libro della genesi. capitoli 1, 2, 3 - Bibbia Facile

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libro della genesi. capitoli 1, 2, 3 - Bibbia Facile
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LIBRO DELLA GENESI. CAPITOLI 1, 2, 3
Il libro che noi chiamiamo Genesi = origine, generazione è denominato ancor oggi dal popolo ebraico “In
principio”. La struttura del libro la si può vedere come un grande mosaico diviso in due pareti: si ammira in
una la narrazione dell’origine del mondo e dell’umanità e nell’altra quella del popolo ebraico. Siamo
comunque di fronte ad un’opera unica che va compresa spostando continuamente lo sguardo dall’una
all’altra parete.
LA GENESI – PRIMA PARTE – (1, 1 – 2,4a)
Molte persone, anche credenti, si rifiutano oggi di leggere i primi capitoli perché li ritengono pura fantasia e
opera dell’invenzione infantile; altri invece guardano questi fermandosi esclusivamente alla forma estetica
senza penetrare nel suo contenuto religioso. La fatica è la comprensione di questo tipo di linguaggio
sicuramente un po’ ostico. Il linguaggio di questi “mosaicisti” è infatti incentrato tutto sul “mito” per far
comprendere il rapporto Dio-mondo poiché non sempre è facile spiegare razionalmente o secondo la
scienza conosciuta del tempo determinati fenomeni. Sono dunque nate queste narrazioni simboliche capaci
di evocare quanto non si conosceva e di farlo sperimentare come “senso di vita” in chi ascoltava. Siamo di
fronte non a delle storie vere (come le intendiamo oggi) ma a delle narrazioni che dicono il vero su
determinati problemi e secondo l’ottica di fede di chi li racconta.
Anche se gli autori della Genesi usano espressioni e immagini presenti nei miti del tempo si discostano però
in maniere decisa dai loro contenuti. Significativi sono ad esempio il passaggio dal politeismo al
monoteismo, la riduzione di tutte le forze cosmiche da divinità a semplici creature, la creazione di tutto
avvenuta in maniera pacifica senza uno scenario di lotta tra forze opposte, ecc.
La domanda che oggi ci dobbiamo porre non è allora “Cosa è successo e quando?” ma piuttosto “Che verità
mi vuole trasmettere questo testo sacro su Dio, sul mondo, sull’umanità, su di me?”.
(1) 1 In principio Dio creò il cielo e la terra. 2 La terra era informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l`abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce
dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo
giorno.
6 Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque". 7 Dio
fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra
il firmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina:
secondo giorno.
9 Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia
l`asciutto". E così avvenne. 10 Dio chiamò l`asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio
vide che era cosa buona.
1
11 E Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che
facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne: 12 la
terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi
che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa
buona. 13 E
fu
sera
e
fu
mattina:
terzo
giorno.
14 Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte;
servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e servano da luci nel firmamento
del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: 16 Dio fece le due luci grandi, la luce
maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le
pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per
separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina:
quarto giorno.
20Dio disse: "Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al
firmamento del cielo". 21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano
e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E
Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le
acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra". 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
24 Dio disse: "La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie
selvatiche secondo la loro specie". E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la
loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro
specie. E Dio vide che era cosa buona.
26 E Dio disse: "Facciamo l`uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci
del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili
che strisciano sulla terra".27 Dio creò l`uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni
essere vivente, che striscia sulla terra". 29 E Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce
seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il
vostro cibo. 30 A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". E così
avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu
mattina: sesto giorno.
(2) 1 Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2 Allora Dio, nel
settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo
lavoro. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni
lavoro che egli creando aveva fatto. 4a Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero
creati.
GENESI 1, 1-25 - In Principio
Con un ritmo cadenzato e ripetitivo, l’autore di questo “inno a Dio creatore” desidera porre una catechesi
meditativa sulla creazione. Si vuole rispondere non tanto al “come è successo e quando?” ma piuttosto
interrogarsi sul senso dell’universo. Ogni opera creata presenta quasi sempre la stessa struttura con il
ripetersi di elementi caratteristici che orientano la comprensione:
- INTRODUZIONE DEL COMANDO: Dio disse…., per indicare che Dio crea mediante la Parola, ovvero
con un espressione di sé che proviene dalla sua volontà.
- COMANDO: Sia – Siano …., per specificare il contenuto del comando divino. Significativo è l’uso del
verbo separare col senso di mettere ordine facendo in modo che ogni realtà creata occupi il suo
posto, sia gerarchizzata e distinta rispetto alle altre.
- ESECUZIONE DEL COMANDO: E cosi fu/avvenne, quale constatazione che la parola del Signore ha
un’efficacia reale sia nella storia umana, sia nell’ambito della creazione. Si tratta sempre di quella
parola di Dio che non ritorna a lui “senza effetto, senza aver operato ciò che desidera e senza aver
compiuto ciò per cui l’ha mandata”(Is 55,11).
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NOME E/O BENEDIZIONE: E Dio chiamò…E Dio benedì… Dare il nome ha un triplice senso: rivelare a
tutti l’identità di una realtà, di farla esistere in modo autonomo nella propria coscienza e di
dichiarare una certa sovranità su di essa perché se ne possiede il nome, cioè l’identità.
VLUTAZIONE E GIUDIZIO: E Dio vide che era cosa buona. Dio si mette così in contemplazione di
quanto ha fatto e ne dà poi una valutazione di valore esprimendo anche un’ammirazione estetica.
Sembra quasi che dica: “ Sono contento che tu esista così perché sei una bellezza”.
CONCLUSIONE CRONOLOGICA: E fu sera e fu mattina; ogni cosa è quindi ordinata secondo il tempo
dopo averla inserita in uno spazio ben preciso e determinato
Vediamo ora alcuni aspetti e significati rilevanti.
In principio. Nel prologo l’autore si sofferma su ciò che conosce, senza porsi la domanda sulla creazione dal
nulla. Desidera affermare che all’inizio di tutto c’era soltanto Dio e la sua azione creatrice.
La terra era informe e deserta. Viene qualificata come spoglia e deserta, disordinata e confusa piena di una
solitudine estrema. Non ci sono ancora esempi di vita, esempi di amore.
Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Si tratta di quel vento, soffio di vita, l’energia di Dio che era pronto
ad entrare in azione mediante la parola creatrice. Per la tradizione ebraica trattasi della “sapienza di Dio”,
per alcuni padri della Chiesa (come Ambrogio e Agostino) invece è già lo Spirito Santo.
Dal primo al terzo giorno Dio ordina. Questa attività è scandita dal tempo e dallo spazio che sono anch’essi
necessari per la vita delle creature e dell’uomo stesso. Tempo e spazio inoltre pongono i limiti anche delle
creature e fissano una prima dipendenza da tutto ciò che va oltre, ovvero il Dio creatore.
Dal quarto al sesto giorno Dio orna. Dopo la separazione e la distinzione inizia la fase dell’ornamento
(stelle, luna, sole, uccelli, animali in genere,ecc).
Dio vide che era cosa buona/bella è un invito alla contemplazione di quanto è stato creato.
L’atteggiamento di Dio (che dovrebbe servirci da spunto di riflessione per un nostra azione simile da
intraprendere) si basa su uno sguardo non di chi è preoccupato di sfruttare ciò che guarda, ma piuttosto
quello di chi ha anche la voglia e il piacere di gustare la presenza della realtà. Per questo il creato è via per
raggiungere Dio, bontà e bellezza per eccellenza. E’ necessario dunque imitare il creatore nel guardare se
stessi e l’altro.
GENESI 1, 26-31 - Facciamo l’umanità
26 E Dio disse: "Facciamo l`uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci
del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili
che strisciano sulla terra".27 Dio creò l`uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni
essere vivente, che striscia sulla terra". 29 E Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce
seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il
vostro cibo. 30 A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". E così
avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu
mattina: sesto giorno.
L’uomo ha inizio da una parola di quel Dio che vuole profondamente l’esistenza dell’umanità sulla Terra.
Quel “facciamo”, al plurale, è un plurale consultivo-deliberativo. Sembra che Dio dialoghi con se stesso
3
come fa una persona quando sta per prendere una decisione importante. In ebraico il termine per indicare
Dio, Elohim, è un plurale quasi a indicare la pienezza e la perfezione che può utilizzare sia il singolare sia il
plurale. La creazione dell’uomo sembra la conseguenza di una maturata riflessione, per cui nessun essere
umano è frutto del caso ma anzi questo ha un valore immenso e insostituibile. In quel verbo al plurale è
possibile scorgere anche un primo lontano segno di quella che sarà poi detta “trinità”.
L’importanza rivestita dall’uomo sta nel fatto che è creato a immagine somigliantissima di Dio. Non si tratta
di una coincidenza perfetta ma di una forma analoga e corrispondente a quella di Dio. Ogni adam è fatto
poco meno di un Dio.
In che cosa però ogni persona è ad immagine e somiglianza di Dio? Secondo la tradizione ebraica questa è
intesa nel senso della missione: ovvero essere capaci di fare quello che fa Dio, imitarlo nel suo agire nella
storia come liberatore e creatore. I cristiani invece hanno posto l’accento sull’identità dell’essere umano. E’
somigliante a Dio nella sua parte spirituale, vale a dire perché dispone dell’intelletto e della ragione e
perché ha l’anima immortale ed è capace di amare come Dio.
Il potere che ha l’uomo non ce l’ha nessuno. E’ in grado di soggiogare e dominare tutto! Queste azioni
sono tipiche di un re e vengono estese a tutte le persone. Ogni adam è invitato a imitare Dio nel dominare e
soggiogare la terra. Non si tratta chiaramente di una tirannide ma di una superiorità pacifica e non violenta
finalizzata alla vita, al benessere e alla giustizia su tutto il creato. L’uomo deve quindi fare tutto ciò come lo
farebbe Dio, assumendo anche quello sguardo di contemplazione fondamentale nel rapportarsi con tutto il
creato.
Maschio e femmina li creò. La vera novità del creato è la bipolarità sessuale. Pertanto Dio fa un altro dono:
al progetto creazionale possono partecipare anche le creature. Dio concede dunque la possibilità di
partecipare alla sua stessa vita e la possibilità di trasmetterla. La cosa diversa rispetto alle precedenti fasi
della creazione è che adesso non siamo di fronte a un comando (non c’è una frase del tipo: “Dio disse e
fu…”), quanto piuttosto a un dono. L’uomo e la donna devono decidere liberamente se voler partecipare
anche loro alla creazione di nuovi adam. Dio dunque vuole mantenere l’armonia del creato e per questo
motivo mette al centro di tutto l’uomo, la sua creatura preferita fatta a sua immagine. La vita dunque è un
dono, viene da Dio e va vissuta nell’ascolto della Parola e del progetto che Dio ha per noi, come è accaduto
con Adamo ed Eva. L’esistenza dunque è un continuo specchiarsi in Dio e attendere da lui la pienezza della
vita. Conoscendo il creatore, la creatura comprende meglio se stessa, la sua identità, la sua missione. Come
dice Sant’Agostino: “ Che io ti conosca, perché io mi conosca”. Solo entrando in questa prospettiva le
persone potranno essere veramente se stesse, vale a dire a immagine somigliantissima di Dio.
Nel rapportarci con noi stessi dobbiamo sostituirci ad Adamo. Se colloco il mio nome a posto del generico
adam, potrò gustare la bellezza di essere desiderato e creato da Dio, così come mi scopro con potenzialità
e limiti. Infine lasciamo guardare da Dio senza scappare o aver paura del suo sguardo, perché è l’unico in
grado di guidarci sulla via della vera vita.
GENESI 2, 1-4a - Dio si riposa
1
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2 Allora Dio, nel
settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo
lavoro. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni
lavoro che egli creando aveva fatto. 4a Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero
creati.
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Con l’azione di “cessare di lavorare” Dio porta a compimento l’opera creazionale. Il settimo giorno non è
racchiuso dal ritornello “ e fu sera e fu mattina”. Tutta la creazione tende verso il settimo giorno, il giorno
in cui Dio si riposa, il giorno benedetto e consacrato.
Il senso del settimo giorno può richiamare diversi significati.
1) E’ il giorno della perfezione. Mentre il 6 è simbolo del tempo indeterminato, il 7 significa
conclusione, compimento, perfezione. Dio impiega dunque un certo tempo per creare l’universo e
quel tempo però ha una fine.
2) E’ il giorno del riposo. Riposo inteso come prospettiva e punto di arrivo del tempo di lavoro non
come prescrizione legale e culturale. Si tratta di un’iniziativa tutta di Dio che manifesta la sua
libertà e autonomia da ciò che ha creato: egli non dipende dalle sue cose create e non ne è schiavo.
3) E’ il giorno di benedizione consacrato da / a Dio: consacrato significa messo da parte, separato dai
giorni feriali perché ha un compito specifico. Dio quindi riserva per sé un tempo particolare di
riposo, o meglio di assenza di attività routinarie. Questo giorno è il giorno di Dio. Si può anche
tradurre: “Dio benedisse il settimo giorno e disse: “E’ mio””. Santo o consacrare indica qualcosa che
appartiene a Dio e che egli si riserva.
Il riposo non è quindi tempo da consumare come divertimento fine a se stesso, né è tempo di semplice
ricarica per poter lavorare poi ancora di più. E’ invece “tempo di ri-creazione” della vita a contatto con la
sua sorgente, Dio. Il lavoro per la Bibbia non è una maledizione, né punizione, né degradazione dell’uomo. Il
lavoro però rischia di diventare una “idolatria” quando è fine a se stesso o quando porta l’uomo a esserne
schiavo. Il riposare è il passaggio dal lavoro (quello di ogni giorno) ad un lavoro di tutt’altro tipo che è inteso
come culto, servizio reso a Dio e a se stessi. Bisogna ri-creare il tessuto interiore della propria vita e per
accettarsi come creature limitate e bisognose della benedizione del Creatore. Il settimo giorno deve quindi
sancire l’affermazione del primato della persona (e del suo rapporto con Dio) sulle cose da fare.
Sospendendo il tempo come tempo della produzione (per lavorare) e della fruizione (per soddisfare i
bisogni), il sabato lo re instaura come tempo dell’accoglienza, dell’ospitalità, della fraternità, della
solidarietà e del perdono.
Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra,
nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla
terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l`acqua dei canali per irrigare
tutto il suolo -; 7 allora il Signore Dio plasmò l`uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue
narici un alito di vita e l`uomo divenne un essere vivente.
8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l`uomo che aveva
plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e
buoni da mangiare, tra cui l`albero della vita in mezzo al giardino e l`albero della conoscenza
del bene e del male.
10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro
corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c`è
l`oro 12 e l`oro di quella terra è fine; qui c`è anche la resina odorosa e la pietra d`ònice. 13 Il
secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d`Etiopia. 14 Il terzo
fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l`Eufrate. 15 Il Signore
Dio prese l`uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. 16 Il
Signore Dio diede questo comando all`uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del
giardino, 17 ma dell`albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché,
quando tu ne mangiassi, certamente moriresti".
4b
5
LA GENESI – SECONDA PARTE – (2,4b – 3,24)
I due capitoli che ora ci accingiamo a leggere costituiscono un unico racconto. Possiamo immaginarli come
le due parti di un dittico in cui l’autore presenta l’identità profonda di ogni persona (chiamata da Dio ad una
relazione armoniosa che da senso ala vita) ma anche la possibilità concessa all’uomo di scegliere
autonomamente anche il contrario di quanto richiesto da Dio.
Gen 2,4b-25 costituisce il progetto positivo di Dio sull’uomo, il suo sogno che ognuno possa stabilire
relazioni armoniose con tutti e così vivere felici.
Gen 3, 1-24 invece spiega perché da sempre l’umanità è quella che è oggi, ovvero lacerata dal male e dal
peccato che le fa sperimentare una vita infelice, fallita o maledetta.
Questi due capitoli possono essere letti secondo 2 punti di vista:
PUNTO DI VISTA TEMPORALE: prima l’umanità è creata felice (paradiso terrestre), poi si è ribellata a Dio
(peccato originale), poi la cacciata dell’uomo e della donna (la punizione di Dio).
PUNTO DI VISTA SINCRONICO: che vede nelle due parti del dittico le due facce di una stessa medaglia. Da
sempre l’umanità è messa di fronte alla scelta di accogliere o meno Dio e il suo progetto. Da sempre
cammina (almeno la maggior parte dell’umanità) sulla strada del rifiuto di Dio portando il peso delle
conseguenze e dell’infelicità. L’autore vorrebbe quindi porre ogni persona di fronte alla propria
responsabilità: prendere coscienza che è creata per rispondere in modo libero al suo creatore e se risponde
positivamente vivrà felice.
L’obiettivo di questo testo non è quindi raccontare una vicenda storica e nemmeno colpevolizzare o
accusare l’ascoltatore. L’unico obiettivo è responsabilizzarlo perché sappia sperare nel Signore. Piuttosto
che chiedersi “cosa è successo ad Adamo ed Eva?” ci si dovrebbe chiedere “Cosa succede oggi a me?”
4b Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra,
nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla
terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l`acqua dei canali per irrigare
tutto il suolo -; 7 allora il Signore Dio plasmò l`uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue
narici
un
alito
di
vita
e
l`uomo
divenne
un
essere
vivente.
8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l`uomo che aveva
plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e
buoni da mangiare, tra cui l`albero della vita in mezzo al giardino e l`albero della conoscenza
del bene e del male. 10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e
formava quattro corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di
Avìla, dove c`è l`oro 12 e l`oro di quella terra è fine; qui c`è anche la resina odorosa e la
pietra d`ònice. 13 Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese
d`Etiopia. 14 Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è
l`Eufrate. 15 Il Signore Dio prese l`uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e
lo custodisse. 16 Il Signore Dio diede questo comando all`uomo: "Tu potrai mangiare di tutti
gli alberi del giardino, 17 ma dell`albero della conoscenza del bene e del male non devi
mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti".
L’umanità è oggetto di due azioni da parte di Dio: è plasmata come un vaso dalle mani sapienti del Signore
che adopera come materiale specifico la polvere del suolo (la parte più delicata e meno consistente); riceve
l’alito di vita che vale a dire il respiro, ovvero la possibilità di respirare quindi di vivere. Risultato dell’azione
6
di Dio è che l’uomo diviene un essere vivente, creatura viva con una sua autonomia poiché respira e
desidera ma sempre limitata poiché il suo inizio e la sua fine dipendono dal vasaio.
Il giardino dell’Eden è segno di interesse di Dio per l’adam. Nel deserto anche se ci fosse l’acqua infatti non
sarebbe possibile vivere a lungo. Per questo Dio crea questo luogo recintato, una fertile oasi piena di acqua.
Questo luogo è simbolico e non esiste nella realtà; basti pensare al fatto che oltre al Tigri e all’Eufrate gli
altri due fiumi (Pison e Ghicon) non esistono sulla Terra.
Il primo comandamento che l’adam riceve da Dio è quello di coltivare e custodire il giardino. Il lavoro infatti
non è considerata punizione di Dio, anzi tramite questo l’uomo si realizza e quindi il lavoro diventa
espressione della fedeltà alla relazione con Dio.
In mezzo al giardino Dio colloca due alberi: l’albero della vita e l’albero del bene e del male.
Il primo albero, quello della vita, è simbolo di Dio, origine e donatore di vita. Dei suoi frutti l’uomo può
mangiarne liberamente nel senso che potrà relazionarsi sempre con libertà al suo creatore. L’albero della
conoscenza del bene e del male invece è out per l’uomo. Il termine “conoscenza del bene e del male”
potrebbe indicare sia il sapere tutto, sia lo sperimentare tutto, sia soprattutto il decidere e scegliere ciò che
può donar felicità (bene) e ciò che conduce all’infelicità (male). Quest’albero simboleggia quell’opzione
fondamentale con cui ogni persona decide liberamente quale senso dare alla propria vita per essere
veramente felice. Il problema però, si badi bene, non consiste nella scelta tra bene e male. Tutto si gioca sul
fatto di concretizzare la scelta in ascolto di Dio o al di fuori della relazione con Dio. Il “peccato” diventa
quello di voler decidere tutto da soli, infischiandosene del fatto di essere creature di Dio, spezzando la
relazione con Lui, cercando quindi la felicità credendo di poter fare tutto da soli. “Mangiare” quel frutto
significa “rifiutare” Dio come senso della propria vita. In chiave positiva, il comando è un forte richiamo alla
responsabilità, vale a dire esercitare la facoltà di dare una risposta a Dio dopo averne ascoltato la Parola. Se
si accetta di ascoltare e mettere in pratica la parola del suo creatore l’uomo vivrà altrimenti certamente
dovrà morire. Non è una morte che da Dio come punizione. Morire non è altro che condurre una vita senza
Dio, separandosi completamente dalla propria fonte e quindi andando incontro ad una esistenza già morta.
Nel testo Dio non dice mai: “Se mangi quel frutto ti farò morire!”. Il comando non è contro l’umanità,
quanto piuttosto una sua protezione!
GENESI 2, 18-25 - Non è bene che l’uomo sia solo
18 E il Signore Dio disse: "Non è bene che l`uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile". 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all`uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo
l`uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così
l`uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie
selvatiche, ma l`uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. 21 Allora il Signore Dio fece
scendere un torpore sull`uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la
carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all`uomo, una
donna e la condusse all`uomo. 23 Allora l`uomo disse: "Questa volta essa è carne dalla mia
carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall`uomo è stata tolta". 24 Per
questo l`uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno
una sola carne. 25 Ora tutti e due erano nudi, l`uomo e sua moglie, ma non ne provavano
vergogna.
Non è bene che l’adam sia solo. E’ Dio a stabilire ciò che è bene e male per l’uomo. Male è sicuramente una
vita in solitudine e in totale assenza di relazioni significative con altre persone. La relazione con l’altro allora
non sarebbe quindi un optional dato che ogni adam è fatto per la relazione, per il dialogo, la condivisione,
la reciprocità con altri. Dio prima di costruire la donna, con una ingenuità apparente, tenta di vivacizzare la
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vita dell’uomo con la creazione di tutti gli animali e uccelli del cielo. Perché non costruisce direttamente la
donna, dato che sa benissimo che questi non saranno sufficienti? Dio non lo fa per un semplice motivo:
vuole che sia l’adam stesso ad interrogarsi su chi effettivamente può aiutarlo a rompere quel cerchio
mortale costituito dalla solitudine e dall’isolamento. Non basta che Dio voglia il bene di ogni persona; è
necessario anche che l’essere umano lo desideri, lo scopra un po’ alla volta e lo accolga come un dono.
Dopo la creazione di tutti gli esseri viventi l’adam può sperimentare di essere il “signore del creato” ma
prende coscienza che nessuna di quelle bestie lo potrà realizzare in profondità, “non trovò un aiuto che gli
corrispondesse”. Allora Dio adesso può creare la donna.
Il sonno in cui Dio fa cascare l’adam non è un sonno normale, ma speciale. Si vuole sottolineare la passività
dell’essere umano e la totale estraneità all’azione: non sarà lui a fabbricarsi su misura la donna ma sarà Dio
che non potrà, inoltre, nemmeno vedere quando starà per costruire la donna. Solo in Dio l’uomo potrà
conoscere la donna e viceversa.
In secondo luogo, Dio toglie una delle costole ad adam e con essa costruisce la donna. Non ci troviamo però
di fronte ad una svalutazione della donna (l’eterna seconda rispetto all’uomo). Il termine “sela”(costola)
non è solo un fianco o lato che viene tolto all’uomo. Indica invece che la donna è costituita dalla stessa
sostanza dell’uomo: entrambi hanno stessa natura, quindi stessa dignità. Questa “pasta comune” a
entrambi è la possibilità di donarsela reciprocamente e di trasmetterla. La donna, tratta dalla parte vitale
dell’uomo ha in sé la capacità di donare vita.
Dopo aver rinchiuso la carne al posto della costola (simbolo di una mancanza, una nostalgia, una ferita che
resta) e dopo aver creato la donna, Dio la consegna all’uomo quasi come il padre conduce la figlia all’altare
per consegnarla nelle mani del futuro marito. E’ vero che l’unione uomo-donna nasce dall’attrazione tra
due persone, un impulso naturale ma quello che vuole dirci il Testo è che tale incontro va vissuto all’interno
del progetto di Dio, nella dimensione del dono reciproco.
Adam ora può uscire dalla solitudine e proclamare un primo canto di gioia e soddisfazione, “questa volta è
osso delle mie ossa e carne dalla mia carne”. Aggiungendo poi: “la si chiamerà donna perché dall’uomo è
stata tolta”. Adam riconosce quindi la stessa natura tra lui e la donna e scopre così che a parte essere un
adam (essere vivente) è un “ish”(uomo, maschio, detto anche marito) in contrapposizione a una “issa”
(donna, moglie). Adesso l’adam (umanità) è completa nell’incontro dialogico e sessuale tra ish e issah.
I due diventeranno una sola carne. C’è un impulso talmente forte da far staccare l’uomo dalla casa paterna
per dar vita assieme alla propria donna a una reale e profonda relazione interpersonale che va oltre quella
sessuale. L’unione fisico-sessuale è solo una parte della complessa relazione che si instaura tra i due. Si
tratta in realtà di una completa messa in comune, nella reciprocità, di affetti, sentimenti, volontà,
corporeità fino a diventare una sola persona, una sola realtà senza perdere le differenze, perché ognuno
resta rispettivamente ish e isshah. Avviene quindi un’unità nella diversità.
Erano nudi e non ne provavano vergogna. Nella tradizione la nudità è sempre stata legata alla sfera
sessuale ma in realtà nella Genesi va ben oltre. Essere senza vestiti o scoprirsi nudi vuol dire fare i conti con
la propria vulnerabilità, con la debolezza, con situazioni esistenziali di creature limitate e deboli. Significa
sperimentare la povertà, la miseria, l’umiliazione e l’essere senza protezione. Essere vestiti invece è sempre
stato simbolo di dignità umana e sociale. In questa prospettiva Adamo ed Eva si accettano nella loro
creaturalità limitata e fragile; si presentano l’uno all’altro senza maschere sociali, senza ruoli. All’interno di
questo incontro come dono reciproco può scattare, come vedremo, il peccato: non accogliere e accettare
l’altro e il progetto di Dio perché si ritiene di dover subire dei limiti alla propria vita, alla propria libertà, alla
propria felicità.
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GENESI, CAPITOLO 3, 1-7 – Diventerete come Dio
1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla
donna: "E` vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?".
2 Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare,
3 ma del frutto dell`albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare
e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". 4 Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete
affatto! 5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste
come Dio, conoscendo il bene e il male". 6 Allora la donna vide che l`albero era buono da
mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne
mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch`egli ne mangiò.
7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di
fico e se ne fecero cinture.
Nei capitoli precedenti l’autore aveva narrato la creazione dell’adam/umanità successivamente presentata
come composta da uomini e donne in relazione. Entrambi sono collocati nel giardino di Eden con il compito
di coltivarlo e custodirlo e soprattutto con il comando/impegno di ascoltare la Parola del Signore. Ora nel
capitolo 3 l’autore sacro cerca di rispondere ad alcune domande tra cui: Che importanza ha per noi
ascoltare o disubbidire alla parola di Dio? Possiamo acquisire il senso della nostra vita fuori dalla relazione
con Lui? Se togliamo Dio dalla nostra vita cosa accade?
In questo scenario emerge la figura del serpente, dotata di capacità persuasiva essendo molto intelligente,
astuto e sapiente. Il serpente è il simbolo del male che si fa presente all’umanità come al solito con una
proposta di felicità alternativa a quella di Dio. Queste tentazioni si insinuano con cautela, pian piano
stravolgendo totalmente le parole di Dio. Il suo comando infatti non diceva di non mangiare da tutti gli
alberi del giardino ma solo da uno. Lo scopo del male è quello di seminare il dubbio. La donna a questo
punto si difende ma anche lei stravolge un po’ il comando di Dio aggiungendo che addirittura a loro è
proibito toccare l’albero e i frutti di esso. Dio non aveva affatto imposto un comando – divieto “su” e “di”
tutto.
Come agisce il male? Il serpente pretende di svelare il vero volto di Dio: Dio sarebbe geloso delle sue
prerogative, ha paura che l’umanità apra gli occhi e scopra tutto questo. Sa che gli uomini e le donne
possono acquisire capacità divine e quindi Dio, per questo, ha posto loro dei limiti. Dio tutto sommato è
perfino cattivo, vuole tutto per sé e non desidererebbe affatto la felicità delle sue creature.
Contemporaneamente il serpente fa una contro-offerta alle due creature. Offre ai due i tre desideri
fondamentali dell’uomo: vivere in eterno (“non morirete affatto”); essere come Dio in terra (“sarete come
Dio”); avrete la felicità (“conoscere il bene e il male”). Poi il serpente scompare e il tutto ora si gioca nella
coscienza della persona.
Il vero peccato “originale” non è quindi aspirare alla piena realizzazione di sé, quanto desiderare e decidere
di raggiungere la felicità indipendentemente da Dio, come se non esistesse o addirittura contro Dio stesso,
al di fuori di qualsiasi relazione di obbedienza o amicizia con il proprio creatore.
Con tal scelta ogni creatura umana diventa “dio in terra”, arbitra di se stessa e perfino capace di offrire il
senso vero della vita anche agli altri. La donna coinvolge anche il marito offrendogli il frutto della sua
scoperta. E l’uomo commette quello che viene definito “peccato di inerzia sociale”, tipico di chi accetta di
fare quanto gli propongono gli altri, senza alcun discernimento personale.
Conseguenza immediata della scelta dei due è il passaggio da un’unità rispettosa e accogliente alla
solitudine che isola e porta a mascherarsi, dal non provare vergogna di chi si è al vergognarsi della propria e
altrui nudità. Ognuno ora si difende alla meno peggio, con foglie di fico, nascondendosi all’altro/a.
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Parte di quanto detto dal serpente si avvera: si aprono gli occhi dei due e si sperimenta la differenza tra
bene/felicità e male/infelicità, ma ovviamente le due creature non sono diventate come Dio. E’ quasi
necessario peccare per rendersi conto di chi si è effettivamente e di quali conseguenze porta il voler fare
tutto da soli.
Il male quindi esiste, l’autore della Genesi non si preoccupa di indicarci da dove ha origine. Il male si palesa
come “proposta di felicità alternativa” ai progetti di Dio. Lo scopo di questo testo non è colpevolizzare le
persone, quanto far prendere loro coscienza del male. Il fatto che il male si palesi in questi momenti di
piacere e felicità passeggeri deve portare l’uomo a stare in guardia. Stare in guardia perfino dalla triste
realtà del “così fan tutti” che come ha colpito Adamo può colpire anche noi.
La logica del male è quella del vedere – prendere – mangiare (cioè valutare una realtà a partire dai propri
desideri, di impossessarsene perché soddisfi i propri bisogni. A questa mentalità si oppone quella di Gesù
nel Nuovo Testamento: vedere – commuoversi – prendere – ringraziare – spezzare – donare perché tutti
mangino.
GENESI, CAPITOLO 3, 8-24 - Adam, dove sei?
8 Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l`uomo con
sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
9 Ma il Signore Dio chiamò l`uomo e gli disse: "Dove sei?". 10 Rispose: "Ho udito il tuo passo
nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto".
11 Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell`albero di cui ti avevo
comandato di non mangiare?".
12 Rispose l`uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell`albero e io ne ho
mangiato".
13 Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha
ingannata e io ho mangiato".
Castigo e promessa. 14 Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii
tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre
camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15 Io porrò inimicizia tra te e la
donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno".
16 Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà".
17 All`uomo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell`albero, di
cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con
dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l`erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei
stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!".
20 L`uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
21 Il Signore Dio fece all`uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì.
22 Il Signore Dio disse allora: "Ecco l`uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del
bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell`albero della vita,
ne mangi e viva sempre!".
23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato
tratto.
24 Scacciò l`uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada
folgorante, per custodire la via all`albero della vita.
Anche se siamo di fronte ad una delle pagine più dure per l’uomo nel suo rapporto con Dio, in questa parte
del capitolo 3 non mancano i segni di speranza e di amore da parte del creatore per le creature.
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Il Signore Dio viene immaginato come un uomo che scende nel suo giardino per godersi la freschezza
serale, fingendo di non sapere nulla di quanto accaduto. Dio non fa infatti visita alla sue creature per
condannarle, ma per camminare con loro anche se lo hanno sospettato di cattiveria e gelosia e anche se
ora stanno rifiutando la sua compagnia.
Le due creature si nascondono in mezzo agli alberi del giardino. Questa espressione mostra che anche la
relazione con il creato si è spezzata. I due erano stati incaricati di coltivare e custodire il giardino, non di
sfruttarlo per nascondersi e sottrarsi così alle proprie responsabilità.
Dio si mette così alla ricerca dell’umanità, stanandola dai suoi nascondigli e cercando di condurla alla verità:
anche se può far male, libera! La sua prima parola nei confronti dell’uomo non è di condanna ma di ricerca:
“Dove sei?, Dove ti nascondi? Dove sei andato a finire? Come sei arrivato a questo punto?”.
In questo modo l’uomo, scoperto peccatore da Dio, riceve mediante questo interrogatorio, un’ulteriore
spazio di libertà grazie al quale giungere alla verità dei fatti. A chi ha peccato Dio concede la possibilità di
far luce sul proprio operato.
Piuttosto che rendersi conto del male (che fa ancora male sia a se stessi che agli altri) i due descrivono
circostanze esterne per trovare il colpevole “fuori di sé”. Per l’uomo è tutta colpa della donna; per la donna
è tutta colpa del serpente.
Secondo il testo ebraico, il genere umano (la stirpe della donna) riuscirà però a sconfiggere il male , ovvero
la stirpe del serpente, essendo più forte schiacciare la testa che insidiare il calcagno. La tradizione cristiana
in questa frase ha visto un cenno esplicito alla futura opera di Gesù, il messia, nato proprio da Maria, una
donna.
Poi Dio fa prendere coscienza alla donna di alcune tensioni che lei vive nella sua vita personale e privata
come i dolori del parto e la dominazione storica dell’uomo nei confronti della donna. Dio, si noti bene, non
sta giustificando la tradizione di sottomissione a cui è stata sottoposta la donna e nemmeno i dolori e le
esperienze di sofferenza. E’ a causa del peccato che tutto ciò, ovvero far nascere dei figli, stare con un
uomo, ecc vengano vissute come esperienze di sofferenza, lotta, dominazione. Stessa cosa farà per l’uomo.
A lui i dolori e i limiti del lavoro ora che si è infranta la relazione tra adam e adamah (terra),relazione che
verrà ripristinata solo al momento della morte quando la terra lo riaccoglierà.
Numerosi, come prima accennato, sono i segni positivi di speranza all’interno di un’esperienza comunque
di fallimento. Questi sono: il non aver condannato subito l’umanità; la possibilità di capire dove si è
sbagliato; il non aver maledetto (prendere le distanze) l’uomo e la donna ma soltanto il serpente e il suolo
coltivabile; la promessa di una vittoria dell’umanità sul male; l’aver rivestito le due creature.
-----------------------------------------------------------------------------------Fonti: Gianni Cappelletto (2000) Genesi. Edizioni Messaggero Padova.
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