e cioè poco esposta alla minaccia di nuove iniziative in entrata sul mercato e alla comparsa di prodotti intercambiabili e in posizione di forte “dipendenza” e “debolezza” nelle relazioni di fornitura e di vendita. Un settore che procede nella fase di maturità, alle prese con un rallentamento del tasso di crescita ed una intensificazione della tensione competitiva interna che porta alla erosione dei livelli di profittabilità. Le innovazioni di prodotto, in presenza di una tecnologia relativamente semplice e di una diffusa base di conoscenze ed esperienze maturate sul campo, hanno breve vita e non consentono alle imprese di godere di vantaggi competitivi durevoli. Per loro, la difesa della posizione passa quindi attraverso l’immissione di dosi crescenti di servizio nella relazione con la clientela acquirente. L’alternativa – non disponibile per tutti gli attori in campo – è l’inserimento in nuove aree di business allentando così la dipendenza dalla domanda ceramica. 1.5 Competitor internazionali: l’avanzata dei colorifici spagnoli La Spagna vanta oggi la leadership su scala internazionale nella produzione e commercializzazione di smalti e prodotti per la decorazione delle piastrelle di ceramica e con una solida e significativa presenza sul mercato italiano. Al pari di quanto successo in Italia, il settore spagnolo trova la sua collocazione all’interno di un distretto ceramico, quello di Castellon de la Plana, che ha fatto da motore per il suo sviluppo. Il settore, che ha vissuto il momento di maggiore crescita a partire dall’inizio degli anni ‘90, conta circa una trentina di imprese (poco più numeroso del comparto italiano), specializzate nella produzione di fritte, smalti e colori ceramici, con una occupazione di oltre 3.000 addetti. Il settore spagnolo è stato protagonista nell’arco degli ultimi 20 anni di una spettacolare crescita e di una progressiva proiezione sul mercato internazionale all’interno del quale l’Italia costituisce la principale direttrice di vendita (Tab. 1.7, Fig. 1.6). A trainare lo sviluppo ha contribuito nella fase iniziale la componente domestica della domanda. Con l’approssimarsi della saturazione del mercato interno ha preso progressivamente corpo la componente estera fino al sorpasso avvenuto alla fine degli anni ’90. Le esportazioni al 2004 incidono per il 60% sulle vendite totali. 154 Tabella 1.7 – Comparto dei colorifici spagnoli: fatturato in milioni di euro Anno Export Vendite interne Vendite totali 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 27 33 42 52 66 90 114 160 192 226 271 294 325 96 127 150 146 139 157 165 197 243 253 285 327 342 123 160 192 198 205 247 279 357 435 479 556 621 667 2000 374 352 726 2001 398 383 781 2002 457 377 837 2003 485 353 838 2004 535 353 889 Fonte: Anffecc Figura 1.6 - Comparto dei colorifici spagnoli: export, vendite nazionali e fatturato totale ( milioni di euro) 1000 800 600 400 200 Export Vendite interne 04 03 20 20 02 01 20 00 20 20 99 98 19 97 19 96 19 95 19 94 19 93 19 92 19 91 19 90 19 89 19 88 19 19 19 87 0 Totale Fonte: Ns. Elaborazioni da Anffecc La presenza internazionale si è consolidata di anno in anno, divenendo l’Italia il principale mercato di sbocco seguita da Egitto e Portogallo. Nel tempo la rosa dei mercati si è articolata fino a raggiungere aree e paesi di più recente industrializzazione interessati dalla formazione di una industria ceramica locale. E’ il caso di Egitto, Indonesia, Marocco, Vietnam, Emirati Arabi Uniti ed altri ancora (Tab. 1.8). 155 Tabella 1.8 - Comparto dei colorifici spagnoli: principali mercati esteri di sbocco. Valori in milioni di euro Paese 2000 2001 2003 2004 Italia Egitto Portogallo Polonia Indonesia Marocco Vietnam Russia Emirati Arabi Uniti Germania Malesia Fonte: Anffecc 35,70 23,57 16,18 8,09 19,25 9,83 6,31 / 7,96 12,29 13,50 44,17 23,81 18,02 11,15 21,82 11,12 11,39 / 8,99 12,78 16,28 54,3 42,3 24,9 19,2 22,0 18,0 19,2 15,1 13,5 / / 58,0 47,8 27,3 23,7 22,8 22,5 17,8 16,4 14,4 / / Le vendite dirette all’Italia nel 2004 hanno generato un fatturato di 58 milioni di Euro, rappresentando il 23% delle esportazioni totali (Fig. 1.7). Non meno importante è il mercato egiziano, al quale viene diretta una quota di fatturato di 47.8 milioni di Euro, incidendo per il 19% sul totale. Il resto dei paesi rappresentano quote che si aggirano intorno al 5-10%, mercati meno importanti ma che mettono in evidenza gli sforzi di diversificazione dei mercati di sbocco internazionale delle imprese spagnole. Figura 1.7 - Comparto dei colorifici spagnoli: distribuzione delle vendite sul mercato internazionale al 2004 7% Ita lia 6% 23% 7% E g itto P o r to g a llo 9% P o lo n ia In d o n e s ia 19% 9% 9% M a ro c c o V ie tn a m 11% R i Fonte: Elaborazioni da Anffecc 1.6 Confronto Italia – Spagna Il confronto tra i due comparti dei colorifici ceramici italiano e spagnolo vede prevalere in modo netto quello iberico: la prevalenza appare netta sul piano dimensionale e del ritmo di crescita (Tab. 1.9, Fig. 1.8 ) e della capacità di inserimento sui mercati internazionali (Tab. 1.10). Tabella 1.9 – Confronto Italia Spagna: fatturato in milioni di Euro 2000 2001 Fatturato comparto italiano Variazione % Fatturato comparto spagnolo Variazione % 2002 2003 2004 410 424 485 480 494 - 3,3% 12,5% -1,04% 2,8% 726 781 834 838 888 - 7,0% 6,3% 0,4% 5,6% Fonte: Anffecc e Banca dati Aida 156 Figura 1.8 - Confronto Italia Spagna: trend fatturato in milioni di Euro Valori fatturato - dati in milioni di euro 1000 900 800 700 600 500 400 300 2000 2001 2002 Fatturato Italia 2003 2004 Fatturato Spagna Tabella 1.10 – Confronto Italia Spagna: Ripartizione fatturato tra Export e Vendite interne al 2004 (%) Italia Spagna Export 29,00 60,00 Vendite interne 71,00 40,00 100,00 100,00 Fatturato Totale Fonte: Rilevazione diretta Le differenze emerse dal confronto diretto possono essere ricondotte ad una pluralità di fattori di varia natura che hanno giocato a favore dei produttori iberici. Tra queste si possono indicare: • • • • • la composizione del portafoglio prodotti dell’industria ceramica spagnola più favorevole a prodotti da rivestimento e quindi più smalto-consumer a cui si associa una domanda di supporto e di maggiore collaborazione anche sul piano grafico; le condizioni di costo più favorevoli (fattori, infrastrutture, agevolazioni e sostegni alle imprese,…) che integrano la capacità competitiva delle imprese spagnole; i vincoli e le normative a tutela dell’ambiente meno restrittive che lasciano spazio anche alla esternalizzazione di diseconomie non consentite in Italia; i produttori di piastrelle spagnoli acquistano nella maggior parte dei casi un prodotto completo dai colorifici (lo smalto o il composto) a differenza dei produttori italiani che mostrano una maggiore indipendenza sul piano tecnico (di frequente acquistano solo il semilavorato, la fritta, per formulare internamente lo smalto); il contesto relazionale che lega produttori di piastrelle e colorifici che lascia spazio allo svolgimento di attività di ricerca congiunta e a rapporti collaborativi che portano le imprese fornitrici e clienti a ricercare sinergie per crescere meglio e insieme. L’insieme di queste condizioni spiegano le migliori performance dei produttori spagnoli. Il conseguimento di buoni risultati sul piano economico ha consentito la generazione di risorse finanziarie da destinare al sostegno dell’attività di ricerca. Una attività, come si è sottolineato, svolta in più stretta collaborazione con i produttori di piastrelle e che, anche per questo, si presenta più avanzata. 157 CAPITOLO SECONDO IL COMPARTO DEI COLORIFICI CERAMICI ALL’INTERNO DEL DISTRETTO DI SASSUOLO: STRUTTURA E STRATEGIE DI MERCATO Premessa L’analisi che segue è frutto dell’indagine empirica compiuta su un campione di 19 colorifici ceramici localizzati all’interno dell’area ceramica di Sassuolo. Questo aggregato di imprese rappresenta il 76% dell’intera popolazione dei colorifici attivi in Italia che come detto in precedenza è pari a 24 unità. Ne discende che, dato l’elevato grado di rappresentatività del campione indagato, le indicazioni emerse dall’indagine stessa possano essere estese al settore nel suo complesso. La raccolta delle informazioni è stata compiuta con una indagine sul campo all’inizzio del 2006 con l’ausilio di un questionario semi-chiuso somministrato con intervista diretta da parte di un ricercatore. Questo materiale di “prima mano” è stato integrato con altre informazioni ed elementi conoscitivi emersi da colloqui ed approfondimenti con manager aziendali. Se la prima parte del lavoro costituisce la struttura o il corpo del comparto dei colorifici ceramici, con questa seconda parte si è aggiunta l’anima. 2.1 Profilo delle imprese e dinamica occupazionale Le 19 imprese osservate sono localizzate all’interno dell’area ceramica di Sassuolo8. La maggior parte di queste imprese fa capo ad un gruppo (Tab. 2.1) in veste di impresa consociata o affiliata9. Tra queste, 8 fanno capo a gruppi stranieri, di cui sei spagnoli, uno inglese, ed uno americano. Le rimanenti tre sono integrate all’interno di aziende o gruppi ceramici. La forte presenza di operatori internazionali, e spagnoli in primis, testimonia la forte attrazione che ha esercitato in passato l’area di Sassuolo come centro di innovazione e di ricerca nella produzione di piastrelle di ceramica Tabella 2.1 - Colorifici Ceramici: assetto societario delle imprese Assetto societario Non appartiene ad un gruppo Appartiene ad un gruppo: è la Holding Appartiene ad un gruppo come impresa consociata o affiliata Totale Fonte: Rilevazione diretta Imprese Valore assoluto Valore % 6 32,00 2 11,00 11 57,00 19 100,00 All’interno del comparto trovano lavoro oltre 1.500 addetti, con una dinamica occupazionale cedente nel finale del periodo dopo un trend crescente nel corso degli anni precedenti (Tab. 2.2). Il cedimento dei livelli occupazionali deve essere posto in relazione alla non favorevole fase congiunturale e agli effetti prodotti dall’avanzata di processi di ristrutturazione e di razionalizzazione che stanno imprimendo una ulteriore spinta alla concentrazione della base settoriale. Ne discendono interventi di riorganizzazione e razionalizzazione degli organici aziendali, finalizzati al miglioramento dei rendimenti produttivi e dei livelli di efficienza dei processi aziendali. Tutte le imprese del comparto hanno una sede all’interno del distretto, sia essa legale o amministrativa/produttiva. Fa eccezione Ramacolor, con unica sede ad Anagni (Fr). 9 Nel caso di impresa consociata siamo in presenza di un soggetto dotato di personalità giuridica, status che non ricorre nel caso dell’affiliata. 8 158 Tabella 2.2 – Colorifici Ceramici: andamento occupazione nel periodo 2000-2004 2000 2001 2002 Dipendenti totali N° medio di dipendenti per impresa Fonte: Rilevazione diretta e Banca dati Aida 2003 2004 1.553 1.873 1.826 1.845 1.537 81 98 96 97 80 Il numero medio di dipendenti per impresa si attesta intorno alle 80-100 unità, e si muove nel corso del tempo in sintonia con l’occupazione settoriale. Trattasi di un dato medio che per essere interpretato correttamente deve essere posto in relazione all’elevato grado di concentrazione economica e tecnico-produttiva del comparto, dove un numero ristretto di attori in posizione dominante opera accanto ad una pluralità di imprese con profilo dimensionale (e quindi anche occupazionale) di minore entità. 2.2 Imprese e processi produttivi Come visto in precedenza, il ciclo produttivo dei colorifici ceramici si compone di diverse fasi di lavorazione, alcune delle quali possono essere svolte in modo disgiunto, consentendo alle imprese di configurare la loro combinazione tecnico-economica. Dalla rilevazione sul campo (Tab. 2.3), emerge che: • • • • il 47% circa delle imprese svolge il processo produttivo nella sua interezza, che comprende tutte le fasi di trasformazione; il 37% delle imprese si limita alla creazione del composto e alle sue lavorazioni successive, acquistando i semilavorati (fritta) sul mercato locale o straniero; l’11% circa delle imprese è specializzato nella produzione di coloranti, ed effettua soprattutto operazioni di calcinazione; il restante 5% circa è riservato ad un’impresa che effettua lavorazioni su metalli preziosi, utili alla preparazione di colori per la decorazione ceramica. Simile varietà di situazioni riscontrate riflette bene la “diversità” degli attori in campo rappresentati da: • • • • colorifici che fanno capo a gruppi stranieri, che acquistano il semilavorato (Fritta) da un impresa del gruppo localizzata altrove (all’estero). Per beneficiare di migliori condizioni di uso e di costo dei fattori (lavoro, energia e materie prime), la casa madre delocalizza le attività a più basso contenuto di valore e riserva alla partecipata italiana la produzione del composto; imprese specializzate nella produzione di coloranti e che quindi devono approntare solo alcuni tipi di lavorazione; imprese che hanno esternalizzato l’attività di produzione delle fritte, un componente povero di valore, concentrandosi sulla produzione del composto e ricorrendo al mercato per i semilavorati (fritta); imprese che svolgono soprattutto azioni di commercializzazione di prodotti forniti da una partecipata del gruppo, limitandosi solo a lievi adattamenti. Tabella 2.3 – Colorifici Ceramici: distribuzione delle imprese in base al processo produttivo realizzato Numero imprese Processo produttivo Ciclo completo (frittaggio, compostaggio e lavorazioni successive) Ciclo parziale (compostaggio e lavorazioni successive) Alcune lavorazioni (macinazione, atomizzazione, calcinazione, …) Altro (lavorazioni speciali su metalli preziosi,…) Totale 159 Valore assoluto Valore % 9 7 2 1 19 47,40 37,00 10,50 5,10 100,00 Fonte: Rilevazione diretta Le imprese nei loro processi tipici trasformano e lavorano materie prime per la maggior parte di provenienza estera (Tab. 2.4). Questo riscontro riflette la povertà del nostro Paese di minerali e di sostanze chimiche interessate nel processo produttivo, ad eccezione di una certa disponibilità di alcune materie di base quali argilla e caolini. Il commercio delle materie prime è “gestito” da un ristretto gruppo di imprese di grandi dimensioni, che oltre ai colorifici serve altri comparti del sistema ceramico. I materiali prima di essere messi in commercio subiscono alcune lavorazioni preliminari (processo raffinatura). Alcuni colorifici a capitale straniero acquistano i materiali direttamente da una partecipata del gruppo, per poi rivenderne una parte sul mercato italiano, diventando fornitori di altri colorifici. Si rileva infine come questa dipendenza dal mercato estero si sia accentuata nel corso del tempo e sia destinata a protrarsi anche in futuro. Tabella 2.4 – Colorifici Ceramici: provenienza delle materie prime Passato (2000) Attuale (2005) Futuro (2010) Italia 49,7% 43,9% 39,6% Estero 50,3% 56,1% 60,4% 100,0% 100,0% 100,0% Totale Fonte: Rilevazione diretta 2.3 Settori clienti, mercati e relazioni di canale I colorifici ceramici intrattengono relazioni esclusivamente con utilizzatori industriali. Ne deriva che i rapporti e le relazioni con la clientela sono di tipo business to business10. Dall’indagine risulta molto chiaramente che i produttori di piastrelle di ceramica rappresentano la categoria principale di clientela, assorbendo nel complesso circa il 90% del fatturato del comparto (Tab. 2.5). All’interno di questo flusso prevale nettamente la corrente di vendita diretta alle aziende ceramiche dell’area di Sassuolo che segnala, però, una tendenziale flessione unita ad una tenuta delle vendite alle ceramiche esterne all’area, ma sempre sul territorio nazionale. Significativo il progressivo recupero della corrente di vendite rivolte ad aziende ceramiche estere. Questo riscontro conferma l’ampliamento degli orizzonti di mercato come manovra di stabilizzazione del fatturato pur maturando all’interno dell’alveo della clientela ceramica. In calo progressivo le vendite alle aziende produttrici di corredi e stabili le vendite intra-comparto. Esigua e stabile la propensione ad inserirsi in altre aree di affari estranee all’industria ceramica. Tabella 2.5 – Colorifici Ceramici: distribuzione del fatturato per clientela servita. Valori percentuali Tipologia di clientela Passato (2000) Attuale (2005) Futuro (2010) Aziende ceramiche del distretto 62,0 56,7 56,1 Aziende ceramiche esterne al distretto 8,1 11,5 9,5 Aziende ceramiche estere 16,9 19,0 23,6 Aziende di decori e terzo fuoco 6,2 5,5 3,8 Colorifici ceramici 4,8 4,8 4,6 Aziende di sanitari, ceramiche artistiche 0,9 1,1 1,1 Altro 1,2 1,3 1,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Rilevazione diretta Si registra da parte di alcune imprese un tentativo di vendita di alcuni prodotti per ceramica artistica direttamente ad utilizzatori finali, tramite rivenditori. Il fenomeno risulta al momento trascurabile. 10 160 Per quanto attiene la capacità di articolazione delle relazioni con la clientela, si è rilevato che i colorifici ceramici intrattengono rapporti con un numero elevato di clienti (Tab. 2.6). L’85% delle imprese intrattiene rapporti con un numero superiore a 45 clienti. Ciò va posto in relazione alla caratteristica del mercato che vede un numero di offerenti di prodotti e servizi (colorifici) molto più contenuto rispetto ai richiedenti (aziende ceramiche, corredi ceramici,..). Tabella 2.6 – Colorifici ceramici: Distribuzione delle imprese per numero di clienti serviti Imprese Numero di clienti Valore assoluto Valore % 1 1 1 16 19 5.0 5.0 5,0 85,0 100,0 Fino a 15 Compreso tra 16 e 30 Compreso tra 31 e 45 Superiore a 45 Totale Fonte: Rilevazione diretta Una clientela che – oltre al prodotto – si dimostra particolarmente sensibile al contenuto di servizio quale nucleo centrale della relazione. Questo aspetto verrà messo bene in luce in seguito. Il grado di dipendenza dai clienti risulta contenuto segnalando una certa frammentazione della domanda da servire. Il contributo fornito al fatturato dal primo cliente oscilla intorno al 15%, mentre l’apporto dei primi tre raggiunge il 30% circa (Tab. 2.7). Tabella 2.7 – Colorifici Ceramici: Incidenza media percentuale del maggiore cliente e dei 3 maggiori clienti sul fatturato totale Grado di dipendenza dalla clientela Valore percentuale Incidenza media % del maggior cliente sul fatturato totale 15,65 Incidenza media % dei 3 maggiori clienti sul fatturato totale Fonte: Rilevazione diretta 30,66 2.4 Vendite, portafoglio prodotti e reti di vendita Le dinamiche di mercato che hanno interessato i colorifici ceramici nel corso degli ultimi anni sono state sostanzialmente positive: le 19 imprese oggetto di indagine diretta nel periodo 2000-2004 hanno visto incrementare il fatturato del 22% circa con una variazione media annua del 4,5% circa (Tab. 2.8, Fig. 2.1). Il fatturato medio sconta il peso di alcune imprese meglio dotate sul piano dimensionale che innalza significativamente la performance economica media delle imprese del comparto, che come fatto notare in precedenza, vede presente una popolazione composta in prevalenza da imprese di piccola taglia. Tab. 2.8 – Colorifici ceramici: Ricavi delle vendite del campione di 19 imprese – valori in milioni euro Fatturato Variazione % Fatturato medio per azienda Fonte: Rilevazione diretta 2000 2001 2002 2003 2004 410.8 21.6 429.9 4,4% 22.6 481.7 10,7% 25.4 481.7 0,0% 25.4 508.3 5,2% 26.8 161 Figura 2.1 – Colorifici ceramici: andamento fatturato dal 2000 al 2004 – valori in milioni di euro 600 500 400 300 200 100 0 2000 2001 2002 2003 2004 Fatturato Le imprese si presentano al mercato con un portafoglio prodotti composito ma che si mantiene in larga misura stabile nel tempo (Tab. 2.9). Attualmente il contributo maggiore al fatturato aziendale proviene dalla vendita di smalti (30%), seguito dai coloranti (26%) e dalle fritte (19%). Rispetto a questi prodotti si deve rilevare che l’apporto al fatturato della voce coloranti risente dell’incorporazione al suo interno della componente di ossidi coloranti, impiegati nella fase di calcinazione, materiali ad elevato valore. La commercializzazione delle fritte risulta ridotta e buona parte di tale semilavorato serve ad alimentare il processo produttivo interno, quindi non viene commercializzato. Il commercio delle fritte deriva in buona parte dall’attività delle imprese straniere, che attraverso la propria consociata o affiliata italiana importano il semilavorato e lo rivendono sul mercato italiano. La fritta risulta comunque un prodotto a basso valore aggiunto, il rapporto peso/valore è molto basso. Tabella 2.9 – Colorifici Ceramici:Contributo delle diverse famiglie di prodotto sul fatturato totale (valori %) Attuale Passato (2000) Futuro (2010) (2005) Fritte 21,0 19,0 17,0 Smalti, composti, macinati, atomizzati 31,0 30,0 30,0 Coloranti e pigmenti 23,0 26,0 28,0 Prodotti per corredi ceramici e terzo fuoco 8,0 7,0 7,0 Altro 17,0 18,0 18,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Rilevazione diretta Da notare il forte contributo derivante dalla vendita di altri prodotti. Si tratta in particolare della commercializzazione di materie prime (es. silicato di Zirconio), prodotti speciali che non rientrano nelle precedenti categorie, oppure prodotti derivanti da una strategia di diversificazione diretti ad altri settori/mercati, come coloranti per materiali plastici, fritte e smalti per materiali metallici, etc. Di minore importanza risulta il business relativo ai prodotti per corredi ceramici e terzo fuoco, in quanto tale comparto risulta composto da una minoranza di imprese di dimensioni molto ridotte. In chiave dinamica la composizione del fatturato non segnala particolari modificazioni: si coglie un certo innalzamento delle vendite derivanti dalla produzione di coloranti (prodotto ricco) a detrimento delle vendite realizzate dalla produzione di fritte (prodotto povero). Venendo, infine, alle modalità organizzative alle quali le imprese si affidano per allacciare rapporti con la clientela si registra una presenza quasi esclusiva di reti composte da forza vendita aziendale. Fattori di prossimità geografica al cliente, caratteristiche del prodotto che richiedono alla forza vendita competenze commerciali e tecniche allo stesso tempo per venire incontro alla domanda che esprime un sempre più elevato bisogno di assistenza, calibrazione, messa a punto, personalizzazione dell’offerta, costituiscono le principali ragioni della scarsa presenza di rapporti di agenzia (Tab. 2.10). 162 Tabella 2.10 – Colorifici Ceramici: Rete di vendita in Italia Passato (2000) Attuale (2005) Futuro (2010) Agenti multimandatari 1,1% 1,2% 1,5% Agenti monomandatari 0,2% 0,4% 0,4% Personale dipendente 98,7% 98,4% 98,1% Altro 0,0% 0,0% 0,0% Totale 100% 100% 100% Fonte: Rilevazione diretta 2.5 Fattori competitivi L’analisi ha cercato di indagare i fattori che nella relazione tra colorifici e clientela distrettuale ed estera assumono maggiore criticità nel concorrere alla soddisfazione dei clienti stessi. Il riscontro è stato verificato nei confronti della clientela ceramica compresa nel distretto di Sassuolo e della clientela ceramica estera. Con riferimento alla clientela distrettuale le indicazioni raccolte sul campo mettono bene in luce come i colorifici rappresentino una fonte essenziale a cui attingere per connotare in termini distintivi ed innovativi il prodotto piastrella. Allo stesso tempo segnalano la grande attenzione ai costi da parte dei produttori italiani di piastrelle di ceramica in presenza di una crescente pressione competitiva incontrata sul mercato. Di seguito si analizzano i fattori che maggiormente incidono sulla soddisfazione della clientela distrettuale (Tab. 2.11)11. Tabella 2.11 – Colorifici Ceramici: importanza relativa dei fattori di successo nella soddisfazione della clientela del distretto (scala 1-7) N° di imprese che Valore Fattori competitivi - Clientela del distretto hanno risposto medio Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 18 6,50 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 18 6,50 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 18 6,28 Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…) 18 6,06 Competitività di prezzo 18 6,00 Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti 18 5,83 Capacità di credito a favore della clientela 18 4,83 Altro (Esclusività) 1 6,00 Fonte: Rilevazione diretta • 11 la flessibilità e la rapidità di risposta alle esigenze della clientela. Questa forte sollecitazione deriva, in primo luogo da fattori tecnico-produttivi: le aziende ceramiche organizzano la produzione su cicli continui ed una loro interruzione comporterebbe perdite economiche ingenti. In secondo luogo, le stesse, esprimono una forte domanda con un elevato contenuto di personalizzazione sul piano estetico e di adattamento tecnico del prodotto sulle macchine applicatrici. Ciò comporta richieste frequenti di assistenza e di intervento urgenti. La riduzione dei lotti di produzione - in continua diffusione presso le aziende ceramiche - produce un effetto moltiplicativo delle condizioni appena descritte. Tutto ciò porta a definire una offerta (prodotto e servizi) molto orientata al cliente che in concreto significa “mettere il colorificio al servizio del cliente”; Per apprezzare questa condizioni si è fatto ricorso ad un scala likert 1-7 dove 1 = Poco importante ; 7 = Molto importante 163 • il contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto. Ai colorifici si richiede lo sviluppo di prodotti sempre più performanti, che esaltino le qualità estetiche della piastrella; • la capacità innovativa che porta alla offerta di soluzioni innovative in termini di nuovi materiali, tipi di applicazioni, capacità di adattamento continuo ai diversi supporti12 del prodotto ceramico. E’ su questo piano che il colorificio è chiamato a svolgere la funzione di “fonte di innovazione” avendo le aziende ceramiche esternalizzato l’attività di ricerca ormai trasferitasi all’interno dei laboratori dei colorifici ceramici. Le aziende ceramiche – salvo qualche rara anche se significativa eccezione - intervengono apportando solo piccoli adattamenti alla proposta del colorificio; • il prezzo di vendita. I clienti esercitano una forte pressione sui prezzi alla quale i colorifici non possono che opporre una debole resistenza causa l’esigenza di salvaguardare il rapporto con la clientela, gli spazi ridotti alla differenziazione del prodotto e la tensione competitiva sul fronte dell’offerta. Tutto questo fa assumere al prezzo un ruolo importante nella relazione con i clienti, concorre a deprimere le condizioni di economicità dei colorifici che già devono scontare la dinamica al rialzo del costo dei fattori, specie per le materie prime. Il deterioramento delle condizioni economiche finisce, così, per agire come fattore di selezione delle imprese sul campo e di spinta per l’avvio di processi di acquisizione e di aggregazione tra le imprese stesse; • l’ampiezza e la profondità della gamma dei prodotti costituisce anch’essa una componente importante nel creare condizioni di soddisfazione presso la clientela. L’offerta del colorificio, composta da una vasta gamma di prodotti e varianti, amplia i percorsi disponibili all’azienda ceramica per la personalizzazione del prodotto finale. La capacità di fornire credito alla clientela attraverso la maggiore dilazione dei pagamenti, non sembra influire in maniera decisiva sul raggiungimento di un vantaggio competitivo sui concorrenti. Infine si è raccolta una indicazione espressa da una impresa che vede nell’esclusività del prodotto (alto contenuto di innovazione e di differenziazione) il modo per estrarre margini superiori ed estraniarsi dall’aspra concorrenza sul prezzo che erode i profitti. Mantenere a lungo l’esclusività sull’innovazione rappresenta la condizione per recuperare i costi della ricerca, prima che l’imitazione diffonda l’innovazione in tutto il comparto. Spostando l’attenzione sul fronte della clientela estera il quadro che emerge in termini di soddisfazione presenta alcune significative differenze dal quadro distrettuale appena descritto (Tab. 2.12). In primo luogo si può notare che nel complesso i fattori relativi alla soddisfazione dei clienti nei mercati esteri raggiungono valori inferiori rispetto a quelli relativi alla clientela del distretto. Questo può condurre a pensare che la clientela estera sia meno esigente di quella distrettuale, seppur di poco, e che la concorrenza estera sia meno aspra di quella interna. Tabella 2.12 - Colorifici Ceramici: Importanza relativa dei fattori competitivi nella soddisfazione della clientela estera N° imprese Valore Fattori competitivi – Clientela estera rispondenti medio Competitività di prezzo 16 6,25 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 16 5,94 Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti 16 5,88 Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 16 5,81 Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…) 16 5,69 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 16 5,50 Capacità di credito a favore della clientela 16 5,06 1 5,00 Altro (Relazioni interpersonali) Fonte: Rilevazione diretta 12 Come è avvenuto con il gres porcellanato. 164 In secondo luogo si modifica l’ordine, in termini di rilevanza, dei diversi fattori. Si rileva infatti che: • • • il prezzo continua ad essere un fattore di estrema importanza nella competizione, e si attesta come la variabile più influente sulla soddisfazione della clientela estera, anche se non si discosta di molto dagli altri item; il servizio sembra passare in secondo piano rispetto ai fattori riguardanti il prodotto, al pari del contenuto tecnico e prestazionale e l’ampiezza/profondità della gamma prodotti. La clientela estera si adegua alle modalità e ai tempi di trasporto necessari per le esportazioni; la capacità innovativa per la clientela estera non risulta altrettanto importante come per quella italiana, forse a causa del sostanziale divario tecnologico della maggior parte delle aree di mercato cui le esportazioni italiane sono dirette. La capacità di credito a favore della clientela continua a rimanere un fattore di scarsa importanza relativamente agli altri fattori. Nella categoria Altro è compreso un fattore di minore importanza ma comunque rilevante: le relazioni interpersonali. 2.6 Strategie competitive Dopo aver rappresentato i fattori che sembrano esercitare la maggiore influenza nel determinare la soddisfazione della clientela e quindi ad alto assorbimento di impegno per i colorifici, si passa ora ad indagare lungo quali direzioni si orienta l’agire dei colorifici in termini di “focus” strategico. Questo campo è stato perlustrato chiedendo alle imprese del campione su quali attività stanno intervenendo con maggiore impegno di risorse e investimenti (Tab. 2.13). Il livello di impegno profuso si colloca sempre nel campo di variazione da 1 a 713. Le indicazioni che si traggono forniscono diversi elementi di interesse. Alcuni elementi riflettono l’assetto e la configurazione del comparto sotto il profilo strutturale e competitivo; altre vanno poste in relazione alle dinamiche che stanno investendo l’industria ceramica italiana e più in generale quella nascente su scala internazionale; altre ancora si rispecchiano nei tratti e nelle specificità delle imprese stesse. Prima di procedere ad una disamina delle singole direzioni strategiche lungo le quali si muovono le imprese, preme mettere in luce come emerga: • il forte orientamento al prodotto. Questa area assorbe le maggiori energie delle imprese per migliorare la loro competitività. Il focus sul prodotto – con tutte le attività che lo definiscono - rappresenta l’area elettiva del loro agire strategico; • il contenuto di servizio. In presenza di una sostanziale omogeneità dell’offerta di prodotto tra i diversi colorifici, la capacità di essere sempre più disponibili (ad assecondare le richieste della clientela ceramica), più veloci (nell’intervenire sui processi produttivi e sui momenti di implementazione) e più propositivi (nel suggerire nuove idee, soluzioni, applicazioni,…), sembrano costituire la base su cui solidificare la posizione competitiva sul mercato; • la dilatazione degli orizzonti di mercato. Le dinamiche non favorevoli che investono da alcuni anni il distretto di Sassuolo – di gran lunga il principale sbocco alle loro produzioni – unitamente alla tensione concorrenziale sul fronte dell’offerta, costituiscono un fattore di spinta ad affacciarsi su altri mercati, anche se non vengono esplicitate le forme organizzative a cui affidare l’uscita dal distretto. Per facilitare la comprensione delle direzioni lungo le quali sembrano volersi muovere le imprese (sulla base delle intenzioni espresse) si procede per focus strategico e cioè per principali percorsi generali con qualche declinazione del piano dell’azione. 13 1 = Basso impegno; 7 = Alto impegno 165 Tabella 2.13 - Colorifici Ceramici: linee strategiche d’impresa N° imprese rispondenti Media Diminuire i costi di produzione 17 6,00 Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto 17 6,18 Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi 17 6,35 Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati 17 5,35 Produzione 17 4,94 Progettazione 17 4,59 Gestione (informazione, comunicazione,…) 17 5,53 Avviare/espandere la produzione all’estero 17 3,53 Aprire filiali commerciali in mercati esteri 16 3,25 Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione 16 3,69 Espandere la base di clientela in Italia 17 5,35 Espandere a base di clientela all’estero 17 5,71 Aumentare il numero di venditori diretti 17 3,82 Aumentare il numero degli agenti 17 2,53 Accrescere la flessibilità produttiva 16 5,69 Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della clientela) 17 5,76 Integrazione delle competenze 17 4,88 Co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…) 17 5,29 Condivisione e scambio di risorse e competenze 17 4,65 Colorifici ceramici 17 2,65 Aziende ceramiche 17 4,35 Aziende del comparto dei corredi ceramici e terzo fuoco 16 2,56 Produttori di tecnologia e impiantisti 16 4,50 Strategie d’impresa ripartite per “focus” Prodotti Introduzione di nuove tecnologie Mercati Servizio Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela via Definire forme di partnership o alleanze con Fonte: Rilevazione diretta 166 • Prodotti Questa area rappresenta il focus strategico privilegiato al quale le imprese dedicano il livello di impegno più alto. Differenziazione del prodotto e contenimento dei costi sono i due ambiti nei quali le imprese si misurano per sostenere e migliorare la loro posizione competitiva: il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto, l’offerta di nuovi materiali e la proposta di soluzioni innovative rappresentano le leve a cui le imprese si affidano per contenere gli effetti erosivi sui margini innescati dalla price competition, condizione alla quale le imprese non riescono a sottrarsi. Sul lato dei costi, il contenimento di quelli relativi alle materie prime - che rappresentano circa il 60% del costo totale di produzione - rappresenta il fronte su cui ricercare qualche recupero. Si tratta di un’operazione di esito incerto vista la debolezza negoziale verso i mercati di fornitura, mercati concentrati e le cui dinamiche si definiscono su scala internazionale. Ad appesantire la posizione di costo interviene anche l’attività di R&D - ormai ampiamente loro delegata dalle aziende ceramiche. Il recupero dei costi (certi) è legato all’esito che produce la loro azione in termini di risultati (incerti) ed al lead time (sempre più breve) stante la diffusa presenza di comportamenti imitativi tra i colorifici. Infine, l’orientamento che guida le imprese nel configurare la loro offerta al mercato estero. Tra le due opzioni disponibili, standardizzazione ed adattamento del prodotto alle specifiche condizioni del mercato, i colorifici ceramici accordano la loro preferenza alla seconda opzione. Gli interventi di adattamento non intaccano però la componente centrale del prodotto (caratteristiche di base fisico-tecniche e funzione d’uso) bensì altre componenti tangibili (segni di valore del prodotto) ed incrementate (quello che attiene alla relazione con il cliente, come l’assistenza, il servizio, le garanzie, dilazioni di pagamento,…). Gli adattamenti sono solo secondari e sono indotti principalmente dalle differenze culturali di molti mercati di destinazione. Trattandosi di prodotti per l’edilizia, il colore e il design devono necessariamente essere in sintonia con le tendenze e la cultura del paese di destinazione: è il caso delle produzioni indirizzate ai paesi orientali e medioorientali. Maggiori risultano le distanze culturali, maggiore è l’intervento di adattamento sul prodotto. Necessariamente, anche le modalità relazionali ed il contenuto di servizio e di assistenza richiedono un adeguato grado di attenzione alle caratteristiche ed al profilo di competenza tecnico-produttiva della controparte. • Introduzione di nuove tecnologie La fase d maturità settoriale che vive il settore si riflette anche sul piano tecnologico: le imprese si avvalgono di tecnologie ormai note e diffuse e gli spazi di introduzione di nuove tecnologie e soluzioni tecniche appaiono molto ristretti. Ciò non di meno l’aggiornamento della dotazione tecnologica a supporto dei processi aziendali tipici si dimostra di aiuto al miglioramento del livello globale di efficienza. In questa azione assume rilievo lo sforzo dedicato al potenziamento e rinnovo delle tecnologie dell’informazione e comunicazione La relazione tra colorifici ed aziende ceramiche assume spesso i connotati di una relazione cooperativa e si nutre molto dello scambio di informazioni e pertanto necessita di veicoli e supporti per il loro trasferimento sempre più aggiornati. • Mercati Per quanto riguarda l’azione di mercato, le direttrici che assorbono i maggiori sforzi delle imprese sembrano essere quella dell’ampliamento della base della clientela sia sul suolo domestico che internazionale. Sul mercato nazionale questo orientamento sembra essere dettato dalla esigenza di ravvivare la dinamica delle vendite che negli ultimi anni ha perso di brillantezza. In questa direzione va anche l’avvio di processi di diversificazione con l’entrata in nuovi settori (ceramica artistica, i sanitari, etc, o in settori non ceramici come quello dei materiali plastici o metallici) pur restando la loro attività fortemente legata alla produzione di piastrelle di ceramica. Sul fronte internazionale lo sforzo privilegia quei mercati che vedono già presenti le imprese e riguardano i mercati a maggiore specializzazione ceramica. E ciò vale anche per l’avvio di iniziative di internazionalizzazione produttiva che sembra rappresentare una opzione concreta per il numero esiguo di imprese di cui già oggi si sono fatte protagoniste. • Servizio Già si è rilevato - analizzando i fattori competitivi - come il servizio rappresenti una delle variabili maggiormente incisive nel raggiungimento della soddisfazione della clientela. Su questo terreno – il solo che può “fare la differenza” tra le distinte offerte che si rivolgono alle imprese ceramiche – i colorifici continueranno a profondere significative energie. 167 • Relazione con la clientela Il ruolo di fonte di innovazione rivestito dai colorifici e l’elevato livello di personalizzazione dell’offerta richiesto dalle aziende ceramiche fanno assumere una impronta collaborativa ed interattiva alle relazione tra le parti. Si ricerca quindi, in fase di sviluppo dei prodotti una certa integrazione delle competenze di tipo tecnico ed in alcuni casi ci si spinge fino a definire forme di co-progettazione, al fine di pervenire a risultati migliori rispetto a quelli ottenibili singolarmente. • Cooperazione L’attivazione di circuiti virtuosi capaci di fare avanzare l’innovazione all’interno dell’industria ceramica vede come presupposto la presenza di relazioni collaborative o di partnership tra aziende produttrici di piastrelle, i colorifici ed i costruttori di tecnologia. Ognuno di questi attori ha un proprio ruolo che deve essere svolto seguendo percorsi convergenti e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune, quello di innovare. I colorifici, come già evidenziato, lavorano a stretto contatto con le aziende ceramiche specie nella fase di progettazione e di sviluppo, direttamente sui supporti del cliente, al fine di ottenere una precisa riproducibilità del risultato finale. I costruttori di tecnologia progettano e realizzano le linee di smalteria e le macchine applicatrici degli smalti sulle quali si richiede un intervento di messa a punto e di regolazione del loro funzionamento a regime. Tutto questo – prima di essere realizzato presso l’azienda ceramica – viene sperimentato all’interno dei laboratori integrati di alcuni colorifici ceramici che riproducono in scala ridotta il ciclo produttivo della piastrella di ceramica. Molto basso, infine, lo sforzo dedicato ad avviare iniziative o azioni su base cooperativa tra le imprese. La forte tensione competitiva e la diffusa presenza di pratiche imitative sembrano essere gli ostacoli maggiormente inibenti. 2.7 L’impegno nell’attività di Ricerca & Sviluppo Il processo di ricerca e sviluppo all’interno dei colorifici ceramici rappresenta una delle attività di maggior rilevanza nella catena del valore. A questa attività si dedica circa l’14% del totale dell’occupazione del comparto. Si tratta di un numero destinato ad aumentare nel prossimo futuro (Tab. 2.14). Tabella 2.14 – Colorifici Ceramici: Numero medio di addetti per impresa nell’attività di R & S Passato Attuale (2000) (2005) Futuro (2010) N° addetti all’attività di R&S 162 208 263 N° medio di addetti nell’ attività di R&S per azienda 8,5 11,0 13,8 N° addetti totali 1.350 1.482 1.602 N° addetti R&D / N° addetti totale (%) 12,0 14,0 16,4 Fonte: Rilevazione diretta La progressiva esternalizzazione di lavorazioni relative alla preparazione degli smalti e quindi anche della connessa attività di R&D da parte delle aziende ceramiche, ha rappresentato uno dei principali fattori di sviluppo del comparto dei colorifici ceramici. La rilevanza assunta dal contenuto estetico nella piastrella di ceramica ha attribuito un ruolo sempre più determinante ai prodotti e materiali utilizzati nel processo di smaltatura e decorazione. Da qui il crescente impegno profuso dai colorifici nell’approntare prodotti, materiali e soluzioni sempre meglio capaci di esaltare l’aspetto estetico e grafico del prodotto ceramico. Per le imprese del comparto le attività da comprendersi all’interno della R&S non si limitano a quelle svolte esclusivamente all’interno dei laboratori (analisi, sperimentazioni, test,…), ma in molti casi si dilatano fino comprendere attività di customer service (preparazione campioni, pannelli, riproduzioni di prodotti, 168 personalizzazioni…). Si tratta di attività importanti ai fini della soddisfazione della clientela e che vedono un impegno di risorse umane di una certa entità. E che alcune imprese tendono a considerare come impegnate in attività di ricerca, o almeno di ricerca applicata. Oggi le aziende ceramiche si affidano in larga misura alla capacità progettuale e propositiva del colorificio segnalando una certa “dipendenza creativa”(Tab. 2.15), anche se non mancano, all’interno del settore ceramico, operatori propositivi, dotati di capacità di specificazione del prodotto e pertanto in grado di fornire indirizzi ideativi/creativi al colorificio. Tabella 2.15 – Colorifici Ceramici: ordini da clienti che si avvalgono della capacità progettuale del colorificio Ordini da clienti (aziende ceramiche) che si avvalgono della Numero Colorifici capacità progettuale del colorificio: Valore assoluto Valore % In aumento rispetto al passato 13 68,80 In calo rispetto al passato 4 21,10 Invariato 2 10,10 19 100,00 Totale Fonte: Rilevazione diretta All’interno dei colorifici l’attività di R&D si orienta principalmente verso due aree rappresentate da: • • il settore più tradizionale, le cui tecnologie sono dedicate alla produzione di bicottura lenta e rapida, birapida, monocottura, mono-porosa e terzo fuoco; il settore più innovativo, che oggi si identifica nella produzione di gres porcellanato a tutta massa o smaltato. L’accresciuta importanza della ricerca e dello sviluppo di nuovi prodotti ha innalzato il livello di complessità dell’attività stessa, degli investimenti e delle risorse. Il ruolo di “vetrina” dei prodotti e di “antenna tecnologica” assunto dal distretto ceramico ha spinto, così, alcune grandi imprese internazionali o gruppi multinazionali, già insediati nel distretto, a dotare le loro unità operative di sofisticati laboratori e strutture a cui affidare la ricerca per tutto il gruppo. 169 CAPITOLO TERZO L’APERTURA AL MERCATO ESTERO: INTERNAZIONALIZZAZIONE COMMERCIALE E PRODUTTIVA 3.1 L’internazionalizzazione mercantile I colorifici ceramici restano ancora fortemente ancorati al mercato domestico al quale rivolgono la parte prevalente della loro produzione. E non potrebbe essere diversamente vista la grande capacità di assorbimento del mercato dell’area ceramica. Al mercato internazionale si indirizza circa il 30% della produzione. Spicca però – nel corso del tempo – il progressivo recupero di posizioni della quota rivolta alla domanda internazionale su quella locale, riconducibile alla internazionalizzazione dell’industria ceramica che ha dischiuso opportunità di sbocco per la produzione dei colorifici italiani (Tab. 3.1, Fig. 3.1). Tabella 3.1 - Colorifici ceramici: Ripartizione del fatturato tra Italia ed estero Vendite Italia Vendite Estero Totale Fonte: Rilevazione diretta Passato (2000) Attuale (2005) Futuro (2010) 76% 24% 71% 29% 67% 33% 100% 100% 100% Figura 3.1 – Colorifici Ceramici: Distribuzione geografica del fatturato 2010 2005 2000 0,00% 20,00% 40,00% Italia 60,00% 80,00% 100,00% Estero Fonte: Rilevazione diretta Rispetto ai mercati di destinazione, si coglie bene come la direttrice seguita dalle vendite sia “tirata” dal movimento migratorio dell’industria ceramica su scala internazionale che tende sempre più a localizzarsi in paesi in via di sviluppo o di industrializzazione (Tab. 3.2). In quelle aree, il decollo dell’industria ceramica alimenta una domanda di smalti e colori che viene colta dai produttori italiani e servita in una prima fase con l’esportazione. Successivamente – come si avrà modo di vedere nel prosieguo dell’analisi – questa domanda verrà soddisfatta con una produzione attivata in loco. 170 Tabella 3.2 – Colorifici Ceramici: distribuzione delle vendite estere per macro aree geografiche di clientela (valori %) Clientela estera Imprese ceramiche in mercati esteri consolidati (UE, USA) Imprese ceramiche in nuovi mercati esteri (Extra UE,…) Totale Fonte: Rilevazione diretta 2000 2005 2010 50,40 49,60 100,00 44,00 56,00 100,0 39,70 60,30 100.00 Sui mercati esteri si rileva una modificazione della organizzazione delle reti di vendita deputate ad avvicinare e intrattenere le relazioni con la clientela. Il ricorso alla forza vendita aziendale conserva un ruolo ancora rilevante, ma lascia spazio anche all’entrata in azione di nuovi intermediari legati al colorificio ceramico da rapporti di agenzia (Tab. 3.3). La rete di vendita indiretta, costituita da personale legato all’impresa da un rapporto di collaborazione autonoma, trova scarso impiego. Vi si ricorre per relazionarsi con alcuni mercati per ridurre una certa distanza culturale e linguistica, come nei paesi di lingua araba. Si privilegia comunque il ricorso a rapporti di monomandato, per assicurarsi un più stretto controllo della relazione negoziale. Agli agenti plurimandatari si ricorre per servire una clientela marginale con la quale la relazione non presenta, in genere, caratteri di stabilità. Tabella 3.3 – Colorifici Ceramici: rete di vendita sul mercato estero Passato (2000) Attuale (2005) Futuro (2010) Agenti plurimandatari 12,0 11,2 11,7 Agenti monomandatari 19,7 12,3 20,3 Personale dipendente 58,3 72,7 53,7 Filiali senza deposito 2,7 0,0 2,7 Filiali con deposito 7,3 3,8 11,7 Altro 0,0 0,0 0,0 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Rilevazione diretta L’attivazione di unità organizzative sul mercato estero, alle quali affidare la gestione del processo esportativo e di vendita (definire la politica distributiva, coordinare la rete di vendita e curare direttamente le problematiche finanziarie, amministrative e commerciali,…), è scarsamente utilizzata. Diverse e comprensibili sono le motivazioni della scarsa adesione a questa modalità di presidio di tipo commerciale. Queste vanno dall’elevato costo di investimento, alla dotazione di risorse umane da dedicare al loro presidio, al giro di affari contenuto realizzato sui mercati esteri. Tutte condizioni che presentano soglie di costo largamente superiori alla dotazione di risorse disponibili presso le imprese. Il riscontro, in ogni caso, di imprese che stanno inserendo - ed in prospettiva potenziando - la loro base operativa sui mercati esteri è indicativo di una emancipazione del modo di interpretare la presenza sul mercato internazionale. Questa emancipazione - o meglio la volontà di stabilizzare le vendite sui mercati esteri - è segnalata anche dallo spostamento, seppure lieve, del ricorso a rapporti di agenzia su monomandato rispetto a quello pluri-mandato. 171 3.2 Le strategie di internazionalizzazione produttiva I colorifici ceramici si sono resi protagonisti, anche, di iniziative di internazionalizzazione attiva e cioè in uscita dal distretto con investimenti produttivi. L’analisi, al riguardo, ha interessato solo le imprese a capitale nazionale senza coinvolgere le imprese a capitale estero che sono già una manifestazione di internazionalizzazione della loro casa madre il cui quartiere generale è altrove nel mondo. La multilocalizzazione produttiva estera, ad oggi, è riservata ad una minoranza di imprese, ma si riesce chiaramente a percepire la volontà delle stesse di accrescere gli sforzi in tale direzione (Tab. 3.4). Tabella 3.4 – Colorifici Ceramici: imprese e multilocalizzazione produttiva internazionale Imprese Ricorso alla multilocalizzazione internazionale Valore assoluto Valore % Imprese che non hanno delocalizzato 14 73,70 Imprese che hanno delocalizzato 5 26,30 Totale 19 100,00 Fonte: Rilevazione diretta Chiaramente l’internazionalizzazione produttiva comporta un livello di impegno, di rischio e di onerosità sostenibile solo da attori adeguatamente dotati di risorse (umane e finanziarie) e competenze di carattere organizzativo. Ciò sembra escludere la gran parte delle imprese del comparto che abbiamo visto essere di piccola dimensione. Se le esperienze di internazionalizzazione produttiva sono numericamente limitate, è possibile tuttavia cogliere alcuni tratti significativi di questi percorsi (Tab. 3.5). Tabella 3.5 – Colorifici Ceramici: internazionalizzazione produttiva Impresa Paese estero Impresa 1 Bulgaria Impresa 2 Cina Impresa 3 Brasile Indonesia Tunisia Spagna Impresa 4 Spagna Indonesia Impresa 5 Spagna Brasile Turchia Messico Taiwan Cina Totale 5 Fonte: Rilevazioni dirette Anno Forma di entrata* 2001 1999 1998 1994 1996 2006 1999 2004 3 2 2 2 3 2 2 3 1988 1977 1989 1989 1989 2001 - 2 2 2 2 2 2 - Destinazione della produzione Italia Cina e SEA** Mercato locale Mercato locale Mercato locale Mercato locale Mercato locale Mercato locale 40% mercato locale 60% export Mercato locale Mercato locale Mercato locale Mercato locale Mercato locale - Fatturato al 2004 (milioni €) Numero addetti al 2005 Numero addetti italiani al 2005 8 5 4 3 1 25 50 60 30 60 9 10 1 1 1 1 1 - 115,6 383 2 13,3 6,9 16,1 3,2 3,1 179,2 120 25 80 17 64 933 2 1 10 *(1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale; (4) Altro ** Sud est asiatico 172 Si osserva infatti che: • l’impresa maggiormente internazionalizzata è anche l’impresa di maggiori dimensioni, “Impresa 5”, seguita dalla seconda impresa per dimensione, “Impresa 3”. Altra impresa con spiccata internazionalizzazione è “Impresa 4”, che con la partecipata “Impresa 4 International” controlla 2 unità produttive estere. Poi vi sono due imprese di minori dimensioni che controllano rispettivamente una unità produttiva, “Impresa 1” e “Impresa 2”. Per “Impresa 1”, in particolare, si tratta più che altro di una delocalizzazione solo produttiva (la produzione viene re-importata per essere commercializzata sul mercato italiano); • nella maggioranza dei casi si tratta di una internazionalizzazione recente. Il pioniere è il colorificio “Impresa 5” che esordisce con il primo investimento diretto all’estero intorno alla fine degli anni ’70, a cui farà seguire altre iniziative dello stesso tipo verso la fine degli anni ’80. L’esempio sarà seguito verso la metà degli anni ’90 da altri operatori del comparto. Seguiranno diversi insediamenti produttivi tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo; • la destinazione è rappresentata da paesi che storicamente vantano una posizione di rilievo nella produzione di piastrelle di ceramica (Spagna, Brasile, Turchia e Messico) e paesi che più di recente hanno visto decollare questo tipo di produzione (Indonesia, Cina, Taiwan); • la finalità della iniziativa è volta ad avvicinare l’offerta al mercato locale: in un solo caso si è in presenza di una operazione di delocalizzazione e successiva re-importazione. In altri due casi la produzione prende la via del mercato estero; • l’ingresso avviene in larga prevalenza attraverso investimenti di tipo green field e cioè la costituzione di una impresa sul mercato estero e in modo molto più limitato attraverso joint venture con partner locali. Questo riscontro è una chiara manifestazione della volontà di controllo dell’iniziativa da parte dell’operatore italiano; • la valenza economica in termini di fatturato appare relativamente contenuta a fronte di una dimensione più significativa sul piano occupazionale, da porsi presumibilmente in relazione al basso costo del fattore lavoro; • la presenza di espatriate, e cioè di personale italiano dedicato a presidiare in misura stabile e permanente, è molto limitata e spesso risulta assente. Si è quindi in presenza di un gruppo di imprese (ci si riferisce alla sola componente italiana del comparto dei colorifici ceramici) che per articolazione della loro presenza (Tab. 3.6, Fig. 3.2), per “anzianità” delle rispettive esperienze produttive si conferma come la componente più internazionalizzata del sistema ceramico italiano. La componente che per prima e più di tutte ha seguito l’industria ceramica nei suoi movimenti migratori e localizzativi su scala internazionale. Tabella 3.6– Colorifici Ceramici: Paesi di destinazione degli insediamenti produttivi Numero di imprese controllate da aziende italiane per paese Paese estero Valore assoluto Valore percentuale Spagna 3 21,43 Brasile 2 14,29 Cina 2 14,29 Indonesia 2 14,29 Messico 1 7,14 Bulgaria 1 7,14 Taiwan 1 7,14 Tunisia 1 7,14 Turchia 1 7,14 Totale 14 100,00 Fonte: Rilevazione diretta 173 Figura 3.2 – Colorifici Ceramici: Distribuzione percentuale del numero di insediamenti produttivi per paese di destinazione 7% 7% 7% 15% 7% 14% 22% 14% 7% Bulgaria Cina Brasile Indonesia Tunisia Spagna Turchia Messico Taiwan Fonte: Rilevazione diretta Ritornando sulle forme organizzative a cui le imprese si sono affidate per attivare la loro presenza produttiva all’estero, si è visto come le scelte compiute siano state largamente favorevoli alla costituzione ex novo di imprese (Fig. 3.3). L’acquisizione di impresa non rientra tra le opzioni utilizzate dalle imprese e questo sembra da collegarsi alla condizione di sviluppo economico e tecnologico di molti paesi destinatari delle iniziative di investimento. Si tratta per la maggior parte di paesi in via di sviluppo o di recente industrializzazione e quindi privi di unità produttive attrattive per le imprese italiane. Figura 3.3 – Colorifici Ceramici: Forma di entrata nei paesi esteri 0% 0% 27% 73% Acquisizione impresa Costituzione nuova impresa Joint venture con partner locale Altro Fonte: Rilevazione diretta 174 3.3 Motivazioni dell’insediamento produttivo all’estero Le scelte di insediamenti produttivi all’estero trovano alcune motivazioni molto chiare (Tab. 3.7). E tra queste: • • • la ricerca di migliori condizioni di uso e di costo dei fattori (materie prime, lavoro, energia); la ricerca di nuovi spazi di mercato “al seguito” dei movimenti internazionali dell’industria ceramica; la possibilità/necessità di assicurare un più adeguato livello di servizio alla clientela in presenza di un significativo abbattimento di costi di trasporto e di logistica. Tabella 3.7 – Colorifici Ceramici: Motivazioni sottostanti all’avvio di iniziative produttive all’estero Offerta di Migliore Superamento prodotti a Vendita gestione barriere condizioni Riduzione costi prodotto servizio istituzionalicompetitive di produzione sul mercato assistenza governative per il mercato locale pre/postall’entrata di vendita destinazione Numero di risposte delle imprese 3 3 1 2 1 Altro 1 Fonte: Rilevazione diretta 3.4 L’avvio di nuove iniziative produttive all’estero L’indagine sul campo ha rilevato che diverse imprese intendono proseguire, o intraprendere l’espansione all’estero con nuove iniziative produttive. A questo proposito si è constatato che 9 imprese hanno dichiarato di voler replicare ulteriori iniziative (commerciali o produttive) al fine di approfondire e meglio radicare la loro presenza sui mercati internazionali, mentre 7 imprese hanno manifestato la loro volontà di imboccare (per la prima volta) la strada della internazionalizzazione produttiva seguendo l’esempio di altri colorifici (Tab. 3.8). Rispetto alla direzioni geografiche lungo le quali dovrebbero concretizzarsi i propositi di internazionalizzazione produttiva dei colorifici emerge un ampio ventaglio di paesi destinatari o sotto osservazione (Fig. 3.4). Alcuni sono paesi o aree geografiche già presidiati con le quali i colorifici hanno maturato un certo grado di familiarità (Brasile, Turchia), altri ancora sono territori nuovi (Russia, India, Iran, Est Europa) nei quali il potenziale di sviluppo dell’industria si presenta elevato offrendo interessanti, anche se non facili, opportunità di business per i colorifici ceramici. Tabella 3.8 – Colorifici Ceramici: intenzione di sviluppare nuove iniziative estere, valori assoluti e percentuali Intenzione di sviluppare iniziative di produzione all’estero Numero risposte Replicare ulteriori esperienze ed Intraprendere (per la prima volta) delle imprese incrementare la presenza all’estero iniziative produttive all’estero Valore assoluto Valore % Valore assoluto Valore% Affermative 9 48,00 7 37,00 Negative 7 37,00 10 53,00 Nd 3 15,00 2 10,00 Totale Fonte: Rilevazione diretta 19 100,00 19 100,00 175 Figura 3.4 – Colorifici Ceramici: Numero di iniziative estere per paese di destinazione 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 Iran Turchia Centro America Brasile India Cina Extra Ue Polonia Russia 0 Est Europa 0,5 numero di iniziative per paese Fonte: Rilevazione diretta Alla luce delle caratteristiche dei nuovi territori che le imprese stanno esplorando, per estendere il loro raggio di azione, si rileva anche un diverso orientamento rispetto alle forme organizzative a cui affidarsi per dare corpo a questi progetti/propositi di insiderizzazione produttiva. Si tratta in genere di paesi verso i quali è elevato il grado di distanza fisica ed ancor più culturale. Ciò rende necessario ed opportuno - al fine di contenere i rischi delle iniziative, ridurre gli impedimenti all’entrata e garantire un migliore sistema di rapporto con gli attori economici e socio-politici - avvalersi della collaborazione di un partner locale nella fase di ingresso nel paese di destinazione. La costituzione di joint venture sembra, così, essere la forma che meglio può accompagnare l’approdo a questi nuovi mercati. (Tab. 3.9, Fig. 3.5) Tabella 3.9 – Colorifici Ceramici: Forme organizzative previste per i futuri IDE Numero imprese Modalità organizzativa di entrata Valore assoluto Valore % Acquisizione d’impresa 0 0,00 Costituzione di nuova impresa 4 30,80 Joint venture con partner locale 8 61,50 Altro 1 7,70 13 100,00 Totale Fonte: Rilevazione diretta 176 Figura 3.5 – Colorifici Ceramici: Forme organizzative previste per i futuri IDE 8% 0% 31% 61% Acquisizione di impresa; Costituzione di nuova impresa; Joint Venture con partner locale; Altro Le evidenze emerse ci pongono di fronte ad un comparto che ha precorso i tempi nel cercare altri siti su cui erigere presidi di tipo produttivo intercettando con anticipo, rispetto ad altri attori del sistema ceramico italiano, le direttrici di sviluppo dell’industria ceramica su scala internazionale. Una miscela di vincoli allo sviluppo all’interno del distretto ceramico e l’affiorare di opportunità in territori anche distanti sullo scacchiere internazionale, hanno fatto da propellente per il decollo di iniziative produttive internazionali. Il consolidamento di queste condizioni di vincolo/opportunità fanno presagire che si tratta di un processo tutt’altro che compiuto. 177 CAPITOLO QUARTO LE PERFORMANCE ECONOMICHE E FINANZIARIE DEI COLORIFICI CERAMICI Premessa Al fine di dare completezza al quadro conoscitivo del comparto dei colorifici ceramici del distretto, si accompagna alle risultanze emerse dall’indagine sul campo l’analisi delle performance sul piano patrimoniale, finanziario ed economico conseguite dai colorifici ceramici nel periodo 2000-2004. L’analisi è stata condotta sui bilanci aziendali delle 19 imprese che compongono il campione. Al fine di un corretto apprezzamento delle indicazioni che emergono dall’analisi occorre una certa prudenza interpretativa nel fare discendere giudizi e valutazioni compiute e definitive. Ciò a motivo del grado di eterogeneità dell’aggregato di imprese sul piano dimensionale, combinazione tecnico-economica e grado di autonomia economica. Il numero di imprese del campione, data la sua limitatezza, non consente una sua scomposizione in aggregati, e pertanto si effettuerà una lettura unica sul campione totale. Al 2004 questo campione di imprese ha realizzato un fatturato di circa 500 milioni di euro con una occupazione di oltre 1.500 Addetti. L’analisi muoverà dalla rappresentazione del profilo patrimoniale e finanziario, per passare alla dinamica della gestione economica e si chiuderà con alcune valutazioni sul grado di efficienza e di economicità espressi dai processi gestionali tipici. 4.1 Il profilo patrimoniale e finanziario delle imprese Con le avvertenze anticipate in precedenza si mettono in luce, in primo luogo, le caratteristiche della struttura del capitale investito e delle forme di copertura finanziaria. Alla configurazione del capitale investito contribuisce in misura significativa la componente di capitale circolante che tende a stabilizzarsi – con qualche oscillazione interna al periodo – intorno al 65% con una netta prevalenza della componente della liquidità differita e cioè del credito commerciale alla clientela (Tab. 4.1). La componente di capitale fisso, più che segnalare variazioni in termini assoluti, lascia intravedere una diversa dinamica degli asset che la definiscono: gli immobilizzi finanziari si accrescono con un ritmo più accelerato rispetto agli immobilizzi tecnici. Ciò sembra porsi in relazione al profilarsi delle dinamiche di mercato ed alle risposte messe in atto dai colorifici. L’evoluzione poco favorevole dei mercati di sbocco (della ceramica in primis) ha accresciuto la tensione concorrenziale tra i colorifici sollecitandoli a perseguire obiettivi di crescita/consolidamento della posizione sul mercato per via esterna e cioè con acquisizioni di impresa. Passando ad analizzare le modalità di finanziamento, si coglie la tendenziale riduzione del grado di capitalizzazione ed una conseguente maggiore pressione sulle fonti esterne di finanziamento a breve termine. La propensione verso fonti finanziarie a breve è da porsi in stretta connessione con la preponderanza del capitale circolante. Il grado di coerenza e di equilibrio della struttura finanziaria segnalano alcune modificazioni intervenute nel periodo14 (Tab. 4.2). Nel caso delle imprese del comparto si nota che: • il margine di tesoreria (differenza tra attività a breve termine al netto del magazzino e passività a breve termine) segnala un peggioramento significativo a partire dal 2002 per poi rientrare su valori più contenuti ma sempre negativi. Ciò sembra indicare una condizione di incapacità delle imprese del comparto di rientrare dalla loro posizione debitoria a breve termine senza contare sulla monetizzazione della componente meno liquida del capitale circolante (disponibilità); Come noto alla creazione di condizioni di equilibrio finanziario-patrimoniale concorrono congiuntamente diverse componenti. In particolare si richiede che il margine di tesoreria sia positivo (o comunque non negativo), il margine di struttura sia positivo e il capitale circolante netto sia almeno pari alle passività correnti 14 178 Tabella 4.1 – Colorifici Ceramici: Stato patrimoniale aggregato di un campione di 19 imprese dati in migliaia di euro e percentuali Voci di Bilancio 2000 2001 2002 Valore Liquidità immediate % Valore % Valore % 2003 Valore 2004 % Valore % 10.246 2,56% 9.734 2,27% 12.849 2,63% 16.162 3,10% 21.379 4,28% 197.333 49,32% 192.477 44,80% 199.019 40,67% 220.673 42,27% 227.001 45,47% 62.702 15,67% 81.237 18,91% 76.805 15,70% 78.595 15,06% 85.166 17,06% 270.281 67,55 289.448 65,98 288.673 59,00 325.430 60,43 333.546 66,81 97.981 24,49% 101.922 23,72% 118.561 24,23% 120.592 23,10% 120.579 24,16% Immobilizzazioni immateriali 5.268 1,32% 5.472 1,27% 14.289 2,92% 12.398 2,38% 4.336 0,87% Immobilizzazioni finanziarie 26.583 6,64% 38.823 9,04% 67.827 13,86% 73.586 14,10% 40.722 8,16% Totale attivo 400.112 100,00% 429.665 100,00% 489.350 100,00% 522.006 100,00% 499.183 100,00% Passività a breve termine 186.092 46,51% 199.320 46,39% 261.423 53,42% 269.058 51,54% 252.279 50,54% Passività a lungo termine 39.579 9,89% 57.089 13,29% 54.596 11,16% 71.948 13,78% 56.427 11,30% Capitale netto 174.441 43,60% 173.256 40,32% 173.331 35,42% 181.000 34,67% 190.477 38,16% Totale passivo Fonte: Elaborazione diretta su dati Aida 400.112 100,00% 429.665 100,00% 489.350 100,00% 522.006 100,00% 499.183 100,00% Liquidità differite Disponibilità Capitale circolante Immobilizzazioni materiali Tabella 4.2 – Colorifici Ceramici: Indici di liquidità e di solidità patrimoniale Margini ed indici 2000 2001 2002 2003 2004 Margine di tesoreria (000€) 21.487 2.891 - 49.555 - 32.223 - 3.899 Margine di struttura (000€) 44.611 27.039 - 7.346 - 25.576 24.840 Capitale circolante netto (000€) 84.189 84.129 27.250 46.372 81.267 Indice di liquidità 1,115 1,015 0,810 0,880 0,985 Indice di disponibilità 1,452 1,422 1,104 1,172 1,322 Quoziente di copertura delle immobilizzazioni Fonte: Elaborazione su dati Aida 1,344 1,185 0,864 0,876 1,150 179 • il margine di struttura (differenza tra il capitale netto e il totale delle immobilizzazioni) segnala una condizione di solidità patrimoniale delle imprese del comparto in termini di capacità di copertura degli investimenti fissi con risorse e capitali propri. Ciò si rileva dopo una parentesi, nella parte centrale del periodo, dove in presenza di un forte aumento degli investimenti fissi, sono intervenute a loro copertura anche mezzi finanziari di terzi; • il capitale circolante netto (differenza fra le attività e le passività a breve termine) risulta positivo per tutto il periodo considerato a significare che le imprese del comparto nel loro insieme sembrano poter far fronte alle proprie obbligazioni a breve senza intaccare la loro dotazione di asset stabilmente destinati allo svolgimento delle attività produttive e dei processi tipici. A completare il quadro delle condizioni di equilibrio finanziario-patrimoniale delle imprese del comparto, soccorrono ulteriori informazioni desumibili da alcuni altri indicatori e tra questi: • l’indice di liquidità (rapporto tra la somma delle disponibilità liquide immediate e differite e l’ammontare delle passività correnti) che completa le informazioni fornite dal margine di tesoreria1. L’indicatore segnala una condizione di equilibrio finanziario soddisfacente nella prima parte del periodo per incrinarsi nella seconda parte dello stesso scendendo al di sotto dell’unità; • l’indice di disponibilità (rapporto tra le attività e le passività a breve termine) che integra l’esame del capitale circolante netto2, segna valori superiori all’unità per tutto il periodo considerato. Ne esce una indicazione di sostanziale capacità delle imprese di far fronte ai debiti in scadenza tramite le attività a breve termine, mostrando una appropriata relazione tra la scadenza degli impieghi e delle fonti; • il quoziente di copertura delle immobilizzazioni (rapporto tra il capitale proprio e le attività immobilizzate) che integra il margine di struttura3. Nel caso specifico il concorso del capitale proprio alla copertura finanziaria di fabbisogni per investimenti a lungo ciclo di realizzo si presenta modesta e negativa in alcuni anni del periodo nei quali si è dovuto fare ricorso a forme di indebitamento. 4.2 Dinamica del fatturato, struttura dei costi e condizioni di redditività La dinamica della gestione economica e l’andamento della redditività nelle sue diverse componenti offrono diversi spunti di riflessione (Tab. 4.3). La struttura del conto economico mette bene in luce gli stretti spazi di manovra entro i quali le imprese devono ricercare le condizioni di equilibrio gestionale e reddituale. Ad irrigidire la struttura del conto economico concorre la forte incidenza dei costi delle materie prime (mai inferiore al 62%) che comprime nettamente la loro capacità di estrarre valore aggiunto che, dopo avere partecipato alla remunerazione dei fattori impegnati nei processi produttivi, procura un livello di reddito operativo modesto e cedente. Sulla già modesta disponibilità di reddito operativo, la pressione degli oneri finanziari porta la redditività netta a livelli molto esigui, fino a diventare negativa nel 2004. Trova conferma la relativa “povertà” di questa specializzazione produttiva che non può fare a meno di accedere a favorevoli condizioni di costo dei fattori. 1 Ad evidenza, quando il rapporto di liquidità è maggiore di uno il margine di tesoreria è positivo, quando al contrario è inferiore all’unità il margine di tesorerie è negativo. 2 Il suo valore dipende dall’andamento del capitale circolante netto (CCN) e sarà maggiore di 1 se il CCN è positivo e minore di 1 se il CCN è negativo. 3 Il quoziente è maggiore di 1 quando il margine di struttura è positivo, percui gli immobilizzi sono completamente coperti dal capitale proprio. 180 Tabella 4.3 - Conto Economico aggregato di un campione di imprese del comparto dei colorifici ceramici – valori in migliaia di euro e percentuali 2000 Ricavi delle vendite Totale val. produzione Materie prime e di cons. Servizi Godimento beni di terzi Valore aggiunto Costo del personale Margine operativo lordo Ammortamenti Accantonamenti e sval. Risultato operativo Oneri/proventi finanziari Oneri/proventi straordinari Reddito pre-imposte Imposte dell'esercizio Reddito netto Fonte: Elaborazione su dati Aida Valore 409.875,84 415.683,89 257.545,60 57.624,26 5.242,81 95.271,23 58.658,58 36.612,65 18.853,85 4.673,47 13.386,98 1.182,08 155,77 14.724,83 6.550,21 8.174,61 2001 % 100,00% 101,42% 62,84% 14,06% 1,28% 23,24% 14,31% 8,93% 4,60% 1,14% 3,27% 0,29% 0,04% 3,59% 1,60% 1,99% Valore 424.255,92 432.906,36 262.894,83 64.457,81 5.419,46 100.134,27 61.074,74 39.059,53 19.204,57 4.851,04 15.165,84 - 2.367,35 - 236,95 12.561,54 8.240,26 4.321,28 2002 % 100,00% 102,04% 61,97% 15,19% 1,28% 23,60% 14,40% 9,21% 4,53% 1,14% 3,57% -0,56% -0,06% 2,96% 1,94% 1,02% 181 Valore 485.086,66 502.760,10 315.142,46 71.987,54 6.416,26 109.213,84 66.426,30 42.787,55 20.294,66 6.446,77 16.546,15 - 788,63 - 1.611,08 14.146,44 6.562,31 7.584,12 2003 % 100,00% 103,64% 64,97% 14,84% 1,32% 22,51% 13,69% 8,82% 4,18% 1,33% 3,41% -0,16% -0,33% 2,92% 1,35% 1,56% Valore 480.196,59 492.451,58 304.857,28 67.126,00 6.187,47 114.280,84 67.974,18 46.306,66 21.340,01 753,29 24.307,32 - 1.165,69 - 4.437,07 18.704,56 10.877,72 7.826,85 2004 % 100,00% 102,55% 63,49% 13,98% 1,29% 23,80% 14,16% 9,64% 4,44% 0,16% 5,06% -0,24% -0,92% 3,90% 2,27% 1,63% Valore 493.718,26 510.265,05 316.434,48 69.163,36 6.933,86 117.733,36 73.906,22 43.827,14 18.852,54 10.711,05 13.832,41 - 5.691,65 - 1.634,45 6.506,30 8.765,32 - 2.259,02 % 100,00% 103,35% 64,09% 14,01% 1,40% 23,85% 14,97% 8,88% 3,82% 2,17% 2,80% -1,15% -0,33% 1,32% 1,78% -0,46% Anche una lettura dinamica delle performance economiche delle imprese riconferma le risultanze precedenti (Tab. 4.4, Fig. 4.1). In particolare si osserva che nonostante gli sforzi compiuti dalle imprese di immettere nella loro offerta dosi crescenti di servizio, proposte personalizzate, tutto ciò non si riflette in maggiore creazione di valore: il valore aggiunto si muove alla stessa velocità del fatturato aziendale. Tabella 4.4 – Colorifici Ceramici: Variazioni percentuali delle principali voci di conto economico Variazione percentuale 2000/2001 2001/2002 2002/2003 2003/2004 Var. % Fatturato 3,39 12,54 -1,02% 2,74 Var. % Valore produzione. 3,98 13,89 -2,09% 3,49 Var. % Valore aggiunto 4,86 8,30 4,43% 2,93 Var. % Risultato operativo 11,73 8,34 31,93% -43,09 Var. % Reddito netto -47,14 43,02 3,10% -128,86 Fonte: Elaborazione su dati Aida Fig. 4.1 – Trend di sviluppo del Fatturato, Valore Aggiunto, Risultato operativo e Reddito netto nel periodo 2000-2004- valori in migliaia di euro 600.000 500.000 Migliaia di euro 400.000 300.000 200.000 100.000 2000 2001 2002 2003 2004 -100.000 Anno Fatturato Valore aggiunto Riultato operativo Reddito netto Fonte: Elaborazioni su dati Aida La modesta capacità delle imprese di estrarre valore dall’attività svolta emerge anche osservando le condizioni di efficienza dei processi e della produttività dei fattori (Tab. 4.5). Gli indicatori di produttività (del capitale investito e del lavoro) presentano infatti valori modesti e tendenzialmente cedenti con la sola eccezione dell’ultimo anno che segnalano un recupero: recupero che deriva dal minore impiego di fattori più che dall’aumento del fatturato. L’attività che si svolge in questo comparto è quindi una attività ad elevata intensità di capitale ed al contempo di bassa produttività del capitale stesso. Se il metro di misura diventa il valore aggiunto, la situazione non si modifica in modo sostanziale: si rileva solo una migliore prestazione del fattore lavoro, limitatamente al 2004, per effetto della riduzione del numero di addetti in forza alle imprese del comparto. Si è quindi in presenza di una attività produttiva ad elevata intensità di capitale e di lavoro e che all’immissione di dosi crescenti di fattori prodttivi non si accompagna una pari capacità di realizzare valore (in termini di fatturato e di valore aggiunto). Nel periodo 2000-2004, infatti, a fronte di un aumento del rapporto capitale investito/addetti pari al 26% e di un aumento del rapporto costo del lavoro/addetti pari al 30% circa, si registra una crescita del rapporto valore aggiunto/addetti del 7%. 182 Tabella 4.5 – Colorifici Ceramici: Principali rapporti di produttività dei fattori. Valori in euro e percentuale Indici 2000 2001 2002 2003 2004 Ricavi di vendita / Capitale investito netto (%) 1,02 0,98 0,99 0,92 0,99 Ricavi di vendita / Addetti (€) 263.913 226.510 265.654 260.268 321.221 Valore aggiunto / Capitale investito netto (%) 23,75 23,30 23,30 21,83 23,44 Valore aggiunte / Ricavi di vendita (%) 23,24 23,60 22,51 23,80 23,85 Valore aggiunto / Addetti (€) 61.352 53.464 59.812 61.947 76.338 Costo del lavoro / Addetti (€) 37.771 32.613 36.382 36.846 48.084 Costo del lavoro / valore aggiunto (%) 61,56 60,99 60,82 59,48 62,77 Capitale investito / Addetti (€) 256.643 239.394 267.990 282.930 324.277 Numero addetti dell’aggregato di imprese 1.553 1.873 1.826 1.845 1.537 Fonte: Elaborazione dati Aida Più indipendente la dinamica del costo del lavoro pro-capite che mette in luce – dopo un periodo segnato da lievi oscillazioni – una decisa impennata nel 2004 pur in presenza di un netto calo del numero degli addetti. Ciò sembra porsi in relazione agli effetti prodotti dal rinnovo del contratto di lavoro e dal progressivo aumento del grado di terziarizzazione delle imprese del comparto. Questa dinamica del costo del lavoro, unitamente alla limitata quantità di ricchezza estratta dai processi produttivi tipici, conducono ad un consistente assorbimento del valore aggiunto da parte del fattore lavoro che nel 2004 ha raggiunto il 63%, residuando la restante parte per la ricostituzione e la remunerazione del capitale investito. Le combinazioni tecnico-produttive (grado di integrazione dei processi di lavorazione e di intensità di capitale), le condizioni più onerose di acquisizione dei fattori e la dinamica del rendimento degli stessi, si riverberano sui livelli di economicità e redditività della gestione aziendale delle imprese del comparto (Tab. 4.6). Tabella 4.6 – Colorifici Ceramici: Indici di redditività (Valori %) Indici 2000 Reddito operativo / Capitale investito (Roi) 3,29 Reddito netto / Capitale netto (Roe) 4,92 Reddito operativo / Ricavi di vendita (Ros) 3,27 Fonte: Elaborazione personale su dati Aida 2001 3,49 2,60 3,57 2002 3,28 4,49 3,41 2003 4,55 4,49 5,06 2004 2,72 -1,23 2,80 A conclusione di questa lettura delle performance economico finanziare, giova ribadire che si tratta di una lettura d’insieme, condotta sull’aggregato delle imprese: aggregato molto composito (per integrazione ciclo produttivo, specializzazione produttiva, grado di autonomia,…) che richiederebbe, pertanto, letture distinte ed incorporanti le differenze al fine di un più corretto apprezzamento delle rispettive performance sul piano economico. 4.3 Specificità aziendali e performance: l’analisi per cluster o gruppi di imprese Dopo avere delineato le performance economico finanziarie a livello di aggregato di imprese che definiscono il comparto dei colorifici ceramici, si cerca ora di indirizzare l’analisi in modo più mirato. L’intento è quello di ricondurre determinati livelli di performance a gruppi di imprese accomunate da tratti di omogeneità sotto il profilo strutturale e competitivo. La metodologia seguita nel compiere questo avanzamento è quello della cluster analysis. Si tratta di una tecnica di analisi che permette l’individuazione di gruppi tra le imprese del campione in base ad alcune caratteristiche rilevanti che queste posseggono. Consente quindi di giungere all’identificazione di una serie di cluster, omogenei al loro interno ed eterogenei tra loro in base ai criteri di analisi adottati. In questa sede ci si limita ad una breve descrizione delle fasi del processo di analisi per passare rapidamente a presentare i risultati e le indicazioni estratte. 183 Partendo dal campione di imprese analizzato1, si è giunti alla creazione di cluster omogenei in base al valore assunto da alcuni indici di redditività: • la redditività del capitale investito o ROI (margine operativo / capitale investito); • la redditività del capitale netto o ROE (reddito netto / capitale netto); • la redditività delle vendite o ROS (margine oparativo / ricavi di vendita. L’analisi ha identificato 3 cluster eterogenei (Tab. 4.7, Fig. 4.2) fra di loro ed omogenei al loro interno utilizzando come variabile principale il valore del ROE al 2004. La variabile ROI coglie alcuni tratti distintivi tra i gruppi ma in modo meno netto; allo stesso modo la variabile ROS risulta inadatta all’analisi delle caratteristiche dei tre cluster poiché non coglie differenze significative tra le imprese. Tabella 4.7 – Colorifici Ceramici: Imprese e gruppi Numero imprese Valore assoluto Valore % Cluster di imprese Cluster 1 7 38,90 Cluster 2 8 44,40 Cluster 3 3 16,70 18 100,00 Totale Fonte: Elaborazione diretta su dati Aida Figura 4.2 – Colorifici Ceramici: Rappresentazione grafica dei 3 cluster individuati 20,00 ROI 2004 15,00 10,00 5,00 0,00 -5,00 -20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 ROE 2004 Cluster 1 2 3 Andando alla ricerca dei tratti che accomunano le imprese all’interno dei singoli cluster è possibile rilevare che: • il cluster 1 composto da 7 imprese vede al suo interno attori: o di medio-piccola dimensione sia in termini di addetti (45-72 unità) sia per fatturato (10-15 milioni di euro); o a capitale di controllo spagnolo (4 su 6 imprese spagnole presenti nell’area ceramica); 1 Dall’analisi sono state escluse due imprese perché non compatibili con l’analisi di clusterizzazione: Ferro (Italia) S.r.l. e Cover Colorificio Ceramico S.r.l. 184 o o o o con un portafoglio prodotti con un forte peso della fritta, rivolto prevalentemente al distretto ceramico di Sassuolo; basso grado di esportazione, quando non assente (da ricollegarsi al peso delle imprese a controllo spagnolo che hanno come missione quella di servire il mercato di Sassuolo); non producono all’estero (sono esse stesse in larga parte imprese delocalizzate); con un forte grado di dipendenza dalla clientela: in diversi casi ai primi tre clienti è destinato il 40-50% del loro fatturato. • il cluster 2 composto da 8 imprese e cioè soggetti aziendali: o di medio-grande dimensione sia in termini di addetti (120-143 unità) e sia per fatturato (30-40 milioni di euro); o a capitale di controllo eterogeneo (nazionale, spagnolo, britannico); o con un portafoglio che lascia più spazio a prodotti diversi dalla fritta (smalti, colori) destinato all’area ceramica di Sassuolo; o dotati di discreta capacità di inserimento commerciale sui mercati esteri; o attive con impianti produttivi all’estero o con un grado medio di dipendenza dalla clientela: ai primi tre clienti è destinato una quota mai superiore al 30% del loro fatturato. • il cluster 3 composto da 3 imprese rappresentate da soggetti aziendali: o di piccole dimensione sia in termini addetti (6-8unità) e sia per fatturato (10-20 milioni di euro); o a capitale di controllo in prevalenza spagnolo; o con un portafoglio composto da produzioni a maggiore valore (smalti, colori) a cui si associa la commercializzazione di alcuni prodotti pregiati (silicato di zirconio,…); destinato in buona misura all’area ceramica di Sassuolo; o capaci di dirigere interessanti flussi di vendite all’estero, specie ai mercati più evoluti (circa il 50%); o non attive con impianti produttivi all’estero; o con un grado medio-alto di dipendenza dalla clientela: ai primi tre clienti è destinato una quota che giunge anche al 50% del loro fatturato. Partendo da questi tratti che unificano le imprese all’intero di un cluster e le differenziano rispetto a quelle contenute negli altri, si cerca di verificare se a queste diversità si associano livelli diversi di performance sul piano economico. L’esigua numerosità delle imprese ed il persistere di molti tratti comuni a tutte le imprese in termini di localizzazione, mercati di sbocco, omogeneità del focus strategico su fattori competitivi critici (riduzione dei costi, miglioramento del servizio ed innovazione prodotto), induce una certa prudenza nell’estrarre indicazioni nette dal quadro sopra delineato (Tab. 4.8). Tabella 4.8 - Colorifici ceramici: performance economiche per cluster di imprese. Valori medi in euro e percentuali nel periodo 2000-2004 Cluster 2 Cluster 3 Indicatori di performance Cluster 1 “Spento” “Opaco” “Brillante” Acquisti materie prime /Ricavi di vendita (%) Costo del lavoro/ Ricavi di vendita (%) Valore aggiunto / Ricavi di vendita (%) Margine operativo /Ricavi di vendita (%) Ricavi di vendita / Addetti (€) Valore aggiunto / Addetti(€) Costo lavoro / Valore aggiunto (%) Rotazione del capitale investito Oneri finanziari / Ricavi di vendita (%) Fonte: Nostre elaborazioni da Banca dati Aida 63,8 15,5 23,0 3,35 294.501 53.510 62.50 1,17 3,25 185 59,8 13,8 24,2 5,30 408.023 73.230 50,75 1,05 1,30 73,2 7,4 14,8 4,69 415.212 56.080 50,50 1,60 1,31 Pur con questa cautela sembra di poter ricondurre le modeste performance del: • primo cluster alla sua specifica configurazione produttiva (elevato peso della produzione/commercializzazione di fritta), alla sua combinazione tecnico-produttiva (elevata intensità di capitale) che limitano la capacità di estrarre dai processi tipici livelli elevati di ricchezza (valore aggiunto e reddito operativo) che viene in larga parte destinata a remunerare il fattore lavoro. La modesta redditività dell’attività caratteristica subisce un ulteriore “drenaggio” da parte degli oneri finanziari stante il ricorso a fonti di finanziamento esterne. Tutto questo porta a performance economiche di colore “spento” per le imprese di questo cluster; • secondo cluster ad una migliore capacità di valorizzazione della produzione grazie ad un portafoglio di prodotti più “ricchi” che consentono di spesare il costo dei fattori ed estrarre dal loro impiego rendimenti più congrui. Sui migliori livelli di redditività grava inoltre una minore pressione esercitata dalla gestione finanziaria. Si può simbolicamente dire che nel caso di questo cluster di imprese le performance sono di colore “opaco”; • terzo cluster il più esiguo in termini di numero di imprese che lo compongono ed anche quello che ha un posizionamento competitivo più focalizzato. La chiave di lettura delle performance va ricercata nella sua offerta al mercato: una offerta fortemente influenzata dalla commercializzazione di prodotti molto pregiati sui quali il processo produttivo interviene limitatamente. Ciò consente una combinazione tecnicoproduttiva più leggera, specie in termini di impiego di capitale (maggiore rotazione del capitale stesso) ed ancor più di lavoro. La modesta pressione della gestione finanziaria (in termini di oneri finanziari) lascia affluire, di conseguenza, una maggiore quantità di reddito per la remunerazione del capitale. Sembra esser questo il cluster con performance dal colore più “brillante”. Al fine di un corretto apprezzamento dei risultati forniti da questo approccio analitico è doveroso ribadire – dopo avere già in precedenza invitato ad una certa cautela di giudizio – che molti sono i fattori che intervengono nella formazione dei valori e delle grandezze economiche. La loro influenza in diversi casi appare determinante: basti pensare al peso che hanno gli indirizzi della casa madre sulla propria controllata, agli effetti prodotti da politiche di transfer price, alle missioni affidate alle singole unità produttive appartenenti a gruppi ed altri ancora. Si è, quindi, in presenza di una realtà industriale, contenuta sotto il profilo dimensionale, ma ad elevata varietà e complessità interna. Tale complessità non può essere raccolta e rappresentata correttamente da schemi e metodologie di analisi anche rigorosi sotto il profilo della loro capacità interpretativa. Tutto questo fa sì che le indicazioni scaturite sono “vere” ma per elevarne il loro grado di prossimità alla “realtà” occorrerebbe integrarle con ulteriori elementi conoscitivi e variabili esplicative non facili da reperire. 186 CONCLUSIONI L’ampio materiale messo a disposizione dall’indagine sul campo consente di rappresentare il volto di un comparto produttivo la cui rilevanza va ben oltre il suo peso specifico sul piano strutturale. Sarebbe molto difficile, infatti, immaginare il successo dell’industria italiana delle piastrelle di ceramica senza l’apporto fornito dai colorifici sul piano dell’innovazione di prodotto e dell’arricchimento estetico e grafico che ha vestito la piastrella di ceramica nel corso degli ultimi decenni. Un comparto piccolo, fortemente concentrato sul piano localizzativo, articolato al suo interno per tipologia di imprese (dimensione, vocazione produttiva, capitale di controllo,…..) che grazie a queste diversità ha messo a disposizione delle imprese ceramiche una fonte alla quale attingere idee, proposte e sperimentazioni senza fine. Una fonte che, dato il dinamismo concorrenziale che ha animato i colorifici, non ha mai interrotto il suo flusso innovativo rivolto alle aziende ceramiche. Anzi, un flusso che a partire dalla fine degli anni ’80, si è sostituito a quello delle aziende ceramiche progressivamente indebolitosi fino ad essersi quasi spento. Un comparto, che nella fase iniziale ha trovato nell’industria ceramica le ragioni del suo essere per assumere a sua volta, a distanza di pochi lustri, il ruolo di fattore di sviluppo dell’industria ceramica stessa. Alla sua genesi ha contribuito in misura determinate l’attrazione “fatale” esercitata dallo straordinario sviluppo dell’industria ceramica italiana nell’area di Sassuolo che: • ha fatto uscire allo scoperto energie imprenditoriali locali, • ha importato dalla Spagna iniziative di imprese animate da una duplice finalità: cogliere le allettanti opportunità di business ed ancor più catturare idee ed innovazioni da trasferire sul mercato spagnolo, • ha suscitato l’interesse di alcune grandi multinazionali estere che hanno intravisto buone opportunità di diversificazione del loro portafoglio business. Il comparto dei colorifici ceramici ha visto crescere il grado di compattezza della sua base produttiva che presenta oggi una forte polarizzazione: da un lato un numero esiguo di attori di medio-grande dimensione e dall’altro una schiera di piccole imprese. Questo assetto è il portato dell’azione di diversi fattori di cambiamento che ha modificato il contesto di riferimento e sollecitato le imprese a rivedere le loro condotte sul piano strategico ed operativo. Le spinte sono venute in parte dall’industria ceramica (evolversi della combinazione tecnologie-prodottimercati), dall’ambiente socio-territoriale (compatibilità ambientale dei processi produttivi), e dalle dinamiche competitive interne (forte tensione concorrenziale indotta dalla prossimità tra le imprese, omogeneità dell’offerta, …). L’agire combinato di questi fattori ha innalzato progressivamente la soglia di impegno e fatto emergere un fabbisogno crescente di risorse e competenze per consentire alle imprese di poter partecipare al gioco competitivo. Aggregazioni tra imprese e processi acquisitivi hanno, così, rappresentato gli strumenti a cui hanno fatto ricorso le imprese per perseguire il consolidamento dimensionale, condizione che ha permesso loro (o meglio ad alcuni) di dare maggiore tono e vigore all’azione di mercato. Una azione di mercato che ha dovuto: • ampliare il suo orizzonte spaziale anche se la domanda espressa dall’area ceramica di Sassuolo resta ancora dominante, • mettere in campo forme organizzative ad elevato impegno per soddisfare bacini di domanda molto distanti sul piano geografico (investimenti diretti all’estero), • connotare l’offerta rivolta alla clientela di un sempre più elevato contenuto di differenziazione che, potendo essere incorporata solo in piccola parte nel prodotto, ha fatto assumere alla capacità di servizio il ruolo di variabile competitiva chiave, • ricercare un livello di dialogo e di interazione sempre più stretto e continuo con le aziende clienti (ceramiche) per potere orientare l’attività di R&D, sperimentare materiali e soluzioni e co-progettare. Tutte condizioni essenziali per poter fare avanzare l’innovazione di prodotto nell’industria ceramica. Percorsi non facili e non disponibili per tutte le imprese e, da qui, la selezione che si è creata tra le imprese vista la difficoltà di valorizzare in misura soddisfacente l’output finale. Una valorizzazione che deve fare i conti con 187 le combinazioni tecnico-produttive che connotano i processi produttivi delle imprese: forte incidenza degli input in entrata, elevata intensità di capitale e presenza ancora significativa del fattore lavoro. Ne discende che la gestione caratteristica residua quantità limitate di reddito e tendenzialmente cedenti da destinare alla accumulazione e remunerazione del capitale. La bassa redditività, accompagnata a rigidi vincoli su scala territoriale alla espansione della capacità produttiva, rappresentano solide barriere all’entrata. D’altro canto l’elevato grado di specializzazione degli impianti e l‘assenza di spazi per la loro riconversione abbattono significativamente il loro valore di riconversione costituendo di fatto una barriera all’uscita per le imprese del comparto. Un comparto, quindi contenuto sul piano dimensionale, compreso all’interno del distretto ceramico, con una produzione a basso valore aggiunto che trova sbocco (quasi unico) presso le aziende ceramiche subendone la forza negoziale. Se il distretto nella fase iniziale ha fatto da “nido” per i colorifici, col passare del tempo lo stesso si è trasformato in “gabbia”. E’ per sottrarsi a queste condizioni impedenti la crescita che alcune imprese del comparto hanno esteso il loro raggio di azione oltre i confini del distretto. Averlo fatto – in alcuni casi con largo anticipo - e aver sperimentato le forme organizzative più idonee a presidiare i mercati, con approcci commerciali ed anche con sedi produttive, ha conferito alle imprese maggior grado di autonomia sul piano strategico ed operativo. Ma soprattutto, ha consentito a queste imprese di seguire l’industria ceramica nei suoi movimenti migratori su scala internazionale favorendone al contempo lo sviluppo. Uno sviluppo che dal “centro” si propaga verso la “periferia” dove il centro è il sistema ceramico radicato intorno a Sassuolo con il suo patrimonio di conoscenze e competenze distintive e dove la periferia è il mercato globale. 188 BIBLIOGRAFIA Acimac, Ceramic World Review, S.A.L.A. s.r.l., Modena. Anffecc, Associazione dei produttori spagnoli di fritte, smalti e coloranti. Assopiastrelle, Indagine statistica nazionale industria italiana delle piastrelle di ceramica anno 2004, 2005. Assopiastrelle, Cerfornitori, 2004. Barbarito L., L’analisi di settore- Metodologia e applicazioni, Franco Angeli, 1999. Bursi Tiziano, Il sistema meccano ceramico nel comprensorio della ceramica struttura e processi di crescita, Angeli, Milano, 1984. Bursi Tiziano, L’industria delle piastrelle di ceramica: dalla rapida crescita alla maturità settoriale, Angeli, Milano, 1988. Ceramicolor – Associazione nazionale delle imprese produttrici di fritte, smalti, coloranti e relativi ausiliari per ceramica e metalli, ossidi metallici e pigmenti inorganici. Ceramicolor, Materiali per la smaltatura e la decorazione ceramica, 1998. 189 LE IMPRESE DI SERIGRAFIA E GLI STUDI GRAFICI NEL DISTRETTO DELLA CERAMICA DI SASSUOLO (Tiziano di Bursi – Mauro Di Fiore) 190 INDICE INTRODUZIONE p. 192 1. La serigrafia nella storia p. 193 2. I processi produttivi e l’applicazione nell’industria ceramica p. 194 3. La serigrafia: un’arte antica per nobilitare la piastrella di ceramica? p. 196 4. La serigrafia rotativa: la nuova frontiera p. 198 5. Il comparto delle imprese di serigrafia nel distretto ceramico di Sassuolo p. 201 6. Le performance economiche e finanziarie delle imprese p. 205 p. 208 ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI 191 INTRODUZIONE Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi. Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo. Il presente rapporto è dedicato al comparto degli studi grafici e delle imprese di serigrafia. Un comparto di nicchia che nel corso del tempo ha saputo trovare una sua collocazione all’interno del sistema ceramico del distretto di Sassuolo. La comparsa delle prime imprese avviene negli anni ’70, favorita dall’avvio di alcune iniziative di spinn-off al pari di tutte le formazioni settoriali o aggregazioni produttive formatesi all’ombra dell’industria. La crescita del comparto trova una stretta correlazione con la rilevanza del contenuto estetico del prodotto ceramico, connotato al quale il comparto delle imprese serigrafiche ha fornito un contributo basilare. Di questa realtà settoriale – la cui importanza va ben oltre la sua dimensione strutturale – la presente analisi ripercorre a grandi balzi l’evoluzione della serigrafia come arte o tecnica di stampa e ne coglie le specificità della sua applicazione al prodotto ceramico. A questo livello di analisi tenta una parziale rappresentazione dell’aggregato di imprese che insiste nell’area ceramica, ne osserva gli orientamenti e le condotte con una attenzione particolare a quelle orientate al mercato internazionale. Un quadro solo parzialmente soddisfacente se valutato sulla base dell’ampiezza dell’evidenza statistica che si dimostra molto contenuta. L’occhio del ricercatore ha però cercato di andare oltre la mera dimensione quantitativa e ciò con l’intento di cogliere alcune specificità in termini di dinamiche settoriali e comportamenti degli attori aziendali. Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Una indagine sul campo che ha interessato un numero forzatamente contenuto di imprese ha fornito una parte interessante quanto limitata del materiale conoscitivo. Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, integrazioni con altre fonti di tipo secondario hanno permesso di completare il quadro dell’analisi. Un ringraziamento alle imprese che hanno collaborato ed in riconoscimento particolare a Giordano Monti (Assoprint), Paride Pini (Poligraph). 192 1. La serigrafia nella storia “Serigrafia”. Seri dal latino "sericum= seta", e grafia dal greco "graphos=scrittura". Serigrafia significa, quindi letteralmente, scrittura della seta. In origine, o molto indietro nel tempo, per questo sistema di stampa si utilizzava una matrice di seta, sostituita in seguito con un tessuto di poliestere o nylon. Il primo telaio serigrafico, si dice sia stato trovato in Giappone verso la fine del XVII secolo. Si trattava di una cornice di cartone sulla quale si tendeva e si incollava un intreccio di capelli umani al quale si applicava un foglio di carta di gelso intagliata ed oliata per renderla impermeabile all’inchiostro, che veniva pressato e stampato per mezzo di una spazzola. La serigrafia com’è svolta oggi (stampa con racla) è una tecnica relativamente recente e risale agli inizi del Novecento. In realtà è un’evoluzione dell’antica tecnica dello stampino.2 Difficile stabilire a chi si debba l’invenzione di questo sistema di stampa, certo è che diversi secoli fa, in Estremo Oriente era praticato per decorare stoffe, ceramiche o altri materiali attraverso una maschera o uno stampino, sul quale veniva traforato un disegno che si stampava facendo pressione con un tampone o con una spazzola, ottenendo così numerose copie dello stesso soggetto. La tecnica dello stampino è senz’altro il più antico procedimento di stampa: gli storici lo fanno risalire a non meno di 40.000 anni come sembrano testimoniare le pitture rupestri di Dordogna, sulle quali si sono rinvenute impronte di mani “in negativo” colorate con ocra rossa. Quell’artista preistorico, appoggiando la mano sulla roccia e soffiandoci sopra della polvere colorata, faceva diventare la sua mano uno stampino negativo. In tutte le civiltà antiche vi è traccia della pratica di questa tecnica: dalla stampa dei Kimono giapponesi e delle sete cinesi, dai romani che firmavano attraverso lastre d’oro traforate con le proprie iniziali, ai sigilli papali. La tecnica dello stampino, tuttavia, non è ancora serigrafia anche se può essere definita come la sua antenata: la matrice o stampino viene attraversata dall’inchiostro prima di depositarsi sulla superficie da stampare a differenza di tutti gli altri sistemi di stampa che seguiranno, in cui la funzione della matrice è quella di trattenere l’inchiostro per poterlo poi depositare sulla superficie da stampare (calcografia, litografia, tipografia, rotocalco, offset, flessografia ecc.). Poco o nulla si sa dell’evoluzione di questa tecnica di stampa. Occorre attendere il 1907, quando l’inglese Samuel Simon brevetta un telaio (o quadro di stampa) con seta da buratto tesa su una cornice di legno; il disegno veniva già eseguito in negativo ma la stampa veniva fatta con una spazzola. Non si sa chi sostituì la spazzola prima con un rullo di feltro, poi con la racla con la lama di caucciù che rivoluzionerà tutto il sistema di stampa. Nel 1915 a San Francisco John Pilsworth mise a punto un procedimento per stampare diversi colori con un solo telaio e nello stesso anno fu brevettato il primo telaio con matrice ottenuta con il sistema fotomeccanico. Nel 1921 fu costruita la prima macchina per la stampa serigrafica. Nel corso della seconda guerra mondiale la serigrafia ha ottenuto un notevole sviluppo, impiegata su scala industriale per la stampa di materiale bellico data l’estrema versatilità che permette di stampare su qualsiasi materiale: parti di aerei, elmetti, zaini, cinturoni, fusti di carburante ecc. Paradossalmente si può affermare che la guerra diffuse la serigrafia a livello mondiale. Nel 1949 fu fondata in Belgio la prima rivista del settore, stampata in francese, olandese e tedesco. In Italia solo nel 1956 Almo Zuliani e Aristide Drusiani stampano il primo numero di “Serigrafia” tuttora edita. Senza rendersene conto, oggi si è circondati da prodotti stampati in serigrafia e tra gli innumerevoli esempi: la stampa sulle fiale di vetro per iniezioni, i disegni e le scritte dei flaconi di prodotti di bellezza, i quadranti di orologi, le strumentalizzazioni di bordo di auto, aerei e navi; i circuiti stampati per l’elettronica, radio, televisori, computer, le carte da parati, le piastrelle in ceramica, le decalcomanie, gli adesivi ecc. In tutto il mondo la segnaletica stradale è stampata in serigrafia e anche tutti i tessuti di fibre naturali e sintetiche in pezza o confezionati, manifesti, cartelloni pubblicitari, ecc. Non meno lungo l’elenco dei supporti su cui si può stampare: carta, cartone di qualsiasi spessore, tutti i metalli, plastica, vetro, ceramica, legno e i suoi derivati, sughero, pellame, cuoio, tutti i tipi di tessuto, laterizi, rivestimenti edili ecc. E’ difficile riconoscere gli oggetti di uso comune stampati in serigrafia. Si potrebbe dire, tutto ciò che non è carta. 2 R. Giovannini, La serigrafia nella ceramica, Faenza editrice, 1982. 193 La stampa in serigrafia è una stampa materica, con uno spessore di inchiostro dalle 4-11 volte superiore a quello degli altri procedimenti e presenta una intensità cromatica più marcata data la maggiore quantità di inchiostro depositato sul supporto percepibile al suo contatto con il tocco della mano. 2. I processi produttivi e l’applicazione nell’industria ceramica La serigrafia è un procedimento di stampa che consiste nel far passare l’inchiostro attraverso le maglie del tessuto della matrice con la pressione esercita da una racla3. La matrice è costituita da una cornice di legno (per piccoli formati) o di ferro (per grandi formati) sulla quale viene teso ed incollato il tessuto a maglie ben aperte da facilitare il passaggio dell’inchiostro. Attraverso un procedimento manuale o fotochimico si chiudono le maglie nelle zone che non si vogliono stampare, lasciando invece aperte le maglie nelle zone da stampare, si applica l’inchiostro direttamente sulla matrice che, con la pressione esercitata dalla racla, filtra attraverso le maglie del tessuto depositandosi sul supporto da stampare. La serigrafia e' una tecnologia di stampa che ha avuto un forte sviluppo ed applicazione su scala industriale soprattutto nella seconda metà del XX secolo e la sua applicazione paratica si svolge in due distinte fasi: 1. 2. l'inchiostrazione. Operazione che consiste nel deposito di un sottile velo di inchiostro sullo schermo impermeabilizzato (telaio) e che con una leggera passata della racla in gomma riempie le maglie rimaste aperte del tessuto e che, grazie alla sua viscosità e caratteristiche specifiche, non deve percolare. Dopo l’inchiostrazione il telaio viene adagiato sulla superficie da decorare, non a contatto, ma a 2-3 millimetri di distanza. la stampa serigrafica vera e propria e la decorazione della superficie sottostante. La racla in gomma "preme" sulla parte inchiostrata e libera dalla fotoemulsione del tessuto facendo passare un quantitativo di inchiostro ben determinato dal tipo di tessuto utilizzato sulla superficie sottostante. Maggiore sarà la "filatura" (numero di fili per centimetro quadrato) del tessuto, più contenuto sarà il passaggio di inchiostro e quindi più sottile sarà il suo deposito sul supporto. Vista l'estrema semplicità dell'operazione di stampa ne deriva anche un basso costo in termini di attrezzature e macchine da stampa richiesti, rendendolo competitivo rispetto alle altre tecnologie di stampa. Può essere inoltre applicata anche su oggetti tridimensionali e consente di depositare un qualsiasi quantitativo di inchiostro sulla superficie da stampare ottenendo così stampe, molto durevoli e coprenti Nella decorazione della ceramica non si utilizzano macchine pluricolore come avviene per altre superfici da stampare. Nella stampa delle piastrelle, ogni colore si ottiene dal passaggio sotto una singola macchina. In base al numero di colori necessari opera, quindi, un pari numero di macchine affiancate che trasferiscono i relativi colori sulle piastrelle movimentate con un nastro trasportatore. I “cliché” di stampa sono cilindri vuoti attorno ai quali è applicato il tessuto sul quale è riportata l’immagine con la tecnica serigrafica classica, se si tratta di stampa serigrafica, o un foglio di materiale vinilico inciso in incavo (come le lastre offset o nella rotocalcografia) se si tratta della tecnica rotocolor. Gli smalti coloranti possono essere inseriti: • • nella stampa serigrafica mediante ugelli iniettori, all’interno del cilindro che nella rotazione incontrano una racla che li spinge all’esterno; nella stampa rotocolor il colore è invece rilasciato all’esterno del cilindro mediante l’intervento di una serie di cannelli; una racla avrà poi il compito di spargere uniformemente lo smalto e farlo penetrare nelle parti incise. Le due tecnologie, oltre a differenti tecniche e risultati di stampa, suggeriscono movimenti e passaggi diversi del prodotto da stampare. La serigrafia stampa il soggetto/immagine/disegno piastrella per piastrella, posizionate e distanziate a misura sul nastro trasportatore. Il cilindro, ruotando, rilascia sulla piastrella l’impronta di stampa e, subordinatamente alle misure della grafica, non più di tre per cilindro (Fig 2.1). 3 Strumento formato da una lamina di caucciù e da un manico di legno o di ferro. 194 Figura 2.1 - Industria ceramica: telaio serigrafico rotativo Fonte: www.insernet.it La tecnica rotocolor è invece utilizzata in prevalenza per la stampa di uno stesso soggetto, la riproduzione delle venature del marmo. Queste sono disposte in modo continuo sulla circonferenza del cilindro e riprodotte, su una serie ininterrotta di piastrelle poste senza soluzione di continuità sul nastro trasportatore. Quest’ultimo scorre a velocità controllata ed ininterrotta senza, quindi, l’esigenza di fermi linea come avviene nella tecnica serigrafica. Il risultato ottenuto è diverso per ogni piastrella sulle quali fa risaltare in modo efficace l’effetto “naturale”. Il livello di definizione della stampa ottenuta dalle due tecniche è chiaramente a favore della stampa serigrafia mentre sul piano della velocità di produzione ne esce avvantaggiato il sistema rotocolor. Si consideri, infine, che in entrambe le tecnologie, apposite cellule fotoelettriche permettono, quando necessario, la cura del registro di stampa. Vi è un’altra caratteristica che differenzia la stampa su ceramica: per stampare su questa superficie indipendentemente dalla tecnica serigrafica che rotocolor – i colori usati non sono inchiostri, ma paste: paste che, così come succede nel caso di altre superfici (ad esempio il vetro), assumono la tonalità desiderata solo dopo il passaggio di cottura. In linea di massima, non esistono in commercio paste “pronte”. In ceramica, salvo in alcune situazioni particolari, non esistono colori pronti come in tutti gli altri settori. Ogni azienda, almeno le più grandi, produce in casa le proprie paste, ha i propri “segreti”, dispone di una propria tecnologia o tecnica di approntamento della stessa e di correzione delle tonalità in ogni momento della lavorazione. Tutto questo si cerca di proteggerlo dall’imitazione della concorrenza. A parte i vari dosaggi, il processo di approntamento della pasta è, peraltro, assolutamente semplice. Si utilizza una resina o un olio particolare, che fungerà da veicolo, al quale sono poi aggiunte le basi (monocomponenti o pluricomponenti) e i pigmenti o gli ossidi necessari, si impasta e si raffina il tutto e la pasta è pronta. Naturalmente, al momento dell’impiego, a seconda della tecnologia di stampa cui si ricorre e della porosità dello smalto di fondo, l’utilizzo della pasta avverrà con viscosità, più o meno alte, (maggiore nella serigrafica, inferiore nella tecnologia rotocolor).4 4 “Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004 195 3. La serigrafia: un’arte antica per nobilitare la piastrella di ceramica? Nata come prodotto abbastanza “povero”, la piastrella ceramica è diventata nel tempo un indispensabile complemento d’arredo, ed è stata interessata da un continuo processo di innovazione sul piano tecnico ed estetico. Ed è quest’ultimo aspetto che coinvolge appunto il processo serigrafico. Alla base del processo serigrafico, sia piano che rotativo, vi è il tessuto, che fornisce, in primo luogo, il supporto necessario all’immagine/disegno/ da stampare e ne caratterizza la definizione e la precisione di registro, agendo sulla reazione delle paste serigrafiche, nonché sulla durata della matrice. Per essere idoneo alla serigrafia di elevata qualità, il tessuto deve presentare diverse caratteristiche e tra queste: - tessitura uniforme; - resistenza elevata all’abrasione ed allo sfregamento per sopportare lo “stress” meccanico durante la fase di stampa; - resistenza elevata alla trazione durante la fase di produzione del quadro di stampa; - supporto o grafica da stampare, poiché in base a questi vengono definiti il numero di fili, l’apertura della maglia e lo spessore del tessuto da utilizzare; - resistenza a prodotti chimici utilizzati in serigrafia (paste serigrafiche, solventi e agenti sgrassanti,…); - elasticità di tornare alla posizione originale dopo la pressione esercitata dal passaggio della “racla” nella stampa; - insensibilità elevata alla pressione ed agli impatti; - rigonfiamento il più possibile contenuto per evitare modifiche nell’apertura della maglia del tessuto e il passaggio della pasta serigrafica; - adesione buona a tutte le emulsioni fotosensibili; Il tessuto è lo strumento di controllo per il passaggio ed il deposito del “colore”. Il mercato ne mette a disposizione una vasta gamma per consentire all’utilizzatore ceramico un’ampia possibilità di scelta in base alla natura del tessuto, della fibra, del numero di fili (fattore, questo, determinante per l’uso ed il deposito del colore). Quest’ultimo è il fattore più importante che qualifica e distingue il tipo di tessuto: il numero di fili viene generalmente espresso al centimetro. Il deposito ed il consumo del “colore” sono influenzati direttamente dal numero dei fili del tessuto e di conseguenza occorre considerare la superficie da serigrafare: se la superficie è liscia e compatta servirà un maggior numero di fili, se invece, è porosa o assorbente saranno richiesti un numero inferiore di fili. Si tenga però conto che il tessuto è l’unico supporto dell’immagine e, pertanto, il numero dei fili deve fornire un sostegno sufficiente per i dettagli più fini che si vogliono riprodurre. Il diametro del filo è un ulteriore elemento che distingue un tipo di tessuto da un altro.Normalmente i tessuti più fini adottano fili di diametro più fine, mentre i tessuti con un numero più rarefatto di fili si realizzano con fili di diametro più sostenuto. La maggior parte dei tessuti può essere prodotta con almeno due diversi diametri di filo e le misurazioni del diametro di filo sono espresse in micron 5. Per la stampa sulla superficie ceramica è preferibile un diametro filo più grosso a causa dell’aggressività delle particelle di pigmento della pasta serigrafica.6 Ulteriore fattore da tenere in conto nella scelta del tessuto è l’apertura della maglia (o superficie libera), che rappresenta lo spazio tra due fili paralleli ed adiacenti. I tessuti serigrafici di alta qualità vengono realizzati in modo che il prodotto finale possa offrire un’apertura perfettamente quadrata7. Per la scelta del diametro\fili per il tipo di tessuto desiderato, bisogna considerare che: • un diametro filo sottile presenta un’apertura di maglia relativamente più larga e quindi, maggiormente indicato per la riproduzione di dettagli più fini; essendo più sottile offre, però, una minor resistenza al contatto con agenti chimici di lavaggio o alle superfici ruvide di alcuni supporti durante il processo serigrafico; • un diametro filo più grosso, d’altro canto, riduce l’apertura delle maglie, creando delle difficoltà nella produzione di lavori fini o di retina punti molto piccoli, ma, grazie ad una miglior resistenza meccanica, permette una durata maggiore al retino. 6 “Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004. 7 Questa misura sarà quindi direttamente proporzionale al numero fili ed al diametro fili. Va tenuto conto, inoltre, che per ogni tipo di tessuto è possibile aumentare o diminuire la superficie libera, scegliendo un diametro filo più o meno grosso. Va sottolineato che l’apertura maglia è un dato molto utile quando si ha a che fare con paste formate da particelle piuttosto grosse. 5 196 Il tipo di tessuto viene, quindi, determinato dallo spessore, valore dato dalla combinazione del numero dei fili, dal diametro filo e dall’armatura del tessuto stesso. Il ruolo determinante nella variazione dello spessore è comunque svolto dal diametro filo. In ogni caso uno spessore maggiore o inferiore non modifica il deposito di colore8. I tipi di tessuto utilizzati per produrre retini serigrafici sono principalmente tre: - - - fibra di poliestere, offre un’apprezzabile resistenza alla trazione, da cui ne deriva un minor allungamento dei fili e lo rende preferibile per la realizzazione di stampe ad alta precisione, offre un’eccellente resistenza al calore, manifesta una bassa sensibilità alle oscillazioni termiche o all’umidità e possiede un’ottima resistenza all’abrasione; fibra di nylon, presenta una elevata elasticità e una ottima resistenza meccanica, che però diminuiscono all’aumentare della temperatura. Si rivela particolarmente resistente all’abrasione, ma al contempo, assorbe facilmente umidità, causa di rigonfiamento del materiale. I tessuti realizzati in monofilo di nylon, grazie all’ottima elasticità, si prestano particolarmente per le stampe serigrafiche su superfici irregolari; fibra metallizzata, è una fibra ad alta precisione prodotta con monofilo di poliestere viene rivestito da metallo (solitamente nichel). Si tratta di un prodotto la cui stabilità dimensionale ne consente l’utilizzo dove è necessaria un’elevata accuratezza di registro, in alternativa all’acciaio inox, dal quale si differenzia per l’elasticità. Inoltre, attraverso la metallizzazione, la resistenza all’abrasione è particolarmente indicata per l’impiego di colori fortemente abrasivi, come nell’industria ceramica. Grazie all’eccellente passaggio di colore, permette di ottenere stampe dai contorni nitidissimi. La funzione della cornice nel processo serigrafico è quella di fornire il necessario supporto al retino di stampa, sia esso piano o rotativo ed esercita un’influenza diretta sulla qualità del quadro serigrafico e cioè sulla sua regolarità e costanza della tensione9. La fase di tensionatura è una delle operazioni più importanti nella preparazione di un quadro serigrafico, poiché essa influenza direttamente i risultati di stampa. Solamente un quadro tensionato correttamente porta a risultati adeguati, quali: alta resistenza, ottima adesione alle matrici e colore d’immagine adeguato; Per effettuare questa operazione esistono sistemi sia pneumatici che meccanici10. Per una corretta operazione, la tensione del tessuto deve essere uniforme sull’intera superficie del quadrato. I fili devono rimanere paralleli tra di loro nelle rispettive direzioni e formare un angolo perfetto di 90° nei loro punti d’intersezione. Inoltre, la tensione del tessuto deve essere tale da garantire un buon processo di stacco, tornando nella sua posizione originale dal piano di stampa, non appena la racla ha esaurito la sua azione di pressione. La tensione del tessuto, infine, deve essere costante il più a lungo possibile11. Un’errata tensionatura può infatti creare difetti, quali la mancanza di precisione nel registro nella serigrafia a più colori, lo spostamento del tessuto, l’allungamento dell’immagine, l’usura prematura del retino, il deposito di colore non costante, ecc.. (Fig. 3.1). 8 Tuttavia, esso costituisce un dato necessario nel calcolo del volume teorico di colore per tessuto. Infatti i produttori di tessuto forniscono i parametri teorici riguardanti la quantità massima di colore trattenuta dal supporto da stampare dopo il passaggio della racla, (volume teorico del colore). Questo dato varia da tessuto a tessuto e dipende dalla percentuale di superficie libera e dallo spessore del tessuto, ma si tratta comunque di una stima di consumo, poiché il deposito esatto di colore può essere ricavato solo da una profonda conoscenza della composizione del colore, come: la percentuale solvente, il peso specifico, il contenuto solido, la viscosità, ecc.. 9 Essendo continuamente soggetta ad influenze chimiche e meccaniche, è preferibile sia inossidabile, al fine di evitare che l’influenza prolungata della ruggine provochi danni catalitici al tessuto del retino. In commercio ne esistono di due tipi: in acciaio e in alluminio. 10 I primi utilizzano pinze che azionate da un compressore premono contro i quattro lati della cornice durante la tensione, dove questa viene controllata con l’aiuto di uno strumento di misurazione della pressione. Il metodo meccanico è azionato da un motore elettrico accoppiato ad un sistema di programmazione automatica e che si avvale di diversi sistemi di bloccaggio(spilli, barre di chiusura e pinze) del tessuto coprendone il perimetro. 11 Per misurare la tensione del tessuto durante la preparazione del quadro, si può utilizzare un manometro posto sulla macchina tensionatrice a pinze pneumatiche, che vengono azionate dal regolatore di pressione e dal manometro stesso. 197 Fig. 3.1 Retino serigrafico piano Altra componente o ingrediente che entra nel processo serigrafico è l’emulsione, o gelatina, che viene applicata sul tessuto tensionato tramite una apposita racla, sia in modo manuale che meccanico, sulla quale si imprime la matrice grafica tramite il processo di fotoincisione. Una volta applicata l’emulsione, il quadro serigrafico è sottoposto ad un procedimento di essiccamento, prima di passare al processo di fotoincisione. Nello svolgimento di questa operazione, l’esposizione alla luce ha una diretta influenza sulla definizione dell’immagine, sulla risoluzione dei dettagli più fini, sullo spessore e sulla resistenza chimica e meccanica della matrice. Pertanto per una corretta esposizione vanno tenuti in considerazione due importanti fattori: il tempo di esposizione alla luce del quadro serigrafico, fondamentale per assicurare la qualità e la resistenza della matrice, l’intensità e la qualità della luce12. Sul risultato finale influiscono, inoltre, la densità dell’immagine sul fotolito, il tessuto ed il relativo numero di fili, nonché le caratteristiche dell’emulsione fotosensibile. 4. La serigrafia rotativa: la nuova frontiera Quanto analizzato si riferisce alla tecnica serigrafica tradizionale, sia piana che rotativa. Come esposto in precedenza, il processo di decorazione serigrafica consiste nel depositare su un supporto ceramico una pasta serigrafica costituita essenzialmente da polvere di vetro, ossidi coloranti e da un composto chimico, chiamato “veicolo” per renderli liquidi. Il trasferimento di questo “colore” dal retino serigrafico al supporto da decorare viene eseguito da una “racla”, costruita generalmente in materiale plastico. La serigrafia piana ha creato le basi dell’applicazione serigrafia alla superficie della piastrella, conseguendo negli ultimi anni significativi risultati sul piano tecnologico, grazie anche all’introduzione di macchine decoratrici elettroniche, che hanno innalzato la resa sul piano produttivo e migliorato la lavorazione del prodotto ceramico. Lo schema costruttivo di tali dispositivi di stampa non ha, però, subito sostanziali mutamenti: rimangono inalterate l’esigenza di fermare il supporto per poterlo decorare e l’arresto della fase di decoro ogni qualvolta si renda necessaria la pulizia dello schermo serigrafico. Dal punto di vista degli standard di produttività i margini di miglioramento sono inesistenti. Un ulteriore limite della serigrafia tradizionale con schermi piani è la sua rigidità: si riproduce un unico disegno e rende difficoltoso realizzare combinazioni di decori diversi tra loro. Tutto questo quando il mercato esprime orientamenti sempre più favorevoli a soluzioni serigrafiche che consentano: Una corretta distanza della luce durante il processo di incisione garantirà una distribuzione omogenea su tutta la superficie esposta. Infatti una sorgente luminosa troppo vicina concentrerebbe il fascio di luce al centro, diminuendone l’intensità verso i lati. Al contrario, una distribuzione scarsa di luce provocherebbe una sottoesposizione. 12 198 - elevata ricettività produttiva in termini di pezzi\minuto, in adeguamento alle aumentate capacità delle presse dell’ultima generazione; - diversificazione dei disegni incidibili; - bassi costi di gestione; - diminuzione dell’impiego del fattore lavoro; - fedele riproduzione di prodotti ottenuti con decoratrici serigrafiche tradizionali piane. Queste necessità hanno trovato in tempi recenti risposta nelle nuove generazioni di decoratrici serigrafiche rotative, che impiegano rulli13 accomunati dalla medesima funzione operativa, ma differenziati per le macchine a cui sono destinati (Fig. 4.1, Fig. 4.2). Figura 4.1 - Dual-Ring Figura 4.2 - Rotocolor Molti i pregi assicurati da questa nuova generazione di macchine serigrafie. Il nuovo sistema operativo permette una velocità di stampa costante senza nessuna interruzione14. Il principio serigrafico rimane invariato, rispetto a quello piano, sia per quanto riguarda il tessuto, l’emulsione fotosensibile e le matrici utilizzate per la fotoincisione ed il risultato estetico del prodotto decorato. Il reale vantaggio è, senza dubbio, rappresentato dall’incremento di produzione che consente di realizzare. Le presse dell’ultima generazione impiegate nella formatura delle piastrelle hanno incrementato fortemente la loro produttività con un numero maggiore di uscite. Lutilizzo di decoratrici rotative agevola, così, il più ampio sfruttamento della loro capacità produttiva (fino a circa il 95%). Questo è reso possibile dal venire meno dell’arresto della linea di decorazione per effettuare la pulizia del retino e dal conseguente flusso continuativo di piastrelle. Un ulteriore vantaggio del cilindro rotativo è quello di disporre di più disegni sulla sua circonferenza, fatto questo che migliora anche la durata rispetto al retino tradizionale grazie al maggior numero di disegni riportati sulla circonferenza, sui quali la racla passa con minore frequenza. Tra le diverse tipologie si collocano, colorblock, rocket, rollflex, rollprint, dualring, cermax. Un sensore elettrico posto all’ingresso della macchina rileva l’arrivo del supporto e la sua posizione, trasmettendone i dati ad un elaboratore che modifica la velocità del retino accelerandolo o decelerandolo, per poter far coincidere con estrema precisione la posizione di inizio piastrella con la posizione d’inizio del disegno ricavato sulla superficie del retino serigrafico, con una sincronizzazione mai inferiore a 0,2 mm. 13 14 199 modi: Anche i retini rotativi sono sottoposti ad una operazione di incisione che può avvenire in diversi e distinti - un primo di tipo tradizionale, effettuato sui cilindri installati su fotoincisori dotati di un raggio laser che effettua la centratura, la divisione a facce e definisce i tempi d’esposizione; - un secondo più innovativo, che vede l’incisione in piano del tessuto, e successivamente avvolto sulla struttura. La tecnica può essere applicata su tutte le tipologie rotative e permette una definizione di stampa più accurata, tipica del retino piano, abbinata alla versatilità ed alla più lunga durata del retino rotativo; - un terzo, infine, che adotta una particolare tecnica che permette di incidere i retini senza più l’uso delle pellicole (Sistema Cermax 4001). Considerazioni specifiche riguardano l’incisione del rullo Dual Ring. In questo caso il cilindro serigrafico viene inciso direttamente in rotativo, con lampada a laser e mantenendo l’impiego dei fili utilizzati per il retino rotativo tradizionale. Il prodotto è caratterizzato da una coppia di anelli in resina sintetica indeformabile “usa e getta” (reggette), dal costo contenuto, che dando flessibilità al cilindro permettono di smontarlo dai dischi mantenendone inalterate le caratteristiche sia in fase di trasporto che di stoccaggio. L’impiego di questi speciali anelli evita l’incollaggio diretto del tessuto sui dischi che, quindi, non necessitano di pulizia periodica e garantiscono condizioni perfette nel tempo. Le dimensioni estremamente ridotte dell’imballaggio permettono, inoltre, un notevole risparmio dei costi di spedizione e di spazio di stoccaggio rispetto al cilindro tradizionale. La possibilità di immagazzinare i cilindri dual ring smontati, consente di lavorare con una minima quantità di dischi con notevole risparmio sui costi delle strutture e sul loro accumulo in magazzino. Il cilindro Dual Ring può essere fornito alle aziende ceramiche sia assemblato su struttura che da assemblare; in questo ultimo caso deve essere accompagnato da apposita apparecchiatura per eseguire le operazioni di montaggio/smontaggio dei dischi dai cilindri serigrafici: operazione eseguibile con estrema facilità e, quindi, senza richiedere l’impiego di personale specializzato. Ad oggi, nel campo della decorazione serigrafica delle piastrelle ceramiche, l’offerta di tecnologie disponibili sul mercato contempla i due sistemi di serigrafia piana e rotativa. Il primo offre una maggiore precisione dovuta al posizionamento della piastrella sotto il retino, mentre quello rotativo assicura una più elevata velocità e produttività, dato il flusso continuo delle piastrelle, nonché il maggior numero di grafiche presenti sul retino. La tecnologia serigrafica rotativa si è spinta però oltre i parametri fino ad ora adottati, che includevano tessuto e fotoincisione, nell’intento di mettere a disposizione sistemi di stampa sempre più efficaci (alta fedeltà delle immagini da riprodurre) ed efficienti (contenimento dei costi). Questi passi in avanti sono stati compiuti con l’introduzione di nuovi supporti (cilindri polimerici e siliconica) sui quali incidere le immagini tramite sistemi laser15. Notevoli i benefici che derivano. In primo luogo, questa soluzione permette di passare direttamente dall’elaborazione digitale di un’immagine all’incisione laser, ottenendo retinature molto fini e sfumature omogenee che danno migliori risoluzioni di qualità ed una riproduzione del soggetto costante nel tempo. Si ottengono decori ripetitivi, effetti di stonalizzazione in linea ed una riproduzione infinita e fedele della matrice originale. Accanto ai metodi standard di incisione Laser tipico del sistema Rotocolor, si è affiancato quello ad alta definizione, o HD, che permette la riproduzione di un’immagine da stampare sulla piastrella, senza retinatura di base16. La decorazione con sistema Rotocolor avviene fra cilindro e piastrella, che si muovono esattamente alla stessa velocità e che permette di non fermare il supporto, con conseguenti vantaggi di velocità decorativa sia di diminuzione di rotture e di angoli, sbriciolamenti ed altri effetti tipici. Si tratta quindi di una decorazione che avviene con tutte le componenti in movimento sincrono: cioè cilindro, colore e supporto. L’incisione del cilindro siliconico crea alveoli che contengono il colore da trasferire sulle piastrelle sulle quali, prima di entrare in contatto con il rullo, la racla ad ogni rotazione, interviene e toglie l’eccesso di pasta serigrafica. Il rilascio del colore dall’alveolo del cilindro avviene con due meccanismi: un trasferimento per gravità forzata, dove il colore, grazie alla sua bassa viscosità passa velocemente sul supporto usufruendo della gravità e della forza centrifuga aggiuntiva del movimento rotatorio del cilindro; il secondo meccanismo, molto più importante è dato dal Il laser è costituito da una sorgente di emissione del raggio, da uno specchio, da una lente e da un fuoco ottico la cui posizione viene regolata una volta per tutte prima di iniziare ad incidere le immagini, che nel caso specifico, sono di solito imitazioni di marmi, pietre e strutture naturali. 16 “Tecniche di applicazione serigrafiche per il settore ceramico”, 2004 15 200 colore che toccando la piastrella si aggancia ad essa poiché una piccola parte viene già assorbita e, quindi, aumenta considerevolmente di viscosità, costituendo una forza di distacco o di aggancio anche per il resto dell’inchiostro ancora basso viscoso. Un altro aspetto che depone a favore della superiorità del sistema di decorazione rotocolor è il sistema autopulente di cui questa è dotata: ad ogni rotazione, la racla pulisce il cilindro senza intervento di operatori. Infine, l’ulteriore vantaggio della durata del cilindro, che consente di stampare mediamente 100.000 mq di piastrelle, fino a raggiungere in condizioni ottimali di lavoro, anche 200.000 mq. 5. Il comparto delle imprese di serigrafia nel distretto ceramico di sassuolo Data la contenuta dimensione strutturale del comparto all’interno del distretto, l’analisi sul campo si è limitata ad un numero ristretto di imprese e cioè a quelle che dispiegano una maggiore capacità operativa godendo pertanto di maggiore visibilità all’interno dell’area. L’osservazione privilegiata di questi attori, oltre a fare emergere i tratti distintivi del loro profilo e della loro azione di mercato, ha consentito di ricostruire alcuni aspetti del volto e delle dinamiche dell’aggregato di imprese dedite a questa attività. La serigrafia per ceramica nasce a Sassuolo agli inizi degli anni ‘70, quando alcune aziende ceramiche intuirono la possibilità di decorare il supporto (biscotto) in modo più “ricco” rispetto al classico processo della colorazione monocromatica. Le prime serigrafie nascono grazie ad ex-dipendenti di aziende ceramiche che decidono di mettersi in proprio per sperimentare la stampa serigrafica sulle piastrelle. Alcuni di questi pionieri iniziarono l’attività “inventando” macchinari ed attrezzature e sperimentando tecniche di decorazione. Le imprese attive sono circa 20, quelle però maggiormente focalizzate non superano il numero di 10. Le attività svolte da queste ultime - in prevalenza se non esclusiva - sono quelle di: - produzione di retini serigrafici rotativi e piani, - incisione di retini (con laser), - ricerca grafica, realizzata molto spesso in “conto terzi” per aziende ceramiche. La base strutturale del comparto si presenta contenuta, con la prevalenza di piccole-piccolissime imprese, tra le quali si distinguono un numero limitato di imprese di “maggiore levatura” che giungono a realizzare un fatturato medio di 8 milioni di euro con un numero di addetti medio di circa 50 unità (Tab. 5.1). Tab. 5.1 - Comparto serigrafie: alcuni tratti del profilo strutturale di un aggregato di 4 imprese tra le più rappresentative dell’area ceramica 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2010* Addetti 254 272 255 Fatturato (mln€) 33 32 33 35 33 Addetti alla R&D 70 66 100 Fatturato Italia/ Fatturato Estero 90/10 80/20 60/40 Addetti R&D/ Addetti totali 27% 24% 39% Fonte: Rilevazione diretta *Previsionale L’attività di Ricerca e Sviluppo è fondamentale in questo settore e l’aumento della sua importanza mostra come queste imprese stiano investendo sempre più risorse umane e capitali per differenziarsi dalla concorrenza e per tutelare il frutto dell’attività di ricerca attraverso la brevettazione. Realizzare grafiche innovative, anticipatrici o in sintonia con le tendenze ed i gusti del mercato costituisce l’obiettivo preminente di ogni serigrafia. La capacità di proporre nuove grafiche è il terreno di confronto sul quale si misurano le imprese. Ne consegue un deciso impegno di risorse umane nell’area R&D: il forte peso della componente servizio sull’offerta alla clientele fa ritenere che una parte di essa sia dedicata a svolgere attività di customer service. La volontà dichiara dalle imprese di accrescere l’impegno su questa area, lascia intravedere il grado di criticità che essa assume per lo sviluppo/sopravvivenza delle imprese e segnala un progressivo spostamento del baricentro delle attività delle imprese verso l’area dei servizi. Un processo, in larga parte, già avviato. 201 La produzione ormai è standardizzata e le tecnologie sono alla portata di tutti. Le aziende ceramiche più evolute non ricorrono più alle imprese di serigrafia, se non per comprare prodotti (retini, colori) ed altri materiali di consumo. La grafica, invece, è un campo nel quale le serigrafie possono specializzarsi e offrire apporti distintivi di cui anche le ceramiche hanno bisogno. La vera ricchezza delle serigrafie è rappresentata dai loro archivi grafici: disegni, bozzetti, riproduzioni che hanno accompagnato l’intera vita dell’azienda. Questo è il serbatoio al quale ogni impresa attinge per differenziare la propria offerta e per sopravvive. La stampa serigrafica è una attività che viene svolta, quasi esclusivamente, a favore delle aziende ceramiche di piccole dimensioni o per le ceramiche che hanno necessità improvvise di determinate serie o produzioni. L’azione innovativa delle imprese del comparto non si orienta solo al prodotto o al servizio, ma si indirizza verso la ricerca di nuove soluzioni che investono il processo serigrafico e le attrezzature ad esso dedicate. Un esempio in questa direzione è costituito dal retino rotativo “Dual-Ring” già presentato in precedenza17 Il contesto di mercato nel quale si trovano inserite le imprese assegna, quindi, una rilevanza specifica ad alcuni fattori competitivi dal cui presidio dipende in larga parte la capacità delle imprese di stare sul mercato (Tab. 5.2). La capacità innovativa, il contenuto innovativo della proposta ed il contenuto di servizio racchiuso nella relazione con la clientela sono indicati come le leve più efficaci per navigare in un mare troppo stretto se definito dal perimetro distrettuale e denso di incognite se l’orizzonte è quello internazionale. Orizzonte che diverse imprese hanno, però, già raggiunto. Tab. 5.2 - Comprato imprese serigrafiche: importanza relativa dei fattori competitivi nei rapporti con la clientela (scala 1-7)* Clientela del distretto Valutazione 6.5 Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 5.5 Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti 6.25 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 6.25 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…) 6.75 Competitività di prezzo 5 Capacità di credito a favore della clientela 6 Altro (specificare) soluzione problemi 7 Clientela estera Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela Ampiezza gamma prodotti offerti Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto Rapidità e puntualità nei tempi di consegna Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…) Competitività di prezzo Capacità di credito a favore della clientela Altro (specificare) ………………………… * dove 1 = “Poco importante” e 7 = “Molto importante”. Fonte. Ns. elaborazioni di rilevazione diretta Valutazione 6.25 6.25 6.75 6.25 7 5 6 Questo strumento e' caratterizzato da una coppia di anelli siliconici "usa e getta" indeformabili che ne agevolano le condizioni operative in termini di movimentazione, stoccaggio e impiego grazie al distacco del retino dal cilindro. 17 202 Consapevoli dei vincoli a cui le espone la competizione, le imprese stanno cercando di assumere orientamenti strategici e di perseguire condotte operative con il più elevato grado di compatibilità ed in linea con le aspettative del mercato in termini di soddisfazione (Tab. 5.3). Prodotto/servizio/mercato si dimostrano le tre aree su cui si concentra maggiormente l’attenzione delle imprese. Un prodotto più ricco di contenuto innovativo, prestazionale ed allo stesso tempo più accessibile sotto il profilo economico. Tab. 5.3 - Comprato imprese serigrafiche: aree di attività a più elevato assorbimento di impegno strategico ed operativo (scala 1-7)* Valutazione Diminuire i costi di produzione 6.25 Migliorare il contenuto tecnico/prestazionale del prodotto 6.5 Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi 6.75 Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati 6.5 Introdurre nuove tecnologie: di produzione di progettazione di gestione (informazione, comunicazione,,,,,) altro (specificare) ……..……………………….. 5.75 6.75 6.25 Avviare/espandere la produzione all’estero Aprire filiali commerciali in mercati esteri Ampliare il numero dei mercati geografici di esportazione Espandere la base della clientela • In Italia • All’estero Aumentare il numero dei venditori diretti Aumentare il numero degli agenti Accrescere la flessibilità produttiva Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della clientela) Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite: integrazione delle competenze co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…) condivisione e lo scambio di risorse e competenze Definire forme di partnership o alleanze con: colorifici ceramici aziende ceramiche aziende del comparto dei corredi ceramici produttori di tecnologia altri attori (specificare)…………………………… 5.5 5.5 5 6.5 6.5 4 3.75 6 6.75 4.75 6.25 5.5 6.25 4 2.5 5.25 Altro (specificare) …………………………………… * dove 1 = “Poco importante” e 7 = “Molto importante”. Fonte. Ns. elaborazioni di rilevazione diretta Un servizio che sia declinato in termini di capacità di adattamento/personalizzazione alle esigenze di una clientela. Infine il mercato. Le imprese dispongono mediamente di una base di clientela composta da 200/250 imprese. Pur potendo contare su una ampia base di clientela distrettuale, questo ambito per diverse imprese appare ormai angusto e da qui la ricerca di nuovi spazi all’estero, per la cui conquista le imprese stesse ritengono sia più efficace attivare presidi stabili più che potenziare l’organizzazione della rete di vendita. 203 Allo stesso tempo emerge bene come le relazioni intrattenute con gli attori del sistema ceramico siano differentemente improntate a spirito collaborativo (con colorifici e meccano ceramico) e competitivo (con aziende ceramiche e corredi). In termini di azione di mercato, le imprese orientano la loro produzione in larga parte al mercato domestico (la quota di produzione media destinata al mercato interno dalle imprese intervistate è pari all’80%) destinando il restante 20% al mercato estero. All’interno della componente nazionale, quella assorbita dall’area ceramica di Sassuolo è largamente prevalente. Data la forte contiguità con la clientela del sistema ceramico (costituita in larghissima parte da aziende ceramiche ed in misura molto residuale da produttori di corredi e colorifici), i rapporto sono tenuti in forma diretta: il personale dipendente dialoga direttamente con l’azienda cliente. Molto modesto il ricorso a reti di vendita indirette e in quei rari casi ci si avvale di rapporti di tipo mono-mandatario. La quota destinata al mercato internazionale – che sta assumendo una crescente rilevanza per le imprese serigrafiche – prende la via dei mercati più consolidati, Europa e Nord America (la quota media destinata all’Europa e al Nord America dalle imprese intervistate è pari a circa il 60%) mentre ai nuovi mercati dell’area asiatica ed Europa Orientale si indirizza l’altro 40% circa. Il trend delle esportazioni rivolte a questi ultimi segna una decisa dinamica all’aumento lasciando intendere il ruolo sempre crescente che questi mercati si candidano a ricoprire. La via dell’internazionalizzazione è un percorso obbligato per le imprese, o almeno per quelle di maggior levatura sul piano strutturale e della capacità innovativa. Troppo acceso il confronto diretto all’interno del distretto che si svolge su spazi di mercato sempre più ristretti a seguito della tendenza delle aziende ceramiche ad internalizzare parte dell’attività svolta dalle imprese di serigrafia. Il know-how sviluppato e sperimentato all’interno del distretto e sedimentato nelle imprese può essere da queste profittevolmente proposto al mercato internazionale sia con modalità organizzative di tipo mercantile che anche di tipo produttivo. Per la frequentazione con finalità mercantile, ci si avvale di personale interno ed in rari casi del supporto offerto da una filiale. Le mete preferite per radicare una presenza stabile di tipo produttivo/service, sono quelle dove l’industria ceramica si è sviluppata maggiormente e tra queste Spagna e Brasile (tab. 5.4). Tab. 5.4 - Profilo internazionale di alcune tra le principali imprese serigrafiche dell’area di Sassuolo Mercato Anno Forma Destinazione della produzione Fatturato N° estero di di 2004 (€) addetti entrata entrata* 2004 Imprese Bolivia, Argentina, Brasile 1993 2 Brasile 6.000.000 N.D. SRS Messico 2003 3 Messico 2.000.000 N.D. Portogallo 2002 1 Portogallo 2.000.000 N.D. Spagna 1987 2 Spagna, Romania, Marocco, Paesi asiatici 3.500.000 N.D. Iran 2005 3 Iran 1.000.000 N.D. N.D. Poligraph Spagna 2000 2 Spagna 7 Newton Brasile 2005 2 Brasile N.D. Tosi Spagna 2001 Portogallo 2000 2 3 Sud America, Cina Europa, Sud America N° addetti italiani 2004 1 1 0 0 0 3 3 0 1.000.000 5 1.400.000 1 0 * (1) Acquisizione di impresa; (2) Costituzione di nuova impresa; (3) Joint Venture con partner locale. Fonte: Rilevazione diretta La diffusa preferenza alla Spagna va connessa alla presenza sul suolo spagnolo del distretto di Castellon, che riproduce condizioni strutturali ed operative in larga parte simili a quelle presenti nell’area di Sassuolo. Questa realtà può fungere al contempo da cliente e fornitore di il know-how per le nostre imprese di serigrafia. Il mercato americano (Messico e Brasile) ha sempre dimostrato una particolare sensibilità ed attenzione al prodotto “Made in Italy”, e ciò, non ha potuto che agevolare l’ingresso delle imprese con presidi stabili pur anche di 204 levatura modesta sul piano organizzativo. Le imprese stanno, inoltre, guardando con crescente attenzione alle opportunità nascenti in nuovi mercati (Cina, Russia e Turchia) da avvicinare in una fase iniziale con modalità di tipo mercantile ed eventualmente, in un secondo momento, radicando una presenza stabile. Anche per questi mercati agiscono come fattori di spinta all’internazionalizzazione gli spazi di vendita offerti dal mercato locale e la possibilità di offrire una migliore gestione dei servizi di assistenza pre\post vendita alla clientela. La dilatazione degli orizzonti operativi e l’apertura a nuovi contesti di mercato costituiscono, infine, condizioni che rafforzano la capacità competitiva di queste imprese, ne ampliano gli orizzonti a cui riferirsi nella creazione/adattamento delle proposte e delle soluzioni grafiche. 6. Le performance economiche e finanziarie delle imprese I tratti e le specificità - pur nella loro essenzialità e brevità – ci consegnano una realtà settoriale molto dinamica, con imprese che hanno saputo individuare il loro focus operativo su un’area che assume particolare rilievo nella catena del valore del prodotto piastrella. Questa attività si inserisce - e molte volte la esaurisce – nella ricerca grafica e nella realizzazione degli strumenti che conferiscono contenuto estetico e personalità distintiva al prodotto. E’ quindi una attività ad elevato contenuto “immateriale” e di servizio” che per essere svolta non necessita di “ingombranti” asset materiali ma si alimenta delle conoscenze e competenze delle risorse umane integrate dai supporti tecnologici. Un secondo aspetto di questa attività deve essere annotato: il suo elevato grado di immaterialità che ne rende più difficile la sua replicabilità e l’appropriabilità dei relativi risultati. L’imitazione su questa strada incontra qualche barriera in più rispetto a prodotti/servizi offerti da altre componenti del sistema ceramico. Questi aspetti di tipicità del “business model” si riflettono sulla capacità di generazione di valore (reddito per le imprese) e sulla dotazione della base strumentale (capitale investito) che supporta i processi tipici. Le considerazioni che seguono – è bene ribadire – sono estratte dall’analisi condotta su un gruppo ristretto (pur significativo) di imprese che occupano le posizioni alte del comparto (sono le più grandi). Osservando la dinamica della gestione economica di questo gruppetto di imprese, non si può non rilevare la robusta e continua capacità di estrarre valore dalla loro attività (Tab. 6.1). Non si distinguono tanto per la dinamica del fatturato – anche se non passa inosservato lo scatto sul finale del periodo - quanto la capacità di estrarre valore aggiunto dalla “creazione” della loro offerta e di gestire in modo efficiente i fattori produttivi (lavoro in particolare). Livelli di valore aggiunto simili (l’incidenza sul fatturato oscilla nel periodo tra il 47%-56%) e di redditività operativa (valori compresi tra il 12%-17%), non sono rinvenibili in nessuna altro comparto del sistema ceramico. Il riscontro della leggerezza di queste imprese – o meglio del loro elevato grado di “immaterialità” è fornito dalla struttura del capitale investivo (Tab. 6.2). La componente stabilmente immobilizzata è molto contenuta ed al suo interno prevalgono quelle più “soft” (brevetti, risorse tecnologiche,...) e quelle finanziarie (a segnalare l’intrapresa di percorsi di crescita esterna attraverso acquisizioni/ partecipazioni di imprese). A questa leggerezza del capitale investito corrisponde un profilo di solidità finanziaria che contrasta con la condizione di diffusa sottocapitalizzazione che in genere connota la struttura finanziarie delle imprese del sistema ceramico. Il forte contributo fornito dal capitale di rischio contiene il ricorso a fonti di debito intaccando in misura molto contenuta i risultati prodotti dalla gestione caratteristica. Ne consegue, un ulteriore contributo alla generazione di reddito che può utilmente contribuire al processo di accumulazione di capitale delle imprese oltre che a remunerare il capitale di rischio. Le performance di tipo economico e la solidità della posizione patrimoniale e finanziaria delle imprese di serigrafia e degli studi grafici, costituiscono una risorsa che si aggiunge al loro patrimonio di “immaterialità”, condizione che può concorrere a rafforzare ed estendere la base del loro vantaggio competitivo stimolandole, così, ad ampliare i loro orizzonti operativi e di mercato. 205 Tabella 6.1 Comparto Studi grafici e serigrafie: Conto Economico di un campione di 5 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004 Conto Economico 2000 % 2001 % 2002 % 2003 % 2004 % Valore della produzione 34.516,46 100,00 34.904,24 100,00 35.535,58 100,00 35.713,84 100,00 41.672,21 100,00 Materie prime e consumo 9.796,53 10.061,27 10.292,75 10.777,11 12.221,40 Servizi 5.900,64 6.101,44 6.168,18 5.827,47 7.696,41 Godimento di beni di terzi 2.656,47 2.741,82 3.033,87 3.086,32 3.059,72 Ricavi delle vendite Valore aggiunto 16.162,82 Totale costi del personale 8.891,89 Margine operativo lordo -MOL 7.270,94 Ammortamenti e svalutazioni 1.697,11 Risultato operativo 5.573,83 Proventi e oneri finanziari 46,82 15.999,71 45,84 8.862,13 21,06 20,44 5.436,77 45,13 8.972,08 1.700,82 16,14 16.040,78 7.068,70 5.253,38 44,86 9.385,27 19,89 1.815,32 15,57 16.022,94 6.637,67 4.520,15 18,58 9.339,47 12,66 7.187,31 82,82 371,69 3.786,14 16,881 Risultato prima delle imposte 5.733,15 5.519,58 5.625,07 8.306,29 7.204,19 Imposte totali 3.049,92 2.926,99 5.216,95 2.358,49 5.930,67 2.696,23 7,81 2.592,59 7,42 206 408,13 1,14 5.947,80 22,41 2.152,16 159,32 Utile perdita di esercizio Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA 44,86 9.355,20 2.117,52 14,78 18.694,67 16,65 1.273,52 17,24 3,05 Tabella 6.2 Comparto Studi grafici e serigrafie: Stato Patrimoniale di un campione di 5 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004 Stato Patrimoniale Attivo 2000 % 2001 % 2002 % 2003 % 2004 Immobilizzazioni immateriali 462,29 730,56 632,63 747,34 2.266,85 Immobilizzazioni materiali 2.415,70 2.663,92 3.210,22 3.740,48 4.299,16 Immobilizzazioni finanziarie 2.412,50 3.156,20 3.530,12 3.377,49 5.456,69 Totale Immobilizzazioni 5.290,49 18,30 6.342,94 21,16 7.372,98 25,08 7.372,98 22,12 12.022,70 27,61 Liquidità immediate Totale disponibilità liquide Totale Attività finanziarie Liquidità differite Totale Crediti Disponibilità Rimanenze TOT Attivo circolante 2.868,33 2.868,33 18.637,09 18.637,09 1.398,67 1.398,67 22.904,10 72,39 TOT ATTIVO Stato Patrimoniale Passivo Patrimonio netto Debiti a breve termine Debiti a lungo termine Totale Debiti Fondi e rischi TFR TOT PASSIVO Fonte: nostra elaborazione da dati AIDA 81,70 2.640,21 2.640,21 18.725,18 18.725,18 1.526,47 1.526,47 22.891,86 28.915,02 100,00 2000 10.697,882 13.193,166 1.215,172 14.408,338 1.688,826 2.119,977 28.915,02 % 36,99 49,82 100,00 78,84 2.071,80 2.071,80 20.971,29 20.971,29 1.519,50 1.519,50 24.562,59 29.961,32 100,00 2001 12.090,47 12.545,20 1.043,40 13.588,60 1.984,49 2.297,76 29.961,32 % 40,35 45,35 100,00 207 % 74,92 7.140,59 5.890,19 1.250,40 20.727,28 20.727,28 1.937,49 1.937,49 29.805,36 77,88 6.875,00 5.624,60 1.250,40 22.171,41 22.171,41 2.248,88 2.248,88 31.064,89 32.785,84 100,00 38.266,72 100,00 43.509,29 100,00 2002 12.273,61 14.224,22 821,24 15.045,46 2.962,42 2.469,96 32.785,84 % 37,43 2003 18.568,48 13.893,00 538,30 14.431,29 2.557,28 2.676,44 38.266,72 % 48,52 2004 19.515,11 16.729,82 1.355,08 18.084,90 2.959,23 2.950,06 43.509,29 % 44,85 45,88 100,00 37,71 100,00 421,56 100,00 ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI Gli elementi conoscitivi offerti dall’analisi sulle imprese di serigrafia e di attività grafiche forniscono in altro tassello al mosaico del complesso sistema di attività al servizio dell’industria ceramica. Un comparto piccolo, la cui visibilità sul territorio è segnalata da diverse realtà aziendali affiorate che nel corso del tempo: alcune di queste hanno assunto una loro personalità sul piano dell’offerta rivolta al mercato, mentre altre mantengono un profilo operativo più “discreto” ma non per questo sono meno utili alla generazione di esternalità positive a favore delle azione ceramiche. La loro attività si inserisce in un punto cruciale del processo produttivo della piastrella di ceramica: quella del decoro e cioè quella che conferisce il volto e le sembianze al prodotto. I costruttori di impianti forniscono le linee di smalteria e le macchine per decorare, i colorifici mettono a disposizione gli smalti ed i composti, ma è la fase di stampa serigrafica che avviene la decorazione della superficie della piastrella. E questo è il compito che si sono assunte le nostre imprese: mettere a disposizione la strumentazione ed il know how grafico per nobilitare il manufatto di terra. Un compito intrapreso da alcuni operatori pionieri – distaccatisi dalle aziende ceramiche del distretto - agli inizi degli anni 70, quando la piastrella di ceramica presentava ancora una veste dimessa sotto il profilo della colorazione e del decoro. Partono le prime sperimentazioni, nascono le prime invenzioni che porteranno la serigrafia ceramica ad evolvere progressivamente sul piano delle tecnologie di stampa, dei supporti e sistemi applicativi. Si può affermare che la progressiva nobilitazione che ha vissuto il prodotto ceramico non sarebbe stata possibile senza l’evoluzione della stampa serigrafica. Una evoluzione che ha visto nei costruttori di macchine per decorare e smaltare la piastrella e le imprese di serigrafia i veri protagonisti. Considerare l’apporto delle imprese di serigrafia alla produzione di retini e della loro incisione, sarebbe molto limitativo. In realtà il contributo che nel corso del tempo si è rivelato via via più determinante per il successo del prodotto ceramico è venuto dal contenuto dall’attività sviluppata in termini di ricerca grafica. Questa attività rappresenta oggi il focus operativo delle imprese, e di certo, di quelle che hanno saputo coltivare la loro vena innovativa. Il proseguire su questa strada ha spostato in misura anche sostanziale il baricentro della loro attività da manifatturiera a quella di servizi. Molte le implicazioni e quasi tutte positive: la leggerezza delle strutture aziendali sorrette da asset ad elevato grado di “immaterialità” la ricchezza del patrimonio “cognitivo” alimentato e accumulato nel tempo, la “distintività” della loro offerta che offre difese alla imitazione. Tutto questo non ha mancato di “gratificare” le imprese sul piano dei risultati economici conseguenti all’esercizio delle loro attività. Da questa angolazione si potrebbe dire che la “dematerializzazione” della piastrella di ceramica paga. Un esempio da seguire – non per tutti – ma che certo alla luce della diffusione della produzione ceramica su scala internazionale, può offrire maggiori spazi agli attuali protagonisti ed attrarre nuovi pionieri. 208 IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI: struttura settoriale e relazioni di mercato (Tiziano Bursi – Claudio Giachetti) 209 INDICE INTRODUZIONE p. 211 CAPITOLO 1 - IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI: PROFILO STRUTTURALE, ASSETTI COMPETITIVI E COMPORTAMENTI DI IMPRESA 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 Un pò di storia Il profilo strutturale delle imprese Il profilo produttivo del comparto La struttura del sistema competitivo Le dinamiche relazionali con la clientela Le diverse stagioni del comparto dei corredi ceramici p. 212 p. 213 p. 217 p. 219 p. 221 p. 226 CAPITOLO 2 - LE STRATEGIE AZIENDALI E LE PERFORMANCE ECONOMICHE 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 La differenziazione di prodotto L’articolazione dell’offerta e la diversificazione dei mercati Le partnership tra imprese: la via per “assorbire” la frammentazione del comparto L’internazionalizzazione: il percorso per ritrovare la via dello sviluppo? I fattori competitivi e le aree di maggiore impegno Le performance economico-finanziarie delle imprese CONCLUSIONI p. 228 p. 230 p. 230 p. 232 p. 236 p. 239 p. 242 p. 244 BIBLIOGRAFIA 210 INTRODUZIONE Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e coordinato dal Prof. Tiziano Bursi. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di questa ricerca vi è quello di dare un’interpretazione al cambiamento in atto e capire l’impatto sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati nella filiera ceramica. Il contenuto del rapporto è dedicato al comparto dei Corredi ceramici che comprende le imprese dedite alle attività di terzo fuoco, taglio, e nobilitazione delle piastrelle di ceramica. Un settore, composto in prevalenza di piccole imprese, a forte concentrazione territoriale, che con il loro apporto di creatività e capacità di ricerca, sia grafica che tecnica, ha contribuito ad innalzare il contenuto estetico del prodotto ceramico, esaltandone la componente di arredo. Un comparto, inoltre, che con l’ampliamento della base strutturale ha assunto in modo silenzioso una posizione sempre più visibile tra le componenti che formano quell’intreccio di lavorazioni specializzate e complementari a servizio dell’industria ceramica. Una formazione di imprese che deve la sua nascita alla presenza di tante aziende ceramiche dalle quali proviene la maggior parte della classe imprenditoriale a capo, oggi, delle imprese produttrici di corredi, pezzi speciali e fornitrici di lavorazioni speciali. Una imprenditoria, quindi, che ha spesso formato le sue competenze e affinato le rispettive capacità nei reparti produttivi delle aziende ceramiche per poi uscirne e dare vita ad una nuova iniziativa imprenditoriale, che in scala ridotta ed in forma più leggera, ne replica il modello, le tecnologie e le modalità di relazione con gli attori del distretto. Nel network di relazioni quelle che intercorrono con le aziende ceramiche hanno da sempre ricoperto un ruolo fondamentale sia per il grado di interdipendenza (meglio di forte dipendenza) che per la loro natura (collaborativa/competitiva). La base conoscitiva del presente rapporto è fornita da una indagine su un campione di 33 imprese che fornisce un soddisfacente grado di rappresentatività della realtà settoriale. Le imprese del campione – in base alla specializzazione produttiva - si collocano all’interno di distinti gruppi: • “terzo fuoco”, con le imprese impegnate principalmente nella produzione di corredi, pezzi speciali, lavorazioni di decoro della piastrella: questa componente rappresenta circa il 60% del campione; • “taglio”, con gli operatori che si dedicano in prevalenza a lavorazioni speciali (taglio, levigatura, lappatura,…), che rappresentano il restante 40% del campione. Il quadro conoscitivo è stato integrato con alcune interviste in profondità rivolte ad operatori privilegiati del settore ed arricchito di altri materiali ed informazioni desunte da fonti secondarie (indagini, banche dati, repertori). Ne è uscita una rappresentazione di una certa compiutezza, tuttavia ancora migliorabile. Si vuole rivolgere un ringraziamento particolare alle imprese. Senza la loro collaborazione questo lavoro non avrebbe visto la luce. Ci si augura che lo sforzo compiuto possa essere di utilità anche per loro. Un segno di gratitudine va in particolare a Enzo Manara, Presidente di Cerarte che ha fornito un contributo molto importante per la realizzazione della indagine, a Mauro Borghi (Punto Quattro), Adriano Ricchetti (Il Monile) e a Gregorio Schenetti (Gamma Due), dobbiamo un segno di riconoscenza particolare. Ci hanno infatti aiutato a comprendere la ricchezza di questo comparto che, a differenza del decoro, non sta solo in superficie. 211 CAPITOLO PRIMO IL COMPARTO DEI CORREDI CERAMICI: PROFILO STRUTTURALE, ASSETTI COMPETITIVI E COMPORTAMENTI DI IMPRESA 1.1 Un pò di storia In origine, nella fase di nascita e decollo della industria ceramica - anni ’50-60 - la decorazione della piastrella era un’attività svolta internamente alle imprese ceramiche. E’ bene ricordare che – in quel periodo – le imprese ceramiche erano di piccola dimensione, offrivano un prodotto standardizzato in pochi formati e colori destinato al mercato delle imprese di costruzione. La produzione di piastrelle, si basava quindi su processi artigianali, basso livello di meccanizzazione e sistemi di lavorazione con elevato apporto di forza lavoro. Anche la decorazione del supporto avveniva attraverso un elevato apporto di manualità, complice anche la bassa porosità del supporto e la tipologia di smalti utilizzati che non consentivano la meccanizzazione di questa operazione1. La decorazione, che richiedeva elevate quantità di tempo e di manodopera specializzata, veniva eseguita, mediante l’uso di pennelli, sullo smalto di fondo già vetrificato. Una volta terminata la decorazione, il fondo veniva sottoposto ad un’ultima cottura per far vetrificare la decorazioni sulle piastrelle già smaltate. Talvolta, per evitare questa ultima cottura, il decoro veniva fatto a spolvero2. Negli anni ’60, grazie alle modificazioni che hanno interessato il supporto e gli smalti utilizzati, prendono avvio e si sviluppano le prime soluzioni meccanizzate di decorazione, fra le quali la serigrafia3. Il forte sviluppo della domanda di piastrelle da parte del mercato conseguente alla forte crescita economica del paese, ed alla crescete urbanizzazione - della fine degli anni ’60-inizia anni ’70 – fanno maturare nuovi indirizzi ed impostazioni produttive all’interno delle aziende ceramiche. Far fronte ad una domanda in così continua crescita – ed allo stesso tempo non insensibile al contenuto estetico del prodotto - indusse le aziende ceramiche a concentrarsi su prodotti di profilo standardizzato (pochi formati, colori) realizzati in grandi volumi e procedere nel contempo alla esternalizzazione dell’attività di decoro, divenuto nel frattempo un importante elemento di differenziazione del prodotto4. Nacquero così le prime aziende specializzate nella decorazione della piastrella di ceramica, chiamate comunemente imprese di “Terzo Fuoco”, proprio perché la cottura del decoro sulla piastrella è un’operazione successiva alla cottura del supporto e del fondo smaltato. Si trattava ancora di piccoli “studi” di artigiani che producevano su commessa delle imprese ceramiche del distretto. Inizialmente, molti di questi laboratori, svolgevano esclusivamente attività di ricerca grafica, mentre la produzione vera e propria del decoro veniva realizzata dalle imprese ceramiche (o da operatori che disponevano dei macchinari necessari per tale attività). Nel corso del decennio, le condizioni di elevata redditività connesse allo svolgimento di questa attività ed la conseguente congrua accumulazione di capitale, consentì anche agli operatori di levatura più contenuta, di far fronte agli investimenti in macchinari ed attrezzature, per dotarsi di una propria ed autonoma capacità produttiva. L’esigenza di differenziare il prodotto, per offrire al mercato non più solo semplici piastrelle di diverso formato con colori e sfumature differenti, ma motivi ornamentali ricchi ed articolati, costrinse così le imprese ceramiche ad avvalersi sempre più dell’apporto di idee e creatività degli operatori dei corredi. Gli anni ’80 rappresentano, per il settore dei corredi ceramici, un periodo ricco di eventi e trasformazioni ed al contempo di intenso sviluppo. L’insieme di questi fattori esogeni forma una miscela che fa da propellente alla espansione della base settoriale. Russo M. (1996), La tecnica del decoro a “spolvero” prevede l’utilizzo di un foglio di carta traslucido forato ad ago lungo i contorni del disegno da riprodurre che, appoggiato alla superficie della piastrella, viene battuto con un tampone di stoffa contenente polvere di carbone. Questa, attraverso i fori della carta, si deposita sulla superficie della piastrella tracciando i contorni del disegno su cui verranno applicati i colori. 3 La “serigrafia” è una tecnica di applicazione di colori e smalti che, sottoposti a pressione dal movimento di una spatola, passano attraverso le maglie di un retino, reso permeabile solo in quelle zone che corrispondono al motivo da riprodurre sulla superficie. 4 Sulla scelta assunta dalle aziende ceramiche di esternalizzare la decorazione influirono, oltre al suo elevato contenuto di manualità, anche l’onere di dover mantenere a giacenza quantitativi di piastrelle con diversi tipi di decoro. Si veda: Russo M. (1996). 1 2 212 La semplicità dei livelli di organizzazione su cui si regge l’attività di queste imprese, la lunghezza del ciclo produttivo (che in scala minore riproduce la produzione della piastrella di ceramica), le modeste barriere all’entrata di tipo tecnico e produttivo, la forte domanda di “decorazione” da parte delle imprese ceramiche esercitano un forte richiamo per l’avvio di nuove iniziative produttive e quindi per la dilatazione della base settoriale. Ad abbassare le soglie di investimento soccorrono alcuni salti tecnologici intervenuti nel periodo, come l’introduzione della serigrafia in linea automatica ed i forni a rullo che consentirono di realizzare prodotti innovativi ed allo stesso tempo di ridurre significativamente i costi di produzione5. Le aziende del terzo fuoco continuarono a proliferare principalmente all’interno dell’area ceramica di Modena e Reggio Emilia, sia per la forte incidenza esercitata dai costi di trasporto sulla movimentazione dei prodotti e sia per la necessità di intrattenere stretti rapporti con le aziende committenti6. Negli anni ’90, quelli che in precedenza erano piccoli laboratori artigianali, avevano assunto le caratteristiche di vere e proprie aziende, con strutture gestionali ben definite. Inoltre, con l’evolversi delle tecniche di lavorazione si introdussero nel processo produttivo nuovi materiali e nuove tecnologie che contribuirono a favorire la nascita di nuovi operatori e con essi nuove specializzazioni produttive.7 Se fino alla metà degli anni ’90, l’intensificarsi della concorrenza aveva spinto le imprese dei corredi a ricercare soluzioni estetiche ricche ed articolate, alla fine del decennio una brusca inversione di tendenza costrinse molti di questi operatori a riconcepire la decorazione del prodotto ceramico. L’avvento del “minimalismo”8, un tempo legato ad una nicchia di mercato, non solo si contrapponeva fortemente alle evoluzioni tecnico-stilistiche maturate nel corso degli anni dalle imprese dei corredi, ma rendeva il prodotto italiano maggiormente vulnerabile alla concorrenza internazionale, poiché più semplice da realizzare e quindi più facile da imitare. Con l’inizio del XXI secolo, la situazione si è resa ancora più complessa in ragione della crescente competizione internazionale che ha investito le imprese ceramiche del distretto, con inevitabili riflessi anche sulle imprese del terzo fuoco. La continua richiesta da parte delle imprese ceramiche di prodotti differenziati, distintivi e ricchi di soluzioni estetiche innovative, sta infatti mettendo in serie difficoltà gli operatori del comparto dei corredi, non sempre in grado di mettere in campo, e di sostenere, un impegno nell’attività di ricerca e sviluppo adeguato per aderire a questo tipo di esigenza. Oggi, il contesto attuale vede le imprese ceramiche del distretto impegnate in un confronto competitivo sempre più aspro che le spinge a dirigere la loro offerta ai segmenti più qualificati della domanda senza tuttavia perdere di vista i costi. Nella conquista (o difesa delle posizioni) sul canale di distribuzione (sul quale esercitano una limitata influenza) non di rado fanno leva sull’apporto di distintività e contenuto stilistico conferito dai corredi o pezzi speciali per valorizzare la loro offerta. La frammentazione sul fronte dei produttori di corredi, l’accesa rivalità che le anima nel contendersi una domanda (interna al distretto) che si va progressivamente restringendo e l’incapacità di “inventarsi” nuovi mercati/nuovi prodotti le costringe ad una sofferta e forte posizione di dipendenza nei confronti delle aziende ceramiche. 1.2 Il profilo strutturale delle imprese Indagini recenti e diverse fonti quantificano la base strutturale del comparto dei corredi ceramici in circa 200 unità, con una occupazione di circa 5000 addetti e con un fatturato complessivo di 350 milioni di euro (Tab. 1.1). Le imprese si distribuiscono in larga parte nelle province di Modena e Reggio Emilia con una forte concentrazione nell’area del distretto ceramico (Fig. 1.1). Di questa realtà settoriale l’indagine sul campo ha interessato 33 imprese, un campione che per la composizione interna (localizzazione, specializzazione e dimensione delle imprese) ne assicura una buona rappresentazione. Da questo momento, la trattazione farà riferimento a questa base numerica. I forni a “muffola”, che, utilizzati fino ai primi anni ’80, richiedevano un tempo di cottura di circa 8-12 ore, vennero poi sostituiti dai forni a “rulli”, i quali consentivano di cuocere il decoro in 30-60 minuti. La rapidità di cottura, infatti, risulta particolarmente preziosa nel caso di prove e di messa a punto di nuovi prodotti. Per approfondimenti si veda: Bursi T. (1984). 6 Bursi T. (1984). 7 Oltre agli operatori del Terzo Fuoco nascevano i “Quarto Fochisti” (“quartisti”), che si occupano di rifinire e completare le lavorazioni effettuate delle imprese del Terzo Fuoco, e gli operatori del “Taglio”, aziende specializzate nel taglio della piastrella per conferire a questa un aspetto originale dal punto di vista della forma. 8 Il “minimalismo” legato all’attività del corredo della piastrella ceramica è una tendenza artistica basata su una concezione del decoro in modo astratto, privo di decorazioni articolate o caratteri espressivi, caratterizzato da forme semplici e dirette. 5 213 Tabella 1.1 - Comparto dei corredi ceramici: peso percentuale del campione rispetto all’universo delle imprese dei corredi (2004) Campione** Totale Comparto* (2004) Numero Imprese 200 Addetti 4.500 Fatturato (milioni euro) 500 Fonte: * Osservatorio, Cerarte. ** Rilevazione diretta 33 1.809 209 Grado di rappresentatività del campione sull’universo % 16,5% 40,2% 42,0% Figura 1.1 - Comparto dei corredi ceramici: localizzazione geografica delle imprese (2003) 13% 26% 61% Sassuolo, Fiorano, Maranello Altri Com uni Provincia di Modena Com uni Provincia di Reggio Em ilia Fonte: Osservatorio, Cerarte. Gli imprenditori alla guida di queste imprese, nella maggior parte dei casi, hanno maturato in passato esperienze lavorative in aziende ceramiche, in altre aziende del terzo fuoco o comunque in imprese dell’area ceramica. “Io lavoro nelle imprese del terzo fuoco – racconta un imprenditore - praticamente da quando è nato il settore. Ho visto nascere il terzo fuoco alla fine degli anni ’70. Ho cominciato a lavorare dentro ad una delle prime imprese. Dopo una lunga esperienza di undici anni, io e il mio socio ci siamo messi in proprio”. “Un socio - afferma un altro imprenditore - era un tecnico ed aveva esperienza nella produzione, essendo inserito già da diversi anni nel settore del terzo fuoco. Io avevo esperienza nel commerciale. Il terzo socio, invece, era specializzata nel disegno e nella messa a punto dei campioni. La mia origine tuttavia non è nel terzo fuoco. Io vengo dal settore dei refrattari, che comunque ha degli aspetti in comune con il ceramico. Successivamente ho lavorato per qualche anno in una serie di aziende del terzo fuoco dove ho accumulato esperienza. Il passaggio da una attività di lavoro alle dipendenza ad una autonoma di tipo imprenditoriale avviene, per la maggior parte di loro, negli anni ’80 attratti dalle favorevoli condizioni di mercato e di profittabilità offerte dall’attività. Alcune storie, come tante. ”Tutto è nato da una intuizione: c’era una domanda da parte dei produttori ceramici, i quali richiedevano una maggiore varietà di proposte che non poteva essere risolta dall’organizzazione interna. La domanda era talmente elevata che sostanzialmente si poteva avviare un’iniziativa imprenditoriale in maniera relativamente semplice. Poi negli anni le cose si sono evolute, con l’aumento della competizione negli anni ’90”. Un’altra storia di un imprenditore: “Siamo partiti da zero, senza risorse particolari. Non vi erano risorse ma vi erano competenze. Se avessi avuto un cospicuo capitale iniziale sarei cresciuto in modo molto più rapido. Tuttavia in quegli anni gli utili dell’azienda crescevano a ritmi esponenziali, dandoci la possibilità di autofinanziarci. Le banche hanno contribuito significativamente attraverso prestiti e mutui”. Si racconta ancora un altro imprenditore. “L’impresa è nata nel 1997. Siamo uno degli ultimi arrivati. ….Il fatto di mettermi in proprio è nato dalla voglia di dire qualcosa. All’inizio ho sbagliato tutto perché facevo quello che facevano gli altri. Gli amici infatti mi dicevano: “guarda che questi prodotti ce li abbiamo già, non ci porti niente di nuovo”. ……… All’inizio vi era solo capitale sociale, dunque ci siamo autofinanziati. Le competenze sono state apportate dai tre soci fondatori, essendo inizialmente gli unici tre dipendenti”. Le imprese del comparto sono quasi tutte di piccola dimensione, con un fatturato medio unitario di circa 6 milioni di euro. Solo il 15% delle imprese realizza un fatturato superiore a 11 milioni euro (Fig. 1.2). 214 Figura 1.2 - Comparto dei corredi ceramici: distribuzione delle imprese del campione per fatturato (2004) 35000 Fatturato (migliaia di euro) 30000 25000 20000 15000 10000 5000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 Imprese del campione Fonte: rilevazione diretta ed elaborazione da dati AIDA 215 La diffusa presenza di imprese “nane”, non deve fare ritenere che esse siano afflitte da immobilismo, al contrario molte di loro hanno visto mutare il loro profilo: • sul piano tecnologico, produttivo e delle professionalità per rispondere ad esigenze di natura estetica maturate nel corso del tempo che hanno richiesto il passaggio da tecniche decorative elementari, come la decalcomania, a tecniche sempre più sofisticate con interventi di creatività, progettazione ed esecuzione; • sul piano della organizzazione commerciale necessaria per seguire e supportare le esigenze della clientela, specie a partire dagli anni ’90 quando le aziende ceramiche italiane hanno sentito più forte l’azione di disturbo dei produttori spagnoli e di altri paesi. • sul piano dimensionale, anche se i casi aziendali sono più limitati, e si fanno rarefatti se circoscritti a processi di crescita realizzati attraverso aggregazioni o acquisizioni di impresa. Sotto il profilo dell’assetto societario la maggior parte delle imprese è costituita in forma di società di capitale (Srl e SpA) (Fig. 1.3). Figura 1.3 - Comparto dei corredi ceramici: forma giuridica delle imprese 3% 21% 76% S.r.l. S.p.A. S.n.c Fonte: Ns. elaborazione Gli addetti per impresa, in media sono poco più di 50, in un campo di variazione che oscilla da 10 a oltre 150 nelle aziende di maggiore dimensione (Fig. 1.4). Ne esce una immagine di comparto giovane, con un elevato addensamento di imprese di piccola levatura, radicate nello stesso territorio geografico e che si rapportano ad un medesimo mercato. Questi primi tratti forniscono più di un indizio della vivacità del clima competitivo che si instaura all’interno del comparto. Figura 1.4 - Comparto corredi ceramici: distribuzione delle imprese per profilo dimensionale (2004) 250 N° dipendenti 200 150 100 50 0 0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 Fatturato (migliaia di euro) Fonte: Ns. elaborazione 216 30.000 35.000 1.3 Il profilo produttivo del comparto La popolazione di imprese del comparto, sotto il profilo dell’attività svolta, può essere suddivisa tra: 1. operatori del terzo fuoco: si tratta di imprese che effettuano particolari lavorazioni artistiche sul rivestimento vetrificato della piastrella, per sottoporlo ad una terza cottura (seconda per le piastrella di “monocottura”). Con questa lavorazione si conferisce alla piastrella di ceramica un arricchimento del suo contenuto estetico che ne risalta la funzione di arredo. 2. quartisti: questi operatori, pochi di numero e di piccola dimensione, per mezzo di tecniche simili a quelle utilizzate dalle imprese del terzo fuoco, svolgono lavorazioni ed attività particolari: produzione di tozzetti, listelli, ed altre soluzioni decorative che, a loro volta, andranno ad arricchire il corredo ceramico di pavimenti e rivestimenti. Si tratta di lavorazioni in genere non realizzate dalle imprese di terzo fuoco, ma da queste esternalizzate ai “quartisti”. 3. operatori del taglio: si tratta di operatori specializzati nel taglio della piastrella, per conferirle forme geometriche particolari. Il taglio della piastrella, infatti, ha assunto nel tempo una sempre maggiore valenza decorativa, e ne è la prova il grande successo riscosso dalla decorazione a “mosaico”1 e dallo sviluppo del taglio ad “idrogetto”2. I profili produttivi delle imprese lasciano intravedere la presenza all’interno del comparto di distinte aree di attività o di specializzazione che si avvalgono di specifiche combinazioni di fattori e tecnologie. Profili che convivono, evolvono e si integrano tra di loro. Alcuni esempi sono di aiuto a comprendere questa varietà. “Inizialmente - racconta un imprenditore - facevamo solo ricerca e proposizione delle idee alla clientela. Il socio con competenze tecniche, con la sua organizzazione, si occupava della messa a punto del prodotto e della produzione, su mia indicazione. Nel 2001 abbiamo fatto un passo avanti acquistando un nostro forno, le nostre macchine, per poter produrre in modo autonomo. ….Questa è una azienda anomala per molti aspetti. Perché forse è la più piccola del settore ma la più completa. Qui arriva il silos dell’argilla e va fuori il prodotto finito, e non esiste nessuno che abbia una realtà di questo genere. Noi abbiamo il controllo completo del prodotto. Dalla progettazione al confezionamento. La ricerca viene fatta internamente, io per quanto riguarda le forme, la mia socia si occupa invece della ricerca grafica e dell’applicazione del colore. Dall’idea che viene elaborata si crea un prodotto. La creazione del prodotto comincia con l’impasto dell’argilla, si crea il supporto, si smalta e si decora il supporto. Con l’ultima cottura si fonde il tutto. Noi facciamo anche molti pezzi speciali. I nostri sono praticamente tutti pezzi speciali. Noi infatti non utilizziamo il supporto di un fornitore esterno, ma fatturiamo tutto in conto vendita, mentre gli altri studi fatturano principalmente in conto lavoro. Si racconta un altro imprenditore: “Noi siamo partiti con la ricerca, e l’area commerciale che proponeva e vendeva i prototipi che facevamo produrre inizialmente ad un terzista, ma ci siamo affrancati da lui nel giro di un anno, potendo permetterci gli investimenti in macchinari, quali forni, il capannone e gli uffici. Per un anno quindi abbiamo solo commercializzato, essendo dipendenti di un terzista. Le limitate barriere alla mobilità tra una attività e l’altra fanno perdere, in parte, nitidezza al profilo di attività di impresa potendo la stessa combinare (al suo interno o ricorrendo alla subfornitura) diverse o tutte queste attività. Questa condizione trova una conferma nell’impegno dedicato dalle imprese allo svolgimento delle diverse fasi/lavorazioni del ciclo operativo (Fig. 1.5). Tra tutte le aree, quella della ricerca presenta il maggior livello di assorbimento di risorse ed impegno da parte delle imprese. La decorazione a mosaico consiste nel taglio della piastrella di ceramica monocolore, priva di decorazioni, in tanti piccoli pezzi geometricamente identici per essere ricomposti secondo la fantasia dell’arredatore, così da ottenere un effetto “a mosaico”. 2 La tecnologia dell’“idrogetto”, consiste nell’utilizzare l’acqua in pressione fino a 6.000 atmosfere che, ad una velocità di 1.200 m/sec e miscelata con sabbie abrasive, è in grado di tagliare, mediante un apposito macchinario, spessori fino a 150 mm. su qualsiasi traiettoria impostata. La tecnologia idrogetto viene utilizzata per la decorazione artistica sia nel settore delle pietre naturali che in quello delle pietre artificiali e, proprio con l’avvento e il notevole sviluppo del gres porcellanato, ha avuto un’importanza fondamentale grazie all’elevata flessibilità della lavorazione ed ai tempi e costi di esecuzione contenuti. A differenza della tecnica del taglio tradizionale, in grado di tagliare la piastrella solo in linea retta o diagonale, consente di effettuare tagli curvilinei. 1 217 Figura 1.5 - Comparto dei corredi ceramici: ciclo operativo ed attività svolte dalle imprese 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 100% 84,3% Ricerca grafica 87,5% Ricerca tecnica 63,6% Decoro a serigrafia 57,6% Pezzi speciali 62,5% Smaltatura 72,2% Cottura Levigatura 90% 28,1% 72,7% Taglio 63,6% Assemblaggio 87,5% Confezionamento Fonte: Rilevazione diretta e Ns. elaborazione Questa attività si orienta nello studio di nuove soluzioni stilistiche a livello di design (ricerca grafica) e nello studio di nuove tecnologie, macchinari e materiali da mettere al servizio dell’attività di decoro (ricerca tecnica). Ogni impresa di terzo fuoco dispone al suo interno, di un ufficio “creativo”, con personale specializzato e dotato di doti di creatività, apparecchiature anche sofisticate (tecnologie informatizzate per il disegno grafico) che realizza prototipi da proporre alle aziende ceramiche committenti. L’attività di ricerca, come anche quella di prototipizzazione, comporta degli investimenti discrezionali a remunerazione incerta. In altre parole, l’operatore del terzo fuoco è costretto a sostenere costi che saranno coperti (almeno in parte) solamente se il committente deciderà di effettuare l’ordine. Questo quadro trova un fedele riscontro se riportato a livello di singola azienda come lo rappresenta il suo imprenditore. “Abbiamo un ufficio creativo che si avvale di computer per l’allestimento di cartelle virtuali con ambientazioni, simulazione del prodotto, tecnologie utili per una prima selezione. Poi quando il cliente si mostra interessato ad un prodotto, si realizza il prototipo. La fase di prototipizzazione ha dei costi elevatissimi perché il cliente non paga niente. Il cliente vede 6-7 cartelle di presentazione su un prodotto, ne sceglie alcune, e come le prende da me le può prendere anche da altrettanti venti laboratori. Quindi lui si trova a scegliere fra centinaia di progetti che non gli costano niente. Però non è ancora una scelta definitiva. Su 80 lavori, 10 li fa realizzare. 3 dei nostri, 2 di un altro ecc.. Per poi sceglierne, paradossalmente uno solo. E questi sono soldi bruciati al vento, perché poi riciclare questi decori bocciati non è immediato e comporta altri costi. Noi siamo riusciti a vendere solo dopo anni dei prodotti che ci avevano bocciato. Se il prodotto viene accettato allora facciamo una piccola campionatura e dopo si aspettano alcuni mesi, a volte 6 mesi o addirittura un anno per altri ordini più consistenti. Ma può accadere che per un prodotto vi sia un ordine solo…la ceramica ha anche questa capacità di bruciare le cose…la loro foga di fare sempre cose nuove li ha portati a bruciare tutto in poco tempo. Non rivalorizzano ciò che era bello e valido, ma lo annullano con nuove proposte, spesso peggiorative”. In decisa crescita il numero di imprese che svolgono l’attività di taglio, la quale ha sempre più un’importante valenza estetica, in ragione delle nuove scelte stilistiche (mosaico) e delle nuove tecnologie produttive (taglio ad idrogetto). Il 58% delle imprese del campione è impegnata nella produzione di “pezzi speciali” (mosaici, intarsi, bordure, formelle, inserti…), che, nati negli anni ’90, hanno accresciuto sempre più la loro presenza all’interno dei decori ceramici, quali utili componenti ornamentali ed elementi di differenziazione. Il prevalere negli ultimi anni di tendenze stilistiche improntate al minimalismo ha prodotto un visibile calo della domanda di pezzi speciali. Per quanto riguarda la composizione e l’articolazione del processo produttivo, si rileva una varietà di tendenze sulle quali prevale l’orientamento delle imprese a preferire il controllo sull’intero ciclo produttivo (Fig. 1.6). 218 Sono a ciclo completo quelle imprese che svolgono tutte le principali attività, dalla ricerca al confezionamento (70% delle imprese). Per imprese a ciclo completo “con cottura” si fa riferimento a quegli operatori che realizzano il decoro in terzo fuoco (cottura del fondo vetrificato sul quale è stato effettuato il decoro), mentre le imprese a ciclo completo “senza cottura” sono quegli operatori che “nobilitano” la piastrella attraverso il taglio o l’idrogetto senza ricorrere alla cottura. Il 30% delle imprese produce a ciclo parziale: il 12% con cottura ed il restante 18% senza cottura. Ricadono in questa ultima categoria di produzione a ciclo parziale i cosiddetti “quartisti”. Figura 1.6 - Imprese dei corredi ceramici: tipologie di processo produttivo (in valore percentuale) 9% 18% 12% 61% parziale senza cottura parziale con cottura completo con cottura completo senza cottura Fonte: Ns. elaborazione I tratti fin qui rappresentati ci delineano una realtà produttività che ha preso le sembianze di vero e proprio comparto industriale e risulta composto da imprese nate negli anni ’70 come laboratori di ricerca e che in seguito hanno accresciuto, nel corso di trenta anni, la loro dotazione di risorse e competenze: personale specializzato (principalmente ricercatori e progettisti), attrezzature all’avanguardia (software per la progettazione e la prototipizzazione). E’ grazie a questo patrimonio che hanno potuto proporsi al mercato con un articolato portafoglio di prodotti, lavorazioni e servizi. Se il mercato nazionale ed ancor più internazionale ha espresso un apprezzamento sempre crescente alla piastrella di ceramica made in Italy , per il suo contenuto estetico un pò del merito va anche a queste imprese che hanno messo a servizio la loro attività di ricerca sul piano del design e della grafica. 1.4 La struttura del sistema competitivo L’offerta all’interno del comparto dei corredi ceramici si distribuisce tra un numero elevato di contendenti ognuno dei quali detiene una bassa quota di mercato: ne discende un assetto di elevata frammentazione produttiva (Fig. 1.7). Le favorevoli condizioni di mercato, le basse soglie di investimento (capitali, tecnologie, know how), sono i fattori che hanno contribuito all’attuale assetto. In una prima fase – in presenza di una domanda crescente e dinamica sul piano della variabilità/varietà delle prestazioni richieste dalla clientela alle imprese del comparto – il confronto sul mercato assumeva i tipici toni della concorrenza monopolistica: ogni impresa poteva intercettare una parte della domanda facendo valere il contenuto distintivo della propria offerta senza dover esercitare una forte pressione sul prezzo. 219 Figura 1.7 - Comparto dei corredi ceramici: Grado di concentrazione produttiva (2004)3 6,4% Leader di mercato 15,4% Primi quattro operatori 23,2% Restanti operatori 23,2% Primi otto operatori Fonte: Ns. elaborazione Negli ultimi dieci anni, il calo della domanda, l’omogeneizzazione delle tendenze stilistiche e grafiche, hanno acceso il confronto tra le imprese che assume i tratti tipici della price competition: l’affollamento di offerenti all’interno dell’area ceramica, la diffusione di dinamiche imitative, rende difficile percorrere la strada della differenziazione della offerta (Tab. 1.2). Tabella 1.2 - Comparto dei corredi ceramici: tipologia di mercato Differenziazione di prodotto Alta Bassa Alta Oligopolio differenziato Oligopolio omogeneo Bassa Concorrenza monopolistica Concorrenza perfetta Concentrazione dell’offerta Fonte: Ns. elaborazione Alcune imprese del comparto hanno accresciuto nel corso del tempo il loro profilo dimensionale (per via interna) e altre si sono inserite sul mercato. Ne consegue che il tessuto produttivo ha mantenuto la sua composizione interna sorretta dalla prevalenza di piccole e piccolissime imprese. In termini più contenuti rispetto al passato il comparto continua ad essere l’approdo per nuove iniziative produttive. Si tratta in genere di iniziative che apportano una limitata capacità produttiva che non trovano sul loro cammino ostacoli sul piano della dotazione di capitale tecnico e dell’accesso al mercato (il distretto offre una ramificata rete di subfornitori, ed una vasta base di clientela). Tuttavia se la dimensione minima ottima – con le relative economie di scala e di efficienza degli impianti non rappresenta una significativa barriera all’entrata, gli ingenti costi fissi richiesti per sostenere l’attività di ricerca, possono costituire un ostacolo allo sviluppo ed alla affermazione successiva sul mercato. Può essere ancora facile entrare, resta però molto difficile crescere. Nei sistemi locali di piccola impresa come il comparto dei corredi ceramici, infatti, il capitale più rilevante dell’impresa non è il capitale fisico, ma il patrimonio di conoscenze ed informazioni. Questa dotazione di capitale “cognitivo” si costituisce e si accresce solo con il tempo, con l’accumulazione di esperienza e l’attivazione di reti di 3 La quota di mercato è calcolata prendendo come base il fatturato del comparto al 2003 stimato da CERARTE in circa 500 milioni di euro. Sul nostro campione il valore della quota di mercato risulterebbe più elevato sia per la minore base che per la presenza delle imprese maggiori del comparto. 220 relazioni. Solo allora le imprese (alcune) possono trovarsi in una posizione di “quasi rendita”4. Per le imprese inserite nel distretto operano a loro favore – rispetto ad imprese esterne – meccanismi di tipo “virtuoso” che innalzano il livello di efficienza tecnica: i flussi informativi, la diffusione di conoscenze tecniche e di prodotto, la mobilità delle risorse umane, le relazioni tra le imprese sono solo i più frequenti. Tutte queste condizioni sono ampiamente presenti nell’area della ceramica di Sassuolo e conferiscono dinamicità a tutto il sistema compreso il comparto dei corredi. Non per tutte le imprese, però, il distretto rappresenta una confortevole e protettiva culla: per alcune di loro la fase di infanzia può essere difficile e non più facile di quella dell’adolescenza. Gli ostacoli – racconta un imprenditore – sono stati rappresentati dal fatto di essere piccoli, di essere arrivati ultimi, di avere a disposizione pochi spazi. Avendo lavorato due anni alla Ceramica ……., quattro anni allo studio di decoro…… ……, quattro anni alla Ceramica……., anche nel settore dei decori conoscevo abbastanza gente. Pensavo di poter contare su molte conoscenze che avevo accumulato nel corso degli anni. In realtà ho trovato le porte completamente chiuse. I clienti che mi sono fatto è tutta gente con non conoscevo. Pur essendo molto piccoli, non abbiamo riscontrato alcun problema dal punto di vista delle economie di scala, perché abbiamo creato delle unità produttive ad hoc. Le nostre macchine ce le siamo progettate noi, una l’abbiamo anche brevettata”. Anche l’innovazione di prodotto non costituisce ostacolo alla concorrenza: una esperienza riuscita, un prodotto di successo, stimolano i concorrenti attuali e ne richiamano di nuovi. Il vantaggio comparato è sempre soltanto provvisorio, di breve durata, ed è costruito soltanto sul know how e sulla rete di relazioni con la clientela5. Il decoro, perciò, “se piace al mercato”, viene rapidamente copiato. Le esperienze passate insegnano che i brevetti non hanno alcuna valenza strategica. Così, l’intensa attività di ricerca a cui si dedicano le imprese dei corredi, si basa soprattutto sull’osservazione delle tendenze del mercato e sull’imitazione dei prodotti di successo. Significativa in proposito l’analisi di questo imprenditore. “Quando ho visto che …….. usciva con effetti tipo i nostri però di tipo industriale, la mia socia si era preoccupata, io ero contentissimo. Perché finchè sono solo io che propongo una cosa non faccio tendenza. Da noi si dice che “una noce da sola in un sacco non suona”. Se un prodotto lo imita il ……., o poco o tanto ci vado dietro anch’io. Poi ci sarà l’intenditore che saprà riconoscere il prodotto veramente artigianale, quello più “vero”, rispetto a quello fatto in serie”. Infine alcune tendenze recenti che le imprese del settore sono chiamate a fronteggiare: la frammentazione degli ordini che hanno imposto una forte riduzione dei lotti produttivi; la durata sempre più breve della vita dei prodotti che comprime che si accompagna alla richiesta di sempre nuove proposte e soluzioni stilistiche da parte della clientela; • il turnover della clientela, e la perdita di solidità delle relazioni che costringe a rivedere i rapporti con il mercato; • il grado elevato di dipendenza che in genere lega il produttore di corredi al suo maggior cliente, un aspetto questo che sarà sollevato in seguito. • • Tutti fattori che concorrono a rendere più onerosa l’attività delle imprese già inserite nel mercato e che contribuiscono ad “alzare l’asta” per i nuovi entranti. Sono queste le nuove barriere all’entrata. 1.5 Le dinamiche relazionali con la clientela I primi rapporti fra imprese ceramiche ed operatori dei corredi coincidono con la nascita di questi ultimi, agli inizi degli anni ’70. Gli anni ’70 rappresentano per l’industria ceramica un periodo ricco di accadimenti. Dal lato dei costi, i fattori di produzione segnano un significativo rialzo dei prezzi, dovuto in gran parte alla grave recessione internazionale innescata dalla crisi petrolifera del 1973 ed alla contrazione dei livelli di attività del settore edilizio. Dal lato del mercato, l’affermazione della componente di domanda legata ad interventi di ristrutturazione e recupero del patrimonio abitativo, spostano i gusti e le esigenze dei consumatori sempre più verso le caratteristiche estetiche e di design del prodotto6. Le problematiche legate all’incremento dei costi di produzione vengono in parte risolte grazie all’introduzione della “monocottura”, che garantisce risparmi nell’uso di fattori produttivi (lavoro ed energia), ma implica però una maggiore rigidità nell’organizzazione produttiva e nella struttura dei costi. Il progressivo irrigidimento del ciclo Riguardo al “capitale cognitivo nelle piccole imprese distrettuali”, si veda: Solinas G. (1996). Sull’importanza della “concorrenza e della cooperazione” fra le imprese dei distretti industriali, si veda: Brusco S. (1997). 6 Bursi T. (1997). 4 5 221 produttivo ceramico si scontra infatti con la richiesta di maggiore varietà proveniente dalla domanda. La crescente necessità di differenziare il prodotto costringe così le imprese ceramiche ad investire fortemente nell’attività di ricerca grafica, finalizzata all’ampliamento del mix produttivo. Questa forte necessità di differenziazione ha favorito la nascita di operatori specializzati nel decoro della piastrella. Le scelte in termini di portafoglio prodotti e di organizzazione della produzione adottate dalle aziende ceramiche fanno sì che, ad oggi, la produzione di corredi, pezzi speciali ed ornamentali, sia difficilmente realizzabile al loro interno. Troppo alti i costi di ricerca e di personale, troppo piccoli e variabili i lotti produttivi, toppo scarsi, quindi, i benefici derivanti da effetti scala. Tutti limiti che non consentono di realizzare prodotti a bassa complessità in grandi lotti e con programmi di produzione lunghi. Tentativi da parte di aziende ceramiche di avviare uno studio di ricerca e decoro in terzo fuoco non hanno dato esiti molto favorevoli e da qui l’esternalizzazione di questa attività alle aziende di corredi e di avvalersi di loro servizi e delle loro prestazioni. Le relazioni tra aziende ceramiche e aziende di corredi sono passate attraverso diverse stagioni. Una prima fase – anni ’70-’80 – nel corso della quale le aziende ceramiche rivolgono alle imprese di corredi – molte della quali muovevano i primi passi – una domanda crescente e continua: una domanda di decori di bassa complessità e realizzati in grandi volumi. E’ quella la fase dello sviluppo “quantitativo” nella quale si stabilisce un sistema di relazioni equilibrato, dove le esigenze della parti trovano soddisfazione ed il beneficio è reciproco. L’eccesso di domanda di decoro, che si è creata in qualche momento, ha creato condizioni quasi di “mercato del produttore” e quindi favorevoli alle imprese del terzo fuoco. Questa situazione cambia progressivamente a partire dagli anni ’90 che segnano per l’industria ceramica il passaggio alla fase di sviluppo “qualitativo” ed all’apertura di una nuova stagione delle relazioni con le imprese di terzo fuoco. Questo cambio di stagione si coglie bene nelle parole di un imprenditore: “A fronte di una competizione che non poneva e non pone scelte facili, le aziende ceramiche da una parte hanno espresso la necessità di prodotti più sofisticati, dall’altra parte le imprese dei corredi ceramici si sono adeguate per cercare di cogliere e talvolta anticipare queste nuove esigenze. Un dato positivo è che questo tipo di rincorsa ha consentito di fare evolvere l’azienda del terzo fuoco ed il suo rapporto con l’impresa ceramica. Dunque è nata negli anni ’90 una maggiore partnership con l’azienda ceramica”. Nonostante il design sia uno degli attributi che più concorre a favorire il collocamento della piastrella sul mercato, i rapporti fra imprese ceramiche ed imprese del terzo fuoco sono andati complicandosi nel corso degli anni. Infatti, la volontà dei produttori ceramici è sempre stata quella di proporre al mercato l’offerta esclusivamente con il proprio marchio, negando alle imprese dei corredi ogni tipo di visibilità. Ne è la prova il fatto che solo il 15% dei terzofuochisti studiati dalla indagine, realizza prodotti a marchio proprio (Fig. 1.8). Figura 1.8 - Imprese dei corredi ceramici: prodotti a marchio proprio o a marchio aziendale (2004) 15% 21% 58% 6% Azienda che produce prodotti a marchio proprio Azienda che non produce prodotti a marchio proprio, ma sta valutando di farlo Azienda che non produce prodotti a marchio proprio, ma sta valutando di farlo attraverso il Consorzio Cerarte Azienda che non produce prodotti a marchio proprio Fonte: Ns. elaborazione Indubbiamente, a rendere particolarmente difficile il rapporto fra imprese dei corredi ed i loro committenti ha contribuito anche il crescente potere contrattuale di questi ultimi che si manifesta con ordini sempre più frammentati (e di conseguenza lotti produttivi sempre più piccoli), tempi di produzione sempre più ristretti, tempi di consegna 222 sempre più brevi e modalità di pagamento molto dilazionate. Tutti fattori che imprimono una forte accelerazione alle attività operative, ne accrescono la loro onerosità e deprimono le condizioni di redditività delle aziende. I committenti delle imprese dei corredi possono essere distinti in due tipologie di operatori (Fig. 1.9): aziende ceramiche che svolgono tutto il ciclo produzione-commercializzazione della piastrelle di ceramica, che rappresentano la clientela di gran lunga più importante, • aziende di trading che delegano a terzi la produzione delle piastrelle e si limitano alla sola attività di commercializzazione. • Questo portafoglio di clientela si manterrà anche in futuro pur potendo registrare qualche aggiustamento con una leggera perdita di peso della clientela ceramica interna al distretto a favore di altre categorie di clientela. Questo sembra lo scenario possibile sulla base delle previsioni avanzate dagli operatori del settore intenzionati a cercare nuove opportunità di mercato. Figura 1.9 - Imprese dei corredi ceramici: fatturato per tipologie di committente (vendite Italia) 100% 90% 80% 81,3% 80,8% 74,9% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 7,9%9,4% 1,4% 7,9%8,9% 2,3% 2000 2005 8,8%10,1%6,3% 2010 Aziende ceramiche del distretto Aziende commerciali del distretto Aziende ceramiche non del distretto Aziende commerciali non del distretto Fonte: Ns. elaborazione Il contatto delle imprese dei corredi con i committenti, che avviene generalmente su iniziativa delle imprese dei decori7, può essere veicolato da diverse forme organizzative. Su tutte prevale il ricorso al personale dipendente, vista la stretta contiguità con la clientela, insignificante il ricorso ad altre modalità di relazione, anche se non mancano segnali di una probabile maggiore articolazione in un prossimo futuro (Fig. 1.10). Figura 1.10 Imprese dei corredi ceramici: fatturato per tipologie di rete di vendita (vendite Italia) Fatturato % 100% 80% 60% 40% 20% 0% 2000 2005 Agenti multimandatari Agenti monomandatari Fonte: Ns. elaborazione 7 Cerarte 2003. 223 2010 Dipendenti Punti vendita Rispetto al portafoglio della clientela servita, la situazione che interessa le imprese è abbastanza articolata e non sembra segnalare situazioni di forte concentrazione delle relazioni commerciali (Figura 1.11). Solo il 6% delle imprese intrattiene relazioni commerciali con un numero di committenti inferiore a 15. Figura 1.11 - Imprese dei corredi ceramici: tipologie di imprese per numero di committenti (2004) 6% 39% 40% 15% Fino a 15 committenti Tra 31 e 45 committenti Tra 16 e 30 committenti Oltre 45 committenti Fonte: Ns. elaborazione A fronte di questo ampio ventaglio di clientela appare forte il grado di dipendenza rispetto al maggiore/tre maggiori clienti (Tab. 1.3). La metà delle imprese genera con i maggiori tre committenti più del 50% del fatturato. Ne consegue che l’interruzione di un rapporto “primario” o con un committente “chiave”, produce una situazione di forte perturbazione sulle condizioni aziendali fino a rischiare di compromettere la stessa posizione sul mercato. Questa composizione del portafoglio clienti chiama in campo le relazioni tra imprese di corredi ed aziende ceramiche. Su questo aspetto si tornerà in seguito. Si vuole però anticipare come l’affollamento delle prime le esponga a rischi di sostituzione da parte delle aziende ceramiche e come l’offerta ad elevato contenuto di differenziazione, sia la strada (difficile) che può dare stabilizzazione ai rapporti. Lo confermano due imprenditori. “Il rapporto con le ceramiche - è il primo commento - non è quello da noi sempre auspicato di partnership e collaborazione. Un’impresa che ti veste il prodotto, che ti da lustro, che ti da immagine, dovrebbe essere vista come un soggetto che aiuta a vendere il prodotto. Invece siamo visti come fornitori intercambiabili in qualsiasi momento”. “Noi – contrasta il secondo imprenditore - abbiamo circa quindici clienti ceramici,…….. Ci conoscono, conoscono il prodotto, e sanno che quando vogliono qualcosa di particolare vengono da noi. Continua il nostro imprenditore: “Quando siamo nati il rapporto con le ceramiche era un po’ più stabile. Ora non li cerchiamo più. Se hanno bisogno vengono loro. Questi nostri clienti sembrano quasi i nostri nemici”. Tabella 1.3 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale del fatturato realizzato con i clienti chiave Fatturato assorbito dal maggior cliente Fatturato assorbito dai tre maggiori clienti 23,1% 43,2% 2004 Fonte: Ns. elaborazione La forte dipendenza dalla clientela è una condizione che interessa le imprese più piccole senza risparmiare quelle più dimensionate. Tutte le imprese presentano quindi un elevato rischio (Fig. 1.12, Fig. 1.13). Questo stato di forte dipendenza conferisce un ulteriore elemento di criticità alle relazioni produttori di corredi-clientela ceramica, che rende instabile il quadro all’interno del quale delineare linee di azione e la conseguente realizzazione di eventuali programmi di sviluppo. 224 Figura 1.12 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale di fatturato realizzato dal maggior cliente rispetto al fatturato complessivo Fatturato realizzato con il maggior cliente (%) 60 50 40 30 20 10 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 Fatturato complessivo (migliaia di euro) Fonte: Ns. elaborazione Figura 1.13 - Imprese dei corredi ceramici: percentuale di fatturato realizzato dai maggiori 3 clienti rispetto al fatturato complessivo Fatturato realizzato con i maggiori tre clienti (%) 80 70 60 50 40 30 20 10 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 Fatturato complessivo (migliaia di euro) Fonte: Ns. elaborazione Da ultimo si considera “a quale titolo” avviene la valorizzazione della prestazione che sta alla base della relazione produttore di corredi-clientela . Nel 2004 l’attività delle imprese dei corredi (produzione di corredi, pezzi speciali, taglio,…) viene prestata alle aziende committenti in conto lavoro e come tale fatturata nella misura del (62,6%), mentre la restante parte è fatturata in conto vendita (37,4%) segnando uno spostamento a favore di quest’ultima rispetto al 2000 (Fig. 1.14). 225 Oggi, rispetto al passato quando le imprese produttrici di piastrelle assegnavano ai decoratori commesse in conto lavoro, con l’aumento della produzione di pezzi speciali, le aziende ceramiche richiedono ai terzofuochisti l’acquisto dei propri prodotti (i fondi), per poi riacquistarli sotto forma di prodotti finiti, da destinare alla vendita. Ciò, peraltro, fa sì che l’ammontare di fatturato contabilizzato sia sempre maggiore. In realtà, quello che prima non era computato come fatturato perché inserito in conto lavoro, viene ora riportato. Figura 1.14 - Imprese dei corredi ceramici: ripartizione del fatturato fra conto vendita e conto lavoro 100% 80% 60% 69,5% 62,6% 30,5% 37,4% 2000 2004 40% 20% 0% conto vendita conto lavoro Fonte: Ns. elaborazione 1.6 Le diverse stagioni del comparto dei corredi ceramici Nel corso di oltre trenta anni il settore dei corredi ceramici è stato toccato da numerose trasformazioni che ne hanno profondamente cambiato i connotati (Tab. 1.4). Da piccoli laboratori di ricerca, perlopiù privi di una struttura produttiva (anni ’70), oggi si presentano al mercato nella veste di vere e proprie aziende, con una offerta di servizio che rappresenta un attributo indispensabile per la differenziazione del prodotto ceramico sul mercato internazionale. Il periodo di massimo sviluppo del settore dei corredi corrisponde agli anni ’80, quando la forte domanda espressa dalle aziende ceramiche crea una condizione di mercato del produttore contribuendo a tenere molto basso il tenore della competizione. Gli anni ’90 segnano l’ingresso in una fase di maturità che si accentuerà sempre più verso la fine del decennio: stabilizzazione delle vendite, ingresso di nuovi competitor, tendenze stilistiche orientate al minimalismo, forti spinte imitative, sono solo alcuni dei fattori che accendono rivalità tra le imprese e riducono il livello di attrattività del comparto. Gli anni 2000 vedono il comparto inserito in un contesto di crescente complessità: persistere di alcuni connotati strutturali (frammentazione tessuto delle imprese, forte concentrazione territoriale, elevata specializzazione produttiva); difficoltà delle aziende ceramiche del distretto (principali clienti) a tenere le posizioni sul mercato e quindi a potenziare il contenuto della loro offerta; forte sollecitazione proveniente dalle aziende ceramiche per un miglioramento delle prestazioni di servizio ed un contenimento del loro costo. Tutto questo mette un freno alle performance di mercato ed economiche delle imprese, e pone loro seri interrogativi sui percorsi da intraprendere e con quali compagni di strada 226 Tabella 1.4 - Ciclo di vita del comparto dei corredi ceramici Stato Inesistente Periodo Anni ’50 – ’60 Embrionale Anni ‘70 Start-up Sviluppo Anni ’80 Rapida crescita Vendite Clienti (ceramiche) La decorazione della piastrella avviene all’interno delle azinde ceramiche. Pochi. Le imprese ceramiche cominciano a decentrare le attività di ricerca e design. Pochi. Aumento base clientela. Esternalizzazione del decoro da parte delle aziende ceramiche. Rapporti stabili con la clientela (lungo periodo) Forte crescita numerica Tardo sviluppo Maturità Anni ’90 2000 - 2006 Riduzione tasso di crescita Completa esternalizzazione decoro . I rapporti con le imprese dei corredi tendono ad accorciarsi (medio periodo). Crescita numerica Competitors Ciclo vita prodotto Profilo delle imprese Obiettivi e Condotte strategiche Livello di redditività Grado di internazionalizzazione delle imprese Attrattività del settore Andamento del mercato dell’industria ceramica italiana Primo sviluppo del settore favorito dal boom economico (forte urbanizzazione). Lungo Laboratori di ricerca, privi di una struttura produttiva Lungo Imprese di produzione con propria capacità produttiva Accumulazione capitale per dotarsi di capacità produttiva propria In aumento Strategie di differenziazione ed investimenti in tecnologia In aumento Nullo (solo qualche esportazione indiretta) Alta Sviluppo: l’area di Sassuolo assume la configurazione di “distretto industriale” Nullo (esportazioni indirette) Alta Maturità: la domanda rallenta; eccesso di offerta. Si sviluppano i settori collegati alla produzione ceramica Fonte: Ns. elaborazione 227 Breve Aziende con strutture produttive, di ricerca, forza vendita, e tecnologie avanzate Strategie di differenziazione dell’offerta Differenziato tra le diverse imprese. Modesto. Primi contatti diretti con ceramiche committenti estere Medio – Alta Maturità: l’industria ceramica italiana consacra la sua leadership a livello internazionale Crescita per pochi. Stabilizzazione /calo per molti. Nuove tendenze stilistiche Rapporti problematici con le imprese dei corredi (breve periodo). Affollamento competitivo all’interno del distretto Molto breve Vere e proprie aziende con strutture di ricerca, forza vendita, e tecnologie all’avanguardia Strategie di prezzo e di differenziazione Stabilizzazione per molti, calo drastico per altri. Lenta crescita dei contatti, con committenti esteri Medio – bassa Maturità: forte competizione internazionale, ridimensionamento strutturale, riposizionamento offerta, Declino o rivitalizzazione CAPITOLO SECONDO LE STRATEGIE AZIENDALI E LE PERFORMANCE ECONOMICHE 2.1 La differenziazione del prodotto L’apporto che il comparto dei corredi ceramici ha fornito e continua a fornire alle imprese del settore ceramico è rappresentato da proposte stilistiche, combinazioni di nuovi materiali, soluzioni artistiche che concorrono a tenere alto il contenuto di differenziazione dell’offerta italiana sul mercato internazionale. Questa ricchezza di varietà, di novità, e di originalità si deve alle doti di creatività di fantasia del personale ed all’attività di ricerca sviluppata all’interno delle aziende stesse. Molto si deve anche al succedersi di innovazioni sul piano tecnologico e che hanno facilitato l’adozione di nuove tecniche applicative. La ricostruzione fatta da un imprenditore ne è una diretta conferma: “Fino ai primi anni ’70 le immagini erano riportate a spolvero sulla piastrella, come si faceva negli affreschi del 1200. Per riportare un’immagine sulla piastrella non si usava la serigrafia, l’artigiano ricamava a mano la piastrella come si faceva anche sui vasi. Negli anni ’80 c’è stato tutto lo sviluppo da zero delle tecnologie applicative. È nata la serigrafia, i forni a rullo, le serigrafie in linea automatiche. Anche perché nella ceramica più di tre passaggi non si potevano fare lavorando a crudo, non si potevano sovrapporre per problemi di scollamento e non aderenza. Mentre noi lavorando su uno smalto vetrificato, quindi già cotto abbiamo dovuto inventarci tutto un nuovo modo di fare ceramica, con sovrapposizioni che invece a noi erano concesse. Gli anni ’80 sono stati gli anni dello sviluppo delle tecnologie applicative”. L’innovazione tecnologica, con l’offerta di sempre nuovi processi produttivi e soluzioni tecniche, non è stata in egual modo un fattore facilitante lo sviluppo delle imprese. “No, dal punto di vista dell’evoluzione delle tecnologie produttive – racconta con orgoglio un imprenditore - io ho fatto un salto nel medioevo. Io cuocio come si coceva tanto tempo fa. Quindi non ho forni rapidi, ma impiego anche 12 ore per la cottura. La mia convinzione è che i colori, le materie, si sviluppano nel momento in cui salgono di temperatura e si lasciano maturare. La nostra scelta è stata quella del forno a camera, il così detto a “muffola”, proprio per essere coerenti con la nostra filosofia. È chiaro che i costi sono infinitamente più alti che non con un forno rapido e la produzione è infinitamente più bassa. Il nostro infatti è un prodotto d’elite, e bisogna cercare di venderlo per quello che è. In realtà non si riesce sempre a venderlo al prezzo che in realtà vale Può succedere, quindi, che alcuni terzofuochisti, anche di piccolissime dimensioni, riescano a conseguire tassi di crescita positivi grazie al talento che ha permesso loro di ideare soluzioni estetiche particolari, caratterizzate da un mix originale di materiali. Talvolta, prodotti molto eccentrici hanno un ottimo riscontro all’estero piuttosto che in Italia, e per questo trovano una collocazione nelle fasce alte del mercato. Ed è questo il posizionamento a cui si indirizza l’attività delle imprese del comparto sollecitati anche dalle pressanti richieste della clientela ceramica alle prese con una concorrenza sempre più aggressiva (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Imprese dei corredi ceramici: ripartizione del fatturato tra prodotti a fascia alta e medio/bassa (in termini di prezzo) Fatturato % 80 % 70 % 60 % 50 % 40 % 30 % 20 % 10 % 0 % 200 0 Percentuale di fatturato realizzato con prodotti a fascia alta Fonte: Ns. elaborazione 228 200 4 Percentuale di fatturato realizzato con prodotti a fascia medio/bassa Un decoro, per essere percepito come di “fascia alta” (e dunque vendibile ad un prezzo elevato), non deve necessariamente essere caratterizzato da un design ricco ed elaborato, ma deve essere piuttosto in linea con le tendenze correnti del mercato. Infatti, mentre fino alla metà degli anni ’90, il prezzo di un decoro era fortemente legato ai costi di ricerca necessari per realizzarlo, con il nuovo millennio, a fronte delle nuove tendenze di mercato (quali ad esempio il “minimalismo”) e delle nuove tecnologie produttive (quali ad esempio il “taglio”), non è più così semplice individuare gli attributi che identificano un prodotto per una fascia alta o bassa del mercato. Tra le tendenze stilistiche quella del “minimalismo” è forse quella che più ha condizionato le dinamiche del comparto a partire dalla seconda parte degli anni ’90 quando le imprese avevano già spinto in diverse direzioni la loro vis creativa in termini di materiali, applicazioni, pezzi speciali. “Verso la fine degli anni ’90 - commenta un imprenditore – è arrivato il “taglio”, il “minimalismo”, e tutta una serie di tendenze trasmesse dagli architetti che hanno provocato una grandissima frenata del decoro come si intendeva prima”. La valutazione che di certo trova una ampia condivisione tra gli operatori del comparto è quella espressa da questo imprenditore: “La nicchia del minimalismo c’è sempre stata, ma era una nicchia. Invece negli ultimi anni andavamo in fiera a Bologna ed era tutto minimalismo. Accettare un discorso del genere a livello di concorrenza internazionale è un suicidio. Perché noi siamo vincenti nel momento in cui siamo in grado di esprimere al meglio le nostre caratteristiche. Noi siamo dei creativi, abbiamo del colore. Noi per esempio ci siamo ispirati alle ceramiche di Vietri e Caltagirone, abbiamo ripreso i colori caldi del mediterraneo, cultura che in molti altri paesi non hanno. Io comunque continuo a voler proporre, sia in Italia che all’estero il prodotto italiano. Fare concorrenza ai cinesi attraverso il minimalismo è un comportamento da suicidi”. Il protrarsi per diversi anni di questa tendenza ha lasciato evidenti segni sul comparto ma differenziati al suo interno in base al tipo di risposta che le diverse imprese hanno saputo mettere in campo tra comportamenti di mera assimilazione e la strada (più difficile) della ricerca di spazi (più angusti) di nuovi attributi e contenuti di differenziazione del prodotto. In questo senso si possono interpretare le parole di un imprenditore: “Non penso sia così automatico decidere con che stile dobbiamo vestire i nostri prodotti…… Era possibile imporre delle tendenze un tempo, quando gli stessi prodotti venivano consumati su larga scala. Ad oggi il consumatore è più consapevole e più esigente. Non è possibile imporre delle tendenze. È diventato dunque importante cercare di caratterizzare il prodotto. Io credo che il minimalismo sia stato una normale tendenza. Al momento la nuova frontiera estetica del prodotto è caratterizzata da un mix fra “minimalismo” e “decorativismo”. Molti fra gli imprenditori intervistati lamentano il fatto che un prodotto con un design articolato e complesso può non essere in linea con i gusti delle imprese ceramiche, e quindi difficilmente commercializzabile a prezzi tali da giustificarne i costi di ricerca. Piastrelle con decori estremamente essenziali, d’altro canto, possono essere paradossalmente acquistate a prezzi molto elevati. Dall’analisi emerge come le strategie focalizzate sui prodotti per una fascia alta del mercato, non siano proprie solo degli operatori di profilo dimensionale maggiore (Fig. 2.2). Più dell’80% delle imprese dei corredi, infatti, genera oltre il 70% del fatturato con prodotti per una fascia alta. Il prezzo non sembra rivestire molta importanza quale leva competitiva per le imprese del comparto. “Non ci proviamo neanche commenta un imprenditore - Noi speriamo di trovare un cliente che dice. “ah, che bello!”. Figura 2.2 - Imprese dei corredi ceramici: incidenza sul fatturato dei prodotti per una fascia alta del mercato (2004) Fatturato realizzato con prodotti per una fascia alta (%) 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 5000 10000 15000 20000 25000 Fatturato complessivo (migliaia di euro) Fonte: Ns. elaborazione 229 30000 35000 2.2 L’articolazione dell’offerta e la diversificazione dei mercati Oltre ad implementare strategie di differenziazione, alcune imprese dei corredi sono particolarmente impegnate nell’articolare la propria offerta con l’obiettivo di soddisfare nuove aree e segmenti di mercato. A partire dalla seconda metà degli anni ’90, tecniche di decoro innovative, quali ad esempio l’utilizzo del “taglio” per la realizzazione di effetti a “mosaico”, o la tecnologia ad “idrogetto”, utilizzata per la decorazione artistica delle pietre naturali, hanno incentivato molti operatori a dotarsi dei fattori produttivi idonei a soddisfare queste nuove esigenze di mercato. L’obiettivo, dunque, è quello di individuare quei segmenti di mercato con un potenziale di sviluppo interessante ed in grado di assicurare soddisfacenti condizioni di redditività. Le soluzioni decorative effettuate attraverso il taglio della piastrella, ad esempio, richiedono investimenti in ricerca grafica decisamente inferiori rispetto al decoro in terzo fuoco tradizionale, nonché tempi e costi di produzione contenuti. Basti pensare all’incredibile flessibilità produttiva e precisione della tecnica ad idrogetto, che permette di ottenere risultati grafici sorprendenti: fregi, rosoni, e veri e propri quadri in una infinita varietà cromatica. Alcune imprese del comparto hanno così avuto successo diversificando la propria offerta con lo sviluppo di nuove soluzioni decorative, rese possibili grazie a tecnologie prima non utilizzate. Se un tempo l’unico tipo di decoro era quello fatto in terzo fuoco, oggi, i pezzi speciali, i decori a mosaico e ad idrogetto, consentono alle imprese dei corredi di ampliare la propria gamma di prodotti, per soddisfare le molteplici esigenze della committenza. Le strade seguite dalle imprese per implementare questi processi sono state diverse e tra queste quella che prevedeva la combinazione di diverse modalità organizzative. “All’inizio - dichiara un imprenditore - siamo partiti con collaborazioni con “quartisti”. Poi è nato il bisogno di ampliare la gamma dei prodotti e questo è stato possibile anche grazie all’acquisizione di altre imprese, che però mantengono una autonomia dal punto di vista commerciale. Queste partnership hanno favorito una serie di economie di scala, una minimizzazione dei costi e dunque un migliore rendimento”. 2.3 Le partnership tra imprese: la via per “assorbire” la frammentazione del comparto La maggior parte delle imprese dei corredi adotta strategie competitive orientate alla differenziazione della propria offerta per convivere nella condizione di elevata frammentazione che “esaspera” la concorrenza interna, indebolisce le imprese nelle relazioni con la clientela comprimendo le performance economiche e reddituali. Alcune altre, per sottrarsi in parte alla pressione concorrenziale, hanno ampliato il loro raggio di azione fino a comprendere attività complementari o lavorazioni speciali (taglio, levigatura,..). Altre ancora hanno maturato la convinzione che la strada da intraprendere sia quella del superamento della frammentazione, ricorrendo a manovre e comportamenti che vadano nella direzione di favorire il consolidamento dimensionale del comparto. Acquisizioni, accordi, relazioni di partnership sembrano essere gli strumenti a cui affidarsi per consolidare il settore e rafforzare la posizione delle imprese sul mercato. Molte le economie e le sinergie (operative, commerciali e finanziarie) che ne deriverebbero dalla condivisione di risorse, co-progettazione, partecipazione al sostegno di investimenti per l’avvio di attività produttive, di sperimentazioni. Risparmi di costi, godimento di economie di velocità, sono tanti i benefici che le imprese fanno discendere da questi comportamenti virtuosi se mossi da uno spirito di collaborazione: uno spirito che, invero, non alberga in questo comparto. La realtà, infatti, è ben altra. Solo poco più del 30% delle aziende dei corredi fa parte di un gruppo, e di questa percentuale circa il 20% è la capogruppo (Fig 2.3). Nella maggior parte dei casi, le imprese parte di un gruppo sono controllate o comunque partecipate da altre imprese dei corredi. L’assenza – o la limitata presenza – di relazioni stabili, formalizzate e con un collante di tipo equity, non significa il rifiuto ad ogni forma di collaborazione. In realtà non sono pochi i casi di imprese indipendenti che sostengono di intrattenere forme di collaborazione più o meno occasionali con altri operatori del sistema ceramico (colorifici, produttori di tecnologia, agenzie di marketing, retinisti, architetti e designer). Tali collaborazioni, tuttavia, consistono prevalentemente nello scambio di idee e di know-how produttivo, e dunque sono ben lontane dall’assomigliare ad accordi che comportano la condivisione di scelte e di percorsi che impegnano le imprese nel tempo. Molti i problemi e gli ostacoli che le imprese immaginano di incontrare sul cammino delle alleanze e delle partnership, molti dei quali in realtà non sono solo immaginari. 230 Da un lato convengono infatti sull’utilità di stringere partnership con altri operatori, ma sono scettici sulla possibilità di attuazione causa l’insorgere di problemi di assegnazione delle posizioni di comando, messa a punto di meccanismi di controllo e di “distribuzione dei posti” fra i potenziali soci. La natura famigliare della maggior parte delle imprese è un ulteriore ostacolo alla crescita dimensionale perseguita per via esterna. Figura 2.3 - Imprese del comparto dei corredi: appartenenza ad un gruppo (2004) 100% 90% 80% 70% 67% 60% 50% 40% 30% 21% 20% 12% 10% 0% Non fa parte di un gruppo Capogruppo Appartiene ad un Gruppo Fonte: Ns. elaborazione Il punto di vista di un imprenditore, ancora una volta ci consegna uno spaccato del comparto: “Qui c’è “l’orgoglio di essere padroni” e non cedere questo 51%. ……il fatto di non volere crescere dimensionalmente è legato a mentalità di piccoli provinciali, imprese familiari dove lavora la moglie, il figlio, il cognato”. Diversi i casi di aziende minori, fortemente esposte alla pressione competitiva, che pur consapevoli del rischio di essere escluse dal mercato o di essere acquisite da aziende più grandi, non hanno concesso ad investitori esterni di acquisire quote di capitale che avrebbe allargato la base sociale e assicurato, per questa via, condizioni di migliore stabilità all’azienda e possibilità di sviluppo. Commenta al riguardo un imprenditore: “Ad allearci con un partner, ci abbiamo provato, ma avremmo dovuto vendere parte dell’azienda e perciò abbiamo deciso di andare avanti da soli”. Le operazioni di concentrazione/aggregazione fra imprese di corredi risultano pertanto fortemente condizionate dagli assetti di governance adottati. Ad assetti di governance aperti a membri esterni alla famiglia, sebbene si tratti di un numero di imprese molto ristretto, si associano profili aziendali abbastanza evoluti, non solo dal punto di vista strategico, ma anche sul piano organizzativo e finanziario. Non vanno meglio le cose se il terreno della ricerca di forme di partnership si sposta dal livello orizzontale a quelle verticale, e cioè, con la clientela ceramica. Le aggregazioni o partnership caratterizzate da una certa stabilità di lungo periodo (fusioni, acquisizioni, accordi di lungo periodo) fra imprese dei corredi ed aziende ceramiche, sono sostanzialmente nulle. Le ragioni vanno in gran parte ricondotte all’estrema difficoltà di entrambe le parti di stringere rapporti di reciproca fiducia. Come lamentano alcuni degli imprenditori intervistati, mentre in passato le proposte stilistiche presentate alle aziende ceramiche venivano in gran parte accettate per essere quindi prodotte su larga scala, oggi sono spesso rifiutate. A ciò si aggiunge la riduzione dei lotti di produzione conseguente alla frammentazione degli ordini ed il turnover più elevato dei committenti. Ne discende una diminuzione del fatturato medio per committente e l’insorgere di difficoltà sul piano operativo ed economico delle imprese, specie per quelle di minore dimensione. Se la domanda espressa dalla azienda ceramica è destinata rappresentare anche in futuro lo sbocco preminente alla produzione delle imprese di corredi, ciò non preclude la ricerca di altri itinerari e destinazioni alle proprie vendite. Questo anno – asserisce un imprenditore - abbiamo deciso di dedicare il 30% del fatturato alla nostra linea personale, il prossimo anno sarà il 60%, nel 2008 sarà il 90%. Senza per questo trascurare le eventuali esigenze delle ceramiche. 231 2.4 L’internazionalizzazione: il percorso per ritrovare la via dello sviluppo? Le imprese dei corredi ceramici sono da tempo soggette ad una crescente competizione, ormai non più limitata all’interno del distretto, ma proveniente anche dal mercato mondiale. La progressiva internazionalizzazione dell’industria ceramica, la crescente diffusione della tecnologia di processo e del know how di prodotto, hanno dilatato l’area competitiva e favorito l’ingresso di nuovi protagonisti. Il forte recupero manifestato, da alcuni di questi, sul terreno della qualità ed affidabilità dei prodotti, ne fa dei temibili concorrenti. L’interesse delle aziende del comparto verso il mercato internazionale è un interesse recente. È nei primi anni ’90 che, a fronte dell’intensificazione della concorrenza nel distretto di Sassuolo, alcune imprese si rivolsero al mercato estero per stringere i primi contatti diretti con nuovi committenti. Ad oggi, tuttavia, le commesse provenienti dall’estero sono ancora molto ridotte. Nel 2005, il contributo medio di questi ordini “esteri” al fatturato delle aziende del comparto intervistate rappresenta meno del 20% (Fig. 2.4). Si aggiunga, inoltre, che una buona parte di questi ordini provengono da filiali o società controllate/partecipate estere di alcune grandi aziende ceramiche del distretto. Si evince che la capacità delle imprese del comparto di dirigere la loro azione di mercato oltre i confini del distretto, permane molto limitata. Figura 2.4 - Comparto dei corredi ceramici: distribuzione del fatturato tra Italia ed estero. Valori percentuali* 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 12,9% 19,2% 87,1% 80,8% 2000 2005 27,2% 72,8% 2010 Percentuale di fatturato realizzato all'estero Percentuale di fatturato realizzato in Italia Fonte: Rilevazione diretta *I dati al 2010 sono puramente revisionali. Sebbene, in media, il fatturato realizzato con la vendita a committenti esteri sia ridotto, nel 2004 circa l’80% delle imprese dei corredi intrattiene rapporti con la clientela estera. Si passa da operatori che realizzano all’estero solo l’1% del loro fatturato, ad altri che destinano ai committenti internazionali larga parte della loro produzione (Fig. 2.5). L’elevato grado di partecipazione delle imprese alla frequentazione di nuovi mercati ed alla attivazione di nuove relazioni commerciali, deve essere segnalato, quindi, come un aspetto positivo e si deve operare per la creazione di condizioni che rendano tali relazioni più proficue sul piano dei volumi di vendita realizzati. Il grado di internazionalizzazione delle imprese dei corredi non è strettamente correlato alle dimensioni aziendali (Fig. 2.6). Vi sono casi di imprese anche di “grande” dimensione che limitano la loro azione al solo mercato distrettuale, ed altre invece, di dimensione molto contenuta che sono fortemente impegnate sul mercato estero. Anche questo dato sottolinea come la chiave del successo per operare sui mercati esteri non sia riconducibile al solo profilo dimensionale (asset materiali e risorse finanziarie) ma molto discende dalla dotazione di competenze e capacità relazionali di canale e di mercato, sviluppate in seno all’azienda. 232 Figura 2.5 - Imprese del comparto dei corredi: ripartizione del fatturato fra Italia ed estero. Valori assoluti e percentuali (2004) 35000 80 70 60 25000 50 20000 40 15000 30 10000 20 5000 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 Imprese del campione Fatturato Italia (migliaia di euro) Fatturato estero (migliaia di euro) * Nel Grafico sono presenti le 33 imprese dei corredi facenti parte il campione oggetto d’indagine. Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA 233 Fatturato Estero (%) Fatturato complessivo (%) Fatturato complessivo (migliaia di euro) 30000 Figura 2.6 - Imprese del comparto dei corredi: grado di internazionalizzazione in relazione alle dimensioni aziendali. Valori assoluti e percentuali (2004) 35000 80 70 60 25000 50 20000 40 15000 30 10000 20 5000 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Imprese del campione Fatturato complessivo (migliaia di euro) * Nel Grafico sono presenti le 33 imprese dei corredi facenti parte il campione oggetto d’indagine. Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA 234 Fatturato Estero (%) 25 26 27 28 29 30 31 32 33 Fatturato complessivo (%) Fatturato complessivo (migliaia di euro) 30000 Per connettersi con i mercati esteri ed intrattenere le relazioni con la clientela, le imprese del comparto intervistate si avvalgono in larga parte di reti di vendita dirette composte da personale aziendale. Molto basso il ricorso ad altre forme basate sul rapporto di agenzia. Si tratta di un assetto – secondo le indicazioni fornite dalle imprese - destinato a mutare nel prossimo futuro a favore di forme di reti indirette (Fig. 2.7). Alle forme indirette ricorreranno le imprese che intrattengono all’estero rapporti di breve periodo e di modesto contenuto transazionale: la soluzione dell’agente appare quella più semplice e meno onerosa. Non avendo dei capitali da poter investire all’estero – confessa un imprenditore - diventa difficile estendere personalmente un’attività all’estero. Noi abbiamo un agente negli Stati Uniti che lavoro molto bene, uno a Dubai, uno in Israele, ma mobilitare dipendenti dell’impresa per i mercati esteri sarebbe troppo costoso. Ci avevamo pensato, ma bisognerebbe che i rapporti con i paesi esteri fossero duraturi. Al contrario, nelle imprese dei corredi che realizzano buoni risultati di vendita sul mercato estero (indicativamente oltre il 30% dei ricavi), frutto di relazioni solide e durature con la committenza, la forza vendita interna si presenta come la forma preferita e più efficace. Se da un lato presenta aspetti di maggiore onerosità, migliora il contenuto della relazione in termini di prestazioni offerte, favorendone il consolidamento e la durata nel tempo. Figura 2.7 - Imprese dei corredi ceramici: fatturato estero e rete di vendita Fatturato % 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 2000 2005 2010 Agenti multimandatari Agenti monomandatari Dipendenti Fonte: Ns. elaborazione Rispetto alle direzioni seguite dalle imprese nella frequentazione dei mercati esteri, emerge una netta preferenza per le aree geografiche più sviluppate e più vicine sia sotto il profilo geografico che culturale (Tab. 2.1). Questo quadro – alla luce della crescente disseminazione della produzione di piastrelle di ceramica su scala mondiale – è destinato in parte a mutare: per le imprese di corredi si aprono opportunità in nuovi mercati. A loro il compito di coglierle. Tabella 2.1 - Comparto corredi ceramici: distribuzione del fatturato estero per area geografica delle imprese del campione (%) Mercati consolidati Mercati nuovi Totale Aziende Aziende Aziende Aziende ceramiche commerciali ceramiche commerciali 2000 69,2 17,0 9,0 4,8 100,0 2005 66,3 20,0 8,5 5,2 100,0 2010* 57,7 19,6 13,5 9,2 100,0 * Previsionale Fonte: Ns. elaborazione 235 Il grado di partecipazione delle imprese all’internazionalizzazione delle loro vendite, i propositi di adeguamento delle modalità organizzative e di estensione del loro raggio di azione oltre i confini domestici, lasciano intravedere la necessità, per le imprese del comparto, di compensare per questa via la perdita di posizioni all’interno del distretto. Il tema della internazionalizzazione del comparto, e quindi dei fatturati delle imprese pone diversi problemi e tra questi assumono rilevanza la/le modalità di approccio ed il contenuto dell’offerta che le imprese stesse rivolgono alla clientela (ceramica) estera. Questi problemi sono chiaramente presenti nella impresa del comparto che presenta il più elevato grado di proiezione commerciale sul mercato estero: “ I mercati esteri possono offrire grandi opportunità. Si tratta di approcciarsi a loro come nel mercato italiano, che è per certi versi più complesso……Non andiamo solo a produrre qualche cosa, ma andiamo ad offrire delle soluzioni che devono essere contestualizzate in base alle caratteristiche del cliente, motivate ed argomentate. Oggi bisogna inserire il prodotto all’interno delle strategie aziendali del committente. Le imprese ceramiche non vanno più sul mercato in maniera generica e standardizzata, ma devono approcciarsi al mercato in modo ragionato. I fornitori si devono adeguare a queste strategie. Quindi non più semplicemente un’offerta indifferenziata e generica, ma un’offerta mirata”. Che ci sia un problema di approccio al mercato – che ovviamente non è disgiunto dalle risorse economiche ed organizzative a disposizione delle imprese - è ribadito anche da un’altra impresa che presenta un minor grado di inserimento internazionale: “ Certo se decidi di andare su mercati esteri – afferma il nostro imprenditore - ha senso se continui ad investirci risorse nel tempo perché si presentano opportunità concrete. Non ha senso andare all’estero così giusto per fatturare qualche ordine. C’è bisogno di personale specializzato, ricerca apposta per certi mercati, e tutto questo comporta dei costi. Per collaborare con clienti esteri bisogna essere spesso in contatto con loro, seguire i progetti insieme, e questo può essere molto complesso se il cliente è lontano”. Ci sono imprese che probabilmente fatturano molto più di noi all’estero perché si vede che hanno agenti, personale disposto a viaggiare. E non è una questione di prodotti. Ormai i prodotti giusti ce li abbiamo tutti, ormai tutte le tecnologie applicative sono state sperimentate. Allo stesso tempo gli imprenditori – almeno alcuni di loro – intuiscono il grande potenziale di mercato che esiste a livello internazionale, come pure i numerosi campi di applicazione per il prodotto. La conferma viene da un imprenditore quando afferma: “Lavorando con spessori estremamente sottili, pur mantenendo un prodotto estremamente resistente, ci consente di ridurre di due volte lo spessore mantenendo le stesse caratteristiche, diminuendo dunque il peso. Il nostro è un prodotto adatto ad esempio per grattaceli, navi, roulotte”. Quella dell’internazionalizzazione, se appare sotto molti aspetti, una strada obbligata, alle imprese solleva incertezze, presenta rischi, e dischiude opportunità che per essere colte impone loro profonde revisioni di tipo organizzativo e sul piano delle condotte. Quest’ultimo costituisce il principale “prezzo da pagare” per cogliere le opportunità offerte dalla internazionalizzazione 2.5 I fattori competitivi e le aree di maggiore impegno Al fine di rendere più visibili i percorsi seguiti dalle imprese si presentano i fattori di competitività che più concorrono a solidificare le relazioni con la clientela e le aree strategiche nelle quali le imprese sono chiamate a dedicare il maggior impegno in termini di investimenti e di sforzi innovativi. All’interno di una rosa di fattori competitivi, le imprese del comparto hanno messo bene in luce l’importanza relativa che questi fattori rivestono nell’interazione con la clientela, nell’attuale condizione di mercato1 (Tab. 2.2). 1 Le valutazioni sono espresse sulla base di un sistema di misurazione costituito da una scala Likert da 1 a 7, dove il valore 1 indica che il fattore competitivo è ritenuto dall’intervistato “poco importante”, il valore 7 indica invece che l’intervistato percepisce il fattore competitivo come “molto importante”. 236 La flessibilità di servizio e la differenziazione di prodotto sono considerate le leve competitive più efficaci nell’alimentare la soddisfazione della clientela. L’elevata flessibilità del servizio richiesta dalla committenza, intesa come rapidità e puntualità nei tempi di consegna, e come capacità di soddisfare in modo efficiente gli ordini delle imprese ceramiche, è la conferma della criticità che assume per le aziende ceramiche la capacità di veloce innovazione delle loro proposte al mercato. Questa esigenza genera una domanda di flessibilità che si rivolge alle imprese dei corredi, che dato l’elevato grado di dipendenza dalla committenza e l’acceso clima competitivo interno, non possono ignorare. Tabella 2.2 - Imprese del comparto dei corredi ceramici: fattori competitivi e rapporti con la clientela Deviazione Media std. CLIENTI DEL DISTRETTO Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 6,36 ,929 Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 6,12 1,364 Capacità innovativa (materiali, proposte stilistiche, soluzioni,…) 6,12 1,556 Contenuto stilistico dell’offerta di prodotto 5,85 1,523 Ampiezza gamma prodotti offerti 5,18 1,944 Competitività di prezzo 5,15 1,460 Capacità di credito a favore della clientela 4,30 2,008 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 6,33 ,877 Contenuto stilistico dell’offerta di prodotto 6,04 1,091 Capacità innovativa (materiali, proposte stilistiche, soluzioni,…) 5,93 1,466 Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 5,81 1,545 Competitività di prezzo 5,41 1,500 Ampiezza gamma prodotti offerti 5,26 1,745 3,81 1,962 CLIENTI ESTERI Capacità di credito a favore della clientela Fonte: Ns. elaborazione Le aziende ceramiche non chiedono solo una offerta veloce e flessibile, si attendono anche un contenuto di qualità, di innovazione e varietà sul piano delle proposte. Da qui la necessità di disporre di un patrimonio di conoscenze e competenze sul piano stilistico, di capacità creative e tecniche. Esce confermato che questo patrimonio cognitivo si rileva essenziale per la sopravvivenza delle imprese. Anche la competitività di prezzo (rispettivamente 5,15 e 5,41 nei rapporti con la clientela del distretto e con quella estera) assume un ruolo sempre più rilevante nelle relazioni di fornitura che sollecita le imprese a tenere sotto controllo le condizioni di efficienza gestionale. La capacità di credito a favore della clientela non si dimostra una leva particolarmente efficace a segnalare il rilievo che gli attributi prestazionali (flessibilità qualitativa) occupano all’interno della relazione con la clientela. Se le indicazioni appena enunciate segnalano cosa è importante “sapere fare bene per raccogliere la soddisfazione della clientela ceramica”, si è cercato di intercettare lungo quali sentieri strategici le imprese si stanno orientando e quale impegno stanno mettendo in campo in termini di risorse, investimenti tangibili ed intangibili2 (Tab. 2.3). 2 Anche in questo caso, le valutazioni sono espresse sulla base di un sistema di misurazione costituito da una scala Likert da 1 a 7, dove il valore 1 indica che l’impegno nell’investire risorse nell’attività strategica è scarso, il valore 7 indica invece che l’impegno nell’investire risorse nell’attività strategica è elevato. 237 Tabella 2.3 - Imprese del comparto dei corredi ceramici: aree strategiche di maggior impegno in termini di investimenti Media Media fattore COSTI (EFFICIENZA PRODUTTIVA) / VOLUMI 5,67 Diminuire i costi di produzione 6,15 Espandere la base della clientela 5,18 FLESSIBILITA’ PRODUTTIVA Accrescere la flessibilità produttiva 5,58 5,58 INNOVAZIONE E DIFFERENZIAZIONE DI PRODOTTO Arricchire l’offerta di prodotto con materiali innovativi Migliorare il contenuto tecnico/estetico del prodotto Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato Realizzare prodotti ad hoc per nuovi mercati 5,97 5,88 4,36 4,24 SERVIZIO ALLA CLIENTELA Migliorare le condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della clientela) Sviluppare il contenuto della relazione con la clientela tramite: l’integrazione delle competenze la co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…) la condivisione e lo scambio di risorse e competenze 5,11 5,00 5,97 5,00 4,76 4,33 SVILUPPO TECNOLOGICO Introdurre nuove tecnologie: di gestione (informazione, comunicazione,…) di produzione di progettazione 5,24 5,12 4,52 DISTRIBUZIONE E COMUNICAZIONE Ampliare il numero dei mercati geografici Sviluppare una comunicazione diretta a imprese ceramiche internazionali Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…) Aumentare il numero dei venditori diretti Aumentare il numero degli agenti Realizzare linee di prodotto a marchio aziendale Sviluppare rapporti diretti con punti vendita Costruire filiali commerciali in alcuni mercati chiave 3,45 3,45 3,24 2,61 2,45 2,42 2,06 1,52 PARTNERSHIP Definire forme di partnership o alleanze con: aziende del comparto dei corredi ceramici produttori di tecnologia aziende ceramiche colorifici Fonte: Ns. elaborazione 4,96 2,65 2,54 3,24 2,85 2,13 1,94 Volendo sintetizzare, sembra di poter affermare che le imprese hanno fatto dell’efficienza, del prodotto e del servizio il loro “tridente” competitivo e su questo triplice asse di azione affrontano le condizioni di mercato attuali e prospettiche. Tutto sembra muoversi, quindi, nel solco della tradizione e della continuità col passato. Poche le aperture di nuove frontiere per la creazione di valore, poche le sperimentazioni di percorsi innovativi soprattutto nelle relazioni con il mercato e nella riconfigurazione degli assetti organizzativi e delle relazioni tra imprese. 238 2.6 Le performance economico-finanziarie delle imprese L’assetto strutturale e competitivo del comparto, le dinamiche di mercato che si sono susseguite negli ultimi anni, e ancor più gli indirizzi strategici e le condotte operative delle imprese si sono riflessi sui risultati conseguiti dalle imprese sul piano economico e finanziario. L’analisi condotta sui bilanci di un campione di 31 imprese fornisce al riguardo più di una indicazione. Sul piano delle performance di mercato e dei risultati conseguiti sul piano economico nel periodo 2000-2004 si osservano dinamiche cedenti e per lo più molto accentuate (Tab. 2.4). In termini di fatturato le imprese sembrano conferire una certa dinamicità alla loro azione di mercato, anche se la flessione nell’ultimo anno appare evidente. Gli aspetti di maggiore criticità emergono sul piano della capacità di estrarre valore da questa azione di mercato, sul piano dell’efficienza nella gestione delle attività caratteristiche e quindi sulla capacità di produrre reddito per remunerare il capitale di rischio ed ancor più per generare l’accumulazione di capitale necessaria a sostenere processi di crescita o progetti impegnativi sul piano degli investimenti. Simili criticità o deficit emergono osservando: • • • • Il valore aggiunto e la sua dinamica cedente. Nel corso del periodo a fronte di un aumento del fatturato (15% in valore percentuale e 22 milioni di euro in valore assoluto) si rileva una dinamica estremamente modesta del valore aggiunto (1,9 in termini percentuali e di solo 1 milione di euro in valore assoluto). Ne discende una continua e sempre minore incidenza del valore aggiunto sul fatturato realizzato: da 36,5% nel 2000 al 32,3% del 2004. Si aggiunga, inoltre, che anche in presenza di dinamiche ascendenti del fatturato, il valore aggiunto non si muove da una posizione di stabilità Due le possibili spiegazioni: la scarsa capacità di valorizzare il frutto della loro attività (o di farselo riconoscere dal mercato) ed il forte ricorso al mercato dei servizi e delle lavorazioni conseguente alla esternalizzazione di attività e processi di lavorazione. In verità queste due condizioni sono presenti entrambe: della prima si trova riscontro nella parte dell’analisi dedicata al sistema competitivo ed alle relazioni di canale e di mercato. Della seconda verrà un riscontro osservando la struttura del capitale investito. Il fattore lavoro, il suo peso e la forte partecipazione nella distruzione del valore aggiunto. Il costo di questo fattore rappresenta il 28% del fatturato ed assorbe una quantità molto elevata del valore aggiunto: il 74% nel 2000 e l’83% nel 2004. Dietro a questi risultati ci stanno – oltre alla dinamica del costo della manodopera - il forte carattere labour intensive di molti processi produttivi ed il ricorso a manodopera specializzata nell’attività di ricerca. Non è forse un costo troppo elevato per il valore che si produce? La redditività della gestione caratteristica. Il margine operativo si mantiene per tutto il periodo su livelli bassi e cedenti sia in termini di peso che in valore assoluto. Il modesto livello di performance a livello di gestione caratteristica si mantiene anche in periodo di crescita del fatturato a segnalare la presenza di deficit di comportamento aziendale e/o connotati strutturali del business model. La redditività netta. Sui modesti risultati realizzati a livello di gestione caratteristica, si esercita il forte grado di erosione degli oneri finanziari conseguenti alla politica finanziaria delle imprese fortemente orientata ad attingere a fonti di finanziamento esterne (Tab. 2.5). La struttura patrimoniale e finanziaria delle imprese del comparto non è priva di indicazioni che rinviano alla specificità dei processi produttivi, al profilo di forza delle imprese e alla combinazione dei fattori per supportare la loro attività. In particolare si coglie: • • il forte peso delle componenti di capitale circolante su quella immobilizzate: queste ultime perdono terreno sia in termini di incidenza che in valore assoluto. Simile tendenza non può che mettersi in relazione al rallentamento del processo investitorio delle imprese a cui si accompagna un più forte ricorso al mercato delle lavorazioni o della sub fornitura. All’interno delle attività circolanti è forte e crescente il peso dei crediti commerciali che segnalano un grado di rotazione sempre più lento: la durata media dei crediti era di 159 giorni circa nel 2000, per salire a oltre 194 giorni nel 2004. Anche questo è un indice di debolezza e di forte dipendenza dalla clientela. Il forte grado di sottocapitalizzazione e il forte ricorso a fonti di finanziamento esterne: i mezzi propri, nel 2004, concorrono a finanziare il capitale investito nella misura del 13,5%. Ne discendono diverse conseguenze non positive: sulla capacità di alimentare il processo di accumulazione del capitale (forte erosione degli oneri finanziari sul reddito operativo) e sulla capacità di sostenere il processo investitorio (e non solo in termini di asset tecnici). Tutto questo comprime il grado di autonomia (e non solo finanziaria) delle imprese e ne accresce il loro grado di vulnerabilità. 239 Tabella 2.4 - Comparto corredi ceramici: Conto Economico di un campione di 30 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004 Conto Economico 2000 % 2001 % 2002 % 2003 % 2004 % Ricavi delle vendite 138.015,89 146.094,04 164.854,31 184.186,35 163.483,31 Valore della produzione 145.575,15 100% 150.690,73 100% 174.452,43 100% 190.048,15 100% 167.393,17 100% Materie prime e consumo Servizi Godimento di beni di terzi Valore aggiunto Totale costi del personale Margine operativo lordo -MOL Ammortamenti e svalutazioni Risultato operativo 41.180,68 44.228,40 6.409,88 53.073,41 36,5% 38.558,37 14.515,04 10,0% 7.103,68 7.153,13 4,9% 40.593,97 47.546,62 7.647,61 53.046,49 35,2% 41.110,67 11.935,82 7,9% 6.810,57 5.032,29 3,3% 48.665,88 52.455,99 9.480,62 62.091,54 35,6% 44.125,84 17.965,70 10,3% 8.477,53 9.384,38 5,4% Proventi e oneri finanziari Proventi e oneri straordinari TOT Proventi e oneri -2.676,77 -1.338,38 -3.137,97 -4.789,67 1.398,41 -3.391,26 -3.037,80 1.141,45 1.896,35 Risultato prima delle imposte 4.015,16 2,8% 1.641,03 1,1% 7.488,03 4,3% 11.002,29 5,8% 2.280,72 1,4% 417,92 0,3% -1.586,00 -1,1% 3.222,53 1,8% 5.165,70 2,7% -1.428,59 -0,9% Utile perdita di esercizio Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA 240 54.752,47 59.840,20 9.873,98 62.820,10 33,1% 47.394,02 15.426,08 8,1% 8.997,13 6.310,82 3,3% -919,19 5.610,66 4.691,47 46.011,31 54.941,41 10.256,32 54.141,20 32,3% 44.629,50 9.511,70 5,7% 7.920,15 1.459,55 0,9% -2.036,49 2.857,66 821,17 Tabella 2.5 - Comparto corredi ceramici: Stato Patrimoniale di un campione di 30 imprese. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali dal 2000 al 2004 Stato Patrimoniale Attivo 2000 % 2001 % 2002 % 2003 % 2004 % Immobilizzazioni immateriali 4.292,52 5.769,83 8.012,59 7.980,55 5.787,74 Immobilizzazioni materiali 33.417,64 35.779,19 34.338,18 28.100,89 26.967,38 Immobilizzazioni finanziarie 10.047,56 11.245,73 10.799,50 10.355,88 9.495,88 Totale immobilizzazioni 47.757,71 37,4% 52.794,75 38,8% 53.150,27 32,2% 46.437,32 28,8% 42.251,00 28,6% Liquidità immediate Totale disponibilità liquide Totale Attività finanziarie Liquidità differite Totale Crediti Disponibilità Rimanenze TOT Attivo circolante TOT ATTIVO Stato Patrimoniale Passivo Patrimonio netto Debiti a breve termine Debiti a lungo termine Totale Debiti Fondi e rischi TFR TOT PASSIVO Fonte: Ns. elaborazione da dati AIDA 5.116,17 197,71 5.465,48 424,22 4.948,96 219,71 7.608,55 706,74 4.180,52 298,23 61.313,09 63.873,12 90.794,28 92.051,37 88.342,48 13.323,45 79.950,41 62,6% 13.431,97 83.194,78 61,2% 15.830,24 111.793,19 67,8% 14.545,75 114.912,41 71,2% 12.550,67 105.371,89 71,4% 127.708,13 100% 135.989,53 100% 164.943,46 100% 161.349,73 100% 147.622,88 100% 2000 % 14.172,23 11,1% 2001 % 13.896,81 10,2% 2002 % 20.098,05 12,2% 2003 % 27.644,93 17,1% 2004 % 19.931,43 13,5% 84.548,99 21.061,00 105.609,99 82,7% 86.821,22 26.592,00 113.413,22 83,4% 110.997,53 23.991,00 134.988,53 81,8% 104.001,34 17.436,00 121.437,34 75,3% 97.395,77 19.508,00 116.903,77 79,2% 904,16 7.021,75 127.708,13 100% 843,40 7.836,09 557,90 9.298,98 135.989,53 100% 241 164.943,46 100% 2.308,64 9.958,83 161.349,73 100% 824,03 9.963,65 147.622,88 100% CONCLUSIONI Il comparto dei corredi rappresenta la formazione di imprese più corposa che si è formata alla corte dell’industria ceramica nel corso del tempo. Una formazione che si è costituita con tempi, modalità e condizioni non molto diversi da quelli di altre attività complementari o di servizio delle aziende ceramiche. L’ingresso dei primi laboratori o studi di decoro avviene negli anni 70 per essere seguito da un flusso di iniziative sempre più consistente negli anni ’80 per poi perdere di intensità in seguito. La loro genesi avviene per spin-off, e cioè, per distacco di lavoratori da aziende ceramiche e di aziende di terzo fuoco, alle dipendenze delle quali avevano accumulato conoscenze e maturato competenze di varia natura, tecnica, commerciale e grafica. Per le imprese nate negli anni ’70 ed ancor più anni ’80, l’avvio è stato agevolato dal patrimonio “cognitivo” degli imprenditori pionieri, dalle basse barriere all’entrata ed ancor più dalla forte domanda di decoro espressa dalle aziende ceramiche. Si trattava di lavorazioni effettuate con scale produttive contenute che non si conciliano con una organizzazione della produzione su scala industriale per grandi lotti e serie lunghe. Da qui, l’esternalizzazione dell’attività a queste imprese – all’inizio poche e poi sempre in numero maggiore – che hanno messo a disposizione la loro capacità produttiva, competenze grafiche, capacità di ricerca e di proposta stilistica. La rigidità del processo produttivo delle aziende ceramiche ha fatto la fortuna delle aziende di decoro, ha creato una condizione di interdipendenza che con il passare degli anni ha assunto molti tratti di dipendenza. Fin dalla sua nascita, infatti, il comparto ha sempre risentito degli effetti positivi o negativi conseguenti agli indirizzi strategici ed alle condotte delle aziende ceramiche, e questo, ha finito anche per influenzare le relazioni che con toni e sfumature diverse sono sempre state relazioni di fornitura. Il forte addensamento sul territorio, l’elevato grado di omogeneità dell’offerta, ha contribuito a fare delle imprese di corredi (o almeno molte di loro) dei fornitori intercambiabili agli occhi delle aziende ceramiche. Questa condizione di debolezza sul piano relazionale è stata mascherata per lungo tempo, e cioè, per tutta la lunga fase di sviluppo “quantitativo” dell’industria ceramica (anni 60-80) che riversava alle imprese di decoro una domanda di lavorazione altrettanto voluminosa. Si è fatta, invece, sempre più manifesta a partire dagli anni ’90: la crescente pressione competitiva avvertita dalle aziende ceramiche sul mercato, il forte rallentamento dello sviluppo che andava costruito su fattori reali di competitività ( distinzione e qualificazione dell’offerta e non più solo sui volumi) hanno segnato un punto di svolta inevitabile nelle relazioni tra aziende ceramiche e aziende di decori. Le aziende ceramiche hanno iniziato ad esprimere una domanda a maggior grado di sofisticazione, di contenuto di servizio alla quale le imprese di decoro sono state costrette ad adeguarsi. Questa rincorsa, molto onerosa sul piano dell’impegno e forse non gratificante sul piano economico ha però portato come effetto positivo quello di fare evolvere l’azienda del terzo fuoco ed il suo rapporto con l’azienda ceramica. L’azienda di terzo fuoco oggi non disporrebbe di un simile patrimonio cognitivo e non godrebbe di una simile capacità di servizio, se non fosse stata stimolata dalla domanda sempre più esigente e sfidante delle aziende ceramiche. E’ da questo patrimonio cognitivo (capacità di ricerca grafica, stilistica, di servizio), che occorre partire per allentare la condizione di dipendenza, portare la relazione su basi più collaborative, ed accrescere il grado di autonomia delle imprese. Il fatto che le prestazioni eseguite in conto lavorazione, cedano in parte il passo a quelle eseguite in conto vendita può essere un segnale che va in questa direzione? Se sì, il processo deve avanzare oltre fino alla condizione in cui le imprese possano operare in conto proprio e cioè proporsi direttamente al mercato finale. E’ questo un percorso tutto da costruire, che non deve porsi in alternativa alla relazione con l’azienda ceramica che resterà sempre uno sbocco troppo importante per le aziende di decoro. Queste ultime, allo stesso tempo, rappresenteranno un fornitore/partner sempre più indispensabile viste le condizioni di crescente varietà/variabilità della domanda e l’importanza delle economie di velocità che stanno interessando il mercato della piastrella di ceramica. Più è alto nella domanda il contenuto di specificità, di sofisticazione e di rapidità, più la posizione delle imprese di decoro del distretto esce rafforzata nei confronti di ogni potenziale competitor esterno. Questa forza o scudo protettivo verso l’esterno non cancella la debolezza interna al comparto: troppo elevato il grado di frammentazione, troppo numerosi i “doppioni” di imprese, troppo diffusa l’omogeneità delle condotte operative. Questa elevata indifferenziazione non fa bene al comparto e rafforza la clientela ceramica. La fase di maturità settoriale nella quale è entrato il comparto, il forte rallentamento/mutamento della domanda (non attribuibile in toto al minimalismo), non tarderanno a produrre qualche effetto sul piano della semplificazione della base produttiva. Il consolidamento del comparto è operazione che, però, non dovrebbe essere lasciata solo al mercato, 242 ma andrebbe agevolato e in parte governato dagli stessi attori interni al comparto attraverso operazioni di aggregazione e di sviluppo per via esterna. Il problema dimensionale – non riducibile a soglia di fatturato o numero minimo di addetti – è una questione non eludibile per le imprese del comparto. Il consolidamento dimensionale è il passaggio obbligato per consentire a molte imprese, oggi ancora nella fase di adolescenza – di poter arrivare più forti (sul piano delle risorse, capacità e competenze) alla loro piena maturità. E da quella condizione agire con maggiore grado di autonomia, allargare i loro orizzonti di mercato, e quindi, essere più protagoniste del loro destino. 243 BIBLIOGRAFIA S. Brusco (1997), La lezione dei distretti: alle origini della competitività, Modena, Dipartimento di Economia Politica. T. Bursi (1984), Il settore meccano-ceramico nel comprensorio della ceramica : struttura e processi di crescita. Milano, Franco Angeli. T. Bursi (1988), L’industria delle piastrelle di ceramica : dalla rapida crescita alla maturità settoriale, Milano, Franco Angeli. T. Bursi (1997), Strategie di crescita ed acquisizioni nell'industria ceramica italiana, Torino, Giapichelli Cerarte, Osservatorio sul comparto dei corredi ceramici (2003), IV° indagine congiunturale, Cerarte. G. Pellegrini (2000), Efficienza e redditività delle imprese distrettuali, Banca D’Italia, Servizio studi e sede di Ancona. G. Pellicelli (2004), Strategie di impresa, Milano, Egea. M. Russo (1996), “Cambiamento tecnico e relazioni tra imprese. Il distretto ceramico di Sassuolo”, Rosemberg & Sellier. G. Solinas (1996), I processi di formazione, la crescita e la sopravvivenza delle piccole imprese, Franco Angeli. 244 I PRODUTTORI DI IMBALLAGGI PER IL SETTORE CERAMICO (Tiziano Bursi – Davide Fornetti) 245 INDICE INTRODUZIONE p. 247 1. Alcuni lineamenti del comparto p. 248 2. La struttura e la dinamica della competizione p. 249 3. Le performance economico- finanziarie delle imprese p. 252 CONCLUSIONI p. 255 246 INTRODUZIONE Il presente rapporto è parte di un progetto di ricerca su “Il sistema ceramico di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema” avviato nel corso del 2005 all’interno del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i diversi obiettivi che stanno sullo sfondo di questa ricerca vi è quello di dare un’interpretazione al cambiamento in atto nel distretto ceramico e di capire l’impatto dei processi trasformativi sulla capacità competitiva dei diversi attori economici impegnati nel sistema ceramico. Il presente rapporto è dedicato ai produttori di imballaggi: un comparto dal profilo strutturale contenuto, sorto sull’onda dello sviluppo della produzione ceramica che ha espresso una domanda crescente di materiali per lo stoccaggio, l’imballaggio e il confezionamento del prodotto. Una domanda che nel corso nel tempo si è progressivamente articolata ed alla quale l’offerta ha messo disposizione una variegata tipologia di materiali: pallet di legno, scatole di cartone, materiali plastici, ad altri ancora. Si è in presenza di iniziative imprenditoriali locali, che hanno trovato nello sviluppo della produzione di piastrelle la loro ragione di essere e verso questa attività presentano un elevato grado di dipendenza. Le caratteristiche del prodotto, il suo limitato valore non ne consentono il trasporto oltre certe distanza e ciò induce a collocare la produzione a ridosso degli utilizzatori. I risultati qui proposti, sono il frutto di una indagine sul campo che ha interessato alcune imprese impegnate nella produzione delle diverse tipologie di materiali. Non hanno la pretesa di esaurire la complessità delle problematiche e delle specificità del comparto, quanto tracciarne i lineamenti essenziali e cogliere le relazioni con il settore ceramico e gli altri comparti del sistema ceramico, anche loro consumatori di materiali di imballaggio. Si ringraziano le imprese che hanno offerto la loro disponibilità a raccontare se stesse e la loro storia. Da questi racconti derivano in larga parte i lineamenti del comparto. 247 1. Alcuni lineamenti del comparto Il settore dell’imballaggio è nato e si è sviluppato con la diffusione della produzione di piastrella. Nel tempo i produttori del comparto hanno adattato la propria offerta, i propri prodotti alle mutevoli esigenze delle imprese ceramiche, le quali, nella valorizzazione del prodotto finito, hanno introdotto nuove soluzioni che hanno interessato il processo produttivo ed il “sistema prodotto”. A questo ultimo appartengono anche le soluzioni relative al confezionamento ed alla presentazione della piastrella al cliente. La produzione di imballaggio, costituisce un’attività a valle della filiera produttiva, alimenta un certo numero d’imprese – interne ed esterne all’area ceramica - ognuna delle quali è specializzata nella realizzazione di specifici materiali e prodotti che trovano impiego nelle fasi: • • scelta e confezionamento pallettizzazione L’analisi si focalizza sul segmento della produzione di materiali di consumo e del confezionamento della piastrella. Accanto ai fornitori di materiali per l’imballaggio, operano anche i produttori di sistemi e tecnologie funzionali a quest’attività che sono in parte comprese nel settore meccano-ceramico. Del comparto imballaggi si cercherà di mettere a fuoco i lineamenti strutturali, il sistema prodotto così come si è evoluto nel corso del tempo per aderire alle esigenze espresse dalle aziende ceramiche, Il primo tratto che caratterizza l’operatività delle imprese del comparto è rappresentato dal mercato di sbocco. L’offerta di prodotto delle imprese è indirizzata, infatti, principalmente alle imprese produttrici di piastrelle di ceramica. La quota di produzione destinata ad altri settori è infatti molto limitata. La produzione di imballaggi per il confezionamento della piastrella non sembra presentare particolari complessità dal punto di vista dei materiali impiegati. Le scatole, i cartoni, i pallet sono prodotti a bassissimo valore aggiunto, standardizzati e richiedono processi di lavorazione estremamente semplici, per cui l’ingresso nel settore non presenta barriere all’entrata significative. Le tecnologie ed i sistemi automatici per il confezionamento e la scelta delle piastrelle costituiscono al contrario soluzioni ad alto tasso d’innovazione e ad elevato valore aggiunto. Negli imballaggi di cartone quali le scatole, la materia prima principale è la carta. Si tratta perlopiù di carta riciclata, la cui qualità può variare a seconda delle esigenze dei clienti. Essa è ottenuta dall’attività di grandi cartiere che a loro volta riforniscono gli scatolifici. I pallet, invece, utilizzano legno proveniente dalle foreste del Nord Europa, in particolare dalla Scandinavia. Il processo che porta alla produzione di scatole è semplice e sequenziale (Tab. 1.1). Tabella 1.1 – Fasi del processo produttivo dei materiali per il confezionamento delle piastrelle Fase di lavoro Contenuto tecnico Controllo qualità materie prime Automatico Montaggio della fustella Manuale Taglio del cartone ondulato Automatico Stampa del marchio del cliente Automatico Stoccaggio prodotti finiti Manuale Fonte. Ns. elaborazione La struttura produttiva del comparto del cartone ondulato si caratterizza per una forte frammentazione della capacità di produzione che deriva dall’elevato rapporto tra costo del trasporto e valore della produzione. Ciò ha determinato la nascita e lo sviluppo di numerosi piccoli produttori di cartone ondulato e di scatolifici. La maggior parte dei produttori presenta uno scarso livello d’integrazione verticale ed opera solo nella parte finale della catena del valore, caratterizzata dalla produzione di scatole. 248 Poche imprese, infatti, controllano interamente i processi della filiera produttiva, che comprendono l’approvvigionamento delle materie prime, la produzione di fogli (cartoni ondulati) e la realizzazione di scatole (Fig. 1.1). Figura 1.1 - Catena del valore nel settore del cartone ondulato Fibre vergini Cartiere Fibre riciclate Cartonifici Scatolifici Le funzioni aziendali più importanti nel settore del cartone ondulato, così come in quello dei pallet, sono la logistica, gli approvvigionamenti ed il controllo qualità delle materie prime. La loro rilevanza è connessa alla forte dipendenza del settore dal mercato delle materie prime che, oltre ad essere internazionale, si distingue per l’andamento ciclico dei prezzi con evidenti ripercussioni sulla redditività. I rapporti commerciali sono intermediati da agenti di vendita con un solo mandato (monomandatari) che operano nei territori di loro competenza per conto del produttore (Fig. 1.2). Figura 1.2 Il canale di vendita PRODUTTORE AGENTE LOCALE ACQUIRENTE INDUSTRIALE 2. La struttura e la dinamica della competizione Il contesto competitivo dei settori cartoni ondulati e scatole risulta fortemente influenzato da: o la struttura dell’offerta molto frammentata e quindi assenza di imprese leader capaci di amministrare quote di mercato significative. o il basso grado di differenziazione del prodotto commercializzato: un prodotto facilmente imitabile, realizzato con materiali poveri e di immediata reperibilità. Gli unici elementi sui quali è possibile inserire attributi distintivi nell’offerta sono il prezzo e il servizio. Ne discendono condizioni di mercato di concorrenza perfetta (Fig. 2.1). Figura 2.1 Comparto degli imballaggi per l’industria delle piastrelle di ceramica: sistema competitivo Differenziazione del prodotto Concentrazione dell’offerta ALTA BASSA ALTA BASSA Oligopolio differenziato Oligopolio omogeneo Concorrenza monopolistica Fonte: Ns. elaborazione 249 Concorrenza perfetta Nonostante il settore si trovi nella fase di maturità, il numero di nuovi concorrenti, specialmente nella parte finale della catena del valore (scatolifici), è elevato. Le barriere all’entrata sono infatti basse anche se le economie di scala nella produzione e gli investimenti iniziali possono costituire un ostacolo difficile da superare. Inoltre la tendenza dei clienti a legarsi ad un solo fornitore e ad instaurare rapporti di partnership, è molto limitata a causa del prezzo, che costituisce la leva principale su cui si basa la concorrenza. L’incentivo di nuovi entranti ad inserirsi nel settore deriva da un altro importante fattore, ossia dalla scarsa integrazione verticale delle imprese. Il controllo delle materie prime costituisce un asset strategico in quanto, come già precisato, la dipendenza del settore da tale fattore produttivo è molto forte. Il 70% del prezzo finale è attribuibile all’acquisto di materie prime mentre il restante 30% comprende i processi di lavorazione, la consegna ed il margine di profitto. Il fornitore di materie prime riveste un ruolo cruciale nella catena del valore perché, come accennato, il valore della merce venduta andrà ad incidere sul prezzo di vendita per il 70%. La decisione d’integrarsi verticalmente a monte è dunque una strategia efficace perché permette il controllo diretto di una risorsa critica. I prodotti sostitutivi non costituiscono una minaccia perché il tasso tecnologico del settore è relativamente basso. Si tratta di offrire al cliente un bene dal basso valore intrinseco, non sofisticato e ciò non lascia spazio a possibili innovazioni di prodotto. L’unico fronte in cui è possibile fare innovazione è la tecnologia di processo, che permette di diminuire i cicli produttivi e di aumentare l’efficienza nonché la capacità produttiva. La domanda che si rivolge al settore è rappresentata in prevalenza dal settore della ceramica, anche se non è la sola. L’alimentare, il farmaceutico e l’industria della plastica, costituiscono ulteriori mercati di sbocco. Nel distretto ceramico la domanda esercita un forte potere contrattuale sui fornitori. Tale influenza è data dalla numerosità delle aziende fornitrici e dalle loro dimensioni, tali da non consentire ampi margini di manovra sui prezzi. Le imprese fornitrici infatti sono spesso di medie e piccole dimensioni, di proprietà familiare e caratterizzate da una forte connotazione locale. La presenza di gruppi multinazionali è limitata ma in crescita. Il prezzo è la variabile discriminante alla base della relazione commerciale (Tab. 2.1). Dal prezzo dipende la scelta di un determinato fornitore. La disponibilità di informazioni riguardo ai prezzi e ai costi dei fornitori è un potente strumento che accresce ulteriormente la capacità di negoziazione degli acquirenti. Dato il basso valore aggiunto dei prodotti assieme all’incidenza del costo di trasporto, per applicare prezzi più aggressivi occorre disporre di impianti che consentano di conseguire economie di scala ed efficienza produttiva. Risparmi di costo sono ottenibili anche tramite il controllo degli approvvigionamenti delle materie prime. La centralità del prezzo nelle decisioni d’acquisto ha reso sempre più teso il clima concorrenziale tanto da erodere i già ridotti margini di profitto. Ciò sta avendo conseguenze più dirette soprattutto sui piccoli produttori, meno in grado di adattare le politiche di prezzo alle esigenze degli acquirenti. Tabella 2.1 - Comparto degli imballaggi per l’industria ceramica: variabili competitive chiave, fattori di successo e funzioni aziendali critiche VARIABILI CONCORRENZIALI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO FUNZIONI CRITICHE Prezzo Economie di scala Economie di esperienza Integrazione verticale Produzione Qualità Qualità costante dei materiali Acquisti materie prime Controllo qualità Logistica Innovazione Capacità d’innovare processi Ricerca e sviluppo Servizio Orientamento al cliente Servizi di assistenza Vicinanza al cliente Marketing Commerciale Fonte: Ns. elaborazioni 250 Tra i fattori che contribuiscono al successo nel settore spicca la vicinanza all’utilizzatore finale. La priorità verso questo aspetto è legata al fatto che la prossimità al cliente garantisce un livello di servizio capillare, puntualità nelle consegne, flessibilità e soprattutto abbatte i costi di trasporto. La concentrazione nel distretto di Sassuolo è un elemento strategico perché permette ai fornitori di soddisfare i mutevoli bisogni delle aziende ceramiche, come ad esempio la nascita di nuovi formati di piastrelle, e di far fronte all’elevata variabilità dei programmi di produzione. Alla progressiva frammentazione degli ordini, le imprese fornitrici di imballaggi in cartone hanno reagito aumentando l’efficacia del servizio, che oltre a costituire un elemento di differenziazione dell’offerta, ha assunto una valenza sempre più marcata viste le esigenze più sofisticate dei produttori che non si esauriscono nel prodotto fisico. Un altro elemento critico che concorre a definire il successo del fornitore consiste nella capacità di personalizzare l’offerta in base alle specifiche dell’impresa acquirente. L’imballaggio, la scatola in sé non svolge più solo la funzione di avvolgere la piastrella, ma funge anche da strumento di marketing. La ricerca grafica si accompagna alla tradizionale riproduzione del logo del produttore e in questa nuova veste il packaging assume il ruolo di un vero e proprio veicolo pubblicitario. Nel settore degli imballaggi in cartone - tra le funzioni critiche più coinvolte nel perseguimento degli obiettivi delle strategie aziendali - un ruolo di primo piano spetta alla funzione acquisti, commerciale e logistica. Se la strategia aziendale punta ai bassi costi per competere nel prezzo, la razionalizzazione degli approvvigionamenti è la soluzione più adeguata. La logistica è funzionale nell’assicurare una fornitura stabile, un servizio capillare e nel mantenere alto il livello di soddisfazione dell’acquirente. La ricerca e sviluppo si occupa principalmente d’innovare i processi produttivi per renderli più flessibili ed efficienti. Il grado di attrattività complessivo del business non risulta elevato, anzi è piuttosto contenuto (Tab. 2.2). Rispetto ai fattori di mercato il giudizio sull’attrattività è modesto in quanto la redditività del settore e la forte sensibilità al prezzo lasciano poco spazio a margini di guadagno. Tabella 2.2 – Comparto degli imballaggi per l’industria delle piastrelle di ceramica: attrattività settoriale ATTRATTIVITA’ VARIABILI Alta FATTORI DI MERCATO FATTORI COMPETITIVI FATTORI ECONOMICI Media Tasso di crescita del mercato x Dimensioni del mercato x Bassa Redditività del settore x Sensibilità al prezzo x Intensità della concorrenza x Grado di concentrazione x Barriere all’entrata x Barriere all’uscita x Disponibilità di prodotti sostitutivi x Inflazione x Influenza cambi x Disponibilità materie prime x 251 Il mercato, nonostante sia di medie dimensioni, è caratterizzato da bassi tassi di sviluppo in quanto si trova in una fase di piena maturità. Riguardo ai fattori competitivi emerge una situazione analoga alla precedente che rende il settore poco attrattivo. La presenza di una struttura concorrenziale frammentata, costituita da un elevato numero d’imprese scoraggia l’ingresso nel business da parte di nuovi concorrenti. Al contrario, la presenza di basse barriere all’entrata, incentiva nuovi entranti ad investire nel business. Infine tra i fattori economici, la rilevanza maggiore è riservata alla disponibilità della materia prima che, come già puntualizzato, può dare pericolosi segni di variabilità anche nel prezzo. Questo è un problema che esiste da sempre, anche se attualmente può essere acuito dal trend del prezzo del petrolio. 3. Le performance economico-finanziarie delle imprese La struttura del comparto e la capacità delle imprese di creare valore, dipendono in gran parte dalle scelte strategiche e operative delle stesse, producendo effetti evidenti sia sul grado di attrattività del settore sia sulle performance reddituali. A scopo puramente segnaletico, si offrono alcune riflessioni estratte dall’analisi di un bilancio somma di un piccolo aggregato di imprese del comparto (quattro) relativamente al periodo 2001-2005. Queste riflessioni sono più orientate ad apprezzare tratti di struttura (dei costi, del capitale investito e delle fonti) che non a rappresentarne le dinamiche. I dati del conto economico confermano i tratti specifici del settore, già evidenziati in precedenza (Tab. 3.1). La dinamica del fatturato segnala la stabilizzazione della domanda di mercato, che inizia a risentire del cedimento – anche se lieve – dei volumi produttivi di piastrelle di ceramica degli ultimi anni. La crescita delle imprese è apparsa costante ma allo stesso tempo permeata da periodi di stagnazione. Tabella 3.1 - Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: conto economico. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali CONTO ECONOMICO Ricavi di vendita Valore della produzione Materie prime e Consumi Servizi Godimento di beni di terzi 2001 14.505,96 14.361,29 2002 % 14.221,66 100 14.135,66 2003 % 15.496,67 100 15.660,39 2004 100 17.142,15 7.839,31 8.919,22 10.947,23 2.857,11 2.655,55 3.038,99 2.906,97 523,62 402,04 371,64 370,57 3.210,68 Costi personale 2.097,11 1.113,57 22,3 3.104,54 21,9 1.950,26 7,7 325,48 1.154,28 8,1 1.134,6 7,2 1.224,34 Proventi e oneri -305,08 -272,06 -204,70 -235,21 Risultato pre-imposte 483,03 561,21 612,4 676,97 252 1,9 224,44 18,2 7,1 294,65 788,08 270,47 786,48 100 1.907,26 348,10 5,6 3.131,60 Risultato operativo Utile perdita di 142,2 0,9 esercizio Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazioni 794,53 19,8 1963,13 359,73 5,4 3.097,73 % 17.344,37 8.001,19 Valore aggiunto Margine operativo lordo –MOL Ammortamenti e Svalutazioni % 5,0 1,4 929,54 275,53 5,4 1,6 Per quanto concerne la struttura dei costi, è significativa la forte e crescente incidenza delle materie prime, che spiegano più di due terzi del prezzo finale di vendita. La forte volatilità dei prezzi d’acquisto unita all’incremento dei costi di trasporto, hanno contribuito ad irrigidire la struttura del conto economico riducendo fortemente gli spazi di manovra sul piano gestionale. Un’altra voce che ricopre un ruolo non secondario e che ha assunto un rilievo, anch’esso, crescente è il costo “per servizi”, che per le imprese del comparto costituisce una delle leve principali di differenziazione dell’offerta. Il peso di queste voci di costo comprimono la capacità di produrre valore aggiunto che si mantiene basso e cedente. La leggerezza delle strutture aziendali – sia in termini di dotazione di capitale tecnico e sia di personale – consente alla gestione caratteristica di residuare una modesta quanto stabile marginalità. Marginalità che - a seguito delle politiche finanziarie che privilegiano fonti esterne di capitale – si trasforma estremamente contenuta in reddito netto. Questa supera in media poco più dell’1% nel periodo osservato. Dall’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria si evince una netta prevalenza delle componenti di capitale circolante (crediti) su quelli fisse anche se le immobilizzazioni materiali (impianti) costituiscono una delle principali barriere all’entrata per i nuovi concorrenti (Tab. 3.2). Tabella 3.2 - Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: stato patrimoniale. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali Stato Patrimoniale Attivo 2001 Immobilizzazioni immateriali 254,26 198,83 185,90 428,98 Immobilizzazioni materiali 757,31 632,34 477,51 892,70 Immobilizzazioni finanziarie 14,02 49,02 49,02 49,02 Crediti verso clienti oltre 12 mesi 510,53 168,32 218,81 183,15 Totale immobilizzazioni Liquidità immediate 1.536,12 % 17,65 2002 1.048,51 % 14,12 2003 931,24 % 10,5 2004 1.553,85 % 14,33 272,82 495,93 315,00 272,95 Liquidità differite 5.014,38 5.212,00 5.816,16 6.844,75 Disponibilità 1.877,45 1.714,86 1.803,33 2.171,55 Totale Capitale circolante 7.164,65 82,34 7.422,79 87,62 7.934,49 89,49 9.289,25 85,66 TOT ATTIVO 8.700,77 100 8.471,30 100 8.865,73 100 10.843,10 100 Debiti a breve termine 6.666,27 6.240,04 6.490,35 6.863,95 Debiti a lungo termine 232,58 185,69 185,64 1.468,93 Ratei e risconti passivi 98,31 65,74 61,04 31,70 Totale debiti 6.997,16 80,42 6.491,47 76,62 6.737,03 75,99 8.364,58 Fondi rischi 18,84 17,69 16,54 49,54 TFR 432,60 439,49 475,06 516,36 77,14 Patrimonio netto 1.252,18 14,39 1.522,65 17,97 1.637,10 18,46 1.912,62 17,63 TOTALE PASSIVO 8.700,77 100 8.471,30 100 8.865,73 100 10.843,10 100 Fonti: Banca Dati AIDA e Ns elaborazione 253 Questo sforzo investitorio viene sostenuto attingendo in larghissima parte e fonti esterne ed in misura molto limitata dal capitale di rischio. Il contributo di questa componente di capitale oscilla in media intorno al 16% nel periodo osservato. L’elevata esposizione verso fonti debitorie esercita una forte erosione sulla redditività della gestione corrente che, come fatto notare in precedenza, esce provata da una rigida struttura di costi e frenata dalla tensione competitiva che si scarica sui prezzi di vendita. L’esito finale è quello di esigua capacità di accumulazione di capitale che costringe le imprese ad una condizione di strutturale sottocapitalizzazione. Anche gli indicatori di performance economica e produttività dei fattori confermano le specificità della combinazioni tecniche in uso nel settore (Tab. 3.3). I dati relativi ai ricavi pro-capite e al valore aggiunto pro-capite presentano valori consistenti per via di una bassa intensità di lavoro nell’attività, che presenta spetti di tipo capital-intensive. Il costo del lavoro pro-capite non è particolarmente elevato a causa il non elevato profilo di competenza richiesto alla forza lavoro per accudire le diverse fasi di lavorazione. Ciò nonostante, data la povertà del prodotto, al fattore lavoro è destinato oltre il 60% del valore aggiunto stesso. Tabella 3.3 – Campione di 4 imprese produttrici d’imballaggi per piastrelle ceramiche: alcuni indicatori di performance economica 2001 2002 2003 2004 ROI – Redditività del capitale investito (%) 9,0 9,4 8,9 8,6 ROS – Redditività delle vendite (%) 5,4 5,5 5,0 5,3 ROE - Redditività del capitale netto (%) 12,8 21,5 15,8 16,8 Ricavi pro-capite (migliaia di Euro) 176 187 227 289 Valore aggiunto pro-capite (migliaia di Euro) 39 40 45 52 Costo del lavoro pro-capite (migliaia di Euro) 25 25 28 31 64,1 62,5 62,2 59,6 Costo del lavoro/Valore aggiunto (%) Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazioni 254 CONCLUSIONI Queste breve scheda settoriale ci consegna un comparto dai tratti ben definiti e che ha saputo ritagliarsi nel corso del tempo un posto nella filiera ceramica. Al pari delle altre attività, la concorrenza è il principale motore che anima le imprese, sollecitandole ad affrontarsi sulle condizioni di prezzo e di contenuto di servizio. Simile condotta operativa è figlia della struttura concorrenziale: elevata frammentazione dell’offerta, pluralità di attori e loro forte concentrazione sul territorio ceramico. Le imprese del comparto si presentano spesso con una dimensione contenuta, una gestione a carattere familiare, essendo nate in concomitanza con lo sviluppo del settore ceramico. Accanto a queste, emergono alcune aziende più strutturate e dotate sul piano economico, che dispiegano una significativa capacità produttiva attraverso investimenti in impianti e nuove tecnologie, che hanno messo al servizio anche di altri settori clienti: mantenendo tuttavia l’attenzione sul core business originario. L’affollamento competitivo, le caratteristiche del prodotto costringono le imprese a misurarsi sul prezzo a cui si deve aggiungere l’influenza esercitata dal forte potere negoziale delle imprese ceramiche. Le scarse opportunità di differenziazione del prodotto, sposta l’enfasi del confronto sul contenimento dei costi, condizione realizzabile a costo di elevati investimenti fissi in capacità produttiva, la sola che può generare economie di scala. L’inseguimento dei bassi costi è la leva per sostenere la competitività di prezzo e da questa dipende la tenuta delle relazioni con la clientela. Se il prezzo nel confronto diretto e nella relazione con la clientela gioca un ruolo determinante, le imprese non eludono il ricorso ad altre componenti dell’offerta. Non potendo contare sulla qualità - in quanto i produttori di piastrelle assegnano un’importanza contenuta al packaging - si affidano alla componente servizio (tempestività nelle consegne, puntualità ed efficienza). Vicinanza all’utilizzatore ed efficiente logistica rappresentano i fattori critici su cui fare leva per una migliore interazione col produttore e godere di un vantaggio rispetto ai fornitori esterni al distretto ceramico. Anche tra queste imprese si va diffondendo una specie di specializzazione produttiva e di ruoli: le imprese minori si ritagliano spazi di mercato in via largamente prevalente – se non esclusiva – presso le aziende ceramiche convivendo con una condizione di frammentazione foriera di elevata concorrenza. Le imprese di maggiore dimensione, maggiormente capitalizzate (sul piano tecnico ed economico) hanno già intrapreso la via della diversificazione dei mercati di vendita, anche se la clientela ceramica conserva una posizione di rilievo. 255 LA LOGISTICA NEL DISTRETTO CERAMICO: MODELLI, ATTORI E INFRASTRUTTURE (Tiziano Bursi – Davide Fornetti – Luca Bortoli) 256 INDICE INTRODUZIONE p. 258 CAPITOLO 1 - LA LOGISTICA “IN ENTRATA” 1.1 La logistica e la creazione di valore p. 259 1.2 La logistica in entrata e gli approvvigionamenti di materie prime nell’industria ceramica p. 260 1.3 L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime p. 262 1.4 Materie prime e mezzi di trasporto p. 265 CAPITOLO 2 - LA LOGISTICA “IN USCITA” 2.1 Posizionamento dell’attività nella filiera ceramica p. 266 2.2 La gestione interna dei prodotti finiti p. 268 2.3 La terziarizzazione del sistema logistico p. 269 2.4 L’esclusiva del trasporto su gomma: vantaggi e limiti operativi p. 271 CAPITOLO 3 - GLI ATTORI DEL SISTEMA LOGISTICO 3.1 Profilo organizzativo dell’operatore logistico p. 275 3.2 Il funzionamento del sistema p. 278 3.3 Le performance economico-finaziarie delle imprese di trasporto p. 280 CAPITOLO 4 - SISTEMA LOGISTICO E INFRASTRUTTURE 4.1 I limiti del sistema logistico del distretto di Sassuolo p. 283 4.2 Investimenti passati e recenti p. 286 4.3 Non solo bretelle autostradali e scali ferroviari p. 287 p. 290 CONCLUSIONI 257 INTRODUZIONE La prolungata fase di sviluppo e di crescita del settore ceramico ha generato un forte sviluppo dei volumi di produzione, a cui si è accompagnata una conseguente dilatazione della quantità delle materie prime e dei beni intermedi nonché dei prodotti finiti serviti al mercato. Oltre alla componente volumi, deve essere considerata anche la natura degli input che entrano nel processo produttivo e del prodotto finito: pesantezza, ingombro, valore economico. Tutto questo nel corso degli anni ha contribuito ad accrescere l’importanza che riveste la logistica in entrata connessa all’attività di approvvigionamento delle materie prime e della logistica in uscita per la distribuzione finale del prodotto. A questo si deve aggiungere la movimentazione indotta dallo sviluppo di attività in conto lavorazione che hanno interessato in misura crescente la nobilitazione della piastrella di ceramica: taglio, finitura, levigatura, lappatura,… Le modificazioni intervenute a livello di distribuzione commerciale (politiche di assortimento e di dotazione delle scorte) e delle imprese di produzione (dilatazione dell’offerta di prodotto ed esplosione dei cataloghi), hanno attribuito una ulteriore enfasi alle attività di movimentazione, trasporto delle merci sotto il profilo dei flussi fisici e informativi. La presente analisi si propone di rappresentare i tratti più vistosi del sistema logistico del distretto della ceramica con l’intento di metterne in risalto: il funzionamento, gli attori, la dotazione di strutture e gli eventuali deficit. La base dati di supporto è costituita da fonti primarie e secondarie. Una indagine sul campo è stata effettuata tramite interviste dirette ad un campione di operatori logistici della area della ceramica zona di Sassuolo, di aziende ceramiche e di rivenditori di piastrelle di ceramica. Una serie di colloqui con interlocutori privilegiati hanno fornito ulteriori elementi informativi e conoscitivi. Dalle fonti secondarie - a dire il vero molto limitate e povere sotto il profilo contenutistico - si è attinto qualche ulteriore frammento informativo. 258 CAPITOLO PRIMO LA LOGISTICA “IN ENTRATA” 1.1 La logistica e la creazione di valore La logistica, al pari di altre funzioni aziendali, può dare un contributo significativo al conseguimento di un vantaggio competitivo duraturo. I presupposti per progettare un sistema logistico di successo risiedono nella capacità di identificare un obiettivo strategico a realizzare una adeguata struttura che possa tradurre in pratica quanto delineato in chiave strategica. Nella varietà dei modelli di sviluppo delle imprese si possono identificare alcuni archetipi di comportamento logistico ognuno volto a creare un vantaggio competitivo1: • • • orientamento all’innovazione. Imprese che perseguono l’innovazione di prodotto abbisognano di un sistema logistico capace di proporre con elevata frequenza prodotti nuovi, dove il contenimento del time to market si rileva cruciale per una capillare e tempestiva disponibilità sul mercato. Il sistema distributivo deve essere particolarmente affidabile in quanto il consumatore si attende il soddisfacimento del nuovo bisogno. La rapida obsolescenza del prodotto impedisce eccessivi accumuli di scorte lungo il canale. Il sistema logistico deve mettere in mostra estrema flessibilità e prontezza di risposta. E’ il caso, ad esempio, di imprese del settore discografico; orientamento al servizio. Offrire un levato livello di servizio alla clientela impone una struttura logistica fortemente presente sul mercato, con giacenze distribuite in magazzini e depositi periferici, sistemi di trasporto rapidi, sistemi informativi che abbrevino il ciclo dell’ordine e predisporre una capacità di riserva per fare fronte alle urgenze. Può essere questo il caso di società di posta celere o di logistica farmaceutica. orientamento al costo. E’ tipico delle imprese che operano con margini di guadagno ridotti, in settori in fase di avanzata maturità e caratterizzati da scarsi margini di differenziazione del prodotto. Il sistema logistico deve puntare alla massima efficienza, alla centralizzazione delle scorte, all’impiego di mezzi di trasporto meno costosi (navi, treni, gommati a carico pieno). Potrebbe essere questo il caso di alcuni settori della siderurgia, della carta e dei materiali per l’edilizia. In tema di opzioni progettuali, queste prevedono una architettura che si regge su tre elementi: • la rete delle infrastrutture: le decisioni attengono al grado di centralizzazione, numero, ubicazione e lay-out di stabilimenti, magazzini, depositi e relativi collegamenti; ai punti nodali (aree nelle quali il flusso dei materiali sosta per operazioni di trasformazione, di movimentazione, stoccaggio, confezionamento); canali (collegamenti lungo i quali si muove il flusso fisico ed informativo); • i flussi informativi e procedurali che costituiscono l’anima della rete infrastrutturale: trasmissione di informazioni su previsioni vendite, analisi portafoglio-ordini, programmazione della produzione, pianificazione dei trasporti,…. • le componenti organizzative. Queste sono rappresentate dalle unità funzionali coinvolte in varia misura nel sistema logistico e principalmente approvvigionamenti, produzione, distribuzione fisica e marketing. L’orientamento al problema logistico è diverso da impresa: non esistono scelte progettuali ideali o formule di sicuro successo. Ciò che conta è cogliere il legame tra bisogno e risposta logistica, e ciò significa ricercare il più elevato livello di coerenza tra azione progettuale e obiettivi assegnati sistema logistico. La logistica contribuisce alla creazione di valore rendendo coerenti le modalità di offerta alle caratteristiche della domanda: disponibilità nel tempo, nello spazio e nelle quantità richieste. La “leva” è quella del servizio logistico che si compone di diversi elementi: • disponibilità del prodotto (capacità di minimizzare le rotture di stcok); • tempestività delle consegna (minimizzare il tempo tra ricezione ordine e consegna del bene); • affidabilità della consegna (regolarità nel tempo); • flessibilità della consegna (capacità di accogliere richieste riguardo a tempi, quantità, modalità). 1 C. Ferrozzi, R. D. Shapiro, J.L. Heskett,Logistica e strategia, Isedi, Torino, 1987 259 L’obiettivo per l’impresa diventa quindi quello di “fornire il miglior servizio al minor costo logistico globale”, dove quest’ultimo comprende tutti i costi associati alle scelte poste in essere per assicurare un determinato livello di servizio logistico. 1.2 La logistica in entrata e gli approvvigionamenti di materie prime nell’industria ceramica Gli approvvigionamenti costituiscono il primo anello del processo logistico e coprono sovente una delle aree di costo più incidenti nelle imprese industriali. In alcune aziende meccaniche, ad esempio, simili acquisti coprono anche oltre il 50% dei costi totali. Tuttavia, non sempre, a tale aspetto, è stata riconosciuta la dovuta attenzione. In tempi recenti, in un clima di crescente competizione sui mercati, la necessità di più attente analisi di costo la maggior criticità connesse alle scelte di make or buy, a quali criteri improntare le relazioni con i fornitori, ne hanno sottolineato l’importanza. La complessità delle funzioni svolte nell’approvvigionamento ha indotto a parlare di “marketing di acquisto” per sottolineare la consonanza con di molti elementi con il marketing inteso comunemente come attività volte a facilitare le vendite. Così come nel marketing di vendita anche nel marketing di acquisto si basa su un mix di fattori che sono materie, prezzo, canale di approvvigionamento e politiche promozionali. Le attività della funzione logistica nel settore ceramico - ed in specifico volte all’approvvigionamento delle materie prime - hanno visto nel tempo, accrescere il livello di importanza e complessità (Fig. 1.1). La causa principale di tale evoluzione è costituita dall’internazionalizzazione del mercato delle materie prime, il quale ha modificato profondamente sia le logiche organizzative e gestionali sia le modalità di trasferimento delle merci a destino. Figura 1.1 – L’attività logistica “in entrata” nella filiera ceramica Logistica “in entrata” Marketing e vendite Produzione Logistica “in uscita” • Acquisizione materie prime • Trasporto agli impianti • Movimentazione interna, trasformazione, stoccaggio Fonte: Ns. elaborazione Tra le attività che compongono la logistica in entrata, il trasferimento fisico della materia prima dalla cava di estrazione allo stabilimento produttivo, è cruciale vista l’incidenza dei costi di trasporto a cui si associano quelli - di entità non trascurabile - di gestione del magazzino. I mutamenti intervenuti nell’organizzazione delle attività di logistica relative alle materie prime sono in larga parte riconducibili all’allargamento delle fonti di approvvigionamento delle stesse. Negli anni ’60, periodo che segna la nascita della piastrella, il distretto ceramico di Sassuolo sfruttava le cave e i poli estrattivi presenti nei territori attigui, attingendo quindi da fonti di materia prima locale. La relativa vicinanza geografica degli stabilimenti alle cave, oltre a consentire un’agevole movimentazione dei materiali, garantiva anche una gestione economica del trasporto, limitando l’impatto dello stesso sul prezzo finale della materia prima. La distribuzione dei materiali avveniva su strada per mezzo di autocarri che provvedevano a depositare il carico direttamente nei magazzini di stoccaggio dei produttori. Il trasporto era gestito da società di autotrasporto sufficientemente organizzate per assicurare un livello di servizio compatibile con i bisogni dei produttori. Agli esordi il distretto ceramico era caratterizzato da volumi produttivi non comparabili con quelli registrati negli anni ’90, per cui il sistema logistico, pur rispondendo in maniera efficace alle richieste del mercato, non presentava ancora i caratteri e la complessità che attualmente lo contraddistinguono. Conseguentemente le quantità di materie prime movimentate erano di gran lunga inferiori e le tratte percorse dagli autotrasportatori decisamente più brevi. La diversificazione produttiva, connessa alla limitazione delle risorse locali, hanno indotto i produttori di ceramica a ricercare fonti alternative nazionali e oltre confine. L’incremento dei flussi di materiali provenienti dall’estero ha reso più articolata e complessa l’organizzazione della logistica legata alle materie prime (Tab. 1.1). 260 Tale propensione verso materiali esteri ha comportato un sensibile ridimensionamento della domanda di trasporto relativa alle materie prime locali, sollecitando le aziende di autotrasporto che curavano il trasferimento delle materie prime dalle cave locali alle aziende ceramiche ad adattarsi al nuovo contesto. Al declino della domanda di trasporto di materie prime locali, si assiste ad un consolidamento di quella delle materie prime nazionali e al deciso aumento della domanda di trasporto per le materie prime di provenienza estera. Nel caso dei materiali di origine nazionale, la domanda di trasporto viene concordata dai produttori con gli operatori delle zone di estrazione e i trasportatori locali o del distretto ceramico, che prestano servizio nelle aree in cui sono situate le cave e sono quindi interessati ad utilizzare il viaggio di ritorno. Tabella 1.1 - Materie prime ceramiche movimentate nel periodo 1995-2005 Tipologia Caolini Feldspati Argille Sabbie Totale Anno 1995 112.497 2.637.867 3.965.865 nd 6.716.229 1996 150.483 2.836.066 3.825.775 nd 6.812.324 1997 135.923 2.774.266 4.198.203 nd 7.108.392 1998 152.766 3.674.495 4.427.530 nd 8.254.791 1999 180.459 3.374.521 4.619.014 nd 8.173.994 2000 200.355 3.926.299 4.706.187 1.317.001 10.149.842 2001 171.050 4.244.925 4.700.703 1.434.160 10.550.838 2002 110.196 3.537.260 4.119.941 1.341.446 9.108.843 2003 82.474 4.087.248 4.230.880 1.345.944 9.746.546 2004 132.570 4.640.686 4.103.352 1.342.944 10.219.552 2005 123.123 4.362.629 4.303.352 1.377.210 10.166.314 Fonte: Ns. elaborazione Per quanto concerne le materie prime estere, anche in questo caso la domanda di trasporto coinvolge direttamente le aziende ceramiche e le imprese titolari delle cave, le quali provvedono ad informare i trasportatori del distretto dell’arrivo delle merci presso gli scali ferroviari e marittimi. La modifica sostanziale nella composizione della domanda di trasporto è stata accompagnata da analoghi mutamenti anche sul lato dell’offerta. L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime ha infatti allargato le tipologie di mezzi di trasporto coinvolti nella movimentazione delle merci. L’autotrasporto, considerato la modalità più diffusa, detiene, assieme alla ferrovia, la quota preponderante in termini di volumi movimentati. Il trasporto marittimo tuttavia, ha visto la sua ascesa negli ultimi dieci anni, grazie all’affermazione di paesi sedi di importanti giacimenti quali l’Ucraina e la Turchia. Per comprendere come il fenomeno dell’internazionalizzazione degli approvvigionamenti ha cambiato la struttura intrinseca degli operatori logistici e il loro modo di operare occorre soffermarsi più in dettaglio sulle tappe che hanno determinato tali cambiamenti. 261 1.3 L’internazionalizzazione del mercato delle materie prime La sostituzione di materie prime locali con altre di provenienza estera ha impresso un’accelerazione al processo d’internazionalizzazione di questo mercato, con conseguenze evidenti nei rapporti fornitore – trasportatore – produttore. Le relazioni sono divenute sempre più complesse e ciò ha richiesto da parte degli attori coinvolti un maggiore sforzo di adattamento ai cambiamenti. Per capire l’influenza prodotta dall’evoluzione del mercato delle materie prime abbia sulle attività di logistica occorre risalire alle diverse tipologie produttive che si sono susseguite nel tempo all’interno dell’industria ceramica (Tab. 1.2). Tabella 1.2 – Industria ceramica italiana: prodotti, origine materie prime e mezzi di movimentazione TIPOLOGIE DI PRODOTTI CERAMICI ORIGINE MATERIE PRIME MEZZI DI TRASPORTO UTILIZZATI Bicottura Locali, Nazionali Autotrasporto Monocottura Locali, Nazionali, Estere Autotrasporto, Ferrovia Gres porcellanato Nazionali, Estere Autotrasporto, Ferrovia, Nave Fonte: Ns. elaborazione La piastrella ceramica nasce negli anni ’60 con la diffusione della bicottura. Le materie prime utilizzate negli impasti sono le argille rosse locali provenienti dalle cave dell’Appennino Modenese e Reggiano, sabbie e feldspati di origine nazionale. La facile reperibilità dei materiali e le brevi distanze dalle aziende ceramiche consentono una gestione ottimale del trasporto, che non richiede un’organizzazione particolarmente strutturata. Negli anni ’80, con l’affermazione della monocottura, la composizione degli impasti ceramici subisce sostanziali modifiche. L’interesse per le argille bianche si intensifica a discapito di quelle rosse, in quanto le prime sono ritenute più facilmente lavorabili e più performanti in fase di cottura. L’origine di queste materie prime è in prevalenza estera (Germania e Francia). L’aumento della distanza dagli stabilimenti ceramici, rende più complessa l’organizzazione del trasporto delle merci che si serve in particolare della ferrovia. Oltre a coinvolgere due mezzi, il trasferimento delle argille, dalle cave ai magazzini dei produttori di piastrelle, implica un maggior numero di operazioni di movimentazione: dalla cava il materiale raggiunge lo scalo ferroviario di partenza via autocarro, dallo scalo di destinazione lo stesso viene trasportato sempre su gomma agi stabilimenti produttivi. Ogni tratta comporta operazioni di carico e scarico. Una parte di argilla estera entra in Italia su gomma, utilizzando viaggi di ritorno dall’estero di trasportatori del distretto, anche se, tuttavia, la quota in termini di volumi trasportati è piuttosto esigua. La logistica e le attività legate alla movimentazione delle materie prime divengono più articolate con l’introduzione del gres porcellanato alla fine degli anni ’80. La produzione di questa nuova tipologia richiede infatti materiali più pregiati dal punto di vista qualitativo, divaricando in misura ulteriore le fonti di approvvigionamento (Tab. 1.3). L’offerta di tali materie prime è localizzata in paesi quali l’Ucraina e la Turchia che, si sono affermati come i bacini di approvvigionamento di buona parte dell’industria ceramica. L’ulteriore allungamento della distanza tra fonte di approvvigionamento e distretto ceramico acuisce la complessità organizzativa del trasporto. I materiali, anziché affluire direttamente via ferro agli scali del distretto ceramico, raggiungono via mare il porto di Ravenna, da dove via gomma proseguono per il distretto di Sassuolo: sulla relativa distanza di circa 140 km, un autocarro può percorrere due viaggi al giorno. L’adozione della nave, quale mezzo principale nel trasferimento di materie prime pregiate, risponde a motivazioni economiche e logistiche, malgrado l’aumento del prezzo del carburante abbia inciso fortemente sul costo del trasporto, pregiudicandone l’effettiva economicità. 262 Tabella 1.3 - Quantità di materie prime movimentate nell’anno 2005 distinte per tipologia di trasporto Quantità distinte per Mezzo di trasporto Quantità (Ton) T i p o l o g i a TOTALE TONS. 10.150.000 IMPORT TONS. 6.130.000 NAZIONALE TONS. 4.020.000 ARGILLE TONS. 4.300.000 FELDSPATI TONS. 4.360.000 SABBIE TONS. 1.370.000 CAOLINI TONS. 120.000 UCRAINA 2.270.000 2.270.000 ARGILLE * TURCHIA 2.420.000 2.420.000 FELDSPATI * GERMANIA 1.000.000 1.000.000 ARGILLE 1.000.000 200.000 ARGILLE 150.000 50.000 CAOLINI 80.000 FELDSPATI 200.000 ARGILLE 700.000 FELDSPATI 700.000 SABBIE 800.000 FELDSPATI PIEMONTE 800.000 200.000 FELDSPATI TOSCANA/ELBA 200.000 150.000 FELDSPATI CALABRIA 150.000 670.000 SABBIE (stima) 670.000 600.000 ARGILLE EMILIA ROMAGNA 10.000 FELDSPATI GRECIA 10.000 60.000 CAOLINI BULGARIA 60.000 30.000 ARGILLE PORTOGALLO 20.000 10.000 CAOLINI REP.CECA 10.000 FRANCIA P r o v e n i e n z a NAZIONALE ALTRE 330.000 4.020.000 110.000 FERROVIA CAMION 400.000 4.290.000 50.000 80.000 200.000 SARDEGNA 700.000 120.000 263 580.000 600.000 1.780.000 18% Fonte: Ns. elaborazioni *Materie prime importate vai mare dal porto di Ravenna. 50.000 10.000 8.370.000 82% Per quanto concerne i feldspati provenienti dalla Turchia, la scelta del trasporto marittimo è premiante vista la vicinanza dei siti estrattivi ai maggiori porti della penisola: Izmir e Gulluk. Considerazioni analoghe possono essere fatte relativamente alle argille bianche ucraine, anche se, la possibilità di sfruttare la via ferroviaria è stata vagliata dagli operatori logistici, e non si è concretizzata per la presenza di carenze strutturali delle ferroviarie ucraine. L’estensione dei tratti percorsi dalle materie prime e la maggiore lontananza dalle aziende ceramiche delle cave ha reso più complessi tanto la gestione dei flussi fisici quanto quello dei flussi informativi (Fig. 1.2). Figura 1.2 - Logistica industria ceramica: flusso informativo e flusso fisico FLUSSO INFORMATIVO Ordine al fornitore Materie prime Programma Magazzini di produzione Semilavorati Ordine del cliente Prodotti finiti FLUSSO FISICO Fonte: Ns. elaborazione La prassi adottata dai produttori di piastrelle nella trasmissione degli ordini relativi alle materie prime segue una logica ben definita. Il processo prevede che gli ordini vengano emessi direttamente e separatamente dalle aziende ceramiche ai fornitori di materie prime e ai trasportatori. I fornitori, soprattutto esteri (turchi e ucraini), sono aziende strutturate che hanno maturato esperienza nell’estrazione delle materie prime, acquisito conoscenza accurata dei prodotti venduti ed affinato competenze nel campo della logistica. Alcuni di questi operatori per poter gestire al meglio le operazioni logistiche ed i flussi informativi, hanno aperto filiali e uffici all’interno del distretto ceramico sassolese. Ciò consente loro di assistere meglio la clientela, di garantire un servizio di consegna puntuale e capillare oltre che di poter soddisfare particolari esigenze. Ne consegue che: • i fornitori più efficienti curano la rete logistica dall’emissione dell’ordine fino alla consegna del prodotto presso l’impresa ceramica; • i fornitori meno strutturati provvedono alla spedizione delle materie prime, limitandosi ad organizzare l’imbarco sul mezzo di trasporto utilizzato. Il ruolo degli autotrasportatori nella logistica in entrata è essenziale. Essi infatti, costituiscono l’ultimo anello della catena logistica ed è in virtù della loro flessibilità che riescono a garantire un servizio efficiente. Tuttavia, come vedremo in seguito, uno dei grandi problemi che affligge il sistema dei trasporti nel settore ceramico è l’eccessiva frammentazione delle aziende di autotrasporto. 264 1.4 Materie prime e mezzi di trasporto Le materie prime ceramiche raggiungono gli stabilimenti produttivi del distretto avvalendosi di diverse modalità di trasporto. Di ognuna si traccia un breve profilo mettendo in evidenza i relativi punti di forza e debolezza. a- Il trasporto ferroviario Le materie prime utilizzate dal settore ceramico, pesanti e non deperibili, sono particolarmente indicate per il trasporto ferroviario. La distribuzione delle stesse, alle centinaia di unità produttive all’interno del distretto, può essere effettuata, però, soltanto con l’impiego di veicoli stradali. La presenza di scali ferroviari, in cui avviene il “cambio” della modalità di trasporto da gomma a ferro e viceversa, è pertanto indispensabile. Per il trasporto delle materie prime su ferrovia, per lo più di provenienza estera, si utilizzano carri di rinfusa che si svuotano dall’alto e spesso compiono il viaggio di ritorno a vuoto. Il trasporto delle materie prime per ferrovia, seppur non in crescita negli ultimi anni, rappresenta una quota non trascurabile dei volumi totali movimentati. A livello di infrastrutture, il distretto dispone di scali ubicati nella provincia di Reggio Emilia (scalo di Dinazzano) e in quella di Modena (Città). Malgrado vi siano potenziali possibilità di ampliamento delle suddette strutture, le carenze in questo settore riguardano in particolare l’ubicazione delle stesse, essendo lontane dal distretto e mal collegate attraverso la rete ferroviaria e stradale. Il ritardo accumulato in questi anni, negli sviluppi della rete viaria e ferroviaria, hanno ulteriormente aggravato l’efficienza del sistema trasportistico, determinando così conseguenze negative sui costi complessivi e sulla competitività del distretto ceramico. Poco efficaci e poco determinati gli sforzi compiuti in sede locale per mettere “sul treno” l’industria ceramica con le sue materie prime ed i suoi prodotti. b - Il trasporto via mare Il trasporto marittimo delle materie prime vede in Ravenna lo scalo di Ravenna più importante per le materie prime provenienti dalla Turchia e dall’Ucraina. La Spezia e Livorno fungono da scalo per le materie prime estratte in Sardegna. c - Il trasporto su gomma Le aziende di autotrasporto curano il servizio di trasporto delle materie prime di provenienza locale, ora in minima parte, estratte dalle cave situate nelle province di Modena e Reggio Emilia alle aziende ceramiche; di provenienza nazionali ed estere in arrivo per ferrovia e via mare, dagli scali di Dinazzano e Ravenna e Livorno agli stabilimenti produttivi. Il trasporto delle materie prime viene effettuato seguendo diverse tratte: • dalle cave di argilla locali; • da uno degli scali ferroviari del distretto (Dinazzano, Rubiera, Castelfranco); • da cave localizzate in altre regioni italiane (Calabria, Trentino Alto-Adige). I mezzi impiegati sono autocarri da 15 o da 30 t, che in genere compiono questo tipo di trasporto solamente nella corsa di andata o in quella di ritorno. 265 CAPITOLO SECONDO LA LOGISTICA “IN USCITA” 2.1 Posizionamento dell’attività nella filiera ceramica Il compito fondamentale a cui la logistica “in uscita” assolve - coordinando i flussi di informazioni e di prodotti finiti - è quello di assicurare la disponibilità degli stessi nel tempo, nello spazio e nei volumi richiesti. A tale scopo, la logistica cerca di rendere coerenti la modalità di offerta dei prodotti con le dinamiche di manifestazione delle richieste da parte della clientela. L’azione prodotta dai fattori di cambiamento intervenuti negli ultimi tempi hanno ridotto le imprese ceramiche a rivedere profondamente le proprie politiche di gestione dei flussi di merci e di prodotti finiti sotto la spinta di: • • • la pressione concorrenziale, che ha allargato l’area del recupero di margini di efficienza gestionale anche sul versante logistico l’evoluzione dei mercati, che ha indotto a raccordare meglio la programmazione della produzione alla sempre più frammentata domanda di mercato l’evoluzione delle tecnologie, in particolare dell’informatica a supporto dei flussi logistici (fisici ed informativi) che ha reso possibili soluzioni progettuali prima inaccessibili, potenziando enormemente l’impatto della logistica sulla competitività e sull’economia dell’impresa. Questi fattori di cambiamento, hanno sollecitato le aziende ceramiche ad innalzare il livello di attenzione rivolto alle attività connesse alla logistica in uscita, a valutarne l’impatto sul piano organizzativo e a ricercare un maggiore coordinamento con le altre funzioni aziendali visto l’elevato grado di interrelazione con le stesse (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Logistica “in uscita” come elemento di integrazione tra le funzioni aziendali primarie Produzione Logistica “in uscita” - Pianificazione di lungo periodo - Programmazione a breve - Cicli di lavoro - Progettazione del lay-out - Lanci di produzione - Avanzamento della produzione - Progettazione dei magazzini - Movimentazione dei prodotti finiti - Gestione dei magazzini e depositi - Gestione dei trasporti - Distribuzione - Controllo delle scorte - Analisi dei costi di distribuzione Marketing - Promozione Prezzo Ampiezza della gamma Ricerche di mercato Servizio al cliente Gestione degli ordini Nel settore ceramico, la logistica “in uscita” rappresenta una complessa attività aziendale che si conclude con il trasporto del prodotto finito alla clientela commerciale (Fig. 2.2). L’espletamento di questa attività richiede a monte una corretta gestione degli ordini, che necessita a livello aziendale di adeguati sistemi informativi e infrastrutture strettamente integrati. 266 Figura 2.2 – L’attività logistica “in uscita” nella filiera ceramica Logistica “in entrata” Marketing e vendite Produzione Fonte: Ns. elaborazione Logistica “in uscita” • • • Gestione dei magazzini prodotti finiti Movimentazione interna dei prodotti finiti ai depositi Trasporto dai depositi alla rivendita La consegna del prodotto finito rappresenta una fase aziendale assai delicata data l’esigenza dell’acquirente rivenditore specializzato di materiali edili o importatore/grossista - di ricevere indenne la merce e nel più breve tempo possibile. La natura intrinseca della piastrella, (prodotto povero), impone seri limiti competitivi, in presenza di lunghe distanze da percorrere causa la forte incidenza dei costi di trasporto. La logistica “in uscita” per la natura del prodotto movimentato, trova un forte legame operativo con quella contrapposta “in entrata” proprio nella fase di accorpamento degli ordini e di smistamento finale. Infatti, per ottimizzare lo spazio del carico di trasporto ma soprattutto per minimizzare il relativo costo unitario, diventa prioritario assicurare che la movimentazione sia sempre attiva, o in altri termini, occorre che il mezzo di trasporto non debba mai “girare a vuoto”. Ciò è possibile organizzando a due vie la tratta da effettuare (Fig. 2.3), ovvero il viaggio di andata impegna la logistica sulla consegna della piastrella ceramica all’acquirente, mentre quello di ritorno è focalizzato sulla contropartita fisica al produttore della materia prima, direttamente dalle cave o da intermodalità. Figura 2.3 – Logistica “in entrata” e “in uscita”: relazione operativa nella comune tratta percorsa ANDATA RITORNO Piastrella ceramica Materia prima I cambiamenti intervenuti nel mercato ceramico hanno indotto la maggior parte delle imprese ceramiche a rivedere la propria organizzazione logistica, riconoscendola come una nuova fonte aziendale di vantaggio competitivo. In particolar modo le realtà industriali di maggiore dimensione e, più aperte alla innovazione organizzativa, hanno progettato il sistema logistico ricercando il più elevato grado di coerenza con gli obiettivi strategici d’impresa con l’obiettivo prioritario di rendere massimo il livello di efficienza interna conseguibile. Le attività oggetto della progettazione del sistema logistico hanno interessato: la gestione dei prodotti finiti, (o logistica di produzione): dalla gestione delle scorte alla sistemazione e preparazione nel deposito; la logistica di distribuzione, (o distribuzione fisica): il trasporto del prodotto finito all’acquirente. La prima di queste è affrontata dalle imprese ceramiche con metodi e procedure diverse, mentre la distribuzione finale è invece sempre stata assegnata all’esterno ad operatori specializzati nel trasporto. Da questa impostazione organizzativa ne sono derivate molteplici implicazioni in termini di architettura del sistema logistico che hanno interessato la rete delle infrastrutture (stabilimenti, depositi, loro ubicazione e lay-out), i flussi informativi e procedurali, (trasmissione informazioni, piani di produzione, programmi di distribuzione dei prodotti finiti), le componenti organizzative, (unità funzionali coinvolte direttamente e indirettamente nel sistema logistico). 267 2.2 La gestione interna dei prodotti finiti La gestione dei prodotti finiti è un’attività logistica molto delicata perché le decisioni delle funzioni primarie (produzione e commerciale) si ripercuotono sul funzionamento del magazzino e dei depositi. Se, da un lato, l’attività di programmazione della produzione mira ad armonizzare le richieste del mercato con le potenzialità del sistema produttivo, dall’altra l’esplosione dei cataloghi sospinta dalla continua innovazione dei prodotti, obbligano le aziende ceramiche ad interessarsi in primis di una più efficiente movimentazione degli stessi e dell’ottimizzazione degli spazi a disposizione. L’impossibilità di armonizzare la flessibilità di risposta alla domanda (ordini sempre più piccoli e compositi per referenza di prodotto), con la rigida del processo produttivo che esige lotti minimi di produzione elevati) genera elevate quantità di prodotto invenduto che viene collocato a stock e accatastato all’esterno in attesa di un ordine successivo. Questo ha reso necessario un migliore coordinamento tra la gestione delle scorte e l’area dei depositi allo scopo di diminuire i tempi di ricerca dei prodotti e di evitare di “riprodurre” lotti già presenti a piazzale. La sistemazione di tanti lotti di piccole dimensioni quanti sono gli ordini di diverse caratteristiche comporta la gestione di un deposito esterno che si trova spesso in una situazione di sovraccarico a causa la condizione di “cortocircuito” innescata dalla politica commerciale del rivenditore: azzeramento scorte e trasmissione dell’ordine di acquisto previa vendita del prodotto al cliente. Sorge quindi un crescente fabbisogno di spazio data l’impossibilità di posizionare nelle aree i lotti in posizione “verticale”, poiché di diverso contenuto dimensionale, che vengono disposti al suolo in “orizzontale”. Questo lay-out dei prodotti finiti genera non pochi inconvenienti e disfunzioni sul piano operativo al momento del ritiro della merce, quando il vettore incaricato, che di solito sollecita il carico della merce, si trova invece a tardare la ripartenza causa la forte diversificazione degli ordini e la loro collocazione in punti diversi nell’area di stoccaggio. La presenza, sovente, di un elevato numero di vettori presenti simultaneamente nel deposito, è fonte di condizioni di disagio e inefficienze per la formazione di lunghe code di mezzi in attesa di caricare. L’adozione di sistemi di radiofrequenza2 ha contribuito a lenire il problema, consentendo il sistema una più agevole gestione delle giacenze nei depositi (controllo, riconoscimento, consistenza e localizzazione), favorendo un risparmio dei tempi di ricerca nei piazzali, una migliore gestione degli ordini ed una armonizzazione con i programmi di produzione. Si tratta di una innovazione che è stata introdotta solo dalle grandi imprese ceramiche del distretto, restando la maggioranza delle altre imprese ancorate a sistemi tradizionali di gestione. A capo della funzione è collocato un responsabile logistico che risponde della gestione interna, poi è possibile riscontrare la figura nuova del material manager che presidia appunto la programmazione e la gestione del flusso di tutti i materiali, scorte e prodotti finiti. Accanto a lui può operare a seconda dei casi un ulteriore responsabile che si occupa dei sistemi tecnologici, come la già citata radiofrequenza, cui può spettar anche il controllo dei magazzini. La fase finale di movimentazione dei prodotti, è svolta da squadre di carrellisti più o meno numerose a seconda della dimensione dei magazzini e dei depositi. Essi si occupano della preparazione (picking) del lotto appena sfornato, che avviene accorpando tra loro le merci facenti parte dello stesso ordine, subito pronte per essere caricate sulle palette e parcheggiate temporaneamente nei piazzali esterni in attesa del ritiro finale da parte del vettore previsto. Per gli incarichi e le mansioni appena citate non sono richieste competenze professionali sostenute anche se è indispensabile avere un livello adeguato di conoscenza e riconoscimento tecnico dei prodotti. A conclusione di tutto questo occorre rilevare che nel distretto ceramico si avvantaggia dal punto di vista logistico “in uscita” l’impresa che dispone al proprio interno di ampie infrastrutture a supporto, nelle quali movimentare il meno possibile la merce e possa disporre dei nuovi sistemi tecnologici che consentono la riduzione degli errori e dei tempi morti. 2 Il sistema prevede l’utilizzo di un codice a barre che etichetta ciascun pallet (Unità di Carico), che rende più veloce la ricerca ed il prelievo del prodotto, riduce il traffico nelle aree di stoccaggio ed abbatte i rischi di errore da parte dell’operatore carrellista. 268 2.3 La terziarizzazione del sistema logistico Le aziende ceramiche da sempre hanno affidato all’esterno il trasporto e consegna del prodotto all’acquirente. Fin dai primi anni è invalsa la consuetudine nel settore di affidare questo compito ad un soggetto terzo specializzato e prescelto dall’acquirente. Prende forma nella filiera la figura dell’operatore logistico che funge da anello di congiunzione tra produttore-cliente al quale si affida la gestione complessiva delle attività logistiche: trasporto, gestione degli ordinativi e resi (Fig. 2.4). Per l’azienda ceramica ciò significa ricorrere ad un solo soggetto specializzato che, si assume la responsabilità unica nei confronti del cliente, gestisce la catena logistica di una spedizione provvedendo tutte le operazioni da origine a destino, ma soprattutto riesce a minimizzare il costo totale del trasporto grazie al frazionamento dello stesso su tanti clienti accomunati dalla destinazione finale delle merci. Figura 2.4 – Lo specialista del servizio di trasporto: l’operatore logistico IMPRESA CERAMICA OPERATORE LOGISTICO ACQUIRENTE Fonte: Ns. elaborazione L’irresponsabilità logistica delle aziende ceramiche, senza alcuna distinzione, è proseguita nel tempo sia come rifiuto implicito di farsi carico direttamente di un ulteriore impegno aziendale in termini di gestione e di strutture specifiche, ma allo stesso tempo come decisione consuetudinaria dell’acquirente di occuparsi lui stesso della fase di ritiro della merce. Da qui sono nate e si sono sviluppate imprese che fanno della logistica la propria specializzazione e gestiscono con investimenti e know-how i magazzini, le spedizioni e i trasporti per conto delle imprese di produzione. L’affidamento a terzi, inoltre, è stato rafforzato dal particolare funzionamento interno del settore ceramico, basato sulla modalità di resa “franco-fabbrica” (Tab. 2.1), che lo distingue e lo rende anomalo rispetto alla maggior parte degli altri sistemi industriali. Questa modalità pone a carico del cliente l’onere del ritiro della merce presso il deposito del produttore. Assolvere a questo compito per l’acquirente significa dotarsi di una articolata e dispendiosa struttura logistica che, data la crescente frammentazione degli ordini su una miriade di produttori, avrebbe reso insostenibile una gestione autonoma. Da qui la convenienza dell’acquirente ad affidare il trasporto ad operatori logistici in grado di assolvere a tale prestazioni compito in condizioni di migliore efficacia ed efficienza. Il passaggio dell’attività logistica “in uscita” all’operatore specializzato non dispensa comunque l’impresa produttrice da alcuni compiti di gestione finale del prodotto finito, che in quanto tale e quindi pronto per il mercato, deve essere perlomeno preparato e posizionato al meglio nel proprio deposito in attesa di essere ritirato dal vettore. Occorre precisare che le aziende ceramiche non prevedono all’interno della propria organizzazione aziendale la figura del “responsabile logistico”, di “material manager” le cui mansioni e funzioni sono assolte da “gestori del magazzino” o dal “magazziniere”. A loro spetta il compito di assicurare il regolare funzionamento del magazzino. La gestione e il trasferimento di informazioni e di ordini con il reparto di produzione avviene tramite strumenti informatici che veicolano il flusso di ordini, mentre per la fase di controllo le imprese più innovative si avvalgono di sistemi di radiofrequenza che identificano ciascun pallet con codici a barre. La fase finale di movimentazione dei prodotti è eseguita da squadre di carrellisti, che si occupano della preparazione (picking) del lotto appena sfornato, accorpando tra loro le merci componenti lo stesso ordine, pronte infine per essere caricate sulle palette. In attesa del ritiro finale da parte del vettore assegnato, le merci sono parcheggiate temporaneamente nei piazzali esterni che quindi fungono da aree di transit point. 269 Tabella 2.1 – Resa franco/fabbrica vs franco/destino RESA FRANCO/FABBRICA Nessun onere trasporto Azienda produttrice Sistema dei trasporti nell’organizzazione del Consegna della merce (con mezzi propri o facilmente affidandosi a terzi) Nessun onere e costo per la spedizione Trasferimento dei costi di spedizione sui clienti Il listino clienti è unico, ma il prezzo finale è in funzione della distanza Politiche di prezzo in funzione dei mercati Non è il cliente del trasportatore e …….. non può pretendere qualità nel servizio Elevato potere contrattuale vs. il/i trasportatori Subisce l’arrivo non pianificato dei vettori con grave disagio organizzativo Pianificazione delle partenze dei prodotti finiti ottimizzando i magazzini e i reparti spedizioni Colloquia con un numero trasportatori scelti da altri Interfaccia con uno/pochi selezionati direttamente elevato di trasportatori Non controlla la fase di consegna del prodotto Controllo del ciclo di consegna e offerta di servizi aggiuntivi ai clienti Assenza di un mercato del trasporto del prodotto ceramico (parcellizzazione nelle varie destinazioni) Creazione di un grande mercato concentrato nel distretto Non c’e’ garanzia di continuità Situazione di non concorrenza alimentano la condizione di arretratezza gestionale degli operatori Affollamento di piccoli operatori Scelta del vettore e controllo del costo Clienti RESA FRANCO/DESTINO Acquisizione di grandi clienti e contratti durevoli Creazione dello spazio per la nascita di aziende organizzate e strutturate in grado di realizzare servizi di qualità Contesto favorevole a fenomeni di concentrazione e sfruttamento di “capacità produttive” del trasporto Subiscono la scelta del trasportatore e il costo del trasporto Relazione con un solo trasportatore Diversi trasportatori (al limite uno per ogni azienda fornitrice) Onere di organizzare il trasporto Il trasporto non è un problema, devono solo ordinare il prodotto Per gli incarichi e le mansioni appena citate non sono richieste competenze professionali “elevate” mentre è indispensabile una certa conoscenza tecnica e capacità di riconoscimento dei prodotti. La frammentazione degli ordini è amplificata anche dall’esplosione di ciascun portafoglio-prodotti aziendale3 nonché dall’esigua quantità richiesta dal mercato (cliente finale), che combinati generano un continuo traffico di stoccaggio nel magazzino. Per questo è raro che ogni lotto prodotto sia assorbito interamente, bensì solo il volume richiesto e venduto è trattenuto sul pallet in preparazione, mentre il resto finisce per essere pallettizzato provvisoriamente ed accatastato all’esterno come surplus: Ne derivano continue operazioni di “apertura e chiusura” dei pallet in aggiunta agli imprevisti “ordini e riordini” nei casi di errori. Da una parte questo significa sistemare tanti lotti di piccole dimensioni quanti sono gli ordini di diverse caratteristiche, dall’altra occorre gestire un deposito esterno che si trova spesso in una situazione di sovraccarico a causa del sopraccitato “cortocircuito” che si verifica tra produttore e cliente finale, per la decisione del distributore di non fare più scorta ma di trasmettere all’azienda l’ordine del suo cliente. Il fabbisogno di spazi lievita progressivamente, non essendo possibile posizionare i lotti in “verticale” perché spesso di diversa base e contenuto dimensionale, cosicché la via obbligata diventa quella della disposizione del prodotto in “orizzontale”. Così una referenza di un solo colore può essere realizzata in 5-6 formati, 2- superfici, 2-3 calibri, 1a-2a-3° scelta. A sua volta ogni serie di prodotto può essere composta da 4-5 colori. 3 270 La conseguenza di tali ostacoli operativi pone non pochi inconvenienti al momento del ritiro della merce, ovvero quando il vettore incaricato, che di solito sollecita il carico della merce, si trova invece a tardare la ripartenza proprio perché la forte diversificazione degli ordini significa la sistemazione degli stessi in punti diversi nell’area di stoccaggio4. Il problema si dilata in misura ulteriore quando si accresce il numero di vettori simultaneamente nel deposito, provocando disagi e la formazione di lunghe code a catena5. Si tratta di tendenze che nel corso degli ultimi anni si sono accentuate in misura significativa a seguito della frammentazione degli ordini unita all’esplosione del portafoglio-prodotti che hanno generato un vistoso peggioramento nei tempi necessari al ritiro delle merci nei magazzini, accresciuto il numero delle “prese” presso le diverse aziende ceramiche provocando una congestione della rete viaria sul territorio. La conclusione di tutto questo è che nel settore ceramico si avvantaggia dal punto di vista organizzativo l’impresa che dispone anche di vasti piazzali esterni nei quali movimentare il meno possibile la merce, il che equivale a gestire in modo più efficiente ed efficace la grande varietà di prodotti, di lotti produttivi ed allo stesso tempo il traffico logistico che ne deriva. Se la modalità di resa “franco-fabbrica” non risulta criticata dalla filiera rispetto a quella di “franco-destino” (produttori, acquirenti e operatori logistici ritengono che il diverso assoggettamento della fatturazione del trasporto non comporterebbe maggiori vantaggi al sistema), non si può certo dire che sia sorretta da una efficiente dotazione di infrastrutture alla mobilità delle merci: aree di smistamento e groupage dei prodotti, aree attrezzate di sosta e di servizi per i mezzi di trasporto e conducenti, viabilità locale,… Non va meglio la situazione sul piano dell’approntamento (anche in via sperimentale) di forme di disciplina volte a muovere i flussi di mobilità all’interno di certi percorsi, fasce orarie, favorendo certi mezzi di trasporto e scoraggiandone altri, e così via. La via della terziarizzazione della logistica all’operatore indipendente, tuttavia, appare ancora oggi una modalità approvata da tutto il sistema: per i produttori ceramici significa astenersi da un impegno, ritenuto efficientemente assolto dagli specialisti. Tuttavia una maggiore attenzione da parte degli stessi produttori alle problematiche connesse alla movimentazione del prodotto ed un atteggiamento più aperto a forme di collaborazione con le aziende di trasporto potrebbero contribuire a migliorare l’organizzazione dell’attività. La maggior parte degli operatori logistici è formata infatti da imprese di piccole dimensioni, cresciute in modo spontaneo, con sistemi di gestione improntati a scarsa managerialità, che tuttavia intravedono nell’evoluzione delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni una grandissima opportunità di crescita, che richiede allo stesso tempo una nuova capacità di riprogettare e reinventare processi e sistemi operativi provando, così, a superare anche l’attuale modus operandi. Lo snodo cruciale risiederebbe proprio nella realizzazione di forme di integrazione tra sistemi di operatività diversi e “confinanti” quali la logistica stessa, la produzione, la distribuzione. 2.4 L’esclusiva del trasporto su gomma: vantaggi e limiti operativi Nel distretto ceramico di Sassuolo l’attività logistica “in uscita” si basa pressoché interamente sul mezzo di trasporto su gomma (Fig. 2.5). Ciò è dovuto sia alla mancanza di alternative logistiche efficienti (il trasporto su treno permetterebbe di ridurre i costi e il traffico su strada, ma è poco sviluppato) sia ad una serie di vantaggi che rendono l’autotrasporto funzionale e più adatto ai bisogni del mercato ceramico. Figura 2.5 – L’esclusiva del trasporto su gomma nel distretto ceramico Impresa ceramica Rivenditore/Grossista 4 Si consideri che a volte il cartellista deve percorrere tratti di 800-900 metri per raggiungere la merce da caricare. E da qui la dilatazione dei tempi di carico. 5 E’ abituale che nella aziende ceramiche – specie in quelle di maggiore dimensione - convergano ogni giorno 130-150 autocarri per il ritiro di merce. Si intuisce la dimensione del fabbisogno di spazio per piazzole di carico, area di parcheggio autocarri, aree di movimentazione merci. Anche le imprese meglio dotate (per spazi, flotta di carrellisti, sistemi informativi), faticano a tenere sotto controllo l’insieme di attività della logistica in uscita. 271 Il trasporto su gomma utilizza veicoli con unità di carico standardizzati e specializzati nella spedizione di grandi quantitativi di merce: tipicamente l’entità del carico completo di una spedizione si aggira intorno alle 30 tonnellate come da norma in Italia, mentre in alcuni paesi esteri le regolamentazioni locali possono imporre quantità differenti, anche inferiori. Nel distretto sono più frequenti gli operatori dotati di autocarri monoveicolari (Fig. 2.6a), rispetto a quelli che utilizzano soluzioni intermodali con carico e scarico del container standardizzato (Fig. 2.6b). Figura 2.6 – Tipologie di trasporto su gomma: l’autoveicolo e la soluzione intermodale Questo significa che nel distretto ceramico gran parte delle tratte compiute prevede il servizio diretto di trasporto, di tipo point-to-point, cioè dal deposito del produttore al magazzino dell’acquirente, senza ulteriori sistemi logistici intermedi (Fig. 2.7). Figura 2.7 – La particolare tratta point-to-point Deposito produttore Operatore logistico Punto vendita/sala mostra Fino alla fine degli anni ’80, il rapporto che legava il produttore ceramico e l’acquirente era di tipo “esclusivo”, nel senso che ciascun cliente si fidelizzava attorno ad un unico partner che riforniva il punto vendita solamente con il proprio catalogo. Ciò significava organizzare più facilmente il trasporto perché il carico si esauriva su pochi clienti, ciascuno dei quali richiedeva grandi quantità di merce per alimentare il magazzino ed assicurare un livello minimo di scorte. Dagli anni ‘90 in poi il mercato della rivendita richiede volumi di merce misurati al livello dei singoli ordini, e la forte frammentazione che ne deriva dimostra la caduta della relazione negoziale precedente a favore di quella “plurimarca”: ad oggi quindi il valore economico medio di un carico completo è difficile da stimare proprio perché è varia la merce trasportata a causa delle numerose caratteristiche fisiche ed estetiche presenti sul mercato, ma di sicuro oltre il 50% delle partite in spedizione non raggiunge le dimensioni di un pallet e poco più del 70% risulta inferiore a tre. E ciò riporta ai problemi già sollevati in precedenza: allungamento dei tempi di ritiro della merce, moltiplicazione delle prese, congestione rete viaria, inquinamento etcc. La disponibilità di mezzi di trasporto più veloci rispetto al passato non ha certamente rimosso questi deficit e disfunzionalità del sistema di movimentazione del prodotto ceramico. 272 Ad acuire in misura ulteriore il problema – oltre alla movimentazione del prodotto in uscita – concorrono: • la sempre più diffusa integrazione di diverse aziende ceramiche derivante da operazioni di acquisizione e fusione. Se da un lato ciò ha portato benefici sul piano della razionalizzazione produttiva (specializzazione impianti, innalzamento lotti di produzione), allo stesso tempo ha finito per generare una rilevante movimentazione interna di merci tra le aziende stesse. • il forte sviluppo di attività in c/t lavorazione che le aziende ceramiche affidano all’estro ad aziende specializzate: taglio, levigatura, lappatura,…Anche questa esternalizzazione genera grande movimentazione in uscita-entrata tra le aziende ceramiche del distretto, movimentazioni che non può che avvenire su gomma. Si calcola che ogni giorno oltre 5.000 mezzi per trasporto merci entrino ed escano dall’area della ceramica, mentre si stimano in circa 15.000 le operazioni di ritiro/consegna interne allo stessa. Infine, il ruolo di transit point assunto “involontariamente” da Sassuolo a favore di tutta l’industria ceramica nazionale ed in parte anche europea. A seguito della frammentazione degli ordini che rende diseconomico per i clienti il prelievo di così piccole partite da una singola azienda produttrice, la maggioranza delle imprese ovunque situate sul territorio italiano ha trovato conveniente spedire i propri prodotti finiti presso depositi e magazzini situati all’interno dell’area ceramica di Sassuolo, sfruttando in questo modo i giri di raccolta che i loro clienti effettuano comunque periodicamente nel distretto. Ciò ha fatto sì che grandi quantitativi di piastrelle ceramiche, che pure non vengono prodotte nel distretto ceramico, finiscano per gravitare dal punto di vista logistico sulle infrastrutture del comprensorio, gravando ulteriormente sulla già precaria rete infrastrutturale presente sul territorio. Dinanzi a questa serie di problemi, il trasporto su gomma ha però il vantaggio di essere di tipo “point-to-point”, ossia giunge direttamente al destinatario senza l’impiego di scarichi intermedi, garantisce quindi un servizio capillare al produttore ceramico. A differenza del treno, perciò, i veicoli raggiungono qualsiasi punto del distretto, assicurando consegne puntuali e con tempistiche relativamente basse; da ciò emerge la maggiore flessibilità di questi mezzi che si traduce in una migliore capacità di adattamento alle richieste della clientela (Tab. 2.2). Tabella 2.2 – Principali vantaggi e limiti dell’autotrasporto PUNTI DI FORZA CRITICITA’ Elevati costi sociali (danni alla salute della collettività) Inquinamento atmosferico ed acustico Frazionamento del costo del trasporto tra più clienti Guida del mezzo limitata a 9-10 ore al giorno Flessibilità operativa Prezzo del servizio dipendente dal costo del carburante Rapidità e capillarità del servizio Alti livelli di congestione del traffico stradale con diminuzione dell’efficienza viaria Sistema di offerta concorrenziale Ripercussioni sulla competitività del distretto ceramico Fonte. Ns. elaborazione 273 Ai punti di forza si oppongono infine altre criticità che, gravano sull’intero ambiente socio-economico: a) un livello di circolazione insostenibile, dove le infrastrutture stradali, malgrado le opere di ampliamento in corso, risultano tuttora inadeguate, b) un calo di efficienza dell’intero sistema ceramico: imprese produttrici di piastrelle ed imprese delle attività manifatturiere e di servizi ad essa collegate. Inoltre la funzionalità del trasporto è limitata anche dalla legge che impone nel tempo di 9-10 ore al giorno il limite massimo di conduzione del mezzo e l’impiego di un autista aggiuntivo al fianco è un costo addizionale assolutamente sconveniente. Il fattore senza dubbio più penalizzante da considerare nel costo totale del trasporto è il carburante e la dinamica del prezzo è un vincolo per tutto il sistema logistico su gomma. Si calcola che per ogni chilometro di viaggio percorso, il costo sostenuto dall’operatore logistico si attesta sull’euro circa, e da qui, la convenienza ad organizzare tratte più lunghe, in quanto consentono di frazionare la spesa del servizio su una domanda più ampia. Il problema è amplificato, infine, anche dall’avversione ad utilizzare mezzi diversi per fare uscire i prodotti dagli stabilimenti. Data la conformazione del distretto e la dislocazione delle aziende, la modalità su gomma risulta quella più facile agli operatori logistici, a differenza del recente e trascurato scalo ferroviario attivato per assicurare risparmi energetici e riduzioni del traffico su strada. 274 CAPITOLO TERZO GLI ATTORI DEL SISTEMA LOGISTICO 3.1 Profilo organizzativo dell’operatore logistico La maggior parte degli operatori logistici fa la sua apparizione nell’area ceramica di Sassuolo già dagli anni ’60: la terziarizzazione dell’attività di movimentazione materie prime e prodotti finiti ceramici non è quindi un fenomeno recente. La maggior parte di questi operatori esercitava già una attività trasportistica dedicandosi quasi esclusivamente al trasporto di beni di largo consumo, su tutti il legname, impegnando all’andata i vecchi barrocciai delle colline nella distribuzione alla pianura, in cambio di prodotti agrari al ritorno. In seguito la disponibilità e la maggiore convenienza di altre forme di energia per il riscaldamento, insieme al crescente boom ceramico degli anni ‘60, spinsero i carrettieri ad abbandonare il carro per fare posto all’autocarro, costituire le prime società di spedizione, intensificare i contatti con i produttori e gli acquirenti locali, ai quali offrire il trasporto delle materie prime e dei prodotti finiti. Era nata l’attività su scala industriale dell’autotrasporto. Nel corso del tempo, questi trasportatori assumono la veste di “operatori logistici”: l’attività assume una impronta aziendale, la flotta dei mezzi si espande e la dotazione di supporti tecnologici si arricchisce. La classe imprenditoriale di norma si è formata dal basso. L’imprenditore di oggi ha ricoperto in passato il ruolo di autista e frequente è il passaggio in via generazionale dell’attività di padre in figlio. La figura dell’operatore logistico non è da confondere con quella dell’intermediario, poco presente nel distretto: un operatore che non disponendo di una propria flotta di mezzi di trasporto si occupa solo della raccolta e gestione degli ordini, che vengono trasmessi agli spedizionieri (Fig. 3.1). Al contrario, l’operatore logistico si propone alle aziende ceramiche come gestore di una parte rilevante del loro processo distributivo, provvede tutte le operazioni da origine a destino e funge da raccordo con l’acquirente distributore (Fig. 3.2). Figura 3.1 – L’intermediario logistico O. L. Intermediario Cliente O. L. O. L. Figura 3.2 – La logistica integrata Operatore logistico Produttore Flusso materiali Acquirente distributore flusso di informazioni 275 Il passaggio dal trasporto di legname a quello della piastrella, ha comportato una revisione profonda dell’attività in termini di struttura organizzativa, di dotazione di mezzi di trasporto e di offerta di servizi alla clientela. Questa trasformazione è avvenuta inoltre, di pari passo alla ricerca di sempre migliori condizioni di efficacia e di efficienza di erogazione del servizio in un contesto di crescente complessità: esigenze sempre più specifiche dalla clientela, elevati costi in termini energetici ed ambientali, necessità di adeguamento dei mezzi di trasporto e dei supporti tecnici, normative più restrittive e vincolanti. La centralità del costo del servizio e la necessità di maggiore flessibilità nelle spedizioni hanno contribuito quindi a trasformare il mero spostamento della merce in un “prodotto trasporto” complesso, legato sempre più all’esigenza di far quadrare i grandi volumi di merce in circolazione con l’alto costo del trasporto in termini energetici ed ambientali, trasferendo l’enfasi sui trasporti intermodali, sulle restrizioni al traffico nei tratti urbani e sulla ricerca di veicoli speciali meno inquinanti. Per affrontare le richieste difficoltose e garantire servizi migliori, le imprese di trasporto più innovative si sono dotate di strumenti di gestione tali da consentire una logistica più organizzata, in grado di correlarsi con minori difficoltà ad un numero di soggetti diversi (mittenti e destinatari, colleghi/concorrenti, sistemi intermodali) ed in grado di fornire certificazioni di qualità dei servizi offerti in termini di tempi di consegna, informazioni durante il trasporto, possibilità di scambio dei colli, protezione e copertura assicurativa rispetto a furti, rischi, incidenti. Per quanto riguarda l’attività sul piano operativo - ad esclusione delle operazioni di ritiro e consegna svolte all’esterno del perimetro della sede aziendale - le aziende di trasporto del distretto di Sassuolo provvedono ad effettuare le operazioni o fasi intermedie del processo logistico: raccolta degli ordini, stoccaggio e preparazione delle merci (Fig. 3.3). Figura 3.3 – L’attività di stoccaggio e preparazione degli ordini (picking) Stoccaggio esempio di Groupage Firenze Napoli Estero All’espletamento della prima fase (raccolta ordini) si dedica uno staff di personale variamente strutturato in base alla dimensione aziendale. In linea generale una tipica impresa di spedizione del distretto ceramico vede una divisione del lavoro così articolata: - Imprenditore, che dirigere l’azienda, promuove e fidelizza i rapporti con la clientela - Impiegati amministrativi, che si occupano della fatturazione e delle pratiche burocratiche - Responsabili di zona, che si ridistribuiscono la clientela in base alla localizzazione geografica, ed hanno il compito di ricevere gli ordini e di trasmetterli al/i responsabile/i di accorpamento - Responsabile/i di accorpamento, che raggruppa/no gli ordini da consegnare in base ad una destinazione geografica comune L’attività di scarico e preparazione invece è eseguita nei piazzali circostanti l’impresa con superfici diverse a seconda dell’estensione della flotta dei mezzi in dotazione, siano essi di proprietà e di terzi, questi ultimi solitamente minoritari. Le due fasi intermedie sono eseguite dai: 276 - Carrellisti, addetti alla movimentazione e al carico dei i materiali. - Vettori, ovvero gli autisti che infine provvedono al trasporto ed alla consegna della merce a destinazione. Per quanto riguarda il distretto di Sassuolo il settore dell’autotrasporto è composto in netta prevalenza da aziende di piccole dimensioni, a conduzione familiare e con assetti organizzativi semplici e una limitata dotazione finanziaria: la flotta di mezzi in media non supera la decina di unità e solo nelle poche realtà aziendali dimensionate può raggiungere il numero di 100 veicoli (Tab. 3.1). Tabella 3.1 – Le caratteristiche del sistema logistico di Sassuolo Nascita del settore 1960 (sull’onda dello sviluppo del settore ceramico locale) Numero di aziende ± 100 Profilo di impresa Piccola-media dimensione Numero medio di dipendenti ± 20 Conduzione d’azienda prevalente Familiare Integrazioni strategiche nel settore Inesistenti (sia a livello verticale che orizzontale) Strategia di mercato prevalente Specializzazione (dipendenza) al settore ceramico Tipologie di merci movimentate Materie prime (andata) e prodotto finito (ritorno) Approccio al mercato Area di presidio/tratta di competenza Modalità di trasporto prevalente Su gomma Dimensione media della flotta Dai ± 10 (piccole) ai 100 veicoli (medie imprese) Appartenenza della flotta Prevalentemente di proprietà Strutture logistiche a supporto Area deposito e groupage Numero ordini evasi per carico Variabile da 3-4 ad oltre 20 ordini Numero medio di clienti 1.000-6.000 contatti (a seconda della dimensione aziendale) Valore economico medio del carico completo Da 5.000 ai 60.000-70.000 Euro (in base alla composizione della merce movimentata) Fonte: Ns. elaborazione Poche le realtà aziendali che si discostano da questo profilo organizzativo e che hanno intrapreso un percorso di emancipazione sia sul piano dimensionale che di articolazione organizzativa, profilo di competenze e supporti tecnologici. Ogni impresa - in un contesto di crescente affollamento competitivo – ha cercato un proprio modus operandi (tipologia di merci movimentate, tratte, bacino di utenza) per poter convivere in un contesto di diffusa frammentazione e di forte dipendenza dalla domanda ceramica: condizioni che tengono alta la tensione concorrenziale. A sedare il clima del confronto concorrono, però, anche diversi elementi (profilo strutturale e di competenza, specializzazione per area geografica, legame con la clientela). Ciò fa si che nel corso del tempo si siano formati tanti mercati, con propri attori, e ambiti di competenza. Questo è visibile, ad esempio, osservando le tratte operative di competenza, sul piano geografico. Gli operatori inoltre dispongono - in misura molto differenziata di infrastrutture logistiche a supporto dell’attività svolta, sia in termini di aree di deposito mezzi sia di aree di groupage. Ne discende che la struttura organizzativa aziendale nelle piccole imprese si regge su circa 20 addetti (personale impiegatizio e vettori), fino ad arrivare oltre quota cento addetti nelle realtà aziendali maggiori. Analogamente anche il portafoglio clienti si presenta diversificato oscillando tra il centinaio di contatti fino a superare il limite delle migliaia. Per quanto riguarda la conduzione dell’attività non si registrano all’interno del distretto episodi di integrazioni verticali tra produttore ceramico ed operatore logistico, rimarcando ancora una volta il forte focus degli imprenditori ceramici al coree business delle piastrelle. 277 La forte contiguità e densità di operatori logistici con profili operativi diversi, crea spazi anche per forme di cooperazione e di ricerca di sinergie operative: succede così le imprese più grandi terziarizzino a subvettori e altri piccoli spedizionieri la domanda in eccesso alla propria flotta in dotazione. 3.2 Il funzionamento del sistema La modalità di resa “franco-fabbrica” influenza notevolmente il funzionamento logistico del sistema ceramico. Questa modalità organizzativa, come più volte ribadito, prevede che sia l’acquirente (distributore, rivenditore, grossista) ad occuparsi del ritiro della merce presso il magazzino/deposito del produttore, affidandone il compito ad un terzo soggetto, l’impresa logistica. Fino agli anni ’80 l’organizzazione e la movimentazione dei prodotti finiti non creava particolari problemi operativi agli operatori logistici, i quali movimentavano volumi consistenti a fronte di ordinativi di emessi dai rivenditori, che non rinunciavano a generare le scorte in eccesso nei propri magazzini. Questo contesto muta significativamente a partire dai primi anni ’90 per il generarsi di una serie fattori di cambiamento: • • • • Ampliamento e sofisticazione della gamma dei prodotti. L’innalzamento del clima competitivo e lo spostamento del confronto sulla differenziazione dell’offerta di prodotto ha portato le aziende a “gonfiare” i cataloghi e ad ampliare a dismisura la gamma: articoli, varianti (toni, colori, calibro, misura), pezzi speciali, corredi,… L’ampliamento della gamma ha prodotto una serie di implicazioni limitate non solo all’area logistica, ma più in generale sulla produzione, sulla gestione delle score e si crescenti fabbisogni di spazi. Accorciamento del ciclo di vita dei prodotti. La politica di marketing di molte aziende del settore ha gradualmente trasformato la piastrella ceramica in un “prodotto-moda” che, specialmente sulla fascia alta, ha necessità di continui rinnovamenti. Nuove proposte, nuove linee, nuovi materiali si sono inseguiti con ritmi e cadenze sempre più veloci con la conseguenza di una rapida obsolescenza dei prodotti a listino. Riduzione delle scorte da parte dei clienti. Il rivenditore - ad eccezione di rivenditori di grandi dimensioni o catene di grossisti all’estero - ha progressivamente ridotto le proprie scorte, fino quasi ad annullarle: rinuncia al lancio di ordini “al buio”,” azzeramento scorte per produzioni molto frammentate e a rischio di obsolescenza e procede con l’emissione di ordini “sul venduto”. Proliferazione degli ordini e riduzione della quantità. Il rivenditore, non facendo scorte, nella maggioranza dei casi trasmette all’azienda ceramica l’ordine così come lo raccoglie dal cliente finale. Pertanto le aziende ceramiche devono far fronte a un numero sempre crescente di piccoli ordini e a gestire tutte le complessità che a cascata si riversano fino alla programmazione della produzione. Questa evoluzione ha prodotto conseguenze anche sul fronte del sistema dei trasporti. Poiché nel settore ceramico è il cliente che gestisce e organizza il ritiro del prodotto ordinato, la frammentazione degli ordini ha portato alla esplosione del numero delle “prese” per riuscire ad allestire un carico completo, al conseguente aumento dei tragitti degli automezzi costretti a peregrinare tra le aziende del distretto prima di partire per la destinazione finale. Ne discendono, all’interno del distretto, molteplici percorsi ridondanti che contribuiscono in maniera non irrilevante ad incrementare le criticità del traffico. L’iter logistico prevede una sequenza di fasi e passaggi così sintetizzabili (Fig. 3.4): l’acquirente intermediario commerciale sceglie il vettore delegato al trasporto del prodotto e lo comunica nell’ordine al produttore ceramico (1), una volta che il materiale è pronto per la consegna l’impresa ceramica ne sollecita l’immediato ritiro al vettore (2), il quale transita nel piazzale e carica la merce sull’automezzo (3). Il sistema termina con il pagamento del servizio, il cui prezzo varia a seconda del peso della merce movimentata (4). Figura 3.4 – Iter logistico nel sistema ceramico 2 1 Produttore ceramico Acquirente intermediario Operatore logistico 4 3 278 Solitamente tra acquirente ed operatore logistico si sviluppa un rapporto di lunga durata, che rende più fluida la relazione, migliora lo standard della prestazione e genera benefici anche di natura economica per entrambi le parti. Così la clientela estera si avvale di vettori esteri e la clientela nazionale si rivolge a vettori nazionali, compresi quelli localizzati nel distretto. Gli operatori logistici del distretto hanno progressivamente adattato il proprio core business alle mutevoli esigenze di mercato, prima focalizzandosi nel trasporto di beni di largo consumo poi sui prodotti ceramici, mentre nei prossimi anni si prevede una maggiore diversificazione dell’offerta per non dipendere esclusivamente dall’unico settore servito (Tab. 3.2). Tabella 3.2 – Evoluzione del core business logistico 1960 - 2000 1960 Legname, prodotti agrari Piastrelle, materie prime 2000 Piastrelle, materie prime, abbigliamento, alimentari e rifiuti Fonte: Ns. elaborazione In oltre 50 anni di attività al servizio ceramico le imprese di trasporto si sono sviluppate costantemente e in modo autonomo e hanno migliorato l’organizzazione e l’offerta del servizio sotto il: • • profilo materiale, in termini di capacità di movimentazione in tutte le sue fasi (ritiro, stoccaggio, preparazione, deposito, carico e trasporto finale) e di dotazione di strutture (superfici, depositi, spazi coperti e non per l’attività di groupage). profilo immateriale, in termini di capacità di gestione del servizio (correttezza, velocità e garanzia di consegna delle merci). Non tutte le aziende logistiche però offrono uno stesso sistema di offerta. All’interno della variegata realtà settoriale, convivono situazioni molto differenziate in termini strutturali, aree di specializzazione merceologica e geografica (Tab. 3.3). In sintesi il settore della logistica all’interno dell’area ceramica presenta tratti di elevata frammentazione che genera forti pressioni concorrenziali che data la forte omogeneità del livello di offerta e di servizi fanno del prezzo la variabile di confronto tra gli operatori (Tab. 3.4). Tabella 3.3 – I diversi livelli di offerta Serie (vecchia vs ultima generazione) Sistema di trasporto (prevalentemente su gomma, intermodale) Flotta, in termini di Veicoli su gomma (autotreni, autoarticolati, motrici, autocarri, furgoni) Capienza veicoli (dai pochi quintali assicurati dai furgoni fino alle 30 tonnellate massime consentite degli autotreni ed autoarticolati) Tratta di competenza Nord/centro/sud Italia, Estero Tipologie di merci trasportate Ceramica (materie prime e prodotto finito), abbigliamento, alimentari, arredamento, rifiuti, materiali speciali e pericolosi Tempi di consegna Nazionale (± 12 ore), Internazionale (24 - 72 ore) Infrastrutture logistiche a supporto Fonte: Ns. elaborazione Deposito mezzi e merci (coperto e non), area di groupage 279 Tabella 3.4 – Le caratteristiche del settore logistico CARATTERISTICA DESCRIZIONE Struttura dell’offerta Grande frammentazione, pochi operatori di dimensione medio-piccola Struttura della domanda Frammentazione della clientela Variabile concorrenziale chiave Prezzo Fattore critico di successo Rete di rapporti “mittenti-destinatari” Fattore vincolante Prezzo del carburante Risorsa aziendale critica Flotta (estensione e diversificazione) Entità del carico massimo consentito 30 tonnellate Elementi qualitativi del servizio Velocità, sicurezza, intermodalità Costo unitario del trasporto (al Km) Fonte: Ns. elaborazione ± 1 Euro 3.3 Le performance economico-finanziarie delle imprese di trasporto I lineamenti del comparto e i tratti firm specific sul piano strategico ed operativo si riflettono anche sul terreno dei risultati economici conseguiti dalle imprese stesse oltre che a qualificarne in misura ulteriore il loro profilo. Le evidenze qui di seguito proposte sono estratte dall’analisi dei bilanci di un piccolo campione di 10 imprese di autotrasporto del distretto ceramico relativamente al periodo 2000-2004. La lettura che si propone è a livello di aggregato e mira a fornire qualche elemento conoscitivo sulle dinamiche dei risultati economici ed ancor più sulla struttura dei costi e del loro assetto patrimoniale e finanziario. Osservando il conto economico si coglie una certa “regolarità” della struttura dei costi e dei ricavi nel tempo, e ciò sottolinea come il funzionamento del sistema abbia raggiunto una fase di stabilizzazione (Tab. 3.5). Tabella 3.5 - Campione di 10 imprese di autotrasporto: conto economico. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali Conto Economico 2000 Ricavi delle vendite 48.955,66 % 2001 % 48.270,49 2002 % 52.175,93 2003 % 56.613,99 2004 % 58.061,14 Valore della produzione 50.404,83 100 50.243,26 100 53.901,67 100 58.314,03 100 59.919,38 100 Materie prime e consumo 5.605,21 5.087,71 4.950,82 5.347,40 5.956,94 32.350,19 31.634,05 35.162,29 38.925,11 38.359,48 Godimento di beni di terzi 2.513,00 2.613,56 2.510,37 2.896,93 3.245,61 Valore aggiunto 9.257,57 18,4 10.135,14 20,2 10.583,15 19,6 10.492,11 18,0 11.459,63 19,1 Totale costi del personale 6.685,10 Servizi Margine operativo lordo -MOL Ammortamenti e svalutazioni 2.572,47 7.132,22 5,1 1.345,42 3.002,92 7.500,56 6,0 1.641,14 2,4 1.351,82 3.082,59 7.898,27 5,7 1.405,92 2,7 4,4 1.291,05 3,1 4,8 1.305,35 1.215,98 Proventi e oneri Risultato prima delle imposte -441,57 770,07 1,5 584,24 1,2 1.002,76 1,9 815,05 1,4 1.358,70 2,3 Utile perdita di esercizio 120,694 0,2 -57,79 -0,1 434,83 0,8 309,95 0,5 720,15 1,2 -663,23 Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazione 280 1.290,73 2.866,93 Risultato operativo -767,58 1.665,99 2.593,84 8.592,69 2,2 -475,68 1.547,43 2,6 -188,734 La crescita di queste imprese è apparsa lenta ed in recupero solo nella parte finale del periodo. Pesano gli ingenti costi di produzione (su tutti quello del carburante) e del lavoro che comprimono la capacità di generare valore aggiunto e di margine operativo. La gestione, segnala, quindi scarsa propensione dell’attività di queste imprese a generare reddito: l’utile d’esercizio (media dei 5 anni) e pari allo 0,5% dei ricavi. Un percorso intrapreso dalle imprese per alleggerire la struttura dei costi e “fare quadrare i conti” è quello del ricorso alla committenza e cioè la “deviazione” degli ordinativi a vettori più competitivi, al fine di minimizzare i propri costi di gestione. Questo orientamento è ben segnalato dalla dinamica del costo “per servizi”, la cui incidenza sul valore della produzione non scende mai sotto il 65% . In conclusione la crescita che il settore ha realizzato va ascritta alle poche grandi imprese del settore, che per le superiori risorse e migliori condizioni interne riescono più di altre a minimizzare i costi, finendo così per trainare le commesse degli altri operatori circostanti. Dall’esame della struttura patrimoniale e finanziaria emerge in misura netta la fisionomia della dotazione di asset che le imprese attivano per svolgere la loro attività (Tab. 3.6). Le attività sono rappresentate per lo più dalle immobilizzazioni materiali (gli automezzi) e i crediti. Le imprese sostengono il loro sforzo investitorio esibendo una limitata capacità di apporto di capitale proprio ed una forte esposizione a capitali di terzi. Si conferma il ricorso alla committenza che si trascina sul livello dei debiti, giustificando l’onere del servizio di trasporto consegnato a terzi. Tabella 3.6 – Campione di 10 imprese di autotrasporto: stato patrimoniale. Valori assoluti in migliaia di euro e percentuali Stato Patrimoniale Attivo 2000 % 2001 % 2002 % 2003 % 2004 Immobilizzazioni immateriali 2.187,13 1.681,20 1.311,10 836,28 591,77 Immobilizzazioni materiali 5.942,67 5.692,35 4.910,77 5.055,66 6.584,69 870,14 1.391,21 4.117,31 4.200,04 4.959,03 Immobilizzazioni finanziarie % Totale immobilizzazioni 8.999,94 27,87 8.764,76 29,84 10.339,18 31,51 10.091,99 29,98 12.135,49 33,71 Liquidità immediate 874.318 1475.38 1.787,44 2.126,79 2.442,5 Liquidità differite 22.104,57 18.846,01 20.367,40 21.114,39 21.098,79 314,15 281,89 313,20 325,94 317,74 Disponibilità Totale Capitale circolante 23.293,04 72,13 20.603,28 70,16 22.468,04 68,49 23.567,12 70,02 23.859,03 66,29 TOT ATTIVO 32.292,97 100 29.368,04 100 32.807,22 100 33.659,10 100 35.994,52 Debiti a breve termine 21.886,52 19.860,82 20.225,02 22.161,90 23.196,49 Debiti a lungo termine 2.344,38 598,33 2.896,92 2.058,00 2.444,18 Totale Debiti 100 24.230,90 75,03 20.459,15 69,66 23.121,94 70,48 24.219,90 71,96 25.640,67 71,23 Fondi e rischi 302,343 442,022 692,909 342,67 169,982 TFR 1.550,93 1.686,74 1.868,97 1.688,51 1.818,59 Patrimonio netto 6.208,80 19,23 6.780,13 23,09 7.123,40 21,71 7.408,02 22,01 8.043,40 22,35 TOTALE PASSIVO 32.292,97 100 29.368,04 Fonti: Banca Dati AIDA e Ns. elaborazione 100 32.807,22 281 100 33.659,10 100 35.994,52 100 Infine – a completamento del quadro conoscitivo – alcuni indicatori di redditività e di produttività dei fattori (Tab. 3.7). In generale tutti gli indicatori di redditività confermano una scarsa propensione dell’attività, degli investimenti e delle vendite a generare ricchezza. Gli ultimi miglioramenti del Roe sono prodotti da un piccolo gruppo di imprese che ha alterato vistosamente il risultato aggregato. Il motivo va ricercato nella forte incidenza dei costi di produzione che comprime fortemente i risultati. Si coglie infine un contributo cedente del fattore umano alla generazione di fatturato e valore aggiunto. Di quest’ultimo oltre il 75% è destinato alla remunerazione del personale all’interno del quale rivestono un peso fondamentale gli autisti e conduttori dei mezzi di trasporto. I margini per remunerare gli altri fattori produttivi ed alimentare il processo di accumulazione risultano, di conseguenza, particolarmente ristretti. Tabella 3.7 – Campione di 10 imprese di autotrasporto: alcuni indicatori di performance economica 2000 2001 2002 2003 2004 Redditività capitale netto - ROE (%) 1,9 -0,8 6 4,1 8,9 Redditività capitale investito ROI (%) 3,7 4,6 5 3,8 4,3 Redditività delle vendite ROS (%) 2,5 2,8 3,2 2,3 2,7 Ricavi pro-capite (migliaia di Euro) 283 252 262 263 258 Valore aggiunto pro-capite (migliaia di Euro) 54 53 53 49 51 Costo del lavoro pro-capite (migliaia di Euro) Fonti: Banca Dati AIDA e Ns elaborazioni 39 37 38 37 38 282 CAPITOLO QUARTO SISTEMA LOGISTICO E INFRASTRUTTURE 4.1 I limiti del sistema logistico del distretto di Sassuolo Dopo aver introdotto i tratti di specificità del sistema della logistica in entrata delle materie prime ed in uscita dei prodotti finiti, introdotto gli attori che muovono le merci, si cerca ora di dare conto dei limiti che pesano sul funzionamento del sistema. Per comprendere i problemi che affliggono il sistema logistico, occorre partire dalle cause che hanno determinato la situazione attuale. Poiché un sistema logistico coinvolge diversi soggetti, i vincoli saranno analizzati secondo i punti di vista degli autotrasportatori, dei produttori ed infine dei rivenditori (Tab. 4.1). Tabella 4.1 - I limiti del sistema logistico del distretto ceramico LIMITI DEL SISTEMA LOGISTICO DEL DISTRETTO CERAMICO autotrasportatori produttori - Elevata frammentazione delle partite - Contrarietà a soluzioni di resa del tipo franco destino - Mancanza di approntamento da parte dei produttori - Sbilanciamento del rapporto produttore-cliente a favore di quest’ultimo - Concorrenza sleale di alcuni operatori di trasporto - Orario ridotto di apertura dei magazzini - Impossibilità di acquisire il mercato estero per via della resa franco fabbrica - Assenza di personale qualificato nel campo logistico rivenditori - Livello di servizio migliorabile in termini di puntualità, efficienza - Rischi e costi connessi all’organizzazione del trasporto - Rapporto di contrapposizione tra produttori e trasportatori - Mancanza di infrastrutture adibite alla logistica 4.1.1 Il punto di vista degli autotrasportatori Gli autotrasportatori hanno assunto un ruolo fondamentale svolgendo una funzione di utilità nel tempo e nello spazio a favore della produzione ceramica. Funzione resa ancor più essenziale stante la modalità di vendita franco fabbrica adottata dalle aziende ceramiche. Su di loro si scarica una serie di sollecitazioni e pressioni che sono il frutto da un lato delle condizioni di incertezza ed instabilità che caratterizzano l’attività di vendita delle imprese di distribuzione e, dall’altro, del comportamento delle aziende ceramiche proteso a massimizzare il grado di flessibilità e di adattamento alle condizioni di mercato ma non altrettanto ispirato a decisionalità strategica. In questo contesto gli operatori logistici e del trasporto - spesso afflitti da deficit sul piano organizzativo e gestionale – sono chiamati a misurarsi con una serie variegata di condizionamenti allo svolgimento della loro attività. Tra quelli maggiormente avvertiti si segnalano: • la sempre più accentuata frammentazione degli ordini da parte della clientela commerciale (rivenditori) che tende ad acquistare solo ciò che hanno già venduto agli utilizzatori finali. Questo fenomeno ha diminuito sensibilmente le dimensioni dei lotti e delle partite in spedizione e ha reso ridondanti - all’interno 283 • • • • • del distretto - i percorsi a cui sono costretti gli automezzi per il completamento del carico. La mancata creazione, inoltre, di aree o depositi dove effettuarne il preventivo raggruppamento, obbliga il trasportatore ad un ciclo di carico spesso più oneroso del trasporto stesso6; la mancanza di approntamento preventivo delle partite di merce, da parte dei produttori ceramici all’arrivo del trasportatore. Nel caso di partite consistenti (superiori a tre pallet), l’azienda ceramica si limita a contrassegnare i bancali senza muoverli, in attesa del carico sull’autocarro. Se si tratta di piccoli lotti, vengono confezionati pallet ad hoc e collocati in aree specifiche dedicate alle spedizioni (aree di “pronto”). La scarsa applicazione di tale pratica da parte dei produttori, contribuisce a produrre il limite successivo; la dilatazione dei tempi di attesa degli autotrasportatori per effettuare il prelievo del materiale. Il rallentamento delle operazioni di carico, dovuto alla carente gestione della merce, genera lunghe code nei piazzali delle ceramiche, con evidenti ripercussioni sul servizio di trasporto; la presenza di una viabilità che ostacola, anziché agevolare la movimentazione delle merci (materie prime, prodotti in c/lavorazione e prodotti finiti), nell’area ceramica. L’inadeguatezza della rete stradale è uno dei nodi su cui si è discusso maggiormente. Tuttavia, malgrado gli sforzi compiuti, l’assetto infrastrutturale appare ben lontano da condizioni di adeguatezza. L’asse Pedemontano, costituisce la dorsale principale dei traffici pesanti, grazie alla sua posizione baricentrica rispetto alla dislocazione delle aree produttive. Realizzata negli anni ’70, tale infrastruttura è stata la prima grande opera significativa per la viabilità del distretto ceramico. A distanza di oltre trent’anni nessun adeguamento è intervento a potenziare l’assetto strutturale della rete stradale con le inevitabili conseguenze in termini di congestionamento e di interferenze funzionali. Il recente compimento della bretella Modena-Sassuolo, ha permesso di alleggerire il traffico in avvicinamento/uscita dal distretto ma non ha migliorato la situazione al suo interno essendo l’asse Pedemontano la sede in cui si riversa la maggior parte del traffico; la modalità di vendita franco fabbrica da parte delle aziende ceramiche7. Questa modalità di resa del prodotto rappresenta un impedimento per gli autotrasportatori locali di acquisire il mercato estero e anche di una parte del mercato del sud Italia. Come noto questa modalità assegna al cliente (distributore/rivenditore/grossista) la responsabilità del trasporto con l’assunzione dei relativi rischi e costi. Questo fatto ha indotto i clienti di molte aree geografiche (soprattutto estero e Sud Italia), a rivolgersi a trasportatori locali con conseguente penalizzazione di quelli del distretto ceramico. Se si considera che le esportazioni rivolte al mercato europeo rappresentano oltre il 50% della interra produzione del distretto ben si comprende quali spazi di mercato sono preclusi ai trasportatori del distretto; gli orari ridotti di apertura dei magazzini ceramici. L’apertura ridotta dei magazzini limita fortemente l’attività degli autotrasportatori, specialmente quando questi devono effettuare consegne che richiedono un alto livello di servizio. Le lunghe code di autocarri che si creano davanti ai piazzali, amplificando sensibilmente i tempi di carico, ritardano le consegne degli operatori di trasporto. Per cui il rischio di compromettere la garanzia di un servizio efficiente e di non soddisfare il cliente è elevato. Il settore dell’autotrasporto presenta un alto grado di concorrenza, dato dalla numerosità di imprese che lo compongono che genera una condizione di esubero dell’offerta di trasporto sulla domanda. Nonostante il comparto presenti una rigida regolamentazione in materia di tariffe, orari di apertura/chiusura e limiti di peso ai carichi consentiti, gli episodi di violazione di tali norme e di concorrenza sleale sono assai frequenti. E così frequente assistere: • l’applicazione da parte di operatori, di prezzi predatori che, per contrastare la concorrenza e acquisire nuovi clienti; • al mancato rispetto dei vincoli posti al peso de carico di spedizione, il cui valore massimo è di 30 tonnellate; • all’assenza di strutture idonee a svolgere le attività di trasporto, insediamenti in aree non confacenti dal punto di vista urbanistico se non del tutto abusivi; 6 In alcuni casi le imprese di trasporto cercano di ottimizzare i ritiri delle merci raggruppando più clienti della stessa area di destino nella medesima presa. Data la complessità del ciclo di carico questa operazione riesce raramente. 7 Fin dalla nascita del settore ceramico, infatti, i produttori decisero di demandare ad operatori esterni l’organizzazione del trasporto, considerandola un’attività accessoria troppo diversa da quella principale della produzione di piastrelle. I primi trasportatori erano pertanto locali, dotati di mezzi propri e, a volte, riuniti in piccole cooperative. Nel momento in cui la domanda di trasporto diviene consistente, le imprese ceramiche continuano a concedere la massima autonomia ai trasportatori, i quali per poter avere il carico, decidono di addebitare il trasporto al cliente finale, con riscossione del prezzo al momento della consegna. Il rivenditore, dunque, arriva ad assumere pienamente il compito di organizzare il trasporto. 284 L’assenza di infrastrutture logistiche adeguate rappresenta uno dei limiti più rilevanti di tutto il sistema. Le strutture comprendono transit-point, aree specifiche in cui concentrare gli operatori di trasporto e centri intermodali in grado di fornire servizi e supporto organizzativo all’intero sistema logistico (produttori-trasportatori-clienti). Tutto questo inibisce il funzionamento della catena logistica che, con le sue inefficienze, aumenta i costi di trasporto e i disservizi. 4.1.2 Il punto di vista dei produttori Come i trasportatori, anche i produttori individuano criticità all’interno del sistema logistico. Questi sono da attribuire in parte a condizioni esterne (assetto della rete infrastrutturale, inadeguatezze strutturali ed operative degli operatori logistici), ma chiamano largamente in campo le strategie di mercato delle imprese ceramiche stesse (distanza dal mercato di consumo, utilizzo di canali di distribuzione lunghi, ampia delega per la politica di marketing all’intermediazione commerciale). La crescente delega ad attori che si collocano a monte e a valle della filiera ceramica e l’assunzione di comportamenti ad elevato contenuto adattivo alle condizioni esterne e a basso contenuto strategico hanno accresciuto, inevitabilmente, la criticità delle attività connesse alla logistica. Da questo “arretramento” sulle attività più strettamente manifatturiere (la mera produzione di piastrella ), ne sono derivate disfunzioni di tipo operativo, difficoltà di controllo e di governo dell’attività complessiva, rincorse a fronte di nascenti emergenze. Dal punto di vista del produttore ceramico i limiti dell’attuale assetto logistico sono da ricondurre a diversi fattori e tra questi: • • • lo squilibrio che si è creato nei rapporti produttore-cliente. Il cliente, in virtù della resa franco fabbrica, è il depositario della gestione del trasporto. Anche se questa modalità di resa sembra trasferire in capo al rivenditore tutti gli oneri del trasferimento della merce, in realtà una parte dell’organizzazione logistica grava anche sul produttore dovendo farsi carico di un notevole numero di oneri operativi e organizzativi. Più di questi, però, pesa lo squilibrio nel rapporto tra le parti: di fatto è il cliente che da una posizione di forza, comanda e muove il flusso del materiale sul mercato. La difficile interazione tra produttori ceramici e operatori del trasporto. Il clima di scarsa collaborazione quando non anche di netta contrapposizione - non concorre a migliorare lo sviluppo del sistema logistico. Le situazioni in cui ogni soggetto imputa all’altro inefficienze operative ed organizzative, prevalgono spesso su atteggiamenti di tipo collaborativo, scambi di flussi informativi, definizione e rispetto di programmi di presa e carico del prodotto, ed altri ancora. Tutto questo accresce la complessità, acuisce le difficoltà sul piano operativo e genera costi. La mancanza di dialogo e intesa tra i due soggetti, limita fortemente la possibilità di instaurare relazioni di lungo periodo, le sole che possono consentire di mettere in campo modus operandi e soluzioni di più lungo respiro. L’atteggiamento di diffidenza dei produttori ceramici nei confronti della resa del prodotto “franco destino”. E’ questa una limitazione che lascia poco spazio a miglioramenti dell’attuale assetto logistico. Questa contrarietà trova diversi elementi di sostegno di natura economica, di focus operativo delle aziende che rende difficile un loro maggior coinvolgimento nella organizzazione dei trasporti, anche se a fronte di risparmi e razionalizzazioni. Con l’attuale sistema di spedizioni e di resa il produttore, infatti, si trova in una posizione di estrema debolezza di fronte al processo di consegna. Il trasportatore infatti, non considera l’impresa ceramica come un cliente da servire e pertanto subordina gli interessi e le necessità del produttore alle proprie esigenze o a quelle del rivenditore. Le conseguenze di tale comportamento sono duplici: o o difficoltà nella gestione e nell’organizzazione delle spedizioni, in quanto non è possibile per il produttore condizionare i comportamenti dei trasportatori; impossibilità di fornire servizi ed attività che si distinguano dalla mera consegna del prodotto. Quanto rilevato mette in luce la rilevanza di erogare il servizio conforme alle esigenze del cliente, quando questa componente di prodotto è diventata una delle fonti primarie di vantaggio competitivo. Il trasporto non significa il semplice “spostamento” di merce ma diventa una “soluzione”, un elemento di differenziazione che apporta valore aggiunto al prodotto. Una vincolo non secondario, infine, che impedisce alla catena logistica di svilupparsi in modo adeguato è la scarsità o in alcuni casi la mancanza di personale logistico qualificato. Questa carenza è stata riscontrata dai produttori così come dagli autotrasportatori, cui associano problemi organizzativi e inefficienze operative. Questo deficit di competenze specifiche non è estranea alla insufficiente integrazione funzionale che caratterizza le due parti. 285 4.1.3 Il punto di vista dei rivenditori Gli aspetti deficitari del sistema, dal punto di vista dei rivenditori, riguardano il livello di servizio e gli oneri che il cliente deve sopportare nel gestire le operazioni di trasporto, in particolare nel caso di lunghe distanze. Acquistando prevalentemente sul venduto, i rivenditori privilegiano il servizio, inteso come rapidità, tempestività, integrità del prodotto rispetto al costo del trasporto. Affinché tali parametri di efficienza siano soddisfatti, il coordinamento dei soggetti che partecipano al sistema deve essere stretto in modo tale da creare sinergie operative. Lo scarso valore del servizio erogato con l’attuale sistema, rappresenta una minaccia soprattutto per quelle imprese che forniscono un prodotto poco attrattivo e di bassa qualità. Sebbene l’organizzazione del trasporto non costituisca un onere eccessivo per i clienti esteri presenti nei mercati vicini, la complessità organizzativa aumenta in proporzione alla distanza. Di conseguenza aumentano anche i rischi assieme ai costi a carico del rivenditore. Da qui deriva la propensione degli stessi a valutare proposte alternative (il franco destino in particolare) subordinando l’accettazione di queste a dei vantaggi relativi al servizio ed al costo. 4.2 Investimenti passati e recenti Una delle ragioni principali che spiegano l’attuale arretratezza del sistema logistico del distretto, è insita nell’assenza di investimenti significativi. Da cinquant’anni a questa parte, l’impegno di risorse per migliorare l’assetto strutturale del sistema trasportistico si è rivelato insufficiente o in alcuni casi inesistente. Gli investimenti previsti avrebbero dovuto risanare la rete stradale da un lato e dall’altro realizzare transit-point, aree di groupage, e spazi dotati di strutture e servizi dedicati. In realtà la maggior parte dei progetti sono rimasti sulla carta e non si sono mai concretizzati. Dopo la realizzazione dell’asse pedemontano negli anni ’70, è dovuto attendere il 2005 per vedere completata la bretella Sassuolo-Modena come arteria di collegamento veloce verso l’autostrada. L’immobilismo che ha caratterizzato le istituzioni, le imprese ceramiche e più in generale tutto il sistema, è il principale responsabile dell’attuale situazione. La viabilità locale scorre su una rete stradale obsoleta, inadeguata e costantemente intasata. Nonostante il lungo periodo di staticità, recentemente sono stati portati a termine alcuni importanti progetti che dovrebbero favorire la mobilità del distretto. A migliorare l’assetto logistico dovrebbero concorrere alcune opera significative: l’espansione dello scalo merci di Dinazzano, la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo, che collegherà il distretto ceramico con l’A22 del Brennero verso l’Europa (Fig. 4.1). Figura 4.1 – Area ceramica di Sassuolo: Rete infrastrutture e progetti adeguamento e modernizzazione 286 4.3 Non solo bretelle autostradali e scali ferroviari L’analisi condotta in precedenza ha posto in luce alcuni deficit che limitano la funzionalità del sistema logistico distrettuale: alcuni hanno natura fisica essendo legati alla fragilità e carenza di strutture e altri, non meno importanti, vanno ricondotti a comportamenti e modus operandi che si sono affermati nel corso del tempo. L’assenza di interventi correttivi su entrambi i fronti, per adeguarli alle mutate condizioni di mercato, hanno portato alla situazione attuale. Volendo richiamarli, questi deficit, sono stati indicati ne: la crescente delega ed esternalizzazione di attività a monte e valle della catena del valore da parte delle imprese ceramiche; l’inadeguatezza di infrastrutture stradali e ferroviarie; l’assenza di strutture logistiche quali transit-point o centri di groupage; l’eccessivo sfruttamento dell’autotrasporto a discapito del trasporto ferroviario e marittimo; la mancanza di sinergie tra gli attori del distretto (produttori, enti locali, trasportatori, clienti). Questi deficit rappresentano allo stesso tempo terreni e spazi su cui recuperare margini di miglioramento e di razionalizzazione. Di seguito – senza la pretesa di avere trovato soluzioni miracolistiche – si indicano alcune linee di azione che potrebbe produrre qualche giovamento sul piano della movimentazione del trasporto delle materie prime e del prodotto finito. 4.3.1 Trasporto materie prime ceramiche 1) Importazione materie prime ceramiche da paesi europei (Francia/Germania) Attualmente, il trasporto delle argille e caolini provenienti per ferrovia da Francia e Germania, utilizza una catena logistica caratterizzata da ridondanze e inefficienze (fig. 2). Il trasferimento delle materie prime prevede un carico da cava a strada, da strada a ferrovia e quindi uno scarico da ferrovia a strada, subendo per ben due volte movimento con facchinaggio. Investendo su container idonei al trasporto di dette materie prime, si eliminerebbero così le due movimentazioni di carico e scarico, conseguendo risparmi di costo ed economie di efficienza. Si avrebbe, infatti, solamente la movimentazione del contenitore da strada a ferrovia, poiché il materiale sarebbe caricato in cava e scaricato solamente una volta giunto in ceramica. E’ inoltre necessario valutare l’opportunità di tracce ferroviarie più competitive di quelle attuali. Figura 4.2 Percorso delle argille tedesche e francesi CAVA 2) STRADA FERROVIA STRADA CERAMICA Importazione prodotto materie prime da paesi extra-europei (Ucraina/Turchia) Anche in questo caso esistono possibilità di migliorare il processo logistico utilizzato per trasferire tali materie prime (argille ucraine, feldspati turchi). Il trasporto avviene principalmente via nave e, impiegando Ravenna come scalo marittimo di riferimento, è soggetto a forti tasse portuali (Fig. 4.3). Dalla cava, la materia prima passa su strada per poi essere caricata sulla nave. Approdata al porto di destinazione, la merce raggiunge l’impresa ceramica tramite ferrovia, anche se il trasporto su gomma resta la soluzione maggiormente diffusa con un incessante andi-rivieni di mezzi pesanti sulla tratta Ravenna – Bologna - Sassuolo che congestionano il traffico stradale. 287 L’investimento in contenitori modificati nella loro struttura interna comporterebbe l’eliminazione di alcuni passaggi, razionalizzando la gestione del trasporto. La materia prima verrebbe caricata direttamente su vagoni ferroviari dotati di tali contenitori per essere trasportata in ceramica, prima mediante treni programmati e successivamente, solo nell’ultimo tratto, per mezzo di trattori a ribalta. Un’altra ipotesi da valutare è la possibilità di utilizzare il porto di Marghera, in quanto a differenza del porto di Ravenna, è esente da tassa portuale, possiede un’offerta di trasporto e movimentazione dei prodotti più competitiva e si trova su una dorsale ferroviaria più aperta a migliore contrattazione. In questo modo si ridurrebbe la posizione monopolistica detenuta da Ravenna e si otterrebbero benefici in termini di minori costi dovuti a condizioni più concorrenziali. Figura 4.3 Percorso delle argille ucraine e feldspati turchi FERROVIA CAVA STRADA NAVE CERAMICA STRADA 4.3.2 Trasporto prodotto finito La razionalizzazione della movimentazione del prodotto finito presenta gradi di complessità superiori legati alla natura del bene da movimentare, alla numerosità degli attori coinvolti, ai comportamenti ed alle consuetudini che si sono radicate nel tempo. In ogni caso, appare non secondario un intervento volto a migliorare la dotazione delle infrastrutture viste non come “realizzazione” fisica ma come “organizzazione” la cui funzione è quella di gestire attività e servizi, cogliere opportunità di sviluppo, punto di arricchimento e di diversificazione del tessuto economico e produttivo dell’area ceramica. Detto questo, riguardo al prodotto finito si dovrebbe perseguire con maggiore determinazione: 1) il miglioramento della rete viaria, realizzando le infrastrutture programmate, 2) l’ampliamento del trasporto ferroviario per diminuire il ricorso all’autotrasporto, 3) la creazione di aree e spazi logistici (transit-point, aree di groupage, centri servizi,..) in grado di svolgere un’efficace azione di supporto al sistema della mobilità distrettuale sia interna che in entrata-uscita. La priorità in tale ambito consiste nella creazione di valore aggiunto alla piastrella attraverso un servizio logistico gestito dal produttore o dall’acquirente. In entrambi i casi il distretto o gruppi di imprese dovrebbero intervenire nella gestione del prodotto, sia nell’offerta di vendita franco destino sia nella formula franco fabbrica, sistema maggiormente utilizzato. Ciò consentirebbe agli attori del distretto ceramico di acquisire una migliore conoscenza del percorso compiuto dal prodotto con conseguente maggiore interesse per lo sviluppo infrastrutturale. Per quanto concerne la ristrutturazione della rete stradale, non mancano i progetti, servono però le condizioni affinchè tali progetti diventino realizzazioni in tempi compatibili con le esigenze di adattamento del sistema produttivo locale alle sempre più veloci dinamiche del mercato. L’opportunità di intensificare l’uso del trasporto ferroviario nella spedizione delle piastrelle ceramiche è più difficilmente praticabile, causa la forte delega sulle attività di marketing concessa dalle aziende di produzione alle imprese di distribuzione e la conseguente rincorsa ad evadere ordini sempre più parcellizzati. Qualora si assistesse ad un recupero di questi spazi e ad un maggior presidio di attività a valle della catena del valore del prodotto ceramico, il ricorso al mezzo ferroviario potrebbe tornare in gioco e ciò a condizione di realizzare carichi che, per quantità, ne rendano competitivo l’uso. Questa condizione presuppone l’aggregazione delle partite in ragione delle destinazioni o il completamento dei carichi con altre tipologie merceologiche. Giunti a destinazione i carichi devono essere distribuiti ai singoli clienti e ciò implica la possibilità di disaggregare le partite di merce per avviarle alle singole destinazioni. 288 Tra le infrastrutture atte a facilitare i flussi di traffico e di materie prime e di prodotto finito, fanno parte gli spazi e le aree dedicate alla logistica. La realizzazione di una o più unità logistiche situate ai confini del distretto, rappresenta una soluzione che, in parte, assicura gli stessi vantaggi che si avrebbero adottando la modalità di resa franco destino e consente di conservare l’attuale sistema di vendita basato sul franco fabbrica. Ciò accadrebbe qualora gli automezzi incaricati di prelevare il prodotto finito, anziché accedere direttamente ai magazzini delle aziende, si indirizzassero presso queste unità logistiche, in cui sono concentrate le piccole partite di merci. Qualora tale ipotesi sia già stata vagliata in passato, ad oggi nessuno sforzo in termini di risorse e impegno 289 CONCLUSIONI La crescente diffusione della deverticalizzazione dei processi produttivi, del ricorso all’outsourcing, e della esternalizzazione di attività produttive hanno impresso una forte spinta alla movimentazione di input e di output connessi alle attività manifatturiere. L’esplosione dei flussi delle merci unita alla complessità crescente della loro movimentazione hanno fatto assumere alla funzione logistica un ruolo di primo piano e creato le condizioni favorevoli alla nascita ed affermazione di operatori specializzati (trasportatori, spedizionieri, fornitori di servizi di magazzinaggio,…). Perle imprese, ed ancor più per il loro management, si è rivelata cruciale la capacità di integrare e coordinare non solo le attività interne ma anche quelle con fornitori a monte della catena e con i distributori a valle della stessa. Le scelte logistiche di coordinamento interaziendale assumono un peso fondamentale nelle imprese che operano in distretti industriali dove è più spinta la divisione del lavoro e più elevato il grado di specializzazione tra le imprese. Quanto affermato, trova un puntuale riscontro nel settore della ceramica organizzato sul modello distrettuale e che ha visto accrescere nel tempo il suo livello di articolazione interna con la formazione di attività manifatturiere e di servizi. A questo arricchimento del tessuto produttivo, molto ha contribuito la scelta delle imprese ceramiche di “ritirarsi” sempre più sul nucleo centrale della “manifattura” delegando all’esterno un numero crescente di attività a monte e a valle della catena stessa. La logistica di produzione (acquisizione materie prime e relativa movimentazione) e la logistica di distribuzione (movimentazione, trasporto e distribuzione fisica del prodotto finito), rappresentano due aree dalle quali l’arretramento delle aziende ceramiche è diventato totale, facendo subentrare nella gestione attori e soggetti terzi. L’adozione di un simile modello ha prodotto riflessi non banali stante l’elevato grado di omogeneità dell’agire strategico ed operativo delle imprese ceramiche, delle specificità del prodotto piastrella e delle politiche di retailing delle imprese di distribuzione. Con il passare degli anni le attività logistiche hanno assunto un grado crescente di complessità e onerosità: • a monte per la diversificazione delle materie prime impiegate nella produzione della piastrelle e delle fonti di approvvigionamento che da locali sono diventate nazionali ed in seguito sempre più internazionali, per l’allungamento del canale di acquisto, il rincaro dei prezzi e l’aggravio generato dai costi del trasporto; • a valle per la dimensione dei volumi da movimentare, la crescente frammentazione delle produzioni, l’inadeguatezza delle reti di infrastrutture di trasporto e la dipendenza dal trasporto su strada. La distanza dal canale di distribuzione e i modelli di resa del prodotto da parte delle aziende ceramiche all’intermediazione commerciale, hanno creato condizioni di crescente squilibrio nel rapporto produttore–distributore che non hanno tardato a riverberarsi anche sul piano della logistica: movimentazione e gestione dei flussi fisici e informativi, relazioni con operatori logistici. Il tutto in presenza di una perdurante inadeguatezza delle infrastrutture alla mobilità delle merci nell’area e anche di deficit strutturali ed operativi interni alle aziende stesse. A questi risvolti di tipo economico si devono aggiungere le esternalità negative sul piano sociale connesse alle condizioni sempre più critiche della viabilità, dell’inquinamento, e del sovraccarico della angusta rete stradale. La necessità di dover fare correre il settore ceramico su gomma senza dotare l’area di adeguati supporti (spazi, transit point,…) e la scarsa determinazione a voler ridurre la sudditanza del mezzo ferroviario, hanno generato una situazione di forte congestione, ripetitività di percorsi, inefficienze e disfunzioni che si riflettono sulle aziende ceramiche e a cascata sull’intero sistema locale. A distanza di anni l’imperativo che si pone alle aziende ceramiche dell’area è sempre quello di esibire “una capacità di fornire il migliore servizio logistico al minor costo logistico globale”. Una capacità che deve essere esercitata in termini dinamici per tenere il passo ai cambiamenti di mercato sempre più frequenti e per sostenere nel tempo la capacità competitiva delle imprese stesse. Uno sforzo enorme che compete in primo luogo alle imprese ceramiche ma che chiama in gioco anche altri attori. 290 LE IMPRESE DI COMMERCIALIZZAZIONE DI PIASTRELLE DI CERAMICA (Elisa Martinelli) 291 INDICE INTRODUZIONE p. 293 CAPITOLO 1 - PROFILO DI SETTORE E LINEAMENTI DI IMPRESA 1.1 Genesi ed evoluzione del comparto p. 295 1.2 Profili di impresa e modelli di business p. 297 1.3 Piccola dimensione e specializzazione p. 299 CAPITOLO 2 - DIPENDENZA ED AUTONOMIA DAL DISTRETTO CERAMICO 2.1 Politica di approvvigionamento e rapporti con i fornitori di piastrelle p. 301 2.2 Dal distretto all’outsourcing internazionale p. 304 2.3 L’integrazione con il sistema ceramico locale p. 305 CAPITOLO 3 - STRATEGIE DI MERCATO, APERTURA INTERNAZIONALE E ITINERARI DI SVILUPPO 3.1 Politica commerciale e rapporti con il mercato della domanda p. 309 3.2 Presenza sui mercati internazionali e forme di presidio p. 311 3.3 Direzioni prioritarie di impegno strategico p. 314 p. 317 CONCLUSIONI 292 INTRODUZIONE Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca dal titolo: “Il sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi. Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità competitiva sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo. In tale contesto, il presente documento è dedicato alle Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica, denominate correntemente nel linguaggio del settore ceramico “commerciali ceramiche”. Si tratta di una figura di operatore commerciale che ha saputo conquistarsi, nel corso del tempo, uno spazio ed un’autonomia crescenti nello svolgimento di attività di intermediazione commerciale collocate a valle della filiera ceramica. Molti i tratti distintivi: la loro genesi ed evoluzione, la formula imprenditoriale ed i modelli di business. Tutti tratti fino ad oggi poco esplorati e che la presente indagine si propone di portare, almeno in parte, alla luce. L’analisi interessa le imprese collocate all’interno del distretto ceramico di Sassuolo, e tra queste, privilegia le imprese indipendenti o “commerciali pure”: cioè imprese che agiscono in modo autonomo ed assumono la proprietà delle produzioni commercializzate. Nonostante questi operatori commerciali abbiano fatto la loro comparsa agli inizi degli anni ’80, il comparto è stato finora oggetto di scarsa attenzione: pochi gli studi che se ne sono occupati e quindi molto limitate e frammentarie sono le informazioni disponibili sulla sua configurazione strutturale e sulle dinamiche che lo hanno visto protagonista1. La rilevanza assunta da questa tipologia di attori trova una diretta conferma nell’emergere di varie realtà aziendali di successo, nella capacità di diverse imprese di caratterizzare in modo distintivo la propria offerta e di proporsi al mercato con marchi propri. A riprova di ciò, si è segnalato negli ultimi anni un interesse crescente da parte di aziende di produzione di piastrelle, che ha portato in più di un caso a forme di controllo/partecipazione al capitale di aziende commerciali. Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati provenienti da fonti primarie e secondarie. Relativamente alle fonti primarie, si è prima operata un’indagine di tipo qualitativo tramite interviste in profondità con alcuni tra i principali operatori aziendali del comparto. Le indicazioni ottenute con tale approccio hanno consentito di: tracciare la storia e l’evoluzione delle commerciali ceramiche; individuare le principali tipologie di business model presenti nel comparto; costituire la base conoscitiva su cui articolare la successiva analisi quantitativa. Questa è consistita in una ricerca sul campo condotta con intervista diretta tramite questionario strutturato somministrato da un ricercatore ad un’ampia base numerica di imprese. Tale indagine ha fornito la parte predominante del materiale conoscitivo. L’universo di riferimento al 2005, definito integrando diverse fonti2, quantifica in 108 le imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica collocate nel distretto di Sassuolo. Da questo aggregato sono state escluse le aziende commerciali appartenenti a gruppi ceramici3 e le imprese classificate come commerciali, ma che in realtà svolgono attività d’intermediazione di diversa natura4. Dopo questa 1 CerAnnuario 2004 (Assopiatrelle) riporta un totale di 81 imprese, di cui 67 locate nel comprensorio, mentre Top Tiles Italy 2004 (Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini) analizza i bilanci di 101 ceramiche commerciali, di cui 94 distrettuali. La sovrapposizione di imprese a livello locale tra le due fonti è stata stimata essere pari a meno del 50%. 2 CerAnnuario 2004 (Assopiastrelle), Top Tiles Italy 2004 (Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini). 3 Tale scelta è stata compiuta in quanto si ritiene che le commerciali operanti nell’ambito di gruppi produttivi non condividano lo stesso grado di autonomia nelle scelte di acquisto e commercializzazione. 4 Si tratta di società di brokeraggio, agenzie ed uffici di rappresentanza, individuati nel primo contatto telefonico, i quali operano per conto di aziende ceramiche industriali e non assumono la proprietà della merce, ma si limitano a mettere in contatto le controparti e/o a fornire attività di servizio di supporto alla vendita. Per completezza informativa si evidenzia come anche questi operatori si stiano evolvendo da forme di brokeraggio puro, di semplice contatto tra le controparti, a modelli più evoluti in cui il 293 operazione di “filtro” l’universo si è ridotto a 90 unità aziendali che operano in piena autonomia ed “indipendenza” sul mercato e che assumono quindi la proprietà delle piastrelle che trattano. 41 società di commercializzazione di piastrelle di ceramica hanno costituito il campione che forma la base quantitativa a cui si riferisce la presente analisi. Si tratta di u7n aggregato che, in termini di imprese, esprime il 45% dell’intera realtà settoriale, e che nel 2005 ha intermediato 34,8 milioni di mq di piastrelle di ceramica e sviluppato un fatturato di circa 292,1 milioni di euro, pari a circa il 66% del comparto5, occupando circa 460 addetti. Per quanto riguarda le fonti secondarie si è fatto riferimento a qualche analisi, brevi articoli, ed altre limitate informazioni. Materiali, invero, molto scarni sul piano contenutistico, ma in ogni caso utili per catturare alcuni aspetti somatici di questa realtà economica. Il lavoro compiuto, ci auguriamo si riveli di un qualche interesse. L’analisi quantitativa è stata condotta tra l’inverno e la primavera del 2006 ed ha coinvolto numerose imprese ed operatori che desideriamo ringraziare sentitamente. Tra questi, un segno particolare di gratitudine, per la collaborazione offerta, va al Dr. Sandro Giannasi, presidente di Eco ceramica Srl; al Rag. Antonio Poggi, Presidente di Unicom Starker Srl, al Dott. Carlo Silingardi, amministratore delegato di SilCeramica Spa ed al Dott. Fabrizio Zanfi, presidente di VIVA Srl. dati. Si ringraziano inoltre la Dott.ssa Sara Iotti e la Dott.ssa Simona Pozzi per il contributo offerto nella raccolta broker amplia la sua attività d’intermediazione integrando una più vasta gamma di funzioni. Alcuni operatori hanno riferito in particolare di un modello di brokeraggio emergente, che potremmo definire “cognitivo”: il broker intercetta le tendenze del mercato e progetta, stilisticamente, la piastrella stilistico; ricerca l’azienda acquirente e contemporaneamente affida ad un’impresa industriale la produzione, in scatole non personalizzate. Questa fattura direttamente al cliente finale, assumendo la funzione di stoccaggio, riconoscendo un differenziale di prezzo al broker per l’attività svolta. 5 Dato stimato sull’aggregato di comparto riportato in Top Tiles Italy 2004 (Studio di Finanza Aziendale Alfredo Ballerini). 294 CAPITOLO PRIMO PROFILO DI SETTORE E LINEAMENTI DI IMPRESA 1.1 Genesi ed evoluzione del comparto Le imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica rientrano nella classe degli intermediari commerciali. Come tali, esse si interpongono tra i produttori industriali di questa categoria merceologica e gli utilizzatori finali ed intermedi della stessa, offrendo un’attività di servizio che aggiunge valore ai beni intermediati attraverso un processo di “trasformazione economica”. Questo consiste nella creazione di fonti di utilità temporale e spaziale ottenute minimizzando i costi di ricerca, di stoccaggio, di trasporto e di tempo dell’acquirente. Tali imprese assumono la proprietà della merce commercializzata, distinguendosi così da altre tipologie di intermediari (agenti, rappresentanti, ecc.) che operano nel settore e che svolgono una semplice attività di collocamento della merce ed incontro tra le controparti. La peculiarità del loro ruolo deriva dal fatto che esse operano sia in veste di cliente dei produttori di piastrelle, sia di concorrente degli stessi nel mercato di vendita. La struttura organizzativa, le tipologie di clientela e le modalità di operare sui mercati delle imprese del comparto ricalcano infatti i modelli perseguiti dalle imprese industriali di ceramica. Unica differenza sostanziale è l’assenza di qualunque attività manifatturiera. La particolare natura ed evoluzione delle commerciali ceramiche le ha portate ad assumere nel corso del tempo una posizione specifica e di crescente rilievo6 all’interno del canale che porta il prodotto ceramico dall’azienda di produzione al mercato finale (Fig. 1.1). Figura 1.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: posizione nel canale. Impresa di produzione di piastrelle di ceramica agenti Impresa di commercializzazione di piastrelle di ceramica agenti agenti Importatori grossisti agenti Rivenditore al dettaglio Contractor GDO Consumatore finale 6 Prometeia (2005) stima in 27% la quota di piastrelle acquistata da commerciali ceramiche presso imprese di produzione di ceramica italiane. A metà degli anni ’90 tale valore era pari al 10% delle vendite dell’industria ceramica nazionale. 295 Essendo imprese di distribuzione commerciale, operanti sostanzialmente all’ingrosso, la loro attività consiste nel fornire un servizio commerciale alla clientela business basato su una serie di attributi, la cui intensità può variare in relazione al business model scelto dall’impresa. I principali servizi elementari offerti sono: − preselezione dell’offerta; − composizione di un assortimento specializzato nella categoria merceologica “piastrelle di ceramica”, variamente connotato per ampiezza (n° di linee) e profondità (n° di varianti per linea); − attività di stoccaggio e di distribuzione fisica; − frazionamento delle partite; − finanziamento dell’attività. La funzione di servizio è svolta sia nei confronti della domanda che dell’offerta. Relativamente alla prima, gli attributi di tipo logistico erogati sono al momento prevalenti rispetto alla componente informativa diretta alla clientela, data anche la peculiarità del prodotto commercializzato. Uno dei vantaggi delle commerciali rispetto alle imprese di produzione di ceramica risiede proprio nella maggiore flessibilità e velocità di risposta nel soddisfacimento delle esigenze logistiche (tempi di consegna della merce; frazionamento delle consegne; pallet composti da diverse referenze, ecc.) della clientela. Per quanto concerne la seconda, tali imprese consentono ai fornitori industriali di focalizzarsi sulla specializzazione produttiva e l’innovazione di prodotto, assumendosi il compito di distribuire per loro conto agli utilizzatori i beni prodotti. Per il produttore industriale possono inoltre rappresentare sia un finanziatore dell’attività, soprattutto in momenti di crisi, sia un prezioso punto di osservazione sul mercato da cui apprenderne le dinamiche. Relativamente alle fasi che hanno connotato l’origine e l’evoluzione del comparto possiamo identificare sostanzialmente le tre seguenti. − Anni ’80: Introduzione. Le prime imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica iniziano ad apparire sul mercato quando l’industria ceramica italiana entra in fase di maturità settoriale. In quegli anni, il rallentamento della domanda e l’eccesso di offerta portano alla nascita di nuove figure di intermediazione all’ingrosso che acquistano stock di piastrelle di ceramica dalle imprese di produzione a prezzi particolarmente bassi, “pulendo” i loro magazzini, per poi rivenderli in canali e/o mercati differenti da quelli utilizzati dall’impresa di produzione. L’attività iniziale di questi distributori si limitava pertanto alla sola commercializzazione delle piastrelle rimaste invendute nei magazzini dei produttori, con gli obiettivi tipici di un’azione di arbitraggio spaziale: le commerciali riuscivano ad arrivare su mercati non raggiunti dalle imprese di produzione o non raggiungibili con analoghe condizioni di competitività. La profonda conoscenza dei mercati e della clientela sono gli aspetti che connotano da subito la ragione d’essere del comparto. Non a caso, la maggior parte delle imprese commerciali vengono costituite da ex responsabili commerciali/agenti di imprese di produzione che percependo il dischiudersi di opportunità di mercato e capitalizzando sulla propria esperienza e conoscenza decidono di mettersi in proprio. Solo un numero limitato di aziende commerciali nascono, invece, dall’evoluzione di piccole ceramiche industriali che hanno modificato il proprio modello di business dismettendo, gradualmente, l’attività produttiva. − Anni ’90: Sviluppo. Questo è il periodo in cui il comparto sperimenta la massima crescita in termini di numero di imprese e quantità di prodotto intermediate. Si evidenzia inoltre una differenziazione delle tipologie e dei business model presenti. Le funzioni ed il ruolo svolto dalle commerciali si sono evoluti, tanto che da canale residuale di smaltimento dell’offerta invenduta delle imprese industriali esse assumono una propria distintiva ed autonoma configurazione di comparto, arrivando a commercializzare prodotti con proprio marchio, sviluppati in collaborazione con i fornitori industriali. Questi ultimi, dato l’aumento dei volumi prodotti che ha generato una condizione di quasi permanente sovracapacità produttiva e di ponderosità delle giacenze a magazzino, si rendono disponibili a produrre per conto terzi per cogliere il vantaggio di saturare gli impianti produttivi e non lasciare opportunità ai competitors diretti. Da “stockiste” le commerciali ceramiche iniziano ad affermarsi sul mercato con una propria identità aziendale, passando da logiche operative di breve periodo ad un orientamento che implica decisioni pianificate su orizzonti temporali di più medio e lungo respiro. Le commerciali tendono a diventare sempre 296 più “piccole ceramiche senza forni”, che si pongono sul mercato come attori in grado di operare con strutture di impresa “leggere di costi” e molto più flessibili rispetto alle aziende di produzione. La crescente importanza e distintività assunta da alcune di queste imprese, insieme a costanti incrementi nei dati di vendita, sia in valore che in volume, ed alle capacità maturate nel presidio dei mercati di sbocco, le iniziano a rendere attrattive agli occhi delle imprese di produzione di ceramica. Queste ultime, in accordo ai percorsi di crescita per via esterna avviati proprio in questo periodo7, intraprendono processi di acquisizione di alcune commerciali per utilizzarle come strutture di differenziazione dell’offerta di mercato, distinguendo le tipologie di prodotto/brand sul canale, al fine di rafforzare la relazione con il trade, differenziando così le strategie distributive (creare nuove reti commerciali, o parallele per servire mercati o segmenti di clientela differenti; staccarsi da una linea di alta gamma per offrire una linea di bassa o viceversa, diversificando i brand; ecc.). Nascono le cosiddette “commerciali di gruppo”. − Anni ’00: Maturità. Con l’inizio del nuovo millennio il comparto inizia ad entrare in una fase di maturità. Per affrontare il mutato contesto di mercato che caratterizza il sistema ceramico odierno, le commerciali ceramiche puntano ancora più fortemente all’affermazione di un’immagine aziendale e di assortimento distintiva, tramite investimenti sull’innovazione estetica del prodotto ed un maggior servizio nei confronti della clientela, in particolare rivenditori al dettaglio di piccole e medie dimensioni. Ciò richiede legami più solidi rispetto al passato con i fornitori di piastrelle e lavorazioni specialistiche. Il comparto continua così a crescere, non tanto in termini di numero degli operatori in esso presenti8, ma come performance complessive. Nello specifico si evidenzia un processo di ridefinizione del peso dei business model prevalenti (si veda il paragrafo successivo) e l’esigenza di una profonda revisione delle logiche strategiche e delle modalità operative con cui agire sul mercato. L’evoluzione richiede nuove risorse e competenze. Per operare sempre più come “ceramiche senza forni” è necessario approntare una struttura aziendale meglio organizzata e di maggiori dimensioni. Le commerciali più piccole sono destinate ad evolversi o a ricoprire un ruolo di crescente marginalità. 1.2 Profili di impresa e modelli di business Il panorama delle commerciali operanti nel settore ceramico si presenta piuttosto variegato ed in evoluzione nel tempo, venendo così a configurare diversi modelli di business. Una prima categorizzazione può essere effettuata sulla base dell’assetto proprietario che connota le imprese oggetto di analisi. Da questo punto di vista è possibile distinguere tra: - commerciali di gruppo: imprese appartenenti ai principali gruppi ceramici presenti nel settore. Esse svolgono essenzialmente il compito di commercializzare la gamma del gruppo a cui fanno riferimento: in questo caso le decisioni in merito ai prodotti da commercializzare non è loro affidata, ma proviene dai vertici della struttura produttiva a cui fanno capo; - commerciali indipendenti: imprese in forma individuale o societaria che agiscono liberamente sul mercato mantenendo una propria autonomia decisionale e che non fanno parte di gruppi ceramici9. Le commerciali indipendenti costituiscono la parte numericamente prevalente del comparto ed a loro volta possono essere ulteriormente segmentate nei seguenti prevalenti business model: Cfr. Bursi T. (1997), “Strategie di crescita ed acquisizioni nell’industria ceramica italiana”, Giappichelli, TO. Il numero di imprese classificate come commerciali da CERAnnuario (Assopiastrelle) rimane sostanzialmente stabile a poco più di 80 imprese se confrontiamo l’edizione 1994 con quella del 2004. 9 Tra le commerciali indipendenti possiamo ricomprendere anche i casi di imprese partecipate, in via minoritaria, da imprese di produzione di ceramica ma che mantengono una sostanziale autonomia decisionale ed operativa. E’ il caso di Viva, commerciale di cui Emilceramica possiede una partecipazione al capitale; le due aziende sono poi legate da un contratto di somministrazione per la fornitura di piastrelle a marca Viva, i cui quantitativi e modalità progettuali e produttive sono decisi interamente ed autonomamente da Viva. La decisione dell’azienda di cedere una parte del capitale ad un fornitore industriale deriva dalla volontà di assicurarsi stabilità nelle fonti di approvvigionamento e costanza nel livello qualitativo dell’offerta. 7 8 297 - Commerciale “falco”: imprese di commercializzazione che adottano esclusivamente una logica speculativa, comprando e vendendo gli eccessi produttivi delle imprese di produzione, in particolare da quelle in difficoltà, con pressanti esigenze di liquidità. Tali imprese acquistano quindi prodotti d’occasione di cui non campionano nulla, in grandi quantità, a prezzi irrisori, tendenzialmente di fascia bassa, non personalizzati e già inscatolati, prescindendo dalle richieste del mercato. Non offrono un servizio assortimentale di ampiezza e profondità di gamma alla clientela, ma solo di convenienza economica, finanziando spesso per pronta cassa l’attività del fornitore industriale. I fornitori tendono a variare continuamente. Sono di solito piccole imprese, spesso senza dipendenti, che ruotano intorno alla figura dell’imprenditore, il quale incarna la struttura commerciale in prima persona. - Commerciale “tout court”: imprese di commercializzazione che acquistano prodotti di serie, a marchio di diversi produttori e li rivendono in canali e/o mercati differenti da quelli serviti dall’impresa industriale di cui commercializzano la gamma o parte di essa. Offrono pertanto un servizio di ampiezza e profondità assortimentale alla clientela e di esportazione indiretta nei confronti dei fornitori industriali, in particolare di piccole e medie dimensioni scarsamente dotati di proprie specifiche reti commerciali. - Commerciale “mista”: imprese di commercializzazione che intermediano sia piastrelle a marchio del produttore, anche in quantitativi limitati, sia piastrelle a marca commerciale. Relativamente a queste ultime, però, la progettazione è lasciata quasi interamente all’impresa industriale e spesso la marca commerciale è un clone conveniente rispetto al prodotto di marca industriale di riferimento e riporta un marchio di fantasia o generico, come il marchio collettivo “Ceramiche di Sassuolo”, in scatole spesso non personalizzate. Sono pertanto prodotti che si posizionano nella fascia medio-bassa del mercato, affiancando la restante parte di assortimento commercializzata, a marchio del produttore, che viene invece utilizzata per coprire la fascia medio-alta. - Commerciale “ibrida”: imprese che accanto alla prevalente attività di commercializzazione operano anche una componente di produzione. Si tratta in genere di ex imprese di produzione in cui nel corso del tempo è andata prevalendo la funzione commerciale a scapito di quella produttiva. Si tratta di un modello di business che sta scomparendo. - Commerciale “converter”: Imprese di commercializzazione attive nel processo d’innovazione e progettazione delle piastrelle di ceramica che commercializzano con il proprio marchio. Esse si comportano come un’ azienda di produzione di ceramica in tutto e per tutto, senza però la proprietà dei forni. Tali imprese presentano un proprio ambiente creativo, con cataloghi e campionature specifiche e personalizzate che vengono poi fatte produrre con il proprio marchio ad una ristretta cerchia di fornitori con cui si attivano partnership privilegiate e di lungo periodo. La loro offerta si posiziona nella fascia alta ed altissima del mercato e sono riconosciute dallo stesso per la distintiva immagine aziendale e di gamma assortimentale che sono riuscite a creare nel tempo. Il peso di tali tipologie è andato variando nel corso del tempo in concomitanza con il grado di evoluzione delle imprese del comparto osservato ed all’andamento congiunturale del settore ceramico nel suo complesso. La commerciale “falco” è la tipologia che ha storicamente dato origine al comparto negli anni ’80, ma il cui ruolo è oggi drasticamente ridimensionato per il cambiamento avvenuto anche nelle richieste della clientela, ora più votata ad effettuare ordinativi limitati in quantità e frazionati e a richiedere varietà di linee e brand tra cui scegliere. Stessa sorte investe anche la commerciale “ibrida”, in estinzione in quanto i rarissimi casi rimasti si stanno trasformando in commerciali pure. Anche la commerciale “tout court” è destinata a ridurre, anche se in misura minore rispetto alle precedenti tipologie, il proprio peso nel tempo in concomitanza anche alla maggior capacità di presidio dei mercati internazionali da parte delle imprese industriali abbinata alla loro crescente tendenza alla delocalizzazione produttiva. Le tipologie che oggi paiono affermarsi in misura crescente sono la commerciale “mista” e la “converter”: la prima in quanto tende a soddisfare la domanda di varietà assortimentale richiesta dalla clientela di rivenditori al dettaglio, cogliendo inoltre l’opportunità fornita dai produttori low cost di paesi emergenti per prodotti a marca commerciale particolarmente convenienti; la seconda in quanto è costituita da imprese che sono riuscite nel tempo ad affermare sul mercato una propria identità, offrendo una gamma di prodotto distintiva e differenziata rispetto a quella di altre imprese, con politiche di marca commerciale di quarta generazione, ovvero che integrano la fase di progettazione, e logiche di servizio mirate alla soddisfazione totale della clientela tramite un crescente impiego di strumenti di trade marketing. 298 1.3 Piccole dimensioni e specializzazione Il comparto delle imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica è costituito prevalentemente da imprese di piccola dimensione. Le unità rilevate realizzano un fatturato medio superiore ai 7 milioni di euro, in costante crescita negli ultimi 5 anni, facendo segnare un incremento di periodo pari al 40,8% circa (Fig. 1.2). Il dato è interessante in particolare se confrontato con i lievi incrementi nei valori delle vendite registrati dalle imprese produttrici di ceramica italiane nello stesso periodo di tempo. Solo 3 delle imprese osservate sviluppano un fatturato superiore ai 20 ML di euro, con il leader di comparto che si posiziona sui 31 ML di euro, mentre 13 imprese si collocano tra i 5 e 10 ML di euro e poco meno della metà del campione (19 imprese) presenta risultati di vendita inferiori ai 5 ML di euro. Figura 1.2 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: dinamica del fatturato medio aziendale (valori in euro) 8.000.000 7.000.000 7.124.446 6.000.000 5.000.000 5.060.878 5.397.523 5.902.231 6.349.483 4.000.000 3.000.000 2.000.000 1.000.000 0 2000 2001 2002 2003 2004 Fonte: Rilevazione diretta Al 2005 il numero medio di dipendenti è pari a 11, con però una fortissima eterogeneità in termini di dimensione (Tab. 1.1). Accanto a micro-aziende senza dipendenti condotte in forma di impresa individuale o famigliare, si collocano imprese con oltre 50 addetti. In particolare, 21 imprese (51% circa del campione) hanno meno di 10 dipendenti. La tendenza stimata per il 2010 è comunque intonata ad un’aspettativa di consistente incremento del numero di dipendenti (+ 52,4% dal 2000). Tale andamento si rileva essere in controtendenza rispetto al dato osservato per le imprese di produzione di piastrelle di ceramica10. Ciò deriva dalla diversa natura dei due comparti: la costante flessione occupazionale rilevata nell’industria ceramica dal 2000 ad oggi riguarda infatti esclusivamente le mansioni dedicate alla produzione, in accordo al calo dei volumi prodotti, mentre lascia invariato l’organico amministrativo e commerciale. Le commerciali ceramiche pertanto, non essendo vincolate a stabilimenti produttivi, continuano a presentare buone prospettiva di crescita occupazionale. E’ in particolare l’area commerciale quella in cui gli operatori dichiarano di volere inserire nuovi addetti, seguita dall’area marketing, ove presente. Tabella 1.1 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: dinamica addetti Anni N. Rispondenti Valore assoluto Minimo Massimo Media Deviazione std. 399 2000 40 0 40 10 10 461 2005 41 0 55 11 12 608 2010* 41 0 93 15 18 Fonte: Rilevazione diretta * stima 10 Cfr. Assopiastrelle (2006), “26° Indagine Statistica Nazionale dell’Industria di piastrelle di ceramica – anno 2005” 299 Relativamente ai metri quadrati di piastrelle di ceramica commercializzati (Fig. 1.3), questi si collocano su un valore medio di 893.261 mq al 2005 (39 imprese rispondenti), in crescita del 12,5% rispetto ai volumi venduti cinque anni fa. L’andamento è positivo, e, secondo le previsioni degli operatori del comparto, tale trend continuerà anche in futuro, tanto da prevedere di raggiungere nel 2010 una media di 1.151.487 mq di piastrelle commercializzati, ben il 28,9% in più rispetto alla situazione attuale, segnando un incremento medio decennale del 46,3%. I valori raccolti mostrano però una notevole varianza, con imprese che trattano valori minimi pari a 20.000 mq, mentre altre veicolano 3,5 milioni di mq all’anno. Figura 1.3 – Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: volumi (mq) di piastrelle di ceramica commercializzati (2000-2010*) 1.400.000 1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 1.151.487 893.261 787.068 2000 2005 2010 Fonte: Rilevazione diretta * stima Uno dei tratti distintivi dell’attività di queste imprese è la forte focalizzazione nella commercializzazione di piastrelle di ceramica. L’82,9% delle imprese del campione intermedia infatti esclusivamente questo tipo di prodotto, mentre il rimanente 17,10% delle imprese (pari a 7 imprese) commercializza anche altri materiali (marmo, klinker, ecc.), legati al mondo della pavimentazione e rivestimento di superfici. Ciò non di meno, anche per queste ultime, la commercializzazione di ceramica resta il core business. Dal punto di vista organizzativo, la micro e piccola dimensione portano queste imprese a caratterizzarsi per strutture elementari, spesso espresse dalla figura dell’imprenditore, detentore del know how commerciale che caratterizza la natura dell’attività di questa tipologia di imprese. La funzione commerciale rappresenta il “cuore” pulsante e trainante dell’azienda. Poche sono le imprese che a tutt’oggi hanno investito risorse in una specifica funzione marketing, spesso svolta da personale impiegatizio presente nell’area commerciale. Le barriere all’entrata nel comparto sono basse grazie al contenuto livello di risorse finanziarie necessarie per avviare l’attività, non essendo richiesti investimenti in impianti e manodopera specializzata che irrigidiscono la struttura dei costi. Si tratta quindi di strutture snelle e flessibili, scarsamente dotate di immobilizzazioni materiali. In genere, le commerciali più strutturate dispongono di un proprio magazzino, di solito annesso alla sede, in cui stoccare le partite di merce acquistate per assicurare la disponibilità di prodotto alla clientela e svolgere la funzione di stoccaggio al posto della stessa, così come sempre più richiesto oggi dai rivenditori, principale categoria di clientela delle imprese del comparto. 300 CAPITOLO SECONDO DIPENDENZA ED AUTONOMIA DAL DISTRETTO CERAMICO 2.1 Politica di approvvigionamento e rapporti con i fornitori di piastrelle Le aziende intervistate acquistano in media 905.261 mq di piastrelle di ceramica all’anno11. Solo 12 imprese, poco meno del 30% del campione, hanno dichiarato di acquistare piastrelle per importi superiori ad un milione di mq; l’impresa leader di comparto, intervistata, ha dichiarato di commercializzare 3,5 milioni di mq di piastrelle. Le piastrelle di ceramica sono proposte al mercato contrassegnate in netta prevalenza a marchio dell’impresa di commercializzazione (oltre il 90%) (Tab. 2.1). Più in dettaglio il 48,8% delle imprese del campione commercializza esclusivamente prodotti con il proprio marchio, mentre coloro che offrono unicamente prodotti a marchio del produttore sono meno del 10%; il 41,5% infine, offre entrambe le tipologie di prodotto. Le categorie maggiormente rappresentate dal punto di vista dell’offerta assortimentale sono pertanto la commerciale “mista” e la “converter”, mentre si conferma la tendenza alla riduzione di peso nel comparto delle commerciali “tout court” e “falco”. Tabella 2.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione dell’offerta assortimentale di piastrelle per marchio (2005) Assortimento Valori assoluti % Solo piastrelle a marca commerciale 20 48,8 Solo piastrelle a marchio del produttore 4 9,7 Piastrelle sia a marca commerciale che del produttore 17 41,5 Numero totale imprese Fonte: Rilevazione diretta 41 100,0 La composizione dell’assortimento per tipologia di marca, oltre che un’evoluzione dei business model prevalenti nel comparto, riflette anche un mutato rapporto con i produttori ceramici, sia in relazione alla numerosità dei fornitori utilizzati che alla loro provenienza dal punto di vista geografico. Dal punto di vista della numerosità, le commerciali ceramiche tendono ad instaurare rapporti con un numero ristretto di fornitori. In media, esse acquistano l’80% circa (77,2%) delle piastrelle che commercializzano da tre fornitori, di cui il primo fornisce il 45,6% dell’offerta proposta, il secondo il 21%, ed il terzo il 13,1% (Tab. 2.2). Tabella 2.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza da fornitori degli acquisti di piastrelle (2005) Valore medio Approvvigionamento da: N. Rispondenti Deviazione std. approvvigionato (%) Primo fornitore 41 45,6% 24,2 Secondo fornitore 40 21,0% 10,0 Terzo fornitore Fonte. Rilevazione diretta 35 13,1% 7,3 Le imprese intervistate risultano essere commerciali pure: solo in un caso si è riscontrata una componente di produzione interna, oltretutto in calo del 20% rispetto al 2000; altre due imprese osservate hanno dismesso l’attività produttiva negli ultimi cinque anni. Ciò avvalora la tesi precedentemente espressa di una tendenza all’esaurimento delle commerciali “ibride” ed alla loro evoluzione in altre tipologie di modelli di business. 11 301 Questi valori indicano il mutamento di ruolo assunto da queste imprese rispetto alla vocazione iniziale e segnalano il passaggio da acquisti saltuari improntati alla convenienza e al “presentarsi dell’occasione” a rapporti con un numero ristretto di fornitori con i quali instaurare relazioni collaborative e durature nel tempo. In questa direzione non mancano i riscontri: 6 imprese dichiarano di approvvigionarsi unicamente da 2 fornitori, mentre ulteriori 13 si approvvigionano per più del 90% da tre fornitori. Il 36,6% delle imprese del campione si approvvigiona esclusivamente da non più di tre fornitori. Tale evoluzione nei rapporti con gli attori a monte si ricollega al diverso posizionamento che le commerciali ceramiche hanno perseguito nel corso del tempo. I valori sopra riportati corrispondono infatti ad un dato strutturale, piuttosto generalizzato, che non pare essere correlato alla dimensione d’impresa. Sembra invece emergere una connessione al modello di business assunto dalla commerciale, anche relativamente alle politiche di marca adottate. Le commerciali “converter”, essendo particolarmente innovative nell’assortimento a marca commerciale offerto, necessitano di costanza e garanzia nel livello qualitativo del prodotto commercializzato, con conseguente bisogno di attivare relazioni particolarmente strette e stabili con un numero ristretto di fornitori del prodotto. Le commerciali “miste” presentano una relativa maggior frammentazione delle fonti di approvvigionamento, in particolare per quanto riguarda la componente di piastrelle a marca commerciale di fascia bassa. Le commerciali “falco” utilizzano invece una platea di fornitori che varia continuamente data la natura speculativa della loro attività, mentre le “tout court” preferiscono avere rapporti di lunga durata con un numero ridotto di fornitori. Relativamente alla provenienza dei fornitori, i risultati (Fig. 2.1 e Fig. 2.2) evidenziano la forte dipendenza di queste imprese dal mercato interno, in particolare distrettuale. Le piastrelle commercializzate con il marchio del produttore vengono acquistate per il 79,1% da imprese di produzione localizzate in Italia, con una percentuale di incidenza distrettuale elevatissima (73,7%). Seguono le forniture provenienti da paesi dell’Europa Occidentale (10,8%), dell’Estremo Oriente (7,0%), Medio Oriente (2,6%) ed Europa Orientale (0,5%) (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione degli acquisti di piastrelle di ceramica a marchio del produttore per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2005) Estremo Oriente 7,0% Europa Orientale 0,5% Medio Oriente 2,6% Europa Occidentale 10,8% Distretto 73,7 Altro Italia 5,3 Italia 79,1% Fonte: Rilevazione diretta In termini di prospettiva temporale, le modificazioni appaiono piuttosto significative: l’intermediazione di piastrelle prodotte da imprese italiane con il proprio marchio, pur resistendo su valori elevati, è prevista in sensibile calo passando dal 87,3% del 2000 al 73,2% previsto nel 2010 (- 14,1%), a vantaggio in particolare dei paesi dell’Estremo Oriente (+ 11%) ed in misura più contenuta del Medio Oriente (+ 3,2%). Sostanzialmente stabile appare la situazione degli approvvigionamenti dal continente Europeo (Tab. 2.3). 302 Tabella 2.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a marchio del produttore per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2000 – 2010*) MERCATI Italia Distretto di Sassuolo-Scandiano Altro Italia Europa Occidentale Europa Orientale Nord America America Latina Estremo oriente Medio Oriente Resto del mondo Totale acquisti di piastrelle a marchio industriale Fonte: Rilevazione diretta * stima 2000 2005 2010 87,3 82,3 5,0 11,0 0,6 0,0 0,0 1,1 0,0 0,0 79,1 73,7 5,3 10,8 0,5 0,0 0,0 7,0 2,6 0,0 73,2 68,2 5,0 10,5 0,5 0,0 0,0 12,1 3,2 0,5 100,0 100,0 100,0 Le piastrelle a marchio commerciale vengono acquistate in misura pari all’80,1% nel territorio nazionale (Fig. 2.2) e quasi esclusivamente nell’area distrettuale (77,8%). Le commerciali ceramiche che scelgono invece copackers stranieri si rivolgono prevalentemente a produttori dell’Estremo Oriente (11,8%). Seguono i produttori dell’Europa Occidentale (4,9%) e dell’Europa Orientale (2,4%). Medio Oriente (0,4%), America Latina (0,2%) e Resto del Mondo (0,3%) presentano percentuali di approvvigionamento poco significative. Figura 2.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a marchio proprio per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2005) RdM 0,3% Medio Oriente 0,4% Estremo Oriente 11,8% America Latina 0,2% Europa Orientale 2,4% Europa Occidentale 4,9% Distretto 77,8 Altro Italia 2,3 Italia 80,0% Fonte: Rilevazione diretta Nell’arco decennale osservato, anche per le linee a marchio proprio si delinea la stessa dinamica esposta in precedenza (Tab. 2.4), con una chiara diminuzione dei volumi approvvigionati presso imprese italiane (-14,7%), in particolare distrettuali (- 16,8%), anche se per valori che restano comunque elevati, al di sopra del 70%. A beneficiare di tale trend saranno i fornitori dell’Estremo Oriente, da cui si prevede di approvvigionarsi per un valore 303 medio pari al 15,3% nel 2010, dell’Europa Occidentale (7,6%) e, in misura più contenuta, di quella Orientale. Sostanzialmente stabili le previsioni di approvvigionamento dalle altre aree. Tabella 2.4 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: acquisti di piastrelle di ceramica a marchio proprio per area di approvvigionamento (dato medio in %, 2000 – 2010*) Mercati 2000 2005 2010 Italia 87,5 86,9 0,6 3,6 1,9 0,0 0,0 7,0 0,0 0,0 100,0 80,1 77,8 2,3 4,9 2,4 0,0 0,2 11,8 0,4 0,3 100,0 72,8 70,1 2,7 7,6 2,7 0,0 0,5 15,3 0,5 0,5 100,0 Distretto di Sassuolo-Scandiano Altro Italia Europa Occidentale Europa Orientale Nord America America Latina Estremo oriente Medio Oriente Resto del mondo Totale acquisti di piastrelle a marchio proprio Fonte: Rilevazione diretta * stima 2.2 Dal distretto all’outsourcing internazionale Le politiche di impresa messe in luce precedentemente sembrano delineare una tendenza alla polarizzazione degli acquisti verso due assi direttrici principali: distretto interno da un lato, mercato di approvvigionamento largamente principale ma in diminuzione, e paesi dell’Estremo Oriente dall’altro, con quote di sourcing ancora contenute ma in crescita. Tale orientamento è da collegare sia alla tendenza alla globalizzazione dell’industria ceramica, sia al modello di business adottato ed alle differenti politiche di composizione per marca dell’assortimento offerto. Più specificamente, le imprese che acquistano prodotti a marchio del fornitore industriale e che non perseguono obiettivi meramente speculativi (commerciali “tout court” e “miste”) stipulano in genere contratti annui, legandosi ad imprese di produzione, prevalentemente locate nel distretto, che tendono a non variare nel tempo, in particolare per gli acquisti di merce di fascia media ed alta. Questo per dare continuità all’offerta proposta alla clientela e specializzarsi sempre più sui mercati in cui si opera. L’impresa industriale assegna alla commerciale il proprio catalogo e proprie aree di mercato in esclusiva, diverse da quelli in cui opera normalmente, stabilendo obiettivi di vendita da raggiungere. L’offerta è integrata anche da una certa percentuale di prodotti a marchio di fornitori dell’Europa Occidentale, spesso con l’obiettivo di rifornire i rispettivi mercati nazionali, e, in misura crescente, da produttori di paesi emergenti che consentono di coprire la fascia bassa del mercato. Relativamente alle imprese che offrono prodotti a marca commerciale, il numero dei fornitori e la relazione che con essi si instaura può variare in funzione della politica di private label perseguita. Le linee con marchi di fantasia e generici, che rappresentano cloni convenienti o tipologie value for money rispetto al prodotto di marca industriale, vedono una maggiore frammentazione delle fonti di approvvigionamento, più sostituibili e sempre più orientate al sourcing presso fornitori di paesi emergenti dell’Estremo Oriente che riescono a soddisfare le esigenze di prodotti low cost; le marche commerciali di tipo premium, invece, richiedono legami stabili e duraturi con un ridotto numero di fornitori, anche vicini geograficamente per presidiare meglio le fasi produttive. Le commerciali ceramiche orientate all’innovazione stanno infatti iniziando ad occupare segmenti del processo di creazione del valore che in passato erano di esclusiva competenza industriale. L’impresa commerciale si spinge fino a progettare e lanciare sul mercato prodotti a marchio ad elevato contenuto di innovazione estetica, di posizionamento premium, partecipando attivamente a definire il concept degli stessi. La scelta dello specifico partner industriale da cui approvvigionarsi è determinata da vari fattori. Se la disponibilità a produrre per conto terzi è piuttosto diffusa per ragioni legate alla maturità settoriale ed all’eccesso produttivo, la scelta del co-packer dipende non tanto da elementi di convenienza economica quanto da fattori legati alla costanza ed affidabilità nei livelli di servizio erogato ed alla possibilità di partecipare al monitoraggio di tutte le 304 fasi del processo produttivo. Il rapporto con il fornitore industriale è particolarmente critico per il posizionamento della commerciale e richiede legami stabili e duraturi nel tempo: ogni minimo cambiamento che interviene nella struttura organizzativa e gestionale del fornitore stesso, può ripercuotersi sull’immagine della commerciale. E’ pertanto necessario un costante ed incisivo monitoraggio del fornitore per riuscire ad assicurarsi non solo costanza qualitativa nel prodotto acquistato, ma anche un idoneo livello di servizio erogato (consegna puntuale; corrispondenza tra ordinato e consegnato, ecc.). Solo in questo modo alla commerciale è possibile garantire a sua volta un buon livello di servizio alla clientela finale ed intermedia. Il canale diventa in questo modo un sistema integrato ed armonico. In generale comunque, gli operatori che offrono un assortimento alto di gamma, sia esso a marca commerciale o industriale, hanno mostrato una certa diffidenza ad effettuare attività di sourcing su mercati di paesi emergenti e molto distanti geograficamente. Tra i fattori individuati la mancanza di certificazioni e garanzie qualitative sul prodotto; l’impossibilità di presidiare il processo produttivo; il basso livello di servizio ed affidabilità; problemi di comunicazione. In estrema sintesi, le commerciali “converter” e “tout court” continueranno ad approvvigionarsi di piastrelle sostanzialmente in loco; le “miste” tenderanno ad utilizzare politiche di scelta dei fornitori ancorate alla composizione di un assortimento vario per fascia prezzo-qualità e marchio: la parte preponderante dell’assortimento di fascia media e alta dal distretto; la fascia bassa dall’Estremo Oriente. 2.3 L’integrazione con il sistema ceramico locale Il comparto delle imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica ha trovato nel distretto ceramico la sua culla: al suo interno si è sviluppato attingendo ed alimentandosi di tutte le esternalità messe a disposizione da quel contesto. L’indagine ha quindi cercato di osservare in quale misura le nostre imprese abbiano tratto e traggano, anche in ottica previsiva, alimento dall’insieme di servizi e risorse ivi presenti. Le indicazioni raccolte sul campo dimostrano il permanere di una dipendenza ancora fortissima delle commerciali ceramiche dal resto del sistema locale (Tab. 2.5). Tabella 2.5 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza delle società commerciali dal distretto (2005) N. % utilizzatori sul Deviazione Media Forniture distrettuali Utilizzatori* totale std. Piastrelle a marchio produttore 20 48,8% 71,6% 34,613 Piastrelle a marchio proprio 37 90,2% 75,7% 33,689 Colorifici, serigrafie 16 39,0% 100,0% 0 Terzo fuochi 32 78,0% 98,9% 6,187 Corredi, pezzi speciali, lavorazioni a taglio 38 92,7% 95,6% 22,811 Servizi Pubblicitari 15 37,0% 78,1% 41,69 Servizi Espositivi 33 80,5% 98,5% 8,704 Servizi di Design 13 31,7% 84,6% 37,553 Consulenze gestionali 13 31,7% 100,0% 0 Consulenze di marketing 4 9,8% 75,0% 50 Servizi informatici 38 92,7% 100,0% 0 Trasporti 33 80,5% 93,9% 22,071 Analisi di laboratorio 23 56,1% 95,7% 20,851 Fonte: Rilevazione diretta * Il non utilizzo può essere inteso sia come internalizzazione dell’attività, sia come, nella maggior parte dei casi, non impiego ai fini dell’attività della specifica impresa interrogata. La percentuale di ricorso a prodotti e servizi presenti nel distretto non scende mai al di sotto del 71%. Sono soprattutto le lavorazioni specialistiche e le attività di servizio di cui ci si approvvigiona quasi esclusivamente in loco. 305 In particolare, emerge il forte legame con colorifici/serigrafie, terzo fuochi, corredi/pezzi speciali/lavorazioni a taglio presenti a livello locale, visto il ruolo crescente ricoperto nel veicolare l’innovazione di prodotto sotto il profilo stilistico ed estetico nel settore delle piastrelle di ceramica. Il distretto si configura infatti come un laboratorio privilegiato d’innovazione a cui attingere risorse e competenze pregiate, specialistiche e complementari rispetto all’attività svolta dalle commerciali. Per comprendere meglio logiche e modalità d’interazione tra le imprese indagate ed i prestatori di lavorazioni specialistiche presenti nel distretto è utile spiegare il processo di sviluppo delle collezioni che compongono l’offerta delle commerciali ceramiche. L’assortimento proposto non è altro che il frutto di ripetuti incontri, costanti modifiche e ritocchi che scaturiscono dall’interazione tra la commerciale e le altre componenti complementari operanti nel distretto (impresa industriale, colorifici, terzo fuochi, ecc.). Lo sviluppo della collezione si articola su un arco temporale mediamente trimestrale. L’idea di un nuovo progetto nasce dalla fantasia creativa del/i titolare/i della commerciale traendo spunto dalla partecipazione a fiere specializzate, consultando riviste di arredo e moda, confrontandosi con la forza vendita ed i clienti. Solo una minima parte delle imprese osservate, le più innovative, “converter” quindi, hanno internalizzato le fasi di ricerca e progettazione dei nuovi prodotti, realizzando in propri laboratori interni i tamponi, gli stampi, studiando gli smalti e realizzando strette partnership privilegiate con imprese industriali onde evitare la diffusione delle proprie idee. La maggior parte delle imprese del comparto hanno invece optato per una tra le seguenti possibili soluzioni per sviluppare l’idea: − − ricorso esclusivo al fornitore industriale dotato di propri laboratori di R&S; ricorso combinato a studi e laboratori esterni di ricerca (colorifici, terzofuochi, ecc.). La prima alternativa consente di velocizzare e semplificare il processo, ma limita le potenzialità di innovazione di prodotto al ventaglio di possibilità che il fornitore industriale è in grado di ottenere con i propri impianti. La seconda opzione evita questa problematica ed è quindi spesso preferita, nonostante comporti l’intervento di diverse figure di fornitori, allungando i tempi e rendendo più complessa la gestione del processo, variamente specializzati in fase specifiche del processo di produzione della collezione. Analizziamo ora più attentamente questa seconda alternativa. Le commerciali, in particolare quelle che offrono prevalentemente piastrelle da pavimentazione, sviluppano l’idea avvalendosi dei colorifici. Il 39% delle imprese osservate vi ricorre, utilizzando esclusivamente prestatori distrettuali (100% in media). Sono questi che effettuano attività di ricerca e sperimentazione, proponendo nuove idee (effetti, smalti, ecc.) all’azienda. I colorifici sono quindi il principale motore dell’innovazione di prodotto ed il “termometro” delle richieste del mercato: sono gli attori con cui confrontarsi per valutare e verificare la validità e/o fattibilità di una nuova idea o proposta. Non è infatti detto che l’idea iniziale possa poi essere industrializzata, cioè replicata in serie. Al colorificio spetta dunque il compito di testare se gli smalti sviluppati riescano poi a mantenere gli stessi effetti luce, le stesse proprietà, nella riproduzione dal laboratorio allo stabilimento industriale12. Dal prototipo del colorificio, messo a punto dopo prove ripetute, si deve poi ricercare un’azienda di produzione che abbia i macchinari idonei per realizzare l’idea; non sempre ciò avviene e spesso si deve optare per una soluzione di compromesso. Nello scouting dei fornitori industriali di piastrelle in grado di realizzare il prototipo messo a punto, i colorifici svolgono un ruolo fondamentale, di tipo informativo, in quanto sono loro ad indirizzare le commerciali verso gli stabilimenti produttivi dotati delle opportune tecniche ed impianti in grado di realizzare il nuovo prodotto13. A questo punto il fornitore industriale scelto effettua la produzione. Nuovamente, il ricorso ad aziende distrettuali è piuttosto elevato, superando il 70% del totale degli acquisti di piastrelle effettuati. Ne risulta che, in media, circa il 26% dell’offerta di piastrelle a marca commerciale è commissionata esternamente al distretto; tale valore sale a circa il 28% quando si tratta di reperire piastrelle a marchio del produttore. Gli altri specialisti di lavorazione quali: terzo fuoco14, a cui ricorre il 78% delle imprese indagate facendo riferimento quasi unicamente ad operatori district-based (98,9% in media); fornitori di corredi/pezzi speciali/lavorazioni a taglio15, utilizzati dal 92,7% delle commerciali osservate ricorrendo per il 95,6% a prestatori Da ciò deriva una stretta interconnessione tra colorifici e tecnici progettisti del meccano-ceramico. La prestazione al colorificio per l’attività di R&S erogata non viene pagata direttamente allo stesso in quanto considerata quale attività di servizio di supporto a quella core, ovvero la vendita degli smalti. Pertanto il costo della ricerca e sviluppo è ricaricato sul prezzo dello smalto che viene venduto al produttore ed inglobato nel prezzo di cessione della piastrella finita. 14 Il terzo fuoco prende il semilavorato/fondo ed effettua un’ulteriore fase di lavorazione applicando decori ed inserti ed effettuando un processo di ricottura. Contribuisce pertanto all’innovazione estetica del prodotto. 15 Per corredi/pezzi speciali si intendono sia i pezzi di integrazione alla gamma come battiscopa e corner in ceramica, sia i complementi in metallo o altri materiali che abbelliscano la linea. 12 13 306 locali, intervengono soprattutto in caso di definizione della gamma di piastrelle da rivestimento16. In questa circostanza, successivamente ai passaggi precedentemente esposti, tali operatori propongono una serie di idee di abbinamento che vengono concordate e condivise con la commerciale17. L’esternalizzazione delle attività di ricerca e sviluppo prodotti presenta vantaggi e svantaggi. Tra i primi rientra certamente la convenienza, in quanto tale opportunità rende le commerciali più flessibili poiché le esime dal sostenere investimenti in costosi laboratori di ricerca interni, e la possibilità di servirsi di strutture specializzate ed all’avanguardia. Al tempo stesso però tale scelta rende le commerciali estremamente vulnerabili in quanto si corre il rischio di omogeneizzare l’offerta con appiattimento dell’innovazione all’interno del sistema ceramico locale: se un particolare inserto o decoro ha successo, questo viene riproposto anche ad altre aziende18, con differenziazioni minimali e con l’effetto finale di rendere i principali attori del settore accomunati da offerte uniformi. Relativamente alle attività di servizio, spicca in particolare il ricorso al distretto, con elevati livelli di utilizzo, per prestazioni di: consulenza gestionale (100%), informatica (100%), trasporto (93,9%), aziende che forniscono supporti espositivi (98,5%) e laboratori di analisi (95,7%). Su percentuali di approvvigionamento a livello locale relativamente più contenute si collocano invece le rimanenti attività di servizio19. A livello evolutivo, le dinamiche in atto nell’industria ceramica stanno, nuovamente, producendo effetti anche sulle imprese di commercializzazione di piastrelle (Fig. 2.3). Figura 2.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: grado di dipendenza da forniture distrettuali (2000-2010*) 95,7 95,7 95,7 Analisi di laboratorio 94,4 93,9 93,9 Trasporti 100 100 100 Servizi informatici 75 75 75 Consulenze di marketing 91,7 Consulenze gestionali Design 84,6 81,7 100 100 90,9 98,4 98,5 97 Servizi Espositivi 78,1 78,1 78,2 Servizi Pubblicitari 95,8 95,6 92,7 Corredi TerzoFuochi 95 98,8 98,9 100 100 98,8 Colorifici piastrelle a MC 69,9 piastrelle a marchio del produttore 65,6 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 2010 50,0 60,0 2005 75,7 87,9 74,5 71,6 70,0 80,0 90,0 100,0 2000 Fonte: Rilevazione diretta * stima Le prestazioni per corredi/pezzi speciali/lavorazioni a taglio risultano costi diretti sostenuti dalla commerciale. Anche nel caso di internalizzazione della ricerca grafica e, a volte, sugli smalti, le commerciali necessitano dell’intervento dei terzo fuochi. La piastrella, prototipata internamente, viene fatta produrre al fornitore industriale, ritorna alla commerciale che la invia al terzo fuoco per la decorazione. Spesso sono necessarie lavorazioni ulteriori. In questo caso, il fondo, una volta prodotto, viene portato dalla commerciale ad uno studio di lavorazione a taglio (ad esempio per i mosaici) che, effettuata l’operazione, lo ritorna alla commerciale. 18 Questo vale anche per le numerose imprese di produzione di ceramica non dotate di propri laboratori interni. 19 Il minor ricorso al mercato per consulenze di marketing (9,8%), servizi pubblicitari (37%), servizi di design (31,7%) non deve qui essere inteso sempre come disconoscimento della rilevanza di queste attività, quanto spesso come scelta deliberata dell’impresa di internalizzarne lo svolgimento. 16 17 307 Se il distretto si ripropone, anche in prospettiva, come il bacino elettivo se non esclusivo a cui attingere servizi, apporti di competenze e professionalità, non così sembra accadere per la fornitura di piastrelle. Per questa attività è previsto un minor ricorso a fornitori interni al distretto: le forniture di piastrelle a marchio sono previste in calo dell’8,9%, mentre quelle a marca commerciale addirittura del 18%20. Sempre più numerose sono infatti le imprese che intendono svolgere attività di procurement sui mercati internazionali, così come attentamente analizzato nel paragrafo precedente. I risultati evidenziano inoltre come gli operatori intervistati inizino a manifestare la tendenza, anche se ancora su livelli contenuti, a diminuire l’impiego di lavorazioni connesse al prodotto (terzo fuochi, corredi, colorifici, ecc.) reperite a livello locale. Ciò in quanto, data la complessità del processo di definizione della piastrella precedentemente esplicitato, è necessaria una certa vicinanza, anche fisica, per potere gestire e presidiare il tutto. Spostando quindi parte degli approvvigionamenti all’estero, è necessario anche attivare collaborazioni con prestatori di lavorazioni specialistiche a livello locale, anche se sempre per linee tendenzialmente medio-basse di gamma. Il ricorso ad attività di servizio è invece previsto stabile tranne per la categoria “servizi di design”, per i quali è atteso un forte calo (-9,2%). Diverse aziende, in particolare quelle che offrono assortimenti a marca commerciale, hanno spiegato tale andamento con l’intenzione di internalizzare tale attività: questo è infatti considerato in prospettiva il vettore fondamentale di differenziazione d’offerta, da presidiare fortemente per evitare manovre imitative da parte dei concorrenti e contemporaneamente per affermare con maggiore forza la propria immagine ed identità di marca. Tale calo è ancora più evidente se si considera l’aumento del 9,7% del numero di imprese che nel periodo indagato hanno dichiarato di avere iniziato ad offrire anche prodotti a marca commerciale. 20 308 CAPITOLO TERZO STRATEGIE DI MERCATO, APERTURA INTERNAZIONALE E ITINERARI DI SVILUPPO 3.1 Politica commerciale e rapporti con il mercato della domanda Le considerazioni sopra articolate relativamente alle politiche di approvvigionamento trovano specularmente conferma nella composizione dell’assortimento di piastrelle di ceramica proposto per fascia di prezzo (Tab. 3.1). Tabella 3.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione dell’offerta assortimentale per fascia di prezzo (Valori medi in %) Fasce di prezzo (in euro per mq) 2000 2005 2010* Bassa: < 5 14,30 8,20 6,90 Medio-bassa: 5-10 50,00 45,20 37,50 Medio-alta: 10-15 23,60 26,90 30,90 Alta-altissima: > 15 12,10 19,60 24,80 Totale 100,00 100,00 100,00 Fonte: Rilevazione diretta * stima L’offerta attuale si caratterizza per essere sostanzialmente di fascia di prezzo media (72% circa), con prevalenza di prodotti di fascia medio–bassa (45,2%). La fascia alta costituisce in media il 20% circa dell’assortimento proposto, mentre la fascia bassa è piuttosto contenuta (8%). In termini dinamici, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese, è atteso un riposizionamento progressivo verso l’alto di gamma, a significare la volontà delle imprese commerciali di comporre un’offerta con prodotti di qualità e a maggiore valore aggiunto. A questo proposito, i modelli di azione delle commerciali ceramiche variano, ancora una volta, a seconda del modello di business adottato e delle politiche di marca perseguite. Verso la fascia alta ed altissima si stanno proiettando fortemente le commerciali “converter” che adottano esclusivamente politiche di marca commerciale di ultima generazione (innovative nel design e di posizionamento premium price); le commerciali “miste” offrono invece un vario mix assortimentale per fascia prezzo, con maggiore accentuazione della fascia media; questa caratterizza anche la componente principale della proposta delle commerciali “tout court”. I rapporti con il mercato della domanda sono gestiti dalla direzione commerciale, spesso incarnata dall’imprenditore o dai soci titolari dell’attività nelle commerciali di più piccole dimensioni. Nelle imprese più strutturate, la rete di vendita è articolata come la tipica organizzazione di vendita delle imprese di produzione di ceramica: sul mercato nazionale si opera con un funzionario interno o direttore Italia a cui fa riferimento la forza vendita indiretta, generalmente agenti plurimandatari, uno per regione. Sui mercati internazionali si impiega un direttore estero coadiuvato da alcuni funzionari interni con funzioni di capo-area, che periodicamente visitano i mercati loro assegnati, e/o con reti di agenti, sempre di solito plurimandatari, che curano il rapporto con la clientela business in loco. La clientela servita (Fig. 3.1) si compone prevalentemente di rivenditori al dettaglio (48,5%) e di grossistiimportatori (29,1%). I contractor (imprese edili e grandi acquirenti non distributivi) sviluppano circa il 10,2% del fatturato mentre il rimanente si ripartisce tra catene della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) nella misura del 6,7% e consumatori finali per il residuo 5,5%. 309 Figura 3.1 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: clientela servita (% sul fatturato - 2005) contractor 10,2% consumatori finali 5,5% grossisti/importatori 29,1% GDO 6,7% rivenditori al dettaglio 48,5% Fonte: Rilevazione diretta In termini prospettici, non sono attesi particolari cambiamenti nella composizione tipologica della clientela servita, se non per un leggero calo (- 2,8%) dei clienti importatori a favore di contractor (+ 2,2%) e, in misura limitata, di consumatori finali (+ 0,6%) (Tab. 3.2). Tabella 3.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: tipologia di clientela servita (in % sul fatturato) Tipologie di clientela 2000 2005 2010* Grossisti/importatori 29,9 29,1 27,1 Rivenditori al dettaglio 46,0 48,5 47,6 Catene di GDO 9,3 6,7 7,0 Contractor 9,6 10,2 11,8 Consumatori finali/famiglie 5,3 5,5 5,9 Altro 0,0 0,0 0,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Rilevazione diretta * stima Da segnalare che al canale della GDO - rappresentato in prevalenza da catene francesi ed austriache accedono poche imprese. E ciò in ragione delle condizioni di vendita e di servizio richieste da questi distributori che si dimostrano particolarmente onerose per imprese commerciali di piccole o medie dimensioni. Poche sono inoltre le imprese che dispongono all’interno della propria struttura aziendale di spazi espositivi e show room dedicati alla vendita all’utente finale. Diversi intervistati hanno dichiarato di avere valutato, anche se nella maggior parte dei casi sommariamente, questo canale di sbocco negli ultimi anni, ma per gli investimenti richiesti e gli assortimenti ristretti e poco profondi con cui oggi la maggior parte delle commerciali ceramiche opera, tali progetti sono stati giudicati non perseguibili. Alcune commerciali “converter” stanno studiando soluzioni tendenti a creare show room su alcune piazze principali (Milano, New York, Mosca, ecc.) come supporto ai clienti di zona e al brand, dove creare eventi, informare i clienti, formare i clienti-rivenditori e la forza vendita indiretta. Solo uno degli operatori intervistati ha affermato di stare fattivamente sviluppando un progetto di franchising che prevede l’apertura di una cinquantina di punti vendita nell’arco dei prossimi 5 anni21. Dal punto di vista dell’approccio al mercato della domanda, le imprese intervistate segnalano un cambiamento nella loro operatività a causa dell’evoluzione nelle richieste della clientela intermedia. Questa esprime una domanda a maggior contenuto di varietà e variabilità, tendendo a frammentare gli ordini d’acquisto per minimizzare il magazzino. Ciò spinge le commerciali a fornire crescenti livelli di servizio logistico, stoccando le merci al posto del cliente, velocizzando i tempi di consegna (dai 3 ai 5 giorni) ed incrementando l’attività di picking (componendo pallet I franchisee vengono reclutati nel settore delle costruzioni. Spesso sono imprenditori edili che aprono il loro negozio per l’autoconsumo cogliendo l’opportunità della vendita a terzi. La commerciale fornisce loro un pacchetto di servizi completo (individuazione e progettazione della sala mostra, lancio e promozione, planning dell’attività, formazione su assortimento offerto e tecniche di vendita), chiedendo l’esclusiva nell’assortimento di piastrelle di ceramica offerto. 21 310 con diverse referenze), ma anche informativo, incrementando l’attività di scouting di nuovi prodotti/formati. Acquistare pertanto grandi stock, movimentandoli, non è più in linea con le richieste di una clientela formata essenzialmente da piccoli e medi rivenditori al dettaglio. 3.2 Presenza sui mercati internazionali e forme di presidio Per quanto riguarda la distribuzione delle vendite tra mercato interno ed estero, si osserva l’esistenza di una forte dipendenza dall’Italia, che resta il mercato elettivo per la maggior parte delle commerciali ceramiche22. Il nostro paese assorbe, infatti, il 56,7%, in media, del fatturato delle commerciali ceramiche, addirittura in crescita rispetto all’anno 2000 (+ 7,1%). Si prevede una quota d’assorbimento da parte del mercato interno analoga, anche se in leggero ridimensionamento rispetto alla situazione attuale (-1,8%), nei prossimi cinque anni. Da evidenziare pertanto la minore propensione all’internazionalizzazione delle commerciali ceramiche rispetto alle imprese di produzione di ceramica. I produttori nazionali hanno infatti realizzato nel 2005 il 70% circa di vendite all’estero23, contro il 43,3% delle imprese qui indagate. Se però ponderiamo il dato di propensione media all’export di ogni intervistato con il fatturato al 2004 dichiarato in sede di intervista, si evidenzia una percentuale a valore di export complessivo del settore pari al 58,4%, in crescita di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2000 (51,6%). Si rileva pertanto una relazione positiva tra dimensione d’impresa e propensione all’export, con una tendenza significativa all’aumento del contributo alle vendite dei mercati esteri. La correlazione con il modello di business adottato pare qui essere meno evidente. Due gli aspetti che emergono: tutte le imprese che vendono unicamente prodotti a marchio del produttore (9,7% del campione) lavorano quasi esclusivamente sul mercato italiano; metà delle imprese che offrono solo prodotti col proprio marchio (24,4%), classificabili come “converter”, presentano invece una forte proiezione sui mercati internazionali, anche se in futuro si prevede un leggero recupero delle vendite sviluppate sul mercato interno. Focalizzando ora l’attenzione sui mercati internazionali ed andando a distinguere il fatturato in media sviluppato per area geografica di vendita si osserva il forte presidio del mercato europeo che assorbe complessivamente quasi il 70% (67,9%) delle vendite all’estero delle commerciali ceramiche (Fig. 3.2). Scindendo il dato tra Europa Occidentale ed Orientale si evince come sia in particolare la prima a contribuire in modo determinante a questo risultato (52,9%), configurandosi come principale area di vendita all’estero. Segue il Nord America con il 21,0% di fatturato sviluppato e l’Europa Orientale con il 15,0%. L’Oriente si presenta come mercato poco presidiato viste le basse percentuali di vendita ivi ottenute (5,8%). Le restanti aree di mercato rappresentano una percentuale marginale delle vendite complessive. Figura 3.2 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: composizione del fatturato estero per area geografica di vendita (dato medio, in %; 2000 – 2010*) RdM 4,6% m edio Oriente 2,8% Estrem o oriente 3,0% Am ercia Latina 0,7% Nord Am erica 21,0% Europa Occidentale 52,9% Europa Orientale 15,0% Il 58,5% delle imprese osservate sviluppa quote superiori al 50% del fatturato sul mercato interno; tra queste, addirittura il 22,0% degli operatori, tutte peraltro micro-imprese, lavora quasi esclusivamente con l’Italia (fatturato Italia pari o superiore al 95%). 23 Cfr. Assopiastrelle (2006), “26° Indagine Statistica Nazionale dell’Industria di piastrelle di ceramica – anno 2005” 22 311 Fonte: Rilevazione diretta Dal punto di vista delle tendenze evolutive (Tab. 3.3), l’unica area di mercato che presenta prospettive di crescita, nelle aspettative degli operatori intervistati, pur se limitate, è l’Europa Orientale (+ 5,0% nel periodo 20002010). In calo la domanda espressa dai mercati dell’Europa occidentale; stabili o lievemente cedenti tutti gli altri mercati. Tabella 3.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: evoluzione del fatturato per area geografica di vendita (dato medio, in %; ) Aree geografiche 2000 2005 2010* Europa occidentale 56,3 52,9 54,1 Europa orientale 10,9 15,0 15,9 Nord America 21,4 20,9 20,8 America latina 0,4 0,7 0,7 Estremo oriente 4,2 3,1 2,0 Medio oriente 3,0 2,8 2,7 Resto del mondo 3,8 4,6 3,8 100,0 100,0 100,0 Totale Fonte: Rilevazione diretta * stima Per quanto concerne la diversificazione geografica delle vendite, la suddivisione del fatturato sviluppato dai primi tre paesi esteri con cui si intrattengono relazioni commerciali rivela una buona capacità di operare su mercati differenti, articolando la propria presenza. Il primo mercato sviluppa in media il 17,6% delle vendite, il secondo il 10,7% ed il terzo il 7,6%, evidenziando pertanto una notevole frammentazione delle vendite (Tab. 3.4). Tabella 3.4 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: fatturato sviluppato dai primi tre mercati esteri di vendita (dato medio, in %; 2005) % fatturato realizzato N Media Deviazione std. • primo mercato 37 17,6% 16,6 • secondo mercato 35 10,7% 7,8 32 7,6% 5,4 • terzo mercato Fonte: Rilevazione diretta I paesi esteri a cui le imprese rivolgono le loro esportazioni risultano essere 26, alcuni dei quali con capacità ricettiva molto contenuta e marginale. Tra i primi tre principali mercato di sbocco vi è la Germania, servito dalla metà circa delle imprese del campione (19), seguito dalla Francia (16), paese che risulta però essere il primo mercato di sbocco più citato (9). Seguono poi gli USA (10), in genere primo mercato per le imprese che hanno citato tale paese; l’Austria (8) e l’Inghilterra (6). Sesto paese più servito risulta essere la Grecia (5), seguita da Svizzera, Canada e Croazia (4 ognuna). Seguono altri paesi con frequenze minime. Tali risultati confermano l’Europa occidentale quale principale area geografica di vendita, seguita da Nord America ed Europa orientale (Fig. 3.3). Anche qui si riconferma pertanto la tendenza delle commerciali ad agire con le stesse logiche di scelta dei mercati in cui operare delle imprese di produzione di ceramica. 312 Figura 3.3 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: principali mercati esteri di vendita (frequenze; 2005) 2 10 10 2 Canada 1 3 0 1 2 1 Svizzera 0 2 2 1 2 2 UK 1 4 4 USA 7 Slovenia 1 3 1 1 2 9 4 7 Germ ania 0 4 7 5 1° mercato 5 10 2° mercato 15 20 3° mercato Fonte: Rilevazione diretta Per entrare sui mercati internazionali le commerciali ceramiche si avvalgono di una organizzazione di vendita composta in netta prevalenza da reti di agenti multimandatari che sviluppano circa il 75% delle vendite, mentre circa il 20% è sviluppato da funzionari di vendita interni (Tab. 3.5). Altre forme organizzative di vendita, pur presenti, forniscono un contributo molto marginale alle vendite oltre confine. Questo modo di approcciare i mercati è in larga parte identico a quello praticato dalle imprese di produzione ceramica. Si potrebbe meglio parlare di “mutazione” di questo modello, data la provenienza ceramica di una larga parte degli operatori che guidano le imprese commerciali. Si tratta quindi di un modello consolidato e di successo - almeno così è stato fino ad oggi - che si ritiene debba essere adattato alle nuove e future condizioni di mercato. La tendenza in atto sembra quella di procedere alla riconfigurazione (parziale) della rete di vendita ricercando un maggior controllo dell’azione di mercato e di vendita. In questa direzione le imprese intervistate dichiarano di prevedere per il futuro un maggior ricorso a reti di vendita diretta (agenti monomandatari e personale interno). Anche in prospettiva però le imprese osservate si affideranno a forme e strutture organizzative molto “leggere” non essendo prevista l’attivazione di unità di presidio stabile (filiali, depositi, punti vendita, …), anche sui mercati chiave. La presenza diretta con simili strutture organizzative appare una prerogativa di pochissimi operatori. Tabella 3.5 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: canali di vendita sui mercati esteri (dato medio, in % sul fatturato estero) CANALI DI VENDITA Agenti multimandatari Agenti monomandatari Personale dipendente Filiali con deposito Filiali senza deposito Punti di vendita propri o in franchising Totale Fonte: Rilevazione diretta * stima 2000 2005 2010* 75,8 1,4 18,4 0,0 0,0 4,4 100,0 74,70 1,10 19,80 0,0 0,0 4,4 100,0 69,9 3,3 21,9 0,0 0,0 4,9 100,0 In sintesi, i risultati evidenziati mostrano come le commerciali ceramiche si caratterizzino per un profilo ancora poco internazionalizzato, con un peso eccessivo delle vendite realizzate sul mercato interno, un mercato in cui i 313 consumi sono stabili e la domanda prevalentemente di sostituzione, anche se prevalentemente orientata alla qualità e quindi a remunerare con prezzi più elevati l’offerta proposta. Tale situazione è aggravata dal fatto che l’azione internazionale resta confinata ai tradizionali mercati dell’Europa Occidentale, imitando i modelli di presenza ivi adottati dai produttori nazionali, mentre sono ancora poche le imprese che si vanno effettivamente impegnando verso paesi più distanti e con maggiori prospettive di crescita. Tale modello comportamentale è certamente da mettere in relazione con la carenza di risorse manageriali e finanziarie derivante dalla prevalenza della piccola dimensione nel comparto. Ad ogni buon conto, si tratta pur sempre di imprese flessibili e leggere di costi, che quindi dovrebbero avere più capacità di manovra, risposta ed adattamento alle differenziate esigenze dei mercati internazionali. Si finisce invece per perdere opportunità di crescita e di redditività proprio su quelle aree in cui le qualità distintive dell’offerta italiana potrebbero trovare sicuro riconoscimento. 3.3 Direzioni prioritarie di impegno strategico A conclusione della fase investigativa, si è cercato di individuare su quali terreni le commerciali ceramiche avvertano con maggior urgenza la necessità di presidio e di rafforzamento del loro impegno in chiave futura. Ciò è stato effettuato sottoponendo alle imprese intervistate una lista di “campi” di possibile interesse strategico per i quali indicare il livello di impegno nel presidio24. I risultati, in estrema sintesi, evidenziano come le imprese indagate presentino una funzione obiettivo mirata ad una ristretta gamma di opzioni strategiche, utilizzando linee di condotta e strumenti di tipo prevalentemente tradizionale (Tab. 3.6). Le aree che sembrano rivestire un maggior grado di criticità ai fini della competitività delle imprese sul mercato e verso le quali le imprese stesse hanno segnalato una maggiore sensibilità si possono ricondurre a tre ed insistono in misura largamente predominante sul binomio prodotto/mercato: a – potenziamento dell’azione di mercato. Su questo terreno l’enfasi viene posta sulla ricerca di nuovi clienti (6,27), in particolare su aree già presidiate, ma anche sulla “scoperta” di nuovi mercati (4,76). b - innovazione stilistica di prodotto. Arricchire e differenziare la veste del prodotto sul piano grafico e del design rappresenta un fattore essenziale (5,54), specie per le commerciali ceramiche che si propongono al mercato con un proprio marchio. Tale obiettivo, per essere realizzato, comporta l’attivazione di forme di collaborazione strette e continuative con altri attori interni al sistema ceramico (studi grafici, serigrafie, corredi ceramici, terzo fuoco,…) che contribuiscono ad arricchire il prodotto nella componente estetica. c - potenziamento dei supporti all’azione di vendita lungo il canale. L’attività di servizio a supporto della relazione con la clientela intermedia è valutata importante (4,83), anche se ancora gestita con strumenti e logiche di tipo tradizionale: cartellonistica, espositori, materiale informativo di supporto alla vendita, ecc… Ciò non di meno “Incrementare gli investimenti in trade marketing di tipo tradizionale” viene ritenuto un percorso da confermare, intervenendo nell’adeguamento e “modernizzazione” della strumentazione e dei supporti al fine di aumentare la penetrazione in sala mostra. Questo riscontro si rileva coerente con la tipologia di clientela servita, costituita in massima parte da rivenditori al dettaglio, prevalentemente italiani, di piccole dimensioni. Minore si è dimostrata la sensibilità o minore è stato il grado di percezione sulla necessità di produrre interventi a maggiore contenuto strategico o tesi a modificare il business model delle aziende osservate: si possono leggere in questa direzione la bassa rilevanza attribuita all’offerta di nuovi servizi al trade (3,76), come la formazione degli operatori in punto vendita25 o la fornitura di software per ambientazioni virtuali; la messa in campo di “investimenti in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area commerciale/marketing” (4,33); fino alla scarsa propensione dimostrata al varo di forme di presenza/presidio stabile sui mercati e sulla rete distributiva (1,25). Infine, come era da attendersi, si conferma la tendenza a non internalizzare l’attività produttiva (1,38). Agli operatori è stato chiesto di valutare 23 item su scala Likert con range da 1 a 7, dove 1 = “Pochissimo” e 7 = “Moltissimo”. Un giudizio pari o inferiore a 3 significa che l’intervistato non valuta prioritario l’intervento sull’item considerato. Viceversa in caso di valutazione pari o superiore a 5. 24 Solo una delle imprese intervistate ha dichiarato di effettuare in modo continuativo e strutturato corsi di formazione rivolti a: rivenditori e loro dipendenti, forza vendita. 25 314 Tabella 3.6 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: valutazione delle aree di attività prioritarie (scala di valutazione: 1-7) Aree di attività 1 2 Media Dev. std. Aumentare il peso delle vendite fatte da dipendenti (dirette) rispetto alle vendite tramite agenti Aumentare il peso delle vendite sviluppate attraverso agenti monomandatari rispetto ai plurimandatari 2,76 2,39 1,93 1,77 3 Costruire filiali commerciali su alcuni mercati chiave 1,25 0,84 4 Aprire punti vendita diretti 1,54 1,47 5 Costruire depositi su alcuni mercati chiave 1,56 1,18 6 Migliorare la capacità di raccolta delle informazioni dal mercato 3,49 2,19 7 Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…) 3,37 2,38 8 Fare comunicazione mirata al consumatore finale 3,02 2,33 9 Migliorare la qualità estetica del prodotto 5,54 2,07 2,32 2,17 4,83 1,91 3,76 2,42 1,38 1,29 2,76 2,40 3,20 2,48 3,63 2,62 4,76 2,30 6,27 1,18 3,50 2,47 3,00 2,59 4,33 2,38 3,41 2,47 3,39 2,52 1 Integrare nuove competenze nella fase di progettazione del prodotto (architetti) 0 1 Incrementare gli investimenti in trade marketing di tipo tradizionale (espositori, 1 cartellonistica, ecc) 1 Offrire nuovi servizi al trade (formazione agli operatori di pdv, ambientazione virtuale dei 2 prodotti, informazioni in pdv, ecc.) 1 Internalizzare le attività produttive 3 1 Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con materiali sostituti della piastrella 4 1 Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con sanitari ed altri complementi d’arredamento 5 1 Investire in prodotti ad hoc per nuovi mercati 6 1 Puntare su nuovi mercati 7 1 Puntare su nuovi clienti 8 1 Investire in logistica interna (movimentazione interna, gestione magazzini, ecc.) 9 2 Investire in logistica esterna (velocizzare i tempi di consegna ai clienti, ecc) 0 2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 1 commerciale/marketing 2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 2 amministrazione/finanza 2 Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 3 approvvigionamento Fonte: Rilevazione diretta Le stesse indicazioni si riconfermano se ricercate attraverso l’applicazione di un’analisi fattoriale26, che ha permesso di individuare i fattori che le imprese considerano in modo aggregato nel valutare le aree d’attività su cui investire (Tab. 3.7). 26 L’analisi fattoriale consente di individuare le dimensioni di indagine rilevanti in grado di spiegare i fenomeni osservati con un numero di variabili inferiori a quelle di partenza, sintetizzandole. 315 Tabella 3.7 - Imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica: importanza dei fattori di crescita Media Media x Fattori x item fattore F3: Incremento della clientela 5,52 9. Migliorare la qualità estetica del prodotto 5,54 17. Puntare su nuovi mercati 4,76 18. Puntare su nuovi clienti 6,27 F1: Infrastrutture informative e logistiche 3,66 23. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 3,39 approvvigionamento 22. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 3,41 amministrazione/finanza 19. Investire in logistica interna (movimentazione interna, gestione magazzini, ecc.) 3,50 21. Investire in sistemi informativi e nuove tecnologie informatiche a supporto dell’area 4,33 commerciale/marketing F2: Diversificazione dell’offerta 2,98 14. Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con materiali sostituti della piastrella 2,76 15. Ampliare il pacchetto d’offerta al cliente con sanitari ed altri complementi d’arredamento 3,2 F5: Presidio degli influenzatori d’acquisto 2,85 10. Integrare nuove competenze nella fase di progettazione del prodotto (architetti) 2,32 7. Migliorare le relazioni con gli influenzatori d’acquisto (architetti, designers…) 3,37 F6: Controllo della rete distributiva 2,35 2. Aumentare il peso delle vendite sviluppate attraverso agenti monomandatari rispetto ai 1,93 plurimandatari 1. Aumentare il peso delle vendite fatte da dipendenti (dirette) rispetto alle vendite tramite 2,76 agenti F4: Presenza diretta su mercati chiave 1,41 3. Costruire filiali commerciali su alcuni mercati chiave 1,25 5. Costruire depositi su alcuni mercati chiave 1,56 Fonte: Rilevazione diretta Tra i sei fattori emersi, solo il terzo fattore individuato, Incremento della clientela, ottiene una valutazione media di fattore elevata (5,52). Tutti gli altri fattori sono giudicati aree di scarso o nullo presidio, sottolineando così la limitata propensione delle commerciali ceramiche osservate ad intraprendere sentieri di crescita e di sviluppo più articolati. Unico obiettivo di crescita perseguito è l’ampliamento della clientela, soprattutto nei mercati già presidiati, puntando fortemente sul design e l’estetica del prodotto offerto su cui si investono cospicue risorse. Presenza diretta sui mercati chiave (1,41), sia a livello logistico che commerciale, e controllo della rete distributiva (2,35) sono invece i fattori di crescita che hanno ottenuto le valutazioni medie di fattore più contenute. Le aree a cui si dirigono le scelte d’investimento segnalano quindi una diffusa propensione a confermare modelli e leve competitive tradizionali, molto simili a quelle utilizzate già da tempo dalle imprese di produzione di ceramica. Stentano invece ad emergere nuovi e più incisivi modelli d’offerta. 316 CONCLUSIONI Molti gli elementi di interesse che l’analisi condotta sulle imprese di commercializzazione di piastrelle di ceramica ha portato alla luce. Allo stesso tempo, si rilevano anche diversi aspetti di contraddizione. Da un lato, i dati dimensionali e di attività mostrano trend positivi e crescenti, modelli di business più evoluti e strutturati rispetto al passato, con un’offerta di prodotto che tende a spostarsi sulle fasce prezzo medio-alta ed alta e sempre più orientata al marchio proprio. Questo va differenziandosi sempre più, e da pura marca commerciale di fantasia o generica acquisisce i segni distintivi dell’impresa commerciale e crescenti contenuti di innovazione e progettazione interni ad essa. Ciò a segnalare la volontà delle commerciali ceramiche di affermare con maggiore forza la propria distintività sul mercato, ponendosi in modo pro-attivo, in particolare nel caso di commerciali “converter”, e con logiche di forte partnership nei confronti dei fornitori industriali. Non a caso l’analisi conferma il profondo legame esistente tra le commerciali ceramiche e la vasta e variegata compagine di comparti complementari, manifatturieri e di servizi, che si sono progressivamente sviluppati nell’area ceramica di Sassuolo, in funzione di favorire l’up grading qualitativo del prodotto. Per queste imprese la base della competitività risiede infatti nelle specifiche competenze commerciali aziendali e nella rete di relazioni consolidate con gli altri attori distrettuali. Questi sono andati configurandosi nel tempo come circuito di competenze tecniche ed informative ricco e qualificato, venendo ad influenzare positivamente la capacità d’innovazione dell’offerta delle commerciali. E’ nel distretto che si riconosce la presenza di risorse complementari determinanti per esaltare la qualità estetica del prodotto ed elevarne il valore aggiunto, sviluppando un’attività di co-design. Ne deriva che gli specialisti di lavorazioni locali assurgono a partner strategici. Dall’altro lato, i livelli di internazionalizzazione, inferiori a quelli espressi dai produttori nazionali, la ridotta capacità di controllo esercitata sulla rete distributiva e le limitate e tradizionali logiche di sviluppo evidenziate, denotano un comparto scarsamente orientato all’adozione di percorsi e strumenti innovativi di crescita che il mutato ambiente competitivo che caratterizza il settore ceramico oggi richiede. Lo sviluppo del fatturato continua a privilegiare il mercato interno ed i paesi europei vicini geograficamente. Si tende a puntare su nuovi clienti nelle aree già presidiate piuttosto che su nuovi mercati in cui non si è ancora presenti. Il rapporto con il mercato della domanda presenta ampi margini di miglioramento investendo non solo nella forza vendita, ma su nuove logiche e modalità di conduzione del rapporto con la clientela professionale, adottando strumenti di trade marketing evoluti al fine di creare partnership più solide con i rivenditori ed acquisirne il sostegno preferenziale in sala mostra. Questi tratti allontanano il profilo di queste imprese dal modello “trading company”, lasciando loro la veste “distributori all’ingrosso” di tipo tradizionale, con reti distributive sorprendentemente deboli. Le imprese infatti dichiarano di voler ampliare le vendite sviluppate tramite forza vendita diretta (e le attese di incremento del numero di dipendenti sono prevalentemente imputabili all’area commerciale) e reti di agenti monomandatari, assegnando poi scarso valore strategico all’investimento sulla rete distributiva ed alla riduzione della distanza con il mercato finale. Ciò richiede di interrogarsi sull’evoluzione futura di questo comparto, anche relativamente al legame con il sistema ceramico distrettuale. Se dalla ricerca emerge infatti il riconoscimento del distretto quale laboratorio privilegiato d’innovazione e bacino di risorse e competenze pregiate, specialistiche e complementari rispetto all’attività svolta dalle commerciali, le previsioni future indicano una tendenza alla diminuzione del grado di dipendenza dal sistema ceramico sassolese: le logiche d’acquisto, di piastrelle in particolare, si stanno ampliando ai mercati esteri, in particolare dell’Estremo Oriente. La tendenza all’internazionalizzazione degli acquisti è però da valutare in relazione ai modelli di business adottati dalle imprese ed alle loro strategie di composizione dell’assortimento per marca. Le forniture di piastrelle di fascia medio-alta ed alta e di marca commerciale di ultima generazione verranno anche in futuro sviluppate da imprese distrettuali, mentre la componente assortimentale di fascia bassa, medio-bassa, di tipo me-too, si indirizzerà ai produttori stranieri che basano sulla convenienza di prezzo il loro vantaggio competitivo. L’internazionalizzazione degli acquisti dovrebbe però essere accompagnata da una crescente internazionalizzazione delle vendite e presidio dei mercati: accorciando la filiera negoziale con l’estensione del grado di controllo sulla distribuzione; instaurando logiche di partnership con i clienti rivenditori, passando da logiche di sell-in a più incisive azioni di sell-out, formando il personale di vendita in-store sia sulla conoscenza del prodotto che all’ascolto e soddisfazione del cliente finale; creando filiali in loco per presidiare il servizio al cliente ed accorciare la distanza con l’utilizzatore finale. Gli operatori imputano l’incapacità di crescere in tali direzioni alla limitata dimensione d’impresa che li distingue. Certamente, se la piccola dimensione d’impresa ha finora premiato il comparto in virtù della dinamicità e flessibilità ottenuta, ora questo può costituire un limite alla crescita. Imputare tale situazione solo ad un problema dimensionale appare però riduttivo 317 se si pensa ad esempio che anche il leader di comparto, le cui vendite estere ammontano al 90%, non si avvale di filiali commerciali/depositi all’estero. Come sta accadendo per il sistema produttivo, è il momento per le commerciali di definire meglio i propri percorsi strategici di crescita. Nel tempo si è infatti instaurata una sorta di co-opetition tra produttori ceramici e commerciali ceramiche: questi due importanti attori del sistema collaborano infatti nello sviluppo delle collezioni, ma sono poi in competizione sui mercati di vendita, gli stessi per entrambi ed affrontati con identiche logiche strategiche e strumenti operativi. Vi sono però profili d’innovazione potenziale all’interno del comparto delle commerciali ceramiche che possono comportare fenomeni di complementarietà virtuosa con le imprese industriali, andando a rafforzare il rapporto di fornitura che le lega, occupando mercati e/o segmenti di domanda che queste non riescono a soddisfare completamente, ecc. Anche le scelte di delocalizzazione produttiva dei gruppi industriali nazionali potrebbero rappresentare un’opportunità per le commerciali di ampliare il proprio raggio d’azione a mercati più lontani, sulla scia di relazioni già instaurate il cui palco privilegiato, di conduzione strategica, rimarrebbe comunque il distretto sassolese. 318 ADESIVI E SIGILLANTI PER L’EDILIZIA: struttura settoriale e strategie aziendali (Tiziano Bursi – Luca Bortoli) 319 INDICE INTRODUZIONE p. 321 CAPITOLO 1 - I PRODOTTI, LA TECNOLOGIA E I CANALI DI VENDITA 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 Le origini e lo sviluppo: all’inizio il cemento Dal prodotto al “sistema di offerta” Il processo produttivo I clienti “target”: non solo acquirenti… I produttori: i piccoli ed il grande p. 323 p. 324 p. 327 p. 328 p. 330 CAPITOLO 2 - LA STRUTTURA SETTORIALE, LA COMPETIZIONE E LE STRATEGIE AZIENDALI 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 Premessa La domanda La struttura dell’offerta e le dinamiche concorrenziali L’innovazione: il campo del confronto I fornitori I nuovi entranti: ingresso facile, sopravvivenza difficile I prodotti sostituti: nulla di nuovo in vista p. 331 p. 331 p. 333 p. 338 p. 340 p. 341 p. 344 CAPITOLO 3 - IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE: DALL’ESPORTAZIONE ALLA MULTILOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 Apertura al mercato internazionale Motivazioni ed opportunità La frequentazione e il presidio dei mercati internazionali Modalità di entrata La riconfigurazione della catena del valore Le politiche di marketing internazionale Mercati vicini e mercati lontani p. 345 p. 346 p. 346 p. 348 p. 350 p. 351 p. 355 CAPITOLO 4 - LE PERFORMANCE ECONOMICO-FINANZIARIE DELLE IMPRESE 4.1 4.2 4.3 Premessa Dinamica del fatturato e struttura dei costi La struttura patrimoniale e finanziaria L’effetto dimensione sulle performance economiche delle imprese p. 358 p. 358 p. 360 p. 363 CONCLUSIONI p. 367 BIBLIOGRAFIA p. 370 320 INTRODUZIONE Il presente rapporto rientra in un più ampio progetto di ricerca “Il sistema ceramico italiano di fronte alla globalizzazione: strategie di impresa e strategie di sistema”, sviluppato da un team di ricercatori del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinato dal Prof. Tiziano Bursi. Comprendere i cambiamenti in atto nel sistema ceramico italiano, cogliere il possibile impatto sulla capacità competitiva e sulle strategie di mercato e di internazionalizzazione delle imprese italiane, costituiscono i principali obiettivi conoscitivi del lavoro di indagine. Un lavoro di ricerca che partendo dal cuore del sistema, e cioè il settore delle piastrelle di ceramica, ha interessato tutte le attività manifatturiere e di servizi legate alla produzione di piastrelle privilegiando quelle inserite all’interno del distretto di Sassuolo. Il presente rapporto è dedicato al comparto degli adesivi e sigillanti per l’edilizia, data l’importanza che ricopre soprattutto per l’applicazione di piastrelle. E proprio allo sviluppo della produzione di piastrelle di ceramica deve il suo decollo come comparto e la crescente affermazione delle imprese, alcune delle quali, in posizione di leadership sul mercato. Allo stesso tempo, diverse aziende ceramiche aggiungono il servizio della “posa in opera” al fine di poter fornire un prodotto “chiavi in mano”, dove la piastrella funge da “semilavorato”. In questa ottica i prodotti per la posa diventano un componente indispensabile dell’offerta e contribuiscono ad incrementare il prezzo della stessa. Si tratta di un comparto produttivo di nicchia, poco noto, che ha assunto una sua consistenza sul piano strutturale a partire dalla metà degli ani ’80, con l’ingresso di un numero di attori attratti dal potenziale di sviluppo di questi prodotti destinati all’applicazione di superfici. Di questa realtà settoriale l’analisi fissa la sua struttura, le dinamiche di mercato e soprattutto le strategie messe in atto dalle imprese su scala internazionale sia di tipo commerciale che produttivo. Il forte interesse assegnato alla dimensione internazionale vanno ricercate: • nel ruolo critico che assumono i prodotti adesivi e sigillanti per l’edilizia nello sviluppo della posa e nell’affermazione a livello globale dei prodotti ceramici; • nel coinvolgimento internazionale del comparto, sollecitato dalla natura del prodotto sulla scia dei processi di localizzazione della produzione di piastrelle di ceramica e di diffusione del suo consumo. L’analisi privilegia tutte le imprese collocate all’interno del distretto ceramico e quelle comprese all’interno dei confini della regione Emilia Romagna. Ne esce un campione significativo sul piano numerico e rappresentativo della realtà settoriale. Per lo svolgimento dell’indagine si è attinto ad informazioni e dati da fonti primarie e secondarie. Una indagine sul campo, condotta con questionario sottoposto alle imprese da un ricercatore con intervista diretta, ha fornito la parte predominante del materiale conoscitivo. Interviste in profondità con operatori aziendali del comparto, rivenditori, agenti di vendita e posatori hanno consentito di dare una vesta anche qualitativa alla ampia base numerica e quantitativa. Per quanto riguarda le fonti secondarie si è fatto riferimento a specifiche analisi sul settore chimico: articoli, ricerche, pubblicazioni settoriali e banche dati. L’ampio materiale raccolto sul campo arricchito di altri pezzi informativi estratti da fonti diverse, da racconti, storie ed amarcord è stato “posato” componendo un mosaico, dai tratti inediti che ci auguriamo di un qualche interesse. Il lavoro si divide in due parti. • La prima propone una lettura “allargata” del comparto nei suoi lineamenti strutturali, dimensione competitiva, aspetti tecnologici e specificità di prodotto e mercato. • La seconda parte restringe il focus alle imprese localizzate all’interno del distretto ceramico delle quali l’analisi approfondisce il tema dell’internazionalizzazione, quale innovazione più recente ed importante del comparto, e le performance conseguite sul piano economico-finanziario. 321 L’indagine sul campo è stato condotta nella primavera del 2006 ed ha coinvolto numerose imprese ed operatori che desideriamo ringraziare sentitamente. Tra questi un segno particolare di gratitudine, per la collaborazione offerta, va al Dr. Sighinolfi Riccardo di Adesital, Dr. Strucchi Umberto di Cercol, Dr.ssa Piccioni Stefania di Kerakoll, Dr. Turini Alessandro di Litokol, Dr. Matteuzzi Eusebio di Technokolla, Dr. Fenech Fabio di Mapei. 322 CAPITOLO PRIMO I PRODOTTI, LA TECNOLOGIA E I CANALI DI VENDITA 1.1 Le origini e lo sviluppo: all’inizio il cemento La storia del settore degli adesivi e sigillanti è andata di pari passo con l’evoluzione dei prodotti per la posa, che si sono succeduti nel tempo. Ai giorni nostri sembra fin troppo ovvia l’applicazione ad adesivo, ma non tutti conoscono qual era il procedimento comune di un tempo. In particolare l’analisi temporale del settore può essere suddivisa in tre momenti: • il periodo concomitante con l’uso del cemento; • il periodo in cui il prodotto innovativo, l’adesivo, riscrive l’offerta e la messa in opera; • l’ultimo periodo, equivalente agli ultimi decenni, in cui sono sorte linee diverse dalla consueta ed iniziale posa pavimentale. Fino agli anni ’60 i posatori di piastrelle di ceramica erano infatti obbligati a confezionare di volta in volta sul posto la tradizionale malta cementizia, il cosiddetto sistema di posa “a caricatura”, utilizzata sia per la formazione del massetto ospitante sia per la funzione di legante con le relative coperture. Era una procedura scomoda, macchinosa e lunga perché: • era alta la precisione imposta ai posatori nel sistemare le coperture, data la bassa malleabilità del cemento in casi di errori; • il metodo era possibile solo con determinati tipi di materiali rivestenti, data la successiva reazione chimica che tra materiali incoerenti avrebbe provocato ricadute formali; • la tiratura della base di supporto era eseguita a mano e richiedeva tempo e precisione costanti ed elevati; • era penalizzante soprattutto per superfici estese, richiedenti un lungo tempo di esecuzione senza interrompere la stesura. Infatti il supporto tirato non sarebbe più stato nelle condizioni ottimali di legare col cemento e di assorbire la piastrella, obbligando così gli applicatori a dover terminare il lavoro in giornata; • era un metodo ad elevato rischio di contestazione1; • spettava al posatore procurarsi gli inerti e i leganti, col rischio di approntare malte con qualità alle volte incerte, per di più contenute in confezioni pesanti e trasportabili nei cantieri solo con macchinari molto costosi; • non poteva essere utilizzato nelle ristrutturazioni con posa su pavimento preesistente. Occorre attendere la metà degli anni ’60 per poter disporre dell’adesivo. La nascita e la diffusione del nuovo materiale legante facilitò moltissimo il compito di stesura dei posatori in quanto permise di: • effettuare eventuali interruzioni di posa, data la proprietà dell’adesivo di amalgamarsi anche in tempi differenti, • velocizzare l’attività di messa in opera data la proprietà intrinseca dei materiali di consentire l’aggiustamento in corsa della copertura prevista, • disporre di materiali già preconfezionati e di qualità, sollevando i posatori da preoccupazioni di reperimento ed affidabilità, • consentire l’applicazione di differenti tipi di pavimentazione data la vasta articolazione di prodotti specifici ad ogni intervento, • creare nel tempo anche un vero e proprio design, in cui alla funzione di stesura si aggiunge anche quella decorativa. All’inizio i posatori mostrarono diffidenza verso il nuovo prodotto, ma non appena si accorsero dei vantaggi pratici e prestazionali, non esitarono ad accettare in via definitiva l’adesivo e la relativa modalità di posa innovativa. Il compito dei posatori fu inoltre semplificato da confezioni di diverso formato, da materiali leggeri, nonché da apparecchiature ed accessori che riducono la fatica fisica nei lavori. Il settore degli adesivi e sigillanti si è evoluto grazie alle ricerche effettuate dalle imprese produttrici che hanno contribuito ad introdurre prodotti sempre migliori, dalle performance superiori, più duraturi ed affidabili, ma soprattutto rispondenti a tipologie diverse di pavimentazioni: ceramica, legno, gomma, linoleum e pietre naturali. 1 Spesso, specie nei mesi caldi, venivano stese delle malte molto umide e con il tempo (dopo 3-4 anni) erano molto frequenti fenomeni di “tiratura” del supporto: il cemento riducendosi di volume tirava le piastrella facendola crepare. 323 Un contributo particolare proviene anche dal settore ceramico che dischiuse molte opportunità alle imprese di adesivi nel creare prodotti particolari anche per lo stesso tipo di copertura. La forte unilateralità del prodotto non è spiegata solo nell’incapacità tecnica di legare superfici diverse ma addirittura tra quelle appartenenti alla stessa categoria, così esistono per esempio adesivi specifici anche per ogni tipo di piastrella, gomma e via dicendo. Una volta affermatosi, il prodotto adesivo ha visto una progressiva diversificazione della gamma di offerta volta a soddisfare differenti funzioni d’uso: già dagli anni ’70 sono stati studiati sistemi tecnici di impermeabilizzazione, deumidificazione, isolamento acustico, accompagnati da appositi materiali in grado di fornire soluzioni in campo edilizio. Oggi la posa “ad adesivo” è quella più adottata dai posatori sia per motivi economici (è più remunerativa) sia perché la nuova generazione è incapace di praticare il sistema precedente. In Italia e negli altri mercati consolidati la maggior parte dei prodotti è in fase di maturità, essendo la loro diffusione ormai stabilizzata e senza particolari innovazioni stravolgenti la funzionalità. Ciò che impegna le imprese è la continua progettazione di materiali più leggeri, altamente qualitativi sul fronte della prestazione. Nei paesi a maggior crescita economica ed a forte sviluppo dell’edilizia, si stanno aprendo grandi spazi ed opportunità per la diffusione dell’arte della posa e dei prodotti di base. Il futuro del settore pare proprio quello di aprire le porte della posa a nuovi mercati, geograficamente lontani ma al tempo stesso sempre più vicini alla cultura edile occidentale, in cui essa assume sempre più connotati decorativi: per quelle imprese che ambiscono ad aumentare la propria posizione competitiva, e che dispongono di possibilità economiche sufficienti, sorge l’obbligo di iniziare una importante “colonizzazione” dei territori anche in continenti fino a poco tempo fa impensabili. 1.2 Dal prodotto al “sistema di offerta” Nel comparto degli adesivi e sigillanti, a definire l’offerta finale concorrono diverse dimensioni (il prodotto, il servizio, le opportunità di mercato), che solo sommate l’una all’altra rendono evidente la complessità e la particolarità del business. a - Il prodotto Le caratteristiche peculiari che un prodotto ausiliario per la posa deve possedere per ben competere sul mercato, sono molteplici: durabilità/resistenza, innocuità per l’ambiente e per l’uomo, leggerezza, impermeabilità, rapidità d’applicazione ed elasticità. La maggior parte degli attributi intrinseci è rivolta agli applicatori, per rendere più rapido, meno faticoso e più qualitativo il loro intervento. In tema di posa esistono diverse famiglie di prodotti che trovano diversi momenti applicativi e che a loro volta assolvono a funzioni e bisogni specifici e si rifanno a diverse momenti (Tab. 1.1). Tabella 1.1 – I prodotti per la posa BISOGNO SPECIFICO FASE DI APPLICAZIONE PRODOTTI PREVISTI Allestimento sottofondi Preparazione Rivestimento pavimentale e murale Stesura Malte, additivi di macinazione, livellanti, autolivellanti, leganti e impermeabilizzanti Adesivi Decorazione pavimentale e murale Rifinitura Sigillanti e riempitivi per fughe Fonte: Ns. elaborazione L’applicazione dei prodotti per la stesura di pavimenti e pareti è spesso preceduta dalla fase di preparazione dei sottofondi, ossia quella che impegna i posatori nell’allestimento e nella lisciatura delle superfici affinché siano 324 nelle perfette condizioni per accogliere le diverse coperture. Per la fase di preparazione i materiali utilizzati sono rappresentati da: • Leganti. Sono miscele idrauliche speciali utilizzate per la costruzione dei massetti, ovvero le superfici che in un secondo momento devono essere posate2. Assicurano bassi tassi di umidità residua, un’alta resistenza ed assicurano l’assenza di fessurazioni e crepe dovute al ritiro. • Livellanti e Autolivellanti. Sono premiscelati a base di cementi, leganti ed additivi, idonei a garantire la lisciatura di pavimentazioni dai fondi irregolari e non planari prima della posa. Si differenziano a seconda dello spessore minimo e massimo previsto, e assicurano un indurimento e un’asciugatura ultrarapidi. • Rasanti. Sono anch’essi premiscelati a base di cementi ed additivi e servono per la regolarizzazione dei sottofondi per la successiva posa. Si differenziano per le diverse tipologie di pavimenti e pareti da rivestire, per il diverso spessore da assicurare e impediscono lo scivolamento verticale. • Additivi. Possono assumere la forma di polveri, paste, liquidi a granulometria differenziata a seconda della funzionalità, e servono a migliorare la coesione tra gli impasti, ad esaltare e a migliorare l’adesione/elasticità di malte su superfici difficili, a rendere più impermeabile una superficie o ad attenuare il ritiro idraulico e la formazione di microfessure. • Impermeabilizzanti: vengono utilizzati prima della posa delle piastrelle in balconi, terrazze e piscine. Si tratta di prodotti spesso “annegati” in una rete di fibra di vetro in uno spessore di pochissimi millimetri evitano che eventuali infiltrazioni di acqua possano penetrare nei sottofondi e col tempo danneggiarli. Una volta messa a punto la superficie orizzontale o verticale si può procedere finalmente alla fase successiva di posa dei differenti tipi di coperture e rivestimenti e cioè di stesura. A tale scopo i prodotti impiegati appartengono alla vasta categoria degli: • “Adesivi”. Dal punto di vista tecnico gli adesivi sono sostanze in polvere semisolide o in pasta, grazie alla loro proprietà chimica di legante che si manifesta attraverso la trasformazione dallo stato liquido a quello solido del materiale mediante un processo di raffreddamento, ovvero grazie all’azione di uno sforzo di compressione. L'innovazione continua di prodotto ha permesso alle imprese di ampliare il campo d'applicazione, espandendo la versatilità degli adesivi alle seguenti tipologie di copertura: piastrelle di ceramica, marmo, pietre naturali, legno, linoleum, gomma, vinile ed altri ancora. Al momento sono individuabili tre tipi di adesivi ossia quelli cementizi, usati più comunemente per ambienti esterni, quelli in dispersione per rivestimenti interni e quelli a base di resine reattive per impieghi particolari. I successi tecnici riscontrati nella posa sono individuabili nella maggiore aderenza, precisione e durevolezza nel tempo, garantendo soprattutto un'affidabilità totale ai professionisti. In particolare per quanto riguarda la posa di pareti, una caratteristica molto rilevante è lo scivolamento verticale nullo, che evita la colatura del materiale e le relative perdite di tempo. Le più recenti colle inoltre sono più fluide, superano quelle vecchie dure e viscose, abbattendo così la fatica, velocizzando la posa e migliorando la qualità del lavoro in cantiere. Successivamente alla stesura di superfici orizzontali e verticali è compito degli specialisti uniformare le fughe tra le coperture con prodotti specifici che in questi ultimi anni stanno assumendo sempre più valenza decorativa, ovvero: • I sigillanti. Sono paste incollanti siliconiche specifiche per la sigillatura impermeabile dei supporti inassorbenti oppure per giunti di deformazione, dilatazione, frazionamento di diverse superfici, che presentano appunto cavità e interstizi. La loro funzione non è dunque solo quella adesiva ma anche isolante e protettiva, garantendo nel tempo elevati livelli di elasticità, continuità termica ed estetica, non che maggiori livelli di resistenza al gelo, alla luce solare, agli agenti atmosferici, ai detergenti industriali, all'invecchiamento. 2 Possono essere già pronte e quindi superano le difficoltà di reperimento di materiali inerti che impediscono anche errori di dosaggio, oppure da preparare, utilizzando i premiscelati. Le soluzioni si differenziano sia per la particolarità del massetto, del suo spessore e del relativo tipo di copertura, sia per la destinazione (pavimentazioni interne ed esterne). 325 • Gli Stucchi. Sono premiscelati colorati ad alta resistenza, idonei per la stuccatura o il riempimento di fughe tra superfici. Sono disponibili per qualunque tipologia di copertura. Possono consistere in finiture lisce o levigate, assicurano un ridotto assorbimento d’acqua, in aggiunta ad una costante durezza nel tempo. Permettono una facile lavorabilità e una forte adesione senza cali e ritiri nella fase di indurimento oltre ad una rapida pulibilità. E’ uno dei prodotti che più esalta l’opera finale grazie alla disponibilità di una vasta gamma di colori e sistemi cromatici che garantiscono un alto valore aggiunto e una sicura valenza decorativa. b - Il servizio e gli attributi estrinseci Ai fini competitivi è importantissimo anche il contributo fornito da una ampia gamma di servizi che rappresenta il segnale importante di impegno e di importanza dedicati dal produttore alla propria clientela (Tab. 1.2). Tabella 1.2 – I servizi offerti TARGET DI CLIENTELA SERVIZI OFFERTI/RICHIESTI DISTRIBUTORI • • • • • Formazione e aggiornamento del personale di vendita Informazione tecnica completa sui prodotti in uscita Tempi di risposta nel “problem solving” Tempi di consegna Packaging differenziato ed attraente POSATORI • • • Assistenza tecnica Formazione e aggiornamento Informazione tecnica dei prodotti in uscita Fonte: Ns. elaborazione Per i distributori è importante poter disporre di un servizio di formazione del personale di vendita e di informazione-aggiornamento dei prodotti in vendita. Allo stesso tempo, diventa cruciale poter contare su tempi di risposta veloci in caso di reclami da parte della clientela o di richieste di rapida consegna da parte della stessa, onde evitare improvvise rotture di stock di prodotto. Il servizio di packaging è offerto sia per dare un aspetto più attraente al prodotto ma soprattutto per dare l’opportunità al rivenditore di offrire agli utilizzatori finali materiali più pratici e disponibili in formati diversi. Per le grandi imprese edili e quelle di posa il servizio di assistenza tecnica è decisivo data la loro necessità di sapere, sia nel momento di formulazione sia in quello di applicazione, in quale situazione il prodotto va applicato. A tale scopo ogni impresa produttrice dispone al suo interno di un gruppo di assistenti e consulenti che ha il compito di formare direttamente gli applicatori sulle tecniche di esecuzione, di suggerire loro i materiali più idonei guidandoli nelle risoluzioni di interventi specifici, garantendo un aggiornamento tecnico anche sui prossimi in uscita. L’impegno industriale di voler comunicare direttamente con gli specialisti della posa è più che altro un obbligo: il buon esito dell’intervento di posa non dipende solo dalla performance qualitativa del prodotto ma assume un peso determinante soprattutto l’abilità professionale dei posatori. c - Le opportunità di mercato Per il produttore di adesivi e colle non è sufficiente proporre un prodotto con buone caratteristiche tecniche né è sufficiente valorizzare le differenze che nascono dagli attributi estrinseci: occorre vendere opportunità, ossia evidenziare nuove prospettive ed utilizzi che possono nascere. Questa terza componente presuppone la conoscenza delle dinamiche di mercato delle necessità del cliente, in modo tale che combinandole con le caratteristiche dell’offerta si possa dimostrare quale contributo potrà dare il nuovo materiale. I rivenditori sono spesso sommersi di cataloghi e depliant che descrivono dettagliatamente le caratteristiche dei materiali offerti, ma ciò che più importa loro è il miglioramento del business e quindi le potenzialità derivanti dalla commercializzazione del nuovo prodotto. Spesso si dà per scontato che i clienti sappiano sempre cosa conviene loro, che sappiano come ottenere il massimo beneficio dai prodotti che acquistano. E’ invece compito del produttore di adesivi e sigillanti evidenziare anche la “dimensione potenziale” del prodotto, enfatizzando le opportunità di crescita per il punto di vendita, ed in 326 quest’ottica ampliare anche le prospettive dell’utilizzatore finale sulla valorizzazione delle superfici e degli spazi, illustrando i vantaggi che possono derivare dall’impiego ottimale dei materiali proposti. 1.3 ll processo produttivo Il processo produttivo dal quale si ottengono i prodotti per la posa presenta alcune caratteristiche specifiche e vincolanti: elevata intensità di capitale, non scomponibilità ed esternalizzazione di fasi del ciclo di produzione ed elevato rapporto costi fissi/costi variabili. Tutto questo induce le imprese a dimensionare gli impianti con elevata capacità produttiva in uscita, a ricercare economie di scala e ad adottare il ciclo completo di produzione (Fig. 1.1). Una corretta programmazione di produzione è inoltre una componente indispensabile in quanto si tratta di prodotti deperibili (scadenza tra i 6 e i 12 mesi dalla data di produzione). Figura 1.1 - Le fasi del ciclo produttivo Controllo materie prime in entrata Dosaggio materie prime Mescolatura impasto 1 2 3 Stoccaggio Controllo qualità Confezionamento 6 5 4 Fonte: Ns. elaborazione 1 - Le materie prime approvvigionate3 sono oggetto di un attento controllo iniziale per verificare la loro qualità: il processo è automatico e avviene attraverso un rilevatore di purezza che analizza le diverse sostanze e valuta la loro bontà. I prodotti finiti derivano dall’aggregazione fisica delle sostanze “povere”, così chiamate per la loro scarsa qualità intrinseca. 2 - Le materie prime attraverso sistemi automatici, cocle di estrazione o celle di carico, sono sottoposte ad una prima operazione di pesatura e dosaggio. 3 - La mescolatura avviene in miscelatori a secco, che automaticamente le trasformano in prodotti finiti. Il processo è organizzato per linee di impianti di grandi dimensioni, che consentono di fruire di economie di scala e di godere al contempo anche di economie di scopo vista la polivalenza degli stessi impianti nel trattamento di materiali diversi. 4 - I prodotti finiti, così ottenuti, sono confezionati automaticamente mediante apposite insaccatrici. I pallettizzatori poi ridistribuiscono omogeneamente i vari prodotti finiti per funzione di utilizzo, che attraverso l’incappucciatrice finale, sono introdotti nei sacchi. 5 - Il controllo dei prodotti, o come viene definita in termini tecnici, la “prova iniziale di tipo”, avviene attraverso test in appositi laboratori per verificare la loro esatta composizione e conformità alla normativa UNI EN ISO 9001:2000. 6 - Lo stoccaggio finale dei diversi prodotti finiti, avviene con la collocazione nei magazzini, già pronti per la consegna secondo il metodo “first in first out”. La tecnologia è incorporata sia nell’insieme degli impianti per la produzione sia in quella riguardante i laboratori e i centri di ricerca atti a creare i materiali con alte prestazioni ed innocui per la salute dell’uomo. Dato l’alto grado di automazione, la produzione in sé risulta “capital intensive” ed assorbe un modesto contenuto di fattore lavoro ad eccezione della fase di stoccaggio. I pochi addetti alla produzione si distinguono per i seguenti ruoli: 3 Le materie prime sono composte da diverse sostanze inorganiche: sabbie carbonate o silicee e ghiaia silicee con funzione di componenti intermedi; resine acetoviniliche, cementi ed eteri cellulosa in funzione di leganti; additivi chimici in funzione esaltante; pigmenti inorganici in veste di coloranti. 327 • Responsabile tecnico di qualità = addetto al controllo di qualità in entrata e in uscita delle materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Il controllo della produzione in fabbrica è un sistema decisivo affinché il produttore sia autorizzato ad apporre la tipica marcatura CE4. Il produttore inoltre deve preparare e conservare una dichiarazione di conformità scritta nella lingua del Paese di destinazione del prodotto5. • Responsabile di produzione = addetto alla movimentazione tra le linee di produzione delle materie prime in lavorazione, e dei prodotti finiti ai magazzini per la pronta consegna. • Assistente tecnico = figura che non partecipa direttamente alla produzione ma la sua importanza si spiega nel momento di applicazione del prodotto, fase in cui il cliente utilizzatore ha bisogno di consulenza nella scelta dei materiali più idonei all’uso, nelle modalità di intervento e nella formazione/aggiornamento con incontri tecnici ad hoc. La qualità del servizio di assistenza tecnica si misura nella velocità di risposta, sia dall’Ufficio Tecnico sia con sopralluoghi direttamente in cantiere per verificare lo stato effettivo dei lavori, e dalla capacità di “problem solving” ai clienti. 1.4 I clienti “target”: non solo acquirenti… L’offerta di prodotti ausiliari per l’edilizia è indirizzata a un gruppo preciso di clienti, formato da: • Distributori e rivenditori di materiali edili. I rivenditori specializzati svolgono la funzione di intermediazione tra il produttore e il posatore. In Italia la categoria è formata da numerosi punti di vendita al dettaglio o all’ingrosso sparsi su tutto il territorio, che non si limitano solo alla vendita dei vari adesivi e sigillanti, ma forniscono alle imprese edili e di posa anche i prodotti correlati, cioè le piastrelle ceramiche, gli accessori di lavoro, i materiali di impasto come sabbie, cemento, per qualunque tipo di intervento. In ogni punto vendita il prodotto chimico rappresenta solo una parte di completamento della gamma di materiali offerti, nella quale prevalgono quelli di copertura e quelli intermedi di costruzione; di conseguenza sorge la necessità di contenere i costi di gestione del magazzino e di massimizzare lo spazio critico non solo ad esso riservato, ma soprattutto quello espositivo privilegiando i prodotti con marchio forte, ampio assortimento, conosciuti e richiesti dagli utilizzatori nell’area di mercato di pertinenza. Tutto questo relega al margine i rapporti con produttori locali di adesivi e colle che operano su scala artigianale incapaci di esprimere una pari forza di mercato. In altre parole è il mercato intorno al rivenditore che influenza e veicola la valutazione e la scelta di un partner di fornitura rispetto ad un altro, attribuendo alle imprese di costruzione e di posa il ruolo di decisori finali. Ulteriori attributi e parametri che influenzano la selezione tra marche diverse sono: la qualità dei materiali, intesa come durabilità nel tempo ed immunità da eventuali “ricadute” la capacità di innovazione del produttore, che si manifesta nella proposta di nuovi prodotti a più elevato grado di affidabilità e contenuto tecnico il servizio offerto (di assistenza tecnica, di rapidità nella consegna e nella risposta ad eventuali problemi) l’esperienza nel settore, collegata alla capacità di “problem solving” del produttore il prezzo, data l’esigenza di dover distribuire successivamente i prodotti agli applicatori a condizioni competitive. • Imprese edili. Le imprese di costruzione lavorano in cantieri di grandi dimensioni, su commesse importanti e necessitano di ingenti forniture: per tali ragioni conviene loro approvvigionarsi dei materiali direttamente dai produttori “saltando” la distribuzione commerciale. in quanto stabilisce e documenta le procedure per la verifica dei materiali in ingresso, delle attrezzature di controllo e di prova, del processo di produzione e dei prodotti finiti 5 Il nome e l’indirizzo del produttore, la descrizione del prodotto, le disposizioni alle quali il prodotto è conforme, le particolari condizioni applicabili all’impiego del prodotto, il nome e l’indirizzo del laboratorio notificato, la qualifica di chi firma. 4 328 • Imprese di posa. Le imprese di posa (posatori individuali oppure organizzati sotto forma societaria) specializzate nella stesura di coperture pavimentali e murali sempre in ambito edilizio che si riforniscono, invece, dai rivenditori. Entrambe le figure rappresentano l’ultimo anello della catena e si addossano l’intera responsabilità del risultato finale, ovvero la funzionalità e la durabilità dei prodotti sono strettamente legate alle abilità professionali e manuali di un comune specialista: il posatore. La figura del posatore ha subito nel corso del tempo una significativa evoluzione a seguito del susseguirsi di diverse generazioni di posatori che si sono tramandate le tecniche di posa: da quelli operanti col sistema iniziale e tradizionale “a caricatura”, fino a quelli più recenti o “moderni” che lavorano “ad adesivo”, e che sfruttano le innovazioni radicali che semplificano le modalità di esecuzione della posa. Questi operatori - data l’assenza di scuole o percorsi formativi - hanno appreso sul campo e dalle generazioni precedenti la tecnica di posa ed i segreti di questa attività6, Ciò fa si che a volte “l’offerta di prodotti corra più velocemente della domanda” venendosi a creare situazioni in cui l’arretratezza “manuale” dei posatori italiani, li fa sentire impreparati di fronte a nuovi prodotti o metodologie di utilizzo. Lo specialista di posa è rappresentato dai semplici artigiani che possono operare individualmente, oppure dare vita ad imprese di posa di varie dimensioni, o allo stesso tempo subappaltare ad altri posatori o imprese di costruzione i lavori presi in affidamento. Non sono da escludere episodi nel tempo in cui posatori si siano trasformati in rivenditori, o posatori che contemporaneamente abbiano costituito propri punti di vendita, nei quali commercializzare i prodotti da loro stessi utilizzati. Il posatore non intrattiene relazioni dirette con i produttori di adesivi e colle: il rapporto è mediato dall’agente di zona, che lo indirizza verso la rivendita più vicina. Nella selezione del prodotto da utilizzare, il posatore è solitamente influenzato dall’immagine del brand e dal modo in cui esso viene promozionato all’esterno: la maggior parte degli operatori infatti si lascia trainare dal prodotto più noto e maggiormente reclamizzato, associando ad esso un livello maggiore di qualità, durabilità e facilità di applicazione, tutti attributi che, nell’interesse del posatore, possono apportare benefici alla sua prestazione di lavoro. Questo però non significa che tutti gli interventi di posa necessitano di prodotti altamente qualitativi, bensì possono verificarsi casi in cui la funzione “base” di copertura sia la sola richiesta, a scapito di quella decorativa. Vi sono, infatti, prodotti di qualità utilizzati maggiormente in grandi opere edilizie pubbliche nelle quali sono richieste miglior prestazioni nonché effetti “emozionali”. Al contrario, nel caso di costruzioni e rifacimenti residenziali vi sono acquirenti “privati” più interessati al contenimento del costo dell’opera che non al risultato ottenuto sul piano estetico. Quanto detto pone i produttori di adesivi e colle di fronte a segmenti di clientela diversi per la posizione occupata all’interno della filiera dell’edilizia e quindi anche per tipologia e varietà di bisogni espressi (Tab. 1.3). Tabella 1.3 – Le esigenze della domanda CLIENTELA TARGET Bisogni Distributori Imprese edili e di posa Pre-confezionamento prodotti Qualità (resistenza/ durabilità prodotti) Facilità e velocità di applicazione Leggerezza materiali Innocuità fisica Prezzo Ampiezza e profondità gamma Prezzo Qualità Fedeltà commerciale Opportunità di crescita commerciale Servizio Fonte: Ns. elaborazione Le categorie di domanda premono su attributi diversi dell’offerta: i distributori si preoccupano di servire al meglio gli utilizzatori proponendo loro sia un assortimento vasto e completo sia gestendo prodotti appartenenti a 6 Solo recentemente grazie all’istituzione di corsi di formazione e di aggiornamento promossi dalle associazioni di categoria e da alcuni produttori del settore è stato possibile favorire la conoscenza e l’adozione di nuove tecniche e modalità applicative. 329 fasce diverse di prezzo; i posatori sono interessati al prezzo ed allo stesso tempo sono attenti alle caratteristiche tecniche dei prodotti, affinché esaltino le abilità e semplifichino le prestazioni manuali. Per quanto attiene all’approccio al mercato e alle relazioni di canale, il canale di vendita produttore-cliente è di tipo indiretto, ovvero si concretizza mediante l’intermediazione di un agente di vendita, che opera su zone ben definite di competenza, e remunerato a provvigione in base alle vendite realizzate (Fig. 1.2 ). Figura 1.2 – Il canale di vendita PRODUTTORE AGENTE DI ZONA RIVENDITORE IMPRESA EDILE/ DI POSA Fonte: Ns. elaborazione L’ agente di zona relaziona e ha funzioni diverse con la domanda a seconda che essa sia rappresentata da un rivenditore o un posatore. Nel primo caso nasce un rapporto di fornitura che avviene tipicamente nelle fiere di settore, l’occasione ideale sia per promuovere le vendite, presentare nuovi prodotti e fornire informazioni. In alternativa è l’agente che avvicina il rivenditore, muovendosi nel territorio di competenza alla ricerca di nuovi punti di vendita in cui collocare il proprio portafoglio-prodotti. Il contatto diretto con il posatore (sia esso un’impresa edile o di posa), invece, non ha natura commerciale bensì consulenziale: consigliare (di solito coadiuvato da un assistente tecnico) i prodotti più idonei per determinati interventi e di segnalare i punti vendita presso i quali è possibile acquistarli. L’agente di zona è quindi un intermediario dotato di un mix di competenze commerciali e tecniche, esercita una importante funzione informativa (aggiornamento dei prodotti in uscita) e formativa (presentazione ed avvicinamento degli applicatori alle nuove tecniche di posa). Per quanto riguarda la natura del suo contratto, l’agente di vendita può rappresentare una sola impresa (monomandatario), in genere una delle grandi imprese leader del settore che desiderano vendere “su esclusiva”. Al contrario possono gestire un portafoglio più allargato di marchi (plurimandatario), operando in questo caso per conto di piccole e medie imprese. 1.5 I produttori: i piccoli ed il grande I produttori italiani di adesivi e sigillanti per l’edilizia sono rappresentati sia da realtà industriali di piccole e medie dimensioni, sia da grandi imprese che col tempo hanno saputo estendere i propri confini, servendo anche dall’interno i mercati esteri. Il mercato presenta caratteristiche spiccatamente locali: i materiali sono intrinsecamente “poveri” con un rapporto peso/prezzo penalizzante (l’incidenza dei costi di trasporto è assai elevata e diventa proibitiva, salvo per i prodotti qualificati, per distanze superiori a 500 Km), spingendo la maggior parte delle aziende a servire solo la domanda locale. Se si aggiunge il modesto valore medio delle commesse (gli ordini di valore superiore a 100 mila Euro sono una rarità) si capisce perché le grandi multinazionali della chimica siano rimaste fuori dal mercato degli adesivi e sigillanti per l’edilizia. Esistono poi anche piccole imprese locali di dimensioni artigiane che creano e forniscono colle ai rivenditori del luogo, ma il prodotto incontra difficoltà ad affermarsi in quanto il mercato preferisce affidarsi ai prodotti sicuri, realizzati dalle aziende consolidate. Il settore vede Mapei in posizione dominante. Mapei - il nome significa “Materiali ausiliari per l’edilizia e l’industria” - nata nel 1937 a Milano, è uno tra i leader mondiale nel settore degli adesivi e prodotti complementari per la posa di pavimenti e rivestimenti e prodotti chimici per l’edilizia. Sorta come piccola impresa familiare, Mapei oggi è una “multinazionale portatile”: alla fine del 2005, infatti, è la capogruppo di 41 consociate, 46 stabilimenti produttivi nel mondo operanti in 21 paesi, a copertura di tutti i continenti, 7 centri di Ricerca e sviluppo. Il fatturato nel 2005 ha superato 1.200 milioni di euro, l’occupazione totale conta oltre 4.100 addetti. All’interno del distretto ceramico tra le varie iniziative sorte nel corso del tempo, quella che spicca maggiormente per ritmo di crescita e spirito innovativo è certamente Kerakoll. Nata nel 1968 da una iniziativa imprenditoriale individuale, al 2005 realizza un fatturato di oltre 250 milioni di euro che la pone al 5° posto su scala internazionale, occupa oltre 850 addetti, opera attraverso 13 società, 7 stabilimenti produttivi di cui 3 all’estero, 3 centri di ricerca e 1 scuola di formazione. Il fatturato si rivolge per il 30% all’estero e si distribuisce tra oltre 15 paesi sparsi su diversi continenti. 330 CAPITOLO SECONDO LA STRUTTURA SETTORIALE, LA COMPETIZIONE E LE STRATEGIE AZIENDALI Premessa Nel capitolo precedente sono stati introdotti gli aspetti definitori del comparto dando la precedenza al prodotto nelle sue diverse tipologie ed applicazioni, agli attori variamente posizionati lungo la filiera monte-valle ed alle specificità del processo produttivo. Il quadro che ne esce è un quadro statico, nel quale sono state posate solo alcune componenti hard. Con questo capitolo, l’analisi ci mostra invece il comparto in “movimento“: comportamenti degli attori in gioco, dinamiche competitive e sentieri innovativi. Per riprendere il comparto in azione si è lavorato sul campo presso le imprese dentro e fuori dal distretto, presso gli attori collocati a monte e valle della filiera. Di questi protagonisti, abbiamo ripreso le rispettive modalità di presidio delle posizioni sul mercato, le correzioni di rotta introdotte al variare del contesto ambientale ed al dispiegarsi di nuove opportunità. Molte delle indicazioni estratte hanno una valenza generale e possono estendersi all’intero comparto, mentre altre - quali la quantificazione puntuale di alcune grandezze economiche o la definizione di determinate dinamiche – devono essere ricondotte ad un ambito più circoscritto: quello delle imprese produttrici di adesivi e sigillanti localizzate all’interno del distretto ceramico o nelle immediate vicinanze (ambito Regione Emilia Romagna). 2.1 La domanda La domanda che si rivolge alle imprese produttrici di adesivi e sigillanti localizzate nell’area ceramica di Sassuolo, è articolata in due categorie: le imprese di costruzione/di posa e i rivenditori specializzati di materiali edili (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Comparto adesivi e sigillanti: distribuzione % del fatturato per tipologia di clientela al 2005 5% Imprese edili/ di posa Rivenditori specializzati 95% Fonte: Rilevazione diretta Alla clientela commerciale si indirizza oltre il 95% delle vendite del settore relegando la clientela industriale in posizione nettamente marginale. Ciò va ricondotto da un lato alla scarsa presenza di grandi imprese di costruzione/di posa con le quali intrattenere relazioni dirette ed ancor più al ruolo di raccordo ricoperto dalle strutture distributive (rivenditori specializzati) tra produttori ed utilizzatori. I magazzini di cui dispongono solitamente le imprese edili maggiori fungono anche da punti di vendita dei materiali in eccesso: movimentando enormi quantitativi di ordinazioni, conviene loro trattare direttamente col fornitore per ottenere condizioni commerciali più vantaggiose, siglando accordi commerciali che consentono al produttore di stabilizzare il rapporto e i fatturati nel tempo. Al contrario il prezzo praticato alle imprese edili e di posa di minori dimensioni è più elevato a parità di tipologia e quantità: ciò deriva principalmente dai differenti costi di confezionamento, di distribuzione e dal mark-up praticato dal rivenditore, per il servizio di intermediazione. La struttura della clientela risulta “polverizzata”, ogni impresa distribuisce le vendite su un portafoglio-clienti pari a migliaia di acquirenti solamente in Italia. Se una piccola impresa può, infatti, intrattenere fino a 3.000 relazioni commerciali, una grande impresa può estendere questo numero fino a 30.000. 331 A questa polverizzazione della domanda “finale” espressa dagli utilizzatori si accompagna una frammentazione altrettanta spinta della rete di rivenditori specializzati: punti vendita tradizionali, di piccola dimensione, con limitata capacità di acquisto che coprono in modo uniforme tutto il territorio (Fig. 2.2). Figura 2.2 - Comparto adesivi e sigillanti: incidenza % sul fatturato totale realizzato dai clienti al 2005 5% 10% 90% 95% Maggior cliente Tre maggiori clienti Resto Resto Fonte: Rilevazione diretta Il rapporto che lega il produttore e il rivenditore è solitamente di lungo corso, intenso e basato sulla fedeltà alla o alle marche presenti: alla cessazione del rapporto e quindi alla sostituzione del partner si giunge solo in presenza di mancanze molto rilevanti di una parte o per modifiche che stravolgono le condizioni della relazione commerciale. La scelta dei rivenditori di avviare relazioni di fornitura privilegiate se non esclusive con un produttore di adesivi è frequente e risponde ad un duplice intento: acquisire peso contrattuale nei confronti del fornitore per tradurlo in migliori condizioni commerciali e instaurare una vera e propria partnership strategica per conquistarsi una posizione di prestigio, di fiducia e preferenza. La diffusione di simili relazioni di canale porta, in Italia, alla formazione di veri e propri “feudi” distributivi, ovvero territori definiti e circoscritti sui quali il produttore espande la sua azione di mercato assicurandosi una base di domanda sicura ed autonoma: la sottrazione di punti vendita da parte di un concorrente - qualora la relazione si mantenga su livelli di reciproca soddisfazione - appare una possibilità assai remota. A cimentare il rapporto concorre, inoltre, l’elevato grado di fedeltà alla marca, unitamente alla scarsa sensibilità della domanda a variazioni esigue di prezzo. La decisione di legarsi ad un solo fornitore allo scopo di instaurare una relazione fiduciaria e duratura nel tempo non è altro che la reazione dovuta all’incertezza informativa (collegata ai “costi di conversione”) riguardo la difficoltà di diagnosticare non solo la qualità del prodotto e la sua funzione d’uso ma anche gli aspetti intangibili valutabili soltanto nel momento in cui il cliente li sperimenta, come la qualità del servizio di assistenza e la capacità di “problem solving” del fornitore. In termini di mercati geografici di sbocco, i nostri produttori di adesivi, tendono a privilegiare la domanda locale e limitrofa (Fig. 2.3). Il motivo è da ricollegare ai penalizzanti costi di trasporto che incidono considerevolmente sul prezzo finale e che precludono relazioni di mercato con l’estero basate su flussi di esportazione. Ciò incoraggia le imprese – come nel caso di alcune realtà aziendali emiliane meglio dotate sul piano finanziario e con strutture logistiche consolidate – ad attivare forme di presenza diretta e presidi stabili a difesa e ad incremento delle posizioni di mercato. Figura 2.3 – Comparto adesivi e sigillanti:ripartizione fatturato Italia/Estero al 2005 40% Italia 60% Fonte: Rilevazione diretta 332 Estero 2.2 La struttura dell’offerta e le dinamiche concorrenziali Le imprese produttrici di prodotti chimici per l’edilizia sono circa una ventina in Italia, sparse omogeneamente sul suo territorio, e circa la metà di esse è localizzata in Emilia Romagna (Tab. 2.1). Tabella 2.1 - Comparto adesivi e sigillanti: le imprese di produzione in Italia al 2006 RAGIONE SOCIALE LOCALIZZAZIONE REGIONE Adesital S.p.A. Ubersetto di Fiorano M. (MO) Emilia Romagna Cercol S.p.A. Sassuolo (MO) Emilia Romagna Kerakoll S.p.A. Sassuolo (MO) Emilia Romagna Technokolla S.p.A. Sassuolo (MO) Emilia Romagna Weber Broutin S.p.A. Fiorano Modenese (MO) Emilia Romagna Benfer Chimica S.r.l. Bazzano (BO) Emilia Romagna Litokol S.r.l. Rubiera (RE) Emilia Romagna Opera Forlì Emilia Romagna Rapid Mix S.r.l. Piacenza Emilia Romagna Mapei S.p.A. Milano Lombardia Fassa Bortolo S.r.l. Treviso Veneto SLC Padova Veneto Wellcom S.r.l. Venezia Veneto Seychelles S.r.l. Alessandria Piemonte Colmef S.r.l. Perugia Umbria Eurokoll S.r.l. Gualdo Tadino (PG) Umbria Laticrete S.r.l. La Spezia Liguria Torggler Chimica S.p.A. Bolzano Trentino Alto Adige Rossikoll S.r.l. Pescara Abruzzo Buffa S.r.l. Trapani Sicilia Sassari Sardegna Novacalce S.p.A. Fonte: Rilevazione diretta La maggior parte delle imprese è sorta tra la fine degli anni ’60 e la seconda metà degli anni ’70, ovvero nel boom dell’adesivo e della piastrella ceramica nel sistema della posa. Negli ultimi anni sono state pochissime le nuove entrate nel settore: nonostante dall’esterno il settore appaia fortemente attrattivo, le elevate barriere all’entrata esercitano una azione dissuasiva ad avviare iniziative produttive ex novo e a preferire l’ingresso attraverso acquisizione di aziende già presenti nel comparto o in quelli correlati. La maggior parte delle realtà industriali è costituita da PMI, autonome o appartenenti a gruppi societari. Poche le realtà produttive di grandi dimensioni che oltre ad avere una posizione dominante in Italia hanno già da tempo intrapreso un processo di internazionalizzazione. Il settore presenta una forte polarizzazione dimensionale. Poche imprese di medio-grande dimensione in posizione di controllo – con una quota di mercato prossima all’85% -, accanto ad una relativa pluralità di imprese minori che forniscono un apporto marginale al fatturato settoriale, nella misura del 15%. Ne deriva un assetto competitivo di tipo oligopolistico con un numero ristretto di grandi imprese che guidano il mercato e concentrano l’offerta con i loro prodotti (Fig. 2.4). 333 Figura 2.4 – Comparto adesivi e sigillanti: la struttura del mercato Differenziazione del prodotto Concentrazione dell’offerta ALTA BASSA ALTA Oligopolio differenziato Oligopolio omogeneo BASSA Concorrenza monopolistica Concorrenza perfetta Fonte: Ns. elaborazioni I produttori (i grandi) possono inoltre fare leva sulla differenziazione che connota la loro offerta e che viene esaltata da diversi attributi: • le caratteristiche fisiche e tecniche del prodotto per la particolare funzione d’uso (design, colore, peso, resistenza, impermeabilità, facilità d’applicazione); • le caratteristiche intangibili in termini di contenuto di servizio della relazione: grado di impegno nel rapporto col cliente, assistenza tecnica pre/post vendita, consegna, formazione e consulenza nell’applicazione dei materiali; • l’orizzonte spaziale, che spazia dal mercato domestico a quello internazionale, dove quest’ultimo esprime una eterogeneità di esigenze a cui devono seguire interventi e variegate modalità di risposta. Ciascun prodotto soddisfa alcuni clienti in determinati territori, e meno altri, a seconda della cultura edilizia insita in ciascun mercato e del livello tecnologico presente; • la verticalità, perché la qualità del prodotto richiede considerevoli investimenti nella R&S, che si traducono in barriere all’entrata. I prodotti di qualità inferiore e quindi di fascia “bassa” sono utilizzati per opere poco complesse e per clienti con una limitata propensione di spesa, mentre i restanti di fascia “alta” sono indirizzati verso una clientela esigente ed attenta al contenuto tecnico ed estetico. Le imprese studiano, così, in laboratorio soluzioni nuove ed innovative per assicurarne prestazioni superiori, l’inoffensività per l’uomo e l’ambiente, a giovamento dell’immagine aziendale. La percezione di differenziazione del prodotto da parte dell’utilizzatore si esprime dunque in termini di multidimensionalità, spiegata appunto dai differenti attributi intrinseci ed estrinseci: il rapporto produttoreacquirente industriale assume, così, la forma della dipendenza e dell’alimentazione reciproca, viste l’ampiezza delle esigenze e l’offerta di prodotti molto specifici. Con la loro evoluzione hanno influenzato le dinamiche del mercato, definito le variabili critiche ed i fattori di successo nella competizione (Tab. 2.2, Tab. 2.3). Nella fase iniziale (stadio embrionale) il mercato vede dal lato dell’offerta un solo produttore innovatore che rivolge, ad una domanda diffidente davanti all’innovazione radicale, un’offerta composta in prevalenza da adesivi e materiali per la preparazione del sottofondo: i volumi non consentono di dispiegare una capacità produttiva capace di alimentare economie di scala; la modesta capacità competitiva del prezzo frena la redditività. 334 Tabella 2.2 – Comparto degli adesivi e sigillanti: evoluzione Embrionale (anni ’60) Vendite/prodotto contenute Utilizzatori/acquirenti pochi, i primi adottanti Sviluppo (1) Anni ‘70 (2) Anni ‘80 forte crescita Numero e caratteristiche dei concorrenti solo il pioniere consolidamento dell’offerta competizione difensiva / aggressiva per la quota di mercato competizione per conquistare quote di mercato specializzazione produttiva Sviluppo delle vendite Livello di redditività rapido moderato stagnazione forte espansione della base di utilizzatori visti i vantaggi apportati dal prodotto nuovi entranti differenziazione dell’offerta rapido alto Maturità (anni ’90) stabilizzazione della base di utilizzatori concentrazione della base produttiva difesa della quota di mercato miglioramento condizioni di efficienza e riduzione dei costi rallentato alto moderato Fonte: Ns. elaborazione Tabella 2.3 – Comparto degli adesivi e sigillanti: evoluzione delle variabili concorrenziali Sviluppo Embrionale (1) (2) Prezzo X Prodotto: -Specializzazione -Differenziazione X X Servizio Maturità X X X X X X X Azione di marketing X Internazionalizzazione Fonte: Ns. elaborazione X Agli inizi degli anni ’70 (stadio di sviluppo 1) il prodotto si diffuse velocemente non appena la domanda colse i vantaggi apportati dal nuovo prodotto nella posa di pavimentazioni e pareti. L’offerta si ravvivò con l’ingresso in campo di nuovi produttori che si dedicarono alla conquista di spazi di mercato: le basse barriere all’entrata, la tecnologia produttiva semplice, gli impianti e i macchinari facilmente reperibili, la scarsa differenziazione del prodotto, che non creava ancora livelli elevati di fedeltà alla marca e l’orientamento al prezzo della domanda, costituirono i principali fattori di spinta. Il punto vendita (rivenditori di materiali e prodotti per l’edilizia) divenne ben presto il luogo di confronto tra offerte esibite dai diversi produttori: cominciarono ad emergere - e finirono per essere premiati sul piano competitivo - quei marchi/prodotti proposti da imprese dotate di maggiore propensione innovativa di prodotto (qualità, facilità di uso dei materiali e longevità dell’intervento) e di processo (alimentazione di economie di scala nella produzione), capacità di investimento nell’attività di R&D. Lo sviluppo delle vendite e la redditività 335 assunsero ritmi elevati in quanto, se il confronto tra i produttori si era fatto più serrato, dall’altra la loro offerta era assorbita da un enorme bacino di domanda tenuta viva grazie al boom del settore e del consumo di piastrelle di ceramica. A partire dalla seconda metà degli anni ’70 (stadio di sviluppo 2), il comparto vive una seconda stagione di crescita. La costante crescita della domanda, ormai convinta dei vantaggi applicativi del prodotto adesivo, fu soddisfatta e alimentata dall’offerta più ricca: agli adesivi e prodotti ausiliari le imprese affiancarono nuovi materiali di ripristino, di difesa e di decorazione. La qualificazione e l’arricchimento del portafoglio prodotti fu giocato in chiave difensiva verso potenziali entranti ed offensiva verso i concorrenti diretti. Sul fronte della distribuzione i rivenditori si ancorarono maggiormente a marchi più dettagliati al fine di completare il proprio assortimento. Simile condotta riduceva fortemente il grado di sostituibilità disponibile a favore degli applicatori (i marchi consolidati erano percepiti “migliori” e potevano praticare prezzi più convenienti mediante il raggiungimento di maggiori economie di scopo). Il confronto concorrenziale tra i produttori si concentrò sulla difesa delle quote, manovra che passava attraverso il rafforzamento della relazione con la clientela commerciale, nutrita da una accresciuta dose di contenuto di servizio e di prestazioni: completezza assortimentale, disponibilità dei prodotti nel tempo e nello spazio, pronta capacità di risposta in casi di necessità e fedeltà commerciale paritaria in sede negoziale. Con gli anni ’90 si apre una fase di maturità che ci porta fino ai giorni nostri. La scena competitiva nazionale è dominata da poche imprese, consolidate, specializzate e che esibiscono un elevato grado di stabilità organizzativa e di posizionamento. La concorrenza premia le imprese più efficienti che si reggono su una grande struttura operativa, mentre quelle di minore dimensione che non poggiano su relazioni orizzontali sono esposte a situazioni di difficoltà e attraversano momenti di instabilità economica e finanziaria. La competizione tra imprese spinge verso fusioni, incorporazioni e alleanze atte a ridurre la rivalità e a migliorare i livelli di profittabilità. Nel mercato italiano le vendite e i livelli di redditività hanno smarrito i ritmi del passato in presenza di una domanda ormai satura. Le relazioni di canale produttore/distributore/applicatore si sviluppano nel segno di un forte grado di fedeltà, e la bassa sostituibilità di prodotto si esplicita anche nella difficoltà dei produttori a proporre soluzioni dal contenuto innovativo: elemento questo ultimo che viene, comunque, ritenuto uno dei fattori competitivi di maggiore rilevanza (Tab. 2.4). Tabella 2.4 – Importanza relativa dei fattori competitivi nei rapporti con la clientela Poco Clientela italiana importante Flessibilità nel soddisfare gli ordini della clientela 1 2 3 4 5 6 Molto importante 7 Ampiezza/profondità gamma prodotti offerti 1 2 3 4 5 6 7 Contenuto tecnico e prestazionale dell’offerta di prodotto 1 2 3 4 5 6 7 Rapidità e puntualità nei tempi di consegna 1 2 3 4 5 6 7 Capacità innovativa (materiali, applicazioni, soluzioni,…) 1 2 3 4 5 6 7 Competitività di prezzo 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 Capacità di credito a favore della clientela Fonte: Rilevazione diretta Gli acquirenti hanno maturato una approfondita conoscenza del prodotto e il rapporto di fornitura si basa su selezioni e scelte già avviate e ferme. La sostanziale omogeneità dell’offerta – nonostante la rinnovata attenzione alla qualità del prodotto ed al pacchetto di servizi che lo circonda - lascia spazio a manovre competitive basate sul prezzo. La competizione tra imprese tende, quindi, a stabilizzarsi su poche variabili “chiave” (Tab. 2.5) il cui esito è largamente favorevole alle imprese di maggiore dimensione che possono disporre di risorse critiche di successo (know how tecnico, competenze specialistiche), dispiegare sul territorio una fitta ed aggressiva rete di agenti di vendita e far leva sulla propria posizione di brand image come elemento di forza ed esperienza. Non ultimo la dotazione di una elevata capacità produttiva che consente di fruire di significative economie di costo che assicurano una forte incisività alla leva prezzo 336 Tabella 2.5 - Le variabili competitive, i fattori critici di successo e le funzioni aziendali critiche VARIABILI FUNZIONI AZIENDALI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO CONCORRENZIALI CRITICHE Prodotto Innovazione di prodotto R&S Brand Image Vicinanza al mercato Costi di struttura e di posizione (dimensione impianti, delocalizzazione produttiva, approvvigionamento materie prime, robusti capitali) Logistica e Forza di Vendita Produzione Innovazione di processo Finanza Prezzo Approvvigionamenti Fonte: Ns. elaborazione Tutte queste condizioni rappresentano, conseguentemente, elevati ostacoli all’entrata di nuovi concorrenti e spingono le imprese più grandi e più dotate di risorse a ricercare all’estero nuovi spazi in mercati ad alto potenziale di consumo. Pur nella condizione di saturazione, il mercato italiano rimane senza dubbio il territorio su cui è concentrata gran parte delle imprese locali, che si affrontano affidandosi ad una variegata gamma di azioni competitive (Tab. 2.6). Tabella 2.6 – Comparto adesivi e sigillanti: il fulcro dell’impegno strategico Basso impegno Diminuzione dei costi di produzione Miglioramento del contenuto tecnico/prestazionale di prodotto Arricchimento dell’offerta di prodotto con materiali innovativi Realizzazione di prodotti ad hoc per nuovi mercati Introduzione di nuove tecnologie: di produzione di progettazione di gestione (informazione, comunicazione) Avviamento/espansione della produzione all’estero Apertura di filiali commerciali in mercati esteri Ampliamento del numero di mercati geografici d’esportazione Espansione della base della clientela: • In Italia • All’estero Aumento del numero dei venditori diretti Aumento del numero degli agenti Accrescimento della flessibilità produttiva Miglioramento delle condizioni di servizio (capacità di proposta e di risposta alle esigenze della clientela) Sviluppo del contenuto della relazione con la clientela tramite: integrazione delle competenze co-progettazione (linee di prodotto, proposte, soluzioni,…) condivisione e lo scambio di risorse e competenze Definizione di forme di partnership o alleanze con: altre imprese italiane produttrici di adesivi e sigillanti altre imprese estere produttrici di adesivi e sigillanti aziende ceramiche italiane produttori di tecnologia Fonte: Rilevazione diretta 337 Alto impegno 1 1 1 1 2 2 2 2 3 3 3 3 4 4 4 4 5 5 5 5 6 6 6 6 7 7 7 7 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 6 6 6 6 6 7 7 7 7 7 1 2 3 4 5 6 7 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 6 6 6 6 6 7 7 7 7 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 7 1 1 1 1 2 2 2 2 3 3 3 3 4 4 4 4 5 5 5 5 6 6 6 6 7 7 7 7 2.3 L’innovazione: il campo del confronto Le modificazioni dell’assetto strutturale del settore indotte dalle dinamiche del mercato hanno spinto le imprese (di certo quelle maggiori) a profondere un crescente impegno nell’azione innovativa, azione che si è dispiegata con diversa intensità nel corso del tempo su distinti livelli di innovazione: tecnologica, organizzativa e di marketing (Fig. 2.5). • Innovazione tecnologica. L’azione delle imprese ha visto nel prodotto e nel processo i due terreni elettivi di intervento con precise scelte di campo tra le imprese stesse. Sul piano dell’innovazione di prodotto si assiste ad una prima distinzione in termini di campo: le realtà aziendali di piccola dimensione hanno affinato la loro specializzazione nella produzione di adesivi, sigillanti e materiali ausiliari, mentre quelle di medie-grandi dimensioni hanno allargato il portafoglio prodotti con soluzioni di ripristino, sistemi tecnici di isolamento ed impermeabilizzazione (Tab. 2.7). Su questi distinti campi le imprese hanno profuso impegno ed investimenti in R&D per giungere a nuove soluzioni, miglioramenti delle caratteristiche tecniche e performanti sfruttando, di fondo, la tecnologia esistente. I migliori risultati sono stati conseguiti dalle imprese di maggiore dimensione che, dato il loro profilo economico e tecnologico, hanno potuto garantire una complessità superiore nella resa dei materiali e rivendicare in sede negoziale un maggior livello di qualità. Per quanto riguarda l’innovazione di processo si rileva che l’efficienza della produzione è legata ad elevate capacità produttive, così come quelle commerciali-distributive dipendono da una consistente base di agenti di vendita e da una profonda organizzazione logistica. I processi di comunicazione invece possono far le