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Alain Cuny e Gian Maria Volonté in una scena del film Titolo originale Uomini contro Lingua originale Italiano Paese di produzione Italia, Jugoslavia Anno 1970 Durata 01 min Colore colore Audio sonoro Genere guerra, drammatico Regia Francesco Rosi Soggetto Emilio Lussu (romanzo Un anno sull'Altipiano) Sceneggiatura Tonino Guerra, Raffaele La Capria, Francesco Rosi Produttore Francesco Rosi, Luciano Perugia, Marina Cicogna Casa di produzione Prima Cinematografica, Dubrava Film Fotografia Pasqualino De Santis Montaggio Ruggiero Mastroianni Effetti speciali Zdravko Smojver Musiche Piero Piccioni Scenografia Andrea Crisanti Uomini contro è un film del 1970 diretto da Francesco Rosi, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull'Altipiano. Di chiara impronta pacifista e antiautoritaria, l'opera mette in luce la follia della guerra. A proposito di questo film ha dichiarato il regista Francesco Rosi: « Per Uomini contro venni denunciato per vilipendio dell'esercito, ma sono stato assolto in istruttoria. Il film venne boicottato, per ammissione esplicita di chi lo fece: fu tolto dai cinema in cui passava con la scusa che arrivavano telefonate minatorie. Ebbe l'onore di essere oggetto dei comizi del generale De Lorenzo, abbondantemente riprodotti attraverso la televisione italiana, che a quell'epoca non si fece certo scrupolo di fare pubblicità a un film in questo modo.» (Cit. in Franca Faldini - Goffredo Fofi, Il cinema italiano d'oggi 1970-1984, Mondadori, Milano, 1984.) Trama Ambientato negli scenari della prima guerra mondiale sull'Altopiano dei Sette Comuni tra il 1916 e il 1917, la pellicola ripercorre le vicende della Divisione comandata dal generale Leone, dove presta servizio il giovane sottotenente Sassu, un ex studente universitario interventista fattosi trasferire dal Trentino, dove i combattimenti sono di lieve entità. Egli è alle dirette dipendenze del comandante della Compagnia tenente Ottolenghi, un veterano disilluso della guerra e con malcelate idee socialiste, che in diverse occasioni si opporrà agli ordini inutili o inutilmente punitivi dei superiori, fino a trovare la morte durante l'ennesimo inutile attacco. Il sottotenente Sassu, durante i mesi della sua permanenza al fronte, sarà testimone dell'impreparazione dell'Alto Comando, della inadeguatezza degli armamenti, dei tentativi di ribellione dei soldati che, stanchi e stremati dal prolungarsi dei combattimenti, reclamano il riposo e il cambio, repressi attraverso l'uso della decimazione, delle speculazioni sulla produzione degli equipaggiamenti e del dramma continuo che di giorno in giorno si consuma nella guerra di trincea, fino a ribellarsi egli stesso al fanatismo ed alla follia del maggiore Malchiodi, il quale pretende di fucilare un soldato ogni dieci, considerando ribellione la fuga disordinata degli uomini che cercano di sottrarsi al tiro corto dell'artiglieria italiana. Il maggiore sarà ucciso dagli stessi soldati, incoraggiati dal rifiuto del tenente Sassu ad eseguire l'assurdo ordine, ed egli risponderà personalmente del comportamento degli uomini con la morte per fucilazione, non prima di avere chiesto la grazia per i suoi soldati "che hanno già subito la decimazione in battaglia".