Le mani sulla città
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Le mani sulla città
Le mani sulla città TITOLO ORIGINALE Idem REGIA Francesco Rosi SOGGETTO Francesco Rosi, Raffaele La Capria SCENEGGIATURA Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Enzo Forcella, Enzo Provenzano FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (bianconero) MUSICA Piero Piccioni MONTAGGIO Mario Serandrei INTERPRETI Rod Steiger, Salvo Randone, Guido Alberti, Carlo Fermariello PRODUZIONE Lionello Santi per la Galatea Film DURATA 105' ORIGINE Italia, 1963 TRAMA Napoli, anni Sessanta. Eduardo Nottola è uno spregiudicato impresario edile che fa affari d'oro con la complicità di una giunta comunale corrotta. Per assicurarsi il ricco appalto di un nuovo quartiere alla periferia della città, si pone l'obiettivo di diventare assessore all'edilizia. Il crollo di un palazzo fatiscente provocato dai lavori della sua impresa in un vicolo popolare provoca morti e feriti e, a causa del clamore scandalistico e dell'inchiesta che ne sono derivati, la maggioranza di destra del consiglio comunale in vista delle imminenti elezioni amministrative non lo vuole candidare nelle proprie liste. Nottola, che controlla grazie alle sue clientele un cospicuo pacchetto di voti, passa con il centro in cambio della promessa dell'assessorato cui aspira. Nonostante l'indignata protesta dell'opposizione di sinistra, che denuncia in aula il mercanteggiamento di voti su cui si basa la nuova giunta, e la dissociazione di alcuni esponenti dello stesso centro, Nottola diventa assessore e la sua sfrenata speculazione edilizia si dispiega senza ostacoli. Produzione Cast Rod Steiger torna in parte su un suo personaggio di qualche anno prima quando aveva interpretato nel 1959 il ruolo di Al Capone nell'omonimo film. Nel film Renzo Farinelli, redattore capo dell'Avanti! di Roma, interpreta la parte di Antonio Caldoro, all'epoca capogruppo socialista al consiglio comunale di Napoli, mentre per il ruolo del consigliere dell'opposizione De Vita (PCI) Rosi utilizzò il sindacalista, poi senatore del PCI, Carlo Fermariello. Per le scene che si svolgono nel tribunale, nel ruoli dei giornalisti accreditati alle udienze, Rosi non ha voluto delle semplici comparse, ma ha chiesto a dei veri giornalisti - alcuni erano addirittura dei noti critici cinematografici dell'epoca - di vestirne i panni, cosa che hanno fatto. Distribuzione Fu proiettato al Maschio Angioino. Alla proiezione era presente, in prima fila, Antonio Gava che applaudì visibilmente entusiasta. Premi e riconoscimenti 1963: Leone d'oro a Francesco Rosi •1964: nomination al Nastro d'Argento per Regista del Miglior Film a Francesco Rosi, Migliore Soggetto Originale a Francesco Rosi e Raffaele La Capria, Miglior Produttore a Lionello Santi, Migliore Musica a Piero Piccioni, Miglior Attore non protagonista a Salvo Randone •Per questo film, nel 2005, a Francesco Rosi è stata conferita la laurea honoris causa in Pianificazione Territoriale Urbanistica ed Ambientale presso l'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria. •Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Influenze, citazioni e omaggi •È il film proiettato da Peppino Impastato, interpretato da Luigi Lo Cascio al circolo Musica e cultura nel film I cento passi. TRACCIA TEMATICA Le mani sulla città affronta il tema della speculazione edilizia che, a cavallo degli anni Sessanta, ha determinato la devastante e disordinata espansione urbana della città di Napoli, svelando le collusioni fra potere politico e interesse privato che l'hanno resa possibile e hanno conferito una facciata legale ed onesta ad un'operazione di grave malcostume e corruzione. La denuncia del film è circostanziata e di vasta portata, appuntandosi su una classe politica moralmente impresentabile, disposta ad ogni intrallazzo e compromesso pur di conservare il potere, arricchita da traffici speculativi sulla vendita dei terreni fabbricabili che ben simboleggiano la vocazione parassitaria e improduttiva della borghesia meridionale, incline ad un'oratoria spudoratamente furbesca e demagogica che ammanta la propria spregiudicatezza di benefica filantropia. L'epilogo del film è amaramente pessimista, con la cerimonia inaugurale del nuovo quartiere alla presenza delle autorità governative e religiose, quasi a voler suggerire l'amara convinzione dell'immodificabilità di una società irrecuperabile ai valori di legalità e giustizia. Poco prima, tuttavia, il regista ha voluto disseminare qualche germe di speranza con il discorso dell'esponente dell'opposizione di sinistra e con la dissociazione della componente più sana e avveduta del centro, espressione entrambi di una politica onesta che non si piega alla logica del malaffare e del potere fine a se stesso. VALUTAZIONE CRITICA Rosi ha costruito un robusto e vigoroso film di impegno politico e civile, in sintonia con la sua concezione di un Cinema parte attiva nella lotta per la trasformazione del paese e con una più generale ripresa dell'interesse per i temi sociali da parte di registi e intellettuali nel contesto dei cambiamenti degli equilibri politici con i primi governi di centro-sinistra all'inizio degli anni Sessanta. Il regista non cerca un'impossibile obiettività e distanza nei confronti della materia trattata, ma si schiera con convinzione e nettezza per una tesi esplicitamente di parte ed è proprio questo a conferire alla sua intransigente requisitoria una straordinaria forza ed incisività. La scelta stilistica privilegiata è quella del film-inchiesta, ai confini con il documentarismo (cui spesso si ricorre apertamente, come nella sequenza relativa alla campagna elettorale) e sorretto da un piglio giornalistico incalzante ed aggressivo, anche se poi la narrazione sa concedersi splendidi affondi, quasi da tragedia scespiriana, nella descrizione dei giochi di potere e negli accordi di sottobanco suggellati da abbracci al vetriolo. La fotografia propone un bianconero ricco di contrasti chiaroscurali (di grande efficacia espressiva la sequenza di Nottola che riflette solitario nel suo studio avvolto dal buio e circondato da topografie e miniature inondate dalla luce artificiale) e una dominante sul grigio sporco negli esterni dei vicoli che ben trasmette il senso del degrado, mentre i campi ravvicinati, che illustrano un film prevalentemente di dialoghi, si allargano nella prepotente carrellata aerea sui quartieri devastati dalla speculazione edilizia che apre e chiude la pellicola, splendida intuizione visiva che vale con la sua imperiosa eloquenza mille discorsi. Tipologia dei movimenti della macchina da presa •Panoramica: movimento della m.d.p. intorno al suo asse orizzontale o a quello verticale. Le inquadrature che ne derivano prendono nome dal senso dello spostamento (panoramiche orizzontali, verticali). Talvolta si usano panoramiche rapidissime (a schiaffo), ma solitamente le panoramiche sono eseguite lentamente poiché rispondono ad esigenze descrittive. •Carrellata: la m.d.p. è montata su un carrello dotato di binari per eseguire movimenti fluidi, senza scosse. La carrellata è - frontale quando il movimento avviene in profondità, - laterale quando il movimento si compie da destra a sinistra o viceversa nel quadro, - trasversale quando combina i due movimenti precedenti. - A volte il movimento della m.d.p. può essere solo apparente, prodotto da un puro gioco di lenti: in questo caso si ha lo zoom. - Il movimento delle carrellate può essere affidato non solo a un carrello con binari, ma anche a una gru fissa o semovibile (il cosiddetto dolly), che permette di realizzare più movimenti contemporaneamente. - La m.d.p. può anche essere montata su un'automobile che consente maggior velocità di spostamento (camera-car), oppure essere applicata al corpo stesso dell'operatore (carrellata a mano) con conseguenti sbalzi caratteristici dell'andatura umana e perciò con formidabile effetto realistico. Una carrellata a mano può essere eseguita anche senza i suddetti sbalzi, garantendo la stessa fluidità della carrellata su binari: in questo caso si ricorre ad una sofisticata m.d.p. chiamata steadycam. Si parla infine di carrellata aerea quando la macchina da presa è collocata su di un aeroplano. Sequenza (piano-sequenza) Successione di inquadrature collegate tra di loro dalla finalità di voler esprimere un’unità narrativa isolabile per la sua relativa autonomia dal resto delle inquadrature e dalle altre sequenze (esempio: una successione x di inquadrature mostra un personaggio fuggire di corsa da un inseguitore malintenzionato finché non si mette in salvo; una successione y di inquadrature mostra lo stesso personaggio raccontare quello che gli è accaduto in un commissariato. La successione x costituisce una sequenza diversa e distinta dalla successione y). Perlopiù un film è costituito da tante sequenze e il passaggio dall’una all’altra è segnato da un cambiamento spaziale e/o temporale. Si chiama piano-sequenza una sequenza costituita da una sola inquadratura, e quindi percepita in assoluta continuità d'immagine, senza stacchi di montaggio. Si tratta di un'evenienza poco frequente, che troviamo in particolare in registi europei come Anghelopulos,Truffaut, Bergman, Antonioni ecc. Esistono anche, per quanto rari, film costituiti da una sola sequenza (è il caso di Nodo alla gola di A. Hitchcock, 1948). Tipologia dei campi •Campo lunghissimo ( abbreviato in cll): lo spazio delimitato dalla m.d.p. è vastissimo, sino a perdersi nell'orizzonte. •Campo lungo (abbreviato in cl): lo spazio delimitato dalla m.d.p. è minore che nel precedente, ma è sempre così ampio da dare allo spettatore l'impressione della grande distanza che separa la m.d.p. dal centro dell'interesse (per esempio: la diligenza che si inoltra nel canyon o un gruppo di indiani che compare sul ciglio di una collina). •Campo medio (abbreviato in cm) : le figure che si trovano o si muovono nel quadro sono abbastanza vicine da essere riconoscibili, anche se non occupano ancora longitudinalmente l'intero quadro, rimanendo cioè ancora un margine tra la testa della figura e il limite superiore e/o tra i piedi della stessa e il limite inferiore (per esempio: la m.d.p. inquadra una persona a circa 7-10 metri di distanza da essa).