CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 14 giugno 2001 n. 3169
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 14 giugno 2001 n. 3169
Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog N.B.: N.B.: la sentenza in rassegna era già stata pubblicata in questa rivista, alla pag. http://www.lexitalia.it/private/cds/cds4_2001-06-14-02.htm ; viene ripubblicata con la massima curata dal Dott. D. D’Alessandro, perché ad essa segue un commento dello stesso A. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 14 giugno 2001 n. 3169 - Pres. Paleologo, Est. Cintioli - Cavet - Consorzio Alta Velocità Emilia-Toscana (Avv.ti Carullo, Fasciano e Clarizia) c. Comune di Firenzuola (Avv. Rino Gracili), Bassilici e Malavolti (Avv.ti Chierroni, Montini e Nocentini), ANAS ed altri (n.c.) - (riforma in parte T.A.R. Toscana, sez. I, 11 luglio 2000, n. 1611). 1. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Rapporto con la tutela di annullamento accordata dal G.A. - E’ di natura sussidiaria. 2. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Profilo soggettivo della colpa - Criteri per la sua determinazione. 3. Atto amministrativo - Procedimento - Avviso di inizio del procedimento - Disciplina prevista dall’art. 7 L. n. 241/90 - Ha natura sostanziale. 4. Giustizia amministrativa - Risarcimento dei danni - Derivanti da lesione di interessi legittimi - Reintegrazione in forma specifica - E’ istituto speciale di diritto processuale amministrativo. 1. L'azione di risarcimento dei danni derivante da lesione di interessi legittimi (nella specie, si trattava di un interesse oppositivo) ha funzione sussidiaria rispetto alla tutela giurisdizionale accordata con l'annullamento dell'atto impugnato . 2. Per la ricostruzione del profilo soggettivo della colpa è indispensabile accedere direttamente ad una nozione oggettiva che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento e, in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati al procedimento (1). 3. La pretesa basata sull'art. 7 della legge n. 241 del 1990 è, per diritto vivente, di portata "sostanziale", nel senso che può avere ingresso nel procedimento e condurre all'accoglimento della domanda. 4. Le previsioni di cui all'art. 2058, I comma, cc, e 2933 cc, letti alla luce dell'art. 35 d.lgs. 80/'98, consentono di affermare che la reintegrazione in forma specifica sia istituto speciale di diritto processuale amministrativo, i cui limiti di applicazione coincidono con quelli di una speciale rilevanza dell'interesse pubblico. Commento di DANIELE D'ALESSANDRO Un conflitto annunciato. Requisito soggettivo del risarcimento del danno ingiusto da lesione di interessi legittimi: il Consiglio di Stato smentisce la Suprema Corte e preferisce le indicazioni della Corte di Giustizia 1 SOMMARIO: 1. Ricostruzione del profilo soggettivo della colpa della P.A. e parametri oggettivi - Cassazione, Consiglio di Stato e Corte di Giustizia a confronto. 2. Principio di uguaglianza, funzione nomofilattica e garanzia della tutela giurisdizionale: ombre sulla riforma del processo amministrativo ed esigenze costituzionali di unificazione al vertice della giurisdizione. 1. Ricostruzione del profilo soggettivo della colpa della P.A. e parametri oggettivi - Cassazione, Consiglio di Stato e Corte di Giustizia a confronto. La decisione del Consiglio di Stato 3169/01, che si segnala per il richiamo a principi adottati dalla Corte di Lussemburgo, conferma alcune delle criticità proprie della materia del risarcimento dei danni da lesione di interesse legittimo, le cui radici possono essere individuate nel percorso giurisprudenziale che ha portato, con la nota decisione delle S.U 500/'99, all'ammissione della tutela per lungo tempo negata, e nel successivo (insoddisfacente) intervento del legislatore, che in apparenza ha limitato la propria attenzione al tema del riparto di giurisdizione [1]. Di tali tensioni, alcune sono legate, con singolare (ma non sorprendente) simmetria rispetto all'antefatto, al rapporto fra le corti [2], altre alla ricostruzione del contenuto della clausola, con specifico riguardo agli strumenti atti a consentire di individuare la ricorrenza del profilo della colpa della P.A.; peraltro, si tratta di questioni certamente distinte in principio, ma che nel loro manifestarsi concreto in sede giurisprudenziale appaiono strettamente connesse e reciprocamente dipendenti. Nella motivazione adottata, il Consiglio di Stato richiama l'indirizzo espresso dalle S.U. nella sentenza 500/'99 cit., confermando la distinta operatività della tutela di annullamento rispetto a quella risarcitoria, questa ultima sussidiaria alla prima, in attuazione del "principio di effettività della tutela di diritti ed interessi nei confronti della P.A.", pur non rappresentandone "una conseguenza automatica e costante". Evidenzia, poi, sulle indicazioni della giurisprudenza di legittimità, la necessità di una specifica analisi in ordine alla ricorrenza dei requisiti previsti dalla clausola aquiliana, che svolge con attenzione alla specificità della materia, preliminarmente esaminando il profilo della colpa, riferendo (come le S.U.) alla P.A. quale apparato e non all'agente l'indagine sull'imputabilità della responsabilità, con soluzione che ha significativi precedenti [3] e non manca di conferme [4]. La motivazione del Consiglio di Stato si distacca dall'insegnamento della Suprema Corte rispetto alla soluzione da essa proposta per evitare che l'imputabilità della P.A. si trasformi in vera e propria responsabilità oggettiva, attraverso una prassi che identifichi nella ricorrenza del vizio dell'atto il test della colpa, rischio tutto altro che remoto, in considerazione dei precedenti in materia di risarcimento da lesione di diritti soggettivi, che nella mera esecuzione volontaria dell'atto illegittimo trovavano riscontro della sussistenza del richiesto profilo psicologico [5] . Il riferito tentativo di ancorare la valutazione della colpa alla "violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione (…) in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità" [6] era stato già in precedenza fatto oggetto di considerazioni critiche [7], anche perché appariva contraddire la premessa adottata dalle stesse S.U., che sembrava invece separare l'elemento soggettivo da legalità e buona amministrazione, richiedendo di verificare che l'azione della P.A. fosse contrassegnata "oltre che da illegittimità, anche dal dolo o dalla colpa" [8]. Parte della dottrina [9], nell'insufficienza del riferimento giurisprudenziale, aveva ricercato la soluzione nel richiamo all'errore scusabile determinato da "incertezza della norma rilevante" [10], in quanto indice della mancanza di colpa ed ipotesi atta a superare le critiche di quanti 2 avevano rilevato come la scriminante riferita all'agente non avrebbe potuto essere estesa alla struttura [11]. Altra prospettiva aveva suggerito di individuare nella violazione di ordini e discipline il tratto connotante della colpa della P.A., graduando, in virtù della specificità del soggetto, le ipotesi di violazione di legge, in cui il vincolo è tale da esprimere direttamente, se superato, la colpa, dai casi di eccesso di potere, in cui il margine di discrezionalità riservata è definito in funzione della verifica del mancato rispetto di principi generali dell'azione amministrativa [12]. Il Consiglio di Stato, evidentemente forte delle elaborazioni dottrinali, ed aprendo una stagione giurisprudenziale di "perplessità circa il significato delle considerazioni svolte sul punto dalla Suprema Corte" [13], nella decisione in commento evidenzia come il limite esterno alla discrezionalità si concretizzi nell'illegittimità dell'atto per vizio di eccesso di potere, sicché, seguendo le indicazioni della Cassazione, si ritornerebbe in via mediata a quella nozione oggettiva di colpa della P.A. che le stesse S.U. avevano ritenuto di dovere escludere. Il nodo è sciolto ritenendo preferibile "accedere direttamente ad una nozione oggettiva di colpa" [14], fondata sull'analisi dei vizi dell'atto, sulla gravità della violazione, sull'ampiezza dei poteri discrezionali, sul grado di certezza dello stato dell'interpretazione, sullo stesso apporto partecipativo dei privati [15], sullo sforzo richiesto alla P.A. per l'osservanza della legge, sulla ragionevolezza degli addebiti "specie sul piano della diligenza e della perizia" [16]. Il discrimine è, dunque, per il Consiglio di Stato, fra "violazione effetto di un errore scusabile" e "violazione (…) grave (…) in un contesto nel quale all'amministrazione sono formulati addebiti ragionevoli". Le indicazioni del Consiglio di Stato, che smentiscono, quanto meno in principio, la validità del disegno relativo al profilo dell’imputabilità proposto dalle Suprema Corte, si richiamano espressamente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia [17], e la ricostruzione formulata rinvia senza dubbio alle considerazioni svolte dal giudice comunitario in ordine alla responsabilità degli stati membri da mancato recepimento di direttive, materia che dimostra una progressiva attenzione alla qualità del soggetto autore dell'illecito e, in particolare, alla maggiore o minore ampiezza della discrezionalità riconosciuta, nel primo caso applicandosi più rigidi criteri e richiedendosi la ricorrenza di una violazione grave e manifesta [18]. Uno degli spunti di maggiore interesse del dibattito dottrinale e giurisprudenziale, a mio sommesso avviso, pare consistere nel grado di maggiore affidabilità di tests basati in negativo sulla ricerca della scusabilità della violazione commessa dall'amministrazione, piuttosto che sulla positiva individuazione delle singole ipotesi di imputabilità. Tale carattere presentano i giudizi sulla gravità della violazione, sul rilievo dell'apporto dei privati rispetto alla illegittimità commessa, sull'esigibilità del comportamento, anche sub specie ragionevolezza della censura, sui limiti alla discrezionalità, tutti elementi che rinviano ad una valutazione attenta della utilità della ricostruzione del profilo soggettivo in termini di colpa specifica, cioè di violazione di norme (regolamenti, ordini, discipline). Tuttavia, c'è da chiedersi se, attribuendo ulteriore portata all’art. 7 della l. 205/’00, la illiceità continui ad essere requisito della fattispecie di risarcimento conseguente a lesione di interessi legittimi. E’ nota la posizione di autorevole dottrina [19] secondo cui la decisione delle sezioni unite 500/’99 avrebbe erroneamente ritenuto che l’art. 2043 c.c. integri norma primaria, fonte di autonomo diritto soggettivo che emergerebbe ogni volta che si verifichi una lesione di un interesse ritenuto meritevole di tutela dall’ordinamento (ed ovviamente in presenza degli specifici ulteriori requisiti richiesti), dovendosi invece qualificare come norma secondaria, diretta a sanzionare la violazione di quelle primarie in vista della tutela degli interessi sostanziali. 3 La questione non sembra sfuggire alla sentenza in epigrafe, che seppur da una parte non sembra prendere posizione decisa rispetto alla ricostruzione dell'art. 2043 come norma primaria [20], d’altro canto appare tentata da una diversa soluzione nel momento in cui afferma come "allo stato attuale della legislazione, potremo più semplicemente dire che l’interesse oppositivo è una situazione protetta dall’ordinamento non solo con l’annullamento giurisdizionale, ma anche con il ristoro patrimoniale dei danni" [21]. Tale prospettiva si dimostrerebbe maggiormente coerente con la specificità dell’interesse legittimo come posizione soggettiva sostanziale, connotata dalla compresenza di un bene della vita facente capo ad una sfera giuridica determinata e di un interesse pubblico, e ciò in quanto il risarcimento assumerebbe valore strumentale alla completezza della tutela dell’interesse legittimo, senza degradarlo a mero “presupposto storico dell’evento dannoso” [22], effetto che invece deriva dalla posizione delle S.U., che scindono il “danno-evento” (lesione dell’interesse legittimo) dal “danno-conseguenza” [23] (diritto al risarcimento del danno) [24]. In realtà, la censura alle S.U. non pare convincente rispetto alla originaria ricostruzione dell'istituto in riferimento (al vecchio testo dell'art. 35 d. lgs. 80/'98 e quindi) al solo art. 2043 cc, che non si limita a richiedere un fatto storico (lesione di interesse meritevole di tutela) ma prescrive la presenza di ulteriori requisiti (elemento soggettivo, nesso di causalità, caratteri della condotta) che concorrono a delineare una fattispecie di diritto soggettivo dotato di propria autonomia. Diversa, tuttavia, potrebbe apparire la sostanza alla luce del successivo intervento dell’art. 7 l. 205/’00. Infatti, la disposizione, nell’attribuire ai TAR, nell’ambito della giurisdizione propria, la cognizione “di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno”, consentirebbe effettivamente di ricavare una norma secondaria sanzionatoria, diretta a far conseguire il risarcimento del danno ad ogni lesione di posizioni giuridicamente tutelate e sottoposte alla cognizione del giudice amministrativo (in altri termini, il rimedio precederebbe l’attribuzione e definizione delle singole posizioni soggettive, secondo un modello noto ai sistemi di common low) [25]. Per giungere a tale risultato, tuttavia, è necessario ammettere che la forma di tutela derivante sia fondata esclusivamente sul disposto dell’art. 7 cit., poiché diversamente si riproporrebbero i problemi emergenti dal tenore dell’art. 2043 cc. Non mi pare che a ciò possa opporsi il carattere strumentale dell'interesse legittimo e quindi la non coincidenza con esso del bene della vita e dell'azione proposta, stante la possibilità che la contestazione relativa all'esercizio del potere da parte dell'autorità non porti al soggetto la soddisfazione del suo interesse sostanziale [26]. In contrario può osservarsi che, affermando il carattere di form of action dell'art. 35, l. 80/'98 nel testo vigente, la modificazione (o la mancata modificazione) della situazione di fatto conseguente alla illegittimità operata dalla P.A., a prescindere dalla sua qualificazione giuridica, diventa risarcibile in forza della rilevanza che assume nella relazione con l'interesse legittimo leso. In tale ottica, infatti, è la lesione dell'interesse legittimo a consentire di differenziare le situazioni di mero fatto, rendendole rilevanti ai fini risarcitori in funzione della presenza di: - nesso causale con la lesione dell'interesse (la lettera della norma, con i significanti “eventuale” e "conseguenziali", rinvia all’esistenza di nesso di causalità e di una lesione che si qualifichi come effetto non eliminabile con la sola tradizionale tutela di annullamento); - riferibilità al soggetto portatore di quell'interesse; 4 - imputazione della responsabilità all'amministrazione in ragione (non della illiceità ma) della illegittimità del comportamento. L’esclusione dei requisiti richiesti dall’art. 2043 cc, quindi, non implicherebbe l’affermazione di una illimitata risarcibilità delle situazioni di fatto. Il venire meno del profilo soggettivo, che, peraltro, in una diversa prospettiva potrebbe ritenersi presente in re ipsa, coerentemente con le indicazioni provenienti dalla ricostruzione della colpa specifica, lascia spazio ad una accurata ricerca delle concause che, pur operando congiuntamente alla violazione dell'interesse da parte della P.A., si qualifichino rispetto ad essa come interruzioni del nesso causale. In tal senso, parrebbero più correttamente posti alcuni dei motivi che si rinvengono nella decisione in epigrafe: così la natura dei vizi, la gravità della violazione, l'apporto dei privati al procedimento, lo stato di grave incertezza della normativa di riferimento, la prevedibilità del danno, la stessa ampiezza della discrezionalità, diventano concause la cui capacità di escludere la riferibilità dell'eventus damni alla sfera di signoria della pubblica amministrazione dovrà essere valutata dal giudice. In tali termini, dunque, può parlarsi di "criterio di imputazione oggettiva" [27] del fatto alla P.A. e ritenersi che i principi di organizzazione posti dalla sezione seconda del terzo titolo della Costituzione possano trovare un limite (solo) a ragione di fondamentali esigenze di equilibrio della finanza pubblica, tali da far rischiare la stessa conservazione della funzione [28]. 2. Principio di uguaglianza, funzione nomofilattica e garanzia della tutela giurisdizionale: ombre sulla riforma del processo amministrativo ed esigenze costituzionali di unificazione al vertice della giurisdizione. A prescindere dalla tesi che si intenda accogliere in ordine ai caratteri della responsabilità della Pubblica Amministrazione per danni, il contrasto nella ricostruzione offerta dalle sezioni Unite e dal Consiglio di Stato evidenzia una discordanza che incide direttamente sul grado di soddisfazione degli interessi dei cittadini e su quella parte del bilanciamento dei valori costituzionali che la Consulta ha più volte evidenziato appartenere, in parte de qua, al giudice ordinario [29]. Ciò si manifesta in tuta la sua evidenza ove si rifletta come il profilo della imputabilità della responsabilità è in relazione con il rilievo specifico dell'elemento soggettivo, che è stato inteso anche quale strumento diretto a limitare le ipotesi di risarcibilità al fine di rendere compatibile con la spesa pubblica l'espansione sotto il profilo oggettivo della tutela [30]. Si tratta, a ben vedere, del ripetersi di differenze di posizione in ordine al modo di intendere le tutele, ricco di precedenti che hanno investito anche il complessivo impianto degli strumenti processuali e dell'accesso al fatto da parte del giudice amministrativo, [31] in una dimensione che investe direttamente i valori di solidarietà, di uguaglianza e del giusto processo voluti dalla Costituzione e richiede, quindi, una verifica in termini di coerenza con la carta fondamentale. Nel disegno costituzionale, la garanzia del principio di uguaglianza (oltre che di legalità) viene espressa, in riferimento al momento della tutela delle posizioni garantite dall’ordinamento, attraverso il controllo nomofilattico affidato alla Corte di Cassazione [32]. La tendenziale correttezza ed uniformità nell’interpretazione della legge in sede di tutela vale a dare effettività, in relazione alle violazioni dell’ordinamento, al principio di uguale trattamento delle situazioni simili e di adeguata differenziazione di quelle diverse: è, infatti, la suprema corte ad intervenire per verificare se la specificità del caso sia stata valutata in maniera conforme al diritto da parte del giudice di merito. 5 Sotto altro profilo, l’interpretazione delle disposizioni da parte della Cassazione offre alla Consulta il diritto vivente [33], presupposto logico del giudizio di costituzionalità in tutte le ipotesi in cui il risultato dell’interpretazione stessa, per limiti propri del testo o per erroneità della lettura, mostri tensioni o conflitti rispetto alla carta fondamentale. L’unificazione al vertice della giurisdizione ordinaria tende inoltre a limitare il rischio che la Consulta si trovi ad operare in un sistema che presenti una pluralità di situazioni da comparare (specie nel giudizio di eguaglianza, secondo la tecnica del tertium comparationis) [34], e quindi debba individuare il significato della disposizione sottoposta al controllo, prima di giudicarne la legittimità alla luce dell’interpretazione delle disposizioni costituzionali. La compatibilità di tale disegno con la presenza del giudice amministrativo è stata ritenuta possibile ai costituenti, in termini di completezza ed effettività della tutela [35], costituzionalizzando la distinzione fra interessi legittimi e diritti ed escludendo, ex art. 103, primo comma, Cost., la giurisdizione amministrativa in materia di diritti soggettivi, salvo che “in particolari materie indicate dalla legge”. A chiusura del sistema, il controllo della Cassazione esteso alle decisioni del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 111, u.c., Cost.), a garantire che non si verifichino sconfinamenti in materia di diritti – questione, per l’appunto, di giurisdizione – da parte del giudice amministrativo. E’ stato sostenuto in maniera convincente [36] che, rispetto ad un sistema complesso, ma quanto meno coerente, il nuovo riparto di giurisdizione violi il canone della “particolarità” delle materie in cui la giurisdizione amministrativa può essere estesa ai diritti (che dovrebbe implicare ambiti secondari e comunque quantitativamente limitati, nei quali diritti ed interessi sono significativamente compenetrati) [37], oltre a privare il cittadino della funzione nomofilattica, fondamentale, in termini di certezza e di uguaglianza, come è particolarmente evidente in materia di risarcimento dei danni. Si tratta di questione sulla quale la Corte Costituzionale è stata più volte sollecitata a decidere, ma che è restata irrisolta, infrangendosi sul piano dell'ammissibilità [38]. Come sopra evidenziato, una diversa e raffinata tesi [39], osserva che l’appartenenza del risarcimento alla sfera strumentale e sanzionatoria, renderebbe l'affermazione della giurisdizione amministrativa non solo compatibile, ma anche dovuta ex art. 103, I comma, Cost., in quanto risposta ad un bisogno di completezza della riparazione della lesione degli interessi e quindi attinente direttamente alla loro tutela. Peraltro, come ho tentato di dimostrare, dal riconoscimento di una forma di azione diretta a tutelare l'interesse di fatto reso giuridicamente rilevante attraverso la griglia offerta dall'interesse legittimo, non deriva anche una particolare qualificazione dell'interesse sostanziale, come sembrano confermare le forme di tutela atipica o non rispondenti ad una posizione di diritto soggettivo (i procedimenti d’urgenza e la tutela possessoria ne sono gli archetipi), senza che per questo si revochi in dubbio la tutelabilità davanti al giudice ordinario. Ciò, naturalmente, a condizione di ammettere che la tutela sia risposta a bisogni giuridicamente rilevanti e che, in un'ottica da common law, il rimedio, con procedimento inverso rispetto alla tipizzazione della civil law, semplicemente preceda ed anzi sia lo strumento di riconosciuto della attribuzione del rango di diritto soggettivo ad una situazione di fatto. Al di là delle difficoltà dogmatiche e culturali, resta il fatto che i valori costituzionali sottesi al riconoscimento della azionabilità del danno da lesione di interesse legittimo richiedono che un’apertura di tale fatta (soprattutto se vista come riconoscimento di una form of action eventualmente svincolata dalle angustie dell'alternativa interessi/diritti) sia strumentale ad una specifica finalità, cioè la garanzia di una migliore risposta ad un “bisogno qualificato di tutela” [40]. 6 Nel caso di specie, dall'opzione che ritiene legittima la giurisdizione del giudice amministrativo, deriverebbe una restrizione dell’ambito della tutela rispetto alle più ampie garanzie, in termini di strumenti processuali, uguaglianza e perché no, di gradi di valutazioni (sia o no principio costituzionale, certo è che negare il ricorso in Cassazione significa, comparativamente, offrire minori rimedi), di cui gode la tutela davanti al giudice ordinario sul modello dei diritti soggettiv i[41]. Del resto, è proprio l'avvertita necessità di garantire la massima espansione della tutela delle posizioni soggettive (artt. 3, 24, 103, 111, 113 Cost.) che ha segnato in termini di "particolari materie" (e quindi di ambiti residuali, "con norme eccezionali") [42] la giurisdizione amministrativa sui diritti [43], a fronte della esclusiva attribuzione ai magistrati ordinari della funzione giurisdizionale in generale (art. 102, I, Cost.) e della riserva di legge in ordine alla determinazione degli organi giurisdizionali deputati all'annullamento degli atti amministrativi (con l'ulteriore conclusione dell'illegittimità di una giurisdizione generale esclusiva del giudice amministrativo in materia de qua) [44]. In ogni caso, verso una soluzione che privilegi l'effettività della tutela e garantisca l'intervento della Suprema Corte spinge anche la tendenza all'avvicinamento delle legislazioni degli stati membri attraverso un processo che trova nel richiamo alle elaborazioni provenienti dal versante comunitario la motivazione idonea a giustificare la ricostruzione delle fattispecie in sede giurisprudenziale. La motivazione rappresenta, infatti, sia dal punto di vista del giusto processo, sia nel delicato equilibrio della legalità costituzionale, il momento essenziale per la verifica della sottoposizione del giudice alla legge, consentendo di ricostruire e controllare i passaggi che lo hanno portato a definire la norma del caso concreto, cioè a iuris dicere. Il dato culturale, specie quello comparatistico [45], quindi, entrando nella motivazione, tende a compenetrarsi nel diritto vigente, supera la dimensione del mero metodo interpretativo [46], diventa uno dei formanti del diritto: riprova di quanto era stato già autorevolmente intuito [47], precorrendo il dato giurisprudenziale sempre più aperto in tale direzione. Rispetto ad una spinta culturale che trova naturale espansione sul piano giurisprudenziale piuttosto che su quello legislativo [48], per ragioni che appare necessario lasciare quali postulati -– dai problemi del pluralismo alla supplenza del legislatore [49], dallo spostamento della sovranità verso la dimensione europea o verso quella locale, [50] fino all’interpretazione per principi [51] –, occorre interrogarsi seriamente sugli effetti di un avvicinamento di ordinamenti di diritto amministrativo - perché la Comunità attualmente è principalmente tale [52] - che proceda in assenza di una unificazione al vertice della giurisdizione. Anche sotto tale profilo, dunque appare, quanto mai pressante e non ulteriormente procrastinabile una riforma. 7 [1] Per una ricostruzione della vicenda cfr. Aa. Vv., La responsabilità per lesione di interessi legittimi, atti della tavola rotonda di Roma, in For. Amm., 1982; E. M. Barbieri, La reiterazione dei vincoli preordinati all'espropriazione fra indennizzo e risarcimento: verso la risarcibilità degli interessi legittimi, nota a Tar Veneto, 542/'99, in For. Amm., 1999, 9, pp. 1846 ss, a ridosso della sentenza delle S.U.; A. G. Orofino, L'irrisarcibilità degli interessi legittimi: da giurisprudenza "pietrificata" a dogma in via d'estinzione?, in Giust.it.; R. Iannotta, Osservazione a S.U. 500/'99, in For. Amm., 1999, 10, 2004 ss; B. Delfino, La fine del dogma dell'irrisarcibilità dei danni per lesione di interessi legittimi: luci ed ombre di una svolta storica, ibidem, 2007 ss; V. Caianiello, Postilla in tema di riparto di giurisdizione, ibidem, 2034 ss; Aa.Vv., Il sistema della giustizia amministrativa, Atti dell'incontro di studio svoltosi a Roma, Pal. Spada, Milano, Giuffrè, 2000, con interventi di R. Laschena, G. Abbamonte, A. Di Majo, E. Lupo, A. Pajno, G. Pellegrino, S. Veneziano, I. Caramazza, F. Caringella, A. Di Roberto, S. Giacchetti, S. Lariccia, F. Ledda, G. Recchia, C. Varrone, S. Cassese; G. Greco, Argomenti di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2000; Aa. Vv., La giustizia amministrativa, Milano, Giuffrè, 2000; G. Berti, La giustizia amministrativa dopo il d.lgs. n. 80 del 1998 e la sentenza n. 550/1999 della Cassazione, in Dir. Pubb., 2000, 4; F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2001; R. Caranta, Attività amministrativa ed illecito aquiliano, Milano, Giuffrè, 2001, che si segnale anche per l'ampia ricostruzione del dibattito ed alla cui esaustiva bibliografia si rinvia; F. Siciliano, D. D'Alessandro, L'integrazione comunitaria e la giustiziabilità delle posizioni con particolare riguardo al risarcimento dei danni da interessi legittimi, in S. Gambino (cur.), Costituzione italiana e diritto comunitario, Milano, Giuffrè, 2002; S. Agrifoglio, La riforma del processo amministrativo tra diritto europeo e costituzione: un doppio tradimento, in Giust.it, rivista internet di diritto pubblico; A. Assisi, Breve commento dell'art. 7 della L. n. 205/2000, ibidem; A. Benigni, Le sezioni unite e la risarcibilità dell'interesse legittimo: prima si decide, poi di motiva. Ma il cittadino è veramente tutelato?, ibidem; A. Romano Tassone, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, ibidem; F. Carignella, R. Garofoli, Riparto di giurisdizione e prova del danno dopo la sentenza 500/99, ibidem; G. Ciaravino, Ancora sulla sentenza Cass. SS.UU. n. 500/1999 e sulla giurisdizione del G.O. in materia di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, ibidem; R. Morea, Riflessioni sulla nuova frontiera della risarcibilità degli interessi legittimi, ibidem. Di particolare interesse G. Virga, Le riforme a metà (prime osservazioni sugli artt. 33-35 del D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80 ed in particolare sulla possibilità per il Giudice amministrativo di condannare la P.A. al risarcimento del danno), ibidem. [2] La tesi della ammissibilità della tutela aquiliana degli interessi legittimi era stata sottoposta tanto alla Corte Costituzionale (C. Cost. 35/1980; C. Cost. 8.5.1998 n. 165, in Giur. It., 1998, I, 10, 1928, con nota di A. Angeletti, Il risarcimento degli interessi legittimi e la Corte Costituzionale: un’ammissibilità rinviata a migliore occasione), quanto alla Corte di Giustizia delle Comunità (13.07.1989, C-380/'87, 23.02.1994, C-236/'92), senza trovare accoglimento per motivazioni essenzialmente legate ai limiti delle rispettive juris dictio. La soluzione finalmente accolta, lasciata alla decisione delle Sezioni Unite, nonostante non siano mancate critiche al non liquet della Corte Costituzionale, è apparsa complessivamente conforme agli equilibri raggiunti nel nostro ordinamento nel rapporto fra le corti (su cui cfr. § 2), ma ha segnato il sorgere delle tensioni conseguenti all'aver utilizzato lo strumento della sentenza per una significativa innovazione del diritto vivente. [3] Cfr. Cass. 5883/91, cui si richiama anche Cass. S.U. 500/'99 cit. [4] Cfr. Cass. 08 febbraio 2000 n. 1369 in Urb. e App., 2000. [5] cfr. Cass. 884/61; S.U. 18.11.1992 n. 121316, in Giust. civ. Mass. 1992, f. 11; 6542/95, in Giust. civ. Mass. 1995, f. 6. Di recente, nonostante le indicazioni della Cassazione, Tar Puglia, sez. I, 4.4.2000 n. 1401, in For. Amm., 2001, 9-10, 3371. [6] Cass. S.U. 500/'99 cit. sub 11, lett. d. 8 [7] cfr. R. Caranta, Attività amminsitrativa cit. [8] Cass. S.U. 500/'99 cit., sub 8, ultimo periodo. [9] Per una ricostruzione, nell'ampio ed autorevole panorama dottrinale, cfr. G. Abbamonte, L'affermazione legislativa e giurisprudenziale della risarcibilità del danno derivante dall'esercizio illegittimo della funzione amministrativa. Profili sostanziali e processuali, in Aa.Vv. Il sistema cit., 5 ss; Satta, La sentenza n. 500 del 1999: dagli interessi legittimi ai diritti fondamentali, in Giur. Cost., 1999, 3235 ss.; [10] R. Caranta, Attività cit., p. 164, che trova conferma nelle esperienze comparate e richiama le posizioni di F. Caringella, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, in F. Caringella, M. Protto (cur.), Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2001; F. Patroni Griffi, Riflessioni problematiche su alcuni elementi dell'illecito, in D. Sorace (cur.) Le responsabilità pubbliche, Padova, Cedam, 1998. [11] E. Scoditti, Un'apertura giurisprudenziale responsabilità civile, in For. It., 1994, I, 1856. su violazione di interessi legittimi e [12] cfr. F. G. Scoca, Per un'amministrazione responsabile, in Giur. Cost., 1999, 4045; [13] così Tar Lombardia, sez. III, 06 novembre 2000 n. 6258, in For. Amm., 2001, 4, pp. 927 e ss. [14] C. di S. 3169/2001 cit. [15] cfr. E. Casetta, Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in Dir. Amm., 1993, 1, 3 ss; Portoghese, Principio di partecipazione e diritto di accesso alla luce della l. 8 giugno 1990 n. 142 e l. 27 agosto 1990 n. 241, in For. Amm., 1993, 5; G. Pitruzzella, Il procedimento amministrativo come momento di garanzia dei diritti fondamentali, in Riv. Trim. Sc. Amm., 1992, n. 4; F. Zanaroli, I diritti di conoscenza nel rapporto amministrativo. Natura e figure, in Reg. Gov. Loc., 1995, 7, 1149; R. Quaranta, Il principio di contrattualità nell’azione amministrativa e gli accordi procedimentali, normativi e di organizzazione, in Atti del XXIII Convegno Cent. Stud. Amm. Prov. Como, Milano, 1989; G. Capograssi, Riflessioni sull’autorità, Milano, 1977. Per un panorama dei giudizi sulla stagione delle riforme inaugurata con le ll. 142/90 e 241/90 cfr. G. Paleologo, La legge 1990 n. 241: procedimenti amministrativi ed accesso ai documenti dell’amministrazione, in Dir. Proc. Amm., 1, 1991 e, in senso critico, S. Cassese, La riforma amministrativa nel quadro della riforma istituzionale, in For. It., 1993, 253. Il problema dell'adeguatezza della struttura, in particolare della qualificazione del personale, rispetto all'attuazione delle riforme, è avvertito da S. Gambino, Diritto di accesso ai documenti amministrativi e regolamenti degli enti locali, in Reg. Gov. Loc. 1995, 7, 1163 ss, 1164; cfr. pure il volume a cura di S. Gambino, Dirigenza pubblica e innovazione amministrativa, Rimini, 1991 e, a cura di S. Gambino, G. D’Ignazio e G. Moschella, Autonomie locali e riforme amministrative, Rimini, 1998 [16] ancora C. di S. 3169/01 cit. [17] la sentenza cita C. G. 5.3.1996, cause 46-48/93; id. 23.5.1996, causa c-5/94. [18] L'attenzione all'ambito della discrezionalità degli stati membri pare frutto anche del crescente grado di adesione ai principi comunitari, che determina una qualche attenuazione del ruolo della Corte di Giustizia in ordine alla garanzia dell'affettività del diritto comunitario (cfr. G. Morbidelli, La tutela giurisdizionale dei diritti nell'ordinamento comunitario, Milano, 2001; D. D'Alessandro, Legalità, certezza del diritto ed effettività della tutela, in S. Gambino(cur), Principi cit.). In tale direzione, appare utile un confronto fra la nota decisione Francovich (19.11.1991, C-6,9/90) e le precisazioni introdotte nella successiva sentenza Dillenkofer (8.10.1996, C-178, 179,188, 189, 190/94 riunite). In materia, cfr. M. P. Chiti, Diritto amministrativo europeo, Milano, Giuffrè, 1999. 9 [19] Cfr. S. Giacchetti, La risarcibilità degli interessi legittimi è in coltivazione, in Cons. St., 10/99, 1599; F. Caringella, Corso cit.; per una valutazione delle diverse tesi, A. A. Salemme, C. Carpinelli, Interesse legittimo e risarcimento del danno: questioni di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in For. Amm., 2000, 6, pp. 2464 ss. [20] in tal senso cfr. C.M. Bianca, Diritto Civile, V, Milano, Giuffrè 1994, specie pp. 633 ss.; sul problema della configurabilità di un diritto all'integrità del patrimonio, A. Barone, R. Pardolesi, Il fatto illecito del legislatore, in For. It., 1992, IV, 150. [21] C. di S. 3169/01 cit. [22] F. Caringella, Corso cit., 408. [23] Ancora F. Caringella, Corso cit., 409. [24] La ricostruzione reca, secondo gli autori cit. (S. Giacchetti, La risarcibilità cit; F. Caringella, Corso cit.), il corollario della necessità logica, conformemente al dettato dell’art. 103 Cost., di attribuire la competenza esclusiva in materia de qua al giudice amministrativo (come, per la verità, è avvenuto successivamente alla pronuncia delle S.U. 500 cit.), in quanto giudice, per dettato costituzionale, della “tutela” degli interessi legittimi, e quindi anche delle posizioni strumentali (nella specie, risarcitorie) dirette a renderla piena ed effettiva. Sulla questione ritornerò oltre. [25] Per una ricostruzione dei principi espressi negli ordinamenti di common law rispetto a quelli di diritto scritto, in materia risarcitoria, cfr. A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, 3, Milano, Giuffrè, 2001 [26] Cfr., per una ricostruzione di tali aspetti, R. Nicolò, Istituzioni di diritto privato, I, Milano, 1962; M. Nigro, Diritto amministrativo, 1994; L. Mazzarolli, Ragioni e peculiarità del sistema italiano di giustizia amministrativa, in Aa.Vv., Diritto amministrativo, Bologna, 1998; E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2000; A.A. Salemme, C. Carpinelli, Interesse cit.. [27] per dirla con G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna Zanichelli, 1994; p. 175; per una ricostruzione del nesso di causalità, particolarmente utile la lettura della dottrina penalistica: per un primo approccio, oltre all'opera di . Fiandaca, E. Musco, F. Mantovani, Diritto penale, parte generale, Padova, Cedam, 1988; F. Antolisei, Il rapporto di causalità, Padova, 1934; Id., Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, Giuffrè, 1991 (agg. L. Conti). Cfr. pure C. M. Bianca, Diritto civile cit.; M. Trimarchi, Casualità e danno, Milano, 1967; M. Perfetti, Brevi note sul nesso causale e la prevedibilità del danno (nota a sent. Cass., Sez. Lav., 19 luglio 1982 n. 4236), in Giur. It. 1983,I, 1, 425; E. Scoditti, Danni conseguenza e rapporto di causalità (nota a Cass., sez. I, 15 ottobre 1999 n. 11629), in Foro it. 2000, I, 1919; P. Costanzo, La responsabilità della p.a. per omissione di controlli: danni da trasfusione di emoderivati infetti (nota a Trib. Roma 27 novembre 1998), in Giust. civ. 1999, I, 2857; G. Matteo, Danni da carenze strutturali ed organizzative e accertamento della causalità nella responsabilità medica (nota a Cass., sez. II, 21 gennaio 2000 n. 632), in Giur. It. 2000, I, 1817; D. Saggese, Probabilità scientifica e nesso di causalità tra lesione personale ed intervento chirurgico (osservaz. a Cass., sez. II, 21 gennaio 2000 n. 632), in Danno e Resp. 2001, I, 73; M. Andreis, Art. 700 c.p.c., sindacato (diffuso) di costituzionalità e opzioni della dirigenza medica (nota a Tr. Salerno, sez. lavoro, Ordinanza 4 luglio 2000),in Giust.it.; U. Izzo, Storie di (stra)ordinaria causalità: rischio prevenibile ed accertamento della causalità giuridica in materia di responsabilità extracontrattuale, in Riv. Critica Dir. Priv. 2001, I, 49. [28] Cum grano salis. E' stato efficacemente osservato come la limitazione del risarcimento a seguito di attività della P.A. desti dubbi di legittimità in relazione agli artt. 3, 24, 113, 23 e 53 Cost. (G. Duni, La risarcibilità del risarcimento e lo Stato di diritto, in For. Amm., 2000, 1, pp 25 e ss., nota a Corte Cost. 30.04.1999 n. 148); con altrettanta chiarezza è stato posto in 10 luce il condizionamento alla soddisfazione dei diritti derivante dalle congiunture economiche (A. M. Sandulli, Intervento in Tavola rotonda di Roma cit.). Sui limiti ex art. 81 Cost., cfr. Aa. Vv., Le sentenze della Corte costituzionale e l’art. 81, u.c., della Costituzione, Atti del seminario presso il Palazzo della Consulta del 1991, Milano, 1993, in particolare le relazioni di A. Anzon, G. Silvestri, G. Zagrebelsky quanto alla opportunità di individuare nuovi modelli di decisione per impedire il sopravvivere nell’ordinamento, per motivi di equilibrio di bilancio, di norme illegittime. Cfr. pure, fra i ricchi interventi, quelli di L. Elia, S. Fois, M. Luciani, V. Onida, L. Paladin, A. Pizzorusso, R. Romboli, D. Sorace. Per un'analisi del rapporto fra attuazione costituzionale e modelli fiscali nella prospettiva comunitaria, cfr. F. Puzzo, Il federalismo fiscale, Milano, Giuffrè, 2002. [29] come evidenzia C. Cost. 22.7.96 n. 273 cit., che, ritenuto “non ancora formato un diritto vivente in punto di obbligo del giudice di accogliere la richiesta di rinvio della causa in funzione dell’astensione degli avvocati”, affida al magistrato il compito di “contemperare nel suo potere di bilanciamento i valori in conflitto di fronte ai valori costituzionali primari”. Nella giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, cfr. Cass. 22.1.1996 n. 465 in For. It., 1996, I, 493, che opera “un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con l’interesse che non siano introdotte limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmente garantita”; Cass. lav. 20.12.1995 n. 12998 in Dir. Lav., 1996, II, 136, nota di A. Maselli, che, in ordine alla sospensione delle ferie per malattie, ritiene necessaria una valutazione “nella prospettiva di un adeguato bilanciamento dei valori costituzionali in giuoco”; Cass. Pen. 28.4.97 n. 5386, in Ced Cass. 1997, che rimette al Giudice di effettuare “un bilanciamento fra tra l’interesse difensivo e l’interesse pubblico alla immediata trattazione del procedimento” in ipotesi di richiesta di rinvio motivata da impedimento del difensore; Cass. 11.4.1997 n. 3919 in Ced Cass. 1997, che ritiene la normativa di cui all’art. 674, II cp, relativa alle immissioni da attività produttive, frutto del bilanciamento di interessi fra incolumità pubblica ed esercizio delle attività; Cass. Pen. 10.2.1984 in Cass. Pen., 1985, 2014, che in tema di commodus discessus ritiene necessario operare un “bilanciamento degli interessi in gioco” che tenga presente “la dignità del privato nell’attuale gerarchia dei valori”; Tar Lazio19.9.1992 n. 1852 in Tar, 1992, I, 3815, secondo cui “il conflitto fra più interessi provvisti di tutela costituzionale si deve risolvere sulla base di una graduatoria che assegna ai valori della persona un rilievo maggiore e prevalente rispetto a tutti gli altri” (fattispecie relativa a conflitto fra diritto alla salute e libertà di iniziativa economica); Pret. Milano, sez. Lavoro, 3.4.1997, in Il Lav. nella Giur., II, 97, 680, per cui l’avviamento obbligatorio al lavoro degli invalidi richiede un “bilanciamento tra confliggenti valori” che consente di escludere la possibilità di comprimere la libertà di impresa richiedendo la creazione di un posto di lavoro inesistente, ma rende dovuta una ridistribuzione del lavoro nell’ambito dello stesso disegno organizzativo; Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 29 maggio -- 26 giugno 2001, n. 3643, con nota di D. D'Alessandro, Seat/TMC: limiti all’interpretazione adeguatrice, giustizia amministrativa ed autorità garanti a confronto, in Riv. Dir. Pubb. Com. Eur., 2001, IV, 1914 ss., in materia di autorità indipendenti. Connesso il problema della interpretazione adeguatrice, su cui cfr. R. Romboli, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in R. Romboli, cur., Aggiornamenti in tema di processo costituzionale, Giappichelli, Torino, 1999; G. Amoroso, Le pronunce interpretative della Corte costituzionale nell’anno 1998, in Foro It., 1999, V, 25 ss.; R. Granata, Corte di Cassazione e Corte Costituzionale nella dialettica tra controllo ermeneutico e controllo di legittimità. Linee evolutive della giurisprudenza costituzionale, in Foro It., 1998, I, 14 ss.; Pugiotto, Sindacato di costituzionalità e diritto vivente, Milano, Giuffrè, 1994; G. Amoroso, L’interpretazione adeguatrice nella giurisprudenza costituzionale tra canone ermeneutico e tecnica di sindacato di costituzionalità, in Foro It., 1998, V, 89 ss., [30] Cfr. F. Caringella, Corso cit., 445. [31] Cfr. la riflessione di M. S. Giannini, A. Piras, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. Dir., 1970, XIX, 268; cfr. pure l'esauriente ricostruzione di S. Murgia, Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e garanzia dei diritti del cittadino, in For. Amm., 2000, 4, 1560. Per recenti vicende, Cass. S.U. 30.03.2000 n. 71, in D&G, 2000, 14, 37, con nota di S. Evangelista; in Giust. Civ., 200, I, 1291, con nota di B. Sasssani; in Corr. Giur., 2000, 591, con nota di V. Carbone; in Urb. e 11 App., 2000, 602, con nota di R. Garofoli; in Riv. It. Dir. Pubb. Com., con nota di M. Antonioli; Cass. S.U. 30.03.2000, n. 72, in D&G, 2000, 14, 40, con nota di S. Evangelista; in Giust. Civ., 200, I, 1291, con nota di B. Sasssani; in Corr. Giur., 2000, 592, con nota di V. Carbone; in Urb. e App., 2000, 728, con nota di M. De Palma; versus C. di S. ad. Plen. 30.03.2000 n. 1, in For. Amm., con nota di R. Damonte; in Giust. Civ., 2000, I, 1291 con nota di B. Sassani ed M. Antonioli; in For. It., 2000, III, 365, con nota di F. Fracchia, L. Carrozza; in Giust.it, con nota di A. Pagano, Commento dell'ord. dell'Ad.Plen. n. 1/2000; ibidem, nota di M. Protto, La tutela anticipatoria dei crediti pecuniari verso la P.A. (nota a CdS, Ad. Plen., ord. n. 1/2000); ibidem, nota di G. Saporito, F. Marconi. Le questioni di giurisdizione su cui, come noto, Consiglio di Stato e Sezioni Unite si sono trovate su versanti opposti, in realtà investe anche l'ampiezza della tutela e, soprattutto, la preminenza della specialità delle norme di diritto amministrativo, tanto processuale che sostanziale. L'evidenza è nelle affermazioni contenute in motivazione del Consiglio di Stato: "quando sussiste un diritto di credito nei confronti di un'amministrazione non si applica solo il diritto privato, poiché questo rileva solo se il diritto amministrativo non pone principi o regole particolari"; ancora, il potere cautelare si basa non sul codice di rito civile, ma sull'art. 21 l. 1034/'71 (C. di S. a. plen. 30.03.2000 n. 1 cit.). In altra dimensione le affermazioni (in pari data !) delle S.U.: "l'interpretazione privatistica, in particolare, va preferita a quella pubblicistica" (S.U. 30.03.2000, n. 72). [32] cfr. G. Morbidelli, La tutela, cit.; in una prospettiva comparata; A. Pizzorusso, Varano (a cura di) L’influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, Milano, 1985; G. Duni, La risarcibilità cit.; D. D’Alessandro, Legalità cit. [33] cfr. S. Evangelista, La professionalità dei magistrati della Corte Suprema di Cassazione, in atti dell’Ass. Gen. Cass. 1999, in Gazz. Giur., 19/99, pp. 36 e ss, con riferimenti alla giurisprudenza della Consulta; R. Granata, Corte di Cassazione e Corte Costituzionale nella dialettica tra controllo ermeneutico e controllo di legittimità. Linee evolutive della giurisprudenza costituzionale, in For. It., 1998, I, 14; L. Paladin, Diritto Costituzionale, Padova, 1995, p. 773; A. Pugiotto, Sindacato di costituzionalità e diritto vivente, Milano, Giuffrè, 1994; A. Anzon, La Corte Costituzionale ed il diritto vivente, in Giur. Cost., 1984. Sul principio di collaborazione come momento di coordinamento fra le corti, L. Chiarelli, Processo costituzionale e teoria dell’interpretazione, in Studi Ascarelli, Milano, Giuffrè, 1969, 2851 e ss. Il problema è particolarmente rilevante in materia di interpretazione adeguatrice, su cui cfr. gli autori, su cui supra in nota 30. [33] C. Cost. 35/80 cit. in C. Cost. 165/98 cit. [34] cfr. in tema di certezza e tertium comparationis, A. Pizzorusso, Certezza del diritto. Profili applicativi, in Enc. Giur. Roma, XII, 1988; per le problematiche derivanti dall'appartenenza alla Comunità cfr. A. Saccomanno, Eguaglianza sostanziale e diritti sociali nel rapporto fra ordinamento interno ed ordinamento comunitario, in S. Gambino (cur.), Costituzione cit.. [35] sul tema, centrale in ogni ordinamento costituzionale, cfr. G. Morbidelli, La tutela cit.; A. Pizzorusso, Varano (a cura di) L’influenza dei valori cit.; A. Di Majo, La tutela cit., p. 5; L. Comoglio, Valori etici e ideologie del giusto processo (modelli a confronto), in RTDPC, 1998, 887 ss, p. 894; M. Taruffo, Giudizio, processo, decisione, in RTDP, 1998, 787 ss; A. Proto Pisani, Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile, in For. It., 2000, IV, 241 ss.. [36] A. Proto Pisani, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa?, in Foro It., 2001, V-3, 21 ss.; F. Bile, Qualche dubbio sul nuovo riparto di giurisdizione, in Corr. Giur., 1998, 1475 ss.; contra, G. Barbagallo, Il nuovo riparto di giurisdizione: una scelta coerente, ibidem, 1471 ss . Cfr. pure A. Di Majo, E' costituzionale il nuovo riparto di giurisdizione?, in Corr. Giur., 2001, 90; A. L. Tarasco, Decreto legislativo n. 80/98 - Questioni di costituzionalità, in Giust.it.. Nel senso della legittimità dell'espansione della giurisdizione esclusiva che non giunga all'estremo limite della devoluzione totale, V. Corasaniti, La nuova giuriisdizione in materia di concessione, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 1976, 212; G. Roehrssen, La giurisdizione esclusiva, in Imp., Amb. P.A., 1978, I, 70; M. Nigro, Trasformazioni dell'amministrazione e 12 tutela giurisdizionale differenziata, in Riv. Dir. Proc. Civ., 1980, 3. Per ulteriori indicazioni, S. Murgia, Giurisdizione cit. [37] cfr. M.S. Giannini, A. Piras, Giurisdizione amministrativa cit.. [38] cfr. C. Cost. 292/00, in Diritto & Giustizia, 28/00, 5 ss., per la manifesta irrilevanza della questione, in relazione al sistema introdotto dalla l. 205/00; successivamente, su questione posta da Trib. Roma, II, ord. 16.11.2001, in Corr. Giur., 2001, 72, annotata da V. Carbone e A. Di Majo, è stata pronunciata ordinanza di inammissibilità da C. Cost. 16.04.2002 n. 122, (disponibile in Consulta on line, sito www.giurcost.org), per mancata specificazione dell'oggetto del giudizio di legittimità, non essendo indicato se si intenda impugnare il testo originario dell'art. 34 d.lgsv. 80/'98 ovvero quello novellato ex art. 7 l. 205/'02. [39] F. Caringella, Manuale, cit.; S. Giacchetti, La risarcibilità degli interessi legittimi è in coltivazione, in Cons. St., 10/'99, 1599; contra, A. Di Majo, La tutela cit., evidenzia come la materia del risarcimento del danno da interesse legittimo assuma il carattere di giurisdizione propria dei G.A. "in deroga al principio che riserva alla giurisdizione ordinaria tale competenza" (p. 23). [40] per usare l’espressione di Di Majo, La tutela cit.; cfr. pure S. Murgia, Giurisdizione cit; G. Duni, La riducibilità cit. [41] di grande rilievo la posizione di G. Berti, La magistratura, in Commentario Branca, Zanichelli, Bologna, 1987, artt. 11-113, il quale, pur sulla premessa della conservazione dell'attuale sistema di giurisdizione, esclude che da esso possano derivare momenti di attenuazione della tutela. [42] Montesano, La tutela cit. [43] cfr. E. Fazzalari, Istituzioni di diritto processuale civile, Cedam, Padova, 1992; S. Satta, Giurisdizione, aspetti generali, in Enc. Dir., Milano, Giuffrè, 1970, XIX, 218 ss. [44] L. Montesano, La tutela cit., 50 [45] sul rilievo dell’utilizzo da parte delle Corti Costituzionali del dato comparatistico, cfr. R. Toniatti, Il principio di rule of law e la formazione giurisprudenziale del diritto costituzionale dell’unione europea, in S. Gambino (cur.), Costituzione italiana cit., 503 e ss., il quale fornisce ampia bibliografia comparata (spec. nota 17). La centralità della motivazione nel processo di sviluppo del diritto e nella dimensione della sua interpretazione evolutiva è ben posta in evidenza da J. Carbonnier, [46] cfr. P. Haberle, Stato Costituzionale, III, in Enc. Giur., Roma, 2000. [47] R. Sacco, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1992. [48] cfr. R. Toniatti, Il principio cit. [49] per una biografia essenziale, A. Predieri, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, Passigli, 1997; S. Rodotà, Conclusioni, in AA. VV., Il principio di buona fede, Milano, Giuffrè, 1987. [50] cfr. S. Gambino, Federalismo, diritti, corti. Riflessioni introduttive a partire dall'esperienza canadese, in S. Gambino, C. Amirante, (cur.) Il Canada. Un laboratorio costituzionale, Cedam, Padova, 2000. [51] cfr. P. Haberle, Stato Costituzionale cit.; F. Modugno, Principi e norme, la funzione limitatrice dei principi e i principi supremi o fondamentali, in Esperienze giuridiche cit., 85 e ss; 13 cfr. G. Zagrebelsky, Il diritto mite, Torino, Giapicchelli 1996; A. Cerri, Il principio come fattore di orientamento interpretativo e come valore privilegiato, in Giur. Cost., 1987, I [52] sulla prospettiva costituzionale, cfr. S. Gambino, Hacia un derecho constitutional europeo, in Civitas Europa, 2001, 7, 41 ss. 14