le pari opportunita - Ordine degli Avvocati di Milano

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La Rivista del Consiglio
Le pari opportunità
n. 3/2011
LE PARI OPPORTUNITÀ
DIRITTO VIVENTE IN AMBITO TRIBUTARIO
Le norme tributarie sono notoriamente volte ad attuare la norma prevista
dall’art. 53 della Costituzione, che detta il principio in base al quale ‘‘Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita` contributiva’’.
L’applicazione del principio richiede spesso una attenta interpretazione delle
singole norme; tale attività ermeneutica vede contrapposti il punto di vista del
contribuente a quello dell’Erario.
Se si vuole prescindere dalle situazioni ‘‘patologiche’’, che inevitabilmente
sfociano nel contenzioso, e volgere invece l’attenzione ad una giusta applicazione della normativa, che permetta la nascita di diritto vivente, non si può prescindere dal dialogo con l’Amministrazione finanziaria e dalla ricerca comune
della migliore applicazione del principio citato e insieme di ogni altro dettato
costituzionale che abbia influenza in ambito tributario.
È opportuno sinteticamente chiarire che la scrivente intende qui per diritto
vivente la ricerca della migliore veste giuridica possibile per una vicenda reale,
nel contemporaneo tener conto sia della ratio della norma che della situazione
di fatto studiata.
Se la norma è vivente nel momento in cui non è più una forma vuota, ma
è ‘‘abitata’’ da una vicenda reale, è necessario ricercare la norma che meglio si
adatta al caso.
Con ciò non si intende un utilizzo distorto del diritto, quale può essere
quello delineato recentemente dalla giurisprudenza tributaria e definito ‘‘abuso
del diritto’’, che prescinde dalla ratio normativa e va a ricercare l’attuazione di
intenti ad essa contrari.
Si intende, invece, rivestire la fattispecie reale della veste che le è propria,
quasi come se la norma fosse un vaso vuoto che assume significato nel momento in cui viene riempito di sostanza.
Al giurista appaiono principalmente due vie per raggiungere un simile obiettivo: la scelta e l’interpretazione iniziale della norma e l’eventuale e successiva
conferma da parte della giurisprudenza.
Questo è il percorso che è stato attuato a partire dal Convegno sugli studi
di settore, tenutosi nel dicembre 2009, organizzato dall’Ordine degli Avvocati
di Milano e dal suo Comitato Pari Opportunità.
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Il tema trattato era l’applicazione degli Studi di settore, ossia l’applicazione
di coefficienti prestabiliti per la determinazione presuntiva del reddito imponibile; la presenza del Dott. Luigi Magistro, Direttore della Direzione Centrale
Accertamento dell’Agenzia delle Entrate, aveva permesso di porre ufficialmente
un quesito circa la situazione delle professioniste con figli da zero a tre anni.
La risposta al quesito è stata recepita dalla giurisprudenza tributaria: si conferma cosı̀ felicemente il lavoro di interpretazione svolto dalla scrivente avv.
Luciana Tullia Bertoli, nell’individuare le tematiche fiscali connesse alle pari
opportunità.
Si è creato diritto vivente.
Ma andiamo con ordine e ripercorriamo le tappe della vicenda, prima di
commentare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese n.
159/12/10, del 17 novembre 2010, depositata il 15 dicembre 2010.
Nel corso del Convegno, il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano
avv. Paolo Giuggioli aveva posto ufficialmente all’Agenzia delle Entrate il quesito circa l’esonero dall’applicazione degli studi di settore per le professioniste
madri di figli con età da zero a tre anni, svolgendo le stesse l’attività professionali con modalità non normali.
È necessario qui richiamare la normativa a supporto dell’istanza: l’art. 10,
comma 4, lettera c), della Legge 8 maggio 1998, n. 146 che prevede l’esonero
dall’applicazione degli studi di settore per i contribuenti che si trovano in un
periodo di non normale svolgimento dell’attività.
Le professioniste con figli di età da zero a tre anni svolgono la propria attività con modalità sicuramente non normali e vivono uno scontro tra il ‘‘tempo
della maternità’’ e il ‘‘tempo del lavoro’’.
La prassi amministrativa, tuttavia, prevedeva una idonea documentazione a
supporto dello svolgimento dell’attività con modalità non normali, tale da vincere la presunzione insita negli studi di settore.
Difficilmente una professionista ha la documentazione attestante la modalità
di svolgimento dell’attività in presenza di figlio avente età da zero a tre anni,
trattandosi di fattispecie spesso contingenti, improvvise e ripetute, che determinano uno sviamento dalla concentrazione mentale necessaria all’attività professionale ed anche una riduzione del tempo a disposizione, in un insieme che
porta ad una perdita notevole di visibilità e presenza nel mercato.
Da qui la richiesta che nelle prassi amministrative dell’Agenzia delle Entrate
venisse recepito che, tra le situazioni di non normale svolgimento dell’attività,
di cui all’art.10, comma 4, lettera c), della Legge 8 maggio 1998, n. 146, fosse
considerata anche la fattispecie:
– Libere professioniste madri di figli con eta` da zero a tre anni.
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Solo con tale riconoscimento non è più necessaria la documentazione a supporto dello svolgimento dell’attività con modalità non normali.
È doveroso sottolineare che l’esonero dall’applicazione degli studi di settore
prescinde dall’esatta dichiarazione di tutti i corrispettivi conseguiti, al netto
delle spese necessarie per il conseguimento del reddito professionale.
Nel corso del Convegno, il dott. Magistro aveva recepito il quesito ed aveva
espresso nella sua relazione l’opportunità di un riconoscimento della particolare fattispecie, rinviando la conferma ufficiale alla successiva Circolare di accompagnamento delle dichiarazioni dei redditi e ne anticipava i contenuti, ritenendo ‘‘possibile ricondurre tra le situazioni di non normale svolgimento
dell’attività, di cui all’art. 10, comma 4, lettera c), della legge 8 maggio 1998,
n. 146, anche la fattispecie relativa alle libere professioniste madri di figli con eta`
da zero a tre anni’’.
Nel n. 2/2010 della Rivista è riportata per esteso la risposta del Direttore
della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Il successivo 18 giugno 2010, la Circolare 34/E dell’Agenzia delle Entrate
forniva alcune indicazioni che recepivano le nostre istanze.
Si legge, infatti, nella Circolare dell’Agenzia Entrate quanto anticipato nel
Convegno dal Dott. Magistro e cioè che, pur non prevedendo la normativa vigente ‘‘l’esclusione dall’applicazione degli studi di settore per le lavoratrici in gravidanza o puerperio e in generale per i contribuenti con figli minori che necessitano delle cure e dell’assistenza’’, tuttavia gia` ‘‘nella circolare 29/E del 18 giugno
2009’’, con riferimento a specifiche attivita`, era ‘‘richiamata l’attenzione degli uffici sul considerare con particolare attenzione situazioni di non congruita` e/o di non
coerenza determinate da questa specifica condizione’’.
Infatti, prosegue la Circolare, ‘‘la fattispecie in argomento puo` avere impatti
sia in termini di coerenza e normalita` che sulla stima dei ricavi e dei compensi’’.
‘‘Tanto premesso - conclude sul punto la Circolare - in questa sede si richiamano gli uffici impegnati nelle attivita` di accertamento a porre la massima attenzione alla situazione in commento, al fine di verificarne gli impatti analizzando
con estrema attenzione le specifiche posizioni oggetto di controllo. Già in sede di
selezione dei soggetti da sottoporre a controllo sarà cura degli uffici valutare
con particolare attenzione la situazione di quei contribuenti che hanno indicato nel campo <<Note aggiuntive>> di GERICO le circostanze in parola’’.
La prassi individuata dall’Agenzia delle Entrate rappresenta un pieno successo dell’iniziativa portata avanti dall’Ordine degli Avvocati di Milano e dal suo
Comitato per le Pari Opportunità.
La procedura suggerisce alle professioniste rientranti nella fattispecie di com99
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pilare e allegare alla dichiarazione dei redditi il modulo sui dati rilevanti ai fini
degli studi di settore, indicando nelle ‘‘Note aggiuntive’’ - come specificato
nella Circolare 34/E - la circostanza di avere figli di età da zero a tre anni.
Ciò al fine di giustificare l’eventuale risultato ‘‘non congruo’’ conseguente all’applicazione del software GERICO.
Può essere opportuno, inoltre, aggiungere nelle Note la seguente dichiarazione: ‘‘la sottoscritta rientra nella fattispecie esaminata dalla Circolare n. 34/E del
18 giugno 2010 della Direzione Centrale Accertamento, essendo madre di minore
di eta` inferiore ai tre anni, nato il ........’’.
E arriviamo finalmente alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese.
I Giudici varesini hanno esaminato il ricorso presentato da una Collega, avverso un accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, per l’anno
di imposta 2004.
Il principale motivo del ricorso si basava sul fatto che all’epoca la contribuente era madre di minore di età inferiore ai tre anni e ciò aveva determinato
lo svolgimento dell’attività professionale con modalità non normali.
La Commissione accoglieva il ricorso, motivando che:
‘‘L’Ufficio si `
e limitato ad eccepire quanto gia` risultante negli studi di settore
presentati, senza approfondire eventuali giustificazioni della situazione professionale della contribuente’’.
In base alla precisa situazione di madre di figli di età da zero a tre anni, i
Giudici hanno definito che ‘‘l’anno 2004, per la ricorrente, non poteva considerarsi un periodo di normale attività ai sensi dell’art. 10, comma IV lett. C
della Legge nr. 146/1998’’.
La sentenza può essere definita ‘‘storica’’ e formativa di diritto vivente.
Luciana Tullia Bertoli
avvocato in Milano
Componente del Comitato Pari Opportunità
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MATERNITÀ E GENITORIALITÀ
Protocollo d’Intesa
Dopo un lungo e laborioso percorso di redazione ed approvazione, in data
1 giugno 2011 è stato sottoscritto, presso la Presidenza della Corte d’Appello
di Milano, un Protocollo di intesa a tutela della maternità e della genitorialità
nell’organizzazione delle attività giudiziarie e dei servizi amministrativi, in relazione all’esercizio della professione forense.
Tale documento è stato fatto proprio dai vertici degli Uffici Giudiziari della
Corte d’Appello di Milano (Presidente e Procuratore Generale presso la Corte
d’Appello), dai vertici di tutti gli Uffici Giudiziari milanesi (Tribunale Ordinario e Procura della Repubblica; Tribunale di Sorveglianza; Tribunale per i minorenni e Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, Giudice di Pace), dai vertici dell’Avvocatura milanese (Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Milano e Camera Penale), veicolati dagli organi specifici in materia
di pari opportunità presso i rispettivi Uffici, quali, rispettivamente i Comitati
per le pari opportunità presso il Consiglio Giudiziario di Milano e presso l’Ordine degli Avvocati di Milano.
Tale Documento espressamente prevede di tenere conto dello stato di genitorialità del professionista (gravidanza, allattamento o necessità dei figli minori)
nell’organizzazione delle udienze, favorendo una più accessibile possibilità di
giustificato rinvio e di trattazione dell’udienza ad orario specifico.
Tale sensibile precedenza potrà essere fatta valere anche negli incombenti di
cancelleria da parte di chi si trovi in stato di gravidanza o abbia esigenze specifiche legate alla cura ed alla tutela dei figli minori.
I firmatari hanno riconosciuto cosı̀ la centralità del tema della conciliazione
tra vita professionale e vita familiare nell’organizzazione dell’attività degli Uffici
Giudiziari e, nell’ambito delle rispettive competenze, si sono impegnati concretamente ad assumere iniziative di effettiva tutela dello stato di gravidanza e genitorialità, nel pieno rispetto del principio delle pari opportunità di genere.
Ulteriore particolarità, che rende tale Documento davvero pionieristico a livello nazionale, è sicuramente il diffuso ambito territoriale e professionale di
applicazione.
Infatti, tale Protocollo è da considerarsi in vigore presso tutti gli Uffici Giudiziari di Milano, in un’ottica di sistema e di reciproca leale collaborazione tra
Magistratura ed Avvocatura.
Specifico ed importante ruolo per la redazione e la veicolazione di questo
Documento è da riconoscere ai Comitati per le pari opportunità presso l’Ordine degli Avvocati di Milano e presso il Consiglio Giudiziario di Milano, che
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hanno a tutti gli effetti svolto quel ruolo di garanti e promotori delle politiche
di genere che la normativa fondativa ha espressamente previsto per questi organismi.
È proprio in quest’ottica che ci si augura che tale Protocollo, oltre a trovare
l’adesione di altri Uffici Giudiziari presso il Distretto di Milano e non solo e
dei relativi Organismi forensi, rappresenti una vera e propria ‘‘azione positiva’’
volta a tutelare la maternità e la genitorialità in tutte le sue forme, come la
Costituzione espressamente prevede, partendo dalla concretezza della quotidiana attività professionale.
Ilaria Li Vigni
avvocato in Milano
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