Lo Sviluppo Sostenibile

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Lo Sviluppo Sostenibile
Lo Sviluppo Sostenibile e le sue
implicazioni nell’ambito della
Pianificazione Ecologica
Corso di Pianificazione Ecologica e sostenibile del
Territorio
Facoltà di Ingegneria
Università degli Studi di Trento
• Docente: Marco Ciolli
Sviluppo Sostenibile Ma cos’è lo sviluppo sostenibile?
"Sviluppo sostenibile" è un concetto
difficile da comprendere perché non tutti
lo interpretano allo stesso modo.
A lungo termine dovrebbe condurre a
condizioni di vita migliori su questo mondo
minacciato da problemi ambientali es.
l’abbattimento delle foreste tropicali, il
riscaldamento globale, le piogge acide..…..
Inoltre la qualità della vita è insufficiente per
molta gente, soprattutto nei paesi poveri.
C’è poi una relazione tra le questioni
ambientali e la povertà.
Tre punti sono da tenere presenti se si ha
come obiettivo lo sviluppo sostenibile:
1. L’ambiente
2. L’economia
3. Le condizioni sociali
"Sustainable development is development that
meets the needs of the present without
compromising the ability of future generations to
meet their own needs."
Sta ad indicare una crescita economica che sia
idonea a soddisfare le esigenze delle nostre
società in termini di benessere a breve, medio e
soprattutto lungo periodo, fermo restando che lo
sviluppo deve rispondere ai bisogni del presente,
senza compromettere le attese delle generazioni
future.
Si tratta di predisporre le condizioni più idonee
affinché lo sviluppo economico a lungo termine
avvenga nel rispetto dell'ambiente.
Il vertice mondiale sullo sviluppo sociale
(Copenhagen 1995) ha sottolineato la necessità
di lottare contro l'esclusione sociale e proteggere
la salute dei singoli.
Il trattato di Amsterdam ha espressamente
iscritto lo sviluppo sostenibile nel preambolo del
trattato sull'Unione europea.
Sustainable development will only
happen if it is explicitly planned for.
(EC, European Sustainable Cities,1996).
Come introdotto nel rapporto dell’EEA
1997, Towards Sustainable Development
for Local Authorities, il termine
sostenibilità costituisce la parola-chiave
degli anni ‘90: politici, amministratori e
pianificatori lo adottano a vari livelli di
programmazione, gestione e
pianificazione, ma l’obiettivo dello
sviluppo sostenibile diventa un impegno
quotidiano di consumatori e produttori.
Ma, in realtà, sviluppo sostenibile cosa
significa? Sostenibile per chi e per che
cosa?
Esiste un significato univoco e
riconosciuto internazionalmente di
sostenibilità?
Materialmente cosa comporta
impegnarsi per lo sviluppo sostenibile?
Esistono alcuni elementi caratterizzanti il
concetto di sviluppo sostenibile, quali: visione
di lungo termine, partecipazione, equità inter
ed intragenerazionale, approccio olistico allo
sviluppo economico, sociale ed ambientale;
- d’altra parte in ogni esperienza è stata
adottata una propria visione di sostenibilità,
per cui le definizioni di sviluppo sostenibile
sono in realtà molteplici e, a volte, molto
diverse fra loro;
- esistono diversi modi di percorrere il
cammino verso lo s.s. e diversi approcci
operativi nella pratica della sostenibilità
secondo i quali si possono accorpare le varie
esperienze;
- un metodo di valutazione della sostenibilità
del proprio sviluppo è costituito dall’adozione
di indicatori di sostenibilità in grado di
monitorare pressioni sull’ambiente, impatti
economici e sviluppo sociale ed istituzionale.
La sostenibilità rinvia all’idea di mantenimento/conservazione nel
tempo, e soprattutto nel lungo periodo, delle condizioni esistenti e
di capacità di garantire un supporto, un sostentamento, senza
produrre degrado.
Lo sviluppo implica cambiamento, trasformazione dello status quo,
alterazione, modifiche, e quindi instabilità, fluttuazioni, turbolenze.
Questo conflitto tra i due termini porta ad una idea di
miglioramento/modifica mantenendo però nel tempo anche lungo
le condizioni che consentono tale miglioramento.
Il significato di sviluppo sostenibile dovrebbe essere dunque quello
di migliorare la qualità della vita o il benessere in modo durevole
nel tempo.
Sviluppo sostenibile è quello sviluppo capace di soddisfare i bisogni
della attuale generazione senza compromettere il soddisfacimento
dei bisogni delle future generazioni (Our Common Future).
Da questa definizione e dal dibattito internazionale conseguente sono
emersi e sono stati riconosciuti i seguenti tratti caratteristici dello
sviluppo sostenibile:
•la stretta interrelazione fra sviluppo economico, sociale ed
ambientale e quindi approccio olistico allo sviluppo;
•la logica del lungo periodo;
•l’equità, estesa alla prospettiva intergenerazionale, e la giustizia;
•l’efficienza nell’uso delle risorse;
•la sostenibilità ecologica, ovvero la conservazione dello stock di
risorse e la creazione di ricchezza senza danneggiare i sistemi a
sostegno della vita.
Lo sviluppo sostenibile viene generalmente rappresentato come l’intersezione dei tre insiemi dello
sviluppo economico, sociale ed ambientale, sottolineando con ciò che laddove vengano privilegiate
solo due delle sue dimensioni non si verifica uno sviluppo sostenibile ma uno sviluppo in un’ottica
conservazionista, ecologista oppure meramente socio-economica
L’interrelazione fra sviluppo economico, sociale ed ambientale è stata raffigurata anche con un
diagramma a triangolo equilatero, i cui vertici costituiscono le singole dimensioni sociale, economica e
ambientale, i lati rappresentano delle linee di sviluppo di condivisione di due soli obiettivi alla volta,
l’area del triangolo il perseguimento degli obiettivi dello sviluppo Sostenibile
Il grafico evidenzia i
diversi approcci
possibili:
dell’economista
(l’obiettivo di equità
non rientra
generalmente tra quelli
strettamente economici,
preponderante è in
genere la crescita),
quello
dell’ambientalista,
interessato alla tutela, e
quello del sociologo,
interessato all’equità. Il
diagramma esprime
anche la necessità di
ricerca di un
compromesso fra
obiettivi molteplici,
eterogenei ed anche
conflittuali. Deve
esservi integrazione fra
queste tre dimensioni.
Inoltre, ciascuna scelta comporta specifici livelli di
perseguimento degli altri obiettivi (non possono essere
massimizzati tutti contemporaneamente): se si massimizza
un obiettivo, si avranno delle riduzioni nel perseguimento
degli altri, accettabili in relazione alle circostanze e
condizioni specifiche esistenti ed alle priorità riconosciute.
Promuovere lo sviluppo sostenibile significa
ricercare l’equilibrio fra queste tre diverse
componenti/dimensioni
L’equilibrio ricercato è, naturalmente, un equilibrio dinamico, in quanto continuamente
rimesso in discussione dalle pressioni dovute al cambiamento, di cui si fanno promotori
diversi soggetti (pubblici, sociali, privati) e che rimette continuamente in discussione le
priorità tra i tre obiettivi fondamentali.
L’ottica dello s.s. richiede quindi un approccio olistico allo sviluppo, cioè un approccio
globale alla pianificazione ed alla valutazione, uno sguardo all’insieme come alle parti,
un’attenzione particolare al benessere sociale, ecologico ed economico dei vari
sottosistemi, allo stato, alla direzione ed alla velocità di cambiamento dei sistemi e
delle loro componenti e, soprattutto, all’interazione fra le parti.
La logica del lungo periodo
La dimensione temporale dello s.s. è forse l’aspetto più leggibile dalla
definizione del Rapporto Brundtland. Il rimando alle generazioni future
richiama l’attenzione non solo sulla prossima generazione ma anche a quelle
successive, espandendo l’orizzonte temporale di pianificazione/valutazione.
La scelta della scala temporale non è sempre facile. L’approccio olistico allo
sviluppo necessita di considerare le scale dei diversi processi sociali,
economici e naturali, per cui l’intervallo temporale di 5 o 10 anni, utilizzato
in genere nelle pianificazioni politiche ed economiche, non è sufficiente ed
orizzonti temporali superiori, di 25 – 50 anni diventano più significativi.
L’adozione di orizzonti temporali così lontani richiede di affrontare questioni
di valutazione di lungo periodo, in condizioni di incertezza/indeterminatezza
che rendono molto complessa la valutazione stessa.
L’equità e la giustizia
Nella definizione di sviluppo sostenibile sono implicitamente
contenute due tipologie di equità:
•l’equità infragenerazionale, sia a livello locale che a livello
internazionale, che implica parità di accesso alle risorse (sia
ambientali, che economiche e sociali/culturali) da parte di tutti i
cittadini del pianeta, senza distinzioni rispetto al luogo ove essi
vivono. Questo tipo di equità può anche essere intesa come giustizia.
•l’equità intergenerazionale (esplicitamente dichiarata nella
definizione), che implica pari opportunità fra successive generazioni.
Viste le condizioni attuali mondiali, questo aspetto costituisce forse il
concetto più eversivo della nozione di sviluppo sostenibile (Lanza,
1997).
L’efficienza nell’uso delle risorse e la sostenibilità ecologica
La logica di lungo periodo introduce necessariamente il concetto di
uso efficiente delle risorse, in quanto solo con un’oculata gestione
delle risorse attuali è possibile garantire alle generazioni future la
possibilità di soddisfare i propri bisogni.
Quindi, condizione essenziale per la sostenibilità è la conservazione
dello stock di risorse costituenti il capitale naturale di cui dispone
l’attuale generazione e da cui consegue il livello di benessere.
La sostenibilità ecologica implica che la produzione di ricchezza non
avvenga a danno del sistema che supporta la varietà della vita, ma
che si introducano dei vincoli alle trasformazioni e che venga
ricercata e rispettata la capacità di carico dei sistemi ambientali.
La partecipazione
Il concetto di sviluppo sostenibile integra e bilancia le tre dimensioni
sociale, economica ed ambientale e quindi i tre valori dell’utilità,
dell’equità e dell’integrità ecologica. I soggetti portatori dei suddetti
valori/obiettivi sono diversi, i soggetti coinvolti nel processo di s. s. sono
molteplici e soprattutto possono essere in conflitto fra loro.
Diventa necessario evitare o ridurre il conflitto e attivare la cooperazione
tra i diversi attori.
Non si possono massimizzare contemporaneamente le tre dimensioni, ed è
indispensabile fare delle scelte che rispecchiano dei giudizi di valore e non
sono affrontabili e risolvibili solo con strumenti tecnici, con i soli esperti…
ma occorre un vero e proprio processo di partecipazione.
Lo sviluppo sostenibile è intrinsecamente uno sviluppo partecipato.
Alcune definizioni di Sviluppo Sostenibile
Nonostante il dibattito sullo s.s. sia stato avviato ormai tempo e siano stati
riconosciuti i caratteri principali insiti nel suo concetto, molteplici sono state le
definizioni adottate nelle varie esperienze politiche, di studio o di pianificazione.
La pluralità e differenza fra le varie espressioni adottate è legata al carattere
ideologico dello s.s., cioè lo stretto legame fra significato attribuito all’espressione
sviluppo sostenibile e giudizi etici e di valore propri degli attori dello sviluppo.
WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT & DEVELOPMENT, OUR COMMON
FUTURE, 1987 (BRUNDTLAND COMMISSION REPORT)
1. Sustainable development is development that meets the needs of the present without
compromising the ability of future generations to meet their own needs.
2. ... sustainable development is not a fixed state of harmony, but rather a process of
change in which the exploitation of resources, the orientation of the technological
development, and institutional change are made consistent with future as well as present
needs.
AAVV ,VERSO UNO SVILUPPO SOSTENIBILE: Esperienze E Raccomandazioni Di Sette Regioni Europee, 1998
Principi di sostenibilità: 1)dimensione di sviluppo: rispetto per l'integrità ecologica e per il patrimonio dell'ambiente creato
dall'uomo (dimensione ambientale); soddisfacimento dei bisogni umani per mezzo di un uso efficiente delle risorse (dimensione
economica); conservazione e sviluppo dei potenziali umani e sociali (dimensione socio-culturale). 2)dimensione di equità: equità
sociale e tra i sessi (equità interpersonale); equità interregionale e internazionale (equità spaziale); equità tra generazioni presenti e
future (equità intertemporale).3)principi sistemici: diversità/ridondanza, sussidiarietà, partnership/networking, partecipazioni.
AMICI DELLA TERRA/ITALIA, Documento Di Indirizzo Generale Per Uno Sviluppo Sostenibile Della Provincia Autonoma Di
Trento, 1997
Le caratteristiche, i vincoli e le opportunità poste dalle componenti ambientali allo sviluppo delle società avanzate rendono sempre
più necessario separare i cicli tecnologici delle attività antropiche di produzione e consumo dai cicli naturali, in maniera tale da
assicurare l'equilibrio di questi ultimi. Un primo indirizzo a carattere generale per uno sviluppo sostenibile può essere individuato
nel configurare l'insieme delle attività umane alla stregua di un ciclo (tecnologico) diverso da quello naturale e dal quale deve
essere progressivamente separato. I PRINCIPI di BASE dello sviluppo sostenibile sono: EVITARE L'ESAURIMENTO DELLE
RISORSE NON RINNOVABILI, RISPETTO DELLA CARRYING CAPACITY dell'ambiente, EQUITA', PRECAUZIONE.
CEC, EUROPEAN COMMUNITY FIFTH ENVIRONMENTAL ACTION PROGRAMME, 1993
(Sustainable development is) continued economic and social development without detriment to the natural resources on the quality
of which human activity and further development depend.
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione Sull'ambiente E L'occupazione (Costruire Un’Europa
Sostenibile), 1998
Sviluppo sostenibile: sviluppo che soddisfa le esigenze attuali senza compromettere per le generazioni future la possibilità di
soddisfare le proprie esigenze.
EC, EUROPEAN SUSTAINABLE CITIES, Report Of The Expert Group On The Urban Environment, 1996
Nel report vengono adottate le seguenti due definizioni di sviluppo sostenibile: "Sviluppo sostenibile è quello sviluppo che
soddisfa i bisogni del presente senza compromettere l'abilità delle generazioni future di soddisfare i propri" (Brundtland Report,
1987) e "Sviluppo sostenibile significa migliorare la qualità della vita restando all'interno della capacità di carico degli ecosistemi a
supporto della vita stessa (World Conservation Union, UNEP e WWF, 1991). Un'interpretazione più pratica è quella fornita
dall'ICLEI (1994): "Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che fornisce a tutti i residenti di una comunità i servizi ambientali,
sociali ed economici di base senza minacciare la vitalità dei sistemi naturali, costruiti e sociali sui quali si basa la fornitura di questi
servizi".
MAASTRICHT TREATY ON EUROPEAN UNION (Article 2, Treaty On European Union, 1992)
(Sustainable development is) a harmonious and balanced development of economic activities, sustainable and non-inflationary
growth respecting the environment.
IUCN, WWF, UNEP, Caring For The Earth, 1991
Sustainable development means improving the quality of life while living within the carrying capacity of supporting ecosystems.
INTERNATIONAL COUNCIL OF LOCAL ENVIRONMENTAL INITIATIVES (ICLEI)
Sustainable development is development that delivers basic environmental, social and economic services to all residents of a
community without threatening the viability of the natural, built and social systems upon which the delivery of these services
depends. MICHAEL JACOBS,THE GREEN ECONOMY, (1991)
Sustainability means that the environment should be protected in such a condition and to such a degree that environmental
capacities (the ability of the environment to perform its various functions) are maintained over time: at least at levels which give
future generations the opportunity to enjoy an equal measure of environmental consumption.
DAVID PEARCE, ET AL, Blueprint For A Green Economy (‘Blueprint 1’), 1989
WEAK SUSTAINABILITY: Only the aggregate of stocks of capital, regardless of their type, has to be held constant for future
generations; these forms of capital are completely substitutable for each other. ‘It is the aggregate quantity that matters and there is
considerable scope for substituting man-made wealth for natural environmental assets’ (Pearce et al, 1989)
SENSIBLE SUSTAINABILITY: No further decline is accepted for known critical natural stocks, while for others substitution
between natural and man-made capital is allowed for.
STRONG SUSTAINABILITY: The overall stock of natural capital should not be allowed to decline.
ABSURDLY STRONG SUSTAINABILITY: No substitution is permitted between the various kinds of natural capital stocks; each
stock has to keep to at least its current level.
WORLD RESOURCES INSTITUTE,WORLD RESOURCES 1996-97: The Urban Environment,1996
Sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i fabbisogni del presente senza minare la base ecologica e di risorse per le future
generazioni
1972 1a Conferenza internazionale sull’Ambiente Umano, Stoccolma: necessità dell’adozione di uno
sviluppo compatibile con l’ambiente assurse a dibattito internazionale. Nel rapporto provocatorio Limits
to Growth, il Club di Roma sottolineò la minaccia di superamento della capacità di carico del sistema
terrestre da parte dell’uomo
1987, la Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, presieduta dal primo ministro norvegese
Gro Brundtland, redige il rapporto Our Common Future (rapporto Brundtland) in cui si affronta il tema
della stretta connessione fra sviluppo economico e qualità ambientale.
Il rapporto Brundtland popolarizza il concetto di sviluppo sostenibile, e ne dà la definizione più
accreditata e utilizzata in tutto il mondo; merito principale è di aver messo in moto un processo che ha
creato il contesto per gran parte delle politiche di sostenibilità e delle attività legislative in materia
sfociato nella conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo di Rio nel 1992.
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo - Rio nel 1992: forse uno dei maggiori, e
più celebrati, eventi internazionali organizzati dalle Nazioni Unite. Il livello di frequenza alla conferenza
fu molto elevato e senza precedenti: 178 paesi, 120 Capi di Stato, 8000 giornalisti e più di 30.000
persone parteciparono al summit governativo ufficiale e al parallelo Forum globale delle organizzazioni
non governative (EEA, 1997).
Gli impegni adottati non hanno valenza giuridica e la copertura economica necessaria per avviare il
processo di sviluppo sostenibile (soprattutto nei paesi in vds) non è stata trovata né fornita dai paesi
industrializzati, per cui anche l’operatività dei suoi strumenti è stata fortemente inficiata
Dalla conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo - Rio 1992
scaturirono cinque documenti ufficiali che costituiscono ancora oggi il quadro di
riferimento principale dello sviluppo sostenibile a livello internazionale:
La dichiarazione di Rio
Agenda 21
Convenzione sulla biodiversità
Principi sulle foreste
Convenzione sui cambiamenti climatici
UNFCCC
La dichiarazione di Rio, costituisce un insieme di 27 principi che regolano i diritti, le responsabilità e le
relazioni delle nazioni nel perseguimento di uno s.s. tramite un nuovo ed equo sodalizio globale (UNCED,
1992). I principi espliciti: integrazione fra ambiente e sviluppo, equità intergenerazionale, riduzione della
povertà e principio precauzionale. Principi corollari: prevenzione, responsabilità comune ma differenziata,
secondo i danni provocati e secondo le possibilità economiche, cooperazione, concertazione, consenso.
Agenda 21, è un voluminoso programma d’azione suddiviso in 40 capitoli, individua le aree programmatiche
di intervento, gli obiettivi (non quantitativi), gli strumenti e le azioni necessari per realizzare uno s.s. E’
suddiviso in quattro sezioni: 1. Dimensioni sociali ed economiche, 2. Conservazione e gestione delle risorse
per lo sviluppo, 3. Rafforzamento del ruolo dei principali gruppi sociali, 4. Mezzi per la realizzazione.
Le principali caratteristiche delle politiche di sostenibilità: necessità di un cambiamento degli attuali modelli
di consumo, integrazione dell’ambiente e dello sviluppo nel processo decisionale e partecipazione del
pubblico al processo decisionale.
Agenda 21 identifica nove gruppi sociali la cui partecipazione è vitale per realizzare lo sviluppo sostenibile:
le donne, i bambini e la gioventù, le popolazioni indigene, le organizzazioni non governative, le autorità
locali, i lavoratori e i sindacati, le imprese, la comunità scientifica e tecnologica e gli agricoltori.
Convenzione sulla biodiversità; riconosce valore ed importanza della biodiversità per l’evoluzione ed il
mantenimento dei sistemi a supporto della vita della biosfera, richiede sviluppo di strategie nazionali ed
internazionali per la protezione della diversità biologica, l’identificazione ed il monitoraggio delle
componenti della biodiversità e dei processi e attività che hanno maggiore impatto su di essa. Promuove
l’adozione di programmi di protezione, di un uso sostenibile delle componenti delle diversità biologica ed
incentiva la ricerca e la formazione su questi temi.
Principi sulle foreste; pur essendo non vincolanti per gli stati firmatari costituiscono il primo sforzo
per una gestione sostenibile, una conservazione ed uno sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste.
Convenzione sui cambiamenti climatici -UNFCCC, adottata a New York nel 1992 e firmata al Summit
della Terra da 155 Paesi, in vigore dal 1994. La Convenzione e della conferenza di Rio riconobbe a
livello mondiale il problema del cambiamento climatico e pose l’obiettivo di stabilizzare le
concentrazioni di gas ad effetto serra a livelli che impediscano l’interferenza antropogenica nel sistema
climatico. Questi livelli dovrebbero essere raggiunti in un arco di tempo che permetta agli ecosistemi di
adattarsi naturalmente al cambiamento climatico, che non minacci la produzione alimentare e che
permetta uno sviluppo economico sostenibile.
La Convenzione non definì però il valore di queste
concentrazioni, che doveva essere stabilito poi.
Dopo Rio, ci furono diversi incontri e conferenze
degli Stati firmatari della Convenzione per definire
esattamente gli obiettivi quantitativi per le
emissioni.
I paesi in via di sviluppo imputano ai paesi industriali
la responsabilità delle emissioni ad effetto serra e
richiedono limiti più restrittivi per i paesi industriali
rispetto a quelli in via di sviluppo.
Tutte le Conferenze delle Parti, dal 1995 a
Berlino a Kyoto nel 1997 furono
caratterizzate da un acceso dibattito
intorno alla responsabilità differenziata,
ovvero su come calcolare le quote di
riduzione delle emissioni spettanti a
ciascun paese e quindi sugli impegni da
assumere, differenziati in base alla propria
storia industriale come prospettato dai
paesi in via di sviluppo, oppure
indifferenziati rispetto alle precedenti
responsabilità dell’inquinamento attuale
Kyoto individua e definisce operativamente una parte degli impegni da attuare elencati nella Convenzione: contiene
decisioni sull’attuazione operativa degli impegni più urgenti e prioritari (controllo emissioni) relativi ad alcuni
settori delle economie nazionali dei paesi industrializzati e ad economia in transizione (Est europeo).
La Convenzione sul clima come tutte le convenzioni ONU ha valore legale quando viene
ratificata da un certo numero di paesi.
In particolare quella sul clima è entrata in vigore nel 1994 quindi da allora è una legge
quadro internazionale che impegna giuridicamente i paesi che la ratificano alla sua
attuazione.
Essendo una legge quadro ha bisogno di leggi attuative che in ambito ONU sono
chiamate protocolli
Il Protocollo di Kyoto impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione a ridurre
complessivamente del 5%, rispetto ai valori del 1990, le principali emissioni antropogeniche di gas ad
effetto serra, CO2 , CH4 , N2O, nel periodo 2008 - 2012.
Nello stesso periodo la riduzione prevista per le emissioni di fluorocarburi idrati (HFCs),
perfluorocarburi (PFCs) ed esafluoruro di zolfo (SF6) è sempre del 5% ma rispetto ai valori del 1995.
La riduzione complessiva del 5% è suddivisa differentemente tra i vari paesi: per i paesi UE dell’8%
globalmente (8% anche per l’Italia), per gli USA del 7% e per il Giappone del 6%.
Federazione Russa, Nuova Zelanda ed Ucraina devono solo stabilizzare le loro emissioni, mentre
Norvegia, Australia e Islanda possono aumentare le loro emissioni rispettivamente dell’1%, 8 e 10%.
Nessun tipo di limitazione alle emissioni di gas ad effetto serra viene previsto per i Paesi in via di
sviluppo, perché questo rallenterebbe, o condizionerebbe, il loro cammino verso lo sviluppo socioeconomico. (c’è una presa di coscienza delle differenze tra i pvs e paesi sviluppati)
Il rischio è che l’impegno di riduzione dei paesi industrializzati e ad economia di transizione sia
vanificato dall’apporto di gas-serra dei Paesi in vds (possibile aumento del 30% delle emissioni mondiali
di gas-serra al 2010).
Il Protocollo di Kyoto è un buon punto di partenza ma i problemi riguardanti i paesi in vds restano aperti; entrerà in
vigore dopo 90 giorni dalla data di ratifica di almeno 55 dei Paesi firmatari della Convenzione UNFCCC purché tra tali
paesi vi siano i Paesi industrializzati e ad economia di transizione in numero tale da rappresentare almeno il 55% delle
emissioni complessive di anidride carbonica (riferite al 1990) di cui essi sono responsabili. Ad oggi 59 Paesi lo hanno
firmato, tra cui UE ed i singoli paesi dell’UE, Canada, Australia, Giappone, Cina e molti paesi in vds. Solo le isole Fiji
hanno ratificato il Protocollo mentre gli USA non lo hanno ancora firmato anzi nel 2001 Bush annuncia che non
ratificherà la convenzione e gli USA si ritirano unilateralmente. A questo punto ci vorrebbe l’appoggio della Russia
(17,4% emissioni totali) che non firma per la dipendenza economica dagli USA e per il gioco delle quote.
Agenda 21
Città sostenibili
Le buone e ottime pratiche costituiscono un aspetto settoriale dell’applicazione dei
principi di sostenibilità e dell’Agenda 21 e consistono in azioni, progetti,
esperienze, a scala generalmente municipale, che riguardano una sola tematica
particolare della sostenibilità.
Agende 21 locali
Dato che molti problemi e soluzioni individuate dall’Agenda 21 hanno le loro radici nelle attività
locali, la partecipazione e la cooperazione delle autorità locali rappresenterà un fattore determinante
nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 21. Le autorità locali costruiscono, operano e
mantengono le infrastrutture economiche, sociali ed ambientali, sovrintendono i processi
pianificatori, stabiliscono locali politiche e regolamenti ambientali e partecipano
all’implementazione di politiche ambientali nazionali e sub-nazionali.
Come livello di governo locale più vicino alla popolazione, esse giocano un ruolo vitale
nell’educazione, nella mobilitazione e nella risposta al pubblico per promuovere lo sviluppo
sostenibile. … entro il 1996, la maggior parte delle autorità locali di ciascun paese dovrebbe aver
intrapreso un processo consultivo con la propria popolazione e raggiunto il consenso su un’Agenda
21 locale per la comunità. (UNCED, 1992, cap. 28)
Indicatori di Sostenibilità
Al termine indicatore (SCOPE, 1997) vengono associati diversi significati e molteplici sono
le definizioni presenti in letteratura. Ad es. un indicatore è stato definito come una variabile,
come un parametro, come misura, misura statistica, come valore, come indice, come parte
di un’informazione, come modello empirico della realtà ed infine, per citarne solo alcuni,
come segno.
In realtà un indicatore è considerato generalmente come un segno, ovvero come una
variabile che riassume o semplifica rilevanti informazioni, come qualcosa che fornisce
una traccia su un tema di più ampio significato o che rende percettibile un trend o un
fenomeno che non è direttamente avvertibile – ad esempio, un abbassamento barometrico
può indicare l’arrivo di una perturbazione. Quindi, un indicatore deve rendere visibile o
percettibile fenomeni di interesse e quantificare, misurare e comunicare informazioni
pertinenti al tema di studio.
Si deve sottolineare, comunque, che la principale ragion d’essere degli indicatori è l’utilizzo in
processi decisionali, sia pubblici che privati, come fonte di informazione sintetica su
problematiche sulle quali si vuole intervenire o su temi che si devono gestire.
Altri strascichi positivi di Rio
La Convenzione UNCCD United Nations Convention to Combact Desertification firmata
nel 1994 ed in vigore dal 1996.
La Convenzione SCPOP Persistent Organic Pollutants firmata nel 2001 ed in vigore dal
2002.
L'Italia ha determinato il 27,4% del totale dei rilasci di metalli pesanti in atmosfera di tutta la UE, due volte la
Germania che la segue in classifica.
Negli ultimi anni, nonostante la migliore efficienza dei processi produttivi, si è registrato un aumento totale delle
emissioni clima-alternanti (effetto serra e buco dell’ozono) simile a quello della 2a metà degli anni ’80.
La stima delle emissioni, in termini di CO2 equivalente, indica che nel 1997 c’è stato un incremento del 6% rispetto
al 1990. Da segnalare però che la grande penetrazione di utilizzo del gas naturale ha significativamente limitato le
emissioni di CO2.
Evoluzione Parco Automobili in Italia
Anno
Auto/100 Abitanti
1961
4,8
1971
20,9
1981
32,9
1991
50,1
1992
51,7
1993
51,9
1994
51,8
1995
52,9
1996
53,2
1997
53,9
Fonte: Legambiente
Fonte: Legambiente
Dal 1970 ad oggi l’estensione della rete stradale è cresciuta del
22%, l’autostradale del 70%, mentre i chilometri di ferrovia
sono diminuiti (da 16.073 a 15.986).
In compenso, nell’ultimo decennio è quadruplicata la
superficie di territorio protetta, e dal ‘93 vi è stata una
esplosione dell’agricoltura biologica (gli ettari coltivati senza
fertilizzanti e pesticidi erano 70.000 (‘93), oggi oltre 600.000).
Trasporti "maglia nera" in un’ideale classifica.
Attualmente l’automobile assorbe quasi l’80% di tutti gli
spostamenti dei passeggeri. Poco usati gli altri mezzi di
trasporto: 6% per treno, 4% per aereo e nave, 1% in
bicicletta e - nelle aree urbane - 11% in bus, tram e metro.
Il fallimento della Conferenza dell’Aja ha evidenziato l’incapacità dei Governi di mettere in campo
politiche moderne e innovative per porre un freno all’aumento dell’effetto serra.
In Italia le emissioni di CO2, il principale "gas serra", dovrebbero diminuire del 6,5% entro il 2010
rispetto ai livelli del ‘90, e invece fino ad oggi sono addirittura cresciute di oltre il 6%, soprattutto a
causa dei consumi energetici nel settore dei trasporti aumentati del 18%.
Energie rinnovabili: in Italia ci sono appena 0,4 metri quadrati di pannelli solari installati per abitante
(17,5 in Austria, 15,2 in Grecia, 5,1 in Germania, 2,6 in Danimarca) e 277 MW di energia eolica
contro i 4.442 della Germania, i 1.812 della Spagna, i 1.738 della Danimarca.
Rifiuti: La produzione di spazzatura è stata nel 1998 (ultimo anno per il quale è disponibile il dato
complessivo) di circa 26,8 milioni di tonnellate (466 chili a testa ogni anno), con un aumento
rispetto alla quantità stimata nel 1997 di circa l’1% e di circa il 3,3% sul 1996. Cresce però anche la
raccolta differenziata dei rifiuti: nell’ultimo decennio è passata dallo zero per cento (all’inizio degli
anni ‘90 era poco più di un esperimento) all’11,2%.
Agricoltura: "esplosione" dell’agricoltura biologica, vanno però sottolineati altri due dati assai
meno incoraggianti: resta altissimo il consumo di fertilizzanti (1,8 milioni di tonnellate all’anno), e
l’Italia insieme alla Francia è il Paese europeo in cui nel 1999 è stato effettuato, sia pure per scopi
sperimentali, il maggior numero di rilasci nell’ambiente di organismi geneticamente modificati
(circa il 16% dei rilasci europei di piante modificate e circa il 31% dei rilasci di microrganismi).
Fonte: Legambiente
Dal World Summit on Sustainable development - Johannesburg 2002 si trattano
nove temi :
Povertà e Millennium Development Goals
Acqua e sistemi igienico sanitari
Energia
Salute
Agricoltura
Biodiversità e sistemi naturali
Globalizzazione
Modelli di produzione e consumo
L’Africa
Il vertice è un fallimento terribile, per
molti temi si stabiliscono obiettivi e
scadenze temporali molto precise, ma non
si specifica mai con che risorse e in che
modo gli obiettivi vadano perseguiti.
Buone pratiche: la gestione delle
foreste in Trentino
In questa lezione si cercherà di:
Svolgere delle considerazioni generali sulla sostenibilità negli
ambienti forestali nel Trentino
Evidenziare la peculiarità della sostenibilità nella gestione
forestale
Selezionare alcune problematiche particolarmente importanti
Evidenziare alcune pratiche “virtuose” collegate a queste
problematiche.
Considerazioni generali per il territorio Trentino
Il Trentino è coperto per il 54 % da foreste!
È ovvio che la tematica della sostenibilità negli ambienti
forestali sia particolarmente importante
Dal ‘77 al ‘98 la superficie forestale è aumentata del 18%
È il frutto di scelte politico gestionali ben precise e di
congiunture economiche
Esiste una lunga tradizione di gestione forestale
L’ambiente è una realtà sentita anche culturalmente
Regioni e
Province autonome
Provincia di Trento
Provincia di Bolzano
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Piemonte
Val d'Aosta
Lombardia
Totale
Alpi e Prealpi
Plateau
Jura
Superficie (ha) Tasso di
Superficie boscata (ha)
Superficie boscata (%)
totale
boscata forestazione pubblica privata
gestita pubblica privata
gestita
620.687 343.734
55%
261.327
82.407 268.378 76%
24%
78%
739.998 310.782
42%
96.342 214.440 310.782 31%
69%
100%
1.839.084 330.720
18%
135.595 195.125 128.793 41%
59%
39%
785.497 285.000
36%
173.850 111.150 175.600 61%
39%
62%
2.539.894 663.748
26%
213.063 450.685
56.809 32%
68%
9%
326.341
86.550
27%
37.150
49.400
37.113 43%
57%
43%
2.386.065 493.867
21%
168.979 324.888 165.968 34%
66%
34%
9.237.566 2.514.401
27%
1.086.306 1.428.095 1.143.443 43%
57%
45%
2.693.600 806.400
30%
491.600 223.100 388.000 69%
31%
54%
941.300 226.900
24%
132.200
93.400 138.100 59%
41%
61%
493.500 200.700
41%
149.200
50.400 148.500 75%
25%
74%
Confronto fra superficie forestale totale e boscata suddivisa per tipo di proprietà e parte
sottoposta ad assestamento per alcune delle regioni e Provincie autonome italiane più attive
nei confronti della gestione forestale e per le principali regioni geografiche della Svizzera
(Da Bettelini et al 1999)
Sia pur con gli inevitabili limiti che sono dovuti in gran parte alla necessità
di adeguarsi ai rapidi cambiamenti della società, la gestione forestale in
Trentino non presenta particolari problemi di sostenibilità
Gravi problemi di sostenibilità paiono venire
piuttosto da altri settori
l’agricoltura
gli ambiti urbanizzati nei
fondovalle e alta quota
le infrastrutture
Per capire quali sono i processi virtuosi in atto
Si devono capire le problematiche
I temi relativi ad altri ambiti non vengono ovviamente trattati in questa sede ma i forestali
che non possono più prescindere da problematiche di questo tipo, che coinvolgono il
governo dell’intero territorio montano: è necessario il superamento della settorialità
Problemi dell'attuale gestione forestale e molti dei conflitti tra le diverse forme di
uso e la conservazione dell'ecosistema forestale:
Si capiscono attraverso una lettura in chiave storica dei profondi cambiamenti che
hanno interessato le regioni alpine nel corso del '900
La secolare presenza dell'uomo in montagna è stata resa possibile da forme di
sfruttamento del territorio volte ad assicurarne la sopravvivenza in un ambiente
di per sé inospitale e fisicamente fragile
Le attività umane miravano alla produzione di alimenti e materie prime sufficienti al
fabbisogno delle comunità locali ed alla realizzazione di un habitat idoneo alla vita
dell'uomo, soprattutto in relazione alla necessità di difesa dai pericoli naturali.
La storia mostra come il rapporto tra l'uomo e gli ecosistemi montani, nel tempo,
ha subito alterne vicende, legate alla pressione dell'incremento demografico, agli
aspetti economici prevalenti, a problemi sociali di varia natura.
Ogni epoca ha avuto perciò i suoi
problemi ecologici: dalla forte riduzione
delle superfici forestali all'eccessivo
sfruttamento dei pascoli.
Il passato non è stato sempre ecologico!
Si è venuto però a creare, con le attività
dell'uomo, un equilibrio "colturale", più o
meno lontano da quello naturale, ma
comunque in grado di garantire una propria
funzionalità agli ecosistemi.
Le attività tradizionali esercitate in montagna
dovevano garantire la continuità di una produzione costante!
Tendevano ad avere un effetto stabilizzante sul territorio nei confronti dei
pericoli naturali, assicuravano il mantenimento di una elevata diversità
ecologica e, garantivano la tutela delle peculiarità paesaggistiche.
Il paesaggio rurale
è costituito da un
complesso mosaico di
ecosistemi
è il frutto di una molteplicità di metodi ed
intensità di gestione adatti alle diverse
situazioni locali
L’equilibrio colturale, realizzatosi nel corso dei secoli, è stato messo
profondamente in crisi nel breve volgere di poco più di una generazione:
nella montagna alpina si è assistito
all’abbandono quasi completo
delle attività del settore primario
espansione del bosco su terreni agricoli e
pascoli abbandonati
forte diminuzione o cessazione completa
delle attività forestali
Considerazioni sull’abbandono
In Trentino, contrariamente al settore dell'agricoltura e della zootecnia tradizionale,
il settore forestale si è mantenuto ancora piuttosto vitale
ma la molteplicità di
domande, attese e pressioni sulle foreste, spesso contraddittorie, condiziona la
gestione forestale e pone alla pianificazione interrogativi difficili da risolvere
il tradizionale strumento della pianificazione forestale, non pare più sufficiente: il
forestale è oggi costretto a uscire da quello che era il suo campo d'azione
tradizionale, per affrontare aspetti che concernono l'intero territorio montano
Nella provincia di Trento ci si sta progressivamente orientando verso
classica pianificazione su scala aziendale + pianificazione su scala
sovraziendale
(piani di assestamento)
(la cosiddetta pianificazione regionale).
Piani aziendali o piani economici.
superando i confini della proprietà, permetterebbe più
agevolmente di tener conto degli interessi della
collettività nei confronti del bosco e degli ecosistemi
montani in genere e di coordinarsi ed integrarsi meglio
con gli altri strumenti di pianificazione del territorio.
Peculiarità della sostenibilità nella gestione forestale
La prospettiva temporale della gestione forestale è quella del lungo periodo,
l'unica che permetta di affrontare con successo le problematiche dei boschi..
Nell'ambito di questa realtà il Trentino è una delle regioni in cui questa
tradizione di continuità gestionale è particolarmente antica e sentita
I piani, detti piani di assestamento, regolano, a livello di azienda, la gestione
forestale sul medio periodo (in Trentino hanno una validità in genere di 10 anni)
per garantire con continuità nel tempo un'elevata produzione di beni e servizi,.
Questo presuppone ovviamente che non vengano intaccate, ma anzi
conservate e migliorate, le basi naturali della produzione
Sono stati il modello gestionale del territorio ante litteram, esprimevano la
compatibilità fra uso e conservazione del territorio e delle sue risorse
Il concetto di continuità, che è alla base dell'assestamento, si è arricchito di nuove
sfumature e significati con il passare del tempo, di pari passo con il mutare delle
condizioni sociali ed economiche ed il progredire delle conoscenze scientifiche
Interesse nei confronti delle foreste si è spostato
Da continuità produzione legnosa e funzione protettiva
A funzione turistico-ricreativa di assorbimento di CO2
igienica, biodiversità, ecc.
Negli anni ‘80 si discutevano molti dei contenuti che animano l'attuale dibattito
sullo sviluppo sostenibile e si cercava di valutarne il costo sia in termini ambientali
che economici, ben prima che lo sviluppo sostenibile diventasse “di moda”
•capacità di gestire risorse naturali nell'ottica del lungo termine;
•consapevolezza del dovere sociale verso la collettività;
•responsabilità verso le generazioni future;
•obiettivo di gestire risorse rinnovabili, ma limitate, con criteri di economicità.
Si cercava inoltre di verificare se alcune scelte tecniche come la
selvicoltura naturalistica fossero vincenti ed ecologicamente appropriate
Nell’ottica di lungo periodo
Per quello che si è detto circa la peculiarità della gestione forestale si può
affermare che la gestione forestale in Trentino si è orientata da decenni in
direzione della sostenibilità
può ulteriormente migliorare,
è un'attività dinamica che deve adattarsi alle
nuove esigenze che si prospettano
D’altro canto
Non si può comunque pensare che, per il semplice fatto di essere gestito sulla base
di un piano, un territorio sia automaticamente gestito in conformità con gli
obiettivi dello sviluppo sostenibile
gli obiettivi e le scelte colturali individuate dal piano possono ovviamente
risentire delle conoscenze umane inevitabilmente limitate
Si può però affermare che non vi è, in Trentino, un problema di sostenibilità
generale, mentre si può intervenire per migliorare e rendere più efficienti dei
processi in corso.
Alcune problematiche forestali
•Aumento della superficie forestale a scapito della superficie agricola e
pascoliva abbandonata (non è solo un problema di gestione forestale)
•Antieconomicità degli esboschi che favorisce la diminuzione degli addetti
del settore lo spopolamento della montagna
•Effetti dell’opera di progressiva conversione dei cedui di faggio in boschi
di alto fusto e l’abbandono all’evoluzione naturale di altre formazioni
cedue
•Regresso di alcuni tipi di formazioni pioniere (pinete, lariceti) in seguito
alla diminuita pressione dell’uomo sui territori montani
•Utilizzo improprio della rete di viabilità forestale sviluppatasi con
l’estendersi sul territorio boscato della selvicoltura naturalistica
•Utilizzo del legno come fonte di energia rinnovabile
•Necessità di favorire la fissazione del carbonio
Per affrontare queste problematiche in maniera costruttiva è
necessario che esista un buona pianificazione di base e che io
possa disporre di molte informazioni
In Trentino sono disponibili grandi quantità di dati relativi al
territorio forestale, è possibile risalire indietro nel tempo di
diversi decenni grazie ai piani di assestamento
Inoltre tutte le informazioni sono state inserite nei sistemi
informativi geografici consentendone una rapida consultazione
ed elaborazione
Come detto , circa l'80% della superficie forestale del Trentino è gestita
secondo piani di assestamento.
Questo valore esprime la capacità di controllo, pianificazione e intervento
che può essere portata avanti nel territorio forestale trentino.
Pianificazione è un processo continuo (in Trentino ad esempio molti piani
sono già alla terza, se non alla quarta revisione) quindi,
grazie al controllo sui risultati raggiunti, le scelte di piano
possono essere via via riviste e perfezionate, anche sulla base
delle nuove conoscenze che nel frattempo sono state acquisite
Dove la redazione di un piano di assestamento, non è più giustificata da un
reale interesse economico della produzione legnosa, (costi elevati), grazie
ad una capillare pianificazione, si può
mantenere sotto controllo
l'insieme del territorio
montano
garantire un monitoraggio
continuo dei cambiamenti in
corso
L’aver scelto di pianificare e monitorare il territorio in maniera capillare si
configura come una buona pratica
Fissazione CO2
Fotosintesi totale (PPL)
Respirazione piante
Produzione di fitomassa (PPN)
Respirazione degli eterotrofi
Produzione netta del sistema (PNS)
Rapporto PNS/PPL
Rapporto PPL/R
Colture
Cereali
3850
650
3200
400
2800
72,7
3,7
Foresta
Pioniera
12200
4700
7500
4600
2900
23,8
1,31
Matura
45000
32000
13000
13000
0
0
1
Rapporto tra produzione primaria lorda e netta in ambienti agrari e forestali con particolare riferimento alla
differenza di produzione netta fra foresta pioniera e foresta matura. Da Bullini et al. espressi in kcal m-2 a-1
Distretti
forestali
Totale
Fustaia (1968-1977)
Ripresa
annua
Incremento
corrente
m3
m3
302.733
562.223
Fustaia (1998)
Ripresa
annua/Ic
Ripresa
annua
Incremento
corrente *
m3
m3
0,54 525.491
945.087
Ripresa
annua/Ic
0,56
Data la distribuzione del bosco su tutto il territorio, si può affermare
che
il Trentino possiede
potenzialmente una grande
capacità di stoccaggio di CO2
Le scelte gestionali riguardanti il bosco e
quelle riguardanti i modi di impiego dei
prodotti legnosi possono influenzare
significativamente la quantità di CO2
fissata mediante fotosintesi
Poiché il Trentino è molto forestato (54%) viene da pensare che la
foresta sia sufficiente ad assorbire la CO2 prodotta dalla provincia
Quantità di CO2 fissata in Trentino negli ambienti forestali si
dovrebbe aggirare (stime) intorno ad un terzo della CO2 immessa
nell’ambiente in Trentino!
Produzione legnosa: bilancio tra incremento e ripresa legnosa: negli ultimi
decenni accumulo considerevole di biomassa nei boschi trentini
Utilizzo della biomassa come fonte di energia rinnovabile
Confronto tra energia potenzialmente ricavabile dai residui di prima
lavorazione del legno e fabbisogni energetici provinciali del 1995
Valori in migliaia di lire
1997
Quanto del
legname
importato
viene
prodotto
rispettando
criteri di
sostenibilità
nei paesi di
origine?
A questa
domanda è
impossibile
rispondere,
partendo
dalle
informazioni
in nostro
possesso.
Legno comune segato
Area
Europa
America
Australasia
Africa
Legno comune, rozzo o semplicemente
sgrossato con l'ascia
Area
Europa
America
Australasia
Africa
Legno fino segato
Area
Europa
America
Australasia
Africa
Legno fino, rozzo o semplicemente
sgrossato con l'ascia
Area
Europa
America
Australasia
Africa
Totale
Valori in migliaia di lire
1998
L.
L.
L.
L.
57.553.248 L.
226.704 L.
160.283 L.
265.100 L.
59.489.802
232.711
309.488
150.652
L.
L.
L.
L.
32.494.967 L.
33.499 L.
- L.
374.516 L.
28.396.482
155.384
364.306
L.
L.
L.
L.
30.882 L.
- L.
- L.
21.993 L.
-
L.
L.
L.
L.
L.
- L.
- L.
- L.
411.868 L.
91.573.060 L.
1.323.006
90.421.831
Mantenimento dell’attività produttiva
Alcune delle proposte incluse nella relazione per la conferenza triennale “Progetto
Legno” Pedrolli 1996
- Assunzione da parte di tutte le amministrazioni locali del sistema di utilizzazione
diretta con contratti pluriennali (un’esperienza pilota condotta in Tesino ha dato
ottimi risultati);
- Varo di una normativa che riconosca al boscaiolo il diritto alla cassa integrazione
guadagni e modifichi l’ordinamento previdenziale prevedendo per i boscaioli
l’inquadramento allo SCAU;
- Adeguamento delle norme di sicurezza introdotte dal D.L. 626/94 alla specifica
realtà del lavoro in bosco;
- Promozione massiccia della materia legno sia nelle forme di utilizzo tradizionali
sia nelle forme nuove (es. teleriscaldamento);
- Varo di una normativa che preveda la concessione di un sostegno diretto ai
singoli boscaioli rapportato ai volumi di legname da ciascuno lavorati.
La partecipazione pubblica ai processi decisionali che interessano la gestione delle risorse
forestali è garantita da una serie di norme e procedure, in parte derivanti da antiche
consuetudini e da specifici regolamenti, in parte da una normativa di recente introduzione
(Pettenella et al. 2000).
procedure di approvazione dei piani di assestamento e dei piani dei tagli - vengono
sistematicamente organizzate su scala locale delle “Sessioni forestali”, riunioni aperte al pubblico
in cui i rappresentanti dei SF presentano e discutono le ipotesi relative ai prelievi da effettuare
nei boschi demaniali;
statuti e le norme che regolano la gestione delle proprietà forestali collettive (Regole,
Comunioni, Comunalie, Comunità, Vicinie, Consortele, ecc.);
normativa relativa all’imposizione del Vincolo idrogeologico e quella in merito al rispetto del
Vincolo ambientale offre al pubblico notevoli poteri di contestazione rispetto a scelte relative alla
gestione delle formazioni forestali;
normativa nazionale e regionale relativa alla procedure per la Valutazione d’Impatto Ambientale
che, nel caso di grandi opere che possano avere impatti sulle risorse forestali, prevedono
esplicitamente forme di consultazione e di partecipazione del pubblico al processo decisionale.
Paesaggio
L’inventario degli alberi monumentali. Nel 1982 il Corpo forestale dello Stato, in
collaborazione con il personale forestale delle Regioni a Statuto speciale e delle Province
Autonome di Trento e Bolzano, ha effettuato un inventario degli "alberi di notevole
interesse”. Sono state raccolte 22.000 schede di alberi di particolare interesse che sono state
poi ulteriormente selezionate, fino ad individuare 2.000 esemplari di grande interesse e, fra
di essi, 150 che presentano un eccezionale valore storico o monumentale.
Censimenti degli alberi monumentali, marchiatura degli stessi e diffusione di materiale
illustrativo sono iniziative portate avanti da molte amministrazioni regionali e locali.
Fonte: http://www.corpoforestale.it/home3.htm
Molti sono i cambiamenti che sono avvenuti nel paesaggio alpino negli ultimi 50 anni. Le
conseguenze più appariscenti sono sicuramente quelle che si manifestano sull’alterazione e la
perdita del paesaggio tradizionale della montagna alpina; meno evidenti e più difficili da
valutare sono le conseguenze legate alla perdita di biodiversità, che si accompagna alla
distruzione del mosaico di ecosistemi che tale paesaggio costituiva ed al quale in particolare
erano legate specie animali che attualmente appaiono più o meno fortemente minacciate
dall’espansione del bosco nelle zone aperte
Buone Pratiche
Risparmio sul taglio del legname ripresa=circa metà dell’incremento
Aiutata da congiunture economiche
Pianificazione e monitoraggio su tutto il territorio
Aiutata da distribuzione proprietà,
Pratica della martellata
Valorizzazione prodotti legnosi L’esistenza del “Progetto legno” che ha cercato di individuare le
problematiche della filiera del legno evidenziando alcune possibili forme di intervento per rivitalizzare il settore e
mantenere un legame tra popolazione e territorio.
Ecocertificazione
Progettazione reti di esbosco integrate
Scelta rinnovazione naturale (scelta tecnica specifica)
L’attuazione del “Tavolo forestale” come elemento di interazione pubblico-privato di tutto il processo di
produzione attraverso la formalizzazione di rapporti attuativi di componenti della società che si confrontano sugli
argomenti che coinvolgono la realtà trentina permettendo un interazione con industrie e consumatori attraverso le
loro associazioni di rappresentanza
Definizione, ormai portata quasi a compimento, del riconoscimento di qualità (ISO14001) al settore
foreste, un riconoscimento non al prodotto ma al “comportamento” del servizio foreste (sia per l’attività
amministrativa che tecnica) che gestisce e controlla il bosco.
Indicatori scelti come più significativi
Variazione della superficie forestale: la superficie forestale totale è in aumento.
Produzione legnosa: bilancio tra incremento e ripresa legnosa negli ultimi anni:
negli ultimi decenni vi è stato un accumulo considerevole di biomassa nei boschi trentini.Questi
indicatori forniscono informazioni nei confronti di alcune funzioni fondamentali quali quelle di
produzione, protezione, mantenimento del ciclo del carbonio, ecc.
Seri danni causati da agenti biotici ed abiotici: dà un quadro generale della salute degli
ecosistemi forestali riferendosi sia ai danni provocati da insetti e funghi, che da danni causati dal
fuoco e da agenti atmosferici in genere.
Percentuale di foresta gestita secondo Piani di Assestamento o secondo linee
guida di gestione: circa l’80% della superficie forestale del Trentino è gestita secondo piani di
assestamento. Questo valore esprime la capacità di controllo, pianificazione e intervento che può
essere portata avanti nel territorio forestale trentino.
Erosione del suolo: proporzione di superficie forestale gestita prevalentemente
allo scopo della protezione del suolo: la quasi totalità del territorio trentino è sottoposta a
vincolo per scopi idrogeologici, sottolineando quindi l’importanza attribuita al bosco nel controllo
dell’erosione.
Variazioni nella percentuale di occupati nel settore forestale e nelle aree rurali
(foresta, utilizzazioni, industria del legno o ad esso connessa): l’andamento di questo
indicatore è legato alla vitalità della filiera legno.
Global Assessment of Human Induced Soil Degradation (GLASOD)