All`alba di un “nuovo” giorno

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All`alba di un “nuovo” giorno
EDITORIALE
NUMERO UNO - ottobre
All’alba di un “nuovo” giorno
sto, per quale ragione l’uomo è in
grado di infliggere tanta sofferenza.
La nostalgia del calore di casa, di
un piatto caldo al proprio ritorno, di un abbraccio: forse noi
non possiamo capire a fondo.
O senza spostarci poi così tanto, guardiamo Napoli e il “branco
dell’autolavaggio” che in nome di
uno stereotipo di bellezza e magrezza, ha ridotto in fin di vita un povero
14enne, che aveva solo la “colpa” di
essere un po’ grassottello di come
la società lo vorrebbe. Il problema
più grave, però, è che la comunità
tenta di giustificare l’atto classificandolo come una bravata, un gioco, uno scherzo. Il dito puntato contro un giudice e la magistratura che,
a giudizio dei più, hanno formulato
accuse troppo pesanti ai danni di
un gruppetto di “bravi ragazzi”.
Benvenuti ai nuovi, bentorna- Ci scoccia vedere che gli adulti non Proviamo a pensare a chi adesso
ti ai veterani e buona fortuna a ci comprendono quando sognia- combatte per un ideale, magari
chi quest’anno avrà gli esami. mo la protesta, la rivoluzione, ma nemmeno suo, combatte per reL’inizio di quest’anno scolastico è ci dimentichiamo che anche loro stare in vita ma dovrebbe essere
stato costellato di novità: volti storici hanno passato questi momenti. insieme a noi a studiare sui banchi
del Banzi che ci hanno lasciato per an- Magari è anche strano immagina- di scuola per essere migliore di chi
dare in pensione, l’arrivo della nuo- re i nostri genitori che manifestano lo comanda o lo circonda. Facciava preside e – per certi versi terribi- con gli striscioni, gridando slogan. mo un pensiero su chi adesso vorle e temibile - il registro elettronico. Il nostro punto di vista è questo, il rebbe mangiare un piatto caldo
Ma le novità non vanno cercate loro sembra non coincidere mai con preparato dalle sapienti mani delsolo all’interno delle nostre quat- il nostro. Eppure, visto da fuori, non la nonna, ma è riverso tra la poltro mura, basta accendere la tv o sembra un atteggiamento un po’ vere o su un lettino a pregare che
aprire un quotidiano per rendersi “chiuso”? Ma passiamo per un mo- Dio lo aiuti, lo stesso Dio che i più
conto che, probabilmente, siamo mento ad analizzare la situazione sciocchi utilizzano impropriamenfortunati a convivere con il suddet- dei ragazzi, che vivono giorno dopo te per giustificare un massacro.
to registro. Che siano guerre di re- giorno la guerra in Medioriente. Iniziamo l’anno con occhi diversi, con
ligione o meno, sentiamo sempre Ragazzi come noi vengono mandati un animo più pronto ad accogliere
parlare di persone innocenti sacri- a combattere senza nessuna espe- quelle critiche che sembrano inutificate per mano di uomini che non rienza. Il tutto per potere. Se voglia- li e sciocche, con animo più pronto
escono dal loro “quadrato” anzi mo proprio dirla tutta ed entrare nel ad accogliere chi è diverso da noi.
cercano di farci entrare in esso a particolare, un pilota dell’aviazione L’aforisma con cui la redaziotutti i costi. Siano motivi religiosi, irachena ha erroneamente sgan- ne del Sessantesimo Minupolitici o economici, gli estremisti ciato rifornimenti alimentari e di to vi lascia questo mese è:
faranno sempre capolino da dietro munizioni su una postazione dello “Non v’è grandezza dove non vi
l’angolo armati di tutto punto con stato Islamico anzichè su quella go- sono semplicità, bontà e verità. “
bazooka, mitra, carriarmati e bom- vernativa. Inutile sottolineare i mo- -Lev Tolstj, Guerra e Pace.
be per far sì che noi tutti ci conver- tivi che hanno portato a tale errore. 1
tiamo alla loro ideologia. Per noi Compleanni tra la polvere, annivergiovani è facile dire la nostra, siamo sari tra le macerie tutti passati a doteste calde, portati alla ribellione. mandarsi chi ha voluto tutto que1
Alice Fraschetti VD
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BANZI
SESSANTESIMO MINUTO
Un Banzi che vota è un Banzi protagonista
Anche quest’anno è il momento di eleggere i nostri
rappresentanti d’Istituto. Il 60esimo minuto è riuscito
ad ottenere in ESCLUSIVA le interviste alle liste candidate.
Partendo dalla prima lista intervistata proponiamo,
quindi, le domande e le relative risposte.
Lista n°4 candidata all’Istituto:
AD MAIORA ( Federico Bruno VB, Francesco Caputo VF,
Marco Vetrugno VE, Matteo Negro V B, Kevin Ponzetta
VH, Annabruna Colaci IV I, Martina Barba III G) risponde.
Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste?
Crediamo che ciò che proponiamo sia davvero fattibile.
Prima di tutto il resto, infatti, vogliamo far trasparire la
concretezza della nostra lista e l’apertura mentale che
la caratterizza.
Perché dovremmo votarvi?
Dalla nostra parte abbiamo l’esperienza di aver sempre partecipato alle attività scolastiche. Conoscendo
le varie problematiche della scuola, potremmo essere
maggiormente capaci di intervenire per un generale
miglioramento. Vorremmo, inoltre, riuscire a riproporre un Banzi unito, che abbia e difenda la sua identità.
Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone
SERIETA’, MIGLIORAMENTO, INNOVAZIONE
Cosa vi ha spinto a candidarvi?
La volontà di cambiare davvero ciò che crediamo sia da
migliorare. Se non riuscissimo a essere eletti, saremo
sempre pronti ad affiancare con la nostra presenza gli
altri attuali candidati e, ovviamente ad agire insieme a
loro. Vogliamo rendere il Banzi migliore, da rappresentanti o meno.
E’ il secondo anno che Ad Maiora si candida. Credete
che alcuni punti proposti nella lista lo scorso anno e
ripresi il corrente possano assere ancora validi?
Sì. Il riproponimento di alcuni obiettivi è dovuto alla
loro effettiva fattibilità e alla perseveranza con la
quale li perseguiamo.
Diamo spazio, ora, alla lista n°1 candidata all’Istituto: CARPE DIEM (Cosimo Gravili III I, Giacomo Leuzzi
IV B, Michele Pellegrino III I, Gabriele Doronzo IIIF,
Lorenzo Maggio IV M, Francesco Linciano II D, Matteo Piccinno II C, Gianmarco Greco II F) risponde.
Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste?
Per la prima volta, in una lista di otto candidati, nessuno di noi è di quinto e tutti possiamo, quindi, impegnarci realmente nel cambiare una realtà che non
ci soddisfa.
Perché dovremmo votarvi?
Perché siamo gente nuova, gente che non ha mai
rappresentato il Banzi, che non ha intenzione di farlo per averne un tornaconto. Ognuno dei candidati
della nostra lista è sicuro di poter rappresentare il
Banzi al meglio e di poter contribuire per cambiare
ciò che gli studenti pensano sia necessario.
Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la
vostra lista propone
WE WANT TO CHANGE, WE WANT TO CARPE DIEM
Cosa vi ha spinto a candidarvi?
Non vediamo nessuno che ci rappresenti al meglio
perché crediamo che fra gli altri candidati ci siano
persone brave solo con le parole.
Nel corso degli anni la scuola è cambiata, così come
gli studenti, i professori, i dirigenti. Credete che ciò
che la vostra lista ha sempre proposto possa essere
ancora valido?
Sì. Ovviamente non tutti i punti proposti sono gli
stessi degli anni precedenti. Abbiamo proposto solamente quelli che a nostro parere sono i più fattibili.
Quando scegliamo i nostri obiettivi, prima ascoltiamo e prendiamo in considerazione le opinioni degli
studenti e poi scegliamo quelli sui quali si potrebbe
discutere costruttivamente nel Consiglio d’Istituto.
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NUMERO UNO - ottobre
BANZI
Lista n°3 candidata all’Istituto: RICREAZIONE (Giorgio
Michalopoulos III A, Marco Rollo V N, Benjamin Capuzzello II D) risponde.
Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste?
Il nostro scopo principale è quello di valorizzare la popolazione studentesca e la scuola con le nostre idee.
Perché dovremmo votarvi?
Vorremmo ci votassero non per apparenze, ma per ciò
che realmente rappresentiamo. Volendo instaurare
una comunicazione verbale con gli studenti prima delle votazioni, non sentiamo di poter stabilire criteri per i
quali la popolazione studentesca debba votarci. Il voto
dei rappresentanti è personale e ognuno deve votare
chi, secondo la sua opinione, è più capace.
Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone
RICREAZIONE: RICREARE L’AZIONE
Cosa vi ha spinto a candidarvi?
Vogliamo, appunto, ricreare un’azione scolastica che è
mancata negli ultimi tempi. Non parliamo solo di un’azione che coinvolga maggiormente i rappresentanti,
ma di un’azione che riporti il nostro Liceo ad avere
quell’identità che ha fatto la sua storia.
C’è una lista che, candidatasi in passato, che vi ha ispirato nella scelta dei vostri obiettivi?
Rosso Guerrieri II F, Rebecca Prato IV H), candidata n°2
all’Istituto, risponde.
Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste?
La volontà di darci da fare per il nostro Liceo, di cooperare con gli studenti per risvegliare il vero Banzi che è
andato in letargo da un po’ di tempo. Per noi è importante incentivare il confronto e la partecipazione degli
studenti perché solo in questo modo si può alimentare
la creazione di una coscienza critica, importantissima
(se non indispensabile) per la vita (interna ed esterna
al Liceo) di uno studente.
Perché dovremmo votarvi?
Perché la nostra lista è composta da elementi validi
che hanno già dimostrato interesse alle problematiche
scolastiche durante gli anni passati. Perché avvicinerà
gli studenti ad argomenti che la nostra scuola non tratta e su cui gli studenti dovrebbero essere informati,
cercando di dimostrare che la nostra non è una scuola
senza valori che vive di gossip, moda, reality show e
feste, ma è una scuola che si interessa e si impegna nel
sociale qualora gliene si dia la possibilità
Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone
LIBERAMENTE, OPEN YOUR MIND, ALWAYS KEEP IT
OPEN.
Cosa vi ha spinto a candidarvi?
La nostra visione della figura del Rappresentante d’Istituto. Da un po’ di tempo, infatti, ha perso il suo vero
significato (non vale per tutti i Rappresentanti che si
sono succeduti). Il Rappresentante è la persona che
deve tutelare i diritti di tutti noi studenti, continuando
ad essere sempre uno di noi, senza perdersi in discorsi
o false promesse.
C’è una lista che, candidatasi in passato, vi ha ispirato
nella scelta dei vostri obiettivi?
Senza dubbio Liberamente degli ultimi due anni, ma
anche di 15 anni fa. Ricordiamo con piacere, e ci impegniamo a riproporre gli ideali portati avanti da chi ci
ha preceduto. “Vivete per il presente, sognate per l’avvenire, imparate dal passato”. Abbiamo imparato dal
passato il modus operandi, viviamo il nostro presente
e sogniamo di lasciare un’eredità per le future generazioni di studenti, dimostrando la vera natura del Banzi.
Nel corso degli anni la scuola è cambiata, così come gli
alunni, i professori, i dirigenti. Credete che ciò che la
vostra lista ha sempre proposto possa essere ancora
valido?
Si, perché i Rappresentanti eletti appartenenti a Liberamente hanno sempre dimostrato massimo impegno
e massima serietà, ma soprattutto perché possiamo
godere ancora oggi dei frutti del loro lavoro.
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LIBERAMENTE (Davide Nobile V N, Bernardo Rollo V C,
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Giuseppe Calignano IV G, Giorgia Tarantino V I, Ernesto
Chiara Perrone IV C
Vittoria De Matteis I L
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BANZI
SESSANTESIMO MINUTO
La Lezione di Giulietta Banzi Bazoli
Cominciamo il nuovo anno di “60° minuto” ricordando una donna, una madre, un’insegnante, il cui
nome campeggia da quarant’ anni sulla facciata della nostra scuola: Giulietta Banzi Bazoli.
Nella stagione drammatica dello stragismo indiscriminato che ha segnato
il nostro paese, il 28 maggio 1974 a
Brescia, nella centrale piazza della Loggia, una bomba “nera”, nascosta in un
cestino della spazzatura, fu fatta esplodere durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai
sindacati e dal Comitato Antifascista.
La bomba provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue.
Tra queste, perse la vita Giulietta Banzi Bazoli; aveva 34 anni e tre bambini
piccoli: Alfredo (che allora aveva quattro anni), Guido (sei) e Beatrice (otto
e mezzo). Insegnava francese al liceo
classico «Arnaldo», nel cuore di Brescia. Era la figlia di un dinastia imprenditoriale, moglie di Luigi Bazoli, nipote
e omonimo di un fondatore dei Partito
Popolare con De Gasperi e don Sturzo.
Era lì ,vicino al cestino portarifiuti imbottito di esplosivo, come attivista di
Avanguardia operaia e dirigente-fondatrice della Cgil Scuola; quella mattina i sindacati e il Comitato antifascista
di Brescia avevano riempito la piazza
«contro il terrorismo neofascista”.
Giulietta aveva dedicato la sua vita alla
scuola e alla politica, sacrificando il
suo tempo libero in un impegno politico e sindacale vissuto a parte intera. Una persona discreta e attenta ai
problemi degli altri. Questa sua grande
passione si rifletteva nel viso a tratti
severo , nei suoi occhi limpidi e disarmanti. Era anche una splendida insegnante , caparbia nella volontà di lotta contro le strutture vecchie ed inique, e
contro i pregiudizi di chi si opponeva a
chi volesse rinnovare il rapporto tra la
scuola ed i ragazzi.
La lezione di Giulietta è di quelle che
non si dimenticano. Avrebbe potuto
vivere una vita comoda, avrebbe potuto scegliere il calmo conformismo
borghese della sua famiglia di origine.
Così non è stato. Forte del suo coraggio, scelse di uscire dagli schemi precostituiti e intraprendere una sua strada.
Quella strada l’avrebbe portata incontro alla morte.
Nel novembre del 1974 nasceva il se-
condo Liceo
S c i e nt i f i co
di Lecce; secondo, ovviamente,
solo
per
ordine cronologico
di nascita.
Nell’ottobre
del
1975,
il
preside
del Liceo, il
prof. Michele Maddalo,
presentò la
proposta al
Collegio dei
docenti per
intitolare il
Liceo a Giulietta Banzi
Bazoli.
La
sua proposta
fu approvata
con
entusiasmo. La
proposta fu
anche sottoposta all’assemblea degli studenti
e al consiglio
di istituto e
anche lì fu
approvata
con entusiastico consenso. L’iter burocratico durò ben tre anni. Finalmente, grazie alla caparbietà del preside
Maddalo, il Liceo fu intitolato a Giulietta “Un personaggio caduto nell’impegno di una battaglia civile, di un umile
militante di base, che un tragico destino aveva fatto emergere dall’anonimato quotidiano per consegnarlo alla
nostra attenzione, da trasmettere il ricordo e il magistero alle generazioni di
giovani che, avvicendandosi nelle aule
delle loro serene fatiche, si sarebbero
chiesto chi era questa delicata figura di
donna che saluta, dal limitare dell’edificio che li accoglie, l’inizio di ogni loro
giornata” (Michele Maddalo).
Se oggi gli alunni del Liceo Banzi possono studiare in una istituzione libera,
se il loro percorso di studio e di crescita è supportato dagli ideali di libertà,
uguaglianza e verità, questo è possibile
grazie anche al “martirio” di Giulietta,
che non è morta invano. Al di là del
tempo e della vita, lei è sempre con
noi, in queste aule, tra questi corridoi.1
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Marcella Rizzo
Docente di Italiano e Latino
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BANZI
NUMERO UNO - ottobre
I ragazzi e le ragazze del Banzi “volàno” alle nazionali
Il Banzi si fa strada alle nazionali di badminton e afferma la grinta del nostro
istituto
La squadra di badminton della nostra scuola, dopo essersi accaparrata
un bel primo posto alle provinciali e aver sbaragliato le altre
squadre regionali il 14 aprile 2014 a Bari, ha preso il bus per
Lignano Sabbiadoro ( Udine ). Accompagnati dalla professoressa di
scienze motorie Silvia De Carlo, i
componenti della squadra sono
arrivati al Ge Tur Village il 21 settembre. Il giorno dopo hanno
gareggiato
di
mattina e hanno finito la sera
conquistando due vittorie contro Lazio ( 4/1 ) e Marche ( 3/2 ) e
perdendo per un soffio contro
Sardegna ( 2/3 ) e Sicilia ( 2/3 )
classificandosi, così, terzi in uno
dei quattro gironi. Lo stesso
pomeriggio c’è stata una fastosa cerimonia di apertura dei vari sport
allietata dalla presenza di una ban-
da locale e dalle dimostrazioni da
parte degli atleti di alcune discipline.
Nella seconda fase della gara, avvenuta il
23, la squadra, con la stessa formazione del primo giorno, ( singolo
femminile: Silvia Tarricone 4B; doppio femminile: Tarricone e Giulia
Zecca 4B; singolo maschile: Andrea Saponaro 2H alternatosi col
compagno di squadra Riccardo Mocavero 2H; doppio maschile: Saponaro e
Mocavero; doppio misto: Zecca e Saponaro ) si è dovuta scontrare con
le altre squadre arrivate terze negli altri gironi per guadagnarsi un
posto che andava dalla nona alla
dodicesima posizione. La classifica
riservava le prime quattro posizioni alle quattro squadre giunte prime
ai gironi, le successive quattro posizioni erano destinate alle
quattro squadre classificatesi seconde nei gironi e così a seguire. La
squadra del nostro liceo, che prima del campionato grazie agli sforzi
della professoressa De Carlo è riuscita ad allenarsi solo quattro
volte, ha brillantemente conquistato il decimo posto su diciassette
squadre. Alcune di queste erano
formate da ragazzi e ragazze che
giocano a volano nella seria A e D,
come nel caso della squadra del
Veneto che è l’unica squadra contro la quale i nostri compagni hanno
perso il doppio misto. La squadra
è compatta e unita nel dire che è
stata una bella esperienza che
li ha arricchiti dal punto di vista
sportivo e umano. Ragazzi, tutto il
Banzi si congratula con voi e con
la professoressa e vi sostiene! 1
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Luna Maggio IV E
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ATTUALITa'
SESSANTESIMO MINUTO
Nobel: l’innovazione come strumento di pace
La crescita dell’uomo con la forza dell’intuizione e del coraggio
Nel terzo millennio il sapere riflette
una gamma vastissima di conoscenze e una ramificazione di competenze
specialistiche. Grazie all’interazione
e all’interconnessione tra persone e
culture diverse è possibile condividere idee, pensieri e innovazioni con il
mondo, in un semplice click. Tutto ciò
che rientra nello spettro dello scibile
quindi dovrebbe essere fruibile dalla
maggior parte della popolazione. Anche in questo caso sono presenti però
livelli differenti di apprendimento e
comprensione. Il notevole incremento
delle possibilità dell’uomo di ampliare
il suo know-how ha facilitato la diffusione di riflessioni e la collaborazione
tra enti. Questo ha indotto l’élite mondiale a enfatizzare e premiare le menti
più promettenti. È appunto questa la
funzione del Premio Nobel, l’encomio
più rilevante della cultura odierna.
Venne ideato da Alfred Nobel, chimico
e industriale svedese che inventò la
dinamite e la balistite. Nel 1888 alla
morte del fratello, un giornale francese pubblicò per errore il necrologio di
Alfred e non di Ludvig Nobel, apostrofandolo amaramente e definendolo
“mercante di morte”. Allora l’inventore
scandinavo si preoccupò del ricordo di
sé che avrebbe lasciato nella storia e
espresse le sue ultime volontà (ecco
la particolare origine del trofeo). Così
dal 1901 ogni anno viene conferito il
Premio Nobel, un’onorificenza assegnata dal governo svedese a persone o
organizzazioni che si sono distinte nei
campi della Fisica, Chimica, Medicina
e Fisiologia, Economia, Letteratura e
in azioni di Pace. Secondo alcune voci
indiscrete le discipline matematiche
non vennero incluse per il tradimento
di un’amante di Nobel con un matematico svedese.
Anche quest’anno da 6 al 13 ottobre
sono state premiate scoperte, ricerche, opere e azioni che hanno rivoluzionato la società. Il Premio Nobel per
l’Economia, istituito nel 1969 e sostenuto dalla Banca di Svezia, è stato assegnato al francese Jean Tirole, influente
economista contemporaneo che ha
favorito il
chiarimento del funzionamento e della
regolamentazione del
mercato.
L’A c c a d e mia reale
svedese
delle scienze ha assegnato il
Premio Nobel per la
Fisica a tre
ricercatori
di origine
giapponese
per la creazione del
led a luce
blu, futuro spirito
del modo,
e il Premio
Nobel per
la Chimica
agli sviluppatori
di
una microscopia in
fluorescenza. Il riconoscimento nella
Medicina ha visto vittorioso il GPS del
cervello e quello relativo alla Letteratura ha premiato la ricerca ossessiva
di un?identità, tipica dello scrittore Patrick Modiano. Il Premio Nobel per la
Pace, necessario in questo periodo di
tumulti e violenze, ha messo in risalto
l’impegno della diciassettenne Malala
Yousafzai e l’attivista indiano Kailash
Satyarthi. Sono divenuti simboli della
lotta per la libertà e i diritti delle persone schiacciati da oppressori, della
costanza e del coraggio nella lotta alle
iniquità sociali. Malala ha iniziato il suo
cammino descrivendo la sua vita sotto
la dittatura dei Taliban su un blog della
Bbc con lo pseudonimo Gul Makai. Il 9
ottobre 2012 all’età di 15 fu vittima di
una aggressione nella valle dello Swat
(Pakistan del nord) a causa del suo
attivismo per l’affermazione dei diritti civili e il diritto all?istruzione delle
donne. Un gruppo di talebani armati
salì sul bus, con il quale tornava solitamente a casa da scuola, e le spararò
al collo e alla testa. Venne ricoverata
nell’ospedale militare di Peshawar ( e
successivamente a Birmingham) dove
la operarono. Il leader dell’organizzazione terroristica, rivendicato l’attentato contro “il simbolo degli infedeli e
dell’oscenità”, la minacciò di ulteriori
attentati, se fosse sopravvissuta. Malala si è ripresa e ha continuato la sua
protesta, più determinata di prima,
parlando il giorno del suo sedicesimo
compleanno al Palazzo di Vetro e vincendo il Premio Nobel per la Pace. 1
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Mariangela Corsetti VD
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Attualita'
NUMERO UNO - ottobre
Iced Bucket Challenge, un tormentone di solidarietà
Dalle celebrità Hollywoodiane ai nostri vicini di casa: un po’ tutti hanno partecipato a questa
sfida, ma in pochi ne hanno capito il significato.
E’ opportuno informare i lettori che da
un punto di vista biologico, la Sclerosi
Laterale Amiotrofica provoca un non
funzionamento dei neuroni motori,
ovvero una tipologia di cellule che è in
grado di trasmettere i segnali dal cervello ai muscoli e che, quindi, ci permettono di controllare i movimenti.
Quando questa malattia si manifesta
i neuroni muoiono e quindi indirettamente i muscoli diventano molto
meno reattivi causando la riduzione
del volume di questi ultimi.
Uno dei primi sintomi della patologia
può essere la difficoltà motoria di un
arto, per poi estendersi in tutto il resto
del corpo.
Dal momento della diagnosi, la Sclerosi Laterale Amiotrofica uccide in tre/
cinque anni principalmente per soffocamento, a causa del mancato controllo dei muscoli respiratori.
Sebbene il cervello sia costituito da
neuroni, le funzioni celebrali quali personalità, intelligenza e memoria non
vengono alterati da questa malattia,
dunque le persone affette rimangono
coscienti del fatto che progressivamente stanno perdendo la capacità di
muoversi.
Che tu abbia partecipato no alla “Ice
Bucket Challenge”, comunque potresti
aver visto molte persone su Internet
versarsi un secchio di acqua gelata in
testa.
Non è una trovata pubblicitaria per
sponsorizzare un gioco, un film o una
maglietta, bensì è un’iniziativa con uno
scopo ben preciso ma soprattutto benefico: la raccolta fondi per la ricerca
sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica).
La sfida della doccia ghiacciata è talmente virale che qualsiasi challenge
messa in rete non regge il confronto.
Per molti è l’Harlem Shake dell’estate 2014 e moltissime celebrità hanno
preso parte a quest’iniziativa e sono
stati già raccolti ben 60 milioni di dollari. Purtroppo, però, sono ancora
troppo pochi affinché la ricerca sulla
SLA avanzi fino a produrre risultati significativi. L’iniziativa è partita da un
29enne di Boston, colpito da Sclerosi
Laterale Amiotrofica, per sensibilizzare
le persone a fare donazioni per questa
malattia. Il primo video è cominciato a
circolare prima tra la cerchia dei suoi
amici, per poi diffondersi a macchia
d’olio e invadere la rete. Quindi, a cosa è dovuto questo cambiamento? Ma soprattutto, è contagioso o trasmissibile?
Vi sono già alcuni farmaci, ma sono
ancora in fase di sperimentazione o,
peggio ancora, devono ancora essere
testati a causa dei pochi fondi della ricerca. Al momento vi sono solo farmaci per alleviare il dolore ma per capire
come curare questa patologia, sono
necessari nuovi esperimenti i cui costi
sono troppo alti.
Pertanto se una secchiata può far sì
che la ricerca vada avanti, uniamo le
nostre forze per vincere insieme questa sfida.
Per informazioni sulle donazioni, consultare il sito “www.aisla.it”.
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Martina Mesiano I B
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ATTUALITa'
SESSANTESIMO MINUTO
Alice nel paese dell’azienda-scuola
Ovvero la riluttanza delle generazioni consumate a percepire la mobilità sociale delle giovani
marmotte, invocando mos maiorum e riga di ferro a scanso di equivoci pro riformisti.
Via le imprese dei grandi privati dalla scuola pubblica. L’istruzione è di
tutti, stop alle speculazioni delle case
editrici. I trasporti sono al collasso, la
burocrazia miete vittime in continuazione: il sistema non funziona. Cogito
ergo cerco un clima di confronto, di
dialogo, di dibattito, di discussione.
Lo studente figlio del suo tempo scruta l’ambiente circostante, si eleva sulle zampe posteriori e si sofferma a
guardare un futuro di subalternità e
precariato, di saturazione dell’esistenza ed eterne incognite. Come ad animali politici si compete, i maschi alfa
sono sensibilizzati dalla situazione
estremamente impraticabile dei loro
cuccioli e partecipano attivamente al
processo che li porterà a reclamare
con voce squillante i loro diritti di uomini in un mondo che non li vuole più.
Cogito
ergo
empatizzo.
Rifletto, cerco punti di sintonia.
Nel corso della manifestazione a Lecce
del giorno 10 Ottobre, studenti superiori e universitari avevano occupato
la rotatoria di piazza del Bastione sedendosi per terra e interponendosi
nei punti nevralgici per la circolazione
del traffico. Il programma procedeva
regolarmente con cori ed interventi
tra gli schiamazzi irritati degli automobilisti, i quali, furiosi per il disagio,
accoglievano l’iniziativa dei ragazzi con
mirabolanti colpi di clacson. Complice
l’inzuccheramento dei fatti da parte
di giornali locali, i Leccesi hanno accolto la notizia esibendo penetrante
fastidio e noncuranza, per di più intimando agli studenti di impegnarsi
negli studi ed evitare vacanze extra,
eufemisticamente parlando. L’apice
della tragicità è stato raggiunto grazie
ad un automobilista poco raccomandabile che, sceso dal suo furgone,
ha colpito uno sfortunato manifestante con un forte schiaffo al volto.
Forse non cogito. Le nuove generazioni sono azzoppate e le vecchie permettono, e in certi casi legittimano, il progressivo processo
di marginalizzazione dei giovani.
Se cogitassi comprenderei la portata
della ricchezza che sto avviando al
fallimento, il potenziale che potrebbe esprimere nelle giuste condizioni.
L’Italia è un paese per vecchi e di vecchi: il maschio alfa si disinteresserà
del cucciolo lasciandolo alla deriva
di sé stesso, dimostrando inconfutabilmente che l’uomo discende dal
calzino.
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Massimiliano Muci IV E
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Attualita'
NUMERO UNO - ottobre
TAP, il gasdotto che preoccupa il Salento
TAP
continua
a
promuovere
il
gasdotto
nel
Salento,
attraverso pubblicità ed eventi di grande risonanza. Ma c’è un errore nel metodo.
Dal momento in cui l’idea del progetto
è nata, si è scatenata una rapida divisione tra pro e contro. Il movimento
contrario prende il nome di NO TAP. L’ideale dei no TAP nasce dalla consapevolezza che si sta tentando di compromettere irrimediabilmente una zona
di valore paesaggistico eccezionale.
Cercare di avere il consenso di una popolazione, limitandosi a ripetere che
si tratta di un’opera strategica è poca
cosa, soprattutto quando non è dato
sapere rispetto a cosa lo sia. Il gasdotto
TAP rischia di essere l’ennesimo gigan-
tesco err o r e
italiano
frutto
dell’improvvisazione
legata
all’assenza di una
strategia
energetica nazionale.
il dissenso nasce
d a l l a
consapevolezza, dallo
studio.
Il dissenso non
p ro v i e ne solo
dalla testa e dal
cuore,
ma anche da
ore di
confronto.
La
battaglia
prende così
i colori
della nostra terra e del
nostro mare e già numerosi studenti hanno preso parte a questo
movimento. Ma spieghiamo il perché del rifiuto di questo progetto.
Innanzitutto per la sua inutilità: l’Europa pullula di gasdotti, nonostante
ciò i consumi sono in costante diminuzione. Facendo 2+2 si intuisce che
questi gasdotti (TAP, TANAP) tendono
a soddisfare bisogni economico-finanziari e non reali. Non serve per uscire
dalla crisi, non serve al disoccupato o
all’imprenditore ad un passo dal falli-
mento. In contrasto con quanto si dice,
non serve nemmeno ad ottenere l’emancipazione da GAZPROM, perché
proprio GAZPROM fa parte del progetto con il suo ramo LUKOIL (estrattore
del gas di TAP). Ma soprattutto non
rispecchia il desiderio di chi spera che
questo progetto possa arricchire la nostra regione, perché TAP AG (società
costruttrice) fa capo a Baar, in Svizzera.
Va considerato inoltre l’impatto ambientale, notevolmente deleterio per
il nostro territorio. TAP viene considerato come “la punta dell’iceberg
del moderno sviluppo”, ammesso che
lo si possa chiamare sviluppo e non
regresso, basato sulla cementificazione, inquinamento, deforestazione e
altri danni ambientali che si manifesterebbero con il passare degli anni.
Il gasdotto TAP dovrebbe poi trasportare il gas che viene dall’Azerbaigian,
dal giacimento di Shah Deniz II nel Mar
Caspio. Ma forse anche da un futuro
gasdotto in Turkmenistan. Azerbaigian
e Turkmenistan sono due paesi retti da
governi autoritari, in cui la violazione
della libertà è all’ordine del giorno.
In Azerbaijan, solo nell’ultimo anno
decine di attivisti per i diritti umani,
giornalisti, blogger sono stati arrestati
sulla base di accuse costruite a tavolino. Denunciavano la corruzione del
governo, in particolare legata alle risorse derivate dal petrolio e dal gas.
Difendevano la libertà di espressione
nelle arti, dal disegno alla musica, ancora negata in un paese che è stato già
definito “una dittatura post-moderna”.
Comprare questo gas significa sostenere governi che violano diritti umani da
piú di vent’anni e tolgono, di giorno in
giorno, sempre piú diritti ai cittadini.
Ogni marcia, azione e presa di posizione mirata a mandar via questo
insediamento industriale dalle nostre coste e dalle nostre aree protette avrà il sostegno dei NO TAP
perchè sposa lo stesso obiettivo.
1
Davide Nobile V N
9
Attualita'
SESSANTESIMO MINUTO
Le Sentinelle della tradizione
Piazze occupate dal movimento di chi non si muove
Da un po’ di tempo, uomini, donne,
preti e laici di tutte le età e sfere sociali
si recano nelle piazze italiane con un libro in mano e fermi, a poca distanza gli
uni dagli altri, rivolgono lo sguardo nella stessa direzione e leggono in silenzio un testo letterario a piacere. E’ così
che si esprimono le Sentinelle in Piedi,
un gruppo di cittadini, autodefinitosi
apartitico e aconfessionale, che manifesta per difendere la libertà di opinione e “vegliare” sulla società “denunciando ogni occasione in cui si cerca di
distruggere l’uomo e la civiltà”, come
riporta il suo sito ufficiale. Ciò che le
ha spinte a mobilitarsi è stata l’approvazione, da parte della Camera, della
legge Scalfarotto, che prevede una
modifica della legge Mancino de ’93
contro il razzismo, al fine di ampliare
la materia di discriminazione all’omofobia e alla transfobia. Attraverso questa modifica vengono quindi sancite,
per la prima volta, pene severe verso
coloro che ledono la personalità di un
individuo specificatamente riguardo
l’orientamento sessuale e l’identità di
genere e verso coloro che istigano a
questo tipo di discriminazione. Avvertita come minaccia alla liberà di parola,
le Sentinella la definiscono “legge liberticida”, chi nega, cioè, la possibilità
di esprimere soprattutto la propria visione sulla famiglia tradizionale senza
intercorrere in accuse di razzismo. Ma
perché tanta repulsione verso una legge contro il razzismo, i cui stessi principi sono fondamentalmente già in vigore dal 1993? Quello che in realtà sta
alla base della protesta è la paura che
questa nuova legge non sia altro che
un passo verso il riconoscimento del
matrimonio omosessuale e nella mentalità tradizionalista e filocattolica, un
attacco alla famiglia, che dovrebbe essere riconosciuta tale solo se formata
da un marito e una moglie, un padre e
un madre. Indice di questa manifestazione, celata e indiretta contro i diritti
gay, è l’ispirazione, dichiarata dalle Sentinelle stesse nel loro sito, alle “Veilleurs” (in italiano appunto “sentinelle”) ,
così chiamati i membri del movimento
francese “Manif Pour Tous” , nato nel
2012 per opporsi apertamente alle
leggi di Hollande a favore dei matrimoni e della genitorialità omosessuale.
Proprio per questo intento di fondo, non potevano mancare durante
le “veglie” delle Sentinelle in Piedi le
contromanifestazioni organizzate dalla
comunità Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), Arcigay e chiunque combatta l’omofobia. Il silenzio
delle Sentinelle è stato rotto in molte
piazze, tra cui Napoli, Bologna e Torino, attraverso urla di dissenso e lanci
di uova, dando origine anche a scontri
in cui sono dovute intervenire le forze
dell’ordine. “Violenti”, così sono stati
definiti i contestatori dai sostenitori
delle Sentinelle, che invece aderiscono
ad un movimento il cui modo di esprimersi è pacifico e innocuo. La violenza
armata è sempre da condannare e non
ha alibi, ma dura è anche la violenza di
chi innalza muri ideologici. Dietro l’apparente pacifismo, infatti, emerge la
cultura più disfattista, quella del silenzio e dell’indifferenza, non solo nemici
dell’affermazione dei diritti della persona ma causa dell’arretratezza sociale
del nostro paese. Ad ogni tentativo di
sviluppo, si deve fare i conti con quella parte di cittadini che non riconosce
la libertà degli altri come un valore
aggiuntivo ma come qualcosa che potrebbe ledere la propria. E le Sentinelle in Piedi non sono altro che i rappresentanti di questa maggioranza che è
esattamente come loro si presentano:
immobile e sordomuta.
1
Angela Aromolo IV E
10
CULTURA
NUMERO UNO - ottobre
Grazie Beppino
La storia di Eluana e Beppino è il trionfo della vita, della dignità e della libertà.
Beppino Englaro, padre di Eluana,
continua a girare l’Italia raccontando la storia, o meglio la battaglia
che ha combattuto con e allo stesso
tempo contro le istituzioni, in nome
della libertà di sua figlia. Prende
parte a conferenze, seminari, incontri, parlando di “libertà” con
così tanta foga e convinzione, che è
chiara la rilevanza di questo ideale
nella loro storia. Libertà. Rimbomba ancora nella testa di chiunque
abbia ascoltato il suo racconto quel
suono e si avverte, forse, come la
manifestazione di un qualcosa che
nella società non è sempre garantito. Beppino vuole raccontare la
verità, la “vera” verità, non quella
secondo cui Eluana sarebbe stata
vittima del volere del padre. No.
Non è così. Questo padre ci fa comprendere, attraverso le sue parole,
che il suo e quello di sua figlia è un
faticoso ma quanto mai autentico
viaggio volto all’affermazione della
piena dignità dell’uomo. Beppino
era consapevole che pochi cittadini
avrebbero appoggiato la sua batta-
glia sia perché contrastava gli ideali
cristiani e la deontologia medica,
sia perché era come se avesse voluto assumersi la facoltà di disporre
della vita di sua figlia. Nonostante
tutto questo, Beppino aveva l’unica
arma necessaria a vincere, e cioè
la consapevolezza, come solo un
padre può conoscere, di cosa Eluana intendesse per “vivere”. Esattamente un anno prima dell’incidente, un amico di Eluana era stato
coinvolto in un incidente e quando
lei andò a trovarlo in ospedale lo
trovò nelle stesse condizioni in cui
si sarebbe ritrovata tragicamente
anche lei poco tempo dopo. Confidandosi con i genitori, espresse
il suo totale rifiuto di quello stato
di vita che definiva offensivo nei
confronti della sua libertà, di quella
rianimazione ad oltranza, simbolo
di un’avanzata scienza medica. Per
Eluana quella non si poteva definire
vita e così fece capire ai suoi genitori che avrebbe preferito in quel caso
lasciar scorrere il “processo del morire”. Quest’espressione incute ter-
rore, è inaccettabile in un
Paese democratico in cui
la vita è un diritto inalienabile dell’uomo sancito
dalla nostra Costituzione. Inalienabile è anche
il diritto di preservare la
propria dignità, però. E
così Beppino ha intrapreso questa via sterrata
e tortuosa con determinazione, rivolgendosi alle
Istituzioni, con l’obiettivo
di ottenere tutti i diritti
che spettavano a sua figlia. Non ha fatto tutto
questo esclusivamente
per la sua vicenda individuale, solo per la sua
Eluana; si è battuto per
tutti gli Italiani, affinché il
diritto che poi è riuscito a farsi riconoscere fosse esteso a tutti, è stata
la sua una battaglia civile e sociale.
Avrebbe potuto portare sua figlia
in un altro Paese, esaudendo in
poco tempo il suo desiderio, invece
ha scelto di lottare nel suo paese,
l’Italia, nonostante abbia dovuto
affrontare un cammino sfiancante lungo ben diciassette anni. Dovremmo tutti ringraziare Beppino,
per il suo coraggio, la sua forza d’animo, la sua testardaggine che gli
ha permesso di realizzare la libertà
della figlia senza violare alcun codice o legge. Non è vero che ad Eluana non è stata data la possibilità di
risvegliarsi dal suo coma profondo,
non è vero che è stato commesso
un omicidio; Eluana non avrebbe
voluto risvegliarsi da quel “sonno”
e il padre lo sapeva bene. Beppino
ha agito per conservare intatta la
bellezza di quella vita, abbracciando il desiderio di libertà e dignità
della sua amata Eluana.
1
Eleonora Serafino V M
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CULTURA
SESSANTESIMO MINUTO
Boyhood: la vita che scorre sullo schermo
Il nuovo film di Linklater, girato nell’arco di dodici anni, in uscita nelle sale italiane il 23 Ottobre
La trama del film Boyhood è piuttosto semplice: Mason è un bambino di
otto anni, che vedremo crescere fino
ai vent’anni, affrontando la scuola, il
college, i rapporto con i genitori e la
difficile fase che separa l’adolescenza
dall’età adulta. Cosa ha, dunque, di
speciale questo film? E’ raccontato in
tempo reale. Il regista Richard Linklater, non ha voluto ricorrere al trucco
per invecchiare i suoi attori, né ad effetti speciali, né ha usato diversi attori
per interpretare le diverse fasi di vita
di Mason. Ha voluto, invece, che fosse
il tempo a lasciare i segni sul volto dei
propri protagonisti. Questa stupefacente impresa è iniziata dodici anni fa,
quando Linklater ha annunciato l’inizio
delle riprese del suo nuovo film, temporaneamente chiamato The Twelve
Year Project. Dall’estate del 2002 in
poi, Linklater ha chiamato ogni anno lo
stesso cast e la stessa troupe, per girare poche scene del film per volta, fino
a concluderlo definitivamente nell’ottobre del 2013. Il film non è dunque
un classico coming-of-age (un film che
racconta della crescita emotiva e fisica
di un personaggio), ma si propone di
essere molto di più. La sceneggiatura
è stata modificata in corso d’opera per
inglobare quelle che sono state anche
le innovazioni sociali, culturali e politiche di quest’ultimo decennio, includendo anche la guerra in Afghanistan e
l’elezione di Obama. Una vera capsula
del tempo, in definitiva. Una cosa simile fu fatta da Marco Bellocchio nel film
Sorelle Mai, girato, però, nell’arco di
“soli” sei anni, contro i dodici di Boyhood. Lo stesso Linklater non è nuovo a
questo tipo di esperimento: suoi sono i
tre film Prima dell’alba, Before Sunset
- Prima del tramonto e Before Midnight, tutti girati a nove anni di distanza
l’uno dall’altro, con lo stesso cast di attori, che raccontano la storia d’amore
di una coppia dall’incontro, fino al matrimonio. Già questi film davano un assaggio della particolare concezione del
tempo di questo regista. L’approccio al
cinema di quest’ultimo, non può che
suonare come una voce fuori dal coro,
contestualizzato in
quel che è
il panorama cinematografico di oggi.
Viviamo in
un’era segnata da
blockbuster e cinefumetti,
da film che
puntano
esclusivamente
all’intrattenimento e a allo
spettacolare, dove
l ’e s p e r i mento di
Boyhood
può essere
interpretato come
un’incontrollabil e
bisogno di
ritorno al
reale. Quel
che Linklater ha impresso su
pellicola ,
non è che
lo scorrere
effettivo
del tempo,
il procedere concreto della vita. E’ quasi un
invito, un invito a tornare ai film semplici e lineari, dove la storia e gli attori
erano il fulcro e la linfa dell’opera, ma
più di tutto, questo film è un azzardo.
Un azzardo che pare essere ben ripagato: il film, già uscito negli Stati Uniti
e nella maggior parte degli stati europei, ha ricevuto ottime critiche e ottimi
consensi dal pubblico. Ha, inoltre, già
vinto diversi premi, tra cui Orso d’ar-
gento per il miglior regista al Festival
di Berlino e pare lanciatissimo per gli
Oscar, in particolare, i book-maker indicano Patricia Arquette, che nel film
interpreta la madre di Mason, come
possibile vincitrice dell’Oscar come
miglior attrice non protagonista. Il film
uscirà nelle sale italiane il 23 Ottobre
e, che sia o meno un successo come lo
è stato negli altri paesi, ha già lasciato
un’impronta nella storia del cinema.1
Matilde Tramacere V D
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Cultura
NUMERO UNO - ottobre
Matera capitale della cultura europea 2019
A braccetto con Lecce locomotiva di sviluppo per il Sud Italia., comunque un trampolino di lancio
per la nostra città
Va detto subito che diventare, per un
anno, Capitale europea della cultura
sarebbe stato uno strumento utile per
il cambiamento, un trampolino per il
futuro, una possibilità in più per dimostrare ciò che, come città, siamo davvero.
Quello della annuale Capitale Europea della Cultura è’ un progetto creato
dall’ Unione Europea, nato nel 1985
da un’idea di Melina Mercouri, il cui
intento è quello di sottolineare aspetti
e differenze comuni nelle varie culture
del nostro Continente, avvicinandoci al
senso di “unità nella diversità” cioè al
senso di appartenenza ad una comunità, come recita anche il motto dell’UE.
Ad oggi oltre 30 città hanno avuto questo titolo molto prestigioso,sia per la
grande capacità di attrarre l’attenzione
dei media, sia perché in grado di attivare processi positivi come il cambiamento e il rafforzamento dell’identità
di una città.
Una città non viene eletta Capitale
per il suo patrimonio artistico, storico
o ambientale, ma per la sua capacità
di creare un nuovo progetto intorno a
questa eredità.
Il titolo di Capitale europea della cultura, sarebbe stato dunque un’occasione
di crescita per le amministrazioni pub-
bliche e le comunità, ma anche per i
singoli cittadini che ne fanno parte, e,
che diventano attori del progetto.
Il cammino si è concluso con la vittoria
di Matera, ma la candidatura di Lecce,
sostenuta da tanti con passione, non è
altro che l’inizio di un lungo percorso,
un sogno che continua. La possibilità di
vedere affermato in ambito internazionale ciò che Lecce è, rimane intatta, al
di là del risultato, ed è solo nelle nostre
mani.
Tra tante città, Lecce del Salento, il Tacco d’Europa, il Ponte sul Mediterraneo,
su cui si regge il futuro d’Europa, ha
portato avanti questa candidatura, con
la voglia vera di un futuro migliore, e
con una “voglia matta” di realizzare il
sogno che avanza sempre più forte. Il
sogno di una Lecce consapevole delle
sue qualità (culturali, artistiche, paesaggistiche, sociali) ed in grado di dimostrarle al mondo.
Grazie a scambi culturali con il Sud del
mondo, l’ Oriente e i Balcani, Lecce
viene proiettata verso il sogno di una
nuova Europa. E’ nata così Lecce2019,
che non è morta venerdì 17 ottobre,
tutt’altro, ma che deve continuane a
cercare di trasformare e reinventare il
futuro creando un nuovo baricentro e
ideando basi per nuove idee di svilup-
po e di innovazione per alimentare
un cambiamento reale.
Per Lecce2019 la candidatura è stata
un grande passo, ha rappresentato
la scelta di mettersi in gioco, di farsi
valere, di avere coraggio. Rompendo, finalmente, gli schemi, grazie agli
amministratori e ad uno staff di professionisti che sono scesi nelle piazze riavvicinando i cittadini, creando
dialogo, e riuscendo a riportare alla
luce molti punti di forza.
Questa candidatura è stata uno stimolo per rompere la routine, per
lasciare cadere la rigidità del pensiero, per andare incontro all’inatteso.
Un patrimonio che rimane intatto.
Solo in questo modo si potrà aprire
il territorio ad una conoscenza vera,
ma soprattutto ad un riconoscimento delle proprie potenzialità anche
attraverso la curiosità, la stessa che
ha ispirato un progetto fotografico con
i ritratti creati dal team di Lecce2019.
Reinventare Eutopia vuol dire andare
alla ricerca di una dimensione europea. Ripartire per ridisegnare il futuro,
una grande sfida per Lecce2019, che
continua. Perchè noi, a prescindere
dalla vittoria nella competizione, meritiamo un nuovo futuro, noi lo vogliamo, dobbiamo continuare a credere di
potercela fare perché lo meritiamo. Il
nuovo futuro fa parte di noi, di Lecce.
Reinventarsi vuol dire riconoscersi ,
saltando la barriera dell’isolamento
ed abbracciando l’Europa. Per fare ciò,
non serve un titolo onorifico (accompagnato, per la verità, da qualche “milionata” di euro), ma serve la coscienza, la voglia e la capacità di ognuno di
noi.
Dal Tacco dello Stivale alle stelle d’Europa, attraverso la dimensione dell’utopia, si possono ribaltare le prospettive, mettere a confronto nord e sud,
imparare dal confronto e dal dialogo
quotidiano che parte da “noi” per ridisegnare un nuovo concetto di Comunità. Se sarà così, Lecce nostra, avrà
vinto comunque!
1
Vittoria De Matteis I L
13
SESSANTESIMO MINUTO
SCIENZA E TECNOLOGIA
Buchi Neri, da adesso solo “fantascienza”
Una sconvolgente teoria presentata pochi giorni fa da una ricercatrice americana, afferma
l’impossibilità dell’esistenza dei buchi neri. Il mondo della scienza è sotto schok.
Cosa sono i buchi neri? Bene o male,
tutti ne abbiamo sentito parlare, magari in un film di fantascienza o in un
libro. La maggior parte di noi, sa che
questi misteriosi “oggetti cosmici”
sono punti nei quali la densità è talmente elevata da piegare la trama
stessa dello spazio tempo. Si chiamano
Neri perché neanche la luce riesce a
sfuggire a una tale forza di gravità, e di
conseguenza, noi, del fenomeno, non
vediamo assolutamente nulla. Sorge
spontaneo chiedersi: se non possiamo
osservare il fenomeno in alcun modo,
dato che l’osservazione si basa sull’interazione con la luce, come facciamo
a predire la loro esistenza? La risposta
è semplice: tramite l’osservazione indiretta.
Immaginiamo di porre al centro di un
tappeto elastico, una palla così pesante da deformare il tessuto fino a scomparire. Immaginiamo adesso di porre
altri oggetti sul tappeto. Alcuni, sufficientemente veloci, inizieranno a vorticare furiosamente, orbitando attorno
alla deformazione. Altri, più lenti, ver-
ranno attratti da una forza “invisibile”.
In base allo stesso principio, i fisici, che
adorano formulare teorie per spiegare i dati derivanti dall’osservazione,
hanno predetto l’esistenza di oggetti
estremamente massivi, che attirano a
sè tutti gli altri corpi, fotoni compresi.
Recentemente, tuttavia, l’esistenza di
questi oggetti tanto misteriosi quanto
affascinanti, è stata messa in dubbio
da una ricercatrice americana, le cui
coraggiose affermazioni hanno sconvolto il mondo della scienza. Tale ricerca afferma che, basandoci sull’attuale
conoscenza delle teorie fisiche (in particolare della meccanica quantistica),
le condizioni che portano alla formazione dei buchi neri, non possono realizzarsi.
Cerchiamo di capire meglio.
La meccanica quantistica, teoria tanto geniale quanto distante
dall’esperienza
quotidiana, afferma
che lo spazio, anche
quello vuoto, non è
mai veramente vuoto. Costantemente,
coppie di particelle
(ed antiparticelle),
si creano e collassano, rilasciando energia. Come si applica
questo discorso ai
buchi neri? Abbiamo detto, che questi
oggetti, dalla densità
elevatissima (immaginiamo di concentrare la massa del sole in una biglia),
esercitano un attrazione enorme sugli
oggetti circostanti, intrappolando la
materia. Tuttavia,questo accade solo
nella “zona di influenza” del buco
nero. Infatti, l’attrazione gravitaziona-
le decresce rapidamente in relazione
alla distanza. All’interno della zona di
influenza, tutto viene risucchiato verso
il centro del buco nero, ma all’esterno,
qualcosa riesce a sfuggire. Il margine
fra le due zone viene chiamato Orizzonte Degli Eventi. Ritorniamo adesso alla coppia di particelle: se questa
coppia si crea a cavallo dell’orizzonte
degli eventi, la particella nella zona
d’influenza del buco nero, verrà inesorabilmente attratta, ma l’altra, riuscirà a fuggire. Applicando questo
fenomeno, noto come “Radiazione di
Hawking” (in onore del celebre fisico
teorico dei nostri tempi, fervente studioso dei Buchi Neri), alle stelle supermassive nella fase finale della loro vita,
ci si rende conto, che la densità non
raggiungerà mai il valore necessario al
collasso spaziotemporale, dunque, addio al buco nero!
Le implicazioni di tutto ciò sono sconvolgenti. Innanzitutto, essendo il Big
Bang una singolarità, ovvero, un buco
nero, la migliore teoria che spiega l’origine dell’universo, potrebbe essere
accantonata come “cimelio storico”.
Inoltre, nuove esaltanti prospettive e
teorie si apprestano a spiegare i misteri del cosmo, e magari, quest’ultime,
riusciranno ad includere anche la sfuggevole materia oscura. In attesa della
conferma ufficiale dell’articolo, il mondo della scienza, trepida.
1
Alfredo Bochicchio V O
14
SCIENZA E TECNOLOGIA
NUMERO UNO - ottobre
Il segreto dell’invisibilità
Magia? Sembra di no, si tratta infatti di un nuovo metodo attraverso il quale alcuni scienziati
americani riescono a far “scomparire” alcuni oggetti tramite delle semplici lenti.
Il mantello di Harry Potter è insuperabile, anche se gli scienziati da anni provano a inventarlo. Adesso, però, una
nuova invenzione potrebbe trasformare la fantasia in realtà: il fisico John
Howell dell’Università di Rochester
(USA) e il suo studente Joseph Choi
hanno inventato un metodo che permette di rendere invisibili gli oggetti
grazie a un sistema formato da quattro
comuni lenti. Queste sono posizionate
ad una certa distanza l’una dall’altra
e quando si inserisce un oggetto tra
le lenti e si guarda attraverso di esse,
l’oggetto in questione... scompare.
Questo accade perché le lenti sono disposte in modo tale da deviare la luce
e fanno sì che l’onda elettromagnetica
non colpisca l’oggetto tra le due lenti.
Il laser che attraversa il sistema ottico
rende visibile il percorso della luce tra
le lenti, e mostra le zone che possono
essere usate per nascondere gli oggetti. Il sistema, dicono gli inventori,
potrà avere diverse applicazioni: una
volta reso più piccolo potrebbe essere inserito come ausilio ai chirurghi
che potranno vedere attraverso le loro
mani mentre operano. Questo non è
il primo studio che vede protagonisti
capaci di osservare un oggetto: sono
anni che gli scienziati sperimentano,
per esempio, materiali artificiali che
controllano il passaggio della luce.
Però quella dell’Università di Rochester è ,per ora, l’invenzione più semplice e anche economica (la spesa per
costruirla è stata di 1.000 dollari). E
con un po’ di ingegno e manualità è
possibile fabbricare il dispositivo e magari provare a far “sparire” qualcosa.
Ma non è finita qui. Questa seconda
invenzione non si può indossare e in
realtà somiglia più a una piccola ruota che al mantello di Harry Potter. Ma
il nuovo dispositivo, sviluppato alla
Duke University, promette di fare “magie”simili facendo sparire gli oggetti.
Un cilindro di rame che scompare per
qualche secondo non è un gioco di
prestigio, eppure gli scienziati del Nord
Carolina hanno fatto una piccola “magia” trasformando in realtà qualcosa
che finora si era visto solo nei film. Per
ora l’apparecchio è ancora in fase sperimentale e durante i primi test non è
scomparso del tutto. Il nuovo metamateriale ( un materiale artificiale con
proprietà elettromagnetiche che non
esistono in natura) di cui è composto
il dispositivo, ha dimostrato di poter
“deviare” le micro onde
elettromagnetiche che rendono visibili
gli oggetti. Il dispositivo di Smith riesce
a fare riflettere queste onde da un’altra
parte. In questo modo le microonde si
comportano come l’acqua che passa
intorno a una roccia: non la trapassa,
ma la circonda. «Non è chiaro ancora –
afferma Smith - se con questa applicazione sarà possibile far sparire qualsiasi
cosa, come con il mantello di Harry Potter o come il dispositivo di Star Trek». Già nel 2003 un ingegnere giapponese
aveva creato un mantello “magico”, il
cui sistema di funzionamento prevedeva una telecamera che riprendeva ciò
che accadeva alle spalle della persona
che indossava il suddetto mantello.
Le immagini poi venivano proiettate sull’indumento con uno
specchio
riflettente:
ritornando
indietro raggiungevano l’osservatore attraverso lo stesso specchio.
L’osservatore vedeva un mantello su
cui scorrevano le immagini di quel che
accadeva dietro. e quindi di magico
aveva ben poco.
1
Chiara Cuppone II F
15
Scienza e tecnologia
SESSANTESIMO MINUTO
Steve Jobs: invenzioni mondiali
A tre anni dalla sua morte, il fondatore di Apple Inc., ci lascia in eredità le sue grandi invenzioni
che hanno rivoluzionato l’intero panorama mondiale in ambito tecnologico.
Steve Jobs (24 febbraio 1955 - 5 ottobre 2011) è stato un imprenditore
statunitense che ha ottenuto una notevole fama e successo grazie alle sue
invenzioni che oggi sono conosciute e
utilizzate in tutto il mondo.
Nel 1974 lavorò presso la Atari, una
società che sviluppa, pubblica e distribuisce giochi per tutte le console di videogiochi e personal computer. In seguito, decise di aprire una società con
Steve Wozniak: la Apple Computer. La
prima sede di questa società fu proprio
il garage dei genitori di Jobs: qui i due
idearono il primo computer, l’Apple I,
che venne venduto ai membri dell’Homebrew Computer Club.
Nel 1977 Jobs e Ronald Wayne si lanciarono alla volta dell’Apple II: il risultato ebbe un notevole successo, con un
guadagno che toccò il milione di dollari. Con l’aiuto di Bill Atkinson, Jobs riuscì a convincere il PARC (Palo Alto Research Center) a mostrargli l’interfaccia
grafica progettata da loro. Atkinson e i
suoi ingegneri migliorarono il progetto
e in seguito il 24 gennaio 1984 Apple
ideò un personal computer compatto e
dotato di un nuovo sistema operativo:
l’Apple Macintosh (Mac). Questo era
dotato di icone, finestre e menù a tendina ed accese l’interesse del pubblico.
Nonostante tutto però, il Mac non ottenne il successo desiderato.
In seguito i poteri di Jobs furono ridotti
notevolmente: gli furono tolte le cariche di vicepresidente e di direttore
generale della divisione Mac, così si dimise e intraprese alcuni viaggi per promuovere i suoi computer Apple.
Si dedicò quindi alla creazione di una
nuova compagnia, fondando così la
Next Computer, con l’obiettivo di avviare una nuova rivoluzione tecnologica. Apple intentò una causa legale per
fermare le iniziative dell’ex fondatore,
scendendo così a patti con la Next.
Jobs produsse computer migliori e tecnologicamente più avanzati per la creazione di un lungometraggio Pixar, con
l’idea di dedicarsi ad animazioni computerizzate. Non riuscì però a superare la concorrenza, anche a causa della
comparsa
sul
mercato
di computer più
economici dei PC
IBM.
Nel 1997
l’amminist rato re
delegato
di Apple
venne allontanato
e Jobs riprese di
nuovo la
sua carica. Nel
quadro
del prog ra m m a
con cui
intendeva risollevare
le sorti
della società, egli
trovò un
accordo
col rivale
storico
Microsoft,
il
cui scopo
principale era che
l’azienda di Bill Gates continuasse lo
sviluppo per il sistema operativo della
Apple degli applicativi Microsoft Word
e Excel.
Jobs si lanciò anche nel settore della
musica digitale, creando così l’iPod,
un lettore digitale di musica avanzato
e iTunes, un software attraverso cui è
possibile ascoltare musica e acquistarla attraverso il servizio online iTunes
Music Store.
Negli anni successivi Apple commercializzò l’iPhone, un telefono cellulare
con un unico tasto che interagisce at-
traverso lo schermo multi-touch, con
funzioni di navigazione internet tramite Wifi, fotocamera e lettore di file
multimediali: il prodotto ottenne rapidamente un notevole successo.
In seguito venne sviluppato il primo
tablet computer taggato Apple: l’iPad.
Con la guida di Jobs, la Apple ha continuato a produrre e commercializzare
Mac OS X, Mac, iPod, iPhone e iPad,
prodotti che portano l’azienda a diventare un punto di riferimento nel campo
dell’elettronica di consumo.
1
Diletta Maria Polo III F
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MUSICA
NUMERO UNO - ottobre
“Songs of Innocence” e il ritorno degli U2
Ritornano a sorpresa gli U2 con il loro nuovo album “Songs of innocence” rilasciato gratis per tutti
gli utenti Apple, suscitando critiche e apprezzamenti generali
“Spero che dopo aver ascoltato il nostro nuovo disco un po’ di volte capirete perché ci è voluto così tanto per
realizzarlo. Siamo andati davvero laggiù… è un album molto, molto personale. Ci scusiamo se risulta straziante;
anzi, ritiro quello che ho detto: niente
scuse se risulta straziante. Che senso
avrebbe appartenere agli U2 se non
si potessero toccare quelle corde?
Non c’è fine all’amore”. Esordisce così
Bono, frontman degli U2, in una lettera postata sul sito ufficiale della band,
nella quale parla anche della discutibile scelta di permettere a tutti gli utenti
Apple di scaricare gratuitamente l’album. Così a 500 milioni di persone è
arrivato il disco il giorno stesso del lancio. Il binomio Apple-U2 era già cominciato dieci anni fa con la campagna di
beneficenza con Ipodspecial ediction
e (PRODUCT)RED e continua fino ad
oggi come promozione del lancio del
nuovo Iphone 6. Il nuovo album rappresenta un punto di partenza di un
progetto musicale più ampio di cui in
questi anni si è già parlato: Songs of
Experience. Questo album rappresenta per la band irlandese un ritorno alle
origini. Presenti influenze musicali che
rimandano ai Ramones, a Bob Dylan e
ai Clash, alla musica rock e punk rock
degli anni ’70, alla prima elettronica
e musica ambient anni ’80, offrendo
una panoramica su come e perché è
nata la band. E’ un album dal sapore
un po’ nostalgico ma rimanipolato, che
rimanda al passato, ma diventa simbolo di un percorso, non solo musicale. Il
pellegrinaggio verso la California, una
lunga storia di esperienze ed emozioni
che Bono ed il resto della band hanno
collezionato con il passare del tempo.
L’album affronta tematiche come la
casa, la famiglia, i rapporti umani, le
scoperte. Nonostante ciò, però, le critiche musicali, specialmente da parte
dei “estremisti del rock”, bocciano totalmente questo album. Escludendo
“Sleep like a baby tonight”, che viene
considerato uno dei capolavori della
band irlandese degli ultimi quindici
anni, e abbozzi innovativi degni di nota
per quanto riguarda l’accompagnamento, l’album conferma il trend negativo che, secondo alcuni, la band aveva
acquisito nell’ultimo decennio. Gli U2
vengono accusati per la strategia di
marketing applicata e per l’evidente richiamo pop, sempre più prorompente,
da permettere all’album di avere quasi una classificazione del tipo “musica
da supermercato”. Ma è davvero un
album così deludente? Il confronto,
dopo cinque anni di silenzio scenico,
con i grandi capolavori del passato viene spontaneo. Ma Songs Of Innocence
non ne esce a testa bassa. Il percorso
della band porta a vedere sempre gli
stessi temi ma con un’ottica diversa e
musicalità meno estrosa, ma che comunque ricorda non poco gli anni d’oro della band. Una nota di demerito va
certamente alla poca sperimentazione
compiuta in questo capitolo discografico, sostituita piuttosto da un adagiamento al pop e ai grandi successi del
passato. Ma nel complesso è un ottimo
lavoro, da non sdegnare assolutamente. E’ pur sempre un album rock ricco
di fluide melodie, come l’ha apostrofato il critico musicale Neil McCormick,
dandogli quattro stelle su cinque. Certo, per molti la modalità di distribuzione sarà molto più discussa della musica
stessa, ma rimane un ottimo capitolo
discografico di una band che segnando
la storia, è riuscita, ancora una volta, a
districarsi egregiamente dalle critiche
dei più conservatorii.1
Enrica Ferilli III B
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Sport
SESSANTESIMO MINUTO
Italiani nello sport (non solo calcio...)
Viaggio nei successi degli italiani che praticano sport differenti dal tanto amato football
Il calcio è da sempre lo sport più amato
dagli italiani, che ogni domenica tifano
per la propria squadra del cuore allo
stadio o più comodamente sul divano
di casa propria. I calciatori sono idolatrati e al centro dell’attenzione, tanto
che i ragazzini cercano in tutti i modi
di imitarli sia nel gioco che nel look. Gli
altri sport vengono messi in secondo
piano e si preferisce il divertimento
di una partita di pallone rispetto alla
“noia” della pallavolo o dello “scontato” match di basket. Paradossalmente
però, l’Italia sportiva, negli ultimi anni
ha ottenuto molti successi negli sport
meno seguiti, mentre nel calcio, tra
Champions League e Coppa del Mondo, si sono susseguite solo cocenti delusioni. Basta vedere Andrea Bargnani
(New York Knicks), Marco Belinelli (San
Antonio Spurs), Luigi Datome (Detroit Pistons) e Danilo Gallinari (Denver Nuggets), giocatori di basket che,
dopo tanta gavetta e lontani dalle luci
dei riflettori, sono riusciti ad approdare nell’NBA, campionato americano di
pallacanestro nonché il più importante
al mondo. Belinelli ha inoltre raggiunto
un traguardo molto importante: ha infatti vinto la gara del tiro da tre (Threepoint Shootout) nell’ultimo e seguitissimo NBA All Star Game, evento dove
si riuniscono tutti i migliori giocatori
del campionato americano. Roba da
numeri uno. Anche nel tennis gli Italians stanno scalando in fretta le gerarchie, soprattutto in campo femminile.
Negli ultimi Grandi Slam le “nostre”
tenniste Sara Errani, Flavia Pennetta
e Roberta Vinci hanno riportato risultati fantastici, soprattutto su superfici
come la terra rossa, battute solo dalle “giganti” mondiali. Ma il risultato
più incredibile è quello ottenuto dalla
coppia Vinci-Errani, la quale, grazie alle
tante vittorie ottenute (ultima a Wimbledon), si trova al primo posto mondiale della classifica generale di doppio
WTA. La nostra nazione è in grado anche di ospitare uno dei più importanti
avvenimenti tennistici dell’anno: gli Internazionali d’Italia, che si svolgono a
Roma, in campi di ottimo livello come
il Foro Italico. Ma come dimenticare la
“noiosa” pallavolo già citata prima? Il
nostro paese ne ha ospitato i mondiali
femminili proprio in questi giorni e ha
proposto una squadra di ragazze molto
promettenti, che ha macinato vittorie
una dopo l’altra ed ha già raggiunto il
traguardo della semifinale. Le azzurre
della pallavolo hanno sconfitto compagni importanti come gli Stati Uniti
(sempre al top in ogni sport, tranne che
nel calcio) e il Giappone, dimostrando
ottimo affiatamento e spirito di squa-
dra. In semifinale le nostre giocatrici
hanno ritrovato la Cina ma purtroppo
questa volta le ragazze sono state costrette ad arrendersi davanti all’ottimo
gioco proposto dalle asiatiche. La finalina per la medaglia di bronzo rappresentava un’ottima opportunità per
sconfiggere il Brasile, uscito ridimensionato dalla semifinale persa contro
gli USA, ma – nonostante una partita
conclusasi al tie break- le nostre eroine si sono classificate quarte. L’Italia
rimane in ogni caso nell’elite mondiale
del volley e si afferma come prima in
Europa. Nonostante gli ottimi risultati,
questi sport hanno una risonanza secondaria e si inchinano allo strapotere del calcio, che fa della visibilità un
business di dimensioni mondiali. Per
non parlare di sport come la scherma
o il tiro con l’arco, dove la compagine
italiana è padrona incontrastata, ma
di cui la gente si ricorda ogni quattro
anni, in occasione delle olimpiadi. I nostri campioni “secondari” continuano a
vincere e a praticare il loro sport con
passione e dedizione, peccato che noi
prendiamo come esempio un Balotelli
qualsiasi.
1
Michele Papa V M
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sport
NUMERO UNO - ottobre
MOTOGP 2014: una stagione da record
La stagione del motomondiale di quest’anno è stata una tra le più avvincenti di sempre, con il
quasi imprendibile Marc Marquez che ha infranto in pochissimo tempo numerosi record storici di
questo sport.
Domenica 28 Settembre si è svolto l’ottocentesimo Gran Premio della classe
regina del motomondiale, ad Aragòn,
in Spagna. Si trattava della quattordicesima gara della stagione 2014, che
ha visto trionfare in Patria Jorge Lorenzo e la sua Yamaha M1 del team Movistar, che ha raggiunto così la sua 53esima vittoria di carriera. Così ora il pilota
maiorchino è ad una sola lunghezza
dal cinque volte campione del mondo
Mick Doohan, mentre il primato come
pilota più vittorioso è dell’italiano Giacomo Agostini, con 122 vittorie. Segue
poi Valentino Rossi con 107 vittorie in
carriera.
Gli altri due gradini del podio aragonese sono stati occupati dallo spagnolo
Aleix Espargaro, con un’altra Yamaha,
e dall’inglese Cal Crutchlow, con una
Ducati.
Questo secondo posto ha segnato il
primo podio nella carriera di Espargaro, che quest’anno aveva centrato anche la sua prima pole position, sul circuito olandese di Assen, detto anche
“La Cattedrale” per la sua importanza,
le sue caratteristiche tecniche e di guida impegnative ed il ruolo quasi sacro
che riveste nel campo delle corse.
Inoltre, ad Aragòn, Marc Marquez,
dopo aver dominato nelle prove libere, ha fatto segnare il nuovo record
sul giro della pista, (tempo di 1’ 47”
187’”), ottenendo l’undicesima pole di
stagione, mentre altrettanti sono i suoi
primi posti di quest’anno.
Il campione in carica spagnolo, sulla
sua Honda Rc213v, del team HRC, ha
vinto di fila le prime dieci tappe del
motomondiale, eguagliando il record
di Giacomo Agostini nelle stagioni
1968 e ‘69.
A Brno, in Repubblica Ceca, viene interrotta dal compagno di squadra Dani
Pedrosa, la striscia vincente del Cabroncito (Marquez) che per la prima
volta arriva fuori dai primi tre in una
gara in cui ha visto la bandiera a scacchi. Ma comunque, arrivando “solo”
quarto, mantiene una media stupefacente per un ragazzo di soli 21 anni,
che quest’anno vince il suo secondo
campionato mondiale di motociclismo
consecutivo nella MotoGp: un giovanissimo campione.
Nella classifica di tutti i tempi, Giacomo
Agostini, detiene il record del maggior
numero di mondiali vinti con i suoi 15
titoli, seguito poi dallo spagnolo Angel
Nieto con 13 titoli e Valentino Rossi, il
pilota di Tavullia, con 9 titoli.
Nel 2014 Rossi, sulla sua Yamaha M1,
ha battuto vari record, tra cui quello
del connazionale Loris Capirossi, ottenendo la più lunga serie di vittorie
della storia di questo sport e diventando così in assoluto il pilota più longe-
vo; dal gran premio di Brno datato 18
Agosto 1996, in 125cc, al gran premio
di Misano, il 14 Settembre 2014, in
MotoGp: sono trascorsi 18 anni e 27
giorni.
Il pluricampione pesarese è stato anche il primo pilota a superare la soglia
dei 5000 punti in carriera e l’unico ad
aver vinto il titolo mondiale in quattro
classi differenti: uno in 125cc, uno in
250cc, entrambi in sella ad una Aprilia,
uno in 500cc, su una Honda ( l’ultimo
della vecchia cilindrata 500cc con motori a due tempi) e sei in MotoGp (tra
cui il primo della nuova cilindrata con
motori a 4 tempi): due con Honda e
quattro con Yamaha.
Ad oggi, Valentino Rossi, detto “Il Dottore” per la sua Laurea ad honorem
conferitagli in Scienze delle Comunicazioni il 5 Maggio del 2005, è il pilota
con il maggior numero di partenze in
classe regina, numero che continuerà
ad aumentare fino alla fine della sua
carriera: quest’anno ha disputato il suo
trecentesimo gran premio, sul circuito
italiano del Mugello, chiudendo terzo
dietro al compagno di squadra Jorge
Lorenzo e al giovane Marc Marquez.
La storia di questo avvincente sport,
quindi, è ancora da scrivere!1
Giuliana Polo II F
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SESSANTESIMO MINUTO
Banzigmistica
Sudoku
Medio
Indovinello
Un hacker cerca di bypassare la password di un computer, prova con un paio di tentativi ma
fallisce. Ecco che appare un suggerimento della password “AOFUSRKKI”, l’hacker capisce
che quella era una codifica della password e che la prima e l’ultima lettera sono delle “A”.
Applicando lo stesso algoritmo riesce a trovare la chiave d’accesso.
Qual’è la password del computer?
Le soluzioni sul prossimo numero!
A cura di Matilde Tramacere V D
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