INTRODUZIONE - Giappichelli

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INTRODUZIONE - Giappichelli
INTRODUZIONE
Leggi formulate correttamente dovrebbero concedere il minor spazio possibile
alla discrezione dei giudici; la ricostruzione dei fatti e la previsione degli eventi devono, invece, essere lasciate a tale discrezione, perché non è possibile che il legislatore svolga queste valutazioni in astratto.
ARISTOTELE, Retorica, I, 1354 b
Gli studiosi da tempo dedicano grande attenzione al principio del libero convincimento del giudice ed alle regole logiche e giuridiche in cui esso
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si esplica . Meno approfondita a livello teorico e più sfuggente sul piano
pratico risulta, invece, la distinzione tra due tipologie di regole che possono incidere sull’attività di ricostruzione dei fatti in modo anche profon2
do : le “regole di esclusione” e le “regole di valutazione”, volte, rispetti3
vamente, a vietare l’impiego e a prestabilire il valore di certe prove .
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Cfr., per tutti, M. NOBILI, Il principio del libero convincimento del giudice, Giuffrè, Milano, 1974.
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Tale considerazione di partenza è di P. FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore
giuridico, in P. FERRUA-F.M. GRIFANTINI-G. ILLUMINATI-R. ORLANDI, La prova nel dibattimento penale, III ed., Giappichelli, Torino, 2007, p. 330 s.
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Distinguono le regole di esclusione da quelle di valutazione, tra i molti, F. CORDERO, Il procedimento probatorio, in ID., Tre studi sulle prove penali, Giuffrè, Milano,
1963, p. 30, nota 80; P. FERRUA, Il giudizio penale, cit., 2007, p. 330 s.; N. GALANTINI,
L’inutilizzabilità della prova nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1992, p. 102 s.; A.
GIULIANI, Il concetto di prova, Giuffrè, Milano, 1961, p. xii s., 109 s.; R.E. KOSTORIS, voce Giudizio, diritto processuale penale, in Enc. giur., vol. XV, Treccani, Roma, 1997, p. 9
s.; A. NAPPI, Guida al codice di procedura penale, X ed., Giuffrè, Milano, 2007, p. 206 s.;
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Entrambe comportano restrizioni alla libertà di giudizio , mirando
ad individuare un punto di equilibrio tra due estremi: un sistema di accertamento dei fatti basato sul primato del legislatore, in cui sono disci5
plinate in modo pervasivo tutte le fasi del procedimento probatorio , e
un sistema fondato sul primato del giudice, in cui a quest’ultimo è assegnata la massima libertà di selezionare e di valutare il materiale conosci6
tivo rilevante ai fini della decisione . Nell’intento di raggiungere un traguardo del genere, le regole di esclusione e di valutazione si propongono come contrappesi al principio del libero convincimento, allo scopo
di evitare gli abusi che un’espansione incondizionata del medesimo po7
trebbe generare .
Il loro specifico retroterra storico e culturale, nonché il rispettivo
modus operandi, tuttavia le rendono strumenti di cui non sempre si colgono con la dovuta chiarezza le differenze e le rispettive peculiarità.
M. NOBILI, Il principio del libero convincimento, cit., p. 26, nota 24; G. UBERTIS, La
prova tra regole di esclusione e canoni di valutazione, in ID., Argomenti di procedura penale, Giuffrè, Milano, 2002, p. 134 s.; E. ZAPPALÀ, Il principio di tassatività dei mezzi
di prova nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1982, p. 6 s.
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Cfr. F. CORDERO, Il procedimento, cit., p. 30, nota 80, il quale nota come nelle
due situazioni vi sia «qualcosa di comune: una limitazione, che si è ritenuto di apportare (per vari motivi, la cui cabala non è sempre decifrabile) alla libertà di giudicare;
un procedimento di ricerca che differisce in misura più o meno notevole da quello degli storiografi».
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Storicamente, forse solo il processo con ordalia, tipico delle società tribali, presentava tali caratteri; l’intero iter procedurale, in questo caso, si concretizzava in una
prova di resistenza a cui veniva sottoposto l’accusato, sulla base della convinzione irrazionale che Dio avrebbe prestato il suo aiuto all’innocente: cfr., tra i molti, C. FURNO, Contributo alla teoria della prova legale, Cedam, Padova, 1940, p. 132 s.
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È il metodo della free proof, teorizzato in particolare da J. BENTHAM, Rationale of
judicial evidence, vol. V, Hunt and Clarke, London, 1827, e contraddistinto da una
totale mancanza di prescrizioni legali in ordine all’accertamento dei fatti. Anche questo secondo sistema, però, appare più un’aspirazione utopistica che un’alternativa
concretamente praticabile: cfr. E. AMODIO, Libertà e legalità della prova nella disciplina della testimonianza, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1973, p. 325, nota 38; G. UBERTIS,
Fatto e valore nel sistema probatorio penale, Giuffrè, Milano, 1979, p. 119 s.
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Entrambe le categorie, come rileva A. GIULIANI, Il concetto di prova, cit., p. 160,
«hanno in comune la preoccupazione di ovviare ai pericoli derivanti dagli errori o
dall’arbitrio del giudice».
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La distinzione tra le regole di esclusione e di valutazione non è percepita in modo netto anzitutto dallo stesso legislatore. Lo dimostra
una prescrizione come quella dell’art. 273 comma 1 bis c.p.p., la quale, nell’individuare le norme da osservare in tema di valutazione dei
gravi indizi di colpevolezza necessari ai fini cautelari, accosta indebitamente le due categorie: i divieti probatori fissati dagli artt. 195
comma 7, 203 e 271 comma 1 c.p.p. in rapporto alle testimonianze indirette, alle dichiarazioni degli informatori di polizia e alle intercettazioni sono posti sullo stesso piano delle regole di valutazione delle dichiarazioni degli imputati in procedimenti connessi stabilite dall’art.
192 commi 3 e 4 c.p.p., come se si trattasse della stessa tipologia di
prescrizioni normative.
La distinzione tra le regole di esclusione e di valutazione, inoltre, è
posta in crisi da alcune teorizzazioni e dalle implicazioni che se ne sono
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tratte sul piano applicativo e delle scelte di politica legislativa. E la
confusione tra le due categorie si acuisce allargando lo sguardo oltre i
confini del sistema italiano: si può rinvenire, sia negli ordinamenti di
common law, sia nel settore della giustizia penale internazionale, una
tendenza ad impiegare regole di tipo ibrido, dove l’esclusione delle
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prove viene sovrapposta alla valutazione .
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Basti pensare alla sentenza 26 gennaio 2009, n. 29, con cui la Corte costituzionale
italiana, nel respingere l’eccezione di illegittimità dell’art. 238 bis c.p.p. (il quale consente l’impiego come prova delle sentenze divenute irrevocabili) ha affermato che «acquisizione del dato probatorio e sua valutazione ed utilizzazione sono momenti certamente distinti, ma altrettanto certamente non autonomi. Numerose disposizioni del
codice, nel prevedere l’acquisizione di dati probatori esterni, ne indicano le condizioni
e la finalità, in tal modo fissandone anche i limiti di utilizzabilità». Per una critica a
tale decisione v. infra, cap. V, § 5.
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Non si devono sottovalutare i possibili effetti suggestivi di tali modelli comparativi. Per un verso il modello di regole probatorie elaborato nei sistemi di common
law ha esercitato una sicura influenza sulla redazione del codice del 1988, ed ancora
oggi queste regole si pongono come punto di riferimento per il nostro ordinamento.
Per un altro verso la giustizia penale internazionale appare sempre più come un laboratorio per la giustizia penale del futuro: alla base delle regole che disciplinano i
procedimenti davanti ai vari tribunali internazionali sta il tentativo di delineare un
nuovo sistema che potrebbe essere visto come un traguardo ideale da molte legislazioni nazionali.
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Se ne deve concludere che la distinzione tra le regole di esclusione e
di valutazione rappresenta uno snodo problematico nel campo del diritto delle prove penali, anche perché essa non ha un valore puramente
teorico, ma determina rilevanti ripercussioni pratiche sotto almeno tre
distinti profili.
a) Il profilo della patologia delle regole, e dei diversi rimedi con cui
essa può essere denunciata: la violazione delle regole di esclusione produce un vitium in procedendo, che giustifica il ricorso in cassazione ai
sensi dell’art. 606 lett. c c.p.p., mentre la violazione delle regole di valutazione genera un error in iudicando, in rapporto a cui rileva la lett. e
del medesimo articolo.
b) Il profilo della successione nel tempo, dato che l’introduzione di
una nuova regola probatoria produce effetti diversi sui processi in corso a seconda che si tratti di una regola di esclusione oppure di valutazione.
c) Il profilo dell’efficacia nello spazio, quando un giudice italiano deve impiegare una prova formata all’estero, oppure un giudice straniero
deve utilizzare una prova raccolta in Italia, e le regole probatorie dei sistemi interessati non sono del tutto coincidenti. In questi casi l’opportunità di applicare le norme di uno stato piuttosto che di un altro varia
in ragione del fatto che la regola sia di esclusione oppure di valutazione.
Nell’intento di tracciare nel modo più netto possibile la distinzione
tra le regole di esclusione e di valutazione appare necessaria un’indagine che non può limitarsi ai problemi interpretativi ed applicativi che
queste regole pongono sul piano della disciplina vigente, ma che deve
estendersi anche alle matrici storiche delle due categorie. E non ne vanno trascurare le più rilevanti evoluzioni nei sistemi di common law, dove le regole di esclusione sono nate, ed anche nella vigente legislazione
civilistica, dove le regole di valutazione continuano a rappresentare una
realtà significativa se non altro sul piano quantitativo.
Al fine di cogliere i profili distintivi delle regole di esclusione e di valutazione l’analisi va condotta focalizzando l’attenzione sugli indici che
permettono, rispettivamente, di identificarle.
In questa direzione non appare di grande utilità puntare lo sguardo
sulle finalità che esse perseguono: come si vedrà, si rinvengono regole
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di esclusione e di valutazione che, a seconda dei casi, si propongono ora
di attuare degli standards cognitivi finalizzati ad un più attendibile accertamento dei fatti, ora di fissare delle forme di protezione di talune
esigenze pubbliche o di determinati diritti individuali. Tutte le regole
probatorie, del resto, rappresentano il prodotto di giudizi di bilanciamento che mirano ad individuare il giusto punto di equilibrio tra l’esigenza di scoprire la verità e la tutela dei valori fondamentali che spesso
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entrano in conflitto con le finalità epistemiche del processo .
Più produttivo appare ricercare i tratti distintivi delle regole di esclusione e di valutazione nei loro specifici connotati strutturali, i quali determinano la loro effettiva capacità di realizzare gli scopi per cui vengo11
no poste .
In particolare, si cercherà di argomentare come le regole di esclusione comportino prevalentemente un’attività di interpretazione, volta a
stabilire se le prove reperite rientrano nelle categorie tipizzate dalla leg12
ge, riducendo al minimo lo spazio di discrezionalità in capo al giudice .
Le regole di esclusione che non possiedono tale caratteristica rappresentano deviazioni dalla categoria, la cui auspicabilità è tutta da verifi13
care .
Le regole di valutazione, per converso, sebbene pretendano nella
maggior parte dei casi di vincolare a priori l’accertamento dei fatti, non
riescono in realtà ad impedire il ricorso alle risorse del ragionamento
induttivo, finendo perlopiù per essere eluse dal giudice. Un difetto che,
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Cfr. G. UBERTIS, Fatto e valore, cit., p. 127: «scopo della regolamentazione
probatoria» è, «partendo da un riconoscimento dei diversi valori, magari costituzionalmente garantiti» «che possono venire in rilievo nel corso della vicenda giudiziaria», «di stabilire criteri di gerarchia tra valori processuali ed extraprocessuali e conseguenti modalità di soluzione dell’eventuale collisione di essi»; ID., voce Prova (in
generale), in Dig. disc. pen., vol. X, Utet, Torino, 1995, p. 319. V. anche M. DAMASKA,
Epistemology and legal regulation of proof, in Law, Probability and Risk, 2003, n. 2,
p. 117 s.
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Questo è l’oggetto delle prime due parti del lavoro (capp. I-VII), incentrate sui
connotati strutturali delle regole di esclusione e di valutazione.
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V. cap. I.
È il caso delle regole di esclusione che si potrebbero definire “discrezionali”: cfr.
cap. II.
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come si vedrà, contraddistingue sia le regole di valutazione previste nel
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processo medievale , sia le regole di valutazione stabilite dalle codifi15
cazioni moderne .
Da questi connotati strutturali si trarranno in seguito le dovute conseguenze applicative sul piano della violazione delle regole di esclusione
e di valutazione, della loro successione nel tempo e della loro efficacia
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nello spazio .
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Si veda il cap. III.
Cfr. i capp. IV-VII.
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Questo è il tema della terza ed ultima parte (cap. VIII-X), intitolata “profili applicativi”.
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